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Anno 14 Numero 29 Foglio della comunità italiana di Capodistria Dicembre 2009

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Anno 14 Numero 29

Foglio della comunità italiana di Capodistria

Dicembre 2009

Il segretario generale del governo Milan M. Cvikl e Stanko Baluh, direttore dell'ufficio governativo

per le minoranze hanno incontrato a palazzo Carli i rappresentanti della Can costiera. (Foto Katonar)

Il direttore della Direzione Generale per l'Europa del Ministero degli Affari esteri italiano, ambasciatore

Mario Salvatore Bova ricevuto dal presidente della Can costiera, Flavio Forlani. (Foto Katonar)

Il gruppo vocale Cluster di Genova ha partecipato alla tradizionale rassegna corale di Capodistria, con un concerto organizzato dal Coro misto »Obala« in collaborazione con la nostra Comunità. Tra i fans accorsi anche Chiara

Vianello della IX classe della »Vergerio« (seconda da sinistra) alla quale cogliamo l'occasione per fare gli auguri per aver conseguito il primo premio alle recenti Gare di italiano svoltesi a Pola. (Foto Laura Vianello)

Il Comune città di Capodistria ha completamente rinnovato, nei mesi scorsi, i parchi giochi delle unità

periferiche dell'asilo italiano »Delfino blu« di Semedella e Bertocchi.

Il Sottosegretario agli esteri italiano, Alfredo Mantica, con il presidente della Giunta di Unione italiana,

Maurizio Tremul. (Foto Katonar)

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La città

Nei giorni del cordoglio si sono smobilitate nel ricordo di Lino le persone semplici, i connazionali della sua generazione che hanno condiviso con lui tanti episodi e momenti di incontro, i cavresani di qua e di là del confine uniti nel ricordo per l’amico scomparso, ma anche i rappresentanti istituzionali e le persone che hanno compartecipato a un ideale di fede e militanza cattolica che in Lino si è innestato su un’idea ecumenica del sociale intesa come partecipazione allargata e pratica di solidarietà. Gli ultimi saluti a Lino, questo Presidente “anomalo” dal tratto umano e popolare, tanto distante dal compassato impegno di ruolo degli Italiani “di professione”, come a volte bonariamente lui stesso soleva schernire, sono pervenuti dal profondo del cuore,

rispecchiando quell’innata schiettezza e informalità che hanno contraddistinto la sua persona e l’operato.Spesso mi sono ritrovato, nei giorni a seguire, a rievocare quell’immagine di quotidiana presenza in Comunità: un coinvolgimento vissuto con vocazione e distante mille miglia dall’impegno di facciata che a volte accompagna la routine di tali incombenze. Nella sopraggiunta solitudine per l’abbandono di una persona cara o per la repentina fine di situazioni consuete e rapporti consolidati, ci si ritrova spesso a dover cercare di dare un senso al corso delle cose, per riordinare la confusione arrecata dalle

bufere della vita. Mi sono ritrovato così a pensare a Lino mentre si inerpica in bicicletta, solitario, su una salita dura e interminabile, tutta serpentine, di quelle tappe epiche di montagna che hanno fatto la storia del ciclismo degli anni d’oro; l’immancabile berrettino e il viso contratto nello sforzo di quest’ultima immane fatica. E questa immagine di un Bartali d’altri tempi, volonteroso e generoso nel gesto sportivo, si è sovrapposta a quella di un tranquillo signore di mezz’età che aveva deciso di diventare, con molta umiltà e tra lo scherno e la diffidenza iniziale di qualcuno, un presidente “operaio”, che non disdegnava il lavoro pratico e non sfuggiva alle incombenze del volontariato in una Comunità che aveva eletto a seconda casa.

Chissà se Lino, in questi anni di impegno alla testa del sodalizio capodistriano ha sentito l’immanenza del confronto e il peso del giudizio che incombeva nei suoi confronti. Perché si sa, tra il generoso Bartali e l’elegante Coppi il paragone è stato spesso impietoso: i grandi disquisitori, i critici più sottili, gli snob impenitenti, perfino la grande massa sempre attratta dai sogni di gloria e grandezza e altrettanto inclemente nel giudizio nei momenti di debolezza e declino, la stragande maggioranza insomma si è sempre schierata per il “campionissimo” Coppi ai danni dell’amico-rivale Bartali.

Ciao LinoInaspettatamente, Lino ci ha lasciato sul finire dell’estate, quando le persone ancora indugiano nella pigra indolenza estiva e ancora, increduli, sono restii a fare i conti con gli impegni che li aspettano al varco del rientro vacanziero. Nella quiete pressocchè totale del momento la notizia è rimbalzata e ha avuto vasta eco, nel triste rituale del passaparola che accompagna solitamente tali tristi circostanze.

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La città

Di Bartali, Lino condivideva una grande dote: quella di non mollare mai sorretto da una tenacia inestinguibile, un “rosigar i calcagni” pur di veder realizzata una sua convinzione o progetto, un marcarti stretto soffiandoti sul collo magari per poi lanciarti la borraccia e lasciarti andare in fuga verso quell’agognato traguardo che si valuta, campione o gregario, da differenti prospettive, ma per entrambi altrettanto essenziale da cogliere.In quindici anni di attività vissuta fianco a fianco, io da dipendente dedito professionalmente al lavoro in Comunità, lui dapprima da attivista (vocazione mai dismessa) e poi in veste di Presidente, abbiamo sperimentato una strana simbiosi. Il suo contagioso attivismo e inguaribile positività hanno smussato le punte del mio scetticismo intellettuale, lui si è confrontato e ha sostenuto progetti di vario genere e ampia apertura, contando principalmente su un presupposto di lealtà e concordanza di fini ultimi nel nostro operato.Tanti anni addietro, in un mio contributo per il primo numero de “La città” ebbi modo di esprimermi, allora in veste di giovane Presidente della Comunità che si riformava a nuovo in un periodo di delicato trapasso che aveva caratterizzato nei primi anni ’90 anche le vicende

della Comunità Nazionale Italiana. Il mio intervento era improntato a un richiamo al risveglio delle coscienze, in bilico tra orgoglio per quel che siamo e possiamo rappresentare e coscienza della precarietà della nostra condizione di minoranza. Chissà che non possa sorreggerci su questa difficile strada, alla fin fine, anche l’esempio di una persona che, rischiando di passare alle volte per un simpatico “rompiscatole”, ha fatto leva in primo luogo sullo strumento della partecipazione e dell’attivismo ad oltranza per scardinare quel meccanismo della rassegnata indolenza, dell’autoreferenzialità piagnona, della chiusura individuale e qualunquista che condizionano alle volte il nostro vivere minoritario.Si prospettano tempi di estrema difficoltà per la Comunità Nazionale Italiana, che è posta di fronte a un bivio: o rinnovarsi e trovare le risorse per continuare a riprodursi come tale, o sparire come soggetto collettivo. Diversi segnali ci fanno capire che non sarà facile.Ciao Lino, noi si cerca di andare avanti...

Mario Steffè

Lino Cernaz, con a fianco la moglie Zdenka, al concerto dei Solisti Veneti lo scorso Natale ad Abbazia

Il presidente insisteva sulla necessità di una stretta collaborazione tra scuola e Comunità. Una delle

iniziative in questo senso è stata l'inaugurazione della Sezione di scacchi per gli alunni delle elementari.

Minoranze, simposio su biblioteche

Nella sede della CI di Capodistria si è tenuto a metà novembre il convegno “Il libro e la biblioteconomia delle comunità nazionali, italiana ed ungherese, in Slovenia”. All’incontro hanno preso parte tredici relatori che lavorano nel settore biblioteconomico della nostra area nonchè dei comuni di Lendava e Murska Sobota. Obiettivo del simposio fare il punto sulle attività realizzate in Slovenia per promuovere il libro, le biblioteche e la cultura delle due nazionalità autoctone presenti sul territorio sloveno.

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La città

La Città, i titoli di 15 anniCon questo numero de La Città, il giornalino semestrale della CI di Capodistria compie 15 anni.

Nell’occasione ci è sembrato opportuno fare un elenco dei temi trattati. Ci si accorge di quante cose siano accadute nella nostra Comunità e di quanto preziose risultino nel tempo talune testimonianze.

La collaborazione di voi lettori è stata sempre fondamentale. Per cui se avete foto, argomenti da segnalare o storie da raccontare, saremo sempre pronti ad accoglierle anche in futuro.

a.c.

N. 0 – Gennaio 1995

AttualitàInsieme per voltare pagina (Mario Steffè)L’augurio del sindaco (Aurelio Juri)Gli elettori premiano la »Lista per la Comunità«Come e perchè creare un centro di cultura italiana (Marco Apollonio)Ma un progetto simile è rimasto solo sulla carta (Isabella Flego)CulturaRiscoperta del pittore Bartolomeo Gianelli (Alberto Cernaz)Biografia del Gianelli nelle opere di Francesco SemiGli asili italiani a Capodistria nel dopoguerra (Amelia Buonassisi, Marisa Gandusio)Cronaca di una »Ginnasiade«. (Martina Gamboz)SportFar conoscere la Comunità pedalando (Emiliano Gandusio)

Gli spilungoni del Circolo. Vent’anni di basket (Roberto Siljan)

N. 1 – Giugno 1995

AttualitàIl senso dell’unitarietà (Maurizio Tremul)Maratone statutarie al comune (Mario Steffè)Bilinguismo, migliorarne l’applicazione (Antonio Rocco)E sui pennoni ritorna la bandiera Semedella, devozione e riconciliazione (A. Cernaz) Semedella, l’omelia di padre Umberto DecarliSanremo. Riflessione post-festivaliera (Andrea F)ComunitàIl Gruppo ricerca »Girolamo Gravisi« (Flavio Forlani)CulturaPier Paolo Vergerio il Vecchio (Ive Marković)

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La cittàVergerio, cenni sul cognomeIl catalogo Gianelli»Co’ Toni Parussola sona la ramonica« (Siora Maria)ScuolaL’incontro della gioventù a Rimini (Ingrid Maraspin)Il gruppo »Giovani ecologi« del Carli (Roberta Vincoletto)SportQuelli che il calcetto… (Gianni Miglioranza)Necrologi: Manlio Vidovich

N. 2 – Luglio 1996

AttualitàVigilare sul rispetto dei nostri diritti Commiss. comunale per le questioni della CNI (Isabella Flego)ComunitàCostituzione Gruppo folcloristico (Katia Pazzanin – Jošt)»Musicanti istriani«. Un CD dedicato ai canti popolariCulturaGian Rinaldo Carli, illuminista tra Patria ed Europa (Marco Apollonio)Il primo dizionario del dialetto capodistriano»Corpi-Tjela«, libro di Marco ApollonioSemedella 1996 (col Coro dei fedeli fiumani)Scuola»Istria magna«. Atlante geo-gastronomico (Nicola Klemenc)»La scola in Belveder«. (Con versi di Domenico Venturini)

Lettere»No go combatù per questo tipo de egoismo« (Tina Tedeško)Messaggi: Marucci Vascon, Armando Grmek

N. 3 – Dicembre 1996

AttualitàSarò il deputato di tutti (Roberto Battelli)Branduardi a Capodistria (Roberto Colussi)Con nastrino o senza il tricolore non sventola (F. Forlani)Il Club dei consiglieri CNI al Consiglio comunale ComunitàLa rassegna »Histria Jazz«Bertocchi, presto una CI (Leo Fusilli e Gianfranco Vincoletto)Rinnovata la Società sportiva della CI (Fulvio Richter)San Martino in ComunitàCulturaLibri della Civica accolti alla CI (I. Marković)Il medico capodistriano Santorio Santorio (F. Forlani)Piazzale Carpaccio e la colonna di S. Giustina (A. Cernaz)Rubrica: »L’angolo della creatività« (poesie di Mojca Tonel).Espressioni capodistriane. (dal dizionario di G. Manzini). Ricette natalizie (Siora Maria)ScuolaSi costruisce la nuova scuola a CrevatiniCon la scuola in montagna (Gregor Abram)»Visto da noi«. Pagina a cura del Ginnasio CarliNecrologi: Apollinio Abram, Guerrino Vincoletto

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La cittàN. 4 – Luglio 1997

Attualità50.mo della CI, considerariamolo un punto di partenza (Marco Apollonio)Risultati elezioni per i consigli delle CIAttività consiglieri seggio specifico (Alberto Scheriani)Bilanci semestrali CI Crevatini (A. Scheriani) e Can comunale (M. Steffè)Lo statuto CI e gli ostacoli alla registrazione (M. Tremul)Semedella, rimessa in funzione la campanaComunità»Genitori fantasiosi«, portano in scena le fiabe (Susanna Bertok – Kuhar)»Salotto donna«. Iniziativa d’incontro (Isabella Flego)Mostra etnologica »Come eravamo«Storia e CulturaIl Palazzo Pretorio, appena restaurato (A. Cernaz)Il teatro del Popolo di Capodistria (Giorgio Visintin)Capodistria e Rovigo ripristinano i legami (I. Marković)Mostra dedicata a Oreste Dequel.I Monti di Muggia (Alunni di Crevatini)ScuolaShakespeare ed Elisabetta di Gavran. (Allievi del Carli)SportLo sport a Cap. negli anni ‘50 (Ferdi Vidmar)Associazione sportiva: orari e responsabili delle squadre

N. 5 – Gennaio 1998

AttualitàUn programma per non scomparire (Claudio Geissa)Il Fondo promozione per le attività della CNIConvenzione RTV Capodistria-Università studi di Trieste

Venite in Comune. Ci sarò (Vicesindaco Bruna Alessio)ComunitàS. Martino alla CI di BertocchiFoto: 30.mo della CI (1977)Storia e culturaQuando nacque il Circolo eravamo maggioranza (M. Steffè)Il Teatro del Popolo di Capodistria, seconda parte (G. Visintin)I Marchesi Gravisi (I. Flego)Scuola»Lettera ad un’amica« (Samanta Eler)»Una giornata del 2213« (Valentina Lacovich)Ex alunne: tre dottori e un avvocato SportProfilo del ciclista Oreste Brainich. (Ferdi Vidmar)Attività ciclistiNecrologi: Mario Riccobon, Sergio Perini

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La cittàN. 6 – Luglio 1998

AttualitàCapodistria ripristina lo stemmaNuovo Console: Maria Rosa Chicco FerraroComunitàOspiti: Fulvio Tomizza, Paolo »Pablito« RossiConcerti: Sergio Endrigo (in Museo) »Carosello club«, imparare giocandoLa Filodrammatica di Bertocchi (Franca Kovačič)Storia e culturaSanpieri di Gianni Pellizzer Sulle tracce della Mitteleuropa (M. Steffè)La poedia dialettale di Tino Gavardo (a.c)La tradizione di S. Nazario (don Giovanni Gasperutti)Antonia Apollonio centenaria (intervista)ScuolaAsilo: in scena »Il vestito nuovo dell’imperatore«.Laureati: Mauro Bonifacio, Lorella FlegoConcorso »L’Europa e i giovani« (V. Lacovich)

N. 7 – Febbraio 1999

AttualitàIl nuovo Consiglio della CanContro la divisione del Comune (A. Scheriani)ComunitàRicordo di Albina e Angelo Lojk.Costituito il coro »InCanto« diretto dalla console Chicco Ferraro.Le gite: Lussino, Monte Maggiore, Firenze.VarieBranko, da Musica per voi a Unomattina (intervista di Marisa Furlan)Barba Tonin (Antonio Firmi), la memoria di Monte San Marco Storia e culturaLibro di Isabella Flego su Girolamo GravisiPrešeren tradotto da Giorgio Depangher50.mo di Radio Capodistria (A. Rocco)Le trasmissioni del 50.mo (Bruno Fonda)Un carro allegorico del 1960 (Giovanni Miglioranza)Ricerca: »I cimiteri dei Monti di Muggia« (V classe – Crevatini)Gli affreschi della Rotonda del Carmine (Laura Vianello)Joannis Kapodistrias. (A. Cernaz)ScuolaNovennale: Vergerio »scuola pilota«Poesie di Tara NanutNecrologi: Antonia Apollonio, Rosa Riccobon, Stefania Cernaz, Giuseppina Steffè, Bruno e Silvana Bertok, Dario Katonar, Maria Vincoletto

15 anni

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La cittàN. 8 – Giugno 1999

AttualitàIl Forum transfrontaliero delle donne (I. Flego)ComunitàLa gita Ui-Upt a Perugia e AssisiVescovado, scoperta lapide romanaSemedella ‘99 col coro HalietumAsilo: in scena »La bella e la bestia« Bertocchi: incontro asili sloveno e italianoNasce »Carosello Club«, laboratorio di giochiVarieQuando in pescaria se parlava cavresan (intervista a Rosetta Mondo)Bossedraga, la patria dei pescatori (intervista a Narciso Romano)Quando si pescava nello Stagnon (M. Steffè)Aneddoti di italiani che hanno prestato servizio nell’esercito jugoslavoStoria e culturaJana Belcijan vince il »Campiello giovani ‘99«La stampa italiana a Capodistria dopo il ‘45 (Alessandra Argenti Tremul)La prefazione de »Il male viene dal nord« di Fulvio TomizzaLettereCommento al numero precedente. (Marucci Vascon) Necrologi: Norma Crevatin, Zelmira Čač, Maria e Lionello Fontanot, Dario Katonar, Letizia Brainich, Virginia Favento.

N. 9 – Dicembre 1999

ComunitàFolhistria, Folkest. Un anno nel segno della musica. (M. Steffè)Ambiente, tema in Consiglio comunale (I. Flego)Esempi di pessime traduzioniGita nell’entroterra istriano (Ciacio)Sportivi: tante attività con scarsi mezzi (Fulvio Richter) VarieI Petarossi de Bossamarin (intervista a Nora Urbanaz)I cortivani Favento-Guzzi di Centora valle (intervista a Giuseppe Favento)Religione. Il catechismo in italiano a Capodistria (Ondina Gregorich)Capodistria su Internet (Paolo Rasman)Piatti nostrani di pesce (Bacci, Zetto, Decarli, Pellaschiar)Detti istriani sul pesce (tratto da G. Vatova)Pino Auber, il capodistriano volante (A. Cernaz)Storia e cultura»I cortivani dell’agro capodistriano« (Giannandrea Gravisi)La stampa capodistriana nell’Ottocento (A. Argenti Tremul)Una tomba siamese a Capodistria (L. Nalesini)»Tonina« di I. Flego premiata in ItaliaFolkest ‘99 nel segno di Bregović. Laureati: Alessandra Argenti Tremul, Dean KrmacScuolaIntervista alla preside uscente Nadia VidovichLa posidonia nella baia capodistriana (Martina Orlando)

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La cittàFoto: VIII classe del ‘64 a Capodistria, I cl. del ‘68 a Bertocchi.Necrologi: Mario Viola, Giorgio Pausin, Nerina Resinović (Genzo), Mira Mondo, Pierina Castellani, Luciano e Lidia Novello

N. 10 – Luglio 2000

AttualitàFolkest 2000 a Capodistria con Joe CockerComunitàRiaperta la sede sociale»Il coro della CI di Capodistria« (intervista a Silvio Stancich)»C’era una volta una mandolinistica« (Ada Soldatich-Rosch)»Beati i fioi«. Ancora sulla Filodrammatica (Adalgisa Braico)Mostre: »Sogni di segni al muro« pubblicità tra 1900 – 1940, S. Nazario – attrezzi processionali Serate letterarie: Berti, Šalamun, Tomizza, Matvejević, Luglio.Gita: Pisa, Lucca e a Roma nel segno del Giubileo. Storia e cultura»Versi per una vita persa« di L. DecarliUna ricerca sui »mascheroni« (F. Forlani)Brano tratto da »Nonna Tonina« di I. Flego»S. Nazario tra storia e tradizione« (I. Marković)SportASCI, costituita squadra di calcio a 11L’ASCI organizza il Memoriale »Oreste Brainich«Scuola

Nasce il Gruppo teatrale giovanileAsilo: in scena »Winnie the Pooh«Foto: I classe 1968 di Capodistria, I cl. ‘70 di CrevatiniVarieIl sito web di Ottavio de Manzini (P. Rasman)Rubrica: Lettera dal Siam (L. Nalesini)Necrologi: Francesco Semi (intervista a Bruno Maier), Mario Urbanaz

N. 11 – Dicembre 2000

* primo numero con foto a colori (chiesetta di San Tommaso)

AttualitàPer sopravvivere la Comunità deve aprirsi (pres. Lino Cernaz)Grazie per aver difeso il seggio specifico (Roberto Battelli)Capodistria e Venezia (intervista a Gianumberto Ferraro)Fondi veneti per iniziative a CapodistriaL’antico cimitero vicino al DuomoNuove tabelle con i nomi dei palazziComunitàNuova sezione: il Gruppo lavori manualiCorso di disegno artistico con Martina ŽerjalIl Gruppo dei minicantanti (Senija Geissa)ASCI, si dimette presidente RichterCrevatini: Sezione fotografia (Scheriani)Primo bilancio per la CI di Bertocchi (Forlani)Fondato lo »Juventus club Koper-Capodistria«

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La cittàGita: Da Aquileia a Cividale, nel segno dei patriarchi Incontro delle ex coriste della CIStoria e cultura»La Contrada« a Capodistria (M. Steffè)Che italiano parlano i nostri alunni? (Emanuela Gherardi)L’attuazione del bilinguismo (Marialuisa Maier Sponza)A Isabella Flego il premio »La frontiera« Il viaggiatore Antonio Zetto (Carla C. Mocavero)»Ciacole in piassa«: ricordi della Filodrammatica (Lidia Colarich)Girolamo Vida, autore capodistriano del ‘500 (A. Cernaz)La tomba di Giacomo De Grassi a Bangkok (L. Nalesini)ScuolaFoto: I classe del ‘66, VII cl. del ‘75.VarieRubrica: Come cambia la città (A. Scheriani)»Muja iera tuto per noi« (Maria Pia Casagrande, Giampaolo Opara)Valentina Lacovich a Miss Italia nel mondo (intervista)Internet, i siti dei giornali (P. Rasman) Articolo del »Corriere illustrato« del 1956 su Nicolò e Luigia ZettoNecrologi: Giuseppe Godina, Romano Farina

N. 12 – Luglio 2001

Attualità Riflessioni dopo un viaggio a Sarajevo (R. Battelli)

Capodistria al giro di boa (intervista al vicesindaco Scheriani)Premio comunale alla prof. Nadia Vidovich30 anni di Tv Capodistria (A. Rocco)ComunitàMostre: Forografi CNI, Vittoria Marziari Donati, Pino Auber Gite: Lago Maggiore e Carso.Presentazione dei cibi tradizionali di PasquaDuomo: concerto Cameristi e Madrigalisti triestiniVisita e concerto dei connazionali di SissanoStoria e culturaSulle tracce del Vergerio nel Baden Wurttemberg (Ada Soldatich-Rösch)La seconda edizione di »Tomizza e noi« (M. Steffè)Raccogliere l’erdità di Giorgio Depangher (citazioni e brani scelti)Presentazione Atti XXX del Crs di RovignoNasce a Lubiana l’Istituto di cultura italiana (Donatella Pohar)Un armo capodistriano andrà alla Regata di Venezia (M. Steffè)Palazzo Pretorio torna al centro della vita cittadina (a.c.)»Pagine grigie della città« (I. Flego)Scuola»Artisti in erba«. Allievi del Carli in Comunità (E. Gherardi)Poesie: Sara Settomini e Marco LoredanAll’»Arillo« del Carli, la palma del miglior periodico scolasticoAlunni della Vergerio premiati dall’IRSE a Pordenone»Istria-Veneto: imparare giocando«Asilo: rappresentazione di »Robin Hood«Foto: VIII classe del ‘80, IV dell’88, III dell’81.SportGiochi UI, Capodistria in auge a CittanovaVarie»El salmastro dela Staion« Intervista a Primo Bertok50.mo sacerdozio di don Giovanni GasperuttiDa Fagagna a Capodistria passando per Udine (Mauro Missana)Primo quiz a premiNecrologi: Leo Fusilli, Giorgio Depangher, Luciano Fiorencis, Giustina Bacci, Antonio Firmi, Anna Perossa

Bertocchi

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La cittàN. 13 – Dicembre 2001

AttualitàDue parole sulla Finanziaria e sull’Edit (R. Battelli)Regata storica di Venezia 2001, impressioni e foto (M. Steffè)A 10 anni dalla guerra per l’indipendenza (Aurelio Juri)»Se ci ripenso mi vengono i brividi« (Fabio Steffè)Il discorso di Tremul per la visita di Ciampi a FiumeBruno Scapini nuovo ConsoleComunitàUn anno di attività alla CI di Bertocchi (Franca Kovačič)Gite: l’Istria centro-orientalePoesia: raccolta »Il volo libero« di Edo ZancoMostre: »Recycling« di Charles ŠkapinConcerti: SAC »Marco Garbin« Rovigno, »New Fellowship Ministries«Storia e culturaUna vita per l’attività culturale delle CI Tutto su Salara (intervista a Paola Zettin)Erbe medicinali (P. Zettin)Scavi: riaffiorano i resti di Egida? (A. Argenti Tremul)Come si festeggiava la Settimana santa (don G. Gasperutti)»La preghiera del relojo«, poesia di Tino GavardoRenato Caligo: el zago del DomoScuolaMeno iscritti alle prime (O. Rossetto)Il sito web della VergerioFoto: I.a classe 1967, Necrologi: Virgilio Riosa

N. 14* – Giugno 2002

* L’edizione è contrassegnata per errore con il numero 12.

