rassegna teorico- empirica dei ritardati pagamenti nella pa italiana
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Io, eterno studente,
perch la materia di studio sarebbe infinita e soprattutto perch so di non sapere niente.
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I
Abstract
Contesto di riferimento In un Paese che sconta un debito pubblico del 130% del Pil, quindi un alto costo del
denaro rispetto alla concorrenza, la crisi economica ha fatto emergere una criticit
fondamentale e per troppo tempo ignorata: i ritardati pagamenti delle pubbliche
amministrazioni italiane.
Il setting del lavoro quello della Pubblica Amministrazione italiana, declinabile
come un aggregato eterogeneo di enti e soggetti pubblici o pubblico-privati, che si
organizzano in realt locali per gestire la funzione amministrativa secondo il criterio
della sussidiariet.
Problema Gli impegni di spesa di amministrazioni ed enti locali a favore di fornitori di beni o
servizi, superano sistematicamente i termini previsti per essere liquidati,
traducendosi in debiti commerciali.
Con limplementazione di autonomia e responsabilit finanziaria che il legislatore ha
impresso al settore dagli anni 90, i residui passivi scaduti hanno cominciato ad
accumularsi nei bilanci pubblici, sia in termini di volume, che in termini di giorni di
ritardo per liquidare gli impegni.
Il 25 % delle imprese italiane dichiara debiti commerciali scaduti della PA nei propri
bilanci e il ritardo col quale sono pagati, determina un mismatching di entrate e
uscite, provocando crisi di liquidit nel momento in cui le imprese assolvono a loro
volta alla liquidazione di fornitori, erario e dipendenti.
Paradossalmente lo stato pretende puntualit nella riscossione e rigore nei bilanci,
quando le proprie estroflessioni locali adottano sistemi contabili eterogenei e
inadeguati, causando in maniera ancor pi paradossale, la crisi e il fallimento di
imprese - soprattutto medie e piccole - altrimenti sane e virtuose.
-
II
Obiettivo del lavoro Lobiettivo del lavoro quello di trattare sinteticamente il tema dei ritardati
pagamenti della PA e produrre una rassegna degli interventi in materia.
Quindi in apertura, attraverso lanalisi di fonti secondarie, analizzeremo lintreccio di
fattori gestionali, amministrativi e normativi allinterno dei bilanci pubblici. In
seconda istanza verranno presentati una fotografia dello status quo, per capire ma
soprattutto per ordinare i contributi, mediatici e non, che hanno caoticamente
tentato di stimare le dimensioni del fenomeno, un quadro complessivo dei ritardati
pagamenti dellamministrazione pubblica e un confronto europeo .Trover spazio un
approccio sperimentale allambito sanitario, cui dar seguito un commento
complessivo dei dati discussi e delle considerazioni tratte dallintero percorso.
Originalit, Valore e implicazioni pratiche Il lavoro fornisce spunti di approfondimento che tradiscono una materia di
riferimento vastissima e in costante cambiamento.
Proprio la tecnicit e lambiente in rapida evoluzione, limitano lapplicabilit di un
lavoro specifico ed esauriente, mentre lindisponibilit o linaffidabilit dei dati
stessi(nei bilanci pubblici), mettono a rischio la fattibilit e la spendibilit di un
lavoro sperimentale. Quindi, messa da parte ogni presunzione di esaustivit,
trattandosi di unemergenza di grande attualit e coinvolgente diversi attori,
abbiamo pensato di costruire un progetto che potesse cogliere queste due anime,
prediligendo un approccio widening.
Il fattore di novit il contributo stesso, che nel suo insieme si propone come
strumento sintetico e accessibile, nel quale il tema dei debiti commerciali scaduti
della PA venga trattato dalle cause alle conseguenze, classificando le stime dello
status quo e superando la letteratura al momento disponibile, limitata a trattazioni
marginali delle singole tematiche coinvolte.
Tags: Pagamenti, Enti Locali, Pubblica Amministrazione, Ritardi, Residui, Debito
Commerciale
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III
INDICE
Abstract ............................................................................................................................................................. I
PREFAZIONE ..................................................................................................................................................... V
INTRODUZIONE .............................................................................................................................................. VII
Capitolo 1
1. RICOGNIZIONE TEORICA ............................................................................................................................... 1
1.1 Disfunzioni e inefficienze della gestione contabile ................................................................................ 1
1.1.1 Il periglioso panorama della contabilit pubblica ....................................................................... 1
1.1.2 Il serbatoio contabile dello scaduto della PA: La gestione dei residui ...................................... 4
1.1.3 Una valvola di sfogo per residui. Il Servizio per conto di terzi. .................................................... 6
1.1.4 Il ruolo delle partecipazioni pubbliche nellaccumulo e nella dilazione del debito ...................... 8
1.2 Disfunzioni e inefficienze dellapparato burocratico pubblico ............................................................. 17
1.2.1 La certificazione del credito ...................................................................................................... 17
1.2.2 Misure inefficaci. ...................................................................................................................... 20
1.2.3 La compensazione dei crediti. .................................................................................................. 23
1.3 Regole: A monte e a valle dei ritardi di pagamento ............................................................................. 25
1.3.1 I pagamenti nelle Pubbliche Amministrazioni ........................................................................... 25
1.3.2 Il Patto di Stabilit interno ....................................................................................................... 30
1.3.3. Il DL 35/2013. Funzionamento e stato attuativo dello Sblocca-debiti. .................................. 33
Capitolo 2
2. RICOGNIZIONE EMPIRICA ........................................................................................................................... 38
2.1 Il debito commerciale .......................................................................................................................... 38
2.2 La rassegna del debito ......................................................................................................................... 40
2.2.1 Un approccio esterno. .............................................................................................................. 48
2.2.2 Un approccio interno. ............................................................................................................... 51
2.2.3 Il confronto fra le statistiche disponibili: possibile una sintesi? ............................................. 52
2.3 La questione delle partecipate ............................................................................................................ 57
2.4 tempi e ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione. ........................................................... 68
2.4.1 Evoluzione cronologica e raffronto europeo dei ritardi di pagamento. ..................................... 69
2.4.2 Le dinamiche interne del ritardo .............................................................................................. 74
Capitolo 3
3. UN GAP INFORMATIVO: LA SANITA ........................................................................................................... 79
3.1 Obblighi di trasparenza e tempi di pagamento della PA: Il caso sanitario. ........................................... 79
3.1.1 I tempi di pagamento di AO e ASL pubblicati in rispondenza agli obblighi di trasparenza ......... 80
3.1.2 Un approccio operativo mediante la bussola della trasparenza ............................................ 82
3.2 Quante sono le aziende che pubblicano i propri tempi di pagamento? ............................................... 84
3.3 Quali sono i tempi di pagamento degli enti sanitari italiani? ............................................................... 88
3.3.1 Un saggio della robustezza dei dati .......................................................................................... 96
3.3.2 Un confronto fra dato empirico e letteratura ......................................................................... 103
3.4 Esistono indicatori specifici per tipologia di fornitura? ...................................................................... 106
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IV
Capitolo 4
4. RASSEGNA DEI DATI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE .............................................................. 111
EPILOGO .................................................................................................................................. 117
Bibliografia
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 123
Appendici
APPENDICE A ................................................................................................................................ 130
APPENDICE B ................................................................................................................................ 133
APPENDICE C................................................................................................................................. 134
APPENDICE D ................................................................................................................................ 135
APPENDICE E ................................................................................................................................. 139
APPENDICE F ................................................................................................................................. 140
APPENDICE G ................................................................................................................................ 145
APPENDICE H ................................................................................................................................ 151
APPENDICE I.................................................................................................................................. 154
APPENDICE J ................................................................................................................................. 157
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V
PREFAZIONE
Durante lesperienza di tirocinio curricolare in Manutencoop, impresa multiutility
operante nel settore del facility management rivolto sia a operatori privati sia
pubblici, sono venuto in contatto con una realt nuova ma con origini molto
profonde nel tessuto economico del nostro Paese.
La crisi economica e la scarsit di risorse hanno portato a galla inefficienze e
disfunzioni che hanno prosperato negli anni del benessere, mentre oggi arrivano
prepotentemente allordine del giorno come concause del tracollo economico.
Nellambito del settore nel quale si svolta la mia esperienza, sono venuto a
contatto con una particolare criticit del rapporto tra committente pubblico e
fornitore privato: i ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni, giunti alla
ribalta della cronaca nella primavera del 2013.
Nellambito dellinsegnamento di Management and Accounting in Public-Private
Partnerships del corso di laurea magistrale in Economia Sociale, stato chiarito
come il settore pubblico moderno debba fondarsi su un approccio che superi quello
di Pubblica Amministrazione come coacervo omogeneo di burocrazia e
procedure.
Queste competenze, unitamente ad un personale interesse per gli enti locali come
punto di partenza per una ripresa sociale ed economica nel nostro Paese, mi hanno
portato ad interessarmi al problema dei ritardati pagamenti della Pubblica
Amministrazione locale come criticit centrale del nostro sistema economico.
La decisione di mettere questo tema al centro del lavoro di tesi seguita alle prime
superficiali ricerche. I caratteri di estrema attualit hanno implicato una letteratura
piuttosto risicata e composta prevalentemente dagli strascichi mediatici, meno da
basi conoscitive contabili e statistiche sistematizzate e consolidate da parte delle
istituzioni preposte al controllo della finanza pubblica.
Dallinformazione disponibile trapelata subito lidea che il problema dei ritardati
pagamenti sia una seria criticit nel panorama economico nazionale, ma anche che
lapproccio cognitivo al problema farraginoso e manca completamente un
contributo comprensivo capace di trattare in maniera organica cause e conseguenze
del fenomeno.
