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Sezioni unite civili; sentenza 15 ottobre 1963, n. 2768; Pres. Lonardo P., Est. Straniero, P. M.Pepe (concl. diff.); Soc. Adriatica di elettricità-S.a.d.e. (Avv. Conte, Sartori) c. Pasqualis (Avv.Gallo)Author(s): C.M.B.Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 10 (1963), pp. 2075/2076-2081/2082Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152952 .
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2075 PARTE PRIMA 2076
preparandosi all'avvenimento mondano della sfilata della
raoda, avesse consentito a farsi fotografare seminuda davanti
ai fotografi in posizione di passivo adattamento, se non di
compiacimento, non avrebbe potuto presumersi il consenso
alia riproduzione dell'immagine sulla rivista « II Borghese »
con le modalita con le quali fu attuata e tali da configurare la Portaluri come simbolo dell'immorality del tempo attuale.
Ha posto in risalto ehe la pudicizia femminile «se pure ap
pannata (sic) in una indossatrioe quale era la Portaluri
11011 giustificava la indicazione della Portaluri come simbolo
ehe la esponeva a pubblico disprezzo », ed ha ritenuto che
conseguentemente sussistessero, dato l'oggetto della ripro
duzione, l'elemento oggettivo del reato di diffamazione, e, data la consapevolezza dell'efficacia lesiva del fatto, l'ele
mento soggettivo del reato medesimo.
La Corte d'appello avrebbe dovuto, con riguardo alle
previsioni degli art. 96 e 97 legge 22 aprile 1941 n. 633, sulla
protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al
suo esercizio, considerare il contenuto dell'immagine e la
quality di indossatrice della Portaluri in relazione all'avve
nimento per il quale la fotografia si assumeva consentita
per stabilire se la riproduzione in se e per se fosse stata
lecita o, per mancanza di consenso implicito, avesse dovuto
ritenersi illecita in quanto di pregiudizio all'onore, alia repu tazione o al decoro della Portaluri. Risoluta poitale questione e accertata la liceita della riproduzione in se, ai sensi degli articoli su eitati, avrebbe dovuto stabilire se, per le parti colari modalita della riproduzione, fosse stato commesso il
reato di diffamazione. Invece ha omesso le indagini su pre cisate dominata, nell'interpretazione delle norme su menzio
nate, dalla concezione di un tipico diritto alia riservatezza
la cui ammissibilitä questa Corte suprema di recente (sen tenza 20 aprile 1963, n. 990, Foro it., 1963, I, 877) ha negato, ammettendo soltanto un diritto alia liberta di autodeter
minazione nello svolgimento della personality come sin
golo, la cui violazione debba essere di volta in volta in con
crete accertata.
Tale giurisprudenza questo Supremo collegio deve riaf
fermare. In vero il riconoscimento della liberta di manife
stazioni di posizioni concrete nella vita sociale, conforme
agli interessi tutelati nella society medesima, ha fondamento
nell'art. 12 della Costituzione, inteso in correlazione con
l'art. 2043 cod. civ., come si e rilevato nella precedente sen
tenza, e risponde alia logiea stessa del sistema, che riconosce la capacita di esercizio dei diritti unitariamente e con ciõ
stesso la possibility di autodeterminazione. II precetto costi
tuzionale, per la stessa ampiezza del suo contenuto, si dif ferenzia dalle singole previsioni di singoli diritti e toglie fondamento all'obiezione che questi hanno riferimento sol tanto nei confronti della pubblica Amministrazione. E
posto che i precetti costituzionali implicano sempre l'accer tamento dei limiti di una loro applicazione immediata avendo riguardo alia disciplina vigente, deve ammettersi che l'art. 2, inteso in coerenza con gli altri precetti costitu zionali in tema di liberty, con il rilevato presupposto lo
gico-giuridico della capacity, e con la disciplina dell'ille cito (art. 2043), deve intendersi nel senso di un'affermazione di un diritto di liberta astratta, il cui oggetto concreto, giu ridicamente tutelabile, deve essere accertato dal giudice, secondo un giudizio di valore, giudizio cioe che l'ordina mento commette al giudice tutte le volte che il precetto consideri situazioni le quali, peril loro contenuto e modalita, implichino l'applicazione di principi o norme metagiuridiche. Ed esclusa la possibility di un'interpretazione analogica di
singole previsioni di diritti di personalita, non giustificando esse l'affermazione di una tutela di un oggetto non precisato, la Corte di merito avrebbe dovuto soffermarsi soltanto ad
interpretare le norme concernenti il diritto che si assumeva violato.