ComunitàFolkest a Capodistria: non solo musica Il progetto “Labirintomare” (M. Steffè)Libri: “Fondi librari” di I. Marković, XXX Atti Crs, “A Fiume un’estate” E. Mestrovich, “Gorizia 2001” A. Rupel, “Memorie storiche” Prospero Petronio (a cura di F. Forlani) Mostre: Pino Auber, “Artisti in erba” allievi del “Carli”, “Tradizioni pasquali”, D. Marziari Donati, A. Catellani, G. Borta, “Ascoltare le pietre bianche”, C. Škapin, Concerti: Franco Platino, Madrigalisti di Trieste, Gruppi CI Sissano, Festival operetta, “Una volta se cantava cussì…”, C. D’Avena, The new fellowship ministries, Stella SplendensTeatro: “Michelangelo” DI Fiume, La Contrada; Gite: Breda di Piave, Gruppi CIC a Sissano e Matterada, Istria orientale, Cherso-Lussino;Crevatini: gemellaggio con San GinesioBertocchi: Sei anni Gruppo teatrale “La giostra”Storia e culturaCapodistria e il mare (R. Battelli)Bossedraga (intervista a N. Vascon, A. Vascon e N. Romano)Testi: »La canzone dei pescatori« e »Bossedraga«Poster: Vele capodistriane (di Tullio Vergerio)Una notte fra i pescatori (M. A. Malešič)Luci nel Golfo (Leander Cunja)A Capodistria non si trovano ormeggi (Arturo Steffè)

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La città“Se xe passion, no se senti fatighe” (intervista a Franco Steffè)Toponimi di mare dei pescatori capodistriani (Lauro Decarli)I calafà, i cantieri le barche e io (Giuliano Orel)Toni Selerato e la Finansa (L. Decarli)Il Circolo canottieri »Libertas« (tratto da Aldo Cherini)Capodistria e la vela oggi (Arden Stancich)Capodistriani alla Regata storica Venezia (M. Steffè)»Siete proiettati verso il futuro« (intervista a Edda Vergerio)Poesie di E. Vergerio con traduzione in slovenoFoto: Vittorio Steffè (Ciacio)Necrologi: Bruno Maier, Miroslav Žekar, Luciana Fiorencis, Oscar Sudoli, Alfieri Ponis, Tullio Auber.ScuolaRappr.: “Robin Hood” asilo, “M” di W. Allen (Gruppo giovanile), Gruppo CI “Alighieri”; Tina Steffè “Partecipare giocando (Veneto), Ivan Rocco “Vulcano d’oro” (Maribor)

N. 15 – Dicembre 2002

* Numero tematico sulla frazione di Sermino

AttualitàLe minoranze nell’Unione europea (R. Battelli)ComunitàMostre: Giovani artisti dell’Accademia di Venezia, »Nel colore« collettiva di pittori fiorentiniConcerti: Trio d’archi del Teatro Verdi di Trieste

(collaborazione con l’Associazione »Amici della musica« di Capodistria; Festival »Ethnopolis« Gite: nei luoghi della Prima guerra mondiale lungo il confineSerata a ricordo di Bruno Maier a cura di Irene VisintiniBertocchi: nascono il gruppi teatrale »La Giostra«, balletto, minicantanti, e lavori creativi. Nuova bibliotecaStoria e culturaSarmin dei mii ricordi (Guido Braini)La testimonianza di una rimasta (Armida Perossa)I Ciucheti e la Casa de Cristo (Luisa Grisonich)La guerra e l’immediato dopoguerra (G. Braini)Sermin nei ricordi de un paolan (Antonio Steffè)Pianta di Sermino con le case de chi viveva (Mario Derin)A vendema co la batela (Lauro Decarli)Arheološkega krsta v Serminu nisem dočakal! (Drago Svoljšak) Sermino, una storia millenaria (Leander Cunja)Sermino, ricordi personali (L. Cunja)Abitanti, famiglie, censimenti 1880-1945 (L. Cunja)Microtoponimi di Sermino (A. Cernaz)I ritmi della campagna (G. Braini)ScuolaIl concorso »Giovani lettori« della »Vilhar«Agli allievi del Carli lo »European School Award«VarieLettere dal Siam: Corsica (L. Nalesini)Ricordo di momenti spensierati passati al Circolo (Maria Bortolato)

Ornella Rossetto

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La cittàN. 16 – Luglio 2003

AttualitàO tempora, o mores! (M. Steffè)Radio e Tv Capodistria, prospettive di sviluppo (Antonio Rocco)I risultati dell’ultimo censimento (Roberto Battelli)ComunitàIncontro Liceali del Carli e vertici CNI (Claudio Moscarda)La CI impari a coinvolgere un pubblico più vasto (intervista a Lea Širok) Libri: »Caterina del Buso« di Lauro Decarli e »Sindrome di frontiera« di Aljoša CuravićMostre: »Memorie della miniera« Gite: Dolomiti.Storia e culturaCapodistria nei censimenti demografici (Dean Krmac)La poesia di Giovanni Fontanotti (intervista a Dora Fontanot)La galleria A+A di Venezia (Aurora Fonda)VarieL’arte di fare il pane (M. Steffè)I »furlani« della Bonifica di Sermino (intervista a Gianfranco Vincoletto)Bepi Betalè, maceta caveresana (Lauro Decarli)L’ultima Semedela di Romano BlecheNecrologi: Ermanno Giovannini, Emilio Bonazza

N. 17 – Dicembre 2003

AttualitàVisita on. Carlo GiovanardiPesanti tagli ai programmi Rtv (Antonio Rocco)Influsso dei cartoni animati nell’apprendimento dell’italiano (Diana Ternav)Il ruolo della nuova Università (intervista a Lucija Čok)

ComunitàLibri: Albino Troian e Claudio Tonel »Monumenta heraldica justinopolitana« del Crs (Claudio Moscarda)Mostre: »Vele al vento« Damian FischerConcerti: Ethnopolis, suggestioni etnoBertocchi: Primo »Incontro delle tre regioni«Gite: Valle, Sanvincenti, DuecastelliStoria e culturaLa commedia »Nozze Capodistriane« (Dario Scher)Cenni sull’autore, Domenico VenturiniNozze Capodistriane – Testo integrale del Primo attoLa lezione etica di Inge Morath (Franco Juri)Prosa: »Due donne« di Marco Apollonio»Una lettera a un amico disabile« di Elsa Apollonio»Scrivi…« Mateja VlasičVarieUna vita per la scuola di Crevatini (intervista a M. P. Casagrande)Compagni di scuola, breve viaggio crepuscolare (R. Battelli)

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La cittàA Rosa Lojk il »Microfono d’oro«Lettere: Guido Braini sul pane fatto in casaLe parole »tedesche« del nostro dialetto (L. Nalesini)I parchi nazionali dell’Ovest degli Usa (Bruna Argenti)Necrologi: Silvio Stancich, Dario Desimone, Giuseppe Angelini, Emma Stopar (Scher), Giuseppina Soldatić, Vittorio Luglio, Nello Pacchietto.

N. 18 – Giugno 2004

AttualitàLa Slovenia nell’Unione europea (Eros Bičić)La Tv transfrontaliera (Loris Braico)Decalogo per la convivenza (Alexander Langer)Targa comunale alla CI “Santorio”“Senza confini” su Radio Morje (intervista a Luka Juri)Come migliorare l’italiano dei nostri ragazzi (O. Rossetto)Folkest: pioggia di note africaneComunitàMostre: Artisti di due minoranze, Sapori di festaDue minoranze un’unica collaborazione (M. Tremul)Nagovor umetnikov manjšin ob širitvi (Dušan Udovič)“Calegaria” torna il suono dei mandolini Ospiti: La Divina commedia in triestin con Nereo ZeperConcerti: Orchestra “Busoni”, Duo Dellyska, “Tango, mi amor!” Camerata strumentale italiana, JEFFTeatro: »I botoni dela montura« Gruppo teatrale per il dialetto del FVG,

Editoria: “L’armonica diatonica” E. Zonta, presentazione “La Battana”, “Decalogo della convivenza” di A. Langer (Associaz. Mediterran), “Edoardo Marzari, un prete scomodo” Libero PelaschiarGite: Fiera agricola Verona, Istria meridionaleCrevatini: Festa della convivenza, gemellaggio con San GinesioBertocchi: “Saluto alla primavera”, escursione a Modena.Storia e culturaEuropa e giovani in un discorso di don Edoardo Marzari“La signora smarrita” di Umberto Zuballi (L. Nalesini)Istria Nobilissima, premio fotografia a Damian Fischer Antonio Elio, patriarca di GerusalemmeAnton Marti, pioniere della Tv (G. Visintin)AltroElenco dell’avifauna capodistriana (A. Cernaz)Uccelli di Capodistria e dintorni (Loris Dilena)L’arte dell’uccellagione (Aldo Cherini-La Sveglia)Usei e useleti nei proverbi istriani (Giuseppe Vatova)Uselando in Sarmin (Guido Braini)Usei e useleti nei soprannomi capodistriani (L. Decarli)Foto: Il Giro d’Italia a Capodistria (D. Fischer)Necrologi: Silvio Odogaso, Pietro Monaro, Luciano Kleva, Nello Pacchietto, Fulvio Lazzari.

Narciso Zucca, Gianni Pellizer e Claudio Marancina

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La cittàN. 19 – Dicembre 2004

* Numero tematico sul 50.mo del Memorandum di Londra

AttualitàOggi, 50 anni dopo (F. Juri)Dall’accordo di coalizione – Le Comunità nazionaliDei pulpiti e delle prediche (R. Battelli)Forum delle città ionico-adriatiche (A. Scheriani)Forum giovanile della minoranza (F. Forlani)Una proposta per far tornare le opere d’arte (M. Tremul)Da Waters a Dalla passando per la nostra piazza (Andreaeffe)ComunitàGemellaggio artisti Litorale e PiemonteVisita emigranti veneti del BrasileLaurea: Roberta VincolettoStoria e culturaBratina-Tomizza: dialogo di due minoranze50.mo del memorandum: Il contesto storicoLe cronologie di Vlasta Beltram e Aldo CheriniIl rimasto, cultore di teatro (intervista a Dario Scher)Il giornalista »diplomatico« (Miro Kocjan)Il milite della Difesa popolare (Armando Grmek)Gli americani e i tre villaggi di pescatori (Stefano Lusa)Il memoriale di Italo SauroLettere: Gianluca da ModenaNecrologi: Mario Argenti, Augusto Norbedo, Eros Bičić, Mario Abram, Maria Štanta (Fonda), Carolina Pincin.

N. 20 – Luglio 2005

AttualitàProgetti Interreg Italia-Slovenia (Roberta Vincoletto)Un mare che unisce (Flavio Forlani)ComunitàMostre: Incisori di Nola, Alice Zen, Umberto Radivo, Guido PorroSerate letterarie: Pierluigi Sabatti, Milica Kacin-Wohinz, Angela Nanetti Visite: COOPED – Cammina Trieste CI-Università: Incontro su »Collaborazione nel contesto europeo« Gita: Cantina vinicola Verteneglio, Napoli e dintorniSociale: ricordo di Silvio Odogaso Storia e culturaPer calli, slarghi, Piazza Da Ponte, strade e rati (Guido Porro)Il curriculum del Rex. Testimonianze.I camini di Capodistria (Lauro Decarli, Miro Lozej)VarieCommenti al n.19 de »La Città« (Milan Rakovac, Tomo Vidic, Mariella Zorzet) A Capodistria con una storica tailandese (L. Nalesini, Neung Lohapon)Sport»Coppa S.Nazario«, pesca sportivaScuolaAll’ombra dei campanili (Erik Scheriani)I siti web del Carli e di Aldo Cherini

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La cittàPoesia: »Tuffi vitali« di Luca BasiacoNecrologi: Dario Scher

N. 21 – Dicembre 2005

* in retrocopertina 4 vignette di Franco Juri, poster centrale: »Capodistria 1845«

AttualitàGhetto. Aljoša Curavić sull’unitarietà della CNIKrmac: informatizzazione del censimento 1857 (Barbara Costamagna)Riscoprire i gioielli nascosti (Žitko, Steffè, Gabršček, Podberšič)»Taverna« (Andrea Effe)ComunitàPartecipazione al Festival di LubianaS. Basso: »Itinerari organistici«Serate letterarie: Isabella Flego, Stefano Tomassini, (in Pretorio) Dacia Maraini, »Enciclopedia istriana«, »Sindrome di frontiera« di Aljoša CuravićMostre: Tilen Žbona, disegni asili italiani e sloveniGite: Fasana e BrioniOspiti: filodrammatica Ci Umago, »Teatrino Giullare« Bologna Musica: Soraimar, Rudy Linka, Wanda Trent Phillips, Franco BussaniNuovo console Carlo Gambacurta

Storia e culturaLa peste a Capodistria (I. Marković)Il trattato di Giovanni de Albertis »Fragmento del S.r Fabio Fini«La visita dell’imperatore Ferdinando I (G. Visintin)SportI giochi delle minoranze a Trieste (Arden Stancich)La passione sportiva di Nerone Olivieri (Ferdi Vidmar)Torneo: tressette, sponsor ModianoScuolaSpettacolo di fine anno, alunni della »Vergerio«Il club degli studenti italiani di Lubiana (Franco Juri)Neolaureati: Roberto Bonifacio (intervista) e Veronica FondaVarieProfugo in calzoni corti a Capodistria (Ennio Opassi)»Chi son mi?« (Edoardo Milani)Foibe. Intervista con Fran Malečkar (Flavio Forlani)Il sito web di Radio CapodistriaLettere: Vinicio BussaniNecrologi: Maria Coslovich

N. 22 – Luglio 2006

AttualitàBossedraga. L’ultimo muro (A. Cernaz)Italia, ora una legge d’interesse permanente (M. Tremul)Riacquisto cittadinanza italiana (a.c.)Phare CBC: »Poeti di due minoranze« (C. Moscarda)

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La cittàInterreg: »Agromin«Nasce l’Ente »Carlo Combi«L’Ass. Genitori delle scuole italiane (intervista ad Arden Stancich)ComunitàTrio Lazonta in RomagnaElenco sezioni artistico-culturali della CIPartecipazione Fiera agricola di VeronaIncontro con delegazione chioggiottaMostre: Ugo Pierri, Artisti di ChioggiaConcorso: »Sapori di festa«Libri: Fulvio Monai, »Commentari« del Tommasini, Pino Roveredo, Olinto MiletaSerata: »Istriani al polo« - Francesco Negro, »Le confraternite« - Rino CiguiTeatro: »Delitto all’isola delle capre« Dramma di FiumeMusica: ventennale Marino Kranjac, Juan Garrido Group Semedella col coro »S.Servolo« di BuieGita: Vittorio VenetoSociale: »Sardelada 2006«Storia e culturaIl castello di Pietrapelosa (I. Flego)Pietrapelosa: leggende e piantaIl convento di S. Marta (testo e foto del 1921)Lo slavista capodistriano Umberto Urbani»Giornali istriani in italiano« di Monika Bertok (Stefano Lusa)Koprski duhovnik v boju proti fašizmu (Miro Kocjan)Poesia: »Dentri stretti nel silenzio« di Edo Zanco Forum Tomizza – ArtistriaScuolaIl »Girotondo dell’amicizia« (Franca Kovačič)S. Colombano, la nostra maestra di Capodistria (M.P. Casagrande)Asilo: in scena »Cenerentola«Foto: VI classe del 1974SportCicloturistica »Sui percorsi di S. Nazario«13.mo Torneo di pandolo VarieLa sezione italiana della Bibilioteca centrale (Amalia Petronio)Giovanni Prodan, l’ultimo battirame (Ennio Opassi)Incontro al ZRS: »L’Italia e l’Europa orientale« con Stefano SantoroLettere dal Siam: »Considerassioni, svolando sora l’Adriatico!«Un trenino di auguri!!! (Edoardo Milani)La bicicletta del negozio di Betalè (Mario Vesnaver)Necrologi: Giulio Manzini, Antonietta Derin, Angelo Gandusio, Tina Tedeško, Silva Novello, Maria Grazia Maier

N. 23 – Dicembre 2006

AttualitàTv Capodistria sul satellite (Silvio Forza)Da ne bomo kamenček v čevlju (Rudi Pavšič)Insieme siamo più forti (M. Tremul)Una città di nuove opportunità (A. Scheriani)Eterna Capodistria (F. Juri)Interreg: »Le maggioranze conoscono le minoranze«ComunitàSerate: »Scampoli istriani di fine estate«, »Un cavresan a Bangkok«, »Ritratti: Rigoni Stern«.Musica: »Cappella civica« Trieste, Sergio PredenS. Anna: concerto organista Riccardo Cossi Gite: incontro con le CI di DalmaziaLibri: Antologia »Poeti di due minoranze« (Zlobec, Guagnini, Steffè)Bertocchi: »Saluto alla primavera«Mostre: Damian Fischer Storia e culturaCrevatini: Il rinnovo del cimitero di San MicelLa poesia e gli studi di Paolo BlasiIl lascito fotografico di Libero Pizzarello (Salvator Žitko)Brani scelti dai »Commentari« del TommasiniIl Beato Monaldo da Capodistria e la Summa aurea (a.c.)L’Istria nel cuoredi Edo Zanco (Ennio Opassi)ScuolaInterreg: Progetto »Scolaris«Foto: serie »Istituto Grisoni« di Pino Scher

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La cittàLaurea: Clio DiabatèVarieConsiderassioni sula lingua italiana (L. Nalesini)El manzo istrian (G. Braini)Capodistriani in America (V. Bussani)Necrologi: Nives Mandič, Maria Battelli, Valeria Bressan, Renato Zucca, Giuliano Pellizer, Caterina Fermo

N. 24 – Giugno 2007

AttualitàIl nuovo Centro »Carlo Combi« (Aleksandro Burra)Incontro Can italiana e unghereseInterreg – Il progetto SA.PE.VAForum Tomizza: »Hic sunt leones«ComunitàSerate: ambasciatore Pietro Ercole Ago, »Dal Rosa al Bianco e nero« (8.marzo), Festa della mamma (alunni »Vergerio«),Conferenze: »Minacce all’infanzia di oggi« (Nicoletta Bressan) Musica: presentazione CD »Primo« dei Caligaria in Loggia Concerti: due arpe »Sound of music«, Marco de Biasi al Museo, »Grande, grande, grande…« (canzone d’autore italiana), Ljoba Jenče (in Museo), Gruppi bandistici di Buie e Maresego Libri: »Gite per l’Istria«, Semedella con Cappella civica S. Giusto TSSociale: »Sardelada« con la banda »Ongia« di Muggia

Mostre: Gruppo lavori creativi, Gruppo lavori su seta di Bertocchi, »Adopt an artist«, Aleksander ŽerjalGita UI-UPT: Bologna e Modena. Storia e culturaIl progetto »Istria nel tempo« di Tv CapodistriaIl Dramma di Fiume a BertocchiIncontro »Poeti dell’Alto Adriatico«Carla Rotta alla Biblioteca centraleLa poesia di Bepi LunaSimposio su Quarantotti Gambini (Nives Zudič Antonič)Titov miljnik pri Krkavčah (Matej Župančič) ScuolaSemedella, scuola con vista sul mare Laureati: Oumar Diabatè Foto: L’VIII classe del 1967SportEscursione ciclistica »Sui percorsi di S. Nazario«XI edizione torneo briscola e tressette XIV torneo di pandoloVarie»Ora so cosa significa avere una famiglia« (intervista a Pino Scher)I »Calegaria« (intervista con Lean Klemenc)Testi del CD »Primo« dei »Calegaria«Tesi di laurea: rapporto bilinguismo-poliziaLa casa della Cameral (V. Bussani)Necrologi: Mario Fafangel

Mario Gandusio (al centro), assieme ad altri due corridori di Monfalcone, durante l'escursione ciclistica

»Sui percorsi di S. Nazario«

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La cittàN. 25 – Dicembre 2007

AttualitàSalviamo un edificio della Capodistria storica (F. Juri)Prodi a Lubiana incontra la minoranzaLe due minoranze dopo SchengenInterreg: il progetto AgrominComunitàMostre: Pino Gropuzzo, »TriesteèFotografia«, Rajko Apollonio e Joso Knez, InterarsSerate: »Gramsci: intellettuale del domani«, »Austria… felix?«, Teatro: »Goldoni terminus« (Dramma di Fiume), Compagnia »Pupi e fresedde« di RifrediLibri: »Trieste salta il confine« di Maranzana, »L’Istria bizantina« di Novak (all’Archivio regionale), »Protestantesimo in Istria« di Miculian Concerti: Gran galà melodico italiano col pianista Milko ČočevSpettacoli: »Fermi tutti…è Capodanno!« con TV Capodistria e CI PiranoBertocchi: Quinto »Incontro delle tre regioni«Gita: Ciceria e LauranaStoria e culturaUna lettera di Kandler sulla toponomasticaNumerazione civica di Capodistria nel 1870Poster: pianta cittadina del primo Novecento Giustinopoli dell’Asia minoreL’arte lirica di Rodolfo Moraro (Fabio Vidali)

Un artista da ricordare: Oreste Dequel (Ferdi Vidmar)CI Crevatini: la chiesetta di S. ColombanoQuando le chiavi erano piccoli capolavoriScuola25.mo asilo di CrevatiniDean Pellizer primo all’ex Tempore delle scuole della CNIVarie Cussì zogavimo una volta (V. Bussani)I numeri della tombola capodistriana (L. Decarli)Letere dal Siam: Paesi baltici (L. Nalesini) Necrologi: Primo Bertok

