2006/02 · split-plot e robust-design 5 capitolo 1 il disegno sperimentale split-plot 1.1...

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Split-plot e robust design QUADERNI 2006/02 Rossella Berni, Arianna Pallottini Università degli Studi di Firenze Dipartimento di Statistica “G. Parenti” – Viale Morgagni 59 – 50134 Firenze - www.ds.unifi.it

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“SPLIT-PLOT E ROBUST DESIGN “

ROSSELLA BERNI

ARIANNA PALLOTTINI Dipartimento di Statistica

“G.Parenti” E-mail: [email protected]

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Split-plot e Robust-Design 2

Indice

Premessa pag.3 Capitolo 1– Il disegno sperimentale Split-plot pag.5 Capitolo 2 – Il concetto di Robust Design pag.16 Capitolo 3 – Il disegno Split-plot e il concetto di Robust Design pag.25 Capitolo 4 – Split-plot: innovazioni metodologiche pag.43 Conclusioni pag.64 Bibliografia pag.65

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Split-plot e Robust-Design 3

Premessa♦

Questo lavoro illustra il disegno sperimentale split-plot e cerca di porre l’attenzione allo sviluppo

che questo piano sperimentale ha ottenuto negli ultimi anni in ottica di robustezza del disegno. In

particolare, lo scopo iniziale, sorto con la tesi di laurea di Pallottini (2004), è quello di riunire e

sintetizzare parte della letteratura esistente sull’argomento e, contemporaneamente, sviluppare e

completare la definizione di robustezza del disegno introdotta con il product-array di Taguchi.

Il concetto di Robust Design, ormai ampiamente utilizzato nell’ambito dei disegni sperimentali per

la progettazione della qualità, necessita infatti di una puntualizzazione che consideri in modo

esauriente il ruolo e l’importanza rivestite dai fattori. Ai fini di una corretta pianificazione, è

necessario che, innanzitutto, allorché siamo nella fase vera e propria di programmazione

sperimentale, il ricercatore sappia con notevole attendibilità classificare i fattori secondo il loro

specifico ruolo e le loro caratteristiche di misurabilità, controllabilità ed influenza. In quest’ottica, il

miglioramento ulteriore può essere ottenuto utilizzando un disegno split plot che permette al

ricercatore di considerare quanto detto e, allo stesso tempo, utilizzare piani specifici che siano

efficienti e versatili sotto il profilo della conduzione dell’esperimento.

Il lavoro, anche per i fini didattici che si prefigge, è ampiamente integrato da esempi che possono

aiutare nell’interpretazione delle strutture sperimentali illustrate; al tempo stesso si presuppone la

conoscenza da parte del lettore dei fondamenti del disegno degli esperimenti e del disegno fattoriale

frazionale.

La struttura del lavoro è la seguente: nel primo capitolo si descrive il disegno split-plot; il secondo

capitolo è dedicato alla descrizione del robust design con un breve cenno al product-array di

Taguchi; il terzo capitolo riguarda invece la relazione tra il disegno split-plot e il concetto di

robustezza, secondo gli sviluppi dell’ultimo decennio. Il quarto capitolo è finalizzato a una breve

♦ Il lavoro è frutto dell’opera comune di entrambe le autrici; tuttavia, Berni ha curato i capitoli 2,3,4; Pallottini il

capitolo 1.

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rassegna critica in cui si illustra la relazione tra split-plot, fattoriale frazionale e metodologia delle

superfici di risposta, secondo alcuni lavori presenti in letteratura.

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Capitolo 1

Il disegno sperimentale Split-plot

1.1 Introduzione Lo Split-Plot Design (SPD), o disegno ad unità suddivise, appartiene alla categoria dei disegni

sperimentali multi-factor ed è spesso utilizzato negli esperimenti condotti in contesti agricoli e

industriali, o in laboratorio.

In particolare, lo split-plot viene utilizzato nei casi in cui all’interno della situazione

sperimentale si vogliono analizzare determinati fattori, i cui livelli difficilmente possono essere

variati rispetto ad altri fattori, sia per eccessivi costi, sia per restrizioni imposte dal processo

stesso. Talvolta può risultare utile in situazioni in cui non è conveniente l’uso del disegno a

blocchi randomizzati, che risulta in generale meno efficiente.

Pianificare uno split-plot comporta una notevole riduzione sia dei costi che dei tempi necessari

alla conduzione dell’esperimento. In presenza, infatti, di fattori con suddette caratteristiche

risulta impossibile pianificare un disegno completamente randomizzato, e pertanto è necessaria

l’introduzione di determinate restrizioni alla randomizzazione.

Un aspetto particolarmente importante è la relazione esistente tra il disegno fattoriale frazionale

(Logothetis e Wynn, 1989) e il disegno split-plot. Infatti, in questo disegno i trattamenti

vengono spesso assegnati secondo uno schema fattoriale e si preferisce, al fine di ridurre il

numero di prove sperimentali necessarie, utilizzare lo schema del disegno fattoriale frazionale,

che ritroveremo con il termine Fractional- Factorial –Split-Plot design.

1.2 Un Esempio Per facilitare la comprensione dello split-plot si illustra in questo paragrafo un semplice caso di

applicazione; nel paragrafo 1.3 se ne illustra la struttura secondo una visione più articolata e

meno semplificata.

Si consideri (Salvi, Chiandotto 1978) un esperimento in cui vi siano tre trattamenti: A1, A2, A3

dati da 3 diversi livelli di irrigazione disposti secondo un disegno a blocchi randomizzati, in cui

i tre blocchi sono costituiti da appezzamenti di terreno, che devono avere una determinata

estensione prefissata.

Ogni blocco bi (i=1,..3) può essere rappresentato nel modo seguente, dove ogni rettangolo,

interno al blocco, rappresenta una particella di terreno:

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A3

A1

A2

Si supponga inoltre di avere un secondo fattore di interesse, dato da una particolare coltura, ad

esempio il mais, analizzato a 4 livelli: mt; t=1,…4; essendo necessaria, per ogni livello del mais,

una minore estensione di terreno, si ha, per ogni blocco, la seguente struttura:

Fig.1.1: Struttura dello split-plot per singolo blocco

A3

m3

m1

m2

m4

A1

m1

m4

m2

m3

A2

m1

m2

m4

m3

Si noti che ognuna delle tre particelle è comunque caratterizzata dallo stesso tipo di irrigazione

per riga.

Pertanto, per la prima particella di questo generico blocco si hanno 4 combinazioni sperimentali:

A3m3, A3m1, A3m2, A3m4. In totale si hanno 12 combinazioni (trattamenti) per blocco.

La particella Aj generica (j=1,..,3) è pertanto l’unità (plot) suddivisa (split) in tante sezioni (sub-

unità o sub-units) quante sono le varietà del mais. Questa è la particolare struttura di un disegno

split-plot, che si distingue dal fattoriale a blocchi proprio perché in quest’ultimo caso

l’assegnazione dei 12 trattamenti avverrebbe senza alcun vincolo nella conduzione

dell’esperimento, come vedremo ancora meglio nel paragrafo seguente.

1.3 La struttura del disegno Un’eccellente esposizione relativa allo split-plot viene proposta da Cochran e Cox (1957), cui

facciamo riferimento in questo paragrafo. Lo split-plot è particolarmente utile nel caso in cui

uno o più fattori possono essere considerati come fattori di classificazione. Con fattore di

classificazione si intende un fattore non considerato di maggiore interesse e/o i cui livelli

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difficilmente possono essere fatti variare. Tali fattori vengono introdotti nell’esperimento per

analizzare in che modo essi, interagendo con gli altri fattori, ne possano modificare l’azione,

oppure, semplicemente, per analizzarne il comportamento. Agli effetti principali dei fattori di

classificazione non si attribuisce particolare importanza, sono introdotti nel disegno soprattutto

con lo scopo di analizzare la loro relazione con gli altri fattori considerati; proprio per questo

motivo si è disposti ad accettare una minore precisione delle stime degli effetti dei fattori di

classificazione, in ragione di una migliore precisione per gli altri fattori e per le interazioni di

particolare interesse.

Nella pianificazione di un disegno split-plot le unità sperimentali considerate vengono suddivise

in una prima fase in whole-unit, ovvero in gruppi di unità a cui vengono assegnati i diversi

livelli dei fattori di classificazione. Successivamente, ogni whole-unit viene suddivisa in sub-

units; con tale termine si fa riferimento ai sottogruppi di unità, che compongono ciascuna

whole-unit, per i quali il livello dei fattori di classificazione rimane fisso, mentre vengono fatti

variare i livelli degli altri fattori.

Utilizzando sempre la terminologia associata allo split-plot, facciamo riferimento ai fattori di

classificazione col termine whole-plot factors; il livello di tali fattori risulta fisso, e quindi

invariato, per ogni sottogruppo interno alla whole-unit.

Riassumendo, ad ogni whole-unit è associato un trattamento, in modo casuale, combinazione dei

livelli dei fattori di classificazione, ogni whole-unit viene successivamente suddivisa in sub-

unità, per le quali il livello dei fattori di classificazione è fisso e variano i trattamenti associati

ad esse, relativamente agli altri fattori delle sub-units.

La restrizione alla randomizzazione introdotta in questo tipo di disegno, a cui prima abbiamo

fatto riferimento, deriva proprio dal fatto che l’associazione dei trattamenti alle sub-unità non

avviene in modo completamente randomizzato. Ogni trattamento, infatti, deve comparire una ed

una sola volta all’interno di ciascuna whole-unit.

L’esempio (fig.1.2) propone la schematizzazione di uno split-plot in presenza di due fattori: A,

con cinque livelli, e B a due livelli; il disegno presenta tre blocchi (b1,b2,b3), in ognuno dei quali

compare ciascun livello del fattore A che contraddistingue le whole-units, all’interno di ogni

whole-unit sono presenti due sub-units, a ciascuna delle quali è associato casualmente un livello

del fattore B. Come precedentemente specificato, in tutte le whole-units ritroviamo tutti i livelli

del fattore B, ognuno dei quali è presente una sola volta.

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Fig.:1.2 Esempio di split-plot

b1 b2 b2

WU A3 A5 A2 A1 A4 A4 A2 A1 A3 A5 A2 A5 A1 A4 A3

SU B2 B1 B2 B2 B2 B2 B2 B1 B1 B2 B1 B1 B2 B1 B2

B1 B2 B1 B1 B1 B1 B1 B2 B2 B1 B2 B2 B1 B2 B1

Emerge in modo evidente che la differenza tra lo split-plot e un disegno a blocchi randomizzati

risiede proprio nel fatto che in quest’ultimo i dieci trattamenti considerati (A3B2, A3B1, A5B1,.)

vengono assegnati, entro ogni blocco, alle dieci sub-unità sperimentali in modo completamente

randomizzato, mentre nello split-plot le due combinazioni sperimentali che hanno il livello del

fattore A fissato, per esempio A3B2 e A3B1, compaiono entrambe nella stessa whole-unit.

Si noti inoltre il ruolo del blocco, che è in sostanza una replicazione.

Questo disegno presenta però, accanto ai lati positivi come la flessibilità nella conduzione

dell’esperimento, alcuni importanti limiti, i quali saranno opportunamente approfonditi nei

successivi paragrafi; tra questi, anticipiamo, il fatto di produrre stime con bassa precisione per

gli effetti di classificazione, svantaggio che ne limita l’uso ad analisi in cui questo tipo di fattori

non sia di reale interesse; inoltre si ha la presenza di una duplice fonte di errore che complica

notevolmente l’analisi. La duplice fonte di errore deriva dalle due distinte randomizzazioni. Per

quanto appena affermato l’utilizzo del disegno split-plot si è diffuso soprattutto in contesti in cui

la necessità di un’elevata precisione delle stime è richiesta esclusivamente per alcuni fattori, e

non per altri; oppure in casi in cui, come vedremo nel secondo capitolo, si ritiene necessario

distinguere al meglio il ruolo dei fattori per la determinazione di un processo ottimale.

1.4 L’assegnazione dei fattori I fattori, nel disegno considerato, vengono distinti in più gruppi sulla base della loro facilità

nell’essere variati di livello; si hanno così, ad esempio, due gruppi: il gruppo del I ordine e quello

del II ordine; si noti che l’ordine, e quindi il numero dei gruppi, può crescere in relazione

alla “gerarchia” dei fattori.

Tra i gruppi così creati quello di ordine più alto include quei fattori per i quali si riscontra

maggiore difficoltà nel variare i livelli, mentre il gruppo di ordine minore include, di

conseguenza, quei fattori i cui livelli variano molto facilmente.

Per quanto riguarda invece le interazioni tra i fattori e la relativa analisi, vengono proposte

alcune regole per la loro assegnazione ai vettori componenti il disegno:

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a) L’interazione tra due fattori appartenenti a gruppi differenti, di ordini diversi,

viene assegnata ad una colonna appartenente al gruppo di ordine maggiore.

b) L’interazione tra due fattori appartenenti allo stesso gruppo viene assegnata

ad una colonna di un gruppo di ordine minore.

c) Nel caso in cui l’interazione tra due fattori corrisponda a più di una colonna,

per esempio nel caso d’interazione tra due fattori a tre livelli, solo una di

suddette colonne appare nel disegno, e precisamente in un gruppo di ordine

minore.

Proponiamo qui di seguito una tabella che mostra l’applicazione delle regole appena introdotte.

In figura 1.3, vediamo chiaramente, per esempio, che l’interazione tra i fattori A e C, due fattori

che appartengono a gruppi di ordine diverso, il primo al gruppo del I ordine e il secondo al

gruppo del III ordine, viene assegnata ad una colonna del gruppo del III ordine, che è il gruppo

con ordine superiore tra i due contenenti i fattori considerati, a conferma del punto a). Da un

punto di vista pratico, e lo si può notare anche dalla figura 1.3, i livelli dei fattori appartenenti al

gruppo del I ordine possono cambiare massimo quattro volte, ciò vuol dire che il fattore A

rimarrà fisso al primo livello per quattro osservazioni consecutive; inoltre, se nell’analisi

vengono considerati fattori i cui livelli cambiano molto difficilmente, è consentita la creazione

di un gruppo misto, che contiene cioè fattori appartenenti a tutti e tre i gruppi, che consente di

lasciare non assegnata una delle colonne del gruppo primario. Nel caso dell’esempio due sono le

colonne non assegnate, contraddistinte con “e” ad indicazione dei vettori utilizzati per la stima

delle due componenti di errore.

Fig.:1.3 Struttura matriciale dello split-plot fattori A B e C AxC D e

colonne 1 2 3 4 5 6 7

osservazioni

1 1 1 1 1 1 1 1

2 1 1 1 2 2 2 2

3 1 2 2 1 1 2 2

4 1 2 2 2 2 1 1

5 2 1 2 1 2 1 2

6 2 1 2 2 1 2 1

7 2 2 1 1 2 2 1

8 2 2 1 2 1 1 2

gruppi 1 2 3

gruppi primari gruppo secondario

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1.5 Il modello statistico In questo paragrafo si illustra il modello statistico corrispondente ad un disegno sperimentale split-

plot. Il metodo di analisi della varianza (ANOVA) ad un unico criterio di classificazione risulta

sufficiente per i nostri obiettivi iniziali; si deve però sottolineare che, in questo caso, nel modello

statistico è presente una duplice fonte di errore, dovuta, come vedremo, alla possibile presenza di

correlazione tra osservazioni sperimentali appartenenti a differenti sub-units di una stessa whole-

unit.

Inoltre, in questo contesto, è importante sottolineare la corrispondenza esistente tra modello

statistico e disegno sperimentale. Infatti, una volta pianificato il disegno sperimentale e dopo aver

assegnato i trattamenti alle unità sperimentali secondo opportuni criteri ed aver effettuato le prove,

gli esiti dell’esperimento possono essere idealmente spiegati attraverso un modello statistico.

Consideriamo il caso generale in cui sono presenti due fattori: A e B, il primo applicato alle whole-

unit con t livelli (j=1,…,t), mentre il secondo applicato alle sub-units con s livelli (k=1,…,s);

ipotizziamo inoltre che l’esperimento preveda l’esecuzione di n prove, e quindi n osservazioni

sperimentali. Il modello utilizzato per analizzare la variabile di risposta Y, è il seguente:

Yijk = µ + ρi + αj + δij + βk + (αβ)jk + εijk (1.1)

in cui:

i = 1, 2,……..n, j = 1, 2,………., t e k = 1, 2,……..s; e dove:

µ è il valor medio delle osservazioni, ρi rappresenta l’effetto dell’i-esimo blocco o replica, αj

l’effetto del j-esimo livello del fattore A, δij rappresenta la componente erratica associata alla whole-

units relativa all’i-esimo blocco e al j-esimo livello del fattore A, βk rappresenta invece l’effetto del

k-esimo livello del fattore B, (αβ)jk è la componente relativa all’interazione tra i fattori A e B,

associata al trattamento corrispondente all’applicazione del j-esimo livello del fattore A e del k-

esimo livello del fattore B, εijk infine, rappresenta la componente erratica associata alle sub-units.

Naturalmente il modello appena descritto può essere esteso ai casi in cui più fattori, più whole-

factors e più sub-factors, vengono considerati.

Le assunzioni del modello appena descritto riguardano le due componenti di errore che vengono

ipotizzate indipendenti e identicamente distribuite secondo una distribuzione Normale con media

nulla e varianza costante; quest’ultima sarà pari a σ2wp per la componente erratica relativa alle

whole-units e pari a σ2sp per quella associata alle sub-units. Ovvero:

δij ~ IID N(0,σ2wp) e εijk ~ IID N(0,σ2

sp).

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1.5.1 La natura dell’errore sperimentale Come già accennato nel paragrafo precedente, in questa tipologia di disegno sperimentale

particolare attenzione è dovuta al fatto che le osservazioni appartenenti a sub-units diverse, ma di

una stessa whole-unit, possono essere tra loro correlate; a titolo di esempio possiamo considerare gli

esperimenti condotti in ambito agricolo; in tali casi, per esempio, la correlazione nasce dal fatto che

appezzamenti di terreno vicini tra loro tendono ad essere simili, relativamente alla fertilità o ad altre

caratteristiche specifiche.

Per analizzare il problema della correlazione presente tra le osservazioni consideriamo di nuovo la

situazione illustrata nei precedenti paragrafi: siamo quindi in presenza di un fattore applicato alle

whole-units, il fattore A che varia a t livelli, e un fattore applicato alle sub-units, il fattore B che

varia a s livelli, mentre con n indichiamo il numero delle replicazioni; in tal caso, per le sub-units

appartenenti ad una stessa whole-unit, i e j rimangono invariati.

