paralisi cerebrali infantili

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Paralisi Cerebrali Infantili

• Corso di laurea in Neuropsichiatria Infantile, a.a. 2017/18

• Dr. Maddalena Duca, Neuropsichiatra Infantile

Paralisi cerebrali infantili (PCI)

• Definizione: disturbo cronico del movimento e

della postura, secondario ad una patologia non

progressiva del cervello immaturo, suscettibile di

modificazione nel corso del tempo.

• Incidenza: 1-3 casi per 1000 nati vivi.

• Prevalenza: 2 casi ogni 1000 bambini .

Eziologia

• FATTORI PRENATALI: alterazioni placentari, ittero

nucleare, alterazioni cromosomiche,

malformazioni congenite, infezioni (TORCH),

sindromi neurocutanee, farmaci (barbiturici,

anestetici, antiepilettici), alcool e sostanze

tossiche.

• FATTORI PERINATALI: parto distocico,

prematurità, distress respiratorio.

• FATTORI POSTNATALI: alterazioni metaboliche

(ipoglicemia, ipocalcemia, ipo e ipernatremia,

iperbilurinemia).

Classificazione (vie nervose coinvolte)

• Forme spastiche: diplegia,

tetraplegia, emiplegia, doppia emiplegia (danno

piramidale).

• Forme discinetiche:

sindromi coreo-atetosiche, sindromi

distoniche (danno

extrapiramidale).

• Forme atassiche: ipotonia,

disorganizzazione

posturale di origine cerebellare.

• Forme miste

Classificazione in base alla

distribuzione topografica del danno

(Hangberg, 1989)

• Monoplegia (1 arto)

• Emiplegia (un emilato)

• Doppia emi (4 AA, ma con un lato più dell’altro)

• Paraplegia (AAII)

• Diplegia (4 AA, ma AAII>AASS; camminano;

danni dispercettivi e disprassici)

• Tetraplegia (4 AA; non camminano; hanno in

genere epilessia, ritardo mentale, RGE,

disfagia, ritardo dell’accrescimento).

Necessità di una nuova classificazione

A. Ferrari (2004)

• Serve una classificazione per trasferire i risultati positivi a coloro che ne possono giovare e evitare di ripetere gli errori. Deve darmi indicazioni sulla prognosi e sul progetto terapeutico.

• La forma clinica è la riorganizzazione del cervello dopo la lesione. La classificazione mi deve permettere di prevedere che cosa comporteranno le variabili che introduco(terapie, farmaci, ausili…..) e soprattutto se sono indicate, utili, funzionale o meno.

Classificazione dell’EMIPLEGIA

(A. Ferrari, 2004)

• Emiplegia di tipo 1: equino con T-T libera-mano

semiposturale (grazie al polso e all’avambraccio possono afferrare piccoli oggetti).

• Emiplegia di tipo 2: equino con T-T rigida- mano

sinergica (afferramento con spalla e braccio; è

semiaperta).

• Emiplegia di tipo 3: non alza il piede da terra-

mano prigioniera.

• Emiplegia di tipo 4: la compromissione arriva

all’anca- mano passiva.

Classificazione della DIPLEGIA (A. Ferrari)

• I forma (propulsivi)

a- ad anca flessa

b- ad anca estesa

• II forma (gonna stretta)

con o senza necessità di ausili per la marcia

• III forma (pendolo frontale)

con o senza necessità di ausili per la marcia

• IV forma (i diavoli volanti)

con o senza necessità di ausili per la marcia

Classificazione della TETRAPLEGIA (A. Ferrari)

• Forma aposturale vera (è la forma più grave; serve

garantire loro il benessere psicofisico).

• Forma monoposturale con difesa in flessione

(acinetico; rigido, mantiene una sola postura).

• Tetra con antigravità a tronco orizzontale (portarli

alla posizione seduta sarebbe importante).

• Tetra con antigravità a tronco verticale (possono

camminare con deambulatore se aiutati nei

passaggi posturali, ma possono fare pochi passi).

Classificazione Funzionale M. Bottos

• Si basa sulla competenza irrisolta, che è l’obiettivo da raggiungere a lungo termine e sulla fase del processo di separazione-individuazione raggiunta, perché l’autonomia è l’obiettivo finale.

5 gruppi di PCI

• 0-1- Compromesso oltre al motorio anche il nucleo del sé: serve un io ausiliariotuttavia questa figura deve cambiare (genitore, terapista, educatore, insegnante, ecc..) e deve essere separato dal corpo dell’adulto che accentua le deformità (es. ausilio adatto per la veglia, per il pasto). Dovranno andare a scuola per favorire la separazione dalle figure genitoriali e l’indipendenza.

