atti incontro internazionale dei referenti amici di … · 2020. 6. 8. · figlio di dio: “non...
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“CHIAMATI A … MANDATI PER…”
ATTI
INCONTRO INTERNAZIONALE
DEI REFERENTI
AMICI DI GIOVANNA ANTIDA
ROMA, 24-29 LUGLIO 2018
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INDICE
- Partecipanti
- Programma
- Presentazione
- Attese
- Preghiera di apertura
- Matteo 25 - Padre Valerio di Trapani
- Un carisma ... Una spiritualità - Sr Nunzia de Gori
- Carisma e laici, un appuntamento "felice" - Sr Nunzia
- Domande e sfide dall'Assemblea
- Presentazione del Documento Base – Sr Paola Arosio
- Presentazione dei gruppi AJA nelle realtà geografiche
- Caccia al Tesoro
- Preghiera conclusiva
- Pellegrinaggio a San Pietro
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PARTICIPANTI
Prov/Reg/Del
Gloria Alegre de Ramirez
Arnaldo Ramirez
Sr Monica Binda
America Latina
Claude Maire
Jean-Paul Lamorisse
Christine Sanjuan
Besançon-Savoie
Suzanne Dleptany
Nayla Abou Haidar
Sr Jacqueline Karam
Sr Feriale Karam
Oriente
Aristide Djarareou
Sr Anna Rosa Casadei
Africa Centrale
Andrea Alfiero
Carmelina Capasso
Giannantonio Calabro’ Sr Martina Baesso
Sr Carmela Bulsei
Sr Angela Giuliani
Sr Maria Franca Meterangelo
Italia
Rose Curmi
Sr Rose Rizzo
Malta
Georgiana Dobrescu
Sr Lucica Cimpoesu
Romania
Sr Zarina
Sr Arshad
Pakistan
Margaritta Nurhayati
Asnah
Sr Siwi Utami
Indonesia
Sr Maria Rita Bossetti India
Gabriele Rossi
Daniela Bellizzi
Antonella Dallera
Gina Renzullo
Sr Rosella Basciani
Sr Myriam Garcia
Sr Paola Arosio
Sr Christine Walczak
Gruppo Promotore
Sr Catherine Belpois
Sr Sonia Nazir
Sr Maria Jaya Gnana Pragassam
Traduttrici
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INTRODUZIONE
“CHIAMATI A… MANDATI PER…”
“Vi incoraggio a percorrere strade di collaborazione tra tutti i componenti della vostra ricca famiglia carismatica. Nessuno nella Chiesa cammina “in solitaria”. Coltivate tra voi lo spirito dell’incontro, lo spirito di famiglia e di cooperazione” (Papa Francesco, 26 maggio 2017). Con gioia, vi presentiamo gli Atti dell’Incontro Internazionale Animatori AJA, tenutosi a Roma dal 24 al 29 luglio 2018. Erano presenti laici e suore da diverse parti del mondo, in
rappresentanza di numerosi gruppi locali AJA. “Chiamati a…Mandati per…” è stato il titolo e il filo conduttore dell’Incontro. Il Gruppo Promotore internazionale ha così voluto rispondere all’appello di Papa Francesco alle famiglie carismatiche di «far crescere la spiritualità della comunione, prima di tutto al
proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoi confini». La realizzazione
dell’Incontro internazionale ne è stata la risposta concreta, durante la quale i partecipanti hanno potuto offrire il proprio contributo in vista dell’elaborazione di un Documento Base, nel quale sia delineata l’identità degli Amici. La necessità di un Documento Base è stata più volte espressa dai gruppi locali e dai
partecipanti laici ai Capitoli Generali delle Suore della Carità. I documenti che trovate raccolti
negli Atti, sono la premessa indispensabile e condivisa per giungere ad una elaborazione
finale che esprima il contributo di tutti e di ciascuno.
Le giornate dell’Incontro Internazionale sono state caratterizzate da due interventi illuminativi, rispettivamente da parte di don Valerio Trapani, vincenziano, e di suor Nunzia
De Gori, Superiora Generale. Molto spazio è stato dato alla conoscenza reciproca fra i
partecipanti, ai lavori di gruppo sulla bozza del Documento Base, ai lavori in assemblea, alla
preghiera condivisa, alla presentazione delle realtà territoriali di provenienza dei
partecipanti. L’Incontro si è concluso con la Messa celebrata presso la tomba di san Pietro e il saluto del papa al movimento AJA durante l’Angelus. Tutti i partecipanti hanno preso l’impegno di condividere la ricchezza dell’Incontro Internazionale con le loro realtà locali.
Ci auguriamo che gli Atti possano aiutare i gruppi locali a crescere nel senso di appartenenza
alla famiglia carismatica degli Amici e a sentirsi pienamente partecipi del lavoro di
elaborazione del Documento Base.
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ATTESE
Abbiamo immaginato di essere in una delle tante classi popolari gratuite che Giovanna Antida e le sue
prime compagne hanno aperto in tante cittadine, paesi e paesini della Francia e poi a Napoli e a
Tagliacozzo e poi altrove...
A quei tempi, per imparare a leggere e scrivere, Giovanna Antida consigliava l'acquisto di grandi
cartoni da appendere nelle classi, sui quali erano riportate prima le lettere da sole, poi le sillabe, poi
le parole intere.
Ad ognuno di noi è stato consegnato un foglio, sul quale - per condividere le nostre aspettative -
abbiamo disegnato l'iniziale della parola che sintetizzava la nostra attesa. Ognuno di noi ha poi
potuto condividere e commentare :"F come Futuro: mi aspetto che si aprano strade di futuro per gli
AJA", "A come Animazione, perché... "
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PREGHIERA DI APERTURA
"Eccoci insieme, Amici e Suore, nel nome di Cristo, presente tra noi. Eccoci insieme, Amici e Suore, che facciamo parte di una stessa famiglia spirituale: quella di Santa Giovanna Antida Thouret. Eccoci insieme, Amici e Suore di diversi Paesi perché siamo stati “chiamati a” … Chiamati a vivere insieme questi 5 giorni di incontro, di condivisione e di riflessione. Chiamati ad essere persone risorsa e animatrici dei gruppi AJA. Chiamati ad impegnarci ancora di più nella Famiglia di Giovanna Antida. Affidiamo al Signore questo incontro internazionale, sicuri che Egli saprà indirizzare a ciascuno e a ciascuna di noi una Parola per continuare la strada. "
I partecipanti si sono presentati e, portando un simbolo rappresentativo della propria realtà geografica, ne hanno spiegato il significato. Ai piedi dell’altare, lo spazio si è arricchito di colori, forme, simboli, richiami alla propria terra e alla propria spiritualità.
Mi chiamo .... Vengo da .... Per rappresentare gli AGA di .... Abbiamo portato questo oggetto che simboleggia per noi .... Vi chiediamo di pregare per ...
Rit: Le mani alzate verso Te, Signor, per offrirti il mondo . Le mani alzate verso Te, Signor, gioia è in me nel profondo .
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RELAZIONE DI PADRE VALERIO DI TRAPANI, CM
Matteo 25, 31-46
La spiritualità vincenziana e la vita di Santa Giovanna Antida sono state segnate dalla lettura del passo del Vangelo di Matteo 25,31-46. In alcune lettere e conferenze spirituali di san Vincenzo de` Paoli chiede ai missionari, alle suore e alle prime volontarie di girare la medaglia per guardare i poveri con gli occhi della fede per scorgere in essi il volto del Figlio di Dio: “Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Dobbiamo
piuttosto considerarli al lume della fede. Il Figlio di Dio ha voluto essere povero, ed essere
rappresentato dai poveri. Nella sua passione non aveva quasi la figura di uomo; appariva
un folle davanti ai gentili, una pietra di scandalo per i Giudei; eppure egli si qualifica per
l'evangelizzazione dei poveri: «Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio» (Lc 4,18). Dobbiamo entrare in questi sentimenti e fare ciò che Gesù ha fatto:
curare i poveri, consolarli, soccorrerli, raccomandarli”.
Occorre pertanto fare una lettura attenta del testo per poterne cogliere i significati oggi che siano utili al nostro cammino di crescita cristiana e di conoscenza approfondita della spiritualità degli Amici di Giovanna Antida.
