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Pino Boero – Carmine De Luca
La letteratura per l'infanzia
Roma-Bari, Laterza, 1995
Letteratura per l’infanzia
Prof.ssa Anna Ascenzi
Università degli Studi di MacerataDipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del
turismoClasse: LM-85 bis
Anno Accademico 2014/2015
Capitolo IX
Da un secolo all’altro
(1970-2009)
Tra il 1970 e la fine degli anni Novanta, le case editrici si
assestano su una sempre maggior diversificazione dell’offerta,
con prodotti costantemente rinnovati al fine di attirare
l’attenzione e l’interesse di un’infanzia ormai completamente
immersa nelle molteplici possibilità offerte dai moderni mezzi di
comunicazione di massa, cercando di contrastare la scarsa
diffusione della lettura extrascolastica, soprattutto fra gli
adolescenti.
La questione del ruolo educativo della lettura è ampiamente
dibattuta negli interventi di scrittori contemporanei come
Daniel Pennac, che in Comme un roman del 1992 propone un
“decalogo del lettore” che ne riconosca i “Diritti
Imprescrittibili”, come quello di saltare le pagine e di non finire
il libro, Antonio Faeti, che in I diamanti in cantina (1995)
sancisce la necessità di instaurare un reale dialogo con la
pagina scritta, o nelle anticipazioni contenute in Il piacere di
leggere di Ermanno Detti (1987), sostenitore di una “lettura
sensuale”.
Già nel 1966 Gianni Rodari aveva dedicato all’argomento i suoi
emblematici Nove modi per insegnare ai ragazzi a odiare la
lettura, ricercati nell’abitudine di genitori e insegnanti di imporla
come alternativa ai fumetti e alla tv, di trasformare il libro in
strumento di tortura che non ammette distrazioni e di
colpevolizzare i ragazzi per una mancanza di interesse non
realmente compensata da una scelta di opere sufficiente per
stimolarne la curiosità, portando precocemente in primo piano
l’annosa e non ancora risolta questione del rapporto tra infanzia,
libri e televisione.
Anche la scuola italiana cerca di contrastare il preoccupante
vuoto, abituando gli studenti ad un costante rapporto con i testi,
attraverso l’aggiornamento continuo degli insegnanti e lo
sviluppo di una consuetudine all’utilizzo delle biblioteche e alla
pratica personale nel tempo libero.
Il maggior numero di lettori si conta nei ragazzi tra gli 11 e i 14
anni, cioè durante la frequenza della scuola media ed infatti,
tanto i relativi Programmi del ’63, quanto quelli del ’79,
indicano la lettura come “momento tra i più efficaci
dell’educazione linguistica”.
Dal ’79, dunque, si dispone la lettura di un’opera di narrativa
italiana o straniera. Ricerche condotte negli anni ’80 in Piemonte,
Valle d’Aosta e a Genova rendono conto dei generi letterari scelti
maggiormente per tale segmento dell’istruzione obbligatoria:
testi fantastici e leggende per la prima media, romanzi per la II e
III, primo fra tutti i Promessi Sposi.
Negli anni ’80-’90 le varie case editrici propongono diverse
collane, rivolte a bambini e a ragazzi dalla scuola materna alla
media, con fasce d’età identificabili già dal colore della
copertina. I libri per i più piccoli cercano di rispondere alle
caratteristiche dei destinatari curando particolarmente i
materiali e la veste grafica, in modo da essere libri “da toccare,
manipolare, guardare e leggere”. Le proposte per i bambini
dell’età di scuola elementare giocano sul tema narrativo
fantastico, fiabesco, misterioso; le trame dei libri per i ragazzi
trattano problematiche sociali e adolescenziali.
In generale, si nota, a partire dagli anni ’70, la preferenza per
la scrittura in prosa; la poesia trova spazio nel mondo della
scuola, non solo come lettura, ma anche come
sperimentazione di produzione da parte dei bambini, con molte
iniziative, quali concorsi o incontri con gli autori poeti.
Il fondamentale ruolo dell’illustrazione all’interno della
produzione per l’infanzia comincia ad essere riconosciuto a
partire dalla fine degli anni Sessanta, grazie all’organizzazione di
eventi come la prima mostra curata dal Centro Didattico
Nazionale di Firenze nel 1967, in occasione della quarta Fiera
del Libro per ragazzi di Bologna, seguita dalla Biennale di
Illustrazione per ragazzi svoltasi nel maggio successivo, e al
determinante apporto critico di studiosi come Antonio Faeti e
Paola Pallottino, che per primi dimostrano l’autonomia
dell’aspetto figurativo rispetto a quello testuale.
