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Università degli Studi di Palermo Dipartimento di Architettura — Dottorato in Architettura AGATHÓN AGATHÓN Aldo R. D. Accardi RCAPIA PhD MONOGRAPHIES 2012 Recupero Contesti Antichi e Processi Innovativi dell’Architettura monografie di LA PRESENTAZIONE DEI SITI GALLO-ROMANI 3

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Page 1: AGATHÓN - UniPa · 2019-11-12 · scientifica che affronta, da un punto di vista mu-seologico, il problema della comunicazione ar-cheologica 4*56, analizzando segnatamente le strategie

U n i v e r s i t à d e g l i S t u d i d i P a l e r m oD i p a r t i m e n t o d i A r c h i t e t t u r a — D o t t o r a t o i n A r c h i t e t t u r a

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monografie di

LA PRESENTAZIONE DEI SITI GALLO-ROMANI

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Today’s interventionist experience is deeplyoriented towards an all cost valorization of ar-chaeological heritage, which is sometimes per-petuated disregarding the real possibilities of exe-cution, or without a sensible sustainability of theinterventions. One cannot keep thinking to haveto offer the public everything straight away, be-cause, if the necessary resources or the commu-nity interest happens to lack, there is the risk ofleaving the “resurfaced” ruins in the open air, thushaving them suffer probable looting or relentlessdegrading factors.

The risk is also not to take on all due accountthe different types of intervention required by eve-ry single archaeological reality, thereby flatteningall the possible types of ruin treatments to uni-formity, whereas they hold, even in their diversi-ty, their own unique nature. If we take the Romanarchaeology as an example, with all its nationaldifferentiations, each musealization interventionon it has been rendered in different ways, depen-ding on the different archaeological realitiesupon which the intervention has taken effect, fin-ding then specific variations according to the na-tion of reference.

The text reports the results of an extensivescientific research dealing with the issue of the insitu archaeological communication, from a mu-seological point of view, notably analyzing the mu-seographic strategies in the French territory andpointing out in itinere a set of exemplary cases ofmise en valeur of ancient contexts; trying at thesame time to present a range of intervention me-thods to the professionals operating in the area ofarchaeological valorization and musealization.

L’esperienza interventista dei nostri giorni ma-nifesta un marcato orientamento verso la valo-rizzazione ad ogni costo del patrimonio archeo-logico, a volte perpetuata quasi in assenza di unaselezione delle reali possibilità d’esecuzione o diuna più sensata sostenibilità degli interventi.Non si può continuare a pensare di dovere offri-re al pubblico tutto e immediatamente, poiché, semancano le risorse necessarie o un reale interes-se da parte delle comunità, si corre il rischio di la-sciare allo scoperto le rovine “riaffiorate”, espo-ste a probabili azioni di saccheggio e d’incessan-te degrado.

Il rischio è anche quello di non riuscire più atenere conto delle differenti tipologie d’interven-to che ogni singola realtà archeologica richiede,quasi costringendo all’uniformazione dei possibilitrattamenti delle rovine, che invece hanno tutti, sep-pur eterogenei, una loro ragione di esistere. Pren-dendo ad esempio come oggetto di valorizzazio-ne l’archeologia romana, con tutte le sue decli-nazioni nazionali, ogni intervento di musealizza-zione su di essa è stato tradotto in maniera sem-pre differente, secondo le varie realtà archeologichepresso le quali si è intervenuto, trovando più spe-cifiche coniugazioni secondo le nazioni di ap-partenenza.

Il testo riporta gli esiti di una lunga ricercascientifica che affronta, da un punto di vista mu-seologico, il problema della comunicazione ar-cheologica in situ, analizzando segnatamente lestrategie museografiche poste in territorio francese,presentando in itinere una serie di casi esempla-ri di mise en valeur dei contesti antichi, ma, nelcontempo, intende fornire un ventaglio di meto-dologie d’intervento ai professionisti che opera-no nel settore della valorizzazione e musealizza-zione archeologica.

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Aldo R. D. Accardi

(Alcamo, 1968), graduated with honorable mention in Ar-

chitecture with a thesis on urban musealization, published

in M.C. Ruggieri Tricoli, L’Utopia della memoria, 2000. In

2006 he became a Ph.D. in the field of Recovery of AncientSites, with his thesis La Gestione museale dei siti archeo-logici, sullo sfondo delle esperienze internazionali (Mu-

sealization of the international archaeological sites). He has

a Post-degree graduate course in Museography, attended

at the Ecole de Muséographie du Louvre in 2004, and has

ever since taken part to numerous national and international

Scientific Research Projects, including P.R.I.N. 2008 - Na-

tional Research Project - in the field of Architecture for ur-ban archaeology: an approach to conservative and museo-graphic issues of covering, coordinated by Prof. M. Vau-

detti, scientific responsible prof. M. C. Ruggieri Tricoli. He

has published various scientific papers about Museogra-

phy, Archaeological Museography and Interiors, including

essays in books, articles in national and international ma-

gazines and in collective volumes, and Acts of National and

International Congresses. Accardi has also taken part to

different International Design Competitions, organizing

scientific exhibitions, and gaining a conspicuous experience

in Interior Design. In 2010 (still ongoing) he was bestowed

a Research grant in the field of Contemporary architectu-ral language in the musealization of historical interiors, at

the Department of Architecture, University of Palermo, whe-

re he has been teaching Interiors and Archaeological Mu-sealization. His teaching experience also includes Mu-seography at the Faculty of Letters and Philosophy in Pa-

lermo and additional activity at the International Summer

School on European Prehistory (ISSEP) in Nurri. In 2012

he was appointed Museography Expert in the A.P.E.R. In-

ternational project (coordinated by prof. A. Sposito),

about the development and musealization of open-airruins in Agrigento’s Valle dei Templi (hellenistic-roman quar-

ters), in Chartage and Kerkouane archaeological sites.

(Alcamo, 1968), si è laureato con lode e menzione in Ar-chitettura con una tesi di musealizzazione urbana pubbli-cata in M. C. Ruggieri Tricoli, L’Utopia della memoria,2000. Nel 2006 ha conseguito il titolo di Dottore di Ricercain Recupero dei Contesti Antichi con una tesi dal titolo La

Gestione museale dei siti archeologici, sullo sfondo delle

esperienze internazionali. Nel 2004 ha svolto attività di per-fezionamento in Museografia presso l’École de Muséo-graphie du Louvre. Ha partecipato attivamente a numero-si Progetti di Ricerca Scientifica nazionali ed internazio-nali, tra i quali il Progetto di Ricerca Nazionale P.R.I.N. 2008dal titolo Architettura per l’archeologia urbana: un ap-

proccio alle questioni conservative e museografiche delle

coperture, coordinato dal prof. M. Vaudetti (Unità di To-rino), Responsabile Scientifico prof. M. C. Ruggieri Tricoli(Unità di Palermo). Ha al suo attivo numerose pubblicazioniscientifiche sulla Museografia, sulla Musealizzazione ar-cheologica e sull’Architettura degli Interni, tra cui saggi inlibri, articoli su riviste nazionali e internazionali, su volu-mi collettivi e atti di convegni nazionali e internazionali.Ha partecipato a diversi concorsi di progettazione, ha al-lestito mostre a carattere scientifico ed ha acquisito una co-spicua esperienza professionale nella progettazione d’in-terni e arredamento. Dal 2010 è titolare dell’Assegno di Ri-cerca dal titolo Elementi del linguaggio progettuale con-

temporaneo nella musealizzazione degli interni storici, pres-so il Dipartimento di Architettura di Palermo. Da alcuni anniè docente di Architettura degli Interni, di Musealizzazio-

ne dei siti archeologici e di Progettazione di Allestimenti

(Facoltà di Architettura, Palermo), di Museografia (Facoltàdi Lettere e Filosofia, Palermo), e insegna presso l’Inter-national Summer School on European Prehistory (ISSEP) diNurri. Nel 2012 è stato nominato Esperto di Museografia

per il Progetto internazionale “A.P.E.R.” (Direzione scien-tifica prof. A. Sposito), sulla valorizzazione e musealizza-zione delle rovine open-air dei siti archeologici della Val-le dei Templi di Agrigento (quartiere ellenistico-romano),di Chartage e Kerkouane a Cap Bon.

ISBN: 978-88-89683-44-6

Stampato da:

monografia copertina 2 rivista_Layout 1 09/10/2012 11.01 Pagina 1

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Aldo R.D. Accardi

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LA PRESENTAZIONEDEI SITI GALLO-ROMANI

CONSERVARE, PROTEGGERE E MUSEALIZZARE

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AGATHÓNAGATHÓNmonografie di

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A g A t h ó nRCAPIA PhD Monographies 33Recupero dei Contesti Antichie Processi Innovativi nell’Architettura

2012isbn: 978-88-89683-44-6

Dipartimento di ArchitetturaUniversità degli Studi di Palermo

Collana di monografie a cura diAlberto Sposito

Comitato Scientifico:Alfonso Acocella (Università di Ferrara), Tarik Brik(E.N.A.U., Tunis), Tor Broström (Gotland University, Vi-sby), Josep Burch i Rius (Universitat de Girona), Giusep-pe De Giovanni (Università di Palermo), Maurizio De Lu-ca, Gillo Dorfles, Petra Eriksson (Gotland University, Vi-sby), Maria Luisa Germanà (Università di Palermo), Giu-seppe Guerrera (Università di Palermo), José Madrigal(Universidade de Lisboa), Antonio Pizza (Universitat deBarcelona), Alberto Sposito (Università di Palermo), Ma-ria Clara Ruggieri Tricoli (Università di Palermo), MarcoVaudetti (Politecnico di Torino).

Studio effettuato nell’ambito della Ricerca ScientificaPRIN 2008, Coordinatore Nazionale Marco Vaudetti, confondi integrati dal “Consorzio Universitario della Provin-cia di Palermo”, a sostegno delle spese editoriali.

Comitato scientifico del progetto di interesse nazionale PRIN 2008:Marco Vaudetti (Coordinatore Nazionale, Politecnico diTorino), Lucio Altarelli (Facoltà di Architettura “Ludovi-co Quaroni”, Roma “La Sapienza”), Luca Basso Peressut(Politecnico di Milano), Franz Prati (Facoltà di Architettu-ra, Genova), Maria Luisa Germanà e Maria Clara Ruggie-ri (Coordinatore Locale, Facoltà di Architettura, Palermo).

Redazione:Aldo R. D. Accardi

Editore:OFFSET STUDIO

Progetto grafico:Aldo R. D. Accardi, G. B. Prestileo, M. C. Ruggieri

Traduzioni:Giannantonio Cappellino

Finito di stamparenel mese di Settembre 2012da OFFSET STUDIO S.n.c., Palermo

Per richiedere una copia in omaggio della monografia, ri-volgersi alla Biblioteca del Dipartimento di Architettura,tel. 091.23896100; le spese di spedizione sono a caricodel richiedente.

La monografia è consultabile sul sitowww.contestiantichi.unipa.it

In copertina: Jean-Claude Golvin, Ricostruzione evocativadel quartiere artigianale e termale di Bliesbruck, acquerello,particolare (da J. C. Golvin, 2002).

In retrocopertina: Amédée Feret, Scavi della Villa Romanadi Sainte-Marguerite-sur-Mer, pastello, 1840, particolare.

