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vivere e condividere il nidoLa figura paterna al nido

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Atti convegno “Vivere e condividere il nido. La figura paterna al nido”.Cooperativa Sociale Società Dolce soc. coop.

15 novembre 2008 – Ridotto del Teatro “G. Magnani”, Piazza Verdi 1 - Fidenza (PR).

Pubblicazione atti: giugno 2009

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SALUTO DELLE AUTORITÀ E APERTURA DEI LAVORI

Pietro Segata 9Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce

Giuseppe Cerri 10Sindaco di Fidenza

Annamaria Dapporto 11Assessore alle Politiche Sociali ed Educative per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Emilia Romagna

Gabriele Ferrari 12Assessore alla Scuola della Provincia di Parma

Stefania Miodini 14Referente del Coordinamento Pedagogico Provinciale di Parma

INTRODUZIONE

Caterina Segata 19Responsabile Area Sede Infanzia Cooperativa Sociale Società Dolce

1. I NIDI FIDENTINI COME LUOGOD’INCONTRO E DI PENSIERO

PAPÀ MI ACCOMPAGNI AL NIDO?Il nido visto dai papà. I papà visti dal nido.

Alessandra Sala 25Ricercatrice Università degli Studi di Parma

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LA VOCE DAI SERVIZI

Manuela Lafiandra 48Pedagogista e Coordinatore Responsabile Cooperativa Sociale Società Dolce

2. LETTURE AL PLURALE

COORDINA IL TAVOLO 57

Paolo VaccaroResponsabile Area Nord-Ovest Cooperativa Sociale Società Dolce

“…DAL PUNTO DI VISTA DEL BABBO…”

Paolo Nori 58Scrittore

DALL’APERTURA DEI PRIMI NIDI AD OGGI: I CAMBIAMENTI SOCIALI E CULTURALI DELLA FIGURA PATERNA

Mattia Toscani 69Sociologo Università degli Studi di Parma

L’EDUCATORE AL NIDO: RUOLO, FUNZIONI E GENERE. UN’ESPERIENZA PERSONALE

Marco Fibrosi 80Formatore e progettista interventi formativi

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CONCLUSIONI

Pinì Gennari 95Coordinatore Pedagogico del Comune di Fidenza

APPENDICE

PAPÀ MI ACCOMPAGNI AL NIDO? 101

Il nido visto dai papà. I papà visti dal nido.

GALLERIA FOTOGRAFICA

I relatori 118

Testimonianze fotografiche convegno 120

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SALUTO DELLE AUTORITÀ E APERTURA DEI LAVORI

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SALUTO DELLE AUTORITÀ E APERTURA DEI LAVORI

Pietro Segata

Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce

Buongiorno.Ringrazio tutti voi per essere presenti oggi, in questo seminario di approfondimento dal titolo“Vivere e Condividere il Nido”.Ogni anno cerchiamo di approfondire alcuni aspetti che coinvolgono le cooperative sociali nellagestione dei servizi per la prima infanzia. Queste iniziative contribuiscono al successo e alla pro-mozione di servizi che, in Emilia Romagna, sono fortemente radicati, ma che hanno bisogno tuttii giorni di essere alimentati da una rete di relazioni e dalla fiducia che i fruitori e le famiglie do-vrebbero avere nei confronti delle istituzioni che le propongono.Il tema che oggi affronteranno i relatori è quello relativo alla figura paterna al nido, che ritengocomplesso e, nello stesso tempo, molto attuale. Cercando di entrare nel merito della questione sipuò talvolta osservare come, nel momento della prima infanzia, il padre cerchi di nascondersi die-tro la maggiore responsabilità che in questa fase di vita del bambino inevitabilmente grava sullamadre. Un ruolo, quello del padre, che ancora oggi, spesso, emerge soltanto successivamente.Penso che ci siano sicuramente barriere di natura culturale da superare e condizioni sociali edeconomiche che talvolta impongono questo “set” che vede la madre più impegnata e più pre-sente nella vita del figlio e il padre più marginale, di contorno.Ci sono ragioni di natura sociale ed economica per cui oggi, in una logica condivisa all'internodella famiglia, si decide che ad astenersi dal lavoro è la madre, mentre il padre continua ad esse-re impegnato pienamente. La retribuzione in caso di astensione facoltativa risponde al 30% del-lo stipendio che una persona percepisce e questo è un grosso freno rispetto al fatto che in unafamiglia o in una coppia, il padre rinunci a gran parte della sua retribuzione per dedicare tempoal proprio bambino.Sono convinto che, se verranno rimossi alcuni vincoli e alcune barriere dal punto di vista cultura-le economico e sociale, sicuramente otterremo quello che è il vero rapporto di sussidiarietà tra ilpadre e la madre nell'accompagnamento in queste prime esperienze d’incontro che hanno i no-stri bambini con le istituzioni.

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Questa mattina ho il compito di introdurre i saluti delle autorità che ringrazio di essere qui oggicon noi e che presento: il Sindaco di Fidenza Giuseppe Cerri, l’Assessore Regionale per l'infanziaAnnamaria Dapporto, Gabriele Ferrari, Assessore in Provincia e Stefania Miodini, nostro riferi-mento nel Coordinamento Provinciale.Quest'anno abbiamo scelto Fidenza, dopo la positiva esperienza di Cesena, perché abbiamocondiviso con l’Amministrazione Comunale un’esperienza molto soddisfacente. Siamo riusciti a realizzare, in finanza di progetto, un servizio rivolto alla prima infanzia molto im-portante per il Comune: il nido d’infanzia “Il Girotondo”. É un'esperienza che ha visto entrambi iprotagonisti collaborare e cooperare alleati per ampliare questi servizi e riqualificare l’offerta.Infatti, il nido d’infanzia “il Girotondo”, storico servizio per l'infanzia del Comune di Fidenza situatoin una zona centrale, ha visto una sua nuova vita dopo l'inaugurazione avvenuta a gennaio 2008.Ringrazio tutti e passerei la parola al Sindaco di Fidenza.

Giuseppe Cerri

Sindaco di Fidenza

Buongiorno a tutti.Un saluto particolare ad Annamaria Dapporto e a Gabriele Ferrari. Un ringraziamento particolarealla Cooperativa “Società Dolce” che ha scelto Fidenza per svolgere questo convegno.Questo è un importante momento d’incontro nel quale affronteremo un tema particolare e si-gnificativo che metterà in evidenza il ruolo del padre nell’educazione dei figli.Verrà messo in rilievo anche un istituto fondamentale della nostra società che è la famiglia, vistacome nucleo significativo nel quale si fonda l’evoluzione e la storia dell’uomo e della società.Oggi verrà approfondito il ruolo del padre all’interno di questo contesto, al di là di situazioni le-gislative e di carattere economico, che sono comunque sempre più preoccupanti nei giorni chestiamo vivendo.La famiglia ha bisogno di sostegni, non solo economici, per poter essere in grado di educare almeglio i propri figli e di avere la possibilità di sviluppare serenamente i rapporti di convivenza al-l’interno del proprio nucleo.Vorrei sottolineare l’impegno che l’amministrazione comunale sta facendo in questa direzione,dimostrato in modo concreto, con l’apertura del nido “Girotondo”.Il “Girotondo” è un nido d’infanzia che funziona e vorrei esprimere un apprezzamento ed un ringrazia-mento verso tutti gli operatori che operano all’interno delle nostre strutture e che svolgono con profes-sionalità, capacità, impegno e dedizione la propria attività all’interno di questi servizi diventando, inoltre,supporti necessari allo sviluppo dell’armonia e della collaborazione anche all’interno della famiglia.Grazie.

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Annamaria Dapporto

Assessore alle Politiche Sociali ed Educative per l’Infanzia e l’Adolescenza della

Regione Emilia Romagna

Buongiorno a tutti. Saluto il Sindaco di Fidenza, Giuseppe Cerri, le autorità presenti e tutti i parte-cipanti. Con interesse per il tema proposto ho accolto l’invito del Presidente della Coop.va DolcePietro Segata.Il convegno di oggi affronta da una prospettiva, direi originale, il tema delle politiche famigliari edella rete dei servizi dedicati alla prima infanzia. Il tema dell’educazione dei figli, soprattutto neiprimi anni di vita, è in genere strettamente legato al ruolo e alla figura femminile.In questi ultimi anni, mutamenti sociali e culturali hanno sviluppato una maggiore consapevolez-za e coinvolgimento del ruolo maschile nell’educazione dei bambini. Per fortuna, nelle famiglie dioggi la figura maschile è maggiormente coinvolta e partecipe nella crescita dei propri figli. Ciòrappresenta una conquista culturale e pedagogica, in quanto è dimostrata l’importanza per la for-mazione dei bambini di avere già nei primi anni di vita una figura maschile di riferimento.Personalmente, ritengo che anche il padre abbia un ritorno positivo da questa situazione. Per i pa-dri, la relazione e il tempo passato con i propri figli, soprattutto nei primi anni di vita, sono un mo-mento di tenerezza, di gratificazione, di amore di cui devono fare tesoro e custodire nel propriocuore, perché irripetibili. Su questo avremo modo di ascoltare i contributi nel corso della mattinata.Venendo al tema dei servizi e della figura paterna, ci tengo a sottolineare come nella nostra re-gione dagli anni 90 i servizi per l'infanzia furono individuati come ambiti nei quali prestare un'at-tenzione particolare alla valorizzazione delle differenze, anche quelle di genere, facendo dellapedagogia interculturale un’occasione per aumentare la consapevolezza delle potenzialità con-nesse all’esercizio della paternità e maternità nella sua specifica e originale espressione.Le prime considerazioni da cui prese spunto la riflessione furono le stesse, ancora valide oggi,che una maggiore partecipazione degli uomini alla cura e all’educazione dei bambini comportamodificazioni nella definizione dei ruoli che vanno senza dubbio rinegoziati, ma non implica lafusione in un'unica identità dove la dominanza sia quella materna, con un profilo, quello del pa-dre, che si trasforma nel cosiddetto “mammo”. In alcuni comuni dove da più tempo si erano avviati servizi e avevano già consolidato un progettopedagogico, la Regione Emilia-Romagna propose la costituzione di gruppi misti (padri, educatori,coordinatori pedagogici e madri, educatrici, coordinatrici pedagogiche) disponibili a riflettere, apartire dalla propria appartenenza di genere, ma anche dalla esperienza della maternità e pater-nità, per molti appena inaugurata, sugli elementi comuni o sulle diversità sperimentate, mettendodapprima in comune i vissuti all'interno di incontri "dialogati" tra maschi e femmine, e poi condi-

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videndoli in gruppi misti allargati alla presenza di un coordinatore esperto esterno ai servizi.Mentre i progetti hanno trovato nel tempo diverse modalità di realizzazione, nel 2000 gli effettidel fermento, prodotto anche con iniziative di questo genere, hanno consentito la nascita dellalegge n. 53 recante “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto al-la cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”, la cui applicazione rimaneancora oggi una sfida aperta a tutti i soggetti istituzionali e non, coinvolti in queste tematiche.Certo l’evento odierno dà continuità a questa riflessione e la rende matura ad un confronto an-che nei centri per le famiglie che nel frattempo hanno perfezionato i loro interventi sul tema delsostegno alla genitorialità, facendo dei servizi per la prima infanzia e dei centri luoghi di elabora-zione culturale attorno alla crescita e all'educazione dei bambini e delle bambine.

Pietro Segata

Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce

L’assessore Dapporto con il suo intervento mi ha ricordato che spesso i papà che hanno persol’occasione di dedicare tempo ai propri figli successivamente rimpiangono il tempo perduto epiù tardi, quando diventano nonni, si concentrano con grande entusiasmo e maggiore consape-volezza sui nipoti.Vorrei ricordare che “l’anno in famiglia” è un contributo che coincide con l’astensione facoltativae quindi è un contributo economico che può essere utilizzato nel caso si faccia la scelta, per ilprimo anno di vita, di tenere il bambino in famiglia. Questo contributo è stato esteso anche ai padri e non solo alle madri provocando un “salto” cul-turale di rilievo. È una formula che può permettere ad una famiglia di non essere deprivata delproprio reddito perché va a integrare quello a disposizione.

Gabriele Ferrari

Assessore alla Scuola della Provincia di Parma

Un saluto e un ringraziamento al Presidente Segata e alla Cooperativa “Società Dolce” per questoappuntamento importante. Un saluto particolare al Sindaco Giuseppe Cerri e all’Assessore regio-nale Dapporto. Un ringraziamento particolare alla dott.ssa Miodini per il prezioso lavoro svoltoinsieme a tutti i componenti del coordinamento pedagogico provinciale e dei coordinamentiterritoriali e comunali. Temo che tra un po’ la perderemo poiché sarà a breve destinata ad un in-

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carico importante in una ASP della provincia, ma credo che nel suo caso la competenza e la qua-lità saranno sufficienti a sopperire il minor tempo a disposizione.Questo convegno propone un tema molto bello che mi ha fatto pensare ad alcuni episodi dellamia vita. Ho un figlio grande, perciò appartengo a quella generazione di padri che hanno sem-pre detto: “l’importante con i figli è avere un rapporto qualitativo, non quantitativo”; una scusa ba-nale che ci raccontiamo e che le madri sono brave a confutare. Ho bei ricordi perché quando mio figlio era piccolo presi un mese di aspettativa ed ho avuto l’occa-sione di far tutto ciò che di solito fanno solo le madri. È stato il mese più importante della mia vita per-ché è stata l’occasione di stare davvero in sintonia con un figlio, quello che a noi padri manca tanto. Questa riflessione, che mi capita per la prima volta di affrontare in un convegno, credo sia legataad un tema davvero importante. Negli ultimi anni le cose sono cambiate nel senso che i padri so-no molto più presenti di quanto non lo fossero un tempo. Non c’è dubbio che la madre oggi sia ancora il componente della coppia che sopporta in tutti isensi il carico maggiore; credo, però, che il fatto di discutere del ruolo paterno sia una modalitàper eliminare, o almeno cercare di ridurre, alcuni stereotipi ed affrontare in modo profondo l’im-portanza per un bambino di avere presenti i due componenti della famiglia.Grazie alla buona collaborazione con la regione, ma soprattutto con le amministrazioni locali, icomuni e coloro che operano in questo settore, in questi ultimi anni, sono state investite circaquattro milioni di risorse destinate a questo territorio. Sono stati aperti ed allargati servizi per 600 bambini in più, un investimento strategico e impor-tante per la famiglia e per nostro il futuro perché quello che facciamo per i nostri bambini nellaprima fase della vita sarà per loro fondamentale nel corso della crescita.Il tema scelto è fortemente educativo e straordinariamente importante dal punto di vista forma-tivo ed educativo. L’asilo nido è un servizio che ha una valenza importane per le famiglie che devono avere la pos-sibilità di accedervi per poter, ad esempio, consentire al padre e alla madre di andare a lavorare,cosa sempre più complicata oggi dato che le reti parentali sono cambiate nel tempo. È mia intenzione sottolineare che nel nostro territorio l’obiettivo è quello d’investire sempre piùrisorse in questo ambito e il vostro è quello per cui vi siamo sempre grati.

Pietro Segata

Presidente Cooperativa Sociale Società Dolce

Ringrazio l’assessore perché quando ho letto il tema del convegno ho cercato di ricordare qualifurono stati i momenti trascorsi con mio figlio quando era molto piccolo, rivivendo nella mia

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mente anche i momenti critici, quelli in cui si è soli e si deve cercare di risolvere ogni tipo di pro-blema legato alla gestione della vita familiare.Cedo la parola a Stefania Miodini che ci ha accompagnati in tante iniziative; il suo intervento faràda introduzione all’approfondimento tecnico che verrà affrontato oggi.Grazie.

Stefania Miodini

Referente del Coordinamento Pedagogico Provinciale di Parma

Buongiorno a tutti.Anch’io sento, non tanto l’obbligo, ma la volontà di ringraziare sia la Cooperativa “Società Dolce”che l’Amministrazione per poter essere qui con voi oggi come riferimento del coordinamentopedagogico provinciale che ho accompagnato per circa quattro anni di attività. È stato un accompagnamento periodico dato che prima svolgevo un altro incarico come re-sponsabile dei servi sociali, ma devo dire che i due ambiti non sono così incompatibili.In realtà l’uno ha travasato l’altro e, anzi, credo che l’esperienza del lavoro di coordinamento pe-dagogico mi abbia permesso, rispetto al mio ruolo di responsabile dei servizi sociali, di tenerconto maggiormente di tutta una parte di servizi che comunque non sono legati strettamente alsociale perché sono “normali”, ma dove comunque inizia l’attività del percorso lavorativo e dovesi può anche prevenire tutto quello che poi può accadere in tempi successivi.Rispetto all’attività dei nidi abbiamo potuto, e credo che nel distretto di Fidenza siano state fatteproprio delle esperienze molto interessanti in questo senso, vivere in modo più corposo quelloche la regione ci ha indicato e di mettere insieme, nell’attività dei piani zona, tutti i settori com-prendendo sia il sociale che l’educativo. Mi viene da citare il progetto “teniamoci per mano”: è un progetto importante, nato qui a Fiden-za, anche se esisteva prima dei piani di zona, che in questi ultimi anni è stato valorizzato e rico-nosciuto proprio come percorso che diventa preventivo rispetto al futuro. Questo modo di percepire l’attività all’interno dei sevizi credo che sia entrato nel coordinamentopedagogico e che questo di conseguenza abbia permesso a livello provinciale d’iniziare a lavo-rare maggiormente in questa direzione, non perché sia un impegno “impossibile”, ma perché itempi e i modi dell’ambito sociale spesso fanno fatica ad incontrarsi. Credo che questa modalità sia permeata anche se rimane faticosamente operativa nei territoripiù vasti. Questo aspetto, che ha caratterizzato un po’ il lavoro di questi anni del coordinamento, non è l’u-nico. Ci si è occupati in questi anni di svolgere un lavoro importante nel mettere insieme istanze

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molto diverse che sono aumentate: mentre 20 anni fa quando è partito il coordinamento peda-gogico sostanzialmente si poteva parlare solo di servizi pubblici, in questi ultimi anni si può par-lare di progressiva collaborazione tra servizi pubblici e servizi privati e non solo: anche il privatosvolge la sua vita negli ambiti educativi.Il coordinamento pedagogico negli ultimi anni ha fatto un grande sforzo per cercare di omoge-neizzarsi, confrontarsi e lavorare in condivisione; negli ultimi 20 anni ognuno ha portato le pro-prie esperienze permettendo così un lavoro di gruppo costante, attivo e molto stimolante.In occasione del convegno regionale, organizzato lo scorso anno in provincia di Parma, c’eravamoorientati, come coordinamento pedagogico, principalmente su temi riguardanti le modalità direlazione; tematiche queste ultime già affrontate al nostro interno tramite discussioni sui ruoli,sulle funzioni dell’adulto nei confronti dei bambini, cercando di tener conto di tutte le diversitàlegate ai ruoli genitoriali e culturali. E’ un percorso appena intrapreso che porterà, forse, verso futuri momenti d’incontro a livello re-gionale che dovrebbero approfondire ulteriormente questi importanti temi.Ad esempio, nel corso di una discussione con l’équipe del coordinamento pedagogico relativa-mente al significato di essere genitori è emersa la seguente riflessione, spunto poi d’ulteriore ap-profondimento: essere genitori è fare le stesse cose, essere uguali? Cosa vuol dire essere genitori cer-cando di esserlo insieme durante lo sviluppo e la relazione con il figlio, nel rapporto col nido e con lestrutture che “contaminano” la genitorialità in senso positivo? Essere mamme e papà vuol dire averegli stessi ruoli oppure assumersene diversi? Condividere tutto o permettersi degli spazi di differenza?Questo è il nucleo della discussine ancora aperto oggi.La relazione affettiva di due adulti che stanno insieme, nei confronti del loro bambino, non neces-sariamente deve essere espressa con le stesse modalità poiché, altrimenti, si genera confusione.Un ruolo paterno e un ruolo materno coesistono e si completano accompagnandosi l’uno conl’altro, cercando di mettere insieme quello che ad un bambino serve durante il processo educati-vo, sia dal punto di vista pedagogico, sia dal punto di vista psicologico e relazionale. Vi lascio con queste piccole idee che si svilupperanno nella seconda parte della mattina e con unbreve racconto che nasce da un momento d’incontro del coordinamento pedagogico, che si svi-luppa intorno ai ruoli paterni e materni.

Era una limpida e calda giornata di giugno quando venne alla luce il terzo figlio di Pataria e Ruc. Avevadue grandi occhi azzurri che sembravano stelle luminose, i capelli scuri ricordavano quelli dei genitori. Secondo le abitudini dei nomadi in quei tempi lontani, il neonato fu lavato da Auda. Una donna del gruppo aveva in precedenza scavato un buco nella terra e lo aveva riempito d’acqua.Questo rito era importante per rendere puro il piccolo.Lo cosparsero poi di olio per fortificarlo, gli misero al collo un amuleto per proteggerlo dagli spiriticattivi e solo allora fu avvertito il padre che venne dal suo carro alla tenda.

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Per vedere la moglie doveva riconoscere il figlio e il neonato fu ricoperto da una camicia che già ave-va portato Rut per significare che tutti e due appartenevano a lui – quindi non il bambino che ap-partiene ai genitori, ma i genitori che appartengono al bambino –.La madre lo mise in terra, Ruc lo alzò al cielo mettendogli al collo un filo rosso. Con questo atto egli dichiarò di riconoscersi come padre. Per gli zingari la terra è simbolo di fertilità e forza per questo il neonato veniva messo per terra; dallaterra infatti nasce la vita.

Grazie.

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INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

Caterina Segata

Responsabile Area Sede Infanzia Cooperativa Sociale Società Dolce

Come sappiamo, il Nido e i servizi rivolti alla prima infanzia in genere sono, nella storia della no-stra regione, un’istituzione educativa e sociale di grande rilevanza, che risponde da un punto divista sia qualitativo che quantitativo ai bisogni dei bambini e delle famiglie. Le finalità di questiservizi, come ci dice la legge regionale (Legge RER 1/00 e ss mm e ii), sono:

a. la formazione e la socializzazione dei bambini nella prospettiva del loro benessere psicofisicoe dello sviluppo delle loro potenzialità cognitive, affettive, relazioni e sociali;

b. la cura dei bambini che comporti un affidamento continuativo a figure diverse da quelle pa-rentali in un contesto esterno a quello familiare;

c. il sostegno alle famiglie nella cura dei figli e nelle scelte educative.

Il nido è quindi un luogo di relazioni tra adulti e adulti, tra adulti e bambini e tra bambini e bam-bini. E’ il luogo dove i bambini fanno la prima esperienza di socializzazione esterna alla famiglia,dove incontrano persone, esperienze, storie in un momento molto importante e al contempodelicato della loro vita.

“Vivere e condividere il nido. La figura paterna al nido” rappresenta uno dei contributi alla rifles-sione sempre aperta sui servizi educativi rivolti all’infanzia e sui fenomeni sociali che li interessa-no. “Vivere e condividere il nido” è il titolo che la cooperativa ha scelto di dare a questi momentidi riflessione e confronto, a cui di volta in volta segue una declinazione specifica sull’aspetto checi proponiamo di indagare.

Oggi presentiamo la seconda puntata di un ciclo. Il primo seminario si è tenuto a Cesena due an-ni fa e, come alcuni ricorderanno, in quel caso il tema specifico era dedicato ai bambini e alle fa-miglie straniere.

La cooperativa gestiva e tuttora gestisce sul territorio di quella provincia alcuni nidi d’infanzia eallora si ritenne pregnante, per la storia e le caratteristiche di quei servizi, affrontare il tema del-l’esperienza al nido dei bambini e delle famiglie che provenivano da altri paesi.

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Oggi qui a Fidenza, territorio nel quale Società Dolce è presente da una decina di anni, la nostraattenzione si rivolge al ruolo della figura paterna al nido.Le prime domande che mi sono posta nel pensare a come introdurre questo tema sono state: • cosa penso io? • che rappresentazione ho della figura paterna al nido? • qual è stata la mia esperienza?La mia esperienza è quella di una mamma che ha accompagnato i propri figli nell’esperienza diinserimento al nido, di una donna che ha condiviso con il padre dei suoi figli questa esperienza,di una donna che si è confrontata con altre donne (le educatrici, le altre mamme, le nonne...) sul-le diverse rappresentazioni della figura paterna.A fronte della mia esperienza ritengo oggi molto importante interrogarsi e confrontarsi su comei padri vivono l’esperienza del nido e come viceversa è vissuta la presenza dei papà al nido, con-testo, come vedremo, caratterizzato - o per usare un verbo ancora più forte (usato in una dellerelazioni che seguiranno) “profondamente marcato” - al femminile.

