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UNIVERSITÀ DI CASSINO Facoltà di Economia Dipartimento di Economia e Territorio Dispense per il Corso di: Economia e Gestione dell’Azienda Agraria e Agroindustriale Anno Accademico 2002 –2003 PARTE I

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UNIVERSITÀ DI CASSINO

Facoltà di Economia

Dipartimento di Economia e Territorio

Dispense per il Corso di:

Economia e Gestione dell’Azienda Agraria e Agroindustriale

Anno Accademico 2002 –2003

PARTE I

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INDICE

PARTE I – ECONOMIA DELL ’A ZIENDA AGRARIA ...............................................................................3 CAPITOLO 1 .................................................................................................................................4 La disciplina catastale....................................................................................................................4

Introduzione .................................................................................................................................4 1.2 Il catasto terreni......................................................................................................................5 1.3 Organi dell’amministrazione catastale...................................................................................7 1.4 La particella catastale.............................................................................................................8 1.5 Il nuovo catasto terreni...........................................................................................................9 1.6 Considerazioni finali sulla determinazione catastale del reddito dominicale e del reddito dell’impresa agraria....................................................................................................................16 1.7 Agricoltura e Pesca. Art. 34 DPR 26/10/1972, N.633 ........................................................16 1.8 L’Imposta Comunale Immobili (ICI)...................................................................................19

CAPITOLO 2 ...............................................................................................................................21 La classificazione delle aziende agrarie secondo l’UE..............................................................21

2.1 La dec. CEE 463/78 .............................................................................................................21 2.2 La decisione cee 377/1985...................................................................................................22 2.3 Come si determina praticamente l’OTE di un’azienda........................................................23

CAPITOLO 3 ...............................................................................................................................31 Le principali novità della legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo.....31

3.1 Definizione civilistica di impresa ........................................................................................31 3.2 Le principali novità della legge orientamento e modernizzazione del settore agricolo forestale e della pesca ................................................................................................................33 3.3 Valorizzazione del territorio e distrettualizzazioni. .............................................................38

CAPITOLO 4 ...............................................................................................................................41 Le Tipologie delle Aziende Agricole Italiane tra Professionalità e Accessorietà ..................41

4.1 Introduzione .........................................................................................................................41 4.2 Tipologie strutturali e socio-economiche.............................................................................45 4.2.1 I fattori di differenziazione delle aziende .........................................................................45 4.2.2 Le tipologie aziendali........................................................................................................47 4.3 Considerazioni conclusive ..................................................................................................60

Nota metodologica........................................................................................................................67 Riferimenti bibliografici ..............................................................................................................75

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PARTE I – ECONOMIA DELL ’A ZIENDA AGRARIA

L’azienda - gli argomenti di questa sezione sono trattati nel testo di M. De Benedictis, V. Cosentino: “Economia dell’Azienda Agraria”, capp. XII e XIII

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CAPITOLO 1 La disciplina catastale Introduzione

Le seguenti dispense trattano la formazione del catasto terreni, le varie operazioni per la determinazione dei redditi imponibili, sottolineando la centralità delle operazioni estimative e di determinazione delle tariffe d’estimo a fini fiscali.Una volta viste le modalità di determinazione del reddito imponibile verranno analizzati, per quanto concerne specificatamente il settore primario, i caratteri strutturali e d’applicazione dell’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili). Più specificatamente il primo capitolo verte sul funzionamento del moderno catasto terreni, sulle modalità di reperimento ed utilizzo dei dati catastali e sulle funzioni degli organi nazionali e periferici di amministrazione del catasto. Dopo questo capitolo introduttivo ripercorreremo idealmente l’evoluzione del catasto terreni, dalle fasi iniziali di formazione fino a quella attuale di conservazione. Al fine di rendere più immediata la comprensione della sequenzialità delle fasi si riporta il seguente schema.

FASE 1 FORMAZIONE DEL CATASTO 1.1 delimitazione, terminazione e rilievo planimetrico

1.2 operazioni estimative

1.2.1 qualificazione

1.2.3 classificazione

1.2.4 classamento

1.2.5 determinazione tariffe d’estimo RD e tariffe d’estimo RA

FASE 2 CONSERVAZIONE DEL CATASTO

TARIFFE R.D. REDDITO DOMINICALE TARIFFE R.A. REDDITO AGRARIO

ICI Il Reddito dominicale è utilizzato per la determinazione del valore imponibile ai fini ICI

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1.2 Il catasto terreni

Il catasto è l’inventario di tutti i beni immobili, ove per beni immobili si intendono non solo i terreni e i fabbricati ma anche le strade, piazze, corsi d’acqua, laghi e litorali, esistenti nel territorio dello Stato al fine di accertarne la proprietà, evidenziare le mutazioni e stabilire una giusta base per la determinazione del reddito. Esso non è una istituzione moderna poiché era già noto nell’antico Egitto, in Grecia (ove venivano redatti rudimentali catasti descrittivi, cioè senza rappresentazione grafica) e presso i Babilonesi e gli Etruschi mentre, durante l’impero Romano, raggiunse una notevole perfezione normativa. Con la caduta dell’impero Romano d’Occidente scompare anche il catasto, di cui si tornerà a parlare solo con il sorgere dei Comuni quando all’istituto in parola, oltre al carattere civile, viene abbinata una funzione fiscale derivante dall’introduzione delle imposte sugli immobili. Nel secolo XVIII i catasti subirono una profonda modifica ed acquistarono le caratteristiche ancora oggi presenti. La riforma attuata nel periodo 1718-1759 nel Lombardo Veneto dagli Asburgo introdusse numerosi elementi destinati ad essere ripresi nelle catastazioni del secolo XIX:

q realità e territorialità dell’imposta q presentazione grafica del terreno mediante mappe particellari q imposizione commisurata al reddito medio ordinario quantitativo determinato col metodo

della qualità q classi e tariffe q estimo stabile e determinazione degli elementi catastali con minuziosa procedura che

consente al privato al difesa dei propri interessi. Dopo l’Unità d’Italia, con la formazione di uno Stato concepito in senso democratico e moderno, diviene forte l’esigenza di abolire vecchi privilegi di immunità fiscale concessi ai molti latifondisti e di uniformare la pressione fiscale nell’intero territorio nazionale. Di conseguenza si rendeva necessario la formazione di un catasto basato su esatti rilevamenti planimetrici delle proprietà immobiliari, onde stabilirne l’estensione, distinta per natura e coltura, il reddito netto da tassare ed il proprietario. Con la legge 26/01/1865 n° 2136 venne disposto che si distinguessero i fondi rustici dagli urbani e che si unificasse in tutto il Regno l’imposta sui fabbricati. Per tutto il XIX secolo in Italia operarono, ognuno con modalità e caratteristiche proprie, nove compartimenti catastali. Tale anacronistica situazione terminò nel 1886 quando la legge 1° Marzo n° 3680 (serie III) e le successive modificazioni, coordinate nel T.U. 8 Ottobre 1931 n° 1532, introdussero il catasto terreni (o rustico). Senza considerare le numerose altre norme che hanno disciplinato la materia, raccolte nel citato T.U., arriviamo al R.D. 8 Dicembre 1938 n° 2153 “Regolamento per la conservazione del nuovo catasto terreni “ e al R.D.L 13 Aprile 1939 n° 652 con cui venne disposto l’accertamento generale degli immobili e formazione del NCEU (Nuovo Catasto Edilizio Urbano). Si può affermare che solo nel 1955 si è giunti al completo accatastamento dei terreni mentre maggiori difficoltà sussistono ancor’oggi per il catasto urbano.

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Il catasto terreni (o rustico) inventaria tutti i suoli agricoli ed i fabbricati rurali a loro servizio1, i terreni incolti sterili, le strade, i laghi e corsi d’acqua, nonché le ferrovie e tranvie in sede propria2. Il catasto fabbricati ( o urbano), di contro, inventaria tutti i generi di fabbricati esclusi quelli rurali accennati sopra. I dati catastali degli immobili (intestazione, mappale, qualità e classe, consistenza e reddito imponibile) possono essere reperiti fornendo una delle seguenti indicazioni :

q possessore q partita q particella (rappresentazione planimetrica del singolo immobile di quella determinata qualità

e classe ) q foglio di mappa

consultando gli schedari dei dati stessi presso gli Uffici del Territorio (ex Uffici tecnici erariali ) o presso i comuni. Per quanto concerne, infine, il rapporto tra ordinamento tributario e catasto va sottolineata l’importanza della riforma fiscale del 1974 che ha eliminato le imposte dirette sui terreni e sui fabbricati. L’attuale ordinamento tributario si basa sulle seguenti imposte :

1) imposta sul reddito delle persone fisiche IRPEF; 2) imposta sul reddito delle persone giuridiche IRPEG; 3) imposta regionale attività produttive (IRAP) 4) imposta comunale sull’incremento valore degli immobili INVIM (tale imposta è stata

formalmente abrogata dall’art. 17 commi 6 e 7, D.lgs 504/92, ma per una serie di motivazioni, il legislatore ne ha disposto una graduale disapplicazione. Essa potrà considerarsi definitivamente abrogata a partire dal 01/01/2003)

5) imposta sul valore aggiunto; 6) imposta sulle successioni e donazioni, imposte ipotecarie, catastali e imposta di registro; 7) imposta sugli spettacoli, imposta comunale sulla pubblicità, imposte di bollo, di

fabbricazione, di consumo ecc. L ‘assenza tra i tributi elencati delle tradizionali imposte dirette non implica la non utilità fiscale dei redditi imponibili dominicali, agrari e dei fabbricati urbani che il catasto attribuisce a tali immobili. Tali redditi, infatti, opportunamente rivalutati, concorrono a formare il reddito imponibile delle persone fisiche e giuridiche alle quali appartengono gli immobili, il cui reddito complessivo va assoggettato ad imposta. Inoltre suddetti redditi svolgono una importante funzione di indice di riferimento nei seguenti casi:

q determinazione dei canoni d’affitto dei fondi rustici da parte delle apposite commissioni regionali

q elemento coadiuvante per le valutazioni immobiliari richieste agli Uffici del Territorio nelle espropriazioni per causa di pubblica utilità

q accertamento da parte degli Uffici del Territorio della congruità dei valori immobiliari dichiarati ai fini dell’imposta di successione, donazione (ed INVIM) nel caso di trasferimento degli immobili e dei diritti reali di godimento (usufrutto, uso, abitazione)

q controllo dei redditi immobiliari dichiarati ai fini IRPEF e IRPEG.

1 Sono considerati fabbricati rurali tutte le costruzioni destinate al ricovero del bestiame, macchine ed attrezzi da lavoro, alla conservazione e prima manipolazione dei prodotti, all’abitazione dei coltivatori purché essi siano a servizio dei terreni agricoli del proprietario cui appartengono. 2 Ferrovie e tranvie sono in sede propria quando anche il suolo su cui scorrono è di proprietà dello stesso complesso aziendale.

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Nonostante le mappe catastali svolgano anche funzione civile, cioè prova dei confini ed esatta individuazione degli immobili nelle compravendite, nelle divisioni ereditarie, nelle operazioni ipotecarie, da un punto di vista giuridico il Catasto italiano (ad eccezione dell’Alto Adige ove il sistema tavolare dei registri fondiari ha carattere reale) non è probatorio, cioè le sue risultanze non possono essere assunte come prova certa di un determinato diritto di proprietà. Le risultanze catastali hanno valore fino a prova contraria, cioè possono essere smentite da prove di altra fonte quali ad esempio: atti notarili di compravendita, decreti di espropriazione, decreti pretoriali di espropriazione etc. 1.3 Organi dell’amministrazione catastale

1) Direzione centrale del catasto, dei servizi geotopocartografici e della conservazione dei registri immobiliari - Roma è una delle direzioni centrali del Ministero delle Finanze.

2) Uffici del territorio - con sedi nei capoluoghi di provincia, comprendenti: le Sezioni catastali e le Conservatorie dei Registri Immobiliari .

Le sezioni Catastali hanno il compito di conservare il catasto cioè in ultima analisi di tenere aggiornati:

a) gli estimi dei beni immobili, vale a dire i redditi imponibili dei terreni (redditi dominicali RD: è il reddito netto medio annuo ordinario di spettanza padronale - e redditi agrari - RA:è l’interesse sul capitale d’esercizio più il compenso per il lavoro direttivo medi annui) - in funzione anche delle variazioni colturali e dei miglioramenti o declassamenti) ed i redditi imponibili dei fabbricati urbani;

b) i trasferimenti di proprietà conseguenti alle successioni, donazioni, compravendite, espropriazioni, permute ed usucapione (artt. 1159 e 1159 bis c.c.);

c) le mappe rappresentanti il territorio (per ciascun comune). Gli Uffici del Territorio sono suddivisi in cinque sezioni:

• 1a sezione – si occupa dell’amministrazione dei beni demaniali (demanio pubblico dello stato, delle Province, e dei Comuni), nonché di consulenza tecnica e valutazione dei beni stessi, in qualità di ufficio di fiducia dello Stato.

• 2 a sezione- conservazione del catasto rustico (terreni) • 3 a sezione- valutazione immobiliari ai fini delle imposte per i trasferimenti di proprietà • 4 a sezione- formazione e conservazione del Nuovo Catasto edilizio Urbano • 5 a sezione accertamento e valutazione dei danni di guerra

3) Commissioni censuarie - le commissioni censuarie vennero istituite nel 1923 in occasione della prima revisione generale degli estimi (R.D. e R.A.) con la seguente subordinazione: Commissioni censuarie Comunali, Distrettuali, Provinciali e Centrale. Il loro principale ruolo era quello di sovrintendere alle operazioni catastali di qualificazione, classificazione e classamento degli immobili, alla formazione e revisione delle tariffe d’estimo e all’esame dei reclami nella fase di pubblicazione degli atti nei singoli Comuni.

Nel 1972 ( all’epoca della revisione fiscale), dato che il loro lavoro non è più tanto come per l’impianto del nuovo catasto terreni, vennero soppresse le Commissioni censuarie comunali e nel 1993 quelle distrettuali. Sono, così, attualmente operative solo le commissioni Censuarie Provinciali e la Commissione Centrale (ex. art. 16 D.P.R. n° 650/1972).

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1.4 La particella catastale

La particella catastale è una “estensione continua d’immobile (terreno o fabbricato) situata in uno stesso Comune, appartenente ad uno stesso proprietario ed avente unica qualità classe e destinazione”.

Come si evince dal seguente stralcio di mappa ogni particella viene rappresentata secondo la propria forma geometrica ed assume un numero arabo detto mappale.

Ne discende che un determinato immobile formato da più appezzamenti aventi destinazioni diverse (ad esempio vigneto, uliveto, seminativo irriguo, di classe 1a e 2 a, fabbricato) viene rappresentato secondo le diverse particelle anche se appartenenti ad un unico proprietario.

(fonte: “Catasto rustico e urbano”; Panecaldo)

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1.5 Il nuovo catasto terreni

Il Catasto attuale è caratterizzato da due fasi, quella di formazione e quella di conservazione.La seconda fase, che consiste nell’espletamento continuo di tutte quelle operazioni tese ad aggiornare il Catasto (aggiornamento tramite volture e verificazioni periodiche,) in funzione di tutti quei mutamenti inerenti la classe, possesso e qualità dei beni immobili, è di stretta competenza dei dipendenti dell’Ufficio del Territorio ed esula dai fini di queste dispense. Essa è iniziata dopo la conclusione della fase di formazione e si protrarrà, ovviamente, indefinitamente. Per la formazione del Catasto terreni sono state poste in essere le seguenti operazioni:

1. delimitazione, terminazione e rilevamento planimetrico; 2. operazioni estimative: qualificazione, classificazione, classamento e determinazione delle

tariffe. La prima operazione abbraccia un periodo di tempo che va dal 1865 (anno d’approvazione della prima legge finalizzata a fornire al neonato Stato unitario un catasto moderno ) al 1961, anno in cui si possono considerare conclusi i lavori di formazione (rilievi planimetrici dei beni immobili, classamenti e attribuzione dei redditi imponibili). Tale fase ha attualmente un interesse esclusivamente di carattere storico dato che riguarda il passato del catasto e non il presente. Essa consiste nell’individuare le singole proprietà, sulla scorta di documentazioni comprovanti la provenienza dei cespiti o di altri atti pubblici e/o in contraddittorio con i proprietari interessati. La seconda operazione che è anche la più elaborata consta di quattro fasi (qualificazione, classificazione, classamento e determinazione delle tariffe) che vengono poste in essere in ordine sequenziale. a) Qualificazione. Essa consiste nel distinguere presso ciascun comune i terreni in relazione alla loro destinazione colturale , qualità delle coltivazioni e diversa natura o, più in generale, per altre condizioni o circostanze favorevoli e permanenti. Il catasto ha elaborato le seguenti classificazioni:

1) seminativo: terreno lavorato con l’aratro o con la vanga o con la zappa, senza distinzione di posizione, la cui coltivazione è avvicendata, o suscettibile di esserlo, a cereali od anche a legumi, a tuberi, a piante tessili, a piante erbacee da foraggio o a piante industriali temporanee 3;

2) seminativo irriguo: seminativo come sopra, irrigato con acqua propria o di affitto, sia che l’avvicendamento richieda irrigazione, come per esempio il riso, sia che l’irrigazione non risulti indispensabile;

3) seminativo erborato: seminativo come al numero 1, in cui esistono viti o alberi allineati o sparsi, il cui prodotto costituisca un fattore notevole del reddito del fondo;

4) seminativo erborato irriguo: seminativo come sopra, cui si applichi l’irrigazione come al n° 2;

5) prato: terreno comunque, produttore di erba da falciarsi almeno una volta l’anno; 6) prato irriguo: terreno a prato perenne come sopra, che goda il beneficio di una regolare

irrigazione con acqua propria o d’affitto; 7) prato erborato: terreno come al n° 5 in cui esistano alberi come al n° 3; 8) prato a marcita: terreno a prato perenne irrigato con acqua propria o d’affitto, non solo

nella stagione estiva ma anche nell’invernale, che fornisca un taglio di erbe o nell’autunno avanzato o alla fine dell’inverno;

9) prato irriguo erborato: terreno come al n° 7, in cui si applichi l’irrigazione come al n° 2; 10) risaia stabile: terreno fornito di acqua d’irrigazione, propria o d’affitto, coltivato a riso

esclusivamente; 3 Sono piante industriali: tabacco, lino, canapa, barbabietola da zucchero, luppolo, ricino, cotone, arachide, colza, girasole, papavero, sesamo, zafferano.

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11) pascolo : terreno produttore di erbaggi utilizzabili come foraggio, i quali non si possono economicamente falciare e si fanno pascolare dal bestiame (ossia vengono consumati dal posto);

12) pascolo erborato: terreno come al n° 1, in cui esistono alberi come al n°3 13) pascolo cespugliato: terreno pascolativo, sparso di cespugli che, con l’ombra e l’estesa

occupazione dello spazio, riducono a limiti ristretti la produzione delle erbe; 14) giardini : terreni destinati a scopo di delizia, a colture che richiedono speciale

apparecchio di riapro o riscaldamento, o in generali sottratti, per qualsivoglia uso, alla ordinaria coltivazione, in quanto non siano considerati come accessori dei fabbricati rurali

15) orto : terreno coltivato ad ortaggi per scopo commerciale; 16) orto irriguo :terreno come al numero 15, che gode di una regolare irrigazione; 17) agrumeto : terreno coltivato ad agrumi di ogni specie (distinguendo, ex legge 232 del

15/09/1965, in aranceto, mandarinato, limoneto, bergamotto e cedreto.) 18) vigneto : terreno coltivato a viti allo scopo di ottenere dal suolo, esclusivamente o

principalmente, il massimo raccolto di uva, attribuendosi agli altri prodotti una importanza secondaria;

19) frutteto : terreno coltivato a piante da frutta esclusivamente o principalmente, attribuendosi agli altri prodotti un’importanza secondaria;

20) oliveto: terreno coltivato ad olivi esclusivamente o principalmente, attribuendosi agli altri prodotti un’importanza secondaria;

21) gelseto : terreno coltivato a gelseti esclusivamente o principalmente, attribuendosi agli altri prodotti un’importanza secondaria;

22) colture speciali ad alcuni parti d’Italia: escluse quelle colture che entrano nelle rotazioni agrarie e quelle che possono essere assegnate ad altre qualità del presente quadro (noccioleto, sughereto, querceto);

23) castagneto da frutta: terreno occupato esclusivamente o principalmente da castagni da frutto, attribuendosi un’importanza secondaria agli altri prodotti;

24) canneto : terreno produttore di canne destinate al servizio delle vigne od al commercio; 25) bosco di alto fusto: terreno occupato da alberi di alto fusto di ogni genere; 26) bosco ceduo : terreno occupato da alberi di ogni genere che si tagliano ad intervalli

generalmente non maggiori di 15 anni, sia di ceppaia che di piante a capitozza; 27) bosco misto: bosco composto promiscuamente di alto fusto e di ceduo; 28) incolto produttivo : qualunque terreno, non compreso nei precedenti titoli, che senza

intervento della mano dell’uomo dia un prodotto valutabile, anche minimo4; 29) ferrovia o tranvia con sede propria 5; 30) incolto sterile; terreni assolutamente improduttivi6. (tratto da “Catasto urbano e rustico e

legislazione catastale”, Virginio Panecaldo) In questi ultimi anni il legislatore ha introdotte nell’elenco nuove coltivazioni quali fungaie e speciali produzioni in serre. b) Classificazione. Questa fase consiste nel suddividere ogni tipologia di coltura in tante classi quanti sono i livelli della diversa produttività che valgono a distinguerla dalle altre, considerando anche le condizioni fisiche ed economiche che influiscono sulla relativa rendita netta. Normalmente le classi di produttività sono cinque (si tenga presente che al “terreno incolto” non viene attribuita alcuna classe) per cui si può avere, ad esempio, un terreno “seminativo “ di 1a classe o un vigneto di 2 a , etc. 4 Sono quei terreni che, nonostante il loro stato di abbandono, danno o potrebbero dare un certo reddito in quanto spontaneamente producono, per esempio: erba, sia da pascolo che da sfalcio, oppure qualche prodotto arboreo. 5 Che si sviluppa su terreno di proprietà della stessa azienda ferroviaria o tranviaria 6 è il caso delle zone rocciose, sabbiose o ciottolose su cui non germoglia alcuna pianta per mancanza assoluta di humus.

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La classificazione viene elaborato tenendo presente i seguenti fattori • natura del terreno (umifero,sabbioso, calcareo, etc); • profondità dello strato coltivabile ; • situazione dei terreni (nella valle, sul colle), distanza dal centro abitato di

riferimento; • giacitura (pianeggiante, leggero o forte pendio); • quantità di acqua di cui si può disporre per l’irrigazione; • intensità arborea.

c) Classamento. A ciascuna particella del territorio comunale viene attribuita la propria qualifica e classe secondo i quadri di qualificazione e classificazione prestabiliti (ogni particella viene quindi definita ad esempio, uliveto di classe prima o di seconda etc).

Infine, va sottolineato che sono escluse dall’imposta sui terreni le seguenti aree: 1) le aree sedi dei fabbricati urbani; 2) le aree dei fabbricati sede di opifici 3) le aree sedi dei fabbricati rurali e loro dipendenze7; 4) le aree sedi dei fabbricati destinati ai culti; 5) le aree dei cimiteri, parchi e viali di rimembranza; 6) le aree delle fortificazioni; 7) le aree occupate dai campi di aviazione o di fortuna; 8) gli alvei dei fiumi e torrenti; 9) le strade pubbliche 10) le piazze e le aree occupate da immobili di proprietà dello Stato, sottratta alla

produzione per un pubblico servizio gratuito 11) le aree dei canali maestri per la condotta delle acque; 12) le aree delle miniere, cave, torbiere, saline stagni d’autore e tonnare.

Gli immobili di cui ai numeri 4,5,6,7,8,9, 10 non sono soggetti ad alcuna imposizione fiscale mentre quelli di cui al numero 1,2 11,12 sono di competenza del Catasto urbano.

d) Determinazione delle tariffe d’estimo. L’imposizione fiscale sui fondi rustici grava sia sul Reddito Dominicale, ossia sul reddito netto medio annuo di spettanza padronale (ossia è il reddito derivante dalla terra nel suo stato naturale, la rendita, e dai capitali in essa investiti stabilmente), che sul Reddito Agrario, il quale, ex art.29 TUIR. (testo unico sulle imposte dei redditi) è costituito dalla parte del reddito medio ordinario imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati nei limiti delle potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso. A tal fine sono considerate attività agricole quelle:

1) dirette alla coltivazione del terreno, 2) dirette all’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal

terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche se provvisorie, se la superficie adibita alla produzione è coltivata per almeno la metà del terreno su cui la produzione insiste;

3) dirette alla manipolazione, trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli o zootecnici, anche se non effettuati sul terreno, che rientrino nell’esercizio normale dell’agricoltura secondo la tecnica che lo governa, e che abbiano per oggetto prodotti ottenuti, per almeno la metà, dal terreno o dagli animali allevati su di esso.

7 I fabbricati rurali e le loro dipendenze sono esenti dall’imposta sulle aree agricole (e quindi dall’estimo rurale) in quanto di essi si tiene conto nella determinazione del reddito dominicale del fondo, con il quale sono parte integrante, essendo tutt’uno.In altri termini, si può affermare che l’apporto di utilità agricola dei fabbricati rurali, nelle stime di censo, viene riportato sul R.D. dei terreni al cui servizio sono adibiti i fabbricati stessi.

