71 settembre 2019 - associazione ''amici di gabry'' onlus

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71 71 Anno XVIII - n. 71- Settembre 2019 - Periodico Trimestrale - Spedizione Poste Italiane S.P.A. - c/c 16386245

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“Se vuoi un anno di prosperità, fai crescere il grano

Se vuoi dieci anni di prosperità, fai crescere gli alberi

Se vuoi cent’anni di prosperità, fai crescere le persone.”

Ringraziamo le aziende che con il loro contributo ci permettono di crescere giorno per giorno e portare avanti iniziative come questo giornale.

“Se vuoi un anno di prosperità, fai crescere il grano

Se vuoi dieci anni di prosperità, fai crescere gli alberi

Se vuoi cent’anni di prosperità, fai crescere le persone.”

Un riconoscimento particolare alle aziende che hanno collaborato alla realizzazione del nostro“Centro Clotilde Finardi” in via Fermo Stella,17 a Caravaggio

ELLEBIdi LEGRAMANDI BERNARDINO

IMPIANTI ELETTRICIANTENNE TERRESTRI E SATELLITARI

IMPIANTI ANTIFURTOAUTOMAZIONE CANCELLI

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EDITORIALE 3“Emozioni”Angelo Frigerio

SPAZIO SCIENTIFICO 4“L’ Hospice di Treviglio: 3 anni diattività al servizio di tutti”Dott. Riccardo Valente

SPAZIO TECNICO 6“I Linfomi”Dott.ssa Daniela Petrò

SPAZIO CULTURA 8“Lautrec e la Torre di Filarete”Arch. Erminio Bellini (”Mimmo”)

SPAZIO PSICOLOGICO 10“Claudia racconta”“Anni speciali”Dott.ssa Luisa Bonetti

SPAZIO ASSOCIAZIONE 12“Felici di esserci “2019”9 giugno XVIII Green Day 7 luglio giornata a Fuipiano

SPAZIO BENESSERE 20“Primavera/Estate 2019: l’orto é stato un disastro”Adalberto Salvatore Sironi

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SOMMARIO

COMITATO SCIENTIFICOBarni Sandro Bonetti Luisa Cremonesi Marco Cabiddu Mary Petrelli Fausto

COMITATO Dl REDAZIONEBonetti Luisa Barni Sandro Cabiddu MaryMara GhilardiKaren Borgonovo

DIRETTORE RESPONSABILEFrigerio Angelo

VICEDIRETTORECremonesi Marco

SEGRETERIAFrigerio Enrico Tel. 0363-314151 Fax 0363-314121 [email protected]

PROGETTO GRAFICOStudio Origgi Via Mac Mahon, 78 - 20155 MILANO

REALIZZAZIONE GRAFICAVenturini Fiorenzo - Treviglio

STAMPATipocarto Via L. D a Vinci - 24043 Caravaggio (Bg)

EDITOREAssociazione “Amici di Gabry” ONLUSVia Matteotti, 125 - 24045 Fara G. d’Adda (Bg)

N. AUTORIZZAZIONE 34Del 06 Luglio 2001 Tribunale di Bergamo

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71Copertina “Piazze di Treviglio”realizzata dagli alunni: Falco Sara, Fasolato Martina,Luppina GiadaGruppo di lavoro classe 4 Istituto d’ IstruzioneSuperiore StataleLiceo Artistico“S. Weil” Treviglio

Page 4: 71 SETTEMBRE 2019 - Associazione ''Amici di Gabry'' ONLUS

VIA ISTRIA 1 (PIP 2) - 24047 TREVIGLIO (BG)

www.muracril.com

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ITO

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LE

ASSOCIAZIONEAMICI DI GABRYTel. e Fax 0363 [email protected]

CHI INCONTRATE?Donne disponibili all'ascoltoMedicoSpecialisti del settore: Oncologo, Senologo, Esperti di Medicina AlternativaPsicologo

DOVE SIAMO:"Associazione Amici di Gabry"V.le Oriano, 2024047 Treviglio (BG)Martedì e Venerdì dalle ore 9.30 alle 11.30Tel. 0363 305153

DH OncologicoASST - Bg OvestOspedale di TreviglioLunedì, Mercoledì e Giovedìdalle ore 9,30 alle 11,30Tel. 0363 424739

Centro formazione e ascolto“Clotilde Finardi” via Fermo Stella, 13Caravaggio (BG)

COLLABORAZIONESe diventi socio/a sostenitore, anche conun piccolo contributo, potenzierai il progetto che coinvolge ognuno di noi.

ASSOCIAZIONE “AMICI DI GABRY”ONLUSSede legale:Via Matteotti 12524045 Fara d’AddaP.I.: 02645050168Cod. IBAN: IT 92 D 08899 53643 000000210230Credito Cooperativo di Treviglio

c/c postale 16386245

EMOZIONI

Capire tu non puoi, tu chiamale sevuoi... emozioni... (Lucio Battisti)

In questo numero voglio dare risalto attra-verso fotografie e scritti ai due eventi chehanno caratterizzato la nostra attività inquesta estate afosa... i nostri due appun-tamenti che oramai ci impegnano da annie che ci riempiono di emozioni: ilGreenDay e la Gita in montagna.

Dal punto di vista organizzativo due suc-cessi che ci permettono di essere feliciperché abbiamo percepito che tra volonta-ri (anche i sanitari lo sono) e pazienti si èinstaurato un rapporto di fiducia e di con-divisione che va oltre all’ amicizia.

Nelle nostre aspirazioni iniziali c’eranoquelle di creare un rapporto empatico tratutti i partecipanti togliendo gli ostacoli chelo status di ognuno creava come fosse unabito che condizionava il proprio ruolo: ilmedico con il suo camice ed il pazienteimpegnato a combattere la sua battaglia,l’ambiente dove si svolge il rapporto e lapropria mente, stimolando una relazionesociale dove ognuno riconosce le emozio-ni degli altri ed avere la certezza che glialtri riconoscano le nostre, creando intera-zioni proficue.

Anche dopo l’invenzione di internet, glistrumenti magici per abolire le distanze dispazio e di tempo non sono le chat o lenote vocali o i social: sono le emozioni equi ne abbiamo avute a iosa!

Grazie a tutti.