Come sapete o come è facile intuire, a lungo le riflessioni all’interno dei servizi si sono focalizzatesulla coppia mamma/bambino, sul loro attaccamento e sulla rilevanza di questa relazione nell’in-contro con il nido… come sarà detto tra poco, al nido si pensa che giunga una coppia, la mam-ma e il bambino.E i papà? I papà - credo sia un’esperienza di molti - sono oggi molto più presenti rispetto al pas-sato già nei primi anni di vita dei loro bambini. Se penso ai papà che conosco posso individuareun continuum con due forti polarizzazioni caratteristiche, con in mezzo mille sfumature di grigio:• da un lato i padri che assolvono con naturalezza a tutte le funzioni di “maternage” senza biso-

gno di considerarsi degli eroi;• dall’altro i papà che invece portano avanti il modello dei loro padri scegliendo ancora di dele-

gare in toto alla mamma il compito di accudire ed educare i figli nei primi anni di vita dedican-dosi anima e corpo al lavoro.

Convivono oggi, come metteranno in luce le relazioni che seguiranno, più modi e modelli di in-terpretare il ruolo di padre. In ogni caso “il modello dei nostri padri” ha subito profonde trasfor-mazioni, sulle quali riteniamo sia ora di porre la nostra attenzione.

L’approccio che abbiamo scelto nell’affrontare un tema così complesso e ricco di significati èquello multidisciplinare. Abbiamo quindi cercato di guardare al fenomeno da diversi punti di vi-sta, nella speranza di offrire, più che risposte, spunti di riflessione che possano aiutarci ad inqua-drare e focalizzare meglio la tematica, ponendoci nel nostro lavoro quotidiano domande semprepiù mirate.Il programma di questa giornata è ricco di contributi scientifici ed esperienziali.

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Il primo contributo ci viene offerto da una psicologa, Alessandra Sala, che ha realizzato in colla-borazione con il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Parma e il Comune di Fidenza la ri-cerca dal titolo “Papà mi accompagni al Nido?...” Il nido visto dai papà. I papà visti dal nido”. Ci pre-senterà i risultati di questa ricerca che ha visto coinvolti i bambini, i genitori e le educatrici chenell’anno educativo 2005/2006 frequentavano o operavano nei Nidi d’Infanzia del Comune di Fi-denza. La ricerca, oltre al merito di avere focalizzato il tema della relazione padri/bambini al nido,ci restituisce attraverso un’indagine sistematica la “voce dei padri” ascoltati e osservati nelle inte-razioni quotidiane con i loro figli all’interno del nido.A questo, per completezza di indagine, si è aggiunto il contributo delle mamme e delle educatri-ci che hanno potuto esprimere i loro vissuti rispetto al ruolo dei padri.

Seguirà l’intervento della pedagogista, Manuela Lafiandra, Coordinatrice Responsabile di SocietàDolce. L’intervento di Manuela - dal titolo molto esplicativo “Voce dai Servizi” – è il frutto di un la-voro di riflessione e condivisione con le educatrici che operano nei servizi.Ciò che più mi ha colpito della relazione di Manuela è la capacità di queste educatrici di riflettereponendosi in una posizione di grande apertura, di messa in discussione e di desiderio di amplia-re il loro sguardo per poter rispondere sempre meglio alle esigenze delle famiglie e a come essecambiano nel tempo. Un approccio senza pregiudizi o meglio una disponibilità al cambiamento,a riconoscere le diversità, che ritengo fondamentale per declinare sempre con maggiore acutez-za le proprie azioni educative quotidiane.

Paolo Nori ci racconta e si racconta da papà, o meglio da babbo di Irma. Paolo Nori un artista,uno scrittore che ha fatto scelte di vita originali e avuto esperienze non comuni. Nasce a Parma45 anni fa, come primo lavoro fa il ragioniere in contesti difficili… come l’Algeria e l’Iraq poi…torna in Italia e si laurea in Lingua e Letteratura Russa e inizia altri percorsi.Dico solo della sua produzione letteraria: nel ‘99 viene pubblicato il suo primo romanzo “Le cosenon sono le cose” a cui ne seguiranno altri 16 fino ad adesso… una media di quasi 2 romanzi al-l’anno! Ho comprato quello che pensavo fosse il suo ultimo libro (“Mi compro una gilera” edizio-ni Feltrinelli) e ieri sera ho scoperto che ne era uscito appena un altro “Baltica 9. Guida ai misterid'oriente” scritto insieme a Daniele Benati…

Il quarto contributo ci viene offerto da Mattia Toscani, docente di Sociologia dell’Educazione edei Processi Culturali presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Parma. L’intervento di To-scani ci aiuterà:• a fare chiarezza sull’evoluzione della figura paterna nella nostra società nel passaggio dalla ci-

viltà contadina ai giorni nostri;• a mettere in fila esperienze che forse fanno parte anche dei nostri vissuti familiari in quanto l’e-

voluzione di cui ci parlerà ha attraversato poche generazioni;

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• a capire come la figura maschile del padre cambi in relazione ai cambiamenti negli assetti fon-danti la nostra società: il mondo del lavoro, l’altra parte del cielo e cioè il ruolo della donna nellasocietà e nel mondo del lavoro, l’evoluzione dei diritti e l’evoluzione culturale che offrono nuo-ve e diverse rappresentazioni dell’uomo e del padre.

L’ultimo contributo alla nostra riflessione, prima delle conclusioni, ce lo offre Marco Fibrosi, peda-gogista che può vantare una lunga e ricca esperienza di vita e di lavoro come educatore/uomonei nidi. Si tratta di una esperienza rara, direi ancora assolutamente marginale, nella storia deiservizi rivolti alla prima infanzia.L’esperienza ventennale di Marco come educatore ha inizio alla fine degli anni settanta e terminaalla fine degli anni novanta, ma la presenza di educatori nei nidi e nei servizi rivolti alla prima in-fanzia è rara ora come allora. Erano e sono tuttora contesti, come abbiamo già detto, fortementecaratterizzati al femminile, dove l’uomo come padre o come educatore può sentirsi “fuori luogo”.Marco ci offre una lettura della sua esperienza che mette in luce le difficoltà, i tempi necessariper osservare e riflettere su se stessi e sugli altri e quindi ripensare e ricostruire il proprio ruolo ela propria funzione.

A questo proposito mi preme sottolineare l’importanza che viene riconosciuta nell’ambito deiservizi rivolti alla prima infanzia alla riflessione, al confronto e alla formazione delle educatrici edegli educatori e tra di loro. Chi opera nei nidi dedica infatti una parte importante del suo tem-po/lavoro all’analisi e al confronto delle esperienze, alla condivisione dei vissuti e delle emozioni,all’individuazione e condivisione di strategie educative. Credo che ciò rappresenti la miglior ga-ranzia che possiamo offrire alle famiglie e ai bambini.

Le conclusioni a Pinì Gennari, pedagogista del Comune di Fidenza che ci aiuterà a ricucire i varicontributi rilanciando spunti per riflessioni future.

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1. I NIDI FIDENTINI COME LUOGOD’INCONTRO E DI PENSIERO

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1. I NIDI FIDENTINI COME LUOGOD’INCONTRO E DI PENSIERO

“PAPÀ MI ACCOMPAGNI AL NIDO?…”Il nido visto dai papà. I papà visti al nido

Alessandra Sala

Ricercatrice Università degli Studi di Parma

OBIETTIVIIl contesto Asilo Nido, essendo nella maggior parte dei casi la prima esperienza di socializzazioneda parte dei bambini, o meglio la prima occasione di "uscita" dalla famiglia e della famiglia, rap-presenta uno spazio interessante per osservare le dinamiche interattive non solo tra bambini,ma anche tra genitore e figlio, in momenti così significativi dal punto di vista psicologico, quali la“separazione" con il genitore e il "ricongiungimento". Questi eventi che avvengono ogni giornotra madri e bambini e tra padri e bambini sono altamente importanti al fine dello strutturarsidelle modalità relazionali e della sicurezza emotiva del bambino, nei termini di una graduale ca-pacità di regolare e di fare fronte alle proprie emozioni positive e negative.I padri iniziano ad occupare uno spazio sempre maggiore all’interno del sistema Asilo Nido e lo fan-no con modalità proprie, con le proprie percezioni, emozioni, cognizioni. Il ruolo che giocano in rap-porto all’esperienza del Nido dei propri figli sta perdendo marginalità; essi cominciano, non solo adessere visibili, ma ad interagire attivamente nei processi relazionali e nelle dinamiche quotidiane.Il ruolo del padre nelle strutture per l'infanzia è una tematica di cui spesso si parla tra gli addettiai lavori, tuttavia poco indagata in modo sistematico. Riuscire a capire meglio la relazione padri-Nido, e in particolare la relazione padri-bambini al Nido, può offrire elementi importanti agli ope-ratori e alle famiglie per poter "pensare questa relazione".A partire da queste riflessioni l'obiettivo di tale progetto di studio è stato proprio quello di "darevoce" ai padri al fine di capire la complessa relazione tra padri e Asilo Nido. In particolare, ci si èproposti di ascoltare e osservare i padri nelle loro modalità di relazionarsi con i bambini all'internodell'Asilo Nido a vari livelli, e anche di ascoltare le madri e le educatrici rispetto al ruolo dei padri.

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Nello specifico gli obiettivi del progetto sono stati:1) osservare la relazione padre-bambino nei momenti dall'accoglienza e del ricongiungimento;2) evidenziare le percezioni e le emozioni dei padri e delle madri nei confronti dell'Asilo Nido

nei suoi diversi aspetti;3) fare emergere le percezioni e le emozioni delle educatrici nei confronti dei padri e delle madri.

METODOLOGIAPer indagare la relazione padre-bambino è stata utilizzata una procedura osservativa, in partico-lare sono state osservate 7 diadi padre-bambino, dopo aver ottenuto la disponibilità dei padristessi a collaborare alla ricerca. I 7 bambini frequentano i Servizi Nidi d’Infanzia del Comune di Fidenza: Albero Magico (3 bambi-ni: due femmine e un maschio che all’inizio della ricerca avevano 35, 23 e 16 mesi); Spazio Bimbi(1 bambino di 32 mesi) e Aquilone (3 bambini:due maschi di 13 e 16 mesi, e una femmina di 28mesi). Tra i Papà osservati insieme ai propri bambini, tutti e 7 accompagnavano regolarmente ibambini al Nido, la situazione era più differenziata al ricongiungimento.

Per ogni bambino sono state effettuate 10 osservazioni dal mese di Gennaio al mese di Maggio2006. Sono stati scelti due momenti ritenuti particolarmente significativi per la relazione genito-re-bambino al Nido: la “separazione” all’accoglienza del bambino al Nido, e il “ricongiungimento”nel momento della conclusione della giornata. Sono inoltre stati osservati i momenti immediata-mente successivi alla separazione e precedenti al ricongiungimento (circa mezz’ora di osserva-zione ciascuno) al fine di osservare i comportamenti del bambino nella quotidianità della suaesperienza al Nido dopo “il saluto” con il genitore e durante l’attesa del genitore. Al fine di otte-nere misure confrontabili e quantificabili, le osservazioni effettuate sono state di volta in voltacodificate attraverso l’ausilio di griglie di osservazione (vedi Appendice). Tali griglie sono statecostruite appositamente in seguito ad un periodo di osservazione descrittiva preliminare. Le gri-glie comprendono numerose voci relative agli aspetti comportamentali ed emotivi della relazio-ne padri-bambini al Nido. Accanto ad una codifica più “quantitativa” dei dati raccolti, si è ritenutofondamentale affiancarne una maggiormente descrittiva. Ampio spazio è stato infatti previstoper i commenti e descrizioni di ordine qualitativo al fine di arricchire le osservazioni di particolarie dettagli che consentissero l’emergere delle peculiarità dei percorsi, dei cambiamenti, e delleesperienze uniche e speciali delle singole diadi.

Il secondo ambito di indagine consiste nell’ osservazione di alcuni aspetti della competenza so-ciale dei bambini all’interno del contesto Asilo Nido. La competenza sociale dei bambini è stata

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osservata attraverso la compilazione da parte delle educatrici della sezione frequentante il bam-bino di un questionario a risposta chiusa (D’Odorico, 1998), le cui voci descrivono comportamentiosservabili durante le attività proposte quotidianamente al Nido. Il questionario è stato compilatoseparatamente sia dall’educatrice di riferimento del bambino che dall’educatrice non di riferi-mento, al fine di ottenere una descrizione della competenza sociale del bambino più completa,raccolta da punti di vista molteplici. Nel totale le educatrici coinvolte in questa fase sono state 15.

Per quanto concerne le percezioni, le emozioni dei padri nei confronti dell’Asilo Nido, è statosomministrato un questionario appositamente strutturato (vedi Appendice). Tale questionarionon è stato consegnato solo ai padri che hanno partecipato alla parte osservativa della ricerca. Siè ritenuto infatti di maggior interesse somministrare tale questionario a tutti i genitori, madri epadri, dei bambini frequentanti tutti e tre gli Asili Nido di Fidenza. Tale decisione ha avuto perobiettivo quello di coinvolgere e rendere partecipanti attivi al progetto in corso tutti i genitori, edi conoscere e valutare le percezioni e le emozioni di tutti coloro che frequentano il Servizio. Ilquestionario ha forma anonima ed è stato richiesto a padri e madri di compilarlo separatamenteal fine di rilevare eventuali differenze. La finalità del presente questionario è quella di conoscere ivissuti e gli atteggiamenti dei genitori nei confronti del Nido, di capire quali emozioni provino,quali atteggiamenti assumano e quali comportamenti mettano in atto quando accompagnano ipropri bambini al Nido, quale sia la percezione di mamme e papà rispetto al ruolo delle educatri-ci e quale la percezione del proprio rapporto con esse. Il questionario infatti contiene un insiemedi item finalizzati a far emergere le abitudini dei genitori nell’accompagnare o andare a prende-re i bambini al Nido (es. chi solitamente accompagna il bambino; chi solitamente lo va a prende-re; quali i motivi di tale organizzazione ecc..) , altri relativi alle emozioni e ai comportamenti mes-si in atto dal genitore in particolare nei momenti della separazione col proprio bambino e al ri-congiungimento, altri ancora relativi alla percezione del genitore del proprio rapporto con leeducatrici che si traduce nelle emozioni, sentimenti, atteggiamenti e modalità comportamentalivissute e messe in atto nel relazionarsi ad esse negli stessi momenti citati precedentemente (se-parazione e riconsegna). I genitori che hanno partecipato alla compilazione del questionario so-no stati 148, di cui 72 Papà e 76 Mamme.

Infine, con l’obiettivo di conoscere le percezioni e le emozioni delle educatrici nei confronti deipadri, è stato loro somministrato un altro questionario costruito appositamente (vedi Appendi-ce). Il questionario delle educatrici contiene una serie di domande che possiamo definire “sim-metriche” rispetto a quelle presenti nel questionario dei genitori. Gli item infatti vertono sullemedesime tematiche e si concentrano sugli stessi aspetti affrontati nel questionario dei genitori,ciò che cambia è il punto di vista raccolto, che in questo caso è quello delle educatrici. Tutte le 18educatrici operanti nelle 3 strutture coinvolte hanno compilato il questionario.

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RISULTATI E ALCUNE CONSIDERAZIONI

PUNTO DI VISTA DEI GENITORI

EMOZIONI E PERCEZIONIPer quanto riguarda la domanda relativa all’accessibilità al Nido (domanda 4), in cui si richiede aigenitori per quali motivi non accompagnano i propri figli all’Asilo, emerge dall’analisi delle fre-quenze che gli impedimenti lavorativi sono la motivazione maggiormente diffusa, e che chieden-do loro quali potrebbero essere i possibili rimedi che gli permetterebbero di accompagnare il/lafiglio/a all’Asilo emerge che la maggior parte richiederebbe una maggiore flessibilità dell’orario dilavoro (42 genitori su un totale di 72 risposte).

Relativamente alle parole che i genitori associano al pensiero dell’Asilo Nido frequentato dal fi-glio emerge che in generale, le parole associate al Nido sono connotate positivamente (doman-da 1). Entrando maggiormente in dettaglio, emerge che le madri associano più spesso parole ri-ferite all’impatto emotivo rispetto ai padri (es. tranquillità, serenità, amicizia, allegria, calore..), iquali tendono invece ad utilizzare con più frequenza parole riferite a situazioni concrete (es. gio-co, colori, educazione, bambini, divertimento..). Tali risultati sono congruenti con quanto reperibi-le in letteratura, vale a dire la maggior attenzione e il più frequente riferimento delle madri allasfera emotiva rispetto ai padri nella descrizione e interpretazione degli eventi e delle situazioni.

Alla domanda 16, nella quale si chiede ai genitori come si sentono al momento del ricongiungi-mento con il/la proprio/a bambino/a, la grandissima maggioranza risponde felice.

Rispetto all’indice del disagio (domande 10 e 11) emerge che in generale, il momento del distac-co è vissuto sia dai genitori che dai bambini con poco disagio. L’ingresso al Nido dunque, al mesedi Gennaio, è globalmente, per genitori e bambini, un’esperienza serena.

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Per quanto riguarda i sentimenti che mamme e papà provano nei confronti delle educatrici nelmomento dell’accoglienza al Nido, emerge che, in generale, i genitori provano sentimenti positi-vi (domanda 9).Soffermandosi sulle differenze tra madri e padri emerge che, in questo clima generale di buonadattamento, le madri si sentono maggiormente coinvolte, accettate e a proprio agio. I papà pro-vano più disagio rispetto alle mamme.

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0

10

20

30

40

50

60

FIGURA 1 - FREQUENZE DELLE RISPOSTE DEI GENITORI ALLE DOMANDE 10 E 11 RELATIVEAL DISAGIO PROVATO DA BAMBINI E GENITORI AL MOMENTO DEL DISTACCO

per niente poco abbastanza molto

disagio bambino

disagio genitore

0

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FIGURA 2 - SENTIMENTI DI MAMME E PAPA’ VERSO LE EDUCATRICINEL MOMENTO DELL’ACCOGLIENZA AL NIDO

coinvolti/e accettati/e a propio agio

mamme

papà

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COMPORTAMENTIEmerge dai dati che la quasi totalità dei genitori si sente aiutata dalle educatrici al momento deldistacco con il/la proprio/a bambino/a (domanda 13). Nello specifico, emerge che la maggiorparte di essi sottolinea che, al momento della separazione, le educatrici intervengono in aiuto delbambino (es. sanno come coinvolgere il bambino senza far “sparire” la mamma, l’educatrice inter-viene per prevenire il disagio della bambina, capiscono quando il bambino avverte maggior-mente il distacco dai genitori..), i rimanenti sostengono che l’aiuto delle educatrici si rivolge a lorostessi (es. le tate mi hanno da subito capita e sostenuta, sento che l’educatrice osserva il nostrosaluto, sono disponibili, mi coinvolgono, me la distraggono..).

Per quanto concerne le strategie di saluto messe in atto da madri e padri al momento del distacco(domanda 12) emerge che le mamme tendono maggiormente a salutare sulla porta rispetto aipapà e che i papà tendono di più ad entrare in sezione e salutare velocemente rispetto alle mam-me. Inoltre le mamme affidano i/le bambini/e alle educatrici con maggiore frequenza rispetto aipapà. Questi risultati potrebbero essere interpretati nel senso di una maggiore confidenza dellemadri con il compito di accompagnare il/la bambino/a al Nido. Le madri infatti, più abituate ad ac-compagnare i/le propri/e figli/e al Nido, potrebbero sentirsi meno a disagio dei padri nel salutarei/le bambini/e sulla porta senza accompagnarli e soffermarsi in sezione. Inoltre, l’affidare il bambi-ni all’educatrice potrebbe indicare l’esistenza, tra madri e educatrici, di un rapporto maggiormen-te consolidato di quello esistente tra le educatrici e i papà. I padri che accompagnano i/le figli/e alNido, provando maggior disagio in tale situazione in quanto meno abituati a ricoprire questo ruo-lo, potrebbero sentire di dover entrare in sezione invece di salutare sulla porta.

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0

5

10

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FIGURA 3 - FREQUENZA DEL TIPO DI AIUTO FORNITO DALLE EDUCATRICIAL MOMENTO DEL DISTACCO A GENITORE E BAMBINO

aiuto albambino

aiuto algenitore

tipo di aiutodell’educatrice

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Così come la scarsa confidenza dei papà con il compito di accompagnare i/le figli/e al Nido, com-pito che per loro non rappresenta una routine consolidata come per le mamme, potrebbe spie-gare il fatto che salutino velocemente.

PUNTO DI VISTA DELLE EDUCATRICI

EMOZIONI E PERCEZIONIAlla domanda relativa ai possibili rimedi che permetterebbero ai papà di accompagnare o anda-re a prendere i/le propri/e figli/e al Nido (domanda 3), le educatrici rispondono per la maggiorparte maggiore flessibilità dell’orario di lavoro (13 su 17), seguito da maggiore flessibilità dei ruoli infamiglia (8 su 17), e infine cambiamenti nelle abitudini familiari (12 su 17). Nessuna educatrice ha fatto riferimento ad una eventuale variazione della flessibilità degli oraridell’Asilo Nido.

Le educatrici, attraverso una percezione esterna alla questione dell’accessibilità al Nido, riesconoa suggerire con maggiore consapevolezza soluzioni alternative finalizzate a rendere l’Asilo Nidopiù accessibile ai genitori.

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0

0,1

0,2

0,3

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0,5

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0,8

FIGURA 4 - MEDIA DELLE STRATEGIE DI SALUTO UTILIZZATE DA MAMME E PAPA’AL MOMENTO DELLA SEPARAZIONE

saluto sullaporta

entro insezionee saluto

velocemente

entro in sezionee mi trattengo

qualche minutointroducendoload una attività

entro insezione e lo

distraggo

lo affidoalla

educatrice

mi dileguosenza farmi

notare

mamme

papà

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Dalla domanda relativa alla frequenza con la quale i padri accompagnano e/o vanno a prendere ipropri figli al Nido emerge che la figura del padre è presente all’interno del Servizio saltuariamente(domande 4, 5).

Chiedendo alle educatrici quali parole suscitano in loro le mamme e i papà che accompagna-no/vengono a prendere i/le propri/e bambini/e al Nido (domande 6, 7), emerge che anche leeducatrici riportano molte parole positive (felicità, baci, voglia di riabbracciarsi, dolcezza, cura,nomignoli, curiosità..) e solo poche riferite ad emozioni negative (ansia, preoccupazione, sbriga-tivi, fatica, disarmati, non autorevoli…). Scendendo nel dettaglio, emerge che le mamme esprimono o suscitano nelle educatrici unmaggior numero di parole riferite a emozioni, e in particolare ad emozioni positive (es. gioia, sere-nità, felicità, affettuose..).

Emerge inoltre che ai padri sono associate dalle educatrici un maggior numero di parole riferitead atteggiamenti/comportamenti che non alle madri, tra queste alcune positive (es. timidi, pratici,curiosi, risolutori, interessati..), ed alcune negative (sbrigativi, disagio, fatica nel ricongiungersi,disarmati..)

Alle domande 16 e 17 relative al modo in cui le educatrici pensano che i genitori si sentano nei loroconfronti emerge che, in generale, secondo le educatrici mamme e papà non si sentono a disagio.Globalmente quindi, secondo le educatrici, i genitori si sentono a proprio agio nel relazionarsi aloro. Entrando nel dettaglio emerge che le educatrici pensano che i padri si sentano verso di loropiù a disagio delle madri.

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FIGURA 5 - POSSIBILI RIMEDI CHE SECONDO LE EDUCATRICIMIGLIOREREBBERO L’ACCESSIBILITA’ AL NIDO

flessibilità orariolavorativo

flessibilità deiruoli in famiglia

cambiamentinelle abitudini

familiari

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INTERVENTO DELLE EDUCATRICI…QUANDO LE EDUCATRICI INTERVENGONORispetto alla richiesta di aiuto di madri e padri alle educatrici al momento della separazione e/o ri-congiungimento i dati sono distribuiti in questo modo: su 17 educatrici 6 dicono che i papàchiedono poco aiuto, 9 che ne chiedono abbastanza e 2 che ne chiedono molto; su 17 educatrici8 dicono che le mamme chiedono poco aiuto, 5 abbastanza e 4 molto (domande 8, 9).

Dalle risposte alle domande 10 e 11, che richiedono alle educatrici per quali motivi intervengononella relazione madre/padre-bambino nel momento della separazione/ricongiungimento, emergeche le educatrici intervengono maggiormente quando sono le mamme a trovarsi in difficoltà ri-spetto ai papà. Emerge inoltre che le educatrici intervengono maggiormente quando si accorgonoche il bambino è in difficoltà con il papà che quando è in difficoltà con la mamma. Tali dati potreb-bero essere congruenti con quanto emerso dalla percezione che le educatrici hanno dei padriche accompagnano e/o vanno a prendere i/le propri/e figli/e al Nido (vedi punto successivo, do-mande 12 e 13). Le educatrici infatti, credendo che i padri si sentano maggiormente a disagio egiudicati rispetto alle madri, tendono forse ad intervenire significativamente di meno che non difronte alle madri, e anche nel momento in cui intervengono lo fanno relativamente alle difficoltàmanifestate dal bambino, così che l’intervento risulti maggiormente centrato sul bambino chenon sul genitore.