In base a quanto detto si assume che tra la componente erratica εijk e la componente εiju, ovvero tra

errori associati a due sub-units di una stessa whole-units, esista una correlazione, che indichiamo

con ρ, mentre si ipotizza che sub-units appartenenti a diverse whole-units siano incorrelate, avremo,

di conseguenza:

E ( εijkεiju ) = ρσ2 e E ( εijkεstu ) = 0 (1.2)

Si considerino, ora, gli effetti di una tale situazione sui confronti tra trattamenti sperimentali che

verranno analizzati. Gli effetti principali che il fattore A esercita sulla variabile risposta considerata

vengono stimati sulla whole-unit completa, nel caso in cui ogni whole-unit sia composta da due sub-

units1 la varianza della componente erratica associata alla singola whole-unit è pari a:

E ( εij1 + εij2 )2 = E ( εij12 ) + E ( εij2

2 ) + 2E ( εij1εij2 ) = σ2 + σ2 + 2ρσ2 = 2σ2 ( 1 + ρ ) (1.3)

Pertanto, per l’effetto principale del fattore A, la varianza di errore per le sub-units è pari a:

σ2 ( 1 + ρ ) (1.4)

Se nel disegno sono presenti s sub-units per ciascuna whole-unit, la corrispondente componente

erratica sarà pari a:

1 Ricordiamo che i concetti illustrati possono essere estesi sia a casi in cui si considerano più fattori, sia se cambia il numero delle whole-units e delle sub-units individuate.

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Split-plot e Robust-Design 12

σ2 [1 + ( s - 1 )ρ] (1.5)

D’altra parte, gli effetti principali del fattore B vengono stimati attraverso le differenze osservate tra

due sub-units appartenenti alla stessa whole-unit.

In questo caso abbiamo che:

E ( εij1 - εij2 )2 = 2σ2 ( 1 - ρ ) (1.6)

e quindi la varianza effettiva associata a ciascuna sub-unit è pari a: σ2 (1-ρ). Si noti che la formula

(1.6) non dipende dal numero di sub-units; inoltre, la (1.6) rappresenta la stima della componente

d’interazione tra il fattore A e il fattore B, in quanto coinvolge il confronto (b1 – b0) entro i differenti

livelli di A presi in considerazione2.

Per altri tipi di confronti, la varianza relativa alla componente erratica può risultare diversa dalle

espressioni appena presentate. Consideriamo, per esempio (a3b0 – a1b0), ovvero il confronto tra il

terzo livello ed il primo livello del fattore A, condizionatamente al livello zero del fattore B; in

ciascuna replicazione effettuata, le due sub-units considerate appartengono a whole-units differenti,

e di conseguenza, sono indipendenti. Verificato ciò, la varianza della loro differenza è pari a 2σ2, e

la varianza relativa a ciascuna sub-unit è data da σ2.

Si osservi, comunque che, per ogni particolare confronto tra trattamenti analizzato, le espressioni

appropriate per le due componenti di variabilità possono essere facilmente ricavabili da quelle

generali precedentemente illustrate nelle formule (1.4) e (1.5).

Un altro aspetto da puntualizzare riguarda ρ che è, nella quasi totalità dei casi, positivo. Questo

risultato implica che l’effetto principale del fattore A viene stimato con meno precisione rispetto

all’effetto del fattore B ed all’interazione AB3. Questa minore precisione delle stime è estesa a tutti

quei fattori considerati di classificazione, come già detto più volte in precedenza.

1.5.2 L’analisi della varianza nello split-plot Prima di introdurre e spiegare il metodo dell’analisi della varianza all’interno del disegno split-plot

è importante ricordare che l’associazione dei trattamenti alle whole-units avviene applicando il

principio della randomizzazione; la randomizzazione per l’assegnazione dei trattamenti a ciascuna

sub-unit avviene all’interno di ogni whole-unit; all’interno di ciascuna di esse, quindi, viene

effettuato un processo di randomizzazione distinto. 2 Per approfondimenti si veda: Cochran e Cox (1957). 3 Essendo ρ positivo la componente di variabilità associata alle whole-units risulta maggiore di quella relativa alle sub-units.

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Split-plot e Robust-Design 13

Presentiamo in figura 1.4 la ripartizione dei gradi di libertà per l’analisi della varianza per un

disegno split-plot, nel caso in cui il fattore A applicato alle whole-units abbia t livelli, e il fattore B,

applicato alle sub-units, abbia s livelli. Con n si indica il numero dei blocchi, o repliche.

Fig.:1.4 Scomposizione dei gradi di libertà per lo split-plot

whole units gradi di libertà blocchi ( n – 1 )

A ( t – 1 ) errore (a) (t – 1 )( n – 1 )

totale ( nt – 1 )

sub units

B ( s – 1 ) AB (t – 1 )( s – 1 )

errore (b) t( n – 1 )( s – 1 )

totale nt( s – 1 )

In figura 1.5 si illustra invece il prospetto riassuntivo di ANOVA4 in un disegno split-plot. Il

prospetto riassume le fonti di variabilità per un modello misto, nel quale il fattore blocco viene

assunto come fattore a effetti casuali, mentre i fattori A e B sono fattori ad effetti fissi. Per fattore

casuale, o analogamente effetto casuale o fattore ad effetti casuali, s’intende quel fattore i cui livelli

sono selezionati casualmente dalla popolazione; in tal caso, il ricercatore non è espressamente

interessato ai singoli livelli di esso, quanto piuttosto alla stima della componente di variabilità ad

esso attribuita. Per esempio, si può pensare alla selezione casuale di h strumenti per la lettura ottica

da una linea di produzione e produrre una serie di dati da ogni strumento selezionato.

In questo lavoro viene dedicata particolare attenzione ai fattori ad effetti fissi, data la particolare

attenzione all’applicazione dello split-plot nell’ambito della robustezza del disegno.

Nella tabella riassuntiva (fig. 1.5) la componente indicata con Errore1 rappresenta l’errore relativo

alle whole-units ed equivale all’interazione tra il fattore blocco e il fattore A; l’altra componente

erratica, indicata con Errore2, è l’errore associato alle sub-units, che equivale alla somma della

componente d’interazione tra il fattore blocco ed il fattore B e quella d’interazione tra A, B e il

fattore blocco.

4 Per semplicità indichiamo con SS (Sum of Squares) la stima della devianza e con MS (Mean Squares) la stima della varianza.

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Split-plot e Robust-Design 14

Fig.: 1.5 Tabella riassuntiva di Analisi della Varianza

Fonte var. g.l. SS MS Test F

Whole-plot nt – 1 SSMp

Blocchi n – 1 SSBl MSBl

A t – 1 SSA MSA=

)1()(

−tASS

MSA/MSE1

Errore1 (n–1)(t–1) SSE1 MSE1= )1)(1()( 1

−− tnESS

Sub-plot nt( s – 1 ) SSp

B s - 1 SSB MSB=

1)(

−sBSS

MSB/MSE2

AB (t–1)(s–1) SSAB MSAB=

)1)(1()(

−− stABSS

MSAB/MSE2

Errore2 (n–1)t(s–1) SSE2 MSE2= )1)(1()( 2

−− sntESS

Totale nts - 1 SST

in cui:

SSbl = ts∑=

−b

ik yy

1..... )( 2

SSA = nt ∑=

−a

ii yy

1..... )( 2

SSE1 = s ∑ +−−ki

kiki yyyy,

........ )( 2 (1.8)

SSB = nt ∑=

−b

jj yy

1..... )( 2

SSAB = n )( .....,

... yyyy jji

iij +−−∑ 2

SSE2 = ∑ +−−kji

jkkiijk yyyy,,

..... )( 2

Pertanto si ha che le fonti di errore sono formate dagli effetti di interazione di ordine superiore

ritenuti trascurabili. In particolare, il fatto di assumere il fattore blocco come fattore casuale

permette di ipotizzare che le componenti d’interazione tra quest’ultimo e i fattori A o B siano

trascurabili. Inoltre, nella pratica, MSE1 dovrebbe essere generalmente maggiore di MSE2.

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Split-plot e Robust-Design 15

Si noti che in questa tipologia di disegno, gli effetti principali vengono confusi con l’effetto blocco,

in contrasto, quindi, con quanto avviene nel disegno fattoriale, in cui viene considerato solo l’effetto

di confondimento tra interazioni.

Per ciò che riguarda la significatività degli effetti, va sottolineato che questa, proprio per la presenza

nel disegno di una duplice fonte di errore, viene verificata entro il gruppo. Condizione necessaria

affinché la componente erratica di ciascun gruppo possa essere utilizzata per effettuare il test è che

essa risulti significativa nel test d’ipotesi effettuato rispetto alla componente erratica del gruppo di

ordine superiore. Se quanto appena detto non si verifica, allora gli effetti di quel gruppo vengono

verificati rispetto alla componente erratica del gruppo di ordine superiore.

Volendo spiegare il motivo per cui l’utilizzo del disegno split-plot è opportuno quando siamo

interessati alla stima dell’effetto del fattore B e dell’interazione tra A e B, piuttosto che alla stima

dell’effetto di A, si consideri, a titolo di esempio, un disegno split-plot (fig.1.6) relativo a due

fattori, A e B, rispettivamente con due e tre livelli. A tal fine si consideri la seguente struttura, che

mostra come le unità sperimentali possano essere disposte considerando i livelli di A come blocchi

randomizzati, in cui il numero di replicazioni è pari a tre (3 blocchi).

Fig.:1.6 Esempio di split-plot

Blocco1 Blocco2 Blocco3

a1 a2 a3 a3 a1 a2 a2 a3 a1

b1 b2 b1 b1 b1 b2 b2 b1 b1

b2 b1 b2 b2 b2 b1 b1 b2 b2

Data una tale struttura, l’analisi dell’effetto principale di A è effettuata rispetto alla prima

componente erratica per le unità sperimentali disposte in blocchi; una seconda analisi sarà relativa

alla stima dell’effetto principale del fattore B e dell’interazione tra A e B, rispetto alla seconda

componente erratica, entro i livelli del fattore A.

Nel disegno qui considerato l’effetto di A, ovvero l’effetto tra i livelli di A, coincide con l’effetto tra

blocchi, cioè l’effetto dovuto alla randomizzazione in blocchi.

Per questa ragione tale disegno risulta opportuno per la stima dell’effetto di B e della componente

d’interazione, in quanto il fattore A si presume di natura sub-sperimentale e assume la stessa

funzione del fattore blocco in un disegno a blocchi completamente randomizzati, la cui stima, non è,

in generale, di particolare interesse.

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Split-plot e Robust-Design 16

Capitolo 2

Il concetto di Robust Design

2.1 Introduzione Lo scopo principale di questo capitolo è quello di introdurre il concetto di Robust Design, ovvero di

progettazione robusta. L’introduzione di questo importante fondamento della pianificazione

sperimentale si deve a Genichi Taguchi, nell’ambito del metodo denominato Parameter Design. In

questa sede si tralascia l’illustrazione di questa tecnica, per la quale si rimanda a Berni (1999) e a

Kackar (1985). È peraltro noto in letteratura che, se si deve a Taguchi l’introduzione del concetto

di progettazione robusta, al tempo stesso lo sviluppo concreto di questa strategia di pianificazione si

deve al successivo dibattito che si è sviluppato nel corso degli anni ’80 e inizi anni ’90 proprio in

relazione ai punti critici della metodologia di Taguchi.

In particolare, il punto di partenza del concetto di Robust Design è il disegno sperimentale definito

da Taguchi, detto product-array, il quale è un disegno sperimentale progettato per rendere il

prodotto robusto rispetto alle fonti di variabilità esterne e interne5 che risultano di disturbo per la

qualità del prodotto stesso, in quanto influenti sui fattori di interesse per la progettazione.

Pertanto, per meglio chiarire i concetti di fonte di variabilità di disturbo interna e esterna e per

puntualizzare lo sviluppo che è possibile ottenere nell’ambito del Robust Design con l’applicazione

dello split-plot, illustriamo in questa parte del lavoro il product-array ed i principali concetti,

relativi al ruolo dei fattori nell’ambito della progettazione robusta.

2.2 Il product-array di Taguchi Il concetto fondamentale della filosofia di Taguchi, e del controllo di qualità off-line in generale, è

quello di riuscire a controllare quanto più possibile le fonti di variabilità che, a vario titolo, agiscono

sul prodotto, o sul processo produttivo, e che possono causarne un malfunzionamento, agendo di

conseguenza sulla qualità del prodotto stesso. Controllare le fonti di variabilità corrisponde a ridurre

la variabilità residua durante la fase di progettazione del prodotto, e quindi prima di giungere alla

produzione effettiva di esso, agendo tramite il disegno degli esperimenti e la pianificazione

sperimentale. In particolare, assunte una o più variabili di risposta a misura del nostro prodotto, si

procede alla lista e successivamente alla selezione di tutti quei fattori che agiscono sulla misura di

qualità (variabile di risposta) di quest’ultimo.

Uno dei principi fondamentali dell’intera filosofia di Taguchi che merita di essere qui menzionato,

in quanto è strettamente connesso al concetto di Robust Design, è che durante la progettazione del

5 Queste ultime comunque esterne al processo produttivo.

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Split-plot e Robust-Design 17

prodotto si deve tenere conto di tutte quelle fonti di variabilità alle quali il prodotto sarà soggetto

durante il suo ciclo di vita. Pertanto il prodotto deve essere robusto a tali fonti di variabilità in

modo da garantire elevate prestazioni. La procedura Parameter Design introdotta da Taguchi può essere riassunta nei seguenti passi:

1) Identificazione dei fattori del disegno (fattori controllabili) e dei fattori noise, conseguente

determinazione dei relativi campi di variazione.

2) Pianificazione del disegno sperimentale.

3) Conduzione dell’esperimento e valutazione delle misure di prestazione.

4) Determinazione della combinazione ottimale dei livelli dei fattori di controllo.

5) Verifica degli effettivi miglioramenti apportati alla fase 4.

Di questi cinque passi si illustra, brevemente, nel paragrafo 2.3.1, il product-array di Taguchi,

rimandando per la completa descrizione del metodo a Berni (1999).

2.2.1 Il ruolo dei fattori nell’ambito della progettazione robusta Secondo la filosofia di Taguchi, due sono le categorie di fattori che agiscono sulla variabilità di un

prodotto: i fattori controllo e di aggiustamento6, o fattori di disegno, e i fattori di disturbo, o fattori

noise.

I fattori di controllo e quelli di aggiustamento7 rappresentano quelle variabili, interne al processo

produttivo, che riguardano la “taratura” ottimale del prodotto in fase di progettazione. Sono quei

fattori che nell’ambito classico sono definiti sperimentali o di interesse e sono di particolare

importanza in quanto la selezione della loro combinazione ottimale permette la definizione del

migliore risultato sperimentale in fase di progettazione in merito a: raggiungimento del target e

minimizzazione della variabilità.

I fattori di controllo, secondo la scuola statunitense8, sono fattori i cui livelli vengono fatti variare

dallo sperimentatore stesso; quest’ultimo ha, quindi, pieno controllo su di essi, i quali vengono

infatti definiti, nel nostro contesto, quali fattori influenti, misurabili e controllabili.

L’insieme dei fattori influenti è però costituito anche da altri gruppi di variabili che possono essere

non misurabili e/o non controllabili. In primo luogo, tra questi posso esistere fattori di disegno non

misurabili, e di conseguenza non controllabili, oppure fattori di interesse che possono essere

mantenuti al loro livello nominale (held constant factors). Tra questi fattori influenti vi sono anche i 6 Riuniti, secondo alcuni autori, in un unico gruppo indicato col termine di fattori di controllo; la suddivisione in fattori di controllo e di aggiustamento si deve soprattutto ad autori italiani. 7 Non è qui necessario definire il concetto di target. Si ricordi che in generale il valore del target può essere specificato, in sede tecnica, in relazione alla variabile di risposta assunta come misura di qualità in fase di progettazione. 8 I concetti espressi in questo paragrafo rappresentano un compendio, in base alla letteratura degli ultimi anni, dei concetti di pianificazione sperimentale e di Robust Design, compendio che supera la definizione di progettazione robusta come definita da Taguchi.

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Split-plot e Robust-Design 18

fattori noise, o fattori disturbo, che si distinguono in più categorie: non misurabili, misurabili ma

non controllabili, sia misurabili che controllabili. Tra i fattori noise possiamo ovviamente avere

anche fattori non influenti, o comunque non misurabili né controllabili, il cui effetto va a confluire

in quella componente residua che non può essere totalmente eliminata.

Il problema della non misurabilità dei fattori, sia per i fattori di controllo che per i fattori noise, può

derivare o da eccessivi costi per la relativa misurazione, o dalla difficoltà o impossibilità vera e

propria di misurarli. Per i fattori di controllo diventa importante poterli “controllare” in quanto

questo permette poi di poter tarare in modo ottimale il prodotto. I fattori noise si distinguono,

rispetto al processo produttivo, in interni ed esterni, ed agiscono sulla variabile di risposta

direttamente o, come spesso accade, indirettamente, influenzando direttamente i fattori di controllo.

Il concetto di progettazione robusta è sostanzialmente legato alla possibilità di considerare, in fase

di pianificazione sperimentale, fattori noise influenti che siano anche misurabili e/o controllabili; è

ovvio che fattori noise che non siano né controllabili né misurabili sono valutati tramite la

variabilità residua.

Se è possibile avere fattori noise controllabili e/o misurabili, si ha che la combinazione sperimentale

dei fattori di controllo viene “estesa” a questi fattori di disturbo permettendo, in sede di analisi, la

valutazione della stima dell’interazione CxN tra fattori di controllo (C), e fattori Noise (N),

stabilendo il livello ottimale del fattore di controllo che è robusto alle variazioni del fattore noise.

Si noti che, tralasciando per ovvie ragioni l’insieme dei fattori noise che sono influenti ma non sono

né misurabili né controllabili, i fattori di disturbo che sono misurabili ma non controllabili possono

essere analizzati tramite replicazione “classica” ovvero la ripetizione della medesima combinazione

sperimentale nelle stesse condizioni sperimentali; al contrario, in caso di fattore noise misurabile e

controllabile, è possibile utilizzare una replicazione ad effetti fissi che deriva sostanzialmente dal

Product-array di Taguchi.

Schematizzando, possono verificarsi le seguenti situazioni (fig.2.1).

Nella classe dei fattori noise esterni rientrano soprattutto le variabili ambientali, o le condizioni di

utilizzo, come ad esempio la temperatura, l’umidità, ecc.. Della classe, invece, dei fattori di disturbo

interni, ma esterni al processo produttivo, fanno parte i cosiddetti “disturbi da deterioramento”, che

possono verificarsi in fase di immagazzinamento.

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Split-plot e Robust-Design 19

Fig.:2.1 Schema riassuntivo relativo al ruolo dei fattori

• Rispetto al processo produttivo e al prodotto:

Fattori di controllo Fattori di aggiustamento

Fattori Interni

Fattori Esterni Fattori noise: esterni ed interni

Influenti e misurabili

Influenti e controllabili Ad esempio gli: “Held constant factors”

Influenti, controllabili e misurabili

• Rispetto alla caratterizzazione dei fattori

Fattori di controllo Fattori di Aggiustamento Fattori

sperimentali

Influenti e misurabili (replicazione “classica”)

Influenti e controllabili (replicazione con fattori a livelli fissi)

Influenti ma né misurabili né controllabili

Fattori noise

Fattori

Sub-sperimentali

2.3.1 Costruzione del product-array La fase relativa alla costruzione del disegno sperimentale è quella in cui viene introdotta la vera e

propria novità presente nella filosofia di Taguchi rispetto alle metodologie classiche.

