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Anno 19 - N. 3 • Dicembre 2018 Diffusione gratuita ad uso interno MENSILE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA DI PONTECITRA Il Regno di Dio è qui. La parola “regno” necessità di una disambiguazione perché è facile imbattersi in falsi significati. Ognuno ha scelto il suo regno o aspira a entrare in uno fatto di illusioni. Perciò è giusto chiederci quale regalità abbiamo deciso di seguire perché spesso è facile finire Prigionieri di un regno

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Anno 19 - N. 3 • Dicembre 2018 Diffusione gratuita ad uso interno

MENSILE DELLA COMUNITA’ CRISTIANA DI PONTECITRA

Il Regno di Dio è qui.La parola “regno” necessità di una disambiguazione

perché è facile imbattersi in falsi significati.Ognuno ha scelto il suo regno

o aspira a entrare in uno fatto di illusioni. Perciò è giusto chiederci quale regalità abbiamo deciso di

seguire perché spesso è facile finire

Prigionieri di un regno

6 dicembre : L’annunciazione di Maria: portale d’ingresso al Vangelo 13 dicembre: Il messaggio di Giovanni Battista 20 dicembre: Elisabetta donna della benedizione

Avvisi Dicembre 20182

Mensile della Comunità Cristiana di Pontecitra Parrocchia del Sacro Cuore

Anno 19 - N. 3 - Dicembre 2018

Direttore responsabile: Don Pasquale Giannino

Redazione: Francesco Aliperti Bigliardo, Antonio Cassese, Carmine Egizio, Don Rolando Liguori, Francesco Panetta, Maria Carmela Romano, Salvatore Sapio, Mariateresa Vitelli.

Progetto grafico e impaginazione: Carmine Egizio

Questo giornale è online al sito: www.chiesadipontecitra.it

Del Papa• Perché le persone impegnate nel servizio della trasmissione della fede trovino un linguaggio adatto all’oggi, nel dialogo con le culture.

dei Vescovi• Perché i minori vittime della malvagità degli uomini e dei tempi, liberati da ogni forma di violenza, trovino sempre aiuto e protezione.

Per il clero• Cuore di Gesù, inonda con la tua luce il cuore dei tuoi ministri, per-ché possano trasmetterla ai tuoi fedeli.

APOSTOLATO DELLA PREGHIERA

Compendio al Catechismo della Chiesa Cattolica

162. Dove sussiste l’unica Chiesa

di Cristo?L’unica Chiesa di Cristo, come socie-tà costituita e organizzata nel mondo, sussiste (subsistit in) nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui. Solo per mezzo di essa si può ot-tenere la pienezza dei mezzi di salvez-za, poiché il Signore ha affidato tutti i beni della Nuova Alleanza al solo col-legio apostolico, il cui capo è Pietro.

DicembreOgni Giovedì ore 9,00 Celebrazione Eucaristica ore 18,30 vespro

Sabato 8 ore 10,30 festa dell’adesione dell’Azione cattolica

Da domenica 16 novena di Natale Ore 18,30 Celebrazione Eucaristica con preghiera del Vespro

Martedì 25: Natale di nostro Signore Gesù Cristo Ore 10,30 e 18,30 Celebrazioni Eucaristiche

Sabato 29 Spettacolo dei fanciulli dell’ACR

Martedì 30 ore 10,30 Festa delle famiglie

Lunedì 31 ore 17 Messa di Te deum

Quando si esce dal carcere non si trova-no le istituzioni che ti danno un’opportu-nità di vita. In carcere si è tenuti a fare un percorso riabilitativo: scuola, lavoro, cor-si… Usciti dalle case circondariali bisogna cavarsela da soli, per chi ha la possibilità. Per chi non ha un sostegno familiare, la comunità sociale che ti sostiene, ci si ritro-va, mi si consenta il termine che riconosco come sbagliato, “obbligati” a delinquere.

A te sono state fatte proposte poco pulite uscito dal carcere?