Angelo FrigerioDirettore responsabile.Presidente della associazione “Amici di Gabry”

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lizzate sulla qualità della vita delmalato e considerano il morire unprocesso naturale. Oltre a migliorarela qualità della vita, le cure palliativepossono aiutare i pazienti a capire erielaborare le loro scelte circa le curemediche.Le cure palliative sono realizzate daun’équipe multidisciplinare (medici,infermieri, psicologi, operatori socio-sanitari e assistenziali, assistentisociali, assistente spirituale, volonta-ri) e coinvolgono sia il paziente sia lasua famiglia.Struttura Residenziale per le CurePalliative, l’Hospice accoglie, a tota-le carico del Sistema SanitarioRegionale, senza alcun onere per l’u-tente e la sua famiglia, persone affet-te da malattie inguaribili in fase avan-zata o evolutiva con prognosi quodvitam a breve termine.L’hospice è una piccola struttura resi-denziale con camere singole dotatedi poltrona-letto per l’eventuale per-nottamento di un parente-accompag-natore, è un luogo adatto a realizza-re le cure palliative nel momento incui non vi sono i requisiti per unaassistenza al domicilio. Le caratteri-stiche strutturali e organizzative dell’-hospice (ampia garanzia di privacy epresenza di spazi comuni, accessibi-lità della struttura a parenti e amici inampie fasce orarie tutti i giorni, pos-sibilità di riscaldare piccoli pasti inloco, estrema flessibilità e persona-lizzazione delle cure) ricreano unambiente tranquillo e confortevole,che favorisce il mantenimento delle

Se voi o i vostri cari state affrontandouna malattia grave, probabilmenteavrete sentito molto parlare del trat-tamento del dolore. Potreste ancheaver sentito i termini “cure palliative”o “hospice”

e cure palliative rappresentanol’assistenza attiva e globaleprestata al paziente. Possono

essere fornite insieme al trattamentocurativo e non dipendono dalla pro-gnosi; i servizi possono essere utili aqualsiasi persona che presenti dis-agio generale e disabilità in qualsiasifase dell’evoluzione della malattia. Le cure palliative diventano inveceprioritarie quando la malattia nonrisponde più alle terapie aventi comescopo la guarigione ma assume pri-maria importanza il controllo deglialtri sintomi, dei problemi psicologici,sociali e spirituali; sono perciò foca-

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relazioni sociali e parentali in unclima familiare.L’hospice, al contrario dell’ospedale,è un luogo di cura, non di diagnosi. Itrattamenti sono diretti al controllodei sintomi e non a quello dellamalattia e la durata della degenza èlegata alla valutazione clinica dellecondizioni del paziente da parte delpersonale sanitario; a stabilizzazionedei sintomi, viene poi favorito il ritor-no al proprio domicilio con il suppor-to dell’Unità di Cure Palliative domici-liari.Il programma di Assistenza Palliativache viene messo in atto nella nostrastruttura, riguarda una serie di pre-stazioni caratterizzate da un approc-cio olistico di assistenza al malato,che affronta tutti i problemi clinici,etici, assistenziali, psicologici, emoti-vi, sociali, culturali e spirituali daparte di un’équipe multidisciplinare.Durante il ricovero in Hospice vengo-no effettuate: • visite mediche;• rimodulazione delle terapie farma-cologiche che saranno mirate al con-trollo dei sintomi secondo gli obiettivispecifici delle cure palliative e non alcontrollo della malattia;• assistenza infermieristica;• assistenza totale alla persona;• assistenza psicologica;• monitoraggio delle condizioni clini-che con l’ausilio di strumenti noninvasivi;• valutazione da parte dell’assistentesociale soprattutto in previsione dieventuali dimissioni;L’équipe multidisciplinare dell’Hospi-ce è in contatto continuo con l’Unitàdi Cure Palliative Domiciliari (UCPDom) integrandone l’attività e assicu-rando la continuità assistenziale aimalati e ai loro familiari, anche nell’e-ventualitò si tratti di ricoveri tempora-nei.Per attivare il servizio di assistenza inHospice è richiesto un colloquioconoscitivo tra la famiglia (e il malatose lo desidera) e gli operatori del ser-vizio che si prenota contattando ilnumero unico provinciale (035385085) vera porta d’ingresso a tutti

gli hospice bergamaschi. Questo col-loquio serve a valutare e conoscereinsieme alla famiglia la storia clinicadel malato, le sue necessità e l’effet-tiva possibilità di attivazione del ser-vizio

Nello schema i ricoveri effettuati negli8 posti letto dell’Hospice FONDA-ZIONE ANNI SERENI onlus diTreviglio (dati 2019 aggiornati aluglio)

anno n° pazienti giornate degenza giorni degenza media

2016 57 887 15

2017 57 673 11,8

2018 138 1648 12

2019 104 1165 11,2

Sostieni “Amici di Gabry”Dona il tuo 5 per milleindica il codice fiscale

della nostra associazione:02645050168

(La destinazione del 5 per mille non interferisce con quella

dell’ 8 per mille per le opere socialidello Stato e delle Chiese.)

Per ogni informazione,seguici anche online:www.amicidigabry.it

Dott. Riccardo ValenteResponsabile HospiceAnni Sereni Treviglio

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Durante le “intense” giornate di lavoro quan-do fuori dalla nostra porta ci sono code dipazienti che aspettano di essere visitati,capita di frequente che entrando, qualcuno,con sguardo comprensivo a fronte dellenostre scuse ci dica ”... del resto noi pazien-ti oncologici siamo sempre di più... a voi illavoro non manca mai...”.