N. 26 – Giugno 2008

* Speciale odonimi

Attualità Riconoscimenti della Can comunale, prima edizioneIve Marković direttore della Biblioteca centraleIl presidente italiano Napolitano in SloveniaAIAS premiata dal ComuneComunitàSerate letterarie: Boris Pahor, Edda VilerMostre: Marco JuratovecBertocchi: formazione in campo agricoloCrevatini: gemellaggio con scuola di DolinaSemedella col coro »S. Vito« di Marano LagunareGita Ui-Upt: Cinque terre

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La cittàVarieLe vie di Capodistria (A. Cernaz)Poster: pianta rielaborata di Giacomo Fino Piante: Capodistria 1956, Capodistria 1925ScuolaLaureati: Jana Belcijan, Valentina LacovichNecrologi: Bruna Morgan, Paola Zettin, Ennio Opassi, Maria Basiaco, Claudia Marušič

N. 27 – Dicembre 2008

AttualitàDei diritti e delle pene (R. Battelli)Investire sulle persone (M. Tremul)Visite ambasciatori Verga e PietromarchiCampagna elettorale seggio specificoInterreg: Progetto Mi.Ma.Collaborazione tra UniversitàPerchè la lingua si va impoverendo?Beatificazione don BonifacioComunitàGita Ui-Upt: CampaniaSerate: 25.mo scomparsa di Matteo ScocirOspiti: Associazione »Sonček«Mostre: Elsa ApollonioIl Gruppo filodrammaticoL’Alpe Adria PUF Festival alla CICrevatini: Ex Tempore »Benvenuto autunno«

Storia e culturaL’insegnamento della fisica nell’Ottocento (Loredana Sabaz)Il prof. Giuseppe Accurti (Claudio Battelli)Giovanni Tacco e le regole del buon governo (a.c.)Una cartolina al dott. Nobile (Edoardo Milani)»Dieze poesie« di Marco Apollonio (Elis Deghenghi Olujić)»Lubiani«, raccolta poetica di Edo Zanco Il »Combi« alla Fiera del libro di Lubiana Una poesia tradotta da Francesco CombiScuola»Premio Pellizzer« ad Anita Dessardo (intervista)»Ci siamo messi in gioco« allievi del Carli Poesie: Mia Dellore, Aleksandra Čirkovič, Luka Zaro, Monica SantinVarieČrt Brajnik, la passione per il documentarioA colloquio con lo scultore Loris MorosiniPiù fondi dal bilancio comunale (A. Scheriani)Conoscere il bilinguismoUn confine, una storia (V. Bussani)Letere dal Siam: GiordaniaOpassi, l’ultimo articoloNecrologi: Maria Bisiach, Giovanni Brainich

Matteo Scocir, indimenticato mentore del Gruppo mandolinistico della CI di Capodistria

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La cittàN. 28 – Giugno 2009

AttualitàAuguri Radio Capodistria (A. Curavić)A margine del 60.mo (G. Visintin)Al trasmettitore di Croce Bianca (F. Vidmar)Nasce il sito della Can comunaleUna libreria italiana nell’area costiera (a.c.)L’archivio di Tv Capodistria (Ketty Kovačič Poldrugovac)Interreg: »Santuari Mariani dall’Adriatico alle Alpi«ComunitàOspiti: studenti Lombardia e S. Lucia, Accademia italiana della cucinaLibri: gli »Itinerari« del Sanudo, »L’altra parte del cielo« di M. ApollonioMostre: Artisti del FVG Concerti: Monica Cesar e Neven Stipanov, Transhistria electricSerate: ombudsman Čebašek Travnik, omaggio a Giorgio DepangherNasce il coro »Porporella«Bertocchi: »Saluto alla primavera«, commedia »Il paese di carta«Gita: Istria centraleStoria e culturaChiesa e convento di S. Domenico (Antonio Alisi)La Casa di pena di Capodistria (Vlasta Beltram)Crevatini: il disperso che non voleva tornare (M. P. Casagrande)

Canti patriarchini al Duomo (I. Marković)»Capodistria 1947. L’ultimo confine« di Lucio Gridelli (intervista)ScuolaStudenti incontrano i rappresentanti della CNICampus studentesco itineranteI ragazzi del Carli a BarcellonaPresentazione ricerca »Capodistria per sempre«»Giulio Coniglio« degli alunni di SemedellaAsilo: in scena »Cappuccetto rosso«Foto: II, III, IV classe di Bertocchi nel 1955Laureati: Pamela VincolettoVarieII edizione premi CanCalegaria: sala di lettura intitolata a TomizzaRaduno della Mailing list HistriaComune: premiati Aldo Zubin e Fabio SteffèLetere dal Siam: Montenegro (Lucio Nalesini)Necrologi: Lidia Kozlovich, Zvest Apollonio, Nazario Norbedo, Gregor Abram, Giuliana Verardo, Giorgina Pulić.

Uno sketch della Filodrammatica CI con Corrado Cimador, Sergio Settomini e Franca Kovačič

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La città

Nino e i suoi ricordi di Giusterna

Giovanni Kavalič nasce 82 anni fa nella contrada di Giusterna, poco fuori Capodistria. Una zona esclusiva, oggi come in passato. Prima dell’esodo famiglie capodistriane benestanti vi possedevano delle villette e appezzamenti di terra coltivati da coloni. Oggi a Giusterna ci sono tante belle case, bar, la piscina coperta e, oltre la strada, la spiaggia pubblica. Abbiamo incontrato il sior Nino a Isola, dove abita con la sua famiglia dal ‘52, e ne è nata questa chiacchierata.

Da dove provengono i Kavalič?Mio nono xe nato nel 1871, che me lo ricordo ben, lu diseva che la fameia iera vignuda dal Piemonte. E in Piemonte xe un cognome sai largo, Cavalli. Un Giovanni Cavalli ga inventà la canna rigada dei cannoni. Vero xe che i Kavalič i xe a Maresego almeno dal 1600. Del nostro ramo xe vignudi a lavorar come coloni pei signori de Capodistria. E i se spostava: mio bisnono xe nato in Triban, mio nono in San Micel, mio papà in Sermin, e noialtri a Giusterna. Vevimo soranome Stùr. Parliamo di Giusterna.I Stur ven a Giusterna nel 1914. I ga sta in quela casa indove che son nato mi e che xe nata mia mama anche fin’al ‘39; dopo nel ‘39 semo andai star in Provè, sora el Rex. Lori i xe stai la fina al ‘54, poi i xe vegnui a Capodistria, sul montaron, Calle dell’agricoltore num.14. La i ga sta, e dopo i mii genitori con tre fioi xe andai a Trieste nel 1962. Sua mamma?Macor la iera de nubile. Mio nono de parte de mama, prima de morir el gaveva gambià 17 loghi. Miseria iera. Se andava de un paron al altro. E la che ti andavi iera sempre pezo, de solito. Allora i suoi antenati hanno fatto sempre i contadini?Difati mi go fatto l’indirizo agricolo della scola de aviamento, a Capodistria. Noi

ierimo, fora del Ponte de tola , come i diseva.Ponte de tola?Là che xe la Porporela, no? La iera el ponte, dopo là iera el mareto, ghe disevimo noi. Dopo iera el canalon dell’Ara che andava torno Capodistria, passava soto el ponte de la Muda. El mareto saria un tochetin de mar, un buso: là dela Porporela iera quel più grande – perchè là i pescava, el secondo iera devanti la ceseta de Semedela, el terso mareto iera a Giusterna, là che xe ‘desso el bagno, e l’ultimo dove che finissi le ultime case verso Isola...ancora desso se conossi. Se ghe diseva mareto, picolo mar, perchè andava l’aqua dei tombini in mar e oltre quei tombini vegniva l’aqua salada de qua.Come si chiamava suo padre?Giusto. Intanto a iera invalido. I andava a cacia de contrabando. Se tratava de magnar, no ‘ndava per farse i soldi. E una volta, mi gavevo tre ani, el ga messo el s’ciopo carigo sule scale. Scale de legno, se vedi sarà andà su, ga partì un colpo che ga ciapà su’ scalin e me ga sfiorà. Lu ga ciapà el tiro nela man e ‘l ga perso l’uso dela man destra. Sinquanta giorni a iera in ospedal Valdoltra.

Dove andava a cacciare?Torno, qua de noi…i leveri no crepava de veciaia!Come faceva a lavorare la campagna con questa menomazione?Me domando tante volte: quei che ga i brassi boni, come che i fa a bater fiaca. Lu ciodeva el manigo de la sapa, el verzeva la man, la meteva atorno el manigo e con quel altra el lavorava. Sei fioi ga tirà su. Dove abitavate a Giusterna?Xe una strada che andava, quando xe vegnù quela volta che ga calà là de Rex che xe vegnù la tera fina in mar, alora i passava adiritura co le coriere su per quela strada de Giusterna e andava fina indove che xe ‘desso l’ospedal. Dossento metri dala costa in su, iera la casa. Iera la casa colonica, iera una canisela – tra casa e casa – e del altra parte iera la casa dei paroni. Lori gaveva la luce e la radio. Noi no, anca se ierimo tacai, un metro e meso via uno de l’altro. E una ceseta iera. I proprietari, i Favento, venivano spesso?D’estate, lori vegniva un tre mesi. I portava amichi, i se ga fato la pista de balo. I veva le luci argentade, che fasseva luce sula sala de balo. Quali altre famiglie cittadine avevano

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La cittàcampagna a Giusterna?Una parte che ciapava del mar fina al Monte San Marco iera i Totto, lavorava per lori Zorzet, Pecchiari, i Argenti, Novel. Più in qua iera i Norbedi: una famiglia Norbedo iera drio el Monte de San Marco, e un altra xe qua vissin l’ospedal…i xe ancora qua.Recentemente è morto Nazario Norbedo.Lu iera l’ultimo propietario che vevimo in Provè. Ela iera vedova la veva l’osteria in Semedela. Mi parli della sua infanzia. Mi son del ‘27. Penso che go gavudo una scola de mio papà, tremenda. Lu iera…insoma saveva leger e scriver, ma iera analfabeta per el resto. Però al me ga insegnà el modo de no lassarse butar zo. E questo, no solo mi anche a fradei, ga restà sta roba. Perchè una volta la parona la gaveva dito…i se gaveva becà per qualcossa- »Giusto! E se mi te dassi una sberla?«. »Mi te inpiro un deo in tel cul – a ga dito – e te buto oltra la ringhiera«; e la ga scampà e la se ga serà in casa. Era la moglie del Favento?Sì, una dalmata iera ela, Robba de cognome.

Tornando all’infanzia…Iera un ordine casa che forsi ogi no xe più. Mi no go mai portà una camisa, calze…dei fradei. Ognidun gaveimo el suo casseton, e là te gavevi; se no te gavevi jera afar tuo – diseva mama. E noi no se ciodevimo una roba. I soldi no iera mai, solo d’estate che i andava a Trieste, alora iera un pochi de soldi che bisognava spartir per duto l’ano. E iera un cassetin che noi passavimo a contarli: mai che qualchidun gavessi ciolto venti centesimi fora. Me ga tocà una volta, mi e mio secondo fradel Eto (Nazario, ndr) che sta a Capodistria, lavoravimo…iera un parè de rose cussì…e lavoraimo per la parona. E cussì che andaimo avanti iera su una piereta una de sinque lire de argento. E ciogo sto soldo, vado a casa e ghe digo »Papà, vara go trovà, ghe digo, go trovà sinque lire«. »Dove iera?« a me fa. »Là che vevimo de lavorar, go trovà su una piera«. »Portighe ala parona subito. La ga messo per veder se semo onesti!«Suo marito invece?Piero, el fradel più vecio del farmacista Ghino. Lu iera bonissimo, tropo bon. A vigniva in corte, parlava con noi. Solo una volta me ricordo, se vedi che lo ga

mandà ela che la iera ancora in leto, e mio zio gaveva passà davanti ala corte col caro…perchè gaveva quela jara del Isonso, quela tonda. E sto caro fa bordèl, e ‘vevimo l’unica strada per andar de una parte dela campagna passar per la corte de lori. E xe vegnù zo e ghe fa a mio zio »Terminarè de far bordel? Perchè noi dormimo a sta ora«. E mio zio ga ciapà la scuria che gaveva pel manzo, la ga voltada in modo che resti grosso, e ghe disi »Gavè terminà de far strage dei poveri? Adesso comanda Mussolini!« El iera pena vegnù casa de militar. Eco quel iera, del resto iera una persona ala mano. E il farmacista Ghino non veniva da voi?Lori gaveva una vileta più soto. Ma de solito vegniva sior Ciso, el papà de Giorgio (Cesare, ndr). Mi con Giorgio zogavo zo in corte de lori. I Favento erano notoriamente antifascisti, vero?Sior Ghino sicuro. Perchè lu adiritura jutava i partigiani co’ le medicine. Quel savevimo. Iera siora Lina, la parona. Mia zia andava farghe lavori, d’estate specialmente. Iera gente bona lori, per ben.

12.6.1939 – Avviamento professionale »Gian Rinaldo Carli«. Sopra: Dionello Decarli (Carlon), Livio Carini (Conda de la becaria), Depangher (Stelin), ? , Dagostini, Ravalico, Perini, Fantini, Roberto Purgher, Bacci. Sotto: Giovanni Cavalli

(Kavalič), Luigi Calderon, Michele Dobrilla (fio del muto Dobrila), Sergio Bonivento, Enea Fikfak, Antonio Favento, Pietro Lonzar (Casto), Ceppi (su pel porto), Romano Decarlo, ? , Mario Depangher.

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La cittàVoi in casa parlavate solo italiano?No saveva nissun sloven, gnanca nono. Anzi el vecio iera quasi nazionalista. La la gaveva anca con San Nasario…cossa ghe entra…perchè San Nasario xe de Glem, no? »Quel mona de s’ciavo« diseva.Andavate in chiesa?Poco. Noi vevimo la ceseta, fra meso le due case. Me par che la iera intitolada ala Madona che ven in setembre, la Madona picia. Dopo la guera i la ga butada via. Xe stada butada quela via, quela che iera dei Burlini Vatovaz, vissin la scola, e quela del conte Totto che serti coloni ga tirà via la pila de l’aquasanta per meterla in stala.Chi questi?Lassemo star. Iera i unici de quei coloni veci, che ga ciapà la tera. E insoma, disevo, se andava a messa in sta ceseta una volta al anno, me ricordo che vegniva el prete Bassa, che se fasseva quele magnade, bevude, dopo ch’el terminava. Noi fioi vardavimo. E una roba, per dir…mia mama no la andava sai in cesa, ma ne portava noi de pici: una volta ierimo restai senza luce, e la fa »Nino, ven con mi un momento«. Verta la cesa semo andai dentro, vemo tira zo le candele grosse de l’altar, e ‘vemo portà el seghin e sul banco, là dove che la gente stava inzenociada, ela tegniva e mi segavo. Le candele scurtade le ‘vemo rimesse al suo posto col pavèr. E ghe fasso cussì, andando a casa »Mama, ma ‘vemo fato un pecà cussì a tajar le candele in cesa, no?« La me fa, con quel modo che la ga ela »Nino, i poveri pol rubar anche in cesa«. Varò gavù quei sete oto anni.Mi parla dei suoi fratelli?Mi son Giovanni, Nino, el più vecio del ‘27. Po xe Nazario, che ga do ani meno de mi. Piero del ‘31, poi xe vegnuda Gianna del ‘42, Giuseppe – Bepi nel ‘45, e nel ‘50 xe vegnù l’ultimo fradel, Italo. Quel ano me go sposà cussì che ierimo mia suocera col picio in brasso e mia mama. La sua famiglia non è esodata. Come mai?Prima papà no voleva. Noi no ierimo per moverse sai. Andar a Trieste, dove, cossa far? Solo una volta dopo verso el ‘63 lori i xe andai via. Son andà un giorno su, la sorela la se veva malà, che la lavorava ala Tomos…e ghe andava anche ben…e la xe andada in ospedal a Piran e invesse de star meio xe stada pezo, col cuor che ancora ogi la bassila. E la gente, i operai, invesse de darghe una man, qualcossa, i ghe ga dito che xe meio che la se licenzi, cussì la ga restà sensa assicurazion, senza

niente; e la dottoressa…due anca tre volte ala setimana, la se ga netà i soldi. Cominciava malamente. Son andà su e me go ciolto con mi un che iera segretario del partito qua, komitet, tempo prima..che ierimo amichi dopo. A Isola el iera lui. Ghe digo »Ven con mi che desso ti sentirà quel che parlo coi mii«. Ghe go fato mama, che tiri fora i conti la roba come che xe, e iera bastansa soldi de dar de qua de là. E ghe digo »Gavè fina desso dà de magnar voi ai siori, e desso xe meio che i ve daghi lori de magnar«. E cussì i xe andadi. Veva deciso mama de andar via, perchè coi fioi pici no la podeva più andar avanti. Xe andadi papà, mama e i fioi, i tre ultimi. Papà e mama xe sepelidi a Trieste. I fradei xe sempre là, ogni tanto se vedemo. Lori se ga tegnù el cognome Cavalli, come che iera soto l’Italia. Voi da quando siete Kavalič?Mi Cavalich, col -c e -ch che ierimo soto l’Austria. Dopo qua, la question dei cognomi iera una roba sempre…de gratarse. Perchè mi me ga gambià i nomi adiritura…che quel xe schifoso…mi son diventà Ivan…che no me go mai ciamà…mio papà iera Just, mia mama Pavla. Uff, go vudo storie, no storie…ghe le go fate mi storie! A Giusterna c’erano solo case padronali e coloni o avevano terreni anche i paolani?Vegniva paolani. Difati i Casti (Lonzar, ndr), i Sùca (Zucca, ndr), i Cagatenero (Scher, ndr), dopo iera i Grio de Pescaria vecia e…tanti altri, un grumo de capodistriani.

Che differenza c’era tra coloni e paolani?Intanto noi coloni anca viveimo co la roba che fasseimo, e i paolani bona parte iera roba che i vendeva. Noi fasseimo anca per casa, perchè ti dovevi far patate, roba, quel quel altro. Come mezadri, metà dovevimo darghe al paron.Avevate bestiame?Gaveimo la stala del porco. Per l’afito dela stala doveimo darghe un parsuto al paron. In un ano. Dopo gaveimo o la vaca, o el manzo, una bestia per volta perchè no iera tanto de darghe de magnar.Con la riforma agraria i coloni hanno assunto la proprieta delle campagne che lavoravano. Anche voi?Qua la storia la se complica. Nel ‘45-’46 mi son andà lavorar nel comitato de Semedela.Così giovane?E…quela volta chi veva le scole. El segretario che iera Zornada, ga dito che ga la Quinta, ma drio de come ch’el scriveva forsi gaveva la Quarta sì e no. Chi era Zornada, un nativo del posto?Lori iera vegnudi dopo il ‘900 de Rozzo, Željko…noi ghe disevimo Desiderio…iera el fradel più vecio de Angelo. E lui ga dito »Nino, ti vol vegnir lavorar qua?« E ghe digo »Bon, vegno«. Fassevo i permessi per andar a Trieste, che i lassava una cesta o un saco de bisi…niente de più. Oltre el confin qua, Risàn, no se andava. E chi che gaveva qualcossa, capodistriani specialmente, quei che iera paolani, vigniva là e ghe fassevo sti bilietti e zercavo de darghe

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La cittàquanto più. Dopo sta roba me ga costà caro a mi. Son andà de Pecchiari, che iera tipografo a Capodistria, ch’el me fassi dei bilietti verdi, mi gavevo solo de metter su nome cognome, chili e via. E iera fato, distrigavo un grumo de gente. Se ga presentà un giorno do polizioti…me ricordo ancora adesso…e me fa »Ti son ti Cavàli?«. Ghe digo »Sì«. »Ti fassi ti i permessi per ‘ndar a Trieste, per la roba?«. Ghe digo »Sì«. »Quanti te ga fato?« Go dito »No so«…altrochè savevo…e ga dito »Vara che te ga fato più ti che tuta la parte dela Zona B« che iera qua fina Umago. E i ga dito »Sta ‘tento!« e i xe andai via. Un iera un Pecchiari de Muja, che dopo gavemo anche lavorà insieme in aquedoto, e un altro iera un certo Sturman. E insoma, la matina dopo, vado de Desiderio e ghe digo che no voio più star qua. »E perchè?« el me fa. »No go voia mi de finir mal« go dito. Quatro

mesi e mezo vevo lavorà in uficio e se lavorava anche ben. E dov’era questo ufficio?Dove xe la cesa de Semedela, la prima casa tacada.Lì vicino c’è un monumento che ricorda una ex caserma di carabinieri dove la gente veniva rinchiusa e torturata.Bale. Ghe go dito a Ernesto Vatovec, ex combatente, una volta »Ma dove iera sta preson?«. El se ga messo rider. Là no iera i carabinieri. A gnanca un chilometro de Capodistria, per quei pochi contadini che ierimo, noi no ne ocoreva una caserma là. Ciaro? Iera a Capodistria la preson che no ti podevi scampar. Mi so chi che stava là de casa, i se gambiava: una volta stava un Sùca, ma Pellarini iera el paron de quela casa. Iera anche un’ostaria…no me ricordo come la se ciamava. Mi elenca qualche toponimo locale di Giusterna?

La busa de Sùca (Zucca, ndr), el Canalòn dei Violi…che de cognome lori iera Zorzet. Là iera un grandioso ròver che, vanti de andar via, lo ga butà zo; pecà, iera un monumento, iera. E dopo, a seconda, de chi che lavorava quel toco: là dei Caligheti, là dei Franzi…Verso Isola c’e’ la contrada di Provè. Cosa la divide da Giusterna?Un canalon. Provè va vanti fina el buron sora ‘l Rex e dopo, là del ospedal, semo za a Vilisàn. Vilisan iera de Capodistria e ghe xe sta dà a Isola.Quando? Ai tempi dell’Italia o dopo?Dopo, bastansa dopo. Difatti Provè, mi go un libreto che parla del cantier de Capodistria, cantiere Istria…mi go rivà lavorar pochi giorni che iera del ‘43, dopo se ga ribaltà l’Italia, dopo semo andai fora…e la scrivi ancora, l’ultima volta che go trovà, scrito »Provè«. Dopo la guera Provè ga sparì, noi però ciamavimo sempre Provè.

