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ammino in n s i eme I C 1 Premessa AI LETTORI I nnanzi tutto, a nome della redazione, vi ringrazio per averci dato fiducia sottoscrivendo più di 350 abbonamenti. Entrare nelle case dei Sondalini e Mondadiciaschi a raccontare e documentare a chi è malato, anziano o co- munque impossibilitato a “vivere” in Parrocchia quello che succede nelle nostre comunità, è lo scopo del Giornalino. La nostra Parrocchia ha appena vissuto un evento straordinario: un ragazzo della nostra comunità Elio Partesana è diventato sacerdote. Dobbiamo essere grati a Dio e riconoscenti verso tutte le persone che lo hanno accompagnato nell’impegnativo percorso di preparazione al sacerdozio e cercare di stargli vicino nella “sua futura missione”. In questo numero, oltre agli argomenti che si riferiscono al periodo pasquale e primaverile appena trascorsi, troverete alcune informazioni sul “cammino” di don Elio, gli appuntamenti estivi per i bambini, gli adolescenti e gli adulti e un importante inserto sulla Penitenza che vi invitiamo a leggere e a conservare. Durante la primavera che sta ormai per finire la Chiesa ha vissuto un momento storico davvero significativo con la rinuncia di Papa Benedetto XVI e l’elezio- ne di Papa Francesco. Vorremmo ricordare a tutti voi la frase pronunciata il 7 aprile dal nostro Papa Jorge Mario Bergoglio, quando ha preso possesso della cattedrale di san Giovanni in Laterano: Andiamo avanti tutti insieme, il popolo e il Vescovo”. Facciamo tesoro di queste parole che sintetizzano bene l’impronta del suo mi- nistero e il consiglio di pregare per lui. Il Papa ci ha detto: “Io ne ho bisogno”. E noi questo bisogno lo sentiamo? Ecco come la nostra comunità può impegnarsi nell’anno delle fede: condividia- mo fino in fondo il percorso “Vescovo e popolo Insieme in Cammino” . Buona estate a tutti! Angela Castelli Per comunicare con noi: [email protected]

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amminoinnsiemeIC 1Premessa

AI LETTORI

Innanzi tutto, a nome della redazione, vi ringrazio per averci dato fiducia sottoscrivendo più di 350 abbonamenti. Entrare nelle case dei Sondalini e Mondadiciaschi a raccontare e documentare a chi è malato, anziano o co-

munque impossibilitato a “vivere” in Parrocchia quello che succede nelle nostre comunità, è lo scopo del Giornalino. La nostra Parrocchia ha appena vissuto un evento straordinario: un ragazzo della nostra comunità Elio Partesana è diventato sacerdote. Dobbiamo essere grati a Dio e riconoscenti verso tutte le persone che lo hanno accompagnato nell’impegnativo percorso di preparazione al sacerdozio e cercare di stargli vicino nella “sua futura missione”.

In questo numero, oltre agli argomenti che si riferiscono al periodo pasquale e primaverile appena trascorsi, troverete alcune informazioni sul “cammino” di don Elio, gli appuntamenti estivi per i bambini, gli adolescenti e gli adulti e un importante inserto sulla Penitenza che vi invitiamo a leggere e a conservare.Durante la primavera che sta ormai per finire la Chiesa ha vissuto un momento storico davvero significativo con la rinuncia di Papa Benedetto XVI e l’elezio-ne di Papa Francesco. Vorremmo ricordare a tutti voi la frase pronunciata il 7 aprile dal nostro Papa Jorge Mario Bergoglio, quando ha preso possesso della cattedrale di san Giovanni in Laterano:“Andiamo avanti tutti insieme, il popolo e il Vescovo”. Facciamo tesoro di queste parole che sintetizzano bene l’impronta del suo mi-nistero e il consiglio di pregare per lui. Il Papa ci ha detto: “Io ne ho bisogno”. E noi questo bisogno lo sentiamo? Ecco come la nostra comunità può impegnarsi nell’anno delle fede: condividia-mo fino in fondo il percorso “Vescovo e popolo Insieme in Cammino”.

Buona estate a tutti!Angela Castelli

Per comunicare con noi: [email protected]

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nsiemeIC 3 Editoriale

Viviamo tempi di grande confusione. Tempi propizi al cambiamento. A cominciare da noi stessi, in quel

cammino faticoso, ma denso di sorpre-se che è la scoperta di sé. Ben lo sa-peva Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore di quella Compagnia di Gesù che ha dato i natali spirituali a papa France-sco. Grande psicologo, Ignazio. Seppe discendere negli inferi di se stesso, per ritornarne vittorioso nella conoscenza e nel dominio del bene e del male che s’annida dentro ogni uomo. Prima della conversione, aveva sperimentato un tempo di grande desolazione, a tal punto sopraffatto dal buio d’arrivare a un passo dal suicidio. Fu proprio lì, nell’oscurità delle tenebre più fitte, nell’immersione in una sofferenza tanto grande da invocare, come soluzione, l’estrema e tragica uscita dal mondo che passa attraverso la distruzione di sé, che seppe cercare aiuto “altrove”. L’occasione gli fu offerta dalla lettura di due libri, mentr’era immobilizzato a letto per una ferita alla gamba: la Vita di Christi di Leonardo Cartusiano e la Legenda Aurea di Ja-copo Da Varazze. Correva l’anno 1521 e da soldato in armi al servizio del re di Navarra, Ignazio si fece pellegrino fino alla Vergine di Monserrat, ai piedi della quale depose la spada, come ex-voto.“Ad maiorem Dei gloriam”, era il suo motto, evoluzione di quel “fate tutto alla gloria di Dio”, indicato da San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (1Cor.,10, 31). In questi suoi primi e già intensi mesi di apostolato, papa Francesco si rivela determinato araldo, innanzitutto teso a rimettere in piedi il cristianesimo, continuando il lavoro di colui che ha rinunciato clamorosamente al suo pontificato. Più volte, nel corso degli anni passati, Benedetto XVI ha ripetuto che «La fede rischia di estinguersi come una fiamma che non trova più alimento». In tutti i suoi discorsi (dei quali nelle seguenti pagine trovate alcuni stralci significativi), il nuovo Papa, gesuita e francescano, mira chiaramente a questo: spingerci a riaccendere la fiamma della vita in Cristo, a partire dall’essenzialità delle piccole incombenze di ogni giorno.Ignazio di Loyola fu maestro nel coniugare fede e ragione. Per loro carisma, i gesuiti sono mistici dotti e uomini d’azione. Papa Francesco ha raccontato che il suo quadro preferito è la “Crocifissione bianca” di Marc Chagall. Raffigura un Cristo in croce, ma quieto e senza i segni della passione, che sovrasta un mondo devastato e in subbuglio. È il Cristo della pace. È l’arduo cammino, che passa attraverso la croce, che ci viene richiesto: costruire la pace in noi per irradiarla ai nostri compagni di viaggio.

Milly Gualteroni

SommarioLa voce della Chiesa4 ...per non

dimenticare

La voce del parroco8 “La nostra

Parrocchia, casa di tutti”

11 La penitenza

12 “Posso? Buongiorno!”

Le voci delle commissioni14 “La caritas serve…

se serve!”

Vita parrocchiale16 Per due volte con

noi Mons. Hillary

Iniziazione cristiana18 Il punto di vista dei

ragazzi e dei genitori

Incontri20 Il “mestiere”

di genitore non è uno scherzo

Don Elio Partesana22 “Vieni e seguimi!”

30 Galleria immagini34 Il saluto degli amici35 Don Elio ha donato

queste parole

Mondadizza36 La casera

La voce della storia38 Le radici

della miseria

Contributi43 La canonizzazione

di Nicolò Rusca. Una “frustata” evangelica

44 Pregare è impegnarsi nel mondo

45 Gioco d’azzardo

Missioni46 Mostra camerun

2013

Un libro da leggere47 Fai bei sogni

L’intervista a...48 Manuela Arighi

Cori di cinquant’anni fa50 Chi canta, prega

due volte

Santa Pasqua52 Via Crucis

Cene povere 53

Alla casa di riposo 54

Dall’oratorio56 Fuoriclasse

La pagina dei bambini57 Lavoretti estivi con i

bastoncini dei gelati

Riflessioni58 Prima Comunione59 Onoriamo i nostri

morti!

Anagrafe60

Avvisi3ª di copertina

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nsiemeIC 5 La voce della Chiesa La voce della Chiesa

...per nondimenticarePensieri vari di Francesco, Vescovo di Roma, che meritano di essere ricordati

“La mia gente è povera, e io sono uno di loro!”“E adesso cominciamo questo cammino: Vesco-vo e popolo. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghia- mo sempre per noi: l’uno per l’altro. E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore... Prima che il Vesco-vo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la be-nedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me”.“Non cediamo mai al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno… Cari fratelli, forza! La vecchiaia è – mi piace dirlo così – la sede della sapienza della vita … Donia-mo questa sapienza ai giovani: come il buon vino, che con gli anni diventa più buono, doniamo ai giovani la sapienza della vita!”“Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! In conclave, appena eletto, un

amico cardinale vicino mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!” E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri!”“Bisogna uscire, andare verso chi ha

bisogno, annun-ciare il Vangelo nelle periferie..!”“Il Papa desidera che invece di re-carsi a Roma per l’inizio del suo pontificato il pros-simo 19 marzo, continuino con l’apprezzata ri-cerca spirituale, accompagnata da gesti di carità

verso i bisognosi”.“Noi possiamo camminare quanto vo-gliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chie-sa, sposa del Signore. Quando non si cammina ci si ferma! Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio”.“Camminare, costruire, confessare: non è sempre facile, perché nel cammino, nel costruire, nel confessare, a volte ci sono scosse, ci sono movimenti che ci tirano indietro ... Quando camminiamo senza la croce, quando edifichiamo senza la croce e quando confessiamo un Cristo senza la croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore”.

“Non è facile affidarsi alla misericor-dia di Dio, perché quello è un abisso incomprensibile. Ma dobbiamo farlo! “Oh Padre, se lei conoscesse la mia vita, non mi parlerebbe così!” “Per-ché? Cosa ha fatto?” “Oh, ne ho fatte di grosse!” “Lui si dimentica, Lui ha una capacità di dimenticarsi, speciale: si dimentica, ti bacia, ti abbraccia e ti dice soltanto “Neanch’io ti condanno, va, e d’ora in poi non peccare più!”(Gv. 8,11) Il Signore mai si stanca di perdo-nare, mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono”.“Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la su-perbia sporcano la vita! Non dobbiamo aver timore della bontà, anzi neanche della tenerezza! Che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortez-za d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore. Non dobbiamo aver timore della bontà, della tenerezza!”(Maria Elena, sorella del Vescovo Fran-cesco:) “Non siamo venuti a Roma per rispettare la volontà di Jorge che ha chiesto di dare ai poveri i soldi del biglietto: stiamo vicini a lui nella pre-ghiera!”.“Che grande gioia potervi dare questo annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni fami-glia, specialmente dove c’è più soffe-renza, negli ospe-dali, nelle carceri … Quanti deserti, anche oggi, l’es-sere umano deve

attraversare! Soprattutto, il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo ... Ma la mise-ricordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (Ez. 37, 1-14). “Accetta Gesù risorto nella tua vita. Anche se sei sta-to lontano, fa un piccolo passo verso di Lui: ti sta aspettando a braccia aperte! Se sei indifferente, accetta di rischiare: non sarai deluso! Se ti sembra difficile seguirlo, non avere paura, affidati a Lui!... Non chiudiamoci alla novità che Dio vuo-le portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela? Non chiudiamoci in noi stessi, non per-diamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non pos-sa perdonare se ci apriamo a Lui”.“Questa è la prima parola che vorrei dirvi (ai giovani): gioia! Non siate mai uomini e donne tristi, un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi mai prendere dallo scoraggiamen-to! E per favore: non lasciatevi ruba-re la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù! Ed ecco la seconda parola: la Croce! La Croce è il trono di Gesù: Perché la

croce? Per-ché Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, an-che il nostro peccato, di tutti noi, e lo

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nsiemeIC 7 La voce della Chiesa

lava, lo lava con il suo sangue, con la miseri-cordia, con l’amore di Dio! E anche – ciascu-no di noi lo sa e lo co-nosce - i nostri peccati personali: le mancanze di amore e di rispetto verso Dio, verso il prossimo e verso l’intera creazione!”. Ed ecco la terza pa-rola: giovani! Voi ci portate la gioia del-la fede e ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, anche a settanta, ot-tant’anni! Cuore giovane! Con Cristo il cuore non invecchia mai!”“Bisogna uscire nelle periferie, dove c’è sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni ... Le vesti sacre sono ricche di simbolismi. Il sacerdote celebra caricandosi sulle spalle il popolo a lui affidato e portando i suoi nomi incisi nel cuore. Quando ci rivestiamo con la nostra umile casula può farci bene sen-tire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo …Vivere la nostra vita sacerdotale passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a di-ventare pelagiani, a minimizzare il peso della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui con fede usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri”.Chi non esce da sé, invece di es-sere mediatore, diventa a poco a poco un inter-

mediario, un gesto-re: da qui d e r i v a precisa-m e n t e l ’ i nsod-

disfazione di alcuni che finiscono per essere tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità op-pure di novità, invece di essere pastori con l’ “odore delle pecore” – questo io vi chiedo: siate pastori con l’ “odore delle pecore”, che si senta quello!”“Gesù non ha casa, perché la sua casa è la gente, siamo noi, la sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio. Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire! Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla ten-tazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo uscire, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi,

come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per noi”.“Lo Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo ci insegna, ci spin-ge a dire a Dio:

“Padre” o meglio: “Abba’!” che significa “papà!” Così è il nostro Dio: è un papà per noi! E così Lui ci tratta da figli, ci com-prende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo. E anche se una madre si dimenticasse del figlio (Isa-ia 49,15), Dio non si dimentica mai di noi, in nessun momento. E questo è bello!”“Dio ci aspetta sempre, anche quando ci siamo allontanati! Lui non è mai lon-tano, e se torniamo a Lui, è pronto ad abbracciarci. La pazienza di Dio deve trovare in noi il coraggio di ritornare a Lui, qualunque errore, qualunque pec-cato ci sia nella nostra vita”.“Ci sono tanti nemici della mitezza, a in-cominciare dalle chiacchiere. Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, bastonare un po’ l’altro. Sono cose quotidiane che capitano a tutti, an-che a me. Sono tentazioni ... Andiamo in parrocchia e le signore della catechesi lottano contro quelle della Caritas ... Ecco allora il suggerimento a “stare zitti”. E se devo dire qualcosa, la dico a lui, a lei, ma non a tutto il quartiere. Ma soltanto a chi può rimediare alla situazione. Se con la grazia dello Spirito, riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo in avanti!”.“Carissimi fratelli e sorelle, noi abbiamo l’avvocato Gesù: non abbiamo paura di andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere be-nedizione, a chiedere misericordia! Lui ci perdona sempre, è il nostro avvocato: ci difende sempre! Non dimenticate questo”.“Nel grande disegno di Dio ogni det-taglio è importante, anche la tua, la

mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi “nascosti”, una sorta di “classe media della santità” di cui tutti possiamo far parte. Ricordia-molo bene tutti: non si può annunciare il Vangelo di Gesù, senza la testimonianza concreta della vita. L’incoerenza dei fe-deli e dei pastori tra quello che dicono e quello che fanno, tra le parole e il modo di vivere, minano la credibilità della Chie-sa”.Dispensate a tutti quella Parola di Dio che voi stessi avete ricevuto con gioia. Ricordate le vostre mamme, le vostre nonne, i vostri catechisti che vi hanno dato la Parola di Dio, la fede…! E oggi vi chiedo nel nome di Cristo e della Chiesa: per favore, non vi stancate di essere misericordiosi. Siate Pastori, non funzionari. Siete mediatori, non intermediari. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire e per cercare di salvare ciò che era perduto.

