azioni e dialoghi 2010/2011 -...

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Università degli studi di Bolzano Corso di laurea in Scienze della Formazione Anno Accademico 2010-2011 Relazioni degli studenti sulla filosofia pratica dell’azione A cura di Mario Gori

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Università degli studi di BolzanoCorso di laurea in Scienze della Formazione

Anno Accademico 2010-2011

Relazioni degli studentisulla filosofia pratica dell’azione

A cura di Mario Gori

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I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.“Il piccolo principe” A. Saint-Exupéry

“I bambini sentono benissimo lo scricchiolio delle cose che cadono e l’odore buono delle cose che nascono”. Loris Malaguzzi

«I ragazzi hanno bisogno di quelle che una volta si chiamavano “le cose più grandi di loro”.Hanno bisogno di prendere parte a cose vere.

Hanno bisogno di misurare la loro energia su scala più vasta che non siano la scuola e la famiglia.Hanno bisogno di concepire ideali ed’imparare ad amarli sopra ogni altra cosa.

Ciò che facciamo per incoraggiarli in questa direzione è giusto: ciò che facciamo per trattenerli è sbagliato». Striano M., La filosofia come educazione del pensiero Una conversazione pedagogica con

Matthew Lipman, “Scuola e città”, n° 1/2000

Non c’è modo di risolvere l’enigma del mondo, il mistero di ciò che siamo e di ciò che potremmo essere.

Il filosofare si accompagna a questo enigma, lo mantiene, lo alimenta, però non lo mitiga. Non è necessario (e forse nemmeno conveniente) aver paura di questo enigma.

Sarebbe come aver paura di noi stessi. Predisporre il cammino della filosofia per i bambini suppone non solo che siamo disposti a convivere

con questo enigma e quest’assenza di certezze, ma anche qualcos’altro: permettere che i bambini percorrano un loro cammino. Walter Omar Kohan, in “Infanzia e filosofia”

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PRESENTAZIONE DEL LAVORO

Le relazioni sono state svolte dagli studenti e studentesse frequentanti il secondo anno del Corso di Laurea in scienze della Formazione. I contesti di realizzazione sono stati i più diversi: dalla scuola di infanzia, a quella primaria, ai gruppi Scout, alla piazza del paese, alla propria abitazione… a dimostrazione che il percorso può essere attivato in qualunque luogo purché vi sia un educatore e un gruppo di bambini di qualsiasi età.Complessivamente sono stati coinvolti circa 140 studenti ognuno dei quali ha registrato e svolto la relazione rapportandosi con una media di 12 bambini.Ogni relazione si è basata su una media di 4 ore di incontro con i bambini per circa 500 ore complessive.Le pagine stampate sono state più di 1500. Ne riportiamo circa 300.Riportaimo all’inizio, alcuni dei commenti che gli stessi educatori hanno fatto durante lo svolgimento del loro lavoro.Abbiamo evidenziato in grassetto le considerazioni che ci sono sembrate più significative e innovative.Come prima relazione proponiamo quella di Miribung Elisabeth, che è certamente la più puntuale e completa, seguono alcune delle altre in ordine alfabetico.

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CONSIDERAZIONI DEGLI STUDENTI

Chi è vicino ai bambini - in famiglia o al nido - sa che anche i piccoli sono capaci di esprimere molto bene i loro pensieri in sguardi, gesti e parole, se incontrano nel loro ambiente di vita e nelle relazioni significative uno spazio di riconoscimento e di valorizzazione.1 L’educatrice che svolge il lavoro di annotazione dei dialoghi che seguono come in questo caso attività motorie, giochi, scambi è accanto ai bambini nei loro percorsi di gioco e di esplorazione e, con la sua presenza attenta e sensibile partecipa alla costruzione di piccole storie di forte intensità emotiva. L’ascolto reciproco, l’attenzione all’altro, la capacità di accogliere punti di vista diversi ma anche di tener salde le proprie idee, crescono nella trama di incontri e relazioni delle giornate all’interno del nido. Le parole si arricchiscono di significati attraverso nuove scoperte. Un ascolto complice, che sa accogliere e riconoscere le emozioni, favorire lo scambi e la circolazione delle idee, sostenere gli interessi e le ricerche, alimentare le passioni e la spinta a crescere … nei bambini, ma anche negli adulti!