Una volta individuati i fattori influenti sul progetto ed i fattori noise, o fattori rumore, si passa alla

costruzione del disegno sperimentale. Il metodo di Taguchi propone in questa fase l’introduzione di

un piano incrociato o product-array.

Tale piano è composto da due matrici, entrambe ortogonali, una matrice è detta matrice interna, e in

essa sono rappresentati i fattori interni, nell’altra, chiamata matrice esterna, vengono invece inseriti

quei fattori noise che in sede di pianificazione risultano controllabili e misurabili, nonchè influenti.

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Split-plot e Robust-Design 20

Generalmente, il product-array può essere associato a due disegni fattoriale frazionali9 con un alto

grado di frazionamento e quindi bassa Risoluzione e con una complessa struttura di confondimenti.

In corrispondenza di ciascuna combinazione sperimentale presente nella matrice interna, relativa

quindi ai fattori di controllo e di aggiustamento, vengono effettuate tante prove sperimentali quante

sono le combinazioni dei livelli dei fattori noise che troviamo nella matrice esterna; la matrice

esterna viene definita, proprio per quanto detto, “nidificata” nella matrice interna.

Nella figura riportata qui di seguito viene schematizzato quanto detto sulla struttura del disegno di

Taguchi, ed illustrata la sua rappresentazione grafica (fig.2.2):

Fig.: 2.2: Product-array

matrice interna matrice esterna

A B C a b

1 + + + 1 + + Y11

2 + - - 2 - - Y12

3 + + - 3 + - Y13

4 + - + 4 - + Y14

5 - - - . a b . 6 - + + . 1 + + . 7 - - + . . . . . 8 - + - 4 - + . . a b . 1 + + . 2 - - Y82

3 + - Y83

4 - + Y84

In figura 2.2 si illustra un esperimento fattoriale 23 cui vengono considerati tre fattori di controllo e

di aggiustamento: A, B e C, a due livelli, codificati con + e -, pertanto, le combinazioni sperimentali

relative sono otto; nella matrice esterna si hanno due fattori di disturbo: a e b, anche questi a due

livelli (codificati ancora con + e-), per un totale di quattro combinazioni sperimentali. Secondo il

9 Per il disegno fattoriale frazionale si rimanda a Myers e Montgomery (1997).

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Split-plot e Robust-Design 21

disegno di Taguchi, già introdotto, in corrispondenza di ognuna delle otto combinazioni dei livelli

dei fattori di controllo vengono effettuate quattro repliche, una per ogni combinazione dei livelli dei

fattori noise. Il disegno prevede, quindi, complessivamente, l’effettuazione di 32 prove

sperimentali: 8 x 4 = 32, e di conseguenza, la rilevazione di 32 realizzazioni della variabile casuale

Y, assunta come variabile di risposta.

Lo svantaggio del product-array, che si nota immediatamente, è che all’aumentare del numero dei

fattori considerati, sia interni sia noise, e dei rispettivi livelli, aumentano notevolmente le prove

sperimentali da effettuare. Proprio per questa ragione, essendo l’obiettivo principale dello

sperimentatore quello di ridurre il più possibile il numero di prove necessarie, in modo da limitare i

costi e i tempi dell’analisi, in alternativa a questo disegno si propone sempre più spesso la

pianificazione di un disegno split-plot , oppure il combined-array10, che non descriviamo in questa

sede.

2.4 Analogie tra il product-array e lo split-plot L’idea di un prodotto robusto è fondata, in fase di progettazione, sulla pianificazione di un disegno

sperimentale e sulla stima delle interazioni control x noise. Abbiamo affermato che il principale

svantaggio del product-array risiede proprio nell’impossibilità di stimare tali interazioni e,

secondariamente, nell’eccessivo numero di prove sperimentali che spesso richiede. Una soluzione a

questo problema, proposta anche da Box e Jones, (1992), risiede nel sostituire a questo disegno uno

split-plot.

Volendo tracciare, per quanto possibile, un parallelismo tra il disegno proposto da Taguchi e lo

split-plot possiamo affermare che la variabile di risposta viene inizialmente analizzata rispetto alle

combinazioni dei livelli di determinati fattori, cosiddetti fattori di controllo e di aggiustamento, i

quali compaiono in quella che Taguchi indica con il nome di matrice interna; tale matrice

corrisponde alle whole-units presenti nello split-plot, alle quali vengono assegnati i whole-plot

factors; successivamente le unità vengono associate ad altre combinazioni fattoriali, relative in

questo caso a fattori ambientali, quali per esempio la temperatura o l’umidità, inseriti nella matrice

esterna e indicati col termine di fattori noise; quest’ultimi corrispondono, nel disegno split-plot, ai

sub-plot factors associati alle sub-units. Ricordiamo che, come evidenziato nel primo capitolo,

l’assegnazione dei fattori ambientali alle sub-units piuttosto che alle whole-units, e lo stesso per i

fattori del disegno, porta a differenti varianti del disegno proposte in letteratura.

10 Si veda, per il combined-array, Myers et alt. (1992).

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Split-plot e Robust-Design 22

A tal fine, in questo paragrafo, si illustra la pianificazione di un disegno split-plot 2k-p x 2q-r e la

relativa analisi, che comprende, naturalmente, l’individuazione dei confounding effects all’interno

dei due piani fattoriali frazionali11.

In generale si può affermare che il concetto di robustezza si traduce nella necessità di rendere

possibile la stima delle interazioni tra fattori interni e fattori ambientali, il che non è consentito nella

pianificazione del disegno di Taguchi. Supponiamo di voler verificare la robustezza di quattro tipi

di motori a combustibile rispetto a variazioni nella qualità della benzina utilizzata. Nella nostra

analisi i fattori di interesse sono: il tipo di carburatore, indicato (fig.2.3) con A, a due livelli, la

candela (fattore B), anch’essa a due livelli, ed infine, due diverse proporzioni di raffreddamento,

indicate con C. I fattori interni illustrati generano un piano fattoriale completo 23, dal quale, come

si può osservare nella struttura matriciale (fig.2.3), applicando la frazione 1\2 otteniamo un piano

fattoriale frazionale 23-1, che implica l’esecuzione di quattro prove sperimentali. Le prove

rappresentano, in pratica, quattro tipi di motore, sui quali interessa analizzare l’effetto delle

variazioni di quantità della benzina; il fattore ambientale, osservato a due livelli ed indicato con P, è

la quantità di benzina.

In tale situazione sperimentale potrebbe essere opportunamente utilizzato un disegno split-plot, nel

quale, come si vede, la colonna C viene generata dal confondimento C = AB.

Nella figura 2.3, riportata qui di seguito, è rappresentato lo schema di un semplice piano di Taguchi

standard, come descritto in precedenza.

Fig.:2.3: Esempio di split-plot

P

A B C=AB - +

- - + y11 y12

+ - - y21 y22

- + - y31 y32

+ + + y41 y42

Il disegno mostrato nella tabella precedente può essere rappresentato anche con la struttura

matriciale alternativa di figura 2.4.

11 La notazione qui utilizzata è quella tipica del fattoriale frazionale, per il quale si rimanda alla letteratura già citata.

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Split-plot e Robust-Design 23

Fig.:2.4: Esempio di split-plot alternativo

A B C P

- - + - y11

+ - - - y21

- + - - y31

+ + + - y41

- - + + y12

+ - - + y22

- + - + y32

+ + + + y 42

Abbiamo, in questo caso, un disegno composto da un’unica matrice che rappresenta un piano

fattoriale 23-1 in cui si può facilmente notare che il defining contrast utilizzato per frazionare il piano

completo è I = ABC, ricordiamo che si tratta di un disegno con Risoluzione III.

Come si vede, (Bisgaard, 2000), l’esperimento può essere condotto in diversi modi; a determinare il

modo più opportuno saranno senz’altro le condizioni di analisi più efficienti ed economiche.

In questa circostanza si ritiene vantaggioso condurre l’esperimento secondo un disegno split-plot, il

quale permette di creare quattro tipi di motore, in accordo al piano fattoriale 23-1 utilizzato per i

fattori di disegno, e, mentre i motori sono su strada, si provano i due tipi di benzina selezionati per

l’analisi. In tal modo le prove non sono eseguite in modo completamente randomizzato, vengono

imposte alcune restrizioni alla randomizzazione che rendono questo fattoriale frazionale un disegno

split-plot.

Il vantaggio nell’utilizzare uno split-plot per un tale esperimento risiede nel fatto che esso richiede

soltanto quattro tipi di motore, a differenza di un disegno completamente randomizzato, come

quello mostrato nella seconda tabella proposta, il quale richiederebbe per il test un numero

maggiore di motori, risultando così economicamente svantaggioso.

Si consideri ora una determinata analisi in cui compaiono comunque i soliti tre fattori di disegno ed

un fattore ambientale, come nell’esempio illustrato in precedenza; in questo caso, però, si ipotizza

che non esistano difficoltà a variare i livelli dei fattori e che l’assenza di altre restrizioni alla

randomizzazione sia di carattere pratico ed economico. In questa situazione le otto prove

sperimentali, figura 2.3, possono essere condotte senza alcun problema secondo un disegno

completamente randomizzato. Pertanto, in questo caso, risulta più opportuno l’utilizzo di un piano

fattoriale 24-1 con Risoluzione IV, in cui I = ABCP, rispetto al piano illustrato in figura 2.3. Esso

consente la stima di tutte le interazioni del I ordine tra fattori di disegno e fattori ambientali, che

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Split-plot e Robust-Design 24

però risultano confuse con le interazioni tra i fattori interni, in quanto la Risoluzione IV prevede il

confondimento tra interazioni del I ordine. Se lo sperimentatore ha necessità di stimare ogni

interazione del primo ordine tra fattori di disegno e fattori ambientali, liberandole da ogni possibile

confondimento, allora è più opportuno l’utilizzo di un disegno con Risoluzione III eseguito in modo

completamente randomizzato, come quello proposto nella seconda struttura matriciale (fig.: 2.4).

In questo paragrafo si è cercato di illustrare le configurazioni di alcuni disegni sperimentali basilari

che spesso si trovano nelle applicazioni. Facendo riferimento in particolar modo a Bisgaard (2000),

si nota come l’autore, con gli esempi proposti, tenga a sottolineare che la suddivisione dei fattori

sperimentali in fattori di disegno (controllo e aggiustamento) e fattori ambientali (noise) non sempre

sia sinonimo di restrizioni alla randomizzazione, e quindi di utilizzo di un disegno split-plot. In

alcuni casi infatti, come accennato, risulta vantaggioso condurre l’esperimento secondo piani

completamente randomizzati anche in presenza di fattori con natura sperimentale diversa; la

presenza, invece, di fattori per cui si ritiene più difficoltoso far variare il livello, rispetto ad altri,

conduce sempre alla pianificazione di uno split-plot.

Bisgaard (2000) sostiene inoltre che l’assegnazione dei fattori ambientali alle sub-units e quella dei

fattori di disegno alle whole-units, che rispecchia la filosofia di Taguchi, non sempre risulta la scelta

migliore; in alcuni casi è più opportuno, invece, invertire l’assegnazione, oppure ancora, assegnare

sia i fattori di disegno che i fattori ambientali ad una stessa colonna di un piano fattoriale frazionale

standard, senza imporre alcuna restrizione alla randomizzazione.

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Split-plot e Robust-Design 25

Capitolo 3

Il disegno split-plot e il concetto di Robust Design

In questo capitolo si illustrano le principali caratteristiche dei tre alternativi adattamenti del disegno

split-plot proposti da Box e Jones (1992). Le tre alternative proposte si distinguono per la diversa

assegnazione alle whole-units ed alle sub-units dei fattori di disegno e dei fattori ambientali.

Le specifiche strutture derivanti da tali alternative sono le seguenti:

a) Nel primo disegno le whole-units sono le unità sperimentali associate ai fattori di

classificazione, gli whole-factors sono i fattori ambientali; mentre le sub-units sono

associate ai fattori del disegno.

b) Nel secondo adattamento proposto, l’assegnazione dei fattori viene invertita: le whole-units

sono associate ai fattori di disegno e le sub-units a quelli ambientali.

c) Nel terzo adattamento sperimentale, viene proposto uno split-plot, detto strip-block design12,

in cui i sub-plot factors vengono assegnati in strisce, incrociandoli con i whole-plot factors;

Per illustrare i tre adattamenti, Box e Jones (1992) propongono l’applicazione ad un esperimento

condotto su un lotto di biscotti, con lo scopo di verificare in qual modo i cinque fattori considerati

influenzino il risultato ottenuto. Tra i fattori considerati sono presenti due fattori ambientali, ovvero

il tempo di cottura (t) e la temperatura del forno (T), e tre fattori interni al processo, ovvero la farina

(F), le dimensioni dei biscotti (S) e le uova (E); tutti i fattori sono misurati a due livelli.

3.1 Struttura sperimentale (a): fattori del disegno considerati come split-plot

factors

Riprendendo il concetto di Cox (1957) in merito ai fattori di classificazione, da noi indicati con il

termine whole-factors, sembrerebbe molto più ragionevole associare ad essi i fattori ambientali

considerati nell’analisi, dal momento che, come già sottolineato, essi vengono introdotti

nell’esperimento con l’unico scopo di analizzare in che modo essi possano influenzare gli altri

fattori, quelli di interesse. Si è quindi interessati esclusivamente alla stima della loro interazione con

questi ultimi; siamo dunque nel caso in cui le whole-units contengono i fattori ambientali e le sub-

units quelli del disegno.

Si supponga di avere m livelli per i fattori ambientali, indicati con E1,… Ej…..Em, applicati alle

whole-units, nelle quali compaiono gli n livelli dei fattori del disegno, indicati con D1,… Di,..Dn,

12 Si veda, per ulteriori dettagli, Cochran e Cox (1957), Steel e Torrie (1980).

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Split-plot e Robust-Design 26

assegnati alle sub-units, ipotizziamo, inoltre, di avere l replicazioni, r1,… rk…..rl, in corrispondenza

di ciascuna whole-unit.

Va sottolineato che con E indichiamo l’insieme dei fattori ambientali, e non il singolo fattore

ambientale, e con D l’insieme dei fattori di processo.

In tale contesto il modello proposto per la variabile risposta è il seguente:

yijk = µ + rk + Ej + ηjk + Di + (DE)ij + εijk (3.1)

in cui yijk è l’osservazione sperimentale registrata in corrispondenza della k-esima replicazione della

combinazione dell’i-esimo livello dell’insieme dei fattori D con il j-esimo livello di quello dei

fattori E, µ sta ad indicare la media generale, rk rappresenta invece l’effetto casuale, associato alla k-

esima replicazione, per il quale si ipotizza distribuzione normale con media nulla e varianza

costante pari a σ2R; Ej indica l’effetto fisso del j-esimo livello dei fattori E e Di quello dell’i-esimo

livello del gruppo D, la componente (DE)ij sintetizza invece l’insieme delle interazioni tra l’i-esimo

livello dei fattori D e il j-esimo dei fattori E. Infine, ηjk rappresenta la componente erratica associata

alle whole-units, detta whole-plot error, distribuita normalmente con media nulla e varianza pari a

σ2w, mentre εijk, che indica l’errore relativo alle sub-units, o sub-plot error, ha distribuzione normale

con media nulla e varianza σ2s; si ipotizza che le due componenti erratiche siano indipendenti.

Nella tabella 3.1 viene illustrata la scomposizione delle fonti di variabilità (ANOVA) utilizzata in

tale contesto.

Fig.:3.1 Prospetto di Analisi della Varianza per la struttura (a)

fonte g.d.l. Somma dei quadrati

Somma attesa dei quadrati

Rep.(R) l – 1 mnσ2r+σ2

s+nσ2w

w Fatt.amb.(E) m – 1 nl∑

=

m

jE

1

ˆ 2j ∑

=−

m

jmnl

11Ej

2+σ2s+nσ2

w

RxE (l – 1)(m – 1 ) σ2s+nσ2

w Fatt.dis.(D) s

n – 1 ml∑

=

n

iD

1

ˆ 2i ∑

=−

n

inlm

11Di

2+σ2s

DxE (n – 1)(m – 1) l 2)(

1 1∑∑

= =

∧m

i

n

jDE ij ∑∑

= =−−

n

i

m

jmnl

1 1)1)(1((DE)2

ij+σ2s

errore (l –1)m(n – 1) σ2s

Nella tabella i simboli D i, E j e (∧

DE )ij stanno ad indicare le stime, rispettivamente di, Di, Ej e

(DE)ij. Pianificando un disegno come quello appena illustrato, si nota immediatamente che la

componente di variabilità è suddivisa in due parti, quella relativa alle whole-units, (E e RxE), e

l’altra associata alle sub-units (D,DxE e l’errore); in tal caso la significatività dei fattori appartenenti

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Split-plot e Robust-Design 27

al gruppo E, ovvero i fattori ambientali, verrà verificata sulla somma dei quadrati relativa

all’interazione RxE, mentre la significatività dei fattori di processo, indicati con D, e delle

interazioni DxE, lo sarà sulla componente di errore residuo.

Supponiamo ora, invece, di non possedere alcuna replicazione, in questo caso, per riuscire a

verificare la significatività degli effetti ambientali, di disegno e la loro interazione DxE, risulta

essenziale poter stimare σ2s e σ2

s + nσ2w. Una possibilità per riuscire a valutare la significatività degli

effetti dei fattori considerati senza possedere le stime delle due suddette componenti è quella di

costruire due normal-probability plots, uno per gli effetti dei whole-factors, e uno per quelli dei

sub-factors.

In alternativa, se l’assegnazione dei fattori del disegno e dei fattori ambientali avviene secondo un

disegno fattoriale, allora le interazioni di ordini elevati in alcuni casi possono essere tranquillamente

ipotizzate trascurabili. Se tale assunzione risulta ragionevole, allora si può stimare la componente di

whole-plot error attraverso la tecnica del pooling (Berni, 1999), la quale consiste nel conglobare

nella componente erratica, indicata col termine pooled-error, gli effetti che in una prima fase

dell’analisi spiegano una percentuale di variabilità complessiva minore del 5%; in tal caso il pooled-

error deriva dalla fusione delle fonti di variabilità imputabili alle interazioni di ordine elevato e ai

fattori ambientali. Analogamente, per ottenere una stima del sub-plot error, si aggrega la variabilità

delle interazioni di ordine elevato a quella dei fattori del disegno, e quella dei fattori del disegno a

quella dei fattori ambientali.

Per illustrare quanto appena proposto rispetto alla teoria della prima struttura sperimentale del

disegno split-plot, riprendiamo l’esempio proposto da Box e Jones (1992).