5 gruppi di PCI

• 2- Hanno un nucleo di personalità

almeno parziale. Va dato precocemente

un ausilio elettronico (la FKT va focalizzata

all’utilizzo dell’ausilio e all’acquisizione

dell’autonomia, oltre che all’igiene posturale e alla prevenzione delle

deformità).

• 3- Hanno una gravità intermedia. Si deve

allargare il range di autonomia

(carrozzina elettronica) e si devono

ritardare le deformità.

5 gruppi PCI

• 4- Sono in grado di deambulare autonomamente o con un deambulatore; hanno bisogno di un ausilio all’esterno. Si deve ampliare l’autonomia e ritardare le deformità.

• 5- Lievi. Riescono a deambulare autonomamente ma non devono sovraccaricare le articolazioni, per non perdere questa funzione. Lo scooter elettronico serve a non sovraccaricare le articolazioni.

• Raggiungere il migliore risultato funzionale possibile è l’obiettivo in tutte le situazioni.

Disturbi associati

• Disabilità intellettiva (30-60%)

• Epilessia (71% tetraparesi)

• Disturbi del linguaggio

• Strabismo

• Ipovisione

• Ipoacusia

• Problemi respiratori

• Deficit di coordinazione dei muscoli implicati nella

deglutizione (difficoltà di alimentazione)

• Altro (lussazione delle anche, fragilità ossea, ecc..)

Profilo neuropsicologico delle

PCI • Compromissione del linguaggio: soprattutto a livello fono-

articolatorio con presenza di disartria e anartria nei casi più gravi, disturbi della voce che in alcuni casi comportano la totale

inintellegibilità della comunicazione verbale.

• Disabilità intellettiva più o meno grave: il 50% QI sotto 70.

• Disturbi di apprendimento (emiplegie): limiti della plasticità

neuronale sulle funzioni cognitive più complesse.

• Alterazioni visuo-percettive.

Percezione • Interpretazione sensoriale ovvero un’opinione relativa alle

informazioni ricevute e un adattamento del sistema ad esse.

Per poter compiere in modo corretto un movimento bisogna disporre di una corretta informazione percettiva cosa che

risulta deficitaria nelle PCI.

• Processo attivo e adattivo, integrato e complesso, attraverso il quale la stimolazione sensoriale (visiva, uditiva, tattile etc)

viene trasformata in esperienza organizzata.

• Il bambino con PCI riceve informazione di intensità superiore alla sua tolleranza per ciò che riguarda profondità, vuoto

(dispercezioni visive) con conseguenti atteggiamenti di fuga

ed evitamento (Ferrari A., 2005).

Disprassia in PCI • Difficoltà di programmazione e pianificazione

dell’atto motorio volontario diretto ad uno scopo.

• Alla base del fenomeno clinico c’è un disturbo di

integrazione ad alto livello che vede coinvolte le

diverse modalità percettive.

• Può portare importanti ripercussioni sugli

apprendimenti

Disturbi visivi e oculomotori • Difetti visivi nel 50% delle PCI, deficit visivi gravi nel 7-9%.

• Difetto visivo di tipo centrale (spesso correlato a lesioni cerebrali neonatali).

• Difetti di oculomozione, strabismo, riduzione del campo visivo.

• Distrubi dell’esplorazione visiva (Sabbadini G., 2000).

• Importante influenza del deficit visivo sullo sviluppo cognitivo

(ancor più di quello motorio).

Disturbi associati alle PCI

• Disturbi percettivi legati al proprio schema

corporeo: questo è una struttura permanente e

dinamica, ossia in corso di organizzazione e

aggiustamento a seconda delle modificazioni

corporee; ci permette di muoverci nello spazio.

• Disturbi emotivo-comportamentali: impulsività,

labilità emotiva, ansia, aggressività, passività

oppositiva, dipendenza, depressione, isolamento,

stereotipie.

Fattori associati alla PCI

che influiscono sull’outcome psicologico

• Disabilità intellettiva.

• Epilessia.

• Fattori legati alla lesione cerebrale: eziopatogenesi,

sede, estensione.

• Disturbi percettivi.

• Disturbi psichiatrici.

Terapia riabilitativa

(metodo Bobath)

• Fisioterapia: è importante per prevenire gravi

contratture e deformità, per promuovere

pattern corretti di sviluppo motorio e

principalmente per favorire l’autonomia.

• Scopo più generale della riabilitazione:

sviluppare al massimo grado l’indipendenza del bambino, che significa mettere il paziente in

condizione tale da poter interagire al massimo

grado delle sue possibilità in modo autonomo

con l’ambiente di vita.