Si, ma ho da subito ri� utato! In carcere io ho capito che in primis viene la famiglia a cui avevo arrecato già troppe so� eren-ze, penso ad esempio al tempo che non ho potuto trascorrere con i miei � gli e alle dif-� coltà che ha procurato a mia moglie nel crescere da sola i nostri ragazzi. Ma il mio “no” era anche motivato dal fatto che io ho capito che tale strada non portava da nessuna parte e non serve fare del male ad altre persone.

Come mai vieni in parrocchia?È una scelta libera e voluta! Quando

sono uscito dal carcere ho capito che solo rendendomi utile alla comunità potevo sentirmi realmente libero. Le persone che ho incontrato qui non hanno nessun pre-giudizio su di me pur conoscendomi da prima che entrassi in carcere.

Cosa ti senti di suggerire ai nostri ragazzi di questo Quartiere?

Mi auguro che tutti i ragazzi di questo rione e di contesti come questi, non in-traprendano strade sbagliate, perché sa-ranno destinati a una vita che porta solo danno. Lo studio, il lavoro e l’onestà ci ren-dono più uomini e non i modelli sbagliati che talvolta si inseguono. Invito ciascuno di loro a non essere di� denti, così come talvolta si viene cresciuti ed educati nei propri contesti familiari, ma a fondare la propria esistenza nei modelli buoni, co-struendo, giorno dopo giorno, una società sana.

Auguro a tutti di ri� ettere su quale tipo di regalità si è scelto di seguire, perché al termine del mondo chi non si sarà schie-rato in favore di questa regalità del Cristo, sarà ai margini della storia di Dio.

3Dicembre 2018 Editoriale

Ri� essioni del nostro parroco

abbandonati a se stessi per un intera gior-nata è facile che ci si perde, � no talvolta ad essere riciclati dal mala� are.

Come mai il ricorso alla violenza e l’uso delle armi anche da parte di tanti giovani che vivono in periferie come queste, ma non solo?

Spesso assistiamo a una sorta di emu-lazione di schemi di vita che vengono pro-posti in TV, anche se come spesso capita però non portano da nessuna parte. Sicu-ramente bisogna però dire che alle spalle questi ragazzi non hanno delle famiglie che li seguono, che talvolta tralasciano di riprendere nei figli quei comportamenti errati; ma ciò forse anche perché semmai sono prima loro a non avere un sistema valoriale efficiente.

A quanti anni sei entrato in carcere? A 24 anni. Mi ero da poco sposato.

Ho fatto un lungo percorso riabilitativo, lavorando, studiando, ma soprattutto riflettendo su quanto avevo compiuto e per quello che avrei dovuto fare dopo. Nel carcere non manca il tempo di pen-sare, riflettere, se lo si vuole. Nel suo essere punitivo, severo, toglierti gli af-fetti, il carcere ti dà il tempo di riflettere. Quando però ho concluso il mio periodo di detenzione, oltre la comunità parroc-chiale che mi ha accolto e mi permette di continuare il mio cammino riabilita-tivo, non ho trovato una società, le isti-tuzioni disposte ad aiutarmi ad essere realmente integrato. Anzi! Mi sono sen-tito escluso e soprattutto, spesso, fuori dal mondo.

Ma come mai altre persone che esco-no di galera continuano a delinquere?

di Don Pasquale Giannino

Quando l’uomo si imbatte nei regni di questo mondo, se pur a� ascinato da quanto promet-

tono, non poche volte si rimane storditi dalle immense forme di ingiustizia e di denigrazione morale e umana che pati-scono coloro i quali vengono asserviti. Così è, per esempio, di quanti entrano a far parte dei regni che oggi molti de-� niscono “Gomorra” (prendendo ovvia-mente spunto da � lmogra� e nostrane e non tanto riferendosi a città bibliche) invece di camorra, o mala vita. Gesù ha iniziato la sua predicazione dicendo “Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è qui”. Questa espressione è molto importan-te nei vangeli, ricorre 104 volte proprio perché Gesù ha voluto dare inizio a un regno completamente nuovo. Incombe sempre però il pericolo di interpretare il termine “Regno” secondo i criteri di que-sto mondo.