L’illustrazione per l’infanzia dell’ultimo quarto del Novecento
rappresenta ormai il culmine di un percorso che ha avuto origine
all’inizio del secolo, che ha visto l’immagine sottrarsi
progressivamente alla subordinazione alla parola, affrancandosi
anche da convenzioni iconografiche finalizzate alla pura
leggibilità, per imporre una dimensione ludica del segno grafico
che, in un netto rovesciamento di ruoli, tende ormai a trasporre
la propria attitudine al gioco e all’ironia anche a livello del testo.
Accanto all’importanza di collane come “L’arte per i bambini”
(1973) di Vallardi, la “Collana di perle” (1985) di Arka, le Edizioni
“C’era una volta” (1988) di Pordenone, dove l’apparato figurativo
è parte integrante del processo di educazione alla lettura, si
colloca l’opera di alcuni tra i più significativi autori-illustratori
contemporanei, protagonisti di un percorso che affonda le sue
radici nelle geniali intuizioni di personalità come Bruno Munari,
creatore, sin dagli anni Trenta, di veri e propri “libri d’artista” per
ragazzi, fatti di materiali inconsueti e rivisitazioni ricche di
stimoli, idee e provocazioni.
Depositari di questa tradizione sono Pinin Carpi, con volumi
come Cion Cion Blu e Il Sentiero segreto, dove il contatto con
l’infanzia è attuato attraverso un’attitudine fantastica e vicina
alle evocazioni affettive dell’oralità; Emanuele Luzzati, nelle
rime costruite sul modello delle avventure di Bonaventura e
Pampurio del «Corriere dei Piccoli», che mettono in atto un
gioco narrativo corredato di vivacissime tavole, in cui
dominano lo stravolgimento e l’accostamento inusuale; Grazia
Nidasio che, sempre per il «Corriere dei Piccoli» crea i
personaggi di Alibella, Gelsomino e Nonno Robi, ma giunge al
vero balzo di qualità con l’invenzione di Valentina Mela Verde,
negli anni Sessanta, e Stefi, negli anni Settanta, in una grafica
che unisce le suggestioni della Pop Art alle volute del Liberty.
Nei primi anni Settanta esordiscono Cristina Lastrego e
Francesco Testa, pubblicando Aladino alla corte del sultano,
libro che colpisce soprattutto per il forte impatto cromatico e
inaugura una stagione di produzione ampia e di grande qualità,
che va dall’invenzione di personaggi all’illustrazione e scrittura
di storie come quelle di Wilko, Ursinox e Giovanna, bambina
bruttina ma simpatica, che si distingue dagli stereotipi letterari,
figurativi e televisivi coevi.
Impegnato soprattutto nella satira politica e nel fumetto per
adulti, ma attivo anche per i ragazzi, è Francesco Tullio
Altan, creatore per il «Corriere dei Piccoli» di personaggi come
Kilka, Kamillo Kromo e Pimpa, cagnolina che si muove in un
mondo parlante fatto di piccoli avvenimenti quotidiani, e autore
di storie illustrate come Il nonno non ha sonno.
Una indubbia innovazione nel panorama editoriale italiano è
rappresentata dalla comparsa, nei primi anni Settanta, dei libri
della Emme Edizioni di Rosellina Archinto, dalla grafica
raffinata e dai contenuti originali e anticonformisti; la stessa
varietà di stimoli testuali e figurativi caratterizza la collana
economica “Tantibambini”, inaugurata nel 1973 da Bruno
Munari per Einaudi, ispirandosi al formato degli albi degli anni
Cinquanta.
La seconda metà del decennio vede fiorire molte novità per i
più piccoli, come le “Edizioni dalla parte delle bambine”,
prodotte da Adele Turini, la collana “dire, fare, giocare” di
Nuova Italia Educazione Primaria, destinata ai bambini dai 2 ai
6 anni, e i “libri con i buchi” de La Coccinella di Varese,
cartonati-giocattolo per la scuola materna ideati da Loredana
Farina.