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Sia il RD che R.A. devono riferirsi a sistemi di coltivazione ordinari, secondo le consuetudini locali, praticati senza straordinaria diligenza o trascuratezza. Infine, per quanto concerne il RD, non si deve tener conto dei vantaggi derivanti dalla trasformazione di prodotti naturali in prodotti di maggior VA tramite operazioni industriali. Nel caso in cui le attività di cui ai punti 2 e 3 superino i limiti previsti, la parte di reddito eccedente viene considerata reddito d’impresa e sottoposta alla relativa disciplina tributaria. Va sottolineato che la nozione di “imprenditore agricolo”, nella vigente legislazione, non assume carattere unitario e valido per tutti i settori (in particolare la disciplina civilistica si differenzia da quella tributaria). Per quanto concerne la nozione di imprenditore agricolo, sotto il profilo civilistico si rimanda al paragrafo successivo: “Le principali novità della legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo”. Infatti l’articolo che segue è stato integralmente sostituito dal decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri in attuazione della delega contenuta nella cosiddetta legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo (legge n.57 del 5-3-2001). “E’ imprenditore agricolo chi esercita un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura.”. Va però sottolineato come il legislatore, nel definire la fattispecie di “reddito d’impresa” a fini IRPEF adotta si i connotati presenti nella definizione civilistica, ma amplia la nozione di imprenditore e impresa intendendo per impresa commerciale l’esercizio di altre attività fra cui, per quanto concerne il settore primario:

• “attività di allevamento di animali e di manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zoootecnici per la parte di reddito che eccede i limiti fissati nell’art 29 comma 2 TUIR lettere b), c), nonché i redditi derivanti dallo sfruttamento di miniere, cave, torbiere,saline laghi, stagni ed altre acque interne”;

• “i redditi di terreni, per la parte derivante dall’esercizio delle attività agricole indicate nell’art.29 del TUIR, qualora siano prodotti da società di capitali,residenti nel territorio dello Stato, aventi per oggetto esclusivo principale l’esercizio di attività commerciale e, dall’01/01/1997, anche da società in nome collettivo e in accomandita semplice. Tali redditi devono tuttavia rispettare i limiti fissati dal citato art.29”

Si è cosi venuta a configurare una situazione anomala poiché ad esempio, il medesimo soggetto imprenditoriale può essere considerato agricolo secondo il codice civile e anche secondo altre norme ma, al contrario, potrà essere considerato imprenditore commerciale (art. 2082 c.c) in relazione alla norme previdenziali in materia infortunistica o come si è visto, in materia fiscale. Al fine di eliminare le conseguenti sperequazioni appare auspicabile un intervento del legislatore per ricondurre alla necessaria unitarietà il sistema legislativo nel suo complesso. d.1) tariffe d’estimo. La tariffa d’estimo rappresenta il reddito per ettaro (cioè unitario) espresso in moneta legale, per ogni qualità e classe di terreno. Le tariffe d’estimo sono due e più specificatamente:

• tariffa del reddito dominicale (RD): è il reddito netto medio annuo ordinario unitario, di spettanza padronale, al lordo di qualsiasi imposta;

• tariffa del reddito agrario (RA) : è l’interesse ordinario, annuo, sul capitale d’esercizio , più il compenso per il lavoro direttivo, unitari, cioè incidenti su un ettaro.

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Le tariffe sia di R.D. che di R.A. sono riferite genericamente ad un ettaro di terreno di una particolare qualità e classe mentre i RD e i RA di una determinata particella esprimono i redditi ad essi attribuiti, moltiplicando la loro estensione per la relativa tariffa. Ad esempio se un terreno coltivato a seminativi ha un’ estensione di 3,40 ettari e la relativa tariffa di R.D. è di £ 700.000 si attribuisce un Reddito dominicale imponibile pari a 3,40 x 700.000 = 2.380.000 £. d.2) stima censuaria per la determinazione dei RD e RA La stima censuaria è l’insieme delle operazioni necessarie per determinare le tariffe d’estimo al fine di stabilire il censo, cioè l’imposta fondiaria. I diversi criteri estimativi, contenuti negli appositi “quaderni di stima”, adottati dal 1887 sino ad oggi sono riassunti nella sottostante tabella:

Legge in forza Periodo di vigenza Criteri adottati Legge fondamentale 1° Marzo 1886, n° 3682 e Reg. 2 Agosto 1887 n° 4871)

Dal 1887 al 1905 vennero prese in esame le particelle tipo, Comune per Comune, assumendo nelle stime, per i prodotti le quantità medie del dodicennio 1874/1895 e per i prezzi la media dei tre anni di minimo prezzo registratisi nel periodo medesimo

Legge 26 Gennaio 1905 n° 5 dal 1905 al 1923 vennero prese in esame le particelle tipo scelte nei comuni ed assunti prodotti e prezzi come sopra

R.D.L. 7 Gennaio 1923 n° 17 dal 1923 al 1939 si considerarono le particelle tipo scelte nei Comuni tipo, però furono assunte le medie dei prodotti e prezzi del decennio 1904/1913, salvo i prezzi con notevole tendenza al rialzo o al ribasso, per i quali si prese la media del triennio 1911/1913

Legge 29 Giugno 1939 n° 976 (seconda revisione generale degli estimi)

nel 1939 vennero prese in esame le aziende tipo scelte nei comuni tipo ed applicati, alle medie dei prodotti e spese, i prezzi nel triennio del triennio 1937/1939

D.M. Finanze 13/12/1979 (terza revisione generale degli estimi)

Conclusasi nel 1988 alle medie ordinarie dei prodotti e spese sono stati applicati i prezzi medi del biennio 1978/1979

D.M. 20 gennaio 1990 (quarta revisione generale degli estimi)

conclusasi nel 1992 revisione basata sui prezzi medi dei prodotti e delle spese correnti nel biennio 1988/1992

Il territorio nazionale è stato suddiviso in 21 zone censuarie, aree molto omogenee sotto il profilo dell’ordinamento colturale e delle aziende agrarie, ognuna delle quali, a sua volta, viene suddivisa in una sezione che comprende Comuni che presentano una certa uniformità topografica ed agronomica. A sua volta in ciascuna sezione (attualmente sono state individuate 300 sezioni)viene identificato e scelto il Comune tipo o Comune di studio.Tale comune riunisce in sé le colture tipiche, le caratteristiche e le condizioni medie degli altri comuni della medesima sezione.Infine in ciascun comune tipo viene scelta un numero sufficiente di aziende agrarie tipo, ordinarie (aziende di studio). L’azienda tipo deve riunire il sistema di conduzione e lavorazione dei prodotti che siano ordinari anche nelle aziende degli altri comuni della stessa sezione. Di norma e quando è possibile viene preferita l’azienda semplice cioè di classe e qualità uniforme (formata, ad esempio, da solo seminativo di classe prima o seconda) evitando, a causa della maggiore complessità

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nell’elaborazione della ripartizione dei redditi e per i conseguenti risultati meno precisi, l’azienda complessa, formata cioè da particelle con qualità e classe diverse. Lo stesso legislatore ha sancito nel punto III dell’art. 109 R.D. 12/10/1933 n° 1539, afferendo alla determinazione delle tariffe, che “fra i differenti metodi di stima applicabili, dovrà preferirsi in ogni caso il più semplice.” d.3) procedimento di stima per la determinazione dei RD e RA Una volta effettuata la scelta dell’azienda tipo, dai documenti catastali si rilevano:

• il proprietario dell’azienda; • superficie, qualità e classe delle singole particelle; • i numeri di mappa indicanti le particelle che formano l’azienda.

Le particelle catastali della medesima qualità e classe vengono raggruppate indicandone l’estensione complessiva mentre le tariffe d’estimo dei boschi vengono determinate a parte cioè non sono incluse nel bilancio aziendale. Infine vanno ricercate tutte le notizie utili ai fini del bilancio aziendale e più specificatamente:

• sistema di conduzione aziendale prevalente nei Comuni della sezione censuaria; • PLV, secondo la media degli ultimi 5-6 anni, al netto degli infortuni ordinari quali ad

esempio inondazioni, grandine, malattia. Vanno quindi rilevate la qualità delle colture praticate nelle rotazioni, la quantità media dei prodotti zootecnici vendibili. I prodotti da considerare sono quelli venduti in misura maggiore nella località;

• spese medie annue • i prezzi medi dei prodotti, materiali manodopera nel periodo 1978-1979.

Infine viene calcolato il R.D. e il R.A. distinguendo se la conduzione aziendale è diretta o a mezzadria o colonia parziaria8:

8 L’azienda agraria è un organismo produttivo formato dal capitale fondiario, da capitale d’esercizio e dal lavoro. Le più importanti modalità di gestione sono:

• la conduzione diretta: il proprietario conduce direttamente l’azienda, utilizzando sia (e/o) manodopera familiare che esterna;

• affitto o concessione in uso :il proprietario cede, in cambio di un compenso monetario o in natura, lo sfruttamento dell’azienda.

Le terra ed il bosco oltre che in proprietà possono essere acquisiti in affitto. Anzi oggi, venuta meno la facoltà di concludere contratti di concessione del diritto di godimento del fondo rustico diversi dall’affitto (art. 23 legge 3 Maggio 1982, n° 203), non vi è altra possibilità qualora non si possa o non si voglia ricorrere alla compravendita (Germano, “Manuale di diritto agrario”;Giappichelli editore). Prima di effettuare brevemente l’esame delle disciplina cogente del contratto di affitto va fatta una importante premessa sull’autonomia contrattuale delle parti contraenti. Quest’ultima, infatti, insieme alla proprietà (che costitutiva una colonna portante del codice civile) ha subito, nella materia “agricoltura”, una continua compressione da parte del legislatore. Motivazioni economiche e politiche hanno spinto il legislatore a

1. prorogare i contratti agrari con coltivatori diretti; 2. ridurre l’elevato numero di tipi sociali di contratti esistenti nell’agricoltura italiana ai quattro tipi legali

dell’affitto, della colonia parziaria, dell’enfiteusi e del lavoro subordinato (legge 15 settembre 1964 n° 756)

3. disciplinare in modo cogente il rapporto di colonia e delle residue mezzadrie (legge 756/1964) e quello dell’affitto (legge 22 luglio 1966 n° 606; 11/02/1971 n° 11;03/05/1982 N° 203 ;14/02/1990 N° 29)

4. vietare i contratti agrari associativi aventi ad oggetto la terra (legge 756/1964 e 203/1982) 5. convertire in affitto le ancora residue mezzadrie e colonie parziarie (203/82) 6. riconvertire all’affitto tutti i nuovi contratti agrari “aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra

le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici” (art 27, 203/1982) 7. vietare la stipulazione di contratti atipici e di contratti diversi dall’affitto, considerato dal legislatore dal

1982 il modello più idoneo, economicamente e politicamente, a regolare i rapporti tra i proprietari di etrra che non vogliono coltivarla e coloro che, pur privi di terreno, vorrebbero coltivarlo.

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conduzione diretta

R.D.= PLV- (SV+SA+ST+Q+I) Ove SV= spese varie per materiali e servizi non disponibili nell’azienda ; Q= quote di ammortamento, manutenzione ed assicurazione; SA = salari ST= stipendi per amministrazione, direzione e sorveglianza; I= interessi dell’8-10% (per 6 mesi su SV,SA,ST e per un anno sulle scorte fisse e capitale d’esercizio)

conduzione a mezzadria o colonia parziaria R.D.= PLV (di parte padronale)- Spese (di parte padronale) R.D. =PLV- (SV+ST+Q+I) la voce salari non compare in quanto è totalmente a carico del mezzadro o colono così come non compare la voce imposte incidenti sul reddito fondiario che, appunto, devono essere stabilite tramite il procedimento di stima. R.A. =Interessi sull’intero capitale d’esercizio + compenso per il lavoro direttivo d.4) ripartizione dei redditi fra le particelle che compongono l’azienda di studio - determinazione delle tariffe. Una volta determinati il RD e il RA dell’azienda di studio si passa alla fase successiva che consiste nella determinazione delle relative tariffe unitarie. Quest’operazione consiste nel ripartire ognuno dei suddetti redditi fra le particelle che formano l’azienda al fine di calcolarne l’incidenza per ettaro di quella determinata qualità e classe. Si riporta, a titolo di esempio, la modalità di determinazione delle tariffe per una azienda semplice, essendo quest’ultimo il metodo più semplice e sicuro e a cui viene dato preferenza. Le tariffe si determinano dividendo la somma dei RD e quella dei RA per la somma totale delle superfici delle aziende di studio, escludendo le aree dei fabbricati rurali. ESEMPIO: AZIENDA

QUALITA’ SUPERFICIE Ha A CA

CLASSE RD LIRE

RA LIRE

1 2

VIGNETO VIGNETO

10 15 00 30 35 00

2 2

9.500.000 30.000.000

2.850.000 9.500.000

TOTALI 40 50 00 39.500.000 12.350.000 (op. cit)

Tariffa RD 39.500.000: 40.50 =975.000 £/ha Tariffa RA 12.350.000:40.50 =305.000 £/ha

La disciplina cogente del contratto di affitto di fondi rustici (203/1982) distingue (anche se le differenze tra i due tipi sono numericamente scarse) tra l’affitto a un coltivatore diretto e ad un soggetto non coltivatore diretto. Secondo la legislazione vigente, le cui disposizioni sono inderogabili, l’affitto dura 15 anni, può essere tacitamente rinnovato, e vi può essere recesso del proprietario in caso di grave inadempimento da parte dell’affittuario. Il canone, che è “equo”, viene determinato ogni anno da una commissione tecnica provinciale; è inoltre prevista la possibilità per le Regioni di fissare coefficienti aggiuntivi. La normativa, infine, prevede che ciascuna delle parti possa apportare miglioramenti al fondo, addizioni e trasformazioni. Se tali interventi sono posti in essere dal proprietario si dà luogo ad un aumento del canone,se , invece, sono effettuati dall’affittuario si procede alla liquidazione di una indennità.

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d.5) scale di merito e collegamento Le tariffe stabilite tramite l’esame delle qualità e classi di terreno delle aziende di studio vengono applicate agli altri comuni del circolo censuario mediante scale di merito e collegamento, ossia una serie di coefficienti di merito che rappresentano il merito di ciascuna qualità e classe rispetto a quelle del comune tipo. Una volta assegnati i coefficienti di merito a ciascuna qualità e classe, tramite paragone con quelle omogenee del comune tipo a cui viene assegnato il valore 100 di coefficiente, si determinano le tariffe della qualità e classi degli altri comuni del circolo censuario. Ex art. 56, legge n° 549/1995 anche i Comuni possono concorrere alla formazione delle tariffe d’estimo.

COMUNE TIPO COMUNE DI………. Qualità Classe Coeff. Tariffa Coeff. Tariffa Semin. Irr. Sem. Arb. Vigneto

1a

2 a 3 a

100 100 100

700.000 650.000 1.200.000

100 90 110

700.000 0.90×650.00= 595.000 arrot. 600.000 1.10 ×1.200.000 =1.320.000 arrot. 1.300.000

(op.cit.)

1.6 Considerazioni finali sulla determinazione catastale del reddito dominicale e del reddito dell’impresa agraria••••. Caratteristica peculiare del reddito dei terreni è data dal fatto che esso è colpito nella misura “media ordinaria ” risultante dalle tariffe di estimo catastale, e quindi non nella misura effettiva. E’ un reddito ordinario, “ottenuto da un coltivatore non troppo pigro, ma nemmeno troppo zelante, di capacità normale, che applichi tecniche produttive né più progredite né più retrograde delle altre. Inoltre è un reddito medio perché viene calcolato per una media di più anni, in modo da abbracciare un ciclo produttivo che tenga conto della rotazione delle colture e delle vicende favorevoli e sfavorevoli delle coltivazioni in modo da ottenerne una piena compensazione. Si pensa che la tassazione di un reddito “medio ed ordinario” costituisca uno stimolo alla produzione in quanto premia il coltivatore che ottiene un prodotto superiore alla media e penalizza chi produce meno della media. In considerazione di ciò la Corte Costituzionale ha ritenuto di non esservi contrasto tra la determinazione del reddito con metodo catastale (cioè astratto) e il principio di capacità contributiva, che implicherebbe la tassazione del reddito effettivo. La legge disciplina la revisione delle tariffe d’estimo e la riduzione dell’imponibile in caso di mancata coltivazione; prevede, inoltre, che non vi sia reddito imponibile in caso di perdita del prodotto per eventi naturali Tali norme valgono sia per il reddito dominicale che per il reddito agrario. Sulla scorta di quanto è stato detto analizzando la figura dell’imprenditore agricolo dal punto di vista civilistico, andiamo ad approfondire alcune peculiarità che lo caratterizzano dal punto di vista fiscale. 1.7 Agricoltura e Pesca. Art. 34 DPR 26/10/1972, N.633 Regime speciale di non esonero: è un regine speciale di detrazione anziché di applicazione dell’IVA. Infatti, la detrazione dell’IVA in sede di liquidazione periodica viene determinata forfetariamente applicando le percentuali di compensazione all’ammontare delle cessioni dei

• F. Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, UTET 1999.

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prodotti agricoli. L’IVA sulle vendite si calcola applicando alle cessioni di prodotti agricoli (esclusi i conferimenti), le aliquote IVA ordinarie. L’eventuale debito di imposta è pari alla differenza fra l’IVA sulle vendite e l’IVA detraibile determinata applicando le percentuali di compensazione.• ESEMPIO: Vendita di uova fresche per £ 1000 aliquota 10%, percentuale di compensazione 9%. IVA sulle vendite 1000 x 10%=100 IVA detraibile 1000 x 9% =90 IVA del periodo da versare =10 Pertanto l’IVA da pagare si determina in relazione alla differenza tra le aliquote IVA ordinarie e le percentuali di compensazione. Soggetti ammessi al regime speciale: si tratta dei seguenti soggetti:

a) produttori agricoli che esercitano individualmente o in forma associata le attività di cui all’art. 2135 c.c. come modificato dall’art.1 D. LGS 18/05/2001, 228, in vigore nell’anno solare precedente. A seguito di tale modifica, potrà beneficiare del regime speciale di detrazione IVA forfetario anche la commercializzazione, da parte di imprese agricole, di prodotti agricoli acquistati presso terzi effettuata in misura non prevalente in rapporto a quelli prodotti direttamente. Dall’01/01/2002 i produttori agricoli che nell’anno precedente hanno realizzato un volume di affari superiore a £ 40 milioni dovranno applicare il regime normale IVA e non più in base alle percentuali di compensazione. A seguito di detto cambiamento di regime, occorrerà distinguere gli acquisti a seconda della destinazione: personale (IVA indetraibile) o imprenditoriale (IVA detraibile). Il regime normale prevede, infine, l’obbligo di certificare le cessioni nei confronti dei privati (scontrino, ricevuta, ecc.).

b) cooperative e loro consorzi, associazioni e loro unioni costituite e riconosciute ai sensi della legislazione vigente che effettuano per conto dei produttori agricoli soci o associati la vendita dei prodotti conferiti allo stato originario o previa manipolazione e trasformazione. N.B.: il regime speciale è applicabile limitatamente ai prodotti conferiti da soci o associati aventi i requisiti per essere ammessi al regime speciale, anche se hanno optato per il regime ordinario. Pertanto dall’01/01/2002 il regime speciale sarà applicabile solo per i conferimenti di soci con volume d’affari nell’anno precedente fino a 40 milioni. Ai sensi del nuovo art.2135 c.c. modificato dall’art.1 del D.Lgs. 228/2001, in vigore dal 30/06/2001 sono imprenditori agricoli le cooperative che utilizzano prevalentemente prodotti conferiti dai soci (che svolgono attività agricole) o forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi per lo sviluppo del ciclo biologico dei prodotti. Le cessioni dei prodotti acquistati dalla cooperativa presso terzi sono comunque soggette al regime normale.

c) Organismi di intervento (AGEA - ex AIMA - EIMA) o altri soggetti per loro conto a prescindere dal volume d’affari. Gli interventi dell’EIMA possono assumere la forma di - ritiro delle eccedenze produttive; sono vere e proprie vendite da fatturare con le normali procedure e termini, con possibilità fino al 31/12/1997, di fatturazione in sospeso; - contributi, premi, aiuti, ecc.: non sono prestazioni imponibili ai fini IVA e non richiedono l’emissione di alcun documento.

Attività agricole: sono quelle dell’art.2135 come modificato dall’art.1 D.Lgs. 228/2001, in vigore dal 30/06/01: coltivazione del fondo (compresa la fungicoltura), silvicoltura, allevamento di animali

• Percentuali di compensazione: dall’1.1.1998 per api, bachi da seta, bovini, bufali vivi e vini si applicano le percentuali fissate dal D.M.30/12/1997, per gli animali vivi della specie equina, suina, ovina, per gli animali da cortile e in generale per quelli definiti a carne bianca, lo stesso D.M. 30/12/97 ha confermato la percentuale del 7,5% stabilita per il 1997. per quanto riguarda gli altri prodotti, rimangono in vigore le altre percentuali fissate con ili D.M. 12/05/1992.

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e attività connesse, cioè manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevcalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento, nonché la fornitura di beni e servizi utilizzando prevalentemente le attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale o di ricezione e ospitalità, nonché la pesca in acqua dolce, la piscicoltura, la miticoltura, l’ostricoltura, la coltura di altri crostacei e molluschi e l’allevamento di rane. Il D.Lgs 228/2001, in vigore dal 30/06/01 ha parificato l’imprenditore ittico a quello agricolo a titolo principale e ha istituito l’attività di ittiturismo. Il regime speciale si applica solo alle cessioni di prodotti agricoli ed ittici elencati nella Tab. A parte I, allegata al DPR 633/1972 a condizione che il loro acquisto sia derivato da un atto assoggettato ad IVA (art.34, co.4, DPR 633/1972). A seguito delle modifiche all’art.2135 c.c. rientra nel regime speciale la commercializzazione diretta di prodotti provenienti in misura prevalente dall’azienda agricola. Azienda agricola mista: il produttore agricolo in regime speciale che effettua occasionalmente nell’ambito della stessa impresa operazioni imponibili diverse dalle cessioni di prodotti elencati nella Tab. A parte I, ma comunque accessorie all’attività agricola deve effettuare separatamente la registrazione, la liquidazione, ed indicare distintamente in dichiarazione annuale queste operazioni, dall’01/01/1994, l’IVA dovuta si ottiene detraendo dall’IVA applicata su tali operazioni quella relativa agli acquisti di beni non ammortizzabili e dai servizi utilizzati specificatamente per la produzione di tali beni e servizi non agricoli. Fra tali beni in parte provenienti dalla propria azienda e in parte acquistati per migliorare i beni di propria produzione. Se le operazioni diverse diventano sistematiche e ripetitive o organizzate vi è l’obbligo di contabilità separata. Attività di allevamento: è considerata attività agricola ammessa al regime speciale IVA l’attività diretta all’ingrasso e allo sviluppo di bestiame. E’ necessario che il bestiame permanga sul fondo per una fase apprezzabile del ciclo biologico, non solo per una mera sosta in attesa della rivendita o macellazione. L’allevamento del bestiame è considerata attività agricola anche senza connessione con il terreno. Pertanto l’animale può essere allevato anche con prodotti provenienti completamente dall’esterno. Le cessioni di animali della specie bovina o suina sono in regime speciale solo se si tratta di animali vivi, (la carne macellata non è considerata prodotto agricolo). Invece i volatili da cortile, i conigli domestici, i piccioni, le lepri le pernici, i fagiani, gli struzzi destinati all’alimentazione umana sono in regime speciale anche se venduti macellati. Attività ortoflorovivaistica: è considerata attività agricola se i relativi prodotti vengono coltivati fino ad ottenere un incremento qualitativo o quantitativo in mancanza di tale condizione non rientra nel regime speciale. Attività connesse all’agricoltura: rientrano nel regime speciale le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, o vendita di prodotti agricoli provenienti prevalentemente dalla propria produzione, purché siano strumentali e complementari all’attività agricola. Regime di esonero: dall’1.1.98 è consentito ai soggetti che nell’anno precedente hanno realizzato un volume di affari fino a 5 milioni, elevato a 15 milioni per i produttori agricoli che esercitano l’attività esclusivamente nei comuni montami con meno di 1000 abitanti. Il volume di affari deve essere composto per almeno 2/3 da prodotti compresi nella Tab A parte I (DPR 633/72). Nel regime speciale di esonero è sufficiente conservare numerare le fatture di

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acquisto e le autofatture emesse dai clienti (i soggetti in regime di esonero non possono emettere fattura).alle cessioni e ai conferimenti di prodotti agricoli compresi nella tab. A, Parte I, effettuati in regime di esonero si applicano le percentuali di compensazione. Superamento dei limiti: in caso di superamento del limite di volume di affari il regime di esonero cessa a partire dall’anno successivo. Regime semplificato: dall’1.1.98 i produttori agricoli con un volume di affari nell’anno precedente superiore a 5 milioni e fino a 40 milioni, purché composto per almeno 2/3 da cessioni di prodotti agricoli o ittici sono ammessi al regime semplificato. Tale regime si differenzia da quello speciale di non esonero principalmente per gli adempimenti contabili. Sono esonerati dall’obbligo di liquidazioni periodiche i dei relativi versamenti. Sono previsti i seguenti adempimenti:

- emissione delle fatture per tutte le operazioni effettuate - numerazione e conservazione delle fatture emesse e di acquisto o bollette doganali,

registrazione riepilogativa distinta per aliquote entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale su uno stesso registro delle fatture emesse, delle fatture di acquisto, e le bollette doganali, e delle fatture relative ad acquisti delle operazioni intra – UE.

- liquidazione annuale dell’IVA sullo stesso registro visto sopra e versamento entro il termine di dichiarazione.

La cessazione dal regime semplificato si verifica dall’anno successivo a quello di superamento del limite di £40 milioni, il regime cessa nell’anno stesso di superamento.