E’ fertile la terra di queste contrade?Semedela iera tera forte però iera vin de ciodi. Frutava sai le vide…che iera i Bensici, Ceppi, no?...ma el vin no iera bon per via del argila no riessi ben. Inveze a Giusterna iera tera mista, ciara. Noi difatti, i vegniva cior de Trieste i vini. In Semedela i andava perchè i vendeva sai più a bon marcà. Qua de noi iera a 1.10, 1.15 al litro e lori i lo vendeva a 90 centesimi. Però quando iera la sagra, mi me ricordo una volta, iera…cussì che i ciodeva vin cussì restava sula tavola. El vin de Semedela no iera bon.Che tipi di vino si produceva?Noi fasseimo refosco…misto a negratenera, e un poco de bianco. Mio zio, Casto (Lonzar, ndr), gaveva anche moscato de cipro.Per il resto, cosa si coltivava tra Giusterna e Provè?Bisi…«robe per la barca« disevimo noi…per andar Trieste. Se portava a Capodistria col careto tirà del muss. Lungo la costa, oltre el ponte de tola, subito a sinistra iera el mandracio.E’ andato anche lei qualche volta?Sì. Difati me go carigà de pulisi. Mia mama fasseva tre mesi, ogni secondo giorno. Tre mesi a casa e tre mesi al mercato Trieste. La vegniva a casa, la sera se andava un poco più tardi che la dormiva in barca e la matina la iera sul mercato a Trieste. E ver i fioi casa…iera dura.I pescatori venivano a Giusterna?I vegniva co una casseta de sardoni in

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La cittàspala, povera gente, e me ricordo che quando che li portava no iera propio freschi freschi perchè i se li passava sule spale ore. El pessi becàva un poco in boca. Qualche volta iera za andà. Cosa si mangiava a casa vostra?Mia nona iera brava de cusinar. La minestra iera una volta al giorno, sicuro. Polenta e…magnari più boni, come el brodeto che ancora ogi son mato mi, e i fasseva savor de sardoni e sardele. Quei là iera i magnari boni. Andavate in città?Andavimo la domenica. Andavimo perchè gavevimo la mezàta, che i ne dava un do schei, e andavimo bever su per la Calegaria…de Celestina se ciamava, iera un bar. E andavimo a bever el vermouth che iera poco più caro che el vin. Le feste…Giusterna no gaveva sagre, però balo iera sempre. E no iera mai barufe…pena che ti andavi fora, verso Bertochi de quele parti iera sempre qualche caligada. A Giusterna, all’epoca c’erano famiglie slovene?Sì, iera un Dobrinja, vizin de noi propio…, che el xe andà anche coi tedeschi, xe morto qualche ano fa a Trieste. Un Pečar, xe morti duti quanti za là. Come mai certi andavano con i tedeschi?No i andava no, perchè…i li ga ciolti dentro. Mi go fato sie mesi e mezo dela TODT. I ne ga ciamà a Capodistria, e se no ti andavi…i te fasseva far un gireto col treno, no?Al ballo venivano anche da Capodistria?Diversi. Tanti i vegniva impararse a balar per dopo mostrar che i sà in cità. Un’altra famiglia di Giusterna sono i Babich detti Ortolani.Nicolò xe el fio, vissin de Eto Norbedo. Là che iera la casa del conte Totto, drito su, andando verso San Marco, a metà monte.C’erano diverse ville, ma non solo di capodistriani.Anche triestini, diversi ebrei. El fradel de mio nono, lui ga ciapà un toco de tera de Serafino Bretschneider, se ciamava. Questo me ricordo, quando iera i tedeschi che i fasseva i rastrellamenti, iera una tabela sula porta, iera scrito »Questa casa è sotto la protezione di Serafino Bretschneider, di nazionalità svizzera«.Anche il famoso calciatore Nereo Rocco aveva una villa, no?Come no. Una dele due vilete soto, Vila Maria e Vila Teresa, xe due vile gemele.

Lo ha mai visto?Lavorava mia zia là, altro che visto.Veniva a fare il bagno?Mi no l’ò visto a far el bagno. Lo go visto zogar con suo cognà la bala in strada, perchè quela volta passava là un auto ogni meza ora. Quela volta lu ziogava con l’Edera. E i Cobolli di Capodistria?Coboli Gigli iera un ministro in tempo de Mussolini e lu ga fato far quela volta el moleto e la scola in San Marco. Iera quei tempi che ga fato anche l’acquedoto. Su fio Giorgio andava de sto Nicolò Ortolan.Nino, lei dove ha frequentato la scuola?Prima e seconda classe a Giusterna, soto la Vila Ida. Terza, quarta e quinta go fato San Marco, la scola nova. E go fato tre anni de aviamento a Capodistria. Prima non mi ha risposto sulla Riforma

agraria. Avete ricevuto dei terreni, come coloni?La mia familia ga vù la pegola, mentre i altri tuti i paroni iera italiani, noi gaveimo una parona slovena. Questo Norbedo Nazario, sua mama iera Gec, slovena…vedova, che la veva l’ostaria in Semedela. Ma non eravate coloni dei Favento?Fina el ‘39. E dopo semo andai zo. Semo andai in Provè. Insoma, lori i ga dito »Ara che qua xe tera nostra«. Mi son andà a veder a Capodistria per via de sta riforma agraria. Mi, tra l’altro, per la riforma agraria iero andà torno a far i afiti provisori, quel tempo che lavoravo al comitato de Semedela. Ghe digo »Se i ciapa duti, ciaparemo anca noialtri«. E l’ostia…Fora in strada! E son andà domandarghe a Capodistria, iera tropo tardi. Poco dopo semo andai star a Capodistria sul montaron. Xe vegnù gente

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de fora. E i xe andai dentro in casa, butai fora de casa coloni veci de secoli come i Pecchiari. E dopo xe un’altra familia più avanti che iera Zorzet, i Violi…lori su per le scale i altri zo. I se ga tegnù anche oio e vin che gaveva roba sua, de lori.Sta gente è venuta dai villaggi mandando la gente del posto fuori di casa?Sì. Pecchiari xe andà star a Capodistria sula Madoneta là che ‘l gaveva un cognà, int’una stanza cinque de lori. I Violi i xe vignui vissin l’osteria zo, iera una casa de un triestin, li ga messi là. Ma sti coloni non potevano denunciare che qualcuno li sta buttando fuori di casa?No. Perchè lori iera coloni del conte Totto.E che c’entra? Erano pur sempre diventati proprietari per decreto?No iera leggi, e se iera no vegniva rispetade. Xe come ogi sul bilinguismo. No iera ne chi fasseva le legi, ne chi – una volta fate – le saveva rispetar e interpretar. E te gavevi solo a confronti direti cussì, se te podevi, se ti ieri in un dato logo una roba l’altra, ti podevi farte valer. Altrimenti iera niente. Quanto è andata avanti quest’anarchia?Dopo xe vegnù la rogna dela Jugoslavia.

Se ga scaregà ex colaboratori dei tedeschi. Mi andavo per le case…perchè la gente sà, me conosseva e me contava. Prima corte che xe qua vanti, iera un dei ustassi (ustaši, ndr). I xe vignui via de là che i iera, i ga rivà sbrissar. Come ricorda gli anni dell’esodo?Xe le peste che conossevo duti, perchè i parenti gaveimo a Capodistria noi. Pensando ogi, iera una roba…grave. Iera una barafusa dove che la gente no saveva cossa far, una roba l’altra…pareva che el massimo che se podeva ver iera quel de

andar via quanto prima. De là (in Italia, ndr) i tirava e de qua (Zona jugoslava, ndr) i fracava. E la gente iera in mezo. Mi, ghe digo, dato che un pochetin iero conossù anche, no vevimo grane de nissuna fata con nissun…mi no go vu storie; go vù storie qualcossa ma me la go cavada. Ma la gente sà, se ti ghe vadi la sera sigàrghe…a questo Nicolò Ortolan cossa ch’el mandarà i fioi in scola italiana, e Nicolò ga dito »Mi li tegno a casa. Se no i va a scola italiana i restarà casa«. E dopo i xe andai in scola italiana.

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La cittàE mia sorela e i mii fradei ghe xe vignù anche la carta per la scola slovena, e no i xe andai. E lei?Xe un che quando iera la inaugurazion de la scola a Isola…mi iero Kavalič, che me conosseva…e me fa »Mah…sta scola xe bela granda, tuto quanto, però la xe tropo granda per i italiani de qua«. E mi ghe go risposto de colpo, ghe fasso »Se tuti quei che ga cognome italian i dovaria vegnir a scola italiana, la saria tropo picia«. E con questo se ga terminà el discorso. Perchè l’esodo coinvolse più le città che le campagne?In campagna la gente no veva radio, no iera giornai, e i raporti coi vicini sloveni…se se conosseva, se se capiva e alora no iera quela paura. Invesse là Capodistria, Isola, Piran, qua i lavorava de una contrada al altra, qua i se parlava…Ma anche i paolani avevano contatti con la gente di fuori, eppur…I paolani iera gente onesta, bravi de lavorar, no xe che dir, i ne rispetava noi, noi podevimo caminar per le campagne sue, perchè fassevimo i guardiani in certo qual modo. No tuti lassava andar per la curta. I Casti iera parenti nostri, i Suchi iera gente bravissima.Stavate insieme per fare una cantata?No, con lori mai. I se tigniva per sè. Per quel son vegnù anca a Isola mi. Perchè?Perchè l’isolan…Capodistria iera una specie de elite, perchè iera gente studiada e…quei che no iera studiai sai, tigniva quel »Ga dito el sior conte!« »Ga dito el marchese!«, no? A Isola no iera ste robe qua. E qua per noi iera…come che ierimo noi fora; noi non vevimo de risponder solo che al paron e con quel là ti gavevi de far come che ti savevi. Per cui trova che capodistriani e isolani erano diversi?Molto. Capodistriani…mi go lavorà in una casa de Cale Porta maggiore, fassevimo l’inpianto de l’acquedoto mi e Mario Vascon (stava zo vizin la cesa de Capussini), in cantina metevimo tubi, roba…e iera sei o sete bote de vin, gaveva sto qua. Ma porca Eva, no saria andà tocar per bever un bicer de vin. Insoma, caminava sta roba bastansa, pensavimo quasi andar via…ghe digo »Dovemo tornar doman per un’ora« ghe digo »Mario, fazemo ancora un’oreta e terminemo cussì che no cori tornar domani e portar i ordegni«. E in quel xe vignù el capo, un Bizjak, ex combatente…sarà sta

nel ‘48…e ‘l fa »Cossa fassè qua?«. Ghe digo »Terminemo«. »E ma – ‘l disi - noi spetavimo su«. Perchè i gaveva de serar l’oficina. Ghe digo »Portemo subito su sta roba« E el fa »I ve ga dà qualcossa?« Digo »Noi no vemo domandà e no ne ga dà«. Mi vevo una paura mata e quel altro, guardi, pusà su qualche spina qualcossa, che mori...lu iera pescador de fameia e mi capivo che xe pericoloso caminar sule bote piene. E xe andà su – lu iera el capo – e ga parlà col paron. Ne ga portà un litro de vin e tre pomi per omo. No li ‘vemo tocai. E si è trovato bene a Isola?Subito me son trovà ben. Seben che de Capodistria me resta sempre un bel ricordo, là go girà fino ai 22 anni. Capodistria e Giusterna sono cambiate molto negli ultimi anni…Forsi val quel che ga dito un a Piran, che a Piran saria bon ma che ghe manca l’anima. In una delle ville di Giusterna, nel ‘47 hanno avviato la prima scuola per marittimi.Sì. I gaveva una barca de legno, me ricordo iera anca due mule che studiava. Insegnava…no me ricordo come che se ciamava…so che i ghe diseva ‘compagno John’. Una macchietta che le torna in mente?Iera un sloven…Tuljak, se ciamava, xe morto qualche anno fa, iera un che lavorava come fameio, per le case de contadini. Quando che ga terminà la guera, siben ch’el iera analfabeta, lu ghe piaseva far come poesie, roba. E el cantava una volta in osteria »Soto il ponte di Strugnano iera un cranzo che cagava« e quel altro ghe diseva »Lassila là«. El se ga fato un mese de lavori volontari obligatori.Cos’erano le rebòte?Noi le strade se le governavimo soli da sempre, iera rebota, iera prima de vendemia. Iera una familia che dirigeva, do fradei Grio. Lori pensava per la jarìna per quel quel altro, e se fazeva le strade, i canai…le tresse ghe disevimo, che no vegni l’acqua, che no sbreghi. Su vecchie carte ho trovato il toponimo Palazzetto. Di cosa si tratta?El Palasseto xe l’osteria de Giusterna. Quel iera el Palazeto. Là dove c’è oggi il Snack bar?Sì. Rispetto ale altre, iera una casa un poco più grande. E gaveva sta sala che iera per balar.Sembra che Giusterna derivi da cisterna. Significa che c’è una fonte

d’acqua?Sicuro che la xe. Andando de Giusterna verso Capodistria xe quela strada sù con quele vilete, xe una strada che va dentro. A destra iera sorgente, iera sempre acqua…so che gavemo cambià i tubi, iera de scavar, insoma…cativo perchè iera sempre l’acqua che boìva fora. E iera anche un pozo de soto. Là doveva anche esser sta perchè iera un molo romano là. Là che xe desso la piscina, verso Capodistria iera le fondamenta, se conosseva. Come qua a Isola che se vedi a San Simon e davanti la fabrica de matoni in Vilesan.Ha mai rivisto gli amici di allora?Se gavemo perso completamente. No i vol ver da far con la gente de qua. Xe quela stesa roba che fasseva qualchidun che vigniva de Trieste qua, i primi, che vegniva vardai con sospetto…e dove che i va e cossa che i fa. Iera una roba bruta.Non è che lei direttamente ha fatto a loro qualcosa di male?Macchè…dove…no gaveimo per cossa gnanca. Dove andavate a fare il bagno da ragazzi?Al Moleto prima de tuto, e dopo – prima del Moleto, verso Isola, sun quel giro – iera familie anche, giovini, de Derin. Noi ierimo in acqua. Andavimo dacordo coi fioi dei paroni, dela gente. Andavate più daccordo con loro che con i paolani ?!Ma no una volta: diese volte! Xe dificile spiegar. No so perchè. La Vila Ida, là stava un ingegner…Dorigo iera el paron…e quando che i xe vegnui a inaugurar el monumento a Nasario Sauro, a Capodistria, lori in quela volta i gaveva quele radio a galena. I ne ga ciamà su, me ricordo, e go sta là e i me dava scoltar insieme coi fioi.Ricorda la Parenzana? Si fermava solo a Semedella o anche a Giusterna?Solo a Semedela. I ne imparava a saludar quando che passa el treno col saluto romano. Una volta passa la Parensana, un mula ga fato sto saluto romano e dal treno no i ghe ga tirà una pala de bronsi?!….sà che i gaveva el forno drento. E sior Ciso, zio de Nazario Norbedo, a bateva le sine…tin-tin, tin-tin…e el tossiva. Vara, come che vedaria ‘desso: i muli meteva sinque schei sui binari che dopo el treno passava de sora e li mastrussava.Li metteva anche lei?Mi no, perchè no li gavevo.

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La città

Per farla curta, go passà duta la vita in zone diverse, ma dute caraterizade da mescolamenti etnici, linguistici e anca religiosi. Anca qua, in Tailandia, bona parte dei miei interessi xe indirizzada al profondo Sud, dove xe in atto una contraposission anca violenta (ma in Europa se ne parla solo quando che i morti, in una volta sola, arriva a 70 – 100), con un stillicidio continuo de atentati, “esecusioni”, e taiade de teste, che fa dele “tre provincie più meridionali” (tradusion in italian de come i le ciama sui giornai locali in lingua inglese) de la Tailandia una zona praticamente “off limits”. Xe gente che no xe e no se senti tailandese, parla una lingua particolare apartenente alla fameia malese (el Yawi) ma, sopraduto, i xe mussulmani convinti, in un paese che ga el Budismo come religione di stato.La situasion se ga agravà in modo terificante in questi ultimi ani, particolarmente perché el governo no riconossi le loro peculiarità, da una parte, e perché, dall’altra, xe i interessi dei locali che tendi ala indipensenza e

i serca de profitar dela situasion. Come no far un confronto con la provincia de Bolzano, rivisatada da mi sto ano, dove le oposizioni etniche xe state sai forti (atentati, tralicci saltai, macchine brusade, boicotagio dei turisti “italiani” sirca 40-50 ani fa), ma dove adesso, salvo qualche frangia de irriducibili de dute do le parti, ste contraposisioni le se ga calmà, grazie a una bona lege (anca se no perfeta), ma sopraduto una lege applicada al 100%. Niente de pezo che far una lege (anca bona) e po’ lassarla in calto. La servi solo per la fassada e no fa che aumentar i scontenti.Un per de esempi de la pignoleria con cui la lege la ven aplicada. Alora qualche ano fa un malvivente ga copà a Meran un carabinier (se ben ricordo durante una rapina). El tipo al xe sta ciapà, i ga fato el processo e al xe sta condanà. Duto ben, solo che el suo avocato ga trovà un cavillo. Fra le carte del processo, al ga trovà un documento agli atti, che no veva la tradussion in tedesco. Secondo la lege sul bilinguismo, ogni documento emesso da un’autorità del logo, la devi esser

bilingue. El cavillo varia anca podù esser valido se uno dei due (vitima o assasin) fussi sta de lingua tedesca. Ma i jera duti do de lingua italiana, per cui la tradussion in tedesco la saria stada anca superflua. Ma no fa gnente: “la lege xe la lege”, la tradusion mancava e el processo xe sta anulà. Altra particolarità de sta lege, xe la “proporzionale etnica”, cioè nei uffici publici e nell’assegnazion de case costruide dai enti locali per quei che ga bisogno val, anca qua, la proporzionale etnica. Cioè le case le ven assegnade secondo questa proporzion. Chi xe in magioranza ghe speta la magioranza de le case. Jera capità che in un comun in fondo a una valle senza uscita (come dir fora del mondo), el comun veva fato costruir un certo numero de case popolari. Un tot ai tedeschi (tanti) e un tot ai italiani (pochi)! No se discuti. Solo che mentre i tedeschi i gaveva duti o quasi za la casa, essendo contadini, altretanto no jera per i italiani, squasi duti ex finanzieri e carabinieri restai sul posto dopo la pension. Questi gaveva bisogno dele case ma i veva poche case a disposission, quei altri no gaveva bisogno e le case che i gaveva a disposission le jera tante che le vansava. Cussì per ani le xe restade svode e disabitade mentre ghe jera gente che veva bisogno e no veva dirito de entrar. Adesso questi inconvenienti i xe stai superai mediante l’invension dela “proporzionale morbida” che in pratica rendi meno rigida l’aplicasion de la lege e la percentuale la xe un poco variabile, perché la ten conto anca dele reali necessità de la gente.A questi miglioramenti (ma anca ad altri) ga contribuì la lotta portada avanti da un grande omo politico sudtirolese a cui anca “la Città” ga dedicà, tempo fa, el suo spazio. Se trata de Alexander Langer. Un omo dale vedute sai aperte. A lui ghe dava fastidio ste divisioni fra tedeschi e italiani (ma no dismenteghemo i ladini; li lassemo

Lettere dal Siam Bangkok, 24 Ottobre 2009

Bolzano, una provincia felice dove vige el… trilinguismoCaro Alberto, mi son qua al caldo, vardo però sempre le temperature che xe atualmente dale vostre parti e vedo che el termometro al resta ancorà dale parti basse, magari misurade secondo el mio metro. Ma xe rivado el momento de la mia solita letterina autunnale e alora me afreto a scriverte. Forsi ti te ricordarà che per diversi ani, son sta fermo in Alto Adige/Süd Tirol/Süd Tirol (attension, no xe una ripetision fata per sbaglio! Anca la terza componente etnica, la ladina, ciama el territorio col nome tedesco), che saria la Provincia Autonoma de Bolzano/Bozen/Bulsan, in piena Mitteleuropa.

Castel Tirolo, sopra Merano, sede dei Conti di Tirolo e Gorizia

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La cittàde parte solo per render più semplice el raconto), tanto più che lui, come tanti sudtirolesi (e istriani) jera de sangue misto e lui no se sentiva de dichiararse né italian né tedesco. La lege però disi che duti i residenti i devi dichiarar el grupo linguistico de apartenenza. Lu no al veva volù farlo, perché no al se sentiva né Italian né tedesco, e al veva perso el posto de insegnante. Solo dopo l’introdusion de la “proporzionale morbida” al xe sta reintegrà. Xe famosa una frase che al veva scrito: “E’ sempre complicato spiegare da dove vengo. ‘Ma allora sei italiano o tedesco?’ Nessuna delle bandiere che svettano davanti a ostelli o campeggi è la mia. Non ne sento la mancanza. In compenso riesco, con il tedesco e l’italiano, a parlare e a capire nell’arco che va dalla Danimarca alla Sicilia.”Al veva fato diversi viagi in Jugoslavia e al se interesava in modo particolare dela situasione de Tuzla, città bosniaca dove se jera mantegnuda una certa cordialità fra le varie etnie. A lui ghe pareva che saria sta possibile crear là quela convivenza, che nol veva rivà a far nel Sud Tirolo. Ma el 25 maggio del 1995 un gravissimo atentato dove xe morti settantaun ragazzi, fra i diciotto e i venti ani, ga mandà in fumo la sua speranza. Tanto che al reclamava un intervento de polizia internazionale. Al ga scrito: “Di fronte agli ultimi eventi in Bosnia, non è più possibile tentennare: bisogna che l’O.N.U. invii un cospicuo contingente supplementare”.Oviamente la situasion che xe in Alto Adige adesso la xe sai migliorada, ma una volta, parlo del periodo fra i 60 e 40 ani fa, la jera sai diffisile. La continua contraposission fra italian e tedesco, la jera squasi ossessiva. Per dar una palida idea de come jera, ve conto un per de episodi che me xe capitai personalmente. Una volta jero con un albergator alto atesin, davanti el suo albergo, che se parlava del più e del meno. Jera ancora el tempo de le lire e dei marchi. Passa una machina targada Bologna (quela volta le targhe italiane le dava ancora el logo de provenienza). La se ferma vissin de noi e un tipo tira fora la testa e ne dimanda se savemo se l’albergo ga ancora stanse libere per agosto (jerimo soto Pasqua, quindi ancora mesi prima de agosto). L’albergator ghe disi che lu al xe el proprietario e che no xe camere libere. La machina parti e mi ghe dimando: “ma come, siamo appena a Pasqua e hai

già tutto prenotato per agosto?” Lui al rispondi: “No, è ancora quasi tutto libero, ma io prendo solo clienti che pagano in marchi”. Come dir, gnente italiani!Mi che usavo mediar fra i due gruppi linguistici, jera i trentini che me ciamava “el todesc” e i tedeschi che i me ciamava “der Italiener”. Comunque un giorno jero in una osteria in un paese de montagna e i aventori i stava vardando una gara de sci. Oviamente sintonisai sul canal austriaco. El telecronista austriaco al stava descrivendo con estrema perizia e professionalità la gara, e i aventori i jera particolrmente tesi, perché stava per scendere l’alto atesino Peter Mayr, un beniamin de lori. Ecolo che el Mayr se prepara e el telecronista austriaco, ben lontan de imaginar cossa che le sue parole varia provocà fra breve, fa un rapido riassunto dela classifica fin a quel momento e po’ al ga la dabbenagine de dir (oviamente in tedesco): “Adesso si prepara a scendere l’italiano Peter Mayr”. Come un omo solo se ga sentì un boato uscir da le boche de duti con un coro de insulti tipo “verfluchter” (maledetto), contro el povaro telecronista austriaco reo de ver ciamà “italiano” un sciatore altoatesino. Quela jera la situasion de qualche decennio fa.El nazionalismo estremo, sia de una parte che dell’altra, porta a situazioni del genere dove le ragioni no conta più. Ma queste xe situazioni paragonabili a quele de dute le regioni con forti “minoranze”, che in Alto Adige xe però una magioranza.