Relativamente alle domande 12 e 13, volte a conoscere come, secondo le educatrici, le mamme eipapà si sentono quando capita loro di intervenire nella relazione madre/padre-bambino al mo-mento della separazione e/o accoglienza, emerge che la percezione delle educatrici è in genera-

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0

0,5

1

1,5

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2,5

3

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FIGURA 6 - SENTIMENTI CHE, SECONDO LE EDUCATRICI,MADRI E PADRI PROVANO NEI CONFRONTI DELLE EDUCATRICI STESSE

coinvolti a disagio non partecipi in difficoltà capaci a proprio agio

sentimenti padrivs educatrici

sentimenti madrivs educatrici

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le positiva, una percezione globale in cui i genitori non si sentono né giudicati né esclusi. Entran-do nello specifico evidenziamo delle differenze nel modo in cui le educatrici percepiscono i sen-timenti di madri e padri in seguito al loro intervento. Emerge che le mamme si sentono, secondole educatrici, maggiormente sollevate dei papà, che i papà si sentono più giudicati delle mamme,infine che le mamme si sentano maggiormente escluse rispetto ai papà . Forse le educatrici ten-dono a vedere la relazione con i padri come una relazione nella quale sono maggiormente chia-mate ad entrare, ad intervenire, e non temono che i padri si sentano esclusi così come temonoche accada con le madri.Secondo le educatrici il loro intervento nella relazione madre/padre-bambino ha una ricadutanei confronti dei genitori che li fa sentire in generale mediamente esclusi e giudicati e molto sol-levati.

Alle domande 14 e 15, finalizzate a conoscere come le educatrici si sentono dopo essere interve-nute nella relazione padre-bambino e madre-bambino, emerge che le educatrici si sentonomaggiormente competenti dopo essere intervenute nella relazione padre-bambino che dopol’intervento nella relazione madre-bambino. Anche in questo caso, tale risultato potrebbe esserespiegato dal fatto che forse le educatrici si sentono più chiamate ad entrare e intervenire nellarelazione padre-bambini che non in quella madre-bambino. Inoltre, tale percezione potrebbe es-sere motivata dal fatto che relazionarsi alla diade padre-bambino rappresenta per le educatriciuna esperienza relativamente nuova e recente rispetto al rapportarsi con la diade madre-bambi-no, e dunque portatrice di nuovi stimoli.

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0,5

1

1,5

2

2,5

3

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4

FIGURA 7 - SENTIMENTI CHE, SECONDO LE EDUCATRICI,PADRI E MADRI PROVANO IN SEGUITO AL LORO INTERVENTO NELLA RELAZIONE MADRE/PADRE-BAMBINO

AL MOMENTO DELLA SEPARAZIONE E/O RICONGIUNGIMENTO

accolti/e sostenuti/e sollevati/e giudicati/e disturbati/e esclusi/e

mamme

papà

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ALCUNI RISULTATI…

Questionario genitori. Domanda 1.Parole che i genitori associano pensando all’Asilo Nido frequentato dal figlio.

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0

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1

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2,5

3

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FIGURA 8 - MEDIE DEI SENTIMENTI DELLE EDUCATRICIIN SEGUITO AL PROPRIO INTERVENTO NELLA RELAZIONE PADRE/MADRE-BAMBINO

accettata competente intrusa indesiderata utile di disturbo risolutrice

sentimentieducatrici vsinterventorelazione p-b

sentimentieducatrici vsinterventorelazione m-b

FIGURA 9 - PAROLE ASSOCIATE DAI GENITORIAL PENSIERO DELL'ASILO NIDO FREQUENTATO DAL FIGLIO

impattoemotivo

impattovisivo

importanzaricreativa

rilevanzaformativa

0

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Questionario genitori. Domanda 5. Accompagna o accompagnerebbe volentieri suo/a figlio/a al Nido?

Questionario genitori. Domanda 5.Accompagna o accompagnerebbe volentieri Suo/a figlio/a al Nido?

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FIGURA 10 - PERCENTUALE DELLE MOTIVAZIONI PER LE QUALI I GENITORICHE NON ACCOMPAGNANO I FIGLI AL NIDO LI ACCOMPAGNEREBBERO VOLENTIERI

motivazione educativa

motivazione centr. sul genitore

motivazione centr. sul bambino

FIGURA 11 - PERCENTUALE DELLE MOTIVAZIONI PER LE QUALI I GENITORICHE ACCOMPAGNANO I FIGLI AL NIDO LI ACCOMPAGNANO VOLENTIERI

motivazione centr. sul genitore

motivazione centr. sul bambino

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Questionario genitori. Domande 10 e 11. Sentimenti dei genitori rispetto alle educatrici al momento dell’accoglienza al Nido.

Questionario genitori. Domanda 12. Strategie di saluto che si realizzano al momento dell’ingresso al Nido tra genitore e bambino.

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FIGURA 12 - FREQUENZE DEI SENTIMENTI DEI GENITORIVERSO LE EDUCATRICI AL MOMENTO DELL'ACCOGLIENZA

coinvolto accettato in difficoltà in imbarazzo considerato capace a mio agio0

10

20

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7080

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FIGURA 13 - FREQUENZE DELLE STRATEGIE DI SALUTO UTILIZZATE DAI GENITORIAL MOMENTO DELLA SEPARAZIONE

salutosulla porta

entro insezione e poi

salutovelocemente

mi trattengoin sezione

qualche minutoiniziando

un’attività

distraggocon altri bambini

e giochi

lo affidoall’educatrice

mi dileguosenza farmi

notare

0

10

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30

40

50

60

7080

90

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Questionario genitori. Domanda 15.Modalità di ricongiungimento tra genitore e bambino al momento della riconsegna.

Questionario genitori. Domanda 14. Sentimenti dei genitori nei confronti dell’intervento delle educatrici al momento del distaccocon il/la proprio/a bambino/a.

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FIGURA 14 - FREQUENZE DELLE MODALITÀDI RICONGIUNGIMENTO TRA GENITORI E BAMBINI

è felice di rivedermi

mi guarda

rimane centrato sui giochi

si nasconde

ama farsi rincorrere

va verso la porta

va verso gli armadietti

mi corre incontro

FIGURA 15 - FREQUENZE DEI SENTIMENTI DEI GENITORI NEI CONFRONTI DELL’AIUTORICEVUTO DALLE EDUCATRICI AL MOMENTO DELL’ACCOGLIENZA

accolto

sostenuto

sollevato

giudicato

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ALCUNI PERCORSI…

MATTIAL’ingresso di Mattia e del suo papà al Nido è dominato dal silenzio, silenzio di parole, di gesti, disguardi. Mattia sembra piuttosto assonnato, sembra che tutte le sue reazioni, tutte le sue comu-nicazioni siano attutite da qualche cosa. Papà entra dalla porta del Nido con Mattia in braccio, losiede sugli armadietti, lo spoglia e lo prepara per la giornata. Di tanto in tanto si guardano, senzasorridere, senza manifestare nessuna emozione in particolare. Papà gli dice qualcosa ma talmen-te sottovoce che non riesco a sentire pur essendo abbastanza vicina, è un sussurro. Mattia èpronto, papà lo riprende in braccio e insieme entrano in sezione. Si scambiano un bacio e un ab-braccio appena varcata la soglia, sempre in silenzio, sempre senza lasciar trapelare nessuna emo-zione, dopo di che il papà fa scendere Mattia e se ne va. Nessuno dei due si gira verso l’altro, néMattia per vedere il papà che si allontana ed esce dalla porta e fargli ciao con la mano, né il papàper salutare ancora Mattia o per osservare cosa fa, con chi e se va a giocare, dove si dirige.Mattia si guarda brevemente attorno, si accorge della mia presenza ma non mi guarda, così co-me non cerca lo sguardo di nessuno, educatrici comprese. Si dirige verso l’angolo dei libri, va asedersi e a sfogliare un libricino, ma prima raccoglie un gatto bianco di peluches su un tavolino.Dopo pochi minuti Mattia si alza e va a sedersi su di un gradino dal quale osserva ciò che lo cir-conda, la vita che scorre attorno a lui..e della quale sembra spettatore. Rispetto a tutti i bambini che ho avuto modo di osservare nel corso della ricerca, Mattia è sen-z’altro il più osservatore. La modalità di saluto con il papà osservata all’accoglienza del primogiorno si ripete per la maggior parte delle osservazioni successive. Il silenzio, il parlare sottovoce,il salutarsi affettuosamente ma senza lasciar passare e mostrare l’emozione sottesa, il non girarsireciprocamente una volta avvenuto il saluto. Così come i gesti, il modo di cominciare una nuovagiornata al Nido di Mattia, si ripetono giorno dopo giorno. Ogni mattina Mattia sembra cercareun punto di vista privilegiato da cui rendersi osservatore, spettatore di ciò che accade attorno alui. Una volta il gradino, un’altra la seggiolina, un’altra ancora il rotolo morbido o dietro la tendatrasparente. Mattia, serio e malinconico, si riappropria dello spazio, degli oggetti e delle relazionicon lo sguardo. Se il suo sguardo incontra quello delle educatrici o di qualche suo compagno, re-gala loro un sorriso, ma questo non diventa quasi mai l’inizio di una interazione. L’unico con cui Mattia si relaziona con grande piacere è Lorenzo, un suo compagno, la cui pre-senza al Nido (alcune mattine è assente) rappresenta l’eccezione al rituale di osservazione diMattia. Quando Lorenzo è al Nido al momento dell’accettazione, Mattia, che spesso è l’ultimo adarrivare, lo cerca sempre attivamente e immediatamente. Insieme instaurano giochi esclusivi se-condo codici che le educatrici dicono ripetersi spesso. Insieme giocano con gli animali di plasti-

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ca, ricordo una lotta tra la tigre e il dinosauro, o giocano a fare i leoni gattonando e ruggendoper la sezione e spaventando gli altri bambini, gioco per il quale le educatrici li riprendono siste-maticamente e Mattia lo sa bene in quanto mentre fa il leone tiene d’occhio le educatrici aspet-tandosi presto o tardi il loro intervento. I giochi proposti da Lorenzo sono spesso aggressivi eMattia tende ad imitarlo moltissimo. I due tengono generalmente alla larga tutti gli altri esclu-dendoli dai tentativi di partecipazione con sguardi minacciosi. Mattia con le educatrici è estre-mamente accondiscendente ed obbediente, quando ripreso ad esempio smette immediatamen-te il comportamento in questione, si avvicina quando chiamato al momento della canzone, aiutae collabora con gli altri bambini nel riordinare giochi e libri in vista dell’inizio delle attività o pri-ma di andare a casa. Il suo essere osservatore si accentua ancora di più nei momenti immediatamente precedenti alricongiungimento col papà. Il papà di Mattia è sempre l’ultimo genitore ad andare a prendere ilproprio bambino, e Mattia si trova generalmente ad aspettare il papà da solo o con pochi altriamici, tra i quali non c’è mai Lorenzo, abituato ad andare a casa prima. In questa situazione Mat-tia appare stanco, visibilmente annoiato, a disagio. Dà l’impressione di una persona che non sacome passare il tempo. A volte si siede nell’angolo della lettura a sfogliare un libricino, altre voltegioca distrattamente con un giochino preso, così sembra, perché capitato a portata di mano enon scelto in quanto espressione di un desiderio. Mattia più che altro si intrattiene, e osserva sce-gliendo, come al mattino, punti di osservazione privilegiati che tendono a ripetersi, come adesempio il gradino o la poltroncina. Ad una prima occhiata, ad uno sguardo poco attento, Mattiapuò sembrare un bambino bravissimo, e lo è! Ma credo non sia solo questo. Mattia è anche pro-fondamente malinconico, riflessivo. Nel corso delle dieci osservazioni effettuate in sezione lo hovisto sorridere molto poco, ed è un peccato perché Mattia ha un sorriso dolcissimo.All’ingresso del papà in sezione tutto cambia, viene stravolto. Mattia non è più colui che osserva-va ma l’attore principale, e il suo ruolo di osservatore viene preso dal suo papà. Mattia corre in-contro al papà, a volte lo saluta con un bacio, a volte scappa direttamente in corridoio dove sonocollocati gli armadietti e lì prende inizio una routine lunga ed estenuante tra Mattia e il suo pa-pà. Mattia scappa, si nasconde, e non perdendo mai di vista il papà lo invita di continuo a pren-derlo: “Dai prendimi se ci riesci! Io mi nascondo!”. Il primo giorno di osservazione il papà dice aMattia: “Ma perché devi fare così? Perché fai così? Perché devi fare questo show?”, da queste pa-role sembra che la dinamica si ripeta molto spesso, se non ogni giorno come mi dice da li a pocol’ausiliaria. Mattia si infila nei punti in cui è più difficile raggiungerlo, ad esempio sotto lo scivolo,e invita il papà a prenderlo, di continuo, ma il papà non lo prende mai, sembra quasi tema cosapossa succedere se interrompesse la fuga di Mattia. Lo chiama stancamente da lontano, pregan-dolo di uscire con la scusa che l’Asilo sta chiudendo, minacciandolo di lasciarlo li da solo o dicen-dogli che l’ausiliaria si sarebbe molto presto arrabbiata e l’avrebbe sgridato. Il tutto con unaespressività emotiva assolutamente piatta e in modo per niente convincente. Mattia e il suo pa-

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pà rimangono da soli con l’ausiliaria, e il papà cerca spesso di delegarle il compito di “stanare”Mattia: “Ci pensi lei..”. L’operatrice cerca di convincere Mattia in modo deciso e attivo, spostandomobili e giochi, ma ogni volta Mattia scappa nuovamente e si infila in un altro nascondiglio. Avolte Mattia dice espressamente al papà il modo in cui vuole essere inseguito, il percorso che de-ve fare, il papà è in tutto e per tutto accondiscendente, ma in modo estremamente passivo. Os-servando la scena ciò che nasce in me è il desiderio fortissimo di dire al papà: “Mattia VUOLE es-sere preso!!!”, tant’è che quando questo finalmente accade (non per intervento volontario del pa-pà) Mattia non protesta affatto, sembra sollevato dal fatto che finalmente qualcuno lo abbia fer-mato, preso, contenuto. Si lascia vestire seduto sugli armadietti e in braccio al papà lascia il Nido.I primi due giorni di osservazione la fuga di Mattia è fermata dal fatto che il bambino si fa la pipìaddosso, una volta nascosto in un armadietto, l’altra sotto ad un tavolino. Mattia sembra rimane-re molto male. È il periodo (non il primo a quanto detto dalle educatrici) in cui Mattia sta abban-donando il pannolino. Dal terzo giorno di osservazione Mattia arriva al Nido nuovamente colpannolino. Un altro giorno al ricongiungimento Mattia si ferma perché si fa male correndo e in-ciampando contro un tavolino, così che il papà ancora una volta per motivi che prescindono dal-la sua volontà riesce a prenderlo. Le osservazioni successive si ripetono similmente, in aggiuntaMattia manifesta verso il papà un comportamento aggressivo. Nel momento in cui è seduto su-gli armadietti per farsi preparare dice al papà: “Capelli!”, il papà gli porge la testa e Mattia gli tira icapelli con forza e con una espressione piena di rabbia. La cosa si ripete. Mattia non solo tira i ca-pelli al papà ma gli dà anche dei pizzicotti sul viso, il papà lo lascia fare, impassibile come sem-pre. Difficilmente il papà perde la pazienza nel corso delle osservazioni, e anche quando un gior-no succede perché è esasperato dalla fuga di Mattia, lo manifesta alzando la voce ma mantenen-do comunque la distanza e rinunciando subito all’intervento. Le ultime due osservazioni sonocaratterizzate da qualcosa di diverso. Il papà di Mattia, appena fatto ingresso in sezione, approfit-ta della rincorsa del bambino verso la porta per prenderlo in braccio e portarlo direttamente asedere sopra gli armadietti per mettersi giacca e scarpe. Non gli dà fisicamente modo di metterein atto la solita dinamica. Mattia non protesta, solo accenna a qualche spostamento pericoloso,qualche piccolo tentativo di evasione dalla sommità degli armadietti, tentativi confinati dal luo-go in cui si trova. Mi chiedo se questo modo di agire del papà sia frutto di una decisione presa inseguito al disagio di sentirsi ogni giorno osservato da una persona sconosciuta proprio nel mo-mento di massima difficoltà nella gestione del rapporto con Mattia.

GIULIA“Che bambina grande!”penso appena vedo Giulia entrare al Nido con il suo papà. Giulia ha 35mesi. Quando fa il suo ingresso all’Asilo l’atmosfera cambia. Si presenta subito come una chiac-chierona, si esprime moltissimo verbalmente, anche se il suo linguaggio è piuttosto confusiona-

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rio e poco comprensibile per chi non la conosce. Giulia si esprime in modo concitato, col papà,l’educatrice, i suoi amici. Una parola dietro l’altra, come se avesse troppe cose da dire e tutte inuna volta, confonde le lettere, soprattutto le consonanti, le scambia, è davvero difficile capirla.Giulia e il suo papà appaiono subito molto complici. Senza bisogno che il papà insista, Giulia va asedersi sulla panchina davanti agli armadietti. Il papà la prepara per la giornata al Nido, chiede lasua collaborazione e la bambina, accondiscendente, sembra felice di partecipare attivamente.Mentre il papà e Giulia si preparano si guardano spesso negli occhi, sorridono, e comunicano mol-tissimo commentando cosa stanno facendo gli altri bambini e le attività in cui sono coinvolti.Giulia sembra felice di andare al Nido, di rivedere le educatrici e i suoi amici, entusiasta delle mil-le cose da fare che la aspettano, curiosa e impaziente di scoprirle. Il saluto con il papà è affettuo-so, i due si cercano per il bacio di ogni mattina, o due, o tre! Come a volte chiede Giulia. TalvoltaGiulia chiede alla sua educatrice di riferimento di poter salutare il papà alla finestra. Le due, insie-me ad altri bambini, si avvicinano alla finestra e guardano il papà di Giulia uscire dal portone, gi-rarsi e fare un altro saluto alla sua bambina, che Giulia ricambia con allegria. Un giorno il papà fauno scherzo a Giulia, si nasconde sotto il davanzale della finestra e mentre la bambina aspettache papà esca dal portone lui sbuca all’improvviso dal basso..Giulia è molto divertita. La vivacitàe la voglia di fare di Giulia si manifesta con tutti. Con le educatrici, mostrandosi sempre pronta apartecipare con entusiasmo alle attività proposte, tanto che le tate a volte la definiscono la “rap-presentante di classe”, essendo sempre la prima a proporsi; e con i compagni, essendo semprepropositiva fino a spingersi a volte oltre il limite diventando un po’ prepotente e prevaricatrice.Anche dal punto di vista relazionale Giulia appare fin dall’inizio esuberante, cercando piuttostodi frequente la compagnia, il contatto fisico e visivo con le educatrici e dando spesso il via a gio-chi e attività con i propri amici. La sua esuberanza talvolta ha bisogno di essere contenuta, cosìcome altre volte un po’ di capricci scoraggiati, ma la capacità di fermarsi un attimo a riflettere,magari con l’aiuto dell’educatrice, non le manca.Prima dell’arrivo della mamma (solitamente è lei che va a prendere la bambina al Nido poco do-po la merenda), Giulia appare ancora desiderosa di fare, giocare, interagire con gli amici e l’edu-catrice del pomeriggio, piena di energie. Il primo giorno di osservazione dice agli altri bambiniche da li a poco il campanello sarebbe suonato e sarebbero arrivate le mamme, forse lo ripete unpo’ a se stessa. Il campanello suona, ma invece della mamma di Giulia ci sono i nonni. Giulia rima-ne malissimo, si aspetta di vedere la mamma, nessuno al mattino la ha informata del fatto chesarebbero venuti i nonni, è molto delusa. I nonni la salutano, le chiedono un bacio, la rassicuranosul fatto che la mamma sta per arrivare al Nido a prenderla e che loro sono solo arrivati un po’prima per aspettarla insieme, ma Giulia non ne vuole sapere di avvicinarsi, dà loro le spalle, fa ilmuso girata verso lo specchio. Il nonno perde velocemente la pazienza e la rimprovera, le diceche non andrà mai più a prenderla all’Asilo e di non cercarlo più al pomeriggio perché tanto luinon ci sarà. L’educatrice cerca di stemperare la tensione “Su nonno che starà ancora con la sua

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nipotina!”. Non appena la mamma arriva, Giulia le corre incontro. La mamma si china verso di lei esi accorge che c’è qualcosa che non va. Il nonno arrabbiato riferisce immediatamente alla mam-ma l’accaduto e la mamma si unisce al rimprovero. Continua a sgridare Giulia anche mentre laprepara sulla panchina davanti agli armadietti, lo fa con una certa ironia. Quando la bambina èormai pronta per andare l’educatrice, accorgendosi che Giulia è rimasta molto male, tenta di in-terrompere la dinamica in corso proponendo alla bambina di fare pace col nonno e dargli un belbacio. Giulia non rifiuta la proposta e si avvicina al nonno, il quale accetta il bacio della nipotinadicendole: “Ma allora a fare i capricci prima non era la Giulia, era…..!” utilizzando un altro nome dipersona per indicare che quando Giulia fa i capricci non è lei ma un’altra bambina a farli. Il gior-no successivo al ricongiungimento la mamma, appena entrata al Nido, sottolinea nuovamente icapricci di Giulia il giorno precedente sempre con ironia, la bambina la ignora. La modalità di ri-congiungersi di Giulia e la sua mamma ha sempre tempi molto lunghi. La mamma ha l’abitudinedi fare ingresso in sezione intrattenendosi e scambiando qualche parola con le educatrici e glialtri bambini trascurando di salutare Giulia se non da lontano. Presta attenzione a tutti tranneche alla sua bambina e solo quando decide che è giunto il momento di andare chiama Giulia asé per dirigersi verso gli armadietti e prepararsi. All’ingresso della mamma Giulia tende a restareimpegnata nelle attività che sta svolgendo, come sfogliare un libricino o giocare col telefono. Tal-volta si va a nascondere nella tana, da sola o con altri bambini, e a “stanarla”, se la mamma è sola enon accompagnata dal papà, è sempre l’educatrice che con pazienza e comprensione invita Giu-lia ad uscire e ad andarsi a preparare. Giulia, generalmente, dopo qualche insistenza accondi-scende alla richiesta della tata. Altre volta è proprio Giulia a prendere la decisione di andare ver-so gli armadietti e iniziare a tirare fuori scarpe e giacca cercando di interrompere le chiacchieredella mamma. A volte la mamma si mostra poco centrata sulla sua bambina anche mentre la aiu-ta a prepararsi, tende infatti, più che a comunicare con lei, a parlare con gli altri bambini e i lorogenitori impegnati nello stesso compito. Le cose vanno in modo molto diverso quando ad ac-compagnare la mamma al Nido c’è il papà. Il bel rapporto tra Giulia e il suo papà emerge ancheal ricongiungimento. Appena fatto ingresso al Nido il papà le si avvicina salutandola, accarezzan-dole la testa e dandole un bacio mentre la bambina è impegnata in qualche attività come suosolito. Giulia non si ritrae dalla vicinanza e dal contatto fisico col papà. La mamma si dedica comesempre, e forse di più vista la presenza del papà e quindi la possibilità di delegare certi compiti alui, alla conversazione. Un giorno Giulia, dopo aver salutato il papà corre a nascondersi nella tana.La mamma a distanza e con tono stanco delle solite “scene” la richiama, le chiede di uscire e diandarsi a preparare. Il papà al contrario interviene immediatamente andandola a cercare e fin-gendo di trovarla per caso. Giulia esce soddisfatta dalla tana non appena il papà glielo chiede, siavvicina agli armadietti e quando la mamma la segue per aiutarla a prepararsi Giulia esclama:“No! Voglio il papà!”.La situazione particolare che si verifica quotidianamente al ricongiungimento tra Giulia e la sua

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mamma diventa oggetto di confronto con le educatrici, le quali riconoscono che quelle partico-lari dinamiche, che affrontano ogni giorno, sono per loro molto faticose, rappresentano unapreoccupazione e un grosso lavoro. La tematica viene riportata anche in sede di Collettivo, allapresenza della Coordinatrice dei Servizi per l’Infanzia del Comune di Fidenza, Dott.ssa Pinì Gen-nari, e della Coordinatrice della Cooperativa Dolce, Dott.ssa Manuela Lafiandra. Precedentemen-te, la particolare situazione è stata riferita anche alla Dott.ssa Ada Cigala, Ricercatrice presso laFacoltà di Psicologia dell’Università degli studi di Parma. Si è lavorato per progettare un possibileintervento finalizzato a facilitare, rendere più fluido il momento del ricongiungimento tra Giuliae la sua mamma. Nei giorni successivi, l’educatrice presente alla riconsegna, mette in atto gli accorgimenti concor-dati in sede di Collettivo. All’ingresso della mamma di Giulia, l’educatrice cerca di far emergere laparticolarità, la “sostanza” di quel momento, fatto per ritrovarsi, salutarsi, riconoscersi. L’educatri-ce si adopera per invogliare Giulia ad avvicinarsi alla mamma, la prende per mano, o in braccio,per condurla da lei. Ma non solo. Verbalizza infatti i vissuti di entrambe, dà voce ai loro pensieri ealle loro emozioni, non solo per avvicinare Giulia alla mamma, ma anche la mamma a Giulia.La mamma sembra cogliere il messaggio dell’educatrice, e nelle osservazioni successive, apparepiù centrata sulla bambina, più consapevole e meno distratta da tutto il resto. Il saluto perde lacomponente di fatica che precedentemente era così evidente, diventa più spontaneo, i tempi delricongiungimento si accorciano.