rendendo spunto dalla nostra quoti-dianità vogliamo darvi qualchenumero più preciso relativo alla

malattia “cancro” utilizzando come riferimen-to bibliografico la settima edizione del 2017del volume “I numeri del cancro”. Questo testo è frutto della collaborazione tradue Società Scientifiche, l’AssociazioneItaliana di Oncologia Medica (AIOM) el’Associazione Italiana dei Registri Tumori(AIRTUM) e ci consente di avere un quadroaggiornato dell’epidemiologia oncologica inItalia, evidenziando sia i risultati ottenuti chele criticità ancora presenti. Ogni giorno in Italia circa 1000 persone rice-vono la diagnosi di tumore a testimoniare larilevanza della patologia oncologica e glisforzi che devono essere fatti in termini diprevenzione primaria per ridurre il rischio diammalarsi. L’allora Ministro della Salute (B. Lorenzin)nella Prefazione a tale volume sottolineavacome i dati emersi riconfermassero la buonaqualità del nostro sistema sanitario nella suaglobalità: la sopravvivenza in Italia risultaallineata alla media europea e per molti tipidi tumore è superiore. “Quello che venivaconsiderato un tempo un male incurabile”scriveva la Lorenzin” è divenuto in molti casi

una patologia da cui si puo’ guarire o comun-que con cui si puo’ convivere”. Negli ultimi decenni si è assistito a uncostante incremento della prevalenza dipazienti oncologici: erano 2 milioni e 244mila nel 2006, sono aumentati sino a oltre 3milioni nel 2017, ne sono previsti 4 milioni emezzo nel 2020Il trend di incidenI Linfomi sono tumori cau-sati dalla proliferazione incontrollata di unparticolare tipo di globulo bianco: il linfocita.I linfociti sono cellule del sistema linfaticoche hanno il compito di proteggere il corpodalle infezioni, infatti circolano nel sangue ein tutti gli altri organi del corpo alla ricerca diantigeni estranei da eliminare. I linfociti sono presenti nei linfonodi (ghian-dole linfatiche), nel midollo osseo, nellamilza e la malattia può diffondersi attraversoil sangue e/o i vasi linfatici ad altri linfonodiod organi. Abbiamo due tipi di linfociti: i linfo-citi B e i linfociti T. Nel mondo occidentale la stragrande mag-gioranza dei linfomi origina dai linfociti B,quelle cellule che una volta maturate diven-tano plasmacellule e producono gli anticorpi,cioè le proteine che ci difendono dagli insul-ti estranei come le infezioni. Il linfoma è untumore che origina da queste cellule e aseconda dello stadio maturativo della celluladi origine la malattia sarà più o menoaggressiva. I linfomi sono suddivisi in due gruppi: linfo-ma di Hodgkin (LH), dovuto alla trasforma-zione dei linfociti B e linfomi non Hodgkin(LNH), in cui possono essere coinvolteentrambe le tipologie di linfociti (B e T).L’incidenza è di 19-20 casi su 100.000 abi-tanti l’anno. Si stima che ogni anno in Italiasi ammalino di linfoma circa 15-16 mila per-sone. Il linfoma di Hodgkin (LH), che prende ilnome dal primo medico he lo ha descritto nel1832, è caratterizzato dalla presenza di cel-lule chiamate di Reed-Stemberg o cellule diHodgkin. Può presentarsi in soggetti di tuttele età, ma è più frequente nei giovani adultifra i 15 e i 35 anni. L’incidenza è di circa 3-4casi su 100.000 abitanti ogni anno. Nellamaggior parte dei pazienti il primo sintomo èil rilevamento, spesso casuale, di linfonodiaumentati di volume al collo, alle ascelle oall’inguine, non dovuti ad infezioni. I linfonodi ingrossati sono in genere nondolenti. Altri sintomi possono essere la pre-senza di febbricola o febbre persistente,

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sudorazioni notturne profuse, diminuzionedel peso corporeo o prurito (sintomi sistemi-ci). Per la diagnosi è necessaria la biopsiadel linfonodo interessato e il successivoesame istologico. Talvolta i linfonodi ingros-sati si trovano in sedi profonde come ilmediastino (regione anatomica situata neltorace tra i polmoni) o l’addome: in questicasi possono raggiungere dimensioni consi-derevoli prima di essere riconosciuti e pos-sono manifestarsi con segni indiretti cometosse, difficoltà respiratoria o dolore addomi-nale. Una volta ottenuta la diagnosi istologica èindispensabile effettuare la stadiazione dellamalattia per valutarne l’estensione medianteesami ematochimici e strumentali (ecografia,TAC collo-torace-addome, PET, biopsiaosteomidollare). La classificazione del linfo-ma di Hodgkin distingue 2 sottocategorie: ilLH classico e il LH a predominanza linfocita-ria. Il LH classico è distinto in 4 sottotipi: asclerosi nodulare, ricco in linfociti, a cellulari-tà mista, a deplezione linfocitaria. Il trattamento si basa su una polichemiotera-pia, solitamente somministrata in regimeambulatoriale, associata o meno a radiotera-pia, secondo programmi che dipendono dafattori come lo stadio (estensione dellamalattia e sintomi sistemici) e il tipo di malat-tia, l’età del paziente e le condizioni di salu-te generali. Lo schema di chemioterapia più diffusamen-te impiegato nel mondo è l’ABVD, dalle ini-ziali dei farmaci che lo compongono. In molticasi il trattamento porta alla guarigione defi-nitiva. In caso di mancata risposta alla tera-pia o di recidiva è possibile ricorrere a tratta-menti di seconda linea e anche al trapiantodi cellule staminali, autologo (con cellule pre-levate dallo stesso paziente) o allogenico(con cellule provenienti da un donatore). I recenti progressi della ricerca hanno per-messo di sviluppare nuovi farmaci biologicicome il Brentuximab-Vedotin (un anticorpoche riconosce la molecola CD30 sulle cellu-le malate e che veicola una tossina al lorointerno, distruggendole in maniera selettiva)o gli inibitori di PD-1 e PD-L1. I linfomi non Hodgkin (LNH) rappresenta-no in Italia circa il 3% di tutte le neoplasie.Possono presentarsi in soggetti di tutte leetà, ma sono più frequenti negli adulti in par-ticolare dopo i 65 anni. Si distinguono i LNHche derivano dai linfociti B (la forma piùcomune nel mondo occidentale) da quelliche derivano dai linfociti T (più rari nelmondo occidentale). Un’ulteriore classificazione li suddivide in 2categorie principali: i linfomi a basso gradodi malignità (indolenti, a crescita lenta), sisviluppano lentamente, possono non causa-re sintomi e a volte non richiedono alcunaterapia per molto tempo, alcuni tipi hannoottime probabilità di guarigione completa,