Quando mi sono cimentata in questa attività avevo il timore di non essere capace di condurre una gioco che fosse realmente in grado, da un lato, di far emergere e attivare le conoscenze già possedute, dall’altro capace di produrre nuovi saperi e nuove riflessioni; temevo che si riducesse ad una conversazione sterile fine a se stessa.Con mia grande meraviglia e felicità mi sono trovata davanti a degli abili osservatori, dei curiosi ed entusiasti piccoli esploratori del mondo desiderosi di sapere, capaci di mettere in pratica le conoscenze trasmesse dai campi di sperienza e dalle materie curriculari e di applicarle al reale. La nostra conversazione si è sviluppata quasi come un “stream of consciousness”, un flusso di coscienza, un flusso di sapere, un bagaglio di conoscenze e capacità nascose che aspettava solo di essere scoperte e attivate. La parola scritta non può rendere l’entusiasmo con cui i bambini erano desiderosi di rispondere e partecipare al nostro brain storming, terminato il quale mi hanno chiesto anche nei giorni successivi di potervi giocare ulteriormente “Il gioco è un’attività escusivamente unana prodotto della cultura il cui scopo è quello di apprendere gioiosamente qualunque contenuto e di educare alla scoperta di sé e alla convivenza democratica”Partendo da un gioco molto semplice ed elementare come quello delle statuine siamo riusciti a toccare moltissimi temi ed argomenti: dalla grammatica della lingua italiana con l’analisi di verbi e aggettivi, ai risvolti della terminologia inglese; dalla matematica con l’infinità dei suoi numeri, alla religione nel confronto tra le diverse credenze; dalle scienze con il delineare le diverse caratteristiche tra esseri viventi e non fino a parlare del ciclo vitale dell’acqua, per giungere infine a discutere dei grandi temi come quello dei sentimenti, della vita e della morte dando prova che l’interdisciplinarità non solo è possibile ma che si presenta come il metodo più efficace possibile, quello del gioco.Nel proporre l’attività ho deciso di partire dalle espressioni del viso e del corpo come rivelatrici di sentimenti, stati d’animo e pensieri dal momento che il linguaggio mimogestuale ha conservato più di tutti quelle caratteristiche di universalità comunicativa che divengono indispensabili dentro una realtà sociale così diversificata, complessa e al tempo stesso ricca come quella che si trova nella scuola. Una riflessione su ciò che ci accomuna, su ciò che rende uguali può essere di conforto di fronte alle difficoltà per prendere coscienza del fatto che non sono soli, che anche gli amici all’apparenza più sereni e felici possono nascondere dietro un sorriso tanta solitudine e tristezza. Vi sono bambini che devono affrontare il cordoglio per la separazione dei genitori, il disagio derivato da situazioni di estrema povertà e il dolore del sentirsi poco capiti da un compagno. Questo gioco ha permesso loro di riflettere su questi sentimenti comprendendo che la realtà non è sempre bianca o nera, che infondo, tristi o felici, arrabbiati o sereni, impauriti o sorpresi, sono sempre loro, nella loro complessità, ambivalenza e unicità.Attraverso questo gioco hanno potuto inoltre esplorare la ricchezza di alcuni aspetti che la diversità culturale offre loro, come quelli legati alla credenza religiosa. Questa attività si è presentata come occasione per conoscere un mondo che di rado viene esplorato. Nello studio della religione cattolica si affronta lo studio delle altre religioni, ma solo in forma scritta; inoltre i bambini esonerati da tale disciplina non hanno la possibilità di scoprire l’altro.

1 Tratto da “Pensieri e Parole tra bambini al nido”. Una raccolta di dialoghi tra bambini all’interno del Nido dell’Università di Trento.

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Durante l’attività sono emersi tantissimi spunti didattici che si prestavano come argomenti ed esperienze da approfondire ma purtroppo attualmente non godo della possibilità di sperimentare ulteriormente tale metodologia didattica sull’intera classe. Con delusione e rassegnazione devo ammettere la scetticità di molti nel cimentarsi in una nuova didattica, una didattica alternativa che prende le distanzia dalla lezione frontale e dal sapere enciclopedico e che promuove il corpo come mediatore didattico, un corpo in azione che vede riacquistata la propria dimensione simbolica, che ci permette di svolgere un ruolo attivo nell’ambiente e nella costruzione del sapere, che ci dà la possibilità di intervenire nella realtà concreta e in questa maniera ci consente di conoscerla, di esplorarla, sperimentarla ed infine interiorizzarla. “La parola deve poter rimanere o diventare una parola-esperienza, parola intesa come unità di un linguaggio che è espressione di un certo processo di organizzazione del pensiero, che può avvenire solo grazie all’esperienza della realtà. “ 2

La proposta didattica - attività che di seguito svilupperò si basa su alcuni concetti che vengono espressi nel testo del Prof. Gori, “Actiologia”. In particolare ho preso inizialmente in esame il linguaggio mimogestuale legato all’espressione degli stati emotivi; che attraverso una metodologia interdisciplinare permette di lavorare anche su altri aspetti delle diverse discipline scolastiche e su altri linguaggi espressivi-comunicativi. Prima di definire quali materie e come esse si uniscono e si integrano a vicenda, riporto delle citazioni tratte dal testo Actiologia, che permettono di chiarire e spiegare i fondamenti di questa scienza. L’Actiologia è la scienza che studia il corpo, il corpo in azione: “corpo pensato e pensiero agito” . Attraverso le nuove proposte a scuola si deve sviluppare un’alfabetizzazione che accolga tutte le discipline e tutti gli aspetti dell’individuo, in tutta la sua unità, recuperando l’unità ambivalente dove PENSIERO E CORPO, TEORIA E PRATICA sono considerate contemporaneamente, non separate. Quindi, questa nuova metodologia ambisce ad un’alfabetizzazione “plurale”, di tutti i linguaggi (verbale – parlato - scritto, iconico – figurato, motorio, musicale, …) per poterli apprendere, sviluppare e sui quali riflettere. “Ciascuno ha la necessità di esprimersi e comunicare ciò che sente dentro di sé e ciò che vive, il che vuol dire fare uscire da sé, dire ad altri la propria interiorità e la propria interpretazione del mondo. Tra i vari linguaggi attraverso cui una persona può esprimersi e comunicare, riveste particolare importanza quello mimo – gestuale[…] “ 3 Nella realtà odierna, nelle relazioni, e anche nella scuola, il corpo, con le sue azioni e la gestualità, è spesso considerato qualcosa di separato da ciò che è pensiero e riflessione. L’attività fisica a scuola è spesso una disciplina impostata e che dedica attenzione solo a esercizi fisici, muscolari, di resistenza o forza, senza considerarne l’aspetto cognitivo – di pensiero, culturale, affettivo e etico dell’individuo. E, a loro volta, le discipline “teoriche” escludono l’aspetto corporeo, gestuale e dell’azione. È bene ricordare però che ad ogni disciplina corrisponde un’ intelligenza, legata ad un linguaggio specifico: verbale – linguistico, mimico – gestuale, grafico – pittorico, scientifico, matematico, storico e geografico. La nuova scuola, come sostiene il Prof. Gori, pertanto, deve fornire agli alunni tutti questi linguaggi e quindi offrire un’alfabetizzazione plurima, che cancella il dualismo (la separazione) e esalta l’ambivalenza, in coerenza con l’unità; si faranno quindi TEORIA-PRASSI coinvolgendo tutti i campi di esperienza, tutte le discipline e tutti i soggetti