LUCAL’osservazione di Luca ha inizio l’11 Gennaio 2006. Luca è il primo bambino ad essere osservato,rappresenta un po’ il punto di partenza di questa esperienza di ricerca nei Nidi di Fidenza.Luca arriva al Nido molto presto con il suo papà, generalmente è il primo bambino a varcare lasoglia dell’Albero Magico. Alle 7.30 mi trovo al Nido con l’educatrice che fa il turno più mattinie-ro nonché educatrice di riferimento di Luca, e Luca non si fa aspettare. L’albero Magico è un Nidoche accoglie 18 bambini, consiste di un’unica sezione suddivisa in due sottogruppi di età mistaciascuno seguito da una educatrice. L’Asilo si trova al primo piano di un condominio situato inuna zona semicentrale di Fidenza ed è ricavato da due appartamenti uniti, è quindi dotato didue ingressi che si affacciano rispettivamente su ciascuno dei due spazi riservato ai due sotto-gruppi. I due appartamenti sono uniti da un corridoio che è stato adibito a spogliatoio, sono pre-senti infatti gli armadietti di tutti i bambini che frequentano il Nido e una piccola panchina perfacilitare il compito di mamme e papà.Luca e il suo papà suonano al campanello del portone del condominio. L’educatrice apre il por-tone ma aspetta ad aprire la porta di ingresso del Nido..questo mi lascia pensare che l’educatricesappia bene che i tempi tra l’ingresso dal portone e quello dalla porta siano piuttosto lunghi, e

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in effetti è così. Attraverso la porta si sente la voce del papà di Luca nelle scale. “Uno, due,tre…sette e otto!!!” Il campanello suona ancora, stavolta è quello della porta. L’educatrice apreed ecco Luca e il suo papà. Luca è il più piccolo del suo sottogruppo, ha 16 mesi. Luca è in piedidavanti alla soglia tutto imbacuccato, mi guarda incuriosito per pochi istanti ma non da segni didisagio, ne sembra che la mia presenza interferisca con i suoi rituali di ingresso al Nido e di salu-to con l’educatrice e il papà. Il bambino fa ingresso all’Asilo con il sorriso, lui e la sua tata si scam-biano uno sguardo di intesa. Luca, con ancora indosso la giacca parte all’esplorazione prima del-la sezione, poi del Nido. Si sofferma su diversi oggetti a cui dedica uno ad uno una breve atten-zione. Li prende, li porta al papà, all’educatrice e anche a me, li mostra e li porge. L’educatrice di-ce che si tratta di un vero e proprio rituale che si verifica ogni mattina. Il papà lo chiama a sé di-verse volte, ma Luca, pur non facendo finta di niente, continua nella sua esplorazione. Il papà loasseconda brevemente in questo suo “saluto alla sezione”, ma dopo pochi minuti lo ferma, gli to-glie la giacca, la felpa, gli mette le calzine antiscivolo, il tutto coinvolgendolo sia verbalmente chechiedendo la sua collaborazione “pratica”. Quando è pronto, ricomincia ad esplorare. Sembra pro-prio che abbia bisogno di un tempo e un modo tutto suo di riappropriarsi degli spazi, dei giochi,e delle relazioni. L’educatrice si avvicina a lui per salutarlo, Luca si lascia fare una coccola senzaprotestare anche se l’educatrice lo distoglie per un attimo dalle sue occupazioni. Mentre Lucaesplora, il suo papà lo guarda con curiosità e compiacimento, sembra felice che Luca si senta cosìa suo agio, così padrone degli spazi e degli oggetti, così sicuro nel muoversi, nell’allontanarsi dalui pur mantenendo un contatto continuo di sguardi a distanza. Sono passati una decina di mi-nuti, il papà annuncia a Luca che deve andare a lavorare e lo chiama a sé per salutarlo. Luca loguarda ma non si avvicina, riprende immediatamente le sue attività. Il papà gli ripete che deveandare, e visto che Luca non da cenno di avvicinarsi è il papà a farlo, lo prende in braccio, cerca losguardo del bambino, e gli da un bacio del saluto. Luca dà un bacio al suo papà, sorride. L’educa-trice non interviene quasi per niente in un saluto che appare fluido, agevole, coordinato. Il papàlascia che Luca torni alle sue attività e si avvicina alla porta, lo saluta ancora, anche con la mano.L’educatrice verbalizza ciò che sta accadendo, Luca guarda ancora il papà e ricambia il saluto conla mano. Luca si esprime poco verbalmente, il suo linguaggio è ancora fatto molto di gesti esguardi. Uscito il papà dalla porta, Luca continua a giocare e ad esplorare. Il bambino è attentissi-mo ed estremamente incuriosito dall’ingresso dei suoi amici e dei loro genitori al Nido, li guarda,segue i loro movimenti, li accompagna agli armadietti, si siede accanto a loro mentre i genitori lipreparano per l’Asilo. Dopo circa un’ora si avvicina alla porta, appoggia le manine e chiamamamma e papà, senza piangere. L’educatrice lo avvicina, lo prende in braccio e gli spiega che lamamma e il papà sono a lavorare e che la mamma arriverà più tardi. Luca si lascia consolare,ascolta attentamente le parole dell’educatrice e poi riprende a giocare. Solitamente è la mamma ad andarlo a prendere al pomeriggio, attorno alle 15.30. Prima dell’arri-vo della mamma Luca è in genere impegnato nella merenda…e in mille altre cose!! Ha una certa

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difficoltà nello stare seduto e aspettare che i suoi amici abbiano finito, così di solito è il primoche l’educatrice del pomeriggio fa scendere dalla seggiolina. Luca riparte in esplorazione, si con-centra per poco tempo su ogni cosa di cui si interessa, sembra impaziente, sembra ingannare iltempo come meglio riesce nell’attesa della mamma. Anche le attività proposte dall’educatriceraccolgono in lui un interesse solo passeggero, Luca è impegnato in qualcos’altro, aspettare. Siattiva ad ogni suono di campanello, alza lo sguardo alla porta, si avvicina, chiama mamma..e fi-nalmente la mamma arriva! Luca le va incontro, tende le braccia, la mamma lo prende in braccioe gli da un bacio salutandolo. Dopo il saluto con la mamma Luca da inizio ad una dinamica di in-seguimento che nelle osservazioni successive si ripete molto spesso. Luca si fa cercare, rincorre-re, inseguire. La mamma deve chiedergli diverse volte di andarsi a preparare. Ma nel momento incui la mamma asseconda la sua fuga, interpretantola come voglia di giocare ancora un po’ e si in-trattiene con l’educatrice, è Luca stesso che le si avvicina e la conduce verso gli armadietti..comedire “andiamo?”. Alcune volte Luca si lascia vestire velocemente perché sa che se “fa il bravo” ot-tiene il mentino (che l’educatrice da ad ogni bambino prima di andare a casa), altre volte, riotte-nuta l’attenzione della mamma, ricomincia a scappare, o a protestare blandamente mentre lamamma è impegnata a prepararlo. Lo stesso tipo di comportamento, e se vogliamo di rituale, Lu-ca lo agisce quando è il papà (saltuariamente) ad andarlo a prendere. Solo una volta Luca chiedeal papà attenzioni diverse. Quel giorno infatti il papà lo consola in quanto il bambino lascia in-tendere molto chiaramente di essere sorpreso e forse un po’ deluso dal vedere il papà e non lamamma entrare dalla porta del Nido al pomeriggio. Luca evidentemente rimane male, si lamen-ta, il papà allora lo prende in braccio, lo consola e lo rassicura sul fatto che la mamma li sta aspet-tando a casa.

CONCLUSIONI

Guardare, osservare, scambiarsi uno sguardo…uno sguardo curioso, uno sguardo di intesa, unosguardo che vuole rassicurare. Svolgere una ricerca osservativa ha significato per me impararegiorno dopo giorno a rendere i miei occhi lo strumento principale con cui raccogliere ciò che miaccadeva intorno, lasciando per un po’ da parte le parole, che solitamente rappresentano la stra-da più semplice per ottenere informazioni, per capire, per chiedere spiegazioni. Il mio sguardoha dovuto imparare a sospendere ogni giudizio, a non correre verso una conclusione piuttostoche un’altra, ad aspettare, a farsi curioso, a orientarsi in un mondo fatto di mille stimoli, di luce,colore, giochi..ma non solo. Ha dovuto provare, e cercare di diventare ogni giorno sempre più at-tento a cogliere non solo ciò che si vede, ma anche ciò che si vede solo se si osserva in un modoparticolare: le emozioni e le relazioni.

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Lavorare con i bambini è sempre un’esperienza speciale, sempre diversa in ogni occasione. È unvero privilegio poter entrare nel loro mondo, poter osservare e vivere le cose attraverso i loro oc-chi. Stavolta il privilegio è stato ancora più grande, in quanto ciò che ho avuto la possibilità di os-servare è una parte importante della relazione che lega i bambini alle loro mamme e ai loro pa-pà, quella parte che si svolge ogni giorno in un luogo, il Nido, in cui si respirano emozioni, e dovemamme e papà con i loro bambini trovano delle persone, le educatrici, il cui lavoro è quello dientrare in contatto affettivo e prendersi cura di tutti loro. Essere osservatrice, mantenere la giusta distanza, non ha significato stare in disparte, evitare al-cun contatto, tenersi fuori dalle relazioni. Piuttosto, ha voluto dire instaurare, vivere le relazioni inun modo nuovo, attraverso un linguaggio immediato, universale, profondo, quello appunto dellosguardo. Un linguaggio che più di altri, per veicolare significati, ha bisogno della disponibilità ditutti i partecipanti, della voglia di lasciarsi conoscere, della fiducia nell’altro. Questo è ciò che hotrovato, ed è per questo che ringrazio le educatrici, i genitori, ma soprattutto (e ci tengo molto) ibambini, per avermi “lasciata entrare” nella loro vita ed avermi coinvolta e resa parte di alcunimomenti di essa.Allo stesso modo ringrazio le mamme e i papà, che pur non avendo partecipato alla parte osser-vativa della ricerca, si sono resi disponibili e partecipi compilando in modo completo e con gran-de serietà il questionario rivolto a tutti i genitori dei bambini che frequentano i Servizi Asili Nidodi Fidenza.

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LA VOCE DAI SERVIZI

Manuela Lafiandra

Pedagogista e Coordinatore Responsabile Cooperativa Sociale Società Dolce

Il mio contributo ha l’intento di restituire quanto emerso nei tavoli di lavoro dei Servizi 1 su un temastoricamente poco discusso, sul quale oggi si sente il bisogno di acquisire maggior consapevolezza.Mettere al centro la figura del padre ha significato, per i gruppi di lavoro, riposizionare un pensie-ro e accogliere il disorientamento prodotto dalla messa in discussione di un punto di riferimentoche sembrava dato, definito: al nido giunge una coppia, la mamma e il suo bambino. Il bisognonon è stato quello di ribaltarne il senso, ma di indagare con curiosità attorno a questo pensiero.La maggiore presenza dei papà che accompagnano il proprio bambino al nido ha portato leeducatrici a riflettere sulle loro parole lasciate al nido. Pensare ai padri ha significato anche, ed inevitabilmente, ripensare alle madri e alle modalità re-lazionali che con loro le educatrici costruiscono quotidianamente. Da questo sono nate alcune considerazioni:

“Per le madri il nido è un ulteriore passaggio, una nuova esperienza di separazione, dopo il parto el’allattamento”.

“Le madri sono molto coinvolte emotivamente nella separazione dal bambino, hanno bisogno ditempi lunghi per potersi fidare”.

“La madre, affidando il suo bambino al nido, esplicita il bisogno che le cure, i gesti e le modalità sianoun prolungamento di ciò che avviene con lei”.

“Le madri, al momento del ricongiungimento, hanno bisogno di sapere tante cose del loro bambino,ogni particolare”.

“Le madri hanno bisogno di essere protagoniste nelle decisioni che riguardano il bambino”.

1 Il personale educativo che ha partecipato a questo percorso è formato esclusivamente da donne: Anna, Cristina, Daniela, Francesca, Gior-gia, Irene, Lucia, Sabrina, Sara C., Sara T., Simona (nido Il Girotondo), Caterina, Isabella e Roberta (nido L’albero magico), Elena e Maria Barba-ra (nido L’aquilone). A loro il mio più sentito ringraziamento, per aver messo a disposizione, ancora una volta, sapere professionale e flessi-bilità di pensiero, che storicamente alimentano la qualità dei Servizi.

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“Entrare in una coppia, mamma bambino, significa entrare in punta di piedi”.

“Le madri, sin da bambine, riconoscono e sperimentano il desiderio di maternità, sentimento cheviene loro riconosciuto e sostenuto”.

Ripensare ha portato a rivivere le emozioni che relazioni così complesse mettono in gioco, dovedue pensieri femminili si incontrano, vivono sentimenti di affinità e di empatia, ma a volte anchedi competizione e di chiusura verso l’esterno.Alla luce di queste considerazioni, nate da una ricca memoria individuale e collettiva, fatta di tan-ti incontri quotidiani, di riflessioni continue e di saperi scientifici che ne hanno fatto da intelaia-tura, i ricordi con i padri sono apparsi meno strutturati. Uso questo termine, poiché la percezione è stata quella di avere nella mente dei vissuti sospesitra l’immaginato e il reale, vissuti che avevano bisogno di essere posti al centro di un pensiero in-dividuale e di gruppo che li potesse mettere a fuoco.Ciò che inizialmente si percepiva era che le relazioni con i padri fossero, emotivamente meno fa-ticose e, al contempo, un po’ spiazzanti in quanto meno intrise di parole e di reciproche consulta-zioni, mancanti di quegli elementi che uno sguardo femminile cerca, anche inconsciamente, nel-la relazione con l’altro.

Il bisogno, quindi, è stato quello di andare oltre, di capire quale fosse la strada per indagare, per co-gliere ciò che, in quel momento, non era evidente allo sguardo femminile che osservava il maschile.Marianella Sclavi 2 nel suo libro “Arte di ascoltare e mondi possibili” dice: “Quel che vedi dipendedal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista devi cambiare punto di vista”.Cambiare punto di vista ha significato sospendere il giudizio da ciò che era la percezione comunedella figura del padre, dandosi un tempo per osservarne le dinamiche reali e su queste porsi del-le domande.

“I padri, al momento della separazione, manifestano con meno evidenza sentimenti d’ansia; ilpassaggio del bambino, dalle sue braccia a quelle dell’educatrice, è agevolato”.

“I padri, al momento del ricongiungimento, sono più trattenuti a manifestare gesti e paroleaffettuose”.

“I padri portano, attraverso le loro parole, meno vissuti familiari. Esprimono meno dubbi, chiedonomeno confronti”.

2 Marianella Sclavi (2003), Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori

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“I padri manifestano interesse e curiosità in modo differente rispetto alle madri: sono più coinvoltidagli aspetti di socializzazione, evolutivi e di apprendimento del proprio bambino. Molto menocoinvolti dagli aspetti pratici: alimentazione, sonno, funzioni fisiologiche, ecc…”.

“I padri sono più attenti alla socialità del bambino. A differenza delle mamme che al momento delsaluto dicono più frequentemente ‘Vai dalla tata’, i padri generalmente dicono ‘Vai a giocare con ibimbi’.”

“Di fronte a decisioni che riguardano il bambino i padri dicono frequentemente: lo chiedo a miamoglie”.

“Anche i padri elaborano un bambino interno, ma a differenza delle madri, non sperimentano sin dapiccoli il desiderio di paternità, è un sentimento che non viene loro riconosciuto e sostenuto”.

L’osservazione è una pratica che fa parte della quotidianità del nido. È uno strumento, che quasimagicamente produce cambiamento e credo che, anche in questo caso, lo abbia prodotto. L’os-servazione ha permesso di mettere da parte i padri immaginati e ripulire il pensiero dal pregiu-dizio, cogliendo la diversità non come elemento mancante, ma come valore, ovvero come capa-cità di svolgere, all’interno di una relazione triadica, una funzione complementare e regolatrice.Restando in ambito di specificità e di complementarità, mi torna alla mente un passaggio del li-bro di Carmine Ventimiglia 3 “Di padre in padre”, dove l’autore tratta della relazione e della comu-nicazione tra madre e figlio in termini di trasversalità, ossia come momento interno ad altre pra-tiche quotidiane, anche quelle domestiche, quasi a produrre una fusione di mondi vitali.Per quanto riguarda la figura dei padri, invece, Ventimiglia fa riferimento ad una modalità unidi-rezionale: si gioca, si parla, si fanno esperienze, ma come momento circoscritto, escludendo lacontemporanea prestazione di altre attività, che restano esterne, precedenti o successive, quasi aprodurre, non una fusione di mondi, ma un reciproco confinamento di due ego.Si è osservato che questa dinamica è presente anche nei momenti in cui i padri giungono al ni-do: la relazione con il bambino e l’educatrice è orientata prevalentemente al qui ed ora di quelche accade, con meno implicazioni, rispetto alle madri, di ciò che è il prima e il dopo, ma con al-trettanta pregnanza emotiva.Le mamme e i papà continuano ad essere presenti anche quando fisicamente escono dal nido,perché sono presenti nei pensieri dei bambini. Sono presenti in ciò che loro fanno o non fanno,in quel che dicono o non dicono, poiché tutto viene autorizzato, oppure no, da una mamma, maanche da un papà, che riflettono il ruolo dell’una nel ruolo dell’altro.

3 Carmine Ventimiglia (1994), Di padre in padre, Franco Angeli

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Le educatrici quotidianamente entrano in relazione con il femminile e il maschile anche attraver-so la relazione con i loro bambini, fatta di una pluralità che ha bisogno continuamente di esseresignificata. Attribuire significato non è un’operazione neutra, ci mette in contatto con le nostre emozioni e ilnostro vissuto che sono una parte di noi in continuo divenire e che trovano orientamento e so-stanza nell’incontro con l’altro; porre all’attenzione del gruppo di lavoro la figura del padre haprodotto un arricchimento.Tra le riflessioni nate nei gruppi è emerso anche, come criticità, che generalmente la presenzadei padri al nido, seppur più assidua di un tempo, è piuttosto discontinua rispetto a quella dellemadri, indebolendo così la possibilità di costruire una relazione stabile. Condizione che in alcunicasi porta ad un atteggiamento rinunciatario da parte dell’educatrice, rispetto alla possibilità dicoinvolgere alcuni padri in un percorso di co-costruzione di pensieri, confronti e sostegno, poi-ché tutto questo ha bisogno di continuità e permanenza. Consegnare al gruppo questa fatica, ha permesso di coglierne l’aspetto frustrante ed il bisognodi capire se e in quale misura se ne potesse intravedere un cambiamento. Un primo passo nasceda una domanda: è possibile che il fare relazionale abbia bisogno di ulteriori strumenti che pos-sano aiutare ad accogliere anche questo tipo di relazione? Che contribuiscano a far coesistere,nel pensiero di un’educatrice, anche un’idea altra di relazione, dove si fa con quel che c’è? Mi torna alla mente il pensiero di un’educatrice: “I papà li dobbiamo tener dentro alla mente”.Credo che questo pensiero sia di una potenza infinita. Ha dentro la consapevolezza di quanto ac-cogliere e stare in relazione sia un fatto fortemente mentale. Tener dentro alla mente significa stare nella relazione anche quando fisicamente si è distanti, es-sere disponibili ad accogliere l’altro quando l’altro c’è, con tutte le emozioni che entrano in gio-co, che richiedono di essere riconosciute e sostenute. Riconoscere ai padri il bisogno di esprimere il loro sapere e il loro fare genitoriale credo che ri-chieda anche disponibilità da parte del pensiero femminile a restituire spazio, accettando anchela possibilità che lo stare e il fare con il bambino si realizzi attraverso altre modalità.Questo passaggio non è né facile né scontato; credo che il modello, l’idea di padre che tradizio-nalmente lo vede in secondo piano da tutta una serie di ambiti relativi alla cura dei figli sia perimpregnazione nel pensiero femminile sortendo una sorta di gratificazione, direi anche, di pote-re femminile.Dare spazio, quindi, credo che sia una sfida da cogliere oggi, anche alla luce delle profonde tra-sformazioni che i ruoli sociali dell’uomo e della donna hanno avuto, trasformazioni che non ri-chiedono con-fusioni di ruoli, ma reciproco accoglimento.Quando diciamo che il nido è un luogo fortemente connotato al femminile e ci chiediamo comesia possibile creare le condizioni affinché i padri si sentano in maggiore sintonia con questo luo-go, stiamo già attivando un cambiamento, attraverso la presa di coscienza di un bisogno dal

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quale partire con curiosità, tollerando di darsi tempo.Concludo rilanciando una riflessione.Al nido gli spazi e i materiali denotano spesso un’impronta marcatamente femminile. Ripensarli e in-trodurre elementi maschili può concorrere a creare un contesto più leggibile ai padri?O forse, la presenza di elementi di gioco connotati al maschile ha sostanzialmente la funzione di ri-cordare al bambino, quando è al nido, la sua relazione con il papà?

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“Non insegnate ai bambinima coltivate voi stessi il cuore e la mentestategli sempre vicini date fiducia all’amore il resto è niente”

Giorgio Gaber

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2. LETTURE AL PLURALE

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2. LETTURE AL PLURALE

COORDINA IL TAVOLO

Paolo Vaccaro

Responsabile Area Nord-Ovest Cooperativa Sociale Società Dolce

Buongiorno a tutti.Sono Paolo Vaccaro, Responsabile dell’Area Nord Ovest della Cooperativa Sociale Società Dolce epapà di Letizia e di Beatrice, due meravigliose bambine di sei e due anni; la piccolina frequentatuttora un micro nido. Mi sento quindi particolarmente coinvolto ed interessato. Riprendiamo i lavori di questa interessante giornata con Paolo Nori, scrittore parmigiano che of-frirà spunti di riflessione anche attraverso la lettura di alcuni brani tratti dal suo ultimo romanzoambientato a Parma ed edito da Feltrinelli “Mi compro una Gilera”.

Seguirà l’intervento di Mattia Toscani, sociologo che ci darà una lettura dei cambiamenti sociali eculturali della figura paterna negli ultimi 30 anni, e cioè dall’apertura dei primi nidi in Italia ad oggi. Successivamente daremo la parola a Marco Fibrosi, pedagogista, che ha svolto per diversi anni laprofessione di educatore al nido d’infanzia e che ci darà una restituzione dei vissuti che l’educa-tore maschio sperimenta al nido, facendo riferimento alla propria esperienza professionale.Lasceremo infine a Pinì Gennari, Coordinatrice Pedagogica del Comune di Fidenza, il compito diporre l’accento su alcune considerazioni emerse e di chiudere i lavori.

Ringraziamo di cuore tutti i nostri illustri ospiti che così bene hanno saputo darci spunti di rifles-sione, spesso anche emozionandoci, sulla figura del papà al nido e più in generale sulla diadepapà-bambino.

Noi di Società Dolce, quando incontriamo le famiglie dei bambini che accogliamo nei nostri nidi,diciamo sempre che al nido non arriva un bambino, ma una mamma con il suo bambino.

L’auspicio è che da oggi tutti noi ci impegniamo affinché si accolgano una mamma e un papàcon il loro bambino, nel rispetto delle differenze che ogni persona porta con sé.

dal libro di Giovanni Bollea “Genitori grandi maestri di felicità”“Le madri ci accolgono in terra, i padri ci sollevano in cielo”

(Poeta indiano)

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“…..DAL PUNTO DI VISTA DEL BABBO…”

Paolo Nori

scrittore

UNA FIGLIA FEMMINAAvere a che fare con dei bambini di due anni, secondo me è difficilissimo. Loro son lì, sono indife-si, in un certo senso tu ne puoi fare quello che vuoi, sono creta nelle tue mani, come si dice. Di-pende tutto da quel che gli dici e da come li abitui. Ne vuoi far dei nazisti, ne fai dei nazisti. Nevuoi fare dei mistici, ne fai dei mistici. Ne vuoi fare dei pittori, ne fai dei pittori.

Una grande matematica russa ricorda nelle sue memorie che il fatto di essere diventata mate-matica dipendeva dalla carta da parati che c’era nella sua stanza quando era piccola.

I suoi, non avevan tanti soldi, avevano tappezzato la stanza con un vecchio manuale di matema-tica e lei, vedersi intorno sempre queste radici quadrate, queste equazioni a tre incognite, quan-do ha poi cominciato a studiar matematica le è sembrato subito facile, una lingua familiare, e èandata giù per quella strada lì e è diventata una grande matematica russa. Ancora meglio di suasorella che avrebbe potuto sposare Dostoevskij ma ha preferito di no.