EDITOR’S FOREWORDS

Just like its predecessors, this third monographic issue of AGATHÓN concerns the themes ofrenovation, enhancement and musealization of ancient contexts. This essay on the Presentation of the

Gallo-Roman sites, as observed by Marco Vaudetti in the preface, “deals with a current theme, highlyrelevant for the international scientific community: the preservation and valorization of the archaeo-logical sites, especially considering the issues of control and management of the sites and the indivi-dual museal realities”.

This work reports the results of a scientific research that, from a museographic point of view,deals with the problem of the in-site archaeological protection and communication, deeply analyzingthe improvement strategies adopted in French sites and thereby showing in itinere a collection ofnotable cases of mise en valeur. The author, Aldo R. D. Accardi, thoroughly trained in the sector ofmuseographic mounting, has a remarkable number of experiences in France, some of which comingfrom his stay at the École du Louvre, others documented in several publications on internationaljournals.

The text examines the strategies of enhancement of the archaeological sites, in order to trace themain guidelines orienting the current musealization processes in France, where an efficient culturalpolicy and the experimentation in new communication strategies have set the enhancement processas exemplar. It is to be remarked that, as the Author observes, the different “experiences of interven-tion of our times are characterized by a strong tendency of enhancing the archaeological heritage at

all costs, sometimes without a choice of real execution possibilities or without a more sensible sustai-nability and durability of the interventions”. The risk is not to take into proper account the differentintervention typologies required by each single archaeological reality, thus constricting into unifor-

mity every possible treatment of ruins, which are instead supposed to exist in their diversity.Today’s needs of presentation of archaeological finds and sites, as stated by the theories of the

nouvelle muséologie and the nouvelle archéologie, have led to a wide variety of ruin interventionsthat provides a solid foundation to the promotion of new conservation actions, both material andimmaterial, all legitimate and all feasible depending on the case; actions that, despite their absolutediversity, can happily coexist, especially when adopted in fairly complex archaeological realities.This way, many of the international experiences of musealization of archaeological sites, more tar-geted and more sustainable, have had an economic rebound, as a consequence of the presence of thatpublic drawn by the same presentation strategies of the conservation of the goods, attracting the inte-rest of big national and international holding companies which have lavished money to be spent oncultural promotion.

The text by Aldo R. D. Accardi discusses themes relevant for the international scientific commu-nity, taking into consideration the issues of site control and handling and the individual museal rea-lities. The research addresses in particular to the experts of the sector who, in their field, have toassess not only scientific evaluations, but also ethic. The essay illustrates the issues, examples anddirections in the French panorama, particularly in the field of the Gallo-Roman archaeological sites,starting from the first interventions aimed at “reconstructing the romantic model of the garden ofruins”. The purpose of such interventions is the requalification of the context of the landscape, sear-ching for a balance between the attention to the naturalistic dimension of the context in which the siteis located, the site itself and the museographic objectives. In other words, as put by Marco Vaudetti,in France “the need to establish a strong bond between ancient and new, thanks to the continuitybetween garden and museum, often leads to the opposite direction, where the care for the ruins andthe contemplative aspect is overshadowed by the obvious will of filtering history through new waysof interpretation”. This tendency, though modified and updated, is to be found in a great number ofsites that, especially in France, well deserve the name of parks.

By comparing the above with the Italian situation, one can only better understand how learningabout the French experience can be fruitful. In our country, due to the quantity of the sites and theirrelevance, the limitation of the financial resources, the non-multi-discipline approach in all the con-servation-related matters, technology- and museography-wise, the interventions on the artefact areexclusively en plein air, without considering the natural context and the landscape factors. That iswhy the French experience can represent an important and useful reference, both for the authority ofthe school of Museology whose importance has grown along the years with a continuous comparisonto the archaeological heritage, and for the specific intervention in the field of the Gallo-Romanarchaeology. In this view, the interesting essay by Accardi will be even more interesting for all theexperts, like archaeologists, curators, museographers, or architects, that have to make scientific eva-luations while operating in their field.

(Alberto Sposito)

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PRESENTAZIONEdi Marco Vaudetti

Protezione e presentazione delle rovine: l’esperienza francese, sfida scientifica ed etica 5

1 - CONSIDERAZIONI GENERALI 7

2 - LA Mise en Valeur DELLE Villae GALLO-ROmANEfRA RIEvOCAZIONE E RICERCA D’IDENTITà 13

2.1 - architetture per conservare e interpretare 24

2.1.1 - la villa di loupian e la scatola protettiva 24

2.1.2 - Glass-boxes: verso la dematerializzazione delle scatole protettive 29

3 - LA muSEALIZZAZIONE DELLE ROvINEfRA CONTEmPLAZIONE ROmANTICA E SPERImENTAZIONE ARChITETTONICA 39

3.1 - rovine e gusto romantico: dal Jardin di Marsiglia alla villa di Montmaurin 39

3.2 - Dalle Terme di Gisacum a quelle di Barzan:protezione delle rovine e ricerca architettonica 43

4 - L’ARChITETTuRA vERNACOLARE E IL SuO SuPERAmENTO 55

4.1 - l’applicazione del linguaggio vernacolare: il caso di sanxay 55

4.2 - la radicale trasformazione del linguaggio vernacolare: i casi di séviac e longeas 56

5 - IL Parc archéoloGique euroPéen BliesBruck-reinheiM

E IL TEmA DEL muSEO IN fRAmmENTI 69

6 - ESPERIENZE DI PRESENTAZIONE DELL’ARChEOLOGIA in criPTa 81

6.1 - questioni generali sulla musealizzazione dell’archeologia sotterranea 81

6.2 - il caso della Crypte Archéologique du Parvis de Notre-Damee il suo non destinato sagrato 83

6.3 - la musealizzazione di rovine sotto edifici preesistenti o di nuova realizzazione 85

6.4 - ritagli di archeologia urbana 93

6.5 - la presentazione sotterranea dell’archeologia extraurbana:il caso di Argentomagus 95

7 - I muSEI DEL SITO: ESPRESSIONE NAZIONALISTICAE ALTRI APPROCCI SImILARI 103

7.1 - i grandi esempi 105

7.2 - esempi minori 113

8 - CAPACITà EvOCATIvE E SImBOLIChE DEI muSEI DEL SITO: 123

8.1 - i Musei di Jublains e Bibracte 123

8.2 - Verso la présentation du rien: la villa gallo-romana di lamarque 129

9 - laTTara E IL muSEO hENRI-PRADES: IL riuso DELLA PREESISTENZA 133

9.1 - il Museo nella mas Saint-Sauver 133

10 - CONSIDERAZIONI fINALI 139

BIBLIOGRAfIA GENERALE 141

INDICE DEI LuOGhI 151

RINGRAZIAmENTI 153

indice

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Jean-Claude Golvin, Péristyle de la maison des Dieux Océan à Saint-Romain-en-Gal, Ricostituzione evocativa(da J-C. Golvin, G. Coulon, “Voyage en Gaule romaine”, 2002)

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PRESENTAZIONEdi Marco Vaudetti*

Protezione e presentazione delle rovine:l’esperienza francese, sfida scientifica ed etica

* Marco Vaudetti è Professore ordinario in Architetturadegli Interni e Allestimento presso il Politecnico di Torino,Coordinatore Nazionale PRIN 2008 “L’intervento nellearee archeologiche per attività connesse alla musealizza-zione e alla comunicazione culturale”.

Questo saggio affronta un tema digrande rilevanza e di attualità per lacomunità scientifica internazionale:

la tutela e insieme la valorizzazione dei siti ar-cheologici, viste alla luce delle problematiche digestione e di controllo dei siti e delle singolerealtà museali. Un tema che è particolarmentesentito da coloro che si preoccupano delle vicen-de del patrimonio e che può trarre importanticonsiderazioni di metodo e di prassi d’interven-to dall’esperienza francese documentata da Al-do R. D. Accardi; non sfuggirà, infatti, al lettorela tendenza transalpina ad affrontare gli inter-venti di tutela e di valorizzazione dei siti conun’ampia gamma di opzioni, che spaziano dallesoluzioni a scala territoriale, finalizzate alla rea-lizzazione di veri e propri parchi archeologici, aquelle volutamente limitate alla stretta protezio-ne delle rovine; indagando sulle caratteristichedegli interventi open air e indoor emergono, afianco delle politiche tese a conservare, modelliarticolati d’intervento specifici del mostrare ecomuni a molti paesi europei: tra i più significa-tivi, che si affiancano all’approccio francese,quello del recupero filologico rigoroso, accom-pagnato da frequenti ricostruzioni in situ, attua-to spesso in Germania, e quello del riseppelli-mento irreversibile di stampo ruskiniano, caroagli inglesi, per non parlare dei cantieri dedicatialla rappresentazione, ricchi di contaminazioniinternazionali, attuati sovente in Spagna.

In questo panorama variegato l’Autore ponein evidenza la liceità dei dubbi sulla valorizza-zione a tutti i costi, riconoscendo a scelte diffici-li - tra allestire le rovine e riseppellire le preesi-stenze - un valore anche etico, indispensabileper guidare correttamente l’intervento. Ciò pre-messo, il lettore è guidato a cogliere nel panora-ma francese orientamenti e problematiche ric-che di esemplificazioni, grazie anche alla sceltadi concentrare il quadro d’indagine su un conte-sto preciso ma ricco di risvolti, quello relativoagli ambiti archeologici gallo-romani. Nel terri-torio francese, in particolare nel Sud, le memo-rie celtiche, romane e medievali, si trovano am-massate in un gran numero di musei distrettuali,dando luogo a problematiche di conservazione edi valorizzazione a dimensione prevalentementeurbana, affrontate dallo Stato con politiche vigo-rose di promozione culturale, attente alla gestio-ne e al controllo dei siti, con il risultato di accre-

scere il sentimento di recupero dell’identità na-zionale per rapporto ai territori di appartenenza.Partendo dalle indagini sull’impianto e sullastruttura architettonica delle villae rusticae il te-sto pone in evidenza, con dovizia di esempi, l’e-voluzione delle tecniche conservative, e il ricor-so a “scatole protettive-interpretative” che si ap-poggiano ai resti archeologici frequenti in con-testi extra-urbani e che mirano a presentare alpubblico rievocazioni delle strutture archeologi-che, con attenzione anche agli aspetti bidimen-sionali e tridimensionali degli impianti origina-ri, senza procedere alla dislocazione degli stessi;in quest’ottica il ricorso a volumi e a sistemi dicoperture si prefigge di conservare e al tempostesso interpretare i resti archeologici.

La scelta di strutture museali di protezionedi tal natura può esser considerato un correttotentativo di coinvolgere il pubblico nella frui-zione dei reperti, ponendo i visitatori in grado dicogliere gli aspetti tridimensionali che soventevengono a mancare nei siti architettonici dimaggior frequentazione, o che vengono in qual-che misura fatti rivivere grazie a scarne riprodu-zioni grafiche presenti talvolta nei cartelli infor-mativi disposti nei pressi dei siti e nelle edicoledei bookshop; il ricorso a modelli in scala ridot-ta, collocati nelle zone di accoglienza del pub-blico, spesso assume in questa logica la funzio-ne di ausilio per la ricostruzione scenica del sito,ad implementare l’apparato comunicativo predi-sposto per il sito stesso.