Ho pensato per questo articolo di farmi aiutare da una persona di questa parrocchia, Marco (nome di fantasia), un padre di famiglia, che ha scontato una lunga detenzione nelle nostre carceri, e oggi ha più di qualcosa da dire sui “falsi regni”, di cui lui stesso è stato avvinghia-to. Di origine napoletane, vive in questo quartiere con la sua famiglia, per cui an-che per tutelare la privacy dei suoi � gli minori, nonché della moglie, eviteremo particolari sensibili.

Marco come sei entrato in questo giro?

Non ho avuto una vita semplice. Pur avendo sempre lavorato, mi sono ritrovato con delle cattive compagnie che mi hanno indotto a compiere degli illeciti � no ad es-sere arrestato.

Quanto una cattiva compagnia può in� uire sul comportamento di un ra-gazzo e di un giovane oggi?

I giovani oggi si perdono per un niente perché non hanno dei punti di riferimento, specialmente in questi quartiere dove non ci sono servizi e o strutture per tenerli impe-gnati e sottratti alla strada. Essendo quindi

Il Regno di Dio è qui

Corso Umberto I, 303Tel. 081.885.19.50Marigliano (NA)

[email protected]

Riflessioni Dicembre 20184

di Mariateresa Vitelli

Chi è assiduo (e attento) alla Mes-sa domenicale, ha sicuramente notato i sempre più frequenti

inviti del nostro parroco a non limitarci alla sola frequenza settimanale per sentirci cri-stiani doc o, perlomeno, tranquilli con la coscienza; ma ciò non significa aumentare la frequenza all’edificio chiesa (ipotesi co-munque valida a certe condizioni) oppure aumentare gli impegni parrocchiali: que-sti sono “metodi” sicuramente utili se sono manifestazione della carità che opera in noi (“Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? … mostra-mi la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede” Gc 2, 14,18). Tuttavia la proposta che viene dal pulpito mira ad altro ed e in linea con quanto ha proposto Papa Francesco, nella messa ce-lebrata giovedì 25 ottobre a Santa Marta: «Sarà una bella abitudine se tutti i giorni, in qualche momento, potessimo dire: “Si-gnore, che ti conosca e mi conosca” e così andare avanti… Non servono «cristiani a parole» che dicono il Credo «a pappagal-lo». Infatti «Se qualcuno ci domanda “chi è Gesù Cristo”, noi sicuramente diremo quel-lo che abbiamo imparato nella catechesi: è il salvatore del mondo, il Figlio del Padre, Dio, uomo, quello che recitiamo nel Cre-do… «un po’ più difficile sarà rispondere alla domanda: “ma per te, chi è Gesù Cristo?”». E questa è una «domanda che ci mette un po’ in imbarazzo, perché devo pensare e arriva-re al mio cuore per dare la risposta».

Ecco la domanda di fondo presente

«il primo passo per la conoscenza di Gesù Cristo è la conoscenza della propria mise-ria, che ha bisogno di essere redenta, che ha bisogno di qualcuno che paghi il diritto a dirsi “figlio di Dio”».

Ecco allora, che «il primo passo» è «ri-conoscersi peccatori, ma non in teoria, in pratica… è riconoscersi peccatore e dire a se stesso le proprie miserie, vergognarsi di se stesso: è il primo passo».

«Il secondo passo per conoscere Gesù è la contemplazione, la preghiera» continua il Papa, proponendo la semplice invo-cazione: «“Signore, che io ti conosca”». Si tratta, ha spiegato Francesco, di «cono-scere se stessi e conoscere Gesù…qui si dà questo rapporto di salvezza: la preghiera» ed invita a «non accontentarsi con il dire tre, quattro parole giuste su Gesù» perché «conoscere Gesù è un’avventura, ma un’avventura sul serio, non un’avventu-ra da ragazzino…è un’avventura che ti porta tutta la vita, perché l’amore di Gesù è senza limiti». E cita l’apostolo Paolo (sempre nella lettera agli Efesini): «Quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità» è un’espressione per indicare, appunto, che «non ha limiti…e questo sol-tanto con l’aiuto dello Spirito Santo possia-mo trovarlo: è l’esperienza di un cristiano… Paolo lo dice: Lui ha tutto il potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare». Però «dobbiamo domandarlo: “Signore, che io ti conosca; che quando io parlerò di te, dica non parole da pappagal-lo, dica parole nate nella mia esperienza, e come Paolo possa dire: “Mi amò e si è con-segnato per me” e dirlo con convinzione». Proprio questa è la nostra forza, questa è la nostra testimonianza».