Ora contrariamente all'opinione espressa dalla Corte
medesima, se non ostante il generico divieto di riproduzione dell'immagine senza il consenso della persona ritratta
previsto daH'art. 96 su citato, per il 1° comma del successivo art. 97 non occorre, per legittimare la riproduzione, il con senso della persona ritratta quando la riproduzione e
«collegata a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse
pubblico o svoltisi in pubblico », e so per il successivo comma
dello stesso articolo «il ritratto non puõ essere esposto o
messo in commercio quando l'esposizione o messa in com
mercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione o anche
al deooro della persona ritratta », consegue che, nel caso
considerato di riproduzione di un'immagine collegata con un
avvenimento di interesse pubblico, quale e appunto una sfi
lata di moda, non possa ritenersi senz'altro vietata la ripro duzione delTimmagine medesima affermandosi che manchi
il consenso e che il contenuto sia di per s6 offensivo all'onore, al decoro o alia reputazione della persona ritratta, senza
particolare indagine sulla sussistenza di un consenso anche
implicito. Una valutazione non fuorviata dal principio erroneo affermato nella sentenza dell'esigenza di un con
senso specifico alia riproduzione per fatti o avvenimenti, che non riguardassero la sfilata di moda, nella specie, tanto
piil si imponeva in quanto dal contenuto della fotografia,
posta in risalto nella stessa sentenza, non risultava nemmeno
quale funzione particolare essa avrebbe dovuto avere nella
sfilata di moda.
Conforta questa interpretazione la rilevanza dell'inte
resse pubblico inerente alia cronaca, il quale implica anche la liceitä, della pubblicazione, che debba ritenersi conforme, secondo un comune apprezzamento delle circostanze, alia volontä, implicita del soggetto al quale la notizia k riferita.
Quanto poi alla questione della sussistenza del reato di diffamazione deve considerarsi che la sentenza ha ricono sciuto importanza al fatto che l'immagine della Portaluri ritratta semisvestita davanti a fotografi era stata nella
riproduzione contrapposta ad altra immagine di barbuti
fotografi del secolo scorso nella vana ricerca di un soggetto altrettanto piccante.
Ma se la riproduzione dell'immagine della Portaluri nell'atto di mostrare le procaci fattezze ai fotografi fosse stata consentita, essa non sarebbe stata illecita ; ne la sua
contrapposizione all'altra immagine avrebbe avuto co
munque carattere diffamatorio rivelando soltanto la ripro vazione, del tutto generica, del mutamento dei costumi.
Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza 15 ottobre 1963, n. 2768 ; Pres. Lonajsdo P., Est. Stranieeo, P. M. Pepe (conel. diff.) ; Soe. Adriatica di elettricitä-S.a.d.e. (Aw. Conte, Sak
tori) o. Pasqualis (Aw. Gallo).
(Cassa App. Trieste 3 maggio 1962)
Condotture elettriche — Servilii di elettrodotto su aree esenti per le<jnc — Domanda di rimozione dei manufatti — Giurisdizione del yiudice ordina rio — Limite — Fattispeeie (R. d. 11 dicembre 1933 n. 1775, t. u. sulle acque pubbliche e gli impianti elet
trici, art. 121).
Sebbene Vimposizione di servitii di elettrodotto su aree esenti ai setisi dell'art. 121, lett. b, del r. deoreto 11 dicembre 1933 n. 1775 importi la carenza in radice del potere della
pubblica Amministrazione, il giudice ordinario difetta di giurisdizione a conoscere della domanda di rimozione delle condotture e dei manufatti realizzati in esecuzione del decreto prefettizio di imposizione delle servitii mede sime. (1)
(1) La sentenza nori definitiva 27 maggio 1957, pronunciata nello stesso giudizio dal Tribunale di Pordencme, 6 riassunta nel Rep. 1957, voce Condotture elettriche, nn. 10, 11, con la data del 22 maggio 1957.
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2071 GIURISPRÜDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2078
i La Corte, ecc. — (Omissis). II ricorso denuncia, con
l'unico suo motivo, la violazione degli art. 2 e 3 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, e 26 del r. decreto 26 giugno 1924 n. 1054, nonche il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del Consiglio di Stato a norma degli art. 37 e 360, n. 1, cod. proc. civile.