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VI
Proprio questa lacuna informativa mi ha motivato nel costruire un lavoro che non
ha presunzioni di svelare scandali o calcolare puntualmente il debito scaduto della
Pubblica Amministrazione e stimarne il costo finanziario per le imprese che ne
sopportano il ritardo nel saldo, ma quella di aggregare e rielaborare linformazione
disponibile, integrandone le lacune, nellintento di costruire quello che un neofita
interessato allargomento oggi non pu trovare: una rassegna comprensiva di
cause, numeri e conseguenze del fenomeno, sintesi dei contributi tecnici e mediatici
disponibili.
Nella parte centrale dedicata allo status quo, stata inoltre inserita unapprofondita
analisi sperimentale della situazione dei pagamenti nella Sanit. Seppur mediante
fonti secondarie, si proceduto alla raccolta sistematica e allelaborazione di
inferenza sui dati di pagamento pubblicati da una delle branche della PA che pi
accusano le criticit del fenomeno.
Il carattere dinnovativit della tesi, bench concentrato nello sviluppo di alcuni
argomenti chiave come il lavoro empirico sulla Sanit, trasposto nel lavoro stesso,
che si propone come contributo sintetico di una tematica altrimenti vasta ed
eterogenea. E inoltre fondamentale il ruolo delle considerazioni che per tutti gli
ambiti trattati vanno a confutare e aggiungere valore alla mera trasposizione delle
informazioni raccolte.
In conclusione, un quadro consuntivo della situazione e un riferimento al punto di
vista delle imprese sul tema dei ritardati pagamenti pubblici, segnano il checkpoint
dal quale si pu partire per un approfondimento ulteriore dello studio.
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VII
INTRODUZIONE
Si calcola che nellultimo quinquennio, fra le circa 52.500 imprese fallite coinvolte
nel vortice della crisi, quasi il 30% delle chiusure aziendali siano ascrivibili a crediti
non onorati dalla PA (Cgia Mestre (2013), (http://www.cgiamestre.com/2013/04/
dallinizio-della-crisi-sono-fallite-15-000-imprese-a-causa-dei-ritardi-dei-
pagamenti/), consultato il 23.10.2013.
I pagamenti del committente pubblico, arrivano in media dopo 170 giorni (dato
Intrum Iustitia) dopo il ricevimento di fattura, mentre i fornitori privati sono
obbligati di norma a pagare a loro volta fornitori e utenze a 60 giorni e dipendenti a
30 giorni. Questo mismatching di uscite ed entrate, un tempo ammortizzato da
ampi flussi di cassa e archiviato come inefficienza statale, espone oggi migliaia
dimprese al default perch private delle fonti finanziarie per far fronte ai propri
impegni, innescando una reazione a catena che ha effetti devastanti per
leconomia nazionale. La situazione critica al punto di generare un paradosso nel
quale non linefficienza dellimpresa rispetto alla concorrenza a decretarne il
fallimento (come previsto dalla teoria di mercato), ma lincapacit della Pubblica
Amministrazione a pagare, a sentenziare la fine di attivit virtuose. Unitamente alla
ridotta erogazione del credito concesso dalle banche, che ne ingigantisce le
conseguenze, questo fenomeno caduto al centro del dibattito politico ed
economico, fulcro di alcuni programmi elettorali e luogo di grandi speranze per il
futuro. I ritardi di pagamento hanno cominciato ad accumularsi sia in termini di
tempo sia di quantit, molto prima che fossero riconosciuti e definiti come
emergenza economica. Lo step seguente al riconoscimento del fenomeno la sua
misurazione, fase attualissima dellapproccio ai ritardati pagamenti, poich solo una
corretta stima della portata del fenomeno costituisce la base su cui sviluppare
sistemi regolamentari e prendere decisioni per porvi rimedio. Tuttavia il panorama
tuttaltro che chiaro, e se il quadro generale quello dei pagamenti delle PA verso
i privati, il focus la disfunzione e il ritardo di questi pagamenti. Nel merito della
questione sono sorti criticit e interrogativi di vario genere.
Come spesso accade, lattenzione mediatica su un fenomeno, porta alla luce
inefficienze, mancanze e disfunzioni correlate pi o meno marginalmente al tema
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VIII
centrale, ma dalle quali non si pu prescindere per affrontare in maniera organica
largomento oggetto di ricerca.
Nasce cos la disputa per definire quale sia, in effetti, lammontare dei debiti
commerciali in capo allo Stato. C chi ha parlato di 70 miliardi di euro, c chi parla
di 90 o 120 miliardi o altri che addirittura stimano un ammontare complessivo pari a
150 miliardi. Alla base di queste cifre cos distanti ci sono altre responsabilit:
questa volta del sistema di contabilit e rendicontazione pubblica. Differentemente
da ci che si sarebbe generalmente portati a pensare, ci costituisce un problema
non unicamente italiano.
Qual lentit del debito commerciale della PA verso il privato? Qual la
dimensione dei ritardi? E quanto costano alle imprese? I crediti dichiarati sono
realmente tali, cio sono certificati?
Sorge cos la fase pi complessa nel processo di analisi del problema: mentre
lambito del fenomeno piuttosto chiaro e tutto sommato ascrivibile alla categoria
dei contratti pubblico-privato, le cause a monte del fenomeno si presentano come
articolate, correlate e complesse.
Articolate, perch coinvolgono una vasta pletora di attori e responsabilit, dagli
amministratori al legislatore. Correlate, perch linterpretazione e lintervento su
una delle cause non potr prescindere da una conseguente modificazione di alcune
variabili connesse. Complesse perch il terreno su cui ci si muove vincolato e al
contempo misterioso: bilanci dello Stato, grossolani e opachi, non comparabili con
quelli imposti allimpresa privata, gestione di fonti e impieghi nella logica del Patto
di Stabilit che taglia la possibilit di spesa degli enti locali, impossibilit di emettere
altri titoli di Stato e incrementare il debito, pena le sanzioni europee, pratiche
scorrette ma non illegali e pratiche illegali ma ricorrenti di fatturazione in una
interpretazione sempre ambigua e ambivalente di interstizi legislativi.
Tutto ci giustifica la differenza di stime pi che autorevoli sopra accennata che
spaziano, appunto, da 90 a 150 miliardi di euro.
Entrare nel merito delle concause del fenomeno e indagare sulle disfunzioni alla
base dello stesso, non solo garanzia di comprensivit e completezza dellanalisi,
ma lunico modo per governare lemergenza e confezionare strumenti e politiche
mirate ad arginare e risolvere il problema.
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IX
La straordinaria attualit dellemergenza, consente la citazione e il commento in
diretta dellapproccio del Parlamento allemergenza dei ritardi di pagamento nella
PA, con lo stanziamento di 47 miliardi in due anni per fermare lasfissia del tessuto
economico e promuovere lambita ripresa. E uniniezione di denaro sufficiente?
Quali sono le modalit migliori per dare respiro alle imprese e per sanare le cause
del problema alla radice? Baster fare chiarezza legislativa e attivare
limplementazione di leggi che gi esistono, forzando la compliance delle
amministrazioni a meccanismi di buona pratica, o sar necessario prendere nuove
decisioni per riportare i tempi di pagamento a una situazione sostenibile?
Attraverso lanalisi dei dati disponibili e la fissazione di punti fermi sui quali
costruire uninterpretazione, questo lavoro si propone nella parte centrale di
delineare un panorama completo dello status quo, attraverso un raffronto dei
prevalenti metodi di stima e con lintegrazione di dati primari. Una volta individuate
cause e portata del fenomeno, nel concludere il lavoro soprattutto nostro intento
quello di fornire una panoramica delle variabili che influenzano il fenomeno dei
ritardati pagamenti pubblici, confutando la robustezza dei contributi di settore e
costituendosi a sintesi stessa delle contromisure che si stanno portando avanti in
questi mesi.
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1
1. RICOGNIZIONE TEORICA
1.1 Disfunzioni e inefficienze della gestione contabile
1.1.1 Il periglioso panorama della contabilit pubblica
Questo lavoro si concentrer sullamministrazione pubblica intesa come coacervo di
realt locali di vario tipo, poich la contabilit dello Stato centrale e del relativo
profilo amministrativo, risponde a criteri molto diversi e linformazione disponibile
scarsissima.
Con riferimento al bilancio degli enti locali, opportuno stabilire che ci troviamo
davanti a uneterogenesi dei fini tra il rendicontare pubblico e quello dimpresa.
Mentre nel mondo dellimpresa il bilancio strumento di reporting agli
stakeholders, quindi ai portatori dinteresse per valutare la gestione, nel mondo del
pubblico questa una funzione secondaria rispetto alla prevalente natura di
strumento di governo delle risorse finanziarie, che sono raccolte fra la societ civile
tramite imposizione fiscale, tariffe dei servizi e trasferimenti da parte di altre entit
pubbliche (Padovani, 2012).
Inoltre il carattere autorizzativo del bilancio, per il quale gli stanziamenti di spesa
sono concessi solo se presente una corrispondente copertura finanziaria, genera
fasi conseguenti di previsione e rendicontazione che prendono il nome di ciclo di
bilancio, nel quale si alternano Bilancio di Previsione a inizio periodo e Conto del
Bilancio a fine periodo, lasciando emergere i risultati della gestione. Nella tradizione
pubblica, la funzione autorizzatoria si propone la finalit di un equilibrio finanziario,
sia a preventivo, con lapprovazione del bilancio solo se in pareggio di entrate e
spese previste, sia durante la gestione, grazie alla capacit di spesa limitata a
quanto previsto (Farneti (2000)). Questa breve introduzione alle dinamiche del
bilancio pubblico non altro che una sintesi dei precetti fondamentali fissati
dallOrdinamento finanziario e contabile (artt. 149 e ss.) nella Parte seconda del
Testo Unico delle leggi sullordinamento degli Enti Locali, contenuto nel d.lgs. 267
del 18 agosto 2000 (Tuel). La disciplina della rendicontazione pubblica complessa
e ricca di criticit nelle quali si annidano comportamenti illegittimi, e la scarsa
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2
compliance determina gravi lacune di funzionamento; tuttavia per quanto
funzionale alla trattazione ci limiteremo a presentare nel dettaglio solo le tecniche e
le anomalie responsabili della formazione di residui passivi di lungo periodo, quindi
di debiti commerciali insoluti.
