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1 A spasso con i tempi

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A spasso con i tempi

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INTRODUZIONE

Attraverso i racconti della Sig.ra Marilena e del Sig, Dino, i bambini hanno ripercorso momenti

della vita dei nonni e quindi è emersa l’esigenza e la curiosità di ricercare le tracce che il passato ha

lasciato nel territorio.

Questo libro raccoglie le esperienze, le foto ed i disegni più significativi.

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SCUOLA PRIMARIA DI SOPRANA

Insegnanti:

PIANA MARIA ANGELA

BROGLIA FRATIN SUSANNA

GOBBO ELISA

TARABBIA PATRIZIA

Alunni:

CARICATO LORENZO

COSENTINO SARA

MAHI ABDULLAHI

PERTEGATO KEVIN

POLLON STEVANO

STROBINO CHRISTIAN

ZAMPIERI LORIS

BIANCHETTI VITTORIA

ERME CHIARA

FESTA GABRIEL

LEYOUDI SAFIA

ACHINO VITTORIA

FADILI OTMAN

FADILI SOUKAINA

SCOLARI MATTEO

SIGNORELLI PAOLO

ZALTRON ALESSANDRO

BONGIOVANNI DAVIDE

BROGLIA FRATIN CARLOTTA

FESTA LAURA

PALUMBO VALENTINA

POLLON SAMUELE

ABIZA MAROUA

ACHINO MARGHERITA

BELLANTI DESIRE’

BIANCHETTI FEDERICO

FADILI HEND

FORNARA ALESSANDRA

LANGIU LORENZO

LORO PIANA FRANCESCA

MAHI ABRAM

PEZZINI CHRISTIAN

TUMIATTI LEONARDO

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Comincia il nostro viaggio “A spasso nel tempo”.

Nonna Marilena racconta….

- Quando eravamo bambini, andavamo a scuola a piedi lungo la strada sterrata che passa nei

boschi di Soprana, proprio quella che quest’autunno avete percorso per raccogliere castagne e che

arriva fino alla piazzetta del Municipio.

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-L’edificio scolastico non si trovava in fraz. Cerruti come adesso, ma al piano terra del Palazzo

Comunale. In inverno ci sedevamo sopra alla cartella, che era di cartone, e scivolavamo giù per le

rive così si bagnavano i quaderni e la signora maestra ci sgridava. A turno portavano i pezzi di

legna per la stufa.

Non c’era l’obbligo di andare a scuola fino ai 16 anni. Alcuni frequentavano la scuola elementare e

media, altri non finivano gli studi, dovevano andare a lavorare perché in famiglia c’era bisogno di

soldi.

Le aule erano come le vostre ma più spoglie, i banchi di legno erano disposti in file ordinate. La

cattedra era appoggiata su una pedana, così la maestra ci osservava dall’alto. Tutti i bambini

indossavano un grembiule nero, con un colletto bianco rigido ed un fiocco blu. Allora c’erano le

pluriclassi in seconda e terza ed in quarta e quinta. Si stava a scuola mattina e pomeriggio, mentre il

giovedì non c’era scuola.

Alla maestra dovevamo dare del lei e quando entrava in classe ci alzavamo dalla sedia, senza far

rumore e dicevamo. -Buon giorno Signora maestra! e solo quando lei rispondeva: -Buongiorno

bambini, sedetevi!, avevamo il permesso di sederci, sempre senza far rumore con le sedie o i

banchi. Ai miei tempi le maestre erano più severe di adesso: come punizione ci potevano mettere in

piedi dietro alla lavagna o fuori dalla porta oppure ci davano bacchettate sulle mani.

Anno Scolastico 1967/68

FESTA DEGLI ALBERI

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Le materie di studio erano: lingua italiana e bella scrittura, aritmetica e geometria, storia,

geografia, educazione morale e civile, religione….

Alcune materie come l’inglese e l’informatica , allora non si studiavano.

Il materiale scolastico che avevamo era composto da un quaderno a righe, uno a quadretti, un

Sillabario, cioè un libro in cui c’erano tutte le materie che si studiavano allora, un astuccio di

legno, dotato di un coperchio scorrevole, una penna con il pennino perché scrivevamo con

l’inchiostro blu o nero che si trovava in un calamaio dentro al banco. I maestri invece usavano

una matita bicolore, rossa e blu per correggere gli errori degli alunni.