«Cristiani di parole, ne abbiamo tanti; anche noi, tante volte lo siamo» ha messo in guardia Francesco. Ma «questa non è la santità: santità è essere cristiani che opera-no nella vita quello che Gesù ha insegnato e quello che Gesù ha seminato nel cuore».

In questo periodo di Avvento, che ci porterà al Natale, chiediamolo come dono e come un programma

: cercare il volto del Signore, per cono-scerlo sempre di più e così sempre di più amarlo, per riceverne la volontà e la be-nevolenza , come afferma il salmo 26.

nelle omelie finora ascoltate: «per me, chi è Gesù Cristo? La conoscenza di Gesù Cristo che io ho, quale è? Quando dico che per me Gesù Cristo è il Salvatore, è così ma ognuno di noi deve rispondere anche dal cuore, quel-lo che sa e sente di Gesù Cristo» ha rilanciato Papa Francesco che, prendendo spunto dal passo liturgico di quel giorno (tratto dalla lettera agli Efesini (3, 14-21), ha fat-to notare che l’apostolo Paolo «ha questa inquietudine di trasmettere la propria espe-rienza di Gesù Cristo»… sebbene «non ha conosciuto Gesù Cristo cominciando dagli studi teologici…lui ha conosciuto Gesù Cri-sto per propria esperienza, quando è caduto da cavallo, quando il Signore gli ha parlato al cuore, direttamente». E «quello che Paolo ha sentito vuole che noi cristiani lo sentia-mo».

Se fosse possibile domandare a Paolo «chi è Cristo per te?», ecco che (ha afferma-to il Papa), lui racconterebbe «la propria esperienza, semplice: “Mi amò e si è conse-gnato per me”» e «questa esperienza Paolo vuole che i cristiani la abbiano…, l’incontro con Gesù Cristo gli ha fatto capire questa cosa grande».

Però è importante «dirlo con l’esperienza propria» ha suggerito il Papa che ci pone un’altra domanda: «come si può arrivare a questo, qual è la strada?». Forse, ha aggiun-to, «devo recitare il Credo tante volte? Sì, … per arrivare a questa esperienza aiuterà, ma non è quella giusta» e, continua Francesco, «Paolo quando dice che Gesù si è consegna-to per lui, che è morto per lui, vuole dire “ha pagato per me” e racconta nelle sue lettere la propria esperienza: “Io ero un peccato-re”…parte dal proprio peccato, dalla propria esistenza peccatrice, e la prima definizione che dà Paolo di se stesso è “peccatore”: scelto per amore, ma peccatore».

Dunque, come ci fa notare il Pontefice, «il primo passo per la conoscenza di Cristo, per entrare in questo mistero, è la conoscen-za del proprio peccato, dei propri peccati» e specifica: «Tutti noi ci accostiamo al sacra-mento della riconciliazione e noi diciamo i nostri peccati. Ma una cosa è dire i peccati, riconoscere i peccati e un’altra cosa è rico-noscersi “peccatore”, di natura “peccatore”, capace di fare qualsiasi cosa».

Ci vuole, perciò, la consapevolezza che

I passi per conoscere Gesù“ Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori “ (Efesini 3,17)

“Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco.” (salmo 26,8)

di Luigi Terracciano

nuovo compito, cui tu aderisci con tutto il tuo cuore: e sottolineo questa totalità del cuore, questa disponibilità totale. Perché solo Dio può chiedere questa totalità. E quando noi entriamo in questo rapporto totale con lui, scopriamo che non perdia-mo nulla ma che anzi è esaltata la nostra libertà, che sono dilatati confini della no-stra anima fino all’infinito di Dio…..”.