Lettura del testo • Matteo 25,31-33: Apertura del Giudizio finale. Il Figlio dell’Uomo riunisce attorno a sé le nazioni del mondo. Separa le persone come fa il pastore con le pecore e i capri. Il pastore sa discernere. Non sbaglia: pecore a destra, capri a sinistra. Gesù non sbaglia. Gesù, non giudica né condanna (cf. Gv 3,17; 12,47). Lui separa. E’ la persona stessa che si giudica e si condanna per il modo in cui si è comportata con i piccoli e gli esclusi. Gesù parla di sé alla terza persona quale Figlio dell’uomo (cf. Dn 7,13), ossia come figura di Giudice escatologico che alla fine della storia verrà per stabilire la giustizia di Dio. La sua regalità consiste nel compiere quel giudizio che è una misura di giustizia verso tutti coloro che sulla terra sono stati vittime, privati della possibilità di una vita degna di questo nome; in questo modo Gesù porterà a compimento ciò che ha iniziato durante il suo passare tra gli uomini facendo il bene (cf. At 10,38). Il giudizio è assolutamente necessario affinché la storia abbia un senso e tutte le nostre azioni trovino la loro oggettiva verità davanti al Dio che “ama giustizia e diritto” (Sal 33,5). • Matteo 25,34-36: La sentenza per coloro che si trovavano alla destra del Giudice. Coloro che si trovano a destra del giudice sono chiamati “Benedetti dal Padre mio!”, cioè, ricevono la benedizione che Dio promette ad Abramo ed alla sua discendenza (Gen 12,3). Loro sono invitati a prendere possesso del Regno, preparato per loro fin dalla fondazione del mondo. Il motivo della sentenza è il seguente: "Ho avuto fame, ero
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straniero, nudo, malato e prigioniero, e non mi avete accolto ed aiutato!” Questa sentenza ci fa capire chi sono le pecore. Sono le persone che accolsero il Giudice quando costui era affamato, assetato, straniero, nudo, malato e prigioniero. E per il modo di parlare "mio Padre" e "Figlio dell’Uomo", possiamo sapere che il Giudice è proprio Gesù. Si identifica con i piccoli! • Matteo 25,37-40: Una richiesta di chiarimento e la risposta del Giudice. Coloro che accolsero gli esclusi sono chiamati “giusti”. Ciò significa che la giustizia del Regno non si raggiunge osservando norme e prescrizioni, bensì accogliendo i bisognosi. Ma è curioso che i giusti non sappiano nemmeno loro quando hanno accolto Gesù bisognoso. E Gesù risponde: "Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me.” Chi sono questi "miei fratelli più piccoli"? In altri passaggi del Vangelo di Matteo, le espressioni "miei fratelli" e "più piccoli" indicano i discepoli (Mt 10,42; 12,48-50; 18,6.10.14; 28,10). Indicano anche i membri più abbandonati della comunità, i disprezzati che non hanno posto e non sono ben ricevuti (Mt 10,40). Gesù si identifica con loro. Ma non solo questo. Nel contesto più ampio della parabola finale, l’espressione “miei fratelli più piccoli” si allarga ed include tutti coloro che non hanno posto nella società. Indica tutti i poveri. Ed i "giusti" ed i "benedetti dal Padre mio" sono tutte le persone di tutte le nazioni che accolgono l’altro in totale gratuità, indipendentemente dal fatto che siano o no cristiani. • Matteo 25,41-43: La sentenza per coloro che erano alla sua sinistra. Coloro che stavano all’altro lato del Giudice sono chiamati “maledetti” e sono destinati al fuoco eterno, preparato per il diavolo ed i suoi amici. Gesù usa un linguaggio simbolico comune in quel tempo per dire che queste persone non entreranno nel Regno. Ed anche qui il motivo è uno solo: non accolsero Gesù affamato, assetato, straniero, nudo, malato e prigioniero. Non è che Gesù impedisce loro di entrare nel Regno, bensì il loro agire, cioè
la cecità che impedisce loro di vedere Gesù nei più piccoli. • Matteo 25,44-46: Una richiesta di chiarimento e la risposta del Giudice. La richiesta di chiarimento indica che si tratta di gente che si è comportata bene, persone che hanno la coscienza in pace. Sono certe di aver praticato sempre ciò che Dio chiede loro. Per questo rimangono meravigliati quando il Giudice dice che non lo accolsero. Il Giudice risponde: “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”. E’ l’omissione! Non hanno fatto cose in più! Solo smisero di praticare il bene verso i più piccoli e gli esclusi. E continua la frase finale: costoro sono destinati al fuoco eterno, ed i giusti alla vita eterna. Così termina il quinto
libro della Nuova Legge!
Lo sguardo di Gesù “Avevo fame, avevo sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere...” Dal Vangelo emerge un fatto straordinario: lo sguardo di Gesù si posa sempre, in primo luogo, sul bisogno dell'uomo, sulla sua povertà e fragilità. E dopo la povertà, il suo sguardo va alla ricerca del bene che circola nelle vite: mi hai dato pane, acqua, un sorso di vita, e non già, come
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ci saremmo aspettati, alla ricerca dei peccati e degli errori dell'uomo. Ed elenca sei opere buone che rispondono alla domanda su cui si regge tutta la Bibbia: che cosa hai fatto di tuo fratello? (cf. Gen 4)
Quelli che Gesù evidenzia non sono grandi gesti, ma gesti potenti, perché fanno vivere, perché nascono da chi ha lo stesso sguardo di Dio. Grandioso capovolgimento di prospettive: Dio non guarda il peccato commesso, ma il bene fatto. Sulle bilance di Dio il bene pesa di più.
Ed ecco il giudizio: che cosa rimane quando non rimane più niente? Rimane l'amore, dato e ricevuto. In questa scena potente e drammatica, che poi è lo svelamento della verità ultima del vivere, Gesù stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini, da arrivare fino a identificarsi con loro: quello che avete fatto a uno dei miei fratelli, l'avete fatto a me! Gli uomini e le donne sono la carne di Cristo. Finché ce ne sarà uno solo ancora sofferente, lui sarà sofferente.
Il male dell’uomo: l’indifferenza Nella seconda parte del racconto ci sono quelli mandati via, perché condannati. Che male hanno commesso? Il loro peccato è non aver fatto niente di bene. Non sono stati cattivi o violenti, non hanno aggiunto male su male, non hanno odiato: semplicemente non hanno fatto nulla per i piccoli della terra, indifferenti.
Non basta essere buoni solo interiormente e dire: io non faccio nulla di male. Perché si uccide anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra. Non impegnarsi per il bene comune, per chi ha fame o patisce ingiustizia, stare a guardare, è già farsi complici del male, della corruzione, del peccato sociale, delle mafie.
Il contrario esatto dell'amore non è allora l'odio, ma l'indifferenza, che riduce al nulla il fratello: non lo vedi, non esiste, per te è un morto che cammina.
Questo atteggiamento papa Francesco l'ha definito «globalizzazione dell'indifferenza». Il male più grande è aver smarrito lo sguardo, l'attenzione, il cuore di Dio fra noi.
L’uomo centro delle attenzioni di Dio In questo testo così determinante per scorgere le coordinate della nostra gioia, incontriamo anche la opzione fondamentale di Dio: l’uomo, ogni uomo a partire dall’ultimo. Questa è la scelta di Dio che spiega la sua incarnazione, la decisione di farsi uomo.
In una intuizione luminosa Heidewick di Anversa, mistica e poetessa fiamminga scrive: «Ho capito che questa è la compiuta fierezza dell'amore: non si può amare la divinità di Cristo senza amare prima la sua umanità». Riscoprire ogni frammento, ogni fremito di umanità nel Vangelo, cercare tutte i segni di umanità di Gesù: il suo rapporto con i
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bambini, con gli amici, con le donne, con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino. Il suo modo di avere paura, il suo modo di avere coraggio e come piangeva e come gridava, e la sua carne bambina e poi la sua carne piagata, e poi il suo amore per il profumo di nardo a Betania, la casa degli amici.
Amare l'umanità di Gesù, perché il Vangelo rivela proprio questo: che il divino è rivelato
dall'umano, che Dio ha il volto di un uomo.
Da questo comprendiamo che il Signore non ci chiede di essere come angeli, ma di essere uomini “umani”, di essere persone che riconoscono nel volto dell'altro un fratello e nel volto dei piccoli e degli ultimi, il Figlio di Dio. La scelta di Dio di mettere al centro l’uomo è presente in maniera chiara anche nel vangelo di Giovanni (Gv 15,9-17). In quel testo, l’evangelista annuncia che il grande amore del Padre per il Figlio ha scelto di riversarlo sugli uomini: “Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi”. (Gv 15,9). È sorprendente però, che egli non chieda di essere contraccambiato. Chiede di rimanere nel suo amore e ci lascia un comando: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. (Gv 15,12)Gesù mette al centro della sua missione ogni uomo amandolo e insegnando agli uomini ad amarsi vicendevolmente come egli ha fatto. E questa volontà consiste, in estrema sintesi, nell’amare l’altro, ogni altro. Riusciamo a capire cosa Gesù ci chiede nel farci dono del suo amore? Non ci chiede innanzitutto che amiamo lui, che ricambiamo il suo amore, amandolo a nostra volta. No, la risposta al suo amore è l’amare gli altri come lui ci ha amati e li ha amati. La restituzione dell’amore, il contro-dono, che è la legge dell’amore umano, deve essere amore rivolto verso gli altri. Allora questo amore fraterno è compiere la volontà di Dio, dunque amarlo in modo vero, come Dio desidera essere amato. Gesù ha risposto all’amore del Padre amando noi, e noi rispondiamo all’amore di Gesù amando l’altro, gli altri. Per questo tutta la Legge, tutti i comandamenti sono ridotti a uno solo, l’ultimo e il definitivo, che relativizza tutti gli altri: l’amore del prossimo.
L’amore concreto per il prossimo Ci viene anche manifestata la modalità con cui Dio ama, che è diversa da quella propriamente mondana. Infatti, mentre l'uomo spesso considera l'amore come un sentimento vago e passeggero, che si esprime nelle modalità proprie dell'affetto, della tenerezza, l'amore che Dio annuncia è fatto di gesti concreti, di scelte pratiche, verificabili. Infatti, essere giudicati dall'amore ai piccoli e ultimi è rintracciabile soltanto nel compimento di gesti e scelte in loro favore. L'amore non si conta dal numero di frasi dolci, dalla quantità di espressioni tenere ma, parafrasando San Vincenzo de' Paoli, dall’aver amato con "la fatica delle braccia e col sudore della fronte". L'amore insegnatoci da Gesù in questa parabola, ci scomoda, ci fa prendere posizione, condanna l'indifferenza e il dolce far niente. Sì, l'amore ha la concretezza del bambino che sbarca sulle coste italiane e che viene amabilmente accolto nella propria casa, ha la
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forma dell'uomo in carcere che chiede dignità e che gli venga riconosciuta l’identità. L'amore scomoda, l'amore cambia, l'amore ci cambia.
Devo raccontarvi un episodio che ha fortemente toccato il mio perbenismo: mi trovavo presso una comunità terapeutica e, durante la celebrazione eucaristica comunitaria, ho intuito che la persona incaricata per il servizio liturgico era un sacerdote ridotto allo stato laicale, affidato alla stessa comunità, in cui scontava la sua pena agli arresti domiciliari, per un reato molto grave. Attorno a quell'altare, ho scoperto che l'amore di Dio mi chiede ogni giorno di trasformare e cambiare i miei occhi affinché io possa scoprire che tutti, in particolare le persone ferite, fragili, deboli e anche quelle che sbagliano, rappresentano da vicino il Figlio di Dio. Quell’uomo, peccatore perdonato, con la sua sola presenza, mi ha insegnato che è degno di partecipare alla mensa eucaristica non l’uomo immobile e perciò impeccabile, ma chi riesce ogni giorno ad alzare lo sguardo verso Dio per chiedergli di guarirne le ferite. Capisco meglio, perciò, perché il Signore non ha voluto manifestarsi irraggiungibile e perfetto, ma ha scelto di mostrare il suo volto nel volto dei piccoli e poveri.