La censura investe la sentenza della Corte di Trieste per avere riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario
suirintera controversia, sulla base della premessa clie trat
tavasi di controversia patrimoniale fra privati nella quale
gli attori agivano a tutela di un diritto soggettivo perfetto e nella quale pertanto la questione della illegittimitä del
Nell'interpretare l'art. 121, lett. 6, la giurisprudenza ha chiarito che la esenzione dalla servitü di elettrodotto (cui, pe raltro, gli interessati possono sempre rinunciare e consentire la
imposizione del vincolo anclie sulla loro casa : Cass. 23 febbraio
1939, id., Rep. 1939, voce cit., n. 13) : a) riguarda i cortili, i
giardini e i frutteti attinenti alle case, in quanto siano un allar
gamento del soggiorno degli abitanti, e non anche quelli sempli cemente adiaeenti (Cons. Stato, Sez. IV, 28 ottobre 1958, n. 771, id., Rep. 1959, voce cit., n. 10) ; &) investe la possibility di inflig gere supporti ed ancoraggi per conduttori, ma non si estende alle altre limitazioni della facolta di godimento del fondo (Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 1958, n. 3, id., Rep. 1958, voce cit., n. 12), nc ha riguardo agli eventuali influssi dannosi del campo elettrico circostante condotture clie non passino per i terreni esenti ma siano impiantate in prossimitä di questi (Cons. Stato, Sez. IV, 17 dicembre 1958, n. 1148, ibid., n. 11) ; c) non e appli cable ai parchi ma soltanto ai giardini attinenti alia casa che
formano con questa una entitä economica unica (Cass. 17 luglio 1941, n. 2218, id., Rep. 1941, voce cit., nn. 9, 10).
II Gilardoni, Acque pubbliche e impianti elettrici, 1936, II, n. 1430, ritenendo che «l'esonero dall'elettrodotto riguarda le case, salvo che per le facciate, verso le vie e piazze pubbliche, i cortili, i giardini, i frutteti e le aie delle case attinenti, cjoõ
contigue a quelle su cui deve gravare l'elettrodotto » da della
norma in parola una interpretazione che non ne rispecchia fedel mente la porta-ta testuale secondo cui sono esenti dalla servitü in questione «le case, salvo per le facciate verso le vie e piazze pubbliche, i cortili, i giardini, i frutteti e le aie alle case atti nenti ».
Circa il modo di costituzione della servitü di elettrodotto, su cui si sofferma, nella motivazione, la riportata sentenza, cons. Trib. Pescara 21 novembre 1959, Foro it., Rep. 1962, voce cit., n. 17 ; Cass. 10 febbraio 1959, n. 406, id., 1959, I, 700, con nota di richiami, tra i quali Cass. 9 luglio 1953, n. 2189, eitata al pari della precedente nel testo della pronuncia che si annota.
Per qualche riferimento, nel senso che le controversie rela tive aH'indennitä per imposizione di servitü di condotture elet triche rientrano nella competenza per materia del tribunale, cons. Cass. 14 febbraio 1963, n. 322, retro, 1452, con nota di ri
chiami, tra i quali Cass. 18 giugno 1962, n. 1530, eitata in motiva zione (e commentata da Klitsche de ia Grange, in Oiur. it., 1963, I, 1, 1407).
Sempre per riferimenti, a proposito delle condizioni di legit timita del decreto prefettizio di imposizione di una servitü di elettrodotto perpetua ed inamovibile, vedi Cons. Stato, Sez.
IV, 15 maggio 1963, n. 313, in questo volume, III, 370.
* * *
K da notare che la Suprema corte, pur affermando che la servitü di elettrodotto imposta su aree esenti da luogo non a cattivo uso del potere della pubblica Amministra,zione, ma ad «inammissibile estensione dello stesso ad una sfera che gli era assolutamente interdetta ed a cui riguardo esso pertanto puõ essere disconosciuto in radice», nega, tuttavia, la giurisdi zione del giudice ordinario a conoscere della domanda tendente ad ottenere la rimozione dei manufatti, sul riflesso che la co
gnizione di tale domanda importerebbe in sostanza la revoca e
non la disapplicazione dell'atto amministrativo di imposizione della servitü. Piü corretto (ma non ai sensi dell'art. 384 cod.
proc. civ., inapplicabile in tema di giurisdizione) sarebbe
stato, invece, affermare la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda proposta, negandogli, solo, il potere di di
sporre la rimozione dei manufatti, potere che si sarebbe
risolto in quello di revoca delle statuizioni del decreto prefet tizio di imposizione della servitü, in violazione dell'art. 4 della
legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo.
C.M.B.
provvedimento amministrativo (decreto del Prefetto di
Udine che impose la serviti e che la S.a.d.e. aveva posto a base del suo operato) era stata sollevata incidenter tari
tum, non al fine di ottenere la revoca o l'annullamento del
provvedimento medesimo, ma soltanto per la eventuale
sua disapplicazione al caso conereto.