La celebrazione si conclude con un breve ringraziamento da parte di don Lino: “Grazie alla Chiesa, grembo della fede che ho creduto e credo come luogo che ha il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità, che vuole camminare povera cioè libera, forte e amorosa verso Cristo “.

Dopo aver ricordato la sua prima presenza in parrocchia, da giovane pre-te nel periodo ottobre 1987 - maggio

5Dicembre 2018 Riflessioni

1988, menziona con affetto e gratitu-dine due donne che hanno segnato la sua esistenza, la Sig.na Carmelina Sena e la dott.ssa Sandra D’Alessandro. Il suo mandato è annunciare il Regno attra-verso l’esperienza della Chiesa quindi in questi tempi in cui, citando Baricco, “la bellezza lasciataci dai padri è quasi introvabile a causa di mappe diventate illeggibili”, suo obiettivo sarà, con Isaia 54,2, “allargare lo spazio della sua tenda, allungare le cordicelle, rinforzare i pa-letti”. Secondo la profezia di Paolo VI, “la questione non è più fare della società una società cristiana quanto piuttosto di saper capire come da cristiano posso stare in questa società, io rimanendo lievito e sale, gli altri rimanendo farina da fermentare ed insipidire”. L’imma-gine conclusiva ha rievocato le nozze di Cana, con una madre premurosa e sensibile, con un maestro che indica i gesti da compiere, con chi offre invisi-bili benefici, dei quali magari neanche ci accorgiamo mentre continuiamo a far festa.

di Luigia Reginafoto di Antonio Esposito

Il 4 novenbre 2018 la comunità par-rocchiale di S. Maria delle Grazie in Marigliano festeggia l’insediamen-

to di don Lino come nuovo Primicerio della Collegiata; dopo 18 anni di servizio come parroco, don Pasquale Capasso ha lasciato l’incarico perché nominato Vi-cario Generale della diocesi di Nola dal Vescovo Mons. Marino. La celebrazione è presieduta dal Vescovo, concelebra-ta dal Vicario Generale, dal decano don Sebastiano Bonavolontà, dal Rettore del Seminario don Gennaro Romano con i seminaristi di Nola e Napoli, dai Vica-ri Episcopali e da tanti sacerdoti della seconda zona pastorale. Il rito d’inse-diamento prevede la presentazione del nuovo Parroco da parte del Vescovo, poi la lettura del decreto di nomina da par-te del cancelliere don Angelo Masullo, il rinnovo delle promesse sacerdotali, la preghiera di Benedizione pronunciata dal Vescovo.

A nome di tutta la comunità Pasquale Piccolo, educatore di Azione Cattolica, saluta il Vescovo: “Eccellenza, vogliamo ringranziarla per aver scelto don Lino quale guida della nostra comunità parroc-chiale. Questa nomina è per noi il segno del suo affetto e della sua sollecitudine. La nostra può dirsi davvero una comunità amata, da lei come dai suoi predecessori, che hanno donato a questa parrocchia parroci innamorati del Vangelo e decisi a servirlo attraverso il loro ministero. An-che a loro va il nostro affetto e la nostra riconoscenza. Amati da lei e ancor di più, benedetti dal Signore perchè per dirla con il Santo Curato d’Ars “Un buon pastore, se-condo il cuore di Dio, è il più grande tesoro che il Buon Dio possa accordare ad una parrocchia.” …. “.

Durante l’omelia il Vescovo ha det-to (da In Dialogo Chiesa di Nola): “Caro don Lino inizia una nuova stagione della tua vita, nella continuità dei vari ministeri che hai svolto, compreso quello di Vicario Generale. Il Signore ti chiama a questo

Don Lino D’Onofrio nuovo parroco della Parrocchia S. Maria delle Grazie

Questa domanda è assunta ed esau-dita nella preghiera di Gesù, presente ed efficace nell’Eucaristia; produce il suo frutto nella vita nuova secondo le beatitudini.