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MUSEO A SCUOLA

Con l’aiuto di nonna Marilena e dei nostri genitori abbiamo allestito un piccolo museo di oggetti di uso

quotidiano appartenuti ai nonni.

Tutti ci siamo stupiti nel vedere il vecchio ferro da stiro a carbone, il macinino per il caffè, il pestello per il

sale, la lampada a olio, l’astuccio di legno con il pennino, il vecchio abbecedario………

Per fortuna le famiglie hanno conservato questi oggetti e anche noi bambini ci impegniamo ad averne cura

in modo che le nostre tradizioni non vadano perdute.

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Stiamo arrivando a Baltigati con nonna Marilena e nonno Dino che ci faranno scoprire sia gli angoli

del paese che sono rimasti come quando erano bambini sia quelli modificati successivamente.

….stessa ricerca in frazione Cerruti.

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Un tempo, racconta nonno Dino, tutte le case avevano nel cortile delle piante di vite americana, che

arrampicandosi formavano la “topia”: una zona d’ombra dove rinfrescarsi d’estate.

La vite era una pianta preziosa perché dai suoi frutti si ricavava il vino, unica bevanda oltre

all’acqua; a quel tempo anche i bambini lo bevevano diluito oppure, in inverno, lo versavano sulla

neve per fare il “gelato”.

Addirittura si pensava che avesse anche proprietà medicinali, perché “fa sanc” ( fa sangue).

In tutte le frazioni c’erano uno o più torchi pubblici per spremere l’uva, così anche chi non lo

possedeva poteva fare il vino.

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IL PAESE

Baltigati, una volta, era molto diverso da adesso:

c’erano poche case unifamiliari

e la gente viveva soprattutto nel “cios”,

dove le case sono tutte ammucchiate,

strette, con tante scale e poche finestre.

Nel “cios” non si può arrivare con l’automobile

perciò le case sono state abbandonate.

Le stradine che collegano le case

del “cios” si chiamano “caret”:

di solito hanno tanti scalini e permettono

di salire velocemente verso il centro

del paese dove, ancora oggi, c’è la cooperativa,

cioè il negozietto che vende di tutto.

Il posto più bello del “cios” erano

le “curt”: cortili circondati dalle case,

dove i bambini giocavano,

le donne ricamavano, lavoravano all’uncinetto

e ai ferri, pulivano la verdura e gli uomini

chiacchieravano quando ritornavano dal lavoro

in fabbrica e nei campi.

Nella “curt” i bambini imparavano a crescere

e della loro educazione si occupavano,

oltre ai genitori, anche i vicini di casa.

Per i bambini tutte le case erano aperte

e le donne anziane erano le nonne di tutti.

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LE CASE

Ai tempi dei nonni le case erano piccole , di solito a due piani, addossate le une alle altre.

Al pianterreno c’era la stalla, la cantina trovava posto nel seminterrato.

Al primo piano c’era la cucina con la stufa economica che serviva per cucinare e per riscaldarsi.

Le camere da letto si trovavano al secondo piano; erano senza riscaldamento, in un’unica stanza, di

solito, dormiva tutta la famiglia.

Le case venivano costruite con pietre locali; in ogni paese c’era una cava che utilizzava tutta la

popolazione. Le travi, l’intelaiatura del tetto, i balconi, le scale e i pavimenti erano di legno di

castagno.

Nella foto casa con scala esterna a Baltigati ieri e oggi.

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LE “LOBBIE”

Le lobbie sono dei balconi di legno dove la gente di un tempo faceva essiccare castagne, cipolle, noci e

nocciole che poi venivano consumate d’inverno. Nella lobbia le donne stendevano anche i panni e dalla

lobbia chiacchieravano con le vicine. Le lobbie venivano costruite nella parte alta della casa, rivolte

possibilmente a sud per sfruttare maggiormente il calore del sole.

Una vecchia lobbia in frazione Baltigati.