La rieorrente si ricliiama alia impostazione data dai
Pasqualis alia loro azione, eiofe alia mancanza, nella S.a.d.e., del diritto alla serviti di elettrodotto sulle zone di terreno
da essi Pasqualis adibite a giardino, orto ed aia e, per tanto, espressamente esentate da serviti del genere ai
sensi dell'art. 121 del t. u. 11 dicembre 1933 n. 1775. So
stiene, in particolare, la S.a.d.e. che, quando, come nella
specie, si tratta di serviti coattiva imposta secondo i prin
cipi del procedimento espropriativo e preceduta, quindi, dalla dicliiarazione di pubblica utilita, di ogni questione di violazione di legge, clie il proprietario del fondo servente
possa eventualmente sollevare nei confronti del provvedi mento impositivo, deve necessariamente discutersi nell'äm
bito e secondo i principi propri degli interessi legittimi per che la dicliiarazione importa degradazione di qualsiasi di
ritto soggettivo sul bene al quale essa si riferisca ; che detta
necessitä puõ subir deroga soltanto quando si contesti in
radice il potere della pubblica Amministrazione di proce dere ad espropriazione mediante un petitum sostanziale iden
tificato in funzione della reale protezione accordata dall'or
dinamento giuridico alia posizione posta a fondamento della
pretesa ; che l'esenzione richiamata non puõ costituire base
di deroga perche la disposizione di legge che la sancisce non ha inteso porre un limite al potere espropriativo della pub blica Amministrazione, di carattere generalissimo anche
secondo la normativa costituzionale (art. 42).
Oppongono, in linea pregiudiziale, i Pasqualis, rical
cando ed ampliando una considerazione preliminare della
Corte di Trieste, che la tesi della rieorrente non si adegua alia
fattispecie dal momento che a presupposto dell'azione giu diziaria contro la S.a.d.e. era stata dedotta non la circo
stanza che il decreto del Prefetto di Udine fosse illegittimo ma l'altra, ben diversa, che la convenuta aveva dato al
provvedimento una attuazione pratica difforme dal conte
nuto del provvedimento medesimo. ] II rilievo, che sposterebbe radicalmente le basi della
controversia sostituendo al problema di giurisdizione, con
nesso alla necessitä di valutazione dell'atto amministra
tivo sia pure incidenter tantum, l'impugnativa del compor tamento di un soggetto privato sotto un profilo di indubbia
competenza del giudice ordinario, non e peraltro esatto.
L'atto originario di citazione denunciava, infatti, espres samente il decreto siccome «lesivo dei diritti dei deducenti », anche se la domanda era proposta nei confronti del soggetto
privato che di detto decreto si era avvalso ed anche se, nei corso del giudizio, i Pasqualis hanno tenuto a porre in
risalto l'influenza nefasta che, a loro avviso, avrebbe eser
citato la S.a.d.e. sul provvedimento della pubblica Ammini
strazione attraverso la compilazione, dolosa o errata, dei
piani particolareggiati dei tratti di linea interessanti la pro
prietä privata che essa per legge (art. 16 t. u. n. 1775 del
1933) era tenuta a fornire quale presupposto del concreto
esercizio del potere di espropriazione ai sensi della legge n. 2359 del 1865.
Ciõ premesso, si deve tuttavia riconoscere che l'assunto
della rieorrente non b, nelle sue linee essenziali, fondato e
puõ, quindi, soltanto importare qualche rettifica di moti
vazione ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civile.
Non vi e dubbio che la serviti di elettrodotto possa ri
condursi ad una pluralitä di fonti costitutive, nei senso che
possa tanto esser posta in essere dalla volontä degli interes
sati, indipendentemente dal concorso dei requisiti di legge
per l'imposizione della serviti coattiva e con disciplina
accentrata, quindi, esclusivamente nella legge del con
tratto (Cass. 9 luglio 1958, n. 2473, Foro it., Eep. 1958, voce
Oondotture elettriche, n. 3), quanto determinata da un'auto
rizzazione amministrativa, anche se quest'ultima rappre senta in realty soltanto il presupposto, non il fatto costitu
tivo della serviti, che deve pur sempre tradursi ed espri mersi nella stipulazione di uno speciale atto convenzionale
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2Ö79 PARTE PRIMA 2Õ80
T
ovvero, in caso di disaocordo, in una sentenza costitutiva che
ne specifichi, caso per caso, le modalitä diesercizio (Cass. 10
febbraio 1959, n. 406, id., 1959, I, 700; 9 luglio 1953, n. 2189, id., 1953,1, 1241), quanto, infine, imposta a seguito di procedimento di espropriazione per pubblica utility, ai
sensi degli art. 115 e 116 del citato t. u. Ciõ, dal momento
che detto procedimento puö essere impiegato, oltre che per
l'occupazione definitiva delle zone interessate dall'impianto
elettrico, anche per la costituzione di una servitü di elet
trodotto, senza trasferimento all'utente della propriety dei beni gravati (Cass. 16 luglio 1959, n. 2350, id., Rep.