1San Cipriano di Cartagine2Tertulliano3Preghiera Eucaristica IV4San Cirillo di Gerusalemme

«Il regno di Dio [...] è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo » (Rm14,17). Gli ultimi tempi, nei quali siamo, sono i tempi dell’effusione dello Spirito San-to. Pertanto è ingaggiato un combatti-mento decisivo tra « la carne» e lo Spi-rito: «Solo un cuore puro può dire senza trepidazione alcuna: “Venga il tuo re-gno”. Bisogna essere stati alla scuola di Paolo per dire: “Non regni più dunque il

peccato nel nostro corpo mortale” (Rm 6,12). Colui che nelle azioni, nei pen-sieri, nelle parole si conserva puro, può dire a Dio: “Venga il tuo regno!”»4.

Con un discernimento secondo lo Spirito, i cristiani devono distingue-re tra la crescita del regno di Dio e il progresso della cultura e della socie-tà in cui sono inseriti. Tale distinzione non è una separazione. La vocazione dell’uomo alla vita eterna non an-nulla ma rende più imperioso il do-vere di utilizzare le energie e i mezzi ricevuti dal Creatore per servire in questo mondo la giustizia e la pace.

Catechetica Dicembre 2018 6

di Don Rolando Liguori

Nel Nuovo Testamento la pa-rola βασιλεία può essere tra-dotta con «regalità» (nome

astratto), «regno» (nome concreto) oppure «signoria» (nome d’azione). Il regno di Dio è prima di noi. Si è avvi-cinato nel Verbo incarnato, viene an-nunciato in tutto il Vangelo, è venuto nella morte e risurrezione di Cristo. Il regno di Dio viene fin dall’ultima Cena e nell’Eucaristia, esso è in mez-zo a noi. Il Regno verrà nella gloria allorché Cristo lo consegnerà al Padre suo: «È anche possibile che il regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che invochiamo con i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui bramiamo affrettare la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra risurrezione, perché in lui ri-suscitiamo, così può essere il regno di Dio, perché in lui regneremo»1.

Questa richiesta è il «Marana tha», il grido dello Spirito e della Sposa: «Vieni, Signore Gesù».

«Anche se questa preghiera non ci avesse imposto il dovere di chiedere l’avvento del Regno, noi avremmo, con incontenibile spontaneità, lanciato questo grido, bruciati dalla fretta di andare ad abbracciare ciò che forma l’oggetto delle nostre speranze. Le ani-me dei martiri, sotto l’altare, invocano il Signore gridando a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti del-la terra?” (Ap 6,10). A loro, in realtà, dev’essere fatta giustizia, alla fine dei tempi. Signore, affretta, dunque, la ve-nuta del tuo regno!»2.

Nella Preghiera del Signore si tratta principalmente della venuta finale del regno di Dio con il ritorno di Cristo. Questo desiderio non distoglie però la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi, la impegna maggior-mente. Infatti, dopo la pentecoste, la venuta del Regno è opera dello Spirito del Signore, inviato «a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione»3.

Il tuo regno è la nostra salvezzaRiflessione catechetica del nostro vice parroco

Grazie!!!La redazione di Rinascita insie-me alla comunità parrocchiale salutano Don Rolando Liguori che è stato trasferito dal Vescovo, come vice parroco, presso la par-rocchia “San Michele Arcangelo” di Saviano e lo ringraziano per la sua collaborazione redaziona-le e nel ministero parrocchiale! Un caloroso abbraccio da tutti.