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Nelle varie frazioni alcune case sono rimaste come ai tempi dei nonni…

Nella foto in alto si vede una casa di Cerruti con un’immagine votiva della Madonna di Oropa.

Altre invece sono state ristrutturate e sono tutt’ora abitate.

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Un tempo le strade che collegavano le varie frazioni non erano asfaltate e gli abitanti andavano per

lo più a piedi o in bicicletta. Spesso si prendevano scorciatoie tra i sentieri per abbreviare il

percorso.

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Un tempo la gente del paese, pur essendo molto povera, si impegnava nella costruzione di edifici

utili alla comunità.

Nella foto gli abitanti di Frazione Cerruti si stringono attorno alla loro Chiesetta che verrà abbattuta

per lasciare posto all’edificio dove sorgerà la Cooperativa con il negozio di alimentari e l’osteria.

Verrà abbattuto anche l’albero sotto il quale c’era la “pietra dello scandalo” dove i giovani del paese

si ritrovavano ad amoreggiare.

Questo è l’edificio della Cooperativa che oggi ospita il circolo Arci, unico ritrovo della frazione.

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Questa è la nuova

chiesetta di Cerruti

inaugurata dai

frazionisti il 13/6/1956.

Per costruirla gli

abitanti hanno lavorato

tutti insieme utilizzando

le pause lavoro e il

tempo libero.

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LA VITA QUOTIDIANA

Quando i nonni erano bambini tutti coltivavano l’orto e allevavano gli animali, infatti la campagna

era ben tenuta e i boschi tutti rastrellati. L’orto e il frutteto fornivano la frutta e la verdura per tutto

l’anno e quindi si mangiavano solo prodotti stagionali e “biologici”.

Ogni famiglia allevava galline e conigli, molti avevano la capra ed alcuni la mucca. In casa le

mamme con il latte preparavano il formaggino. Ancora oggi a Cerruti si possono vedere le vecchie

stalle.

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Un tempo nelle case l’acqua corrente non c’era così la gente andava a prendere l’acqua con grandi

secchi nelle fontane ubicate nel paese. Anche i bagni non esistevano all’interno delle abitazioni, il

gabinetto era una costruzione di legno nell’orto.

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I nostri paesi un tempo erano molto più popolosi, infatti ogni famiglia aveva almeno due figli.

Lo testimonia chiaramente questa foto che ritrae le donne della Frazione Baltigati negli anni 50.

Sullo sfondo si intravedono i magnifici ippocastani del “Brusà” che con la loro ombra hanno dato

ristoro a intere generazioni. I loro frutti (le castagne d’India) servivano sia come gioco che come

rimedio contro i raffreddori.

… Nella foto sotto lo stesso luogo oggi

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Una “curt” di Cerruti

come è oggi e com’era

una cinquantina di anni

fa.

Nella vecchia fotografia

si vedono sullo sfondo la

pianta di vite, le fascine e

la catasta di legna per la

stufa. La bambina è

pettinata con il fiocco in

testa, proprio come

voleva la moda di allora.

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IL CASTAGNO

Al tempo dei nonni il

castagno era

importantissimo per

questo veniva

chiamato “erbo”

l’albero per

eccellenza. Le

castagne, infatti,

erano l’alimento

quotidiano, che

permetteva alla

popolazione di

sopravvivere nei

lunghi freddi inverni.

In autunno alla loro

raccolta

partecipavano grandi

e piccoli. Dopo la

raccolta venivano

fatte seccare sui

balconi o sui graticci

della casina (gra), un

locale che aveva

come soffitto un

graticcio. Le

castagne venivano

sparse sul graticcio in

una ventina di strati,

mentre nel locale

sottostante venivano

bruciati ricci e foglie

dell'anno precedente.

Tutto questo perché

l'essiccazione delle

castagne con il calore

permetteva di avere

un prodotto nutritivo

e commerciabile che

si conservava a

lungo. Quando le

castagne erano

secche, iniziava

l'operazione della

pestatura per

sgusciarle e renderle

bianche.