Le esemplificazioni fornite nei vari capitolisono l’occasione per ragionare in termini criticisul ruolo delle strutture cui affidare un compitodi cucitura spazio-temporale tra rovine in-box econtesto circostante, sottolineando il caratteresperimentale di talune di esse, ma anche la cau-tela con cui esse devono essere progettate, perevitare il rischio di spostare l’attenzione sul ma-nufatto piuttosto che sui reperti, decontestualiz-zandoli in modo azzardato. Il ricorso a soluzionidel tipo glass-box testimonia la contraddittorietàconnaturata al ricorso alla dematerializzazionecaratteristica degli elementi vetrati e la correttaevocazione delle preesistenze; il tentativo di of-frire una riconfigurazione efficace dei repertivalendosi delle tecnologie attuali può dar adito,come dimostrano alcuni dei numerosi esempipresenti nel testo e documentati con cura, a si-tuazioni contraddittorie, dove l’armonia tra anti-

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co e moderno non deve essere ricercata a scapitodi un linguaggio e di un sistema di simboli ap-propriati alla natura del sito.

In questo panorama, risulta di grande inte-resse il contributo fornito dagli interventi chemirano a ricostituire il modello romantico delgiardino di rovine; anche in questo filone gliesempi mostrano le difficoltà, all’interno di unacorretta tendenza alla riqualificazione del conte-sto paesaggistico, a trovare un equilibrio tra l’at-tenzione alla dimensione naturalistica del sito egli intenti museografici: l’esigenza di realizzareun rapporto forte tra antico e nuovo, grazie allacontinuità tra giardino e museo, conduce spessonella direzione opposta, dove la cura delle rovi-ne e gli aspetti contemplativi vengono posti insottotono per via di un’evidente volontà di fil-trare la storia attraverso nuovi strumenti d’inter-pretazione; si veda a questo proposito il con-fronto tra i diversi orientamenti messi in atto daiDipartimenti della Mayenne, del Calvados edell’Eure; a fianco di questo filone, non menointeressante risulta essere quello degli esperi-menti di applicazione di architettura vernacola-re: in questi casi l’evocazione curata degli ar-chetipi, attuata spesso con il ricorso a sistemi an-che importanti di copertura, non facilita il rico-noscimento delle strutture e degli ambienti ori-ginari, e rivela il ruolo strategico assunto dallesoluzioni tecnologiche e architettoniche dellecoperture attuate nei siti; la mise en valeur si ca-rica così di soluzioni interpretative di nuovaconcezione, come dimostra il progetto per il Di-partimento della Charente a Chassenon, dovesono del pari evidenti le pulsioni a proteggerequanto quelle ad esibire.

A questa politica di valorizzazione di tipo in-terventista il testo affianca quella dell’impiantomuseale in frammenti, con l’illustrazione pun-tuale e ricca di documentazione del Parc Ar-

chéologique Européen Bliesbruck-Reinheim,cui fa seguito il filone delle esperienze di pre-sentazione dell’archeologia in cripta; per que-st’ultima risulta di grande interesse la metodolo-gia messa in atto dalla Francia, che integra la ri-cerca di approfondimento delle conoscenze suisiti scavati esistenti con studi di prevenzione suisiti non ancora scavati, per una programmazionedegli interventi alla luce delle potenzialità ar-cheologiche del territorio, da attuare grazie a po-litiche di archéologie de sauvetage spesso inconcomitanza di rinvenimenti inattesi di repertidurante l’esecuzione di lavori di scavo: da que-sta interrelazione tra procedure e interventiprende appunto le mosse la questione delle rovi-ne in cripta, con il ricorso a una sorta di esibi-zione sotterranea, volta a presentare una serie diresti storici, esposti tutti insieme al pubblico,mediante percorsi sotterranei ad attraversamen-to verticale, e con ruolo funzionale e didattico,ospitati in spazi pseudo-museali di limitate di-mensioni - e a fianco di essi da grandi spazi ar-cheologici sotterranei.

L’insieme delle politiche d’intervento e de-gli apparati di protezione e di commento sopraricordate vede una naturale evoluzione e inte-grazione nelle esperienze francesi di musei delsito: in essi appare connaturata l’aspirazione asottolineare la grandeur nazionale con una di-chiarata aspirazione dei progettisti a un ricono-scimento pubblico di notorietà dell’interventoarchitettonico. All’espressività architettonica,attuata mediante la ricerca del segno e l’origina-lità della trasformazione, spesso non corrispon-de, tuttavia, la corretta capacità di rievocare e ca-ricare di significati le esposizioni; è la situazioneche l’Autore legge con chiarezza in molti mu-sées des sites, in cui si confrontano memorie sto-riche e valenze immateriali legate a uno specifi-co territorio, con il ricorso, nelle soluzioni in-

door, a eventi espositivi mobili, con exhibitsmodulari e ricomponibili, ormai entrati a pienodiritto nella metodologia espositiva contempo-ranea, ma al tempo stesso adatti ad accogliereaggiornamenti periodici, anche a seguito delprogredire delle campagne di scavo. Comune atutte le soluzioni dispiegate nei musei e nei sitifrancesi, appare una duplice preoccupazione:quella di rispondere a una crescente domanda dispettacolarizzazione, in particolare nelle solu-zioni outdoor, e quella di porre grande attenzio-ne alla musealizzazione del patrimonio archeo-logico attraverso soluzioni indoor; soluzioni incui, avvalendosi dei media più avanzati, le nuo-ve strategie di comunicazione divengono prota-goniste delle azioni di musealizzazione, ovvia-mente insieme con la preoccupazione a che leprocedure di narrazione, indulgendo troppo sutecniche di enfasi e di teatralizzazione, non pren-dano il sopravvento sui reali eventi storici o sul-la strutturazione del messaggio culturale. Preoc-cupazione che rientra in un più ampio dibattitosul rapporto tra modernità e tradizione, che si ac-cende di toni polemici proprio nell’ambito delleistituzioni museali, per via delle contraddizioniinsite nella loro evoluzione nel tempo.

L’esperienza francese, da questo punto di vi-sta, può costituire un riferimento importante, siada un punto di vista generale, grazie all’autore-volezza della scuola di museologia che si è con-solidata negli anni con un continuo confrontocon il patrimonio archeologico, sia dal punto divista specifico degli interventi nel settore del-l’archeologia gallo-romana; in quest’ottica ilsaggio di Accardi risulterà ancor più interessan-te per quanti, operando sul campo, si trovanoimpegnati a esprimere valutazioni scientifiche,ma anche e soprattutto etiche, come concludel’Autore, sul cosa può esser sacrificato, in favo-re di cos’altro da valorizzare.

Amédée Feret, Scavi della Villa Romana di Sainte-Marguerite-sur-Mer, pastello, 1840, particolare.

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1 A. SPoSIto (cur.), La Conservazione affidabile per il Patrimonio architettonico, Atti della tavola rotonda internazionale(Palermo 27-28 settembre 2002), Dario Flaccovio Editore, Palermo 2004; M. C. RUGGIERI tRICoLI, C. SPoSIto, I siti archeo-

logici. Dalla definizione del valore alla protezione della materia, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2004, in part. pp. 60-65.2 La commercial archaeology ha contraddistinto l’operato di numerosi enti di ricerca, particolarmente quelli emersi dopo lapromulgazione della Planning Policy Guidance 16 (PPG16, 1990), secondo le cui disposizioni di legge l’archeologia in-glese veniva privatizzata ed affidata ad associazioni di professionisti archeologi, le quali si assumevano compiti ed onerirelativi alla corretta gestione degli scavi ed alla analisi dei risultati; cfr. M. C. RUGGIERI tRICoLI, Musei sulle rovine. Archi-

tetture nel contesto archeologico, Lybra Immagine, Milano 2007, p. 19.3 R. BRADLEy, Bridging the Two Cultures: commercial archaeology and the study of British prehistory, Paper Pres. to theSociety of Antiquaries of London, Jan. 2006.4 M. StRAttoN, “Approaches to evaluating buildings for conservation in Great Britain”, in K. DE JoNGE, K. VAN BALEN,Preparatory Architectural Investigation in the Restoration of Historical Buildings, Department of Architecture, Urbanismand Planning, Leuven Un. Press, Leuven 2002, pp. 105-115, in part. p. 107.5 Un concetto tipicamente inglese, accolto anche nei territori d’oltre Manica, al quale, ad esempio, è conseguita la creazio-ne dello yAC (young Archaeologist Club), ovvero l’organismo istitutore dello Young Archaeologist Award. Vedi sito Inter-net: www.britarch.ac.uk/yac.6 M. C. RUGGIERI tRICoLI, Musei sulle rovine…, cit., p. 21.7 S. BoSCh, “Consideraciónes teóricas para museologia, el patrimonio intangibile y la identidad cultural”, in h. K. VIERREG

(ed.), Museology and the Intangible Heritage, Preprints ICoFoM Study series, 32, Monaco e Brno 2000, pp. 21-26.8 A. R. D. ACCARDI, “Considerazioni preliminari in vista dei processi di conservazione e valorizzazione”, in F. FERNANDEz

et Al., Il sito archeologico di Solunto. Studi per la conservazione delle murature, Kronos, Palermo 2005, pp. 173-185.9 Cfr. A. R. D. ACCARDI, “La glass-box e la definizione degli interni museali: il Musée des tumulus a Bougon”, in A. SPo-SIto (cur.), Agathón 2008/1, DPCE, Palermo 2008, pp. 57-62.

CONSIDERAZIONI GENERALI

Generalmente, soprattutto in Italia,l’esperienza interventista dei nostrigiorni manifesta un marcato orienta-

mento verso la conservazione e valorizzazionead ogni costo del patrimonio archeologico, avolte perpetuate quasi in assenza di una selezio-ne delle reali possibilità di esecuzione1. Non sipuò continuare a pensare di dovere offrire alpubblico tutto e immediatamente, poiché, semancano le risorse necessarie o un reale interes-se da parte delle comunità, si corre il rischio dilasciare allo scoperto le rovine “riaffiorate”, allamercé di una fruizione distratta, oppure espostea probabili azioni di saccheggio, oltre che d’in-cessante degrado, ma anche di generare, neltempo, una disaffezione per le stesse tematichedella conservazione. Il rischio è anche quello dinon riuscire più a tenere conto delle differenti ti-pologie d’intervento che ogni singola realtà ar-cheologica richiede, quasi costringendo all’u-niformazione dei possibili trattamenti delle ro-vine, che invece hanno tutti, seppur eterogenei,una loro ragione di esistere.

Il dibattito contemporaneo verte, infatti, sul-le modalità di scavo e di tutela dei resti archeo-logici, che consentano nello stesso tempo il pub-blico godimento. A tal proposito, Richard Brad-ley, professore di archeologia all’Università diReading, individua, tra altre, la cultura da lui de-finita della commercial archaeology2, la qualeprivilegia tecniche di scavo rapide e poco rifles-

1 - Vue prise au Sud du Parthénon, au milieu des colon-nes renversées par les Vénitiens, des métopes sciées parLord Elgin, etc., incisione (da Léon de Laborde, Athènesau XVe, XVIe et XVIIe siècles, 1854), particolare.