Come sostiene il Prof. Gori l’uomo “è un corpo; […] è ed esiste, si struttura e si esprime come corpo animato di vitalità psico-socio-cognitiva”. L’Actiologia permette di mettere in evidenza e di considerare sempre l’unità della persona e, dal nostro punto di vista educativo – scolastico in particolare, del bambino; in quanto “non esiste un pensiero disincarnato, avulso dalla materia cerebrale e dai suoi processi, né è possibile alcuno stato emotivo senza un organismo e i suoi cambiamenti fisiologici.”4 Per questo i nostri progetti devono esser organizzati e programmati su questa concezione di UNITÀ DELL’UOMO, ed è da qui che emerge la necessità di unire anche i saperi, che sono gli elementi costituitivi del processo di apprendimento e crescita del bambino. L’interdisciplinarità permetterà di 2 M:GORI, Actiologia. Il corpo pensante e il pensiero agito. Aracne Editrice, Roma 20103 M.GORI,, 2010, p. 36.4 M.GORI,, 2010, p. 194; p. 202.

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riprendere in considerazione CORPO e PENSIERO uniti: la parola sarà incarnata nel corpo e il corpo sarà pensante. Attraverso quest’atteggiamento didattico - metodologico la scuola accoglie linguaggi verbali e non verbali contemporaneamente all’interno dei suoi percorsi di insegnamento - apprendimento e alfabetizzazione, permettendo così un’educazione completa e positiva dell’alunno, nel rispetto, appunto, della sua unità. Riguardo a questo il Prof. Gori scrive: “È necessario procedere ad un’alfabetizzazione corporea-motoria così come si procede all'alfabetizzazione sugli altri linguaggi in reciproca integrazione, in modo tale che ne scaturisca una miglior conoscenza della propria grammatica cinesica che rinforza e perfeziona gli engrammi motori posseduti dal soggetto all'interno della propria genetica e della sua memoria muscolare e corporea.”5 È importante quindi l’alfabetizzazione su tutti i linguaggi che l’uomo utilizza o può utilizzare, per comunicare ed esprimersi. La comunicazione infatti non avviene solo nel modo “tradizionale” – verbale/parlato o scritto - ma anche attraverso gesti, respiri, sguardi, espressioni, posture, e quindi anche silenzi … Non dobbiamo quindi lasciare separate le discipline, pensando ancora che non sia possibile unirle. Non dobbiamo più fare Italiano, Matematica, Storia, Ed. all’Immagine, Musica oppure Ed. all’Affettività, alla Cittadinanza ecc, solamente in classe, seduti su di una sedia al banco, con un quaderno e una penna … la nuova Scuola deve proporre queste discipline UNITE tra loro e all’Ed. Fisica, in quanto anche attraverso l’Educazione Fisica “si fa Italiano, Matematica, Storia, Ed. all’Immagine, Musica, Ed. all’Affettività, alla Cittadinanza!”. Tutte queste discipline hanno come punto di partenza l’unità del bambino, formato cioè da un corpo e una mente. Questa concezione è riassumibile nella citazione : “corpo pensante e pensiero agito” (Gori). Attraverso l’interdisciplinarità è possibile realizzare una programmazione personalizzata, che permette al bambino di rispondere in modi diversi e di svilupparsi secondo la propria unità e, inoltre, di realizzare le attività scegliendo per ogni disciplina aspetti diversi ad essa affini. Un tema generale che riesca ad abbracciare le diverse materie connesse a riflessione-pensiero/corpo-azione contemporaneamente!“A scuola si può dire astrattamente al bambino rotolare, camminare ecc. mentre, facendolo agire giocando, possiamo partire dalla realtà anziché dalla lingua, poi riflettere sull’azione e semantizzarla. Il bambino lo ha fatto veramente e riesce ad imparare la parola corrispondente all'azione. La parola deve poter rimanere o diventare una parola-esperienza, parola intesa come unità di un linguaggio che è espressione di un certo processo di organizzazione del pensiero, che può avvenire solo grazie all'esperienza della realtà. Il linguaggio verbale viene quindi ad essere considerato un momento di una serie di esperienze della realtà fatte con differenti strumenti, ciascuno dei quali ci traduce un aspetto diverso del reale. Da espressione soggettiva, il gesto diventa un vero e proprio segno istituzionale, la comunicazione di una nozione e ben presto il suggerimento di un pensiero.”6

L’esperienza, le azioni sono quindi sullo stesso piano dei pensieri e delle parole (linguaggio verbale). Attraverso un’esperienza vissuta | un gesto | un’espressione, i bambini sviluppano il proprio pensiero, e successivamente attraverso il pensiero i bambini compiono delle nuove azioni che daranno origine a nuove riflessioni, e così via... creando un bagaglio di esperienze e conoscenze profonde, vive! In questo consiste l’UNITÀ: non imprigionarsi in una singola disciplina, ma cercare di fondere più discipline diverse insieme per portare l’esperienza corporea nell’esperienza “teorica” e l’esperienza teorica in quella corporea - attiva.