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nsiemeIC 9 La voce del parroco La voce del parroco

“La nostra Parrocchia, casa di tutti”

Sull’ultimo numero di “Insieme in cammino” mi è sembrato oppor-tuno offrire una riflessione sulle

caratteristiche che deve avere una Par-rocchia – e anche la nostra di Sonda-lo – per rispondere a quella fisionomia di Parrocchia che ci viene consegnata dal Concilio Vaticano II. Proprio a questo scopo ho cercato anche di individuare i “quattro pilastri” o, potremmo anche chia-marli, le quattro principali caratteristiche che il Concilio vuole attribuire alla Chiesa, qualunque chiesa di oggi: una comuni-tà è chiesa quando è una comunità che “celebra”, una comunità che “ascolta”, una comunità “di popolo” e una comunità “per gli uomini”.Ma ora vorrei tornare sulla Parrocchia, per cercare insieme di renderci conto cosa intendiamo quando diciamo che la Chiesa è la “casa di tutti”.Si fa svelti a dire che oggi anche la Par-rocchia è in crisi, in difficoltà: è vero! Il suo ruolo sta diminuendo, per diversi motivi: economici, sociali e culturali. Tra questi motivi, mi sembra di dover met-tere innanzitutto il fatto che oggi, molto più che nel passato, ogni persona tende a sentirsi “individuo, singolo, in qualche modo unico e indipendente dagli altri”. Già nel consumare beni di ogni gene-

re, oggi la persona sceglie tra diverse possibilità, a suo piacimento. Il giudizio o il parere delle persone anziane, anche della propria famiglia, spesso non viene ascoltato, come se nessuno più appar-tenesse a una comunità, a un contesto condiviso. E questo avviene un po’ in tutti i campi: piano piano ci si incammina ver-so scelte sempre più individuali, anche se spesso condizionati dalla pubblicità o dalle mode. Anche in campo religioso, si può osservare questa stessa tenden-za: ognuno è portato a scegliere un pro-prio prodotto religioso, con credenze e convinzioni molto personali, che a volte tendono a confermare semplicemente quello che si fa e che si vive, quello che fanno tutti. Anche la pratica religiosa che nel passato era quasi comune a tutti, espressione del vivere comune, capace di unificare e condividere, è diventata un fatto individuale, una possibilità legata alla voglia, al desiderio personale, quasi privato. Il catechismo stesso non trova un terreno familiare e ambientale che faccia da supporto vissuto al messaggio dei catechisti, che rimane così staccato e freddo!Così anche la Parrocchia risente degli effetti di una mentalità individualistica: le persone che si muovono al suo interno hanno spesso motivazioni molto perso-nali e differenti: da quelle familiari (“sono nato in una famiglia cattolica”), a quelle di fede (“sono credente”), in riferimento a valori (“mi aiuta a vivere bene”), o a ragioni culturali (“ci vanno tanti altri”). Ma proprio questo, anziché scoraggiare, di-venta invece uno stimolo e una preziosa opportunità: ogni parroco infatti sa che nella comunità della Parrocchia c’è po-

sto per accogliere le persone così come sono, con il loro passato e la loro storia personale… Ascoltando il Vangelo, ce-lebrando l’Eucaristia e testimoniandolo con la vita, la gente diventa pian piano Chiesa, popolo di Dio: la Parrocchia, in un determinato luogo - anche a Sondalo - sa di dover offrire un posto per tutto e per tutti!La Parrocchia offre un posto “per tut-to”: offre cioè l’essenziale, il minimo ne-cessario per “diventare cristiani” e ‘fare chiesa’ in un determinato posto! In tutti i modi la Parrocchia annuncia la fede in Gesù Cristo e nel Vangelo, con la cate-chesi, la predicazione, la liturgia, i sa-cramenti, la carità, senza la pretesa di offrire tutta la ricchezza del Vangelo! In un determinato territorio la Parrocchia è di casa, si sente vicina agli uomini e alle donne, nella più diretta prossimità. Il Vescovo sa che attraverso la Parrocchia può raggiunge le persone comprese in quel territorio; le persone a loro volta han-no diritto di attendersi dalla Parrocchia tutto ciò che possono chiedere per diven-tare cristiane e camminare con altri, dal Battesimo fino al funerale. È stato scritto che “la Parrocchia è la porta di ingresso più accessibile alla fede cristiana”: credo che sia molto vero! A tutte le persone che abitano in un territorio, essa garantisce di appartenere alla Parrocchia: così si sentono ‘a casa propria’. Tutti e ciascu-no, nelle loro diversità, trovano un loro posto nella comunità cristiana, nessuno è escluso, “anche il più povero e il più isolato vi appartiene per il solo fatto di trovarsi in quel luogo”.La Parrocchia è “per tutti”: essa esiste per tutti quelli che arrivano, per chiunque

sia interessato, toccato o affascinato, a qualunque livello di intensità, dal Van-gelo. La Parrocchia si rivela essere la “casa di tutti”, che garantisce l’accesso all’annuncio senza condizioni, è spazio di ospitalità condivisa, per degli uomini e delle donne che possono riconoscersi come figli e figlie di Dio. Essa è offer-ta alle persone più diverse: praticanti abituali o pendolari e occasionali, par-rocchiani ‘visibili’ e quelli ‘invisibili’, cioè in qualche modo esclusi, dimenticati o svantaggiati; le persone sole, isolate o forse marginalizzate per motivi diversi, familiari o sociali, messe alla prova da una separazione o da un divorzio, o ri-sposate…; le persone anziane, ammalate o invalidate da infortuni..: la Parrocchia deve essere riconosciuta come il ‘privile-gio dei poveri’, è proprio sua la vocazione

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nsiemeIC 11La voce del parroco La voce del parroco

di essere ‘per tutti’, senza condizione alcuna.Ma una Parrocchia è in grado di esse-re proprio così?Sì se le persone che la compongono sono disposte ad accogliere la bellezza e la tenerezza di Gesù via, verità e vita. La fede è un dono di Dio, non dimenti-chiamolo, ma è anche un atto personale dell’essere umano che nella sua libertà, lavorata all’interno dalla grazia, risponde all’iniziativa di Dio che si rivela. Questo incontro avviene all’interno della fede che la Chiesa annuncia, celebra e testi-monia: “testimonia” soprattutto, poiché la Parrocchia può offrire il dono prezioso della fede solamente se essa per prima la vive, all’interno di un percorso costan-te di grazia, di risposta e di perdono. I membri di una Parrocchia devono di-mostrare in maniera chiara di sentire nel cuore l’esigenza di una costante tensio-ne ad accogliere, vivere e annunciare la gioia della fede, la gioia della speranza, la gioia dell’amore reciproco, la gioia del perdono. La Parrocchia è fatta di perso-ne dinamiche e vive, in costante cam-mino! Consapevoli della propria fatica

e delle proprie incoerenze, sono così in grado di comprendere e condividere il cammino e la fatica di tutti, vicini e lontani, e così creare confidenza e fi-ducia, suscitare nostalgia della fede in chi l’avesse smarrita, raggiungendo le domande, le gioie e le fatiche, le soffe-renze e i dubbi di chi cammina accanto. E’ solo dentro questo cammino, discreto e paziente, che i parrocchiani potranno diventare compagni di viaggio dei propri contemporanei: forse questi non diven-teranno discepoli, ma potranno comun-que rendersi conto che con i cristiani si può contribuire a rendere più vivibile il mondo e il proprio paese.Chissà che esista per tutti, o almeno per tanti, un cammino di Emmaus – ricorda-te? – lungo il quale uno sconosciuto si affianca a discutere e a parlare, apre la Scrittura, si attarda quando viene la sera e, a sorpresa, spezza il pane dell’ami-cizia e… si aprono gli occhi! E magari questi, un giorno, a loro volta, finiranno per raccontare ad altri ciò che è acca-duto sulla loro strada.

don Battista

La penitenzail Sacramento della misericordia

La Chiesa, nella sua lunga storia, fece già molto presto l’esperienza che coloro che erano diventati cristiani mediante il Battesimo, ricadevano nel modo di vivere e nei vizi di prima. Nei primi secoli della Chiesa si discusse

vivacemente per stabilire se, dopo una simile ricaduta, fosse ancora possibile una seconda penitenza. Decisive furono le parole di Gesù secondo le quali alla Chiesa è stato dato il potere di legare e di sciogliere ((Mt. 16,129/ 18,18), cioè di rimettere o non rimettere i peccati (Gv. 20,22). Il Sacramento della peni-tenza è appunto il Sacramento della misericordia di Dio per eccellenza, che ci perdona di nuovo e ci offre di continuo una nuova possibilità e un nuovo inizio.Attualmente dobbiamo parlare di una grave crisi di questo sacramento. Molti cristiani, anche fra quelli che partecipano regolarmente all’Eucaristia dome-nicale, fanno la Comunione senza confessarsi. I motivi della crisi attuale sono molteplici: da chi lo vede come una specie di costrizione o di controllo, o un tentativo di comandare sulle coscienze, a chi semplicemente non ne coglie il valore, o addirittura si riconosce senza alcun peccato. In effetti è diffusa una mentalità che tende a giustificare ogni azione per il semplice fatto di averla compiuta, sottraendo così la persona ad ogni responsabilità e a qualsiasi rife-rimento a valori oggettivi.In realtà il Sacramento della penitenza è il vero luogo di rifugio per i pecca-tori, quali tutti noi siamo: solo Gesù, che è Dio, può affidare alla sua Chiesa il compito di dire a nome suo: “Io ti assolvo”! Dobbiamo perciò riscoprire questo sacramento: è un dovere per ogni sacerdote, ed è un’opera di misericordia, essere pronto ad amministrare questo sacramento.Certo, il dialogo fraterno e la consulenza psicologica sono preziosi e possono aiutarci a comprendere meglio noi stessi e la nostra situazione, a elaborare esperienze sbagliate e ad accettare noi stessi e gli altri; ma dire: “Va in pace, ti sono rimessi i tuoi peccati”, questo non lo può dire nessun psicologo e nessun consulente.Così il fascicolo “TORNERÒ DA MIO PADRE” (Guida alla confessione) inse-rito in questo numero di “INSIEME IN CAMMINO”, ritengo possa essere un sussidio prezioso in ogni casa, per ritrovare le ragioni e il valore di questa straordinaria esperienza spirituale.

don Battista

“Il Signore mai si stanca di perdonare, mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono.”Papa Francesco

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nsiemeIC 13La voce del parroco La voce del parroco

“Posso? Buongiorno!”la visita alle famiglie

Da qualche tempo sto riprendendo il cammino di casa in casa per incontrare le famiglie della parrocchia. Cerco di rimanere fedele all’impegno di riservare tre pomeriggi alla

settimana (salvo impedimenti di vario genere) proprio a questa particolare esigenza di incontrare e trattenermi per un breve tem-po con le famiglie – spesso purtroppo si tratta di poche persone o anche di persone sole – che a volte ancora non conosco. Devo riconoscere che vengo sempre accolto con piacere e con sincero interesse. Capisco un certo disagio nel fatto che, da parte mia, preferisco non preavvertire l’orario della visita e quindi le per-sone non hanno la possibilità di predisporre quell’accoglienza che a volte vorrebbero offrire: il motivo è che io preferisco darmi la possibilità di fermarmi in ogni casa tutto quel tempo che mi è richiesto, senza alcuna fretta o urgenza. Purtroppo sono costret-to a organizzare gli incontri nel corso del pomeriggio, quando la maggior parte delle persone – sia adulte che giovani – sono assenti per il lavoro: non oso prevedere di visitare le famiglie la sera, per un eccessivo disturbo. Che cosa trovo nelle nostre case, nelle nostre famiglie? Devo ri-conoscere che nella maggioranza dei casi trovo motivo di grande conforto per me, parole e gesti di incoraggiamento, di fiducia, di sostegno. A volte le persone anziane mi confidano le loro difficoltà e le loro sofferenze fisiche o morali, a volte una certa solitudine che pesa e li affligge, a volte qualche incomprensione e disattenzione da parte di figli e nipoti: sembrerebbe che non osano chiedere, né tanto meno pretendere, ma certo gradirebbe-ro qualche visita in più, qualche ricordo da condividere, qualche gioia da gustare ancora insieme… Non trovo disperazione, né rimproveri o accuse nei confronti di chiunque: se mai qualche delusione nei confronti delle prospettive economiche che il paese intendeva darsi dagli anni prosperi del passato, quando il villag-gio Morelli sosteneva il lavoro e il benessere di tante persone, ma soprattutto forte preoccupazione per quella crisi economica di oggi che colpisce soprattutto le giovani famiglie e le legittime attese dei giovani. Su molte case sembra affacciarsi l’ombra della

povertà e perciò l’esigenza di una necessaria sobrietà nel vivere, nel consumare, nell’acquistare, nel sciupare… Anche dal punto di vista strettamente religioso, molti genitori e anziani mi confidano una certa sofferenza nel constatare che i loro figli, e con essi i nipoti, stanno con troppa leggerezza abbandonando la frequenza alla Messa, ai Sacramenti e alla preghiera. Sanno che per loro la fede è stata sempre una ricchezza ereditata e apprezzata, capace di sostenere nei loro anni i momenti più difficili e do-lorosi: temono che questi giovani non abbiano più le ragioni e le forze per affrontare i tempi e le re-sponsabilità che li atten-dono.In queste visite ho anche la possibilità di incontrare le vicende, a volte fatico-se e dolorose, delle fami-glie in crisi, le situazioni di separazione, di divor-zio e di nuove unioni: cer-co sempre di ascoltare, di comprendere e di offrire motivo di speranza e di fiducia per risanare qualche ferita.E non posso non aggiungere che nelle nostre famiglie c’è an-cora tanta solidarietà e tanto aiuto reciproco: vicini di casa che si aiutano quotidianamente, come parenti, che stanno vicino ai propri ammalati e anziani con grande cuore e attenzione; nonni che aiutano con la propria pensione i figli sposati a sistemarsi con la casa e a compensare la precarietà del lavoro.Può essere faticoso il cammino di casa in casa: può esserlo fi-sicamente e ancor più mentalmente, nel cercare di dare ascolto vero a tutti e portarsi a casa alla sera qualche preoccupazione in più. Ma credo che sia una normale esigenza di un prete che fa il prete amando un po’ la sua gente: oggi – in questi anni intendo dire, in questo paese, con le mie tante o poche forze che ho – so che questa è la mia famiglia, a queste persone voglio bene, voglio conoscerle e scambiare con loro idee, stima e amicizia, fin che il Signore me lo chiede e me lo permette.

don Battista

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nsiemeIC 15 Le voci

delle commissioni Le voci delle commissioni

“La caritas serve… se serve!”