Perciò sembrerà azzardato quanto sto per dire, ma io avrei una soluzione. Alle prossime elezioni non credo sia più il caso di chiedere trasparenza nella compilazione delle liste, niente quote rosa, niente fedina penale puli-ta. Chiediamo ai partiti una sola cosa: voglia-mo che tutti i candidati siano degli orfani. Sì, avete capito bene, candidiamo solo politici orfani. Così almeno potremmo risparmiarci qualche ventata di fango. Sì, sarebbe proprio una bella cosa e non lo dico perchè vorrei candidarmi, visto che sul mio curriculum c’è una orfanilità di diversi decenni. Non ho velleità da politico, ma appoggerei tranquil-lamente un politico orfano. Perché l’orfano sà quanto faccia male il pietismo e non pro-pinerebbe a nessuno quelle odiose facce da circostanza. Perché l’orfano è abituato a dimostrare che ce la può fare nel mare del-le avversità. Perché l’orfano è in prima linea se si tratta di fare sacrifici. Perchè l’orfano sa ricoscerere la sofferenza. Perchè l’orfano sa rialzarsi dopo una caduta. E poi perché l’orfano non ha niente da temere per il suo papà. Perciò alle prossime elezioni basta con questi figli di male-padre. Diamo inizio ad una nuova era. Sta per scocccare l’ora degli orfani!

7 Dicembre 2018 Rubriche

di Carmine Egizio

Da un pò di tempo i nostri politici muiono dalla voglia di comuni-carci di avere un nuovo tallone

di Achille. La loro vulnerabilità però non si manifesta in inadeguatezza o inadempien-za; no, questi oramai sono difetti acclarati da diverse legislature e, fortunatamente, pote-vano anche essere corretti. Il nuovo punto debole dei nostri politici invece è incorreg-gibile, non c’è verso perchè, se vogliamo metterla così, è un difetto di fabbrica: i loro genitori. Anzi, i loro padri. Non padri politici, ma proprio i padri, quelli genetici.

Ricorderete che un pò di tempo fa erava-mo alle prese con il papà di Elena Boschi e i suoi intrighi bancari sulla pelle dei corren-tisti. Parallelamente Tiziano Renzi, papà di Matteo, saliva agli onori delle cronache per il caso Consip. E mentre i due esponenti del Pd avevano le loro grane familiari, gli avversari politici passavano nei salotti televisivi inve-endo contro questi poveri figli per il com-portamento per niente edificante dei loro padri, invocando le loro dimissioni mentre si stracciavano le vesti per tanto squallore. Uno di qesti era il ministro del lavoro Di Maio che ad ogni passaggio televisivo tirava fango contro Boschi e Renzi vantanto la prtopria progenie.

E poi cosa è successo? Roba da non cre-derci. E’ toccato proprio a lui, al nostro caro Giggino Di Maio cadere in disgrazia per alcuni illeciti compiuti dal papà Antonio nell’amministrazione della sua impresa di costruzioni. Certo, un ministro del lavoro che dice di combattere l’illegalità con un padre che assume in nero i propri dipendenti non è proprio il massimo. Però, le cose stanno

L’ora degli orfaniSottostante - Dove i nostri occhi non arrivano

proprio così e Mariglianella, paese di Anto-nio Di Maio, chi l’avrebbe mai detto, è rim-balzata dall’anonimato totale ai tg nazionali. Però che bella immagine che mi restituisce una leggera infarinatura di Eneide letto alle medie: la mia Mariglianella ridotta a una Troia invasa dai nemici con il provero Enea-Giggino che fugge con il padre sul groppo-ne. E già, certi padri sono porprio pesanti e ingombranti.

Reminescenza classiche a parte, faccio una considerazione: allora è proprio vero che in famiglia non si parla più. Se questi figli non sanno cosa fanno i padri allora è proprio vero che le famiglie sono oramai allo sfascio, sen-za dialogo e senza comunicazione. I nostri politici ce li ritroviamo tra i piedi ad ogni tra-smissione televisiva, twittano su ogni refolo di vento ventiquattro ore al giorno, trovano il tempo addirittura per consigliare gli allenatori delle loro squadre del cuore sulla formazione da mandare in campo e non sanno che i loro genitori sono un mare di merda? Brutta storia, ma non per loro e nemmeno per i loro geni-tori, ma per noi che siamo nelle mani di questi poveracci che dovrebbero governarci ma non sono nemmeno capaci di sentire l’odore di il-legalità che sprigionano i loro padri.