Regime normale: i produttori agricoli ammessi al regime speciale, di esonero e semplificato possono optare, con le modalità previste per l’applicazione dell’IVA nei metodi ordinari. L’opzione è vincolante per un periodo di almeno 5 anni a partire dall’1.1 di esercizio dell’anno di opzione. Dall’1.1.2002 l’opzione dovrà essere applicata da tutti i produttori agricoli con un volume di affari superiore a 40 milioni. 1.8 L’Imposta Comunale Immobili (ICI)

L’ICI è una imposta9 comunale annua che colpisce i beni immobili ( fondi rustici, suoli edificatori e fabbricati urbani), in funzione del loro valore.Tale imposta è entrata in vigore il 01/01/1993, istituita dal d.lgs 504/92, in attuazione della legge delega 421/92. Il legislatore ha previsto tre aliquote, 4 0/00- 5 0/00-6 0/00 (eccezionalmente il 70/00) che i Comuni potranno adottare a seconda delle loro esigenze di bilancio. Il valore imponibile degli immobili, cioè il valore sul quale va poi calcolato l’aliquota, si ottiene moltiplicando i redditi imponibili catastali per dei coefficienti stabiliti dal legislatore. In particolare, per quanto concerne i terreni agricoli e relativi fabbricati rurali, compresi gli alloggi dei coltivatori (sono esclusi i suoli edificatori per i quali il valore imponibile è quello determinato dall’incontro della domanda e dell’offerta), il coefficiente è pari a 75 e viene moltiplicato per il

9 Al fine di evitare confusioni tra i termini imposta e tassa se ne riportano le definizioni, tenendo presente che entrambe hanno la stessa struttura giuridica e generano le medesime obbligazioni ex lege :

• TASSA: controprestazione in denaro di un servizio speciale prestato dallo stato e dagli altri Enti pubblici ad un privato, generalmente dietro sua richiesta e che procura un vantaggio diretto ed immediato al richiedente;

• IMPOSTA: prelevamento coattivo di ricchezza effettuato dallo stato e dagli altri enti pubblici allo scopo di ottenere i mezzi necessari alla produzione di servizi pubblici indivisibili (esempio difesa militare, ordine pubblico,giustizia, sanità, etc), cioè servizi pubblici che avvantaggiano la collettività nel suo insieme.

In breve la tassa si differenzia dall’imposta per il criterio della controprestazione. Essa è collegata alla domanda da parte del soggetto di una specifica prestazione da parte dell’ente pubblico e al vantaggio che il singolo ottiene da quest’ultima ( si pensi ad esempio alle tasse scolastiche, tasse marittime e aeroportuali, ecc).

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reddito dominicale, assunto come valore imponibile ICI ( in forza dell’art. 3 commi 48-51 legge 662/1996 ai coefficienti RD è stato applicato un coefficiente di rivalutazione pari a 1.25 per tener conto degli andamenti del mercato). Per quanto concerne i terreni posseduti e direttamente condotti da imprenditori a titolo principale (inclusi i coltivatori diretti a titolo principale) essi sono soggetti ad ICI esclusivamente per la parte del loro valore imponibile che supera i 50 milioni (se non superano tale valore si è esenti dall’imposta). Per il valore imponibile eccedente i 50 milioni sono previsti (ex art. 9 d.lgs 504/92) i seguenti scaglioni:

fino al valore imponibile di 50 milioni esente da 50 a 120 milioni – cioè su 70 milioni riduzione del 70% da 120 a 200 milioni, cioè su 80 milioni riduzione del 50% da 200 a 250 milioni- cioè su 50 milioni riduzione del 25% Oltre 250 milioni di valore- nessuna riduzione

Ad esempio, si immagini il caso di un imprenditore agricolo proprietario10 di fondi rustici, ricadenti tutti nel territorio di uno stesso Comune, che abbia un R.D. pari a 6.400.000 e si veda applicare un’aliquota pari al 60/00. Il valore imponibile dei terreni sarà pari a £6.400.000 × 75 =480.000.000 e l’imposta che il soggetto dovrà versare è indicata nel sottostante specchietto illustrativo:

fino a £ 50.000.000 esenzione 30% di 70.000.000 = £ 21.000.000 il 6 0/00 126.000 £ 50% di 80.000.000 = 40.000.000 il 6 0/00 240.000 £ 75% di 50.000.000 = 37.500.000 il 6 0/00 225.000 £ sui 230.000.000 il 6 0/00 1.380.000£ 480.000.000 totale imposta 1.971.000 £

10 Se il soggetto non ha la qualifica di imprenditore agricolo o di coltivatore diretto non si operano le riduzioni di cui sopra.

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CAPITOLO 2 La classificazione delle aziende agrarie secondo l’UE Sotto la voce aziende agricole si cela una realtà troppo composita in cui accanto ad alcune aziende marginali ed altre con una funzione di autoconsumo, coesistono aziende con reali e spiccate funzioni produttive e occupazionali. Se da un lato tale diversità è sinonimo di una ricchezza e di un patrimonio culturale assai eterogenei (per una serie di motivazioni storiche, ambientali, etc), dall’altro lato è innegabile che per analisi o questioni specifiche è fondamentale operare una classificazione delle aziende in funzione di uno o più caratteri. Di qui il continuo tentativo di elaborare una equilibrata metodologia di stratificazione delle aziende che riesca sia a cogliere le differenze interne al settore sia a costituire gruppi omogenei e significativi di aziende agricole. Naturalmente è possibile elaborare numerose forme di classificazione a seconda degli aspetti specifici che si intendono approfondire ed alle soluzioni in termini di politiche agrarie. In questa nota ripercorreremo brevemente il sentiero delle metodologie di classificazione aziendale percorse a livello comunitario nell’ambito Eurostat, partendo dalla presa d’atto da parte dell’allora CE dei limiti evidenti mostrati dalla decisione (d’ora innanzi dec.) 91/1966, basata sul concetto di produzione vendibile standard. Più specificatamente analizzeremo i tratti principali delle decc. CE 463/1978 e CEE 377/1985. Va sottolineato che se da un lato le normative di cui sopra sono l’evoluzione della precedente, dall’altro lato esse trovano nella trasformazione del dato fisico in dato economico il loro comune denominatore.

2.1 La dec. CEE 463/78

Le tipologie del 1978 si basavano su una struttura classificatoria imperniata su tre elementi principali:

1) produzioni vegetali o animali rappresentate dall’OTE (ordinamento tecnico economico); 2) la struttura aziendale in termini di DE (dimensione economica); 3) localizzazione geografica.

I primi due elementi vengono determinati dall’indicatore economico RLS (Reddito Lordo Standard) che viene calcolato differenziando, rispetto alle zone altimetriche, per ogni attività produttiva praticata nell’azienda. La nozione di reddito lordo di una attività produttiva alla quale la Comunità si riferisce è la seguente: valore unitario, ad ettaro ed a capo di bestiame, della produzione lorda detratto dei seguenti costi specifici:

a) per le produzioni vegetali: sementi e materiali di moltiplicazione (acquistati o prodotti nell’azienda); concimi comprati; prodotti di protezione delle colture; spese varie specifiche, comprendenti: il costo dell’acqua di irrigazione; le spese di riscaldamento e di essiccazione; le spese di assicurazione; altri costi specifici;

b) per le produzioni animali: acquisto di animali di sostituzione; alimenti concentrati (acquistati o prodotti nell’azienda); foraggi grossolani; spese varie specifiche, comprendenti: spese veterinarie; spese di monta e di fecondazione artificiale; spese di controllo delle rese e simili; spese di commercializzazione e di trasformazione; spese di assicurazione.

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Non sono perciò compresi, fra i costi specifici da detrarre, quelli concernenti la manodopera, la meccanizzazione, i fabbricati, i carburanti e lubrificanti, le riparazioni e gli ammortamenti delle scorte morte, nonché i lavori effettuati da terzi, a meno che questi ultimi non riguardino l’impianto e l’estirpamento delle colture permanenti e la fase di essiccazione. (Bonati 1992) La dimensione economica di ciascuna azienda corrisponde all’ammontare del RLS complessivo calcolato con riferimento ad una situazione media aziendale standard relativa al territorio d’insediamento. Il vantaggio principale di questa metodologia consiste nel permetterci di quantificare l’unità di dimensione economica di ciascuna azienda. Il RLS, espresso in UDE (Unità di Dimensione Economica) aveva un valore pari a 1000 UCE (unità di conto europea). Tale valore è stato modificato nel tempo per adeguarlo all’inflazione. Pìù specificatamente nel periodo 1982-1984 1 UDE era pari a 1100 Ecu mentre attualmente (ex dec CEE 260/1984) è pari a 1200 euro (1 euro = 1936,27£). La combinazione e la somma dei RLS realizzati nell’azienda censita consentono rispettivamente di definire l’OTE (tab.1) e la DE sulla base delle seguenti classi dimensionali:

tab.1 Classi di dimensione economica in base alla dec. 463/1978 CLASSE DE N° CLASSI DI DIMENSIONE ECONOMICA

I < 2 UDE II DA 2 A < 4 UDE III DA 4 A < 8UDE IV DA 8 A < 16 UDE V DA 16 A < 40 UDE VI DA 40 UDE E OLTRE

2.2 La decisione cee 377/1985

La dec. CEE 377/85, che istituisce le tipologie attualmente in vigore, introduce delle importanti e sostanziali novità rispetto alle tipologie del 1978. Queste ultime, infatti,vengono modificate e adattate alle nuove e diverse realtà agricole dei nuovi paesi membri della UE. Più precisamente, diviene più articolato lo schema tipologico (tab. 2 ) e vengono modificate le classi di dimensione economica. Tab.2 Classi di dimensione economica in base alla dec. 377/85

CLASSE DE N° CLASSI DI DIMENSIONE ECONOMICA I < 2 UDE II DA 2 A < 4 UDE III DA 4 A < 6UDE IV DA 6 A < 8 UDE V DA 8 A < 12 UDE VI DA 12 A < 16 UDE VII DA 16 A < 40 UDE VIII DA 40 A < 100 UDE IX 100 UDE E OLTRE

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Il nuovo schema dell’OTE presenta alcuni importanti vantaggi, già parzialmente presenti nel 1978: 1) un numero di classi OTE abbastanza ridotto; 2) unisce alla caratteristica della completezza, quella della chiarezza, grazie alla rigorosa

definizione dei tipi di azienda; 3) la struttura si presenta articolata su quattro livelli, fra di loro raccordabili, di insiemi di

aziende. Nel dettaglio si hanno: • 8 raggruppamenti generali molto vasti, detti “poli”; • 17 orientamenti principali; • 50 orientamenti particolari; • 32 suddivisioni degli OTE particolari;

4) l’elasticità della struttura dello schema permette una facile ed ampia adattabilità alle variegate situazioni dell’agricoltura comunitaria, consentendo così di cogliere o meno, a seconda del fine ultimo dell’analisi, le specificità colturali a livello regionale e/o nazionale;

5) viene attribuita una maggiore importanza che nel passato agli ordinamenti colturali misti tramite la puntuale e rigorosa definizione di complessi aziendali caratterizzati nel mix delle attività colturali o di allevamento;

6) si evitano eccessive polverizzazioni del campione vincolando la facoltà di attivare classi di OTE alla numerosità delle aziende appartenenti alle classi OTE in questione. Più specificatamente la classe ( e le classi) OTE deve rappresentare almeno l’1% delle aziende complessive dell’Unione Europea. In linea generale la denominazione di una classe OTE indica l’attività produttiva prevalente realizzata dalle aziende che ricadono nella classe OTE.

Come per la tipologia del 1978 anche la dec. 377/85 vede nel RLS il criterio per classificare le aziende secondo l’OTE. Una applicazione puntuale di tale criterio implicherebbe un’analisi dei dati contabili di ogni singola azienda, il che è molto difficile da realizzare. Si è cosi reputato opportuno definire un RLS che rispecchi una situazione media, rappresentativa in linea di massima di un determinato territorio e quindi di tutte le aziende ricadenti in esso. In Italia a tal fine è stata introdotta la “circoscrizione di inchiesta” che genera una combinazione tra Provincia e zona altimetrica (Frosinone - montagna; Frosinone – collina ;). Per l’Italia il compito di determinare i RLS è stato affidato all’INEA, il quale a livello regionale può avvalersi della collaborazione degli osservatori di Economia agraria e degli uffici di contabilità agraria e di esperti regionali.

2.3 Come si determina praticamente l’OTE di un’azienda.

L’appartenenza di una azienda ad una classe tipologica viene determinata attraverso quattro fasi principali:

a) anzitutto gli ettari di superficie di ciascuna coltura ed i capi di bestiame, suddivisi per specie e categoria, vengono moltiplicati per i relativi redditi lordi unitari;

b) la somma dei valori risultanti costituisce il RLS complessivo dell’azienda, che, a sua volta, ne rappresenta la dimensione economica (essendo espresso da un valore monetario, il RLS costituisce una grandezza adeguata per stabilire sia il peso economico delle singole attività produttive aziendali, o loro aggregazioni, sia confronti del tempo e nello spazio);

c) successivamente i risultati ottenuti vengono raggruppati per comparti produttivi omogenei (ad esempio, cereali, ortaggi, fruttiferi, agrumi, bovini, ovini, ecc) o, per meglio dire, in gruppi di attività o in singole attività comprese negli ordinamenti rispettivamente generali, principali e particolari contemplati dallo schema tipologico;

d) infine, in funzione del peso percentuale a cui perviene ciascun ordinamento produttivo sul totale reddito lordo aziendale viene stabilita la classe di OTE dell’azienda.

Le indagini statistiche sulle strutture agricole rilevano i dati aziendali di superficie investita a ciascuna coltura e quelli di consistenza del bestiame ; per il loro tramite è possibile risalire alla

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classificazione tipologica di tutte le aziende rilevate ed avere un quadro generale dell’universo considerato. (Bonati 1992).

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Classificazione delle aziende agricole secondo OTE (dec.n.463 del 7 aprile 1978; tratto da“tipologia comunitaria delle aziende agricole -determinazione dei RLS; INEA, Il Mulino)

A. Schema generale Orientamenti generali Orientamenti principali Orie ntamenti particolari

codice denominazione codice denominazione 111 Cereali senza riso

11 Cereali 112 Riso 113 Cereali,riso compreso Agricoltura generale 121 Piante sarchiate

12 Altre coltivazioni agricole 122 Cereali e piante sarchiate 123 Coltivazioni agricole diverse 211 Orti stabili piena aria 212 Orti stabili sotto vetro 213 Orti stabili piena aria/sotto

vetro Ortofloricoltura 21

ortofloricoltura 214 Floricoltura piena aria

215 Floricoltura sotto vetro 216 Floricoltura piena aria/sotto

vetro 217 Ortofloricoltura diversa 310 Viticoltura non specificata 311 Vino di qualità 31 viticoltura 312 Vino da pasto 313 Uva da tavola Coltivazioni permanenti 314 viticoltura 321 Frutta 32

Frutticoltura/altre coltivazioni permanenti

322

Agrumi

323 Olive 324 Coltivazioni permanenti

diverse 41

Bovini latte

411 Latte specializzazione

412 Latte con allevamento da latte

42

Bovini allevamento/carne

421 Bovini allevamento/carne(vacche nutrici)

Erbivori 422 Bovini allevamento/carne (altri)

43

Bovini misti

431 Bovini latte con allevamento/carne

43 Bovini misti 432 Bovini allevamento/carne con latte

441 Ovini 44 Altri erbivori 442 Bovini e ovini 443 Erbivori diversi 511 Suini allevamenti 51 Suini 512 Suini ingrasso 513 Suini misti Granivori 521 Galline ovaiole

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52 Altri granivori 522 Volatili da carne 523 Suini e volatili 524 Granivori diversi 61 Ortofloricoltura e

coltivazioni permanenti 611 Ortofloricoltura e

coltivazioni permananti Policoltura 621 Agricoltura generale e

ortofloricoltura 622 Agricoltura generale e

viticoltura 62 Altri- policoltura 623 Agricoltura generale e

frutticoltura/altre coltivazioni permanenti

624 Agricoltura generale parziale parzialmente dominante

625 Ortofloricoltura o coltivazioni permanenti parzialmenente dominanti

71

Erbivori parzialmente dominanti

711 Latte parzialmente dominante

712 Erbivori no lattiferi parzialmente non dominanti

poliallevamento 721 Granivori e latte 72 Altri- poliallevamento 722 Granivori e erbivori non

lattiferi 723 Granivori parzialmente

dominanti 811 Agricoltura generale con

latte 81 Agricoltura generale e

erbivori 812 Latte con agricoltura

generale 813 Agricoltura generale con

erbivori non lattiferi Coltivazioni – allevamenti 814 Erbivori non lattiferi con

agricoltura generale 82

Altri coltivazioni-allevamenti

821 Agricoltura generale e granivori

822 Coltivazioni-allevamenti diversi

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Classificazione delle aziende agricole secondo l’orientamento tecnico –economico (OTE) (Dec. CEE n.377/85; tratto da“tipologia comunitaria delle aziende agricole -determinazione dei RLS; INEA, Il Mulino)

OTE generali OTE principali OTE particolari Aziende specializzate – produzioni vegetali 1 Aziende specializzate

nei seminativi 11 Aziende cerealicole specializzate

111 Aziende specializzate nei cereali (escluso riso)

112 Aziende risicole specializzate 113 Aziende con cereali e riso combinati 12 Aziende cerealicole ed altri

seminativi specializzate 121 Aziende specializzate nelle piante sarchiate

122 Aziende con cereali e piante sarchiate combinate 123 Aziende specializzate in orti in pieno campo 124 Aziende con seminativi diversi 1241 Aziende specializzate nella coltura del

tabacco 1242 Aziende specializzate nella coltura del

cotone 1243 Aziende specializzate in piante da semi oleosi e

piante tessili 1244 Aziende con diverse colture di

seminativi combinate 2 Aziende specializzate

in ortofloricoltura 20 Aziende specializzate in

ortofloricoltura

201 Aziende specializzate in orti industriali

2011 Aziende specializzate in orti industriali in piena

aria

2012 Aziende specializzate in orti industriali sotto vetro

2013 Aziende specializzate in orti industriali in piena aria e sotto vetro

202 Aziende specializzate in floricoltura e piante

ornamentali

2021 Aziende specializzate in floricoltura e piante ornamentali in piena aria

2022 Aziende specializzate in floricoltura e piante ornamentali sotto vetro

2023 Aziende specializzate in floricoltura e piante ornamentali in piena aria e sotto vetro

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3 Aziende specializzate nelle coltivazioni permanenti

31 Aziende specializzate nella viticoltura

311 Aziende vinicole specializzate nella produzione di vino di qualità

312 aziende vinicole specializzate nella produzione di

vino non di qualità

313 aziende vinicole specializzate nella produzione di vini di qualità e non

314 aziende viticole con produzioni aventi diverse destinazioni

3141 aziende vinicole specializzate nella produzione di uva da tavola

3142 aziende vinicole specializzate nella produzione di uva passa

3143 aziende con viticoltura mista 32 aziende specializzate in

frutticoltura e agrumicoltura 321 aziende specializzate in frutta (esclusi agrumi)

3211 aziende specializzate in frutta fresca

3212 aziende specializzate In frutta a guscio

3213 aziende con frutta fresca e a guscio combinati 322 aziende specializzate in agrumi 323 aziende con frutta e agrumi combinati 33 aziende specializzate in olivicoltura

aziende specializzate in 330 aziende specializzate in

Olivicoltura

34 aziende con diverse coltivazioni

permanenti combinate 340 aziende con diverse coltivazioni permanenti combinate

Aziende specializzate – produzioni animali

4 aziende specializzate in erbivori

41 aziende bovine specializzate –

orientamento latte

411 aziende specializzate nella produzione di latte

412 aziende specializzate nella produzione di latte

con allevamento bovino

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42 aziende bovine specializzate –

orientamento allevamento e carne 421 aziende bovine specializzate –orientamento

422 aziende bovine specializzate–orientamento ingrasso

43 aziende bovine-latte,allevamento e

carne combinati 431 aziende bovine-latte,allevamento e carne

432 aziende bovine-,allevamento e carne con latte 44 aziende con ovini,caprini ed altri

erbivori 441 aziende ovine specializzate

442 aziende con ovini e boivini combinati 443 aziende caprine specializzate

444azienda erbivore senza alcuna attività dominante

5 aziende specializzate

in granivori

50 aziende specializzate in granivori

501 aziende suinicole specializzate

5011 aziende specializzate in suini di

allevamento 5012 aziende specializzate in suini da

ingrasso 5013 aziende con suini d’allevamento e da

ingrasso 502 aziende specializzate in pollame

5021 aziende specializzate in galline da uova 5022 aziende specializzate in pollame da

carne 5023 aziende con galline da uova e da carne

combinati 503 aziende con diversi granivori combinati

5031 aziende con suini e pollame 5032 aziende con suini,pollame ed altri

granivori Aziende miste 6 Aziende con policoltura

60 Aziende con policoltura 601 aziende con ortofloricoltura e coltivazioni permanenti combimnate

602 az.con seminativi e ortofloricoltura combinati 603 az.con seminativi e vigneti combinati

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604 az.con seminativi e coltivazioni permanenti 605 az. Con policoltura ad orientamento seminativi 606 az. Con policoltura ad orientamento

ortofloricoltura o coltivazioni permanenti 6061 az. Con policoltura ad orientamento

ortofloricolo 6062 az. Con policoltura ad orientamento

coltivazioni permanenti 7 Aziende con

poliallevamento 71 aziende con poliallevamento

orientamento erbivori 711 aziende con poliallevamento ad orientamento

latte

712 aziende con poliallevamento ad orientamento erbivori non da latte

72 aziende con poliallevamento ad

orientamento granivori 721 aziende con poliallevamento:granivori e bovini

da latte

722 aziende con poliallevamento:granivori e bovini non da latte

723 aziende con poliallevamento:granivori ed allevamento misto

8 Aziende miste

coltivazioni-allevamento

81 Aziende miste seminativi erbivori

811 aziende miste seminativi e bovini da latte

812 aziende miste bovini da latte e seminativi Aziende miste

813aziende miste seminativi con erbivori,esclusi bovini da latte

814 aziende miste erbivori,esclusi bovini da latte, con seminativi

82 Aziende miste con diverse combinazioni coltivazioni-allevamento

821 aziende miste seminativi e granivori

822 aziende miste coltivazioni permanenti erbivori 823 aziende con coltivazioni diverse ed allevamenti

misti 8231 aziende apicole specializzate

8232 aziende miste diverse 9 Azi. non classificab.

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CAPITOLO 3 Le principali novità della legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo. La definizione giuridica di impresa agricola si ritrova nel Titolo II del Libro V del Codice Civile, il quale si divide in tre capi: il primo riguarda l’impresa in generale (artt. 2082-2134) il secondo, relativo all’impresa agricola (artt.2135-2187), ed il terzo che tratta “delle imprese commerciali e delle altre imprese soggette a registrazione” (artt.2188-2221). Il Legislatore, quindi prima di definire l’imprenditore agricolo, ha ritenuto opportuno delineare la disciplina dell’impresa in generale, della quale quella agricola costituisce una fattispecie particolare. Tale struttura sottolinea il carattere imprenditoriale dell’attività agricola professionale e distingue nettamente la figura dell’imprenditore agricolo da altri soggetti che svolgono un’attività di coltivazione o di allevamento a fini diversi (ad esempio per autoconsumo). In questa dispensa seguendo l’impostazione del nostro ordinamento si procederà dapprima ad analizzare brevemente la categoria generale dell’impresa per poi specificare le caratteristiche dell’impresa agricola. 3.1 Definizione civilistica di impresa

L’articolo 2082 c.c. non definisce direttamente l’istituto giuridico dell’impresa, ma si limita a caratterizzare la figura dell’imprenditore, stabilendo che “E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. Dalla definizione del Legislatore emerge che la figura dell’imprenditore è caratterizzata da tre elementi:

• l’organizzazione • la professionalità • la produzione o lo scambio di beni o servizi.

L’organizzazione dell’attività economica consiste nella combinazione finalizzata dei fattori produttivi relativi al capitale ed al lavoro. Ne consegue che un atto economico unico ed isolato non è espressione di una organizzazione e non può assurgere ad attività imprenditoriale; ugualmente, nel caso in cui nell’ambito dell’attività lavorativa prevalga la componente individuale rispetto all’organizzazione si ricadrà in altre figure giuridiche quali ad esempio il lavoro subordinato (art. 2094) o il lavoro autonomo (Titolo II, artt. 2222-2238). La caratteristica peculiare dell’imprenditore è quindi la sua capacità di combinare (organizzare) i fattori della produzione e non il suo contributo lavorativo individuale nell’attività dell’azienda. Si deve, inoltre, sottolineare che il requisito dell’organizzazione non comporta necessariamente ampie e rilevanti dimensioni in termini di investimento o di forza lavoro: esistono infatti imprenditori individuali che combinano il proprio lavoro con il capitale strettamente necessario per lo svolgimento regolare dell’ attività. Il requisito della professionalità attiene alle caratteristiche dell’attività economica e non deve essere né occasionale né saltuaria, ovvero deve essere esercitata con continuità. Ad esempio una vendita occasionale di prodotti agricoli normalmente destinati all’autoconsumo non comporta da parte del produttore l’assunzione della veste di imprenditore, Nonostante ciò, non sarebbe corretto ritenere che l’attività imprenditoriale debba essere necessariamente esclusiva o prevalente per il soggetto: gli agricoltori pluriattivi (i cosiddetti part-

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time) possono essere considerati imprenditori a pieno titolo purché la loro attività economica assuma un carattere continuativo nel corso dell’anno, ancorché limitata a poche ore settimanali. Il terzo elemento che caratterizza l’attività di impresa è la sua finalità intrinseca ovvero la produzione o lo scambio di beni o servizi. L’organizzazione continuativa dei fattori della produzione, per assumere la natura di impresa deve farsi carico di uno specifico fine che consiste nell’offrire agli utenti i risultati dell’attività economica. Nello specifico, la dottrina giuridica ha da tempo chiarito che il fine dell’impresa è il rapporto con il mercato di carattere diretto (vendita diretta) od indiretto ad es. tramite cooperative. Come si è già avuto modo di sottolineare la produzione agricola per autoconsumo non rappresenta un’attività di impresa, proprio a causa della mancanza di qualsiasi relazione con il mercato. La presenza dei tre elementi (organizzazione, professionalità e finalità) dà luogo all’attività imprenditoriale in senso civilistico; nel paragrafo seguente verranno esaminate le condizioni affinché un’impresa possa essere definita agricola. L’impresa agricola Il codice civile all’art. 2135 definisce imprenditore agricolo “chi esercita una attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame e attività connesse”. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all’alienazione dei prodotti agricoli quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. Dalla diretta lettura del testo si evince che la caratterizzazione di imprenditore agricolo deriva esclusivamente dalla natura dell’attività economica che deve riguardare almeno una delle tre categorie previste (coltivazione, allevamento, silvicoltura). Il legislatore non ha posto alcun limite di importanza economica o complessità tecnica per cui sono imprenditori agricoli tanto modesti operatori del settore primario quanto coloro che esercitano un’attività agricola con ingenti patrimoni e notevoli investimenti sia in capitale che lavoro; pertanto deve essere considerata errata la convinzione, peraltro diffusa, che un’attività agricola economicamente rilevante rappresenti una impresa commerciale. Sebbene la formulazione dell’art. 2135 risulti chiara ad una prima lettura, essa ha dato luogo nel tempo ad alcune controversie giurisprudenziali in merito ai confini ed agli ambiti delle varie attività agricole. La prima questione riguarda la natura di attività agricola della produzione in serra; il problema, a lungo considerato, è diventato palese recentemente poiché una disposizione tributaria (art.31 Legge 724/94) ha specificato che l’uso di serre o strutture simili, allorché la loro estensione superi di oltre la metà l’estensione totale del terreno coltivato, dà luogo all’applicazione delle norme in materia di tassazione del reddito di impresa. Pertanto, ai fini civilistici e previdenziali la coltivazione in serra deve essere considerata attività agricola. L’attività di allevamento pone ulteriori problemi interpretativi. In primo luogo ci si è chiesti se l’allevamento agricolo debba necessariamente svolgersi su di un fondo; una risposta negativa porterebbe ad escludere dall’alveo dell’impresa agraria gli allevamenti intensivi in batteria. Anche in questo caso, nonostante le indicazioni più restrittive della normativa fiscale, la giurisprudenza si è orientata verso un’interpretazione estensiva sostenendo che, in assenza di una esplicita previsione normativa, non ci sono elementi per sostenere una necessaria relazione fra allevamento e coltivazione del fondo. Sono invece esclusi dalla nozione di allevamento agricolo gli animali domestici, gli insetti, i lombrichi, i cavalli da corsa e altri animali non direttamente riconducibili all’alimentazione umana o non strumentali all’attività dell’impresa agricola.