Alle fasce di età superiori si rivolgono soprattutto case editrici
già note, come Editori Riuniti con la “Biblioteca giovani”, curata
dal 1977 da Marcello Argilli accogliendo temi legati ai
problemi del mondo attuale, e la torinese SEI, con le collane
“Nuovi adulti” (1977), che dedica alla scuola media testi come
Momo di Michael Ende (1929), Capitan Tautos di Gino Tertile
(1984) e Il ragazzo che fu Carlo Magno di Teresa Buongiorno
(1985), e “L’altra infanzia”, che punta sui ricordi infantili di
personaggi della cultura e dello spettacolo, creando brevi trame
narrative magistralmente illustrate dai disegni in bianco e nero
di Dino Battaglia, Alarico Gattia e Sergio Toppi.
Agli esordi degli anni Ottanta si colloca l’esperienza fiorentina
della Fatatrac, nata per colmare la carenza di una produzione
editoriale per la scuola materna ed elementare fatta di libri
per giocare, oggetti da manipolare, utilizzare e sciupare
liberamente, raccolti in collane come “Che senso ha”,
“Giralibro”, con volumi basati sull’invenzione stravagante e la
varietà grafica, e “Carte in tavola”, che ripropone fiabe
tradizionali suddivise in tavole da ricomporre come un puzzle,
illustrate da Sophie Fatus.
Gli stessi intenti innovativi caratterizzano la serie “Le letture”,
curata da Orietta Fatucci per la Editoriale Libraria di Trieste,
con libretti di formato tascabile che seguono l’evoluzione delle
capacità di lettura, secondo un criterio basato non sull’età
anagrafica, ma sulle competenze individuali, in una selezione di
testi che dà voce ad autori come Donatella Ziliotto, Beatrice
Solinas Donghi, Bianca Pitzorno e Roberto Denti. Nel 1987
Donatella Ziliotto fonda “Gl’istrici”, collana di Salani che
recupera nomi della vecchia Vallecchi come Roald Dahl, i cui
romanzi La fabbrica di cioccolato (1964), Gli sporcelli (1980), La
magica medicina (1981), Il GGG (1982), Le streghe (1983) e
Matilde (1988) conoscono uno straordinario seguito, e si rivolge
a scrittori di grande estrosità come Christine Nöstlinger, di cui
pubblica Wuanga, Ma che nano ti salta in testa, Il Bambino
sottovuoto, Hugo, il bambino nel fiore degli anni e Che
m’importa di re Cetriolo.
Il 1988 è l’anno dei “Junior” Mondadori, anch’essi strutturati in
serie articolate per fasce d’età e generi, in cui transitano tutti
gli autori italiani più importanti e molti stranieri significativi.
L’ultimo decennio del Novecento è caratterizzato da una sorta
di rivoluzione all’interno del panorama editoriale italiano, che
parte dalla sistemazione, a Trieste, delle due sigle storiche
Emme Edizioni e Einaudi Ragazzi: la prima è più orientata verso
la scuola materna ed elementare e accoglie i personaggi di
Altan, Carlotta e Paloma, i disegni di Nicoletta Costa, le storie
di Andrea Musso e numerosi romanzi e racconti italiani e
stranieri; la seconda offre molte ristampe della vecchia Einaudi,
suddivise nelle serie “Storie e Rime” e “Narrativa”, con opere di
Carlo Brizzolara, Mario Lodi, Mino Milani, Gianni Rodari e
Roberto Piumini, arricchite spesso da nuovi apparati
illustrativi, come nella felice combinazione Rodari-Altan. Collane
significative sono anche “Ex libris” (1989) e “Frontiere” (1994),
che propongono romanzi legati alle problematiche
dell’adolescenza, affrontando temi difficili come l’Olocausto o
l’anoressia.
Nel 1992 nasce “Il Battello a vapore” di Piemme, il cui catalogo
accoglie, accanto ad autori della tradizione, anche opere di
grande attualità come Paola non è matta di Anna Lavatelli e Il
fantasma dell’isola di casa di Aquilino Salvadore, storia che
affronta la solitudine e l’isolamento di un bambino portatore di
handicap.
Nel 1994 è la volta di GRU (Giunti Ragazzi Universale), con
volumi articolati su tre colori che indicano non solo la fascia
d’età, ma anche il grado di abilità richiesto per la lettura, in una
scelta di testi che punta soprattutto su scrittori italiani come
Lucia Tumiati con Il mio amico invisibile, Guido Setter, che
narra la sua esperienza partigiana in Ci chiamavano banditi,
Giusi Quarenghi con Strega come me e Bruno Tognolini con
Salto nell’ultramondo. Altra importante collana degli anni
Novanta è “Delfini Bompiani” (1994), con libri strutturati in livelli
diversi di difficoltà e curati da Antonio Faeti, che annette
qualche pagina introduttiva ad ogni volume e sceglie titoli di
natura eterogenea, associando a classici come Il piccolo principe
di Antoine de Saint-Exupéry, Piccole Donne di Louisa May Alcott,
Mary Poppins e Mary Poppins ritorna di Pamela Lyndon Travers,
anche opere come Storie della preistoria di Alberto Moravia.