La vita umana è essenzialmente concretezza. L'uomo, come narra il libro della Genesi, è impasto di terra, è corpo e questo gli permette di trasformare i sogni di Dio in vita concreta. Il sogno di Dio è un mondo in cui l'affamato trovi un fratello che gli dia da mangiare, l'assetato trovi un uomo che gli porga da bere e in cui i fratelli e le sorelle si sostengano amabilmente nelle loro ferite, attraverso le loro ferite, a partire dalle loro ferite. Ricordiamoci infatti che il samaritano della parabola lucana, proprio perché “eretico”, appartenente a una comunità che nella Bibbia è chiamata “il popolo stolto che abita a Sichem” (Sir 50,26), è l'unico capace di intervenire a favore della persona ferita incappata nei briganti. Egli non appartiene al mondo autosufficiente e appagato degli scribi e dei sacerdoti, ma fa parte della schiera dei piccoli ed esclusi. Il Samaritano dallo sguardo compassionevole, scoprirà nelle ferite del povero, il volto di Dio e insieme al locandiere, costruirà una Chiesa come ospedale da campo. (cf papa Francesco nell’intervista rilasciata ad Antonio Spadaro in Santa Marta, 19 agosto 2013) La vita spesa per i poveri di S. Vincenzo de' Paoli e di Santa Giovanna Antida, è segno eloquente che Dio ci vuole umani e non angeli svolazzanti. Lo vediamo spesso anche nelle cronache di questi giorni: Trump mette dietro le sbarre i bambini, Salvini e i ministri europei rimandano indietro le navi piene di uomini e donne migranti e molta gente, spettatrice indifferente, sembra approvare queste scelte in cui appare assente l'umanità. L'amore è esigente perché tenta di strappare dalla nostra carne, atteggiamenti gratuiti di prossimità che lottano contro l’egoismo dell'uomo. L'uomo dai pugni chiusi, dalle braccia conserte e in panchina, non rappresenta da vicino il discepolo di Cristo. Egli, invece, è un uomo dalle braccia allargate, come il Crocifisso, che scende in campo per farsi accanto a chi è segnato dalla fragilità umana, è una persona che, sulle orme del
Nazareno, si propone di servire con amore tutti i fratelli che incontra.
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UN CARISMA ... UNA SPIRITUALITÀ
SUOR NUNZIA DE GORI
PREMESSA
Espressioni, quali carisma e spiritualità, a dire il vero, sembrano oggi logorate nella loro
comprensione. In particolare, l’espressione “carisma” si usa, a volte, anche in modo improprio. “Quella persona ha carisma ... Ci vuole carisma... Che carisma!... “
E noi, in verità, a volte, sotto le stesse parole, finiamo per intendere significati e contenuti
diversi. Che vuol dire “carisma” per noi? ... per ciascuna persona che è in questa sala? Per le culture da dove proveniamo? Per il nostro “status”, di religiose o di laici, che ci caratterizza?... Non solo. Ma quando diciamo “Giovanna Antida fondatrice”, che cosa intendiamo?
Credo, sia importante, per noi (suore e laici insieme), a qualsiasi latitudine viviamo, dal di
dentro di qualsiasi cultura ci esprimiamo - di poter attingere ad un patrimonio comune di
idee e di convinzioni, nella consapevolezza che, quando pronunciamo una “parola-chiave”, legata all’esperienza spirituale e apostolica che stiamo facendo, sappiamo bene che cosa stiamo dicendo.
Per questo, oggi ci fermeremo a riflettere su alcune parole-chiavi, che sono presenti, per
così dire, nel “vocabolario carismatico”, a cui attingiamo, senza però avere la pretesa di dire tutto intorno al loro significato e al loro valore.
Ciascuno e ciascuna di noi, in fondo, ha già una sua visione, un patrimonio di idee e di
conoscenze, che si è fatto grazie all’esperienza, alla formazione, alla propria sensibilità, etc…
In particolare, prenderemo in esame alcune espressioni, tra le più frequenti, senza perdere
di vista la ragione per cui ci soffermiamo su di esse: comprendere cioè il loro significato, alla
luce di quanto l’Esortazione apostolica “Vita Consecrata” sottolinea a proposito dei Movimenti-Laici, che si vanno sviluppando intorno alle famiglie religiose:
“La partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone
un’interpretazione più spirituale e spingendo a trarne indicazioni per nuovi dinamismi apostolici”1.
Mi riferisco in particolare a termini quali: carisma, fondatrice (iniziatrice), madre, modello,
spiritualità.
1 In “Vita Consecrata” (d’ora in poi: “VC”): 55
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1. Il carisma : un dono … un'esperienza
Parlando di carismi, parliamo dello Spirito Santo. Secondo l'etimologia (charis =
grazia), la parola “carisma”, così come la intendiamo noi, designa ogni dono gratuito di Dio.
Dono per eccellenza, è lo Spirito Santo (cf Rm 5,5; 8,15-16; 2Cor 5,5). Egli è il garante
dell'annuncio “fontale” (radicale) del Vangelo *kerigma+ : “Nessuno può dire : Gesù è il Signore, se non sotto l'azione dello Spirito Santo” (1Cor 12,3). E nello stesso tempo, Egli presiede alla edificazione *oikodomè+ della Chiesa, distribuendo “in vista del bene comune” (1Cor 12,7), i compiti e i doni (carismi) che sono funzionali alla vita della Chiesa: essa stessa primo dono dello Spirito Santo!
Di conseguenza, lo Spirito Santo, è la garanzia della presenza del Cristo Risorto,
dell'efficacia salvifica dell'annuncio (cf 2Cor 3,1-3), della solidità della speranza. Direbbe
Paolo, è “la caparra” di Dio nei nostri cuori (cf 2Cor 1,22; 5,5; Ef 1,14).
"Kerigma" - "Oikodomè" : sono i due termini di verifica, di discernimento, di
valutazione di ogni carisma, perché essi sono rispettivamente il contenuto e la finalità
dell'azione dello Spirito.
Ogni carisma, pertanto, esige fedeltà all'uno e all'altro. Infatti, tutti i carismi, in
maniera propria e irripetibile (non necessariamente originale!) hanno come loro
"contenuto vitale" l'annuncio che "Gesù è il Signore" [kerigma] e come loro "scopo
ultimo", “il bene comune” *oikodomè+, ossia la crescita del “Corpo di Cristo”, che è la Comunità ecclesiale.
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Il documento ecclesiale “Mutuae Relationes”2, già nel 1978, ci ricordava che i carismi, propriamente detti, secondo la visione della Chiesa ...
si situano sul versante dell'esperienza ... E se diciamo esperienza, di fatto diciamo
dinamismo, azione, movimento, novità ...
si situano sul versante dello Spirito ... E se diciamo Spirito, di fatto diciamo grazia,
vita, creazione, dialogo, comunione ...
Lo stesso «carisma dei fondatori»3 si rivela come un' esperienza dello
Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita,
approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in
perenne crescita 4
I carismi, pertanto, sono doni di grazia, esperienza di vita nello Spirito, portatori in sé
di comunione e di solidarietà nella Chiesa e tra gli uomini.
2 “Mutuae Relationes” (d'ora in poi: “MR”)
3 In “Evangelica Testificatio” (d’ora in poi: “ET”): 11
4 “MR” : 11
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11
1.1. Un carisma : due radici
Ogni carisma ha, per così dire, due radici che mettono la persona “toccata” da questa grazia speciale, contemporaneamente in contatto vitale con due esperienze forti di
incarnazione:
l'una è il Vangelo, sorgente e meta della sua vita nello Spirito; origine e fine di
ogni esperienza carismatica;
l'altra è il tempo storico, suo habitat naturale e culturale: il luogo “teologico” in cui Dio le si rivela e a cui Dio la manda!
Per cui ...
da una parte, c’è il Cristo, a cui la “persona-carismatica” si conforma a tal punto che possiamo in lei riconoscere i tratti della stessa esperienza di Paolo: “Non più io vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20b ). In Giovanna Antida Thouret, per esempio, questa dinamica di incarnazione evangelica e di identificazione cristocentrica, è lineare e progressiva.
Negli anni della sua pienezza di vita, a un certo punto della sua maturazione spirituale, potrà infatti dire del Cristo: “è il mio modello perfetto.”5. Al termine della sua vita, qualche mese prima di partire per il cielo : “ Sono sempre stata crocifissa e lo sarò fino alla fine”6 . E alle sue prime compagne/religiose, potrà raccomandare: “Non badiamo che a lui, non pensiamo che a lui, non desideriamo che lui, non viviamo che per lui 7 ... E'
Gesù Cristo Solo, che abbiamo sempre seguito dovunque ed è Lui solo che vogliamo
sempre seguire”8 .
Dall'altra, c’è l'umanità, che bussa al suo cuore, toccato dalla grazia. Per cui, la persona entra in solidarietà profonda con la storia, con l'uomo soprattutto
debole e sofferente del proprio tempo, fino a sentire in sé, per sé, il grido stesso
del Dio dell'Esodo: “Ho osservato la miseria del mio popolo” (Es 3,7a) . Anche Giovanna Antida Thouret avrà modo e occasione di dire di sé e della sua comunità: “Abbiamo percepito la voce dei poveri … In qualsiasi paese ci sono ugualmente cari ” 9... Lungo l'arco della sua vita, lo dirà con le sue parole, lo ripeterà con le sue azioni, tutte orientate verso la realizzazione di un carisma di carità, tradotto in servizio concreto e universale, spirituale e corporale, di assistenza e di promozione.