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Infine, deve essere posta particolare attenzione alla nozione di attività connesse: l’esemplificazione offerta dal legislatore, trasformazione ed alienazione nell’ambito della normale tecnica agricola non è certo esaustiva ed occorrono quindi criteri generali. La dottrina ne ha individuati due: unità e subordinazione. L’attività connessa deve essere svolta dallo stesso soggetto e deve essere parte integrante dell’organizzazione creata per lo svolgimento dell’attività principale poiché in caso contrario non potrebbe essere considerata prosecuzione dell’attività agricola ma sarebbe un’impresa separata gestita dal medesimo individuo. Inoltre, l’attività connessa deve essere subordinata, ovvero strumentale e condizionata, all’attività agricola che deve costituire il nucleo principale dell’impresa. In assenza di attività agricola quella connessa perde di significato poiché essa esiste solo come strumento per una maggiore efficienza della produzione agricola e non ha vita autonoma. Un esempio può chiarire meglio i due concetti. Si considerino le seguenti tre attività connesse ad una azienda agricola:

a) l’apertura di un ristorante nel centro della città; b) l’apertura sul fondo di un ristorante specializzato in piatti di mare c) l’apertura sul fondo di un ristorante – albergo che proponga una cucina basata sui prodotti

dell’azienda. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che solo nel terzo caso si ha un’attività connessa in quanto nei primi due manca rispettivamente il requisito dell’unità e della subordinazione. L’art. 2135 al comma 2 fornisce esempi (non esaustivi) di attività connessa, sottolineando che la trasformazione e l’alienazione dei prodotti viene assorbita nell’attività agricola solo “quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. La nozione di “normalità” richiede una attenta interpretazione a causa della vaghezza del termine. Per normalità dovrebbe intendersi ciò che è tipico nell’organizzazione dell’impresa agricola, in quanto è oggettivamente e razionalmente rispondente alle sue finalità consentendo l’integrazione del reddito derivante dall’attività agricola principale rispetto alla quale l’attività di trasformazione o alienazione è collaterale e dipendente. 3.2 Le principali novità della legge orientamento e modernizzazione del settore agricolo forestale e della pesca Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri, in attuazione della delega contenuta nella cosiddetta legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo (legge n.57 del 05/03/2001), contiene rilevanti modifiche apportate ad alcuni istituti di carattere civilistico e novità introdotte per l’attività di acquicoltura e per la proprietà coltivatrice. Considerata la particolare complessità delle norme contenute nel decreto, è opportuno analizzare le principali novità che modificano e ristrutturano le seguenti materie nell’intento di far chiarezza sulle nuove disposizioni di legge:

• Nozione di imprenditore agricolo e di attività agricola principale e connessa (riformulazione dell’art.2135 del Codice Civile);

• Coltivazione del fondo; • Attività di silvicoltura; • Allevamento di animali; • Attività connesse; • Vendita al dettaglio dei prodotti agricoli;

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• Attività di pesca e acquacoltura; • Attività di servizi; • Iscrizione nel registro delle imprese; • Cooperative in agricoltura • Utilizzazione dei beni demaniali e del patrimonio indisponibile;

L’art.2135 del Codice Civile, baricentro di tutto il sistema normativo che disciplinava l’attività agricola, è stato modificato, ridisegnando in tal modo la cornice che realizza il processo di ammodernamento dell’agricoltura italiana. La nuova formulazione, in luogo della precedente che era piuttosto sintetica, presenta una definizione di imprenditore più elaborata e rispondente alle tendenze (anche normative) che in questi anni si sono succedute per arrivare ad una figura di imprenditore agricolo che meglio risponde alle attività che egli svolge. In sostanza, secondo la vecchia formulazione del 2135 si limitava ad elencare le attività dell’imprenditore agricolo, mentre l’attuale formulazione tenta di ampliare i confini delle attività previste. Dall’interpretazione dell’art. 2135 risulta evidente che le attività essenzialmente agricole risultano essere le seguenti: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali. La coltivazione del fondo. E’indubbio che l’art.2135 nella sua nuova formulazione, ha recepito, per definire le attività essenzialmente agricole, il criterio cosiddetto biologico, nel senso che ineriscono l’agricoltura le attività volte alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Questo comporta che, con riguardo all’attività di coltivazione del fondo, viene ad essere superata la precedente nozione che veniva definita come il complesso unico e inscindibile del ciclo dei lavori svolti dall’agricoltore per conseguire i prodotti immediati e diretti della terra; dalla lavorazione del terreno al raccolto dei prodotti. Ora, l’introduzione del criterio del cosiddetto ciclo biologico comporta che l’attività tipicamente agraria della coltivazione del fondo sussiste anche quando si realizza un incremento necessario, sotto il profilo della qualità e della quantità, dello sviluppo vegetativo delle piante. Si può pertanto assumere che l’impresa florovivaismo, anche nell’ipotesi che si avvalga di sofisticate tecniche e di particolari accorgimenti finalizzati allo sviluppo quali-quantitativo della pianta, deve ormai qualificarsi come tipica attività agricola prevista dal nuovo art.2135 del Codice Civile, che riconosce natura agricola alle iniziative volte alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere vegetale che utilizzano o possono utilizzare il fondo. Attività di silvicoltura. La silvicoltura è rappresentata dalla coltivazione del bosco. Il decreto legislativo in commento attuativo della legge n.57 del 5.3.2001 equipara ora i termini bosco foresta e selva. Le attività silvicolturali sono considerate fattore di sviluppo dell’economia nazionale, nonché di miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle zone montane. A questo proposito degno di nota è quanto contenuto nell’art. 8 del decreto legislativo, secondo il quale le cooperative e i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore silvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.

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Allevamento di animali. La nuova norma civilistico pone fine a una lunga diatriba in sede dottrinale e giurisprudenziale che, fondata sul significato linguistico del termine bestiame aveva riconosciuto al solo allevamento degli animali da carne, da lavoro, da latte, e da lana, la qualifica di impresa agricola. Con l’introduzione del termine animali anche gli allevamenti avicoli, di conigli, di api e di equini rientrano nel concetto di impresa agricola, indipendentemente da un rapporto di necessaria inerenza funzionale alla coltivazione del fondo rustico. La nuova norma risolve, altresì un ulteriore contrasto sul significato da attribuire al termine “allevamento”: secondo alcune interpretazioni, infatti, per dar luogo ad allevamento occorre che l’accrescimento consistente nei parti sopravvenuti non possa essere separato da quello determinato dal maggiore valore intrinseco del bestiame al termine del contratto. Secondo altri, invece, la riproduzione dei capi non è essenziale ai fini dell’individuazione dell’attività di allevamento. A risolvere ogni dubbio c’e la nuova formulazione dell’art. 2135 del cod. civ., che considera agricola l’attività di allevamento di animali volta alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso di carattere animale. In breve: l’ingrasso degli animali che costituisce indubbiamente una fase necessaria del ciclo biologico di sviluppo, è da ricondursi quindi alla tipica attività agricola. Le attività connesse. Prima della modifica dell’art.2135, si distingueva fra attività connesse “tipiche” cioè quelle che il legislatore fiscale ha chiaramente indicato nell’art. 29 del Tuir - dpr 22/12/1986, n.917 al comma 2 lettera c “le attività dirette alla manipolazione trasformazione e le attività connesse “atipiche” ovvero quelle non nominate che dovevano tuttavia essere collegate o comunque complementari sul piano funzionale ed economico a quelle considerate agrarie di per sé, e cioè e cioè alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura e all’allevamento del bestiame. Tale schema viene sostanzialmente ripetuto nella nuova formulazione dell’art 2135 non mancando tuttavia di far rilevare che sono state introdotte delle sostanziali novità. Di seguito cerchiamo di illustrare come le norme sono cambiate con riferimento alle attività “connesse”, tema questo che ha dato in passato motivo per difformi interpretazioni e notevole contenzioso. Per le attività connesse “tipiche” (vendita e trasformazione del prodotto agricolo realizzato sul fondo), viene abolito il criterio della normalità che era legato all’evolversi del ciclo produttivo e non poteva pertanto assumere un significato univoco, ma era legato all’evolversi del processo produttivo agricolo. Oggi, con la nuova legge di orientamento l’impresa agricola è proiettata verso il mercato. Accogliendo questa visione dinamica, sono da ritenersi “connesse” le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione della produzione agricola come naturale sbocco dell’ attività agricola. Per quanto riguarda le attività appena menzionate la connessione si verifica con il concorso di questi due requisiti:

1. di natura soggettiva, ovvero tali attività devono essere esercitata dallo stesso imprenditore agricolo essendo richiesta l’identità soggettiva fra chi compie una delle tre attività essenziali (coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali), e l’attività connessa.

2. di natura oggettiva, tali attività devono avere ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali.

Se l’agricoltore trasmoda questa attività perde il carattere della agrarietà per assumere natura commerciale anche se sussiste un collegamento funzionale ed economico tra le due attività.

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Altra importante novità scaturisce dal fatto che, nella nuova formulazione dell’art. 2135 per qualificare una attività connessa non vengono rilevati i capitali investiti le attrezzature ovvero gli impianti utilizzati che possono, sotto il profilo economico, essere preponderanti e superiori alle strutture ed organizzazioni produttive impiegate per l’esercizio della attività agricola principale. Importante è solo che con il processo produttivo si utilizzi, come materia prima in modo prevalente, il prodotto ricavato dall’azienda agricola. Qui è utile analizzare il concetto di prevalenza. Questo consente all’imprenditore agricolo il ricorso al mercato per acquistare prodotti da destinare alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione sempreché non siano prevalenti rispetto a quelli ottenuti dall’imprenditore attraverso la coltivazione del fondo o del bosco e l’allevamento di animali e integrino il prodotto originario al fine di realizzare un miglior prodotto finale. Siccome tra le attività connesse trova un giusto riconoscimento anche la commercializzazione, risulta naturale considerare il caso di un produttore di fiori che può acquistare da terzi fino al 49% del prodotto necessario e poi ricollocarlo sul mercato unitamente al proprio mantenendo la qualifica di imprenditore agricolo anche se ciò non modificherà l’assoggettamento fiscale che in ogni caso rimarrà diverso a seconda che il prodotto derivi dall’attività di produzione o provenga dall’esterno. Per quanto si riferisce alle cooperative agricole e ai loro consorzi il requisito dell’identità soggettiva fra una delle tre attività essenziali e le attività connesse viene normalmente derogato in quanto l’art.2135 nell’attuale formulazione, prevede che le cooperative di imprenditori agricoli e consorzi, quando utilizzano per lo svolgimento delle attività essenzialmente agricole prevalentemente i prodotti dei soci, sono da considerarsi imprenditori agricoli a ogni effetto. Come risulta già evidente dall’analisi fatta fino ad ora si tratta di interventi finalizzati a tenere conto delle profonde trasformazioni registratesi nell’agricoltura italiana soprattutto per la costante apertura dei mercati. Per questo motivo è necessario favorire la riduzione dei costi di produzione nel settore, e per potenziare i collegamenti con settori limitrofi. Vanno inoltre considerate quelle che potrebbero essere le conseguenze di una interpretazione estensiva del criterio di prevalenza. Infatti ciò potrebbe consentire alle piccole imprese agricole di trasformarsi in imprese agricole, ed a molte imprese agricole di dilatare la propria attività perdendo il carattere di “agrarietà”. Un effetto collaterale di ciò sarebbe, tra l’altro, il differente regime fiscale e contributivo applicabile a medesime attività con palesi ripercussioni sul piano della concorrenza. Vendita al dettaglio dei prodotti agricoli (art. 4): nel decreto legislativo sono state riscritte, ordinate e semplificate le norme che disciplinano la vendita diretta dei prodotti agricoli da parte dei produttori. Il decreto in esame introduce una nuova disciplina che di fatto tacitamente cancella quella precedente prevedendo un regime di vendita al consumatore finale sul fondo del tutto agevolativi rispetto al passato. Infatti l’autorizzazione rilasciata dal sindaco per l’esercizio di tali attività, viene sostituita da una semplice comunicazione al comune del luogo ove ha sede l’azienda in caso di vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante o al comune del luogo in cui si intende esercitare la vendita in caso di vendita al dettaglio su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico. E’ stabilito che gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio dello Stato, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende o dalle aziende dei soci (devono provenire almeno il 50% dall’azienda agricola fatto salvo ovviamente il rispetto delle disposizioni in materia di igiene e sanità. Oltre alle due disposizioni richiamate se ne determinano altre che, nel caso in cui l’attività

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di vendita diretta di prodotti non propri assuma importanza in termini economici, possono far scattare i meccanismi che regolano il commercio. Il comma 8 stabilisce che “qualora l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende o dalle aziende dei soci nell’anno solare precedente sia superiore a lire 80 milioni per gli imprenditori individuali ovvero a lire 2 miliardi per le società, si applicano le disposizioni contenute nella legge del commercio. Le disposizioni fiscali, sia in materia di IVA che di imposizione diretta, pur prevedendo il concetto di prevalenza, lo limitano ai beni e ai servizi che occorrono per conseguire un miglioramento dei prodotti agricoli, mentre assoggettano sempre ai regimi ordinari o commerciali quando si è in presenza di beni nuovi acquistati per la rivendita. Attività di acquacoltura L’acquacoltura viene considerata alla stregua dell’attività agricola, visto che in molti paesi europei i prodotti della pesca in genere sono compresi fra quelli alla cui tutela sono preposti gli organismi del settore dell’agricoltura e dell’allevamento del bestiame. Ormai l’acquacoltura è considerata come una attività agricola che apre nuove opportunità per i soggetti imprenditoriali del settore della pesca e dell’acquacoltura. La legge orientamento inoltre equipara l’imprenditore ittico e quello agricolo ai fini fiscali e previdenziali. Il nuovo art. 2135, inoltre stabilisce che sono definite attività connesse a quelle della pesca: la prima lavorazione, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e commercializzazione la valorizzazione dei prodotti ittici, il pescaturismo e l’ittiturismo. Con la nuova legge l’imprenditore ittico può usufruire degli stessi vantaggi dell’imprenditore agricolo tanto da poter dire con un neologismo che è nata la figura del “pescagricoltore”. Il testo approvato fa diventare anche il settore ittico un settore multifunzionale, regolamentandone tutte le attività; dalla cattura alla lavorazione del pesce, dalla commercializzazione alla promozione di opportunità occupazionali; è stato un provvedimento molto atteso, che inquadra e ridisegna i confini di pesca e acquacoltura e l’identità professionale del “pescagricoltore”. Attività di servizio Prima dell’approvazione si sosteneva che le attività di servizio in agricoltura avrebbero potuto essere qualificate tra le attività ausiliarie come si verifica per le imprese ausiliare del commercio. In commento alla legge è scritto quanto segue: “attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata”. Quindi i requisiti per riconoscere una attività di servizio sono:

• identità soggettiva fra l’imprenditore che esercita l’attività agricola principale e quello che esercita le attività connesse.

• ausiliarità di tale attività non solo sul piano economico ma anche funzionale nel senso che l’imprenditore utilizza i mezzi e i capitali propri impiegati nell’azienda.

Non deve acquisire i connotati dell’impresa al punto da diventare sul piano economico l’attività principale o prevalente nella polifunzionalità dei beni aziendali. Un esempio è la figura del contoterzista; se presta solamente servizi e utilizza una modesta superficie di terreno non può considerarsi imprenditore agricolo.

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Iscrizione nel registro delle imprese Le nuove disposizioni modificano la precedente norma prevista dalla legge n.50 del 1993 sulla efficacia delle iscrizioni presso il registro delle imprese degli imprenditori agricoli prevedendo che la stessa iscrizione oltre alle funzioni di certificazione anagrafica svolga anche quella specifica di cui all’art.2193 cod.civ. Ora l’iscrizione nelle apposite sezioni del Registro delle Imprese ha la medesima efficacia (dichiarativa) prevista per legge relativamente alla iscrizione delle imprese commerciali nelle sezioni ordinarie. Le cooperative in agricoltura Una importante novità che leggiamo nell’ultimo comma dell’art.1 è la classificazione delle cooperative tra gli imprenditori agricoli. Gli organismi associativi sono considerati agricoli solo se utilizzano in modo prevalente i prodotti conferiti dai soci. Si tratta di tutte le cooperative che operano nel settore agricolo, sia che esercitano a monte (cooperative di servizi), sia che esercitano a valle (cooperative di trasformazione). Contratti di affitto agrari Il contenuto di tale articolo contiene una integrazione alla legge 203/82 e non comporta quindi una variazione o sostituzione di una parte di essa. L’articolo fissa una procedura precontrattuale dell’affitto:

• il locatore in prossimità della scadenza del contratto nel caso intenda riaffittare il proprio fondo è tenuto a comunicare all’affittuario uscente le offerte ricevute;

• l’affittuario nel caso accetti le condizioni presenti in esse, comunica la propria intenzione al locatore ed acquisisce il diritto a stipulare un nuovo contratto in conformità ad esse in quanto titolare di una preferenza legale.

In caso di elusione dalle comunicazioni all’affittuario uscente, questi conserva il diritto di prelazione entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato. Tale diritto è volto alla “conservazione dell’unità aziendale, all’ammodernamento strutturale dell’impresa, ed all’ottimizzazione del suo dimensionamento”. Utilizzazione dei beni demaniali e del patrimonio indisponibile Viene confermata l’applicazione della normativa in materia di affitto di fondi rustici anche ai contratti di affitto o di concessione amministrativa aventi ad oggetto il godimento di terreni demaniali o del patrimonio indisponibile appartenenti a enti pubblici, territoriali e non territoriali. Il decreto legislativo in commento estende la normativa dettata per gli affitti anche ai rapporti fondati su concessione amministrativa. Sembrerebbe dunque che a seguito di tale equiparazione, ad esempio, anche i canoni dovuti, nel caso in cui il rapporto sia regolato da tale provvedimento, dovranno essere adeguati all’equo canone come determinato dalla legge 203/82. 3.3 Valorizzazione del territorio e distrettualizzazioni.

Con l’emanazione dei decreti legislativi di orientamento e modernizzazione n.226 (pesca e acquicoltura), n.227 (settore forestale) e 228 (agricoltura) - in applicazione della legge 57/2001 - si determina una notevole evoluzione della normativa per l’agricoltura e la pesca. Oltre ai brevi cenni riportati nei paragrafi precedenti, si ritiene importante soffermarsi sul contenuto innovativo relativo alla riscoperta del radicamento territoriale dell’agricoltura. Si farà in particolare riferimento alla possibilità introdotta a favore delle Regioni, di riconoscere

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“distretti rurali” e “distretti agro-alimentari “ di qualità, nonché di promuovere il riconoscimento di quelli ittici. In sostanza, si è trattato di capire che entravano sempre più in crisi, almeno in Europa, le commodities, cioè le produzioni scarsamente differenziabili, in cui maggiormente si sono incorporate tutte forme di omologazione fordista/produttivista e che, viceversa, trovavano sempre più respiro le specialities, ossia i prodotti di qualità, altamente differenziabili intensivi di saperi locali/contestuali. A questo si aggiunge il fenomeno grazie al quale si sono create le condizioni perché le componenti del mondo agricolo – rurale mercificassero i propri saperi in una serie di nuovi circuiti di servizi alla persone ad alto contenuto posizionale. Circuiti sintetizzabili con l’etichetta dell’ospitalità rurale, ma ricomprendenti tanti aspetti: alloggio, ristorazione, recupero dei cosiddetti “giacimenti gastronomici”, fruizione di paesaggi, scoperta/riscoperta di patrimoni storici di varia natura dispersi nelle campagne o raccolti in borghi minori e via dicendo. Inoltre è apparso sempre più evidente come l’abbandono dell’attività agricola in aree altimetricamente disagevoli avesse compromesso la produzione di esternalità decisive per la costruzione/ricostruzione dell’ambiente inteso in senso fisico. Da qui la necessità di regolamentazione delle realtà esistenti e di incoraggiare la formazione di attività in tal senso. Alla luce di queste brevi considerazioni vediamo ora con una sintetica ricognizione le innovazioni apportate dalla legge delega e del successivo decreto n.228, circoscritte alle parti che evidenziano l’ispirazione territoriale. L’art 7 della legge delega mette bene in chiaro la prospettiva che la nuova disciplina dovrà:

a) promuovere, anche attraverso il metodo della concertazione, il sostegno e lo sviluppo economico e sociale dell’agricoltura, dell’acquacoltura, della pesca e dei sistemi agro-alimentari secondo le vocazioni produttive del territorio individuando i presupposti per l’istituzione di distretti agro-alimentari, rurali ed ittici di qualità;

b) favorire lo sviluppo dell’ambiente rurale e delle risorse marine, privilegiando le iniziative dell’imprenditoria locale, anche con il sostegno della multifunzionalità dell’azienda agricola, di acquicoltura e di pesca, comprese quelle relative alla gestione ed alla tutela ambientale e paesaggistica, anche allo scopo di creare fonti alternative di reddito e valorizzare le peculiarità dei prodotti e il rapporto fra prodotti e territorio, assicurare una adeguata informazione al consumatore e tutelare le tradizioni alimentari e la presenza nei mercati internazionali con particolare riferimento alle produzioni tipiche, biologiche e di qualità; favorire la cura e la manutenzione dell’ambiente rurale, anche attraverso la valorizzazione della piccola agricoltura per autoconsumo o per attività di agriturismo e di turismo rurale.

Nel successivo art. 8, fra i principi e criteri direttivi demandati al Governo per l’esercizio della delega, leggiamo alla lettera o: “sviluppo delle potenzialità produttive attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, anche con il sostegno dei distretti agro-alimentari, dei distretti rurali ed ittici”. Il richiamo alla multifunzionalità pesa non meno di quello al riconoscimento delle forme organizzative distrettuali, perché ricomprende un’amplissima gamma di supporti che insieme con la convenzionale offerta di prodotti agricoli è in grado di assicurare la difesa del territorio, la conservazione di valori e tradizioni legati al mondo rurale, contrastando ad esempio i fenomeni di desertificazione e garantendo la tutela paesaggistica, l’insieme di queste attività consente di innestare sull’attività agricola propriamente detta altre attività collaterali. Il decreto legislativo introduce, inoltre, tre disposizioni importanti che in parte precisano ed ampliano la definizione delle attività agrituristiche come disciplinata dalla legge n.730/85 e

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tendenti ad accentuare la valorizzazione del territorio e la fruibilità delle risorse naturali, paesaggistiche e culturali da parte dei cittadini tutti e, in particolare delle giovani generazioni e dei portatori di handicap. Infatti, il primo comma dell’art.3, riconduce all’esercizio di attività agrituristiche ancorché svolte all’esterno dell’azienda, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio. Importante è l’esplicito richiamo anche a quelle attività che hanno quale scopo la degustazione di prodotti aziendali. Viene inoltre precisato che il concetto di “stagionalità dell’ospitalità agrituristica”, non è riferito al periodo temporale dell’anno in cui l’attività viene svolta, ma alla durata del soggiorno dei singoli ospiti. L’art. 13 che regolamenta i distretti accentuando la portata multifunzionale della nuova concezione di agricoltura; sono definiti distretti i “sistemi produttivi locali caratterizzati da un’identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione tra attività agricole ed altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali”. Questa nozione fa pensare che possano essere definiti distretti anche le aree a forte specializzazione agricola indipendentemente dalla presenza di un forte legame con altre attività locali. Un’interpretazione riduttiva che, al contrario, concepisse il distretto solo come sistema agro-alimentare escluderebbe aree ad altissima vocazione produttiva e specializzate in produzioni agricole di alta qualità pur senza la presenza di imprese di trasformazione. Il testo comunque rinvia a disposizioni regionali per l’individuazione dei distretti.