altri tendono a ripresentarsi e a cronicizzare. I linfomi ad alto grado di malignità(aggressivi, a crescita rapida), di solito sonoaccompagnati da sintomi, progrediscono piùrapidamente e richiedono trattamenti piùintensivi in tempi brevi; spesso però è possi-bile ottenere la guarigione dalla malattia. Anche i linfomi non Hodgkin possono pre-sentarsi con ingrandimento dei linfonodi indiverse sedi e sintomi sistemici. Oltre ai lin-fonodi possono interessare nel 15-20% deicasi tessuto linfoide di altre sedi, quali il trat-to gastrointestinale, il sistema genitourinario,il sistema nervoso centrale, la mammella, leghiandole lacrimali, la tiroide e la cute. Per la diagnosi è sempre necessaria la biop-sia del linfonodo interessato (o dell’organointeressato) e il successivo esame istologi-co. Una volta ottenuta la diagnosi istologicaè indispensabile valutare l’estensione dellamalattia (stadiazione) mediante le stesseindagini utilizzate per il linfoma di Hodgkin. In casi selezionati sono indicati ulterioriesami: gastroscopia o colonscopia, punturalombare. La scelta del trattamento più adatto dipendeda diversi fattori come lo stadio e il tipo dimalattia, l’età del paziente e le sue condizio-ni di salute generali. Il trattamento si basa suchemioterapia (in genere a base di diversecombinazioni di farmaci) e radioterapia, uti-lizzate da sole o in combinazione. La chirur-gia è utilizzata solo raramente. I farmaci biologici rivestono un ruolo moltoimportante nella cura dei LNH: l’anticorpomonoclonale Rituximab (Mabthera), peresempio, è in grado di colpire in modo selet-tivo una molecola (l’antigene CD20) presen-te sulla superficie delle cellule tumorali, inaltri casi gli anticorpi monoclonali possonoessere legati a una molecola radioattiva cherilascia la radiazione proprio a livello dellacellula malata. Se la malattia non risponde altrattamento o si ripresenta dopo la terapiainiziale, è possibile ricorrere a trattamenti diseconda linea e anche al trapianto di cellulestaminali, autologo o allogenico. Nella ricerca sui linfomi, la prospettiva piùinteressante è la possibilità di trovare ap-procci terapeutici cosiddetti chemo-free, chenon contengono al loro interno agenti che-mioterapici. Ci sono farmaci biologici oggiassunti per via orale che hanno dimostrato diavere efficacia esattamente come l’immuno-chemioterapia convenzionale.

Daniela PetròOncoematologaASST - Bg OvestTreviglio

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Curiosità tra storia e leggendaliberamente assemblate daErminio Bellini

a caratteristica torre che sor-monta l’ingresso principale delcastello sforzesco di Milano fu

costruita nel 1452 su progetto dell’ar-chitetto Antonio Averulino detto ‘ilFlarete’, uomo di grande cultura, chescrisse anche trattati di architettura edi urbanistica teorizzando per primo ilconcetto di ‘città ideale’ a cui diede ilnome di ‘Sforzinda’ in dedica al ducaFrancesco Sforza, lasciò il segno delsuo passaggio a Milano anche inaltre opere quali il complesso della‘Ca Granda’ nota come il più grande

ospedale mai visto, oggi sededell’Università.

La sera del 28 giugno 1521, quandola città era sotto dominazione france-se, la torre, allora adibita a depositodi munizioni, andò completamentedistrutta a seguito di una devastanteesplosione. Le cronache dell’epocanarrano che la causa fosse da attri-buire ad un fulmine abbattutosi sulpoderoso torrione, altre parlano di unerrore di un soldato; per contro inquell’evento morirono centinaia disoldati francesi. Governatore dellacittà e dello Stato di Milano era Odetde Foix visconte di Lautrec (a noi tre-vigliesi noto per la vicenda delMiracolo della Madonna delleLacrime, del 28 febbraio dell’annosuccessivo).

Questa la storia ufficiale! Ma da sem-pre tra il popolino circola e si traman-da un’altra versione dei fatti ovveroche in quell’inizio d’estate del 1521, ilgovernatore francese, da notti nonriusciva a chiudere occhio per lo stri-dore metallico proveniente dal cam-panile della chiesa palatina di S.Got-tardo, attigua al palazzo ducale overisiedeva, sulla sua sommità c’erauna statua girevole dell’ArcangeloMichele che, ad ogni colpo di vento,ruotava su se stessa producendo losgradevole cigolìo che disturbava isonni del Lautrec, già tormentati peril crescente malumore della popola-zione contro il malgoverno francese.

La rivolta serpeggiava in città e lostridulo vessillo sul campanile giun-geva alle orecchie del Lautrec comeun continuo e lugubre avvertimentodi ciò che di lì a poco sarebbe real-mente successo (a novembre egli

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cia e non sbagliò il bersaglio.

Per essere certi che non fosse vistoda alcuno il Bombarda fu convinto alasciarsi rinchiudere nella stessapostazione da cui aveva sparato, conla promessa che il mattino seguentesarebbe stato portato fuori città eliberato con la fidanzata, ma, con ilpassare delle ore questo cominciò asospettare che i francesi non sareb-bero stati di parola e il dubbio diven-tò certezza quando a sera udì prove-nire dal disotto le grida disperate diAssuntina, che il comandante dellaguarnigione aveva lasciata in baliadegli uomini della guarnigione.

Non ci volle molto perché il Bombar-da, impossibilitato a soccorrerla es-sendo rinchiuso e vistosi anch’essoperduto, accecato dall’ira e ormaifuori di senno, trovasse sfogo cari-cando l’arma già usata per il S.Mi-chele e puntandola alla polveriera.L’immane esplosione che ne seguì fula vendetta che tutto e tutti travolsenell’infernale rovina. Più di 300 furo-no i morti.

Ci vollero più di due secoli (1735)prima che la statua dell’ArcangeloMichele fosse risistemata sul campa-nile della chiesa di S.Gottardo e soloagli inizi del 1900 la torre del Fileretefu riedificata con un massicciorestauro ricostruttivo dell’architettoLuca Beltrami, in base ai disegni delXV secolo.

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dovette abbandonare Milano rifu-giandosi a Cremona; poi fu definitiva-mente sconfitto nella battaglia dellaBicocca il successivo 27 aprile1522). Il generale era determinato adeliminare con qualsiasi mezzo lafonte di quel fastidioso rumore.

Quella mattina, recatosi al castello(sforzesco), sede della guarnigionemilitare, venne informato dal coman-date della guarigione dell’avvenutacattura di un noto corriere del DucaSforza, introdottosi in città per contat-ti con i sovversivi e scovato in casadella fidanzata Assuntina, dove sierano appostati per tempo i francesisu segnalazione degli informatori.