Io mi ricordo i primi tempi dopo che è nata mia figlia, io non avevo capito tanto bene cos’erasuccesso. Mi ricordo che quando l’ho vista venir fuori, in sala parto, la prima cosa che ho pensatoè stata Merda, è uguale a me. Mi sembrava proprio uguale identica, era anche pelata. Con un ac-cenno di capelli, dietro le orecchie, che era del rosso che avevo io quando ero piccolo.

C’è un’operetta di uno scrittore russo che a me piace molto, Daniil Charms, che comincia così:

Mi chiamano cappuccino. Per questo mi toccherà strappare le orecchie a qualcuno, ma adessoquello che non mi dà pace è la gloria di Jean-Jacques Rousseau. Perché sapeva tutto? E come fa-sciare i bambini, e come maritar le ragazze. Piacerebbe anche a me, saper tutto. Io poi so giù tutto,solo non ho fiducia nelle mie conoscenze. Sui bambini, so con certezza che non bisogna fasciarliper niente, bisogna distruggerli. Per questo io farei in una città una buca centrale e ci butterei tuttii bambini. E perché dalla buca non venisse puzza di decomposizione, una volta la settimana ci sipotrebbe aggiungere la calce viva. Nella stessa buca ci spingerei anche tutti i pastori tedeschi.

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Di mestiere faceva lo scrittore per bambini, Daniil Carms, ed era popolarissimo. In un’altra operet-ta, scrive:

Sterminare bambini, è una cosa crudele. Ma qualcosa con loro bisogna pur fare.

Lui davvero, nelle sue opere per adulti, aveva dei protagonisti un po’ tutti così, che i bambini, loro,non li sopportavano, ma chissà se anche lui era così. Chissà cosa pensava davvero, lui, DaniilCharms. Non aveva figli. Chissà se avesse avuto dei figli, che quando ce li hai, soprattutto quandoson piccoli, ti succedon delle cose stranissime e tutte le tue idee sull’educazione le metti alla prova.

Io quando era appena nata mia figlia, nel 2004, stavo leggendo un libro dove c’era uno che parla-va di quando era appena nata sua figlia e diceva che quando ti nasce un figlio tu ti devi mettere acorrere, e era un po’ la cosa che era successa a me. Che io, quando è nata mia figlia mi sono trovatoimprovvisamente senza pomeriggi. Mi svegliavo al mattino e, trac, mi trovavo che era sera, mi era-no spariti i pomeriggi che era una cosa che non mi era mai successa nella mia vita.

Allora in quel senso gli asili nido un po’ ti aiutano, a ritrovare dei pomeriggi, viene da chiedersicome fanno le maestre dell’asilo, coi pomeriggi.

Che poi, quando ti nasce un figlio che lo porti all’asilo nido ti vengono in mente delle domande,ma anche stupide, per esempio, Ma le maestre del nido, se hanno dei figli, ci vanno al nido, i lorofigli?

Che poi tra l’altro, io non son sicuro che sia la terminologia esatta, però mi ricordo quando c’è an-data mia figlia, all’asilo nido, la sua maestra la chiamava la dada, che io ho ripensato a quando stu-diavo quel periodo lì dell’inizio del novecento che tutti gli intellettuali europei si chiedevano Macosa significa, questa parola, cosa significa, ecco, avevo pensato, cosa significa, maestra d’asilo.

Però c’è da dire una cosa, che se no uno potrebbe pensare che il nido uno lo usa come parcheg-gio dei figli, così si ritrova coi suoi pomeriggi, che uno ai figli preferisce i suoi pomeriggi, non ècosì.

Non è così perché io, per esempio, se fosse stato per me, mia figlia non l’avrei neanche mandata,al nido. Io, poi, se fosse stato per me, non l’avrei mandata neanche alla scuola materna, e neanchealla scuola elementare, e soprattutto non a quella media e forse forse neanche a quella superio-re, e questo dipende dal fatto che io, con le scuole, ho avuto delle brutte esperienze, ma lasciamoben perdere.

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Non all’asilo, all’asilo non ci son stato perché mio babbo era convinto che all’asilo si prendevanole malattie, cosa della quale è convinto anche Bazzocchi, il dottor Bazzocchi, il pediatra di mia fi-glia, che era contrario, all’asilo nido, Ci sono i nonni, diceva, lasciatela ben dai nonni, abbiamo unpediatra all’antica, non che non sia bravo, è bravo, ma è un po’ all’antica, come mio babbo, soloche poi mia figlia all’asilo c’è andata perché più del pediatra e del babbo ha potuto la mamma, dimia figlia, che mia figlia all’asilo la voleva mandare che adesso si potrebbe pensare che ce la vo-leva mandare per parcheggiarla così le tornavano fuori i suoi pomeriggi, non era per quello, cheio mi ricordo i primi tempi che mia figlia andava al nido, adesso è una cosa che è risaputa, ma perme quando è successa non era risaputa per niente, era la prima figlia che avevo, e i primi giorniche è andata al nido, quando ci andava insieme a sua mamma, quando facevano l’inserimento,sua mamma veniva a casa e diceva Per me sarà difficile, fare a meno dell’Irma, si chiama Irma, miafiglia. E mi ha raccontato che nel giardino davanti all’asilo, succedeva che le mamme senza ibambini si fermavano a piangere per delle mezz’ore, quando finiva l’inserimento.

Allora, dal mio punto di vista, l’inserimento io ho sempre pensato che era il momento che lemamme andavano insieme ai bambini dentro l’asilo con le maestre d’asilo per non sentire cosìsubito la mancanza dei loro bambini. Poi a un certo punto le cacciavano via e loro si fermavano apiangere dentro il giardino. Il giardino dell’asilo dell’Irma era grandissimo.

Insomma, comunque, adesso io non è che abbia tanto da dire, sul nido, come tema specifico. Mi ricordoper dire la prima volta che ci sono andato, all’incontro con le maestre d’asilo, prima ancora che ci en-trasse mia figlia, io sono stato il primo, in famiglia, a mettere piede in quell’asilo lì, e mi ricordo che aquell’incontro lì ho scoperto che il pidocchio, liberato nell’ambiente, non riesce a sopravvivere, per vive-re ha bisogno del cuoio capelluto, che per lui è come l’ossigeno per noi, una cosa stranissima, immagi-narsi tutta un’atmosfera fatta di cuoio capelluto, eppure per il pidocchio è così, dicevano le maestre d’a-silo, le dade di quell’asilo lì dell’avanguardia del secolo scorso che ha fatto mia figlia, che si chiama Irma.

Però, per certe cose, adesso non voglio dire che avere un figlio piccolo sia brutto, no, può essereanche bellissimo, per me è stato bellissimo e poi per certe cose come l’ultimo dell’anno per direpuò essere anche un sollievo.

Che io, l’ultimo dell’anno dell’anno 2004, con l’Irma che aveva due mesi è stato il primo ultimodell’anno che non ho avuto dopo tanti anni il pensiero di cosa fare l’ultimo dell’anno, e io quellanotte lì me la ricordo come una notte incantevole, e è stata la notte che ho cominciato a leggerei romanzi di Joseph Roth, La cripta dei cappuccini, per esser precisi.

Per chi come me non aveva mai letto niente di Joseph Roth, leggere La cripta dei cappuccini eanche altri libri di Joseph Roth che ho letto poi dopo all’inizio dell’anno uno resta stupito dal fat-

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to che descrivono un mondo che non c’è più, l’impero austroungarico, e lo descrivono nel mo-mento che sta sparendo, sembra quasi che Roth scriva nel preciso momento che il mondo del-l’impero austroungarico viene sostituito dal mondo del post impero austroungarico, mentreglielo stanno togliendo da sotto i piedi, e io leggerli mi è venuto in mente che noi anche il nostromondo ce lo stanno togliendo da sotto i piedi, anche lui è appena scomparso o sta scomparen-do però non ha un nome preciso come impero austroungarico, neanche impreciso, ce l’ha, unnome, ma non importa, possiamo benissimo chiamarlo anche noi Impero austroungarico.

L’impero austroungarico era un posto che per esempio una sua caratteristica era che c’erano i telefo-ni a gettone, e c’erano i barbieri, e le pettinatrici, e c’erano i bar, ci sono ancora i barbieri, solo che nonsi chiamano più così, e ci sono ancora i bar, ma quelli dell’impero austroungarico erano dei luoghi dimeditazione di sofferenza e di filosofia che succedevan delle cose che adesso succedono meno peresempio c’erano i telefoni a gettone dentro nei bar, e una cert’ora c’eran le mogli che telefonavano aibaristi per chiedergli indietro i loro mariti era un posto difficile, l’impero austroungarico, ma a me pia-ceva e poi c’ero abituato e c’era per esempio una cosa che adesso ormai non c’è più che era il buonpadre di famiglia, che è una figura sulla quale è fondato il diritto romano e che improvvisamente, daun giorno all’altro, via, tutta l’autorità dei padri, via, proprio nel momento che son diventato padre io.

Che io non dico che sia un male, anzi, probabilmente è un bene, solo che noi ci troviamo, per for-za di cosa, senza parametri, bisogna inventarsi tutto, non puoi rifare quello che hai visto che face-va tuo babbo, devi inventarti tutto, volta per volta, e non è mica facile.

Che abituarsi al nuovo, è sempre difficile, non solo in un ambito così delicato come la famiglia,anche in ambiti apparentemente meno impegnativi come la tecnologia che io, per esempio, so-no uno che con la contemporaneità ha sempre avuto dei problemi. Fino a pochi anni fa, quandovedevo uno col cellulare, mi sembrava come uno che avesse, non so come dire, tradito. Traditocosa? Il mondo così come mi sembrava che dovesse essere a me. Il mondo a cui ero abituato.Quello lì con le cabine telefoniche e i gettoni.

Andar via, anche nelle cose apparentemente piccole, come lasciare gli appartamenti, anchequelli dove hai vissuto per due mesi, fa un male.E lasciare un mondo, quel mondo lì, con i gettoni telefonici, dove i barbieri si chiamavan barbieri,non so se si capisce, fa malissimo.Adesso son nove anni, che ho il cellulare. Lo uso. I primi cinqueanni, non ho mai mandato degli sms. Adesso son quattro anni, che mando degli sms. Quando hobisogno.A me facevano arrabbiare anche quelli che andavano sui pattini a rotelle, i pattini con leruote on line, se si dice così, non si dice così. Mi ricordo una volta a Parigi che ho pensato Guardache roba. Della gente anche grande. Con la cravatta.Ci metto un sacco di tempo, a entrare in confidenza con le cose.

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Allora, non so per esempio, io di mestiere scrivo dei libri, e da quando lo faccio, questo mestiere,che son dieci anni, c’è un po’ di gente che mi ha proposto di mettere su un sito internet, solo cheio pensavo Ma i siti internet di quelli che scrivono i libri, che senso hanno? Non farebbero meglioa scriver dei libri, invece di mettere su dei siti internet? ho sempre pensato. Dopo ho conosciutouno che mi ha quasi convinto a fare un sito per una rivista che stavamo e che stiamo facendo,che è un settemestrale di letteratura comparata al nulla e si chiama L’accalappiacani, e ho vistoche, insomma. Non succedeva niente di brutto. Poteva essere anche utile. Allora poi ho messo su un sito internet anch’io che poi delle volte, per esempio in questo caso, seuno deve scrivere un discorso sugli asili nido e a metà del discorso si accorge che lui ne sa po-chissimo, degli asili nido, può mettere l’inizio del discorso in rete e chiedere ai frequentatori delsuo sito internet di dargli dei consigli, che è un po’ poi come chiederlo ai frequentatori del bar,versione moderna, ma insomma, forse è un po’ la stessa cosa. E così ho fatto io, ho messo l’inizio di questo discorso in rete, i primi due paragrafi, e poi ci hoscritto Si accettano suggerimenti.

E dopo un po’ mi sono arrivati, per esempio questo di Aida.

Io non sono tanto sicura che l’equazione sia quella giusta, secondo la mia esperienza funzionapiuttosto così:“Avere a che fare con dei GENITORI, per i bambini di due anni, è difficilissimo. Loro son lì, sono in-difesi, in un certo senso tu ne puoi fare quello che vuoi, sono creta nelle tue mani, come si dice.Dipende tutto da quel che gli dici e da come li abitui. Ne vuoi far dei nazisti, ne fai dei nazisti. Nevuoi fare dei mistici, ne fai dei mistici. Ne vuoi fare dei pittori, ne fai dei pittori”Mio figlio, per esempio, è riuscito a farmi diventare ciò che desiderava io diventassi.

Oppure questo di Raffaele• Le tenniste Stefi Graf, Monica Seles e Pierce hanno iniziato a giocare a due anni: più campi da

tennis e meno asili?

Oppure questo di Giancarlo Tramutoli, che è un poeta, e ha scritto una poesia:Chissà perché Nessun rumoreSi odeAll’Asilo Erode.

Oppure questo di Mattia

Una volta ero con mia nipote, l’avevo portata a vedere una partita di calcio al campo comunale.

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Poi l’arbitro aveva fischiato il fallo e le avevo detto Hai sentito? L’arbitro ha fischiato il fallo eadesso il giocatore tira la punizione. E lei mi aveva dato una di quelle risposte spiazzanti Ma tuzio, mi aveva detto, ma tu, questa partita l’hai già vista?

Oppure questo di Mirella:

Un contributo modesto, diciamo pure terra a terra. Non è vero, secondo me, che i bambini si possano plasmare a piacimento. Ogni bambino ha ilsuo carattere, le sue predisposizioni, le sue dotazioni. Non cè un bambino uguale a un altro.Una cosa li accomuna i bambini: un altissimo livello di intelligenza e un intuito prodigiosi. Credo che questa primaria grande intelligenza, sia alla base della convinzione che ciascun adultoha, anche il più tonto, di essere, se non proprio un genio, uno con un cervello mica male. Infatti, non so se avete notato, ma anche se tutti i fatti e gli accadimenti della nostra vita sono lì adimostrarci il contrario, tendiamo sempre a crederci intelligentissimi, forse perché una volta,quando eravamo piccoli, lo siamo veramente stati.

Che a me sembra molto bello anche se critica la cosa che avevo detto io quella lì che dei bambi-ni se ne vuoi far dei nazisti, ne fai dei nazisti, e io, dopo che ho letto questo contributo di Mirellami sono chiesto Ma come mai avevo detto quella cosa lì, e mi son ricordato che l’avevo detto pervia di quando avevo otto anni che mi ero convinto di essere contrario al divorzio.

Quando facevo la seconda o la terza elementare avevo una maestra che ci diceva che al referen-dum noi dovevamo far votare i nostri genitori contro il divorzio. Ci diceva che il matrimonio è unvincolo indissolubile e ci faceva venire in classe una volta alla settimana un frate molto gentile adirci che il matrimonio era un vincolo indissolubile e che essendo indissolubile non si poteva di-vorziare. La maestra aspettava che il frate uscisse dalla classe e poi ci diceva Avete visto? Cosa viavevo detto io?

Ecco, quella signora lì, dopo trent’anni ho saputo che in quel periodo lì che c’era il referendumcontro il divorzio lei era stata lasciata da suo marito e forse anche per quello mia figlia io non lamandavo a scuola, e neanche all’asilo, solo che le figlie non hanno solo dei babbi, e dei pediatri,hanno anche delle mamme, allora adesso all’asilo mia figlia ci va e poi probabilmente andrà an-che a scuola, e forse alla fine è anche un bene, anche se non sono proprio sicuro.

Dopo, prima di concludere con un pezzetto che parla anche quello di avere a che fare con deibambini di due anni, e che in origine era un racconto e che adesso è diventato l’inizio di un ro-manzo che si intitola Mi compro una Gilera, titolo preso dal celebre proverbio parmigiano Putòstche tor moiéra, am còmpor na Gilera, prima di finire con questa cosa che si chiama Le scimmie,

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forse è bene dire che la nostra famiglia, mia figlia sua mamma e io, anche in un’altra cosa, siamomolto poco austroungarici, nel fatto che siamo una famiglia divisa, che mia figlia e sua mammaabitano da una parte e io abito da un’altra, che è una cosa che anche questa io non so se è unbene o se un male, non sono sicuro, non sono sicuro quasi di niente, mi verrebbe da dire che nonè né un bene né un male, è una cosa così, e allora pace.

Le scimmie

Ho avuto tanti dispiaceri, nei quarantatre anni che son stato al mondo, ma il dispiacere più gros-so, mi sembra, l’ho avuto la scorsa settimana, giovedì, e è durato con intensità crescente fino a lu-nedì, poi un po’ è calato, però dura ancora, ogni tanto mi torna un po’ addosso. Una volta, due mesi fa, ero andato a trovare mia figlia, eravam stati al parco, dal leone, dice lei, nelparco dove andavamo prima c’era un leone di ghisa, credo, di ghisa, c’era la statua di un leoneche a lei piaceva tantissimo quando mi vedeva diceva Andiamo dal leone.Per lei vedermi voleva dire andare al parco, e andare al parco voleva dire andare dal leone e an-che adesso che lei ha traslocato e quando la vado a trovare andiamo in un altro parco dove distatue e di leoni non ce ne sono, lei continua a dire che andiamo dal leone.Una volta, due mesi fa, eravamo in questo parco eravamo appena arrivati eravamo seduti su unapanchina che mangiavamo il gelato, lei, mangiava il gelato, io l’aiutavo, le scartavo il cucchiaino,l’imboccavo, la pulivo, le buttavo via il gelato che non le andava più le tenevo la cialda, a mia fi-glia piace moltissimo succhiare le cialde, a guardarla mangiare il gelato si direbbe che le piacepiù la cialda, del gelato, il gelato dopo un po’ la stanca, di cialde ne mangerebbe dei chili.Quella volta lì, eravamo sulla panchina, dietro la panchina c’era un casco di banane Come mai cison queste banane? ho pensato, ma non ho detto niente, avevo in mano il gelato che si stavasciogliendo ho tirato giù mia figlia dal passeggino ho incominciato a aiutarla a mangiare il gela-to fino a che lei, si è girata, ha visto per terra il casco di banane mi ha chiesto Cosa sono quelle? Banane, le ho detto. E perché sono qui? Non lo so. Le avrà lasciate qualcuno. E chi le ha lasciate? mi ha chiesto. Forse le scimmie. Le scimmie? Le scimmie. Mia figlia si è messa a guardare gli alberi poi mi ha guardato mi ha chiesto Le scimmie? Sì, le ho detto, le scimmie, probabilmente sono sugli alberi che girano quando si stancano che glicalan li zuccheri vengono giù prendono una banana e via, che fanno un altro giro. Mia figlia mi ha guardato, ha guardato le banane, ha guardato gli alberi, mi ha guardato, Le scim-mie? mi ha chiesto.

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Sì, le ho detto io, le scimmie. Facciamo piano che ci dev’essere pieno di scimmie, le ho detto. Mia figlia mi ha guardato, ha guardato gli alberi, ha guardato ancora me, ha fatto una smorfia, èscoppiata a piangere. Dopo, tutto il pomeriggio ogni tanto mi chiedeva Ci sono le scimmie? E io No, non ci sono, non ci sono. Era uno scherzo, non ci sono. Vedi una scimmia? Non c’è nean-che una scimmia. Ogni dieci minuti mi guardava, faceva una faccia spaventata mi chiedeva Più scimmie? Più, le dicevo io, non ci sono. Basta scimmie. Basta, diceva mia figlia, son tutte morte, diceva. Il giorno dopo sua mamma mi ha detto al telefono che mia figlia le aveva raccontato che al parcoavevamo incontrato un esercito di scimmie che però io le avevo picchiate con dei bastoni erano an-date via. Per un mese circa, quando siamo andati dal leone, lei ogni tanto mi chiedeva Più scimmie? Più, le dicevo io. Ogni tanto cercavo di convincerla Te non hai paura dei leoni, le dicevo, non ha senso che haipaura delle scimmie. Se vedi una scimmia e le fai Bu, è la scimmia che ha paura di te. E lei diceva Bu bu bu, e intanto faceva la faccia cattiva. Brava, le dicevo io. Un po’ stava tranquilla poi mi chiedeva Più scimmie? Più. Non ce ne sono più. Son tutte morte? mi chiedeva lei. Sono scappate. Son tornate in Africa. In Africa? In Africa. Ma questo non c’entra. Un’altra volta, un mese fa, eravamo a casa sua, adesso è un periodo che c’è molto freddo, è inver-no, è raro, che andiam dal leone, quest’inverno ci siam stati solo una volta verso le cinque c’eragià buio non c’era nessuno, solo io e l’Irma, si chiama Irma, mia figlia, e ha due anni, e qualchemese, c’eravamo solo io e questa bambina di due anni e pochi mesi che giravamo mano nellamano per questo parco deserto senza scimmie e senza leoni, ma questo non c’entra, un’altra vol-ta, un mese fa, eravamo a casa sua, mia figlia ha cominciato a raccontarmi una storia che lei, nelgiardino del suo asilo, dietro degli alberi, ha incontrato degli elefanti che la volevan picchiare leisi è messa a correre fortissimo è arrivata dentro l’asilo si è chiusa dentro si è barricata. Ma cosa ci facevano degli elefanti nel giardino dell’asilo? le ho chiesto. Lei mi ha guardato, ha ricominciato a raccontarmi la storia fin dall’inizio. Si agitava moltissimo,raccontando. E poi i giorni dopo me l’ha ripetuta ancora cinque o sei volte in versioni diverse, leultime volte era lei, che picchiava gli elefanti, ma raccontava sempre con meno interesse, il suointeresse questi ultimi tempi è rivolto a Bazzocchi, al dottor Bazzocchi. Una volta sono arrivato a casa di mia figlia che lei aveva il catarro doveva andar dal dottore. Allo-

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ra con sua mamma siamo montati in macchina siamo andati in centro vicino allo studio del dot-tor Bazzocchi. Quando siamo arrivati la mamma dell’Irma si è fermata per parcheggiare io e miafiglia siamo andati dal dottor Bazzocchi come siamo entrati in sala d’aspetto s’è aperta la porta ildottore ha detto Avanti il prossimo, e il prossimo eravam noi. Come siam stati dentro l’Irma s’è guardata intorno, ha guardato Bazzocchi, mi ha guardato, Vo-glio la mamma, ha detto, e è scoppiata a piangere. Il dottore ha alzato le mani Non ho fatto niente, ha detto. L’Irma ha smesso di piangere, gnolava solo un po’, quello stato tra il pianto e il non pianto chehanno i bambini. Io ho indicato all’Irma un orologio a muro con nel quadrante la foto di un bambino Cos’è quello?le ho chiesto. Un bimbo, mi ha risposto lei. E piange? le ho chiesto. No. E allora te perché piangi? E lei mi ha guardato senza dir niente. Dopo Bazzocchi l’ha auscultata, l’ha pesata, l’ha misurata, leha guardato in gola, le ha fatto prima il verso Fai Aah, le ha detto, Aaaaah, ha fatto l’Irma, e Baz-zocchi con una lucina le ha guardato la gola le tonsille quello che doveva guardare stavam peruscire che si è sentito bussare, abbiamo visto aprirsi la porta era la mamma dell’Irma, Ciao mam-ma, le ha detto l’Irma.Dopo mi ha detto sua mamma che mia figlia si svegliava al mattino diceva Andiam da Bazzoc-chi? E quando poi me la passava io le dicevo al telefono Come t’ha fatto fare Bazzocchi? e lei midiceva al telefono Aaaaah. Dopo una volta qui ultimamente sono arrivato a casa di mia figlia qualcuno le aveva regalato unset con uno stetoscopio, uno strumento per misurar la pressione, una siringa, un martelletto perprovare i riflessi un paio di occhiali di plastica e giocavamo a Bazzocchi. Chi si metteva gli occhia-li era Bazzocchi e l’altro era l’Irma che si faceva visitare.A mia figlia delle volte le piace farmi far l’Irma e le piace fare lei il babbo. Quando io faccio l’Irmache lei fa il babbo io le chiedo Posso guardare i Barbapapà? No, mi dice lei. Posso mangiare una mela? No. Posso bere un succo di frutta? No. Posso bere un bicchiere di latte? No. Posso bere un bicchier d’acqua? No.