In sostanza l’idea è che per rurale si debba intendere un sistema locale a elevata differenziazione intersettoriale e forte base agricola. Circa i distretti agro-alimentari, l’art. 13 al punto 2 stabilisce che “si definiscono distretti agro-alimentari di qualità i sistemi produttivi locali anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agro-alimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche”. In questo caso, a differenza di quanto visto per i distretti rurali, è assente il piano della comunità umana, che, come ben sappiamo nella concettualizzazione distrettuale è altrettanto importante dell’apparato produttivo. Il riconoscimento distrettuale si deve qui incentrare su una certa produzione tutelata/certificata, o tradizionale, o tipica. Le tre tipologie comprendono in effetti una gamma molto vasta di casi: si va dalla piccolissima produzione di nicchia, che in un certo territorio potrebbe interessare anche pochissime unità aziendali, a produzioni ampiamente diffuse sul piano geografico (es parmigiano reggiano) e caratterizzate da un’organizzazione a spiccata complessità e sofisticazione industriali comprendente imprese agricole e manifatturiere. In tal modo la definizione dettata da un prodotto implica un riscontro incerto col territorio per cui potremmo vedere riconosciuti distretti agro-alimentari di qualità estesi su un certo numero di sistemi locali e altri concentrati in piccolissime aree costitutive soltanto di parti di singoli sistemi locali.

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CAPITOLO 4 Le Tipologie delle Aziende Agricole Italiane tra Professionalità e Accessorietà (A. Marinelli, M. Sabbatini, E. Turri)•••• 4.1 Introduzione

Lo sviluppo socio-economico dell'azienda agraria ha messo in evidenza capacità di adattamento e di flessibilità nell'impiego del lavoro del tutto analoghe, se non superiori, a quelle dell'impresa a conduzione familiare di altri settori produttivi. Il dinamismo manifestato, almeno nell'ultimo decennio, è certamente connesso non solo alla nota adattabilità nell'impiego del lavoro ma, soprattutto, alla multifunzionalità dell'azienda in grado di fornire una gamma di beni e servizi che vanno dalle produzioni tradizionali, alle quali negli ultimi anni si sono affiancati agriturismo e contoterzismo, a quelle ambientali connesse alla qualità dei prodotti e anche della vita, se si considera il rinnovato interesse nei confronti del territorio rurale. A riprova si può citare non solo la ripresa del mercato immobiliare nelle zone rurali e periurbane spinta da una crescente domanda di “rustici” dove il movente ricreativo è legato anche alla possibilità di praticare, a livello hobbistico, alcune attività produttive, ma la stessa impostazione data allo sviluppo rurale dalla seconda metà degli anni novanta ad oggi e confermata dagli obiettivi delle politiche comunitarie delineati da “Agenda 2000”. Dalla produzione alla ricreazione quindi, la gamma dei beni e servizi prodotti si è notevolmente ampliata e con essa evidentemente il “fatturato aziendale” che però, data la sua composizione, andrebbe attribuito a diversi settori; agricolo, turistico, ambientale, perfino sanitario. È del tutto evidente che, nell'ottimizzazione della produzione della molteplicità dei beni e servizi sommariamente enunciati, il “conduttore” adotti “strategie aziendali” profondamente differenziate che implicano concetti e funzioni dell'azienda agraria molto diversi. Dovendo tralasciare la cospicua fetta di valore delle attività paragricole - la cui inclusione porterebbe inevitabilmente lontano rispetto agli obiettivi del presente lavoro - per limitarci a quella tradizionale dell'azienda agraria così come definita dall'ISTAT, possiamo certamente affermare che le trasformazioni indotte sia da dinamiche interne, connesse alle dotazioni di risorse umane e materiali, che dai cambiamenti intervenuti nel contesto territoriale nel quale l'azienda opera, sono state, nell'ultimo decennio, di straordinaria intensità e portata. Nell'ambito aziendale, innovazioni di processo e di prodotto, incrementi di produttività, trasformazioni fondiarie hanno notevolmente modificato i rapporti quantitativi e qualitativi interni, e con essi il concetto stesso di azienda e di struttura produttiva. Nel contempo anche il contesto territoriale nel quale opera l'azienda ha subito trasformazioni che hanno mutato notevolmente il quadro di riferimento operativo dell'azienda: le diverse dinamiche dello sviluppo locale, del mercato del lavoro, il consolidarsi di processi integrativi tra agricoltura, industria e distribuzione, l'affermarsi di nuovi stili e modelli di vita nelle aree rurali - aspetti che rappresentano ulteriori fattori di differenziazione produttiva e strategica (destrutturazione, contoterzismo, pluriattività, ecc.). L'impatto delle dinamiche interne ed esterne, amplificato dalle politiche agrarie regionali,

• Tratto dalla Rivista di economia agraria, n. 3, 1998.

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nazionali e comunitarie, ha accentuato, quindi, le differenziazioni aziendali, con effetti distorsivi tra le diverse realtà produttive e creando spesso nuovi tipi di impresa. L'analisi delle strutture aziendali, con riferimento sia agli aspetti teorico-interpretativi che a quelli empirici della descrizione e valutazione dei fenomeni aziendali, e della loro evoluzione, è uno dei temi più dibattuti nella letteratura economico-agraria e nei quali più affondano le radici della tradizione scientifica italiana. Il tema è stato ripetutamente affrontato nei convegni della Società italiana di economia agraria (SIDEA, 1965; 1979; 1987; 1993) e dibattuto in numerosi seminari e incontri di studio; non è nelle intenzioni degli Autori proporre in questa sede una rassegna sull'evoluzione degli approcci teorici all'analisi dell'economia dell'azienda agraria quanto evidenziarne, attraverso uno studio empirico, le differenziazioni così come emergono dai dati individuali del Censimento del 1990, nell'intento di fornire, nell'imminenza del prossimo, un contributo conoscitivo alla predisposizione degli strumenti necessari ad una migliore individuazione della complessa realtà che forma il sistema delle imprese agricole nazionali. Sarebbe tuttavia auspicabile una riflessione teorica e metodologica sulle possibili evoluzioni di questo “strano animale” sollecitato da un numero crescente di soggetti interessati alle sue molteplici funzioni in un contesto che non è più lo “zoo di casa” ma la foresta immensa e densa di pericoli, che si apre con la liberalizzazione crescente degli scambi in una economia globalizzata. Negli anni sessanta e settanta gli studi sull'azienda agraria, largamente influenzati dai dominanti paradigmi neoclassici, tendono ad una eccessiva semplificazione delle categorie analitico-concettuali, attraverso le quali spiegare le strategie imprenditoriali, con la conseguenza di un appiattimento nella comprensione e valutazione dei risultati economici alla dicotomia efficienza-inefficienza in base al collegamento-isolamento dal mercato (De Benedictis e Cosentino, 1976; Gorgoni, 1977). Negli anni ottanta l'approccio neoistituzionalista recupera, alla luce di nuove categorie e fenomeni economici (costi transazionali, mercati imperfetti, ruolo delle istituzioni e dell'azione pubblica) il polimorfismo strutturale e produttivo dell'azienda agraria fornendo nuove categorie analitico-concettuali che consentono una migliore comprensione dell'agire dell'imprenditore agricolo “concreto” (Romagnoli, 1993; Corsi, 1993). Nella performance socioeconomica della conduzione familiare, vista non solo come entità produttiva ma anche come soggetto storico-culturale (cultural agent) possono risultare ottimizzanti anche comportamenti “irrazionali”; in questa ottica “l'inefficienza” può trovare adeguate motivazioni nell'ambito dei diversi contesti istituzionali e socioeconomici locali. I riferimenti territoriali considerati nelle numerose indagini ed analisi empiriche vanno dall'intera realtà nazionale ad ambiti più delimitati (regionali, distrettuali, provinciali); dall'universo delle unità produttive, o campioni delle stesse, general-mente preordinati per tipo di impresa e forma di conduzione, alla singola azienda. Gli obiettivi conoscitivi di volta in volta perseguiti sono, da un lato l'approfondimento dell'analisi economica e strutturale delle aziende, dall'altro il miglioramento delle conoscenze delle strategie aziendali con l'ausilio di modelli teorici comportamentali basati sulla diversità delle funzioni obiettivo (Casini, Bernetti e Menghini, 1997). Negli ultimi anni l'interesse verso le indagini sulle strutture aziendali sembra attenuarsi in favore delle tematiche del mercato e dell'intervento pubblico in agricoltura; oltre al lavoro, un poco

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datato ma tuttora valido, di Barberis e Siesto (1993), all'indagine campionaria INEA-Arkleton Trust (De Benedectis, 1995) e al contributo di Fabiani e Scarano (1995), non risulta siano state effettuate altre analisi, su base empirica, aventi carattere di “generalità” e valenza olistica. Nell'ambito di questo filone di ricerca, un significativo spazio è dedicato all'analisi tipologica delle strutture delle aziende agrarie secondo schemi concettuali e operativi, più o meno innovativi, che consentono di descrivere e interpretare la realtà con maggiore rigore scientifico, significato euristico e anche finalità pratiche nell'individuazione e definizione di indirizzi di politica agraria; una bibliografia sull'analisi tipologica delle strutture aziendali, considerata anche nei suoi aspetti teorici e generali, è riportata in precedenti contributi (Sabbatini e Turri, 1992a; 1995) e aggiornata nei richiami di letteratura a fine testo. In questo contesto analitico si colloca l'analisi tipologica delle aziende agrarie elaborata in questa ricerca che fa riferimento all'universo della popolazione indagata - e non già a campioni di unità produttive con inevitabili problemi di significatività rispetto all'universo nazionale - e, in quanto predisposta sulle informazioni desunte dall'intero “Questionario d'azienda” del Censimento dell'agricoltura ISTAT del 1990 - e quindi non limitata a specifiche e circoscritte caratteristiche strutturali - presenta elementi di notevole complessità e difficoltà, sia di ordine metodologico che operativo. Con il presente lavoro si intende approfondire le conoscenze specifiche delle condizioni nelle quali si realizza la produzione e la vendita, mediante l'individuazione e definizione delle diverse realtà socioeconomiche e strutturali delle imprese e dei mercati, valutate in base ai principali parametri forniti delle fonti statistiche censuarie; ciò consente di stabilire la consistenza numerica dei diversi tipi di impresa e le loro esigenze di politica agraria fornendo la base per ulteriori sviluppi analitici verso la formulazione di nuovi modelli comportamentali per la comprensione delle strategie aziendali e dei sentieri di sviluppo delle diverse realtà produttive. In tal modo le tipologie aziendali possono essere utilizzate per individuare realtà più omogenee, che permettano modellizzazioni e simulazioni più accurate ed innovative nelle descrizioni delle strategie aziendali. L'approccio consentirebbe di valutare, in termini anche dinamici, gli effetti del consolidarsi delle politiche agricole, ambientali e sociali sulle diverse realtà produttive e fornire, attraverso la simulazione, utili indicazioni sulle politiche più idonee nel sostenere uno sviluppo differenziato. La soluzione adottata sotto il profilo quantitativo, cioè quella di prendere in considerazione su scala nazionale, la totalità delle aziende censite, è apparsa la più esaustiva, anche se si è reso necessario scomporre l'universo per macro-ripartizioni e zona altimetrica in funzione sia dell'elevata numerosità delle unità produttive, sia per comprensibili ragioni di ordine economico agrario, sociale e ambientale che sono esposte nella nota metodologica in Appendice. Gli universi analizzati riguardano le aziende provviste di SAU a conduzione diretta del coltivatore (2.849.935 unità) e le aziende a conduzione con salariati e/o compartecipanti (96.134 unità), entrambi oggetto di specifica trattazione. Rispetto all'universo della rilevazione censuaria 1990 restano quindi escluse le aziende senza SAU condotte sia da persona fisica (43.210 unità) che da persona giuridica (4.553 unità), le aziende con SAU gestite da persona giuridica (17.333) e le altre forme di conduzione (12.179) per un totale di 77.274 unita.

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Le motivazioni di tale scelta, e della opportunità di considerare separatamente i due più importanti sottoinsiemi aziendali della realtà agricola italiana, sono egualmente illustrati nella metodologia della ricerca. Nell'uno come nell'altro caso-studio, gli strumenti di elaborazione statistica sono l'analisi delle corrispondenze multiple e la cluster analysis, ritenute in grado di fornire - anche in base a precedenti e consolidate esperienze (Sabbatini e Turri, 1992b; 1996) - le migliori risposte in tema di identificazione e interpretazione del polimorfismo strutturale e socioeconomico delle aziende agrarie. Oltre all'individuazione di una tipologia generale delle aziende italiane, il risultato di maggiore interesse derivante dalla presa in esame degli interi universi aziendali - definiti ex ante come conduzione diretta del coltivatore e conduzione a salariati/o compartecipanti - consiste nell'avere fornito una risposta, quanto più esatta ed accurata, agli aspetti dimensionali dei diversi gruppi a livello nazionale (consistenza in termini numerici, di reddito, di superficie, di lavoro, ecc.) e articolata territorialmente. Un ulteriore pregio dell'utilizzazione dell'intero universo consiste nel poter attribuire, ad ogni azienda censita, un'identità tipologica utile nel verificare e segmentare il campo di osservazione del Censimento ISTAT del 2000.

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4.2 Tipologie strutturali e socio-economiche

4.2.1 I fattori di differenziazione delle aziende

Il primo prodotto di ricerca realizzato con l'applicazione di procedimenti multivariati è costituito dalla individuazione dei principali fattori di differenziazione delle aziende. In merito va segnalata la sostanziale convergenza dei due universi aziendali, considerati separatamente, rispetto ai set di variabili (e relative modalità) che nel loro insieme individuano e definiscono i fattori di differenziazione delle aziende. Questo significa che gli elementi di polimorfismo strutturale e socioeconomico delle imprese agricole sono molto simili, anche nella loro articolazione territoriale, rispetto alla forma di conduzione, nonostante alcune specifiche caratterizzazioni che verranno opportunamente evidenziate ma che in ogni caso non giustificano il perdurare di distinte categorie concettuali. A dimostrazione di quanto affermato la lettura dei fattori verrà presentata distintamente iniziando dalla conduzione diretta. 4.2.1.1 Aziende a conduzione diretta Per le aziende diretto-coltivatrici il primo fattore di variabilità evidenzia la professionalità dell'occupazione agricola della famiglia coltivatrice legata alla struttura produttiva dell'azienda. Il fattore sintetizza, in modo molto evidente, la professionalità/accessorietà dell'attività agricola, sia del conduttore che della famiglia, in funzione della disponibilità di capitali fissi e della scala produttiva; da un lato del fattore si collocano le aziende professionali di medio-grandi dimen-sioni fisiche ed economiche, con ricorso all'affitto integrativo di terreni, meccanizzate e con ordinamenti produttivi intensivi, spesso irrigui; sul versante della “accessorietà” le unità aziendali aventi caratteristiche opposte. Il secondo asse fattoriale esprime l'intensità dell'impiego di lavoro familiare in rapporto alle caratteristiche socioeconomiche della famiglia specificando la relazione tra professionalità dell'occupazione agricola e impegno di lavoro in azienda. La condizione di professionalità dell'occupazione familiare risulta essere legata all'alto impiego lavorativo, con un relativamente modesto contributo della componente femminile, e all'esclusivo impegno in azienda del conduttore e della famiglia coltivatrice; sul versante opposto figurano aziende caratterizzate da scarso apporto di lavoro in azienda del conduttore, generalmente bi-occupato, e dell'intera famiglia, talvolta anche numerosa e pluriattiva. Sono anche evidenziati elementi di femminizzazione del lavoro aziendale collegati non tanto all'età o al ciclo di vita della famiglia quanto piuttosto alle esigenze di lavoro interne all'azienda, in funzione dell'impegno extragricolo della componente maschile; la donna sembra quindi esercitare una funzione di compensazione particolarmente necessaria al mantenimento del carattere mercantile dell'attività produttiva agricola. Il terzo fattore evidenzia la pluriattività/esclusività dell'occupazione agricola in funzione della struttura demografica della famiglia. Risultano essere prevalentemente bi-occupate le famiglie con un elevato numero di componenti e in fase giovane del ciclo vitale; nell'ambito delle famiglie pluriattive il grado di part-time del conduttore è spesso elevato. Condizioni opposte caratterizzano le aziende esclusive. In base alla lettura del terzo asse fattoriale, le scelte allocative della forza lavoro familiare tra azienda e mercato, sembrano essere soprattutto

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connesse alla struttura demografica della famiglia e, in subordine, alla disponibilità di risorse “fisiche” (capitale fondiario). Il quarto fattore evidenzia i rapporti dell'azienda con il mercato dei prodotti e del lavoro salariato. A fronte di imprese coltivatrici che commercializzano la quasi totalità della produzione agricola e utilizzano manodopera esterna fissa o avventizia, stanno le unità in cui è prevalente la funzione di autoconsumo alimentare familiare (anche “allargato”) e in cui le necessità lavorative dell'azienda sono interamente soddisfatte dalla famiglia e, al limite (pianura del Mezzogiorno), dal solo conduttore. I legami con il mercato dei prodotti sottintendono aziende di adeguate dimensioni fisiche ed economiche con ordinamenti zootecnici ed ortofloricoli (pianura e collina), ma anche arboricoli (montagna e collina). L'autoconsumo è prevalente nelle aziende piccole, con ordinamenti tecnico-economici misti, arboricoli o con allevamenti ovini e caprini di modeste dimensioni. 4.2.1.2 Aziende a conduzione con salariati e/o compartecipanti Nelle aziende a salariati il primo fattore di variabilità è anch'esso legato alla professionalità in modo del tutto analogo a quello manifestatosi nell'universo delle aziende coltivatrici; nel caso specifico esso individua anche il core dell'azienda a salariati, propriamente capitalistica. La professionalità è caratterizzata da un maggiore impegno del conduttore (attivo, esclusivo ed inserito in un contesto di elevato impiego di lavoro), dall'utilizzo di salariati avventizi e fissi e di almeno un addetto attivo occupato esclusivamente in azienda; come atteso da aziende professionali, le dimensioni aziendali, il livello di meccanizzazione e i redditi sono tra i più elevati. Sul versante opposto si collocano le aziende non professionali o “proletarie” in quanto piccolissime, caratterizzate da bassi impieghi di lavoro totale, dall'assenza di meccanizzazione autonoma, di salariati e di addetti attivi ed esclusivi; l'occupazione aziendale è fornita in prevalenza dal solo conduttore accessorio in quanto anziano. Il secondo fattore consente di individuare la morfologia dell'occupazione in rapporto all'ordinamento produttivo e alle dimensioni aziendali; infatti l'assenza, o il contenuto ruolo della componente “lavoro familiare” rispetto alla conduzione diretta (nell'azienda “capitalistica” dovrebbe comparire soltanto l'imprenditore) modifica leggermente gli attributi dell'asse rispetto alla conduzione diretta mantenendo tuttavia il significato di intensità nell'impiego di lavoro. Sul versante positivo dell'asse fattoriale compaiono le aziende con almeno un addetto attivo ed esclusivo, in genere il conduttore, che risulta anche essere l'unico membro della famiglia occupato in azienda. Sul versante opposto, la morfologia del lavoro lascia intuire una azienda condotta dalla coppia anziana o dal coniuge sopravvissuto (nella maggior parte dei casi fem-mina), coadiuvata da qualche giornata di salariati avventizi impiegati per conseguire obiettivi prevalentemente legati all'autoconsumo. I contenuti informativi del terzo e quarto fattore risultano geograficamente trasposti ad indicare il diverso peso dei fenomeni rappresentati nelle due ripartizioni. Il terzo fattore (quarto per il Sud-Isole) consente di cogliere le possibilità di occupazioni esterne (pluriattività) collegate alle caratteristiche socio-demografiche del conduttore e della sua famiglia, in perfetta corrispondenza, fatti i debiti distinguo di variabili, con il terzo fattore della conduzione diretta. Il fattore evidenzia l'impegno extraziendale del conduttore legato all'età, figura professionale, al rapporto presenza/assenza di familiari non attivi e alla assenza/presenza di salariati avventizi. Da

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una parte si collocano le aziende il cui conduttore, fornito di alto grado di istruzione, giovane o maturo (Sud-Isole) è occupato anche fuori azienda; il lavoro, per oltre 2/3 erogato dai salariati avventizi e da contoterzisti, unitamente all'accessorietà del conduttore, che è anche l'unico ad occuparsi dell'azienda, lascia intuire una agricoltura estensiva, destrutturata dove le attività produttive - di un certo rilievo date le non trascurabili dimensioni aziendali - sono ritenute remunerative. Sul versante opposto figurano invece aziende il cui conduttore, esclusivo e senza titolo di studio, è generalmente anziano (Sud-Isole); in questo caso il lavoro, fornito in gran parte dalle donne, proviene quasi esclusivamente da famiglie mononucleari o dalla coppia di coniugi anziani. Il quarto fattore (terzo per il Sud-Isole) infine descrive le altre situazioni nelle quali si ricorre alla manodopera esterna, oltre a quella propria delle aziende professionali descritta nel primo fattore. In questo caso l'impiego di lavoro salariato è descritto dalla contrapposizione tra la presenza di un addetto attivo ed esclusivo, che quasi sempre coincide con il conduttore (assenza di lavoro salariato), e l'assenza di addetto attivo ed esclusivo alla quale è generalmente associata una realtà strutturale e produttiva di marginalità (presenza di lavoro salariato). Il fattore esplora l'area della marginalità inserita nell'universo delle aziende a salariati ma che in realtà o non impiegano manodopera esterna o, se hanno “avventizi”, è perché sono funzionali agli obiettivi di autoconsumo; in questo caso il lavoro salariato non è associato alla professionalità, come avviene nel primo fattore, ma ad una realtà nella quale si ricorre a manodopera avventizia per realizzare alcune attività produttive (olivicoltura, viticoltura ecc.) legate prevalentemente all'autoconsumo, che altrimenti non potrebbero compiersi essendo il conduttore anziano o fortemente pluriattivo. La descrizione fattoriale si configura uno strumento particolarmente utile non solo nel determinare i fattori principali che governano le strutture di dati ma anche nell'individuare le variabili che contribuiscono maggiormente, in ciascun fattore, alla determinazione dei fenomeni in esame, cosa di estrema importanza per chi volesse sapere ex post la “marginalità” di alcuni quesiti inseriti nel “Questionario di azienda”. Un ulteriore importante risultato della ricerca è dato dalla dimostrata sorprendente stabilità dei fattori per entrambi gli universi aziendali e per ciascuna delle aree considerate, con alcune lievi variazioni di dettaglio riferibili ad aspetti gestionali connessi agli ordinamenti produttivi ed a specifici contesti territoriali. Nonostante la parziale diversità numerica e qualitativa dei set di variabili delle due indagini11, le descrizioni fattoriali consentono di sostenere la commensurabilità dei due universi di riferimento descrivibili dallo stesso insieme fattoriale. 4.2.2 Le tipologie aziendali

La parte centrale della ricerca è costituita dalla catalogazione tipologica delle aziende con SAU condotte da persona fisica diretto-coltivatrici e a salariati. I modelli tipologici delle aziende di seguito riportati e distinti per “forma di conduzione” rappresentano gli stereotipi di riferimento generali che, a livello territoriale, possono comunque presentare elementi di struttura e socioeconomici differenziati - come ad esempio l'ordinamento

11 Le variabili attive dell'analisi relativa alla conduzione diretta del coltivatore sono 13 alle quali corrispondono 52 modalità, mentre quelle illustrative sono 14 con 42 modalità; per la conduzione a salariati le variabili attive sono invece 13 (51 modailtà), quelle illustrative 18 (50 modalità).