Quella mattina, recatosi al castello(sforzesco), sede della guarnigionemilitare, venne informato dal coman-date della guarigione dell’avvenutacattura di un noto corriere del DucaSforza, introdottosi in città per contat-ti con i sovversivi e scovato in casadella fidanzata Assuntina, dove sierano appostati per tempo i francesisu segnalazione degli informatori.

Era costui un ex archibugiere svizze-ro conosciuto con il sopranome di‘Bombarda’ per l’eccezionale abilità eprecisione nell’uso dell’artiglieria eritenuto uno degli uomini più validi alservizio dello Sforza; rifiutatosi di col-laborare nella decifrazione del mes-saggio che recava con sé, il coman-dante della guarnigione ne propone-va l’impiccagione, sottoponendonel’ordine al Lautrec, al quale, avute leinformazioni sul personaggio, vennein mente un’idea.

Si fece accompagnare alla cella delprigioniero e gli promise salva la vitaper sé e per la fidanzata se fosseriuscito ad abbattere con un sol colpodi. artiglieria la statua sul campaniledi S.Gottardo, sì che sembrasse unincidente. Il Bombarda accettò.

I tre, al nascosto da occhi indiscreti,si recarono in una postazione al chiu-so nella parte alta della fortezza,armata di cannone e il prigioniero,conscio di giocarsi la vita in un solcolpo, dopo scrupolose messe apunto dell’arma, diede fuoco alla mic-

Erminio Bellini(“Mimmo” per gli amici)Architetto trevigliese,ricercatore e storicoappassionato del ‘500

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Parliamo ancora di bambini e dicome parlare loro della malattia diun genitore...

gni genitore vorrebbe proteg-gere i propri figli dalla soffe-renza, però quando si affronta

una malattia come il tumore, non sipuò impedire che anche i propri figliaffrontino le sensazioni ad essa col-legate. Per questo io ho scelto dicomunicare con loro, spiegandoglicosa stavo attraversando e qualisarebbero stati i cambiamenti che ilmio corpo avrebbe manifestato.Abbiamo condiviso insieme la sensa-zione di paura che una malattia diquesto tipo si porta dietro, senza vie-tarci di versare qualche lacrima insie-me (in fin dei conti non c’è nulla dimale a dire che si è spaventati, lapaura è normale) anzi, l’aver scelto dicondividere insieme a loro cosastava succedendo li ha fatti comun-que sentire partecipi, gli ha fatto capi-re che noi siamo una famiglia e cometale affronteremo anche questasituazione, tutti insieme.Ho scelto di parlare con loro e dirispondere alle domande di ognuno,secondo le proprie esigenze.In questo modo hanno avuto la pos-

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sibilità di farsi un’ idea più precisa emeno “fantasiosa” riguardo ciò chestava succedendo alla mamma esoprattutto hanno compreso chequesto argomento non deve esserevissuto come un tabù , ma se ne puòparlare, anzi è meglio che faccianotutte le loro domande a noi genitori,che sapremo sicuramente risponde-re in maniera più appropriata alle lorodomande.Gli abbiamo spiegato che le terapieche la mamma avrebbe affrontatoerano speciali, proprio come lamalattia, quindi che erano moltopotenti. Per questo motivo gli è statospiegato che io sarei stata un po’ piùdebole del solito, oppure che avreipotuto perdere i capelli, o anche cheavrei potuto avere mal di pancia.Loro sanno che questi effetti sononecessari e sono effetti “naturali”legati alla potenza della cura, chedeve essere più forte della malattia.Oggi, dopo circa 5 mesi di trattamen-to, averli fatti sentire inclusi ci ha per-messo di trovare un nuovo equilibrioin famiglia, i bambini sanno quandodevo andare in ospedale che ciandrò per fare le mie terapie specia-li, sanno che poi potrei non essere al100% e quando mi vedono giù, miriempiono di coccole, che è la piùdolce delle medicine.Per questo motivo io mi sento di direa tutte le mamme, o i papà, chedovessero trovarsi ad affrontare unpercorso duro come questo, di nonfarlo da soli, di non aver paura nelmostrare i propri sentimenti (e le pro-prie paure) ai propri figli, loro sapran-no capire molto più di quanto nonimmaginiate e sapranno sostenervi edarvi la giusta motivazione più dichiunque altro.

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“ANNI SPECIALI”

Non è facile sintetizzare questi anni trascorsi e vissuti in oncologia: untumulto di emozioni, sentimenti, affetti, volti e storie si sovrappongono nellamia mente.Sono passati 20 anni da allora... un cammino a fianco di tanti persone: medi-ci, infermiere, colleghe, ma soprattutto loro, i nostri pazienti.Di ciascuno ricordo i volti, le emozioni,le parole e i silenzi, e da ognuno ne horicavato una lezione di vita. Ogni persona ha la sua storia da raccontare e ilsuo dono da regalare, un dono che muove e commuove. Ho imparato il valore del coraggio, dell’amore, della speranza, della dignità edella riconoscenza.Poter pensare, comprendere, dare un senso e un nome a quello che alle per-sone sta accadendo,il vivere intensamente insieme all’altro nella tempestadegli eventi, lo considero un grande privilegio.L’incontro con le persone mi ha obbligato a rivisitare continuamente il sensodella vita e dell’esistenza, a ricordarmi del suo valore e della sua imprescin-dibile ricchezza.Ho imparato il senso del tempo, il tempo presente, il tempo che non è maidato per scontato, il tempo per piangere ma anche quello per sorridere, iltempo della possibilità e della speranza, il tempo per “tornare libere di vive-re”.Quante emozioni in questi anni dentro lo studio, il luogo dove poter parlaredella propria sofferenza, della propria paura e della propria rabbia “liberata”senza dover nascondere niente ma cercando una nuova strada per affronta-re un nuovo cammino. Un cammino insieme fatto di momenti difficili ma anchelieti alla ricerca della “leggerezza”, come mi dice spesso Daniela, e dellavoglia di ricostruire anche meglio di prima. Quante volte avete riconosciuto diessere cambiati in meglio, di avre ridato equilibrio alla vostra vita e a quelliche vi stanno vicini.Allora grazie, grazie per le emozioni che ho ritrovato nei vostri sguardi, sguar-di e sorrisi sinceri, tangibili testimoni della fiducia che riponete in chi indossaun camice bianco, che ci permettono ogni giorno di continuare a credere chequello che stiamo facendo abbia un senso profondo.Grazie perchè molti di voi mi hanno insegnato che si può, si ha il diritto divivere al meglio nonostante le limitazioni che la malattia e la sua cronicitàspesso impongono; che ci possono essere una moltitudine di ragioni ed emo-zioni sempre intense per dare un valore diverso alla rpopria vita.Grazie degli sguardi e degli esempi di vita ma anche grazie delle parole sem-plici e profonde che mi hanno accompagnato in tutti questi anni e che mihanno fatto crescere professionalmente ma soprattutto umanamente.