Dopo le prime riunioni per conoscersi e proporsi degli obiettivi attuabili, la prima occasione di lavoro per la Commissione Caritas Parrocchiale è stata la raccolta viveri organizzata nel periodo Pasquale, a favore del Centro di

Ascolto di Tirano. Mensilmente il Centro sostiene le esigenze materiali di circa 250 persone, a seconda dei periodi ed essendo stata segnalata la mancanza di alcune tipologie di viveri quali tonno e carne in scatola, zucchero, latte UHT e olio, si è pensato di invitare le due Parrocchie di Santa Maria Maggiore e San Giovanni Battista a raccogliere questo tipo di viveri. I prodotti sonno stati conferiti in Parrocchia a partire dall’8 aprile e fino alla consegna presso il centro il giorno 22. Grazie al coinvolgimento dei bambini del catechismo, dei ragazzi dell’oratorio, al contributo di Computer grafica per la stampa del volantino, all’organizzazione del materiale secondo la tipologia svolta da vari membri delle due parrocchie, si è riusciti a raccogliere un quantitativo di alimenti sufficiente alle necessità del Centro di Ascolto di Tirano, al quale si rivolgono le persone in difficoltà anche dalla nostra Parrocchia. In particolare sono stati raccolti circa un quintale e mezzo di zucchero, 60 bottiglie di olio, 30 litri di latte UHT, 2 scatoloni di tonno e carne in scatola, materiale per l’igiene della persona, prodotti per la prima colazione, uno scatolone di confezioni di salsa di pomodoro, 30 kg di farina, 2 scatoloni di pasta.

Si ringrazia per la preziosa generosità tutti coloro che hanno contribuito.La commissione propone di effettuare ulteriori raccolte, su richiesta del Centro di Ascolto, considerato che ultimamente sono aumentate le richieste di aiuto a causa della crisi economica.

Sempre nel periodo Pasquale si sono svolte nella Parrocchia alcune iniziative di solidarietà. I bambini del catechismo sono stati coinvolti nella consegna di bigliettini augurali per la Santa Pasqua a circa 60 nostri anziani. Durante queste visite sono state raccolte alcune testimonianze di disagio sociale relative ad alcune famiglie che da lungo tempo affrontano situazioni di malattia. La commissione si propone di tenere conto di queste situazioni. Il sabato precedente la domenica delle Palme il Coro Parrocchiale ha animato la Santa Messa in Casa di Riposo. Nella stessa occasione il “Laboratorio di manua-lità” dell’Oratorio ha offerto agli ospiti un quadro in rilievo e un cestino di ovetti.Il lunedì precedente la Santa Pasqua il Gruppo Anziani di Sondalo ha portato le colombe agli ospiti della Casa di Riposo.La Commissione rinnova l’invito a tutti i parrocchiani a dare un loro contributo di partecipazione anche limitato alle iniziative di solidarietà proposte e a segnalarci situazioni di disagio presenti nella nostra comunità.Rinnoviamo a questo proposito la necessità di una attenta discrezionalità per evitare di mettere in imbarazzo le persone bisognose e di avere sempre come riferimento di comportamento quella Carità evangelica che Gesù ci ha insegnato.

La Commissione Caritas

FAITH BOOK“Working Together

in Union with Christ”

Il nuovo social network

Cristiano

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nsiemeIC 17 Vita parrocchialeVita parrocchiale

Per due volte con noi Mons. Hillary

Sì, per due volte Mons. Hillary è venuto a Sondalo per ce-lebrare con noi la Festa della Prima Comunione e della Cresima: ragazzi e adulti lo hanno ascoltato con stupore

e ammirazione. “Sono sudanese, nato il 26 dicembre 1941 a Boma, sul confine con l’Etiopia. Mio padre, islamico, ha combattuto contro gli Italiani nella guerra d’Africa. Sono stato battezzato il giorno di Natale del 1949 a nove anni e cresimato il giorno dopo, 26 dicembre, mio compleanno. Nel 1953 sono entrato nel Seminario minore di Juba. Sono diventato sacerdote il 28 giugno 1966 a Milano. Nell’agosto dello stesso anno sono andato in Uganda fino al 1970, coadiutore nei campi profughi. Nel 1979 sono stato inviato nel Darfur fino al 1983 e l’anno successivo sono stato nominato Vicario Episcopale della Diocesi di Khartoum. Il 1° agosto 1998 nella cattedrale di

CRESIMA

Avemari Michele, Bertolina Sofia, Bianchi Umberto, Biffi Andrea, Bontempi Alice, Castal-

delli Gabriele, Codazzi Michele, Cossi Diego, Dal Pozzo Andrea, Della Valle Sara, Delle

Coste Andrea, Ghezzi Sebasthian, Giannì Eleonora, Giordano Alessia, Grosini Mirko,

Lorenzetto Agnese, Lucca Tiziano, Nesa Emanuele, Peiti Marco, Pini Eva, Santoro Davi-

de, Scarcella Virginia, Scarì Francesca, Simonelli Manuel, Simonelli Sofia, Togni Maria,

Tognela Jacopo, Zappa Alessia e Zubiani Simone.

Biffi Alberto, Baretto Simona, Baretto Davide, Besseghini Gioele, Capitani Marti-

na, Cecini Claudia, Codazzi Jessica, Cusini Grace, Dall’Armi Marco, Fedele Gloria,

Gianoli Ivan, Giordani Francesca, Graneroli Tommaso, Lorenzetto Edoardo,

Miolini Matteo, Pozzi Laura, Pozzi Emanuele, Ricetti Cecilia, Ricetti Serena,

Robustelli Babara, Simonelli Chiara, Simonini Filippo, Togni Yosuè, Turcatti

Mattia, Zubiani Martina

Khartoum irruppero i militari e mi arrestarono perché ero un sa-cerdote cristiano “nemico dell’Islam” secondo loro. Imprigionato venni messo per nove mesi in isolamento totale, tenuto in piedi sotto vigilanza, nutrito solo con uno yogurt e un bicchiere d’acqua al giorno, tra i miei escrementi. A volte ero sottoposto a tortura con lo strappo delle unghie. Dopo altri tredici mesi di prigione venni condannato a morte dalla corte marziale, per fucilazione o crocifissione. Solo per l’intervento diretto di Papa Giovanni Paolo II, venni graziato. L’Interpol tedesca mi trasferì con scorta di si-curezza direttamente in Germania, poi in Vaticano”.Ora a rischio della propria vita, Mons. Hillary vorrebbe tornare in Sudan ad aiutare il suo popolo, ma la sua salute è precaria e un suo nipote, medico all’Ospedale di Sondrio, lo sta curando. Noi tutti abbiamo avuto la fortuna e la gioia di conoscere Mons. Hil-lary: è un uomo di fede, coraggioso, che ha a cuore i diritti delle persone, soprattutto gli umili e gli indifesi, che nel suo Sudan si trovano nella desolazione, vittime dell’arroganza e della violenza. A noi tutti, e in particolare ai ragazzi che hanno ricevuto da lui i doni della Prima Comunione e della Cresima, il dovere di un costante ricordo, una preghiera e magari anche un aiuto per “i suoi pozzi”!

COMUNIONE

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nsiemeIC 19 Iniziazione cristianaIniziazione cristiana

Il punto di vista dei ragazzi e dei genitori Sta giungendo al traguardo estivo questo primo anno di iniziazione cristiana. Voi l’avete vissuta in prima persona, un cambiamento radicale del modo di “vivere il catechismo”. Cosa è cambiato rispetto agli anni passati?

RISPOSTA DEI RAGAzzIIl grande cambiamento è che anche i nostri genitori partecipavano alle mes-se mensili (quando don Battista spiegava loro quello che avremmo fatto nel catechismo e faceva catechismo a loro) e alla Via Crucis fatta proprio da loro sotto forma di ombre cinesi. È stato interessante il progetto carità durante il quale Manuela ci ha spiegato quando è andata alle isole Salomon come missionaria. Inoltre, noi bambini, oltre che il “solito catechismo” a Natale e a Pasqua, siamo andati dagli anziani del paese a portare gli auguri.

RISPOSTA DEI GENITORIQuest’anno il catechismo, chiamato “Iniziazione cristiana”, è stato strutturato in modo più articolato, sia per quanto riguarda gli incontri dei bambini con le catechiste, sia per quanto concerne il coinvolgimento dei genitori (brevi incontri mensili con don Battista dopo la S. Messa domenicale). Negli incontri settimanali con le catechiste i ragazzi, oltre alle classiche lezioni teoriche,

hanno messo in pratica gli insegnamenti della carità verso i malati, portan-do loro gli auguri di Pasqua, e verso i poveri partecipando al pomeriggio missionario e ascoltando la testimonianza di Manuela Arighi (vissuta per un periodo sull’isola Solomon ad aiutare Mons. Capelli). Hanno, poi, partecipato alla cena povera, donando un contributo alle missioni.

Vi sembra più impegnativo il “nuovo catechismo”?

RISPOSTA DEI RAGAzzINo, rispetto agli anni precedenti è stato più divertente!

RISPOSTA DEI GENITORIÈ stato forse un po’ più impegnativo rispetto agli anni precedenti in cui si demandava alle catechiste e ai sacerdoti l’educazione religiosa dei nostri figli. Ma lo sforzo di don Battista nell’affrontare e approfondire gli argomenti religiosi, nel coinvolgere i genitori nell’animazione della Via Crucis, come pure l’impegno delle catechiste e della missionaria nell’organizzare il pome-riggio di carità, hanno reso stimolante la nostra partecipazione, lasciando a volte quella sottile sensazione di nostalgia che tutto fosse già finito.

Cosa direste ai vostri amici che non frequentano il catechismo? Come li con-vincereste a iscriversi con voi?

RISPOSTA DEI RAGAzzILi convinceremmo dicendogli che gli incontri di Iniziazione Cristiana sono più divertenti rispetto agli anni precedenti. E, poi, si incontrano nuovi amici!

RISPOSTA DEI GENITORIDirei loro che i nostri figli hanno bisogno di sentirci vicini: anche, e soprattut-to, nel percorso di fede. Attraverso questa nuova esperienza di catechesi, anche per noi genitori, compresi coloro che si considerano senza fede, può essere l’occasione di ascoltare parole “che fanno bene al cuore”.Noi genitori siamo modelli per i nostri figli e la nostra partecipazione è la miglior testimonianza di impegno e di coerenza. Grazie a questa preziosa collaborazione e sinergia tra genitori, catechiste, suore, animatori e sacerdoti, ci è permesso di sperare che un giorno i nostri ragazzi saranno persone mature e responsabili, capaci di scelte alte e generose e così, con il dono della fede, affronteranno la loro vita con una marcia in più.

Ringraziamo per le loro testimonianze Anna, Agnese e mamma Valeria

Chiunque avesse voglia di esprimere e di condividere con i lettori impressioni su questo argomento non esiti a contattare la redazione.

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nsiemeIC 21Incontri Incontri

la fase in cui esplode la sessualità e la mente va verso l’astrazione ed estremizzazione. Spesso le relazioni dei ragazzi d’oggi sono vissute molto virtualmente e si fatica ad affrontarle quando invece sono reali e ci toccano (pensiamo al dolore e al lutto). Ecco quindi che il gruppo dei pari assume un ruolo fondamentale; nel gruppo ci si identifica: chi è fuori è un nemico. Nel mondo antico questo passaggio era caratterizzata da riti di iniziazione, prove di coraggio che prepara-vano all’ingresso nel mondo adulto. L’attuale società è, invece, liquida: tutto è relativo; oggi sono i comportamenti che dettano le regole e mancano punti di riferimento. La società è sempre più senza padri e manca l’autorevolezza di un tempo. “I genitori devono giocare la partita dell’adolescenza.” È un’affermazione che ci fa riflettere sul rapporto genitori/figli che viene paragonato a una partita di calcio che va giocata fino in fondo. Gli adole-scenti devono trovare ostacoli durante la partita e i genitori devono contrastare i figli che provocano, “giocare la partita” per vedere quali limiti vanno posti e quali regole. I genitori non devono lasciare vin-cere i figli perché sentono che la partita sta per essere persa, ma devono “gio-carla” trasmettendo i valori importanti del sacrificio, della rinuncia, della re-sponsabilità, del dolore di fronte ai NO.

Angela Castelli

Il “mestiere” di genitore non è uno scherzo

Il 20 marzo, un buon numero di mamme, ma anche tanti papà hanno partecipato, in Oratorio, all’incontro con il dott. Claudio Marcassoli, invitato da don Battista per una serata di riflessione

sull’educazione dei nostri ragazzi. Mi permetto di sintetizzare per i genitori, che non hanno potuto essere presenti all’incontro, alcuni passaggi che ritengo significativi e magari “utili”. L’adolescenza è un periodo di crisi per un passaggio travagliato da bambino ad adulto, è una fase sempre più precoce e che

si prolunga nel tempo. Il ragazzo più o meno gradualmente cambia fisicamente e intensifica le relazioni con l’esterno. Da un concetto di onnipotenza dei genitori, l’adolescente passa alla costruzione di una propria identità, che presuppone cambiamenti fisici che il ragazzo deve accettare e che si costruisce anche attra-verso tatuaggi e piercing, tutti tentativi di appropriarsi del proprio corpo. È questa

CHI È CLAUDIO MARCASSOLI?Innanzi tutto è un amico di don Battista … È psichiatra e psicoterapeuta, libero professionista nato e residente a Sondrio, autore di pubblicazioni scientifiche di argomento clinico e psi-chiatrico. Recentemente ha portato a termine una ricerca criminologica sull’abuso sessuale ai danni di minori nella Provincia di Sondrio, studi sulle conseguenze psicologiche e psicopatologiche a breve e a lungo termine dell’abuso sui minori e studi sulle conseguenze psicologiche delle vittime di rapina. Sta elaborando una ricerca-studio sullo stalking, sull’abuso e la pedofilia sempre in Valtellina.

Visitate il suo sito www.claudiomarcassoli.it

Indicazioni utili in breve:• Stabilire regole educative possibilmente condivise e mante-

nere i limiti dati;• Difendere l’unità della coppia genitoriale: mai discuter di

fronte ai figli le decisioni da prendere, ma chiarirsi in privato e comunicare insieme le decisioni prese;

• I figli vanno accettati per quello che sono: i genitori devono orientarli ad esprimere le loro attitudini, capacità e ambizioni;

• La famiglia deve essere intesa come una comunità dove tutte le emozioni devono circolare, dove i figli sanno di essere ascoltati e hanno la possibilità di esprimersi.

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nsiemeIC 23Don Elio PartesanaDon Elio Partesana

“Vieni e seguimi!”

Questa di seguito è l’ultima omelia che don Tonino Bello, vescovo, ha rivolto ai suoi sacerdoti novelli in punto di morte. Con queste parole don Battista e la comunità par-rocchiale vogliono fare un augurio particolare a don Elio!