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produttivo - oltreché assumere, in alcuni casi, attributi specifici che portano a differenziare leggermente alcuni gruppi individuati come omogenei. Il metodo di analisi è stato applicato distintamente a ciascuna delle due ripartizioni geografiche per poter cogliere con maggior accuratezza, dati gli ambiti territoriali più ridotti, le peculiarità socioeconomiche che determinano le due grandi componenti dell'agricoltura nazionale: quella meridionale e quella settentrionale. Limitatamente alle aziende a conduzione diretta, a tale distinzione ne è stata sovrapposta una seconda che distingue tra aziende di montagna, collina e pianura portando a sei gli universi selezionati ex ante sui quali è stata effettuata la cluster analysis. Sia per la conduzione diretta che per le aziende a salariati si è tentata una lettura nazionale dei cluster confrontando gli attributi presenti in ciascun gruppo. Gli aspetti quantitativi dei fenomeni indagati sono evidenziati dal prospetto seguente e dalle tabelle 1-3 riportate nell’allegato al capitolo. PROSPETTO 1 - Aziende a conduzione diretta del coltivatore e loro distribuzione percentuale per tipologia e territorio

Tipologie Montagna Collina Pianura Totale Numero % Numero % Numero % Numero %

Nord-Centro PSAP 16.355 5,1 41.502 6,8 46.365 11,6 104.222 7,9 % 15,7 39,8 44,5 100,0 PREP 41.445 13,0 85.258 14,0 57.012 14,3 183.715 13,8 % 22,6 46,4 32,0 100,0 PREA 62.612 15,7 62.612 4,7 % 100,0 100,0 SUEA 58.879 18,4 58.879 4,4 % 100,0 100,0 SOPG 69.477 21,8 203.942 33,5 105.108 26,4 378.527 28,5 % 18,4 53,9 27,8 100,0 AUPG 72.894 22,8 178.654 29,3 70.185 17,6 321.733 24,2 % 22,7 55,5 21,8 100,0 AUEA 60.283 18,9 100.056 16,4 57.214 14,4 217.553 16,4 % 27,7 46,0 26,3 100,0 Nord-Centro 319.335 100,0 609.412 100,0 398.496 100,0 1.327.241 100,0

Sud-lsole PSAP 10.385 3,4 38.284 4,6 26.382 6,9 75.051 4,9 % 13,8 51,0 35,2 1000 PREP 36.812 12,2 85.668 10,2 6.929 1,8 129.409 8,5 % 28,4 66,2 5,4 100,0 PREA 73.103 19,1 73.103 4,8 % 1000 100,0 SUEA 78.795 26,2 179.706 21,4 258.501 17,0 % 30,5 69,5 1000 SOPG 197.876 23,6 118.689 31,0 316.565 20,8 % 62,5 37,5 100,0 AUPG 89.975 29,9 182.134 21,7 86.290 22,5 358.399 23,5 % 25,1 50,8 24,1 100,0 AUEA 85.212 28,3 154.298 18,4 72.070 18,8 311.580 20,5 % 27,3 49,5 23,1 100,0 Sud-Isole 301.179 100,0 837.966 100,0 383.463 100,0 1.522.608 100,0 Italia 620.512 1.447.378 781.959 2.849.849

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4.2.2.1 Aziende a conduzione diretta del coltivatore Le tipologie aziendali di seguito descritte sono state individuate, per le due ripartizioni e le zone altimetriche, in base ai primi cinque fattori. I dendrogrammi suggeriscono, per ciascun ambito territoriale, una ripartizione in quattro o cinque gruppi, a seconda dei casi; alcuni comuni ai diversi contesti territoriali, altri specifici. Complessivamente per la conduzione diretta del coltivatore sono state individuate sette tipologie aziendali, di cui quattro comuni a tutte le ripartizioni e zone altimetriche (PSAP, PREP, AUPG e AUEA) e tre (PREA, SUEA e SOPC) presenti soltanto in alcune specifiche realtà territoriali. Aziende produttive, con salariati e professionali (PSAP) Le aziende appartenenti alla tipologia PSAP hanno spiccate caratteristiche produttive e mercantili, con occupazione familiare in agricoltura di tipo professionale con ricorso a manodopera salariata fissa e/o avventizia. Le aziende PSAP sono presenti in tutte le zone altimetriche e ripartizioni, con una numerosità aziendale generalmente ridotta (6,3% dell'universo a conduzione diretta), anche se con un peso molto più elevato in termini di superficie coltivata e di reddito. Per dimensione fisica ed economica le aziende possono definirsi grandi (28 ettari SAU e circa 45 UDE per unità produttiva), con punte che possono raggiungere valori anche molto elevati. La meccanizzazione autonoma, con specifico riferimento alla dotazione di trattori e alla loro potenza per ettaro SAU, è contenuta, ma ciò è dovuto alla notevole superficie aziendale. Il ricorso al noleggio macchine non è una pratica ricorrente anche se nella pianura centro-settentrionale sono presenti fenomeni di contoterzismo attivo. La consistenza di bestiame grosso, compresi i bovini da latte, raggiunge, nelle aziende specializzate nella zootecnia, livelli molto sostenuti, sia in termini di dimensione degli allevamenti che di carico ad ettaro SAU. La famiglia coltivatrice è occupata soprattutto in azienda, ove in genere resiede, è numerosa e in una fase del ciclo vitale giovane o matura; di frequente pluriattiva, soprattutto nelle aree di pianura e in collina, ma con un basso grado di part-time. Il conduttore, giovane e quasi sempre di sesso maschile, è di norma esclusivamente occupato in azienda in forma professionale e il suo apporto lavorativo è discreto (circa un terzo della totale occupazione interna). Le unità produttive PSAP presentano un elevato impiego di lavoro (in media 678 giornate all'anno - il più elevato tra le tipologie individuate) con una contenuta partecipazione della componente femminile (spesso inferiore al 25% dell'occupazione totale); il grado di attività non è elevato, soprattutto in montagna in relazione alla differenziazione degli ordinamenti tecnico-economici, mentre più contenuti sono gli scarti tra le due ripartizioni. Il peso sociale della fascia aziendale PSAP è soprattutto evidente nelle zone di pianura del Nord-Centro e del Mezzogiorno, dove è anche relativamente maggiore l'utilizzo di manodopera salariata. Le condizioni del mercato del lavoro locale e le diverse necessità dell'azienda - specie

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in relazione agli ordinamenti tecnico-economici e ai calendari di lavoro - sono invece all'origine della dicotomia esistente nell'impiego di salariati fissi tra le due ripartizioni a vantaggio del Nord-Centro. L'impiego di manodopera salariata avventizia è invece più frequente nel Mezzogiorno dove raggiunge il suo massimo nella pianura; il valore più contenuto si verifica nella collina del Nord-Centro. Le caratteristiche tecnico-economiche collocano le aziende PSAP al primo posto nella graduatoria della professionalità rappresentando il segmento più vitale e stabile della realtà coltivatrice italiana. Le aziende appartenenti a questa tipologia sono molto affini a quelle definite come professionali nella conduzione con salariati, vuoi per il comune impiego di manodopera esterna, vuoi soprattutto per le caratteristiche produttive e le dotazioni fattoriali che in quel caso risultano tuttavia più consistenti. Aziende produttive, esclusive e professionali (PREP) La fisionomia della classe PREP ricalca quella della tipologia precedente, nel senso che riguarda aziende ugualmente produttive, mercantili e con attività agricola professionale, ma se ne discosta non solo per la scala aziendale più ridotta (mediamente 1/3 circa delle PSAP), ma anche per la morfologia dell'occupazione che fa esclusivo riferimento alle risorse di lavoro familiari. Anche questa tipologia è presente in tutte le ripartizioni e zone altimetriche, con un peso, in termini di numerosità aziendale, SAU e reddito pari rispettivamente all'11%, 19,6% e 22,5%) e una eterogeneità territoriale legata soprattutto agli ordinamenti tecnico-economici. Le dimensioni fisiche delle aziende possono considerarsi “medie”, con la sola eccezione della pianura meridionale il cui valore è molto più elevato (intorno ai 25 ettari SAU); analogamente è “media” la dimensione economica, con livelli notevolmente più elevati nella pianura, in funzione soprattutto alla variabilità degli ordinamenti produttivi. Anche in queste aziende è frequente il ricorso all'affitto integrativo di terreni. La dotazione meccanica è medio-bassa con una discreta domanda di servizi di noleggio. La mappa degli ordinamenti tecnico-economici è meno variegata rispetto alla precedente tipologia e appare largamente connotata dalla presenza della zootecnia, anche quella bovina da latte, con allevamenti di piccole dimensioni. Il pluriallevamento, la policoltura e la presenza di ordinamenti misti, anche irrigui, appaiono comunque dominanti. La famiglia coltivatrice è in genere numerosa, in una fase giovane o matura del ciclo vitale e spesso risiede in azienda, nell'ambito della quale è prevalentemente occupata. La pluriattività può considerarsi occasionale e di norma realizzata nell'ambito dello stesso settore agricolo ma non dal conduttore che svolge la propria attività di lavoro in forma professionale ed esclusivamente in azienda. il grado di attività è generalmente elevato (in media 43 giornate di lavoro ad ettaro SAU), con la sola eccezione della pianura meridionale dove sono relativamente più diffusi ordinamenti produttivi di tipo estensivo. Gli elevati carichi di manodopera per azienda fanno sì che la tipologia PREP sia in tutta la montagna e collina d'Italia al primo posto in termini di occupazione (giornate di lavoro), ruolo che nella zona di pianura è detenuto dalla PSAP. L'apporto di lavoro femminile è generalmente più sostenuto in montagna e collina, rispetto alla pianura mantenendosi intorno al 30% circa.

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I risultati economici sono discreti nella pianura mentre sono modesti nelle zone di montagna; nella pianura del Nord-Centro il reddito medio per unità di superficie è particolarmente alto e superiore a quello delle stesse aziende PSAP, mentre la produttività del lavoro si attesta su valori medi. La tipologia PREP può considerarsi espressione tipica della tradizionale impresa coltivatrice la cui stabilità e vitalità economica non è sempre autonomamente garantita per l'eccessivo impiego di lavoro familiare in rapporto alle risorse aziendali. Accanto a situazioni che possono definirsi “soddisfacenti” se ne affiancano infatti altre meno positive (montagna e collina) che necessitano di un riequilibrio nell'impiego dei fattori produttivi interni e anche una modifica degli attuali ordinamenti tecnico-economici aziendali e forse un maggiore inserimento della famiglia coltivatrice nel mercato del lavoro extragricolo. La corrispondente tipologia nel mondo delle aziende a salariati (PASA) si caratterizza per il maggiore inserimento della famiglia in attività esterne con conseguente estensivazione degli ordinamenti e il ricorso a salariati avventizi nei periodi di punta. Aziende produttive, esclusive e accessorie (PREA) La tipologia PREA, circoscritta alle sole zone di pianura dove è tuttavia significativamente presente, costituisce una variante delle due classi in precedenza descritte, nel senso che ne condivide alcuni aspetti, come la produttività, mentre se ne differenzia per alcuni caratteri demografici e socio-strutturali del lavoro. Nonostante l'azienda sia fisicamente piccola (in media 4 ettari SAU), sotto il profilo economico e, al contrario, caratterizzata da una buona capacità produttiva, legata alla presenza di ordinamenti colturali particolarmente intensivi. Il livello di meccanizzazione autonoma è discreto, con scarso ricorso al contoterzismo. Gli ordinamenti tecnico-economici, specializzati o misti, privilegiano le coltivazioni erbacee, i seminativi e l'ortofrutticoltura, generalmente realizzati con il sussidio dell'irrigazione. La famiglia coltivatrice risiede in azienda, conta un numero medio-alto di componenti ed è in una fase anziana del ciclo vitale nel Nord-Centro e matura, o giovane, nel Sud-Isole, dove più diffusa è la bi-occupazione; laddove invece prevale la componente demografica anziani, il lavoro agricolo è sempre accessorio ed esclusivo. il grado di attività è medio (200 giornate all'anno in totale e 50 giornate per ettaro SAU) e non viene fatto ricorso a manodopera salariata. Le aziende PREA manifestano, come le precedenti, chiari elementi di tradizione contadina, con discreto livello di produttività della terra e meno soddisfacente remunerazione del lavoro, ma possono presentare problemi di stabilità, in relazione alla struttura demografica della famiglia e alla successione nella conduzione aziendale soprattutto nel Centro-Nord; in questo senso potrebbero, nel breve periodo, evolversi nella tipologia successiva (SUEA) o recuperare una maggiore professionalità attraverso l'acquisizione di una dimensione tecnico-economica adeguata, in particolare per il capitale fondiario, tale da consentire livelli di redditività superiori da proiettarle tra le PSAP. Qualora la successione privilegiasse membri della famiglia, o altri soggetti, pienamente inseriti in attività extragricole, le aziende PREA potrebbero confluire nella INAD) (aziende di integrazione accessorie e destrutturate, gruppc individuato nell'ambito della conduzione con salariati). Il fatto che la tipologia emerga soltanto nella pianura suffraga tale interpretazione in quanto, là dove le condizioni economiche di contesto risultino più favorevoli,

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l'attività agricola di tipo tradizionale “resiste” riuscendo a trovare occasioni di sostegno aggiuntive, mentre condizioni generalmente meno favorevoli, come quelle delle zone montane e collinari, inducono soluzioni di marginalizzazione dell'attività agricola. Aziende di sussistenza, esclusive e anziane (SUEA) Nella tipologia SUEA l'attività agricola rappresenta l'unica fonte di reddito di una famiglia poco numerosa e spesso mononucleare in quanto anziana; a livello nazionale è diffusa soltanto nella montagna mentre nel Mezzogiorno, dove trova una più accentuata localizzazione e omogeneità, è presente anche in collina. Nel complesso rappresenta l'11,1% della conduzione diretta. Le aziende sono fisicamente ed economicamente piccole, con terreni quasi esclusivamente di proprietà e scarsa dotazione di capitali fissi; ciò sembra essere particolarmente evidente nella montagna del Nord-Centro e nella collina del Mezzogiorno dove è abbastanza frequente il contoterzismo passivo. Gli ordinamenti tecnico economici sono incentrati sulla policoltura (senza irrigazione), sul poliallevamento di piccole dimensioni, sulla arboricoltura, ecc., con una marcata tendenza alla diversificazione produttiva. Il lavoro agricolo è soprattutto prestato dal conduttore, spesso di sesso femminile, che, data l'età, non può convenzionalmente considerarsi “professionale”. In termini assoluti le giornate lavorative erogate in azienda si aggirano sulle 100, con un grado di attività intorno alle 40 giornate ad ettaro SAU. Nella collina del Mezzogiorno, dove sono abbastanza diffuse le coltivazioni arboree permanenti, viene anche fatto ricorso a manodopera salariata avventizia (23% circa delle giornate di lavoro totali); tra tutte le tipologie è quella che vede l'apporto più elevato del lavoro delle donne. Le unità produttive SUEA sono espressione di una agricoltura familiare in declino che, pur conservando una funzione mercantile, risente fortemente dei vincoli demografici e delle modeste risorse aziendali. La produttività media della terra e quella del lavoro ne sintetizzano efficacemente la performance. La sopravvivenza di questa tipologia è legata non solo alla funzione residenziale dell'azienda e allo stile di vita che tale funzione comporta in termini di tradizioni agricole, ma anche e soprattutto a trasferimenti sociali e da altri aiuti finanziari pubblici. Aziende di sostegno, pluriattive e giovani (SOPG) È il gruppo più numeroso a livello nazionale anche se la sua diffusione non è generale; le aziende appartenenti a questa tipologia presentano gli stessi caratteri strutturali di quelle precedenti, ma se ne differenziano profondamente per quanto riguarda la funzione economica e la struttura demografica e occupazionale della famiglia. L'attività agricola aziendale, di tipo mercantile, costituisce infatti per la giovane famiglia coltivatrice una integrazione (sostegno) del reddito familiare, in gran parte proveniente da attività extragricole. Inoltre la classe SOPG rappresenta, in assoluto, la tipologia territorialmente più diffusa (24,4%), con molti elementi di sostanziale omogeneità.

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L'azienda ha dimensioni fisiche ed economiche ridotte (circa 2 ettari di SAU e 3,5 UDE), con scarso ricorso all'affitto e una dotazione di capitali fissi molto contenuta, con la sola eccezione dei trattori, generalmente di proprietà; il ricorso al noleggio macchine è comunque una pratica abbastanza diffusa. Gli ordinamenti tecnico-economici sono di preferenza imperniati sulle coltivazioni arboree (frutticoltura, viticoltura) ed erbacee (seminativi talvolta irrigui), o sulla policoltura. La famiglia coltivatrice è medio-grande, non sempre residente in azienda, e in una fase del ciclo vitale giovane o tendente alla maturità. La pluriattività, che caratterizza la tipologia, interessa sia il conduttore che la famiglia con attività esterne in genere rivolte all'industria, ma anche nell'ambito della stessa agricoltura, del commercio (pianura del Nord-Centro), della pubblica amministrazione (montagna e collina del Sud-Isole) in funzione soprattutto delle opportunità offerte dal mercato del lavoro locale. Il lavoro complessivamente erogato in azienda è basso (intorno alle 110 giornate all'anno, con un massimo di 140 giornate nella montagna del Nord-Centro), con un grado di attività che raramente supera le 50 giornate ad ettaro SAU e una partecipazione del conduttore e della componente femminile molto modeste: in qualche caso viene assunta anche manodopera agricola avventizia. In questa tipologia è chiaro il ruolo di integrazione che l'attività agricola fornisce alla formazione del reddito familiare, prevalentemente di provenienza extraziendale, al quale spesso si associa la funzione residenziale dell'azienda e, nei casi di ordinamenti produttivi ortofrutticoli, di approvvigionamento di alimenti di qualità. Nelle aziende SOPG l'interesse per l'attività agricola, considerata come “accessoria”, permane, come attestano i valori medi della produttività della terra e del lavoro e il grado di attività che, seppure non particolarmente elevati, sono al di sopra della media e in alcuni territori (pianura del Mezzogiorno, montagna del Nord-Centro ad esempio) persino superiori a quelli delle imprese diretto-coltivatrici professionali ed esclusive (PREP). In altri termini, la tipologia SOPG, vuoi per la sua larga diffusione nello spazio rurale che per la sua struttura produttiva, demografica e di inserimento nel mercato, rappresenta una stabile manifestazione di equilibrio socio-economico tra attività agricola ed extragricola, con positivi ricadute anche di ordine ambientale. Essa costituisce pertanto - insieme alla tipologia AUPG che viene descritta di seguito - la più tipica espressione della così detta agricoltura part-time, secondo la terminologia di uso corrente, ed un esempio di multifunzionalità aziendale da valorizzare nelle strategie di sviluppo rurale. Aziende di autoconsumo pluriattive e giovani (AUPG) In termini di numerosità aziendale la tipologia AUPG viene al secondo posto, dopo quella precedentemente descritta (23,8%), ed è diffusa sull'intero territorio nazionale; a differenza della SOPG però l'azienda agricola perde quasi del tutto la sua funzione mercantile per assumere, date le ancor più modeste disponibilità di risorse, quella di autoconsumo. La dimensione fisica ed economica delle aziende AUPG è infatti molto ridotta, rispettivamente inferiore all'ettaro SAU e a una UDE o di poco superiore (montagna Sud-Isole); ne deriva che le aziende AUPG si collocano agli ultimi posti nelle graduatorie in termini di superficie investita e risultati

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economici. Gli ordinamenti tecnico-economici privilegiano l'olivicoltura e la viticoltura realizzate in forma specializzata o promiscua, unitamente alle altre colture arboree. La famiglia coltivatrice conta un numero medio-alto di componenti di età complessivamente giovane e non residenti in azienda; la responsabilità della conduzione aziendale è di frequente affidata a un membro familiare femmina, quasi sempre bi-occupato così come gli altri membri attivi della famiglia. Le giornate di lavoro prestate in azienda nel corso dell'anno si mantengono generalmente al di sotto delle 50, anche se il grado di attività ad ettaro è il più elevato di tutte le tipologie esaminate, in funzione soprattutto degli ordinamenti tecnico economici vitiolivicoli e delle modeste dimensioni aziendali; con ogni evidenza la funzione di autoconsumo alimentare dell'azienda, talvolta associata all'uso di una “seconda casa”, affievolisce il problema della equa remunerazione del lavoro aziendale. Come per le aziende SOPG, si può supporre che all'origine della tipologia AUPG vi sia, in buona misura, un cambio di conduzione aziendale per successione ereditaria nel possesso dei terreni. Aziende di autoconsumo, esclusive e anziane (AUEA) La tipologia AUEA è anch'essa diffusa su tutto il territorio nazionale con una incidenza rispetto all'universo nazionale del 18,6%; le aziende sono di dimensioni fisiche ed economiche molto ridotte, anche se superiori a quelle della precedente tipologia. L'unica funzione aziendale è quella di assicurare all'anziana, spesso mononucleare, prodotti alimentari da destinare eventualmente anche ai consumi della rete parentale. La meccanizzazione autonoma è molto modesta, con contenuto ricorso ai servizi di contoterzismo. Gli ordinamenti tecnico-economici sono vari e territorialmente abbastanza differenziati: nelle diverse zone altimetriche del Sud-Isole sembra prevalere l'olivicoltura specializzata, nella montagna e collina del Nord-Centro anche l'utilizzazione a prato permanente o a pascolo e in pianura, come accennato, a seminativi. La famiglia coltivatrice è anziana e spesso costituita dal solo conduttore e coniuge; la residenza in azienda è poco frequente. L'occupazione aziendale è ovviamente di tipo “accessorio” e talvolta circoscritta al solo conduttore, spesso femmina. Nei casi (non prevalenti) in cui la famiglia agricola comprenda, oltre il conduttore e il coniuge, “altri componenti” definiti come “ospiti”, possono essere presenti situazioni di pluriattività. L'apporto di lavoro familiare è sempre inferiore alle 50 giornate all'anno e il grado di attività è in assoluto il più basso di tutta la realtà coltivatrice. In alcune aree, come ad esempio la montagna e la pianura del centro-settentrione, viene anche fatto ricorso, in discreta misura, a manodopera salariata avventizia. La bassa intensità produttiva e di impegno lavorativo induce a considerare la tipologia AUEA l'anello “terminale” della realtà contadina povera di risorse e di prospettive economiche e sociali. L'integrazione dei redditi familiari attraverso trasferimenti sociali e altri contributi è, ovviamente, un fenomeno generalizzato, mentre permangono nella classe i problemi della successione e della

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destinazione dell'azienda. 4.2.2.2 Aziende a conduzione con salariati e/o compartecipanti Le tipologie aziendali di seguito descritte sono state individuate, per entrambe le ripartizioni, in base ai primi cinque fattori. I dendrogrammi suggeriscono una pari suddivisione in cinque gruppi; nella maggior parte dei casi le caratteristiche dei gruppi sono, tra le due ripartizioni, ampiamente coincidenti tuttavia, anche nei casi di differenziazione, permangono ampie sovrapposizioni rispetto ad alcune variabili di base mentre le divergenze sono chiaramente riconducibili a specifici aspetti produttivi e strutturali legati alle due realtà territoriali. Complessivamente le tipologie individuate sono sette, analogamente alla conduzione diretta. Le principali caratteristiche socioeconomiche dei gruppi sono evidenziate nelle tabelle 4-7 mentre una sintetica descrizione è riportata nel prospetto seguente.

PROSPETTO 2 - Aziende con salariati e loro distribuzione per tipologia e territorio Tipologie Nord-Centro Sud-Isole Italia Numero % Numero % Numero % PPSF 4.731 10,8 4.182 8,0 8.913 9,3 % 53,1 46,9 100,0 PASA 4.845 11,0 9.918 19, 0 14.763 15,4 % 32,8 67,2 100,0 INAD 14707 33,5 5.634 10,8 20.341 21,1 % 72,3 27,7 100,0 INEA - 15.842 30,3 15.842 16,5 % - 100,0 100,0 INAP 7.948 18,1 - - 7.948 8,3 % 100,0 100,0 AUEA - - 16.682 31,9 16.682 17,3 % - 100,0 100,0 SOPL 11.645 26,5 - - 11.645 12,1 % 100,0 100,0 Italia 43.876 100,0 52.258 100,0 96.134 100,0

Aziende produttive, professionali con salariati fissi (PPSF) Le aziende appartenenti a questa tipologia, presente con caratteristiche molto ben delineate ed omogenee su tutto il territorio nazionale, costituiscono il segmento più robusto della conduzione a salariati/compartecipanti; anche se in termini numerici è la meno consistente (10,8% al Nord-Centro e 8% al Sud-Isole), rispetto alle altre variabili dimensionali risulta la più rilevante. Le elevate dimensioni aziendali, molto simili nelle due ripartizioni (tra 69 e 59 ettari), l'alto reddito (tra le 115 UDE del Nord-Centro e le 74 del Sud-Isole), gli elevati impieghi di mano d'opera, erogata in prevalenza da salariati fissi, consentono di definire il gruppo come quello proprio delle aziende capitalistiche dove gli obiettivi di accumulazione e di massimizzazione del profitto sono certamente perseguiti con più evidenza ed efficacia. L'attività agricola è svolta professionalmente ed in forma esclusiva da conduttori full-time (oltre il 70% sono impiegati solo in azienda o nel settore agricolo), in genere giovani o maturi e con titolo di studio superiore (laurea o diploma), fortemente coadiuvati dalla componente femminile della famiglia che mediamente fornisce da due (Nord-Centro) a quattro volte (Sud-Isole) il lavoro erogato del conduttore. Nell'impiego di manodopera salariata si rileva una significativa

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differenziazione tra Nord-Centro, dove i salariati fissi apportano circa il 50% del lavoro e gli avventizi il 36%, e Sud-Isole dove tale apporto è appena del 9% mentre il lavoro avventizio sale ad oltre l'80%. Le aziende sono mediamente meccanizzate, in parte irrigue, e svolgono anche la funzione residenziale della famiglia (Sud-Isole). Gli ordinamenti produttivi prevalenti sono a seminativi e a legnose agrarie (complessivamente il 50% delle aziende) con incidenze differenziate tra Nord-Centro e Sud-Isole; rilevanti anche gli allevamenti che si distribuiscono quasi esclusivamente tra questa tipologia e la successiva (PASA). Aziende produttive, accessorie, con salariati avventizi (PASA) La tipologia PASA, anch'essa presente in entrambe le ripartiziom ma con incidenza doppia al Sud-Isole (19%), si differenzia nettamente dalla precedente per le più contenute dimensioni aziendali (9-6 ettari rispettivamente al Centro-Nord e Sud-Isole), per il modesto impiego lavora-tivo totale ad ettaro (tra le 140 e le 200 giornate erogato per oltre il 75% da salariati avventizi) e, di conseguenza, per bassi livelli di reddito. Il conduttore, dotato di scolarità superiore, è marginalmente impegnato in azienda (15-20 gg.) risultando full-time solo se anziano; in tale contesto rilevante risulta il ruolo della componente femminile delle famiglie che complessivamente erogano più del doppio o il triplo (Sud-Isole) del lavoro del conduttore non superando tuttavia le 30-50 giornate annue. La condizione di accessorietà del conduttore non consente di considerare il gruppo professionale alla stregua del precedente, tuttavia è evidente la funzione produttiva dell'azienda incentrata sulle colture legnose agrarie o su queste e l'OTE a seminativi. Il buon livello di meccanizzazione consente di conseguire risultati economici ad ettaro di SAU comparabili, se non superiori (Sud-Isole) alla tipologia precedente (PPSF) mentre per entrambi i gruppi la remunerazione lorda giornaliera del lavoro al Sud-Isole è notevolmente inferiore raggiungendo appena il 40% di quella del Nord-Centro. Un raffronto con la conduzione diretta suggerisce l'accostamento del gruppo alle aziende produttive esclusive e professionali (PREP) collocate a pieno titolo, in quel contesto, nell'area della professionalità, il confronto tra i due gruppi evidenzia una dotazione fattoriale origina-riamente simile sulla quale è intervenuta una diversa evoluzione socio-demografica della famiglia che ha determinato sviluppi produttivi molto diversi; nelle PREP la strategia aziendale è guidata da un conduttore e da una famiglia fortemente impegnati nell'attività produttiva con ordinamenti intensivi dove la zootecnia da latte è ampiamente presente mentre nelle aziende PASA l'interesse prevalente è rivolto alle attività esterne con conseguente estensivazione degli ordinamenti e progressiva sostituzione del lavoro familiare con manodopera salariata. Nonostante il gruppo persegua evidenti obiettivi produttivi, sussistono incertezze nello sviluppo aziendale legate alle possibili evoluzioni degli stili di vita verso modelli meno rurali che potrebbero, nel lungo termine, portare alla marginalizzazione dell'attività agricola. Aziende di integrazione accessorie destrutturate (INAD) È l'ultima delle tipologie comuni, anch'essa ben definita e caratterizzata nelle due ripartizioni, ma

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con incidenze notevolmente diverse. Rappresenta il gruppo più diffuso nel Nord-Centro (1/3 delle aziende) mentre poco rilevante risulta nel Sud-Isole (10%); ovunque modeste le dimensioni (4-5 ettari di SAU); di gran lunga più contenuta è l'incidenza economica in termini di reddito (rispettivamente il 5% e il 2% del reddito complessivo). La poca diffusa meccanizzazione, i bassi impieghi di mano d'opera, erogata quasi interamente dal conduttore, in totale assenza di salariati, il modesto reddito collocano il gruppo nell'area dell'accessorietà. Nonostante le limitate dotazioni fattoriali, la remunerazione lorda per giornata lavorata risulta particolarmente elevata a causa del modestissimo grado di attività, da ricondurre ad una organizzazione produttiva destrutturata con ampio ricorso al noleggio. In coerenza con le caratteristiche strutturali, l'ordinamento produttivo dominante è quello a seminativi (93% delle aziende al Nord-Centro e il 77% al Sud-Isole) perfettamente compatibile con una conduzione affidata al contoterzismo. Appare del tutto evidente la strategia aziendale del gruppo, mirata alla massimizzazione della rendita che tuttavia costituisce una integrazione ai redditi provenienti da attività extraziendali o da trasferimenti sociali12. La tipologia è accostabile alla PREA della conduzione diretta (alla quale si rinvia) non tanto per convergenza negli obiettivi socio-economici del conduttore quanto per cogliere i possibili sentieri di sviluppo di realtà aziendali strutturalmente simili, ma segnate da cicli vitali e vincoli familiari del tutto diversi. Le tipologie che seguono, pur presentando ampie convergenze e sovrapposizioni sul piano socioeconomico e strutturale, si differenziano per alcuni aspetti specifici dei contesti territoriali di riferimento. Aziende di integrazione esclusive anziane (INEA) Aziende di integrazione accessorie produttive (INAP) La tipologia INEA rappresenta una realtà aziendale molto rilevante individuata in modo esplicito soltanto nel Mezzogiorno, dove interessa oltre il 30% delle aziende, anche se del tutto marginale in termini di SAU e di reddito. Nonostante le modeste dimensioni aziendali (2 ettari di SAU) l'attività produttiva è svolta con criteri di economicità che consentono di realizzare redditi ad ettaro in linea con le tipologie più professionali. Un aspetto caratterizzante è il ruolo dei salariati avventizi (52 giornate annue) che compensa la modesta presenza lavorativa del conduttore (9 giornate annue) accessorio in quanto anziano; le ridotte dimensioni aziendali, in presenza di impieghi di mano d'opera non trascurabili, fanno sì che l'intensità lavorativa, così come il reddito per ettaro di SAU, siano tra i più elevati; l'olivicoltura costituisce l'ordinamento principale accompagnato dalle altre legnose agrarie. La tipologia INAP (Nord-Centro) è numericamente meno consistente (18%), con dimensioni e redditi aziendali doppi (rispettivamente 4 ettari di SAU e 4,4 UDE); presenta impieghi di lavoro unitari più bassi e redditi per giornata lavorata notevolmente più elevati della tipologia INEA rilevata nel Mezzogiorno. Il lavoro è erogato quasi esclusivamente dal conduttore e dai familiari, 12 Tra le tipologie individuate è quella che trae i maggiori benefici dalla politica di estensivazione avviata dal regolamento (CEE) n. 797/85, resa più esplicita dalla riforma Mac Sharry del 1992, che ha modificato i rapporti di convenienza a vantaggio dei seminativi attraverso il sostegno del prezzo prima e con consistenti aiuti ad ettaro dopo (regolamento CEE n. 1765/92); tali politiche hanno contribuito ad esaltare la componente di rendita nell'ambito del reddito aziendale condizionando fortemente le scelte sia di breve che di lungo termine (Sabbatini, 1997).