5 Lettre à sr Marthe, mai 1825; in “Lettere e Documenti” (d’ora in poi “LD”) : 406; *418] (Le citazioni entro la
parentesi quadra e in grassetto sottolineato, si riferiscono al testo francese) 6 Lettre à Mgr Narni, juillet 1826
7 Circulaire du 2 décembre 1821, in “LD” : 84; * 95 ]
8 Circulaire du 14 décembre 1823, in “LD” : 89; * 99 ]
9 Circulaire du 28 décembre 1812; in “LD” : 73; [85]
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2. Fondatore/Fondatrice ... Iniziatore/Iniziatrice
Un carisma è sempre una grazia particolare, un'esperienza profonda e gratuita, che
“tocca” in maniera speciale una persona [qualche volta un gruppo], che, come tale, diviene “persona carismatica”.
Come tale, essa dà origine ad una “istituzione” o “famiglia religiosa”, di cui è fondatrice; ad un movimento spirituale, di cui è “iniziatrice”.
E' lo Spirito che rende una persona fondatrice o iniziatrice. Lei è la destinataria
”prima” di un dono che è una peculiare esperienza di grazia, a lei concessa, non per meriti personali, ma per un mistero d'amore insondabile ed arcano; un dono da
spendere, un talento da trafficare: una chiamata, cioè, destinata ad una “missione particolare di annuncio e di servizio”.
Come tale, la persona destinataria [fondatore/fondatrice ... Iniziatore-Iniziatrice], è la
“protagonista prima” di un’esperienza spirituale, forte e originale.
E’ la “custode primogenita” di un dono di grazia, unico e irripetibile, che lei, per il mistero di una paternità/maternità spirituale di cui lo Spirito la investe, trasmette a
tutti i figli/le figlie, “gli amici/le amiche”, che Dio, nella sua infinita misericordia, le concede e le pone accanto, oppure le concederà nei secoli. Dono attraverso la Chiesa,
che ne è il sigillo di riconoscimento. La Chiesa: unica madre di ogni famiglia generata
nello Spirito.
2.1. Fondatore/Fondatrice ... e ... Carisma
I Fondatori (o Iniziatori di movimenti spirituali), in genere, sono persone che vivono
“in pienezza” il loro tempo. Non appaiono mai come “persone ai margini”… non spettatori della “scena che passa”, ma attori veri, interpreti fedeli e genuini delle aspirazioni, delle attese profonde dell'umanità, di cui si sentono parte viva.
Di solito, sono portatori di una visione positiva e ottimistica della storia, senza,
tuttavia, mai perdere di vista quel realismo con il quale da una parte sanno intuire,
individuare e riconoscere la tragicità degli eventi, dall'altra sanno sempre prendere
posizione di fronte alle ingiustizie e alle oppressioni.
Gli Iniziatori-Fondatori in genere, sono, tutti, persone di azione, pronte a fare,
andare, lottare, venire, partire….; e nello stesso tempo sono, tutti, persone di orazione, “sprofondate” nell’adorazione del Mistero, perdutamente contemplative.
In questo senso, possiamo dire che essi sono, insieme, autentici “uomini e donne di Dio”, “figli e figlie del proprio tempo”. Per cui anche il più contemplativo tra essi, il più claustrale fra tutti, non vive e non annuncia mai un Cristo intimistico e privato,
ma il Figlio di Dio che si è incarnato e ha preso corpo umano: il Figlio, che in Gesù di
Nazaret, passando per la storia di un popolo, per una lingua, un'epoca, una cultura,
ha vissuto e annunciato la tenerezza del Padre, ha praticato e insegnato la
misericordia e il perdono, ha offerto e sofferto, fino all'atto supremo della solidarietà
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divina, rivelatasi nella croce, segno visibile ed efficace di quel mistero pasquale, che è
la sorgente e il culmine della salvezza per gli uomini.
Tutti i carismi, pertanto, sono la rivelazione dell'umanità del Cristo, perpetuata
nell'umanità degli uomini. Essi ritrovano il senso ultimo, supremo, perenne, della loro
ragion d'essere, nell'annuncio di Pasqua, stolto e sapiente, scandaloso e salvifico, che
“Gesù è il Signore”.
I carismi, abbiamo visto, incarnano e annunciano il kerigma! Essi sono portatori della
storia umana del Figlio di Dio!
Di conseguenza, tutti i carismi sono portatori di “tutto il Vangelo”! E lo sono …
attraverso la “conformazione pasquale” dei “fondatori-Iniziatori” e dei loro discepoli al Cristo intuito, amato, interiorizzato, a partire da un peculiare aspetto
del suo totale Mistero, narrato nei "facta" e nei "verba" del Gesù del Vangelo
...
attraverso l'“adesione”, a tale mistero, riconosciuto nelle “povertà”, nelle necessità, nei bisogni storici del tempo … dei tempi, al fine di contribuire a costruire il “bene comune”, (cf 1Cor 12,7) , a “edificare il corpo di Cristo, che è la Chiesa” (cf Ef 4,12), chiamata ad evangelizzare tutti i popoli! (cf Mc 16,15)
--- --- ---
Gli Iniziatori-Fondatori, pertanto, coniugano in sé, attraverso il cammino di
spiritualità a cui si sentono chiamati, la dimensione della fedeltà e quella della
profezia :
fedeltà che li lega, in maniera indissolubile, al Cristo, amato e adorato in un
aspetto del suo mistero, umano e salvifico;
profezia, che li apre alla storia, dove vi ritrovano, sotto forma di bisogno e di
deficit di vita, quella “pagina” della vita del Cristo, ispiratrice carismatica della loro esistenza e di quella dei discepoli e compagni.
Per cui, queste “persone iniziatrici” colgono i segni della profezia evangelica nel tessuto del proprio tempo e si pongono come figure coraggiose, che in novità di vita
e di azione, proclamano l'eterna Verità di Dio e del Vangelo.
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Alla luce di quanto fin qui detto, due domande mi sembra emergano, per noi, in
rapporto a Giovanna Antida e alla sua esperienza carismatica:
Quale pagina evangelica, quale aspetto del Mistero del Cristo, fa da radice al
carisma, di cui lei è portatrice per noi? In quale azione o parola del Cristo, cioè,
possiamo riconoscere il fondamento evangelico del carisma, “trasmesso” a noi?
Verso quale umanità del suo tempo, si è sentita “mandata”? Quale sintesi tra Vangelo e storia si realizza nella sua vita e si pone a fondamento del suo/nostro
carisma?
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2.2. FONDATRICE / MADRE
Ancora “Mutuae Relationes” ci ricorda che l' imput iniziale, l'esperienza fontale ricevuta come grazia “gratis”, come dono, da Giovanna Antida, iniziatrice di un carisma per noi, viene trasmessa alle sue prime e successive compagne/religiose e,
per dna spirituale, anche ai laici-amici, “generati” nel tempo.
Non si tratta di un dono inteso come “pacchetto-regalo” passato di gruppo in gruppo, di generazione in generazione, da status vocazionale a status vocazionale
10; e
neanche di un insieme di norme, forme, abitudini, costumi, ereditati da suora a
suora, da suora a laico/a, da epoca a epoca, da cultura a cultura ...
Si tratta più specificamente della “trasmissione” di una “esperienza nello Spirito”, perché essa possa essere “vissuta, custodita, approfondita, costantemente sviluppata”.
Non si tratta tanto e solo di un aggiornamento di forme, metodi, tradizioni, quanto
dello sviluppo, nella crescita e nella maturazione, di una “esperienza spirituale” e di un “impegno di vita” al servizio dei poveri.
Lo Spirito Santo ha un ruolo decisivo e permanente, non solo nella “generazione” del carisma al momento dell'esperienza storica vissuta dalla Fondatrice, ma anche nello
“sviluppo successivo”, quando a lei succede il gruppo e il gruppo diviene pluri-generazionale, pluri-epocale, pluri-culturale, pluri-vocazionale, etc.
La presenza dello Spirito Santo, cioè, permane tanto nel momento iniziale, quanto nei
tempi storici di sviluppo del carisma stesso.
Lo Spirito ha, per così dire, un duplice ruolo: uno rispetto alla fondatrice e l'altro
rispetto alle sue figlie-religiose e ai suoi amici-laici:
Rispetto alla fondatrice
Lo Spirito Santo le ha ispirato, appunto, una certa sintesi del Vangelo, una
passione grande, per la quale Giovanna Antida ha sviluppato, sempre più nei suoi
anni terreni, un “forte ardore di configurarsi al Cristo”, per vivere, testimoniare e condividere con le figlie che Dio le ha donato, e con gli amici che Dio le donerà,
un “qualche” aspetto del suo mistero, che diviene solidarietà e impegno di vita per un “certo” tipo di umanità11, ossia, i poveri.
Rispetto alle figlie-religiose e ai laici-amici
Lo Spirito, in ogni tempo ricorda loro, rendendola permanentemente viva, “la verità ricevuta”12, l'intuizione delle origini [memoria vivente], e li conduce verso la “verità tutta intera”13, presente ma non in pienezza agli inizi della fondazione ... alle possibilità, cioè, ancora nascoste e inedite dell'impulso evangelico
ereditato [ profezia ].
10
Dalla Vita religiosa alla Vocazione laicale 11
cf “MR” : 51; "Vita Consecrata" (d'ora in avanti “VC”) : 36 12
cf Gv 15, 26b 13
Gv 16,13
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Il carisma, cioè, nella sua fase storica di nascita, è una verità evangelica, “consegnata” alla fondatrice dell’istituzione-suore, sotto forma di esperienza che viene dallo Spirito, e che è destinata a svilupparsi nel tempo, non nel senso di aggiungere
alcunché sotto il profilo del Vangelo, ma nel senso della comprensione che diviene
sempre più profonda, e dell’esperienza spirituale ed apostolica che diviene sempre più ricca e variegata.
Due esempi concreti, forse, possono aiutarci a far luce rispetto a quanto abbiamo appena
affermato:
(a) L’idea di Chiesa
Uno dei valori forti, nell’ esperienza spirituale di Giovanna Antida, è l’amore alla Chiesa : “Sono figlia della Chiesa, siatele con me!”14.