Come definito nelle Indicazioni per il Curricolo del 2007 le finalità della scuola consistono nell’offrire agli alunni occasioni di apprendimento dei saperi della cultura di base e dei linguaggi ad essa associati, e di promuovere l’acquisizione degli strumenti di pensiero adeguati alla vita quotidiana, per affrontare le scelte e per sviluppare l’autonomia dell’individuo.Le strategie didattiche ed educative che a scuola vengono realizzate devono, quindi, « tener conto della singolarità e complessità di ogni persona, della sua articolata identità, delle sue aspirazioni, capacità e delle sue fragilità, nelle varie fasi di sviluppo e di formazione»7.Per quanto riguarda il primo ciclo d’istruzione, scuola Primaria, la scuola a ruolo educativo e di orientamento e fornisce all’allievo opportunità di conoscenza e comprensione di sé, consapevolezza 5 M.GORI,, 2010, p. 646 M.GORI,, 2010,, p. 697 “INDICAZIONI PER IL CURRICOLO per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione”, “Centralità della persona”. P. 17

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delle potenzialità e progettazione di nuove esperienze. Inoltre, la scuola, favorisce lo sviluppo delle capacità necessarie per esprimere e interpretare le emozioni, gestirle, stimola la riflessione su atteggiamenti e comportamenti propri e altrui e il rispetto reciproco.L’alfabetizzazione culturale di base, nella scuola primaria, è intesa sotto l’aspetto culturale e sociale e strumentale che permette agli studenti di apprendere e potenziare l’uso dei vari linguaggi; viene offerta loro «l’opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i saperi irrinunciabili. Si pone come scuola formativa che, attraverso gli alfabeti delle discipline, permette di esercitare differenti potenzialità di pensiero, ponendo così le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico»8.Analizzando queste prime citazioni tratte dalle Indicazioni per il Curricolo, si evidenzia il carattere nuovo e rinnovato della scuola, che veste di nuovi abiti, e che sottolinea l’importanza dell’alunno, della sua individualità, del suo pensiero e del suo sviluppo personale.Il compito della scuola è, per di più, sostenere gli alunni nello sviluppo della responsabilità e della legalità, nelle scelte e nelle azioni consapevoli, per un miglioramento sia personale che sociale – globale della vita, nell’ottica di una cittadinanza competente e ragionevole. La scuola, persegue delle finalità specifiche, che la rendono un luogo idoneo alla formazione e agli apprendimenti degli individui, e per questo attiva dei percorsi che mirano a:«Valorizzare esperienze e conoscenze degli alunni»: dare senso a ciò che l’alunno conosce e possiede;«Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità»: non creare disuguaglianze, realizzare attività e compiti per rispondere alle varie esigenze;«Favorire l’esplorazione e la scoperta»: sollecitare le discussioni, individuazione e soluzione problemi, sviluppo pensiero critico e creativo;«Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere»: riconoscere difficoltà, punti di forza e strategie;«Realizzare percorsi in forma di laboratorio»: sostenere l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa.«L’acquisizione dei saperi richiede un uso flessibile e polivalente degli spazi usuali della scuola, ma anche la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino il processo di esplorazione e di ricerca: per le scienze, l’informatica, le lingue comunitarie, la produzione musicale, il teatro, le attività pratiche, al motricità …»9

A questa indicazione del Ministero, aggiungerei anche una precisazione: l’uso flessibile e polivalente non riguarda solo spazi e attrezzi, materiali, ma anche le stesse discipline. Infatti, per l’acquisizione dei saperi e lo sviluppo del pensiero, le discipline possono essere unite “flessibilmente” - e non rigidamente separate -, per conseguire al meglio quelli che sono i punti definiti precedentemente nell’elenco.Nelle Indicazioni, infine, sono riportate le discipline e le aree disciplinari nelle quali la scuola realizza i propri obiettivi.Nell’AREA LINGUISTICO-ARTISTICO-ESPRESSIVA, per esempio, troviamo l’apprendimento delle lingue e dei linguaggi non verbali attraverso varie discipline, che «concorrono a definire un’area sovra disciplinare, in cui esse ritrovano una comune matrice antropologica nell’esigenza comunicativa dell’uomo e nell’esplicazione di facoltà uniche e peculiari del pensiero umano»10. Gli alunni in questo contesto hanno possibilità di scoprire e sviluppare le forme comunicative e espressive delle varie discipline, costruire apprendimenti ed essere autonomi anche nelle situazioni presenti della vita quotidiana.Il documento ministeriale, inoltre, sostiene la realizzazione di operazioni guidate e mirate alla conoscenza, da parte degli alunni, dei diversi linguaggi e codici specifici di espressione, alla comunicazione e alle sue diverse modalità. In questo senso, la comunicazione quotidiana, artistica e corporea si fondono in un unico processo di apprendimento che ne accrescerà le competenze e ne favorirà la comprensione.