1sive, ma si mostra più disponibile a teatralizzare

gli scavi e a trasformarli in oggetti di pubblicoconsumo3. È così che, non solo in Inghilterra,ma in gran parte dei paesi europei, le comunitàscientifiche oramai si relazionano con la lorotradizione storico-archeologica in maniera “ap-passionata”, dedicandosi alla conservazione evalorizzazione del patrimonio4, animati dal tra-dizionale coinvolgimento del pubblico che con-cepisce l’archeologia come una socially inclusi-

ve practice5, quindi abbracciando ogni fascia dietà e investendo tutti i livelli di cultura.6

Le esigenze di presentazione dell’archeolo-gia, fulcro delle teorie della nouvelle muséolo-

gie e nouvelle archéologie, hanno condotto ver-so una variegata casistica d’interventi sulle rovi-ne che costituiscono una base essenziale per losviluppo di nuove azioni conservative, tangibili

(relative alla materialità) e intangibili (relativeall’immaterialità)7, tutte legittime e tutte pratica-bili a secondo dei casi8. Azioni che, pur nella lo-ro assoluta diversità, possono coesistere serena-mente, specie se adottate in realtà archeologichealquanto complesse. Spesso la musealizzazionedi alcuni siti archeologici ha anche costituitouna sorta di “conservazione preventiva” dallaquale sono derivate azioni più mirate, maggior-mente sostenibili, e altresì autofinanziate da unintroito economico prodotto dalla presenza diquel pubblico che le stesse strategie di presenta-

zione del bene tutelato hanno richiamato.9

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Il programma d’interventi che consegue alladecisione di mettre en valeur qualsiasi resto del-l’antichità non può che costituirsi a partire dal-l’apporto degli strumenti forniti non soltantodalla manutenzione e del restauro, fondamenta-li e determinanti, ma anche dalla progettazionearchitettonica contemporanea. Si osserva che lepalesi differenze rilevate negli innumerevoliesempi di conservazione e valorizzazione del-l’archeologia confermano l’esistenza di unapproccio e un’interpretazione multidisciplina-re10 e multisettoriale, la quale coniuga i singoli edifferenti apporti, indirizzandoli verso un parti-colare obiettivo preposto: il godimento del beneda parte del pubblico generico. È possibile chele sensibili condizioni della materia da preser-vare possano indurre ad adottare tecniche direstauro e azioni di tutela spesso vincolanti dalpunto di vista progettuale, talvolta limitando lacreatività di chi interviene, ma, in certe circo-stanze, stimolando nuove soluzioni, magarimolto audaci, ma pur sempre rispettose dell’og-getto da valorizzare.11

Un chiaro esempio in tale direzione, tra letante possibili nuove soluzioni, sono alcuni si-stemi “ibridi” di copertura, a cavallo tra sempli-ci strutture di protezione e veri e propri museisulle rovine, che hanno dato luogo a interessantie sostenibili processi di presentazione dell’ar-cheologia in situ, così come ad altrettanti pro-cessi di conservazione, messi in atto dal punto divista della salvaguardia sia degli aspetti mate-riali, sia di quelli immateriali. Il tema delle “co-perture di protezione delle rovine”, tra l’altro, hadato modo di riflettere maggiormente in meritoagli strumenti che le più abili pratiche museo-grafiche possono inscenare. Infatti, dette prote-zioni, parziali o totali che siano, impongono for-me di comunicazione che devono tenere contocontemporaneamente tanto delle tecniche dimusealizzazione indoor, quanto di quelle out-door. Comprendendo che non si può interveniresu una rovina architettonica come s’intervieneabitualmente in un museo al chiuso (sia che essointenda presentare elementi di per sé esplicativi,

sia che intenda interpretarli e caricarli di nuovisignificati), l’intento generale rimane semprequello di comprendere cosa la rovina rappresen-ti e come vada narrata.

In generale vige però un rischio perenne,che, come insegnano le esperienze di restaurodel passato, è quello di intervenire sulle vesti-gia archeologiche in modo irreversibile12, con-ferma che proviene anche dai tanti dibattiti in-ternazionali13, i quali, sul filone del pensiero ti-picamente ruskiniano14, sostengono l’assolutaimpossibilità di intervenire reversibilmente inqualsiasi caso, sia che si tratti di piccoli manu-fatti, sia di insiemi più estesi; “reversibility” inpreservation work as the option of being able toreestablish - in as unlimited a manner as possi-ble - the previous condition means deciding infavour of “more harmless” (sometimes alsosimply more intelligent) solutions and avoidingirreversible interventions which often end withan irreversible loss of the monument as a histo-ric document15. La questione della reversibilitànon è da riferire ai soli casi di protezione coninterventi di copertura, ma anche ai più elemen-tari casi nei quali si sono operati semplici con-solidamenti, livellamenti o ricuciture, spesso ir-reversibilmente integrati con le rovine. È pertali ragioni che i conservatori più appassionati,piuttosto che vedere “aggrediti” gli esiti delleloro dure campagne di ricerca e di scavo, e nonè un caso raro, propongono il riseppellimentodelle rovine, valutato non come intervento dimero ripiego, ma come pratica di alto significa-to civile e scientifico.16

Come ben si comprende, ogni nazione hamaturato una propria formazione culturale e,dunque, un modo specifico di vedere il propriopassato, rintracciato principalmente nell’ar-cheologia del territorio di appartenenza, proprioperché l’archeologia rappresenta in sostanza“l’infanzia di ogni paese”. Tuttavia, giacché glieffetti della globalizzazione hanno avuto ricadu-te sensibili perfino in ambito archeologico, an-che i più diversi orientamenti culturali e inter-ventistici hanno subìto palesi contaminazioni,

generando, soprattutto in Europa, musei archeo-logici di moderna generazione, nei quali, in con-trasto con la sempre più diffusa ricerca d’iden-tità e di necessaria riscoperta delle proprie origi-ni, anche gli indirizzi museografici più espressi-vi di certe culture sono stati mescolati.

La ricerca d’identità trova maggiore ragiond’essere in ambito urbano, poiché la presenzad’ineludibili stratificazioni, non sempre affiora-te, ha fatto scaturire la realizzazione di spazimuseali un tempo inimmaginabili, come quelliottenuti in edifici aventi tutt’altra funzione, onegli ambienti sotterranei delle piazze e dellestrade, ed ancor negli scantinati di edifici resi-denziali e commerciali. In tal modo «la fonda-mentale dicotomia verticale fra l’architetto checostruisce verso l’alto e l’archeologo che scavaverso il basso non ha più ragione di essere:entrambi scavano e costruiscono al tempo stes-so, e il cammino simbolico di John Soane puòessere ininterrottamente percorso in entrambi isensi, verso la luce e verso l’ombra, verso ilpassato e verso il futuro, poiché tutto è soltantoun eterno presente»17. L’archeologia non si limi-ta a far riemergere reperti, ma, a volte, porta allaluce una parte di storia mai scritta, o magarinegata. Anche se è vero che l’archeologia siserve della storia, è altrettanto vero che que-st’ultima viene completata o riscritta grazie allededuzioni scaturite dagli studi archeologici.Ecco perché la lettura critica della storia attra-verso l’archeologia diviene un’attività dovero-sa, sia che si riferisca ad una realtà puntuale, siaad una comunità o ad un’intera nazione.

In origine, le riflessioni sull’opportunità de-gli interventi archeologici in situ, che per certiaspetti possiamo definire moderne, paradossal-mente, non sono esattamente scaturite sul cam-po di ricerca archeologica. Infatti, l’interesse perl’archeologia ha sempre avuto un posto di rilevonella cultura occidentale, concretatosi però, ini-zialmente, nei tradizionali musei archeologici, iquali, luoghi deputati per la conservazione dellamemoria del nostro passato, tra ombra e luce,hanno fatto da sfondo alla duplice anima della

10 Vedi i saggi contenuti in J. h. JAMESON, Presenting Archaeology to the Public. Digging for Truths, Altamira Press, Walnut Creeck, London e New Delhi 1997; in part. i contributi di P. B.POTTER JR, “The Archaeology Site as an Interpretative Environment”, ibidem, pp. 35-53, e di S. SOUTh, “Generalized versus Literal Interpretation”, ibidem, pp. 4-62, i quali, tra le altre in-teressanti considerazioni, si pongono il problema di una presentazione dell’archeologia che conduca alla “verità”.11 S. RANELLUCCI, Strutture protettive e conservazione dei siti archeologici, Carsa, Pescara 1996.12 Da un acuto articolo prodotto dagli studiosi del British Museum, A. ODDy, S. CARROL (eds.), Reversibility - Does it exist?, British Museum Occasional Paper, n. 135, London 1999, giun-ge la conferma che non esiste restauro, né piccolo né grande, che sia effettivamente reversibile. Simile problematicità ma questa volta concernente la sfera del restauro si riscontra in A.ODDy (ed.), Restoration: Is It Acceptable?, British Museum Occasional Paper, n. 99, London 1994.13 È sintomatico di un’assodata evoluzione il fatto che il termine “reversibilità” non sia stato menzionato per nulla nella “Carta di Venezia”, anche se da allora, quando si è intervenuti nel-l’ambito della conservazione, del restauro, della ristrutturazione o di ogni altra misura di protezione, il concetto della reversibilità è stato comunque associato imprescindibilmente alle an-zidette pratiche. La necessità di parlare in modo chiaro d’interventi reversibili, più volte richiamata dalle comunità scientifiche che operano nel settore, si può ritrovare ad esempio in moltidegli atti dei simposi ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), ICCROM (International Centre for the Study of Preservation and Restoration of Cultural Property), ICOFOM

(International Committee for Museology), ma anche in numerose opere di divulgazione che le stesse organizzazioni promuovono, tra le quali citiamo, una per tutte, M. PETZET, Internatio-nal Principles of Preservation, coll. ICOMOS “Monuments and Sites”, n. 20, hendrik Bäßler Verlag, Berlin 2009, p. 37 e ss.14 Jukka Jokilehto, noto architetto-conservatore finlandese, passando attraverso la storia della conservazione dei monumenti antichi, opere d’arte e edifici storici, individua le origini del-l’interesse alla conservazione nel contesto europeo e lo sviluppo del concetto di antichità giunto ai giorni nostri, e illustra come questo sviluppo abbia influenzato la collaborazione inter-nazionale nella protezione e conservazione del patrimonio culturale, ma anche come sono scaturirti i principali approcci alla conservazione e al restauro ed i concetti relativi, passando im-mancabilmente attraverso un’esaustiva sintesi del pensiero di Ruskin; J. JOKILEhTO, A History of Architectural Conservation. The Contribution of English, French, German and ItalianThought towards an International Approach to the Conservation of Cultural Property, Butterworth-heinemann, Oxford 1999; si confronti anche con G. JENKINS, Contested space. Culturalheritage and identity reconstructions, LIT Verlag Münster, Berlin 2008, p. 7 e ss.15 M. PETZET, op. cit., p. 37.16 D. GOODBURN-BROWN, I. PANThER, Reburial in the context of development. Approaches to reburial in the English Planning Process, in “Conservation and Management of Archaeologi-cal Sites”, n. 6 (2004), num. mon., Atti del colloquio Reburial of Archaeological Sites (Getty Conservation Institute e ICCROM, Santa Fe, 17-21 marzo 2003). Anche John Stubbs considerail rinterro la soluzione conservativa più vicina all’optimum. Un pensiero molto britannico che consente tuttora di non vedere mai resti archeologici scavati e abbandonati.17 Citazione tratta da M. C. RUGGIERI TRICOLI, «Musei archeologici», in L. BASSO PERESSUT et Al., 73 Musei, Lybra Immagine, Milano 2007, p. 36; per quanto concerne invece il concetto di“ombra e luce”, progetto culturale che fonda l’allestimento della casa museo di John Soane, si veda: J. SOANE, General Description of Sir John Soane’s Museum with brief notices of someof the more intersting works of art, hart, Oxford 1910; J. SUMMERSON, L’unione delle arti. La casa museo di Sir Joane Soane, in “Lotus International”, 35 (1982), pp. 64-74; M. STEVENS,M. RIChARDSON (eds.), John Soane Architect: Master of Space and Light, Royal Academy of Arts, London 1999; I. TREChSEL, «La casa di Sir John Soane a Londra» in E. hüTTINGER (ed.),Case d’artista, dal Rinascimento a oggi, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 157-168.