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Luisa BonettiPsico-Oncologadell’AssociazionePsicologa dell’U.O. di Oncologia MedicaASST - Bg OvestTreviglio

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Domenica 9 Giugnoal nostro “XVIII Green Day”

2019

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Anche quest’anno eccoci tutti insieme... appassionatamente: volontari, dottori, amici e pazienti felici di essereancora protagonisti di queste giornate.

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Domenica 7 Luglio tutti ad Arnosto, sui monti di Fuipianoin alta Valle ImagnaPronti?...Via! – 5a edizione

Racconto di un alpino...Chiamarla “gita” è un termine enormemente riduttivo, tanto più che l’attesa di questo incon-tro mi aveva tenuto in trepidazione per molti giorni, quasi fosse una prova od un esame (enon credo solo me e i pazienti).La notte precedente, infatti, mi sembrava di essere tornato a quando mia mamma mi con-cesse per la prima volta di andare a sciare da solo col pullman all’età di 12/13 anni e, comeallora, contai tutte le ore prima d’alzarmi, prevenendo lo scampanellio della sveglia con largoanticipo.Ma per qual motivo mi ha messo in agitazione questo appuntamento, dal momento che aipiedi di questa valle, non fra le più alte, seppur verdissima e misconosciuta, sono cresciuto,ho avuto persino qualche parente e persona che ha frequentato la mia casa per lavoro, vi hocompiuto le giovanili scorribande estive, ho calpestato tutte le pietre delle sue creste sino alResegone, tant’è che mentre risalivo dolcemente i suoi declivi mi tornavano alla mente figu-re note e care che “sono andate avanti”?Non è facile darne una risposta!Il naturale andar su negli anni c’entra poco o nulla, la spiegazione più plausibile risiede nelfatto che la mia vita (come quella di molti altri nelle mie condizioni) è cambiata dacché sonosopravvenute vicende, di salute e no, che ne hanno rivoluzionato il modo di essere, agire epensare.

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Finalmente e fortunatamente si è giunti adun responso chiaro ed inequivocabile che,pur non essendo dei più piacevoli, detta leproprie regole e ti aiuta ad andare avanti.Per la verità non ho mai inveito sul “perchéproprio a me doveva capitare questo“inghippo”, bensì - forte del fatto che avevosubìto importanti interventi sulla mia perso-na - pensavo di esserne ormai immune…come si suole dire “aver già dato”.Ad ogni buon conto, appena il tempo dirisolvere qualche problema familiare, mirivolsi alla struttura oncologica più vicina(non solo in termini geografici) e da subitoho capito che qualcuno si sarebbe occupa-to di me, avrebbe cercato di risolvere i mieiproblemi non solo dal punto di vista clinico,vedendomi trattato alla stregua di uno daaiutare, se non amico a appartenente aduna famiglia.Lo avvertii subito dal primo momento quan-do, frastornato, impaurito e con un pizzicodi pudore, mi recai allo sportello ammini-strativo della struttura ospedaliera per fis-sare la prima visita specialistica oncologica.I tempi per quell’appuntamento furonoaccettabilissimi, ciò nonostante mi tenneroin trepidazione pur senza averne paura. Epensare che fino a poco prima mi si accap-ponava la pelle a sentirne solo il nome!Non potevo non fare queste premesse per-sonali e, proprio con il significativo termine“famiglia” voglio iniziare la mia testimonian-za, la mia piccola cronaca e descriverneimpressioni ed emozioni su di una iniziativache non solo mi ha dato il “placet” di taleconnotazione, ma riveste carattere di asso-luta importanza anche sotto l’aspetto psico-terapeutico.

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quel suo barbone?) e la dottoressaBorgonovo che fungeva da capo gita (ruoloche mi riconduceva anch’esso ai miei ricor-di giovanili).Già vederli con quell’aria un po’ sbarazzina“da ragazzotti “mi tolse qualsiasi dubbio sulvero scopo della gita, non certo a fini turi-stici od escursionistici, ma quello di contri-buire ad appianare le eventuali soggezioni,socializzare, unirci nella normalità della vitadi tutti i giorni, farci sentire amici, se nonaltro appartenenti ad un nucleo dove i pro-blemi si affrontano assieme e ci si può dareuna mano. Allo scopo mi misi ad osservare i miei col-leghi guardandoli negli occhi: niente imba-razzi, sguardi sfuggenti o persi nel vuoto,visi emaciati. Al contrario, saluti, sorrisi,strette di mano. Poche anche le bandane egli ausili di sanità. I discorsi erano volti alle inaspettate favore-voli condizioni del tempo, che si capivaavessero tenuto tutti col fiato sospeso equalche precisazione sul tragitto da com-piere da parte di chi non si fosse recato inpullman.Vista la situazione mi pentii di non essermiunito da subito alla compagnia, ma temevoche il tragitto sul pullman mi avrebbe fattoqualche brutto scherzo.Fu così che alle ore 8,30 puntualissimi i duetorpedoni si scostarono dal marciapiede edettero il via alla 5a edizione della “Gita aFuipiano”, che prima avevo avuto modosolo di osservare sui due pannelli fotografi-ci esposti in reparto durante la mia frequen-tazione.Le autovetture li anticiparono di qualchesecondo e solo all’arrivo capii che la sceltaera motivata dal fatto che trasportavano ivolontari che si sarebbero dati da fare perpreparare l’accoglienza agli ospiti. Dopo un viaggio piacevole, favorito dalloscarso traffico e caratterizzato solo da alcu-ne esitazioni sulla scelta di qualche bivio,eccoci giunti.La frazione di Arnosto si mostrò ai nostriocchi al di sopra di ogni aspettativa, al cen-tro della valle dove potevi ammirare tutta laconca di un verde incredibile e le sue cre-ste che la delimitano, sovrastata da “quelciel di Lombardia, così bello quand’ è bello,cosi splendido, così in pace”, con quellesue case di roccia dalla sobria architettura,perfettamente squadrate dall’abilità degliscalpellini “valdimagnini”, a formare unminuscolo borgo medioevale che non tisaresti mai stancato di fotografare e le cuicontenute dimensioni non abbisognavanod’altro, con la sua chiesina, le sue case d’a-