8 “INDICAZIONI PER IL CURRICOLO per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione”, “Alfabetizzazione culturale di base”. P. 429 INDICAZIONI PER IL CURRICOLO; p. 46.10 INDICAZIONI PER IL CURRICOLO; AREA LINGUISTICO-ARTISTICO-ESPRESSIVA, P. 47.

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Nell’ambito “Corpo movimento sport” si promuove «la conoscenza di sé, dell’ambiente e delle proprie possibilità di movimento […] formazione della personalità […] consapevolezza della propria identità corporea […]»11.Le attività che la scuola propone favoriscono opportunità di riflessione, confronti su sé e il proprio corpo ed esperienze cognitive – sociali – culturali e affettive. Attraverso il gioco, lo sport e le attività gli alunni esplorano lo spazio e conoscono – oltre al proprio corpo – gli altri, instaurando relazioni e costruendo insieme apprendimenti. L’attività corporea è mezzo per creare incontri e per valorizzare le diversità, evitando la formazione di disuguaglianze e separazioni.Gli studenti all’interno dei vari percorsi che la scuola propone, svilupperanno diverse competenze, come: consapevolezza del corpo e degli schemi motori – posturali; utilizzo del linguaggio corporeo e motorio per comunicare ed esprimere i propri stati d’animo, anche attraverso la drammatizzazione e le esperienze ritmico-musicali; vivere esperienze motorie che coinvolgono i diversi aspetti disciplinari: linguistici, scientifici, sportivi …; riconosce i valori dell’azione e dei giochi in favore del benessere fisico e cognitivo-affettivo.In base a questi elementi definiti dalle Indicazioni per il Curricolo, mi è stato possibile ricavare e scegliere le finalità generali e gli obiettivi previsti per l’attività che ho proposto al gruppo di bambini.

Il proposito di fare filosofia con i bambini non è – come qualcuno crede – troppo ambizioso per un docente della scuola primaria. Riflettendo sui termini, s’intuisce che “fare” significa compiere un’esperienza, un percorso, insieme ai bambini; “filosofia”, indica non il sapere calato dall’alto, da grandi pensatori, ma le riflessioni sui grandi temi che permeano l’esistenza umana; infine, la preposizione “con” rimanda al contatto e all’incontro tra persone.Nelle cinque ore che ho dedicato a questo lavoro, ho potuto instaurare con i bambini uno scambio relazionale, durante in quale non mi sono imposta come dispensatrice di verità assolute, ma come guida discreta e ascoltatrice attenta. Ho cercato di non esprimere giudizi rispetto a quello che veniva detto; certo, avendo a che fare con bambini di sei - sette anni, ho dovuto di tanto in tanto rinforzare positivamente le loro risposte oppure indirizzare la discussione in un senso piuttosto che in un altro. L’intento era quello di far esprimere i bambini in piena libertà, senza che avessero alcun timore. Volevo che capissero che non esisteva risposta giusta o sbagliata. Fare filosofia a scuola forse è proprio questo: discutere, confrontarsi, senza preoccuparsi di dare risposte definitive.A questo proposito, mi sembrano significative le parole di Walter Omar Kohan, in “Infanzia e filosofia”: Non c’è modo di risolvere l’enigma del mondo, il mistero di ciò che siamo e di ciò che potremmo essere. Il filosofare si accompagna a questo enigma, lo mantiene, lo alimenta, però non lo mitiga. Non è necessario (e forse nemmeno conveniente) aver paura di questo enigma. Sarebbe come aver paura di noi stessi. Predisporre il cammino della filosofia per i bambini suppone non solo che siamo disposti a convivere con questo enigma e quest’assenza di certezze, ma anche qualcos’altro: permettere che i bambini percorrano un loro cammino.12

Unire allo scambio relazionale il gioco e le azioni motorie consente al bambino di sperimentare l’unicità di mente e corpo, di percepirsi cioè come un unicum fatto di spirito e materia, di anima e di corpo. Non si tratta soltanto di imparare attraverso il corpo oppure di imparare facendo, ma di riflettere – partendo dall’azione e dal gioco – sul valore del corpo, sul fatto di essere un corpo nel mondo.Nei Nuovi Piani di Studio Provinciali, ogni disciplina viene tradotta in una serie di indicatori di competenza che – in linea di massima – ne richiamano i nuclei essenziali. La competenza viene quindi articolata in abilità e conoscenze, con lo stesso metodo adottato dal DM 130/07 dal MIUR per il curricolo del biennio obbligatorio d’istruzione del secondo ciclo, che richiama a sua volta, la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 (EQF).Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria, tra gli Obiettivi generali del processo formativo, si fa riferimento alla corporeità come valore. Considerare il corpo come “modo globale di essere nel mondo e di agire nella società” è il presupposto fondamentale da cui far scaturire qualsiasi percorso didattico.

11 INDICAZIONI PER IL CURRICOLO; Corpo movimento sport – p. 7312 W.O.KOHAN È professore di Filosofia dell’Educazione nell’Universidade do Estado do Rio de Janeiro. Il libro da cui è tratta la citazione è: Infanzia e filosofia, a cura di Chiara Chiapperini, Morlacchi Editore, Perugia 2006, pag. 45.