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18 M. C. RUGGIERI TRICOLI, «Musei archeologici», in L. BASSO PERESSUT et Al., 73 Musei, cit., pp. 35-46.19 Ibidem, p. 35.20 Si veda a tal proposito la ricostruzione del pensiero di Jim Deetz in M. C. RUGGIERI TRICOLI, «Dalla mitologia del territorio ad una nuova epistemologia del museo», in V. MINUCCIANI (cur.)Il museo fuori dal museo. Il territorio e la comunicazione museale, Lybra Immagine, Milano 2005, pp. 49-61, mentre per le specifiche applicazioni del sentimento dell’everyday man life,si cfr. IDEM, Musei sulle rovine…, cit., p. 42.

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scienza archeologica, concettualmente riassuntanell’esplorazione delle viscere della terra (l’om-bra) e nell’esaltazione di un’antichità mitica (laluce)18. Questa implicita ambivalenza dell’ar-cheologia ha chiaramente caratterizzato i museiarcheologici di ogni tempo, ma ha anche in-fluenzato l’approccio interventistico sui direttisiti archeologici, cui gli stessi musei devono lapropria creazione.

Restando in ambito europeo, e prendendo adesempio come oggetto di valorizzazione l’ar-cheologia romana con tutte le sue declinazioninazionali, la rappresentazione delle due oppostemetafore, ombra e luce, è stata tradotta, comegià anticipato, in maniera sempre differente se-condo le varie realtà archeologiche presso lequali si è intervenuto, ma ha trovato più specifi-che declinazioni secondo le nazioni di apparte-nenza, ognuna delle quali, nei caratteri generali,ha rappresentato un “elemento costitutivo” deldiscorso d’intervento sulle antichità. Volendocompiere una sintesi della varietà che esiste trale diverse azioni, anche quando condotte in sitiarcheologici del medesimo contesto culturale,possono essere tracciate palesi differenze so-prattutto nell’approccio alla conservazione emusealizzazione del passato, messe in atto attra-verso l’uso di strumenti forniti dalla progetta-zione contemporanea (con tutti i suoi possibililinguaggi), in aggiunta ai più usuali strumentidel restauro e della manutenzione.

Si pensi, ad esempio, che l’esigenza di con-servazione e di ricerca scientifica ha caratteriz-zato prevalentemente il contesto culturale an-glosassone, dove gli interventi sull’antico, anco-ra oggi, non sono mai stati “invasivi”, anzi sonostati selezionati accuratamente e addirittura amolti di essi si è rinunciato del tutto. L’innatapassione degli Inglesi per il paesaggio ha fattopreferire la valorizzazione dei beni archeologicidel territorio extraurbano, con interventi miratisostanzialmente a dare risposta all’impulso di“britannizzare” la romanità attraverso l’ausiliodi affascinanti evocazioni. Un altro diffuso sen-timento tipico anglosassone è quello della co-appartenenza culturale, il quale, in quelle realtàarcheologiche extra moenia, ha finito col preva-ricare il più consueto dovere di didattica, que-st’ultimo messo in atto, più che altro, con allesti-menti tradizionali, ossia rifiutando il supportodella tecnologia digitale per affidarsi al disegnoevocativo, all’everyday routine exhibition e al-l’immancabile strategia dell’hands-on general-mente destinata ai più piccoli.

L’archeologia anglosassone trova riflessoanche nel profondo darwinismo dei suoi musei,nei quali la narrazione del passato più antico te-stimonia il sorgere della cosiddetta englishness,continua e inesorabile, la quale fonda la sua ra-gion d’essere nel senso della natura, fino a for-mare, from villae to village, i presupposti dellacountry life, ancora oggi tratto distintivo del-

l’anzidetta “civilizzazione britannica”19. Difatti,la vera natura del rapporto fra “nativi celti” e“invasori romani” si afferma con particolareevidenza proprio nelle strutture abitative, dallequali trapela la radicata dipendenza dall’every-day routine sopra menzionata. Come sembra ov-vio, tale atteggiamento è facilmente trasferibilenel mondo dei musei, il quale, ormai da alcunianni, fa dell’everyday man life l’obiettivo espo-sitivo prevalente.20

Un approccio ancora differente si è palesatonei territori di lingua tedesca, caratterizzati inprevalenza dal desiderio di conoscenza e didivulgazione della stessa. Probabilmente perchésegnati da una frammentazione politica locale,dovuta a un infinito numero d’invasioni/domi-nazioni iniziate sin dall’antichità, l’esaltazionedella componente romana, per i Tedeschi, corri-sponde a un desiderio di appropriarsi di un pas-sato classico tanto desiderato, ma irrimediabil-mente perduto. Anche l’esagerata propensioneverso le ricostruzioni in situ, magari erette diret-tamente sui muri antichi, pare essere una delleconseguenze di questa cesura con il passato.L’esagerata tendenza alla ricostruzione di vil-lae, templi, balnea, basiliche e castra militari,si traduce nella volontà di attualizzare e renderepresente la grande assenza classica, ossia recu-perando un’aura greca e romana, per illumina-re la più buia onnipresenza gotica. Il tentativo diriappropriazione del passato è particolarmente

2 - Le illustrazioni mostrano chiaramente sia l’accumulo di reperti autentici e di calchi raccolti da Soane nel corso degli anni, sia, soprattutto, l’ordine simbolico con i quali essi eranostati ordinati: dalla penombra alla luce, dal “sepolcreto” all’olimpo, dal passato al futuro; a sinistra, George Bailey, The Dome, acquerello, 1810 (da F. Russell, John Soane, 1983); se-guono due vedute del Dome di J.M. Gandy, acquerelli, 1811 (da M. Stevens e M. Richardson, John Soane Architect: Master of Space and Light, 1999).

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riconoscibile in quelle sperimentazioni archeo-logiche nelle quali la contaminazione tra anticoe nuovo non nasce esattamente dalla volontà diriutilizzare le rovine, ma dalla più forte esigen-za di reintegrarle nel presente, facendole pro-prie e interpretandole come strumenti di cono-scenza e divulgazione di una singolare passioneper la romanità.21

Il caso italiano è rappresentativo di unarealtà fuori dal comune, poiché l’intero territo-rio è caratterizzato da un’eccezionale quantitàdi patrimonio archeologico, il quale ha da sem-pre costituito un carico gravoso, sia a causa del-la grande diversificazione, sia per la straordina-ria ricchezza. Tanta vastità pare non abbia favo-rito gli interventi di tutela e valorizzazione, so-prattutto in ragione di troppe diversità territoria-li di cui tenere conto e della concentrazione disiti e di reperti, mobili e immobili, presenti inogni realtà archeologica locale. In concomitan-za, la scarsa intraprendenza interventistica po-trebbe essere dovuta anche a un certo sentimen-to di distacco, tipico della nostra Nazione, la cuipopolazione, per formazione culturale, non con-sidera esattamente “cosa propria” ciò che costi-tuisce “bene comune”, continuando in tal modoa generare una crescente disaffezione per le te-matiche del recupero e della salvaguardia e agettare l’intero patrimonio, non soltanto archeo-logico, in una diffusa e perpetuata incapacitàgestionale. Chiaramente anche in Italia esistonole eccezioni, anzi negli ultimi anni si è anche as-sistito a un proliferare d’interventi sull’archeo-logia. Tuttavia, l’approccio mostrato nella mag-gior parte dei casi cui alludiamo è stato caratte-rizzato da una ricerca sostanzialmente estetica -fondata sulla pregnanza dei materiali, sulla va-lenza delle forme e della luce - in accordo congli orientamenti del cosiddetto design italiano,ma che poco ha a che fare con i concetti basedella moderna museografia archeologica, chepredilige invece l’interpretazione, la narrazionee la contestualizzazione.

Gli Italiani costretti, da sempre, a confron-tarsi con il loro passato, hanno maturato una par-ticolare abilità, che possiamo riassumere con iltermine metafora, espressa in maggior misuraproprio nelle iniziative di musealizzazione del-l’archeologia. L’attenzione al fascino della me-tafora ha però distolto l’attenzione dalla questio-ne nodale, ossia del “cosa significa” realmentequesto immenso e magnifico passato italiano.Ecco che da un lato primeggia la figura del pro-gettista, il quale investe in modo particolare sestesso, cercando di tradurre tecnologia e design,dimenticando però di tenersi qualche passo in-dietro rispetto all’oggetto da valorizzare, affin-ché la sua impronta architettonica non soverchila pregnanza dell’archeologia. Dall’altro si con-

trappone la figura dell’archeologo, il quale,preoccupato dall’elaborazione di concetti rite-nuti poco scientifici, propone di rendere visibile,ma “non parlante”, quanto più patrimonio possi-bile, anziché pensare di utilizzare in maniera mi-gliore il valore testimoniale dei reperti stessi, al-l’interno di un complesso e più efficace poterenarrativo del progetto museografico.

Purtroppo musei e siti archeologici italianisono ancora tanto lontani dall’entusiastica ma-niera con la quale gli Inglesi si relazionano conla loro tradizione archeologica22, difatti mostra-no notevoli difficoltà nel coinvolgimento delpubblico, il quale, forte oramai della conoscenzadei siti di altre nazioni, desidera sperimentarel’archeologia come una pratica socially inclusi-ve, ossia allargata a tutti i livelli di cultura e dietà23, non più relegata alla vetusta visione elita-ria delle gallerie per amateurs.

La Spagna vive invece un’eterna e irrisoltascissione fra modernità e arretratezza, che si ma-nifesta soprattutto nella presentazione dei siti ar-cheologici extraurbani. La dicotomia consisteproprio nel riservare un notevole impegno nellarealizzazione degli edifici di protezione di rovi-ne archeologiche e non solo, spesso molto az-zardati e dal design tecnologico, cui corrispondeun’opposta trascuratezza nel recupero dell’am-biente intorno, con l’esito evidente di una totaleestraniazione dell’archeologia rispetto al conte-sto di appartenenza, dunque, in un certo senso,rispetto alla quotidianità. Poiché le città eserci-tano un’indiscussa attrazione nei confronti di un

turismo in cerca di “stratificazioni”, tale moder-nità progettuale e tecnologica trova, infatti, lasua massima espressione in ambito urbano, do-ve si manifesta anche una diffusa tendenza alriutilizzo dell’esistente (si pensi a tal propositoagli interventi effettuati sui teatri antichi); unriutilizzo che non tiene conto del cauto approc-cio conservativo tipico della cultura anglosasso-ne, né tantomeno della sviscerata passione tede-sca per la classicità, ma che si concentra mag-giormente sul valore della qualità progettualedel nuovo intervento sull’antico.