Poesia

’O ssaccio, nce spero e ll’aspetto,e qquann’a Isso ô stongo ’e rimpetto,

ll’anema mia subbeto s’accujetae nun se guarda scunzulata areta.

Llà me veco ancora cu ll’amice,ca stèvene cu me dint’ ’e tiempe felice,a mammà e papà, ca m’hanno generatoe, p’ ’a gioia mia, a Isso ca m’ha criato.

’O posto ca pe me llà sta astipato,ma surtanto si me ll’aggio ammeretato,

nisciuno ’o po’ occupà, sta ’o nomme mio,e cchisto nomme nce ll’ha scritto Dio.

Chest’è ’a terra, ’o regno ’e dimane,e pirciò io devoto m’astregno ’sti mmane,

e, priànnele lle dico ’int’ ’a Messa:“Venga il tuo regno, Patate’, ma fa’ ampressa”.

QUANNO SARRÁdi Vincenzo Cerasuolo

Agenda Dicembre 20188

Mi fa male il mondodi Francesco Panetta

Mi fa male il mondo / mi fa male il mondo / Mi fa male il mondo / mi fa male il mondo / Mi fa male

più che altro credere che sia un destino op-pure una condanna che non esista il segno di un rimedio in un solo individuo che sia uomo o donna…

Così iniziava il brano del mitico ed in-tramontabile Giorgio Gaber dal titolo Mi fa male il Mondo.

Un brano tratto dall’album “E Pensare che c’era il Pensiero” che racchiude in se il male dell’essere umano, il dolore di vive-re, quel malessere che è ben manifestato nella parte iniziale del pezzo in cui Gaber in prima persona manifesta il suo pensie-ro, quello di un uomo sfiduciato, che vede quanto di marcio circonda la vita umana, ma che spesso non si vuol riconoscere, “un uomo che finge” come ammette lo stesso artista, … “siamo tutti uomini normali con l’illusione di partecipare senza mai capire quanto siamo soli”…

Una vera e propria finzione, un non ren-dersi conto di ciò che ci accade, il simulare che va sempre tutto bene, il non capire di essere parte del Mondo e non spettatori dello stesso, un malessere che si esprime qualche verso successivo parlando di un dolore che è insito in ogni essere umano, quello appunto del disinteresse, che non causa la morte dell’essere, ma che pian piano lo rende più triste, più cattivo, e ag-giungerei più egoista.

Gaber nel suo brano “Mi fa Male il Mondo”, che ricordiamolo quest’anno ha compiuto ventitré anni, rievoca un triste aspetto della vita che oggi più che mai

Visto, letto, ascoltato

che va sfruttato. Penso che lo stesso Ga-ber abbia incluso nel suo brano l’altro lato della medaglia “…Mi fa bene comunque credere che la fiducia non sia mai scompar-sa e che d’un tratto ci svegli un bel sogno e rinasca il bisogno di una vita diversa…”

La speranza di un uomo che non si debba sentire come Atlante, chino sulle ginocchia con tutto il peso del Mondo da portare, senza sapere come affrontare la vita; ma invece un uomo, che si affida al prossimo, che appunto si lascia aiuta-re, affidandosi pienamente nel Signore, combattendo il male più grande ovvero il male di vivere.

opprime la nostra società; ci siamo difat-ti evoluti tecnologicamente, riusciamo a trovare con un semplice click tante infor-mazioni cui un tempo non era cosi facile accedere, ma nonostante questo l’essere umano continua a prendere freddamente atto di ciò che gli accade intorno, a non interessarsi realmente agli eventi della quotidianità, o ancora si limita, usando il gergo moderno, a “visualizzare”, aggiun-gere un “like” o una emoticon.

Detto ciò non voglio in alcun modo demonizzare le nuove tecnologie, social o spazi web compresi, poiché facendone un buon uso essa è anche un bene/ un dono

augura a tutti i lettoriBuon Natale e un sereno 2019

La redazione di