Risultano particolarmente interessanti le esperienze di alcuni
insegnanti, soprattutto di scuola elementare, che vestono i panni
di scrittori, raccogliendo e riordinando gli elaborati prodotti dalle
loro classi o narrando e riflettendo su episodi della vita
scolastica.
Cronache scolastiche di Sciascia, ad esempio, libro per ragazzi,
è un lucido spaccato di realtà dove la scuola riflette il disagio e le
difficoltà del tessuto sociale siciliano in cui si trova ad operare.
Un anno a Pietralata di Albino Bernardini, diario di un anno
scolastico in una scuola elementare di una borgata della periferia
romana, esprime il clima di emarginazione e di violenza del
luogo con una prospettiva, però, di speranza sulla possibilità di
cambiamento e di miglioramento attraverso l’azione educativa.
Lettera a una professoressa di don Milani, manifesta il
modello educativo che il maestro ha applicato nella scuola per
i ragazzi del popolo che ha fondato a Barbiana. Il suo ideale di
una scuola che sappia essere per tutti, superando le differenze
di classe sociale, si concretizza in esperienze totali di
insegnamento-apprendimento senza rigide divisioni per
materie e in un clima di tolleranza, in cui ciascuno possa
trovare occasioni di impegno individuale e collettivo, di
stimolazione e di espressione della propria intelligenza e
creatività.
Oltre ad essere autore di Cipì, Mario Lodi ha scritto testi che
denunciano il classismo e il conformismo delle scuole ; Il paese
sbagliato, Diario di un’esperienza didattica e C’è speranza se
questo accade a Vho, Insieme propongono il metodo educativo
che egli applica nelle sue classi e che si fonda sui valori della
solidarietà, dell’impegno e dell’autostima concretamente
vissuti dagli alunni nella quotidianità della loro esperienza
scolastica.
I libri di Alberto Manzi, Grogh, Storia di un castoro e Orzowei
sono, invece, propriamente scritti per i ragazzi e trattano
soprattutto temi sociali (antirazzismo, solidarietà, pacifismo)
ed ecologisti.
Il tema dell’educazione alla pace è costante nei lavori di
Marco Moschini e si traduce, nella pratica educativa, come
esperienza che i bambini vivono in forma ludica. Testi sui
ragazzi e per i ragazzi sono i libri di Angelo Petrosino che
scrive dei sentimenti, dei turbamenti, delle gioie e delle
angosce dei ragazzi con cui è entrato in contatto nella sua
esperienza di insegnante; allegro e scanzonato il tono di La
febbre del karatè, più impegnato quello del ciclo che ha per
protagonista Jessica, della quali si ripercorre il delicato
passaggio dall’infanzia all’adolescenza.
Parlando di scrittori non maestri e non illustratori, ricordiamo
Beatrice Solinas Donghi, Bianca Pitzorno e Roberto Rimini. Stile
fiabesco per Beatrice Solinas Donghi ne Le fiabe incantenate e
La gran fiaba intrecciata, carattere fantastico anche nel romanzo
Quell’estate al castello, che tratta il tema della maturazione
interiore passando per scoperte, prove, fughe; La figlia
dell’imperatore, parlando di un viaggio in Cina, sottende il
significato del viaggio interiore alla ricerca di sé.
In Clorofilla dal cielo blu Bianca Pitzorno, con tono umoristico
e scevro da moralismi convenzionali, parla della diversità;
L’incredibile storia di Lavinia, Streghetta mia e La bambola
dell’alchimista, miscelano elementi tradizionali fiabeschi con
l’ironia e l’umorismo della letteratura contemporanea; Speciale
Violante, Parlare a Vanvera e Principessa Laurentina risultano
particolarmente coinvolgenti narrando dei tipici conflitti
adolescenziali; Ascolta il mio cuore e Diana, Cupido e il
Commendatore criticano il carattere classista e selettivo di
certa scuola italiana e l’incapacità adulta di ascoltare e di
comunicare con i bambini.