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I preziosi frutti venivano poi messi in lunghi e stretti sacchi di canapa e con gesti ritmati alternati,

gli uomini iniziavano la battitura. Questa operazione consisteva nel battere una ventina di colpi sul

vecchio ceppo di castagno: le castagne uscivano bianche, pulite e senza buccia.

L'ultima operazione di cernita veniva fatta più tardi durante le sere autunnali, spargendo le castagne

su grandi tavoli per eliminare quelle marce e per togliere i residui di sansa (camisa). Le castagne

erano così pronte per essere utilizzate per tutto l'inverno; venivano conservate in una cassa di legno

chiusa a chiave. La chiave veniva tenuta dalla mamma.

I modi di cottura erano molto semplici: le castagne venivano lessate in pentola con acqua (ferùe) o

arrostite con una padella bucata (mundè). Veniva preparata una minestra con riso latte e castagne.

Al contrario di adesso, le castagne una volta erano molto importanti nell'alimentazione di tutti i

giorni, soprattutto nelle famiglie contadine: infatti servivano addirittura come pasto del

mezzogiorno o della sera.

Anche noi siamo andati nel bosco a raccogliere le castagne e i nonni ci hanno preparato le “mundè”.

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Il legno del castagno era

utilizzato per costruire le

case.

Un tempo si utilizzavano i

castagni selvatici per

produrre legno da “ opera”

di qualità superiore.

Il legno di castagno è

facile da lavorare, è

compatto. Non marcisce e

non viene attaccato

dal tarlo venivano fatti di

legno di castagno: la

struttura del tetto, i

serramenti, i balconi, i

pavimenti e i mobili.

I rami e le parti meno

pregiate venivano usate

come legna da ardere e

accatastate nelle cascine e

al riparo sotto le scale.

I polloni servivano per i

pali della vigna.

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IL VECCHIO MULINO RACCONTA

Sono in pensione dal 1940, cioè da quando Rodolfo, l’ultimo mugnaio, andò in guerra…

Le mie stanze sono silenziose, talvolta sento lo squittio di un topo e sono contento perché mi fa

compagnia.

Una volta non era così, i topi non potevano entrare e c’era sempre un gatto pronto a cacciarli.

Un tempo, quando la ruota di legno girava, mi sentivo vivo, ero un gran lavoratore e producevo la

miglior farina da polenta della zona.

Angelo, il mugnaio, andava fino a Vercelli per comprare il granoturco e poi faceva la miscela che io

macinavo con cura fra le mie macine. Non vi dico che profumo incredibile si sentiva, ti faceva

venire l’acquolina in bocca…

Un pomeriggio con il figlio del mugnaio.

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Molte volte di notte sogno di essere giovane, sento le voci del mugnaio e dei contadini che portano

il mais da macinare. Parlano dei figli, di cosa hanno mangiato la domenica, del lavoro sempre più

duro e del tempo. Nelle notti fredde d’inverno, quando il mio amico Ostola si ghiaccia, sogno la

guerra: rivedo i soldati che partono con la faccia triste e la speranza di ritornare a casa e saluto il

mio amico mugnaio, augurandogli buona fortuna.

Che delusione ho provato quando, finita la guerra nessuno mi ha riaperto…

Dopo tanti anni di solitudine finalmente i sopranesi si sono ricordati di me: mi hanno restaurato in

un ecomuseo.

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FILASTROCCA DEL TEMPO

PASSATO

Una volta la vita

era molto diversa:

a scuola non c’era la mensa,

si scriveva col pennino,

si mangiava solo il panino.

Le maestre, quelle vecchie,

se parlavi,

ti tiravano le orecchie…

Se alla mamma lo dicevi,

altre botte tu prendevi.

Anche se tu non ci credi,

a scuola si andava a piedi

e a Natale, per i bambini,

c’era l’albero

coi mandarini…

Pochi vestiti

avevan nei cassetti,

nei piedi portavano

gli zoccoletti.

Il bagno non c’era,

la luce non c’era…

che buia la notte!

Anche la tele non c’era

e la mamma, di sera,

le storie raccontava,

il bambino ascoltava

e poi…si addormentava.

Che duri i tempi passati!

Noi siam davvero fortunati:

abbiamo tutto,

da quando siamo nati.