Ma tante altre situazioni le ne fa veder i streti raporti invesse fra la nostra region (Istria, Litorale, Carniola) e l’Alto Adige. Pochi sa che la Drava la nassi apunto in Alto Adige (alla sella di Dobbiaco / Toblacher Feld) e dopo esser entrada in Austria vissin a Lienz (da tignir in mente sta località) la percorri duta la Carinzia, la passa per Maribor, la toca la Croazia e la sbocca nel Danubio ai confini con la Serbia. Un fiume veramente mitteleuropeo. Ancora meno xe quei che ricorda che el celebre complesso de fisarmoniche “Oberkrainer” de Slavko Avsenik, jera un dei complessi più seguidi e amadi dai sudtirolesi, molti dei quali no se rendeva gnanca conto che Avsenik jera, allora, jugoslavo. Forse anca per el nome tedesco del complesso “Oberkrainer”. E invesse el jera de un paese vissin de Bled.A proposito, quanti sa che Bled xe gemellada con la città de Bressanone? E quei pochi che lo sa, forsi no i sa el perché. Ma perché fin al 1803 per squasi 800 ani e, esattamente nel 1014, Bled e la sua Contea, jera stada concessa al vescovo de Bressanone, dall’Imperatore Enrico II. Con alterne vicende, rivolte e vari tentativi de qualche famiglia nobile, fra cui i Auersperg, la contea la xe restada soto i vescovi de Bressanone fin al 1803, quando i ga sciolto el Sacro Romano Impero. La Contea la xe stada, allora, incorporada nello stato asburgico, mentre le proprietà le jera restade al vescovo, ma solo per poco tempo. Dopo qualche

Lago de Resia. Xe un lago artificiale prodoto dala costrusion de una grande diga (finida nel 1950, ma scominsiada prima dela guera), a poche centinaia de metri

dalle sorgenti dell’Adige. El lago infati se ga formà con le acque del fiume Adige, che ga somerso un intero paese de cui se vedi ancora spuntar el vecio campanil.

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ano el vescovo ga vendù duto a un certo Victor Ruard, proprietario dela feriera de Jesenice. El castel ga passà invese per tante mani.Gnanca in Alto Adige dove i studia con atension la storia locale, xe molti che se rendi conto che i famosi Conti del Tirolo xe in effetti i “Conti de Gorizia”, che i veva amplià i possessi fin a comprender anca el Tirolo. In quell’epoca la denominasion ufficiale jera apunto i ”conti di Gorizia e Tirolo”. La famiglia, identificada all’inizio come i Mainardini, jera originariamente una famiglia nobile bavarese che se veva spostà verso sud (forsi bandida dalla Baviera), sistemandose dopo el 1000 a Lienz (sempre quela cità sula Drava che vemo parlà prima) e da Lienz, dopo pochi ani, a Gorizia, dove la ga costruì subito dopo (ancora nel XI secolo) quel castel.Iera comunque una famiglia piena de iniziative, sai reditizie se, come xe vero, i possedimenti dela famiglia se ga ingrandì in un spazio de tempo bastansa limitado. Tanto che nel 1253, Mainardo I veva ciapà per eredità la Contea del Tirolo,

ciamada cussì dalla Località (Tirolo che se trova proprio sora Meran) dove jera el castel sede dei Conti (vedi foto).Insoma i diventava grandi e da “conti di Gorizia”, i diventa “Conti di Gorizia e Tirolo”. Denominazion inspiegabilmente “dimenticata” dai Sudtirolesi, per cui i Conti de lori i jera e i resta “Conti di Tirolo”. Ma xe profondamente sbaglià, voler dimenticar i avvenimenti storici da cui vien la storia che ne interessa.Ma come ogni roba, anca la Dinastia dei Conti de Gorizia ga vudo la sua parabola. Prima i se ingrandissi sai velocemente per quei tempi fin a rivar dal Tirolo all’Adriatico e po’ per divisioni fra i eredi, i possedimenti dei conti de Gorizia i se fraziona e i diventa sempre più pici e numerosi. Za nel 1271 i fradei Mainardo II e Alberto i se dividi. Al primo ghe resta el Tirolo, mentre a Alberto (del ramo propriamente Gorizian), resta la Contea de Gorizia che riva fin a la val Pusteria (in pratica dalle sorgenti della Drava in zo, fin al mar). Ma anca questa no resta a lungo. Dopo ver ricevù in premio, da re Rodolfo I (1303), el possesso dela

Bela Krajina ed esserse quindi de novo ingrandì, la minaccia portada avanti da Venezia, costringi i Conti a trasferirse da Gorizia nella più sicura Lienz (sulla Drava), ma dopo solo pochissimi ani (1307) ricomincia la suddivision fra i eredi e quindi, staccado za in precedenza el Tirolo, la Pusteria con la Carinzia le passa a Alberto II, mentre a Enrico II, resta duti i possedimenti veramente “goriziani”. Ma no basta. Nel 1342 Alberto III ricevi la Contea de Pisin e el possesso della marca Slovena, tanto che a sto punto, dalla Pusteria al mar ghe xe ben quatro diverse Contee Goriziane. Ma solo poco più de venti ani dopo, Alberto III cedi duto ai Asburgo. El Tirolo veva ancora precedù l’Istria nel suo passaggio all’Austria, arivà per matrimonio. L’ultima a esaurirse xe la Contea de Gorizia vera e propria (diventada intanto Contea Principesca di Gorizia e Gradisca) che ven incorporada all‘Austria asburgica nel 1500.Se parla poco qua de questi colegamenti che pur ga lassà de noi i suoi segni. Xe ancora parecchia gente con nomi tedeschi o de origine tedesca, oramai slavizzai o italianizzai, ma comunque identificabili, che ne ga lassà in eredità questa situazione composita. Penso che un aprofondimento no saria una roba malvagia.

Lucio Nalesini

Val Venosta. Enormi piantagioni de pomi. Le mele qua prodote le xe fra le migliori, e ven spontaneo pensar che se trati de una antica coltivazion. Invece no. La coltivazion dei pomi in Val Venosta (altezza media 700 metri sul mar) la

xe abastanza recente. Ma el svilupo xe sta impetuoso, tanto che adesso un quarto dela popolasion ativa, la xe impiegada in questa coltura. In centro xe el campanil de Silandro, uno dei più alti del Alto Adige (94 metri). Con la punta chiaramente

pendente. Disi una legenda che al campanil ghe piaseva vardar le bele ragasse del paese e al se piegava per vardarle mejo. Una volta al xe restà cussi colpì da una de queste che al xe restà storto e nol s’à podù più tirar su. La ragazza la jera vergine e i disi che fin che no passa un’altra vergine nol pol tirarse più su. Al xe restà cussì de

quela lontana volta dela legenda.

Insegne rigorosamente bilingui.

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La “punta di diamante” proposta da Radio Capodistria nell’insieme delle manifestazioni per festeggiare il Sessantesimo anniversario dell’emittente, ovvero il concerto di Eugenio Finardi e Jani Kovačič al teatro di Capodistria, ha mantenuto le attese. La serie di appuntamenti, iniziata a maggio di quest’anno, si è dunque conclusa con una serata di musica di classe, cui hanno potuto prendere parte dal vivo in trecento,

e molti di più probabilmente sulle frequenze delle due stazioni, italiana e slovena.Dopo un’introduzione ricca di dati, fornita da Andrea F, il primo a salire sul palco è stato il cantautore sloveno Jani Kovačič, accompagnato da un quartetto d’archi. Simpatico nella sua particolarità, ha saputo coinvolgere il pubblico a più riprese, chiedendogli di cantare o a seconda, divertendolo con ragionamenti buffi, al limite del comico. Poco meno di una decina di pezzi, per un’ora scarsa di esibizione, in cui non è mancato il brano omaggio a Vladimir Vysotsky. L’hommage allo chansonnier russo era infatti il fil rouge del concerto, che nella sua seconda parte ha visto esibirsi Eugenio Finardi assieme alla sua band, composta da musicisti di indubbia qualità. Il cantautore italiano è stato presentato da Armando Šturman, del programma sloveno, affiancato eccezionalmente da Mario Luzzatto Fegiz, critico musicale,

inviato del “Corriere della Sera” e personaggio televisivo molto noto, nato a Trieste, il quale è intervenuto simpaticamente anche con alcuni ricordi legati a Radio Capodistria. Nella pausa tra le due esibizioni vi è stato un momento particolarmente suggestivo, durante il quale è stata letta “La caccia ai lupi”, lirica dell’autore russo, presentata al pubblico nell’idioma originale da Irina Jurman, russa di nascita, ma che da anni collabora con TV Capodistria. Naturalmente anche Finardi ha compiuto il suo omaggio a Vysotsky, proseguendo poi con il proprio repertorio concludendo con “Musica ribelle”, per anni forse il suo marchio di fabbrica più riconoscibile, che ha generato applausi scroscianti. La serata si è conclusa con il brindisi nel foyer del nuovo teatro cittadino.

Jana Belcijan (La Voce del Popolo)

Eugenio Finardi e Jani Kovačič in teatroConcerto per i 60 anni di Radio Capodistria

Jani Kovačič ed Eugenio Finardi insieme sul palco a Capodistria

La platea del Teatro comunale appena ristrutturato

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Wil coyoteIl concerto di Eugenio Finardi e Jani Kovačič, svoltosi nel teatro di Capodistria in occasione del sessantesimo anniversario di Radio Capodistria, è stato un evento per il quale merita spendere qualche parola in più. Se non altro per congelare i fatti in quell’attimo in cui vanno a sbattere nella percezione soggettiva della realtà, in quell’incrocio dove la cronaca diventa esperienza. Sul bel palcosecnico del nuovo teatro capodistriano due cantanti, con carriere artistiche differenti e lingue »inconciliabili«, hanno dato vita ad un evento musicale attuale per il messaggio che ne è scaturito: la ribellione non conosce barriere linguistiche e geografiche, è unita nella poesia e la sua portata è universale. Ma il messaggio che più di tutti è riuscito ad intrigarmi è che le cose e gli individui possono stare insieme senza conflittualità, anche se la natura li ha fatti unici, divisi e conflittuali. La rauca e monotona incazzatura di Jani Kovačič, il Tom Waits sloveno, si è incontrata con la dolce e potente melodiosità di Eugenio Finardi sulle canzoni del ribelle Vladimir Vysotsky. L’evento si è amalgamato in una conduzione bilingue perfetta sulle onde separate di Radio Koper e Radio Capodistria, che davano l’evento in diretta, e per un attimo questo

piccolo mondo di frontiera si è conciliato con se stesso. È bastato poco. È bastata la melodia della canzone scritta da un emigrante, Dolce Italia; il lamento dell’innamorato siderale, Extraterrestre; il potente blues classico, Hoochie Coochie man; la massacrante Caccia ai lupi, di Vysotsky; è bastata La radio, che “arriva dalla gente, entra nelle case direttamente, una radio che, se è libera libera, ma libera veramente piace di più perché libera la mente”. Stupenda la presenza scenica dell’italo-americano Eugenio Finardi, notevole la sua capacità di cogliere le peculiarità di un pubblico eterogeneo, multiculturale, multilingue, di frontiera. Un pubblico amalgamato da un’iniziativa nata da sinergie che hanno coinvolto minoranza e maggioranza, soggetti e istituzioni di questo nostro piccolo e rognoso mondo di frontiera. Un mondo che piacerebbe a Wil coyote, la canzone scritta da Finardi nell’89, sulla figura drammaticamente umana del celebre cartoon: “Siamo come Wil coyote, facciamo progetti strampalati e non ci arrendiamo mai”.

Aljoša Curavić

Il cantautore Eugenio Finardi con il caporedattore responsabile del programma italiano di Radio Capodistria,

Aljoša Curavić, al termine del concerto

Il critico musicale Mario Luzzatto Fegiz con il giornalista del programma sloveno Armando Šturman che, assieme ad

Andrea F, ha condotto lo spettacolo

Il Dramma Italiano di Fiume ha portato a palazzo Gravisi lo spettacolo »Ciao Lucio«. Si tratta di un lavoro con musiche eseguite dal vivo che ripercorrono la vita e l'opera del grande cantautore italiano Lucio Battisti, uno dei massimi autori ed interpreti nella storia della musica leggera italiana le cui canzoni continuano a entusiasmare le vecchie e le nuove generazioni. In scena nelle vesti di attori e cantanti Elvia Nacinovich, Alida Delcaro, Bruno Nacinovich, Lucio Slama e Toni Plešić con in più la giovane Alba Nacinovich (figlia di Elvia e Bruno) e la direttrice della compagnia di prosa in lingua italiana Laura Marchig. 14 i brani scelti dal regista Nacinovich, tra cui ‘Mi ritorni in mente’, ‘Pensieri e parole’, ‘La canzone del sole’ ‘Io e te da soli’, ‘Un’avventura’, ‘Il mio canto libero’.

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WWW.KAMRA.SIIl portale di storia patria digitale della Biblioteca centrale

Srečko Vilhar di Capodistria

di Ivan Marković *

Cos’è Kamra?Kamra è un portale informativo regionale che raccoglie informazioni di storia patria così come sono tradizionalmente custodite dalle biblioteche pubbliche e dagli altri enti culturali e istruttivi. L’acronimo KAMRA sta per K-knjižnice/biblioteche, A-arhivi/archiviM-muzeji/museiRA-regijski/regionalie permette di accedere a informazioni, documenti, foto e altro materiale, che le biblioteche pubbliche slovene, i musei e gli altri enti culturali pubblicano sul web.

Il portale KAMRA avvicina al pubblico la ricca eredità culturale e le attività delle biblioteche, degli archivi e dei musei della Slovenia. A tutti quelli che, per vari motivi, non possono visitare gli enti culturali, facilita l’accesso alla cultura. Con l’instaurazione di vari partnerariati nella regione (enti culturali, enti pubblici, economia, organizzazioni parastatali enti turistici ecc.) si rafforzano i legami e la collaborazione a livello regionale.

Il portale offre l’accesso unitario ai contenuti digitali, full-text, informazioni, programmi e a progetti vari, facilitando e indirizzando la ricerca. Grazie alla personalizzazione dei contenuti e dei servizi, si sottolinea l’importanza della cultura regionale e gli utenti hanno la possibilità di prendere parte attivamente alla vita culturale e sociale del proprio territorio. Grazie alla collaborazione coordinata dei singoli partner regionali, le informazioni sono disponibili da un solo punto e sono create dalle istituzioni più competenti nel loro settore.Il consorzioIl portale è sostenuto, finanziariamente e organiz-zativamente,da un consorzio di cui fanno parte le dieci biblioteche regionali slovene (tra le quale anche la Biblioteca centrale »Srečko Vilhar« di Capodistria che copre il comprensorio Carsico-costiero), la Biblioteca nazionale e universitaria di Lubiana e l’Associazione delle biblioteche pubbliche slovene.Con la realizzazione del portale KAMRA, i partner del consorzio, rispondono agli incentivi dell’Unione Europea e della Slovenia come pure alle richieste degli utenti. Nonostante l’esistenza di un portale apparentemente simile ovvero la Biblioteca digitale slovena www.dLib.si, che include nelle proprie raccolte digitali il materiale di importanza nazionale, molta eredità culturale locale rischia di restare meno fruibile. Il concetto basilare del portale KAMRA si basa sulla volontà di dare a queste organizzazioni locali l’infrastruttura necessaria che permetterà loro di presentare su internet le loro raccolte digitali. Le biblioteche regionali slovene, grazie all’acquisto mirato, la loro attività di consulenza e coordinamento delle attività locali, hanno conseguito una posizione particolarmente importante poiché in esse raccolgono il sapere, le informazioni e il materiale. Le biblioteche regionali coordinano inoltre il

lavoro delle biblioteche nella propria regione, introducono nuovi servizi per gli utenti e collaborano con le organizzazioni culturali nel territorio. La collaborazione congiunta nella realizzazione del portale KAMRA vi avvale di questo specifico ruolo dellebiblioteche regionali e ne fa dei centri tecnologicamente all’avanguardia in grado di coordinare l’attività culturale nel proprio territorio di competenza.

I contenutiI contenuti multimediali del portale KAMRA coprono il campo della storia patria e generalmente si dividono in due sottogruppi: Cosa accade in comunità, dove si accede alle base dati di organizzazioni, ai programmi e alle manifestazioni, e il secondo sottogruppo intitolato La memoria della comunità comprendente base dati di diversi partner, base dati in fase di creazione come risultato di vari progetti e infine i contributidegli utenti.I contenuti del portale sono strutturati e muniti di metadata in formato Dublin Core http://dublincore.org. Lo schema prescelto di metadata in Dublin Core garantisce, nello sviluppo futuro del portale, il massimo livello di compatibilità e interoperabilità a prescindere dalla piattaforma informaticaIl portale è concepito in modo “regionale” ovvero è possibile, filtrare la ricerca in base alla regione storico-geografica che ciinteressa. All’interno delle regioni si accede poi ai contenuti veri e propri che sono: Notizie, Avvenimenti, Progetti, Organizzazioni, Contenuti digitali. All’interno del gruppo tematico l’utente ha la possibilità di filtrare ulteriormentei contentuti in base alle categorie di contentuti o al tipo di contenuto digitale. Nel caso del gruppo tematico Notizie ad esempio, il filtro permette all’utente la ricerca selettiva dellenotizie in base ai tipi di avvenimenti che lo interessano. I gruppi tematici sul portale KAMRA sono trattati anche dal punto di vista dell’attualità. Così, sempre nel caso del gruppo tematico Notizie, il filtro permette all’utente di vedere la lista delle ultimecinque notizie pubblicate.

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La cittàLa personalizzazione del portaleCom’è ormai in voga nel web, l’utente ha la possibilità di personalizzare i contenuti del portale. Oltre all’aspetto esteriore e i filtri di ricerca, l’utente avanzato e interessato potrà egli stesso creare nuovi contenuti e pubblicarli sul portale, usando le informazioni e il materiale del portale stesso. Un po’ come in biblioteca e negli archivi, dove usando le fonti a disposizione i ricercatori e gli appassionati sono in grado poi di creare qualcosa di nuovo.Kamra in lingua italianaCome partner importante del consorzio che gestisce il portale per il proprio territorio Carsico-costiero, la Biblioteca centrale Srečko Vilhar Capodistria ha l’interesse strategico di riempire il portale di quanti più contenuti riguardante la nostra storia patria locale. Vista la specificità del territorio e il materiale storico che la biblioteca, specialmente il suo reparto di Storia patria gestisce, si è presentata fin dall’inizio la necessità di rendere operante anche la versione “italiana” del portale. A questo proposito è già partito in questi giorni, un progetto per rendere operante KAMRA anche nella nostra lingua. Le cose da fare sono principalmente due: in primo luogo tradurre in italiano l’interfaccia grafico e renderlo comprensibile anche agli utentiitaliani e, in secondo luogo, in fase di immissione e gestione dei dati, che è poi la parte prettamente bibliotecaria, adottare parole chiave e descrittori in lingua italiana in modo da agevolare ovvero permettere la fruizione del portale anche in questa

lingua. La ricerca per parole chiave e descrittori italiani è infatti elemento imprescindibile per l’effettivo funzionamento della specifica versione linguistica. A questo proposito il compitopiù importante sarà quello di educare quadri competenti (leggi bibliotecari...) per utilizzare i metadata, di volta in volta, nella lingua o lingue idonee e creare un cosiddetto cifrario unificato.Per fare un esempio pratico, ogni elemento multimediale, ad esempio una cartolina d’epoca in formato digitale, và prima di tutto descritto attraverso una serie di parole chiave cifrate che ne determinano uniformemente e inequivocabilmente la provenienza, la tipologia ecc. Un cifrario unificato è necessario quindi per ottenere uniformità di descrizione e facilità nella ricerca, l’utente non “pesca” a casaccio ma consulta un elenco di parole chiave che descrivono i vari elementi multimediali o intere raccolte.AttualitàIl portale KAMRA è già attivo sul web ed è possibile consultarlo all’indirizzo www. kamra.si.Per il momento i contenuti sul portale non sono tanti ma sono destinati a crescere molto rapidamente visto che il portale è finanziato da fondi ministeriali specifici per la digitalizzazione.La versione in lingua italiana sarà attiva già tra qualche mese e come prima cosa sarà disponibile la ricca raccolta di cartoline d’epoca della Biblioteca centrale »Srečko Vilhar« di Capodistria.*direttore della Biblioteca centrale Srečko Vilhar Capodistria

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In questo contesto, non facile da gestire, si sviluppa la vena artistica di Ivan Rocco, oggi stilista riconosciuto a livello nazionale, una delle leve più promettenti della nuova generazione che, una volta conclusa l’università tessile, sogna di andare a Parigi. Passo curioso per un ragazzo che appartiene alla minoranza italiana, e che forse starebbe più facilmente a Milano, capitale assoluta del pret a porter. Ma Ivan non è mai stato uno alla ricerca della strada più facile. Anzi, in maniera determinata

e chiara, con una grande apertura mentale, ha sempre guardato alla moda come ad un modo di esprimersi. Ed ecco che Parigi diventa la città più giusta per uno stilista che, innanzitutto, vuole l’eleganza. L’eleganza dell’alta moda, di quella irraggiungibile e piena di sogni, che fa indiscutibilmente girare la testa e fa pensare ai grandi nomi di tutti i tempi: Dior, Chanel, Valentino. Lui nel frattempo sperimenta: trasforma il broccato del divano in una giacca speciale, il velluto di un pezzo riciclato dall’armadio della nonna in un blazer d’altri tempi, poi crea pantaloni seconda pelle che sembrano fuseaux e abiti di jersey color blu elettrico che, nel suo guardaroba prettamente nero, sono come un flash psichedelico e di buon auspicio. Ama i colori scuri, ma promette anche collezioni più vivaci, chiare, in un futuro vicino, magari già la prossima estate, purchè nasca un’occasione, una sfilata alla quale presentarsi, una fiera, un evento. I concorsi nazionali lo premiano, la stampa ne parla, i critici di moda ne sono entusiasti. Ho conosciuto Ivan quando frequentava il ginnasio: la sua timidezza conquistava tutti, la sua serietà e profesionalità ti lasciava di stucco, la sua fedeltà era apprezzata dagli amici di sempre. Oggi lo ritrovo uomo, designer con le idee ben chiare, che gestisce tessuti, modelle e zip come fosse nato tra loro. E per i lavori più complessi e astratti può sempre contare sulla madre, che ama cucire e che, molto probabilmente, gli ha trasmesso questo amore sublime per tutto ciò che è bello. Una volta gli ho chiesto: «Cosa ti aspetti dal futuro?«, pensando di fargli una domanda complessa e aspettandomi fiumi di parole su stage all’estero, concorsi e passerelle vissute da protagonista. »Essere felice«, mi ha risposto, »perchè se sarò felice io lo saranno anche le persone che mi stanno accanto«. La sua è quindi una ricerca della semplicità, perchè le cose semplici sono sempre le più belle. E forse anche una ricerca delle cose perdute, di quelle di un tempo, che con i ritmi di vita moderni abbiamo un po’ perso per strada.

In passerella le collezioni di Ivan Rocco

di Lorella Flego

Occuparsi di moda in Slovenia non è semplice. Il territorio piccolo e spesso troppo chiuso rende difficile esprimere la propria creatività, difficile trovare il coraggio di essere diversi, di rispettare le esigenze e le regole, a volte bizzarre, del luogo in cui si vive, ma al contempo essere aperti a ciò che offrono le passerelle internazionali. Come se non bastasse l’industria tessile slovena sta subendo notevoli cambiamenti e continua a lasciare troppo poco spazio ai giovani e alle loro idee.