Guardate, ragazzi, non impressionatevi per i problemi che ci sono nel mondo, per le diffi-coltà che dovete incontrare nel sacerdozio. È difficile che dei giovani scelgano di seguire Gesù Cristo con totalità, con libertà, con amore, lusingati come sono da tante seduzioni

della strada, della piazza, del successo..., non dico del denaro perché forse, grazie a Dio, di fame non morirete nella Chiesa, ma dovete rimanere poveri, poveri, nella condizione di totale dipendenza da Dio: ma voi resistete a queste lusinghe, andate avanti con gioia per-ché volete seguire il Signore. Non lasciatevi sedurre dalle lusinghe bellissime, dolcissime dell’amore, dell’amore per una donna, perché pure dentro di voi batte il cuore per queste cose pure, sante e nobili; eppure voi con grazia, con garbo mettetele da parte con la stessa delicatezza con cui accarezzate il volto di Gesù Cristo, per dirgli “Signore, io seguo te da vicino, in modo più stretto, voglio vivere con te un legame più forte per poter essere più pronto a darti una mano, più agile, perché i miei piedi che annunciano la pace sui monti possano essere salutati con gioia da chi sta a valle, “beati i piedi di coloro che sui monti annunciano la pace’!”Coraggio quindi: guardate avanti, sempre, con grande fierezza, con grande gioia, perché il Signore è vicino, il Signore ha bisogno, il tempo si è fatto breve, tantissimi ragazzi, lo vedete, hanno bisogno di Lui, hanno bisogno di sentire parlare di Lui, chiedono pane e non c’è chi lo spezza per loro… Voi date questa prova di gettarvi a capo fitto in questo abisso di luce che è Gesù Cristo, il quale poi vi dà la forza per andare avanti, vi sostiene, vi dà l’entusiasmo, il gusto di vivere in mezzo alla gente, non lontano, non astratti dal mondo, in mezzo al popolo. Non state mai in testa, e neppure in coda, ma sempre in mezzo al popolo, come Gesù che “si mise in mezzo, sedette, aprì la bocca e disse ...”, anche voi sedetevi in mezzo alla gente, sentite il sapore del popolo, il profumo del popolo. Tutto questo è splendido, dà significato alla vostra vita, “parola di uomo”: ve lo dice uno che in questo momento penso di vedere le cose della vita anche con maggiore lucidità di quanto potessi avere prima. È così! È così! Il Signore Gesù è in grado di rendervi felici al punto tale che di questa felicità sentite il bisogno di trasferirla agli altri, a tutti coloro che vi accostano. Quindi è bellissimo: è una giornata, quella di oggi, che voi non dovete dimenticare, che voi avete vissuto in questa eucaristia insieme a tanta gente che vi vuole bene, sostenuti alle spalle e di fronte dalla gente e dal Vescovo, che oggi è particolarmente gioioso, perché vede trasformare questa stanza in Cattedrale. A nome di tutti vi ringrazio, con l’augurio che possiate essere dei ragazzi generosi, umani… Chiedete ogni giorno al Signore che vi dia un cuore umano, che batte secondo i suoi ritmi...: quanti saranno i battiti del cuore di Gesù Cristo? Come vorrei che il mio cuore battesse in sintonia con il suo, per poter trascinare tutti in un vortice di amore, di tenerezza, di bontà! Chiedete a Gesù che possiate essere capaci di capire la povertà della gente, la povertà morale prima di quella materiale, il peccato, i peccati della gente, il pianto della gente, la paura della gente, la tristezza della gente, che non legge nessuno, perché oggi ci sono pochi lettori di questi ‘audiovisivi’! Non so se ho capito bene la frase che dice: “Il Signore della morte si prende gioco”: è bellissima ! Mi ha colpito molto: cos’è la morte, cos’è la malattia, cos’è un tumore davanti a Lui? Cosa volete che sia? Il Signore non ci abbandona mai, Lui ci dà la mano, la tiene sempre invisibilmente stretta, a meno che siamo noi a dichiarare il divorzio: state tranquilli che Lui da voi non si allontanerà mai più! È l’augurio che vi facciamo e l’offertorio che presentiamo al Signore.

Caro don Elio,mi è dato l’onore e l’onere di aprire queste paginette centrali del nostro “Insieme in cammino” con un saluto e un augurio a nome della tua famiglia parrocchiale. Lo faccio con orgoglio e con gioia. Un saluto: sii certo che tutte le persone che ti hanno conosciuto ti sono vicine

oggi con l’affetto e la preghiera, pronte ad accompagnarti là dove il Vescovo ti chiamerà a servire e ad

amare. Un augurio: Gesù, il nostro grande amore, rimanga sem-pre al centro dei tuoi affetti, così da essere spin-to ogni giorno a riconoscerlo nel volto del povero, del piccolo, di ogni uomo e di ogni donna che si rivolgerà a te e ti chiederà ascol-to, comprensione e conforto.

don Battista

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nsiemeIC 25Don Elio Partesana Don Elio Partesana

Benvenuto, fratello!

Ricordo benissimo il giorno in cui don Mario e suor Roberta, un pomeriggio

di Grest di circa quindici anni fa, mi dissero che Elio sarebbe entrato nel pre-

seminario di Roma.

Io, con qualche anno più di lui, stavo pensando proprio ad entrare in seminario

dopo la maturità, l’anno successivo…

Questo significa che tra pochi giorni assisteremo ad un avvenimento al quale

Elio si sta preparando da molto tempo con impegno e dedizione.

Io ho avuto la gioia, soprattutto nei miei anni da seminarista, di condividere alcuni

di questi passi di Elio (con grest, gite, campi…) un po’ da fratello “intermedio”,

mentre il fratello maggiore era – ben più saggio di me! – il nostro don Feliciano.

Mi piace molto questa storia di vocazioni che si sono intrecciate nella nostra

parrocchia di Sondalo e in particolare nel nostro oratorio: penso ai diaconi

Walter ed Enzo, alla consacrazione di Sabrina, alle ordinazioni sacerdotali mia

e di Elio, ma anche a belle famiglie giovani che si sono formate.

E’ una gioia grande poter ringraziare il Signore che ha trovato nella nostra co-

munità un terreno fertile per la semina che non smette di operare. Don Elio è

un’altra delle piante belle che il Signore ha voluto nel giardino della sua Chiesa

e che porterà frutti buoni per la nostra Diocesi di Como e per le comunità a cui

sarà inviato.A don Elio, mando volentieri un augurio e una promessa.

L’augurio è che sia sempre contento di aver scelto (e prima ancora di essere

stato scelto per questo dal Signore) questa strada: anche nei momenti difficili –

che non mancano – quella del prete è una vita meravigliosa, perché ricca della

presenza del Signore e di mille relazioni umane.

La promessa è quella di poter sempre contare sull’affetto e sull’amicizia di quei

preti, che in vario modo hanno incrociato il tuo cammino: la fraternità fra noi preti

non è sempre facile, ma è indispensabile e preziosa.

Ai sondalini, sapendo che sono gente generosa, lascio due compiti.

Il primo è di fare una festa ad Elio bella almeno quanto quella che avete fatto

per me il 10 giugno 2006. Non parlo delle “cose” che farete (so che vi state

già impegnando), ma dell’affetto, della stima, della gratitudine al Signore che

riverserete su di lui: spesso mi capita di pensare alla mia prima messa e mi dico

che devo essere all’altezza di quello che avete fatto per me e che posso contare

sulle vostre preghiere e la vostra vicinanza. Fate questo regalo anche ad Elio.

Il secondo, ancora più importante, è quello di continuare a costruire con don

Battista una comunità e un oratorio dove il Signore si trovi ancora a seminare

volentieri: regalate ancora ai giovani di Sondalo la possibilità di ascoltare il

Signore e di essere pronti a rispondere alla Sua chiamata: gli avrete fatto il

regalo più bello! don Alessandro Zubiani

Io ed Elio siamo vissuti tanto tempo insieme quasi come fratelli... abbiamo

iniziato il nostro percorso insieme alle medie fino al quinto Liceo, abbiamo

condiviso una buona parte della nostra vita! Una cosa particolare che

ricordo di lui è che spesso lo trovavo in silenzio a leggere i suoi libri... era

una grande appassionato di libri e spesso ne leggeva uno anche in un

solo giorno se gli piaceva tanto e niente poteva distrarlo dalla sua lettura!

La nostra vita da seminaristi era molto impegnativa! Un’altra cosa parti-

colare di Elio è che lui prendeva sempre ogni cosa senza troppe ansie

o preoccupazioni! Ricordo anche quando per tutto il tempo del Liceo, la

professoressa di inglese ha provato in tutti i modi di insegnargli il giusto

accento, non riuscendoci mai a causa della sua cadenza di accento

valtellinese! Il mio augurio per Elio è che lui possa essere davvero un

santo sacerdote sull’esempio di Cristo, perché ogni fedele, attraverso il

suo ministero, possa sempre di più amare Cristo! don Luigi Portarulo

A Elio vorrei augurare di trovare una comunità cristiana che lo accolga, dei giovani aperti, sinceri, simpatici ed entusiasti come eravate tu e gli altri ragazzi quando sono arrivato io a Sondalo nel lontano 2001. Della gente schiet-ta e nostrana come i sondalini a cui ho tanto voluto bene, e li ricordo ancora con affetto e un po’ di nostalgia.don Feliciano Rizzella

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nsiemeIC 27Don Elio Partesana Don Elio Partesana

Questo soprannome ormai consolidato ha origini an-tiche. Parte dalla quanto-

meno presunta partecipazione di Elio, in giovane età, a saggi di ginnastica artistica. La no-stra fervida immaginazione da ragazzini creò presto l’immagi-ne di Elio abbigliato con un tutù in organza. Facile la successiva associazione, sia di immagini che di nomi, al noto film Billy Elliot che uscì proprio in quegli anni. Storia di un ragazzino che sogna di diventare ballerino, storia di una immensa forza di volontà e determinazione. Co-munque, dopo il debutto sulla scena oratoriale del sopranno-me Billy, questo si è radicato sempre di più fino al punto da sostituirsi, per noi, all’intero nome Elio Partesana.Billy nasce a Sondalo il 25 mag-gio 1987, dove vivrà fino alla fine della scuola elementare, dopo di che - grazie anche alla guida del parroco, don Gianni - decide di trasferirsi a Roma dove frequenterà il pre-semi-nario “San Pio X”. Concluso il liceo classico, a pieni voti, e il pre-seminario, si trasferisce a Como per entrare in seminario.

Quello che segue non è il rac-conto di gesta impressionanti, ma di attimi di vita raccontata nel momento in cui abbiamo percorso insieme un determi-nato tratto. Forse il tratto più difficile e quindi importante, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Questo periodo, per sua natura, è caratterizzato da istanti di una così disarman-te semplicità e spontaneità da risultare leggeri, fugaci, talvol-ta perfino esilaranti, ma che a lungo andare legano in modo indissolubile le persone.Questo è il racconto di parte di quegli istanti, che abbiamo avuto la fortuna di condivide-re con Billy. Aspetti di don Elio che sfuggono alla gran parte dei parrocchiani. Di temi più eleva-ti e profondi, riguardanti la sua ordinazione, si è già parlato. Noi ci prendiamo queste pagi-ne con leggerezza e spontaneità continuando il tratto percorso insieme.

Nonostante la vita da semina-rista lo tenesse perennemente lontano da casa, nei momenti in cui il nostro Billy ritornava al nido, tra i comuni impegni in

oratorio e Grest, che per anni hanno scandito le nostre estati, si è sempre trovato il tempo di girovagare per monti e vette. Ancor prima di essere ordina-to, Billy battezzava i monti con il caffè. Qui dobbiamo ai lettori delle spiegazioni. L’allegra com-briccola di girovaghi, decisa la meta, si organizzava affinché ciascuno portasse qualche cosa e, a forze riunite, si potesse gustare un buon caffè in quota. Chi la moka, chi l’acqua, chi il fornelletto, chi il caffè, chi lo zucchero, le tazze o i bicchieri, a volte qualche dolce. La paura che Billy mancasse la sua parte era sempre alta, ma infondata. Forse qualche volta lo abbiamo preso senza zucchero ma mai niente di meno. Croce di Storile, Croce de Li Moregn, solo per citarne alcune, e svariati monti dove però il caffè era spesso offerto dagli autoctoni... Forse è per questo che siamo sempre riusciti a berlo! Ma presentan-doti con il seminarista del paese bello, biondo, con la barbettina anch’essa bionda e abbigliato come un consumato montanaro con calzettoni di lana, scarponi solo per uomini duri, .... il caffè

offerto era quasi scontato. Billy: la Croce del Corno di Domba-stone ce la devi! Restando in tema di montagne dovete sapere che Billy maneg-gia la scure in modo eccelso. Si potrebbe quasi osare che le dà del voi. In realtà, per chi ha sempre preso sotto gamba il famoso detto: “meglio stare vicino a sette che fanno i propri bisogni che ad uno che taglia legna”, credo che vedendo Bil-ly all’opera si ricrederà. A volte quello che lascia perplessi nel detto è il forte sbilanciamento dei numeri: sette contro uno. Fidatevi, in questo caso ci vo-gliono tutti. La scure in mano a Billy percorre tutto un angolo di 360 gradi ad altezza gambe con un gioco di polso innaturale fino a colpire il malcapitato ceppo che schizza via in gran velocità in direzioni imprevedibili. La scure finisce poi la sua corsa sfiorando le gambe del maestro d’ascia senza, però, mai ferirle.Ma le avventure non sono finite qui...Una volta credemmo di essere di fonte ad una precoce visio-ne mistica da parte del nostro Billy, che indicava l’orizzonte

dicendo: “Guardate la pres-sione!”. Noi increduli, con qualche nozione di fisica nelle nostre giovani menti, cercam-mo di far capire a Billy che la pressione atmosferica c’è, ma non si può vedere. Un po’ come la forza di gravità. Billy insiste-va: “Guardate la pressione!”. A quel punto, più per porre fine alla questione che altro, guar-dammo l’orizzonte. La vista era spettacolare. Tutte le nubi presenti nel cielo erano poste esattamente alla stessa quota con precisione assoluta. Con-cordammo che quella in effetti era una dimostrazione visiva della pressione atmosferica, dando però comunque torto a Billy con fini ragionamenti e teorie perlopiù inventante. Pre-ghiamo chiunque possa smen-tire scientificamente la teoria di Billy di contattare la redazione del giornale.Sempre in tema di teorie Billia-ne la seguente è degna di nota. Durante il cammino di Santiago, per nostra sfortuna, ci capitò di soccorrere un compagno in dif-ficoltà. La diagnosi fu tendinite. Billy sosteneva che la stampel-la, o l’eventuale aiuto, doves-

se essere posto dal lato della gamba sana. Noi tutti in coro a spiegare che l’aiuto doveva sostituire l’arto inutilizzabile. Il timore, una volta consultati quelli del settore, è che Billy avesse ragione. Quindi forti del fatto che la ragione si da ai matti, demmo torto a Billy, che matto non è. Anche qui con sottili e raffinate tesi che non stiamo a raccontarvi. Il concetto è, e sempre sarà, dare torto a Billy! Preghiamo, ancora una volta, chiunque possa smenti-re scientificamente la teoria di Billy di contattare la redazione del giornale.Altra teoria Billiana. Come ogni valligiano che raggiunge la maggiore età, ci si aprì un nuo-vo mondo grazie alla possibilità nell’utilizzo dell’auto. Billy, di un paio d’anni più piccolo di molti della compagnia, ha beneficiato per qualche tempo del classico strappo. Di ritorno da una no-stra incursione fuori Comune; Billy, messo alla prova dalla guida irruenta e a strattoni della neopatentata alla guida, con la cintura di sicurezza che si bloc-cava ad ogni frenata o sterzata sbottò: “Smettila di schiacciare

Un gruppo di amici di don Elio ci hanno passato questi ricordi della sua adolescenza e gioventù. Li pubblichiamo volentieri per far riflettere i nostri giovani sulla scelta da lui compiuta di mettere Dio al primo posto della sua vita al servizio delle per-sone e delle comunità in cui andrà a svolgere il suo ministero.