Gli Spagnoli hanno manifestato da sempreuna passione per le contaminazioni internazio-nali, come testimoniano i casi di Saragozza,Cartagena, Merida e Tarragona24, sentimentoche ha trasformato l’intera penisola iberica in ungrande cantiere di sperimentazione archeologi-ca, sviluppando una serie innumerevole di epi-sodi diversi, attraverso i quali si è espressa unagrande attitudine alla rappresentazione, pur contutti i limiti che la rappresentazione, in quantotale, costituisce, ma si è altresì sviluppata unaspeciale attenzione alla progettazione museo-grafica degli interni. Ciò che pare evincersichiaramente è l’assenza di un disegno generale,probabilmente perché le amministrazioni, con-centrate nel vivere e nel risolvere le questionidell’attualità, prediligono investire unicamentesul presente e utilizzare l’archeologia come me-ro strumento di attualizzazione per fini turistici,dunque non appropriandosene emotivamente eperdendo totalmente il reale rapporto con il pas-sato. Questo distacco dalla storia propria evi-denzia una prassi interventistica spagnola cheviaggia in totale opposizione ai fondamentiideologici e pragmatici di ogni contemporaneaoperazione di musealizzazione.

Se la Spagna ha in un certo qual modo se-gnato una cesura con il suo passato, l’uso pub-blico della storia ha invece caratterizzato forte-mente la Francia, la quale, nel tentativo di ricon-giungere al presente i frammenti di un passatoglorioso, ha stretto in un abbraccio indissolubileil senso della nazione, eterna e magnificente, ela sua archeologia. Il desiderio di conservarecon cura ogni memoria del passato si traduce inbuona sostanza nella manifesta volontà di “ma-gnificare” il popolo francese, per cui tutto vienutile, anche quando si tratta di esporre le memo-rie reali e nobiliari, depurate, a fini catartici, af-finché possano assumere un significato politi-cally correct. Già nella prima fase post-Rivolu-zione, che ha visto tra l’altro l’apertura al pub-blico delle collezioni del Palazzo Reale (oggiMusée du Louvre), e con il successivo arrivo aParigi delle ricchezze racimolate da Napoleonedurante la Campagna d’Egitto, anch’esse espo-ste nell’odierno Louvre, il patrimonio artistico,

21 M. C. RUGGIERI TRICOLI, «Teatri ed anfiteatri romani: gli interventi recenti sullo sfondo dell’esperienza di alcuni paesi europei», in “Dioniso”, Annale della Fondazione INDA, n. 5 (2006),pp. 306-333.22 M. STRATTON, «Approaches to evaluating buildings for conservation in Great Britain», in K. DE JONGE, K. VAN BALEN, Preparatory Architectural Investigation in the Restoration of Hi-storical Buildings, Departement of Architecture, Urbanisme and Planning, Leuven Un. Press, Leuven 2002, pp. 105-115, in part. p. 107.23 A tal proposito, in Inghilterra, è stato appositamente creato lo yAC (young Archaeologist Club), che dispone di sue sezioni presso numerosi musei ed ha istituito lo Young ArchaeologistAward. L’organismo che invece si cura di promuovere la conoscenza dei contesti storico-archeologici presso i non-professionisti è il CBA (Council of British Archaeology); per il concettodi socially inclusive archaeology si confronti con L. SMITh, Cheap and cheerful: socially inclusive archaeology in Hackney and Lambeth, in «London archaeologist», Autumn 2003, Vol.10, N. 6, pp. 162-166; e con M. C. RUGGIERI TRICOLI, Musei sulle rovine. Architetture nel contesto archeologico, Lybra Immagine, Milano 2007, p. 25.24 Sono tutti interventi sull’archeologia che hanno visto il confluire in terra spagnola di un’internazionalità di contributi, per mano di architetti di sperimentata capacità; cfr. M. C. RUGGIERI

TRICOLI, «Teatri ed anfiteatri romani: gli interventi recenti sullo sfondo dell’esperienza di alcuni paesi europei», in “Dioniso”, cit., pp. 330-331.

3 - Benjamin Zix, Composizione allegorica con Domini-que Vivant-Denon dentro il Louvre (incisione, 1811).

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25 Infra, p. 93.26 Infra, pp. 17-18.27 Infra, pp. 107-108.28 Infra, in part. p. 108. Tuttavia, l’antesignano di questo genere d’inserimenti è stato il Musée de la Civilisation Gallo-Romaine di Lione. Il museo si trova incastrato nella centralissima col-lina della Fourvière, ma è quasi del tutto invisibile dall’esterno, connotandosi esclusivamente per gli spazi interni, accuratamente studiati, tuttavia, per garantire, attraverso le bucature, ilraccordo visivo e concettuale con il sito del teatro e dell’odeon gallo-romani; infra, pp. 111-112.29 Il testo della Ruggieri Tricoli, in questa tattazione, sarà, inevitabilmente, più volte citato, poiché prende in esame numerosi casi di musealizzazione dell’archeologia romana d’Europa, laquale fornisce un ottimo parametro di confronto, sia per la sua diffusione in quei paesi, sia per la sua relativa uniformità, sia per la natura stessa dei resti (per lo più costituiti da murature),offrendo agli architetti un’angolazione specifica, per mettere a frutto forme di musealizzazione il cui oggetto è fondamentalmente di loro competenza; cfr. M. C. RUGGIERI TRICOLI, Museisulle rovine. Architetture nel contesto archeologico, Lybra Immagine, Milano 2007.

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ma soprattutto quello archeologico, ha assuntoun senso di testimonianza politica, per la conti-nuità della quale i numerosi fautori, primo tratutti Dominique Vivant-Denon, si sono impe-gnati a officiare il culto della conservazione.Nonostante l’intento di conservare ed esibireogni bene archeologico abbia coinvolto anche lememorie provinciali, celtiche, romane e medie-vali, ammassate in numerosissimi musei distret-tuali, l’attenzione per l’archeologia è divenutasoprattutto un fatto urbano, e lo è da sempre. Ba-sti pensare che, in tutto il Sud della Francia, ladensità dei ritrovamenti archeologici all’internodelle città, come Arles (Bouches-du-Rhône),Orange (Vaucluse), perfettamente integrati nellastruttura urbana, ha reso per forza necessaria lariflessione sulla necessità di nuove forme diconvivenza fra l’antico e il nuovo, fino a episodiceleberrimi, come quello del Carré d’Art diNorman Foster a Nîmes.

Con tale sentimento di glorificazione conti-nua, la conservazione è divenuta principalmenteun fatto urbano, così che ogni tipologia di mu-seo, in particolare quello archeologico, ha ac-quistato pari rilevanza di una Mairie, anzi è di-venuto insieme a quest’ultima il fulcro di ogniagglomerato che si rispetti. I centri urbani dellaFrancia testimoniano anche altri episodi menocelebri, ma di grande significato museologico edidattico, come quelli del Musée des docks ro-mains di Marsiglia, in situ sulle rovine e sugliimportantissimi resti di un deposito portuale didolia, o dell’oppidum greco-celtico dell’Île deMartigues (Bouches du Rhône)25, parzialmente

ricostruito in un musée-vitrine, dimostrando am-piamente tutti i vantaggi della musealizzazionein situ e della rinuncia tassativa alla dislocazionedei reperti, suggerendo nel contempo come lostudio delle soluzioni interne costituisca ele-mento caratterizzante della reintegrazione stessadelle preesistenze archeologiche, mentre gliesterni sono spesso modestamente visibili o mi-metizzati in situazioni del tutto ipogeiche. Ilconcetto di base è che tutto deve essere mostratoe narrato, perché tutto contribuisce all’immagi-ne della Nazione, anche quando l’atto di esporreconcretamente qualcosa diventa impossibile:così, anche i lieux de mémoire vengono preser-vati con pari impegno, anche ricorrendo allapratica dell’esibizione sostitutiva (vedi il casodell’ex-Archéodrome de Bourgogne e il nuovoParc Musée di Alésia).26

Esiste al contempo una propensione a con-servare senza imbalsamare, come i vari piccoliinterventi realizzati a Vienne, ove non è difficileincontrare emergenze archeologiche all’internodi edifici residenziali, o pubblici, del tutto attua-li. A Vienne, poi, è stato anche realizzato il nuo-vo museo archeologico, direttamente sul sitodelle rovine (Saint-Romain-en-Gal)27, studiatoperché gli interni si aprano sul sito, in una per-fetta continuità visiva28. Se generalmente lascuola archeologica francese pare abbia rivoltola sua attenzione ai siti archeologici più rilevan-ti, segnatamente urbani, un’inversione di ten-denza si è andata sviluppando verso la fine delsecolo scorso, così che è cresciuta la considera-zione delle realtà archeologiche e delle espe-

rienze di musealizzazione designate come “mi-nori”, ossia quelle delle piccole installazioni ur-bane ed agricole diffuse in tutta la nazione, tra lequali villae e balnea gallo-romani.

Alla luce di tali considerazioni, ispirati dallacomplessità dello stato dell’archeologia gallo-romana e dall’estrema varietà degli interventisulla stessa, ma anche spinti dal desiderio d’in-tegrare il discorso sulla musealizzazione ar-cheologica, avviato con l’eccellente studio diMaria Clara Ruggieri Tricoli e il suo Musei sullerovine29 (che raccoglie esperienze inglesi, bel-ghe, lussemburghesi e tedesche), chi scrive hadeciso di approfondire la pratica interventisticamessa in atto in Francia, la cui esperienza mo-stra molti punti d’interesse, non soltanto per lesingolari strategie museografiche, ma anche perla straordinaria politica di promozione culturaleche per l’appunto hanno reso “esemplari” i pro-cessi di valorizzazione. I Francesi, nel corso deisecoli, hanno via via definito sistemi per la ge-stione e il controllo dei siti archeologici, che aloro volta hanno prodotto, su larga scala, un mi-glioramento sia al livello sociale, sia culturale.Oltre ai regolari fini di conservazione e valoriz-zazione, ogni investimento sull’archeologia èstato strutturato al fine di suscitare (segnatamen-te nelle comunità locali) un forte sentimento dirispetto nei confronti del proprio patrimonio he-reditologico, rinvigorendo quell’intimo senti-mento di recupero dell’identità di un popolo inrapporto al territorio di appartenenza.

4 - La Maison Carré (sec. I a.C.) e, sullo sfondo, il Carréd’Art di Norman Foster, Nîmes (Languedoc-Roussillon).

6 - Arco di Trionfo romano (sec. I a.C.), orange (Pro-vence-Alpes-Côte d’Azur).

5 - L’anfiteatro romano - les Arenes (sec. I d.C.), Arles(Provence-Alpes-Côte d’Azur).

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7 - L’esperienza inglese: esempio di copertura evocativa/riconfigurativa, Dorchester Roman Town House, Colliton Park, Dorchester.L’innata passione degli Inglesi per il paesaggio ha fatto preferire la valorizzazione dei beni archeologici del territorio extraurbano, con interventi mirati sostanzialmente a dare rispo-sta all’impulso di “britannizzare” la romanità attraverso l’ausilio di affascinanti evocazioni (a).

8 - L’esperienza tedesca: esempio di ricostruzione su rovine, la Cinta muraria e la Porta, Archäologischer Park Xanten, Xanten.La propensione dei tedeschi verso le ricostruzioni in situ, magari erette direttamente sui muri antichi, pare essere una delle costanti d’intervento. Si assiste infatti a un’esagerata ten-denza alla ricostruzione di villae, templi, balnea, basiliche e castra militari, espressioni di una precisa volontà di rendere presente la grande assenza classica, ossia recuperando un’au-ra greca e romana, per rischiarare la più buia onnipresenza gotica (b).