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Vorrei concludere, riportando uno scritto di Loris Malaguzzi, padre del sistema pedagogico su cui si fondano gli asili nido e le scuole dell’infanzia reggiane, modello studiato ed imitato in tutto il mondo. In questa “poesia”, Malaguzzi denuncia la separazione di “testa e corpo” attuata dalla scuola e rivendica l’esigenza dei fanciulli di affermare che il cento c’è, ossia che il corpo non è un abito e che dare valore all’espressione corporea vuol dire attribuirne a tutte le altre dimensioni che “compongono” una persona: cognitiva, morale, sociale, spirituale …

Invece il cento c'èIl bambino è fatto di cento.Il bambino hacento linguecento manicento pensiericento modi di pensaredi giocare e di parlarecento sempre centomodi di ascoltaredi stupire di amarecento allegrieper cantare e capirecento modida scoprirecento modida inventarecento modi da sognare.Il bambino ha cento linguee poi cento cento e cento)ma gliene rubano novantanove.La scuola e la culturagli separano la testa dal corpo.Gli diconodi pensare senza manidi fare senza testadi ascoltare e di non parlaredi capire senza allegriedi amare e di stupirsisolo a Pasqua e a Natale,Gli dicono di scoprire il mondoche già c'èe di centogliene rubano novantanove.Gli dicono cheil gioco e il lavorola realtà e la fantasiala scienza e l'immaginazioneil cielo e la terrasono cose chenon stanno insieme.Gli dicono insomma che il cento non c'è.Il bambino diceInvece il cento c'è.13

Lo stupore e la curiosità dell’interrogarsi di fronte al mondo sono elementi propri dell’essere umano che già in tenera età inizia a porsi domande radicali sul senso del proprio esistere e della realtà che lo circonda. Ogni giorno, nel mio lavoro di insegnante, posso osservare e ricordare che 13 Da www.reggiochildren.it

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i bambini (gia a partire dai tre-quattro anni) vogliono sapere di tutto; da dove sono venuti, cosa significhi morire, come si spiega il miracolo della vita e spesso non basta rispondere alla prima domanda, essa infatti, sarà la prima di una serie di infiniti " Perché?". Domande e risposte di chiara natura filosofica che in genere già nell’età scolare , spesso perché sottovalutate, si spengono trasformandosi in ovvietà e stereotipi. Come insegnanti, ma non solo, siamo quindi chiamati a rispondere prontamente e a meravigliarci insieme a loro davanti al mistero del mondo in cui viviamo e che ci accoglie. La condizione umana, dall’alba dei tempi è caratterizzata da una inquietudine che, se non riconosciuta e ascoltata, rischia di immobilizzarci sottraendoci la possibilità di intraprendere un autentico percorso di crescita. Ma quale sapere allora, quale disciplina può aiutarci in questo orizzonte conoscitivo? Io credo, e ne ho avuto la conferma frequentando le lezioni del professor Mario Gori, spetti alla filosofia soprattutto, il compito, attraverso un’analisi essenziale, di cogliere il senso della storia e dell’uomo e di indicare il cammino da percorrere. L’educazione al pensiero attraverso la pratica del filosofare può realizzare uno spazio di felicità nella misura in cui essa è donatrice di senso. Senso che si realizza nella mediazione che si instaura tra me e il mondo, tra me e l’altro-l’altra. In questa prospettiva, il filosofare, inteso come capacità di riflettere su ciò che si ritiene importante ed essenziale, può divenire uno strumento educativo per educare a pensare. “Parlare di filosofia per bambini può sembrare un’idea strana per la gente comune, anche la maggior parte degli operatori scolastici pensa che questa disciplina sia ben lontana dall’orizzonte della scuola di base in quanto non accessibile ad età così giovani; pensare alla filosofia nella scuola dell’infanzia può sembrare persino assurdo…. “Nella realtà scolastica, anche italiana, tuttavia l’espressione “filosofia per/con i bambini” (Philosophy for Children - P4C) si sta diffondendo insieme alla sua pratica. Non si tratta di anticipare il tradizionale insegnamento della filosofia a fasce di età anteriore alla scuola superiore, ma di utilizzare il metodo del dialogo filosofico per stimolare i bambini a una riflessione su contenuti filosofici propri del loro vissuto.”[14]