Ivan Rocco

I modelli presentati da Rocco alla Settimana della moda 2008 a Lubiana. Foto Matevž Paternoster

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I loro desideri si concretizzano in un coordinamento comune delle loro strategie: cooperazione nei campi dello scambio d’informazioni, stampa e pubblicità; organizzazione di campagne per la

vendita delle loro riviste ed il sostegno da parte delle istituzioni comunitarie alle lingue minoritarie e ai loro mezzi di stampa. 30 quotidiani dalla Spagna alla Estonia, dalla Finlandia alla Romania vi hanno aderito e l’organizzazione cresce ancora. I quotidiani in lingua minoritaria e regionale giocano un ruolo fondamentale nella vita quotidiana delle minoranze. Essi non procurano solo un servizio quotidiano, che viene offerto alla maggioranza della popolazione dai giornali nazionali, ma tutelano e promuovono contemporaneamente queste culture marginali, aiutando le minoranze presenti a mantenere e a consolidare la propria lingua sia parlata che scritta, portando spesso alla luce cin che la maggior parte della popolazione ignora.

Oltre 45 milioni di persone nell’Unione Europea parlano un’altra lingua rispetto a quella ufficiale dei loro paesi. La dimensione europea offre la possibilità di una cooperazione trasversale tra i quotidiani di lingua minoritaria in tutto il continente. Midas organizza un programma di scambio per giornalisti, dove poter apprendere informazioni e conoscenze sulla tutela delle minoranze e diversità culturali in Europa. Per un riconoscimento dei giornalisti che hanno adottato degli standards giornalistici adeguati e si sono occupati di diversità culturali e tutela delle minoranze, sono stati istituiti i premi giornalistici Otto von Habsburg e Midas.

* Per maggiori informazioni vai sul sito www.midas-press.org

Midas, rete dei giornali delle minoranzeVISITE AGLI ENTI DELL’ETNIA A FIUME E CAPODISTRIA

Una ventina di giornalisti del Midas, l’associazione dei quotidiani in lingua minoritaria e regionale, ha visitato in estate la casa editrice Edit di Fiume, nonché Radio e Tv Capodistria. Midas è stata fondata nel 2001 su proposta dei capi redattore dei quotidiani di piu di 10 comunità linguistiche.

Dopo la pulitura dell'affresco di S. Nazario nella lunetta del portale i tecnici hanno rimontato le impalcature per occuparsi della pietra bianca con cui è costruita la facciata del Duomo. A spese della parrocchia è stato inoltre rifatto il tetto e la

smaltatura dell'oratorio di S. Tommaso dopo che infiltrazioni d'acqua avevano messo a rischio il Quattrocentesco affresco del Clerigino. Così come quello in piazza, anche questa preziosa opera verrà curata dalla restauratrice Mira Ličen.

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La Società umanistica di storia, arte e cultura - HistriaIntervista con il segretario Dean Krmac

Il primo agosto si è svolta a Capodistria una iniziativa bella e interessante per quanti si interessano di storia patria: nel 390.esimo anniversario della compilazione della più antica pianta cittadina giunta a noi – quella di Giacomo Fino – la “Società umanistica di storia arte e cultura Histria” ha promosso innanzitutto la riproduzione di questa pianta che in originale si trova all’Archivio di Stato di Venezia, ha redatto un opuscolo di presentazione del documento e, l’1. agosto è stata organizzata una visita guidata attraverso le calli capodistriane seguendo i percorsi tracciati da Giacomo Fino. Ne parliamo con Dean Krmac, segretario della Società umanistica Histria.

Parliamo un po’ di questa Società. Come e quando nasce?La Società umanistica Histria è una società molto giovane perché siamo nati nel 2006 e siamo sorti con uno scopo ben preciso. Oltre a quello che è il discorso della preservazione degli studi umanistici di storia patria, il nostro obiettivo principale era la stesura di un dizionario biografico istriano. Abbiamo lavorato parecchi anni al progetto dell’Enciclopedia istriana – diversi soci e collaboratori della società figurano tra gli autori e redattori dell’opera. Un’enciclopedia

edita in croato dal Leksikografski zavod “Miroslav Krleža” di Zagabria. Da anni si pensa di tradurre l’opera in italiano e sloveno, ma esiste »Istrapedia«, una sorta di enciclopedia virtuale che comprende anche lemmi scritti in italiano. Dopo questa esperienza abbiamo visto che c’era bisogno di andare avanti e di aprirci a nuove proposte.Chi costituisce il fulcro della Società Histria?Ne è presidente il prof. Matej Župančič, archeologo del Museo regionale di Capodistria; vicepresidente è Deborah

Rogoznica, archivista presso l’Archivio regionale e poi ci sono io come segretario. Abbiamo vari enti e società che già si occupano di storia locale qui da noi: penso principalmente al Centro di ricerche scientifiche di Via Garibaldi, la Società storica di Pirano…in che cosa differisce la vostra attività…mi sembra di capire un ruolo di maggiore contatto con quanti si interessano alla storia patria, ma non sono degli »esperti«…dunque forse una divulgazione delle nozioni sul nostro patrimonio storico per la gente comune, pur rispettando i canoni della precisione. Noi ovviamente non ci possiamo paragonare né al Centro di ricerche scientifiche, ne al CRS di Rovigno, abbiamo visto però che ci sono delle nicchie in cui possiamo inserirci in quanto ci sono ancora dei vuoti che magari queste istituzioni…non so se non possono o non riescono a colmare, perché magari si occupano di progetti di più ampio respiro; e allora ci sono queste possibilità più piccole, ma per questo più vicine alla gente, nelle quali noi possiamo inserirci. Ed in questo vediamo la nostra occasione. Per chi volesse saperne di più la Società umanistica Histria ha aperto anche un sito internet: l’indirizzo è www.histriaweb.eu. Trovate la presentazione della società, i progetti, ma anche recensioni di pubblicazioni. Che poi riguardano tutta l’Istria e prendono in esame opere redatte in varie lingue, soprattutto l’italiano, lo sloveno e il croato che sono le tre lingue autoctone principali di questa nostra meravigliosa penisola. Noi abbiamo voluto dare subito quest’impronta panregionale in qualche modo. Infatti il nome ufficiale della Società è nelle tre lingue principali della regione. Una cosa piuttosto rara al giorno d’oggi…

Purtroppo, una cosa piuttosto rara, perché vengono privilegiate talvolta l’una o l’altra lingua, ma se andiamo indietro non di molto tempo…anche qui, dai microfoni di Radio Capodistria si parlava nelle tre lingue solo una quarantina d’anni fa. Gli eventi da noi organizzati si svolgono solitamente in tutte e tre queste lingue senza che per questo motivo qualcuno si senta escluso.Come mai, Società »umanistica«?Questo termine racchiude molte cose. Innanzitutto perché ci occupiamo essenzialmente di discipline umanistiche (storia, arte, geografia, letteratura …) ma anche perché desideriamo essere vicini alla gente. Favorire il lato umano. Un termine che mi riporta alla mente le antiche Accademie capodistriane…In origine avevamo paventato l’idea, devo dire piuttosto scellerata, di dare il nome di Accademia alla società, però ci era sembrato troppo altisonante anche perché non avrebbe rispecchiato quelle che erano le nostre intenzioni. Già »umanistica« è bello squillante…È possibile aderire alla vostra società?Certamente. Sul sito web c’è l’apposito modulo che va compilato ed inviato assieme al proprio curriculum al nostro consiglio. Colgo l’occasione per invitare quanti fossero interessati ad affiliarsi alla società a farlo tramite il nostro sito internet, dove si può trovare anche la descrizione delle attività e gli altri progetti a cui stiamo lavorando. Ben vengano nuovi collaboratori e quanti desiderano includersi attivamente nel nostro operato.Dean, dicevamo dei progetti. In un tempo relativamente breve siete riusciti a promuovere pubblicazioni, presentazioni e convegni. Raccontaci un po’ dei primi risultati archiviati.Il nostro primo evento di un certo richiamo è stato il convegno di Pola (31 ottobre 2007) dedicato al 150.mo anniversario del primo censimento moderno in Istria, organizzato in collaborazione con il

Dean Krmac

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La cittàDipartimento di scienze umanistiche dell’Università di Pola. Un convegno scientifico internazionale al quale hanno preso parte eminenti studiosi di demografia storica da Italia, Slovenia, Croazia e Austria. L’anno scorso abbiamo pubblicato gli atti di un convegno sul famoso monolite di Carcauze, un progetto curato da Matej Župančič. Mentre ancora in precedenza abbiamo preparato un incontro sul Protestantesimo in Istria… Per fare tutto questo ci vuole passione, buona volontà, ma servono anche dei finanziamenti e coi tempi che corrono non è facile reperirli: da chi siete stati sostenuti finora, e forse ora si schiude la possibilità di finanziamenti europei per progetti transfrontalieri tra Slovenia e Croazia…Il lato finanziario è certamente quello più difficile. Noi ci muoviamo soprattutto su base volontaria. Tutte le cose che produciamo, le facciamo perché abbiamo passione per questa materia, ma poi vediamo ripagato il nostro lavoro tramite la pubblicazione di questi volumi e la realizzazione dei convegni. Finora, bisogna dire, non siamo stati molto ascoltati nelle nostre richieste. Anche per il dizionario biografico istriano la difficoltà sta nei finanziamenti: non è che servano grossi mezzi, ci serve un incentivo per dare il via all’iniziativa. Per quanto riguarda le istituzioni devo dire che ci hanno sostenuto la Regione istriana, il Comune città di Capodistria, l’Istituto scientifico austriaco di Lubiana, il Ministero della cultura sloveno nonché le istituzioni della comunità nazionale

italiana. Decisivo, anche per tempestività, è stato però soprattutto l’apporto di privati cittadini. Se andrete sul sito bilingue histriaweb.eu troverete anche la fotocronaca della presentazione e della visita guidata per Capodistria in occasione della riproduzione della Pianta più antica della nostra città. Krmac, perché questa iniziativa che ci riporta a valorizzare un documento del 1619?Prima di tutto perché tende a preservare ed a valorizzare il patrimonio storico e artistico, così come previsto anche da una delle nostre principali disposizioni statutarie. Poi, questa è un’iniziativa che, come dicevo prima, ci avvicina al lato umano, fuori dai convegni specialistici. Abbiamo avvicinato la storia della città di Capodistria alla gente comune pubblicando la Pianta di Giacomo Fino e proponendo la riproduzione dell’originale all’Archivio di Stato di Venezia in modo che possa essere accessibile a tutta la citadinanza interessata.Perché è così importante questa Pianta cittadina?È fondamentale perché è la mappa più antica, di quelle pervenute a noi, del centro urbano di Capodistria. Attraverso questa pianta si riesce a risalire a quelli che sono stati i primordi dell’insediamento sull’isola. Si vede benissimo come dal punto di vista urbanistico la città si sia sviluppata dalla parte alta, dove si trovava già la parte romana, e poi si sia andata via via allargando verso sud e verso oriente. Pregevole anche l’opuscolo con la presentazione firmata dall’ex direttore

del Museo Salvator Žitko.Il prof. Žitko penso sia uno dei maggiori esperti, sia di questa carta che della storia patria per quanto riguarda Capodistria. Lui ha collaborato in diverse occasioni con noi, lo abbiamo pregato di voler aderire a questa iniziativa e lo ha fatto ben volentieri. E penso che i risultati hanno dimostrato che ne sia valsa la pena. Il primo agosto scorso si è svolta la visita guidata lungo le mura disegnate nel 1619 da Giacomo Fino. Nonostante il sole cocente si è presentata una folla di curiosi incredibile, che pazientemente ha seguito la guida – il dott. Žitko e il prof. Likar – attraverso i vari rioni. Vi aspettavate un seguito del genere?Assolutamente no. L’afflusso di tanta gente ci ha colti impreparati. Ci aspettavamo una ventina di persone, ne sono venute quasi dieci volte tante. Di tutte le età, giovani e anziani, addirittura qualche famiglia coi bimbi nel carrozzino. E a qualche mese di distanza noto con piacere che la gente mi si rivolge per chiedere quando riproporremo la medesima iniziativa, magari puntando su qualche altro segmento come l’architettura sacra per esempio.E abbiamo camminato per quattro ore – dalle 10 alle 14 – sotto il sole del primo agosto.Con una breve ma preziosa sosta di rinfresco alla Comunità degli Italiani, dove ci ha accolti il compianto presidente Lino Cernaz. Il prof. Žitko ha detto una cosa divertente. Ha detto “Chissà cosa avrebbe pensato Giacomo Fino se avesse saputo che quattro secoli dopo di lui, la sua pianta di Capodistria avrebbe suscitato ancora un tale interesse”. Questo vuol dire che tanta gente si interessa al nostro passato, ma forse mancano occasioni che possano coinvolgere anche i non addetti ai lavori.Penso che quanto abbiamo visto il primo agosto scorso ne sia una palese dimostrazione. Alla gente manca questo tipo di occasioni. La gente vuole capire, vuole conoscere dettagli di storia locale che magari nei decenni passati non ha avuto modo di apprendere. Durante la visita guidata ci sono state rivelate tante cose, anch’io ho appreso nozioni che prima non conoscevo. Una carta, quella del Fino, che si può stare a leggere per ore, tanto è ricca di particolari…Infatti Matej Župančič che ha curato la trascrizione di tutti i toponimi, ha cercato

Il prof. Salvator Žitko indica sulla mappa del '600 la zona della Muda, uno dei punti osservati durante la visita guidata

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La cittàdi tradurre i testi anche in sloveno per renderli più vicini alla gente, per aiutare a comprendere quali edifici, quali strade si sono conservate e quali no. Tra agosto e settembre abbiamo esposto la mappa in Calegaria in ambito al progetto del Comune di Capodistria “Ravviviamo le vetrine” e abbiamo notato che i passanti incuriositi si fermavano a decifrare i toponimi cercando di orientarsi sulla posizione.L’architetto Darko Likar, studia da anni le mura di cinta di Capodistria: mura che erano lunghe ben due chilometri e mezzo. E dice che sarebbe interessante riportarle alla luce laddove sono appoggiate alle case o dove ne rimangono solo le fondamenta. Dean, sono tante le cose su cui in futuro si potrebbe lavorare. Noi abbiamo parlato ora principalmente di Capodistria: ma l’Istria tutta si presta operazioni di salvataggio del patrimonio storico…Esattamente. Penso che l’Istria sia una vera miniera di patrimonio storico umanistico e naturale…che va preservato e analizzato perché possono venire fuori ancora tantissime cose. Se si pensa solamente alla Basilica Eufrasiana di Parenzo, che ho avuto recentemente modo di conoscere a fondo grazie al prof. Ivan Matejčić…un patrimonio che è per certi versi paragonabile a quello di Ravenna. Per non dire di altre cose più dislocate all’interno dell’Istria che si possono studiare, che si possono vedere. Veramente l’Istria è una miniera e quindi…non credo che le società storiche esistenti siano troppe. Ognuna si occupa di un segmento, ognuna compone alcune tessere di un mosaico che pian piano si completa.Concluso il progetto sulla Pianta di Giacomo Fino vi siete rivolti subito alle vostre prossime iniziative di carattere più “scientifico” per così dire. Quali sono state?In occasione della Settimana europea della mobilità abbiamo preparato a settembre la conferenza di Zdenka Bonin relativa a “Lo sviluppo della sanità a Capodistria dal XIII al XX secolo”. Sempre in materia di storia della medicina è seguito ad ottobre a Isola un convegno sulle epidemie in Istria tra ‘800 e ‘900. La giornata di studio è scaturita grazie ad una recente rinascita delle ricerche dedicate alle malattie nell’area istriana ed è stata resa attuale anche dal recente manifestarsi, su scala europea e mondiale, dell’influenza “A”. La tavola rotonda ha riunito storici,

demografi storici e storici della medicina proponendo, oltre ai contributi legati allo studio delle malattie in relazione al loro influsso sulla popolazione, anche relazioni legate alla storia delle istituzioni sanitarie, allo studio delle patologie, alla descrizione dell’operato dei medici o al culto come fattore di prevenzione. L’evento ha goduto dell’alto patrocinio scientifico della Società Italiana di Storia della Medicina, dall’Inštitut za zgodovino medicine di Lubiana e dallo Hrvatsko znanstveno društvo za povijest zdravstvene kulture. Vi hanno preso parte alcuni dei massimi esperti della materia come i docenti di storia della medicina Zvonka Zupanič Slavec (Lubiana), Euro Ponte (Trieste), Ante Škrobonja e Amir Muzur (Fiume), o i polesi Edi Terlević, epidemiologo, e Robert Matijašić che ha tracciato un dettagliato profilo del pioniere della materia, il piranese Bernardo Schiavuzzi. A questi si è unita un’ampia schiera di giovani studiosi grazie ai quali, si spera, che le ricerche dedicate a questo fondamentale aspetto della storia istriana possano avere un seguito. Un dovuto grazie va anche alla CAN di Isola che ci ha ospitato negli splendidi spazi di Palazzo Manzioli. L’ultimo impegno in ordine di tempo è stato la Fiera internazionale del libro Histria in Libris, organizzata in collaborazione con il Centro Italiano Carlo Combi e con la Libreria Libris, un progetto a cui stavamo anche già pensando da tempo ma che abbiamo

potuto realizzare soltanto grazie al decisivo apporto degli altri due partner.Prossimo impegno?Oltre alla pubblicazione degli atti dei convegni già svolti, il principale obiettivo per l’anno prossimo è il centenario della Prima Esposizione Provinciale Istriana, tenutasi appunto a Capodistria nel 1910. Desideriamo proporre una mostra con un catalogo di foto inedite, ricostruire al computer una passeggiata virtuale attraverso i padiglioni dell’Esposizione e poi riarrangiare la musica originale che la banda cittadina di Capodistria eseguì in quella ricorrenza. Abbiamo passato lo spartito al professor Dario Pobega, che ha accolto entusiasticamente la nostra proposta di risuonare questa marcia sinfonica trionfale “Concordia e Progresso” del suo predecessore Giuseppe Mariotti a distanza di cent’anni. Speriamo di poter portare questa mostra anche in altre località istriane. Abbiamo avuto già contatti con Pola, Pisino, Muggia e Parenzo. Sullo stesso argomento la Società di studi storici di Pirano sta preparando ache un convegno scientifico. Ma la nostra speranza è che anche altre istituzioni ed altri eventuali interessati si uniscano alla nostra iniziativa in modo da celebrare nel modo più opportuno e decoroso quello che per il suo tempo può essere descritto come un evento di portata europea e che ha fatto risaltare i preziosi valori della nostra penisola anche fuori dall’Istria.

La gente radunatasi lo scorso primo agosto sotto gli archi della Taverna

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«I Giorni dell’Arte» dedicati a Marinetti Festival incentrato su musica, teatro, danza, poesia e arti visive

Con il contributo della nostra Comunità, anche Capodistria è stata inclusa tra i palcoscenici del Festival “I Giorni dell’Arte” organizzato da “Alpe – Laboratorio di Arte e Culture” di Trieste, diretto da Alfredo Lacosegliaz. La sesta edizione della manifestazione ha continuato a promuovere il dialogo fra culture ed etnie in una comune area geografica di contatto, che pulsa al centro dell’Europa. L’edizione di quest’anno ha voluto celebrare il centenario della pubblicazione Manifesto sul futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, con spettacoli riguardanti varie interpretazioni e ricostruzioni di tale movimento, senza tralasciarne le espressioni locali (Sofronio Pocarini,

Carolus L. Cergoly). Attorno a questo nucleo centrale si trovano poi proposte di cinematografie contemporanee, di orchestre atipiche e di mistilinguismi atemporali. È sorprendente la rilettura del testo classico “Satyricon” di Petronio, dove passato e presente convergono con un’inaspettata attualità rispetto alla situazione decadente da basso impero che caratterizza il nostro tempo. Dopo essersi mosso dal Friuli Venezia Giulia e aver toccato, nelle passate edizioni Slovenia e Croazia, Austria e Bosnia, questo multiforme festival è approdato per tre giornate a Capodistria come gioioso veicolo di intrattenimento culturale e artistico.

TV Capodistria torna a trasmettere via satellite

I programmi di TV Capodistria si possono nuovamente seguire via satellite sempre su Hotbird -13 gradi est di Eutelsat, utilizzato dalle maggiori stazioni televisive, e sulla stessa frequenza sui cui l’emittente trasmetteva tempo fa in via sperimentale - Frequenza: 12.303 Mhz; Polarizzazione: Verticale; Symbol Rate: 27.500; FEC: ¾ ; Codice di identificazione: TV K-C. Per i prossimi anni il canale satellitare, posizionato sul trasponder della RTV di Slovenia sul satellite Hotbird 8, sarà integralmente a disposizione di TV Capodistria. Si tratta di una nuova tappa fondamentale nella diffusione del programma italiano di TV Capodistria volta, soprattutto, a valorizzare ed affermare il suo ruolo e le sue potenzialità informative e culturali nei confronti di tutta la Comunità Nazionale Italiana di Slovenia e Croazia, ma anche rispetto a un pubblico più vasto, in Italia e in altri paesi, che ha gia`dimostrato di apprezzare e gradire la programmazione dell’emittente. La diffusione satellitare di TV Capodistria, si rileva in una nota firmata dal caporedattore responsabile, Robert Apollonio, è sostenuta da Unione Italiana, con i mezzi destinati dal governo italiano per le attività culturali della Comunità Nazionale Italiana di Slovenia e Croazia, ed è stata avviata in base ad un accordo con la Radiotelevisione di Slovenia di cui TV Koper-Capodistria è parte integrante. TV Capodistria trasmette attualmente dalle ore 14.00 alle ore 01. Dal satellite è visibile in chiaro la gran parte dei programmi, in particolare quelli autoprodotti, nonché quelli di cui l’emittente detiene i diritti per la diffusione satellitare. In Slovenia, gli utenti in possesso della scheda

di decodifica Viaccess possono seguire in chiaro tutta la programmazione (la scheda può essere acquistata dai cittadini sloveni che pagano il canone di abbonamento RTV). Nelle ore in cui, al momento, non vengono trasmessi i programmi televisivi si possono seguire i programmi radiofonici di Radio Capodistria. Si tratta di un’offerta complementare che a partire dalla prossima primavera sarà integrata con nuovi contenuti e prodotti anche multimediali. I programmi di TV Capodistria possono essere visti in diretta oppure rivisti anche su Internet all’indirizzo web: www.rtvslo.si/tvcapodistria. Nella rubrica del sito “Oggi in TV”che riporta la programmazione settimanale dell’emittente, i programmi codificati sul satellite sono preceduti da un asterisco (*).

Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista.

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Histria in Libris Salone del libro tematico promosso dal Centro culturale »Carlo Combi«, la libreria

»Libris« e la Società »Histria«

Al Museo regionale di Capodistria si è svolta “Histria in Libris”, prima fiera internazionale del libro nel Capodistriano, con offerta di autori e case editrici legate alla penisola. Un salone tematico al quale hanno partecipato oltre 200 case editrici di Slovenia, Italia e Croazia, con più di 1200 volumi. “Tra questi è stato possibile sfogliare anche le pubblicazioni di difficile reperibilità, come quelle di vari musei ed archivi, che spesso non sono a disposizione del più ampio pubblico” ha tenuto a rilevare Mojca Cerkvenik, responsabile del Centro Italiano di Promozione, Cultura,

Formazione e Sviluppo “Carlo Combi” di Capodistria, che è anche il promotore dell’iniziativa. Nell’organizzazione e nell’allargamento del programma degli eventi collaterali, è stato inoltra affiancato dalla libreria “Libris” di Capodistria e dalla Società Umanistica di storia, arte e cultura “Histria”. La fiera è rimasta aperta al pubblico dal 12 al 14 novembre. Il pubblico ha potuto visitare l’esposizione, acquistare volumi, oppure prendere parte agli incontri con autori, alle presentazioni di opere specifiche, nonché ai laboratori creativi per i ragazzi (attività queste, previste in sedi dislocate, tra cui la Galleria Medusa, il teatro di Capodistria, Palazzo Gravisi-Buttorai e l’Archivio regionale

di Capodistria). Nell’ambito della fiera è stata riservata particolare attenzione alla produzione degli appartenenti alla CNI nel settore librario e nelle attività culturali atte a promuovere e sviluppare l’identità della comunità stessa e della lingua e cultura italiane. Esposte, infatti, le pubblicazioni più recenti edite delle varie Comunità degli italiani, nonché la produzione editoriale della Casa editrice EDIT di Fiume e del Centro di ricerche storiche di Rovigno. Preparata, a detta degli organizzatori »senza grosse pretese«, la fiera del libro ha riscontrato un notevole interesse, tanto che si sta vagliando le possibilità di far diventare »Histria in Libris« un evento tradizionale.