Il bilancio di previsione deliberato in pareggio finanziario complessivo, ex art.
162 del testo unico. Questo implica non solo che entrate e spese di competenza
debbano uguagliarsi nel bilancio, ma che in caso di disavanzo, il principio della
competenza mista fa s che sia dellente locale stesso lonere di integrare questo
disavanzo nel successivo bilancio preventivo, accertando per esempio la necessit di
tagliare i costi. Questa alternanza e reciproca interdipendenza di bilancio di
previsione e conto del bilancio costituisce il ciclo del bilancio, nel quale procedure
illecite e opacit possono trasformarsi in vere e proprie cause di default.
Per quanto attiene alla fase previsionale, analisi di carattere pluriennale hanno
portato alla luce fenomeni di:
Sistematica sovrastima delle previsioni di entrata, in special modo di quelle
correnti (primi tre Titoli) o di quelle del titolo IV utilizzabili ai fini del
raggiungimento dellequilibrio di parte corrente;
Sottodimensionamento delle voci di spesa, anche in questo caso soprattutto di
parte corrente;
(Cimbolini et al. 2008, p.58)
Nella fase previsionale, voci come il recupero dellevasione fiscale e tariffaria, i
permessi di costruzione e le alienazioni immobiliari sono gonfiate nella parte delle
entrate, mentre le spese sottostimate riguardano acquisto di beni e prestazione di
servizi. Durante la gestione i bilanci vengono modificati in corso dopera, ma gli
obiettivi di rispettare i vincoli del Patto di stabilit interno e di incassare
lapprovazione meccanica del consiglio con un bilancio previsionale allapparenza in
ordine, sono stati raggiunti. Tuttavia una simile procedura di reporting delle spese,
fa s che esse siano ridotte solo a valle, sui bilanci, e che non ci sia mai, di fatto, un
taglio delle spese a monte, motivato dallinsufficienza dei mezzi.
Quando, in sede di rendicontazione, le entrate si rivelano fittizie e al contrario le
spese piuttosto concrete, si pu andare incontro a conseguenze di duplice ordine.
Se non si accertano le maggiori entrate poich i titoli messi a bilancio, non si
rivelano validi, si riscontra un eccesso di spesa sulla copertura finanziaria,
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3
generando quindi un disavanzo nella gestione di competenza, palesemente
testimoniato nel conto del bilancio. Se al contrario lente accerta le maggiori entrate
anche se fittizie e non sostenute dalla prudenza auspicata dal legislatore, occulta il
disavanzo con un pareggio di bilancio o addirittura con un avanzo fittizio.
Gli accertamenti di entrata non ancora riscossi (residui attivi) finiscono dentro
lattivo di bilancio dellente e ne intossicano il funzionamento. Quindi mentre il
risultato di gestione appare positivo, uno sguardo ai residui potrebbe svelare una
situazione in cui la riscossione lenta di entrate (fittizie) e il pagamento celere dei
residui passivi (reali), causa una progressiva erosione della liquidit.
Poich le entrate avventatamente iscritte in parte corrente sono irrealizzabili o
difficilmente realizzabili, per fare fronte ai propri impegni di spesa lente ricorre alle
entrate in parte capitale, generalmente vincolate, generando un debito di flusso.
In questa situazione lente risulta debitore nei confronti delle proprie partite vincolate
generalmente al finanziamento degli investimenti, fronteggiando due prospettive
entrambe negative:
Non portare a termine gli investimenti per i quali sono stati ottenuti (spesso in
modo oneroso) i finanziamenti gi utilizzati per far fronte alla carenza di liquidit.
Effettuare materialmente gli investimenti, ma non avere poi le risorse necessarie
per pagarli, nel momento in cui vengano a conclusione gli stati davanzamento dei
lavori (SAL), poich le risorse son gi state spese per finanziare, per cassa, le spese
correnti.
(Cimbolini et al. 2008, p.60)
La seconda fattispecie si configura come naturale latrice di ritardo nel pagamento
dei creditori.
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1.1.2 Il serbatoio contabile dello scaduto della PA: La gestione dei residui
Sono svariate le tematiche con le quali si viene in contatto approcciandosi alle
anomalie dei bilanci pubblici, ma il serbatoio attraverso il quale possibile
artificiosamente dissimulare un avanzo o limitare un disavanzo, incorrendo poi in
una crisi di liquidit, la gestione residui. Essa si contrappone alla gestione di
competenza: entrate e spese che si sono originate dal punto di vista giuridico come
accertamenti ed impegni in esercizi pregressi, ma che non hanno ancora raggiunto il
momento della cassa (Padovani, 2012, p. 167). La gestione dei residui si configura
come un fattore cruciale nella tenuta di un bilancio, al punto che il legislatore ne
prevede lallegamento al rendiconto della gestione (art. 227 Tuel).
Dispone anche, con larticolo 228 prima dellinserimento nel conto del bilancio dei
residui attivi e passivi, lente locale provvede alloperazione di riaccertamento degli
stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in
parte dei residui. I responsabili della suddetta operazione, sia allattivo che al
passivo, sono i soggetti addetti ai servizi in nome dei quali sono stati attivati i
procedimenti di accertamento di unentrata o di un impegno di spesa.
Lart. 179 e 183 del Tuel si occupano di allargare al bilancio pubblico
(rispettivamente residui attivi e residui passivi) la logica della prudenza che regola la
svalutazione dei crediti nellimpresa privata. Nonostante ci, riscontrabile un vizio
procedurale che affligge il coordinamento fra i servizi responsabili della verifica e il
servizio finanziario, responsabile della rendicontazione. E stato appurato che, in
molti casi, le schede da sottoscrivere con lelenco e la consistenza dei residui, non
vengono restituite o vengono compilate in modo superficiale, senza la previa
verifica della concreta situazione del residuo (Cimbolini et al., 2008, p.66).
Da parte sua, il servizio finanziario responsabile di non sollecitare la compliance
agli standard contabili e di limitarsi a convogliare le informazioni ricevute nel
rendiconto di gestione. Conseguentemente nei bilanci raro rintracciare
documentazione in grado di motivare perch un residuo stato cancellato o
svalutato, ma soprattutto opaco lunderstanding di residui (soprattutto attivi) di
vecchia data che rimangono nei bilanci. Sotto il profilo sostanziale, sono stati
inoltre rinvenuti [...] iscritti in bilancio, sia residui di parte corrente, sia di parte
capitale, sia di servizi per conto di terzi, di provenienza remota. Per remota
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5
sintende, tanto per fare degli esempi, gli anni ottanta o novanta per la parte
corrente e gli anni settanta per la parte in conto capitale e per i servizi in conto
terzi (Cimbolini et al., 2008, p. 67).
La cultura e i paradigmi organizzativi della Pubblica Amministrazione nazionale,
spiegano parzialmente il mantenimento dei residui attivi in bilancio al fine di
ottenere, almeno in prima istanza, una situazione di avanzo. Interessante anche il
contributo di Cimbolini (2008), per cui gli operatori, convinti che togliere il residuo
dal bilancio farebbe indebolire il diritto stesso alla riscossione delle relative entrate
tributarie o extratributarie, lasciano sistematicamente i crediti di vecchia data
iscritti allattivo. Una simile spiegazione applicabile anche ai residui passivi. Oltre
la negligenza e la superficialit della routine, molto spesso i responsabili dei capitoli
di spesa non svalutano i debiti poich non vogliono rinunciare a risorse gi
impegnate e finanziate prima che vadano a economia.
Per quanto concerne i residui attivi di dubbia esigibilit, esiste unapposita voce del
conto del patrimonio, predisposto insieme al conto di bilancio in sede di
rendicontazione, nella quale convergono le immobilizzazione finanziarie. E evidente
che lente tenuto ed in diritto di perseguire tutte le azioni di tutela del credito
per rientrare delle somme dovute, ma laleatoriet dei residui non andr a
intossicare un avanzo fittizio. I residui tossici pi pericolosi fra gli attivi sono quelli
di parte corrente (Titoli I, II, III dellattivo). Mentre il secondo titolo reca pochi
problemi poich tratta di trasferimenti, gli altri due contengono voci criticamente
sensibili al rischio come il recupero dellevasione, tributi non pi in vigore, proventi
da contravvenzioni e fitti attivi.
Queste entrate correnti non prevedono un corrispettivo impegno di spesa, correlato
e destinato nel passivo. Quindi alla loro svalutazione obbligatoria per impossibile o
parziale esigibilit, non determinano la corrispondente caduta di un impegno,
generando un peggioramento secco del risultato di amministrazione.
Nella parte capitale delle entrate finanziarie (Titoli IV, V), che contiene alienazioni e
trasferimenti e prestiti, i residui attivi sono legati a residui passivi di uguale entit
che vanno a finanziare. La presenza nei bilanci di residui, attivi e passivi, per periodi
superiori a 15/20 anni, sintomo forte di negligenza. Non solo la negligenza che
preoccupa per quanto riguarda la parte passiva dei residui. Per assurdo lerroneo
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mantenimento di residui passivi, genera impegni fittizi che neutralizzano
parzialmente lavanzo fittizio generato da una altrettanto sbagliata gestione dei
residui attivi, impedendo di sbloccare risorse da spendere che in realt non si
detengono.