Era annunciata da tempo, e neppure erocerto potessi rientrare nel novero dei parte-cipanti, nonostante da alcuni mesi notassi ipannelli fotografici della manifestazionesulle pareti del reparto, ma quando mi fuchiesto aderii con convinzione alla 5a edi-zione della “Gita a Fuipiano”.Cinque edizioni non sono poche e dalmomento che credo abbiano impegnatonon poco gli addetti ed abbiano riscosso gliscopi prefissi, dureranno ancora a lungo;ne ho una certa esperienza in settori simi-li...Orbene, con un certo margine di anticipo, ilfatidico giorno, accostai il mio macchininoal marciapiede del parcheggio dell’ospeda-le di Treviglio e Caravaggio dove ad atten-derci erano già presenti due candidi pull-man attorniati da una folta schiera di gitan-ti ancor più puntuali di me e, conoscendo gliusi locali, non ne dubitavo affatto. La presenza di bambini e ragazzi aumenta-va la sensazione di gioia e familiarità.Scesi dalla vettura per salutare e confer-mare la nostra presenza, ed io, che nonsono il massimo della cordialità, infiltrando-mi fra i convenuti, mi trovai immediatamen-te a mio agio apprezzando la compostezzadei presenti.L’abbigliamento era quello tipico delle gitesociali di mezza montagna con buon gusto

dove spiccavano sugli altriindumenti le magliette bian-che col logo bleu della mani-festazione a dare quel toccodi freschezza ed innocentefiducia espressa graficamen-te da una cordata di bimbilegati in salita. Riconobbi subito alcuni com-ponenti del reparto di oncolo-gia, nonostante non indos-sassero i consueti camici epoi alcuni pazienti, quindi midiressi verso i responsabilidell’iniziativa fra i quali sifaceva notare per iperattività ildottor Cremonesi (e comefare a non riconoscerlo con

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bitazione, il suo palazzotto, le scalette e isentieri acciottolati, la sua fontana. Parevache il tempo si fosse fermato al ’500 comealcune pietre indicavano ed emanavanoancora valori ancor utili oggi, della tradizio-ne, della famiglia, dell’attività dell’uomo edel duro lavoro.Compresi che il luogo non era scelto acaso, ma deputato ad esprimere quei valo-ri che l’iniziativa si proponeva di infondere.Senza nulla saperne prima, percepii chedoveva esserci qualcosa di speciale chelegava questo luogo all’esperienza che sta-vamo vivendo, un legame emotivo profon-do. Seppi poi che vi era vissuta la persona chediede il nome all’Associazione Amici diGabry.Forse proprio per questo, la piccola concairregolare sottostante, attraversata dallascalinata, ombreggiata dal pergolato e deli-neata da grossi tavoli rustici e panche dauna parte e dalle cucine dall’altra, assunseai miei occhi l’aspetto del palmo di manodestinato a cullare tutti noi.Mi accorgo che per la prima volta uso il ter-mine “noi” quindi qualcosa s’era mosso inme.Lo stesso sentimento me lo dette la familia-rità dei collaboratori locali con i nostri volon-tari che prepararono tutto con dovizia, daitavoli al pranzo di grande qualità, comple-tezza ed abbondanza, che poi ci servironocon gioioso trasporto.Ma procediamo con ordine. Uno dei punti focali del programma eracostituito dalla passeggiata nei prati diFuipiano sino a raggiungerne la chiesa,molto atteso da bimbi e ragazzi che comin-ciavano a mordere il freno apportando quel-la gaiezza capace di smuovere la pigrizia diquelli come me che temevano non poterce-la fare per motivi di mobilità emancanza di qualsiasi allena-mento, fonte di quella preoccu-pazione che mi aveva tenuto inansia per tutto il tempo dell’atte-sa.In pratica per me si trattava diuna verifica, “quasi un test dasforzo” che invece si dimostròmolto piacevole come per glialtri nelle stesse condizioni, aprescindere dal calore.Imboccando il sentiero all’inizioombreggiato mi venne allamente quello molto simile dipochi giorni prima accompagna-to da mio nipote sulle Dolomiti,

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chiamato sentierodelle favole, checonduceva al rioche separa ilVeneto dal Trenti-no; in praticaanche questa era

per me una favola.Questo nostro invece si apriva su prati solatiicon al centro un grosso faggio che i bimbi siprovarono a misurare tenendosi per mano.L’affinità col disegno della magliettadell’Associazione non poteva non richiamarmila catena di Sergio Endrigo della famosa can-zone “Intorno al mondo”. Appena il tempo perquesta riflessione che già si partiva per levasche che fungono da abbeveratoio edanche lavatoio dove i bimbi diedero liberosfogo ai propri giochi e noi ci dissetammo.Non fu facile portarli via dal loro divertimentoper proseguire verso la chiesa di Fuipianodove furono scattate le photo ufficiali diGruppo, infatti vi era un fotografo e persino undrone che riprendeva tutto dall’alto a testimo-niare che nulla era stato lasciato al caso.Il ritorno fu un po’ più faticoso, ma fummoricompensati dal pranzo che ci attendeva.Pressoché tutti trovammo posto all’ombra,tranne uno o due tavoli occupati dai più giova-ni.Fra questi notai la presenza di un signore chepoi seppi essere il dott. Barni, ex primario delreparto.La sua soddisfazione per il buon andamentodell’iniziativa gliela si leggeva in faccia e misembrava un padre in mezzo ad una numero-sa famiglia. Meglio colsi questo sentimentoquando scese nelle tavolate a salutarci Allostesso tavolo sedeva la dottoressa Bonetti emi meravigliai come, di tanto in tanto si alzas-se per servire i convenuti se appena s’accor-geva che il cibo, pur abbondantissimo, stesseper scarseggiare, specie quando si giunse aldolce di cui vi era una varietà inverosimile e sivoleva tutti ne approfittassero.Della cosa un po’ mi vergognai come per glialtri volontari, abituato com’ero sino alla sta-gione scorsa a svolgere tali mansioni alRoccolo.Non ho ancora detto come questo consessofosse simile a quello di un banchetto di matri-monio, dove all’inizio non si conosce nessuno,ma alla fine se ne esce tutti amici. I dialoghi, perlomeno nella nostra tavolata,furono i più svariati della vita comune, le ferie,i figli e nipoti, il lavoro, gli hobbies, natural-mente il cibo che è sempre l’argomento princi-pe in queste occasioni e cosi via senza riferi-mento alcuno a problemi di salute.