1959, voce cit., n. 13 ; 10 febbraio 1959, n. 406, cit. ; 25
luglio 1938, n. 2763, id., Eep. 1938, voce cit., nn. 4, 5 ; 25
giugno 1937, n. 2083, id., 1937,1, 1276), quando ilpubblico interesse puõ essere soddisfatto con una semplice limita
zione delle facoltä inerenti al dominio piuttosto cbe neces
sariamente col totale sacrificio della proprietä privata.
Neppur vi e dubbio cbe nella fattispecie sia stato posto in essere, nei confronti del fondo dei Pasqualis, l'ultimo fra
i suaccennati modi di costituzione della servitü, previsto ex lege (art. 33 t.u.) come normale per le linee elettricbe
di grande derivazione in dipendenza della dicbiarazione
di pubblica utilitä connaturata nel decreto di concessione, ma egualmente applicabile, attraverso una esplicita dicbia
razione del genere, nei singoli decreti cbe comunque si rife
riscono ad opere occorrenti all'impianto o all'esercizio della
trasmissione dell'energia elettrica. II decreto del Prefetto
di Udine menziona, infatti, gli estremi del decreto del Mini
stro dei lavori pubblici che aveva dicbiarato di pubblica utilitä le opere di costruzione della linea elettrica « Villa
Rinaldi - Latisana » e, oltre a ricbiamare a proprio fonda
mento ancbe gli art. 39, 48, 51 e 54 della legge n. 2359 del
1865, adopera l'espressione, evidentemente inequivocabile,
«imposizione della servitü di elettrodotto e connesso pas
saggio ».
La sussunzione della servitü di specie nell'ämbito dei
principi sulla espropriazione, se pur determina il supera mento, per evidente inconsistenza, di ogni ricbiamo dei
Pasqualis ai principi delle autorizzazioni amministrative in relazione al rispetto dei diritti dei terzi e rende, vice
versa, attuale il problema di giurisdizione, non significa,
peraltro, cbe il problema medesimo debba essere risolto
nel senso dalla ricorrente voluto sol percliö questo Supremo
collegio ba precisato (sentenze 3 luglio 1961, n. 1582, Foro it., Rep. 1961, voce Espropriazione per p. i., n. 119 ; 6 giugno 1960, n. 1479, id., 1960, I, 1506) sotto un profilo
piü generale cbe se non si deduca l'inesistenza di fatto o
giuridica della dicbiarazione di pubblica utilitä, ma se ne
contesti soltanto la legittimitä sotto il profilo della incom
petenza relativa, della violazione di legge o dell'eccesso di
potere, l'impugnativa deve esser fatta valere davanti al giu dice ammmistrativo e, sotto il profilo particolare della ser
vitü, che l'attribuzione al prefetto del potere di imporre, mediante espropriazione, servitü perpetue ed inamovibili di
elettrodotto, attribuisce, a sua volta, al Consiglio di Stato la cognizione dei vizi di legittimitä dell'atto di espropria zione o del relativo procedimento (sentenza 18 giugno 1962, n. 1530, id., Eep. 1962, voce Oondotture elettriche, nn. 11, 12).