L’utilizzo di tale struttura del disegno split-plot, per l’esperimento suddetto, si traduce nelle

seguenti fasi:

- Inizialmente si assegnano i livelli dei sub-factors alle sub-units. Ricordiamo che in questa

tipologia di disegno i sub-factors corrispondono ai fattori di disegno, mentre i whole- factors

a quelli ambientali. Questo primo passo conduce alla creazione di un piano fattoriale 23, per

ciascuna whole-units, dal momento che i fattori di disegno considerati sono tre: farina, uova

e dimensione biscotti, tutti a due livelli;

- le whole-units vengono individuate assegnando le combinazioni sperimentali relative ai

fattori ambientali, ovvero costruendo un piano fattoriale 22 che coinvolga i due fattori

ambientali analizzati, tempo e temperatura, entrambi a due livelli;

- l’esperimento prevede, dunque, l’individuazione di 4 whole-units, ciascuna composta da 8

sub-units, per un totale di 8x4 = 32 combinazioni possibili, ovvero 32 lotti di biscotti, che

saranno successivamente cotti in quattro diverse infornate, corrispondenti alle 4

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Split-plot e Robust-Design 28

combinazioni dei livelli dei fattori ambientali, in ognuna delle quali andranno otto diversi

lotti, in base alle diverse combinazioni relative ai fattori di disegno.

Le quattro diverse infornate rappresentano le quattro combinazioni dei livelli dei fattori tempo e

temperatura di cottura, e gli otto lotti di dolci rappresentano le otto combinazioni dei livelli di uova,

farina e dimensione dei biscotti. Per il dettaglio dei risultati analitici si veda Box e Jones (1992).

3.2 Struttura sperimentale (b): fattori ambientali considerati come split-plot

factors

La seconda struttura ipotizzata prevede che i fattori di classificazione corrispondano ai fattori di

disegno. Pertanto si analizza il caso in cui le whole-units contengono i fattori di disegno (D), le

sub-units i fattori ambientali (E). Come per il disegno illustrato nel paragrafo precedente, si

considera la medesima notazione generale, in cui i fattori ambientali variano tra m livelli, indicati

con E1, E2….Em, mentre i fattori di disegno variano tra n livelli, indicati con D1, D2….Dn, con la

presenza di R replicazioni, r1, r2….rl. La principale differenza, rispetto al modello utilizzato nella

prima variante, è dovuta al fatto che in questo adattamento i fattori ambientali vengono applicati

alle sub-units e non alle whole-units. Il modello utilizzato per la variabile risposta è il seguente:

yijk = µ + rk + Di + θik + Ej + (DE)ij + εijk (3.2)

in cui, come in formula (3.1), yijk indica l’osservazione rilevata in corrispondenza della k-esima

replicazione della combinazione dell’i-esimo livello dei fattori D e del j-esimo dei fattori E, µ è la

media generale, rk rappresenta l’effetto casuale dovuto alla k-esima replicazione, Ej e Di indicano

invece, rispettivamente, gli effetti principali dell’i-esimo e del j-esimo livello dei gruppi di fattori D

ed E, (DE)ij è la componente generica delle interazioni tra D ed E; εijk e θik rappresentano,

rispettivamente, le componenti erratiche associate alle sub-units ed alle whole-units.

La figura 3.2 illustra la scomposizione delle fonti di variabilità in questo contesto.

Riprendiamo brevemente, anche in questo caso a titolo esemplificativo, l’esempio dei biscotti,

proposto da Box e Jones (1992). In questo esperimento, vengono individuati otto whole-plots, in

seguito alla costruzione di un piano fattoriale 23, ognuno dei quali contiene quattro sub-units,

ottenute applicando le 22 combinazioni sperimentali relative ai fattori ambientali. In totale avremo,

quindi, otto lotti di biscotti, ciascuno dei quali è suddiviso in quattro sub-lotti, per un totale di 32

partite di dolci; ogni partita di dolce viene infornata separatamente in particolari condizioni di

temperatura e tempo.

Riassumendo, la conduzione di questo esperimento richiede nxl lotti di biscotti e mxnxl infornate,

ovvero, in questo caso, 8 lotti di dolci e 32 infornate.

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Split-plot e Robust-Design 29

Fig.:3.2 Prospetto di Analisi della Varianza per la struttura (b)

fonte g.d.l. Somma dei quadrati

Somma dei quadrati attesa

rep.(R) r – 1 mnσ2r+σ2

s+mσ2w

w fatt.disegno(D) n – 1 mr∑

=

m

jD

1

ˆ 2i ∑

=−

n

inmr

11Di

2+σ2s+mσ2

w

RxD (r – 1)(n – 1) σ2s+mσ2

w

fatt.ambient.(E) s

m – 1 nr 2∑

=

n

iE

1

ˆj ∑

=−

m

jmrn

11Ej

2+σ2s

DxE ( n – 1)(m–1) r 2)(

1 1∑∑

= =

∧m

i

n

jDE ij ∑∑

= =−−

n

i

m

jmnr

1 1)1)(1((DE)2

ij+σ2s

errore (r – 1)m(n–1) σ2s

Lo stesso esperimento, condotto sulla base di un disegno a blocchi randomizzati completi, avrebbe

richiesto, in assenza di replicazioni, la presenza di 32 lotti di biscotti e 32 infornate; risulta ovvio,

dunque, che adattamenti sperimentali di questo tipo si rivelano molto meno dispendiosi nella

conduzione rispetto al classico disegno a blocchi.

3.3 Struttura sperimentale (c): Il disegno strip-block In questo paragrafo si analizza il disegno split-plot in cui i fattori di disegno vengono assegnati “a

strisce” alle sub-units, applicando il principio della randomizzazione e incrociandoli con i whole-

factors; ciò vuol dire che ciascun trattamento, relativo ai sub-factors considerati, viene associato ai

livelli dei whole-factors all’interno di ciascun blocco. Proprio per questa caratteristica, tale

adattamento prende il nome di disegno strip-block.

Si consideri, al fine di illustrare tale adattamento, un caso in cui si hanno tre livelli per il whole-

factors, che indichiamo con a1, a2, e a3, e due livelli per il sub-factors: b1 e b2, e tre blocchi, o

repliche. Mostriamo nella tabella seguente (fig.: 3.3) la rappresentazione grafica del disegno

considerato.

Fig.:3.3 Struttura del disegno strip-block

Blocco1 Blocco2 Blocco3

a1 a2 a3 a3 a2 a1 a1 a3 a2

b1 b2 b1

b2 b1 b2

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Split-plot e Robust-Design 30

Si supponga, come per i casi precedentemente illustrati, che i fattori ambientali, in questo caso

coincidenti con i sub-factors, siano a m livelli, indicati con E1, E2,…….Em, mentre quelli di disegno,

ovvero i whole-factors, siano a n livelli: D1, D2,…..Dn; supponiamo inoltre di effettuare R

replicazioni, indicate con r1, r2,…….rl. Il modello utilizzato per questa tipologia di disegno è il

seguente:

yijk = µ + rk + Ej + ηjk + θik + Di + (DE)ij + εijk (3.3)

per il quale valgono esattamente le medesime assunzioni fatte per le altre due strutture precedenti.

Ovvero yijk rappresenta la k-esima replicazione delle combinazione sperimentale relativa al livello i-

esimo dei fattori del gruppo D e quello j-esimo di quelli dell’insieme E, µ è la media generale, rk

l’effetto casuale associato alla k-esima replicazione13, Ej e Di, rappresentano gli effetti fissi dei

rispettivi gruppi di fattori, ed infine (DE)ij indica la componente generica d’interazione tra il livello

i-esimo di D e quello j-esimo di E; in questo adattamento la componente ηjk ha distribuzione

normale con media nulla e varianza pari a σ2E, θik ha la stessa distribuzione con l’unica differenza

che la varianza è pari a σ2D, ed infine anche εijk ha distribuzione normale con media nulla e varianza

σ2; le tre suddette componenti sono supposte indipendenti.

Nella tabella (fig. 3.4) si illustra l’analisi della varianza utilizzata per questa struttura.

La tabella mostra che la varianza complessiva del disegno può essere suddivisa in tre componenti.

La devianza relativa ai fattori ambientali viene verificata sulla componente d’interazione RxE, la

devianza relativa ai fattori di disegno viene verificata sulla componente RxD, ed infine, le

componenti d’interazione del primo ordine tra fattori ambientali e fattori di disegno vengono

valutate rispetto le componenti d’interazione del secondo ordine RxExD.

Quando nel disegno non ci sono replicazioni, per verificare la significatività degli effetti dei fattori

considerati si possono seguire due strade: si può optare per la costruzione di tre normal-probability

plots,, uno per i fattori di disegno, uno per quelli ambientali e un terzo per le interazioni tra fattori

ambientali e fattori di disegno, oppure si può scegliere di stimare la componente (σ2+nσ2E)

aggregando14 la variabilità associata alle interazioni di ordine elevato tra i fattori ambientali, ovvero

stimare (σ2+mσ2D) aggregando le interazioni di ordine elevato tra i fattori di disegno, ed infine, la

componente σ2 può essere stimata aggregando la variabilità relativa alle interazioni di ordine elevato

tra fattori ambientali e fattori di disegno.

13 Tale effetto, come sottolineato nei paragrafi 3.1 e 3.2, ha distribuzione normale con media nulla e varianza pari a: σ2

R. 14 Si ricorda che la procedura adottata fa riferimento alla tecnica del pooling illustrata brevemente nel paragrafo 3.1.

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Split-plot e Robust-Design 31

Fig.:3.4 Prospetto di Analisi della Varianza per la struttura (c)

fonte g.d.l. Somma dei quadrati

Somma dei quadrati attesa

rep.(R) l – 1 mnσ2r+σ2+mσ2

D+nσ2E

w fatt.ambient.(E) m – 1 nr∑ 2

=

m

jD

1

ˆi ∑

=−

n

inmr

11Ej

2+σ2+nσ2E

RxE ( l – 1)(m– 1) Σ2+nσ2E

fatt.disegno(D) s

n – 1 nr∑

=

n

iE

1

ˆ 2j ∑

=−

m

jmrn

11Di

2+σ2+mσ2D

RxD ( l– 1 )( n – 1) r )(

1 1∑∑

= =

m

i

n

jDE 2

ij ∑∑= =−−

n

i

m

jmnr

1 1)1)(1((DE)2

ij+σ2s

ExD (m – 1)(n– 1)

RxExD (l–1)(m–1)(n–1) σ2

Riprendendo l’esempio dei biscotti, utilizzare questo tipo di adattamento prevede soltanto

l’esecuzione di nxl partite di biscotti e l’esecuzione di mxl operazioni d’infornata. Nel caso

considerato la pianificazione di un disegno strip-block comporta la creazione di soli 8 lotti di

biscotti e 4 infornate. Infatti si procede, come nella situazione (b), a suddividere le 8 partite di dolci

in 4 parti, ma in questo caso si seleziona casualmente un quarto da ogni partita e gli 8 quarti

selezionati sono infornati nelle medesime condizioni di temperatura e tempo. Lo stesso

esperimento, condotto secondo un disegno completamente randomizzato, sempre in assenza di

replicazioni, avrebbe necessitato, non soltanto di 32 partite di biscotti, ma anche di 32 infornate. Si

ricorda che la prima struttura sperimentale avrebbe comportato la creazione di 32 lotti di biscotti e

di 4 operazioni d’infornata, mentre la seconda struttura 8 lotti e 32 infornate. Quanto appena detto

dimostra che il disegno strip-block è, economicamente e materialmente, più facile da condurre, sia

rispetto a disegni completamente randomizzati, sia agli altri due adattamenti dello split-plot proposti

nei paragrafi precedenti.

3.4 Strutture sperimentali ed efficienza In questo breve paragrafo si sintetizzano i guadagni in efficienza del disegno che si ottengono con le

tre strutture sperimentali descritte in precedenza (paragrafi 3.1, 3.2, 3.3) rispetto al disegno

completamente randomizzato (CR) e al disegno a blocchi randomizzati completi (BRC).

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Split-plot e Robust-Design 32

Analizzando l’efficienza della struttura sperimentale (c) rispetto ad un disegno completamente

randomizzato (CR), si deve osservare che la stima della varianza per un disegno CR è una media

ponderata delle due componenti erratiche dello split-plot qui considerato. La ponderazione è

effettuata tramite i gradi di libertà corrispondenti. Pertanto, la precisione delle stime ottenute tramite

il disegno CR è inferiore alla precisione ottenuta all’interno dei sub-plots, mentre il disegno CR

risulta più preciso rispetto alle stime che otteniamo per i fattori collocati entro gli whole-plots.

Discorso analogo può farsi per il confronto tra la struttura sperimentale (b), illustrata nel paragrafo

3.2, e un disegno a blocchi randomizzati completi. Anche in questo caso, le stime ottenute con il

disegno BRC risultano migliori di quelle ottenute per i fattori entro gli whole-plots. In questo caso

però, lo split-plot consente un guadagno in modalità di esecuzione del disegno.

Confrontando la struttura sperimentale (c), struttura a strips-block, con le altre due situazioni

sperimentali (a) e (b), si devono sottolineare i seguenti risultati. Il guadagno in precisione è nullo

rispetto alla situazione sperimentale (a) (par.3.1); al tempo stesso, si ha un guadagno in precisione

per le stime delle interazioni tra fattori ambientali e fattori di disegno, che risultano di particolare

interesse nell’ambito del Robust-Design. L’errore di stima per gli effetti principali dei fattori di

disegno risulta invece maggiore che nella struttura (a). Lo stesso dicasi per il confronto tra strips-

block e struttura sperimentale (b).

Nel caso di confronto con il disegno a blocchi randomizzati completi, la perdita di efficienza si ha,

non solo per le stime degli effetti principali all’interno degli whole-plots, ma anche per i fattori

inseriti nei sub-plots.

Pertanto la struttura strips-block risulta di particolare interesse al momento della stima delle

interazioni DxE, mentre la struttura sperimentale (a) è la migliore sotto il profilo di efficienza

generale e di conduzione dell’esperimento.

3.5 Varianti del disegno split-plot Molti autori15 hanno proposto alcune varianti che possono essere utilizzate tenendo conto delle

diverse caratteristiche dell’esperimento.

Mentre nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato i diversi adattamenti del disegno split-plot

proposti relativamente alle diverse possibilità di assegnazione dei fattori di disegno, o di quelli

ambientali, in questa sede si illustrano tre tipi di split-plot, proposti in letteratura, che si

differenziano per l’utilizzo di tecniche diverse nell’assegnazione dei trattamenti alle unità

sperimentali.

15 Tra cui citiamo: Kempthorne (1952); Cochran e Cox (1957).

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Split-plot e Robust-Design 33

3.5.1 Assegnazione sistematica dei trattamenti relativi ai whole-factors Questa variante del disegno split-plot, che prevede l’assegnazione sistematica dei livelli dei whole-

factors alle unità sperimentali, viene utilizzata nei casi in cui la natura stessa dell’esperimento renda

necessario un tale tipo di associazione. I casi più comuni per i quali è stato riscontrato, negli anni,

l’uso di questa variante dello split-plot sono stati gli esperimenti in cui A trattamenti rappresentano

differenti varietà di frumento16, la cui maturazione viene prevista in date diverse, e B trattamenti

sono invece, particolari lavorazioni applicate ai semi prima della semina. Dal momento in cui

ciascuna varietà di frumento, una volta cresciuta, viene poi raccolta, tutte le operazioni relative alla

semina, crescita e raccolta vengono rese molto più semplici piantando i semi corrispondenti a

ciascuna varietà di frumento nello stesso ordine con cui esse risulteranno pronte per la raccolta;

questo particolare tipo di assegnazione dei trattamenti alle unità viene appunto definita come

assegnazione in ordine sistematico.

Facendo riferimento a Box e Jones (1992), gli autori illustrano un’altra particolare situazione in cui

questa variante dello split-plot trova ampia applicabilità. Si fa riferimento ad esperimenti in cui

come whole-factor viene considerata la temperatura di cottura presente in un forno, che

naturalmente viene misurata a differenti livelli, mentre i sub-factors rappresentano due differenti

composizioni di metallo, che dovranno essere surriscaldate a determinate temperature. Dal

momento in cui risulta estremamente difficile assegnare in modo randomizzato i livelli della

temperatura di cottura al forno, per rendere più semplice la conduzione dell’esperimento si rende

necessaria l’applicazione di temperature crescenti (ai metalli considerati).

Riportiamo qui si seguito (fig.3.5) la struttura dell’esperimento appena descritto.

Nella tabella, T1 rappresenta i livello della temperatura più basso, e T4 quello più alto, quattro sono i

livelli complessivi; nell’esperimento vengono presi i considerazioni solo due diverse composizioni

di metallo, rappresentate da s0 e s1.

Fig.:3.5 Esempio di variante split-plot

blocco 1 blocco 2

T1 T2 T3 T4 T1 T2 T3 T4

s1 s0 s1 s0 s1 s0 s0 s1

s0 s1 s0 s1 s0 s1 s1 s0

16 Per ulteriori approfondimenti relativi a questo tipo di esperimento si veda Cochran e Cox (1957).

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Split-plot e Robust-Design 34

L’assegnazione delle sub-units viene effettuata applicando la randomizzazione all’interno di

ciascuna whole-unit. L’assegnazione dei livelli del whole-factor, ovvero della temperatura, non

avviene in modo randomizzato, essi infatti vengono fatti variare in modo crescente, si parte dunque

da T1 per arrivare, come mostrato in tabella, a T4.

La conduzione di un tale tipo di disegno non consente di stimare, però, la componente erratica

relativa ai whole-factors; per questo motivo questa scelta risulta opportuna soltanto nei casi in cui

non venga richiesta la verifica degli effetti dei whole-factors sulla variabile risposta, ed inoltre, solo

quando la natura stessa dell’esperimento impone l’assegnazione sistematica dei trattamenti.

3.5.2 Split-plot e disegno a Quadrato Latino La disposizione delle unità dello split-plot può seguire anche lo schema di un disegno a Quadrato

Latino; in questa direzione Cochran e Cox (1957) descrivono ampiamente questa relazione.

L’utilizzazione del disegno a Quadrato Latino per le unità dello split-plot permette il

raggiungimento di una migliore accuratezza, data la possibile valutazione dell'effetto del fattore

posto in riga e dell'effetto del fattore posto in colonna.

Una prima condizione perché il disegno split-plot sia disposto secondo un disegno a Quadrato

Latino è che il numero delle replicazioni sia uguale al numero dei trattamenti.

In particolare, il legame tra i due disegni può essere ravvisato nelle due seguenti situazioni:

1) classificazione delle sub-unità dello split-plot secondo un disegno a Quadrato Latino; due sono le

caratterizzazioni di questa particolare configurazione. Entrambe sono di interesse ma una sembra

essere particolarmente legata alle specifiche richieste del disegno sperimentale nel controllo di

qualità, secondo quanto specificato in precedenza riferendosi a Box e Jones (1992);

2) classificazione delle sub-unità in strisce (strips); anche in questo caso l'interesse è dato da un

possibile collegamento con gli esperimenti denominati strip-blocks descritti in precedenza.

In entrambi i casi suddetti lo scopo è quello di aumentare l'accuratezza nel confronto tra le sub-

unità.

Si consideri in generale un disegno con due fattori A e B, in cui A ha k livelli e B ha p livelli.