Lo scrittore Roberto Piumini lega alcune delle sue opere più
rappresentative al genere fiabesco: è il caso di Storie
dall’orizzonte (1982), La storia di Ardente (1983), Fiabe da
Perserèn (1984), I capelli del soldato (1994), e soprattutto di Il
giovane che entrava nel palazzo (1978), raccolta in cui i luoghi
tipici del racconto popolare sono reinterpretati alla luce di un
disincantato scetticismo.
Risvolti inconsueti presenta anche l’esperienza di Luigi
Malerba, che esordisce nel 1969 col ciclo Millemosche, scritto
con Tonino Guerra, intrecciando strettamente le storie per
ragazzi con la letteratura destinata agli adulti, di cui riprende
temi e suggestioni. Malerba stabilisce con i lettori soprattutto un
rapporto critico, che non accetta complicità o lusinghe, non si
connota in senso pedagogico o moralistico, ma vive del gusto
per il paradosso e l’assurdo: ciò vale per testi come Mozziconi,
Come il cane diventò amico dell’uomo (1973), Pinocchio con gli
stivali (1977), Le galline pensierose (1980), Storiette tascabili
(1984) e La storia e la gloria dove, attraverso una lettura della
storia dal basso, vengono svelati tutti i risvolti grotteschi delle
vicende antiche, in una dissacrazione che diviene soprattutto
strumento di riflessione e giudizio.
La violenza sui bambini è il doloroso tema di Per voce sola,
l’infanzia è il nostalgico ricordo del tempo passato di Va’ dove
ti porta il cuore, di Susanna Tamaro; della stessa autrice,
Cuore di ciccia, è libro per ragazzi e per adulti, parla, infatti,
del delicato tema della bulimia infantile e della povertà
affettiva di alcuni rapporti tra bambini e adulti.
Tra i romanzi di autori stranieri, grande fortuna ha avuto la
trilogia del Signore degli anelli di Tolkien, che tratta il tema
della lotta tra il Bene e il Male in un’atmosfera surreale e
fantastica.
L’inventore dei sogni, di Ian McEwan, rivendica il diritto dei
ragazzi di viaggiare nel mondo dell’immaginazione, della
fantasia e del sogno ad occhi aperti.
Leonardo Sciascia, Cronache scolastiche (in Le Parrocchie di
Regalpetra, 1956)Si avvicina l'estate. A scuola mi aggiro tra i banchi per vincere il sonno. I ragazzi scribacchiano stracchi i loro esercizi. Cammino per vincere la colata di sonno che, se siedo, sento mi riempie come uno stampo vuoto. Nel turno pomeridiano, in questo mese di maggio, il sonno è una greve insidia. A casa non dormirei di certo, starei a leggere qualche libro, a scrivere un articolo o lettere agli amici. A scuola è diverso. Legato al remo della scuola; battere, battere come in un sogno in cui è l'incubo di una disperata immobilità, della impossibile fuga. Non amo la scuola; e mi disgustano coloro che, standone fuori, esaltano le gioie e i meriti di un simile lavoro. Non nego però che in altri luoghi e in diverse condizioni un po’ di soddisfazione potrei cavarla da questo mestiere d'insegnare. Qui, in un remoto paese della Sicilia, entro nell'aula scolastica con lo stesso animo dello zolfataro che scende nelle oscure gallerie. Trenta ragazzi che non possono star fermi, che chiedono la correzion manuale che i regolamenti proibiscono; e mi portano allegri il bastoncino di mandorlo perché me ne serva sulle loro spalle; e vengono anche le mamme a raccomandarmi che li raddrizzi a botte, i loro figli - son legni storti, il timore ci vuole. Il timore sarebbe l'uso incondizionato del bastone. Qui dicono - benedette le mani - di un maestro che spezzava il pane della scienza con l'ausilio di una verga a nodi e aveva un particolare modo, alto e robusto com'era, di prendere i ragazzi per le orecchie e sollevarli - e ad uno è venuta l'orecchia destra quanto una pala di ficodindia, si è fatto uomo con quell'orecchia, è andato poi in America a far fortuna. Trenta ragazzi che si annoiano, spezzano le lamette da barba per lungo, le piantano nel legno del banco per mezzo centimetro e le pizzicano come chitarre; si scambiano oscenità che ormai mi tocca far finta di non sentire - tua sorella, tua madre; bestemmiano sputano fanno conigli dai fogli del quaderno, conigli che muovono le lunghe orecchie, un tremito che finisce in una pallottola di carta al mio improvviso richiamo. E barche fanno, cappellucci, o colorano le vignette dei libri adoperando il rosso e il giallo selvaggiamente, fino a strappare la pagina. Si annoiano, poveretti. Altro che favole grammatica le città del mondo e quel che produce la Sicilia: alla refezione pensano, appena il bidello suonerà il campanello scapperanno fuori a prendere la ciotola di alluminio, fagioli brodosi con rari occhi di margarina, la scaglia del corned beef, il listello di marmellata che involtano nel foglio degli esercizi e poi vanno leccando per strada, marmellata e inchiostro.