Entrambi i principi di diritto richiamati presuppongono, infatti, che la controversia non verta sulla stessa esistenza del potere della pubblica Amministrazione di disporre nel caso concreto della proprietä privata ma soltanto sulla
legittimitä formale dell'atto di espropriazione o del proce dimento da cui esso trae origine, che cioe (Cass. 14 ottobre
1952, n. 3022, Foro it., Rep. 1952, voce Espropriazione per p. i., nn. 9, 10) la domanda della parte «tenda a far dichia rare l'illegittimita del decreto di esproprio per ogni altro motivo che non includa il diniego del diritto di espropria zione D, fermo restando il principio generale in tema di di scriminazione fra competenza giudiziaria ed amministra tiva con riferimento al cosiddetto petitum sostanziale che «la lesione di un diritto soggettivo in dipendenza di un atto amministrativo puõ essere denunciata al giudice ordi nario soltanto quando il diritto medesimo sia, oltre che af fermato dall'interessato, effettivamente configurabile alia
stregua dell'ordinamento in virtü di una protezione diretta
ed immediata, tale da escludere un qualsiasi potere disorc
zionale di incidenza da parte della pubblica Amministra
zione » (sentenze 20 marzo 1963, n. 790, id., 1963, I, 671 ; 28 dicembre 1961, n. 2835, id., Rep. 1961, voce Gompetenza civ., n. 47 ; 25 novembre 1961, n. 2731, ibid., voce Piano
regolatore, nil. 342, 343). Di eonseguenza, il problema di specie, posto ehe i Pa
squalis agiscono a tutela di un dirit to dominicale che essi af
fermano garantito nella sua integritä anche nei confronti
della pubblica Amministrazione dalla esenzione da servitü
di cui all'art. 121 del t. u. 11 dicembre 1933 n. 1775 e che la
S.a.d.e., a sua volta, non contesta che il mappale di cui si
discute fosse effettivamente adibito ad usi contemplati dalla norma richiamata, si accentra nell'indagine sul valore
della esenzione medesima, nell'accertare, ciofe, se essa rap.
presenti o meno un limite negativo assoluto al potere della
pubblica Amministrazione, si che, nell'ipotesi positiva,
l'assoggettamento del bene a servitü concreti non un ec
cesso o un cattivo uso del modo di esercizio del potere mede
simo ma una inammissibile estensione dello stesso ad una
sfera che gli era assolutamente interdetta ed a cui riguardo esso pertanto puõ essere disconosciuto in radice.
E la soluzione, ad avviso di questa Corte, deve essere
positiva perche rigorosamente oggettiva (e tale, quindi, da comprendere qualsiasi modo di costituzione della ser
vitü di elettrodotto), e, nel suo valore testuale e nella sua
interpretazione logica, la norma di esenzione e questa ha carattere assoluto, radice nella volontä del legislatore di
salvaguardare la sicurezza, Pincolumita e la serenitä del
soggiorno nelle case e nelle immediate proiezioni esterne di
queste e base inequivocabile e fondamentale negli art. 834
cod. civ. e 42 Costituzione. Ne ha rigore logico l'argomento che si vorrebbe trarre, in contrario senso, dalla possibility, che avrebbe avuto la pubblica Amministrazione, di realiz
zare egualmente la finalitä di collocamento delle condut
ture elettriche ricorrendo, anziche alia imposizione della
servitü di elettrodotto, al mezzo piü radicale della espro priazione dell'immobile perehe il limite va considerato nella
sfera del singolo istituto giuridico ed in rapporto a finalitä di tutela che, come nella, specie, possono anche avere un
rilievo limitato all'ambito dell'istituto medesimo e non ve
nire, viceversa, in considerazione quando l'esercizio della
espropriazione nella sua ampia portata ne faccia venir meno lo stesso presupposto eliminando i riflessi del sog giorno.
Ciõ premesso quanto al nucleo centrale del ricorso, questa Corte deve peraltro riconoscere che la S.a.d.e. ha legittimo motivo di dolersi della statuizione, soltanto marginale nel l'economia della decisione, ma inequivocabilmente insita nella pronuncia di riforma totale delle sentenze del Tribu nale di Pordenone e nel riconoscimento della « piena giuris dizione del giudice ordinario sulla causa nella sua inte rezza », con la quale la Corte di Trieste ha riconosciuto al
predetto Giudice anche il potere di disporre la rimozione delle condutture e dei manufatti della linea elettrica.
I Giudici di appello non hanno, infatti, considerato che la servitü di elettrodotto, anche se si risolve in vantaggio della S.a.d.e., e pur sempre imposta dal decreto del pre fetto, che a questo ultimo deve necessariamente essere
riportata qualsiasi attivitä svolta daH'utente nei limiti del vincolo e che, di eonseguenza, l'eventuale ordine di rimozione di quanto giä eseguito investirebbe direttamente la sostanza del provvedimento amministrativo e, piü che renderlo inoperante, si risolverebbe sostanzialmente in una
pronuncia di revoca non consentita daH'art. 4 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo. La decisione non potrebbe, invero, essere giustificata sotto il profilo della
possibilitä del giudice di disapplicare 1'atto amministra tivo non conforme a legge e di eliminare gli effetti da esso
prodotti perchfe, alia stregua della costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze 29 marzo 1963, n. 790, cit.; 28 ottobre 1961, n. 2481, Foro it., 1962, I, 271 ; 27 gennaio 1959, n. 221, id., Eep. 1959, voce Gompetenza civ., nn. 85, 86), il potere del giudice di esaminare in via indiretta l'atto amministrativo e di dichiararne l'illegittimit& in relazione al caso dedotto in giudizio, quando si tratti di controversia
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2081 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2082
I
fra privati & limitato ai caso ohe la controversia medesima,
pur ricollegandosi ad un atto amministrativo, non investa
direttamente quest'ultimo ma si esaurisca iieH'ambito delle
posizioni di diritto soggettivo dei privati contendenti.