Nel primo caso, per ogni livello di A, quindi per ogni unità di trattamento, si ha la disposizione delle

sub-unità in uno o più disegni a Quadrato Latino. Le righe del disegno a Quadrato Latino

sottostante sono formate dalle posizioni delle sub-unità entro ciascun livello di A (k livelli). Le

differenze tra le righe del disegno a Quadrato Latino (effetto riga) sono quindi, in questo caso, le

differenze tra le sub-unità entro uno stesso livello di A.

Una condizione necessaria, derivante dalla struttura a Quadrato Latino, è che il numero p dei livelli

di B deve essere uguale, o un multiplo, al numero delle r replicazioni.

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Split-plot e Robust-Design 35

Un’altra osservazione riguarda la valutazione dell’effetto di A, che non risulta influenzato dalla

struttura delle sub-unità. Poiché la varianza di A non è influenzata da questa particolare

disposizione delle sub-unità, la struttura dei gradi di libertà viene a modificarsi solo per il fattore B.

In generale, se r=hp, dove h è il fattore moltiplicativo tra le replicazioni ed il numero dei livelli di

B, si ha la seguente suddivisione in gradi di libertà (fig.3.6).

Fig.: 3.6 Suddivisione delle fonti di variabilità e rispettivi gradi di libertà

Fonte di variabilità Gradi di libertà

Effetto fattore Riga hk(p-1)

Effetto Sub-unità (p-1)

Interazione AB (k-1)(p-1)

errore (B) k(p-1)(r-1-h)

Totale rk(p-1)

I gradi di libertà per il fattore di riga sono dati da: (p-1) gradi di libertà per ogni disegno a Quadrato

Latino; ogni livello di A contribuisce con h(p-1) gradi di libertà ; dato che i livelli sono di A sono k,

il totale risulta: hk(p-1). Si deve osservare che la suddivisione in gradi di libertà non rispecchia in

maniera evidente la struttura a Quadrato Latino sottostante. Questa struttura si riflette soltanto

nell'effetto del fattore di riga.

Per una migliore comprensione, si consideri un esperimento in cui si hanno quattro differenti

situazioni di cottura (in forno), indicate con B1, B2, B3 e B4, e tre ricette per preparare un dolce: c0, c1

e c2, sulle quali si vogliono verificare determinati effetti17. Supponiamo di condurre l’esperimento

sulla base di un disegno split-plot in cui la condizione di cottura rappresenta il fattore di

classificazione, o whole-factor, mentre il tipo di ricetta è il sub-factor. Il dolce preparato può essere

posizionato all’interno del forno in tre diversi modi: in cima, a metà o in fondo al forno; per

valutare l’effetto della posizione nel forno risulta vantaggioso condurre l’esperimento in modo tale

che ogni possibile combinazione sperimentale, relativa al whole-factor e al sub-factor, venga

assegnata secondo un disegno a Quadrato Latino 3x3.

Nella seguente figura si riporta la struttura di tale disegno (fig.:3.7).

17 L’esperimento di cui parliamo viene presentato da Box e Jones (1992).

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Split-plot e Robust-Design 36

Fig.:3.7 Esempio di split-plot e Quadrato Latino

blocco 1 blocco 2 blocco 3

liv.forno B3 B2 B1 B4 B4 B2 B1 B3 B3 B4 B2 B1

Alto c2 c1 c0 c1 c0 c0 c1 c1 c0 c2 c2 c2

Medio c0 c0 c1 c0 c2 c2 c2 c2 c1 c1 c1 c0

Basso c1 c2 c2 c2 c1 c1 c0 c0 c2 c0 c0 c1

Analizzando il disegno a Quadrato Latino appena illustrato si nota che, in corrispondenza di ogni

condizione di cottura, B1…B4, ogni ricetta compare una sola volta per ciascuna delle tre posizioni

del forno considerate: alta, media e bassa; si nota inoltre facilmente che, considerando

separatamente ciascuna condizione di cottura in forno, B1, ..B4, otteniamo quattro disegni a

Quadrato Latino; considerando, per esempio, B3 e B4, otteniamo i seguenti disegni (fig.: 3.8), in cui

compaiono i differenti livelli del fattore “posizione nel forno” e “ricetta”.

Fig.:3.8 Esempio di Quadrato Latino da split-plot

Alto c2 c1 c0 Alto c1 c0 c2

Medio c0 c2 c1 Medio c0 c2 c1

Basso c1 c0 c2 Basso c2 c1 c0

Il secondo tipo di split-plot con sub-unità disposte secondo un disegno a Quadrato Latino è un

particolare piano appartenente alla classe dei disegni Quasi a Quadrato Latino; Quasi perché i

trattamenti non appaiono una sola volta in ogni riga ed in ogni colonna. Questo particolare piano è

detto: Half Plaid Latin Square o disegno a Quadrato Latino HP. Tale disegno è caratterizzato dal

fatto che un fattore, A, è applicato alle intere righe o alle intere colonne del disegno a Quadrato

Latino, come una coperta. Questo disegno si presenta utile quando il fattore A non può essere

valutato sulle unità individuali, o non è necessario.

Consideriamo per esempio un disegno a Quadrato Latino con due fattori B e C, ciascuno a 2 livelli

(p=k=2). Il disegno a Quadrato Latino ha dimensione 4x4 e rappresenta un disegno fattoriale 2x22.

Il fattore A, con due livelli: a1 e a2, viene quindi applicato sulle righe del disegno. Sulle prime due

righe verrà verificato il livello a1, sulle seconde due righe il livello a2.

L'osservazione principale per il disegno a Quadrato Latino HP risiede nel fatto che l'interesse nei

confronti di A deve riguardare soltanto la sua interazione con B e C. Infatti per l'effetto principale di

A si verifica l'effetto confounding: la “tra A” si confonde con la “tra blocchi”; questo fatto

diversifica l'HP dai disegni Quasi a Quadrato Latino, in cui tale situazione si verifica solo per le

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Split-plot e Robust-Design 37

interazioni, mentre lo inserisce tra i disegni split-plot, in cui si ha questa situazione di

confondimento anche per gli effetti principali, come abbiamo già notato.

A conferma del fatto che l'HP può essere visto come uno split-plot, basti pensare alle unità come

alle righe su cui sono verificati i livelli di A, mentre le sub-unità sono le caselle ottenute dalla

combinazione di riga e colonna. Anche per l'HP si hanno più componenti di errore, in questo caso

due: una relativa alla sovra-imposizione di A, l'altra per il disegno a Quadrato Latino.

La suddivisione dei gradi di libertà tiene conto degli h Quadrati Latini che devono essere costruiti.

Inoltre, l'effetto principale di A e la relativa componente di errore casuale costituiscono una analisi

sottostante la struttura di riga.

L'osservazione di Box (Nair,1992) relativa alla utilizzazione dello split-plot sembra essere

indirizzata al disegno HP. Riferendosi infatti ad un disegno sperimentale utilizzato da Michaels

(1964), Box cita l’osservazione di questo autore che prevede la possibilità di catturare l’interazione

tra i fattori ambientali e i fattori più strettamente legati alla produzione del prodotto; mentre non

sono di interesse gli effetti principali dei fattori ambientali. Inoltre, e in questo punto sembrerebbe

riferirsi all'HP, i fattori ambientali sono sovrapposti al disegno sottostante (Main Plots) e non sono

stimati così precisamente come i fattori legati al processo produttivo (fattori di controllo o interni) e

le interazioni corrispondenti.

L'interesse nel costruire un disegno sperimentale in cui possa essere individuata l'interazione tra

fattori ambientali (rumore) e fattori controllo è già stata sottolineata. Possiamo infatti perseguire

l'individuazione della interazione tra controllo e rumore per una soluzione robusta alle variazioni

accidentali. In alcuni casi i trattamenti relativi ai sub-factors vengono assegnati secondo la struttura

di un disegno a Quadrato Latino con lo scopo principale di riuscire, in un secondo momento, ad

aumentare la precisione delle stime degli effetti dei sub-factors.

3.5.3 Confondimento all’interno dello split-plot In alcuni casi, come sostenuto da Yates e Bartlett (1935), in un disegno split-plot in cui i trattamenti

vengono assegnati secondo un disegno fattoriale, si verifica il confondimento tra le interazioni di

ordine elevato. In un disegno sperimentale di questo tipo può risultare sufficiente un numero ridotto

di sub-units per ciascuna whole-unit, purché sia comunque possibile stimare tutti gli effetti

d’interesse.

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Split-plot e Robust-Design 38

Nei casi in cui le whole-units siano disposte secondo un disegno fattoriale, può risultare vantaggioso

ridurre il numero delle whole-units presenti nel disegno confondendo determinate interazioni

relative ad esse18.

Box e Jones (1992), ripropongono, a titolo illustrativo, l’esempio relativo al disegno

dell’esperimento condotto su un preparato per dolci in cui vengono considerati due fattori

ambientali: il tempo di cottura (t), e la temperatura di cottura (T), e quattro fattori di disegno: la

farina (F), le uova (E), i coloranti (C) e il burro (S); tutti i fattori considerati, sia quelli di disegno

che quelli ambientali, variano a due livelli.

Si supponga di considerare come sub-factors i fattori di disegno, come whole-factors i fattori

ambientali, ed inoltre si ipotizza che in ogni infornata non possano essere messi più di otto lotti di

dolce alla volta. In questo caso risulta impossibile utilizzare un disegno fattoriale completo per i

fattori di disegno all’interno di ciascuna whole-unit, in quanto ciò richiederebbe l’infornata di 16

dolci per volta. In alternativa possiamo utilizzare un disegno fattoriale frazionale, con frazione ½, ,

per i fattori del disegno da assegnare all’interno di ciascuna whole-unit.

Nella seguente tabella (fig.3.9) viene riportato un esempio di tale disegno, in cui I rappresenta il

defining-contrast.

Nel disegno l’interazione FSEC è confusa con l’interazione tra i fattori ambientali, o whole-factors;

assumendo che tutte le interazioni del terzo ordine e di ordini più alti siano trascurabili, questo

disegno permette di stimare gli effetti dei fattori di disegno e delle interazioni tra due fattori, così

come le interazioni tra fattori di disegno e fattori ambientali.

Se fosse stato possibile, per l’esempio citato, costruire un fattoriale completo per i fattori di disegno,

all’interno di ciascuna whole-unit, sarebbero risultati necessari 64 lotti di dolce e 4 infornate;

utilizzando il fattoriale frazionale, proposto da Box e Jones (1992), e da noi ripreso, risultano

necessarie soltanto 32 partite di dolce e 4 infornate. Da quanto appena affermato risulta evidente

che la variante del disegno split-plot in cui viene utilizzata la tecnica del confondimento

contribuisce notevolmente alla riduzione delle prove da effettuare in un determinato esperimento,

con un conseguente risparmio di tempo e risorse economiche.

Esperimenti in cui vengono confusi gli effetti, (relativi ai whole-factors, ai sub-factors, o ad

entrambi), sono consigliabili e particolarmente appropriati in contesti industriali in cui è necessario

valutare la significatività di un elevato numero di fattori, sia di disegno che ambientali. In queste

situazioni, infatti, risulta impossibile utilizzare un disegno fattoriale completo per i trattamenti

relativi sia ai whole-factors che ai sub-factors, proprio per l’eccessivo numero di prove che essi

richiederebbero. 18 La tecnica del confondimento, all’interno del disegno split-plot, con la quale interazioni tra fattori di disegno vengono confuse con gli effetti dei whole-factors viene ampiamente discussa da Addelman (1964) e Daniel (1976).

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Split-plot e Robust-Design 39

Fig.:3.9 Split-plot e fattoriale frazionale

infornata 1 infornata 2

temperatura - +

tempo - -

F S E C F S E C

+ - - - - - - -

- + - - + + - -

- - + - + - + -

- - - + + - - +

+ + + - - + + -

+ + - + - + - +

+ - + + - - + +

- + + + + + + +

I = - FSEC I = + FSEC

infornata 1 infornata 2

temperatura - +

tempo + +

F S E C F S E C

- - - - + - - -

+ + - - - + - -

+ - + - - - + +

+ - - + - - - +

+ + + - + + + -

- + - + + + - +

- - + + + - + +

+ + + + - + + +

I = + FSEC I = - FSEC

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Split-plot e Robust-Design 40

Come si è detto più volte, la particolare struttura del disegno analizzato in questo lavoro permette di pianificare considerando i problemi generali della programmazione sperimentale, in merito alla conduzione dell'esperimento e alla randomizzazione effettuata secondo le già descritte regole, ma, al tempo stesso, si ha anche la possibilità di articolare la gestione dei fattori coinvolti nel disegno secondo i criteri di robust-design, illustrati nel secondo capitolo.

3.6 Un confronto tra disegno split-plot e il disegno a blocchi randomizzati completi

In questo paragrafo viene illustrato il confronto tra il disegno split-plot ed un disegno a blocchi

randomizzati completi (BRC), sottolineando quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’uno e

dell’altro, ed in quali situazioni lo split-plot è preferibile al BRC, o viceversa.

Si consideri una situazione del tipo quella mostrata nella tabella seguente (fig.3.10):

Fig.:3.10 Split-plot e BRC

Blocco 1 Blocco 2 Blocco 3

a3 a1 a2 a0 a4 a1 a4 a0 a2 a3 a1 a3 a0 a2 a4

b0 b1 b0 b0 b0 b1 b1 b0 b0 b0 b1 b0 b0 b0 b1

b1 b0 b1 b1 b1 b0 b0 b1 b1 b1 b0 b1 b1 b1 b0

Ovvero una situazione in cui si hanno due fattori, A e B, il primo a 5 livelli, indicati con a0, a1, a2, a3

e a4, e il secondo a due livelli: b0 e b1; il fattore A viene assegnato alle whole-units, il fattore B alle

sub-units.

Questo esperimento può essere condotto seguendo due strade; si può infatti scegliere tra l’utilizzo

del disegno a blocchi randomizzati completi, in cui compaiono tre blocchi di dieci trattamenti

ciascuno, o l’utilizzo del disegno split-plot in cui sono presenti cinque whole-units, ciascuna delle

quali è composta da due sub-units.

Mettendo a confronto questi due tipi di disegno emergono delle differenze importanti:

1) Utilizzando lo split-plot, generalmente gli effetti del fattore B e dell’interazione AxB

vengono stimati con più precisione rispetto a quelli del fattore A; inoltre, il numero dei gradi

di libertà a disposizione per la stima della componente erratica è minore per i confronti

relativi alle whole-units rispetto a quelli disponibili per le sub-units.

2) Va sottolineato che l’errore sperimentale medio, relativo a tutti i trattamenti assegnati nel

disegno, è il medesimo per entrambi i disegni, da ciò segue che utilizzando lo split-plot non

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Split-plot e Robust-Design 41

si ottiene alcun aumento in precisione delle stime; la maggior precisione registrata per gli

effetti di B ed AxB, nello split-plot, la si ottiene a scapito di quella per gli effetti di A.

3) Per quanto riguarda i test di significatività degli effetti dei fattori e la costruzione degli

intervalli di confidenza per le stime, risulta vantaggioso l’utilizzo del disegno a blocchi

randomizzati completi, il quale consente di avere a disposizione più gradi di libertà per la

stima della singola componente di variabilità di errore presente nel disegno.

4) Come sottolineato da più autori19, il principale vantaggio dell’utilizzo del disegno split-plot

risiede nel fatto che esso permette di considerare nello stesso esperimento,

contemporaneamente, sia fattori che per essere verificati richiedono l’utilizzo di grandi

quantitativi di materiale, sia fattori per i quali invece sono sufficienti quantitativi minori; se

l’esperimento viene pianificato con lo scopo di valutare la significatività dei primi, e quindi

risultano necessari comunque elevate quantità di materiale, gli altri fattori possono essere

introdotti nell’esperimento a costi relativamente bassi, e ciò può favorire l’acquisizione di

ulteriori informazioni relative all’analisi senza alterarne i costi.

Riassumendo, l’utilizzo del disegno split-plot risulta vantaggioso nel caso in cui si sia realmente

interessati alla stima degli effetti del fattore B e della componente d’interazione AxB, mentre il

fattore A viene introdotto esclusivamente per analizzarne gli effetti sull’altro fattore considerato,

oppure nel caso in cui il fattore A non può essere testato su piccoli quantitativi di materiale.

Due sono, invece, i principali svantaggi di questo disegno, ovvero:

a) In alcuni casi l’errore relativo alle whole-units è troppo grande rispetto a quello relativo alle

sub-units, e ciò può comportare l’assenza di significatività per il fattore A, nonostante che il

suo effetto sia rilevante; mentre gli effetti di B, che al contrario sono troppo ridotti per essere

realmente interessanti, risultano statisticamente significativi.

b) Il secondo svantaggio risiede nella presenza di più componenti erratiche, che contribuisce

notevolmente ad aumentare la complessità dell’analisi, rispetto a quella effettuata per un

disegno a blocchi randomizzati completi.

Nei casi in cui il numero di replicazioni e le condizioni sperimentali siano appropriate, nello split-

plot le whole-units possono essere assegnate secondo un disegno a Quadrato Latino; in tal caso

viene eliminata la componente di variabilità erratica dovuta ai due tipi di raggruppamento delle

unità sperimentali, e risulta perciò preferibile utilizzare lo split-plot a Quadrato Latino piuttosto che

il disegno a blocchi randomizzati completi.

19 Vedi, ad esempio, Cochran e Cox (1957).

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Split-plot e Robust-Design 42

Capitolo 4

Split-plot: innovazioni metodologiche

Il disegno split-plot riveste un ruolo di fondamentale importanza all’interno delle applicazioni

pratiche in ambito sperimentale, pertanto è di particolare interesse la sua relazione con i disegni

fattoriali frazionali20, già considerata brevemente nel capitolo precedente, e con la metodologia

delle superfici di risposta (RSM). L’obiettivo principale di questo capitolo è proprio quello di

approfondire ed ampliare alcuni aspetti del disegno split-plot, cercando di mettere in evidenza

alcune innovazioni apportate dagli autori qui considerati, (Bisgaard (2000); Bingham e Sitter

(2001); Myers e Montgomery (1997)), in merito alla struttura e all’analisi di questo particolare

disegno.

4.1 Split-plot e fattoriale frazionale: identificazione dei confondimenti Gli aspetti considerati in questa sede riguardano, in primo luogo, le regole proposte per la

pianificazione e l’analisi di un disegno split-plot risultante dalla combinazione di piani fattoriali, o

fattoriali frazionali, in cui vengono considerati fattori a due livelli, Bisgaard (2000). Si considerano

in particolare i criteri utilizzati per l’identificazione dei confounding, e quindi degli alias patterns,

all’interno delle due matrici che compongono lo split-plot: la matrice interna e la matrice esterna. A

questo proposito vedremo come, dall’utilizzo di differenti strutture di confondimenti all’interno del

medesimo disegno dipenda il numero di prove necessarie alla conduzione dell’analisi, e,

conseguentemente, come la scelta di un opportuno alias pattern possa notevolmente semplificare

l’analisi, rendendola più veloce.