Tutti noi, suore (di due secoli) e laici-amici (di questa epoca), siamo chiamati
a vivere questa verità da cui lei si sentiva attratta [verità ricevuta] …
Ma dopo di lei, noi Suore della Carità e Laici-battezzati, della Chiesa abbiamo
via via acquisito [andando verso la verità tutta intera ], una comprensione e
un’esperienza molto più profonde di quelle di Giovanna Antida. Infatti, se ci pensiamo bene, quando lei diceva “Chiesa”, forse voleva dire “Papa, gerarchia”, etc… Quando noi diciamo “Chiesa”, vogliamo, sì, dire “Papa”, ma anche “Popolo di Dio”!
Tra lei e noi, ci sono stati due Concili Vaticani, di cui il secondo ci ha dato la
“Lumen Gentium”, dunque una comprensione della Chiesa molto più approfondita rispetto a quella del XVIII-XIX secolo.
(b) I laici-amici
L’11 aprile 1799, Giovanna Antida dava origine ad una Istituzione, per il servizio spirituale e materiale, dei poveri. Istituzione formata da sole
“ragazze”, votate alla radicalità dei Voti. Più tardi, “con l’aiuto di Dio Solo” e dopo aver “invocato lo Spirito Santo”, come lei stessa ci ricorda, darà loro una “Regola”, che, per fasi successive, sarà approvata dalla Chiesa.
In quel momento c’erano i laici? No! Giovanna Antida aveva intenzione di fondare un “Movimento-laico”? No.
Il carisma di cui lei fu iniziatrice “Servire i poveri, spiritualmente e materialmente ... partout dans le monde”, può essere vissuto anche dai laici? Sì. Possono essi, come Giovanna Antida, vedere in loro il Cristo-Servitore? Sì.
Servirlo nelle loro “membra sofferenti”, prendendo a modello Giovanna Antida? Sì. Possono anche loro, come lei, guardare a Vincenzo de’ Paoli come a un “padre, modello, patrono, protettore”? ... Certo!
[Verità ricevuta : il servizio spirituale e temporale ...
Verità tutta intera: Anche i laici]
14
Circulaire, mars et avril 1820, in “LD” : 294 [308]
-
16
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Vivere il carisma, perciò, vuol dire portare alla nostra esperienza, per l’azione santificatrice dello Spirito, i contenuti di fede e di salvezza vissuti da Giovanna Antida,
ma arricchiti in noi dall’azione dello stesso Spirito, che c’era agli inizi della fondazione e continua ad esserci.
Così, le Suore della Carità dell’oggi, arricchite dell’esperienza spirituale dei laici-amici, non solo sono chiamate come la loro fondatrice a rimanere fedeli all’intuizione delle origini, ma anche ad arricchirla dell’apporto della storia e dei nuovi “aderenti” alle intuizioni delle origini.
Il carisma, dunque, non è una confezione di idee, di insegnamenti, di forme, di
abitudini… Il carisma, è, lo ripeto, un’esperienza di grazia, destinata, per sua stessa natura, a crescere, a svilupparsi, passando dalla persona-fondatrice alle persone-
discepole.
Legge, questa, insita in tutto il Vangelo e alla quale neanche Gesù ha voluto sottrarsi,
se, con giuramento, afferma che “chi crede in lui, compirà le opere che Egli compie; anzi ne farà di più grandi” (Gv 14,12). E che Paolo stesso sperimenta nella propria vita, fino a dichiarare: “Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo”
(Col 1, 24b ) .
Con Gesù, la iniziatrice del carisma che è a noi trasmesso, pertanto, può ben ripetere
a noi, figlie-religiose e laici-amici: “Voi farete cose più grandi di me”.
E con Paolo, noi, generazioni nate da lei, possiamo riconoscere, con umiltà e con
verità : “Completiamo nella nostra storia, quello che manca alla storia di Giovanna Antida Thouret”.
Tutto questo è possibile, a condizione che ...
In lei-Iniziatrice, sappiamo sempre riconoscere la "custode primogenita" del
carisma, la donna “toccata” in maniera unica dallo Spirito;
in noi-comunità (comunità religiosa e movimento-laici) lasciamo vivere il
medesimo Spirito, presente nelle nostre “origini”, visitati dalla grazia.
Alla luce di tutto questo, possiamo dire che il carisma, inteso come “esperienza trasmessa”, si configura come il DNA di queste due “grandi famiglie” (suore e laici), che assicurano nel tempo, con le caratteristiche proprie delle differenti vocazioni, la
fedeltà, ma anche la novità; la continuità ma anche l'originalità ... e sono capaci di
stimolare, in modo vitale e dinamico15, la vita stessa delle due “istituzioni”: Comunità con Voti e Movimento-laici.
15
In “Optiones Evangelicae” (d’ora in poi: “OE”) : 8a [Documento della Congregazione per i Religiosi, pubblicato nell’agosto del 1980, e più generalmente conosciuto col titolo “Religiosi e promozione umana”]
-
17
L’iniziatrice dell’esperienza carismatica, in questa ottica, è la “madre”. Lei stessa lo sa e lo ripete, nella percezione del suo momento storico, quando, lei si percepiva e si
definiva “madre per la vita” di un gruppo di religiose!16.
Lo Spirito l'ha resa feconda, con la sua grazia, mettendola in condizione di generare
altre generazioni di figlie-religiose e figli-laici, nella cui identità spirituale scorre la
stessa “linfa carismatica”, lo stesso “codice genetico spirituale”, per il quale, in noi vibra la sua stessa passione per Cristo e per i poveri.
Praticamente, sul piano spirituale c'è tra la “persona-iniziatrice di un carisma” e le generazioni spirituali, che in lei si riconoscono, lo stesso rapporto che c'è, sul piano
naturale, tra una madre e i suoi figli .
Un' immagine molto suggestiva, a proposito, ce la dà Francesco d'Assisi, il quale
diceva di essere “una donna che il Signore aveva messo incinta con la sua Parola e che gli aveva generato dei figli (Testimonianza di Oddone di Cheriton).
2.3. FONDATRICE / MODELLO
La fondatrice, riconosciuta tale dalla Chiesa, non solo è colei che ha dato
storicamente origine alla sua famiglia religiosa ... non solo è colei che le compagne e
discepole riconoscono naturalmente come la “Madre” 17... ma è anche il “modello” per le sue figlie nello Spirito e per i laici, che nel suo carisma si riconoscono.
Modello di che cosa? Modello come? … Non si tratta tanto di riconoscere in lei un esempio, per tutti i tempi e per tutti i luoghi, da imitare tout-court ... L' imitazione
non ha niente a che vedere con il culto della personalità : rischio sempre possibile!
La regola cui obbedisce la categoria della “imitazione”, invece, è ancora una volta paolina : “ Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1Cor 11,1).
Nel nostro caso, anche se Giovanna Antida non ce l’ha detto espressamente, di fatto a noi ha lasciato la grande eredità di perpetuare nel tempo e nella storia “la sua stessa passione per il Cristo, che si identifica con i poveri e che ci manda ai poveri”!18
Si tratta di mantenere sempre vivi, nel tempo e nello spazio, i tratti cristocentrici che
hanno dato vita e novità all'azione delle origini. Il nostro primissimo compito, se
vogliamo, non è, tanto, quello di domandarci, già da subito, che cosa fece Giovanna
Antida Thouret, quali opere ha realizzato, quante scuole ha aperto, in quali luoghi ha
fondato … Sì, anche questo, se vogliamo!
16
A mo’ di esempio: “Voi siete le mie prime sorelle e figlie; vi amo maggiormente della più tenera delle madri, non solo per il tempo presente, ma anche per la vita futura…”, in “LD”: 66; [78]. “Vi sono madre per la vita”, in “LD”: 307; [319] 17
“… l’abbiamo scelta come nostra madre …”, in “LD” : 197; [207] 18
“I poveri: queste membra preziose del Cristo sofferente, saranno soccorsi e consolati in tutte le loro miserie spirituali e temporali” : cf “LD” : 5-6, [21]; 27, [40]; 37, [50]; 73, [85]; 422, [434]; 232, [242]; etc …
-
18
Ma, per mantenere vivo lo spirito delle origini, per radicarci in esso, per far sì che
Giovanna Antida resti un modello sempre attuale, il nostro primissimo compito
sarebbe piuttosto quello di chiederci da quale esperienza del Cristo la sua vita è stata
“toccata”; quali i tratti emergenti della sua vita spirituale, quali i valori evangelici, presenti nel suo vissuto di cristiana, di serva dei poveri e di fondatrice, etc…
Di conseguenza, l’imitazione della “iniziatrice” del nostro carisma, consiste non nel “fare quello che lei ha fatto”, ma nell’ “agire come lei ha agito”!
In altri termini, accostando la sua vicenda storica, non ci è chiesto di ripetere forme e
opere, ma di ritrovare il “dinamismo” della sua vita nello Spirito, di attingere al suo stile umano e spirituale di essere e di agire, per fare anche noi come lei, “quello che il Salvatore del mondo è venuto a fare sulla terra"
19.
In fondo, sappiamo bene che la sua vicenda storica inquadra la sua esperienza
carismatica! E noi andiamo al suo vissuto storico e umano, per ritrovare il suo vissuto
carismatico.
La santità di Giovanna Antida, riconosciuta nel suo stile di vita, nelle sue opzioni, nelle
sue azioni, nei suoi sentimenti, perciò, è come paragonabile ad uno “specchio”, dove si proietta il “Volto del Cristo”, così come da lei riconosciuto, amato e vissuto.
Noi, sue figlie di tutte le generazioni e laici-amici, siamo chiamati a guardare a questo
“specchio”, non tanto o non principalmente per ammirarne la cornice, che corrisponde, se vogliamo, alla sua persona, pur bella (!) e alle sue avventure umane,
pur avvincenti (!), quanto per contemplarne il “contenuto”: il riflesso dell’azione in lei dello Spirito, il vetro limpido del suo amore per Cristo, così come lei lo ha accolto,
amato, imitato …
In altri termini, la regola prima del nostro accostarci a Giovanna Antida, dovrebbe, in
parole povere, rispondere a questo criterio:
“Guardiamo a te, Giovanna Antida, alla tua storia, alle tue vicende umane, allo svilupparsi dei fatti e della cronaca, che ti hanno riguardato, per ritrovare
nella tua storia, nei tuoi fatti, nelle tue umane vicende, non principalmente te,
ma il Cristo che vive in te !”.