Naturalmente il problema assumerebbe, almeno in parte,
aspetto di verso, salvo sempre ogni giudizio sulla possibi litä di oonereta applicazione, se il giudice di merito dovesse
riconoscere esatto quanto i Pasqualis hanno denunciato
nel rieorso e ribadito nella discussione orale sul eonereto
assoggettamento a servitii di una superficie maggiore di
quella eontemplata dal deereto del Prefetto essendo evi
dente ehe, in tal caso l'asservimento operato dalla S.a.d.e.
non potrebbe, per l'eccedenza rispetto al oontenuto del
deereto, esser comunque riferita a quest'ultimo o eonserve
rebbe pertanto la natura di mero illecito civile commesso
da un soggetto privato. La sentenza impugnata va cassata senza rinvio nei limiti
dell'accoglimento del rieorso, dovendo, per la parte com
presa nella giurisdizione del giudice ordinario, il giudizio
proseguire davanti al Griudice di primo grado al quale la
causa 6 stata rinviata dalla Corte di Trieste a norma del
l'art. 353 cod. proc. civ. Si ritiene opportuno, per la natura
delle questioni trattate in questa sede, compensare fra le
parti le spese del giudizio di cassazione. II deposito va re
stituito alia ricorrente.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA Dl CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 14 ottobre 1963, n. 2746 ; Pres.
Torrente P., Est. Bianchi d'Esfinosa, P. M. Tavo
laro (concl. conf.) ; Fall. Society Cartiera di Sesto
S. Giovanni (Aw. Forte) c. Fall. Sacchettificio Cor
reggese (Aw. Ferrari).
(Oassa App. Bologna 7 giugno 1962)
Fallimento — Azione revocatoria — Fallimento del
convenuto — Effetti sulla competcnza e sul rito
(K. d. 16 marzo 1942 n. 207, disciplina del fallimento, art. 24, 52, 93, 103).
Se il convenuto in revocatoria fallimentare (nella specie, revoca di pagamento con mezzi anormali di debito sea
duto) fallisce nelle more del giudizio, questo prosegue di
nanzi al foro del fallimento, il cui curatore ha proposto la domanda ; ma le pronunzie di pagamento o di restitu
zione conseguenziali a quella di revoca van richieste, nelle
forme previste dagli art. 93 e 103 della legge fallimentare, al tribunale del fallimento del convenuto. (1)
(1) Non constano precedenti specifici. In senso conforme, sulla natura e gli effetti della revocatoria,
Cass. 6 marzo 1962, n. 435 (Foro it., 1002, I, 415, con nota di ri
chiami), eitata nella mot ivazione della presente. Sulla impossibility, per il creditore, di proseguire o rias
sumere nelle forme ordinarie il giudizio per accertamento di
credito verso il fallito : App. Milano 14 settembre 1962, App. Firenze 17 aprile 1962, Trib. Milano 12 marzo 1962, Trib. Eoma
27 dicembre 1961 e 31 marzo 1962, Trib. Milano 18 maggio 1961,
id., Rep. 1962, voce Fallimento, nn. 301-308, e, nella motiva
zione, Cass. 10 novembre 1961, n. 2625, id., 1962, I, 242. Per il caso di credito accertato prima della dichiarazione
di fallimento con sentenza soggetta a gravame, App. Firenze 1°
luglio 1961, id., Rep. 1961, voce cit., n. 268, ritiene che il giu dizio di impugnazione deve svolgersi col rito ordinario, ma poi la ragione creditoria deve farsi valere nel processo di verifica.
Sostanzialmente conforme la stessa Oorte 6 maggio 1959, id.,
1960, I, 842, con nota di richiami, cui adde il commento di P. San
dulli, in Dir. fallim., 1960, II, 905.
Per la sorte delle domande, proposte in unico giudizio e
prima del fallimento del debitore, di risoluzione della compra
vendita, restituzione delle cose compravendute e risarcimento del
danno, App. L'Aquila 28 gennaio 1960, Foro it., 1960, I, 457, con ampia nota di richiami.