Un ulteriore problema, Bisgaard (2000), riguarda la presenza di una duplice fonte di errore

all’interno del disegno, illustrando quelli che sono i criteri da utilizzare nella scelta di quali effetti

verificare sulla componente di whole-plot error e quali sul sub-plot error. Infine, la parte conclusiva

del paragrafo è dedicata alle regole proposte per il calcolo della componente di variabilità erratica

del disegno.

Come già anticipato, accanto alla trattazione degli aspetti teorici dei suddetti argomenti riportiamo

alcuni esempi illustrativi tratti da Bisgaard (2000), al quale si rimanda per ulteriori

approfondimenti.

20 Per i concetti di Risoluzione, confounding effect e defining contrast, ampiamente utilizzati in questo capitolo, si rimanda a Myers e Montgomery (1997).

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Split-plot e Robust-Design 43

4.1.1 Confounding e frazionamento di uno split-plot Supponiamo di considerare un esperimento in cui si vogliono analizzare gli effetti di quattro fattori,

due fattori di disegno: A e B, e due fattori ambientali: P e Q; se si ritiene economicamente e

praticamente svantaggioso condurre tutte le 16 prove sperimentali del disegno fattoriale completo,

si può decidere di frazionare la matrice contenente i sub-factors, seguendo due possibili alternative.

Se, per determinate ragioni, la matrice contenente i sub-factors deve essere la medesima per ogni

whole-unit considerata, allora, per limitare il numero di prove necessarie all’analisi, si può decidere

di confondere i due fattori ambientali P e Q e analizzare soltanto le condizioni estreme: (-,-) e (+,+),

che nella matrice riportata qui di seguito sono indicate con il simbolo “#”(fig.: 4.1); in questo caso il

defining contrast è I = PQ. Questa scelta consente però di verificare se il prodotto analizzato è

robusto o meno rispetto ai fattori ambientali e di stimare esclusivamente l’effetto combinato dei due

fattori P e Q, senza sapere a quale dei due fattori sia in realtà dovuto l’effetto.

Inoltre, sebbene il fatto di confondere gli effetti dei due fattori ambientali possa risultare in alcuni

casi vantaggioso, poiché consente di limitare il numero delle prove da eseguire, nell’esempio qui

considerato da 16 a 8, non dobbiamo dimenticare che stiamo confondendo due effetti principali. In

alternativa, se si rinuncia alla necessità di creare il medesimo sub-plot per ogni whole-unit, la

situazione può notevolmente migliorare. Per esempio, si può utilizzare, sempre per il caso proposto

in precedenza, la frazione 1/2 con I = + PQ per la prima e la quarta whole-unit, e la frazione

complementare con I = - PQ, per la seconda e la terza. In questo modo si ottiene un piano con

Risoluzione IV in cui PQ21 viene confuso con AB e il defining contrast utilizzato è I = ABPQ.

Questa seconda opzione è indicata nella matrice dal simbolo “x” (fig.4.1).

Fig.: 4.1 Matrice del disegno

P - + - +

Q - - + +

A B

- - # x # x

+ - # x x #

- + # x x #

+ + # x # x

21 In questa sede si preferisce riferirsi ai vettori, piuttosto che agli effetti corrispondenti.

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Split-plot e Robust-Design 44

Lo schema di confondimento proposto nella matrice viene indicato da Bisgaard (2000) con il

termine split-plot confounding22. In generale consiste nell’utilizzare diversi gradi di frazionamento

per le sub-units, confondendo gli effetti relativi ai whole-factors con quelli associati ai sub-factors;

risulta particolarmente utile per il disegno split-plot in quanto solitamente si necessita di una

maggiore Risoluzione per i sub-factors.

4.1.2 Le alternative proposte per l’applicazione dello split-plot confounding

In relazione allo split-plot confounding, si analizzano quattro modi alternativi di applicazione di

tale concetto, (Bisgaard 2000); in tutti i casi illustrati si considera un esperimento in cui sono

coinvolti sei fattori sperimentali: tre fattori di disegno, (whole-plot factors), indicati con A, B e C, e

tre ambientali, (sub-plot factors), indicati con P, Q ed R; si assume inoltre di voler condurre un

massimo di 16 prove sperimentali. I quattro disegni proposti sono caratterizzati da differenti

Risoluzioni e strutture di confondimento, i cosiddetti alias patterns, e dall’utilizzo di determinate

strategie. Quale tra le alternative sia la migliore dipende in gran parte dal contesto dell’analisi e dai

suoi obiettivi; sarà dunque compito dello sperimentatore scegliere il disegno più opportuno

analizzando in ogni sua caratteristica la situazione sperimentale proposta e gli obiettivi che con

l’analisi di essa si vogliono raggiungere.

Si consideri ora, a titolo di esempio, il caso in cui, come già detto, A, B e C sono i whole-factors, e

P, Q ed R i sub-factors.

Uno split-plot standard composto da due matrici, una matrice interna ed una esterna, entrambe

generate da piani fattoriali frazionali 23-1, ha la seguente struttura (fig.: 4.2):

Fig.: 4.2 Split-plot e confounding

P - + - +

Q - - + +

R=PQ + - - +

A B C=AB

- - + x x x x

+ - - x x x x

- + - x x x x

+ + + x x x x

22 Questo importante concetto è stato originariamente introdotto da Bartlett (1935).

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Split-plot e Robust-Design 45

Va sottolineato che in questo disegno, il defining-contrast utilizzato per frazionare la matrice

interna, (whole-plot array), è I = ABC, mentre nella matrice esterna si utilizza I = PQR.

Si dimostra, Bisgaard (2000), che il defining contrast per il disegno è:

I = ABC =PQR = ABCPQR

Riportiamo qui di seguito (fig.: 4.3) la struttura dei confondimenti, fino alle interazioni del primo

ordine, ottenuta dalla scelta del suddetto generatore.

Fig.: 4.3 Alias pattern fino alle interazioni del I ordine per I=ABC=PQR=ABCPQR

l1 → A + BC l5 → Q + PR l9 → AR l13 → CP l2 → B + AC l6 → R + PQ l10 → BP l14 → CQ l3 → C + AB l7 → AP l11 → BQ l15 → CR l4 → P + QR l8 → AQ l12 → BR

Si nota immediatamente che il vantaggio principale di un tale disegno risiede nell’assenza di

confondimenti tra interazioni del primo ordine; pertanto, se l’obiettivo principale dello studio è la

stima degli effetti delle interazioni tra whole-factors e sub-factors, un disegno di Risoluzione III

può risultare migliore anche di un disegno con Risoluzione più ampia.

Supponiamo ora di applicare il concetto di split-plot confounding al disegno precedentemente

illustrato, confondendo PQR con C, otteniamo in questo caso la seguente struttura, in cui I = ABC =

CPQR = ABPQR (fig. 4.4).

Fig.: 4.4 Struttura matriciale con I = ABC = CPQR = ABPQR

A B C

- - + I = + PQR

+ - - I = - PQR

- + - I = - PQR

+ + + I = + PQR

In cui l’ alias pattern fino alle interazioni del primo ordine è illustrato in figura 4.5.

Fig.: 4.5 Alias pattern fino alle interazioni del I ordine per I = ABC = CPQR = ABPQR

l1 → A + BC l5 → Q l9 → AR l13 → CP + QR l2 → B + AC l6 → R l10 → BP l14 → CQ + PR l3 → C + AB l7 → AP l11 → BQ l15 → CR + PQ l4 → P l8 → AQ l12 → BR

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Split-plot e Robust-Design 46

Osservando l’alias pattern di figura 4.5 si nota immediatamente che, in questa seconda situazione,

gli effetti principali dei sub-factors, indicati con l4, l5 e l6, non si confondono più con alcuna

interazione del primo ordine. D’altra parte, alcune interazioni tra whole e sub-factors si confondono

con altre interazioni del primo ordine, si veda per esempio l13, l14 e l15, inoltre gli effetti principali

dei whole-factors si confondono con alcune interazioni del primo ordine.

La terza alternativa proposta presuppone che siano i livelli dei sub-factors ad essere variati senza

difficoltà, invece di quelli dei whole-factors, come avveniva nei precedenti disegni; in questo caso è

utile invertire l’assegnazione dei fattori, quelli di disegno (whole-factors) alla matrice esterna, e

quelli ambientali (sub-factors) a quella interna; si applica comunque il concetto di split-plot

confounding, confondendo ABC con R; otteniamo così il disegno mostrato nella tabella seguente, in

cui I = PQR = ABCR = ABCPQ (fig.: 4.6).

Fig.: 4.6 Struttura matriciale con I = PQR = ABCR = ABCPQ

P Q R

- - + I = + ABC

+ - - I = - ABC

- + - I = - ABC

+ + + I = + ABC

L’alias pattern del disegno appena illustrato, fino alle interazioni del primo ordine, è il seguente

(fig. 4.7):

Fig.: 4.7 Alias pattern fino alle interazioni del I ordine per I = PQR = ABCR = ABCPQ

l1 → A l5 → Q + PR l9 → AR + BC l13 → CP l2 → B l6 → R + PQ l10 → BP l14 → CQ l3 → C l7 → AP l11 → BQ l15 → CR + AB l4 → P + QR l8 → AQ l12 → BR + AC

Anche in questo caso abbiamo un disegno con Risoluzione III; si noti però che gli effetti principali

dei fattori di disegno A, B e C non vengono confusi con alcuna interazione del primo ordine, mentre

lo sono gli effetti principali dei fattori ambientali P, Q ed R. Un importante vantaggio di questo

particolare disegno, evidenziato anche da Michaels (1964), risiede nel fatto che esso garantisce una

maggiore precisione nella stima degli effetti dei fattori ambientali, dunque, in generale, dei fattori

assegnati ai sub-plots.

Il quarto ed ultimo disegno prevede l’assenza di ogni tipo di restrizione alla randomizzazione,

possiamo quindi tranquillamente utilizzare un piano fattoriale frazionale standard 26-2, il quale

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Split-plot e Robust-Design 47

prevede l’esecuzione di sedici prove sperimentali, in cui si ha Q = ABC ed R = BCP; pertanto il

defining contrast utilizzato nel disegno è I = ABCQ = BCPR = APQR, che implica una Risoluzione

IV per il disegno e la struttura di confondimenti illustrata in (fig. 4.8).

Evidentemente, il vantaggio fondamentale di questa alternativa è quello di consentire la stima

esatta23 di tutti gli effetti principali, sia di quelli dei whole-factors sia di quelli dei sub-factors, che

non risultano confusi con alcuna interazione del primo ordine; nel disegno però, le interazioni del

primo ordine si confondono tra loro.

Fig.: 4.8 Alias pattern fino alle interazioni del I ordine per I = ABCQ = BCPR = APQR

l1 → A l5 → Q l9 → AR + PQ l13 → CQ + AB l2 → B l6 → R l10 → BP + CR l3 → C l7 → AP + QR l11 → BQ + AC l4 → P l8 → AQ + PR +

BC l12 → BR + CP

Per concludere ricordiamo che, come già detto all’inizio del paragrafo, la scelta tra le quattro

alternative proposte per l’applicazione dello split-plot confounding dipende essenzialmente dagli

obiettivi dell’analisi.

4.1.3 Le regole per il confondimento Nel paragrafo precedente sono stati presentati quattro modi alternativi di pianificare un disegno

split-plot 2k-p x 2q-r tenendo conto di determinate regole per i confondimenti; l’obiettivo di questo

paragrafo è quello di analizzare tali regole in maniera più approfondita.

Prima di iniziare la discussione relativa al confounding all’interno di uno split-plot è utile illustrare

il concetto di Risoluzione parziale di un sottoinsieme dei fattori coinvolti nell’analisi, che

indichiamo con S. Il concetto di Risoluzione parziale risulta comunque legato al concetto classico di

Risoluzione, utilizzato, come visto, nei piani fattoriali frazionali: il piano sperimentale associato al

sottoinsieme S di fattori ha risoluzione parziale Rs se nessun effetto coinvolgente p degli S fattori

selezionati si confonde con effetti che coinvolgono meno di Rs – p fattori, considerando anche quelli

che non appartengono ad S. Si può affermare, come in generale vale per piani fattoriali frazionali

con fattori a due livelli, che la Risoluzione parziale è uguale alla lunghezza del più corto defining

contrast tra quelli relativi ai soli fattori appartenenti al sottoinsieme S.

Nell’esempio proposto nel paragrafo precedente si è analizzato uno split-plot con confondimenti

23-1 x 23-1, affermando che l’insieme dei defining contrasts per entrambe le matrici era il seguente:

{ABC, CPQR, ABPQR}; indichiamo ora con Sd = {A, B, C} il sottoinsieme di whole-factors e con 23 Per “esatta” si intende, in questa sede, non confusa.

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Split-plot e Robust-Design 48

Se = {P, Q, R}quello dei sub-factors. Osservando i defining contrasts notiamo subito che la word

più corta contenente tutti i fattori del sottoinsieme Sd è ABC, e quindi la Risoluzione parziale dei

whole-factors è pari a III, mentre il termine più corto che contiene tutti gli elementi di Se è CPQR,

ciò significa che l’insieme dei sub-factors ha Risoluzione IV.

Riprendendo i concetti illustrati da Box e Hunter (1961), secondo i quali un disegno fattoriale

frazionale 2k-f avrà f generatori indipendenti, che indichiamo con G1, G2, ……Gf, e che il

sottogruppo di defining contrast {I}, per un determinato frazionamento contenente 2f words, viene

ottenuto moltiplicando per due il prodotto ( I ± G1)( I ± G2)…..( I ± Gf), in cui I è il vettore identità,

si può affermare che le 2f differenti frazioni del disegno sono date dalle 2f possibili permutazioni dei

segni ± in tale prodotto. Ricordiamo anche che, come indica il nome stesso, il sottoinsieme dei

defining contrasts identifica univocamente un determinato piano fattoriale frazionale, consentendoci

quindi di poter individuare gli aliases indispensabili per l’analisi.

Come già evidenziato in precedenza, esistono differenti modi per pianificare un disegno split-plot,

noi facciamo riferimento, in questo contesto, allo split-plot standard, ovvero al disegno basato

sull’assegnazione dei fattori di disegno alle sub-units e dei fattori ambientali alle whole-units.

Indichiamo con X la matrice interna, o matrice dei whole-factors, e con Y quella esterna, ovvero la

matrice dei sub-factors, il prodotto cartesiano X x Y indicherà, dunque, la matrice contenente tutte

le possibili combinazioni tra i vettori delle due matrici X e Y:

X x Y = =

⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜

×

⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜

mqm

q

q

nkn

k

k

yy

yyyyy

xx

xxxxx

LL

MMMM

LL

L

LL

MMMM

LL

L

1

221

11211

1

221

11211

=

( )( )

( )( )

( )⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

mn

m

yx

yxyx

yxyx

,

,,

,,

12

1

21

11

M

M

Consideriamo un disegno split-plot composto da due matrici, la matrice X contenente i whole-

factors data da un piano fattoriale frazionale 2k-p con risoluzione R1 e con generatori indipendenti G1,

.. Gp; accanto ad essa si ha la matrice Y, data da un 2q-r con risoluzione R2, e con generatori

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Split-plot e Robust-Design 49

indipendenti K1, .. Kr; il disegno completo è composto da 2(k+p) - ( p+r ) righe, e l’insieme dei defining

contrast conta 2p+r – 1 termini.

Se lo split-plot considerato è dato dal prodotto cartesiano delle due matrici X e Y appena introdotte,

allora l’insieme dei defining contrasts sarà dato dal prodotto:

( ) ( )⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡±⎥

⎤⎢⎣

⎡± ∏∏

==

r

jj

p

ii KIGI

11

moltiplicato per due, in cui i segni ± devono essere usati allo stesso modo in cui sono stati utilizzati

nelle matrici X e Y.

La Risoluzione del disegno completo ottenuto dal prodotto cartesiano delle due matrici è R = min

{R1, R2}, dove R1 è la Risoluzione parziale relativa alle whole-units, e R2 quella parziale associata

alle sub-units; da quanto appena detto si deduce che per ottenere disegni completi di alta

Risoluzione è importante massimizzare le Risoluzioni parziali dei singoli piani, ovvero delle due

matrici.

Una proprietà interessante relativa ai confounding effects nello split-plot è che se il piano contenente

le whole-units ha Risoluzione parziale R1 e quello contenente le sub-units ha Risoluzione pari a R2,

allora gli effetti principali dei whole-factors saranno confusi con le interazioni tra R1 – 1 whole-

factors, e pertanto, gli effetti principali dei sub-factors si confondono con le interazioni, tra sub-

factors stessi, che coinvolgono R2 – 1 fattori. Questo implica che le interazioni del primo ordine tra

whole-factors e sub-factors sono confuse con altre interazioni di ordine uguale a: min {R1 – 1, R2 -

1} + 1, o più semplicemente, pari a min (R1, R2). Quindi, se entrambe le matrici del disegno hanno

Risoluzione III, o maggiore, allora le interazioni del primo ordine tra whole-factors e sub-factors

non sono confuse con nessun’altra interazione del primo ordine, mentre possono confondersi con

interazioni di ordine più alto.

Si consideri, a titolo d’esempio, lo split-plot proposto da Bisgaard (2000). In tale esempio il disegno

considerato si compone di una matrice X, in cui compaiono i whole-factors, generata a un piano

fattoriale frazionale 25-2, con Risoluzione III, che indichiamo con R1 e generatori G1 = ABD e G2 =

ACE, e una seconda matrice Y, associata ai sub-factors, generata da un 23-1 con Risoluzione R2 = III,

il cui generatore è K1 = PQR. Il disegno che si ottiene dal prodotto cartesiano tra la matrice interna e

la matrice esterna è composto da 2(5 + 3) – (2 + 1) = 32 combinazioni, l’insieme dei defining contrasts

consta di 22 + 1 – 1 termini, per quanto precedentemente affermato, uguali a:

(I + G1)(I + G2)(I + K1) = (I + ABD)(I + ACE)(I + PQR) =

= I + ACE + ABD + BCDE + PQR + ACEPQR + ABDPQR + BCDEPQR

da cui si giunge alla conclusione che per tale disegno, che ha Risoluzione III, il sottoinsieme dei

defining contrast è:

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Split-plot e Robust-Design 50

{ I } = { I, ABD, ACE, BCDE, PQR, ABDPQR, ACEPQR, BCDEPQR}

La Risoluzione di entrambe le matrici, quella interna e quella esterna, è pari a III.

Applicando le regole appena formalizzate, in questo caso, possiamo tranquillamente affermare che

un’interazione tra un whole-factor e un sub-factor, come per esempio AxP, non si confonde mai con

altre interazioni del primo ordine, ma può essere confusa con interazioni di ordine pari a min{R1,

R2}–1= 2; inoltre, gli effetti principali dei whole-factors sono confusi con interazioni tra R1 – 1 = 2

whole-factors, mentre gli effetti principali dei sub-factors con interazioni del primo ordine tra sub-

factors stessi, in quanto R2 – 1 = 2.