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Questo non significa che la storia non sia importante. Tutt’ altro! Significa che la storia della “iniziatrice del nostro carisma” è una speciale pagina di salvezza, nella quale Cristo ha inscritto un “pezzetto” della sua Presenza, con il dono di un carisma, grazie al quale l’ha resa iniziatrice nella Chiesa di una Famiglia religiosa e, per riflesso, di un Movimento-laici, votati a Dio e ai poveri.
E allora, andando agli eventi storici, non ci limiteremo a snodare date, focalizzare
fatti, individuare persone, ma cercheremo filoni spirituali, scopriremo tratti di
salvezza, riconosceremo tracce, anzi impronte marcate della presenza del Cristo.
19
“Discours préliminaire”, in “LD” : 11; [26]
-
19
Il valore della imitazione, perciò, rimanda alla spiritualità, di cui diremo tra poco ...
e la spiritualità è sempre cristocentrica!
Quando l'imitazione diviene pura e semplice ripetizione di forme secondo canoni e
regole tipicamente degli inizi, questo significa che il gruppo vive una vera crisi di
spiritualità : siccome non si sa più quale rapporto con il Cristo la persona-fondatrice
ha vissuto e proposto, il ritorno a lei è solo un revival di forme ... il rimpianto
nostalgico di antichi splendori !
3. SPIRITUALITÀ
E' la visione evangelica globale, che sostiene e, nello stesso tempo, esprime, in
atteggiamenti e in azioni, il carisma .
La spiritualità è a fondamento del carisma e, insieme, ne è il nutrimento. Per cui, se
esiste un carisma, non può non esistere una spiritualità, anche se non sempre si
tratta di una spiritualità originale.
Il rapporto che vi è tra il carisma e la spiritualità, per analogia, è il medesimo rapporto
che intercorre tra una costruzione e le sue fondamenta.
Come vi è una legge fisica, fondata sulla proporzionalità, che garantisce armonia e
stabilità all'intera costruzione, così vi è una legge spirituale che garantisce armonia e
stabilità ad una fondazione carismatica ... non solo nel senso che non può esservi
casa senza basi, ma anche nel senso che più profonde sono le fondamenta, più è
stabile e slanciata la casa .
Così, più è solida, profonda, evangelicamente fondata la nostra spiritualità, più è
solido e proiettato nel tempo e nello spazio il nostro carisma.
Se l'una rimane fedele a Cristo e aderente alla storia, l'altro si proietta e si sviluppa
nei secoli e nelle diverse culture ...
Alla stessa maniera, più la spiritualità si traduce in interiorità profonda e raggiunge il
nostro cuore, più il carisma si incarna e diviene servizio concreto, universale e totale
a quella porzione di umanità, che resta sofferente ed emarginata in ogni tempo e in
ogni dove ...
Ogni spiritualità si nutre di quel patrimonio spirituale e umano che via, via, la famiglia
religiosa accumula nel tempo e nelle esperienze di santità che va facendo nei suoi
membri ... Per cui, essa è, per sua stessa natura, destinata, come il carisma, a
“svilupparsi” ... a “crescere” come il buon grano, che viene accumulato nei depositi delle abitudini, delle tradizioni, delle esperienze codificate nel tempo .
“Fate provvista del buon grano”, raccomandava, con sensibilità profetica, Giovanna Antida Thouret20
20
Circulaire du 28 décembre 1812; in “LD”: 72; [84]
-
20
Facciamo sì, che, tornando alle origini - carismatiche e spirituali - della nostra
fondazione, anche noi, oggi, viviamo una genuina spiritualità cristocentrica, fedele e
nuova, che non si riduca ad un insieme di devozioni, intimistiche e senza vitalità
evangelica, né finisca per essere semplicemente l'imitazione di esperienze altrui .
Una spiritualità, che sappia certamente far tesoro delle ricchezze altrui, ma che non
disperda, per questo, le proprie tradizioni ... e faccia del Vangelo il motore sapienziale
del carisma .
Da qui,una domanda di fondo, la madre di tutte le domande: Abbiamo una
spiritualità? Quali sono i tratti essenziali?
Proviamo a tracciare un breve profilo della nostra spiritualità, tenendo conto che essa
parte dal fondamento evangelico del nostro carisma21
e, come una buona e solida
costruzione, implica tutte le dimensioni del nostro agire, pensare, sentire …
Da qui, quali i sentimenti che animano una suora della carità? Un laico-amico? Quali i
pensieri portanti? Quali gli atteggiamenti tipici? Quale la loro visione del mondo?
Dell’uomo? Del creato? … Quali le virtù proprie del patrimonio spirituale, cui attingono? Quali le devozioni più significative? … etc…
Carisma e spiritualità, insieme, costituiscono l’identità carismatica.
21
Il fondamento evangelico del nostro carisma: qual è ?
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21
CARISMA E LAICI ... UN APPUNTAMENTO “FELICE” Dialogando con i laici ... Riflessioni a “braccio”
Sr Nunzia De Gori Libera trascrizione dalla registrazione-audio ... riveduta e corretta
Cosa ci spinge a seguire le suore? Rimando cortesemente alla lettura del n° 54, di “Vita Consecrata”, dove si dice che “oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il loro carisma può essere condiviso con i laici. Questi
vengono perciò invitati a partecipare in modo più intenso alla spiritualità e alla missione
dell'Istituto medesimo”.
Vangelo ... Carismi
Nell’interiorità dei fondatori e delle fondatrici “giunge impetuoso”, come a Pentecoste, lo Spirito Santo e fa sentire loro una mozione duratura, insieme ad una sintonia fortissima e
simpatia continua verso un aspetto della vita del Cristo.
Se i fondatori oggi usassero facebook, per parlare di sé, riceverebbero tanti like su
espressioni, tipo: “Quanto mi piace il Cristo quando si ritira sulla montagna e prega il Padre”. “Quanto mi piace il Cristo quando parla ai bambini”. “Quanto mi piace il Cristo quando predica ai poveri e agli umili”. “Quanto mi piace il Cristo che per sé non ha neanche una pietra dove posare il capo”. “Quanto mi piace il Cristo quando mi ricorda che se accolgo uno straniero, se faccio compagnia ad un malato, se dò del pane all’affamato, se vesto una persona nuda, se visito un carcerato, etc... sto accogliendo e servendo lui!”. “Quanto mi piace il Cristo quando indossa un grembiule per lavare i piedi ai suoi discepoli”. “Quanto mi piace il Cristo, quando ...”. Quanto mi piace il Cristo, che ...”. Etc. Etc. Etc. .
Insomma, il Vangelo è tanto ricco e talmente variegato, che per viverlo tutto intero, ci
vorrebbero altrettanti Cristi. Forse che, quando ci invita ad essere perfetti come il Padre suo,
Gesù vorrebbe dirci che dovremmo essere la sua clonazione?
Il Vangelo è semplice, ma non per questo è facile. Nessuno da solo attua tutto il Vangelo!
Solo la comunione lo attua tutto intero. Il “Corpo-Membra”, di cui parla Paolo (cfr. 1Cor 12-13), il Corpo-Chiesa, solo questo Corpo, è la “fotografia” del Cristo, la sua immagine ... un po’ la sua clonazione.
E allora, che cosa sono i carismi? Per comprenderlo, dovremmo prima dirci che cosa è il
Vangelo. Ce lo diciamo con una immagine, un po’ impropria, forse azzardata, ma vicina al linguaggio e alla sensibilità dell’oggi. Il Vangelo è una sorta di “pagina-facebook”, aperta sull’universo e immessa nella rete della storia. E l’autore è il Figlio di Dio, fatto Uomo. Il Cristo! Non un Cristo astratto, ma quello dei giorni terreni, quello che cammina beneficando,
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risana consolando, insegna accogliendo: storpi, ciechi, zoppi, peccatori; adulti e bambini;
donne e uomini; concittadini e stranieri.
Dunque, se il Vangelo è questa “pagina-facebook” del Dio fatto-carne, amo pensare ai carismi, come a una moltitudine di “like”; di “mi piace”, inscritti “dentro” questa pagina ... Dei “like”, che esprimono attrazione, stupore, voglia di imitazione. Amicizia!
Ebbene, i fondatori e le fondatrici sono un po’ i soggetti che reagiscono, con i loro like costanti, appassionati, simpatici, alle sollecitazioni della “pagina-Vangelo” e al suo Autore. Ne sono gli amici più ristretti, più vicini. Navigatori fedeli, che non si limitano, però, a
dichiarare “mi piace”, ma vogliono andare oltre: incontrarlo, conoscerlo, amarlo. Per questo, si danno appuntamento nel concreto della loro vita. La vocazione è un appuntamento. Si è
fondatori per vocazione. Una famiglia religiosa che nasce, intorno ad un’opera, è il risultato di un appuntamento d’amore. Un incontro d’amore! Giovanna Antida non ha scelto di essere fondatrice; lo è divenuta per una “chiamata” ed una risposta d’amore. Perché proprio me? ... Eccomi!”.
Tra il Cristo e la persona-destinataria di un carisma, sì, nasce una simpatia, una forte
attrazione. Un appuntamento, dato e realizzato “dietro l’angolo” della storia. In un bisogno. In una povertà. In un deficit di dignità. Intorno ad una “ferita” storica. Toccala!
E’ qui che nasce l’amore vero, profondo, duraturo. Non un Dio astratto, ma un Cristo vero! Non un amore devozionale, ma un amore-servizio. Dove sei, Signore? In quale angolo di
strada mi dai appuntamento? ... Vieni, lì dove giace l’ammalato senza medicine, l’affamato senza una ciotola di brodo, un bambino senza un quaderno e neanche una penna, un adulto
senza Dio ... La rivoluzione ha spazzato via tutto. Io sono là, in quell’angolo di storia della Francia (e non solo) post-rivoluzionaria: gremita di malati, affamati, orfani, etc.