Susanna Tamaro, Cuore di ciccia
(1992)
In quel pomeriggio Michele, passeggiando lungo la spiaggia con Fur Fur Furetto, imparò molte cose sulla vita di Mister Kakkolen. Mister Kakkolen in realtà si chiamava Giuseppe Pimpinella, e prima di ritirarsi a vivere sulla spiaggia era stato un grande inventore di cose elettroniche. Il suo, infatti, era un nome d'arte e derivava da due delle sue più straordinarie invenzioni: il KakDetector e il KakAllarm. La prima, spiegò il Furetto gesticolando in piedi sulle zampe posteriori, era un piccolissimo sensore da applicare sulla cima delle scarpe. Appena sul marciapiede compariva una cacchina o una caccona di cane, il KakDetector, con un suono discreto avvertiva il proprietario dell'imminente pericolo, cioè che stava per mettere il piede su qualcosa di odoroso e morbido. Il secondo, il KakAllarm, era un minuscolo vibrafono a risonanza. Si sistemava di solito sul colletto della camicia ed era utilissimo per i conferenzieri, gli uomini politici, i professori e tutte le dame dell'alta società. L'apparecchio, infatti, era capace, in una frazione di secondo, di intercettare ogni tipo di caccole scese dal naso. A quel punto, producendo un rumore in tutto e per tutto uguale ad uno sternuto, faceva sapere al possessore il rischio che stava correndo. Michele ascoltò tutto con attenzione. Quei due apparecchi erano davvero straordinari. Si ricordava ancora di una volta, a scuola, quando la maestra aveva fatto un'intera lezione con una caccola filamentosa che le scendeva dal naso. Nessuno aveva avuto il coraggio di dirglielo e soltanto quanto con tutto il fiato che aveva in gola aveva gridato "Vi boccio tutti!" la caccola si era staccata e con un breve volo era planata addosso al bambino del primo banco.- Sono invenzioni meravigliose - disse entusiasta Michele - utilissime!- Certo Mik, Mister Kakkolen è il più strameraviglioso inventore del mondo, proprio così, solo che… ecco, vedi, è un poco… un po'… distratto…- Distratto come?
Susanna Tamaro, Cuore di ciccia
(1992)
- Ecco, be' ogni tanto si fa confusione in testa, insomma si cucciconfonde… Vedi, ad esempio, il KakDetector doveva essere il suo cuccitrionfo, e invece è stato la sua cuccirovina.- Perché? È un'idea così buona! La mia finta mamma gridava sempre quando con i tacchi a spillo finiva in una di quelle…- Idea buonissima, strabuona, solo che Mister Kakkolen, vedi, ha costruito anche dei modelli difettosi, e uno di questi indovina a chi è cucciandato?- Non so… alla sua maestra?- No, no, molto peggio! Peggissimo! Il modello più difettoso di tutti è andato al Capo Supremo di tutti i cucciSuper Istituti Scientifici del mondo e della cuccigalassia.- Non ha funzionato?- Oh, no! Strastrapeggissimo! Mister Kakkolen, nel costruirlo, aveva invertito il circuito di un sensore, proprio il cuccisensore che serviva ad allontanare le cuccicaccone. Sai cosa succede quando si inverte un sensore?- Be', credo che succeda il contrario…- E allora?- Ma è spaventoso! - gridò Michele vedendo la scena come se stesse accadendo sotto i suoi occhi.- Proprio così, caro Mik, cuccispaventoso. Tutte le cacche di tutti gli animali presenti nel raggio di tre chilometri gli piombarono velocissime addosso… Per cuccidisgrazia, quel pomeriggio nei dintorni era passato anche un circo con i cammelli e i cuccielefanti… Insomma… capisci Mik, una cuccicatastrofe… Ha dovuto in gran fretta lasciare il suo laboratorio e si è cuccinascosto qua. - Il Furetto sospirò. - Chissà quanti KakAllarm difettosi ha lasciato in giro per il mondo!- È una storia davvero tristissima - disse Michele, e tirò un calcio ad una conchiglia che finì dritta in acqua.
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