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con una consistente componente femminile, in ordinamenti a seminativi. Prevalente la localiz-zazione nelle zone montane e collinari soprattutto nel Centro. Gli elementi di differenziazione dal gruppo precedente sono riconducibili a fattori sociali legati alla morfologia della struttura del lavoro e della famiglia, più giovane e numerosa rispetto al Meridione e alla maggiore incidenza dei salariati avventizi al Sud. Ciò che accomuna le aziende INAP (Nord-Centro) e INEA (Sud-Isole) alla tipologia (INAD) è la loro non autonomia in termini di reddito per le modeste dotazioni fattoriali, in primo luogo del capitale fondiario; quando tali vincoli si fanno più stringenti e assommano aspetti connessi al ciclo vitale della famiglia, anziana o mononucleare, il reddito aziendale diviene una integrazione a trasferimenti sociali o trattamenti di quiescenza (INEA); qualora, in un contesto territoriale collinare e montano, i vincoli strutturali dell'azienda si combinano a situazioni socio-economiche della famiglia più vitali e dinamiche in quanto meno anziane e impegnate in attività esterne, allora l'integrazione svolge un ruolo di incentivo al miglioramento di uno stile di vita rurale basato sul radicamento al territorio, sulle abitudini alimentari, sulla qualità dei prodotti (INAP). L'Area dell'integrazione economica, costituita dalle tipologie INAD, INEA e INAP, è quindi anche la più composita per la molteplicità dei contesti socioeconomici e strutturali che la genera ed è anche la più consistente dal punto di vista numerico costituendo la metà dell'universo aziendale considerato. Aziende di autoconsumo esclusive anziane (AUEA) Aziende di sostegno pluriattive (SOPL) Sono due tipologie accomunate dalle minime dimensioni aziendali (un ettaro di SAU) e da un reddito inferiore all'UDE ma che si differenziano per le funzioni aziendali in parte dipendenti dalla localizzazione territoriale dell'azienda in zone montane (AUEA) o di pianura (SOPL) alle quali è esplicitamente connesso l'autoconsumo con la presenza delle colture legnose agrarie (la prima) o la funzione residenziale associata ai seminativi (la seconda). I contesti familiari e territoriali sembrano particolarmente rilevanti per queste due tipologie; infatti i modesti valori di tutte le principali variabili tecnico-strutturali, ad eccezione di quelle legate alla famiglia, non consentono di evidenziare autonomamente queste due realtà della marginalità agricola certamente presenti sia al Nord-Centro che al Sud-Isole. Nella “palude” della polverizzazione aziendale (meno di un ettaro) nel Mezzogiorno prevale il carattere dell'autoconsumo (AUEA) mentre nel Settentrione prevalgono altre funzioni accessorie dell'azienda (residenziali, hobbistiche, ecc.) tipiche di un “conduttore” stabilmente occupato all'esterno che, in quanto tale, risulta più giovane rispetto al suo collega meridionale; gli impieghi di mano d'opera sono i più bassi, leggermente superiori al Sud in relazione alla presenza delle legnose agrarie rispetto ai seminativi del Nord-Centro. Nonostante in termini di numerosità le aziende AUEA costituiscano il gruppo più consistente del Sud-Isole (31,9%), dal punto di vista economico l'incidenza è del tutto irrilevante; per connotazioni socioeconomiche e valenze tecnico-strutturali, il gruppo è del tutto simile alle omologhe unità familiari diretto-coltivatrici esaminate nel paragrafo precedente al quale si rimanda per ulteriori dettagli. Gli impieghi unitari di manodopera sono, dopo le aziende destrutturate (INAD), i più contenuti, per oltre il 50% forniti da salariati avventizi e per 1/3 da lavoro femminile. Il conduttore, generalmente anziano, senza titolo di studio o provvisto della

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sola licenza elementare, è spesso di sesso femminile. Il reddito è da considerare totalmente accessorio rispetto a trasferimenti sociali o trattamenti di quiescenza connessi alle eventuali attività extraziendali svolte nel periodo di attività. La tipologia SOPL del Nord-Centro, nonostante raccolga 1/4 delle aziende, rappresenta appena l'1% del reddito e dell'occupazione. L'assenza di manodopera salariata e le simboliche giornate di lavoro dichiarate dal “conduttore” (appena 5), rendono poco comprensibili le motivazioni che hanno indotto ad attribuire questa, ed altre tipologie, alla morfologia strutturale delle “aziende a conduzione con salariati e/o compartecipanti”. La funzione principale è quindi quella di sostenere, in termini di qualità della vita, un reddito proveniente da attività esterne che potrebbe in parte trovare impieghi in azienda per assicurare la funzionalità dei servizi resi, legati prevalentemente all'uso residenziale. Emerge dal confronto tra la tipologia della conduzione diretta e quella delle aziende “capitalistiche” una sostanziale convergenza - peraltro già evidenziata a proposito dell'analisi fattoriale - la cui valenza socio-economica verrà più dettagliatamente interpretata e commentata nelle considerazioni conclusive. Per ora si segnala una più generalizzata e pervasiva presenza di aspetti connessi ad una agricoltura accessoria nelle aziende con salariati; infatti se si prescinde dal modesto (in termini numerici) gruppo delle PPSF dove i caratteri di una agricoltura capitalistica sono ben evidenti, nella rimanente parte dell'universo aziendale la pluriattività o accessorietà del conduttore risulta più diffusa rispetto alla conduzione diretta.

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4.3 Considerazioni conclusive

Sia per la conduzione diretta che per quella a salariati e/o compartecipanti le sette tipologie individuate sono aggregabili secondo la loro “vitalità” economica e produttiva, in tre grandi fasce: quella della professionalità e produttività, quella dell'accessorietà o integrazione nella quale il carattere multifunzionale dell'azienda è determinante nello sviluppo agricolo e, in fine, quella dell'autoconsumo. Per la conduzione diretta i sette gruppi - di cui quattro comuni a tutte le ripartizioni e zone altimetriche e tre presenti soltanto in alcuni contesti territoriali - concorrono alla formazione delle tre fasce secondo lo schema seguente (tra parentesi l'incidenza percentuale in termini di numerosità aziendale).

PSAP Produttive, con salariati, professionali (6,3) PROFESSIONALITÀ PREP Produttive, esclusive, professionali (11,0) (17,3) PREA Produttive, esclusive, accessorie (4,8) SUEA Sussistenza, esclusive e anziane (11,1) ACCESSORIETÀ SOPG Sostegno, pluriattive, giovani o mature (24,4) (40,3) AUPG Autoconsumo, pluriattive, giovani (23,8) AUTOCONSUMO AUEA Autoconsumo, esclusive, anziane (18,6) (42,4)

Nella prima, formata dai gruppi PSAP e PREP ricadono 492.397 aziende, la seconda, quella dell'accessorietà, è formata dai gruppi PREA, SUEA e SOPG (complessivamente 1.148.187 aziende) differenziati, anche nella loro distribuzione territoriale, in base alle specifiche forme in cui si manifesta l'accessorietà medesima, la terza, particolarmente stabile e presente su tutto il territorio nazionale, è quella dell'autoconsumo costituita dai gruppi AUPG e AUPG (1.209.265 aziende). L'espressione più elevata della professionalità è rappresentata dalla PSAP la cui incidenza numerica varia passando dal 4% al 12% mano a mano che si scende dalla montagna alla pianura e dal Nord-Centro al Sud-Isole per attestarsi su una media nazionale intorno al 6%; in termini di SAU e di RLA le incidenze nazionali sono rispettivamente il 42% e il 47%. Ugualmente professionali ma su scala minore sono le aziende PREP che a livello nazionale incidono per l'11% (22% di SAU e 20% di reddito lordo); le aziende di questo gruppo, sono quelle che dimostrano maggiore attenzione ai risultati economici, soprattutto in pianura dove il loro reddito raggiunge le 20 UDE. I risultati conseguiti derivano dal notevole impegno della famiglia numerosa e giovane, che consente il raggiungimento di livelli di attività elevati. Le esigenze di politica agraria dei due gruppi sono nettamente distinte trattandosi nel primo caso di migliorare la remunerazione dei capitali investiti attraverso politiche di contenimento dei costi mentre nel secondo di remunerare adeguatamente il lavoro familiare per evitare la destrutturazione e la pluriattività così come avvenuto nel gruppo PASA della conduzione a salariati, strutturalmente simile. In entrambi i casi si tratta tuttavia di politiche di sostegno volte a consolidare la vocazione produttiva delle aziende aiutandole a conseguire una maggiore competitività (PSAP) o stabilità e adeguatezza della remunerazione del lavoro familiare.

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L'area dell'accessorietà, anch'essa molto folta, è quella più eterogenea non solo per la diversità delle situazioni che la compongono, ma anche per i contesti locali. Accanto a realtà dinamiche nelle quali l'azienda è riuscita a trovare un nuovo equilibrio produttivo e sociale grazie ad uno spinto livello di pluriattività (SOPG), sussistono realtà marginali (SUEA) di aziende anziane, legate alla “tradizione contadina” che, nonostante l'insoddisfacente remunerazione del lavoro, continuano nel loro impegno produttivo (PREA) come dimostrano il discreto livello di produttività della terra e il grado di attività; mentre il primo gruppo si mostra più stabile grazie alla flessibilità nell'impiego del lavoro, tipico di una famiglia giovane e numerosa, il secondo (SUEA, PREA) lo è meno, per la delicata struttura demografica della famiglia che richiede soluzioni di passaggio dell'azienda lungo l'asse ereditario o ad altri soggetti più giovani. Le politiche per questa area tipologica dovrebbero essere volte ad incentivare un'agricoltura di qualità basata su produzioni tipiche e di nicchia in grado di contribuire alla formazione di un reddito derivante in prevalenza da attività extraziendali o da trasferimenti; tali politiche ampiamente dipendenti dai contesti territoriali, dovrebbero configurarsi come interventi di breve periodo per assicurare un sostegno al reddito, rigorosamente disaccoppiato, nella fase di ristrutturazione aziendale verso un modello basato sulla multifunzionalità e pluriattività. L’area dell'autoconsumo è quella numericamente più consistente sulla quale non c'è altro da aggiungere rispetto a quanto detto nella descrizione dei gruppi; trattandosi di aziende molto piccole (intorno all'ettaro) sono destinate ad assumere una funzione prevalentemente residenziale per le nuove generazioni dell'originaria famiglia contadina o come seconda abitazione per popolazioni urbane, offrendo possibilità di sviluppo rurale legate alle attività ricreative e turistiche. L'utilizzazione residenziale potrebbe, anche in questo caso, indurre produzioni di qualità connesse all'autoconsumo. La cessazione dell'attività produttiva mercantile e il passaggio dell'azienda ad altri usi implica una attenta politica di recupero di un patrimonio storico-abitativo rilevante, altrimenti a rischio di degrado, ma anche di vigilanza volta ad evitare abusi edilizi. Data la loro notevole diffusione, queste “aziende” possono svolgere una importante funzione di presidio e conservazione del territorio. Le politiche in questo caso sono necessariamente di tipo sociale e volte alla difesa del paesaggio rurale incoraggiando la presenza umana nelle zone più difficili; tali politiche vanno dagli incentivi al trasferimento della proprietà, o all'utilizzazione a fini ricreativi del bene, alle agevolazioni per il restauro e ripristino di fabbricati rurali. Nel caso delle aziende “vecchie” (AUEA) l'intervento deve perseguire la parità sociale rispetto alle popolazioni urbane. I sette gruppi tipologici complessivamente identificati a livello nazionale per la conduzione a salariati e/o compartecipanti, di cui tre morfologicamente simili tra Nord-Centro e Sud-Isole e quattro distinti e ripartiti equamente tra le due ripartizioni, sono, in analogia con le aziende diretto-coltivatrici, aggregabili, in base alle dotazioni fattoriali, alla struttura demografica e socio-economica del conduttore e della sua famiglia, alle possibilità di plurioccupazione, in tre fasce secondo lo schema seguente.

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PPSF Produttive, professionali, con salariati fissi (9,3) PROFESSIONALITÀ PASA Produttive, accessorie, con salariati avventizi (15,4) (24,7) INAD Integrazione, accessorie, destrutturate (21,1) INEA Integrazione, esclusive, anziane (16,5) INTEGRAZIONE INAP Integrazione, accessorie, produttive (8,3) (45,9) SOPL Sostegno, pluriattive (12,1) AUTOCONSUMO AUEA Autoconsumo, esclusive e anziane (17,3) (29,4)

Consistenza ed impatti di questi tre macro gruppi tra Nord-Centro e Sud-Isole sono molto differenziati, soprattutto nelle realtà non professionali. Tra le tre fasce sussistono forti squilibri in termini di numerosità aziendale, SAU e reddito del tutto analoghi a quelli registrati per la realtà coltivatrice. L'attività agricola definibile come professionale e altamente produttiva rappresentata, in entrambe le ripartizioni, dai gruppi PPSF e PASA che complessivamente comprendono 23.676 aziende; il primo gruppo è l'unico che possa definirsi, in termini serpieriani, delle aziende capitalistiche essendo l'apporto di manodopera salariata (fissa o avventizia) superiore all'85% del totale e le dimensioni fondiarie certamente ragguardevoli13. Tra professionalità e integrazione si collocano le aziende PASA, molto simili a quelle PREP della conduzione diretta, dalle quali tuttavia si differenziano per i fenomeni di destrutturazione ai quali sono interessate a seguito del forte livello di part-time del conduttore e della famiglia. Le dimensioni aziendali e i redditi conseguiti suggeriscono tuttavia di considerarle nell'area della professionalità. La seconda fascia è quella dell'integrazione (accessorietà nella conduzione diretta), costituita da aziende le cui dimensioni e risultati economici risultano inadeguati per il carattere particolarmente estensivo degli ordinamenti produttivi; comprende le tipologie INAD, INAP (Nord-Centro) e INEA (Sud-Isole) che costituiscono una realtà molto consistente in termini di numerosità aziendale, equamente diffusa a livello nazionale (44.131 aziende). La terza fascia accomuna l'autoconsumo che integra un reddito dell'imprenditore e della sua famiglia la cui formazione è totalmente di carattere extraziendale, con l'assenza di prospettive di sviluppo agricolo, relegato principalmente alla funzione residenziale; le tipologie interessate sono SOPL nel Nord-Centro e AUEA al Sud-Isole. Le modestissime dimensioni aziendali, l'assenza di meccanizzazione ed irrigazione, unitamente all'età avanzata della famiglia (Sud-Isole), accentuano il carattere di isolamento e disattivazione produttiva. Nell'area dell'autoconsumo non sono chiaramente evidenziabili gli elementi che dovrebbero differenziare la conduzione con salariati dalla conduzione diretta del coltivatore. Con ogni probabilità l'appartenenza, per queste aziende, all'universo della “conduzione con salariati e/o compartecipanti” deriva dalla dichiarazione del conduttore di svolgere “in genere” attività di direzione dell'azienda e non già di svolgere lavoro manuale14. Questa considerazione induce 13 Si osserva che le aziende con tali caratteristiche sono ampiamente presenti anche nella conduzione diretta del coltivatore (aziende PSAP) sebbene non evidenziate in un gruppo distinto date le diverse dimensioni dei due universi di riferimento. 14 L ISTAT definisce la conduzione con salariati come quella nella quale “il conduttore impiega per i lavori manuali dell'azienda esclusivamente manodopera fornita da operai a tempo indeterminato o a tempo determinato (salariati fissi ed assimilati, braccianti, giornalieri e simili) compartecipanti, mentre la sua opera e quella dei familiari è rivolta, in genere, alla direzione

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alcune valutazioni di natura psicologica circa l'atteggiamento del conduttore nei confronti di alcuni quesiti censuari; la prima, di carattere emotivo, è legata all'evoluzione delle condizioni economico-sociali del conduttore e della sua famiglia in rapporto alla nuova professione extragricola che può indurlo, a seconda del tipo e della profondità del legame con la tradizione contadina, a considerarsi o meno ancora un “lavoratore della terra”; la seconda, di carattere più pragmatico, deriva dai possibili conflitti di ordine contrattuale legati a regimi di incompatibilità tra la nuova attività, certamente più rilevante nella formazione del reddito familiare date le modeste dimensioni aziendali, e l 'esercizio materiale dell'attività agricola. Dal confronto delle due realtà aziendali emerge una generalizzata e diffusa accessorietà della conduzione a salariati; se si prescinde dal gruppo di testa delle aziende capitalistiche (PPSF), ciò che differenzia i due universi non è tanto l'impiego di lavoro salariato e/o dei compartecipanti quanto un più marcato ruolo della pluriattività, una maggiore presenza di colture estensive dovute a processi di destrutturazione tipici di agricolture dove l'assenza di addetti attivi ed esclusivi inducono un evidente minore interesse alla valorizzazione della produzione e del lavoro. Una seconda considerazione riguarda l'evolversi del carattere professionale dell'azienda che assume connotati diversi da quelli tradizionali; dall'analisi emerge una struttura tipologica nella quale la professionalità si coniuga con la pluriattività anche nel segmento più importante e “forte” delle aziende produttive e professionali, in particolare nelle aziende a salariati; mentre sul ruolo non transeunte del part-time e sulla sua diffusione nell'area della accessorietà vi è una ampia convergenza di valutazioni, la sua presenza nelle aziende definite come produttive e professionali rappresenta, viceversa, un fenomeno più recente. L'individuazione e quantificazione delle diverse forme di pluriattività in base all'intensità del fenomeno e alle sue motivazioni nell'ambito della famiglia, costituisce un altro risultato non trascurabile della ricerca; che la pluriattività rappresentasse un aspetto sempre più rilevante e stabile dell'evoluzione aziendale, e non elemento transitorio dell'agricoltura contadina, è stato ampiamente dibattuto negli anni settanta. Alla luce dei nuovi contesti socioeconomici e produttivi che emergono dai dati censuari, la pluriattività appare come fenomeno certamente molto più articolato e complesso di quello che si intravedeva nelle analisi di allora. Le motivazioni soggettive che emergono si prestano a molteplici valutazioni riconducibili solo in parte alle ormai classiche interpretazioni presenti in letteratura. Nell'ambito dei sette gruppi distinti nei quali si articola la realtà coltivatrice, oltre il 60% delle aziende ha almeno un componente della famiglia occupato al di fuori dell'azienda; nella realtà “capitalistica”, dove la famiglia esercita un ruolo secondario, e quindi la pluriattività è riferibile al solo conduttore, il fenomeno è ancora più esteso. Dalle tipologie aziendali nelle quali si riscontra la presenza di pluriattività del conduttore o di altri membri della famiglia si possono identificare, con sufficiente chiarezza, almeno tre distinti tipi di bi-occupazione, ciascuno funzionale alle diverse situazioni familiari e produttive.

dell'azienda nei riguardi dei vari aspetti tecrico-organizzativi”. La presenza in tale gruppo morfologico di aziende che non impiegano manodopera salariata, come è evidenziato dai valori delle relative variabili, deriva dalla dichiarazione del conduttore di non effettuare lavoro manuale in azienda. Questo aspetto, oltre ad estendere oltre misura il numero delle aziende a salariati introduce elementi di distorsione nello studio della realtà “capitalistica”.