Ma partIaMo da BIlly...

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nsiemeIC 29Don Elio Partesana Don Elio Partesana

la frizione, che mi si blocca la cintura di sicurezza!” A bordo ci fu subito silenzio. Allibiti dalla rivelazione, chiedemmo delucidazioni a proposito. Billy, con calma e sicurezza dichiarò: “Quando schiacci la frizione si bloccano le cinture, così in caso di incidente…”. Cercammo di far capire a Billy che, secondo il nostro modesto parere, in caso di incidente l’istinto sarebbe stato di pigiare il freno e non la frizione, e che comunque il blocco delle cinture non dipen-de dall’autista. Non ci fu verso. Non facciamo appello a nessu-no per smentire questa teoria perché ci sentiamo abbastan-za convinti nel sostenere che questa volta Billy ha veramente torto.Cambiando completamente ar-gomento, passiamo al lato cu-linario di Billy. Come forse già sapete, Billy è noto per essere una buona forchetta. Non solo! Possiamo aggiungere che Billy, anche grazie al già citato fasci-no del seminarista del paese, ha sempre avuto uno smisura-

to talento per scroccare pasti e cene di tipo pantagruelico. Un giorno si presenta dicendo che la sera saremmo stati a cena a casa sua. Aspettando la dichia-razione ufficiale che fosse tutto una burla, restammo silenziosi in attesa. Era un invito vero! La cena ci stupì: antipasto di sfoglia con erbe aromatiche, tomini al forno con speck e, se non ricordiamo male, risot-to ad una qualche primizia di stagione. Tutto era caldo e ap-pena preparato. Cominciammo a girovagare per casa in cerca dell’artefice di tali delizie, presu-mibilmente mamma Giovanna, ma niente. La casa era vuota. Il sospetto che non fosse tutta farina del suo sacco è ancora forte, ma non esistono prove. Per ora onore al merito!Memorabile anche la protesta di principio contro il suo stesso stomaco. Ora, la storia è ricca di personalità rivoluzionarie, ma con questo atto Billy ha porta-to il pensiero rivoluzionario ad un livello più alto: la protesta estrema della mente contro il

suo stesso corpo, l’afferma-zione decisa del pensiero al di sopra e al di là di tutto. Corre-va l’anno 2004, il luogo dello scontro è la penisola iberica, più precisamente Santiago de Compostela. Gran parte dei compagni di viaggio di Billy, e Billy stesso, erano afflitti da un fastidioso virus intestinale che li costringeva nelle loro tende. La sera era in programma una cena a base di paella, piatto ti-pico piuttosto corposo, che voci indicavano venisse offerta. Mol-ti compagni rinunciarono alla lotta, ma non Billy. L’occasione era troppo ghiotta. Con fare co-raggioso dichiarò la sua scelta: “Compagni! Io mi ribello con-tro il mio stomaco. Vedremo chi sarà a soccombere!”. Billy, spavaldo, si sedette beato al ta-volo con gli altri commensali. Finita la cena un Billy strema-to dichiarava vinta la sua lotta e si ritirava nei suoi alloggi. I compagni lo trovarono qualche ora dopo agonizzante a tremare come una foglia al vento, infila-to in un sacco a pelo abilmente

sottratto ad un compagno. Billy, che appena sbucava dal bozzo-lo, disse: “Ho preso questo, non so di chi è, ma il mio è troppo leggero. Ho freddo!” Forse Billy, con quella sua rivolta dispera-ta, aveva vinto una battaglia, ma la guerra era stata palesemente vinta dal virus intestinale.

E ad un certo punto, non si sa bene come sia stato possibile, ci siamo svegliati ed eravamo adulti.Ognuno di noi doveva capire cosa avrebbe fatto della pro-pria vita e, tra gli impegni uni-versitari e lavorativi, l’allegra combriccola si è allontanata. Ma nel nostro cuore ognuno di noi sa che gli amici - quelli veri, quelli preziosi - ci saranno sempre, che a volte è dura ma, con un po’ di impegno, si pos-sono, anzi si devono colmare le distanze geografiche.Ciascuno ha preso la sua stra-da, ognuno ha fatto le sue scel-te per trovare il suo posto del mondo, e così anche Billy, che forse è l’unico di noi ad aver

intravisto la sua strada già in giovane età.Ma viviamo in tempi difficili. La crisi, di cui tutti si riempiono la bocca, non è solo economica: è ben più profonda e incompresa. La nostra generazione si ritrova un mondo sterile e, permettete-ci il termine, vecchio! I giovani sono tenuti a margine di tutto: in modo sottile e subdolo, ma è questo che accade. Troppe volte si riversano accuse sotto la forma: “I giovani di oggi ...”. I giovani di oggi, bisognerebbe dapprima conoscerli, perché sono anche persone come Elio, che fanno scelte importanti e che hanno la voglia e la forza di cambiare lo stato delle cose. Non rispondono agli schemi tradizionali, ma non per que-sto sbagliano. La storia di san Francesco dovrebbe insegnarci qualche cosa: di certo non cor-rispondeva ai canoni dell’epoca e nemmeno a quelli odierni. Alla maggior parte di noi la scelta di Elio appare fuori dagli schemi, ma di certo sappiamo che non sbaglia. Potremmo discutere

per ore, se non per giorni, sul-le differenze di pensiero tra noi. Lui non cambierebbe idea e noi nemmeno. La cosa che ci arric-chisce è lo sforzarsi nel com-prendere, nel capire e analizzare le cose sotto un altro aspetto. Cambiando il punto di vista, spesso, la percezione delle cose cambia. L’ordinazione di Elio è la dimostrazione di quanto di buono ancora c’è nel mondo, del coraggio e della forza che sono ancora presenti. L’augu-rio più grande che facciamo ad Elio è che trovi un terreno fertile dove lavorare, dove rendere di valore ed appagante la scelta coraggiosa fatta

Gli amici di Elio

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nsiemeIC 31Don Elio Partesana Don Elio Partesana

Galleria immagini

domenica 9 giugno ore 9:00

SondaloCortEo VErSo SaN FraNCESCo

pEr la prIMa S. MESSa

Sabato 8 giugno ore 10:00

Cattedrale di Como

l’ordINaZIoNE

Sabato 8 giugno

Un gruppo di parrocchiani

ha partecipato all’ordinazione

presbiteriale

Sabato 8 giugno ore 20:00

Sondalo aCCoGlIENZa dElla CoMUNItÀ

In corteo dalla Chiesa parrocchiale

di S. Maria Maggiore a san Francesco

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nsiemeIC 33Don Elio Partesana Don Elio Partesana

domenica 9 giugno

Sondalola prIMa SaNta MESSa

domenica 9 giugno

SondalopraNZo

domenica 9 giugno

SondaloSpEttaColo SEralE

IN oNorE dI doN ElIo

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Prima S. Messa di don Elio domenica 9 giugno 2013

Il saluto degli amici

Caro Elio, è con una certa emozione che ci accingiamo a scrivere queste parole. Poche, in realtà, e molto povere, per tentare di trasmetterti la forte emozione che questo avvenimento significa per noi. La tua ordinazione a sacerdote pone la parola

fine a un lungo percorso. Un lungo cammino di crescita e maturazione che ci ha visto compagni per un lungo tratto. Alcuni di noi ti conoscono fin dai tempi dell’asilo, altri hanno incrociato la tua strada in tempi un po’ più recenti. È per noi un momento di rara emozione e di unica bellezza poter esserti al fianco.Tanti sono stati i momenti che abbiamo condiviso, da quelli più scherzosi sino a quelli più intensi di intima condivisione spirituale. Perché il cammino che ti ha portato sin qui è stato, parzialmente, anche il nostro. Non abbiamo mai mancato di riconoscere l’unicità del tuo percorso e forte è in noi l’ammirazione e la comprensione per le scelte che sin qui ti hanno condotto. Momenti di riflessione si sono sempre accompagnati ad un amicizia onesta e profonda e vederti, infine, sacerdote ci riempie di gioia e di commozione. Don Elio. Un nuovo nome da apprendere, per noi che siamo cresciuti insieme a te. In questo modo, anche le parole servono a segnare e a rimarcare la profondità della tua vocazione. Un percorso che, anche se non sempre semplice, ha reso più salde le tue motivazioni, in un dialogo costante con le persone che hanno avuto la fortuna di incontrarti e ovviamente in un continuo esercizio spirituale che non sempre è stato alla portata della comprensione di tutti.In questi giorni termina una lunga fase di preparazione che schiude in realtà le porte a quella vita aperta e profonda che, ben lo sappiamo, senti l’intimo desiderio di percorrere. Un cammino che talvolta sarà in salita e che richiederà spesso di riaffermare in modo netto e fermo le tue scelte ma che sarà sicuramente ricco di incontri umani, di gioie spirituali e di occasioni di crescita che siamo certi avrai la capacità di cogliere e fare tuoi. Una vita che ti auguriamo essere felice, profonda, semplice, umana. In costante ricerca di quegli attimi di splendore che si offrono solo a chi comprende la meraviglia assoluta e irripetibile di questa nostra esistenza. Un dono, quello della vita, che ti sei sentito chiama-to a donare a tua volta nell’incontro di quella Verità che così spesso abbiamo difficoltà a riconoscere. Che il Signore ti accompagni e che possa compiere attraverso la tua persona quelle opere semplici e meravigliose che ci rendono donne, uomini e fratelli in un’unica Chiesa. Che la moderazione, l’ironia, la profondità, la sensibilità e la schiettezza che da sempre ti contraddistinguono rivelino tutto il loro potenziale nell’esercizio di questo tuo ministero sacerdotale. Noi, amici, conoscenti, vecchi fratelli e sorelle, saremo qua, al tuo fianco, insieme alle persone che ti accoglieranno nella tua nuova comunità, nel principio di questo cammino e oltre. Ti accompagneremo con la preghiera, con il pensiero e con questa solida amicizia che non potrà che rafforzarsi e rinnovarsi negli anni a venire.

Al termine della sua prima Santa Messa don Elio ha donato queste parole alla comunità di Sondalo

Conducimi tu, conducici tu, luce gentile.Conducimi e accompagna tutte le persone che nella mia strada mi hanno condotto e accompagnato, quanti con la loro luce hanno rischiarato il mio

cammino. Mi basta un passo, solo il primo passo e la mia memoria, il mio ringra-ziamento va, o Signore, al mio primo passo da cristiano, al mio battesimo, ai miei genitori, Lorenzo e Giovanna, che me lo hanno permesso, a Selene, che lo fece con me, a Giorgio e Andrea, ai quali ho fatto da padrino in questo passaggio. Non chiedo di vedere lontano, eppure lontano mi hai guidato, fino a Roma, fino in san Pietro. E neppure lì mi hai lasciato solo, neppure lì ti sei dimenticato di me. E mi hai messo a fianco uomini e donne che, anche se la notte era scura, la casa lontana, sono cresciuti con me, mi hanno seguito, hanno vegliato su di me: Luigi, Francesca, Giovanni, don Giorgio, padre Arthur...Conducimi avanti, luce gentile, come mi hai condotto per mano nella mia crescita. Come hai condotto e continui a condurre Alessio, Rossella, Alice, Ivan, Alice, Simone, Andrea: guida i loro, guida i nostri passi verso la tua casa!Volli certezze, luce gentile, dimentica quei giorni! L’amore tuo non mi ha abban-donato, mi ha guidato nelle difficoltà finche la notte non fosse passata. E il tuo amore non ha abbandonato David, Valerio, Stefano, Pietro.. e il tuo amore no può abbandonare i miei compagni più giovani: Davide, Nicola, Alessio, Francesco, Lorenzo, Alessio, Christian...Spesso, Signore, la notte era scura, la casa lontana: hanno rischiarato la notte, mi hanno condotto per mano tanti tuoi sacerdoti e ti ringrazio e ti prego per loro: don Gianni e don Battista; don Feliciano, don Andrea, don Mario e don Michele; don Marco, don Ivan, don Andrea; don Attilio e don Emanuele.E quando, spinto dalla tua mano, guidato dalla tua luce i miei piccoli passi mi hanno condotto in luoghi impensabili per me, in Pastorale Giovanile a Fino, a Breccia, anche allora mi hai messo a fianco persone che condividessero con me il cammino: Marta, Paola, Mariadele, Graziella, Daniele, Veronica, Elisa... e la lista sarebbe lunghissima! Conducimi tu, conducici tu, luce gentile!Ed ora sono qui, ed ora siamo qui e si apre un nuovo cammino: illumina questo mio cammino! TI affido e prego per quanti si sono dati da fare, si sono impegnati, hanno messo tempo e voglia - e sono tantissimi! - perché questo passo del mio cammino fosse il più luminoso possibile. Tu conosci ciascuno di loro, Signore: guidali sicuramente a te, luce gentile!Conducimi tu, conducici tu, luce gentile!

don Elio

Don Elio Partesana Don Elio Partesana

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nsiemeIC 37 Mondadizza Mondadizza

La casera

Nel nostro raccontare di Mondadizza, vor-remmo soffermarci

ancora per un po’ sui tem-pi passati. A molti di noi leggendo queste righe sembrerà di sentire anco-ra l’odore del latte appe-na munto, il profumo della polenta sul fuoco, il sapore dei “cornàt”, il suono dei campanacci delle mucche e l’odore dell’erba degli al-peggi, dove i ragazzi con le famiglie e il bestiame trascorrevano l’estate. Chi a Dombaštôn, chi a Tóch e chi a Scala…, monti di Mondadizza.Si ricorderanno le serate passate a chiacchierare “far filò”, adulti e bambini, nelle stalle riscaldati dal te-pore emanato dalle bestie. Anche se i tempi erano difficili, perché segnati dai sacrifici e dalle fatiche, si sentirà ugualmente un po’ di nostalgia per quel senso di ospitalità e convivialità tipici di quell’epoca.Il tempo era scandito, non come oggi dai nostri orologi elettronici, ma da calendari lunari e solari, dall’alternarsi delle stagio-

ni e dall’orologio biologico della vita che regolava tut-te le attività agricole.La conoscenza della na-tura era un elemento in-dispensabile e vi era un profondo rispetto e attac-camento alla terra e ai suoi frutti.Il significato della famiglia era molto sentito, nel sen-so di affetti, di collabora-zione e di aiuto reciproco. Anche i ragazzi aiutavano nell’agricoltura e nell’alle-vamento del bestiame, so-prattutto pecore e capre. Le mucche rappresenta-vano, però, una grossa ricchezza per la famiglia in quanto dalla lavorazione del latte, derivavano pro-dotti per il sostentamento delle persone.Per poter razionalizzare la produzione e la lavorazio-ne del latte, verso la metà del 1800 vennero costitu-te le prime latterie. Anche Mondadizza seguì tale esempio: la nostra latteria fu costituita nel 1888 con sede era nella casa della Vicinanza. Era costituita da soci con a capo un presi-dente, regolamentata da statuti dove erano specifi-cati diritti e doveri dei soci e regole di gestione dell’at-tività della latteria.La nostra latteria era deno-minata “turnaria” in quanto

i soci acquisivano, a turno, i prodotti della lavorazione del latte (formaggio e bur-ro). Essa iniziava la sua attività verso il mese di ottobre e terminava a fine aprile, in quanto nel re-stante periodo il bestiame era negli alpeggi.Figura importante era quella del casaro, colui che lavorava il latte ed era responsabile sia del materiale contenuto nella latteria, sia della produzio-ne e della conservazione dei prodotti derivanti dalla sua lavorazione. Quella del casaro era una professio-ne che si tramandava da padre in figlio o che si an-dava ad imparare da chi la esercitava.La giornata tipo iniziava alla mattina presto. Il ca-saro quotidianamente se-gnava su appositi registri il nome di chi aveva portato il latte con la relativa quan-tità; ad ogni socio veniva assegnato un numero che veniva impresso anche su una targhetta di legno po-sta sui formaggi che poi, una volta stagionati, i pro-prietari avrebbero ritirato. Egli depositava il latte in bassi e larghi recipienti che lasciava riposare fino al giorno dopo. La mattina seguente sulla superficie del latte era affiorata la

panna, la “fiôr”, che il ca-saro “sfiorava” e metteva nella zangola, la “penàia”, contenitore in legno botti-forme, funzionante a ma-novella e successivamen-te anche a motore, che, girando, trasformava la panna in burro. Il liquido residuo della lavorazione del burro, detto “pèn”, ve-niva generalmente dato da bere ai vitelli. Il burro ve-niva ritirato dai proprietari e successivamente a casa veniva fatto cuocere per garantirne una prolunga-ta conservazione. Al mo-mento della cottura sulla superficie si formava una sostanza cremosa e dol-ciastra, detta “morca”, che si mangiava con la polen-ta. Una volta cotto, il burro veniva messo in contenito-ri, spesso di pietra ollare, detti “lavèc”, e conservato in luogo fresco.Il casaro dopo aver scre-mato il latte, lo riutilizzava per produrre il formaggio.