La Corte, ecc. — Con i primi due motivi del ricorso, ehe devono essere esaminati congiuntamente, il fallimento
ricorrente propone una questione, non mai prospettata in
precedenza a questa Corte suprema, e relativa alia compe tenza ed alle forme del procedimento, nel oaso che l'azione
revocatoria fallimentare venga proposta contro un terzo che, nelle more del giudizio, 6 a sua volta dichiarato fallito.
II ricorrente sostiene la tesi che, una volta dichiarato
il fallimento, devono essere osservate, anche per l'azione
revocatoria fallimentare, le norme della legge speciale sul
l'accertamento dei crediti (art. 52 e 93 r. decreto 16 marzo
1942 n. 267) e sulla separazione di cose mobili (art. 103), Ciõ porterebbe, non solo alia conseguenza che il giudizio nelle forme ordinarie non potrebbe proseguire, ma il cura
tore del fallimento che ha proposto l'azione revocatoria
dovrebbe insinuare il suo credito al passivo dell'altro fal
limento, ma anche, di necessity, all'ulteriore conseguenza che dovrebbe ritenersi spostata la competenza funzionale, che dal foro fallimentare (del fallimento che ha proposto
l'azione) verrebbe invece a radicarsi presso il tribunale
che ha dichiarato il fallimento del terzo contro cui l'azione
e proposta (nella specie, quindi, anzich& il Tribunale di
Reggio Emilia sarebbe competente il Tribunale di Milano, che ha dichiarato il fallimento della Society Cartiera di
Sesto S. Giovanni). La questione ii stata risolta, in senso contrario all'assunto
del ricorrente, dalla sentenza impugnata, la quale peraltro, con sobria motivazione, si e limitata a rilevare che il capo V
della legge fallimentare (relat'vo all'accertamento dei cre
diti e dei diritti mobiliari dei terzi) non riguarda l'azione
revocatoria, la quale deve essere proposta e proseguita nelle forme ordinarie, anche se il soggetto contro cui b
proposta viene in seguito dichiarato fallito. La decisione
non 6 perõ persuasiva, ed il ricorso deve essere, almeno
parzialmente, accolto.
Per risolvere la questione, si deve osservare che, in
una fattispecie quale quella eminciata, vengono a con
flitto fra loro due principi. L'uno e quello, risultante dal
l'art. 24 legge fall., per cui la competenza funzionale a
conoscere delle azioni revocatorie fallimentari (azioni che
« derivano » dal fallimento, secondo la norma ora eitata)
spetta al tribunale che ha dichiarato il fallimento, il cura
tore del quale ha proposto l'azione revocatoria. L'altro
principio ö quello secondo il quale, apertosi il fallimento,
ogni credito ed ogni diritto sulle cose inventariate, deve es
sere fatto valere nelle forme stabilite dal capo V della legge
(art. 52), cioö attraverso l'insinuazione al passivo, o la do
manda di rest'tuzione di cose mobili, evidentemente, in
nanzi al tribunale fallimentare. E, poiche l'azione revoca
toria, se fondata, ha come conseguenza che il soggetto contro cui 6 proposta õ tenuto a resti tuire al fallimento
istante le cose o le somme ricevute per eifetto del negozio
giuridico revocato, e chiaro che, una volta dichiarato il
fallimento anche di tale soggetto, la norma dell'art. 52
vorrebbe che la domanda di restituzione fosse proposta mediante insinuazione al passivo del fallimento del terzo, a meno di non violare il principio della par condicio credi
torum. Di fronte a tali considerazioni, questa Corte perõ non
ritiene che põssa essere accolta la tesi principale dei ricor
renti, secondo cui, una volta dichiarato il fallimento del
convenuto, l'azione revocatoria non põssa essere prose
guita nelle forme ordinarie innanzi al tribunale che ha di
chiarato il fallimento, il cui curatore ha proposto l'azione.
L'art. 24, nello stabilire la competenza funzionale di detto
tribunale per tutte le azioni che derivano dal fallimento, non puõ ritenersi derogato dall'eventualitä, puramente
accidentale, che il terzo sia fallito : anche in questo caso,
rimangono pienamente valide le ragioni che hanno consi
gliato il legislatore a stabilire la competenza di quel tri
bunale, a pronunciare la revoca degli atti compiuti in frode
ai creditori. Sotto tale profi lo, pienamente legittima apparela
pronuncia del Tribunale di Reggio Emilia, confermata
dalla Corte di appello di Bologna, che revocõ l'at.to di
estinzione di debito compiuto dal Sacchettificio Correg
gese a favore della Society Cartiera di Sesto S. Giovanni;
Il Foro Italia.no — Volume LXXXV1 — Parte i-133.
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