“Rientrate in Francia...”! Avevano chiesto a Giovanna Antida i grandi Vicari della sua Diocesi. “Formate delle ragazze ... Il servizio dei poveri e l’evangelizzazione vi attendono” ... “Come possibile? Avevo deciso di vivere nel nascondimento, nella clandestinità, nel silenzio” ... “Rientrate, come una buona figlia di san Vincenzo de’ Paoli!” ... “Sì, eccomi!”
E’ questo il percorso di un carisma. Un “sì d’amore”, un “like” detto al Dio della storia. E’ qui che il Cristo e la persona-toccata-dallo Spirito (fondatore/fondatrice) simpatizzano prima
ancora di guardarsi; si amano prima ancora di conoscersi; si incontrano, prima ancora di
vedersi ... Qui: negli angoli più oscuri o dissestati del mondo e della storia. E proprio qui, la
chiamata diviene incontro. E l’incontro genera dei figli e delle figlie. Giovanna Antida cominciò tutta sola quell’11 aprile 1799; ma durò poco. Alla spicciolata, cominciarono ad arrivare delle “figlie”: prima poche poi tante. Lei vivente. Dopo di lei, fino a noi. Suore della carità, per ogni ora della storia.
Mi si scusi la banalizzazione, ma, sul piano della spiritualità dei carismi, accade quel che
accade in natura, da un incontro d’amore. I carismi sono “semi di fertilità”. L’immagine più
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bella ce la dà Francesco d'Assisi, il quale diceva di essere “una donna che il Signore aveva messo incinta con la sua Parola e che gli aveva generato dei figli spirituali” 22.
I fondatori, dunque, si legano al Vangelo in una maniera fortissima. Una “simpatia”, una “sintonia”, che implica cuore, mente, volontà ... Sentimenti, idee, azioni. Così è stato anche per Giovanna Antida Thouret: un “like”, scritto con la sua vita, sul Cristo raccontato da Matteo 25 ... Avevo fame, avevo sete, ero nudo, carcerato, forestiero, malato, etc ... Un
“like” duraturo, stabile, quasi eterno. Un “like”, esso stesso dono dello Spirito (cfr. 1Cor. 12,3b) ... Al pari del carisma, dono dello Spirito.
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Carismi e Storia ... Interiorità e Azione
Nella vita dei fondatori e delle fondatrici c’è molta interiorità e molta azione: Preghiera e gesti ... Intimità e movimento ... Dentro e fuori ... Essere e fare. In tutti, anche nei più
contemplativi.
Di Teresa d’Avila, la contemplativa per eccellenza, per esempio, si dice che abbia percorso più chilometri lei sulle strade di Spagna che non il suo contemporaneo ministro delle finanze.
Teresa aveva fortemente voluto la riforma della clausura, le grate come segno esteriore di
una profondità tutta del cuore; eppure, nel pieno della sua azione riformatrice, non poté
fare a meno di uscire al di qua della grata, per realizzare “l’oltre la grata”!
E questo si comprende, perché, chi clicca sulla “pagina-Vangelo”, in modo costante, fedele e decisivo, non esce mai dalla storia. Vi si immerge sempre e sempre di più: sia chi sceglie la
grata, sia chi sceglie la strada. L’empatia con la storia accomuna tutti i carismi. Come li accomuna l’amore profondo per il Cristo e per la sua Chiesa. Ciò che li rende unici è quel “like”, quel “mi piace” riferito a un aspetto della vita del Cristo. Tutto il Cristo, certo, li affascina; ma un aspetto li prende in modo più forte: un gesto, una parola, un insegnamento.
Gesù che insegna, Gesù che perdona, Gesù che serve, Gesù che ascende il Golgota; etc.
Giovanna Antida non scelse la grata, anche se nel suo discernimento vocazionale, per un
attimo, la sfiorò. Scelse, per così dire, la strada. Ma non rinunciò mai alla “grata del cuore”. La contemplazione è una costante di ogni carisma ... Sì, perché non c’è fondatore o fondatrice che non sia contemporaneamente uomo/donna di preghiera e uomo/donna di
azione. Chi vive dietro la grata porta la storia primariamente nella preghiera. Chi vive al di
qua della grata porta la storia primariamente nell’azione. Ma, diceva Teresa D’avila, pensando proprio alla Vita religiosa, come incarnazione di carismi: “Bisogna che Marta e Maria vadano d’accordo”, per servire in pienezza l’umanità del Cristo nell’umanità
22
Oddone di Cheriton, in K. Esser, “Origini e inizi del Movimento e dell’Ordine francescano”, Jaca Book, MI 1975; p. 202 ranscano
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dell’uomo, e per raggiungere l’Amato-Dio, nell’interiorità più remota. Per cui, chi agisce prega. Chi prega, agisce.
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Giovanna Antida Thouret ... Iniziatrice e Fondatrice
Giovanna Antida visse la Rivoluzione Francese, attratta dalle sue piaghe. Piaghe fisiche,
morali, spirituali, culturali, etc ... Piaghe evocatrici delle piaghe del Cristo. Oggi, Papa
Francesco direbbe: piaghe dei poveri; carne viva del Figlio di Dio.
Per curare queste piaghe, profonde e sanguinanti, con l’olio e il vino del buon samaritano, il Cristo le ha donato, appunto, delle figlie: una famiglia religiosa, “tutta donata a Dio”, “tutta donata ai poveri”. Solo?
Diciamo che in quel momento storico, e in quelli successivi (per oltre due secoli) le ha dato
“solo” delle figlie. Di questa “famiglia” tutta al femminile, lei ne è stata la fondatrice: madre-guida-superiora. Iniziatrice di un carisma. Fondatrice di una famiglia religiosa.
I fondatori e le fondatrici sono sempre riconducibili ad una istituzione concreta, storica ...
Sono una sorta di “archè”, in rapporto al carisma. E sono “padri fondatori” o “madri fondatrici” rispetto ad una istituzione.
Il servizio evangelico dei poveri, per esempio, ha una tradizione bimillenaria nella Chiesa,
non l’ha certo inventato Giovanna Antida. Eppure lei è portatrice di una esperienza, certo non nuova, ma “irripetibile”, sì. Ogni carisma è irripetibile. Come i volti che popolano il mondo. Un volto non è mai perfettamente identico ad un altro volto; neanche quelli dei
gemelli. Eppure sono tutti umani. Così i carismi. Li accomuna il Vangelo. Li rende unici la
maniera di incarnarlo.
Un carisma non coincide mai, sottolineo mai, con una istituzione. Altrimenti quel carisma
seguirebbe la sorte dell’istituzione. Invece i carismi, proprio perché hanno origine nello Spirito Santo, debordano l’istituzione. Questo la Lumen Gentium l’ha detto in tutti i modi: la Chiesa è più grande delle chiese. Alla stessa maniera, i carismi sono più grandi delle
istituzioni.
Per cui, noi che siamo qui, in questo incontro di laici, chiediamoci: Giovanna Antida,
iniziatrice di un carisma e fondatrice delle suore della carità, è anche fondatrice del
movimento-laici, che a questo carisma si accostano?
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Il Carisma ... Giovanna Antida ... I laici-amici
Dopo due secoli di storia, il carisma affidato a Giovanna Antida come iniziatrice, ha superato,
ha debordato i confini stessi della Istituzione-Suore della Carità. Ha impiegato due secoli, è
vero. Nella storia delle Suore della Carità i laici ci sono sempre stati, collaboratori,
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interlocutori ... In un certo senso, anche amici e amiche della fondatrice. Pensiamo alle
persone che a Besançon cercavano e aiutavano le suore: “le signore dell’Ufficio beneficenza”, per esempio ... Oppure, ricordiamo l’esperienza napoletana: il confessore, Mons. Narni, ringraziava la “signora Thouret” perché aveva coinvolto “delle persone, per portare dei beni (letti, materassi e altro) in periferia”.
E l’esperienza di collaborazione con i laici è fiorita in tutto l’Ottocento, senza la quale le Suore della Carità non avrebbero mai potuto sviluppare le loro opere.
Ma oggi, dopo due secoli, cominciamo a comprendere che i laici non sono solo dei
collaboratori; sono veri e propri partners. Corresponsabili, in rapporto al carisma.
Da qui, la domanda: E chi è Giovanna Antida per i laici-patners nell’esercizio del carisma? Se Lei è l’iniziatrice di quel carisma che “piace” anche a loro e da cui si sentono attratti, chi è Giovanna Antida, se non quel modello, che ha vissuto la carità in una particolare maniera? Se
la carità che serve è anche la loro vocazione, come Giovanna Antida può ispirare la loro
azione di laici?
Fondatrice no, modello e madre sì. Ispiratrice, eccome! Iniziatrice di una esperienza
spirituale e di servizio, che loro sentono vicina.
Giovanna Antida, prima di essere la fondatrice delle suore della carità, è l’iniziatrice di quel carisma che, come abbiamo detto sopra, deborda l’Istituzione (ormai secolare) delle suore della Carità.
Anche per i laici-amici, lei è “l’archè” di quel carisma che nella carità ha la sua sorgente, e nel Cristo-servitore dei poveri, la sua ragion d’essere e il vero modello da seguire. Archè, proprio nel senso biblico: In principio, lei! Giovanna Antida, la prima in senso temporale, colei cioè
che ha iniziato; e la prima in senso spirituale: l’esempio da imitare, il punto di riferimento verso cui guardare. Non fine a se stessa - nessun culto della personalità (lungi da noi!) - ma
come modello di sequela del Cristo. Alla maniera paolina: “Non più io vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20) “Guardiamo a te, Giovanna Antida, non per vedere te, ma per ritrovare il Cristo che è in te e che tu hai amato, trovato e servito nei poveri”.