Il latte veniva versato in un grande paiolo di rame, la “caldéra”, e posto a scal-dare sul fuoco a legna por-tandolo alla temperatura di circa 30°; quindi si aggiun-geva il caglio, il “quàc”, e successivamente si proce-deva così per circa un’ora finché il latte non si rap-prendeva, cioè si formava la “quagiàda”. La “caldéra” si toglieva dal fuoco, quindi si sminuzza-va con il “tarai” la massa di latte coagulato, la “fiéta”, che si depositava a fondo; poi si metteva in un telo a sgocciolare e il liquido re-siduo, detto “serôn”, veni-va in seguito usato per fare la ricotta.La “fiéta” veniva messa in forme di legno per il for-maggio, dette “cérc’ del formài”, per 24 ore, con un peso sopra per lascia-re gocciolare l’ulteriore liquido. Tolti dagli stampi,

i formaggi venivano con-servati nella cantina della casa parrocchiale. Il ca-saro iniziava così la cura di essi, voltandoli quoti-dianamente, salandoli pe-riodicamente e tenendo la loro superficie pulita. Una “casèrada”, cioè una par-tita di formaggio, veniva donata al parroco.La qualità e la genuinità dei prodotti della nostra latteria era garantita in quanto i controlli sul latte erano costanti. Il latte portato dai soci do-veva essere rigorosamente bovino, proveniente da be-stiame sano e non doveva essere annacquato. Per verificare ciò, periodica-mente, veniva mandato ad analizzare. Se si verificava-no anomalie, il proprietario del latte veniva sanzionato. Un tempo, il caglio era di origine naturale. Si usava, infatti, lo stomaco dei ca-pretti, che veniva essicato e usato, nelle dosi stabilite, previo scioglimento in un po’ di acqua o latte.L’attività della nostra latte-ria cessò nel 1961. L’ultimo casaro di Mondadizza è stato il sig. Giacomo Quet-ti, che ringraziamo, per le preziose informazioni che ci ha fornito.

Bianconi Sara e Orsola Genovese

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nsiemeIC 39La voce della storia

Quando a Sondalo si ereditavano le scarpe fruste

Le radici della miseria

La grande povertà della Val-tellina e di Sondalo ha radici lontane.

Un documento del 1818 della fa-miglia dei Maranin, della quale ritengo essere una discenden-te da parte paterna e di cui ri-produco, qui di seguito, alcune parti rispecchianti una situazione famigliare di grande indigenza, descrive l’inventario dei beni posseduti dalla famiglia e lasciati come eredità dal padre ai tre figli. La stima è in lire valtellinesi, che valevano il 20% in meno della lira comasca, mentre i pesi sono in libbre.

“Nomen Domini R.L.V. Sondalo, li 26 7bre 1818Inventario dei beni stabili, e mo-bili, e debiti lassatti in questo se-colo dal fu Giuseppe olim Felipo Pozzo detto Maranini li 3 marzo 1818, avendo lasato tre figli im-potenti, cioè Felipo di anni 13, Pietro Giuseppe di anni sei, e Anna Maria di anni 16, fatto a

istanza di Giò Antoni del fu Felipo Pozzi fratello detto defonte Giupè, avendo chiamato Giò Antoni Turcatti a far le stime del Stabile, e Mobile, e Giuseppe Già Batta Pozzi a scrivere detto inventario e alla presenza de due testimoni sottoscrito infine.Prima il Mobile Stima e Lira di Valtellina, così vole detto Antoni:

una calderata frusta pesa un peso a lire 5 la libbra fa lire 50un parolo frusto pesa lira 3 ¼ per lire 9 e 16 soldibadili n° 2 usati lire 3una zappa e un zapino, e un cercello frusti lire 4una segur rota e un segurello lire 5la ferramenta da scarpolino con le forme e il Bancato tutto frusto lire 20un paio de scarpe fatte a stivaletti fruste lire 5un paio de scarpe di pel di vitello fruste lire 4cer’ per far scarpe ½ libbra lire 3pel di vitello in più pezzetti tt.e ¾ lire 5n° 2 capre ma picole lire 30n° due pecore nere e una biancha in tutte picole lire 36n° 4 agneli bianchi ma picolini in tutto lire 14un catino di tera pezato 16 soldiun aspo e una bicoca fruste lire 1n° 4 nenzoli frusti e picoli lire 3Segue il mobile della già Maria Domenica Bettina fù sua moglia del detto defonto morta sina 1816, una camisa de lino rotta lira 1una de canof ma rotta lira 1/12 soldiun altra cole maniche di lino ma frusta lire 3una Mezalana reffatta con filesel torchino lire 14un scosal di lino usatto lire 2un scosal di mezalana picolo e frusto lire 2 e 8 soldiun altro scosal di lino quasi rotto lire 2un veletto con rosete usato lire 3un mantino frusto e un fazoletto per il naso frusto lire 1/12 soldi

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nsiemeIC 41 La voce della storia La voce della storia

Dalll’elenco pubblicato nella pagina pre-cedente, si constata che si tratta di pove-rissimi oggetti e capi di vestiario in cattive condizioni, ma a quel tempo ritenuti beni considerevoli, che testimoniano il tenore di vita delle famiglie sondaline, che vive-vano alle soglie estreme della povertà.

Si può comprendere la causa di queste condizioni esaminando la situazione storico-politica della valle a partire dal 1335, quando i Visconti e poi gli Sforza, signori di Milano, ottennero la Valtellina da Como e tramite esso continuarono ad amministrarla. La Valtellina venne organizzata in terzieri: il Terziere Infe-riore, il Terziere di Mezzo e il Terziere Superiore di cui Sondalo era l’ultimo paese. In ognuno c’era un podestà

nominato da Como; Bormio e Chiavenna erano delle contee con più autonomia, mentre Teglio era indipendente.L’imposta più gravosa era il “cen-so” che dal 1370 fu stabilito in 550 fiorini d’oro mensili mentre un’altra tassa considerevole era quella sul sale con l’obbligo di comprarlo solo dalle casse ducali ad un prezzo sta-bilito. Il sale era fornito alla Valle, da Como al prezzo di lire 2.5 comensi allo staio. Nel 1500, Sondalo era già un paese con cinque chiese importanti: S. Mar-ta, S. Agnese, S. Maria, S. Francesco e San Rocco, [vedi foto] con statuti propri e, dal 1503, con il permesso di eleggere un proprio podestà.Risulta dagli “atti” la visita diocesana del Vescovo di Como Feliciano Niguar-da, che, nel 1593, sostò a Sondalo per consacrare e porre le reliquie nella chiesa di San Rocco appena ricostru-

ita. A quell’epoca, il paese con le frazioni contava 700 “fuochi”, cioè nuclei famigliari residenti in modo stabile nel territorio. In un manoscritto conservato nella Biblioteca Nazionale di Pari-gi, riguardante le relazioni tra Venezia e la Valcamonica, datato 1621, di autore ignoto, ma che conosceva bene la Valtellina, è scritto: “Sondelo, terra grassa sul selvatico, che non fanno vino; bellissime genti zavattini [ciabattini] d’Italia, massime a Vicenza, Padova, Verona. Fanno buone carni, cioè vitelli, formaggi, butir-ri. Fanno 3000 anime de comunione [esclusi i bambini che non hanno ancora ricevuto la Comunione]. Adesso la terra è tutta bruciata, parte dai soldati del Re, parte dai Grisoni onde sono destrutti in terza genera-zione”. I “soldati del Re” erano le milizie spa-gnole nostre alleate stanziate a Son-dalo che si appropriarono “primeria-mente de miliori utensili, overo mobili et vittovaglie”. La “terra bruciata” si riferisce agli incendi appiccati sia dai soldati spagnoli [Nando Ceci-ni, Storia, arte e civiltà nel territorio di Sondalo 1961 ed. Giuffré], che dai Grigioni, che di qui passarono il 9 settembre 1620. Sondalo ebbe bruciate 106 case e la chiesa di S. Marta, mentre quella di S. Ma-ria riportò danni. A Mondadizza, bruciarono 56 case, a Taronno 13 e a Sontiolo 14. Si tramanda di persone morte per la grande miseria poiché con le case bru-ciarono anche i raccolti per l’in-verno in esse già riposti. Anche Tiolo, Grosio e Grosotto furono incendiate, ma lì si trovò un po’ di rimedio alla fame col raccol-to più tardivo delle castagne. In una lettera che il curato di Sondalo Nicolao Meninello scrisse al Monsignor Torriani si legge tutto questo.

Leandra Pozzi

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nsiemeIC 43Contributi La voce della storia

UN po’ dI StorIa ValtEllINESETra il 1499 e il 1859 si susseguirono in Valtellina tre dominazioni francesi (1499-1512; 1624-1626; 1636-1639), due dei Grigioni (1512-1620; 1639-1797), una dominazione spagnola (1620-1623), una pontificia (1623-1624), un breve periodo autonomistico (1627-

1635), la dominazione napoleonica (1797-1815), una Austriaca (1815-1859) e infine il passaggio al Regno d’Italia. La Valtellina per la sua posizione ge-ografica costituiva il passaggio com-merciale e strategico di collegamento tra la ricca Europa del Nord e i Paesi Mediterranei e fu contesa dagli eserciti di mezza Europa coinvolti nella guer-ra dei trent’anni (1618-1648). Il susse-guirsi delle diverse dominazioni era accompagnato dal passaggio nella nostra valle di eserciti spesso mer-cenari, sia amici che nemici, che a volte si fermavano qualche mese, ma sempre terrorizzavano la popolazio-ne provocando incendi, saccheggi, distruzioni, violenze, impoverendo gli abitanti con continue richieste di cibo per uomini e animali e richie-ste di denaro alle amministrazioni con gravi danni per le popolazioni, che disponevano di poco. Questi eserciti, per la mancanza di igiene, portavano anche gravi epidemie di peste come quella testimoniata da un frammento di affresco mu-rato dietro l’altare maggiore della

chiesa parrocchiale (1527) e quella, ben più grave, di manzoniana memoria portata dai Lanzichenecchi nel Terziere Superiore, a Sondalo e nella contea di Bormio, che infierì dal 1629 al 1631 e provocò la morte di un terzo della popolazione. La grande povertà che c’era a Sondalo nei tempi passati, in buona parte fu dovuta al protrarsi nel tempo di queste vicende oltre che a diverse calamità naturali, come frane, alluvioni e pro-lungate siccità.

Leandra Pozzi

La canonizzazione di Nicolò Rusca

Una “frustata” evangelicaIl 21 aprile a Sondrio si è celebrato il rito della beatificazione di Nicolò Rusca che nel capoluogo ha esercitato per 28 anni il suo ministero di sacerdote diocesano. Riportiamo un ampio estratto dell’articolo, pubblicato il giorno stesso dal quotidia-no “La Provincia”, con il quale l’attuale arciprete don Marco Zubiani ha spiegato l’attualità della figura del nuovo beato.

Non ha fondato un istituto religioso, non ha creato opere di carità, non ha edificato opere so-ciali. Ha fatto “solo” il parroco, in modo splendido però, sfociato nel “martirio per la fede”(…). Quello che viviamo oggi è il compimento di un lungo cammino: si riconosce ufficialmente e solennemente la fama di santità che la comunità cristiana di Sondrio da sempre ha attribuito al suo arciprete e che ha suscitato desiderio di emulazione in tanti sacerdoti della nostra diocesi, soprattutto in questo ultimo secolo (…).Tutti abbiamo a cuore le nostre parrocchie, e soffriamo nel non vederle brillare per santità di vita. Nicolò Rusca ha rinnovato la comunità di Sondrio con un’ attuazione coraggiosa e fedele degli insegnamenti del Concilio di Trento sotto l’esempio e la guida di San Carlo Borromeo. Tocca a noi oggi non fermarci ad una sterile lode dei tempi passati e ad un inutile piagnisteo per quelli moderni, ma con generosità e speranza lavorare, sotto la guida dei pastori di oggi, per realizzare la riforma della Chiesa proposta dai documenti del Concilio Vaticano Secondo. Nella nostra società, sono presenti tante situazioni di difficoltà, di povertà, di ingiustizie. L’arciprete di allora è stato capace di prendersi a cuore tutte le persone per offrire loro un conforto spirituale, un aiuto materiale ai “poveri senza numero” che bussavano alla sua por-ta, una risposta piena di saggezza per chi si rivolgeva a lui per dirimere questioni e liti familiari. La comunità cristiana deve saper far sue “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi” (Gaudium et spes, n 1). E la società civile non può restare sorda e muta davanti alle innumerevoli situazioni di povertà e di disagio che le persone portano nel cuore. La nostra città e i nostri paesi vedono la presenza di immigrati che hanno tradizioni, mentalità, religioni diverse dalle nostre. Di fronte alla presenza dei Riformati nella propria comunità, Rusca ha saputo con fermezza proporre la fede cattolica e combattere gli errori, ma nello stesso tempo rispettare, dialogare, confrontarsi con le persone. Non è più il tempo per guerre di religione, ma purtroppo siamo caduti nell’indif-ferenza e abbiamo perduto la passione di annunciare la nostra fede e le verità che propone, valide per ogni uomo. È necessario recuperare il confronto con le confessioni cristiane per un vero ecumenismo con i fratelli separati, cercare l’incontro con i non cristiani per un dialogo interreligioso autentico (…).

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nsiemeIC 45ContributiContributi

Pregare è impegnarsi nel mondodi Lorenzo Partesana

Abbiamo parlato dell’atten-zione, fare il vuoto dentro di sé, del cammino interiore

verso Dio, ma questo lavoro per-sonale ci rimanda verso il mondo. L’impegno verso il mondo è parte integrante della vita spirituale.