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Quello più conosciuto e studiato è certamente il part-time “di necessità”, indotto da modeste dimensioni aziendali, insufficiente dotazione di mezzi tecnici ma con surplus di lavoro, che nell'area dell'accessorietà, si rivela vitale all'evoluzione dell'azienda; le tradizionali motivazioni di raggiungere soddisfacenti livelli di reddito familiare si ritrovano nelle aziende definite produttive-accessorie (PREA) e in quelle di integrazione dove tuttavia l'attività agricola rimane centrale. Un secondo tipo di part-time è quello definibile “di sostegno” per la funzione, in termini di servizi e di prodotti legati alla “tradizione contadina”, che svolge nella formazione del reddito e della “qualità della vita” della famiglia (AUPG e SOPG); in questo caso l'agricoltura svolge un ruolo secondario nella performance di sostegno in quanto l'occupazione esterna, ormai consolidata, costituisce la principale fonte di reddito. Essendo una realtà dove la presenza giovanile è ben evidente, sia a livello di conduttore che all'interno della famiglia, queste tipologie aziendali sono destinate a svolgere comunque un ruolo nello sviluppo rurale. Tale circostanza, unitamente alla funzione che il part-time “di sostegno” svolge nell'evitare la totale dismissione aziendale, con conseguente abbandono e degrado anche del patrimonio abitativo, lo rende il gruppo più rilevante sotto l'aspetto economico, sociale ed ambientale. Nella conduzione a salariati il part-time “di sostegno” è più palesemente diffuso al Nord-Centro nei gruppi INAD e INAP mentre al Sud risulta celato da una struttura sociale della famiglia più anziana e caratterizzata da occupazioni extraziendali meno stabili da non essere ritenute come tali. Si è detto che l'età e la pluriattività del conduttore e del suo nucleo familiare sono all'origine del ridotto “comportamento professionale” dell'attività agricola svolta in economia. Il carattere molto più pervasivo della pluriattività rispetto alla conduzione diretta è dovuto alle ragioni precedentemente espresse circa le motivazioni psicologiche che inducono le dichiarazioni censuarie del “conduttore capitalista”; infatti condizioni di pluriattività “di sostegno” si ravvisano in oltre la metà delle aziende, anche là dove il conduttore risulta anziano (INAD, INEA e INAP). Ciò che sorprende maggiormente, anche rispetto alla conduzione familiare, è che le aziende che vedono impegnato in modo esclusivo almeno un membro della famiglia in età lavorativa (attivo) sono appena il 2% rispetto ad una media nelle imprese coltivatrici che è del 10-15% a seconda dei contesti territoriali. Per queste aziende non è infatti da escludere il passaggio nel breve periodo, attraverso il ricambio generazionale, il ricorso all'affitto e processi di riordino fondiario, alla categoria della professionalità. Il terzo tipo di pluriattività, di più recente individuazione, è quello riscontrato, se pur in modo contenuto, nell'area della professionalità agricola dove, in un contesto di impegno produttivo e di redditi aziendali elevati, sembrerebbe ispirato più dal miglioramento dell'immagine sociale che dalla necessità di soddisfare esigenze economiche primarie della famiglia. Il part-time, che possiamo definire “di attrazione” non è di agevole quantificazione poiché interessa una quota parte di tipologie PREP e PSAP, tuttavia la sua individuazione nell'ambito della professionalità, è certamente un fatto nuovo e da approfondire. Nella conduzione a salariati il fenomeno è ancora più esteso e marcato interessando per intero il gruppo PASA ma anche le aziende propriamente capitalistiche (PPSF). Queste tre aree morfologiche, alle quali fanno riferimento i modelli di pluriattività descritti e

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quantificati, necessitano di politiche specifiche connesse anche agli ambiti territoriali di riferimento. Una particolare attenzione riguarda l'area dell'accessorietà dominata dalle aziende SOPG (INEA e INAP per la conduzione a salariati); il ruolo che può esercitare nello sviluppo rurale e nel recupero della funzione produttiva grazie alla pluriattività, la pone come riferimento anche per l'evoluzione dell'area dell'autoconsumo (AUEA, AUPG) verso un modello di sostegno al reddito più qualificato e dinamico, in alternativa alla destrutturazione; l'elemento chiave nel recupero dell'impegno agricolo è rappresentato dal passaggio della responsabilità aziendale a componenti più giovani e attivi che, nel tempo, potrebbero tendere a ridefinire la strategia aziendale riallocando il lavoro familiare tra attività interne ed esterne e puntare sulla qualità e tipicità dei prodotti. Per numerosità e composizione della famiglia (giovane e numerosa), per il livello del reddito aziendale e ad ettaro SAU, la SOPG assume quindi un rilievo socioeconomico da meritare particolare attenzione nelle politiche di sviluppo rurale. A cavallo tra professionalità e accessorietà si collocano le tipologie aziendali “vecchie” (SUEA, AUEA e INEA per la conduzione a salariati), nelle quali, per ovvi motivi di età, la pluriattività è molto limitata; tale fascia, che comprende circa il 30% della aziende, ma appena il 9% del reddito agricolo, è nel suo insieme stabile anche se, a livello territoriale le dinamiche risultano alquanto differenziate. In questo caso potrebbe risultare utile una politica che agevoli il ricambio generazionale, soprattutto se aiutasse una evoluzione verso i gruppi SOPG e AUPG. Un aspetto da evidenziare nella “conduzione a salariati” riguarda, infine, la collocazione di una quota rilevante di aziende (35-40%) in questa forma di conduzione, pur in assenza di lavoro salariato. Con ogni probabilità in molti casi l'utilizzo del lavoro esterno non è dichiarato e rilevato, soprattutto quando si tratta di manodopera appartenente alla frangia di mercato debole (manodopera femminile o extracomunitaria); tuttavia questa circostanza, che porta ad una notevole sottostima dell'apporto di lavoro esterno, non documentabile dalle rilevazioni censuarie ISTAT, potrebbe comunque ricorrere anche per le aziende diretto-coltivatrici e per tipologie definite non professionali ma produttive. In sintesi appare evidente la difficoltà di operare una netta distinzione ti-a imprese agricole “capitalistiche” e diretto-coltivatrici sulla base dell'articolazione del lavoro familiare, distinzione che, se mai, andrebbe ricercata nelle altre caratteristiche strutturali delle aziende. Questa considerazione deve indurre una attenta riflessione sull'opportunità (li continuare a considerare come categoria classificatoria ex ante la “conduzione con salariati e/o compartecipanti” e l'utilità da parte ISTAT di avviare in modo stabile analisi tipologiche di natura socioeconomica di tipo ex post basate sulle variabili classificatorie fondamentali nello sviluppo aziendale. Un'ultima considerazione riguarda la metodologia censuaria. Dal 1961, anno della prima rilevazione, l'ISTAT ha progressivamente integrato il “Questionario” alla luce dei processi di trasformazione relazionali e strutturali che hanno interessato l'azienda agraria, nell'intento di cogliere i fenomeni nuovi manifestatisi nel corso degli anni (contoterzismo, pluriattività, set-aside, ecc.) mantenendo tuttavia inalterato il campo d'osservazione dell'azienda agraria così come definito dal l° Censimento. Nell'avviare le fasi preliminari del Censimento 2000 si registra un'ampia convergenza, tra produttori e fruitori di statistiche, sulla necessità di adeguare il campo

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di osservazione alla nuova realtà produttiva e di mercato nella quale opera l'impresa agricola, modificando alcuni concetti e parametri definitori. In tale direzione è necessario tuttavia procedere con estrema cautela. Innanzitutto si deve assicurare una continuità e confrontabilità statistica almeno nelle variabili più significative (superfici, lavoro familiare, ecc.), in secondo luogo, nella individuazione del sottoinsieme di aziende da sottoporre ad indagine più approfondita (long form) è necessario utilizzare parametri oggettivi che discriminino ex ante secondo criteri ben definiti e non in base alla comune appartenenza ad archivi di altre fonti (AIMA, CCIAA, Ministero delle Finanze, ecc.) ciascuno dei quali rappresenta una particolare realtà agricola. L'intersezione, o la somma, di archivi costruiti in base a definizioni di azienda/impresa agraria diverse per soddisfare specifici obiettivi istituzionali, non assicura ciò che si vorrebbe, ovvero costruire un sottoinsieme del campo di osservazione differenziato per livello di professionalità nella conduzione dell'impresa; esclusioni o inclusioni senza un criterio logico e noto a priori potrebbero distorcere la base informativa sulla quale poggia la predisposizione di politiche agrarie, pregiudicando le possibilità di intervento sugli squilibri sociali e territoriali delle aziende/imprese più deboli. L'individuazione di tipologie aziendali basate sull'analisi multidimensionale, da molti definita “oggettiva”, potrebbe tornare utile sia nella predisposizione delle rilevazioni statistiche future verso gli aspetti quantitativi e qualitativi più rilevanti dei processi produttivi, come nel caso della professionalità, sia nella definizione dei campi di osservazione visto che la tipologia proposta è direttamente riconducibile alle aziende censite attraverso il loro codice identificativo. Nella sfera della politica potrebbe fornire indicazioni utili per modulare gli interventi differenziando e quantificando le problematiche (politiche produttive, di sviluppo rurale, ambientali, sociali). Tale tipologia si è inoltre rivelata particolarmente efficiente quale criterio di stratificazione aziendale nell'individuazione di campioni rappresentativi (Ballin, Benedetti e Salvatore, 1999). In tale direzione l'analisi svolta potrebbe fornire indicazioni utili nel predisporre una rilevazione più mirata, opportunamente differenziata territorialmente e socialmente, con indubbi vantaggi in termini di fedeltà rappresentativa e di costi di rilevazione.

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Nota metodologica Comprensibili motivazioni di sinteticità non consentono, in questa sede, di sviluppare in maniera approfondita il procedimento metodologico seguito per la ricerca che, viceversa, è ampiamente descritto nella pubblicazione ISTAT (Giovannini, Sabbatini e Turri, 1999) già ricordata, nonché illustrato in precedenti contributi (Sabbatini e Turri, 1996). Qui di seguito ne sono specificati e sintetizzati alcuni fondamentali aspetti.

Il campo di osservazione Il campo di osservazione è costituito dall'universo delle aziende agricole italiane rilevate dall'ISTAT attraverso il Censimento generale dell'agricoltura del 1990 che comprende, come è noto, 3.023.444 unità produttive. Nell'ambito di queste sono state prese in esame le aziende con SAU a conduzione diretta del coltivatore (2.849.935 unità) e a conduzione con salariati e/o compartecipanti che, nel loro complesso, rappresentano il 97,4% del totale, e costituiscono la componente più significativa dell'agricoltura italiana. I due sottoinsiemi sono stati ulteriormente stratificati per territorio (zone altimetriche e ripartizioni amministrative) vuoi per necessità di elaborazione dati che per omogeneità e comparabilità analitica. Per ragioni di trattamento informatico la sommatoria delle aziende a con-duzione diretta del coltivatore della collina non coincide perfettamente (-86 unità) con quella complessiva della zona altimetrica riportata in ISTAT (1993a). La banca dati e le variabili I dati quantitativi e qualitativi utilizzati sono quelli “originali” contenuti nei “Questionari di azienda” ISTAT. Da questi sono state estratte e “trasformate” 110 variabili strutturali e socioeconomiche, delle quali solo una parte impiegata nell'analisi dei due collettivi sopra menzionati; per la solo selezione (e ripartizione, ex ante, in attive e illustrative) si è tenuto conto delle matrici delle correlazioni e di precedenti esperienze maturate attraverso casi-studio. A questi si rimanda per la descrizione delle variabili e la loro articolazione in modalità quanti-qualitative, realizzate attraverso analisi delle frequenze, mentre di seguito ne viene indicato il numero, in funzione dei pacchetti di record aziendali indagati (tra parentesi il numero di modalità). Aziende familiari Aziende “capitalistiche” Attive Illustrative Attive lllustrative Struttura aziendale 5 (25) 4 (11) 3 (19) 5 (15) Lavoro aziendale 3 (11) 2 (7) 6 (18) 1 (2) Famiglia occupazione 3 (10) - - 2 (6) Conduttore aziendale - 5 (15) 3 (10) 3 (10) Risultati economici 1 (4) - 1 (4) - Mercato 1 (2) 2 (4) - 5 (10) Contesto - 1 (5) - 2 (8) Totale 13 (52) 14 (42) 13 (51) 18 (51)

Il reddito lordo aziendale (RLA) è espresso in UDE 1990 (1 UDE=1.200 ecu), corrispondenti a 1.761.612 lire (1 ecu=1.468 lire). Le variabili con due modalità sono generalmente dicotomiche. L'algoritmo di elaborazione statistica Il procedimento adottato è quello multidimensionale e precisamente l'analisi delle

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corrispondenze multiple e la cluster analysis, le cui fonti bibliografiche sono contenute e ampiamente affrontate nei contributi in precedenza richiamati. L'analisi degli elementi di differenziazione delle aziende, circoscritta ai primi quattro assi fattoriali, ha evidenziato per tutte e due le morfologie aziendali e le identità spaziali (zone altimetriche e ripartizioni) una variabilità spiegata intorno al 30% del totale, che sale al 90-95% se la stessa viene “rivalutata” attraverso la formula proposta da Benzecrì. Per ogni asse sono state considerate (versanti positivo e negativo le prime dieci variabili/modalità attive e illustrative, graduate in termini di significatività, da uno specifico test statistico. Il processo di “clusterizzazione” è avvenuto in base ai primi cinque fattori e la classificazione tassonomica, di tipo gerarchico ascendente, è stata ricavata dai dendrogrammi. La selezione degli stereotipi aziendali è quella “ottimale” e la lettura ed “etichettatura” delle classi (tipologie) è stata effettuata in base alle variabili/modalità attive e illustrative, tra loro strutturate e compatibili, secondo test di significatività statistica.

Le procedure di elaborazione Le procedure di elaborazione sono avvenute in cinque fasi: la prima, sviluppata in COBOL, è consistita nella lettura ed estrazione dei dati strutturali e socioeconomici ricavati dal “Questionario di azienda” ISTAT e loro disaggregazione spaziale, la seconda si è realizzata in ambiente mainframe, con programma SAS, e ha portato alla trasformazione delle variabili e alla costruzione del data set; i relativi file sono stati poi preparati (terza fase) per potere essere successivamente elaborati con software SPAD.N in versione PC (file transfert) e scritti in FORTRAM. Le ultime due fasi hanno riguardato l'analisi multivariata, effettuata attraverso procedure del pacchetto SPAD.N, e l'ordinamento dei risultati secondo tradizionali procedimenti statistici, sviluppati in SAS.

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Tab. 1 - Superficie agricola utilizzata, reddito lordo aziendale e giornate di lavoro totali per tipologia - Conduzione diretta Tipologia Aziende Sau Reddito lordo aziendale (Rla) Lavoro totale

aziendale n° % Ettari % media Ude % media gg.(000) % media

Nord-Centro PSAP 104,222 7.9 2,731,950 44.7 26.2 5,299,786 51.9 50.9 72,397 31.1 695

PREP 183,715 13.8 1,458,211 23.9 7.9 2,263,681 22.2 12.3 75,285 32.4 410 PREA 62,612 4.7 291,519 4.8 4.7 564,941 5.5 9.0 12,363 5.3 197

SUEA 58,879 4.4 116,300 1.9 2.0 98,335 1.0 1.7 5,702 2.5 97

SOPG 378,527 28.5 954,909 15.6 2.5 1,408,651 13.8 3.7 44,405 19.1 117 AUPG 321,733 24.2 174,719 2.9 0.5 201,158 2.0 0.6 13,579 5.8 42

AUEA 217,553 16.4 386,132 6.3 1.8 377,033 3.7 1.7 8,696 3.7 40

Nord-Centro 1,327,241 100.0 6,113,740 100.0 4.6 10,213,585 100.0 7.7 232,426 100.0 175 Sud-Isole

PSAP 75,051 4.9 2,395,122 38.9 31.9 2,690,742 39.6 35.9 49,111 38.4 654

PREP 129,409 8.5 1,297,135 21.1 10.0 1,066,690 15.7 8.2 42,023 39.9 325 PREA 73,103 4.8 303,656 4.9 4.2 598,709 8.8 8.2 16,882 6.6 231

SUEA 258,501 17.0 710,192 11.5 2.7 753,900 11.1 2.9 25,458 3.0 98

SOPG 316,565 20.8 747,550 12.2 2.4 1,062,251 15.6 3.4 31,605 23.5 100 AUPG 358,399 23.5 307,586 5.0 0.9 324,593 4.8 0.9 14,604 7.2 41

AUEA 311,580 20.5 389,369 6.3 1.2 295,604 4.4 0.9 8,913 4.6 29

Sud-Isole 1,522,608 100.0 6,150,608 100.0 4.0 6,792,490 100.0 4.5 188,594 100.0 124 Italia

PSAP 179,273 6.3 5,127,072 41.8 28.6 7,990,528 47.0 44.6 121,508 28.9 678

PREP 313,124 11.0 2,755,346 22.5 8.8 3,330,372 19.6 10.6 117,307 27.9 375

PREA 135,715 4.8 595,175 4.9 4.4 1,163,650 6.8 8.6 29,245 6.9 215 SUEA 317,380 11.1 826,492 6.7 2.6 852,235 5.0 2.7 31,160 7.4 98

SOPG 695,092 24.4 1,702,459 13.9 2.4 2,470,902 14.5 3.6 76,010 18.1 109

AUPG 680,132 23.9 482,305 3.9 0.7 525,751 3.1 0.8 28,182 6.7 41 AUEA 529,133 18.6 775,501 6.3 1.5 672,637 4.0 1.3 17,609 4.2 33

Italia 2,849,849 100.0 12,264,348 100.0 4.3 17,006,075 100.0 6.0 421,020 100.0 148

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Tab. 2 - Giornate di lavoro del conduttore, dei salariati fissi ed avventizi e delle donne - Conduzione diretta Tipologia Conduttore Salariati fissi Salariati avventizi Donne

aziendale gg.(000) % media gg.(000) % media gg.(000) % media gg.(000) % media

Nord-Centro PSAP 25,779 21.3 247 4,859 93.3 47 6,434 72.4 62 19,745 28.1 189

PREP 40,915 33.9 223 151 2.9 1 391 4.4 2 23,115 32.9 126 PREA 8,080 6.7 129 55 1.1 1 329 3.7 5 3,398 4.8 54

SUEA 3,708 3.1 63 5 0.1 0 81 0.9 1 1,995 2.8 34

SOPG 25,782 21.3 68 79 1.5 0 976 11.0 3 15,267 21.8 40 AUPG 8,653 7.2 27 5 0.1 0 105 1.2 0 4,423 6.3 14

AUEA 7,931 6.6 36 55 1.0 0 566 6.4 3 2,249 3.2 10

Nord-Centro 120,849 100.0 91 5,209 100.0 4 8,881 100.0 7 70,191 100.0 53 Sud-Isole

PSAP 16,023 17.6 213 752 72.9 10 15,518 49.1 207 14,776 23.5 197

PREP 22,568 24.8 174 135 13.1 1 2,527 8.0 20 14,368 22.8 111 PREA 8,245 9.1 113 33 3.2 0 2,403 7.6 33 5,293 8.4 72

SUEA 13,441 14.8 52 56 5.5 0 4,750 15.0 18 9,434 15.0 36

SOPG 15,765 17.3 50 32 3.1 0 4,094 12.9 13 10,618 16.9 34 AUPG 8,159 9.0 23 10 1.0 0 876 2.8 2 5,513 8.7 15

AUEA 6,789 7.5 22 13 1.3 0 1,471 4.6 5 3,005 4.8 10

Sud-Isole 90,992 100.0 60 1,031 100.0 1 31,638 100.0 21 63,006 100.0 41 Italia

PSAP 41,802 19.7 233 5,611 89.9 31 21,952 54.2 122 34,520 25.9 193

PREP 63,484 30.0 203 287 4.6 1 2,917 7.2 9 37,484 28.1 120 PREA 16,325 7.7 120 88 1.4 1 2,732 6.7 20 8,690 6.5 64

SUEA 17,150 8.1 54 61 1.0 0 4,831 11.9 15 11,428 8.6 36

SOPG 41,548 19.6 60 111 1.8 0 5,070 12.5 7 25,884 19.4 37 AUPG 16,812 7.9 25 15 0.2 0 981 2.4 1 9,936 7.5 15

AUEA 14,720 6.9 28 68 1.1 0 2,036 5.0 4 5,254 3.9 10

Italia 211,841 100.0 74 6,240 100.0 2 40,518 100.0 14 133,197 100.0 47

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Tab. 3 - Indicatori strutturali e socio economici - Conduzione diretta del coltivatore Tipologia Aziende SAU/Az. RLA/Az. LAV/Az. RLA/ha LAV/ha RLA/gg aziendale n % ha Ude gg. Ude gg. Ecu Nord-Centro

PSAP 104,222 7.9 26.2 50.9 695 1.9 27 88 PREP 183,715 13.8 7.9 12.3 410 1.6 52 36 PREA 62,612 4.7 4.7 9.0 197 1.9 42 55 SUEA 58,879 4.4 2.0 1.7 97 0.8 49 21 SOPG 378,527 28.5 2.5 3.7 117 1.5 47 38 AUPG 321,733 24.2 0.5 0.6 42 1.2 78 18 AUEA 217,553 16.4 1.8 1.7 40 1.0 23 52 Nord-Centro 1,327,241 100.0 4.6 7.7 175 1.7 38 53

Sud-Isole PSAP 75,051 4.9 31.9 35.9 654 1.1 21 66 PREP 129,409 8.5 10.0 8.2 325 0.8 32 30 PREA 89,975 5.9 3.4 6.7 188 2.0 56 43 SUEA 331,604 21.8 2.1 2.3 77 1.1 36 36 SOPG 316,565 20.8 2.4 3.4 100 1.4 42 40 AUPG 268,424 17.6 1.1 1.2 54 1.1 47 27 AUEA 311,580 20.5 1.2 0.9 29 0.8 23 40 Sud-Isole 1,522,608 100.0 4.0 4.5 124 1.1 31 43

Italia PSAP 179,273 6.3 28.6 44.6 678 1.6 24 79 PREP 313,124 11.0 8.8 10.6 375 1.2 43 34 PREA 152,587 5.4 4.4 8.6 215 2.0 49 48 SUEA 390,483 13.7 2.6 2.7 98 1.0 38 33 SOPG 695,092 24.4 2.4 3.6 109 1.5 45 39 AUPG 590,157 20.7 0.7 0.8 41 1.1 58 22 AUEA 529,133 18.6 1.5 1.3 33 0.9 23 46 Italia 2,849,849 100.0 4.3 6.0 148 1.4 34 48

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Tab. 4 - Superficie agricola utilizzata, reddito lordo aziendale e giornate di lavoro totali - Conduzione con salariati e/o compartecipanti

Tipologia Aziende Sau Reddito lordo aziendale (Rla) Lavoro totale aziendale n % ha % media Ude % media gg. % media

Nord-Centro PPSF 4.731 10,8 328.409 67,7 69,4 542.242 75,9 114,6 4.733.653 79,5 1001

PASA 4.845 11,0 41.443 8,5 8,6 53.606 7,5 11,1 684.678 11,5 141 INAD 14.707 33,5 75.613 15,6 5,1 76.557 10,7 5,2 148.274 2,5 10

INAP 7.948 18,1 31.258 6,4 3,9 35.183 4,9 4,4 324.699 5,5 41

SOPL 11.645 26,5 8.721 1,8 0,7 7.142 1,0 0,6 62.906 1,1 5 Nord-Centro 43.876 100,0 485.444 100,0 11,1 714.730 100,0 16,3 5.954.210 100,0 136

Sud-Isole PPSF 4.182 8,0 245.776 64,6 58,8 310.935 67,1 74,4 4.541.745 57,3 1.086 PASA 9.918 19,0 63.654 16,7 6,4 94.657 20,4 9,5 1.958.637 24,7 197

INAD 5.634 10,8 25.280 6,6 4,5 12.829 2,8 2,3 64.953 0,8 12

INEA 15.842 30,3 25.424 6,7 1,6 30.886 6,7 2,0 996.394 12,6 63 AUEA 16.682 31,9 20.456 5,4 1,2 13.896 3,0 0,8 371.721 4,7 22

Sud-Isole 52.258 100,0 380.590 100,0 7,3 463.204 100,0 8,9 7.933.450 100,0 152 Italia

PPSF 8.913 9,3 574.185 66,3 64,4 853.177 72,4 95,7 9.275.398 66,8 1.041

PASA 14.763 15,4 105.097 12,1 7,1 148.263 12,6 10,0 2.643.315 19,0 179

INAD 20.341 21,2 100.893 11,7 5,0 89.386 7,6 4,4 213.227 1,5 10 INAP (1) 7.948 8,3 31.258 3,6 3,9 35.183 3,0 4,4 324.699 2,3 41 INEA (2) 15.842 16,5 25.424 2,9 1,6 30.886 2,6 1,9 996.394 7,2 63 AUEA (2) 16.682 17,4 20.456 2,4 1,2 13.896 1,2 0,8 371.721 2,7 22 SOPL (1) 11.645 12,1 8.721 1,0 0,7 7.142 0,6 0,6 62.906 0,5 5

Italia 96.134 100,0 866.034 100,0 9,0 1.177.934 100,0 12,3 13.887.660 100,0 144

(1) Tipologia presente soltanto nella Ripartizione Nord-Centro (2) Tipologia presente soltanto nella Ripartizione Sud-Isole

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Tab. 5 - Giornate di lavoro del conduttore e dei salariati fissi ed avventizi Conduzione a salariati e/o compartecipanti

Tipologia Conduttore Fissi Avventizi aziendale gg % media gg % media gg % media Nord-Centro PPSF 525.992 54,0 111 2.195.887 95,1 464 1.706.466 76,3 361 PASA 67.516 6,9 14 109.753 4,8 23 484.687 21,7 100 INAD 146.778 15,1 10 360 0,0 0 27 0,0 0 INAP 171.779 17,6 22 2.802 0,1 0 46.610 2,1 6 SOPL 61.854 6,4 5 34 0,0 0 100 0,0 0 Nord-Centro 973.919 100,0 22 2.308.836 100,0 53 2.237.890 100,0 51 Sud-Isole PPSF 302.578 35,8 72 409.184 92,2 98 3.691.972 57,5 883 PASA 176.141 20,9 18 24.205 5,5 2 1.706.841 26,6 172 INAD 57.726 6,8 10 0 0,0 0 0 0,0 0 INEA 142.590 16,9 9 9.464 2,1 1 822.619 12,8 52 AUEA 165.361 19,6 10 1.099 0,3 0 198.283 3,1 12 Sud-Isole 844.396 100,0 16 443.952 100,0 9 6.419.715 100,0 100

Tab. 6 - Giornate di lavoro delle donne, degli esclusivi e dei non attivi Conduzione a salariati e/o compartecipanti

Tipologia Donne Esclusivi Non attivi aziendale gg % media gg % media gg % media Nord-Centro PPSF 1.025.273 75,6 217 569.694 88,7 120 140.242 39,7 30 PASA 141.655 10,5 29 5.155 0,8 1 32.954 9,3 7 INAD 51.582 3,8 4 9.501 1,5 1 62.079 17,6 4 INAP 116.936 8,6 15 57.102 8,9 7 90.704 25,7 11 SOPL 20.524 1,5 2 750 0,1 0 27.538 7,8 2 Nord-Centro 1.355.970 100,0 31 642.202 100,0 15 353.517 100,0 8

Sud-Isole PPSF 1.292.480 58,4 309 268.438 85,6 64 95.470 26,7 23 PASA 490.196 22,2 49 34.942 11,1 4 74.395 20,8 8 INAD 23.152 1,1 4 4.643 1,5 1 21.884 6,1 4 INEA 292.237 13,2 18 1.710 0,6 0 78.539 22,0 5 AUEA 115.232 5,2 7 4.005 1,3 0 86.999 24,4 5 Sud-Isole 2.213.297 100,0 42 313.738 100,0 6 357.287 100,0 7

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Tab. 7 - Indicatori strutturali e socio economici –

Conduzione a salariati e/o compartecipanti Tipologia Aziende SAU/Az. RLA/Az. LAV/Az. RLA/ha LAV/ha RLA/gg aziendale n % ha Ude gg Ude gg Ecu Nord-Centro PPSF 4.731 10,8 69,4 114,6 1.001 1,7 14 137 PASA 4.845 11,0 8,6 11,1 141 1,3 17 94 INAD 14.707 33,5 5,1 5,2 10 1,0 2 620 INAP 7.948 18,1 3,9 4,4 41 1,1 10 130 SOPL 11.645 26,5 0,7 0,6 5 0,8 7 136 Nord-Centro 43.876 100,0 11,1 16,3 136 1,5 12 144

Sud-Isole PPSF 4.182 8,0 58,8 74,4 1086 1,3 18 82 PASA 9.918 19,0 6,4 9,5 197 1,5 31 58 INAD 5.634 10,8 4,5 2,3 12 0,5 3 237 INEA 15.842 30,3 1,6 2,0 63 1,2 39 37 AUEA 16.682 31,9 1,2 0,8 22 0,7 18 45 Sud-Isole 52.258 100,0 7,3 8,9 152 1,2 21 70

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