La "Philosophy for children" (conosciuta anche con l’acronimo P4C) rappresenta oggi, a più di trent’anni dalla sua creazione, una delle proposte più riuscite nell’educazione al pensiero. L’idea di affrontare problematiche filosofiche con “children” ( = bambini, fanciulli, ragazzi), ossia con soggetti dai 3 ai 18 anni, risale all’inizio degli anni ’70 e fu di Matthew Lipman che, allora professore di logica alla Columbia University, si rese conto della difficoltà che i giovani incontravano nello studio della sua disciplina e formulò l’ipotesi che alcune problematiche di logica e più in generale il rigore del pensiero fosse possibile insegnarli già dalle scuole medie. Per questo motivo, Lipman si era interrogato anche su come riuscire ad insegnare a pensare, come insegnare la logica prima di quel momento. In quegli anni, la psicologia evolutiva si ispirava fortemente a Piaget, epistemologo genetico che ha elaborato una teoria molto ampia e consistente, relativa agli stadi del pensiero. Lipman si lasciò guidare dalla teoria pagetiana (a cui seguirono, successivamente, anche altri stimoli mutuati dalla psicologia della mente), per individuare intorno ai 10-11 anni l’età - corrispondente alla produzione del pensiero ipotetico-deduttivo -, in cui si poteva insegnare la logica. “Secondo Lipman, l’esercizio critico del pensiero, l’incontro con temi e problemi che stimolassero una ricerca di conoscenza, il confronto con diverse ipotesi di interpretazione del mondo e con diversi percorsi logici, l’apertura alla dimensione filosofica dell’esperienza dovevano invece essere un elemento essenziale in ogni percorso di formazione. Era necessario, tuttavia, che fossero offerti molto precocemente. Ma come? Bisognava costruire strumenti e materiali che proponessero problemi, inducessero perplessità, coinvolgessero in una dimensione euristica. Da qui l’idea di scrivere racconti strutturati in forma dialogica, che costituissero una base di lavoro per esperienze educative in cui venisse messo in gioco il pensiero di tutti e di ciascuno attraverso la discussione, l’argomentazione, il dialogo… Da qui, inoltre, la creazione di una metodologia didattica che vedesse ogni gruppo di apprendimento (dalle classi di scuola materna ed elementare ai gruppi di formazione degli

14 Si parla di “filosofia per bambini” quando si utilizzano per la discussione libri scritti appositamente per i bambini e quando ci si prefigge lo scopo insegnare la filosofia, si usa l’espressione “filosofia con i bambini” nel caso in cui  si utilizzino idee filosofiche per migliorare l’apprendimento di tutte le materie del curricolo.

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insegnanti) configurarsi come "comunità di ricerca" in cui tutti, insieme, potessero costruire conoscenza condividendo una comune responsabilità euristica”.[15] Lipman incominciò, per perseguire questo obiettivo, a scrivere un primo racconto, Harry Stotllemeier’s discovery16; il testo narra la storia di un ragazzo di 10 anni che un giorno, interrogato in scienze, scopre suo malgrado che, se è vero che i pianeti ruotano intorno al sole, non è egualmente vero che tutti i corpi che ruotano intorno al sole siano pianeti. Da qui inizia una ricerca di tutta la classe sulle regole della logica, sul bene e sul male, sul giusto e l’ingiusto, sul valore del dialogo; la scoperta centrale consiste nel valore del pensiero: “possiamo riflettere su tutte le cose e i fenomeni del mondo, ma tutte le cose e i fenomeni del mondo non possono riflettere su di noi” – afferma il protagonista, quindi il “focus” della scoperta consiste nel “pensiero sul pensiero”.La scoperta di Henri Stottelmeier è la scoperta che fece Aristotele per introdurre i ragazzini a una riflessione intorno alla logica.

Far filosofare i bambini, i ragazzi e i giovani vuol dire stimolare e sviluppare un’attitudine critica e autocritica al servizio della razionalità e alla pratica dei propri sentimenti perché per arrivare alla comprensione umana (che si può considerare essere il vero fondamento etico della convivenza democratica) serve l’esercizio e la pratica. Il dialogo e la comunicazione si trasformano da metodologia a didattica quando ognuno di noi si convince fino in fondo che porta "l’altro" dentro di sé anche quando "l’altro" non ci piace. Filosofare con i bambini vuol dire dunque avviare un processo di democratizzazione del pensiero.Lipman ha dato avvio ad un approccio filosofico che prepara i bambini ad essere pronti ad affrontare meglio il mondo contemporaneo. Una delle condizioni che Lipman ritiene necessaria per raggiungere una cittadinanza globale è pensare ai tre tipi di ragionamento che si possono sviluppare nel settore educativo. Occorre guardare alle abilità di pensiero come a dei prerequisiti basilari per pensare bene e predisporre un contesto educativo idoneo a sviluppare le inferenze induttive e incoraggiare la formulazione di domande.Per raggiungere questi obiettivi è necessario indagare sulla evoluzione della dimensione cognitiva, promuovendo competenze intellettuali complesse all’interno di un contesto strutturato in cui vige lo scambio delle idee, l’apertura all’altro, l’interpretazione e la comparazione, l’attribuzione di senso e di valore. L’orientamento al valore come pensiero diventa un requisito fondamentale per un’educazione che mira alla formazione di un esercizio cognitivo di livello superiore che integra dimensioni critiche, creative ed affettive. “Appartenere ad una cittadinanza globale non significa soltanto avere la consapevolezza di far parte del proprio tempo ma significa saper cogliere la dimensione della tolleranza, del rispetto delle diversità altrui, si deve porre il ragionamento sopra ogni cosa, abituando i bambini a confrontarsi con l’incertezza, a prendere decisione nelle situazioni problematiche e soprattutto a saper sostare nel dubbio. “[17]Il ruolo del docente è quello di facilitatore, garante del clima di rispetto e della pertinenza delle risposte, a immagine del Socrate dei dialoghi platonici, che fa partorire le conoscenze. La voce platonica è una voce spezzata, incrinata da quella di centinaia di interlocutori dei dialoghi, che propongono la loro verità, che manifestano le loro idee, le loro prospettive, i loro punti di vista rispetto alla realtà. Platone scrivendo dialoghi, espose un logos spezzato, e, in fondo, questo rappresentava anche la scoperta della soggettività, la scoperta dell'individualità. Il docente non è un ascoltatore passivo o un garante di idee giuste, non ha “pillole di saggezza da dare” dall’ alto della sua maggiore cultura. Anzi deve saper ascoltare attentamente e accettare ogni intervento, ogni dubbio, ogni proposta creativa degli alunni, ponendosi nell’ottica che tutto è relativo, che il “bene e il male” dipendono da molteplici punti di vista e allo stesso tempo deve saper indirizzare gli interventi in una direzione piuttosto che in un’altra, pur lasciando emergere che non vi è un assolutamente giusto o un assolutamente sbagliato. Tutto “è buono”, come mi diceva il mio maestro di teatro G. Oliva, finchè ognuno è libero di esprimersi, confrontarsi, capire ed essere