4.2 Le due componenti di errore presenti nello split-plot Un importante aspetto da considerare nell’analisi di un disegno split-plot riguarda la struttura della

componente erratica. Come ampiamente discusso nel primo capitolo, il disegno split-plot è

caratterizzato dalla presenza di due componenti residue, dovute alla presenza di correlazione tra

whole-units e sub-units. L’obiettivo di questo paragrafo, sempre con riferimento all’articolo citato, è

quello di illustrare le regole da seguire per decidere quali effetti verificare sulla componente di

whole- plot error e quali sul sub-plot error24. Solitamente, infatti, l’analisi della varianza di uno

split-plot si suddivide in due parti, una in cui viene utilizzata la componente di whole-plot error, o

varianza “tra”, per valutare determinati effetti, e l’altra in cui si utilizza il sub-plot error, o varianza

“entro”, al fine di verificare la significatività di altri fattori.

Come esempio illustrativo proponiamo uno split-plot, utilizzato da Daniel (1976), e ripreso da

Bisgaard (2000), generato dal prodotto cartesiano 21 x 22. Riportiamo nella tabella seguente la

struttura del disegno (fig.4.9).

Fig.: 4.9 Esempio di split-plot 21 x 22

B - + - +

A C - - + +

- y1(1) y2(1) y3(1) y4(1)

+ y1(2) y2(2) y3(2) y4(2)

Daniel afferma: “risulta ovvio che gli effetti principali di B e di C e l’interazione BxC siano stimati

entro le unità, mentre non è così evidente che lo siano anche gli effetti delle componenti

d’interazione AxB, AxC e AxBxC”. Partendo da questa giusta affermazione, Bisgaard (2000)

24 Daniel (1976), discute ampiamente questo problema, ne proponiamo, in quest’ambito, una illustrazione, per quanto possibile, semplificata.

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propone una regola più semplice per individuare su quale componente di errore verificare gli effetti

dei fattori. Tale regola consiste nello stimare, prima di tutto, la componente di varianza associata ai

fattori tramite il modello utilizzato nell’analisi. In particolare, il modello corrispondente al disegno

illustrato in figura 4.9 è il seguente:

yi (j) = f (xij) + ε1j + ε0i(j) con i = 1,…4; j = 1,2 (4.1)

in cui con xij si indicano le righe della matrice del disegno, f è una funzione lineare, ε1j rappresenta la

componente di whole-plot-error con varianza σ21, ed ε0i (j) il sub- plot-error con varianza σ2

0.

Riscrivendo i termini del modello per ciascuna riga della matrice del disegno, trascurando la parte

deterministica, si comprende meglio il motivo per cui in questo tipo di disegno alcuni effetti siano

verificati rispetto ad una componente di errore ed alcuni rispetto ad un’altra. Di seguito riportiamo

la tabella che mostra il modello esteso ad ogni riga del disegno (fig.4.10).

Fig.: 4.10 Disegno sperimentale

A B C AB AC BC ABC Osserv. Errore - - - - + + - y1(1) ε11+ ε01(1)- + - + + - + y2(1) ε11+ ε02(1)- - + - - - + y3(1) ε11+ ε03(1)- + + + - + - y4(1) ε11+ ε04(1)+ - - - + + + y1(2) ε12+ ε01(2)+ + - + + - - y2(2) ε12+ ε02(2)+ - + - - - - y3(2) ε12+ ε03(2)+ + + + - + + y4(2) ε12+ ε04(2)

Ricordiamo che con A si indica il whole-factor, con B e C i sub-factors; si sottolinea inoltre che la

stima di ciascun effetto la si ottiene stimando il confronto ( +y - −y ). Facendo riferimento alla

tabella (fig.4.10) e utilizzando i segni usati per i livelli del fattore A, la stima di quest’ultimo può

essere scritta come:

A = 1\4 (4 ε11 - 4 ε12 + ε∑=

2

1j0j (1) - ε∑

=

2

1j0j (2) ) (4.2)

e la relativa stima della varianza è:

VAR (A) = 1\16 (16σ21 + 16σ2

1 + 4σ20 + 4σ2

0) = 2σ21 + 1\2σ2

0 (4.3)

che rappresenta l’errore standard associato all’effetto principale del whole-factor A25.

Lo stesso procedimento si adotta per il sub-factor B; sempre utilizzando la tabella proposta, notiamo

che tutte le componenti di whole-plot error si eliminano e ciò che rimane è: 25 In questa sede si ipotizza, come in precedenza, l’indipendenza tra le due componenti di errore.

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Split-plot e Robust-Design 52

B = 1\4 ( ± ε∑=

2

1j0j (1) - ± ε∑

=

2

1j0j (2) ) (4.4)

e la corrispondente stima della varianza è:

VAR (B) = 1\16 (4σ20 + 4σ2

0) = 1\2σ20 (4.5)

La quale, confrontata con la varianza relativa al fattore A, risulta molto più piccola.

Sempre osservando la tabella si nota che per tutti gli effetti, eccetto che per l’effetto principale di A,

la componente di whole-plot error ε1 si annulla, esattamente allo stesso modo in cui si annullava

calcolando la varianza per il fattore B. Pertanto, la varianza per gli effetti di B, C, AxB, AxC, BxC e

AxBxC è σ20 /2. Quanto appena sostenuto per l’esempio proposto può essere tranquillamente esteso

ad un qualsiasi disegno split-plot del tipo 2k-p x 2q-r; infatti, per tutti i 2k-p - 1 effetti stimabili dei

whole-factors, ed i relativi confondimenti, la varianza è espressa in formula (4.6), dove N = 2k-p x

2q-r.

VAR(A) = VAR{2\N (2q-r ∑ ± ε1j + ∑ ± ε0j ) }=

4\N2 ( 2k-p x 22 (q-r) σ21 + N σ2

0 ) = 4\N (2q-r σ21 + σ2

0) (4.6)

La varianza, invece, per le sub-units è:

VAR (P) = VAR { 2\N ∑± ε0j } = 4\N2 N σ20 = 4\N σ2

0 (4.7)

Un’importante conclusione che si trae dai calcoli appena presentati è che, essendo la varianza

associata alle sub-units sempre minore di quella relativa alle whole-units, le stime degli effetti dei

whole-factors risulteranno sempre meno precise di quelle ottenute per i sub-factors. Questa

conclusione è una ulteriore conferma a quanto affermato fino ad adesso: ovvero, un aspetto

particolarmente delicato quando si pianifica uno split-plot riguarda l’assegnazione dei fattori agli

whole-plots piuttosto che ai sub-plots.

E’ importante sottolineare che, estendendo i calcoli proposti nell’esempio ad un generico split-plot

2k-p x 2q-r in cui si abbia un totale di 2k-p x 2q-r – 1 effetti stimabili, la regola generale per

l’assegnazione dell’opportuna varianza a ciascun effetto risulta la seguente: “i 2k-p – 1 contrasti

relativi ai whole-factors, ottenuti moltiplicando i k–p generatori del whole-plot in ogni

combinazione possibile, ed i rispettivi aliases, sono associati alla componente di whole- plot error;

i rimanenti 2k-p – ( 2q-r – 1 ) contrasti saranno testati sul sub- plot error”, Bisgaard (2000).

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Split-plot e Robust-Design 53

4.3 I criteri di scelta di un disegno fractional-factorial-split-plot I disegni fattoriali vengono applicati frequentemente nelle analisi; tuttavia, dal momento che, come

ampiamente sottolineato, far variare i livelli dei fattori in alcuni casi risulta costoso, o impossibile

dal punto di vista pratico, si rende necessaria la pianificazione di un disegno la cui struttura

rispecchi quella di uno split-plot. A disegni in cui si combinano insieme fattoriali frazionali e split-

plot si fa solitamente riferimento col termine Factorial-Fractional-Split-Plot design, (FFSP),

ovvero, disegni fattoriali frazionali aventi la struttura di uno split-plot, Bingham e Sitter (2001).

Un aspetto particolarmente importante che si deve sottolineare è che mentre la struttura matriciale

di un disegno FFSP coincide con quella di un fattoriale frazionale, ciò che si modifica è la

randomizzazione.

Lo scopo di questa parte del lavoro è quello di fornire una risposta alle domande che il ricercatore si

pone più di frequente, ovvero, “quale FFSP scegliere tra quelli pianificabili”, “quale frazione

utilizzare per il whole-plot, e quale per il sub-plot”. Ci proponiamo, dunque, di illustrare un criterio

di scelta del disegno FFSP che meglio soddisfi le necessità del ricercatore; il criterio proposto in

questo ambito è quello della minima aberrazione, o minimum aberration (MA)26.

Tale criterio costituisce un’alternativa all’applicazione del criterio della massima Risoluzione e

viene appunto utilizzato in questa sede per valutare la bontà del disegno split-plot fattoriale

frazionale. Tale criterio si basa sulla scelta di quel disegno che meglio riesce a bilanciare la quantità

di informazioni sul processo, desumibili dall’analisi, al minimo costo. Oltre a ciò, si illustra

l’influenza che la particolare struttura dello split-plot ha sulle stime dei coefficienti dei fattori, e

sulla loro precisione, che, ricordiamolo, non è la medesima per ogni categoria di fattori considerata.

Alla fine di questo paragrafo si propone anche un esempio pratico, tratto sempre dall’articolo citato,

con lo scopo di illustrare le implicazioni da considerare nello scegliere il numero di whole-units e di

sub-units da introdurre nel disegno, e, come già anticipato, del grado di frazionamento da utilizzare

in esso.

4.3.1 Il criterio di “minimum aberration” Per illustrare il criterio di minimum aberration (MA) introduciamo un esempio condotto in ambito

industriale per verificare l’effetto di otto fattori sulle proprietà di resistenza all’usura di un prodotto

di legno; i fattori considerati si distinguono in due categorie che hanno natura sperimentale diversa,

da una parte vengono considerati cinque fattori coinvolti nella fase di mixing del materiale, che

sono: il tipo di legno, la quantità dell’additivo 1, la quantità dell’additivo 2, la grandezza del legno

26 Per approfondimenti sul criterio di minimum aberration si faccia riferimento anche a Huang, Chen e Voelkel (1998); Bingham e Sitter (1999).

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ed infine, il grado di umidità del legno; la seconda categoria, considerata durante la fase di

trasformazione del legno, è composta da tre fattori, quali: il tempo impiegato dal processo di

trasformazione, la pressione e la densità del materiale; gli otto fattori vengono tutti considerati a due

livelli. Come solitamente avviene, per motivi di riservatezza, non si dispone dei livelli originali,

ma solo della definizione qualitativa: livello alto e livello basso.

L’obiettivo fondamentale dell’analisi è quello d’individuare i livelli dei fattori che minimizzano

l’usura dell’oggetto.

Il processo produttivo si suddivide in due fasi, nella prima fase pezzi di legno differenti mescolati

agli additivi vanno a costituire un’unità, la whole-unit, e quindi avremo tante whole-units quante

sono le combinazioni dei fattori additivo 1, additivo 2, tipo di legno, grandezza e umidità; nella

seconda fase, ogni whole-unit viene suddivisa in sotto-unità, le sub-units, alle quali saranno

assegnati i livelli dei tre fattori rimanenti: durata del processo, pressione e densità del materiale.

In questa situazione sperimentale, ogni whole-unit può essere suddivisa in un numero di sub-units

che varia da 2 a 4; dato che la creazione delle unità, per la natura stessa del processo, risulta molto

costosa, è preferibile un disegno che consenta di limitarne quanto possibile il numero; sempre a

causa degli elevati costi dell’esperimento si è ritenuto impraticabile condurre tutte le 28 = 256 prove

sperimentali previste dal piano fattoriale completo, e si è, dunque, optato per un piano fattoriale

frazionale 2k-p.

L’esperimento viene condotto nel modo seguente: inizialmente vengono fissati i livelli dei cinque

fattori associati alle sub-units, le varie combinazioni possibili sono assegnate alle unità in modo

completamente randomizzato; successivamente, le misture ottenute vengono suddivise in sotto-

unità alle quali sono assegnati, sempre in modo casuale ma all’interno di ogni whole-unit, i

trattamenti relativi all’altra categoria di fattori; evidentemente, la struttura descritta è quella di un

disegno split-plot, in quanto, nella seconda fase di assegnazione dei livelli dei fattori, i livelli dei

cinque whole-factors sono mantenuti costanti. Ricordiamo che ai whole-factors facciamo

riferimento con le lettere A, B, C, D ed E, mentre ai sub-factors con p, q ed r.

L’analisi proposta prevede la pianificazione di un disegno FFSP del tipo 2(k1 + k2) – (p1 + p2), in cui

k1 = 5, k2 = 3 e p1=p2=1; inoltre k= k1+ k2 e p= p1+p2. Si ottiene quindi un piano 28 – 2 in cui

dobbiamo assegnare a due colonne corrispondenti a componenti d’interazione gli effetti principali

di un whole-factor e un sub-factor; una tra le possibili scelte è la seguente:

E = ABCD e r = pq

ovvero, il livello del fattore E è determinato, per ogni prova, dalla combinazione dei livelli di A, B,

C, D; allo stesso modo, il livello di r è determinato da quelli di p e q. I due generatori di questo

disegno, indicati con I, sono:

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Split-plot e Robust-Design 55

I = ABCDE e I = pqr

queste due relazioni ne implicano una terza, ovvero:

I = ABCDEpqr

che, unita alle due precedenti, forma l’insieme dei defining contrasts del disegno:

I = pqr = ABCDE = ABCDEpqr

Tale disegno prevede l’esecuzione di 25-1 prove per il whole-plot e 23-1 per il sub-plot.

Il piano appena illustrato, come sostengono gli stessi Bingham e Sitter (2001), non rappresenta una

scelta particolarmente buona, si tratta di un disegno con Risoluzione III, e si dimostra qui di seguito

che, in base al criterio di minimum aberration, questa non è la scelta migliore.

Solitamente i disegni con Risoluzione maggiore vengono ritenuti migliori, questa è una delle regole

più diffuse per la scelta di un particolare disegno fattoriale frazionale, bisogna però considerare che

spesso, disegni con uguale Risoluzione presentano strutture di confondimento diverse, che

implicano che i disegni stessi abbiano caratteristiche differenti.

Si definisca con Ai (Dj) il numero di generatori di lunghezza i nel sottogruppo corrispondente al

disegno Dj; accanto al criterio della massima Risoluzione è stato quindi introdotto il criterio di

minimum aberration secondo il quale:

“Supponendo di disporre di due disegni FFSP, D1 e D2 entrambi del tipo 2(k1 + k2) – (p1 + p2), se Ai(D1) =

Ai(D2) per i = 3, …, r-1, e Ar(D1) < Ai(D2), allora possiamo concludere che il disegno indicato con

D1 è meglio, in termini di “deviazione”, o aberration, del disegno D2; un disegno è classificato

quale MA se nessun altro disegno ad esso paragonato ha “deviazione” minore”.

Il criterio proposto fornisce una buona regola generale per confrontare più disegni sperimentali che

abbiano la medesima Risoluzione.

Ritornando all’esempio illustrato precedentemente, abbiamo visto che il disegno considerato è un

piano fattoriale frazionale 2(5+3) – (1+1) con Risoluzione III. Applicando il criterio appena proposto,

insieme a quello della massima Risoluzione si vede che, nel nostro contesto, è più appropriata la

pianificazione di un 2(5+3) – (1+1) di Risoluzione V, con il seguente insieme di defining contrasts:

I = ABCDE =ABpqr = CDpqr.

Si noti come il criterio di minimum aberration non sia un criterio di frazionamento in alternativa al

criterio di Risoluzione, quanto piuttosto un criterio che integra il concetto di Risoluzione,

permettendo di scegliere, tra fattoriali frazionali di Risoluzione uguale, quello migliore alla nostra

specifica situazione sperimentale.

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4.3.2 Analisi di un disegno split-plot fattoriale frazionale Al fine di illustrare i criteri seguiti nell’analisi di un disegno split-plot fattoriale frazionale

proponiamo un esempio riportato in Bingham e Sitter (2001), tratto da Miller et alt. (1993). Si tratta

di un disegno in cui vengono analizzati cinque fattori, tutti a due livelli, con quattro replicazioni per

ciascuna combinazione sperimentale.

L’esperimento è condotto per analizzare la distorsione geometrica del meccanismo di sterzo di

un’autovettura; i cinque fattori che influenzano la variabile di risposta sono così suddivisi: tre sono i

whole-factors, indicati con A, B e C, e due i sub-factors, p e q. I whole-factors sono: il percorso di

guida (A), la dimensione del dente d’ingranaggio (B), il collocamento del pezzo considerato (C); i

sub-factors: la potenzialità del carburante (p), e la modalità di funzionamento (q). Si suppone, per

ragioni di efficienza, di mantenere fissi i livelli dei fattori A, B, e C, e di far variare quelli di p e q, in

modo da ottenere uno split-plot fattoriale frazionale 2(3+2) – (0+1) ottenuto selezionando il defining

contrast I = ABCpq.

Il modello proposto per l’analisi di un tale disegno è il seguente (riprendendo in parte la notazione

del paragrafo 3.1):

yijk = µ + lk + f(Ej )+ ε jk + g(Di) + (DE)ij + e ijk (4.8)

in cui ε ed e sono, rispettamene, le componenti di errore per gli whole-plots e per i sub-plots, f e g

sono le funzioni, nei parametri, relative ai whole-factors (Ej) ed ai sub-factors (Di). Nel modello si

assume che le due componenti erratiche ε ed e siano variabili casuali indipendenti e distribuite

normalmente, con varianza rispettivamente σ2WP e σ2

SP. Relativamente a queste due componenti

sipuò agevolmente presupporre che la variabilità tra le unità, ovvero il whole-plot error, sia

maggiore di quella interna alle unità, ovvero il sub-plot error, similmente a quanto avviene in un

disegno completamente randomizzato. Si noti che in questo caso si possono in generale ipotizzare

due forme funzionali distinte per i due gruppi: whole e sub-plots.

Dal momento che la parte di disegno relativa alle whole-units corrisponde esattamente ad un

disegno completamente randomizzato, risulta opportuno condurre sui valori medi di esse una

semplice analisi della varianza; pertanto, dato che nel disegno sono state registrate quattro

replicazioni per ogni combinazione sperimentale, i gradi di libertà disponibili per la stima del

whole- plot error sono in generale, se l sono le replicazioni, (l – 1) 2(k1 – p1), ed in questo caso (4 – 1)

2(k1 – p1). La parte relativa ai sub-factors viene considerata come un disegno randomizzato a blocchi,

in cui i blocchi sono le whole-units. Nel nostro contesto, rientrano nell’analisi condotta al livello

delle sub-units la stima degli effetti principali dei sub-factors, delle componenti di interazioni tra

essi, ed anche la stima delle interazioni tra sub-factors e whole-factors; di conseguenza, date le

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quattro replicazioni del disegno, i gradi di libertà disponibili per la stima del sub-plot error sono,

poiché l=4:

(4 – 1)[ 2(k1 + k2) – (p1 + p2)– 2(k1 – p1)] (4.9)

Ricordiamo che k1 e k2 sono, rispettivamente, il numero dei whole-factors e dei sub-factors

considerati nell’analisi, mentre p1 e p2 i gradi di frazionamento utilizzati nei due piani del disegno.