Tuttavia auspicando o presumendo la gestione corretta dei residui attivi, lerrata
ritenzione in bilancio di residui passivi, soprattutto se di parte corrente o di parte
capitale senza correlata partita in entrata, causa dimpiego di risorse
effettivamente in avanzo, rendendole indisponibili per reali impegni di spesa per la
competenza.
Nel lungo periodo c il rischio che, per molti anni, ingenti risorse rimangano
immobilizzate nel conto dei residui passivi senza giustificato motivo, vale a dire,
senza che vi sia un effettivo creditore o, in caso di spesa in conto capitale, senza che
vi sia una concreta opera pubblica da finanziare (Cimbolini et al., 2008 p. 77).
E opportuno quindi, in linea col focus di questo lavoro, indagare che parte giochi
questo fenomeno nel determinare la mole di arretrati pagamenti delle pubbliche
amministrazioni.
1.1.3 Una valvola di sfogo per residui. Il Servizio per conto di terzi.
Dinamiche interessanti si possono riscontrare anche nel servizio per conto di terzi.
Cos definiti proprio per la terziariet teorica del loro ruolo rispetto allente,
occupano il Titolo VI delle entrate e il IV delle spese e sono ininfluenti rispetto alla
costruzione degli equilibri di bilancio.
Secondo quanto previsto dai Principi contabili per gli enti locali, elaborati
dallOsservatorio per la finanza locale, I servizi per conto di terzi sono servizi che
impongono entrate e spese costituenti al tempo stesso un credito e un debito
allente. Sono puntualmente definiti e sono immodificabili. Per le entrate da
servizi conto terzi, la misura dellaccertamento deve garantire lequivalenza con
limpegno sul correlato capitolo delle spese per servizi conto terzi. ( Punto n.27 del
principio contabile n.1 -programmazione e previsione- nel sistema di bilancio
3/7/2003 e punto n. 24 del principio contabile n.2 gestione- nel sistema di bilancio
8/1/2004).
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7
Eppure questa voce di bilancio viene troppo spesso impropriamente usata dagli enti
in difficolt finanziarie come veicolo per entrate e soprattutto spese che
dovrebbero trovare spazio in altre componenti del bilancio. Per quanto riguarda le
entrate, gli enti alla disperata ricerca di liquidit, sfruttano anticipatamente gli
introiti depositati in conti correnti postali e destinati alle corrispettive uscite in
conto terzi che lente si attrezzer per coprire in futuro.
Il lato della spesa invece si complica coinvolgendo le limitazioni alla spesa del Patto
di Stabilit interno. Il Patto, nelle dinamiche e nelle responsabilit dirette di
generazione di debiti commerciali nelle PA, verr trattato pi approfonditamente in
seguito.
In questa fase esso si caratterizza come stringente limitazione dei capitoli di spesa
ordinari, e per essere raggirato dagli operatori contabili, implica il ricorso alla voce
delle spese per conto terzi: una parte del bilancio non rilevante ai fini del patto
stesso. Quando, infatti, un ente deve pagare spese che non trovano capienza nei
capitoli ordinari, spesso capita che esso le imputi a un capitolo (generico) di spesa
per conto di terzi. In conformit con quanto sopra riportato riguardo la natura dei
servizi in conto terzi, ma anche solo per fondamentale principio di pareggio di
bilancio, lente provvede ad accertare entrate fittizie di pari importo allimpegno di
spesa, a valere su un capitolo di entrata dei servizi per conto terzi.
La spesa viene liquidata perch reale, mentre il corrispettivo residuo attivo rimane
dentro al bilancio garantendo un apparente equilibrio, ma di fatto costituendosi a
disavanzo da assorbire una volta che verr il tempo di eliminare il residuo
insussistente. Il veicolo dei servizi in conto terzi pu diventare un pericoloso
catalizzatore di residui passivi tossici, soprattutto alla luce delle sofferenze
finanziarie conseguenti allapplicazione sempre pi cogente del patto di stabilit e
dei tagli agli enti locali: per questo la categoria soggetta ad una stretta
sorveglianza contabile da parte della Corte dei Conti. Una costante attivit di
monitoraggio sul volume di questa voce rispetto al bilancio garantirebbe un
indicatore sufficientemente efficiente del grado di sofferenza e di rischio che un
ente sta attraversando.
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8
1.1.4 Il ruolo delle partecipazioni pubbliche nellaccumulo e nella dilazione del debito
La definizione di una nuova realt amministrativa, quella locale, ha congiuntamente
determinato il cambiamento del modo in cui gli enti pubblici assolvono ai compiti
che gli competono. Soprattutto nellabito degli enti locali, al centro del nostro
lavoro, il fenomeno in questione, non ancora esauritosi, ha caratterizzato il
passaggio da una situazione di government ad una situazione di governance.
Fattualmente si passa dalla gestione diretta delle attivit di scopo dellente pubblico
ad una gestione effettuata da organismi terzi, seppur controllati in vari modi
(Libanora 2011).
La possibilit per un ente locale di compartecipare al capitale di rischio dimpresa in
forma di societ o di organo diverso, aggiunge un elemento di complessit al tema
dei bilanci delle amministrazioni.
Le partecipazioni pubbliche, infatti, che siano minoritarie o di maggioranza,
compartecipano alle dinamiche di entrate e spese nei bilanci, espandendo di fatto i
confini di responsabilit finanziaria dellente.
Leconomia italiana caratterizzata da una presenza diffusa, di dimensioni
particolarmente rilevanti anche nel confronto internazionale, di societ partecipate da
soggetti pubblici.
Per tali societ, il quadro giuridico di riferimento composto di una pletora di
disposizioni speciali che sintrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale.
Alle societ partecipate da enti pubblici che producono beni e servizi operanti in
regime di mercato e aventi forma e sostanza privatistica, si affiancano, infatti, sempre
pi spesso, soggetti che - pur avendo una veste giuridica privatistica - perseguono
interessi generali, svolgendo compiti e funzioni di natura pubblicistica tali da
configurarli come veri e propri apparati pubblici enti pubblici in forma societaria - o
organismi di diritto pubblico, secondo la definizione della direttiva 2004/18/CE,
soggetti a particolari e penetranti regole di gestione e controllo pubblico.
(Camera dei Deputati-Servizio Studi (2012),
(http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/bi0506.htm), consultato il
13.12.2013.)
Tali soggetti rientrano dunque in un concetto di Pubblica Amministrazione flessibile,
a geometrie variabili (Camera dei Deputati-Servizio Studi (2012),
(http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/bi0506.htm), consultato il
13.12.2013.). Nellultimo decennio il fenomeno si amplificato anche grazie
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9
all'aumento del numero delle societ controllate da amministrazioni regionali,
provinciali e locali. Mentre Farneti (1991) sosteneva che le Spa (2% dei servizi
municipalizzati nel 1987) avrebbero superato le municipalizzate limitatamente ai
problemi giuridico-formali di queste ultime, oggi la quota di partecipate in forma
societaria supera il 50% delluniverso di riferimento.
Secondo alcuni lincremento da spiegarsi con una maggiore flessibilit dello
strumento societario o col favore alle logiche dellimprenditorialit. Altri, invece,
sostengono che la forte crescita delle societ partecipate principalmente dovuta
ai vincoli di finanza pubblica e al sistema delle procedure e dei controlli
amministrativi che riguardano gli enti locali ed, in misura decisamente minore, le
societ partecipate; (Bellesia (2013) p. 205)). Fondamentalmente, quindi, il
fenomeno sembra strumentale allelusione delle norme in termini di personale,
appalti, indebitamento e patto di stabilit, da parte delle amministrazioni. A favore
di questa seconda tesi, c, in primo luogo, la massiccia produzione normativa che
Farneti (2012) definisce insufficiente nel contrastare lutilizzo strumentale
dellorganismo societario, per lelusione di norme imperative. In secondo luogo la
performance tuttaltro che positiva delle partecipate pubbliche (sulla quale
indagheremo in seguito), che mette in dubbio le predette motivazioni di efficienza
(Bellesia (2013)). La proliferazione delle societ a partecipazione locale stata
peraltro oggetto di unindagine della Corte dei Conti. Nel luglio 2013, la Sezione
delle autonomie della Corte ne ha pubblicato gli esiti allinterno della Relazione sulla
gestione finanziaria degli enti locali per gli esercizi 2011-2012.
Dallanalisi sono risultati 5.521 organismi direttamente partecipati. Si tratta in
particolare di 3.148 organismi con forma giuridica societaria (societ per azioni,
societ a responsabilit limitata, societ consortili e societ cooperative) e 1.846
organismi con forma giuridica diversa (consorzi, fondazioni, istituzioni, aziende
speciali) (Corte dei Conti (2013), (http://www.corteconti.it/export/
sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_autonomie/2013/delibera_21_2013_se
zaut_frg_relazione.pdf), p. 308). Una rassegna delle partecipate di Comuni e
Provincie, meno aggiornata ma pi specifica, quella fatta con Deliberazione n. 14/
AUT/2010/FRG della Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, il 22 giugno 2010
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10
nominata Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in societ ed altri organismi
da parte di Comuni e Province.
Dal punto di vista dellattivit svolta, il 34,67% degli organismi partecipati si occupa
di servizi pubblici locali, il 65,33% degli organismi partecipati svolge attivit
riconducibili ad altro: in particolare, attivit culturali, sportive e di sviluppo turistico,
supporto alle imprese, scientifiche e tecniche, agricoltura, silvicoltura e pesca,
Sanit e assistenza sociale, farmacie (Corte dei Conti- Sezione delle Autonomie
(2010),(www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_auto
nomie/2010/delibera_14_2010_aut.pdf), consultato il 27.02.2014).
Una prima elementare rilevazione, effettuata considerando i valori assoluti delle
partecipazioni, mette in evidenza che nei Comuni al di sotto dei 5000 abitanti si
concentra mediamente il 60% del totale delle partecipazioni, mentre il 36% nella
fascia 5000-100.000 abitanti e il solo 2,8% nei Comuni con pi di 100.000 abitanti.