Gesù non è venuto al mondo per essere servi-to, ma per servire e ha dato la propria vita. Egli ha mostrato che il bene maggiore è offrire tutto di sé, servire, dare senza riserva e senza aspettare di ricevere. Ai giorni nostri ricordiamo madre Teresa di Calcutta, donna di azione, di impegno sociale nutrito e sostenuto da una profonda vocazione spirituale dove l’egoismo personale è cancellato. Quando questo avviene allora “ il bene degli altri ti è caro, assolutamente come il tuo” per cui la carità, la dedizione diventa così naturale che si vive senza sforzo, con gioia. Allora, la nostra preghiera è rivolta soprattutto verso gli altri e chiediamoci anche se le nostre azioni non siano nutrimento al nostro ego. Non pretendiamo, perché questo conduce al fanati-smo, di sapere ciò che deve fare e pensare l’altro negando in que-

sto modo la sua tipicità, la sua libertà. Non vorremmo approfittare

della nostra eventua-le autorità e potere per sacrificare l’al-tro secondo le no-stre convinzioni. Vi sono anche delle preghiere silen-ziose che magari ignorano di esserlo: quando si vive con

attenzione a prestare aiuto con discrezione ad un infelice, credo lì Dio sia presente.

“... Al servizio

degli Altri...”papa Francesco

Gioco d’azzardoPIAGA SOCIALEdi Adelina Della Bosca

Il gioco d’azzardo è in questi ultimi anni divenuto una piaga sociale e una vera e propria emergenza nel campo delle tossicodipendenze moderne. Dall’anno scorso a quest’anno si sono triplicate le richieste di aiuto all’ASL e al SERT di Sondrio. Complice di questo fenomeno diffuso un po’ ovunque

in Italia e anche da noi, è la crisi economica e lo Stato intanto che autorizza l’emissione di “Gratta e Vinci”, Slot machine nei bar e “on line”, Sale da gioco, Bingo, giochi a premi televisivi e Lotterie, Totip, Totocalcio e Casinò.La gente fatica ad arrivare a fine mese per i rincari dei prezzi del carburante, dei beni alimentari, dei mutui, delle tasse; gli stipendi sono sempre più miseri, ma gli ultimi spiccioli sono destinati al gioco. Tutto ciò per rincorrere un sogno. Quello di vincere e di sfidare la sorte che, per reazione, non diminuisce, ma al contrario cresce. Un giro di affari, quello del gioco, di quasi 60 miliardi che a pochi interessa effettivamente contenere, Stato compreso. Esso peraltro incamera una cifra molto bassa dagli introiti sulle vincite anche perché non ci sono seri controlli. Non tutti sanno che la parte del leone sui guadagni e gli interessi per la gestione sia del gioco legale, sia di quello illegale recentemente stimato in più di 1000 miliardi di euro, finiscono in mano alla criminalità organizzata. Il riciclo del denaro “sporco”, i soldi insanguinati delle rapine viene “ripulito” sapete dove? nelle candide “Slot machine” ovvero in italiano macchinette mangiasoldi. Al proposito se ne è parlato in una recente trasmissione televisiva anche a nome della Federazione Consumatori. Un tempo si diceva che “l’ozio è il padre dei vizi”, oggi invece è la crisi, la perdita del lavoro, i mezzi di comunicazione, televisione giornali e internet che diffondono messaggi fuorvianti, la mania di vincite facili e la pubblicità spesso ingannevole e illusoria spingono le persone al vizio del gioco. Il gambling, in italiano malattia del gioco d’azzardo, sta assumendo propor-zioni davvero preoccupanti in diverse fasce d’età di persone che non riescono più a smettere, metten-do in serie difficoltà le loro famiglie, i loro risparmi, la casa e a volte la loro stessa vita. Il gioco viene considerato una nuova droga, una vera malattia, una fuga dalla realtà a tal punto che chi è coinvolto ha bisogno di rivolgersi al personale del Sert o alle Associazioni che organizzano gruppi di auto-aiuto presenti sul territorio. Nelle tabaccherie spesso si vedono cartelli con scritte a caratteri cubitali. “Qui vinti € 500.000” oppure “Chi non gioca, non vince” ma è anche vero che “Chi non gioca, non perde”.Non tutto è negativo, però, perché ci sono bar, esercizi e sindaci della nostra amata Provincia che, attenti e sensibili a queste problematiche, hanno detto NO alle Slot machine nei loro locali e qualche barista ha avuto il coraggio persino di toglierle. In una società civile credo non basti un divieto (ce ne sono tanti), ma bisogna lavorare tutti insieme per istruire e cambiare le culture e le pubblicità non veritiere del vincere facile. E se proprio non riuscite a fare a meno del gioco, è ora di riscoprire i cari vecchi giochi di un tempo: le pulci, Risiko, domino, le bocce, gli scacchi e Monopoli che con imprevisti e probabilità di sicuro non vi fanno rischiare nulla. Anzi, avrete magari trascorso un pomeriggio sereno con i vostri figli, nipoti e amici. Per concludere, un detto antico ancora attuale dice” Il gioco è bello se dura poco”.

“Fratello ateo, nobilmente pensoso,alla ricerca di un dioche io non so darti, attraversiamo insieme il deserto. di deserto in deserto andiamo oltre la foresta delle fediliberi e nudi verso il Nudo essere e là dove la parola muore, abbia fine il nostro cammino”padre Davide Maria Turoldo

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nsiemeIC 47Un libro da leggereMissioni

MOSTRA CAMERUN 2013UN SUCCESSO CHE SI RINNOVA!

Venerdì 10 maggio, in sala consiliare è stata inaugurata la mostra di solida-rietà a favore delle missioni in Camerun, allestita dall’Istituto Comprensivo di Sondalo. La partecipazione di genitori, familiari e amici degli scolari,

nei due giorni di apertura, è stata numerosa.Venerdì era presente don Angelo Mazzucchi, missionario appena rientrato in Italia, che si è rivolto ai presenti con parole semplici e sentite per ringraziare tutti quanti dell’iniziativa e per ricordare a bambini e ragazzi che i loro “lavori” hanno contribuito a preparare un avvenire migliore per i coetanei africani, con la costruzione di scuole e con la conclusione di uno sbarramento d’acqua per contrastare il problema della siccità. Il progetto CAMERUN è iniziato nel 2000 su proposta delle maestre della scuola dell’infanzia, con una prima raccolta di fondi inviati al sacerdote don Giusto Della Valle, originario di Le Prese, che era impegnato nelle missioni diocesane proprio in Camerun.Da allora, il progetto si è esteso a tutti gli ordini di scuola e ogni anno i bambini e i ragazzi sono coinvolti nella preparazione di manufatti da mettere in vendita. Da ottobre del 2010, nelle missioni non opera più don Giusto, ma sono presenti altri sacerdoti e volontari della nostra diocesi, con i quali vengono mantenuti i contatti che ci permettono di conoscere le attività più importanti, realizzate anche grazie al nostro annuale contributo. Oltre che attivarsi per la solidarietà, la scuola ha voluto raccogliere l’invito di don

Giusto: “Auguro a genitori e insegnanti di far crescere i bambini con una mentalità aperta, capaci dell’accoglienza

di qualsiasi persona”. Pertanto, in ogni classe si progettano interventi educativi per far riflettere i propri studenti sui temi dell’ intercultura: un’atten-zione alle altre culture, una sensibilità verso i problemi di un mondo più giusto, più equo e rivolto a uno svilup-po sostenibile.

Daniela Nolo Pedrat responsabile della

Commissione Camerun

FAI BEI SOGNIdi Massimo Gramellini – Longanesi editore

Nel numero precedente avevamo presentato un libro e un’autrice probabilmente sconosciuti ai più, qui invece parliamo di un autore notissimo, non tanto perché è vicedirettore di un quotidiano tra i più importanti d’Italia, quanto perché è

ospite fisso di una trasmissione TV seguita da un vasto pubblico. Il libro poi è stato definito un long seller, cioè ha occupato per lungo tempo i primi posti delle classifiche di vendita, quindi è più che possibile che molti dei nostri lettori lo conoscano già.Per chi non lo conoscesse, diciamo che si tratta di un breve testo autobiografico: l’autore racconta come un tragico episodio della sua infanzia, mai veramente af-frontato e “rielaborato” insieme agli adulti di famiglia, perciò mai superato, abbia condizionato gran parte della sua vita, fino ai cinquant’anni, quando qualcuno, finalmente, si decide a raccontargli la verità e lui, nel frattempo, è diventato tanto “grande” da accettarla e persino da riuscire a dare un senso a quanto è accaduto. La storia è semplice nella trama ed emotivamente coinvolgente, lo stile della scrit-tura è quello di un giornalista di vaglia e di lungo corso, per di più dotato di grande senso dell’ironia (e dell’autoironia), quindi il libro si fa leggere tutto d’un fiato e molto piacevolmente.Però questo stile “facile” e leggero ci porta, senza che ce ne accorgiamo, a riflettere sui soli argomenti su cui vale la pena, anzi, è fondamentale pensare, sempre, in ogni stagione della nostra vita e con tutta la nostra energia: la vita e la morte, il dolore e l’amore… e il senso di tutto ciò…Molte sono le domande che il libro ci spinge a porci: come affrontare il dolore? Sfuggire in tutti i modi possibili, anche ignorandolo, o fingendo che non ci sia quan-do ci colpisce, o costruendosi addosso una corazza di cinismo? Sarebbe meglio affrontarlo, ma come? E i bambini bisogna avvicinarli al dolore? E come? Chi lo deve fare? Oppure bisogna nasconderglielo comunque? E soprattutto, che senso ha il dolore? E la morte? E che rapporto c’è tra dolore e amore? E infine, riassumendo tutto, che senso ha la vita, tra i suoi pochi alti e tanti bassi, i “bei sogni” e la realtà? Gramellini, visto e ascoltato in TV, è un tipico “intellettuale laico”, spesso anticleri-cale e “mangiapreti” (nel libro racconta di aver frequentato per molti anni le scuole religiose e i suoi ricordi in proposito sono decisamente infelici), però molte delle sue riflessioni sembrano ispirate a una profonda religiosità (in senso lato) e a una grande apertura verso la spiritualità, tanto che la frase evangelica “Solo la verità vi farà liberi” potrebbe essere la sintesi del libro. Meglio però leggerlo direttamen-te, perché ascoltare col cuore qualcuno che ci racconta la sua storia, e riesce a comunicarci le sue emozioni e nel contempo ad allargare gli orizzonti della nostra umanità, è una delle esperienze più belle e arricchenti che la vita ci possa offrire.

Elia Tomè

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nsiemeIC 49L’intervista a...

Manuela ArighiOstetrica

di Sondalo nata nel 1969

L’intervista a...

Manuela Arighia cura di Barbara Pozzi

Anche tu Manuela, hai fatto parte di un gruppo che ha fatto questa scelta. Cosa ti ha spinto a provare a essere per un mese volontaria alle Isole Solomon?È stata una scelta dettata dalla voglia di fare qualche cosa di diverso. Credo che in fondo sia una forma di egoismo per sentirsi utile, per vivere da vicino l’emozione del contatto con un popolo diverso, la voglia di fare qualche cosa senza aver niente in cam-bio. In realtà, però, ho ricevuto più di quello che ho dato: le per-sone incontrate mi hanno regalato l’amicizia vera, la gratitudine, mi hanno insegnato a condividere il poco o il nulla e che si può vivere serenamente e in armonia con quasi niente, mi hanno fatto sentire a casa anche se lì ero dall’altra parte del mondo.

Qual è la vera povertà che hai trovato?A differenza dell’Africa, le Isole Solomon sono ricche di vegetazio-ne (foreste tropicali) e, quindi, di frutti della terra. Ciò che manca è un’organizzazione governativa seria che si impegni a migliorare le vie di comunicazione, creare strutture sanitarie diffuse su tutto il territorio, acquedotti per far giungere l’acqua pulita in tutti i

villaggi, scuole gratuite (ora ci sono, ma a pagamento e non tutti se le possono permettere). Le popolazioni dei villaggi vivono in semplicità secondo i ritmi della natura, non hanno progetti a lungo termine, si pensa all’oggi e non al domani. Sono ancora poche le persone che si dedicano all’allevamento e all’agricoltura. Purtrop-po anche la figura maschile è poco presente nelle famiglie. Infatti, sono molti gli uomini, padri di famiglia e non, schiavi dell’alcool, con tutte le conseguenze che questo comporta.

Come possiamo aiutare nel nostro piccolo?Si può aiutare l’associazione AMIS Amici Delle Isole Solomon (www.amiciisolesolomon.it), tramite donazioni in denaro da de-stinare ai progetti del 2013 nelle isole di Gizo, Nila e Moli per il completamento di strade, costruzione di un mini-ospedale e contributi per una nuova scuola. In alternativa, si possono desti-nare abiti estivi smessi, in buono stato, che verranno raccolti in oratorio entro il 20 giugno 2013 e poi, inviati alle isole tramite container.Manuela, a nome di monsignor Capelli, ringrazia i ragazzi del-le quinte elementari che hanno versato sul conto per il “Pro-getto SALUTE SOLOMON ON-LUS” un contributo a favore di queste comunità.

L’arcipelago delle Solomon, al centro del Pacifico, è formato da 992 isole. Lì c’è una missione, che un gruppo di buona volontà (di valtellinesi e non), coordinato dal missionario Don Luciano

Capelli, si è preso a cuore, da cinque anni. Diversi gruppi di persone di buona volontà sono andati a proclamare un messaggio profetico:“La spirale della violenza, del terrorismo, dell’ingiustizia e dell’indif-ferenza e di altre realtà simili si può fermare o meglio contrastare solo con un movimento che va nella direzione opposta: la violenza si ferma qui da me, mi rifiuto di passarla ad altri, così come l’egoismo, l’indifferenza … e tutto ciò che li alimenta!

don Luciano Capelli

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nsiemeIC 51Cori di

cinquant’anni fa Cori di cinquant’anni fa

Chi canta, prega due volte

La presenza al Villaggio Sanatoriale dei Pa-dri Camilliani, preparati nella musica e nel canto, favorì intorno al 1960 la nascita di

molteplici iniziative in cui ebbe parte decisiva padre Bonaventura Businaro. Insieme alla na-scita dell’Associazione “Amici della musica”, di cui diremo in altro numero, furono creati il

“Coro Storile”, con un repertorio di canzoni popolari, e un coro comprendente anche voci femminili, per l’accompagnamento delle celebrazioni liturgiche.Pubblichiamo di seguito due foto: l’una ritrae il coro parrocchia-le all’esterno della chiesa di Grosio, al termine di una funzione zonale per il congresso eucaristico diocesano (giugno 1963). Nella seconda, il Coro Storile posa, dopo un concerto, con i colleghi del Coro Vetta di Ponte Valtellina, davanti alle scuole elementari. Si notino in primo piano i due ma-estri, padre Bonaventura e Siro Mauro, alla cui memoria è intito-lato l’hospice di Cure Palliative dell’Ospedale.