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Posso andare in bagno? No. Posso dormire un po? No. Fa una faccia da babbo serissima che lo fa bene, mi viene da dire, ma questo non c’entra.Una volta salta fuori con la storia che Bazzocchi è malato. Come è malato? È malato. È venuto a farsi visitare? Sì. E cosa aveva? Il catarrone. Ha pianto? Sì. E quanto deve stare a casa? Dodici giorni. Allora dopo gli devi fare il certificato per tornare a lavorare. Sì. Te lo scrivo io, le ho detto, e ho preso un foglio ci ho scritto Io, Irma Nori, dichiaro che Bazzocchi èstato curato dalla sua sindrome da catarrone e che può tornare a lavorare in centro a fare il suomestiere, e poi le ho dato il foglio e le ho detto To’, firma. Ma come firmi, le ho chiesto poi dopo,che non sai scrivere? Faccio un pesce, mi ha detto l’Irma, e sotto la dichiarazione ha disegnato un pesce. Ma questonon c’entra.Dopo poi, giovedì scorso, ero lì con lei, lei voleva vedere Barbapapà, io non potevo farglielo vede-re, deve vederlo al massimo una volta al giorno, allora lei un po’ si è arrabbiata mi diceva Vai via. Io ho preso un libro, lei me l’ha tolto di mano mi ha detto Vai via. Io ho preso in mano un altro libro lei me l’ha tolto di mano mi ha detto È mio, vai via, vai a Parma. Mia figlia abita a Bologna, io abito a Parma. Ogni tanto mi dice che vuole venire a Parma io sonocontento, quella era la prima volta che mi diceva di andare a Parma. Ho preso in mano un altro libro, lei me l’ha tolto di mano mi ha detto È mio, vai via, vai a Parma. Io ho aperto il mio zaino, ho tirato fuori un libro, lei ha fatto per togliermelo di mano ha detto Èmio. No, le ho detto io, è mio. Lei mi si è avvicinata ridendo io le ho dato una spinta le ho detto Vai via. Lei mi ha guardato, è scoppiata a piangere è corsa da sua mamma Il babbo mi ha mandato via, ilbabbo mi ha mandato via, diceva. Dopo sua mamma ha cercato di farci fare la pace solo che c’era poco tempo io avevo il treno do-vevo andare non siamo riusciti, a fare la pace. Lei stava aggrappata a sua mamma mi guardava

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diceva Ho paura. E io mi son messo il cappello il cappotto lo zaino sono andato a casa. Non eroancora sul treno che stavo malissimo. Ho provato a chiamarla me la son fatta passare che volevofare la pace solo come fai, a fare la pace al telefono, con una bambina di poco più di due anni. Per quattro giorni ho pensato che quando mi avrebbe rivisto avrebbe avuto paura di me. Tutte lecose che vedevo che mi facevano pensare a dei bambini pensavo Anch’io, avevo una figlia che era-vamo amici, dopo poi abbiam litigato. Adesso lunedì, pensavo, quando mi vede, avrà paura di me. Dopo lunedì, quando la sono andata a prendere all’asilo, era contenta, di vedermi. Si era già scor-data. Siam stati benissimo. Solo una volta che stava spaccando un badile del teatro della Pimpache le avevo regalato io le ho detto No, forte, e lei ha avuto un tremlone di paura che io le hodetto Ti ho fatto paura? C’era lì anche sua mamma le ha detto Non devi aver paura del babbo, ha la voce un po’ forte. Quel pomeriggio, a un certo punto, mia figlia mi ha detto Facciamo le bestie. Va bene, le ho detto, io che bestia sono? Un drago, mi ha detto lei. E io ho fatto il verso del drago Graaaaah. E poi le ho chiesto E te che bestia sei? Io sono una femmina, mi ha risposto lei.

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DALL’APERTURA DEI PRIMI NIDI AD OGGI: I CAMBIAMENTI SOCIALI E CULTURALI DELLA FIGURA PATERNA

Mattia Toscani

Sociologo Università degli Studi di Parma

Il mio intervento cercherà di mettere a fuoco i cambiamenti fondamentali avvenuti nella figurapaterna, nella sua percezione e nella sua costruzione sociale, attraverso alcune approssimazioniche mettano a fuoco in modo sempre più nitido gli aspetti principali della trasformazione che,da diversi punti di vista, può essere considerata una vera e propria rivoluzione ancora in corso.

Prima approssimazione: dalla civiltà contadina alla società contemporaneaLa figura paterna è legata innanzitutto all’evoluzione della figura maschile: nella società italiana,in pochi decenni, si è passati attraverso alcune trasformazioni del sistema economico-sociale. Inun primo tempo si è assistito al passaggio dalla società contadina, fondata sull’agricoltura e sumodelli familiari che raggruppavano più generazioni sotto lo stesso tetto, alla società industriale,caratterizzata dalle famiglie nucleari, per necessità legate agli spazi abitativi e all’organizzazionedel tempo. Un grande narratore di questo mutamento è Pier Paolo Pasolini che, con sguardoacuto di osservatore e di artista, ha saputo esprimere nelle sue opere letterarie, quali le poesie e iromanzi, ma anche nei film e nei suoi brevi saggi e articoli di giornale, sintesi straordinarie diquesto passaggio, avvenuto nel decennio compreso fra la fine degli anni Cinquanta e la fine de-gli anni Sessanta. Che cosa succede alla figura paterna durante questo primo fondamentale cambiamento? Se lasocietà contadina è fondata su di un modello patriarcale, in cui il padre è una figura autoritaria eche non può essere messa in discussione, un modello consolidato da secoli e tramandato conpoche novità di padre in figlio in linea maschile patrilineare, la società urbana industriale è attra-versata invece da profondi cambiamenti che assestano un primo scossone al modello paternoereditato dalla civiltà contadina: protagonista è l’assenza del padre, fenomeno ricordato anche daCarmine Ventimiglia (1994) e la società è uniformata a modelli educativi femminili, sia nelle fami-glie, soprattutto dove c’è la madre casalinga, sia nelle strutture e agenzie educative esterne (dal-la scuola d’infanzia fino alle scuole medie superiori la figura dell’insegnante è sempre di più unadonna, soprattutto nei gradi inferiori dell’istruzione).Ma in altri dieci anni si ha un altro passaggio repentino nell’organizzazione economico-sociale

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della società italiana: essa diviene post-industriale e la società contemporanea, che viene dettapostmoderna è caratterizzata da un modello paterno ancora in fase di costruzione, da alcuni de-finito i padri nel guado (Deriu, 2004). Il guado di questa suggestiva definizione è ovviamentequello fra un modello vecchio che non c’è più e un modello nuovo che ancora manca, almeno sepensiamo a un modello consolidato.

Nel primo caso, quello della civiltà contadina, che ha caratterizzato l’Italia fino alla fine degli anni’50, la comunicazione intergenerazionale era unidirezionale e avveniva secondo il modello cultu-rale che Margareth Mead nel libro Generazioni in conflitto (1969) chiamava postfigurativo: i bam-bini e i giovani apprendono essenzialmente dagli anziani, la cui autorità deriva dall’esperienzadel passato, che tende a ripetersi in una concezione circolare del tempo. Il padre è in sostanzauna sorta di patriarca, la sua è una figura autoritaria e dedita al controllo delle emozioni, relegatealla sfera del femminile. Rimane tale fino a vecchiaia inoltrata, fino a quando viene sostituito nelsuo ruolo di indiscusso capofamiglia da uno dei figli, in genere il figlio maggiore, naturalmentemaschio. Dal padre il maschio impara a obbedire e, dunque, a essere obbedito quando divienepadre a sua volta.Nel modello fordista e industriale, che approda in Italia solo nel boom economico degli anni ’60,sostanzialmente in ritardo di circa un secolo rispetto a molti altri paesi d’Europa (Francia, GranBretagna, Germania, Belgio, Olanda), la comunicazione è spesso assente dal punto di vista verba-le o comunque molto limitata (in questo non diversamente dagli anni precedenti, in cui la comu-nicazione poteva anche essere non verbale e il padre era il riferimento da imitare, nei gesti e neimodi). Il maschio adulto è il procacciatore del sostentamento economico, esce di casa e va in uf-ficio o in fabbrica e ritorna a casa la sera, mentre i figli vanno a scuola. Non trascorrono più iltempo libero nei campi accanto ai genitori, come avveniva nel modello precedente, ma l’assenzadel padre non è percepita come mancanza di autorità o di autorevolezza. Anzi, l’assenza, per cer-ti versi, rimanda all’autorità. La madre infatti può intimare l’obbedienza ai figli con la minaccia“Lo dico a vostro padre stasera quando torna a casa”. Credo che questa frase appartenga alla me-moria della maggior parte di chi ha avuto una madre casalinga negli anni Sessanta. È la cultura che Mead chiama cofigurativa, in cui gli adolescenti e i bambini stessi, così come gliadulti, apprendono in misura significativa dai loro pari e non più dai loro padri. In quella conso-nante, quella “d” che fa la differenza, c’è un mondo intero che cambia: dal punto di vista culturaleè una rivoluzione, caratterizzata dalla frequentazione interrelazionale fra coetanei, al lavoro o ascuola, dovuta a sua volta a una diversa organizzazione del tempo e dello spazio rispetto alla ci-viltà contadina. Il tempo, caratterizzato dalla circolarità nel mondo contadino, basato sul ripetersidelle stagioni e delle operazioni colturali ad esse legate, diviene pensato e vissuto come qualco-sa di lineare, sia nel lavoro, che si basa sulla carriera spesso fondata su una progressione legataall’età, sia nella vita familiare, in cui, alle diverse fasi della crescita, si accompagna un continuopassaggio di livello scolastico.

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La famiglia, di conseguenza, non è più allargata e patriarcale, ma nucleare.Nel modello economico postfordista, quello della società italiana contemporanea, che si delineaa partire dalla fine degli anni ’70 e prende il sopravvento dagli anni ’90, il modello culturale diapprendimento è quello che Mead chiama prefigurativo, in cui gli adulti apprendono diverse co-se dai loro stessi figli. La rivoluzione è completata, nel giro di trenta quarant’anni e di due/tre ge-nerazioni. Quale modello di padre caratterizza la cultura prefigurativa? Il modello è ancora in viadi definizione, Ventimiglia parlava già nel ’94 di passaggio dalla paternità alla paternalità, inten-dendo con il primo termine il concetto di padre sociale e biologico, con il secondo la sfera rela-zionale che attiva le emozioni, l’affettività, l’intimità. Nei modelli che si succedono, Ventimiglia(1994) parla anche di “pendolarità fra tradizione e mutamento” nella configurazione del modellopaterno.Pietropolli Charmet, indagando su alcuni dei nuovi modelli paterni che si affacciavano sulla sce-na sociale all’alba del nuovo secolo (Un nuovo padre, 1998; Padre quotidiano, 2001), indica tre mo-delli della crisi: il padre disertore, il padre debole e il padre geloso.Il padre disertore è colui che non prova piacere a fare il padre, poiché i figli per lui sono un fasti-dio, un rumore di fondo molesto; ancora, i figli vengono considerati come un campo che non è disua competenza. Potremmo forse affermare che si tratti dell’involuzione estrema e paradossaledel padre padrone patriarcale che rifiuta il suo ruolo, non potendo più esercitarlo nelle condizio-ni abituali e da posizioni di potere indiscusso.Il padre debole, invece, è il padre che non cresce, non è convinto, non è indipendente; ha difficoltàa prendere decisioni, veste i panni del padre ma teme la potenza e il potere del ruolo, chiede diessere consolato per le sue frustrazioni. È il tipico padre in crisi, che non condivide i modelli di ri-ferimento che ha conosciuto, li mette in discussione, ma non ha ancora trovato un approdo.Il padre geloso, infine, è immaturo e adotta il risentimento come reazione alla scoperta di un ruo-lo che credeva diverso. Vive la paternità come la tomba della libertà o come rinuncia alla virilità edi conseguenza i suoi comportamenti sono di rivalità nei confronti dei figli maschi e di seduzio-ne verso le figlie femmine.

Seconda approssimazione: i fattori del cambiamentoPer capire meglio questi passaggi significativi e per certi versi sconvolgenti, poiché avvenuti inpochi decenni, proviamo a riflettere su quali siano i diversi aspetti sociali, attualmente in evolu-zione, che potremmo considerare fondamentali nel formare le nuove figure maschili, quindi lenuove figure paterne, se riteniamo valida la premessa della prima approssimazione.

Innanzitutto, dovremo considerare i cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro, al quale l’im-magine paterna continua comunque a rimandare: dal modello fordista (posto fisso e ruolo spe-cializzato, definito negli orari e nei compiti, con pochi cambiamenti nell’arco della vita lavorativa)siamo approdati al modello flessibile e precario che caratterizza i giovani, ma che costituisce an-

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che il nuovo paradigma di riferimento. Da un lato, gli italiani diventano padri sempre più tardi emediamente dopo quelli europei. Se quasi la metà degli uomini arriva ai 35 anni senza aver an-cora vissuto l’esperienza della paternità – i dati della demografia storica indicano come, nel pas-sato, l’età del primo figlio (fortemente legata all’età al matrimonio) rimanesse tendenzialmentesotto i 30-32 anni – in Italia, altresì, si diventa padri per la prima volta due anni dopo rispetto allamedia degli altri Paesi (Rosina, 2007). Come è noto, i giovani italiani restano nella categoria «figli»sempre più a lungo, anche dopo il raggiungimento della loro indipendenza economica, e per piùtempo di quanto non avvenga in altri Stati europei. Mediaticamente famosa è l’attribuzione a lo-ro carico di bamboccioni, utilizzata dal ministro Padoa Schioppa nel 2007. La maggior parte deiragazzi e delle ragazze italiani deve aver completato, prima di lasciare la famiglia di origine, unaserie di tappe nel passaggio dall’adolescenza alla vita adulta: conclusione del percorso formati-vo, ottenimento di un lavoro sicuro, investimento sulla carriera professionale, acquisto di un’abi-tazione. Uscire di casa senza avere completato questa carriera sociale è considerato rischioso,perché non si è ancora considerati adulti. Tutto questo porta alla percezione di un prolungamen-to dell’adolescenza anche fino e oltre i trent’anni.Ai fattori culturali rappresentati, in questo caso, dal sistema di valori sociali e familiari di riferimen-to si stanno sempre più sommando difficoltà oggettive, connesse alle trasformazioni del mercatodel lavoro prima sottolineati: diffusione di contratti di lavoro precari, informali e occasionali, diffe-renziazione dei modelli di inserimento lavorativo, in combinazione con una carente protezionegarantita dal nuovo sistema di welfare. Tanto che nell’audizione parlamentare del presidente del-l’Istat Luigi Biggeri, seguita alle già richiamate affermazioni del 2007 del ministro, i dati riportatisono stati i seguenti: circa 5,5 milioni, il 69,7% del totale, i giovani tra i 20 e i 30 anni che vivono infamiglia. "L'uscita dalla casa dei genitori - ha osservato Biggeri - potrebbe essere ostacolata dai li-velli di reddito che, in oltre due terzi dei casi, non superano i 1.000 euro mensili, e in quasi un terzonon raggiungono i 500 euro". "Si rileva inoltre - ha aggiunto il presidente dell'Istat - che ben il 32,4per cento delle famiglie con persona di riferimento sotto i 30 anni vive in affitto, contro un valoremedio nazionale del 18,4 per cento, e che l'abitazione incide per quasi un terzo sulla spesa mensi-le di queste famiglie, con valori particolarmente elevati nelle aree metropolitane".

In secondo luogo, occorre tenere presenti le nuove figure e i nuovi modelli femminili. I movimentifemministi hanno innescato, a partire dagli anni ’70, una serie di mutamenti del ruolo femminilenella società, che si è esteso da quello riproduttivo del modello contadino e da quello educativodel modello fordista (entrambi comunque relegavano la figura femminile all’interno delle muradomestiche) ad altri ruoli più legati alla sfera pubblica (carriera lavorativa, successo, visibilità), puressendo questo spesso accaduto in un’ottica maschile dei ruoli. Dall’altro lato, in Italia gli uominisono ancora scarsamente coinvolti, rispetto alla media dei padri europei, nei processi di cambia-mento del ruolo paterno: l’onere della cura quotidiana dei figli e della casa ricade ancora in mas-

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sima parte sulle spalle delle madri, che così si trovano ad avere assunto un nuovo ruolo socialesenza avere abbandonato il ruolo e il primato educativo all’interno delle mura domestiche. Sipuò senz’altro parlare di una crescente assunzione di responsabilità da parte dei padri, ma sipuò anche affermare che l’impegno paterno è nel contempo discontinuo, spesso limitato alle at-tività meno gravose o di routine (ad esempio mettere a letto i bambini), e frequentemente eser-citato in caso di necessità, cioè per esempio, quando è indisponibile la madre, e il fatto vieneconsiderato per lo più come eccezionale e occasionale. (Tanturri, 2006). Interessante mi pare sot-tolineare come il ruolo attivo progredisca con il crescere del titolo di studio e del livello occupa-zionale del padre: una disponibilità culturale che è proporzionale al livello di status sociale. Va sottolineato, inoltre, che la consistenza e l’impegno del lavoro di cura maschile crescono se lamadre lavora: tale elemento sembra suggerire, da un lato, che l’intervento paterno nell’accudi-mento dei figli si verifica soprattutto in situazioni di necessità, come sottolineato poc’anzi, quan-do non si possa ricorrere ad altri aiuti esterni. Dall’altro lato, è questo, forse, un primo segnale diun lento, ma presumibilmente progressivo, adattamento dei padri al modello familiare a dueredditi, che richiede loro una più marcata assunzione di responsabilità nella cura dei figli. È an-che possibile che ciò sia dovuto a un maggiore potere della donna lavoratrice di negoziare con ilpartner la gestione del ménage domestico (Zajczyk, 2008).I padri di oggi, dunque, devono comprendere e gestire un insieme di tendenze di rinnovamentosociale che incrociano genere e generazione: i nuovi padri sono chiamati a confrontarsi in manie-ra riflessiva e autocritica con i modelli maschili e paterni tradizionali (vale a dire coi modelli deiloro padri) e, contestualmente, devono fare i conti con le trasformazioni del lavoro e con i mutatimodelli di genere. Sicuramente non è facile rispondere a significativi cambiamenti materiali, sim-bolici, culturali che toccano: 1) la relazione con le figure paterne delle precedenti generazioni 2) il rapporto con l’altro sesso e, in particolare e concretamente, con le proprie compagne 3) il legame e il confronto con gli stessi loro figli.

Deriu sottolinea la difficoltà nel prendere le distanze dagli esempi patriarcali di maschilità e pa-ternità:

L’eredità della precedente generazione di padri è infatti pesante e ingombrante. Con poche eccezioni, quasitutti gli intervistati tratteggiano uomini saldi su alcuni principi e su alcune dimensioni della vita materiale esociale, ma d’altra parte gravemente carenti su altri piani. Parliamo di padri duri, rigidi e monolitici sul pianopsicologico e educativo, distanti ma aggressivi e invadenti sul piano relazionale, severi dogmatici, e morali-stici sul piano etico. E ancora, in molti racconti, viene ripetutamente sottolineata l’assenza di questi padri sulpiano affettivo e relazionale. [...] Per quanto riguarda i padri di quella generazione, si tratta di persone inca-paci di costruire spazi d’intimità e con evidenti difficoltà a riconoscere ed esprimere i propri sentimenti edemozioni, a vivere tranquillamente e affettuosamente la propria dimensione corporea. Come è stato nota-to, per lungo tempo, il “vero” amore paterno era quello che dissimulava la propria dimensione espressiva at-

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traverso l’austerità dei comportamenti e, se necessario, attraverso “la pedagogia del rinforzo positivo pro-dotto dal castigo” (Ventimiglia, 1999). [...] I figli raccontano come questi padri non accettassero la possibilitàdi sbagliare e come dimostrassero una scarsa capacità di autocritica. (Deriu, 2004, 31-32).

Oltre a questa difficoltà, per così dire interna al genere, intra-generica e intergenerazionale, oc-corre tenere presenti anche le difficoltà inter-generiche. Le relazioni di genere sono state per lun-go tempo governate da una rigida separazione fra sfera domestica e sfera pubblica; ciò ha creatouna distanza tra corsi di vita, desideri ed esperienze femminili e maschili: da un lato gli uomini at-tivi e produttivi e dall’altro le donne inattive ed economicamente improduttive (ma fisiologica-mente e socialmente ri-produttive), gli uomini al lavoro, le donne a casa. La trasformazione post-fordista del tessuto occupazionale e i severi processi di deindustrializzazione e di ristrutturazio-ne economica hanno reso le biografie lavorative maschili più instabili ed eterogenee, penaliz-zando soprattutto gli uomini adulti a bassa qualificazione e avvicinando, in questo rimescola-mento, i due generi. La precarietà, fenomeno che era essenzialmente femminile, è diventato tra-sversale fra i generi e maggioritario per i giovani in cerca di prima occupazione, a partire dal2007: la precarietà era il modello del lavoro femminile, ora è il modello del lavoro in generale.Inoltre, gli uomini devono confrontarsi con la crescente partecipazione e con la concorrenzafemminile nello stesso mondo del lavoro, con donne spesso più qualificate e uscite con valuta-zioni più alte dalla carriera di formazione scolastica e universitaria.

Infine, occorre considerare gli aspetti giuridici: i diritti sindacali (nuovi permessi legati alle cure deifigli), la legislazione in materia di affidamento dei minori in caso di separazione (dall’esclusivamaterna all’affido congiunto). Cominciando dai diritti sindacali, la legge 53 prevede, tra le altrecose, congedi parentali fino a 6 mesi, ma se il padre ne prende almeno tre, ha diritto ad un pre-mio di un mese in più. È il risultato di una rivendicazione sindacale volta a cambiare stereotipistratificati da secoli e che voleva agevolare non solo le famiglie, ma anche le aziende. Infatti, l’ar-ticolo 9 della legge 53 introduce tempi di formazione e aggiornamento per i lavoratori, madri epadri, che si sono assentati a lungo per maternità o per accudire i figli attraverso lo strumentodei congedi parentali. Sono stati previsti fondi pubblici per queste azioni formative che in granparte non sono stati spesi, perché le aziende non li hanno richiesti, benché la legge prevedessestanziamenti tali per cui le aziende non avrebbero dovuto spendere di tasca propria. Questo per-ché è accaduto? Perché non sono stati richiesti i congedi, o perché le aziende non hanno prov-veduto a promuovere i percorsi formativi come avrebbero dovuto? Comunque sia, il problemaritorna ad essere sempre quello culturale. Di fatto, le aziende mal tollerano che siano i padri aprendere i congedi parentali. Ci sono anche padri che vorrebbero stare con i loro bambini, ma sisentono scoraggiati dai loro capi o si vergognano a chiedere ciò che è un diritto previsto dallalegge. Certo, in questi anni, qualche passo avanti è stato fatto: il padre che sta a casa e prepara lapappa o il biberon al bebè non è più visto come una sorta di “marziano”, questo è innegabile, ma

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è ancora molto lunga la strada verso la piena corresponsabilità educativa e di cura dei figli con-divisa da padre e madre. In caso di separazioni fra coniugi, il modello di affidamento congiunto dei figli è divenuto ormaiparitario, soprattutto al nord, rispetto a quello che per moltissimi anni ha visto prevalere l’affida-mento esclusivo alla madre, relegando il padre a ruoli decisamente secondari. Un altro passogiuridico verso la corresponsabilità, che per il padre è sempre più difficile negare: l’alibi della le-gislazione a favore delle donne relativamente alle cure e all’affidamento dei figli è decisamentecaduto. Così come accade per le pari opportunità fra uomo e donna nel mondo del lavoro, pro-babilmente si tratta però più di un fatto formale che di un fenomeno sostanziale.