Dalla rilevazione del valore medio delle partecipazioni per singolo comune, emerge
che nei Comuni sotto i 5.000 abitanti, il numero medio delle partecipazioni per
ciascun comune di quattro, che sale a cinque o sei nei Comuni da 5.000 a 100.000
abitanti ed a 21/22 sopra i 100.000 abitanti. Con riferimento ai risultati economici
delle societ partecipate nel triennio 2005-2007, dallindagine risulta che 568
societ, corrispondenti al 22,35% del totale, sono sempre in perdita. Larea di
attivit prevalente per le societ sempre in perdita quella dei servizi diversi dai
servizi pubblici locali (con il 63,32% delle societ sempre in perdita) (Corte dei Conti
(2010), (http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/
sez_autonomie/2010/delibera_14_2010_aut.pdf), pp. 54 e segg.)
La Corte conferma che la costituzione e la partecipazione in societ da parte degli
enti locali risulta essere spesso utilizzata quale strumento per forzare le regole
poste a tutela della concorrenza e sovente finalizzato ad eludere i vincoli di finanza
pubblica imposti agli enti locali. A sostegno di tale ipotesi anche la prevalenza del
modello di srl nelle entit a carattere societario, struttura che favorisce la
commistione tra soci e amministrazione e si presta a regole di rendicontazione pi
blande. A tale fenomeno distorsivo il legislatore ha ritenuto di dover porre rimedio
attraverso ladozione di specifici divieti alla costituzione e al mantenimento di
societ da parte dei Comuni piccoli e medio piccoli, che sono a livello locale i
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maggiori detentori di partecipazioni azionarie, in alcuni casi introducendo specifici
divieti, in altri introducendo norme volte ad incentivare il fenomeno della
dismissione di partecipazioni azionarie da parte dei soggetti istituzionali locali.
In particolare, ai comuni con meno di 30.000 abitanti fatto divieto di costituire
societ. Essi sono tenuti, entro il 31 dicembre 2012, a mettere
in liquidazione le societ gi costituite al 31 maggio 2010, ovvero a cederne le
partecipazioni (decreto legge n. 78/2010, articolo 14, comma 32, alinea, come
modificata da ultimo dallarticolo 16, comma 27 del decreto legge n. 138/2011).1
Spetta al Prefetto accertare che gli enti locali interessati adempiano il divieto di
costituire societ. Nel caso in cui sia rilevata la mancata attuazione del divieto, il
prefetto assegna agli enti inadempienti un termine per provvedere e, laddove
questi non provvedano, opera in via sostitutiva il Governo (articolo 16, comma 27
D.L. n. 138/2011).
Lobbligo di liquidazione non si applica se le societ gi costituite:
a) Abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;
b) Non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;
c) Non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il Comune abbia l'obbligo di procedere al ripiano delle perdite (decreto legge n. 78/2010, articolo 14, comma 32, lett. da a) a c), da ultimo modificate dallarticolo 16, comma 27 del decreto legge n. 138/2011).
I comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere
la partecipazione di una sola societ, e hanno dovuto mettere in liquidazione le
altre entro il 31 dicembre 2011. Ulteriori misure sono poi finalizzate ad incidere sul
fenomeno delle partecipazioni locali, introducendo strumenti volti ad incentivarne
1 D.L. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011.
La formulazione originaria dellarticolo 14, comma 32 del D.L. n. 78/2010, prevedeva che lobbligo di messa in liquidazione delle societ gi costituite al 31 maggio 2010 dovesse essere adempiuto entro il 31 dicembre 2011. Su tale data successivamente intervenuto il D.L. n. 225/2010 (legge n. 10/2011), il quale, allarticolo2, comma 43, ha posticipato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine. Ancora dopo, larticolo 16, comma 27 del D.L. n. 138/2011 (legge n. 144/2011), ha anticipato di un anno tale termine, al 31 dicembre 2012. Si segnala che larticolo 29, comma 11-bis dellA.C. 4865-A (conversione in legge del D.L. n. 216/2011) differisce ulteriormente tale termine di nove mesi, al 31 settembre 2013.
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12
la dismissione, anche con lobiettivo di procedere ad una maggiore liberalizzazione
del settore dei servizi pubblici locali. Anche operatori del settore come il
Privatization Barometer2,segnalano nel proprio Report 2012 questo trend di
dismissione, nellottica di uno Stato che da imprenditore si fa sempre pi
garante (Privatization Barometer (2013), (http://www.kpmg.com/IT/it/Issues
AndInsights/ArticlesPublications/Documents/PBKPMGENI.pdf), p. 28 e seg.)
Rendere lidea del giro daffari che coinvolge le partecipate pubbliche uno sforzo
organizzativo troppo elevato anche per lIrpa, Istituto di Ricerca per le Pubbliche
Amministrazioni. I dati, sebbene concordi nel mostrare un fenomeno di vaste
dimensioni, non consentono una stima esatta del numero delle partecipate dagli
enti territoriali. Le stime vanno dalle 3000 alle 6000 societ partecipate, ma i dati
risentono inevitabilmente di alcune variabili legate a ci che si include nel calcolo e
alla scarsa completezza delle informazioni fornite e raccolte (Irpa, 2012,
(http://www.irpa.eu/wp-
content/uploads/2012/06/Capitalismo_municipale_e_spl_def.pdf), p. 4).3 Allo
stesso modo, mancano vere e proprie stime del mercato complessivo interessato.
LOsservatorio economico sui servizi pubblici locali di Nomisma, di recente, ha
analizzato il peso economico delle ex municipalizzate che fanno capo a Confservizi.
Si tratta, secondo i dati raccolti dallOsservatorio, di un mercato di oltre 36 miliardi
di fatturato annuo (43 miliardi se si considerano anche le societ partecipate da altri
enti territoriali), 115 miliardi di investimenti programmati, 186.000 dipendenti nei
soli settori di trasporto locale, rifiuti, acqua ed energia. (Nomisma (2011),
(http://download.confservizi.net/apri_documento.aspx?I0=17850592-cd42-400d-
820d-bd13126e1632), p. 8).
Questo breve e sicuramente non esauriente excursus, ha il solo scopo di informare
sulle principali dinamiche e dimensioni del fenomeno delle partecipate poich
Lente nel caso in cui partecipi direttamente al soggetto economico che svolge il
2 Il Rapporto Privatization Barometer la periodica ricerca curata dalla Fondazione Eni - Enrico Mattei
e da KPMG, che ogni anno monitora e analizza i trend pi recenti nelle operazioni di privatizzazione a livello europeo e globale.
3 I dati presentati sono da riferirsi ad un periodo compreso nel triennio 2008- 2010
-
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servizio deve, invece, farsi carico, in un modo o nellaltro, dei risultati ottenuti dal
gestore e la propria situazione finanziaria viene direttamente influenzata dai
risultati di attivit che si svolgono allesterno del perimetro del proprio bilancio
(Cimbolini et al., 2008,p. 28).4
Questo fatto costituisce una nuova, determinante, fonte di criticit per i bilanci
pubblici messi al centro della trattazione. Infatti i bilanci pubblici non possono
essere pi considerati completi e affidabili, se questi non riescono nel rendicontare
su tutta una serie di attivit rilevanti in termini finanziari, ma che vengono svolte
allesterno della Pubblica Amministrazione.
Con limplementazione del Patto di stabilit interno, stato fatto divieto alle
pubbliche amministrazioni di contrarre mutui, se non per specifici investimenti in
parte capitale. E quindi pratica diffusa tra gli enti locali, lalienazione di
immobilizzazioni a societ partecipate al 100% che liquidano il pagamento tramite
la contrazione di un mutuo. Questa logica garantisce liquidit allamministrazione
anche nel breve periodo e per spese correnti, ma al contempo il rischio e il costo de
mutuo, evitato dal Patto di stabilit in un primo tempo, ritorna allinterno del
bilancio dellente per vie traverse, poich lente controlla la societ indebitata. E
evidente che non sono stati presi in considerazione i crismi di efficienza e efficacia a
monte della costituzione di societ partecipate, come auspicato dalla Finanziaria
2002 che istituiva lesternalizzazione, ma ci si dotati di societ partecipate per
costituire situazioni di comodo o con intento elusivo di aggiramento delle norme
(Cimbolini et al., 2008, p. 241).
Riguardo alla spesa, la prima osservazione nella relazione della Corte dei Conti
attiene allancora diffusa allocazione di quella per ripiano perdite nel titolo II (quasi
4
Lart 194 del d.lgs 267/00, in materia di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, prevede che: Con deliberazione consiliare di cui allarticolo 193, comma 2, o con diversa periodicit stabilita dai regolamenti, gli enti locali riconoscono la legittimit dei debiti fuori bilancio derivanti da:
()
B: copertura di disavanzo di consorzi, di aziende speciali e istituzioni nei limiti dello statuto, purch sia stato rispettato lobbligo di pareggio di bilancio di cui all art 114 e il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c: ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di societ di capitali cosstituite per lesercizio di servizi pubblici locali.
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il 25% del campione), contrariamente a quanto da sempre affermato dalla
giurisprudenza della Corte dei conti5. Peraltro, anche quando lallocazione
correttamente avvenuta nel titolo I, lintervento di riferimento stato, nella
maggioranza dei casi il quinto (trasferimenti) e non lottavo (oneri straordinari),
come invece esplicitamente richiesto dai Principi contabili per gli enti locali6. Il
fenomeno ancora pi diffuso riguardo alla spesa di ricapitalizzazione per ripiano
perdite, collocata nel titolo II nel 70% dei casi, in relazione della quale, la Corte dei
conti ha, talvolta, individuato specifiche forme di gravi irregolarit contabili.