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Neppure dal tavolo di rappresentanza vifurono discorsi per giustificare la nostrapresenza, né il significato e gli scopidell’Associazione, ne sollecitazioni di alcunaltro tipo. Tutto fluiva chiaro e naturale,senza tanti preamboli, tutto era scritto suiprati di questa meravigliosa esperienza aFuipiano.Vi fu anche il momento dello scatenarsiliberatorio dell’entusiasmo dei giovanivolontari del luogo con i nostri quando det-tero sfogo alla soddisfazione della buonariuscita dell’evento con gavettoni finali ebagni nella piccola fontana del borgo (forsescambiando il 7 luglio col ferragosto, ma cipoteva stare).In compenso la tombolata, dedicata ai piùanziani, riportava ad un’allegria più conte-nuta e casereccia che rafforzava quelsenso di famiglia riunita attorno alla tavola.Discendendo la valle pensai a quanto que-sto fosse stato un momento di empatiadove lo stare assieme ti arricchisce e ti ras-sicura. Un momento nel quale anche le pic-cole prove hanno la loro importanza, dovehai potuto rivivere valori che alcune voltetrascuri. Un momento in cui sul lato umanole differenze si appianano, dopo ritrovi fidu-cia e speranza. Voglia di rimetterti in gioco.Sicuramente un’ancora in più a cui appi-gliarmi.Questi sono i doni che mi ha comunicato(come nell’etimologia del nome “pianopopolato da faggi”) il dolce paesaggio diFuipiano e per questo i complimenti sonosuperflui per chi si da tanto da fare conamore, ma i ringraziamenti invece sonodovuti, sentiti e meritatissimi.

Fernando

Ho passato una bellissima giornata aFuipiano. Grazie di vero cuore agli organiz-zatori, al presidente, ai nostri medici, al vicepresidente sempre attivo…personalmente ci voleva unagiornata diversa e allegra.

Mariagrazia

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Dobbiamo cancellare le stagioni Primavera Estate di questo anno per il disastro meteoche ha devastato le nostre colture. Infatti, acqua a catinelle, grandinate, asciutte concalure estive che hanno stressato e di conseguenza nulla si è salvato. Sotto le grandi-nate primaverili le Peronospere hanno trionfato e il marciume apicale ha dato la basto-nata finale ai nostri pomodori.

La Peronospora, devastante malattia crittogama (ovverofunginea), è sicuramente la malattia più grave ed invasivache coinvolge la vite e tutte le solanacee.Questa infezione, inizialmente causa danni a tutta la strut-tura fogliare con attacchi di criptogami nel periodo com-preso tra le fasi di prefioritura e di piena allegagione.Inoltre, la peronospora è una malattia fungina che perma-ne nel terreno, poiché sverna sotto forma di «spora» nellefoglie cadute nel terreno nel periodo autunnale. Con l’au-mento delle temperature e le piogge, nel periodo primave-rile le spore germinano e producono dei filamenti che ter-minano con una struttura che dà origine alle zoospore. Ilcampanello d’allarme è il comparire delle prime macchie

gialle, dette anche “macchie d’olio”, tipiche di questa malattia. Ovviamente gli ortaggicolpiti vanno sradicati e distrutti senza metterle nella compostiera dato che il compostfuturo sarà infetto. La battaglia biologica va eseguita con prodotti a base di ossido dirame da spruzzare sulla pianta e sul terreno, dato che dobbiamo difendere le piantine,ma bisogna pensare al suolo dove si annida i filamenti della peronospera. Fate atten-zione di non abusare nelle irrorazioni di ossido di rame poichè nel tempo si inquinereb-be il suolo, molte volte per alternare il trattamento uso SOLO SUL SUOLO i bicarbona-to di sodio prodotto che utilizziamo in cucina per disinfettare le verdure, ma usatelo conamore e non direttamente sulle piantine, le schianterebbe.Il Marciume Apicale (al Ngigruu) del pomodoro è causato da condizioni climatiche e dicomposizione del suolo che conducono la pianta ad un cattivo o parziale assorbimentodel calcio, stadi riconducibili a irrigazioni irregolari e precipitazioni copiose. Inoltre que-sto marciume è favorito da temperature elevate. Non combattete con piantina in vigore,in questo stadio potrebbe risultare utile un apporto di calcio ed è agevolmente realizza-bile, ma la natura stessa del terreno può limitarne l’efficacia. Quindi è opportuno fareopera di prevenzione invernale/primaverile, cioè: arricchire il suolo con gusci di uovosminuzzati e interrati, calcio in base minerale, composti di calcio allo stato liquido, evi-tare concimazioni ricche azoto (Stallatico Fresco) , potassio (Pollina) e favorire strati pro-fondi di compost. Le bacche contaminate dal marciume vanno tolte dalla pianta e butta-te nella compostiera.

Purtroppo queste sono state le malattie dominanti in questi mesi, e ovviamente, occu-pano lo spazio maggiore di questa pagina, ma nonperdiamoci di animo.Prepariamoci per l’orto autunnale e invernale: semi-nare le lattughe precoci, ravanelli, piantumare lecicorie precoci e tardive, finocchi e cavolfiori, maprima di effettuare tali semine e impianti, ricordo chedovete disinfettate il suolo con prodotti rameici obicarbonato di sodio e arricchire il suolo con un appor-to di calcio al fine di fare opera di disinfezione peraltre crittogame e marciumi del colletto.

AdalbertoSalvatore Sironi Referente delGruppo Orti BiodiversiCaravaggini

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Tema libero sviluppato dagli studenti dell’ Istituto di Istruzione Superiore Statale LICEO ARTISTICO “S. WEIL” TREVIGLIO

Gruppo di lavoro, alunni: Coita Andrea, Martinelli Davide, Recanati Stefano

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AMICI DI GABRY - ONLUSSede Associativa V.le Oriano, 20 • 24047 Treviglio (BG) - Tel. e Fax: 0363 305153

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