Si nota immediatamente che i gradi di libertà a disposizione per la stima del sub-plot error sono

maggiori di quelli disponibili per la componente di whole-plot error. La differenza osservata tra le

due componenti di errore, ed i rispettivi gradi di libertà, implica la diversa precisione con cui

vengono stimati gli effetti dei sub-factors rispetto agli whole-factors. Dal momento che si assume

che la variabilità associata al sub-plot sia minore di quella associata al whole-plot, e che il sub-plot

error abbia almeno lo stesso numero di gradi di libertà del whole-plot error, la possibilità di

individuare la significatività degli effetti dei sub-factors risulta maggiore. Consideriamo ora il FFSP

dell’esempio. Abbiamo, come già anticipato, un disegno 2(3+2) – (0+1) che prevede l’esecuzione di 16

prove sperimentali e consente la stima di tutti gli effetti principali e di tutte le interazioni del primo

ordine; mentre le interazioni del secondo ordine e di ordini maggiori, le quali si confondono con

alcuni effetti principali o con interazioni del primo ordine, vengono assunte trascurabili. Le

difficoltà maggiori si presentano, in questo tipo di disegno, quando gli effetti dei whole-factors si

confondono con quelli dei sub-factors, in questo caso, infatti, si pone ABC = pq, e pertanto,

l’interazione tra i whole-factors A, B e C, si confonde con l’interazione tra i sub-factors p e q. In

questo tipo di piano la significatività degli effetti degli whole-factors viene verificata confrontando

la loro devianza con la componente di whole-plot error; mentre per la significatività degli effetti dei

sub-factors, si procede mettendo a paragone la devianza relativa agli effetti con l’errore dei sub-

plot. Spesso però, può manifestarsi qualche dubbio nella scelta di quali effetti verificare su quale

componente erratica. A questo proposito, come illustrato nel paragrafo 4.1.2, Bisgaard (2000)

fornisce i criteri per una scelta, ritenuta opportuna, schematizzati come segue:

1. gli effetti principali relativi ai whole-factors e le interazioni che includono solo fattori

appartenenti agli whole-plots, vengono valutati sul whole-plot error;

2. gli effetti principali dei sub-factors, o le interazioni tra whole-factors e sub-factors che si

confondono con gli effetti principali dei whole-factors, e le interazioni tra whole-factors,

vengono valutati sul whole-plot error;

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Split-plot e Robust-Design 58

3. gli effetti principali dei sub-factors e le interazioni che coinvolgono almeno un sub-factors,

che non si confondono con alcun effetto principale dei whole-factors o con interazioni che

coinvolgono anche un solo whole-factor, vengono verificati sul sub-plot error.

Pertanto, nel nostro disegno, il whole-plot error dovrebbe essere utilizzato per valutare la

significatività dell’effetto pq = ABC, dal momento che A, B e C sono whole-factors.

Non si mostrano nel dettaglio i risultati dell’analisi relativi all’esempio di Miller (1993); si

sottolinea comunque che, nel caso di analisi statistica di dati derivanti da split-plot, i normal-

probability plots utilizzati per individuare la significatività o meno degli effetti considerati sono

due: uno per i whole-factors e uno per i sub-factors; in questo esempio, si riscontra l’elevata

significatività degli effetti di C, p, q, e la significatività di Ap, Bp e Cq.

Un aspetto molto importante, sottolineato da Bingham e Sitter (2001), è rappresentato dalle due

proprietà cui si deve far riferimento nella scelta di un FFSP:

• identificabilità: ovvero la capacità del disegno di stimare il maggior numero possibile di

effetti principali e di interazioni del primo ordine;

• precisione: ovvero individuare la significatività degli effetti considerati con la massima

precisione possibile.

Questa ultima proprietà costituisce una ulteriore valutazione da fare al momento della

pianificazione e deve essere coniugata al criterio di minum aberration.

4.3.3 Come scegliere un FFSP: la scissione dello split-plot (the splitting) In questo paragrafo si sottolineano alcuni aspetti da tenere presenti nella selezione di un disegno

split-plot fattoriale frazionale; tali aspetti riguardano la scelta del grado di frazionamento, i costi

dell’esperimento ed il numero di osservazioni sperimentali necessarie; infine, ma non in ordine di

importanza, la decisione di come effettuare la “separazione” del disegno, o più propriamente, lo

splitting, ovvero quali fattori considerare come whole-factors e quali come sub-factors.

In determinate analisi, si è vincolati da particolari circostanze nell’assegnazione dei fattori alle

whole-units ed alle sub-units; la libertà di scelta, risulta dunque, molto limitata. In alcune situazioni

a determinare le modalità di assegnazione dei fattori sono la difficoltà e i costi necessari alla

variazione dei livelli dei fattori stessi. Per esempio, se si considera un esperimento in cui vengono

analizzati i fattori A e B, per i quali, variare il livello risulta particolarmente costoso, allora questi

fattori formano l’insieme dei whole-factors del disegno. Questa scelta permette, infatti, di

mantenere fisso il livello, sia di A che di B, per ciascuna whole-unit, consentendo così di limitare i

costi dell’analisi.

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Split-plot e Robust-Design 59

Sebbene condurre un esperimento secondo un disegno split-plot sia, nella maggior parte dei casi,

economicamente vantaggioso, bisogna comunque considerare che esso provoca una perdita in

precisione nelle stime degli effetti relativi ai whole-factors, e delle componenti d’interazione tra

questi. Quindi, anche se spesso il ricercatore è portato ad aumentare il numero dei whole-factors, e

diminuire quindi quello dei sub-factors, con l’obiettivo di limitare i costi dell’analisi, egli deve far

attenzione a non sacrificare eccessivamente la precisione delle stime ottenute, in particolar modo

per quei fattori che hanno un ruolo rilevante per l’analisi stessa.

Solitamente, infatti, si assegnano alle whole-units quei fattori che non interessano direttamente lo

sperimentatore, e viceversa, si assegnano alle sub-units i fattori di reale interesse, in quanto le

relative stime risulteranno più precise.

L’aspetto relativo al grado di frazionamento da utilizzare nel whole-plot e nel sub-plot è legato alla

scelta dell’assegnazione dei fattori del disegno; in corrispondenza, infatti, dei vari splitting possibili,

si presentano le differenti alternative di frazionamento del disegno, le quali vanno, a loro volta, ad

influenzare i costi e l’efficienza del disegno stesso. Si deve anche sottolineare che la decisione di

quale frazione del disegno completo utilizzare risulta direttamente legata a due aspetti molto

importanti: la capacità del disegno di stimare gli effetti dei fattori e quale componente erratica viene

utilizzata per verificare la significatività delle interazioni.

Per illustrare meglio quanto appena detto riguardo agli aspetti da mettere a confronto nella scelta di

un FFSP, illustriamo due esempi proposti da Bingham e Sitter (2001).

Si consideri, in primo luogo, una situazione sperimentale in cui si voglia analizzare l’effetto che sei

fattori, tutti osservati a due livelli, hanno su una determinata variabile di risposta; i fattori sono

divisi in whole-factors e sub-factors, tre appartengono al primo gruppo, indicati al solito con A, B e

C, tre al secondo: p, q ed r. Abbiamo quindi, k1 = 3 e k2 = 3, si supponga inoltre di non voler

effettuare tutte le 64 prove previste dal fattoriale completo 26, ma di voler limitare il numero di

prove a 16. Gli unici due possibili disegni split-plot fattoriali frazionali, tra cui il ricercatore può

scegliere, sono un 2(3+3) – (1+1) e un 2(3+3) – (0+2), indicati rispettivamente con D1 e D2, con generatori:

D1: I = ABC = Apqr =BCpqr

D2: I = Abpq = ACpr = BCqr

Dal momento che il generatore del whole-plot deve contenere soltanto whole-factors, il più “lungo”

defining contrast D1 per esso risulta di lunghezza tre, quindi con Risoluzione III; mentre il disegno

D2 ha Risoluzione IV, e si rivela generalmente migliore di D1.

Analizziamo ora un’altra situazione, supponiamo di avere un disegno FFSP in cui k1 = 4 e k2 = 3, i

possibili disegni alternativi sono:

D1 = 2(4+3) – (1+1)

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Split-plot e Robust-Design 60

D2 = 2(4+3) – (0+2)

con i seguenti defining contrasts:

D1: I = ABCD = ABpqr = CDpqr

D2: I = ABpq =ACDpr = BCDqr

In questo caso si nota immediatamente che, per entrambi i disegni, i generatori hanno la stessa

lunghezza, e quindi, siamo portati a concludere che siano essenzialmente uguali; per individuare in

cosa essi differiscano si consideri quale componente erratica viene utilizzata per verificare le

interazioni del primo ordine. Nel disegno che abbiamo indicato con D1 le interazioni del primo

ordine che contengono almeno un sub-factor sono confuse con altre interazioni contenenti,

anch’esse, almeno un sub-factor, e quindi, gli effetti principali dei sub-factors vengono, in questo

disegno, verificati sul sub-plot error. Per l’altra possibile alternativa, D2, abbiamo che:

pq = AB, pr = ACD e qr = BCD

e quindi la significatività degli effetti di pq, pr e qr è verificata utilizzando il whole-plot error.

Concludiamo quindi, che in D1 tutte le interazioni del primo ordine sono valutate rispetto al sub-plot

error, mentre in D2 ciò è possibile soltanto per le tre interazioni suddette; da quanto appena detto si

conclude che, in termini di precisione delle stime delle interazioni del primo ordine, D1 è migliore di

D2.

L’individuazione, quindi, di quale componente erratica viene utilizzata nel disegno per analizzare

determinate interazioni, può diventare un aspetto di particolare importanza da considerare nella

scelta tra più FFSP alternativi.

4.4 Il disegno split-plot nell’ambito della metodologia delle superfici di risposta In questo paragrafo viene analizzato il disegno sperimentale split-plot come caso particolare di un

determinato gruppo di disegni, i cosiddetti disegni bi-randomizzati (BRD); ad essi si fa spesso

ricorso, sia per motivi economici che per motivi pratici, nella progettazione delle superfici di

risposta (RSM), Myers e Montgomery (1997).

I disegni bi-randomizzati si suddividono in due classi: crossed-BRD, tra i quali rientra appunto lo

split-plot, e non-crossed-BRD. Nei paragrafi successivi si descrive solamente la classe dei disegni

bi-randomizzati crossed.

Per la trattazione degli argomenti presentati in questo paragrafo si fa riferimento a Myers e

Montgomery (1997) e a Letsinger et alt. (1996), ai quali si rimanda per maggiori approfondimenti.

4.4.1 I disegni sperimentali bi-randomizzati La classe dei disegni bi-randomizzati, come già detto, si suddivide in due classi:

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• i crossed-BRD (disegni bi-randomizzati incrociati)

• i non-crossed-BRD (disegni bi-randomizzati non incrociati)27.

Considerando la classe dei disegni crossed-BRD, indichiamo con (z1, z2, ….., za) i whole-factors, e

con Z la relativa matrice, con (x1, x2, ……, xb) indichiamo i sub-factors, e con X alla matrice ad essi

associata, mentre la i-esima osservazione registrata in corrispondenza dell’i-esimo whole-factor e

dell’i-esimo sub-factor verrà indicata con (zi, xi). Il concetto generale di disegno crossed bi-randomizzato richiama molto quello del disegno split-

plot, con l’unica differenza che in questo caso viene abbandonata l’assunzione, presente invece

nello split-plot, che tutti i sub-factors devono comparire, in tutte le whole-units presenti nel disegno,

con gli stessi livelli.

Questo tipo di generalizzazione si rende necessaria in questo contesto in quanto i disegni utilizzati

nelle superfici di risposta presentano di per sé una struttura incrociata, come del resto avviene per

ogni disegno in cui vengono messi a confronto più trattamenti.

4.4.2 I crossed-bi-randomization design Il primo passo nella costruzione dei disegni bi-randomizzati “incrociati”, o crossed, consiste

nell’assegnazione delle a combinazioni sperimentali, relative ai livelli dei whole-factors (z); questi

ultimi rappresentano quei fattori i cui livelli variano con difficoltà, di conseguenza, le relative

combinazioni vengono associate alle unità sperimentali “più grandi”, o maggiori, del disegno,

ovvero, alle whole-units. Successivamente, per ciascuna combinazione (zi, xi) le b combinazioni

relative ai livelli dei fattori x, i sub-factors, vengono assegnate in modo randomizzato alle unità

minori, le sub-units, che compongono ciascuna whole-unit, precedentemente individuata. Un

esempio tipico dei fattori z nell’ambito della RSM è proprio legata al concetto di fattore noise

descritto nel secondo e terzo capitolo.

Nei disegni crossed rientrano, ad esempio, i fattoriali completi 2k e 3k ed i fattoriali mixed-level.

Il termine “crossed”, che caratterizza questa tipologia di disegni, viene utilizzato per il fatto che, in

questo contesto, ogni combinazione z1,…,za viene “incrociata” con tutte le combinazioni relative a

X, come illustrato nel seguito (fig. 4.11):

27 In questa classe di disegni vengono inclusi alcuni piani fattoriali frazionali del tipo 2k-p, e la maggior pare dei disegni più frequentemente utilizzati nell’analisi delle superfici di risposta, come per esempio, il Central Composite Design o il Box-Behnken design.

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Split-plot e Robust-Design 62

Fig.: 4.11 Struttura matriciale di un disegno crossed-BRD

Z1 X1 X2 ... Xb

Z2 X1 X2 ... Xb

: : … … :

Za X1 … … Xb

In particolare, la matrice del disegno diventa (fig. 4.12):

Fig.:4.12 Matrice di un disegno crossed-BRD

II whole-plot

I whole-plot

⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜⎜

aba ''....

''..

''

222

111

xz

xz

xz

a whole-plot

Si deve ribadire che ogni whole-plot contiene al suo interno le combinazioni relative ai sub-plots.

Il modello corrispondente, espresso nell’ambito della metodologia delle Superfici di Risposta,

diventa:

yij = β0+ γ’zi + β’xij + z’iBzzi + x’ijBxxij + z’i∆ xij + δi + εij (4.10)

dove i=1,…,a; j=1,…b; δi ∼I.I.D. N(0,σ 2 δ ); εij ∼ I.I.D. N(0,σ 2) e cov(δij, εi)=0 per ogni i e per ogni j.

Il numero dei parametri γ non deve superare il numero delle whole-units presenti nel disegno, ∆

rappresenta la matrice che contiene i parametri relativi alle interazioni tra whole-factors e sub-

factors e quindi la matrice di particolare interesse nell’ambito della progettazione robusta del

disegno.

Nel modello descritto, le ipotesi sulle varianze d’errore sono analoghe ad assumere che la

covarianza tra due osservazioni appartenenti alla stessa whole-unit rimanga costante per tutte le sue

osservazioni, ovvero, se yij è la j-esima osservazione appartenente alla i-esima whole-unit, si ha che:

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COV (yij, yit) = σ2δ per ogni i

e

COV (yij, ykt) = 0 per i ≠ k

Si sottolinea che l’assunzione di covarianza costante all’interno di ogni whole-unit viene mantenuta

anche per i non-crossed-BRD.

L’esistenza di due componenti erratiche e di conseguenza di due componenti di varianza di errore

non semplifica l’applicazione di uno split-plot nell’ambito della RSM. Il problema fondamentale è

che nello split-plot “classico”, o standard, le replicazioni sono il fondamento per la validità dei tests

di ipotesi per gli effetti degli whole–plots e dei sub-plots; nella RSM, invece, il numero delle

replicazioni viene spesso ridotto, o addirittura, non si effettuano replicazioni. Questo influisce

notevolmente sia sulla stima delle componenti di varianza, σ2δ e σ2, sia sulla stima dei parametri.

Inoltre, la valutazione di un errore tramite l’accorpamento di effetti di interazione può risultare

quantomeno uno svantaggio nell’ambito della RSM, laddove si desidera valutare un Robust-Design.

Per illustrare quanto detto si noti che il modello statistico (4.10) può essere espresso nella seguente

forma matriciale:

y ∼ N(µ(x,β), V) (4.11)

dove µ(x,β) rappresenta E(y) in (4.10) e la matrice V è la matrice di varianza-covarianza per y. Da

quanto detto in precedenza, entro ogni whole-plot le osservazioni non sono indipendenti, ma hanno

in comune σ2δ. Al contrario, osservazioni appartenenti a due diversi whole-plots sono indipendenti.

La struttura della matrice V è la seguente:

V= (4.12)

⎟⎟⎟⎟⎟

⎜⎜⎜⎜⎜

aT

TT

LL

MMMM

L

L

0

0000

2

1

dove Ti= σ2Ibxb + σ2δ 1bx1*1’1xb e V=[ab x ab].

Lo stimatore di β, vettore b, non è pertanto espresso tramite il metodo OLS, ma tramite il metodo di

stima Generalized Least Squares, ovvero:

b= (X’V-1X)-1 X’V-1y (4.13)

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si noti che X è la matrice del modello espresso in (4.10) e (4.11); mentre in questo caso, come

accade nella RSM per modelli del II ordine, V≠σ2I. Questo comporta un problema nella stima della

matrice V, in quanto si devono conoscere i valori di σ2δ e σ2. Due sono le considerazioni a questo

riguardo: talvolta è possibile che anche nella RSM si possano utilizzare stimatori OLS; in generale,

le stime di σ2δ e σ2 possono essere ottenute tramite analisi preliminare di screening.

Lucas e Ju (1992) hanno proposto l’idea di replicare ciascun livello dei whole-factors due volte, in

modo da garantire la presenza dei gradi di libertà necessari alla stima della componente di whole-

plot error; inoltre, ulteriori e recenti sviluppi in letteratura hanno contribuito notevolmente

all’inserimento del disegno split-plot nell’ambito di questi disegni e nella RSM, si veda per dettagli

Vining e Kowalski (2004) .

Conclusioni Il presente lavoro ha come scopo principale quello di introdurre in modo semplice ed operativo il

disegno sperimentale split-plot come disegno valido e versatile per la progettazione robusta. A tal

fine si è cercato di illustrare questo piano sperimentale in modo semplice, affiancando la teoria con

esempi che potessero spiegare sia i fondamenti di base dello split-plot, che i suoi sviluppi

congiuntamente al disegno fattoriale frazionale e alle superfici di risposta.

Progettare un disegno robusto non è facile e proprio in questa ottica lo split-plot può essere una

valida alternativa non solo al product-array di Taguchi, che sappiamo essere non idoneo a questo

scopo, ma anche a disegni sperimentali e modelli statistici più complessi, come, ad esempio, al

combined-array.

I recenti sviluppi in letteratura del disegno split-plot avrebbero potuto condurre ad un lavoro molto

più esteso, soprattutto sotto il profilo di rivalutazione metodologica; si deve però sottolineare lo

scopo principalmente didattico del lavoro che ha indirizzato la nostra scelta espositiva agli aspetti

più rilevanti a livello applicativo.

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