Si riconoscono Giuseppe Car-doni, Bordoni Pia, Riboldi Dina, Bianconi Alma, Garavatti Aze-lio, Garavatti Bortolo, Pozzi Fausto, Lupessi Oreste, Zu-biani Aurelio, Valmadre Cate-rina, Salvalai Assunta, Rinal-di Gaetana, Capitani Franca, Ferri Pino, Cardoni Dario, Si-monelli Italo,Pozzi Gianmar-co, Garavatti Lidia, Garavatti Marina, Pozzi Luciana, Bian-chi Carla, Don Armanasco, Don Enrico Sassella, Padre Bonaventura...

Garavatti Azelio, Tonola Cesare, Valmadre Franco, Gianoli Remo, Pozzi Gianmarco, Zubiani Emilio, Garavatti Bortolo, Cardoni Giuseppe, Riboldi Cesare, Gianoli Renzo, Ferri Pino, Muscetti Martino, Garavatti Giu-seppe, Zappa Emiliano, Pozzi Battista, De Carli Lino, Pozzi Fausto, Lupessi Oreste, Ferrari Marcello, Della Patrona Pasquale...

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Sabato 27 aprile si è tenuta in Oratorio una “Cena Po-vera” proposta dai Lions

dell’ Alta Valtellina con la colla-borazione della Parrocchia, del-la Pro-Loco e del Gruppo Alpini di Sondalo, che ha assicurato con apprezzato esito il servizio di cucina. Durante la cena, Manuela Ari-ghi, ha raccontato la sua espe-rienza alle Isole Solomon. La significativa entrata è stata consegnata al Parroco a so-stegno delle attività dell’Ora-torio.

Cene povereSanta Pasqua

Quest’anno ,in occasione della Santa Pasqua, su invito di Don Battista,

un gruppo di genitori si è reso disponibile a rappresentare la Via Crucis utilizzando come forma espressiva le ombre cinesi, in modo tale che le persone presenti potessero percepire visivamente solo le figure in controluce e sen-tissero in sottofondo le voci dei due narratori unitamen-te agli interventi canori del coro parrocchiale.A mio avviso, avendo avuto

la possibilità di rivederla in seguito su cd maste-rizzato, ho constatato, vuoi per la novità, vuoi per l’atmosfera che in chiesa si è creata, un cli-ma di attenzione e parte-cipazione particolarmen-te intenso, suggestivo e sentito, che ha visto an-che la partecipazione at-tiva dei catechisti/e, oltre che dei bambini e ragazzi a loro affidati. Considerata la semplicità della scenografia, del suo allestimento e la mancanza di recitazione vocale degli “attori” che avrebbe potuto

creare confusione, ritengo sia stata un’ esperienza positiva sotto molteplici aspetti, da riproporre sicuramente.Inoltre, a nome mio e credo di tutti i partecipanti, mi auguro che il coinvolgimento delle famiglie in iniziative simili abbia futuri esiti positivi di avvicinamento e consolidamento del cammino di crescita cristiana a cui siamo chiamati come comunità credente.

Un genitore “attore”

VIA CRUCIS

Sabato 13 aprile “Cena Povera” Ragazzi 5ª elementare

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nsiemeIC 55Alla casa di riposo Alla casa di riposo

È stato bello vedere gli ospiti della casa di riposo felici del-la nostra visita: quando ab-

biamo dato loro il nostro regalo ci hanno ringraziati sorridenti. L’aver portato un po’ di gioia e di festa a loro, spesso soli e bisognosi di attenzioni, ci ha fatto piacere. È stato un modo per ricordare a noi, talvolta indifferenti a queste persone, l’importanza che può avere ogni piccolo gesto e per dimostrare agli anziani che c’è ancora un posto per loro nella comunità. Soprattutto, noi gio-vani, ancora lontani da realtà di disagio come la malattia, la

solitudine, la vec-chiaia, attraverso questa esperienza abbiamo compreso la loro situazione di vita. Ad averci col-piti particolarmente è stato vedere gli anziani in carrozzina o addirittura nei letti, impossibilitati, ma co-munque consapevoli del gesto che aveva-mo fatto loro e ricono-scenti.

Annalisa, Giulia & Laura

Il sabato prima della “Domenica delle Palme”, alcuni ragazzi di terza media del gruppo di Don Battista e alcuni adolescenti del gruppo coordinato da Enrico Gia-comelli hanno trascorso alla nostra Casa di riposo un pomeriggio diverso dal solito. Prima c’è stata la partecipazione alla santa messa celebrata da don Battista e dal diacono Enzo e, poi, lo scambio degli auguri di Buona Pasqua con tutti gli ospiti. Per l’occasione i ragazzi hanno portato dei piccoli pensierini realizzati dal Laboratorio di manualità dell’Oratorio - Ass. S. Marta.Inoltre, si è voluto regalare un oggetto particolare per rallegrare la casa di riposo: un grande quadro realizzato interamente a mano dai bambini e ragazzi del Labo-ratorio, con l’aiuto di Ornella e di alcune mamme sul tema “IL MARE”. Si è pensato che questo potesse essere gradito, dato che ormai per molti è, forse, solo un ricordo e quindi, stufi delle solite montagne, poteva essere un simpatico pensiero! Infatti, è stato molto apprezzato e porterà certamente un tocco di colore e di allegria anche lì, facendogli sentire la nostra vicinanza.È stato un bel pomeriggio per tutti e in particolare per i ragazzi che hanno parteci-pato e che hanno avuto l’occasione di fare sicuramente un’esperienza, che aiuta a crescere e ad apprezzare la vita in tutti i suoi aspetti.

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nsiemeIC 57La pagina

dei bambiniDall’oratorio

Una semplice ed economica risor-sa, per realizzare bellissimi lavo-retti estivi, sono i bastoncini di

gelati e ghiaccioli. La prima operazio-ne è di lavare bene i bastoncini e farli asciugare con cura. A questo punto la fantasia può essere lasciata libera.

Il primo utilizzo che possiamo farne è quello di creare ori-ginali segnalibri: semplicemente co-lorando i bastoncini con colori acrilici e magari aggiungendo immagini o scrivendo il nostro nome.

Sovrapponendoli alternati o incollandoli intorno ad un rotolo di cartone, possia-mo ottenere un contenitore da usare come portapenne.

Per realiz-zare infine un ventaglio occorrono: nastro adesivo trasparente e colori a tempera o acrilici (facoltativi).

Si comincia tagliando una striscia di carta, lunga 70 cm. circa e alta 11 cm. circa, che poi va piegata tutta a fisarmonica. La fisarmonica va fissata a una estremità con un giro di nastro adesivo trasparente. Sulle due strisce finali della fisarmonica vanno incollati (con la colla per la carta) i due stecchi-ni più lunghi, in modo da lasciare fuori dall’incollaggio la parte con il nastro adesivo trasparente. Quando la colla è asciutta, la ruota di carta può essere aperta, ma per allungare il manico, in modo che sia maneggevole tenere in mano il ven-taglio, bisogna in-collare ai primi due

bastoncini anche i bastoncini più corti. I baston-cini posso-no essere co-lorati con le tempe-re, oppure lasciati al naturale.

Lavoretti estivi con

i bastoncini dei gelati FUORICLASSE

Un’esperienza bellissima! Si imparano tante cose e

si conoscono nuove persone. È il primo anno che

lo faccio e mi diverto tantissimo!(Ragazze delle medie)

Un’esperienza interes-

sante ed educativa, tutti

ci vogliono bene. Tutto

positivo!(Bambine delle

elementari)

Un’esperienza plasmante. Non mi è dispiaciuto per niente dedicare del tempo a questa iniziativa!

(Animatore)

Un’attività che mi fa

sentire utile e appagata.

Sento di aver trovato il

mio “habitat”.(Animatrice)

Durante l’anno scolastico 2012/2013, presso l’oratorio e il CAG di Sondalo, in collaborazione con l’associazione Stella Alpina e in particolare con le educatrici Anna Pini e Consuelo Biancotti, si è tenuto il progetto doposcuo-la “Fuoriclasse”. I protagonisti di questa iniziativa sono stati in prevalenza ragazzi di 4a e 5a elementare e delle medie che, affiancati dai ragazzi delle superiori nello svolgimento dei compiti, si sono impegnati ogni martedì e giovedì pomeriggio.Tra le varie attività proposte, oltre all’esecuzione dei compiti, svolti nella prima parte del pomeriggio, i ragazzi si sono cimentati in giochi e laboratori di vario genere: tra i più apprezzati, il gioco dei mimi e l’esperienza culinaria di ma-ster chef, considerata particolarmente utile dal punto di vista della crescita.Inizialmente, forse per la timidezza dovuta alla differenza d’età fra ragazzo ed animatore, c’è stata qualche difficoltà a legare. Questo ostacolo, però, è stato facilmente abbattuto per lasciare spazio all’amicizia e alla collaborazione. Con il passare del tempo, abbiamo riscontrato anche una maggiore parteci-pazione dei ragazzi alle attività e soprattutto un grande entusiasmo.Non ci aspettavamo un’affluenza così numerosa pertanto siamo rimasti pia-cevolmente sorpresi. Visto il successo riscosso da questo progetto abbiamo infine deciso di prolungarlo con “Fuoriclasse estate”.Vi aspettiamo numerosi!

Alessandra, Riccardo, Katia e Giulia

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nsiemeIC 59Riflessioni

Onoriamo i nostri morti!

Sono a Sondalo ormai da parecchi mesi ed è frequente l’occasione di accom-pagnare con voi i nostri defunti alla Chiesa e alla sepoltura, concludendo poi con la celebrazione di una S. Messa di ‘settimo’. Essendo anch’io nato

e vissuto in un paese di montagna, con tradizioni e abitudini ricche di fede, so bene quanta importanza hanno i comportamenti e le raccomandazioni che i nonni e le none propongono ai figli e ai nipoti: facciamo bene a ricordare, per alimentare la nostra fede e conservare quella carica di speranza e di fiducia così necessaria, soprattutto alle famiglie e ai giovani. Per vivere oggi e gustare con gratitudine quel patrimonio di fede che abbiamo ereditato, sento l’esigenza di suggerire a tutti qualche attenzione che potrebbe contribuire ad arricchire di fede e di coraggio anche l’esperienza del dolore e del distacco, che accompagna la morte delle persone care. Quando è prevista la preghiera del Rosario alla sera in casa del defunto, pro-viamo a farci accompagnare da qualcuno dei figli o dei nipoti, perché imparino presto a onorare e a pregare per i defunti, insieme agli adulti.Al funerale sarebbe bene che, nel percorso dalla casa alla chiesa, le persone che vi partecipano si inserissero tra la croce e il sacerdote, con un pochino di ordine, così che dietro la bara rimangano solo i parenti. In questo modo si riuscirebbe a condividere meglio la preghiera, verrebbe favorito il silenzio e il raccoglimento di tutti.Se viene richiesta la cremazione della salma, il funerale in chiesa avviene sempre prima della cremazione. Il rito religioso si conclude sul sagrato e si concorda che le ceneri vengano benedette solo quando vengono deposte nel cimitero.Mi piacerebbe che tutti capissimo che non è bene che in Chiesa, né durante né alla fine della S. Messa, vengano letti testi o messaggi personali riguardanti il defunto, proprio per rispetto verso la Parola di Dio e il sacrificio di Gesù (anche la predica non deve proprio essere un elogio funebre, ma un servizio ad acco-gliere la Parola di Dio). Mi sembra giusto che il celebrante venga informato di un testo da leggere e che lo si legga solo in cimitero, o sul sagrato nel caso di cremazione.Il rito funebre non comporta alla chiesa nessun compenso, tanto meno al sacer-dote. Permane, spesso, la consuetudine che i parenti approfittino dell’occasione per un’offerta assolutamente libera alla chiesa.La celebrazione della S. Messa cosiddetta “di settimo” non è obbligatoria. Viene ordinariamente abbinata all’intenzione già in calendario e non è prevista alcuna offerta.

don Battista

Prima ComunioneAlcuni pensieri dei bambini

Gesù, ho atteso tanto questo momento: accoglierti nel mio cuore. Ho visto le porte della mia anima che si apri-

vano. In seguito, ho visto te, seduto sul trono, che mi aspettavi a braccia aperte. In quel momento mi sono sentita trasformata. Voglio continuare ad incontrarti sempre con un cuore da bambina. (Laura)

Gesù, ti ho ricevuto nel mio cuore, mi sono sentita protetta da un amore bellissimo, come se fossi circon-

data da una luce protettiva. (Claudia)

Gesù, quando sei entrato nella porta del mio cuore esso è stato avvolto da milioni di luci che quasi hanno abbagliato

anche i sassi. (Davide)

Gesù, nel giorno della mia prima comunione, mi sono sentita una tua figlia da te profondamente amata. Perché? Perché ti ho ricevuto per la prima volta,

ma soprattutto non da un sacerdote qualsiasi, ma da un sacerdote missionario, Padre Hillary che è

un abitante del Sud Sudan, un paese dove non c’è più il senso della fede in Cristo. Per questo sono molto

onorata di aver ricevuto la particola da Padre Hillary. Sono felice di aver condiviso questa giornata con i miei cari e quel giorno mi sono sentita molto pronta grazie alla mia catechista. (Martina)

Grazie pastore Gesù per avermi accolto nel tuo gregge di pecore. Fino ad oggi ero smarrita, ma poi tu grande pastore mi hai accolto tra le tue braccia dicendomi: “Tu pecorella ora sei nel mio gregge, chiama le tue amiche, la mia casa ha posto per tutti”. Detto questo ti chiedo, pastore mio, perdonami e fa che tutte le pecorelle vengano a te, o pastore Gesù. (Simona)

Gesù, in quel momento che ti ho ricevuto, ho provato gioia, emozione, pace. Era come se lo Spirito Santo fosse sceso su di me e tutto era tranquillo: che non ci fosse più la guerra, che non si dicessero più le parolacce. Ricevere Gesù era il mio sogno più grande e alla fine si è avverato! È bellissimo! È l’emozione più grande che ho mai avuto in tutta la mia vita. (Gloria)

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ORARIO SANTE MESSE Giorni Ore

SONDALOSan Francesco

lunedì, mercoledì e venerdì 8:00martedì, giovedì 20:00 domenica e solennità 8:00 - 10:00 - 18:00

Santa Maria Maggiore sabato e prefestiva 20:00 Casa di Riposo “Bellavista” sabato e prefestiva 16:30

MONDADIZZAmercoledì 17:00domenica e solennità 9:30

LuNeDì 29 LugLIO ORe 20:00 - Santa messa nella chiesa di Santa Marta

Sondalo Parrocchia di S. Maria Maggiore

BAtteSIMI:Mottalini Moris 30 marzo 2013Sala Crist Kesi 30 marzo 2013Zubiani Anna 30 marzo 2013Franzinelli Giulio 30 marzo 2013Grassi Alessandro 30 marzo 2013Pini Beatrice 30 marzo 2013Pietroboni Samuele 26 maggio 2013

DeFuNtI:Ricetti Maria Cristina - anni 99 29 marzo 2013Agostini Adriano Gianfranco - anni 69 1 aprile 2013Riceputi Anita Antonietta - anni 92 6 aprile 2013Copes Ornella - anni 63 5 maggio 2013Zubiani Battista - anni 78 6 maggio 2013Simonelli Martino - anni 63 13 maggio 2013Pini Elena - anni 89 30 maggio 2013Saligari Vittorio - anni 59 31 maggio 2013

Anagrafe Dal 1° marzo 2013 al 31 maggio 2013