9 - L’esperienza spagnola: esempio di copertura parzialmente riconfigurativa, la Villa romana de Veranes, Gijón.La presentazione dei siti archeologici spagnoli, soprattutto se extraurbani, è caratterizzata dalla dicotomia di riservare maggiore impegno nella realizzazione di coperture di protezione surovine archeologiche, azzardate e dal design tecnologico, cui corrisponde un’opposta trascuratezza nel recupero dell’ambiente intorno, con l’esito evidente di una totale estraniazione del-l’archeologia rispetto al contesto di appartenenza (c).

10 - L’esperienza italiana: esempio di copertura totale, la Domus del Chirurgo, Rimini.L’approccio italiano, generalmente, viene caratterizzato da una ricerca estetica, maggiormente basata sulla valenza delle forme, della luce e dei materiali, in accordo con gli orienta-menti del cosiddetto design italiano, il quale dimentica di far valere le più ambite istanze d’interpretazione, narrazione e contestualizzazione (d).

a b

dc

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L’archéologie [deve essere] une disciplinescientifique dont le sujet d’étude est la rela-tion entre le comportement humain des so-ciétés passées et la culture matérielle qui leura survécu en différents endroits de la planèteet à différentes époques. [...] le champ del’archéologie embrasse, à l’heure actuelle, latotalité des cultures, pour la presque totalitéde leur développement, à travers la totalitéde leurs vestiges matériels.1

Ibeni archeologici sono penetrati nellacoscienza della collettività alimentandoun diffuso atteggiamento consapevole

del loro valore intrinseco, incoraggiando un ap-proccio complessivo ed integrato, capace di in-dividuare, a partire dalle singole realtà archeo-logiche, i principi fondativi ed identificativi delluogo. Originali politiche di valorizzazione e dipromozione dello sviluppo locale si sono dun-que affiancate ai consueti strumenti di tutela econservazione2. Oggi, la cultura dell’archeolo-gia viene individuata come un fattore d’identitàforte, che si esprime per mezzo di una politicaculturale fondata sulla volontà di promozionedell’arte in generale, della conoscenza del patri-monio archeologico, inteso come elemento dicomprensione del presente, capace di contribui-re allo sviluppo della creatività e dell’innova-zione, ed altresì di foggiare nuove identità ri-spetto alla crescente globalizzazione culturale3.La necessità costringe ad affrontare il problemadella museificazione secondo una nuova pro-

spettiva sia in termini di conservazione, sia intermini di ricerca.4

Les archéologues n’étudient donc pas seule-ment de la poterie et de la bijouterie, destemples et des tombeaux, des fossés et destertres, mais aussi des sédiments de lacs, desossements d’animaux, des excréments et desparasites. Ils s’intéressent normalement auxsociétés passées, mais il est important de no-ter que ces définitions n’excluent pas l’étudede la culture matérielle contemporaine.5

Fino ad un recente passato, la scuola archeo-logica francese ha privilegiato la ricerca intornoai siti archeologici più spettacolari6, trascurandoil potere rievocativo delle piccole installazioniurbane ed agricole diffuse in tutta la nazione.Fra queste ultime si distinguono per importanzale villae romane, sia nella loro pars urbana chein quella rustica, considerato che in esse sonoevidenti i segni di un’antica struttura sociale7.

All’epoca della conquista romana, la Galliavede stabilire in tutto il suo territorio numerosevillae. Un fenomeno, che - favorito dalle condi-zioni naturali, dalle risorse idriche, dai suoli col-tivabili, dalle viste spettacolari e dai versantiben esposti - segnò l’avvio di una considerevoleantropizzazione, intrapresa principalmente conl’installazione delle villae rusticae, le quali mo-dificarono l’intera armatura sociale e culturaledel territorio8. L’effetto della romanizzazione,

2LA MISE EN VALEURDELLE VILLAE GALLO-ROMANEFRA RIEvOCAZIONEE RICERCA D’IDENTITà

1 R. GINOUVÈS, Grand Atlas de l’archéologie, Universalis, Paris 1985, p. 11.2 Anche se la situazione iniziale di riflessione sui siti archeologici, proposta da Attilia Peano, sembra limitarsi sulla generaleconsiderazione che una forma di protezione dei contesti antichi sia strettamente subordinata a quella dei parchi naturalistici, leconsiderazioni che ne conseguono forniscono preziosi orientamenti in merito agli interventi sul patrimonio archeologico; A.PEANO, «Parchi naturali e parchi culturali: un’integrazione possibile», in R. FRANCOVICh, A. ZIFFERERO, Musei e parchi ar-cheologici, All’Insegna del Giglio, Firenze 1999, pp. 183-189.3 M. CARTA, L’armatura culturale del territorio. Il patrimonio culturale come matrice di identità e strumento di sviluppo,Franco Angeli, Milano 1999.4 Tomislav Sola considera come patrimonio da conservare non soltanto i classici siti monumentali ed archeologici, ma fi-nanche gli itinerari culturali, i luoghi della memoria, i siti associativi, i paesaggi culturali, all’interno di una strategia di let-tura che, seppur complessa, si è fatta prioritaria e che riconosce il contenuto scientifico dei siti come valore aggiunto; T. SOLA,Essay on mueums and their theory: toward the cybernetic museum, Finnish Museums Association, helsinki 1997, p. 151 e ss. 5 P. RAhTZ, Invitation to archaeology, Blackwell, Oxford 1985, p. 9.6 Questo incanalamento verso lo studio dei maggiori monumenti é la cartina al tornasole di un atteggiamento caratteristico ris-contrato nella tradizione archeologica francese della fine del sec. XIX e dei primi anni del secolo scorso. A quel tempo, l’in-teresse degli studio si concentrava sulle emergenze di maggiore spettacolarità, con minore attenzione per altri edifici, oggi,fortunatamente, tenuti in maggiore considerazione dalla ricerca archeologica. Cfr. J. BROMWICh, The Roman Remains of Sou-thern France. A guidebook, Routledge, London and New york, 1996.7 R. GINOUVÈS, Grand Atlas de l’archéologie, cit. p. 11 e ss.8 Per la ricostruzione delle tappe evolutive delle villae rusticae gallo-romane, vedi G. COULON, Les villas gallo-romaines, ÉditionsOUEST-FRANCE, s. l., 2005; mentre per un panorama generale della romanizzazione della Gallia e per gli straordinari acquerelli conriconfigurazioni di impinati gallo-romani, si veda G. COULON (en coll. avec J. C. GOLVIN), Voyage en Gaule romaine, Actes Sud-Er-rance, Arles-Paris 2002.

11 - John William Waterhouse, In the Peristyle, olio sutela, 1874, Rochdale Art Gallery, Lancashire, England.

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13 - In alto, Montmaurin (Haute-Garonne), planimetriadella villa strutturata in più fabbricati.

14 - In basso, Loupian (Hérault), planimetria della villaa peristilio dell’Alto Impero.

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inoltre, produsse lussuose residenze suburbane ericche dimore di villeggiatura installate sui lito-rali, la cui pars agraria, anche in queste realtà,costituì l’elemento più caratterizzante.

Indagando sull’impianto e la struttura archi-tettonica delle villae, non soltanto francesi, sipossono trarre alcune considerazioni interessan-ti in merito agli aspetti socio-culturali che hannocontribuito alla loro definizione; esse costitui-scono infatti una viva testimonianza sia della co-lossale impresa espansionistica dei Romani, siadella progressiva romanizzazione dei celti, viavia sedotti dal sistema di vita degli “invasori”9.

Sorte per lo più come centri di sfruttamentoagricolo, le villae erano dotate di un territoriopiù o meno vasto, dal quale traevano mezzi disussistenza e ricchezza, ed erano strutturate se-condo tipologie estremamente diverse, i cui im-pianti planimetrici, oggi ben individuati dai rile-vamenti sul campo e dalle prospezioni aeree,obbedivano alla peculiarità dei differenti conte-sti regionali. Dalle installazioni ad un solo edifi-cio - vedi le villae di Clos de Magny (haute-Saône) e di Chaucenne (Doubs)10 - al raggruppa-mento in più fabbricati - vedi la villa gallo-ro-mana di Montmaurin (haute-Garonne)11, il cuicomplesso architettonico contava almeno due-cento edifici - esisteva un’infinita varietà di si-stemazioni. Ad esempio, un’organizzazione pla-nimetrica piuttosto frequente nelle zone delNord-Est del Paese era quella costituita da duegrandi corti, intorno alle quali si distribuivanodiversi ambienti, ordinati a secondo dei momen-ti di installazione.

Questa grande diversificazione tipologica èdipesa tanto dall’eterogeneo livello di ricchezzadei proprietari, quanto dal grado di “resistenza”delle tradizioni architettoniche indigene neiconfronti dell’incalzante romanizzazione. Difat-ti, seppur ovvio, non è cosa semplice individua-re una casa gallo-romana tipo12, specialmente sesi tiene in considerazione che detta diversifica-zione tipologica è avvenuta anche in funzionedelle comunità con le quali le varie villae si sonodovute confrontare: se l’edificio è stato installa-to nei pressi di piccoli villaggi, il sottostrato in-digeno (celtic background)13, chiaramente piùrilevante, si è tradotto anche nell’impianto del-l’abitazione; se invece il confronto è avvenutocon grandi centri urbani, in cui l’élite locale -fortemente romanizzata - si è affiancata alla po-polazione di origine mediterranea, hanno presoil via tipologie abitative influenzate dai modelliitalici14. Prendendo ad esempio le villae a peri-stilio, l’impossibilità di adattare indistintamentequesta tipologia di villa al clima estremamentevario del territorio francese, non ha impeditoche la stessa, presente soprattutto nel Sud dellaGallia, venisse insediata anche a Limoges e Pé-rigueux15. È questa una chiara manifestazionedella forza della romanizzazione e di un altret-tanto forte desiderio di una cerchia ristretta diconformarsi al modello dominante.16

Il periodo di grande prosperità delle villae siottiene con la pax romana, ovvero a partire dallafine dell’Epoca Flavia per raggiungere l’apogeonel corso del II secolo. È proprio in questo pe-riodo storico che le villae più rilevanti si dotano