Obiettivi della terapia riabilitativa

• Promozione funzionale di sistemi neuronali inattivi, se

possibile per il danno.

• Stimolazione di posture sempre più evolute.

• Attivazione di funzioni cognitive ed espressive, compresa

l’acquisizione di un corretto schema corporeo particolarmente nell’emiplegico.

• Prevenzione di deformazioni articolari ed ossee.

• Igiene posturale.

• Lavorare sulle potenzialità del bambino e favorire le

autonomie (lavarsi, vestirsi), quando è in età evolutiva e

possono emergere e non quando sarà troppo tardi.

• Collaborare con il medico fornendo indicazioni della situazione nel tempo.

Favorire l’autonomia

• Impotenza- Frustrazione –Rifiuto è un circolo

vizioso che si deve interrompere dando al

bambino i mezzi per aumentare

l’autonomia (ausili).

• Questo potenzierà curiosità, motivazione,

quindi esperienze e competenze.

Dalla guarigione all’autonomia

• Nella disabilità infantile è importante che si

diffonda la cultura dell’autonomia, non

potendo ragionare con l’obiettivo della guarigione.

• Occorre avere come obiettivo la maggiore

indipendenza possibile dell’individuo.

• Con i genitori è importante essere chiari

rispetto alla prognosi e ai possibili progressi

del bambino.

Prognosi

• La diagnosi precoce è importante, ma non

modifica sostanzialmente la prognosi che

dipende dalla gravità del danno iniziale. Un

progetto riabilitativo che miri alla maggiore

autonomia possibile del bambino, può

favorire il pensiero, lo spostamento,

l’esplorazione dell’ambiente, lo sviluppo cognitivo e psicologico (processo di

separazione-individuazione).

• La carrozzina elettronica, il computer, le

modifiche architettoniche migliorano la

qualità di vita e aumentano l’autonomia.

Prognosi

• Se entro i 3 anni il bambino non controlla

il capo e il tronco, non acquisirà la

deambulazione autonoma.

• Se entro i 7 anni non ha acquisito la

deambulazione autonoma, non la

acquisirà in seguito.

• La comunicazione della prognosi deve

essere chiara e obiettiva, perché lo

scopo della FKT non è per tutti i bambini il

cammino, ma l’acquisizione

dell’autonomia.

Ausili

• Facilitare la

corretta postura

eretta, da seduto,

da sdraiato,

quando il

bambino viene

nutrito o lavato.

• Prevenire

deformazioni

articolari e ossee.

Carrozzina

Permette di

mantenere una

corretta posizione

seduta e consente

gli spostamenti.

Sono regolabili alla

crescita e spesso

basculanti.

Bretellaggio

• Fa mantenere un

controllo passivo

del tronco, che

facilita la

respirazione.

• E’ una sicurezza per il bambino

contro eventuali

cadute.

Carrozzina elettronica

Può essere

utilizzate se le

capacità motorie

agli arti superiori e

le capacità

cognitive sono

adeguate.

Consente una

maggiore

autonomia negli

spostamenti.

Tutori • Servono per

contrastare l’ipertono agli arti inferiori, ritardando le deformità.

• Busto: contrasta il progredire della scoliosi e migliora respirazione e deglutizione.

Terapia farmacologica

• Per controllare la spasticità: benzodiazepine,

baclofene, tossina botulinica.

• Per controllare le distonie e le discinesie: sostanze

antidopaminergiche (fenotiazine e butirrofenoni).

Terapia neurochirurgica

• Talamotomia stereotassica: solo per pazienti

selezionati con forme distonico-discinetiche.

• Baclofene intratecale: per spasticità.

Interventi ortopedici Allungamento dei tendini retratti.

Sezione dei muscoli spastici.

Sono finalizzati al recupero dell’equilibrio tra muscoli agonisti ed antagonisti, al

miglioramento funzionale motorio e a ridurre

dolori.

Inizialmente la chirurgia ortopedica non

considerava la funzione, ma correggeva la

deformità.

Razionale della terapia chirurgica

• Chirurgia dosata o del pattern (Poccianti e Milani): deve

correggere la deformità, mantenendo il pattern motorio.

• Chirurgia funzionale (Ferrari): Il pz con PCI arriva alla funzione con dei compensi, ma va incontro nel tempo a deformità. Se la

deformità (es. equinismo) è funzionale e serve a garantire una

competenza motoria, non posso correggerla perché perderei

una funzione. La tossina botulinica, non essendo definitiva, può

valutare nel periodo pre-chirurgico se quel cambiamento è

realmente funzionale.

• L’intervento deve essere unico, bilaterale e dosato (se è necessario posso reintervenire nel tempo).

• Grazie per l’attenzione!!!!

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