Le conclusioni della Corte dei conti sono di duplice ordine, ma entrambe strumentali
alla trattazione e soprattutto al superamento delle criticit dovute alle
partecipazioni pubbliche in societ.
La prima che la maggiore difformit e variet delle allocazioni in bilancio di voci sia
di entrata che di spesa si riscontra quando le norme concernenti lordinamento
contabile degli enti locali sono troppo generiche. Levidenza empirica mostra il
ricorso a voci di bilancio non specifiche e residuali (es. proventi diversi,
trasferimenti, ecc.).
In seconda istanza la Corte conferma ancora pi nettamente la sostanziale
impossibilit di cogliere dai bilanci degli enti locali, informazioni chiare sulla
gestione, e nello specifico, sugli organismi partecipati (Corte dei Conti, 2010,
(http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_auto
nomie/2010/delibera_14_2010_aut.pdf), consultato il 27.02.2014).
Questo grave deficit di trasparenza e chiarezza potrebbe essere parzialmente
superato con la redazione in allegato al bilancio, delle risultanze contabili delle
partecipate di qualunque natura relative al periodo precedente quello del bilancio,
secondo quanto previsto dallart.172 Tuel.
Le reiterate sentenze della Corte dei Conti in favore del consolidamento dei bilanci
pubblici e la definizione nel 2009 di un quarto principio contabile, tracciato
dallOsservatorio per la finanza e la contabilit degli enti locali, con le linee guida
5
Si veda al riguardo quanto rilevato nella Relazione del 2008. Si veda, inoltre, ex multis Delibera Sez. reg. Lazio n.66/2009 in cui stato formulato giudizio di grave irregolarit contabile in presenza di errata imputazione della spesa per ripiano perdite.
6 Terzo principio contabile, punto 92 CE.
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per la redazione del rendioconto consolidato per lente locale che integri la
contabilizzazione degli organismi controllati, a controllo congiunto e collegati,
unitamente al contributo del legislatore attraverso lart. 2 lett. (h)7 della legge
42/2009 e la delega contenuta nellart.2 della legge di contabilit e finanza pubblica
196/2009, mostrano inequivocabili richiami alla trasparenza per gli enti locali,
attraverso lo sviluppo di un bilancio consolidato con tecniche contabili condivise,
che possa essere supervisionabile e confrontabile nellambito del Patto di stabilit
interno. La volont di evolvere i bilanci pubblici con lintegrazione di tecniche
contabili tipiche del privato, pi stringenti, standardizzabili e vocate allefficienza, si
scontra in una difficile conciliazione con lapplicabilit del Patto di stabilit: uno
strumento di finanza pubblica, chiaramente impostato a livello applicativo sulla
base delle regole contabili che disciplinano le pubbliche amministrazioni, contro gli
strumenti contabili propri delle societ private. Laggregazione, infatti,
implicherebbe lestensione della contabilit delle controllate al bilancio pubblico,
cos da rendere possibili i meccanismi di compensazione e integrazione garantiti dal
bilancio consolidato. La difficolt di conciliare i due sistemi dimostrabile in modo
agevole dal fatto che, nonostante gli intendimenti e i vari tentativi, ad oggi
lintroduzione di tale sistema contabile non ha trovato grande spazio, se non in
sparute realt territoriali (Cimbolini et al. 2008)
Una strutturale impasse normativa e una scarsa compliance, fanno di quello degli
enti locali un terreno accidentato e privo di saldi punti di riferimento. Il tema delle
partecipazioni pubbliche ha tutte le caratteristiche per configurarsi come una
problematica stand alone, tuttavia strumentale a questa trattazione per il
7
Con Delibera n.67/2009, la Sez. reg. Lazio, pur in presenza di copertura con entrate correnti, ha rilevato come la corretta imputazione in bilancio degli oneri finanziari sostenuti dal Comune per operazioni di copertura delle perdite delle proprie partecipate, non pu fare riferimento alla spesa in conto capitale, bens a quella corrente, in quanto loperazione di ripiano delle perdite non pu inquadrarsi tra le spese di investimento, posto che tali spese, in concreto, non comportano un effettivo incremento del capitale sociale, rappresentando, di contro, lunica alternativa alla trasformazione o allo scioglimento della societ. In effetti, riconoscere la possibilit di iscrivere tale posta tra le spese in conto capitale significherebbe permettere allEnte di poterle finanziare con ricorso allindebitamento, con ulteriore incremento delle passivit patrimoniali e degli oneri finanziari conseguenti a carico di ogni esercizio. A tale conclusione si giunge anche qualora, come nel caso di specie, loperazione di ripiano perdite assume le vesti di un trasferimento in conto futuro aumento di capitale sociale. Appare infatti censurabile il comportamento degli amministratori comunali e degli stessi amministratori della societ partecipata volto a far passare una operazione di mero ripiano perdite come una operazione di incremento del capitale sociale a fini di investimento.
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rischio che pu celare come contenitore periferico di debito. I debiti iscritti nei
bilanci delle societ partecipate e il potenziale disavanzo derivato dallincompleta
copertura degli stessi sono, infatti, onere dellente locale socio, nella proporzione
della propria partecipazione a quella societ.
Proprio a causa dellassenza di bilanci consolidati o semplicemente trasparenti,
molto complesso stimare lentit di questa componente del debito, e nella
successiva trattazione dello status quo ci sar spazio per la controversa stima del
valore delle partecipazioni.
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1.2 Disfunzioni e inefficienze dellapparato burocratico pubblico
1.2.1 La certificazione del credito
Si scrive complessit delle procedure operative, si legge amministrazione. E il
nome di quella funzione delle pubbliche amministrazioni che compartecipa al
dilatarsi dei tempi di pagamento e frena gli interventi correttivi al problema.
La certificazione uno strumento introdotto nel 2008 (art. 9 d.l 185/2008) a favore
delle imprese creditrici della Pubblica Amministrazione. Questo riconoscimento
consta nella facolt, per Regioni ed enti locali di certificare i caratteri di certezza,
liquidit ed esigibilit dei crediti.
In questa prima fase della lotta ai ritardi di pagamento si scelto di puntare pi
sulla tutela del credito che sui residui passivi a monte di questultimo. Questo ha
portato alla formazione di un pacchetto di interventi tra il 2008 e il 2012 con diversi
obiettivi da raggiungere: pi liquidit alle imprese, semplificazione della
certificazione fra fornitori e debitori, favorire meccanismi di compensazione per i
debiti iscritti a ruolo.
In un riepilogo del Ministero dellEconomia e delle Finanze (MEF) del 22 Maggio
2012, sono elencati i cinque strumenti che hanno composto questo pacchetto:
In primo luogo due decreti ministeriali fotocopia, uno declinato su
amministrazioni centrali e enti pubblici nazionali, laltro su enti locali, Regioni e
enti dellSSN per definire liter di certificazione.
Per quanto riguarda la compensazione dei crediti, un D.L. che istituisce la
compensazione dei crediti verso la PA con le somme iscritte a ruolo.
Introduzione nel FCG (Fondo Centrale di Garanzia) di una garanzia diretta
sullanticipazione dei crediti verso la PA, come forma di sostegno alle imprese
creditrici.
Accordo banche-imprese per la creazione di un plafond dedicato allo smobilizzo
dei crediti delle imprese verso le PA.
(MEF (2012), (http://www.mef.gov.it/certificazionecrediti/documenti/slides_crediti_pa.pdf),
consultato il 20.11.2013).
Per quanto inerente a questo elaborato, riteniamo sia utile presentare il processo
di certificazione cos come dettato dal Decreto Ministeriale relativo agli enti locali,
poich in esso ci sono molte delle criticit che tuttora contraddistinguono il tema
delle certificazioni dei crediti. In Figura 1.1 sono riportate le due alternative
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18
percorribili per certificare il proprio credito commerciale verso la Pubblica
Amministrazione.
Figura 1.1 Tipologie di certificazione.
La certificazione si configura come processo fondamentale per le imprese, in qualit
di conditio sine qua non per laccesso all anticipazione e alla cessione del credito
con le banche, o alla compensazione con la PA. Nel 2011, infatti, con art.13 L. 183, il
legislatore potenzia il meccanismo, imponendo la certificazione non pi come una
facolt, ma come un obbligo per Regioni ed Enti locali entro 60 giorni dalla ricezione
dellistanza Ministero dellEconomia e delle Finanze (2012),
(http://www.mef.gov.it/certificazionecrediti/documenti/slides_crediti_pa.pdf),
consultato il 20.11.2013.
Il D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012 teso a accelerare il pagamento dei crediti
commerciali *+, certi liquidi ed esigibili, corrispondenti a residui passivi del bilancio
dello Stato, stanzia 2,7 miliardi per il 2012 e introduce la possibilit per il creditore,
di essere pagati con titoli di Stato per un limite massimo di 2 miliardi di euro.
In Figura 1.2 sono riportati i passi in capo a creditore e Pubblica Amministrazione
debitrice, per portare a termine il processo di certificazione.
Certificazione
Ordinaria/ cartacea
attivabile da subito, moduli su internet, compilabili on line, inviabili con PEC
Semplificata/ elettronica
attivabile a valle della predisposizione della piattaforma elettronica Consip (circa 3 mesi).
Si evitano gli obblighi di redazione di
atto pubblico e di notificazione nel caso di cessione
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19
Il primo fattore meritevole di commento che il creditore ha lonere di avviare il
processo di certificazione. E piuttosto singolare che sia il creditore e non il debitore
a sopportare i costi funzionali al pagamento di unobbligazione. Inoltre si sottolinea
come la PA si garantisca, in assenza di date prefisse, il termine di dodici mesi per
pagare il proprio creditore. Tenendo conto che i crediti in questione sono spesso gi
scaduti da anni, evidente la crisi di liquidit cui continua ad essere sottoposta
limpresa prima e dopo il processo di certificazione.