9 Nella memoria dei Francesi il valore di Giulio Cesare viene superato dal contrapposto eroe nazionale Vercingetorige. Tale sentimento si esprime anche nelle politiche di valorizzazione del-l’archeologia romana, presentata più per la qualità delle tecniche di realizzazione dell’architettura, che per la grandiosità dell’Impero che l’ha generata; vedi per es. S. KEAy e N.TERRENATO (eds.), Italy and the West. Comparative Issues in Romanization, Oxbow Books, Oxford 2001.10 C. GASTON, Bâtiments «standardisés» dans la pars rustica des villae : deux exemples récemment découverts en Franche-Comté, in «Revue Archéologique de l’Est», t. 57-2008, p. 253-266.11 G. FOUET, La Villa gallo-romaine de Montmaurin, CNRS Editions, Paris 1998 e J. T. SMITh, Roman Villas. A study in social structure, Routledge, London and New york 2001, pp. 188-190.12 Per comprendere ulteriormente quanto sia estesa la tipologia delle villae gallo-romane, basta mettere a confronto le modeste abitazioni presenti nel sito archeologico di Alésia, orga-nizzate in massimo due ambienti le cui superfici superano raramente i cento mq, con le sfarzose residenze di Vaison-la-Romaine e di Saint-Romain-en-Gal, di notevoli estensioni e strut-turate secondo un impianto molto complesso, connotato dalla presenza di numerosi ambienti dalle diverse funzioni; cfr. J. LE GALL, Alésia: Le siège de la forteresse gauloise par César,la ville gallo-romaine, le culte de sainte Reine, Imprimerie Nationale Editions/Ministère de la Culture, Paris 1985; C. GOUDINEAU, Les fouilles de la maison au Dauphin à Vaison-la-Romaine, CNRS, Paris 1979; C. LAROChE et Al., Saint-Romain-en-Gal: un quartier de Vienne antique sur la rive droite du Rhône, “Guide archéologiques de la France”, Paris 1984.13 In merito al citato celtic background, si veda h. C. BOWEN, «The Celtic Background», in A. L. F. RIVET, The Roman Villa in Britain, Routledge e Kegan Paul, Londra 1969, pp. 1-48.Per gli studi più recenti, cfr. R. M. e D. E. FRIENDShIP-TAyLOR (eds.), From Round House to Villa, Upper Nene Archaeological Society, Piddington 1997. Nonostante gli studi anzidettisiano stati condotti sulle villae delle contee britanniche, il concetto culturale di base, che esprime una certa resistenza al nuovo, inevitabilmente tradotto in tipologie abitative ibride, èidentico, a meno di alcune sfumature, a quello rintracciabile nella grande varietà di villae rusticae presenti sul territorio francese.14 Per gli aspetti legati alla stretta relazione tra territori conquistati ed architettura vernacolare, si veda M. C. RUGGIERI TRICOLI, Musei sulle Rovine... cit., p. 52.15 Nulla impedisce di pensare che il tipo di villa romana a peristilio, se presente anche nelle città del centro della Francia, possa essere esistito anche nei territori del Nord-Est; cfr. P. A.FÉVRIER; P. LEVEAU, Villes et campagnes dans l’Empire romain, Actes du Colloque U.E.R. d’histoire, Aix-en-Provence 16/17 mai 1980, Université de Provence, Marseille 1982.

12 - A sinistra, villa di Clos de Magny (Haute-Saône); a destra, villa di Chaucenne (Doubs): i due edifici agricoli, appartenenti alla pars rustica di due villae differenti, sono stati recentementeriportati alla luce nella Regione della Franche-Comté. Sono due esempi che rappresentano uno degli aspetti più interessanti dell’architettura rurale gallo-romana, quello della “standardiz-zazione” di certi edifici, che si manifesta nella diffusione di un preciso modello architettonico a pianta quadrata, composto da una grande sala, preceduta da un corpo d’ingresso a due loca-li, che incorniciano un atrio coperto. La seconda caratteristica risiede nella serialità degli edifici installati presso uno stesso insieme, secondo una concezione basata sul ritmo, l’allinea-mento e la ripetizione. questa concezione è appannaggio dei grandi terreni agricoli, che rivela una ricerca di monumentalizzazione delle villae (disegni di Christophe Gaston, 2008).

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di complessi termali, quali autentici lussi chemanifestano la volontà dei proprietari di accetta-re un nuovo sistema di vita, ma soprattutto diaderire alla romanità17, attraverso la costruzionedi una civiltà “ibrida”, descritta come “civilisa-tion gallo-romaine”18. Un binomio foggiato perdescrivere l’incontrovertibile romanizzazionedegli insediamenti celtici, ma principalmenteper rimarcare - contrariamente a quanto è acca-duto nella vicina Germania, la cui odierna co-munità si ritiene diretta erede dei “progenitoriromani” - la persistenza della componente so-ciale celtica, sopravvissuta all’invasione roma-na e tramandata fino alle generazioni presenti.19

To introduce the old France into the memoryand intelligence of the new generations, to re-store amongst us a feeling of justice and ofsympathy towards ancient French society,who had lived with much effort and gloryduring fifteen centuries in order to build upthe heritage that we have received.20

Le polemiche sorte negli anni Settanta in oc-casione della creazione dell’Archéodrome deBourgogne a Beaune si legano saldamente allospirito di conservazione di questa irrinunciabilematrice sociale celtica. Ecco perché l’Archéo-drome, autentico pioniere in diversi settori

scientifici, ha costituito una delle maggioriespressioni d’orgoglio dell’intera Nazione. È in-dicativo come tanta fierezza possa essere stataespressa attraverso un parco di ricostruzioniquale l’Archéodrome, quasi superando l’atten-zione mostrata verso i siti archeologici gallo-ro-mani originali. La motivazione di questo atteg-giamento è da attribuire tanto ad un aspettoscientifico, quanto ad un risvolto emozionale: ilprimo si deve allo straordinario lavoro dell’ar-cheologo Jean-Bernard Devauges, che fece del-l’Archéodrome un manifesto dell’archeologiasperimentale21, il secondo, forse l’aspetto mag-giormente incisivo, alla forte empatia dei Fran-cesi per il passato autoctono. Contrariamente al-le scelte dei tradizionali parchi archeologici,l’Archéodrome, al di fuori di ogni contesto ar-cheologico reale22, conteneva, tra le ricostruzio-ni a scala naturale, l’imponente fortificazionevoluta da Giulio Cesare in occasione della con-quista della città di Alésia, capitale gallica diVercingetorige. La ricostruzione della fortifica-zione ha scaturito in Francia una grande polemi-ca, sia riguardo il suo significato simbolico e po-litico, sia in merito all’opportunità della nuovacollocazione sul territorio. I Francesi, orgogliosidi potere sostenere che la loro è la nazione piùantica d’Europa23, vedono in Alésia tale testimo-nianza e per questo le attribuiscono un forte ca-

rattere emblematico24. Nonostante il mondoscientifico e la popolazione riponessero in Alé-sia un’aura di assoluta contemplazione e di “in-toccabilità”, non fu impedito che, a partire dallostudio dei ritrovamenti e dall’estrema chiarezzatecnica del De bello gallico, venissero ricostrui-ti per primi manufatti di origine romana25, ossia

16 A.L.F. RIVET, Gallia Narbonensis: Southern France in Roman Times, B. T. Batsford, 1990.17 P. M. DUVAL, La vie quotidienne en Gaule pendant la paix romaine, hachette, Paris 1952.18 Per una completa analisi critica sul rapporto tra potere romano e Galli, si veda G. WOOLF, Becoming Roman: The origins of Provincial Civilization in Gaul, Cambridge Un. Press,Cambridge and New york 1998.19 Questo confronto tra le vicine Francia e Germania mette in luce le ragioni per le quali dette nazioni, ancora oggi, si confrontano con l’archeologia romana in maniera molto differentetra loro: la prima, mossa da un sentimento più rovinista, esalta la matrice gallica e preferisce “contemplare” le rovine come segno della decadenza dell’impero romano; la seconda, piùattenta alla protezione ed alla valorizzazione delle testimonianze storiche, ricerca una prova tangibile che consenta alla odierna comunità di “appropriarsi” di una diretta discendenzaromana. Un ragionamento del tutto in linea con il sentimento espresso da alcune comunità nei confronti dei propri “paesaggi di rovine” o dei cosiddetti “giardini archeologici”; cfr. A. R.D. ACCARDI, «La musealizzazione delle rovine a Gisacum, Francia», in A. SPOSITO (cur.), Agathón 2007, Offset Studio, Palermo 2007, pp. 41-44, in part. p. 41.20 P. LÉON, La vie des monuments Français, destruction, restauration, A. et J. Picard, Paris 1951.21 Servendosi della pratica museale della “ricostituzione archeologica”, Jean-Bernard Devauges concepì l’Archéodrome con l’intento di valorizzare l’intero patrimonio archeologico ditutta la Borgogna. Una simile pratica, però, lontana secoli dalla più condivisa funzione di conservazione del “vero”, diede vita ad un gran numero di incertezze in merito alla sua oppor-tunità d’applicazione. Cfr. J. DAVID, «L’Archéodrome de Bourgogne. Comment parler d’archéologie au public non spécialisé», in R. FRANCOVICh, A. ZIFFERERO, Musei e parchi archeo-logici, cit., pp. 463-69 e M. C. RUGGIERI TRICOLI, I fantasmi e le cose. La messa in scena della storia nella comunicazione museale, Lybra Immagine, Milano 2000, p. 209-210.22 Il motto dell’Archéodrome si basava proprio sul fatto di definirsi come construit hors de tout contexte archéologique [e che] présente dans un même lieu, une synthèse des diversparamètres ayant présidé au processus de l’évolution humaine - techniques, cultures, organisation socioéconomique; J. DAVID, «L’Archéodrome de Bourgogne. Comment parler d’ar-chéologie au public non spécialisé», in R. FRANCOVICh, A. ZIFFERERO, Musei e parchi archeologici, cit., p.463.23 Cfr. O. BUSChENSChUTZ, A. SChNAPP, «Alésia», in P. NORA (dir.), Le lieux de mémoire, Gallimard, Parigi 1997, v. 3, p. 4116.24 Una chiara espressione di questo forte legame dei Francesi con la loro tradizione socio-culturale è rintracciabile in uno degli ultimi scritti di Fernand Braudel, il quale, parlando diAlésia, ricorda con immenso orgoglio che la Gaule n’est pas perdue comme Atlantide; F. BRAUDEL, L’identité de la France, Arthaud, Paris l986.25 I riferimenti scientifici per la realizzazione filologica della barricata furono rintracciati nella situazione dello scavo archeologico esistente e, per quanto concerne l’alzato, nella detta-gliata descrizione delle tecniche costruttive che Giulio Cesare diede nel De Bello Gallico; l, VII, 2.

15 - L’ Archéodrome de Bourgogne a Beaune:- in alto, a sinistra, prospettiva d’insieme del parco; a de-stra, alcune delle coinvolgenti ricostruzioni riferite alletradizioni costruttive della civiltà gallica si accostanoalla fortificazione romana, anch’essa ricostruita;- in basso, la ricostruzione di un Fanum gallo-romano.

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16 - Alise-Sainte-Reine, Mont-Auxois, sito archeologico di Alésia:a) una parte delle rovine della villa gallo-romana; b) vista aerea del Mont-Auxois, con l’insieme delle rovine gallo-romane: il centro della complesso archeologico presenta i resti di edifi-ci culturali, religiosi e amministrativi, installati nel sito durante cinque secoli di continue pianificazioni.17 - Alise-Sainte-Reine, MuséoParc Alésia:c) vista virtuale del Centro d’interpretazione, progetto e renderizzazione dell’Atélier Tschumi; d) vista del Centro d’interpretazione in fase di completamento e di parte (sulla destra del-l’immagine) della ricostruzione delle due linee fortificate romane, estese per circa un centinaio di metri; e) planimetria del Centre d’Interprétation del MuséoParc Alésia; f) e g) viste ren-derizzate del futuro museo di Alésia (progetto dell’atélier Bernard Tschumi Architects, Paris); h) e i) disegni dell’apparato didattico/museografico del centro di interpretazione. I documentied i reperti si mischiano ai supporti multimediali di ultima generazione, così che proiezioni, ologrammi, video ed effetti sonori, investono gli oggetti di un’aura di storia attualizzata.

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