Dunque, Giovanna Antida è un archè, un inizio, anche per i laici-amici. Un esempio, una
guida, in un certo senso, una madre ... Ma non certo la loro fondatrice. I laici hanno bisogno
anche loro di istituzionalizzarsi; di darsi una organizzazione; di passare da movimento
spontaneo a istituzione organizzata ... Istituzione di laici.
Il carisma, che due secoli fa si è “incarnato” nell’Istituzione-suore della carità, di cui Giovanna Antida è stata la fondatrice, oggi si incarna nei laici-amici e attende di divenire
“carità organizzata” alla maniera laica. Non si può rimanere nella forma del movimento spontaneo, vagante, “a fisarmonica” ... o “a rimorchio” della suora X (ics) o della suora Y (ipsilon).
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I laici, che in Giovanna Antida vedono l’archè della loro esperienza spirituale, sono chiamati a divenire, alla maniera laica, gente che offre la propria vita, senza “imitare le suore”, ma come loro interpreti di un carisma, che riconosce i poveri e li raggiunge, in tutte le forme di
povertà che la storia, purtroppo, provoca.
Certo, Giovanna Antida rimane l’archè di ciò che per due secoli è appartenuto solo alle Suore della Carità e si espresso in scuole, carceri, ospedali, orfanotrofi, in mille opere di carità
“partout dans le monde”. Ma oggi a cosa sono chiamati i laici? A fare la ruota di scorta delle religiose? No, perché la vocazione laicale è una vocazione battesimale. Nel Battesimo, ogni
vocazione trova la sua dignità. E anche la vocazione laicale ha il diritto-dovere (cfr. Vita
Consecrata 55), di interpretare i carismi.
E’ come se io stessi per dire a voi: qui ci vuole un fondatore/fondatrice laica. Non necessariamente una sola persona. Il fondatore o la fondatrice, a volte, coincide con un
gruppo. Domandatevi pertanto: siamo noi “questo gruppo” chiamati a divenire “fondatore” di una esperienza carismatico-spirituale, che a Giovanna Antida guarda, per imparare da lei,
come si segue e si imita il Cristo-Servitore? Un movimento che fa Voto a Dio. Voto di fedeltà.
Non i voti delle suore! Ma un “voto laico”: quello della Gaudium et Spes, che, nei laici vede incarnata la vocazione a “santificare il saeculum”. Cambiare il mondo con la carità. Cambiare il mondo, col servizio ai poveri. Cambiare il mondo, da innamorati del Cristo-Servitore, come
lo fu Giovanna Antida Thouret.
E’ per questo che io sogno dei laici “votati” alle opere di misericordia: patners delle suore della carità. Quante opere delle suore della carità chiudono. Quanto mi piacerebbe che dei
laici si chiedessero: ci deve essere questa scuola in questo quartiere? Si deve chiudere quel
dispensario? Quel vescovo chiama: perché non ci andiamo noi?
Inoltre, scusatemi se vado in tilt, quando mi guardo intorno e, spesso, vedo dei gruppi
“fluttuanti”: “Oggi siamo in venti, domani cinque, dopodomani 13” ... “Oggi partecipo, domani forse”.
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Una conclusione che è un inizio ...
Il movimento, che riconosce in Giovanna Antida il suo “archè”, deve andare fino in fondo, con due impegni. Il primo impegno è quello dell’interiorità: non si serve, se non si prega. Se non si prega, si è attiviste, ma non servitori secondo il Vangelo. E questo può
accadere anche alle suore. Occorre quindi che i laici si diano una piccola “regola di vita”, in cui la preghiera è al centro. La preghiera, non l’intimismo o un superficiale devozionismo. Può servire anche ai laici, quanto Giovanna Antida diceva delle sue prime
compagne-figlie: “Mentre le formavo alla vita attiva, le formavo anche alla vita contemplativa”. E l’interiorità è silenzio, adorazione, Parola di Dio, Eucarestia. E poi, condivisione, confronto, sacramenti, riconciliazione.
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Solo se c’è questo caposaldo, curiamo anche il secondo impegno: il servizio. Servire i poveri. Quali? Quelli del nostro tempo. Lo sappiamo, ogni carisma ha sempre due radici:
una radice è nel Vangelo, l’altra radice è nella storia. Se io voglio essere fedele al carisma, di cui Giovanna Antida è stata iniziatrice, non posso non affrontare le nuove
sfide della storia, non conoscere i nuovi fenomeni culturali e sociali, non ascoltare i
nuovi bisogni, che non c’erano al suo tempo. E non io da solo. Ma la comunità degli amici. Sì, perché il movimento è innanzitutto una comunità di vita e di missione. La
comunità-famiglia degli amici è chiamata a lasciarsi interpellare dalla storia e dai suoi
poveri.
Dunque, che cosa sono chiamata o chiamato a fare io “figlia”, io “figlio”, di Giovanna Antida? (Molto bella l’espressione “figlia” e/o “figlio”. Anche il laico/la laica-amici, possono riconoscersi tali!).
In quanto figlia/figlio di questa tenera madre, compagna sul cammino del Vangelo della
carità, nelle abitudini della nostra giornata non possono mai mancare due cose: la preghiera
e la lettura del giornale. Che cosa accade oggi nel mondo? Quale posizione prendo io come
laico-amico?
In Italia, come dappertutto, in questo momento, tutti ci stiamo chiedendo se i migranti li
dobbiamo accogliere o non li dobbiamo accogliere. Pensiamoci bene, perché di noi, fra 30-40
anni, diranno che siamo gli “architetti” della shoah numero due! Un tempo, in Europa (e non solo) abbiamo avuto i campi di concentramento, adesso abbiamo i “deserti di concentramento”, i “mari di concentramento”. Quante popolazioni oggi fuggono, attraversando i deserti, sfidando i mari ... In giro per il mondo, ci sono molte guerre
dichiarate; ma ci sono anche guerre non dichiarate. E noi che facciamo? Chiudiamo le porte?
I porti? Gli aeroporti? Le frontiere?
Tutto questo per dirvi che essere fedeli ad un carisma è rimanere immersi nella storia; è
pregare, testimoniare e sporcarsi le mani, come il samaritano. Molto si potrebbe dire a
questo proposito.
Io credo, che come movimento-laici, state vivendo una bellissima fase. E’ come se il movimento stesse uscendo dal suo spontaneismo e si andasse strutturando. Siamo nella fase
“fondante”. Il movimento sta prendendo radici, solidità, fondamenta. Lentamente, certo, come tutte le istituzioni, compresa quella delle Suore della Carità che hanno impiegato 20-30
anni, prima di consolidarsi un po’.
I carismi sono come delle sorgenti: l’acqua sgorga, ma se non è canalizzata, si disperde ... e intanto io che sono a valle, rischio di continuare a soffrire la sete.
Anche l’istituzione delle suore della carità è stata una canalizzazione. Ogni tanto, c’è bisogno di manutenzione. Le incrostazioni rischiano di bloccare l’acqua.
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Il movimento-laici ha bisogno di una canalizzazione a monte. Una sua “regola di vita”. Lo Spirito Santo è in mezzo a voi, sotto forma di doni non per il mio-vostro benessere, ma per il
bene comune. I doni dello Spirito sono per gli altri, per dire una parola al mondo, per fare il
vostro piccolo servizio alle povertà di oggi. Da laici! Voi non siete quelli che, tout-court,
risolvono i problemi. Siete quelli che amano cercare di risolvere i problemi. Quei problemi
che possono apparire come la gigantesca statua di cui parla il profeta Daniele. Una statua
enorme, ma con i piedi di argilla. Noi siamo quei piccoli segni del Vangelo che cambiano la
storia. Puntiamo all’argilla. Possiamo cambiare la storia, abbattendo il gigante delle forze che si oppongono al Vangelo.
Buon lavoro di fondazione e di canalizzazione. Il cantiere è aperto ... Lo so!
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DOMANDE E SFIDE DALL’ASSEMBLEA
Cosa vuol dire per noi accettare la profezia dei laici? Siamo recettivi, accoglienti, verso gli
aspetti inediti del carisma che i laici ci rivelano?
Chi è l'Amico di Giovanna Antida? Che cosa gli stiamo chiedendo? Non abbiamo forse
bisogno di una Carta? O di rivedere il Testo fondatore?
Non è forse giunto il momento di avere una Regola di vita con un colore particolare per i laici
che vivono il carisma di santa Giovanna Antida?
Ci chiediamo ancora: la Regola di vita è un impegno di appartenenza o uno stile di vita?
Nel mondo, Amici o gruppi locali chiedono di spingersi più lontano, di impegnarsi
maggiormente... da qui l'urgenza di strutturare il Movimento.
Il denominatore comune tra suore e laici amici è il carisma, nostra comune identità.
Chiediamo al Gruppo Promotore internazionale di essere un vettore di
comunicazione e di formazione e che sempre più faccia da legame fra gli Amici laici e
la congregazione.
L'idea della Regola di vita ci ha favorevolmente impressionato. Esistono già degli
Statuti a livello internazionale? Questo potrebbe permettere a ciascuna realtà locali
di poter fare riferimento per essere legalmente riconosciuta
Risposte ad alcune domande:
- Dire statuto è impegnativo, anche le suore hanno una regola diversa in ogni paese che
deve essere riconosciuta dalla chiesa locale. Cominciamo con un documento che ci
caratterizza e che ha valore per il movimento stesso, poi semmai lo facciamo
riconoscere alla Chiesa e ogni paese lo cala nella sua realtà.
- Valori di fondo, comportamenti di vita, tappe, azioni. 1° struttura l’ha data il Vangelo: prima l’istituzione, poi il discepolo.
- Dobbiamo seguire i poveri di oggi senza moralismi. Tre parole chiave:
1. Cristo
2. Poveri
3. Chiesa
- JA contemplava il crocifisso: il rosario dei misteri dolorosi durava di più.
- Tutto ciò che è Chiesa è comunità. Gli Amici devono essere un movimento ecclesiale.
Creare gruppi di vita, gruppi di Vangelo, gruppi di servizio per attirare gli altri. Solo l
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