Il creditore invia listanza di certificazione del credito con il modulo 1:
a. fornisce fatture e estremi della prestazione
b. precisa se intende utilizzare il credito in compensazione con somme iscritte a ruolo
c. si impegna a non attivare procedimenti in sede giurisdizionale fino alla data indicata per il pagamento (o 12 mesi se la data non indicata)
Creditore
La PA risponde entro 60 gg.
utilizzando il modulo 2:
a. verifica le fatture
b. per i crediti superiori a 10.000 euro: verifica la presenza di inadempienze allobbligo di versamento derivanti dalla notifica di cartelle di pagamento (art. 48-bis del DPR 602/1973)
c. eventualmente, compensa il credito con altri debiti
d. certifica (integralmente o parzialmente) al lordo degli eventuali debiti se non compensati, ovvero non certifica motivando le ragioni
e. indica la data del pagamento, che dovr essere inferiore a 12 mesi a partire dalla presentazione dellistanza
f. accetta preventivamente la
cessione del credito
PA
Figura 1.2 Step della certificazione
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1.2.2 Misure inefficaci.
A dispetto di quanto detto, la Relazione al Parlamento approvata dal Consiglio dei
Ministri il 21 marzo 2013 registra che lefficacia di questi provvedimenti stata
finora limitata (Camera dei Deputati (2013),
(http://www.bancaditalia.it/interventi/altri_int/2013/franco_280313.pdf), p. 5,
consultato il 03.12.2013) e riepiloga alcune criticit e debolezze dellimpianto.
Ancora una volta il problema di duplice natura: tecnica e legale.
La parte tecnica, legata allimplementazione della piattaforma elettronica sviluppata
dalla Ragioneria Generale dello Stato, ha dato vita nelle prime fasi della sua
esistenza ad un paradosso tutto italiano.
Alla fine del gennaio 2013, primo mese di decorso del nuovo sistema di
certificazione, avevano completato liscrizione 1.227 amministrazioni (oltre 900
comuni del centro-nord e solo 70 enti del SSN) con 71 certificazioni rilasciate (per
un valore di 3 mln di euro) a fronte di 467 istanze ricevute dalle imprese (per un
valore di 45mln di euro) (Ministero dellEconomia e delle Finanze (2013),
Rafforzare la finanza dimpresa.
Il numero di amministrazioni rispondenti stato poco pi del 5% del totale
configurando sostanzialmente unadesione volontaria poich non erano previste
sanzioni per i ritardatari.
Paradossalmente i creditori di tutti gli enti non aderenti, non potevano ottenere la
certificazione del credito (neanche) con la procedura ordinaria/cartacea poich
questultima, dallavvio della piattaforma a ottobre 2012, era stata disattivata.
Al 26 marzo 2013 risultavano rilasciate 479 certificazioni per un valore di 31 milioni
di euro, con 1.700 amministrazioni pubbliche accreditate su un totale di oltre
20.000 (Camera dei Deputati-Servizio Studi (2013),
(http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/D13035_0.htm), consultato il
13.12.2013).
Il tempo passato dobbligo poich il D.L. 35/2013 ha imposto alle PA la tassativa
iscrizione alla piattaforma telematica entro il 29 aprile, con ammende di 100 euro al
giorno una volta sforato il termine. La Cgia di Mestre ha indagato sulle cause di
queste lentezze amministrative e in un articolo del 2 maggio 2013 rende conto di
come anche gli enti locali lamentino inefficienze a livello centrale. In primo luogo la
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piattaforma telematica non sarebbe in grado di supportare la mole di registrazioni
nel breve periodo e in pi lamministrazione centrale avrebbe tardato a fornire agli
enti le istruzioni operative per lutilizzo dello strumento elettronico (Cgia Mestre,
(2013), (http://www.cgiamestre.com/2013/05/pagamenti-pa-meno-di-un-terzo-le-
amministrazioni-in-regola/ )).
Una volta completato il processo di registrazione telematica, dando finalmente il via
al processo di certificazione dei crediti che porter ad una quantificazione del
debito commerciale che oggi possiamo solo stimare, rester in campo la criticit di
natura legale, come stata definita in precedenza.
Nella Relazione al Parlamento viene definita come rilevanza quantitativa dei casi di
esenzione, ma proprio nella parte degli elementi distintivi del decreto
ministeriale gemello, relativo agli enti locali, che troviamo due eccezioni che
mettono in serio dubbio lefficacia di tutti i provvedimenti visti finora. Sono esclusi
dallobbligo di certificazione:
Gli enti commissariati (Fig. 1.3).
Le ASL in Regioni sottoposte a piani di rientro(Fig. 1.4).
Figura 1.3 126 Comuni commissariati. Fonte: elaborazione Ancitel (2013) http://www.comuniverso.it/index.cfm?menu=502
Figura 1.4 Regioni sottoposte a piano di rientro. Fonte: Ministero della Salute (2013) http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=2239&area=pianiRientro&menu=obiettivi
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Sempre fra gli elementi distintivi, il riferimento al patto di stabilit interno: per le
spese correnti delle Regioni e le spese in conto capitale delle Regioni e degli enti
locali, c lopzione di certificare il credito senza indicare la data di pagamento.
Considerando che nel processo ordinario, il pagamento pu avvenire fino ai 12 mesi
dalla presentazione dellistanza, considerando la sottile linea fra parte corrente e
capitale e la frequenza di inesattezze pi o meno trasparenti nei bilanci pubblici,
evidente come un opzione di questo tipo si configuri come una via di scampo
concessa alle PA ma soprattutto come una tacita benevolenza verso residui passivi
con ritardi di pagamento a tre cifre (i ritardi sono di norma espressi in giorni). A
riguardo dellesenzione per enti commissariati e Regioni in piano di rientro,
importante considerare il volume che essi rappresentano, quindi lentit
delleccezione ai provvedimenti per la certificazione dei crediti.
Da fonti pubblicate in Gazzetta Ufficiale e rielaborate da Ancitel(2013) risultano 126
comuni commissariati in Italia, per cause, tra le altre, di infiltrazione mafiosa (ai
sensi dellart. 143 Tuel) o dimissioni della maggioranza del Consiglio.
Tuttavia il dato pi significativo e sconcertante quello che riguarda le Regioni in
cui sono attivi piani di rientro. Ai sensi della legge finanziaria 311/2005 i Piani di
rientro sono stati ideati come accordi pattizi Stato Regione su base pluriennale,
coi quali i Ministeri di Salute e Economia e Finanza affiancano lorganismo locale per
la programmazione, gestione e valutazione del Servizio sanitario regionale, al fine
dellassorbimento del disavanzo accumulato.
Come illustrato graficamente (Fig. 1.4), ben dieci regioni sono state sottoposte a
piano di rientro, e solo Liguria e Sardegna hanno completato liter di ripiano
finanziario.
Quando nellaudizione della Banca dItalia del 28 marzo 2013 presso le commissioni
riunite di Camera e Senato, stato stimato che la met del debito commerciale (45
mld di euro a fine 2011) sarebbe imputabile a Regioni e ASL, facile intuire quanto
possa risultare nociva lesenzione di otto Regioni su venti e delle relative Aziende
Sanitarie, dallonere di certificare, quindi pagare nei tempi previsti, i propri
creditori.
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1.2.3 La compensazione dei crediti.
Nel 2010 il D.L. n. 78, art. 31, introduce la possibilit per le imprese di compensare i
crediti non prescritti, esigibili, certi e liquidi, maturati nei confronti di Regioni, enti
locali ed enti del SSN, con imposte dovute iscritte a ruolo sia erariali che locali, dai
contributi sociali ai premi assicurativi INAIL. Lintento del legislatore era quello di
alleggerire la mole di debiti commerciali attraverso un processo rapido, ma
soprattutto in grado di nettare le posizioni debitorie, senza la necessit di reperire
liquidit. Quindi stato perfezionato un processo semplice e rapido (con
comunicazioni in PEC e termini molto stringenti) esemplificato in Figura 1.5.
Se lesito positivo, il debito si compensa col credito e lagente comunica lavvenuta
compensazione entro 5 gg. allente . Nel caso lente sia un intermediario di imposta,
esso tenuto a pagare al creditore dimposta limporto corrispondente alla cifra
compensata entro 12 mesi dalla certificazione. Se il pagamento non viene
effettuato, lente sconta una riduzione delle somme trasferitegli dallo Stato.
Tuttavia la compensazione dei crediti sottesa alla certificazione degli stessi. Di
conseguenza un istituto che doveva essere funzionale alla riduzione dei tempi
amministrativi, chiesto a gran voce dalle imprese come strumento dinamico e
attuale, si pone a valle rispetto ad un processo lungo e complesso come la
certificazione, che sconta tutte le enormi problematiche discusse nel precedente
paragrafo. Gli elementi presi in considerazione fino a questo punto a proposito delle
pubbliche amministrazioni, come la gestione, lamministrazione e le normative,
veicolano il prologo del messaggio che questo lavoro porter avanti nel suo
svolgimento. E importante accorgersi del profondo cambiamento che la Pubblica
Il creditore presenta la certificazione del credito all'agente di riscossione e indica le posizioni debitorie che intende estinguere
L'agente (entro 3 gg. con PEC) invia richiesta all'ente debitore per verificare la veridicit della certificazione
L'ente debitore risponde entro 10 gg.
Figura 1.5 Step della compensazione
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Amministrazione ha subito e sta subendo, cambiare lopinione tradizionale di
unomogenea estroflessione dello Stato centrale e implementare un approccio alla
PA come un tessuto eterogeneo, composto da enti diversi luno dallaltro,
geograficamente e strutturalmente. Mentre storicamente il rapporto contrattuale
con lo Stato veniva considerato una sicurezza, la Pubblica Amministrazione del 2013
si profila de facto come un impresa, pur rispondendo de iure ad un diverso corpus
normativo: come unimpresa pu avere avanzo e disavanzo, come unimpresa pu
essere un cattivo pagatore, come un impresa deve essere valutata prima di
instaurarvici un rapporto economico.