Terza approssimazione: i modelli narrativi e gli stereotipiCome raccontare oggi la paternità? Proviamo a mettere dei modelli narrativi a confronto. Se finoagli anni Settanta i modelli narrativi di riferimento erano il latin lover e il padre padrone, che cor-rispondevano alle figure dominanti nella società contadina (rispettivamente rappresentandoneil desiderio e la quotidianità), le narrazioni devono ora confrontarsi coi nuovi ruoli maschili, dalcosiddetto mammo o soft male, alla ricerca di una nuova paternità, che deve fare i conti con nuo-vi compiti familiari, coi tempi della cura e dell’accudimento, in un passaggio che per i sociologicorrisponde a quello dall’assenza dei padri (Ventimiglia) alla fragilità dei padri (Deriu). Così assistiamo all’apparizione sulla scena di nuove narrazioni: da un lato, possiamo venire a co-me i padri si raccontano in alcune ricerche o in alcune iniziative delle istituzioni (Storie di padri,della Regione Lombardia, 2002; Deriu, 2004; Incontri di riflessione per soli padri, Centro per le fami-glie del comune di Cremona, 2005; I nuovi padri, Stefano Vitale, formatore Cemea, Torino); dall’al-tro, come vengono raccontati, per esempio nei film italiani dell’ultimo decennio (Amnèsia, Anchelibero va bene, Casomai, La vita è bella, Le chiavi di casa, Ovosodo, Ricordati di me), dai quali emergeuna figura completamente diversa da quella, per esempio, di Novecento, di Bernardo Bertolucci,vera e propria epopea dell’Italia contadina del secolo scorso e del suo ruolo nella costruzionedella nuova democrazia in Italia, così confermando quei passaggi e quelle trasformazioni viste inprima approssimazione.In Amnèsia (G. Salvatores, 2002), il padre protagonista è un eterno adolescente che si trova di fron-te la figlia, vera adolescente, e da lei impara poco alla volta che cosa significhi diventare padri.In Anche libero va bene (di e con Kim Rossi Stuart, 2005), invece, il padre che ci viene proposto èuna figura che gestisce la sua famiglia monogenitoriale, poiché sua moglie è inaffidabile, corredietro a ogni uomo che l’affascini (ribaltando, così, lo stereotipo del latin lover fedifrago del cine-ma di trent’anni prima). Casomai (A. D’Alatri, 2002) propone l’ipotesi di una coppia giovane difronte alle responsabilità del matrimonio e alla nascita di un figlio, presentando due figure debo-li, sia il maschio, sia la femmina, incapaci di assumersi responsabilità, di rinunciare all’eterna ado-lescenza e di mandare così in frantumi un amore che pareva forte e maturo. La vita è bella (1997),il premio Oscar di Benigni, ci racconta, immergendosi nel recente passato della storia italiana, un

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padre che giocando col figlio lo preserva dall’orrore dei campi di concentramento, sublimandocosì l’idea di padre capace di mettersi in gioco, di rinunciare a sé pur di salvare il figlio: parados-sale, ma insuperabile nel mescolare sacro e profano, verità e finzione, amore e dolore. Ne Le chia-vi di casa (G. Amelio, 2004), dichiarato omaggio al Pontiggia di Nati due volte, romanzo che narrail rapporto fra un padre e il figlio spastico, la vicenda presenta un padre che incontra il figlio perla prima volta dopo quindici anni, a partire cioè dalla sua stessa venuta al mondo: il figlio era sta-to ripudiato dal padre alla nascita, perché ritenuto in qualche modo responsabile della morte diparto della giovane madre. Il parto aveva segnato anche il destino del figlio, rendendolo disabile.I due si ritrovano su di un treno che li porterà in Germania e il padre scoprirà il significato dellapaternità, dell’amore, della responsabilità e della sofferenza. Curioso il fatto che il protagonistamaschile sia lo stesso Kim Rossi Stuart che l’anno successivo girerà il suo film sui nuovi padri, ilgià citato Anche libero va bene. In tal modo, l’attore si propone, per immagine e anagrafe comel’incarnazione di diverse ipotesi di nuovo padre, tutte da esplorare e da inventare. In Ovosodo (P.Virzì, 1997), il padre protagonista è molto giovane e diviene padre per caso, a seguito di una gra-vidanza indesiderata, che lo fa improvvisamente diventare adulto, un padre col “magone”, con un“ovo sodo che non va né su né giù e ti rimane lì, in gola”. Infine, Ricordati di me (G. Muccino, 2003)propone la figura di un padre in crisi, sia come padre, sia come marito, sia come lavoratore: sognaaltro, di diventare uno scrittore di successo, si reinnamora di una vecchia fiamma dei tempi del li-ceo, disposto a buttare tutto all’aria, fino a che viene fermato da un incidente. Forse. Una figurache ben rappresenta la crisi del modello patriarcale, del padre nel guado verso una nuova sco-perta di sé, che passa attraverso la messa in discussione delle acquisizioni fino a quel momento,di quanto era considerato stabile.Un mondo variegato, raccolto in solo alcuni dei film, semplicemente quelli che ricordo e che hovisto negli anni scorsi, a testimoniare la vitalità del cinema nell’interpretare e leggere i cambia-menti sociali.

È difficile oggi individuare un modello di genere maschile univoco. Il repertorio del "maschiovincente" include senza apparente distinzione calciatori, protagonisti più o meno effimeri di tra-smissioni televisive dove il cattivo gusto impera, improbabili e demenziali tronisti, attori famosiper la loro bravura o anche solo per la loro presenza estetica, uomini "sciupa femmine" e padriintensamente accudenti, uomini ammirati e imitati perché giovani e prestanti, anziani politiciche si vantano di non invecchiare e vincono le elezioni a suon di lifting e corteggiamenti a gio-vani soubrette, anziani "padri della patria" la cui età e lunga storia sono fatti valere come un bla-sone per poter continuare a occupare la scena pubblica.Un panorama che definirei sconcertante.

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Quarta approssimazione: per fondare un nuovo modello di paternità La maternità non è più intesa come destino biologico, la sessualità e la contraccezione, vista co-me selezione della fertilità, sono aree centrali della nuova cultura delle donne che richiede il ri-spetto della soggettività, della dignità e della credibilità. L’esigenza di essere ascoltate, credute eprese in considerazione è un punto centrale nella vita femminile e viene riferito da molte autriciche si occupano di tematiche di genere. L'aver relegato la tematica della maternità e della ses-sualità nel privato, ed essenzialmente alla donna, l'ha costretta ad una solitudine sociale doloro-sa dal momento che la maternità è in realtà fisiologicamente fondante per l'intera società, garan-tisce, dal punto di vista economico e sociale, il ricambio generazionale. La latitanza maschile incasa e con i figli, di cui ancora oggi si dolgono le donne, riporta alla vecchia divisione dei ruoliquando il padre era l'unico a provvedere alla sopravvivenza della famiglia.La paternità, come reciproco della maternità, offre, nelle testimonianze delle donne i soliti spuntinegativi di riflessione: delega ingiustificata, egoismo e latitanza, interesse a parole e non nei fattie ancora pretesa di obbedienza e rispetto per il semplice fatto di rivestire un ruolo. I sociologiche si sono messi a registrare minuto per minuto la nuova interazione tra nuovi padri e i loro figliaffermano che la nuova paternità si basa su: giochi, passeggiate, esercizio fisico. Nel migliore deicasi questo è un ruolo di assistenza e di supporto ma la responsabilità nel quotidiano resta tuttaalla madre. Molte donne, non più dipendenti economicamente dal compagno, si assumono re-sponsabilità sempre maggiori e dal moltiplicarsi dei pesi che gravano sulle loro spalle deriva ilmoltiplicarsi delle competenze femminili. Sul piano generale della società questo comporta mu-tazioni profonde e nuove: ad esempio, nei ghetti delle metropoli americane il nucleo base dellafamiglia consiste in una donna e i suoi figli col ruolo maschile sempre più inconsistente e margi-nale, ridotto alla funzione riproduttiva e a brevi convivenze che si susseguono. Da qui nascono leinvettive contro il Femminismo Radicale che spingerebbe tante donne ad abbandonare il tettoconiugale in cerca dell'autorealizzazione, le lamentele per l'obbligo di versare gli alimenti, senti-to come un'atroce ingiustizia o la tendenza a evitare qualsiasi forma di collaborazione con l'ex-moglie. Così si esprime a questo proposito Chiara Simonetti in Voci di donne, a cura di Gelli(2002):

"L'offesa narcisistica si traduce in un'estrema aggressività: non l'interesse autentico per il bambino, ma soloil desiderio di punire l'ex-compagna alimenta le rivendicazioni dei padri, dove non c'è alcuno spazio peruna considerazione anche solo neutra, se non positiva, del legame madre-bambino. L'alternativa a questomodello sarebbe il padre davvero presente, disposto a vivere in maniera equilibrata e responsabile il suoruolo di genitore. Questa sembra la premessa utile a preparare il terreno alle riforme nel campo del diritto.Prima che possa funzionare un affidamento congiunto dopo il divorzio abbiamo bisogno, tanto per comin-ciare, di un esercizio congiunto delle cure genitoriali nell'ambito della famiglia completa".

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E un’altra studiosa, esprime chiaramente quali dovrebbero essere le caratteristiche dei nuovi ma-schi e dei nuovi padri:

“Devono, in altre parole, rispondere a tempestosi cambiamenti materiali, simbolici, culturali che toccano larelazione con le figure paterne delle precedenti generazioni; il rapporto con l’altro sesso e, in particolare,con le proprie compagne; il legame e il confronto con gli stessi figli. [...] Quindi, non solo è essenziale pro-muovere tra gli uomini un atteggiamento orientato a dare valore alle relazioni di cura e all’investimentoemotivo e operativo che esse richiedono, ma l’importanza di questa nuova figura paterna – non più emble-ma dell’autorità, ma piuttosto attiva presenza accudente – deve essere riconosciuta dalla società nella suainterezza” (Zajczyk, 2008).

Sembra quindi che le donne in materia abbiano le idee molto chiare, probabilmente più deglistessi uomini. Io, in quanto maschio, mi sento di potere e dovere dire una cosa molto chiara: i maschi avrannocompiuto il passaggio a un nuovo modello maschile e di paternità e avranno completato il gua-do solo quando saranno stati capaci di lasciarsi alle spalle la violenza nei confronti delle donne,fra le mura domestiche e nei luoghi di lavoro. La violenza di strada, che appare molto attuale esembra un’emergenza, l’emergenza, in realtà è percepita come tale perché i media ne parlano, lafanno diventare un evento mediatico. La violenza maschile nei confronti della donna è forse inrealtà l’unica costante che non abbia risentito del mutamento sociale, dei passaggi e delle tra-sformazioni socio-culturali di cui abbiamo detto. Lo stupro etnico è un inganno, la violenza nonconosce confini, è un fatto culturale e appartiene alla cultura maschile. In Italia tredici donne algiorno subiscono violenza, una ogni circa due ore. E questa violenza è per lo più domestica eoperata da chi conosce bene le donne: amici, parenti, fidanzati, mariti, ex fidanzati, ex mariti, per-sone con cui la donna ha o ha avuto un rapporto, un legame affettivo. La violenza è incapace diparlare d’amore, quindi di fare l’amore. La paternità è un atto d’amore, è una relazione d’amore.

Bibliografia

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Francescato Donata (2001), Il padre ritrovato, Franco Angeli

Gelli Bianca (2002), Voci di donne, Manni

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Ventimiglia Carmine (1994), Di padre in padre, Franco AngeliZajczyk Francesca (2008), Nuovi padri? Mutamenti della paternità in Italia e in Europa, BaldiniCastoldi Dalai editore

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L’EDUCATORE AL NIDO: RUOLO, FUNZIONI E GENERE. UN’ESPERIENZA PERSONALE

Marco Fibrosi

Formatore e progettista interventi formativi

Quello di cui parlerò è parte di una storia professionale. Non è la realtà oggettiva di una storia,ma piuttosto la ricostruzione e la rilettura di quella storia. Vista a posteriori è una sorta di avvia-mento a una professione che per certi versi è ancora oggi inconsueta: l’educatore di asilo nido.

Un primo ricordo è legato all'ultimo anno in cui ho lavorato in al nido nel 1999. Prima degli inserimenti dei bambini/e, organizzavo un incontro con tutti i genitori della sezionecon l’intento di metterli in contatto. Era l’occasione per conoscersi, per parlare delle aspettativedi ciascuno/a, delle questioni organizzative dei primi giorni, ecc. Una mamma durante quell’incontro mi disse: "Io ho delle difficoltà a pensare mio figlio con lei, per-ché lei è un uomo e mio figlio è abituato a stare sempre con delle donne". In quel frangente le spiegai semplicemente che nella mia esperienza professionale e personaleuna funzione materna e di cura poteva essere agita anche da un uomo, ma che comprendevo lasua titubanza. Le dissi di prendersi tempo, per capire e valutare la scelta di affidarmi il suo bam-bino e di poterne riparlare insieme se voleva. Attraverso la sua domanda, però, questa mamma proponeva due temi apparentemente supera-ti: la normalità, le donne che curano i bambini e l’anomalia, un uomo che lavora al nido comeeducatore. A un’educatrice non lo avrebbe mai chiesto, perché lavorare con i bambini piccoli ècosa che comunemente e normalmente fanno le donne.

Vado ora a ritroso di ventidue anni. Nel gennaio del 1977 inizio a lavorare in un asilo nido.Se per me era normale lavorare/stare con i bambini e non trovavo in questo nessuna differenzatra l’essere maschio o femmina, da parte di alcune colleghe normale non era. In alcune occasioni parole, sguardi, ammiccamenti sottendevano una domanda: "Tu cosa ci faiqui?”. Battute scherzose: “Non è che per caso sei…..”, che mettevano in dubbio la tua virilità. Maqual è il confine tra una “battuta” e quello che una persona veramente pensa? Ecco come svelareche appartenenza sessuale di genere e lavoro di cura fossero pensati in antitesi. Per i genitori, la mia presenza non era neppure pensata rispetto al ruolo di educatore di asilo nido.I primi tempi quando mi vedevano credevano che io fossi un economo o un manutentore. Nonera pensabile allora un uomo che si prendesse cura di bambini piccoli in un ambiente che nonfosse quello familiare.

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E’ evidente lo scarto tra, la mia rappresentazione personale di allora e l’attribuzione sociale di unruolo e di funzioni legate strettamente al femminile. E ancora oggi i dati ci confermano come siaveramente esiguo il numero di operatori maschi nei servizi 0-6. Lo conferma una cultura e una prassi che, riguardo alla cura e all'educazione dei bambini, è an-cora fortemente delegata alle donne. Se nelle relazioni tra uomo e donna, amorose e amicali, si giocano delle parti femminili come lacomprensione, la compassione e l’empatia senza farti sentire fuori luogo, queste parti ti possonofar sentire fuori luogo nel momento in cui le agisci nel rapporto con un bambino. Non all'interno diun ruolo parentale, il papà, lo zio, il nonno, ecc…, ma di un ruolo professionale legato a delle proie-zioni di tipo culturale e sociale molto radicate, che diventano poi parti di noi, ruoli interiorizzati. Il nido e la scuola materna, rimandano per loro definizione all’universo simbolico femminile.Io penso che una funzione materna possa essere giocata da un uomo. La difficoltà non sta nellacura del bambino, bensì nella rappresentazione sociale che si è sedimentata nel tempo, e nellamancanza di memoria e di appartenenza. Come rilevava Carmine Ventimiglia1, non c’era memorianell’uomo di uomini che si prendessero cura della prole ma solo memorie di sole donne-madri.

Ne consegue pertanto che un uomo che entra in un territorio, quello femminile, entra in unospazio dove immagini, rappresentazioni, vissuti, ecc. non gli appartengono.E inevitabilmente deve, pena il fallimento della propria esperienza, ripensarsi e ridefinirsi. Devericonoscersi una differenza, una diversità, se non vuole disperdersi, ma essere consapevole delproprio portato personale e professionale.Essere un educatore maschio significa riconoscere una differenza, una diversità. Perché, come hogià ribadito, una cosa è il rapporto uomo donna che si gioca in una relazione amorosa o di amici-zia, altra cosa è lavorare sullo stesso piano, rispetto alla cura dei bambini.

Da questo punto di vista in ambito lavorativo è l’altro da te che da significato al tuo ruolo. Urie Bronfenbrenner 2 afferma che “il ruolo è l’insieme di attività e relazioni che ci si aspetta da par-te di una persona che occupa una particolare posizione all’interno della società e da parte degli altrinei confronti di questa persona”. (…) “ il collocare una persona in un ruolo tende a suscitare percezio-ni attività e strutture di relazioni interpersonali coerenti con le aspettative associate a quel ruolo”.

Se pensiamo alla rappresentazione sociale del ruolo, cosa potevano aspettarsi quei genitori oquelle educatrici da un uomo che lavorava in un servizio che per tradizione e cultura era tutto alfemminile? Ricordate le “battute” dei primi tempi al nido?

1 Carmine Ventimiglia (1997) Paternità in controluce. Padri raccontati che si raccontano, Franco Angeli2 Urie Bronfenbrenner (1986) Ecologia dello sviluppo umano, trad. it. Bologna Il Mulino

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Tu puoi sentirti “in luogo” ma è l’altra/o che ti legittima o che ti fa sentire “fuori luogo”.Come acutamente osserva Bronfenbrenner 3: “L’adeguatezza di una diade evolutiva dipende dall’e-sistenza e dalla qualità di altre relazioni con terze persone”. La qualità della relazione con un bambi-no è quindi confermata o disconfermata dal terzo, in questo caso l’educatrice o il genitore chepossono confermarti o meno nel ruolo.

E’ solo attraverso un lavoro di osservazione e di riflessione, che è possibile arrivare ad un proces-so di “ricostruzione” di un ruolo e di una funzione. Diversamente si attivano comportamenti in unambito di non separazione, dove non si è consapevoli di quello che si attiva. L’osservazione diventa momento di separazione e individuazione, tempo di distanza e di vici-nanza che ti permette di vedere le tue emozioni, quelle del bambino, delle tue colleghe. Permet-te di vederti in relazione con l’altro e di capire, ad esempio, che i bambini non sono figli tuoi, o divedere quanto proietti sull’altro/a.

Questo mi fa dire, relativamente alla mia esperienza, che parlare di cambiamento nei ruoli e nellerappresentazioni sociali significa cominciare a riflettere su se stessi in relazione agli altri. Una sor-ta di rieducazione “sentimentale”.Un percorso non semplice né immediato, ma possibile se, nei servizi per l'infanzia, si aprono spa-zio di incontro e di riflessione. Questo implica anche una formazione, che deve offrire spazio eposto al confronto, sia sul versante delle rappresentazioni sociali, sia sul versante dell’’espressio-ne dei sentimenti e delle emozioni.

Significa acquisire la consapevolezza che il tuo essere in situazione non è neutrale. La differenza maschile - femminile non divide, ma integra un’esperienza emozionale e cognitiva.Una funzione materna la possono esercitare tranquillamente sia un uomo che una donna, peròda un punto simbolico diverso. Allora, la riflessione deve ruotare intorno a qual è il contributoche si porta come genere e come soggetto individuale, con la propria storia personale in unaprofessione caratterizzata dalla cura. Ci chiediamo cosa significa e comporta essere educatore maschio in rapporto a madri, padri,bambini, colleghe?In questo lavoro ci si deve districare tra livelli multipli di comunicazione e di senso. C'è bisogno di isolarli, di indagarli, diversamente il rischio è che ci si muova solo ed unicamentedentro una situazione emozionale e sentimentale. Tu agisci e reagisci senza avere chiarezza di

3 Urie Bronfenbrenner op. cit.

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che cosa è passato tra l'azione e la reazione. Senza avere chiarezza della differenza che intercorretra il sentire e il pensare.Una prima possibilità per uscirne è quella di provare a riconoscere i propri sentimenti (quelli po-sitivi e quelli "negativi") e le proprie emozioni per renderli pensabili.

In un rapporto con una collega, diversamente dal rapporto che intercorre con un’altra collegadonna che si specchia nell’altra uguale a sé (ci si può rapportare in quanto donne e non solo col-leghe), io rappresento una rottura, un mondo simbolico differente.

L'essere presente nei servizi come educatore ha facilitato anche la presenza di altri uomini…, dipadri. Ho bene in mente delle scene di forte imbarazzo: di papà che arrivavano e che si trovava-no spiazzati perché non aveva nessun riferimento. Tutto era al femminile! Un mio collega 4 sostiene che: “Una istituzione tutta femminile come il nido che inizia a considerareanche il professionismo maschile è punto di confronto anche per i padri che si possono così sentirerappresentati nel loro ruolo e nelle loro funzioni”.Questo “iniziare a considerare” vuole significare che questo cambiamento è possibile se “l’altraparte del cielo” te lo consente, se ti ascolta e ti da ascolto.

Perché succede spesso, banalmente, che un bravo papà è tale se si uniforma a un modello idealepensato dalle donne. Questo è un buon papà, perché fa quello che io penso che debba fare. Main questo modo noi eliminiamo completamente la soggettività, l'aspetto individuale e culturaledi una persona ed eliminiamo il confronto, che è il primo passo verso la condivisione. Quanto ero apprezzato io, per esempio, quando agivo parti più “femminili” come la pazienza, l’af-fetto, la protezione e quanto invece lo ero quando agivo l'autorità e le regole?

Pensate che sia facile sostare in un luogo che non vi appartiene? Che non avete prima abitato? Anche per me c’è stato bisogno di un tempo per maturare una nuova consapevolezza. Una volta affrontato come tema, esistenziale e professionale, è diventato una risorsa, una capaci-tà di star bene, pure in un mondo simbolico diverso. Ci sono stati anche momenti di spaesamen-to, proprio nel momento in cui questa consapevolezza cominciava a emergere. E’ come se ci fos-se la necessità di ricostruire una nuova identità che non è più situata, né nel maschile, né nelfemminile.

4 Andrea Lottici educatore di asilo nido a Parma

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Penso che sia ancora molto presente il problema dell’incontro fra due culture sedimentate neltempo: quella maschile e quella femminile. La scommessa sta nella capacità di riuscire ad ascolta-re l'altro e a non porre la propria cultura come elemento di riferimento esclusivo ed escludente. Termino il mio contributo con una citazione di Aluisi Tosolini 5: “il conflitto quando è anche giocato con il maschile e il femminile ha una ricchezza in più, i conflitti solofra uomini o solo tra donne corrono il rischio di generare della complicità che è solo condividere un ele-mento comune non risolto in sostanza o che non si vuole tematizzare all’esterno. (…) Ridurre la com-plessità è sempre indurre un più alto rischio di violenza vedi il livello socio-politico attuale, se uno diceche il conflitto è fra civiltà allora abbiamo già chiuso o tu o io. Invece ci sono tanti altri motivi, ci sono al-tre possibilità, altre dimensioni che rendono scambiabile, mediabili le posizioni. Però ci sono tanti chevendono soluzioni pre-confezionate o forse di “conflittuologia” ma la “conflittuologia” non funzionamolto a “colpi di flebo” è una disponibilità, una capacità di giocarsi giorno per giorno nell’accettazionedell’alterità, sapendo che non intende distruggerli ma intende relazionarsi. Io credo che il primo veroconflitto sia propriamente quello di genere che rimane un modello di tutti gli altri tipi di conflitto”.

5 Aluisi Tosolini – Appunti di un seminario sulla differenza di genere. Filosofo e pedagogista. Insegna presso la Facoltà di Scienze della Forma-zione dell’Università Cattolica di Piacenza e presso la scuola di Specializzazione (SSIS) dell’Università di Parma.

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Reggio Emilia 1977

Reggio Emilia 1977 - Festa del nido Pierino Rivieri

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Reggio Emilia 1977 - festa del nido Pierino Rivieri

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Reggio Emilia 1977 - Nido Pierino Rivieri - Con Daniele sulle spalle

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Reggio Emilia 1978 con Anna e Nicoletta

Reggio Emilia “ in partenza” 1981

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Nido Montebello 1981 - Sezione lattanti con la collega Giulietta

Nido Montebello 1981 - Sezione lattanti con Manuela

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Parma 1983 - Nido Montebello con l’operatrice Anna

L’equipe di lavoro 1984 - Asilo nido Montebello

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Resto del Carlino - (cronaca di Parma), 1984

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Nido Olivieri 1987 con Daria e Ilaria

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Nido Olivieri - foto di gruppo 1989

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Spazio bimbi - Toscanini Parma 1995

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Centro giochi Toscanini 1996

Spazio Bimbi - Stradello S. Girolamo Parma 1999

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CONCLUSIONI

Pinì Gennari

Coordinatrice Pedagogica del Comune di Fidenza

Questo convegno ha cercato, attraverso i suoi diversi interventi, di offrire delle occasioni di riflessio-ne rispetto al ruolo paterno all’interno dei servizi educativi 0-3 anni. Si sono evidenziati i comportamenti, i pensieri, le pratiche educative che gli uomini (i padri e uneducatore) mettono in atto nella relazione con i bambini, ma anche come le educatrici all’internodei servizi “vivono” i padri.La paternità, le discrepanze nei significati culturali, i concreti comportamenti messi in pratica nellerelazioni di cura dei padri di oggi ci permettono di dire che “la paternità non è più quella di untempo”.

Chi sono i padri oggi? La pubblicità ci fornisce molti esempi di rappresentazioni del rapporto padre-figlio, il nostro imma-ginario collettivo è molto stimolato e spesso sentiamo tenerezza e partecipazione emotiva, adesempio, nel vedere il padre che dà teneramente il biberon al bambino, che lo cambia con piacere,che spinge la carrozzina, che gioca con lui. Certamente queste immagini alla fine degli anni ’70 inizio anni ‘80 procuravano stupore e forse an-che perplessità.In quegli anni anche la cinematografia ci ha raccontato di padri, spesso colti, che sono costretti adattuare il proprio ruolo genitoriale da soli, senza l’aiuto della loro partner-madre.Un film molto famoso che a quel tempo (1979) fece molto discutere è “Kramer contro Kramer” (for-se lo ricordano le persone di una certa età). In questa pellicola ci sono 2 scene, a mio parere, moltosignificative rispetto al ruolo paterno.All’inizio del film Dustin Hoffman, appena lasciato dalla moglie, deve arrabattarsi a cucinare la cola-zione al figlio e deve promettere al figlio di preparargli le stesse frittelle che gli preparava la madre.Il padre è terribilmente goffo, a tal punto che il figlio gli dice in successione precisa che cosa e co-me deve fare; il padre, innervosito dalla consapevolezza della sua incapacità, della sua poca de-strezza e, soprattutto, della sua scarsa conoscenza delle abitudini del figlio, gli offre alla fine una co-lazione immangiabile. Alla fine del film il padre e il bambino sono ancora in cucina e i due, lavoran-do in sintonia, preparano rapidamente una colazione perfetta.

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Ho portato questo esempio per dire che questo padre aveva imparato, giorno dopo giorno, a starein relazione con il proprio figlio e attraverso una pratica quotidiana era riuscito tangibilmente araggiungere una consapevole “paternità”. Ma allora, è la pratica che fa scattare il cambiamento?