Mojca Cerkvenik del Centro culturale »Carlo Combi«

»Skozi knjigo je mogoče zelo oprijemljivo pokazati, da je Istra območje treh narodov in treh kultur. Če ste opazili, smo knjige razvrstili po abecednem seznamu založb, da se slovenski, italijanski in hrvaški naslovi na razstaviščnem prostoru prepletajo med seboj. K projektu smo pritegnili veliko založnikov in institucij, ki se ukvarjajo s knjigo, a če si knjigarnar, kjer so vsi ti stiki naravni, to ni tako težak zalogaj. Pač pa je sejem dobra nadgradnja tvojega dela«.

Ingrid Celestina (Libris)

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Il saluto del vicesindaco Scheriani durante l’inaugurazioneHo l’onore quest’oggi di potervi salutare a nome del comune città di Capodistria, a nome del sindaco Boris Popovič, a nome della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria e anche a nome mio personale. Dovolite mi da vas pozdravim v imenu mestne občine Koper, v imenu župana gospoda Borisa Popoviča, v imenu Samoupravne italijanske narodnostne skupnosti Koper in tudi v mojem imenu.

Gentile pubblico, vorrei innanzitutto ringraziare gli organizzatori per avermi invitato a intervenire in questa importante occasione per il nostro Comune. La manifestazione che si apre oggi, interamente dedicata al libro, ci dà modo di fare alcune considerazioni sul tema di questo incontro.Avvicinare questo inestimabile patrimonio culturale, quale è il libro, a tutti i cittadini è l’obiettivo che ci dobbiamo sempre proporre e la fiera internazionale “Histria in Libris” è senz’altro il giusto veicolo per far conoscere al fruitore la variegata offerta del fondo librario di quest’area transfrontaliera da sempre intreccio di lingue e culture diverse.Questo è il modo giusto di rapportarci e di presentare la nostra realtà plurale e

multiculturale. La fiera del libro riesce sicuramente meglio di tante altre manifestazioni a cogliere i più disparati e molteplici aspetti dell’Istria e con ciò la vera essenza del nostro territorio rifuggendo da una lettura unica che oserei definire da “paraocchi”. Dobbiamo essere orgogliosi e considerarci anche avvantaggiati rispetto ad altre aree geografiche perché abbiamo un patrimonio straordinario che dobbiamo tutti assieme custodire e promuovere.Solo la responsabile consapevolezza di appartenere a un’area portatrice di valori quali il dialogo e la convivenza può portare ad un arricchimento dei popoli e delle culture ivi presenti. Tutto ciò implica un quotidiano impegno a

coltivare con nuova intensità la ricchezza culturale dell’Istria e a trovare nei valori della conoscenza e del sapere, le vere radici che hanno arricchito la cultura di questi territori.La possibilità di dare fisionomia e soggettività alla multiculturalità non può che alimentare fiducia, rispetto e reciproca solidarietà, perché tutto ciò costituisce un importante elemento di aggregazione capace di diffondere questi sentimenti.

Grazie ancora per il vostro importante contribuito. Hvala lepa.

Alberto ScherianiVicesindaco di Capodistria

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Repertorio italiano di corrispondenzaalle voci dialettali capodistriane

Tratto dall’appendice al Dizionario storico fraseologicoetimologico del dialetto di Capodistria di Giulio Manzini

NNacchere – gnachereNappa – fioco, cúfoloNarcosi – indórmiaNarice – buso del nasoNarrare – contarNasale (suono) – gnanfoNascere – nasserNascondere – sconder, inbusàrNascosto – sconto; (di n.) de scondónNasello (pesce) – moloNasone – nasón, napa, nasopaNastro (da collo) – strangolin, veludinaNatante – barcaNatica – culataNaturale – fisicalNaufragare – fondarseNausea – sgionfa, schifoNauseabondo – stomegosoNavigare – navegarNeanche – gnanca, nanca, mancoNebbia – calígoNebuloso – poco ciaroNegare – denegarNegletto – bandonàNegligentemente – a la carlonaNegoziante – botegherNegoziare – contratarNemico – nemigo (plur. –ghi)Nenia – naina, loicaNeonato – picioNeppure – gnanca, nancaNerita (mollusco) – naridolaNero – negroNerume – negrume Nespola (veg.) – nespola, gnespolaNespolo (veg.) – nespolerNessuno – nissunNettamente – de trincaNevicare – nevegarNevischio – brisàdaNidiata – covadaNido – nido, gnidoNinnare – sbrassolàr; dondolarNipote – nevodo, nessa

Nitido – ciaroNobiluomo – zentilomoNocchiero – nostromo, timonierNocciola – noselaNocciolina apemicana – pestàcioNocciolo (veg.) – noselèrNòcciolo – ossoNoce (veg.) – (albero) noghèra, (frutto) nósaNoce marina (mollusco) – capatondaNodo – gropoNodoso – gropolosoNoi (pron.) – noi, novaltri, nialtriNoia – fastidio, secàdaNoioso – secante, piédego, gnagaNomade – sínghenoNomignolo – soranomeNominare – minsionarNon – noNonostante – abenché, con-tuto-chéNorma – regolaNostrano – nostran, domàcioNotaio – nodaroNotizia – novaNoto – conossù, cognossùNottata – notoladaNottola – pipistrel Novanta – nonantaNovecento – novessentoNovità –nova Novizio – novissioNube – nuvoloNubifragio – brentanaNubile – putaNuca – cópaNudo – nudo, despoiàNulla – gnenteNumerare – contarNumero – numaroNuocere – far del malNuora – niora, gnoraNuotare – nudarNuotata – nudadaNuovamente – de novo, indríoNuovo – novoNutrice – bàja, nenaNutrire - nudregar

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Bertocchi, l’Incontro delle tre regioni alla VII edizioneAnche quest’anno la Comunità degli Italiani di Bertocchi ha organizzato l’Incontro delle tre regioni, manifestazione che è ormai giunta alla sua settima edizione. Un incontro questo teso a promuovere la collaborazione e la conoscenza tra gruppi culturali provenienti da Slovenia, Italia e Croazia.

Ad aprire la manifestazione è stata l’orchestra di strumenti a plettro ed il gruppo vocale della “Lino Mariani” di Pola. La Società artico-culturale è un sodalizio di cittadini polesi, che fin dal 1947 si ritrova, all’insegna del volontariato nell’ambito della Comunità degli Italiani di Pola per coltivare assieme le più belle tradizioni musicali e canore di queste terre. Il complesso degli strumenti a plettro opera nell’ambito della Società fin dalla sua fondazione e conta una decina di esecutori. Il complesso è diretto dal Maestro Ivan Štekar. Il gruppo vocale, preparato dal Maestro Edi Svich, ha iniziato invece la sua attività nel 2007 riscuotendo subito grande successo. Il suo repertorio comprende canzoni popolari e della tradizione canora italiana e istriana. Al pubblico in sala i mandolinisti ed i membri del gruppo vocale hanno proposto brani di grande effetto e molto apprezzati dagli spettatori.

In questa edizione abbiamo ospitato per la prima volta a Bertocchi il “Coro Alpi Giulie” di Trieste, diretto dal Maestro Stefano Fumo e fondato nel giugno del 1996 da un gruppo di amici amanti della montagna, dei suoi canti e

della tradizione popolare. Il Coro ha al suo attivo la partecipazione a numerose rassegne regionali e a concorsi nazionali per voci virili nonché l’organizzazione di diversi concerti. Nel 2006 il coro ha festeggiato il suo decimo anno di attività. In questa particolare occasione

ha realizzato il suo primo CD “Suoni da lontano”, che raccoglie i brani più rappresentativi di questi 10 anni di attività corale. Con il repertorio proposto, comprendente, canti “di montagna”, canti del folklore triestino e nazionale sono riusciti a trasmettere al pubblico, un patrimonio di valori che sono alla base del canto popolare.Come ogni anno anche a questa edizione ha preso parte il coro misto Brnistra-Ginestra della Comunità degli Italiani di Bertocchi. Il coro, è diretto fin dal suo inizio da Marko Kocjančič, ed è costituito da giovani che sono uniti dall’amore per il canto e per la bella musica. Anche quest’anno il coro ha entusiasmato il pubblico proponendo brani di origine popolare italiana, dalmata e gospel.A concludere in bellezza la serata è stato un gruppo di una Comunità amica con cui da diversi anni collaboriamo quale la Comunità degli Italiani di Buie. In questa edizione il sodalizio buiese è stato degnamente rappresentato da una formazione alquanto recente, il gruppo vocale femminile “Forever”. Assieme dalla primavera del 2007, questo gruppo vocale, composto da 11 donne si è costituito con l’intenzione di rilanciare

Il coro femminile “Forever” di Buie

Il “Coro Alpi Giulie” di Trieste

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La CI di Bertocchi visita la Ciceria

Oltre venti connazionali della Comunità degli Italiani di Bertocchi, il 18 ottobre hanno ammirato le bellezze naturali della Ciceria accompagnati dal naturalista ed ornitologo, Loris Dilena. Hanno visitato il paesino di Raspo che al tempo della Serenissima era sede dell’importante Capitanato, si sono recati sul ciglio dell’abisso Bertarelli che sino a pochi decenni fa era il più profondo d’Europa. Presso Lanischie hanno sostato per osservare la parete rocciosa dove nidifica l’aquila reale ed inoltre al Monte Maggiore si sono fermati per ammirare la Valle delle meraviglie o denominata anche Valle delle candele. L’escursione si è conclusa in un paesino nei pressi di Laurana per visitare la 36° edizione della Marunada, la tradizionale Festa dei marroni.

e far riascoltare le bellissime canzoni degli anni 60 – 70, canzoni che sono tutt’ora ascoltate con piacere da tanti. Sebbene giovane come formazione e come esperienza le “Forever”, grazie all’impegno e alla serietà nel lavoro, hanno già alle spalle numerose partecipazioni a

varie serate e spettacoli artistico-culturali sia in Croazia sia in Slovenia.I quattro gruppi che si sono esibiti nel corso di questa settima edizione hanno dimostrato ancora una volta come il bel canto e le belle note, pure se eseguite a livello amatoriale, possono entusiasmare

il pubblico e regalare un po’ di serenità e di spensieratezza. Il canto e la musica hanno regnato tra i gruppi ospitati anche nel corso della serata conviviale, dove sono nate nuove proposte di collaborazione e nuove amicizie.

Roberta Vincoletto

Gruppo femminile della Cappella Civica a Bertocchi per “Chansons & Canzoni”

Il 23 ottobre scorso, presso la Casa di Cultura a Bertocchi, la locale CI ha ospitato il Gruppo vocale femminile della Cappella Civica di Trieste in un concerto per coro femminile e chitarra “Chansons & Canzoni”. Il Gruppo vocale femminile nasce in seno alla più antica Istituzione culturale del Comune di Trieste che fin dal 1538 per volontà dell’Amministrazione, promuove e sostiene la musica sacra “per servicio d’Iddio, per honore della chiesa cathedrale di s.to Giusto et reputacione di tutta la Città”. Il Gruppo femminile, diretto dal sig. Marco Sofianopulo è stato accompagnato, nella serata a Bertocchi, dal chitarrista Marko Feri. Sono stati proposti diversi canti popolari greci, francesi e spagnoli di autori quali Ravel, De Falla e Satie su adattamenti di Sofianopulo e Feri. Il maestro Marco Sofianopulo è pianista, organista, compositore, docente al Conservatorio e con-sulente musicale del Comune di Trieste, per il quale cura l’organizzazione delle stagioni concertistiche nella Cattedrale di Trieste e in altre sedi istituzionali. Il chitarrista Marko Feri, diplomatosi al Conservatorio di Trieste ha tenuto diversi concerti in rassegne e festivals internazionali e ha al suo attivo sette CD da solista. È stato generoso d’applausi il pubblico in sala, coinvolto dalla professionalità dei cantanti e dal variegato repertorio musicale proposto.

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Vedendo questo titolo mi sono preoccupata. Quale tipo di brano, canzone intendono? Una legata all’Istria, un brano popolare o di musica classica?

Il dubbio è svanito quando ho pensato che la musica è universale, non la si può limitare. Essendo profondamente legata ad essa ho pensato che soltanto una canzone che mi sapesse parlare poteva essere quella giusta. Prima ancora di ricordarmene il titolo sentivo che qualcosa si era acceso dentro di me e sapevo quale fosse.

Ricordo quando da piccola passavo le mie estati dai nonni in Croazia. Mentre mio nonno lavorava nell’orto la nonna cercava dei vecchi spartiti musicali che venivano custoditi in alti armadi lontani dalla mia portata. Quando li portava giù nel mio mondo di bambina mi sentivo attratta da tutti quei strani segni posti su cinque righe. Era una scrittura misteriosa che solo i grandi potevano decifrare e nemmeno tutti i grandi.Poi mia nonna mi faceva cantare, canzoni in italiano e dialetto e io ridevo affascinata da quei suoni. Chi lo sa se mio nonno mi ascoltava mentre curava i suoi pomodori e le sue zucchine, in realtà non lo saprò mai.Lui era il direttore della banda del paese, ha anche insegnato la materia cercando di inculcare ai giovani la bellezza e la classicità della musica e dei brani delle nostre terre.Ci teneva ad insegnarmi a suonare vari strumenti ma io trovavo sempre di meglio da fare e nessun legame profondo mi ancorava alle vecchie canzoni delle bande e delle persone semplici ed umili.Crescendo mi sono creata autonomamente gusti e idee musicali. Non amavo le influenze altrui. Oggi ascolto un certo tipo di musica non molto in voga tra i giovani, ma è unico perchè piace a me.La musica italiana non mi era mai entrata particolarmente dentro, la mia priorità erano i grandi artisti americani del rythem’n’blues.Ho vissuto lontano da dove abitavo, con ciò intendo dire che sono un’italiana nata da genitori cittadini croati che vive in Slovenia. Raramente mi sono posta la domanda da dove attecchiscano le mie origini. Non ho mai vissuto un disagio, più che altro la definirei indifferenza.Ma a 16 anni non si può sapere chi si è. Io vivendo in un ambiente quasi ‘’trilingue’’ tra confini vicini ma troppo lontani tra nazionalismo, differenze, uguaglianze, differenze, … ho sempre preferito esserne estranea pensando che prima o poi me ne sarei andata in un altro paese per scrivere la mia storia personale altrove. In fondo oggi il mondo non sembra avere confini.

Ma poi su un libro ho letto una cosa curiosa ‘ una persona non può conoscersi a fondo se ignora le proprie origini’’.Avrei potuto farmi guidare dalle melodie che mi suggeriva mio nonno, che amava tanto, ma ho preferito crearmi un’alternativa.Poi un giorno la bellezza mi rapii, fu una melodia soave, semplice, contorta, viva, melanconica, lontana, presente che mi aprii qualcosa dentro. Era la canzone più celebre di Luigi Tenco ‘’mi sono innamorato di te”. Era stato come un sogno nel bel mezzo della notte, come una poesia mai scritta, qualcosa di incompleto ma perfetto, lontana da me ma vicina alla mia anima.E’ stato uno dei primi artisti che mi ha fatto assaporare la bellezza della lingua italiana, per poi scoprirne altri.

Ognuno deve capire da sé, come disse Jim Morrison non esiste esempio migliore da seguire se non sé stessi.

Nessuno ti può insegnare se il tuo cuore non è pronto ad apprendere.La musica è qualcosa di inspiegabile che non si può descrivere a parole. In tre minuti può parlare al tuo cuore, alla tua anima a tutti i tuoi sensi senza passare sotto un’analisi razionale. Una formula matematica va capita o imparata a memoria per essere ricordata. Le parole delle canzoni si imparano solo ascoltandole e vivendole.

Diana Sellibara

Attività del gruppo letterario della CI di CrevatiniÈ consuetudine del nostro gruppo partecipare a vari concorsi letterari vista la nostra attività che si svolge sotto l’ attenta guida della maestra Casagrande, ora nostra mentore che ci lascia ampio spazio per esprimere i nostri pensieri, non ci obbliga a fare ma con furbizia ci fa lavorare: »Se volete partecipare al concorso, tanto per dire di aver partecipato, se vinciamo bene”. Come si fa a dire di no? E infatti quest’anno abbiamo quasi sbancato alla nona edizione del concorso della Mailing List Histria. Su 104 lavori individuali il primo premio se lo è aggiudicato Diana Sellibara allieva della seconda classe del Ginnasio Carli di Capodistria, su 39 lavori di gruppo Noemi Medved della seconda classe del ginnasio e Maja Maraš terza classe del ginnasio e Sara Podreka terza classe della Scuola Media Pietro Coppo di Isola si sono aggiudicate il secondo premio.

Ascoltando un brano di musica

Il Coro »Aida« di Muggia, diretto da Lidia Vuch Patrignani, ha accompagnato la messa in italiano

celebrata nel ricordo della beata capodistriana Giuliana Malgranelli e lo scomparso presidente della

CI di Capodistria, Lino Cernaz. Si ringrazia per l'organizzazione il signor Darij Gregorič.

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La città

Un tempo era consuetudine, nelle sere d’inverno, sedere accanto al fuoco che ardeva nel camino e sgranare il granoturco. Questi preziosi chicchi servivano per nutrire le persone e gli animali. Una volta macinati e ottenuta la farina giallo dorata la famiglia la usava per fare la polenta che non sfamava ma saziava e per nutrire il pollame. Del granoturco non si buttava via nulla: i tutoli servivano per alimentare il fuoco nel camino, i chicchi per nutrire le galline, le foglie per riempire i materassi, perciò per avere un buon giaciglio le foglie dovevano essere lisciate per bene. All’inizio venivano poste in un trogolo, quello che si usava per pulire il maiale quando veniva ammazzato. Attorno ad esso si riunivano i membri della famiglia e anche i vicini che avevano piacere nell’aiutare. Le foglie venivano pulite e stese. Durante la serata i giovani intrattenevano i presenti con i canti, con danze ed era un modo di favorire il corteggiamento tra i giovani che sfociava in matrimonio.Le foglie pulite e asciugate servivano a riempire i materassi (paion), per fare sporte per la spesa, ciabatte e sottopentole. Gli uomini più anziani invece riparavano gli attrezzi agricoli, alcune donne si dedicavano al rammendo degli abiti da lavoro e al lavoro a maglia. I bambini si dedicavano all’apprendimento dell’A B C.

Noemi Medved (4a classe) Il lavoro delle donne di casaMentre gli uomini si occupavano del lavoro dei campi o andavano a lavorare al cantiere, le donne si prendevano cura della casa, dell’orto e degli animali da cortile e delle mucche che ogni famiglia in campagna aveva. Davano loro da mangiare ciò che si produceva nelle campagne, granoturco, farina gialla, semola che si otteneva quando si portava il grano a macinare al mulino. Le mucche nella bella stagione venivano portate al pascolo dai ragazzi di casa, mentre nella brutta stagione rimanevano al caldo della stalla a mangiare il fieno che era stato falciato, essiccato, e messo al riparo nei fienili.Ogni giorno le mucche dovevano essere munte, il latte veniva posto nei speciali contenitori, nei “stagnacchi”, alcune donne erano addette alla raccolta dei contenitori che venivano caricati sui carri e portati a Muggia e venduti nelle case private. Queste donne erano conosciute come “mlekarze” dalla parola slovena mleko che significa latte. Alcune donne per non pagare il trasporto del carro facevano un rotolo con un fazzoletto lo “svitec” lo ponevano sulla testa dove mettevano il secchio del latte mentre altri due li tenevano in mano e a piedi, giù per Cerei andavano a Muggia a vendere. Una mlekarza famosa sul nostro Monte era Emma del latte.

Arianna Božič (2a classe)

La vendita del latte in città dai ricordi della bisnonna “Cinquant’anni fa nelle nostre campagne si doveva lavorare duro per poter sopravvivere. Si viveva del lavoro dei campi e della vendita del latte degli armenti che ogni famiglia aveva nella stalla. Come ogni famiglia contadina anche noi possedevamo mucche da latte. Io avevo il compito di mungerle tre volte al giorno, era un lavoro che andava fatto a mano. Dopo aver munto le mie mucche mi recavo dalle famiglie del paese che avevano armenti come noi e mi facevo dare il loro latte. Ne raccoglievo circa cinquanta litri che mettevo negli appositi contenitori. Al mattino presto li deponevo sul dorso dell’asino e, a piedi, mi recavo a Capodistria dove m’imbarcavo sul vaporetto per andare a Trieste. Lasciavo l’asinello in custodia in una stalla a Capodistria.Una volta giunta a Trieste mi recavo di casa in casa a offrire il latte. A seconda delle necessità delle famiglie usavo: le misure del latte.Il lavoro era molto faticoso: si doveva girare a piedi tutta la città. Alla fine con i secchi vuoti e con un po’ di soldini in tasca e a volte con qualche regalo che mi facevano le signore ritornavo al vaporetto che mi riportava a Capodistria, recuperavo il fedele somarello e ritornavo a casa. Con i soldi così duramente guadagnati ho potuto far crescere bene i miei cinque figli fra i quali c’è tua nonna Bruna.

Lara Eler (3a classe)

Da una ricerca effettuata dal Gruppo etnologico della Comunità degli Italiani di Crevatini presentiamo alcuni brani.

Racconti accanto al fuoco

Valentina Petaros collabora a Fida e Sida, due progetti della Società dalmata di storia patria che riguardano

i fondi d'archivio conservati in Slovenia, Croazia e Montenegro. L'obiettivo è quello di redigere le guide di vari

fondi inserendone le caratteristiche in un database.