Questo a nostro avviso il primo step concettuale da compiere per comprendere e
affrontare le problematiche del debito commerciale e dei ritardi di pagamento nel
settore pubblico.
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1.3 Regole: A monte e a valle dei ritardi di pagamento
1.3.1 I pagamenti nelle Pubbliche Amministrazioni
Il quadro nel quale si inserisce questo lavoro, quello della partnership pubblico-
privato, in particolare quella parte della relazione tra pubbliche amministrazioni
(PA) e mondo delle imprese, (pubbliche e private) che contempla i pagamenti. E
quindi necessario un piccolo excursus giuridico dellarea in questione per facilitare
la comprensione di quanto segue.
Il credito sorge nel momento in cui, alla fornitura di una prestazione, in termini di
beni e/o servizi, corrisponde una relativa controprestazione da parte del
committente, obbligato a un esborso finanziario nelle modalit definite dal
contratto e dal diritto. Nel rapportarsi col privato, i contratti stipulati dal settore
pubblico si considerano rispondenti ad una natura privatistica, quindi pari ad un
contratto fra privati. Questo dovuto al fatto che lo Stato scende dal piedistallo
istituzionale, configurandosi come un operatore privato, poich nella fattispecie i
fini pubblici e quindi per definizione superiori dellamministrazione, sono
irrilevanti. Nel caso di pagamenti da effettuare dalla PA in esecuzione di contratti
stipulati iure privatorum, sono applicabili i principi generali e le norme stabilite dalla
legge comune, con particolare riguardo a quelle relative allaccertamento
dellinadempimento, ai fini della risoluzione del contratto, non potendosi desumere
una diversa disciplina dalle norme contenute nel regolamento per la contabilit
dello stato (r.d. 23.5.1924 n. 827). Il legislatore rinforza questo favor per un
trattamento paritario dimpresa privata e impresa esercitata da enti pubblici anche
nellart. 2093 c.c.: Le disposizioni del libro V del lavoro si applicano agli enti
pubblici inquadrati nelle associazioni professionali. Ai non inquadrati, si applicano
le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate. Ci
che deriva da queste disposizioni una volont del legislatore a far s che il soggetto
pubblico, che sia nella forma di ente pubblico economico, di ente pubblico non
economico o di imprese controllate o partecipate da capitali pubblici, quantomeno
nellambito del rapporto contrattuale con soggetti terzi, sia equiparato al privato e
sottostia alla medesimo ambito normativo. Alla fine di questo breve prologo
quindi possibile definire lorigine legale dei crediti commerciali fra pubblico e
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privato: contratti posti in essere con una considerazione parificata delle parti. Da
qui si pu iniziare un vero e proprio approccio alla materia, senza per lasciare la
lente normativa.
Mentre vasta e fiorente la letteratura che si occupa di public management &
accounting, progettualit locale e performance economica degli enti locali, sono
invece pressoch assenti contribuzioni che pongano il proprio focus sulle dinamiche
di regolazione dei pagamenti che intervengono tra pubblico e privato,
comprendenti problematiche e disfunzioni.
Di conseguenza riteniamo che per fornire un framework formale sul quale basare il
resoconto dello status quo che sar punto di partenza del lavoro stesso, sia
opportuno una breve rassegna della legislazione specifica. Grazie anche al supporto
di articolo e materiale on-line, che si qualificano a letteratura del tema, sar pi
facile rendere un quadro teorico e dinamico nel tempo, per consentire una migliore
comprensione dellevoluzione del fenomeno e delle disfunzioni che saranno
discusse.
Allinizio dello scorso decennio lEuropa metteva allordine del giorno la questione
dei pagamenti nelle transazione commerciali attraverso la direttiva 2000/35/CE, al
seguito della quale il Parlamento delegava il Governo di legiferare. E quindi di
matrice europeista il D.lgs 231 del 9 Ottobre 2002 che tuttavia non norma i
pagamenti nella loro interezza. Dalle parole dellAvv. Alessandro Bonanni,
dellosservatorio di diritto comunitario e nazionale sugli appalti pubblici: Al
riguardo, si vedr come lattuale disciplina in materia di ritardato pagamento dei
crediti della Pubblica Amministrazione corra su un doppio binario: da un lato, le
norme a tutela delle posizioni attive derivanti dallesecuzione di contratti pubblici di
servizi e forniture, dallaltro quelle afferenti ai contratti di lavori pubblici (Bonanni
(2011), (http://www.contratti-pubblici.it/index.php?option=com_content&view=
article&id=416:ritardati-pagamenti-da-parte-della-pa&catid=49:aree-
tematiche&Itemid=399), consultato il 09.09.2013).
Richiamando quanto specificato riguardo lequiparazione di pubblico e privato nella
disciplina dei pagamenti, anche il decreto nellart. 2, comma 1, lett. a) definisce cos
le transazioni commerciali: i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero
tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o
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prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di
un prezzo.
Si configura pertanto un campo di applicazione piuttosto vasto, allinterno del quale
il decreto legislativo introduce importanti novit. Ecco le pi significative per la
nostra trattazione.
La decorrenza automatica degli interessi moratori dal giorno successivo alla scadenza
del termine di pagamento, che fissato - in assenza di diverso accordo - in trenta
giorni, senza bisogno di un atto di messa in mora (art. 4);
La determinazione legale degli interessi moratori in misura pari al saggio di interesse
del principale strumento di rifinanziamento della BCE, applicato alla sua pi recente
operazione di rifinanziamento principale, effettuata il primo giorno di calendario del
semestre in questione maggiorato di sette punti percentuali, salvo patto contrario (art.
5);
il risarcimento dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente
corrisposte, salva la prova del maggior danno (art. 6);
(D.lgs del 9 Ottobre 2002, n. 231)
In virt di una Determinazione dellAutorit per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, la
n. 5 del 27 marzo 2002, stata esclusa la possibilit di applicare estensivamente la
disciplina del D.lgs 231 al settore dei contratti pubblici, regolati in appositi
regolamenti interni. Da qui la dicotomia tra la (pi debole) tutela riconosciuta al
creditore della P.A. nel settore lavori pubblici e quella operante per i servizi e le
forniture (pi forte e di matrice comunitaria)(Bonanni, (2011), Ibidem).
Dalla matrice comunitaria arriva anche la Direttiva 2011/07/UE del 16 Febbraio, che
si prefigge di apportare modifiche sostanziali alla precedente omologa, attraverso la
modifica, in termini nazionali, del D.lgs 231. Sempre con focus sui ritardi nei
pagamenti, la nuova normativa europea introduce tre profili di rilevante novit.
1) Previsione di un limite massimo alla facolt di estensione del termine di pagamento.
La disposizione, nel ribadire il termine naturale dei pagamenti in trenta giorni, impone che le
eventuali dilazioni, (di natura pattizia e frutto della duplice volont delle parti), non possano
tassativamente superare i sessanta giorni di calendario.
Questa opportunit garantita a soli due tipi di enti pubblici:
a) Qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attivit economiche di natura
industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato e che sia soggetta, come
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impresa pubblica, ai requisiti di trasparenza di cui alla direttiva 2006/111/CE della
Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie
tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno
di talune imprese;
b) Enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e siano stati debitamente
riconosciuti a tal fine (Bonanni, 2011)
2) Aumento del tasso degli interessi moratori.
Lart. 2 della nuova direttiva definisce invece "interessi legali di mora" come interessi semplici
di mora ad un tasso che pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti
percentuali, dovendosi altres intendere, per "tasso di riferimento"
3) Applicabilit della nuova direttiva al settore dei lavori pubblici.
Mentre, come visto, la direttiva 2000/35/CE riguardava solo la prestazione di servizi e la
fornitura di merci, lundicesimo considerando della 2011/07/UE parrebbe espressamente
deporre nel senso di unestensione allambito dei lavori pubblici delloperativit della direttiva
sui ritardati pagamenti: La fornitura di merci e la prestazione di servizi dietro corrispettivo a cui
si applica la presente direttiva dovrebbero anche includere la progettazione e l'esecuzione di
opere e edifici pubblici, nonch i lavori di ingegneria civile.
(Direttiva 2011/07/UE)
Si pu concludere che la direzione sia la medesima che era stata intrapresa con la
direttiva del 2002, ma lenfasi sul rispetto di termini rigidi e il favor nei confronti del
creditore sono chiaramente evidenziati dagli spunti di novit. Si presenta inoltre
lopportunit per superare la dicotomia, anche normativa, che colpiva i ritardi di
pagamento nelle PA, dividendo i crediti sorti per transazioni commerciali da quelli
sorti nellambito di appalti pubblici. Recepire la direttiva europea garantendo la
medesima disciplina alle tre fattispecie costituirebbe un elemento di
semplificazione e chiarificazione piuttosto autorevole, in un contesto, quello degli
appalti pubblici, nel quale lappaltatore gode di una tutela pi scarsa
Lutilizzo del condizionale dobbligo poich il d.lgs. 192/2012, approntato dal
governo Monti e pronto ad entrare in vigore dal 1 gennaio 2013, nel ricevere il
plauso per lanticipo rispetto alla scadenza del 16 marzo, incassa anche la critica
dellUE, nella persona di Antonio Tajani (Vice Presidente della Commissione
Europea), che con una lettera al ministro Passera punta il dito sullimperfetto
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recepimento della direttiva europea da parte del decreto italiano (EdilTecnico
(2013), (www.ediltecnico.it/14298/ritardati-pagamenti-anche-pe
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