Credo che sia di fondamentale importanza una relazione declinata in un tempo più lento, più vici-no al bambino, più attento alle opportunità che il proprio figlio propone.Un tempo fuori dall’organizzazione dei ruoli, degli orari dell’ufficio: un tempo opportuno che con-senta davvero di stare con l’altro, guardare, ascoltare. Un tempo che permetta di comprendere, ma soprattutto di vivere la capacità di sorprendersi, distupirsi, di ammirare, di attendere, di lasciare posto nella mente all’immagine del bambino realecon cui tutti i giorni facciamo i conti.Passare da “l’essere padre” a “fare il padre” significa recuperare un rapporto quotidiano con i figlidove la dimensione relazionale di ogni giorno permette di fare le cose con un proprio modo perso-nale, mettendosi alla prova, trovando conferme nel proprio agire, cercando conferma nei propricomportamenti.In “Kramer contro Kramer” Dustin Hoffman si confronta con il proprio ruolo in un tempo quotidia-no, momento dopo momento, e lentamente trova il suo modo per fare le cose e si sente gratificatonel farle, accetta le sue incapacità e capisce, giorno dopo giorno, che lo stare insieme, l’accogliere eil condividere insegna anche a fare bene le cose. D’altronde il concetto di accoglienza lo viviamo intensamente anche nei servizi educativi. Ada Ci-gala sostiene che “accogliere è un processo e non un momento e che, come tale, richiede differentitappe, momenti, tempi”.Quando un servizio accoglie una famiglia e pone la sua attenzione sulla figura paterna, quando leeducatrici si pongono domande e fanno riflessioni per poter avere maggiori strumenti ed elementida offrire a se stesse e alle famiglie, quando un’amministrazione e una cooperativa investono fondiper fare ricerca su questa tematica credo che, come dice Alessandra Sala, si possa veramente “aiuta-re i nostri occhi a cogliere, raccogliere, guardare, osservare per capire meglio la relazione che legaun papà con il proprio bambino”.Ma allora dove si colloca la figura del padre oggi rispetto all’infanzia?Quale ruolo assume rispetto al bambino e alla sua educazione?Molte ricerche, compresa la nostra, dimostrano che oggi i padri sono sempre più presenti e semprepiù vicini all’infanzia, trascorrono più tempo con i bambini, attraverso precise modalità di cura, diprotezione e sono creatori di una loro rappresentazione rispetto all’infanzia e alle priorità educative.Dalle educatrici sono emerse molte osservazioni e domande rispetto al ruolo del padre; anch’io, co-me Manuela Lafiandra, riprendo il pensiero dell’educatrice che ha esplicitato: “i papà li dobbiamotenere dentro alla mente”.

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Sono d’accordo nel dire che è un’affermazione di grande forza, ma dobbiamo tenere ben presenteche l’identità paterna è complessa e sfumata, a volte ci può apparire contraddittoria perché in essaconvivono sia la dimensione della presenza sia la dimensione dell’assenza rispetto al ruolo tradi-zionale. Inoltre, e la pongo come domanda, forse i padri hanno il timore di esprimere un’eccessiva femmini-lizzazione di sé.Credo che questa nuova presenza dei padri nell’ambito dell’educazione dei figli richieda la ridefini-zione del ruolo maschile nella necessaria collaborazione con la funzione femminile, per evitare il ri-schio di una implicita confusione di ruoli.

Il ruolo paterno rispetto alla cura e all’educazione è, infatti, un’immagine ancora evanescente,poco definita, non ancora legata a una aggiornata “rappresentazione maschile” nel nostro imma-ginario collettivo.Sono convinta della necessità di riflettere ancora sulla ri-definizione di questa funzione educativa earticolare il nostro pensiero chiedendoci in modo particolare:

• la presenza dei padri nel nido ci ha aiutato a ripensare che può esserci un intervento anchepaterno rispetto al bambino?

• quanto le relazioni quotidiane dei padri con le educatrici hanno “contaminato” un mondoeducativo esclusivamente gestito al femminile?

• quanto le nostre modalità femminili hanno inibito i padri nella relazione intima con il propriofiglio?

• quanto “l’essere con” del padre rispetto al bambino è limitato perché la sua tenerezza è espressacon una modalità maschile?

• quanto riusciamo a leggere la difficoltà di un padre che non svolge una funzione materna, ma cheentra in un terreno che non gli appartiene?

Pensare oggi alla paternità significa, per chi opera nei servizi educativi, partire innanzitutto dallaconsapevolezza che, nel nostro sistema di valori culturali, esiste un concetto di maternità che attri-buisce alla donna la funzione della cura e dell’educazione dei bambini.

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E’ quindi molto opportuno ragionare su una moderna e realistica rappresentazione sociale del ma-schile in relazione ai bambini, magari partendo da alcune riflessioni:

• la cultura dei servizi educativi deve raggiungere la consapevolezza che ogni intervento educativonei confronti di un bambino deve inserirsi in una dimensione triadica e che perciò deve tenereconto del bambino insieme alla madre e al padre;

• lo stare in relazione dell’educatrice nei confronti del bambino deve rispettare le diversità tra ma-schile e femminile;

• la consapevolezza della diversità tra il maschile e il femminile deve stimolare gli interventi educa-tivi sia nei contenuti che nelle relazioni.

Certamente anche queste nostre considerazioni sul tema della nuova paternità dovrebbero aiutar-ci in quella che ritengo essere una “sfida” per i nostri servizi: costruire, da donne quali siamo, proget-ti educativi che tengano insieme, in modo equilibrato, la sfera affettiva e la dimensione socio-co-gnitiva; offrire ai bambini spazi di benessere, quali sono i nostri servizi educativi dove, come diceMarco Fibrosi, si percepisca e si viva “un mondo simbolico diverso” fatto dall’incontro fra due cultu-re: il mondo maschile e quello femminile.

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APPENDICE

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APPENDICE

“PAPÀ MI ACCOMPAGNI AL NIDO?…”Il nido visto dai papà. I papà visti al nido

QUESTIONARIO PER I GENITORIIl Nido è un osservatorio privilegiato del bambino e delle sue relazioni, è un “posto pensato per ibambini”, nel quale essi hanno l’opportunità, nei diversi momenti previsti, di evidenziare modali-tà espressive e comunicative estremamente rivelatrici del loro mondo individuale e relazionale.Il contesto Asilo Nido, essendo nella maggior parte dei casi la prima occasione di "uscita" dallafamiglia e della famiglia, rappresenta uno spazio interessante per osservare le dinamiche interat-tive non solo tra bambini, ma anche tra genitori e figli, soprattutto in momenti così significatividal punto di vista psicologico, quali "la separazione" con il genitore e il "ricongiungimento".A partire da tali premesse, la finalità del presente questionario è quella di conoscere i vissuti e gliatteggiamenti dei genitori nei confronti del Nido, e di capire quali emozioni provano e qualicomportamenti mettono in atto i genitori quando accompagnano i propri bambini al Nido.

I dati raccolti verranno utilizzati a scopo di ricerca. Non siamo interessati al dato singolo ma ai ri-sultati complessivi che emergeranno.

Proprio per questo il questionario è in forma anonima, per cui Le chiediamo di rispondere con lamassima sincerità.Poiché siamo interessati a conoscere l’esistenza di eventuali differenze tra madri e padri, le chie-diamo di rispondere al questionario separatamente rispetto al coniuge.

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Si prega, gentilmente, di restituire il questionario in busta chiusa entro una settimana all’educa-trice di riferimento.

Data di nascita del/la figlio/a: giorno/mese/anno (es.: 22/maggio/2003)

Sesso del/la figlio/a: M F (barrare la risposta corretta)

Sesso del genitore: MADRE PADRE (barrare la risposta corretta)

1) Provi a pensare all’Asilo Nido di suo/a figlio/a…………………………………………………….quali parole le vengono in mente immediatamente? (è possibile indicare più di una risposta)

.......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... ..........................................

2) Accompagna Suo/a figlio/a al Nido?

❐ Sì

❐ No

3) Se ha risposto no, perché (quali impedimenti)?...................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

4) Quali sono, secondo Lei, i possibili rimedi che Le permetterebbero di accompagnare Suo/a fi-glio/a al Nido?

❐ Maggiore flessibilità dell’orario lavorativo

❐ Maggiore flessibilità dell’orario di accettazione al Nido

❐ Cambiamento delle abitudini familiari

❐ Aumento della flessibilità dei ruoli in famiglia

❐ Altro .......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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103

5) Accompagna o accompagnerebbe volentieri Suo/a figlio/a al Nido?

❐ Sì

❐ No

Perché?...................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

6) Mio/a figlio/a, di solito, sa chi lo/la andrà a prendere all'Asilo, cioè qualcuno glielo dice prima?

❐ Sì

❐ No

LE DOMANDE CHE SEGUONO SONO RIVOLTE ESCLUSIVAMENTE AI GENITORI CHEACCOMPAGNANO E\O VANNO A PRENDERE IL PROPRIO FIGLIO\A ALL'ASILO ABITUALMENTEO SALTUARIAMENTE

7) Accompagno mio/a figlio/a al Nido?

❐ Abitualmente (quasi tutti i giorni)

❐ Una-due volte alla settimana

❐ Saltuariamente

8) Vado a prendere mio/a figlio/a al Nido?

❐ Abitualmente (quasi tutti i giorni)

❐ Una-due volte alla settimana

❐ Saltuariamente

9) Quando accompagno mio/a figlio/a al Nido, rispetto alle educatrici mi sento: (è possibileindicare più di una risposta)

❐ Coinvolto

❐ A disagio

❐ Accettato

❐ Non partecipe

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104

❐ In difficoltà

❐ In imbarazzo

❐ Considerato

❐ Distaccato

❐ Capace di affrontare le situazioni

❐ A mio agio

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

10) Quando accompagno mio/a figlio/a al Nido, il momento del distacco è vissuto dal bambinocon disagio?

❐ Molto

❐ Abbastanza

❐ Poco

❐ Per niente

11) Quando accompagno mio/a figlio/a al Nido, il momento del distacco è vissuto da me condifficoltà?

❐ Molto

❐ Abbastanza

❐ Poco

❐ Per niente

12) Quando accompagno mio/a figlio/a al Nido, qual è la modalità di saluto che si realizza piùspesso? (è possibile scegliere anche due risposte)

❐ Ci salutiamo sulla porta della sezione

❐ Lo accompagno in sezione poi ci salutiamo velocemente

❐ Accompagno il bambino in sezione e mi trattengo qualche minuto introducendolo ad una

attività

❐ Lo accompagno in sezione distraendolo con la presenza degli altri bambini, di giochi o atti-

vità in corso

❐ Lo affido all’educatrice

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105

❐ Mi dileguo senza farmi notare dal bambino

❐ Altro ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

13) Mi sento aiutato dalle educatrici nel momento del distacco?

❐ Sì

❐ No

❐ A volte

Perché? ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

14) Come mi sento in seguito all’intervento delle educatrici nel momento del distacco? (è possi-bile indicare più di una risposta)

❐ Accolto

❐ Sostenuto

❐ Sollevato

❐ Disturbato

❐ Escluso

❐ Giudicato

❐ Altro ...................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

15) Quando vado a riprendere mio/a figlio/a al Nido cosa avviene? (è possibile indicare più diuna risposta)

❐ È felice di rivedermi

❐ Mi guarda

❐ Rimane concentrato sui giochi o le attività che sta svolgendo

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106

❐ Si nasconde

❐ Ama farsi rincorrere

❐ Va direttamente verso la porta

❐ Si dirige verso gli armadietti

❐ Mi corre incontro

❐ Altro ...................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

16) Quando vado a riprendere mio/a figlio/a frequentemente mi sento ...........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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107

PROGETTO “PAPÀ MI ACCOMPAGNI AL NIDO?”

QUESTIONARIO PER LE EDUCATRICI

Attualmente, con quale gruppo di bambini lavora?

❐ Lattanti

❐ Piccoli

❐ Medi

❐ Grandi

❐ Gruppo misto

1) Secondo lei, approssimativamente in percentuale, quanti sono i Papà che in questo periodoaccompagnano i bambini al Nido?................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

2) Secondo lei, approssimativamente in percentuale, quanti sono i Papà che in questo periodovengono a prendere i bambini al Nido?

...........................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................

3) Quali sono, secondo Lei, i possibili cambiamenti che permetterebbero ai Papà di accompagna-re o andare a prendere i/le propri/ie bambini/e al Nido? (può indicare più di una risposta)

❐ Maggiore flessibilità dell’orario lavorativo

❐ Maggiore flessibilità dell’orario di accettazione al Nido

❐ Cambiamento delle abitudini familiari

❐ Aumento della flessibilità dei ruoli in famiglia

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

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108

4) Con che frequenza i Papà accompagnano i bambini al Nido?

❐ Abitualmente

❐ Una-due volte alla settimana

❐ Saltuariamente

5) Con che frequenza i Papà vengono a prendere i bambini al Nido?

❐ Abitualmente

❐ Una-due volte alla settimana

❐ Saltuariamente

6) Provi a pensare ai Papà che accompagnano e/o vengono a prendere i/le figli/e al Nido................................. quali parole le vengono in mente? (è possibile indicare più di una risposta)

.......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... ..........................................

7) Provi a pensare alle Mamme che accompagnano e/o vengono a prendere i/le figli/e al Nido................................. quali parole le vengono in mente? (è possibile indicare più di una risposta)

.......................................... .......................................... ..........................................

.......................................... .......................................... ..........................................8) Nel momento della separazione e/o ricongiungimento, quanto spesso capita che i Papà richie-

dano il Suo intervento? (con le parole, lo sguardo, avvicinandosi, ecc….)

❐ Molto

❐ Abbastanza

❐ Poco

❐ Per niente

9) Nel momento della separazione e/o ricongiungimento, quanto spesso capita che le Mammerichiedano il Suo intervento? (con le parole, lo sguardo, avvicinandosi, ecc….)

❐ Molto

❐ Abbastanza

❐ Poco

❐ Per niente

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109

10) Quando interviene nella relazione Padre-Bambino nel momento della separazione/ricon-giungimento, lo fa per quali motivi?

❐ Il Papà me lo chiede espressamente o me lo fa capire (con lo sguardo, avvicinandosi, ecc...)mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Mi accorgo che il Papà si trova in difficoltà e cerco di risolvere la situazionemai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Mi accorgo che il bambino si trova in difficoltà e cerco di risolvere la situazionemai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro .......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

11) Quando interviene nella relazione Madre-Bambino nel momento della separazione/ricon-giungimento, lo fa per quali motivi?

❐ La Mamma me lo chiede espressamente o me lo fa capire (con lo sguardo, avvicinandosi, ecc...)

mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Mi accorgo che la Mamma si trova in difficoltà e cerco di risolvere la situazionemai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Mi accorgo che il bambino si trova in difficoltà e cerco di risolvere la situazionemai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................

12) Quando le capita di intervenire nella relazione Padre-Bambino nel momento della separazio-ne/ricongiungimento, secondo Lei, come si sentono i Padri generalmente?

❐ Accolti mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Sostenuti mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Sollevati mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Giudicati mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Disturbati mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Esclusi mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro .......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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13) Quando le capita di intervenire nella relazione Madre-Bambino nel momento della separa-

zione/ricongiungimento, secondo Lei, come si sentono le Madri generalmente?

❐ Accolte mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Sostenute mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Sollevate mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Giudicate mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Disturbate mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Escluse mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

14) Dopo essere intervenuta nella relazione Padre-Bambino nel momento della separazione/ri-congiungimento, come Si sente generalmente?

❐ Accettata mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Competente mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Intrusa mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Indesiderata mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Utile mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Di disturbo mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Risolutrice mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

15) Dopo essere intervenuta nella relazione Madre-Bambino nel momento della separazione/ri-congiungimento, come Si sente generalmente?

❐ Accettata mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Competente mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Intrusa mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Indesiderata mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Utile mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Di disturbo mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Risolutrice mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

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111

16) Pensa che in generale i Papà, rispetto alle educatrici, si sentano:

❐ Coinvolti mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ A disagio mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Accettati mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Non partecipi mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ In difficoltà mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ In imbarazzo mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Considerati mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Distaccati mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Capaci di affrontare le situazioni mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ A proprio agio mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro ...........................................................................................................................................................................

17) Pensa che in generale le Mamme, rispetto alle educatrici, si sentano:

❐ Coinvolte mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ A disagio mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Accettate mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Non partecipi mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ In difficoltà mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ In imbarazzo mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Considerate mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Distaccate mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Capaci di affrontare le situazioni mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ A proprio agio mai /quasi mai / qualche volta/ sempre

❐ Altro .......................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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QUESTIONARIO D’ODORICO, CASSIBBA, BUONO (1998)

Il seguente questionario è stato appositamente costruito per la rilevazione delle interazioni trapari all’Asilo Nido (D’Odorico, 1998), ed inoltre già utilizzato con Educatrici di Asilo Nido (D’Odo-rico, Cassibba, Buono, 1998).Le varie voci del questionario descrivono comportamenti osservabili durante le attività propostequotidianamente al Nido.Le chiediamo di pensare a ciascun bambino e di indicare, per ognuno dei comportamenti pro-posti, la frequenza (raramente / qualche volta / abbastanza spesso / molto spesso) con la qualeun determinato comportamento si manifesta.

Nome del bambino osservato (non è richiesto indicare il cognome):

❐ Educatrice di riferimento

❐ Educatrice non di riferimento

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE DELLE INTERAZIONI TRA PARI ALL’ASILO NIDO

1. Il bambino preferisce giocare da solo e allontana i compagni se gli si avvicinano.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

2. Il bambino cerca di giocare stando vicino ai compagni, anche se questi sono impegnati in

attività diverse da quelle da lui intraprese.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

3. Il bambino cerca di giocare stando vicino all’insegnante.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

4. Gioca di preferenza con alcuni compagni piuttosto che con altri?

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

5. Si impadronisce dei giochi degli altri compagni anche se questi protestano.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

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6. Cede facilmente i giocattoli se un altro bambino glie li chiede.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

7. Gli altri bambini cercano spontaneamente di coinvolgerlo in giochi comuni.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

8. Deve essere sollecitato dall’insegnante perché giochi insieme agli altri.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

9. Chiede insistentemente l’attenzione dell’insegnate, anche quando questa è impegnata con

altri bambini.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

10. E’ oggetto di aggressioni fisiche da parte di altri compagni.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

11. Aggredisce fisicamente gli altri compagni (spinge, graffia, tira i capelli, ecc.).

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

12. Se un compagno piange, per un qualche motivo, si avvicina e tenta di consolarlo.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

13. Se un compagno è in difficoltà, cerca di aiutarlo.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

14. E’ affettuoso con i compagni (carezze, baci).

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

15. Mostra la gioia o il divertimento in modo evidente durante il gioco con i compagni.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

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114

16. Riesce a giocare in modo collaborativo con un compagno (ad esempio fare insieme una co-

struzione, colorare insieme un disegno, giocare insieme a “mamma casetta” ecc.).

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

17. Mostra comportamenti imitativi nei confronti dei compagni.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

18. Durante il pasto chiacchiera con i compagni al suo tavolo.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

19. Se il bambino è assente dalla scuola, i compagni si accorgono della sua mancanza e chiedo-no di lui all’insegnante.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

20. Quando il bambino torna all’asilo dopo un periodo di assenza, qualche compagno lo salutain modo particolare.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

21. Gli altri bambini imitano il suo comportamento (ad esempio se inventa un gioco anche gli al-tri dopo lo rifanno)

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

22. Quando si avvicina a un gruppo di bambini che sono impegnati in qualche attività, vienerespinto.

❐ raramente ❐ qualche volta ❐ abbastanza spesso ❐ molto spesso

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115

GRIGLIE DI OSSERVAZIONE

BAMBINO (SEPARAZIONE) Mai Poco Abb. Molto COMMENTIRicerca il contatto fisico con il padreMostra espressività emotiva positiva (felicità, entusiasmo, stupore..)Mostra espressività emotiva negativa (tristezza, rabbia, aggressività..)Si esprime verbalmente (vocalizzi, parole..)Mostra resistenza alla separazioneMostra evitamento rispetto alla figura del padreSi avvicina all'educatriceSi avvicina ai giochiSi avvicina ai bambiniOsserva senza agire

PADRE (SEPARAZIONE E RICONGIUNGIMENTO)Ricerca il contatto visivo (sguardo) con il bambinoRicerca il contatto fisico con il bambinoMostra espressività emotiva positiva (felice, entusiasmo, stupore..)Mostra emotività espressiva negativa (tristezza, rabbia, aggressività..)Si esprime verbalmente Si mostra infastidito dall'atteggiamento del bambinoTenta di distrarre il bambino spostando la sua attenzione sui giochiTenta di distrarre il bambino spostando la sua attenzione sugli altri bambini

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PADRE (SEPARAZIONE E RICONGIUNGIMENTO) Mai Poco Abb. Molto COMMENTI

Richiede l'intervento dell'educatrice

(con lo sguardo, verbalmente, avvicinandosi..)

Tenta di contenere le emozioni del bambino:

SU COMP/SU EMO

Si dilegua senza farsi notare dal bambino

Saluta il bambino

Affida il bambino all'educatrice

Preannuncia al bambino chi lo verrà a

prendere nel pomeriggio

BAMBINO (RICONGIUNGIMENTO)

Ricerca il contatto visivo (sguardo) con il padre

Ricerca il contatto fisico con il padre

Mostra espressività emotiva positiva

(felicità, entusiasmo, stupore..)

Mostra espressività emotiva negativa

(tristezza, rabbia, aggressività..)

Si esprime verbalmente (vocalizzi, parole..)

Mostra resistenza rispetto alla figura del padre

Mostra evitamento rispetto alla figura del padre

Si avvicina all'educatrice

Si avvicina ai giochi

Si avvicina ai bambini

Osserva senza agire

Corre incontro al papà

Si nascondeSi accorge dell'ingresso del papà ma rimane impegnato nell'attività che sta svolgendo

Si fa rincorrere

Si avvicina all'uscita

Si dirige verso gli armadietti

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DOPO SEPARAZIONE E Mai Poco Abb. Molto COMMENTI

PRIMA RICONGIUNGIMENTO

Cerca il contatto fisico con l'educatrice

Cerca il contatto visivo (sguardo) con

l'educatrice

Cerca il contatto con gli altri bambini

Esplora l'ambiente

Osserva senza agire

Gioca

Richiede direttamente o indirettamente il papà

(si avvicina alla porta, richiede la giacca, chiede

esplicitamente..)

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GALLERIA FOTOGRAFICA

I Relatori

Pietro SegataPresidente Cooperativa Sociale Società Dolce

Annamaria DapportoAssessore alle Politiche Sociali edEducative per l’Infanzia e l’Adolescenza della RegioneEmilia Romagna

Stefania MiodiniReferentedel Coordinamento Pedagogico Provinciale di Parma

Giuseppe CerriSindaco Comune di Fidenza

Gabriele FerrariAssessorealla Scuola della Provincia di Parma

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Caterina SegataResponsabileArea Sede InfanziaCooperativa SocialeSocietà Dolce

Paolo VaccaroResponsabile Area Nord-OvestCooperativa Sociale Società Dolce

Mattia ToscaniSociologoUniversità degli Studi di Parma

Pinì GennariCoordinatore Pedagogicodel Comune di Fidenza

Paolo NoriScrittore

Marco FibrosiFormatore e Progettistainterventi formativi

Manuela LafiandraPedagogista e Coordinatore ResponsabileCooperativa Sociale Società Dolce

Alessandra SalaRicercatriceUniversità degli Studi di Parma

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Testimonianze fotografiche convegno

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La presente pubblicazione è stata interamente realizzata nel rispetto della natura utilizzando carteecologiche, e più precisamente:

• Copertina: Carta Freelife Woodstock Arachide 285 gr. (Prodotta e distribuita in Italia da Fedrigoni)Carta di lunga durata non patinata ottenuta dall’impasto riciclato ecologico composto per l'80% da fibrepost-consumer di pura cellulosa deinchiostrata e da un 20% di pura cellulosa E.C.F. (elemental chlorine free),è completamente biodegradabile e ricilabile. Utilizza fibre provenienti da foreste a coltivazione integrata so-stenibile, in cui viene effettuata una politica di taglio controllato e riforestazione. É conforme alla direttivaC.E. 94/62 che stabilisce il livello massimo di metalli pesanti e si avvale di processi di produzione “Acid Free”.

• Interno: Carta Cyclus offset 100 gr.(Prodotta in Danimarca da Dalum e distribuita in Italia da Polyedra)Cyclus è una carta realizzata impiegando interamente fibre riciclate post-consumer (100% Riciclato). Nulla diciò che viene utilizzato nel processo produttivo viene eliminato e, anche gli scarti provenienti dalla lavorazio-ne sono a loro volta riutilizzati per la combustione, la produzione di fertilizzanti e di materiali per l’edilizia.Cyclus è certificata Ecolabel.

La copertina non è stata volutamente plastificata per non invalidare la riciclabilità delle carte scelte. Il nostro è un piccolissimo sforzo per dimostrare che, se lo vogliamo, ognuno di noi nelle scelte quotidianepuò fare qualcosa per migliorare il nostro pianeta.

Finito di stampare nel mese di giugno 2009

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