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La città Freschi di stampa

»Il tesoro dei padri« di Ulderico BernardiViaggio tra i proverbi delle tre Venezie

»Trieste piena de peste«, »Citanova, chi no porta no trova«, »Rovigno, piena de inzegno, spaca i sassi come el legno«, »A Piran bon pan«… Proverbi come saggezza popolare, proverbi come massime che contengono in forma essenziale norme, giudizi o consigli tratti tra esperienze concrete, proverbi come come scrigno di storia e di memoria. C’è una scienza che studia i proverbi, la paremiologia, dove si incontrano linguistica, storia, sociologia e molte

altre discipline, anche perché i proverbi rappresentano un patrimonio culturale da difendere e preservare. E sono molti gli studi e i repertori di e su i proverbi.Meno frequente, invece, è considerare i detti popolari come una narrazione storica, psicologica, sociale che getta luce sul carattere e sulle vicende di una o più regioni. E’ quello che fa, e molto bene, Ulderico Bernardi con “Il tesoro dei padri” (Santi Quaranta, pagg. 202, euro 12,00), raccogliendo i “Proverbi delle tre Venezie”, come spiega il sottotitolo, in un racconto compiuto che va dalle comunità venete del lago di Garda fino all’Istria passando per Trieste. Non è un elenco di detti e motti, ma un vero e proprio racconto, anzi un trattato sulle genti venete, colte nel loro quotidiano ma inserite in un vasto panorama storico e ambientale. Una “geografia dell’anima”, per usare un’espressione dello stesso Bernardi – penna felice, già ordinario di sociologia alla Ca’ Foscari di Venezia grande esperto di tradizioni popolari – che traccia le sue mappe lungo i percorsi del vivere comune: la cucina, il lavoro, le feste, l’amore, le credenze, i mesi e le stagioni, i comportamenti, la famiglia e naturalmente tutti i caratteri di ogni “piccola patria”.A metà tra il saggio di linguistica e un testo sociologico, “Il tesoro dei padri” si legge come il compendio di una o più epopee, ha il sapore delle storie raccontate davanti al focolare e offre una prospettiva originale su alcuni eventi delle nostre terre: i commerci, le guerre, i governi. In proposito echeggia spesso, nelle pagine di Bernardi, quella “capacità del popolo minuto di reagire con ironia alla retorica dei governanti”, coniando proverbi alla bisogna. Come quando di fronte alla retorica trionfante del fascismo “smentita nel concreto dalla realtà quotidiana” nacque il detto: “Va là, va là Benito, ti m’à ciavà pulito, ti m’à calà la paga, ti m’à creà l’afito”.Nel suo libro Bernardi pone più volte l’accento anche sulla continuità della sua materia: specchio di una lingua e di un carattere, i proverbi mutano nel tempo. E per questo vanno conosciuti e custoditi: “Un grande Paese – nota l’autore – cessa di esistere come nazione quando fin nelle sue piccole comunità

locali si arresta la circolazione d’affetti e di ricordo tra passato e presente, cede il vincolo che tiene unite le generazioni e non c’è modo di ricomporre quel consenso attraverso attraverso il tempo con cui si definisce la tradizione”.

Piero Spirito (Il Piccolo, 27.9.09)

Ricordando Manlio CortelazzoÈ morto all’età di 90 anni Manlio Cortelazzo, insigne studioso padovano, decano dei dialettologi ed etimologisti italiani. Cortelazzo era professore emerito di Dialettologia italiana all’Università di Padova; autore di centinaia tra volumi e saggi in riviste scientifiche, italiane ed estere, il suo nome è legato soprattutto al “Dizionario etimologico della lingua italiana”, pubblicato da Zanichelli e curato nella prima edizione assieme a Paolo Zolli.

Un suo altro merito è la promozione degli studi dialettologici negli anni Settanta, quando dirigeva il Centro di Studio per la Dialettologia Italiana del Cnr. Nel 2007 diede alle stampe il “Dizionario veneziano della lingua e della cultura popolare nel XVI secolo” (L a linea, 2007). Il suddetto Dizionario è un un’opera di oltre 1500 pagine che contiene esempi e citazioni da testi originali raccolti dal prof. Cotellazzo in 40 anni di ricerche d’archivio. »Emerge, sfogliando queste pagine – scrive il saggista Ivan Crico - l’immagine di una Venezia che è, al tempo stesso, gelosa custode del proprio passato, fucina ribollente di nuove idee e porto aperto su cui attraccano, dai mari e dalle terre più remote, bastimenti carichi non solo di mercanzie, opere d’arte, ma anche di parole, che sono parole arabe o fiorentine, greche o tedesche, dalmate o spagnole. Venezia allora, come New York o Londra oggi, accoglie nel suo grembo d’acqua e luce le voci del mondo, se ne lascia compenetrare senza mai alla fine - com’è accaduto anche in queste città - rinunciare a quella che è stata la sua prima voce«.

Pirano-Venezia 1283-2003Questo è il titolo del terzo volume della serie Acta historica adriatica della Società di studi storici e geografici di Pirano. In questo volume, Kristjan Knez, ha raccolto gli atti del convegno sul tema dei rapporti tra Pirano e Venezia tenutosi nella città di Tartini nel 2003. Il testo è corredato dalle foto di Gianfranco Abrami. Pagg. 184.

Dal Mattino di Padova

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La città

Saluto all’amico LinoIn un pomeriggio di fine agosto eccezionalmente caldo, mitigato di tanto in tanto da un leggero vento, mi ritrovo ai piedi del colle di San Canziano, preso da un senso di profonda tristezza. Incredulo, sono qui a salutare per l’ultima volta Lino, un amico vero, mancato troppo presto alla famiglia ed agli affetti. Quest’uomo dal carattere mite ed essenziale, possedeva qualità di pregio, non comuni al giorno d’oggi. Prevaleva in lui un rimarcato altruismo, che abbinava ad una grande generosità. Il suo modo di rapportarsi agli altri era chiaro, schietto, non ambiguo, fatto di parole e gesti che invitavano alla cordialità: le persone se ne accorgevano e di conseguenza, istintivamente, lo apprezzavano. Trascorsi 50 anni dall’esodo, che ci aveva divisi nel lontano 1952, ci siamo poi rivisti a Trieste nel 2002, in occasione di una “rimpatriata” tra vecchi compagni di scuola delle elementari, con lo scopo di festeggiare l’anziana maestra. Una bella serata in una trattoria carsica ci ha riavvicinati, ci ha dato l’opportunità di riscoprirci, di parlare di tante cose riguardanti la storia e la situazione politica della nostra Città. Un po’ alla volta, la nostra amicizia è maturata, tra un confronto di idee ed uno scambio di opinioni, rivangando anche il lontano periodo in cui frequentavamo la scuola. Negli ultimi sette anni Lino per me è stato il punto di riferimento, di collegamento con la mia Città natale. Mentre rifletto su queste cose, nel piazzale antistante l’ingresso al camposanto si è

raccolta in silenzio molta gente, arrivata da varie parti dell’Istria e da fuori, per onorare l’amico scomparso. Passando accanto alle persone, odo parole di stima e affetto pronunciate a voce bassa. Ricordo le sue costanti iniziative per l’introduzione della lingua italiana nella pratica religiosa, secondo le antiche tradizioni. Ma ciò che più stava a cuore a Lino, era il sincero desiderio di ricomporre un vero dialogo tra le diverse anime degli esuli e dei “rimasti”, affinché si potessero aprire opportunità di riavvicinamento con la segreta speranza di unire le parti in un rapporto di umana comprensione. Purtroppo ciò si è avverato solo in parte, forse perché non è stato capito o, maliziosamente, tacciato di faziosità e di questo, spesso, se ne rammaricava. Lo rivedo ancora infaticabile organizzatore di incontri culturali e di serate piacevoli, alle quali talvolta partecipavamo anche noi del gruppo “ex scolari”, era soddisfatto e compiaciuto per la nostra presenza e quando la serata volgeva al termine ci si salutava con un brindisi alla nostra amicizia e l’impegno di ritrovarci presto per un’altra occasione. Durante gli incontri al Circolo si parlava di tante cose, presenti e passate e la memoria, inevitabilmente, ritornava al luogo natio, a quando ignari del nostro dramma, potemmo vivere solo il tempo breve di un’età felice. Si discuteva dei mutamenti, che a vista d’occhio stavano trasformando la nostra antica città, ormai coinvolta in un progresso inarrestabile, a volte irriverente nei confronti della

sua originaria bellezza architettonica. L’aumento della popolazione e le nuove esigenze dell’uomo moderno, hanno reso questi cambiamenti opportuni e necessari, a discapito dell’aspetto storico che caratterizzava la città per la sua peculiare impronta veneta. Noi, malgrado tutto, sentiamo ancora di appartenere al nostro civile passato e desideriamo conservare per sempre la nostra indole “de cavresani”, pur nel mutamento di usi e costumi imposti dalla società moderna. Desidero, per concludere, ricordare ancora Lino ai tempi della scuola “in Beveder”, dove con gli occhi della memoria, lo rivedo alto e magro, in apparenza timido e taciturno, più grande di me per età e statura, attento alle lezioni, sempre ben preparato in storia e molto abile con l’aritmetica. Qualcuno gli aveva affibbiato un nomignolo e non so per quale ragione lo chiamavano “formagìn”. Nell’aula scolastica occupava un banco dell’ultima fila addossato alla parete laterale. Mi aveva colpito la sua aria sempre un po’ malinconica, di bambino privato forse troppo presto della presenza paterna, vissuto in una famiglia povera, ma dignitosa. Figlio unico di madre vedova, che nei momenti più difficili del dopoguerra, seppe affrontare la situazione con coraggio e spirito di sacrificio, riuscendo ad allevarlo ed educarlo secondo i più sani principi. Grazie, Lino di essermi stato amico.

Vinicio Bussani

Lino Cernaz, primo da sinistra, con i compagni della terza classe elementare

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La città

Una stagione…insieme a Franco W: Go visto… co tiravi su la posta…come ti fassi a remar c’un remo solo?-F : A ssia voga?-W: Cussì’ se disi?-F : Hè!…Facile! T’impari ‘nca ti, se ti vol!W: Mai più!...F : ‘Ara: pe’ mostrarte, dopo scola, te compagno casa co la batela de mio sio!W: A la tien in staion?F : Hè.Qua in Sampieri, drio i blochi novi! ‘L va a guati co’ le nasse…

Dovevamo esser in sesta o settima classe e la giornata era limpida. Non ricordo bene se fosse autunno o primavera. Superammo il tratto di fango sabbioso che, in prossimità dei blocchi (i nuovi condomini, insomma) citati da Franco, avevamo adottato come ottimo campo di calcio, fango che aveva parzialmente già riempito il nostro Staiòn e stava inesorabilmente mutando fisionomia alla città. Un centinaio di metri più avanti, raggiungemmo due batane (ma, oggi direi meglio sampierote, perchè di queste si trattava) ormeggiate su pali.La più lunga apparteneva allo zio di Franco. Che di mestiere faceva il »pek« ma che evidentemente aveva tenuto ugualmente vivo il legame con le tradizioni di famiglia. Sèntite a prova! - mi sollecitò Franco mentre mollava la cima e sfilava uno dei remi poggiati sui paglioli. Per qualche decina di metri, dove l’acqua era bassa, spinse la barca puntandosi sul fondo, a mo’ di pertica, poi, guadagnata una settantina di centimetri di profondità, portò il remo a poppa, poggiandolo sulla scalmiera (che tutte le sampierote avevano a metà dello specchio) e spalle rivolte a prua, prese a mulinare l’impugnatura del remo alternativamente a destra e sinistra, mentre la barca procedeva sempre più veloce e, a dispetto della mia sorpresa, incredibilmente dritta! Arrivammo rapidamente alla foce del Fiumisin (il Cornalunga) che continuammo a risalire di gran carriera mentre le onde che produceva la barca nel canale, muovevano l’alta vegetazione sulle rive e, faceva scappare in immersione rapida, qualche immancabile »magnabalini«, come a Franco piaceva chiamare quegli uccelletti acquatici che, in altre navigazioni in Staion, avremmo preso di mira con i »flobert«! La lezione di »ssiavoga« fu comunque per me un rientro a casa emozionante. Ora potrei anche dire…unico! Non solo perchè sedimentato fra i ricordi della fanciullezza che, com’è noto sono i più nitidi e longevi ma, perchè regalo di un compagno generoso e spontaneo. Delle cui invenzioni umoristiche, ho rischiato molte volte in classe di ...stirarmi il diaframma dalle risate. Controllate a fatica del resto, anche perchè, spesso,

battute e pantomine, le sparavi durante le lezioni!Le partite di calcio furono una costante del sodalizio nel quale mi avevi coinvolto ancor più duraturo e memorabile. Per i tanti campionati rionali dei quali eri regolarmente fra i promotori e che movimentavano le nostre domeniche pomeriggio. Anche estive!Sul fango sabbioso derivato dagli scavi condotti sul lato di Bossedraga per il nascente porto commerciale. Non di meno per i campionati inter-classe ed inter-scuole che ci videro iniziatori ed appassionati compagni d’avventura. Galvanizzati dalla tua inesauribile e »contagiosa« voglia di fare. Anche nei giorni (ed erano la maggioranza!) nei quali la notte era stata breve per te, che arrivavi trafelato al campanello della prima ora, reduce da 2-3 ore di mare con tuo padre, per guadagnarvi il pane.

Qual xe ‘l pessi più bon per ti? – gli chiesi una volta- Mah – rispose un po’ perplesso – mio pare disi l’angusigolo. E me par che no l’ abi torto!Ma xe anca un che se ciama baràcola?...Ah ma quel xe n’altra roba! – replicò ridendo.Non gli chiesi spiegazioni ma, in seguito, arguii che doveva esser un pesce bizzarro e non troppo sveglio se, con quell’appellativo, Franco talvolta usava apostrofare qualcuno di noi che aveva combinato o semplicemente pronunciato una scemenza.Avevamo finito la scuola ottennale da poco quando la barca divenne una sospirata realtà anche per me. Ovviamente di seconda (o forse terza) mano. E faceva sempre acqua!Provai a chiedergli consiglio. Un che podaria stagnartela - sentenziò - xe Toni Parussola, che bateva stope in cantier.A sta qua in San Tomaso, rente la capela, poco prima de casa mia. Ti pol domandarghe.Tempo no ghe manca ‘desso! - Toni venne a casa mia »co’ i ordegni in t’un

saco« e fece del suo meglio ma, il problema, anche se meno drammatico, rimase.La bora, che ci aveva accompagnato in un’altra memorabile gita invernale in bici fino a SottoCovedo, sopraggiunse, anche in senso metaforico, sulle nostre esistenze. Ognuno a seguire il suo itinerario. Più o meno fortunato.Di quegli otto anni condivisi, son rimaste tuttavia in me (e forse non solo!?..) più che tracce soltanto.Direi che Franco ha portato con la sua esuberante presenza, non unicamente testimonianza di generosità. Ci ha fatto compartecipi di parole, modi di sentire, d’intendere, ormai perduti. Perchè eredità di modi di vita, costumi (fortunatamente- avresti forse detto..) superati, appartenenti al passato. Ma per questo anche preziosi e irripetibili. Grazie Franco.

w.g.

Aprile 1964. VIII classe della Scuola elementare italiana di Capodistria.

In piedi: Willy Gortan, Aurelio Juri, Elio Verardo, Pino Brezich.

Accucciati: Marino Orlando e Franco Steffé

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La città

CapodistriaAnna Auber – A fine luglio abbiamo salutato la nostra cara Anna Auber di Salara, d’anni 68. Donna dal dolce sorriso, Anna trascorse l’infanzia in una numerosa famiglia, i Dellosto. Il destino ha voluto sottoporre lei e il marito Bruno a dure prove. Anna ha seguito in prima persona il calvario di sua figlia, strocata da un male incurabile e non si è arresa. Voleva vivere per i suoi cari, specie per i suoi due nipoti. La sua tenacia le ha consentito di vedere l’esame di maturità di Marco. Avrebbe desiderato vedere anche la loro laurea. Quel giorno nonna Anna sarà certamente presente nei loro cuori.Alfredo Auber –Alfredo nasce nel ‘39 in una famiglia di

coloni in località Perariol. Amava trascorrere il tempo in campagna, un lavoro pesante al quale si dedicava con infinito amore. Spesso ha collaborato col nostro giornalino nell’ambito di ricerche su toponimi e specialmente nomi di uccelli. Alfredo lavorò prima nel mobilificio Stil e poi alla Tomos. Da giovane

pensionato, malgrado la malattia, ha continuato a uselàr, a fare il suo giretto fino al mercato, a salutare gli amici del Circolo. Quando saremo in Ponte, alla Muda, ripenseremo a te e forse ci parrà di rivedere quell’uomo co’ la bareta che sorridendo ci diceva »Adio! come xe?«.

Angelo Tavernise – Nato nel 1933 a San Lucido (CS), visse a Roma dove si laureò in giurisprudenza per lavorare poi in tutta Italia e all’estero nel mondo dell’auto. Nel ‘98, su invito si un suo amico del Consolato, visitò Capodistria. Partecipando alla festa di San Martino in Comunità conobbe Mariella con la quale qualche anno più tardi convogliò a nozze. Dal loro appartamento in Brolo visitava spesso la CI dove partecipò anche a una recita. Amava leggere; ad una serata organizzata dalla CI “Dante Alighieri” di Isola interpretò versi del Trilussa. Lo ricorderemo come uomo che regalava perle di saggezza, un uomo che ha scelto di trascorrere il tramonto della sua esistenza in Istria, splendida terra tra colli e mare che forse gli ricordava la Calabria delle sue radici.

In Memoriam

CrevatiniIn questi ultimi tempi abbiamo perduto persone che molto hanno fatto per il buon funzionamento della nostra comunità. Vogliamo ricordarle con affetto, lo stesso che loro hanno dato a noi: i coniugi Gisella e Beniamino Scheriani, Oreste Prassel, la signora Alba Crevatin, il giovane purtroppo prematuramente scomparso Gregor Abram e Gianfranco Marzi al quale vogliamo dedicare alcune parole ma che possono valere per tutti loro.

Nel mondo le cose cambiano, ma gli amici come Gianfranco ci sono sempre, dicono quello che pensano perché ci vogliono bene, perché c’è la loro lealtà c’è il loro affetto.Con Gianfranco abbiamo condiviso cose belle e cose brutte. Abbiamo avuto bisogno gli uni degli altri. Per tutta la vita i nostri pensieri, le nostre azioni si sono intrecciate e ciò ha fatto che ci si legasse ancora di più.Il nostro affetto per lui sarà un sentimento duraturo che la sua dipartita non potrà mai mutare. Sebbene ora non sia più tra noi la sua presenza, il suo sorriso burbero, che a volte nascondeva grandi dolori, rimane.

La CI di Crevatini

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La città

Calegaria - "2"Uscito il nuovo album del complesso capodistriano

A tre anni dall’album d’esordio “Primo”, il complesso Calegaria esce con una nuova raccolta dal titolo “2”. Il gruppo, guidato da Leonardo Klemenc che si avvale della collaborazione di numerosi musicisti, prosegue nell’opera di valorizzazione della tradizione musicale istriana interpretata in chiave moderna. In copertina l’album presenta la rielaborazione di una grafica della pittrice Ljerka Kovač. La pubblicazione del CD è stata sostenuta dall’Unione Italiana, dal Centro regionale RTV Koper-Capodistria e dalla Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria nell’ambito del programma culturale della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Capodistria, con il cofinanziamento del Ministero per la cultura della Repubblica di Slovenia e del Comune città di Capodistria.

Che cosa significa, esattamente, musica folk? Quali suoni implica e quali eventualmente esclude?E cosa significa musica pop?E cosa significa musica rock?Sono domande probabilmente, e fortunatamente, destinate a rimanere senza risposta certa, univoca - perchè tracciare linee di confine, in musica, è impossibile almeno quanto tentare di unificare i gusti di chi ascolta, il semplice “piace” o “non piace”. Perciò nell’approcciare un disco nuovo, da ascoltare o da recensire, quindi sia che si tratti di un ascolto personale, di piacere, che di un ascolto professionale, di lavoro, più che di queste immaginarie e restrittive linee di confine mi trovo spesso a pensare piuttosto a cosa comunica la musica di un album, quali immagini e percorsi suggerisocno le sonorità che sono state scelte per vestirla e mandarla nel mondo (come si farebbe con una propria creatura vivente), e soprattutto quale potrebbe essere il motivo, anzi la motivazione, che anima il lavoro dei musicisti in oggetto. Nel caso di “2”, il secondo album dei capodistriani Calegaria, dal titolo ermetico e matematico in netto contrasto con la musica e la copertina colorite e tangibilmente umane, nostrane, ciò che colpisce in questo senso è l’assoluta mancanza di tutti quei motivi che in genere, a ben vedere troviamo spesso in molti gruppi di oggi, generazionalmente più giovani e contemporanei. Difatti, non c’è traccia del voler seguire una qualche corrente, o moda, o stile che “fa tendenza”, o del voler inseguire un

sogno di fama e ricchezza, di grandi palcoscenici e ville da rockstar assediati da orde di fan urlanti, del parare con una chitarra un qualche disagio giovanile, o anche semplicemente del voler competere all’interno di una qualche scena musicale. Questo loro secondo disco continua ed espande, maturandola, la linea del precedente, “Primo”: musica di ieri, del nostro ieri (in cui “nostro” significa orgogliosamente e specificamente di questi luoghi, centrata su queste terre, esattamente come il nome stesso del gruppo è centrato sull’arteria principale della vecchia Capodistria), registrata e suonata con gli strumenti, i mezzi e l’orecchio di oggi, per il semplice piacere di ascoltarla e di ritrovarla, rispondendo ad un “richiamo interno” dei componenti del gruppo verso queste radici troppo spesso sbiadite che, ad un certo punto delle loro vite di adulti maturi ed inseriti nella società che viviamo, li ha spontaneamente riuniti attorno ai loro strumenti. Ed ecco che, alla pari dell’assenza dei motivi di cui si diceva sopra, si spiega anche l’assenza del più consueto approccio purista, quasi archeologico a ciò che in genere chiamiamo musica folk, o musica etno - niente ricostruzioni o ricreazione di suoni antichi, ma libere reinterpretazioni, riarrangiamenti, che sorprendentemente dimostrano come, anche in una veste molto più contemporanea ed anche se registrate con tecnologia, strumenti e metodi solitamente propri del pop e del rock, queste canzoni (tutte del repertorio popolare) conservino e veicolino comunque la loro natura e la loro storia - e quindi la nostra.

Andrea F

La Città è il foglio semestrale della CI di Capodistria. Responsabile Alberto Cernaz. Stampa Pigraf s.r.l. Isola. Tiratura 1300 copie. Si invia gratuitamente ai soci. Indirizzo: Comunità degli italiani, Via Fronte di liberazione 10, 6000 Capodistria. EMAIL: [email protected]: Platea del Teatro comunale durante il concerto Kovačič-Finardi (foto Edi Dečman).

I brani contenuti nel CD:

1. A Bossedraga

2. Varda che note splendida

3. Fame le nine

4. E la rosa

5. Quindici ani avevo

6. Se ti la vedessi

7. La bela al mulino

8. La rosada

9. Sen jo vido gore dole

10. Vuoi che ti compri

11. Tute le bele vedo

12. Io parto per l'America

Uno scorcio della manifestazione gastronomica »Sladka Istra – Istria dolce«, una delle iniziative più indovinate

promosse dall'Ufficio comunale per il turismo.

L'ex calciatore Alessandro »Spillo« Altobelli ospite negli studi di Radio Capodistria, tra i giornalisti sportivi

Primož Čepar e Corrado Cimador.

»Sguardi-Pogledi: La fotografia del Novecento in Friuli e nella Venezia Giulia« è il titolo della mostra fotografica ospitata dal 20 novembre a Capodistria

(Museo, CI »Santorio«, Pretorio). Le opere, proprietà del CRAF (Centro Ricerca e Archiviazione della

Fotografia), sono state esposte a cura di Gianfranco Ellero e Walter Liva. (Foto Jana Belcijan)

La Sede regionale RAI di Trieste e TV Koper – Capodistria hanno celebrato i primi dieci anni di attività

della TV Transfrontaliera presentando due edizioni speciali di Lynx Magazine e un concorso per gli studenti

delle scuole medie superiori delle regioni di confine Italia – Slovenia. I protagonisti fotografati

da Alberto Lutman.

Marina Simeoni, nuovo Console generale d'Italia a Capodistria. (Foto Gianni Katonar)

Il Consiglio della Comunità degli italiani »Santorio Santorio« in una delle recenti riunioni.