15 M.STRIANO., La filosofia come educazione del pensiero Una conversazione pedagogica con Matthew Lipman, “Scuola e città”, n° 1/2000, reperibile in rete all’indirizzo http://www.sophia.unical.it/crif/P4C/intervista.htm.16 Il prisma dei perché, (adattamento e cura di A. Cosentino), Napoli, 2004, Liguori.; Sharp A. M., Oscanyan F. S., Lipman M., Il prisma dei perché. L’indagine filosofica. Manuale, (tr. e adattamento a cura di A. Cosentino), Napoli, 2004, Liguori17 M.LIPMAN., Elfie, mettiamo insieme i pensieri. Manuale, Liguori Editore, Napoli 1999 , tratto da http://www.psicopedagogie.it/filo.shtml

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capito. Su questo si fonda lo sviluppo della democratizzazione del pensiero. Solo così ognuno può approfondire la sua conoscenza del mondo e calibrare le propri convinzioni o propri punti di vista. Solo in questo modo si scopre, e si fa scoprire ai bambini la necessità di non assumere ciò che proviene dall'esterno passivamente, ma di rimetterlo in questione, discuterlo e offrirlo all'altro affinché manifesti il suo assenso o il suo dissenso, attraverso un logos che è vita, un logos che è «dia-logo», un logos che circola, che non ristagna negli angusti spazi del potere, dei mezzi che controllano, distribuiscono e amministrano il linguaggio.Ritengo che il dubbio e la continua rinegoziazione di presunte verità siano il motore del miglioramento cui siamo chiamati sempre, come persone. Pretendere di preconfezionare allievi pappagalli, anonimi e conformisti, pronti a fare il controcanto all’insegnante e al libro di testo è anacronistico e deleterio. Pedagogia e filosofia, oggi più che mai possono incontrarsi e realizzare con il loro abbraccio un nuovo modo di fare scuola ed educazione “che assicura alla sua utenza teste ben fatte, piene di perché, e cuori solidi, pieni di valori.”18 Portare la Filosofia fra i banchi significa avvalorare una scuola che dà voce alle domande, e non alle risposte preconfezionate, “che è laboratorio di ricostruzione e di reinvenzione delle conoscenze, che abbandona la logica dei saperi depositari, nozionistici ed enciclopedici, per dare “ali larghe ai suoi allievi-gabbiani”. 19

L’uomo agisce e quando riflette sull’azione, costruisce la cultura. Questa è la actiologia, una antropomotricità che sollecita il corpo pensante e il pensiero agito.20

A questo punto ci si potrà chiedere, forse scioccamente: “ma che c’entra l’educazione motoria e il gioco in tutto questo”? Mi par opportuno premettere, che a grandi maglie, il gioco è la principale attività del bambino dalla sua prima infanzia. Esso non ha finalità utilitaristiche ed è un fenomeno spontaneo.Il gioco rappresenta per il bambino non solo ciò che nell’uomo è l’attività cosciente, bensì ancheuna gamma estesa di manifestazioni della vita infantile quali, la curiosità, la combattività, l’imitazione. Il gioco, quindi, è un fenomeno essenzialmente umano che si manifesta con attività originate da un bisogno naturale di operare, di cimentarsi, di affrontare difficoltà, di riuscire a compiere determinate imprese, di contrapporsi al proprio simile, di superare con la tenacia o con l’astuzia o con qualità motorie ostacoli o quant’altro possa costituire un obiettivo ambito o piacevole o difficile o fantasioso. Sotto il profilo motorio, il gioco rappresenta un mezzo di ginnastica spontanea, libera da schemi precisati, con un forte potenziale educativo.21

Il bambino che gioca affina le sue qualità psichiche perché nelle attività ludiche egli orienta le sue azioni verso una determinata finalizzazione o verso campi dominati dalla fantasia creativa. Si genera un maggior impegno dell’intelligenza, dell’attenzione, del pensiero e della volontà, il che concorre a migliorare tali qualità della mente.Il bambino, poi, nell’esplicazione del gioco collettivo trova nei compagni una rispondenza che nasce dalle affinità fisiche e psichiche.E’ così che i giochi, nella loro multiforme varietà, coltivano, affinano e perfezionano le qualità dominanti quali sono di volta in volta la velocità, la coordinazione, la prontezza, la destrezza, l’abilità, i riflessi, la resistenza, le dissociazioni, ecc…Si può affermare che il gioco è un grande mezzo ortogenetico e auxologico, cioè un mezzo per favorire la normale crescita dei ragazzi. Sotto il profilo pedagogico esso è scuola di creatività e di formazione ai valori. Nel gioco il bambino produce, esprime e applica qualcosa di assolutamente personale, qualcosa di continuamente nuovo, che manifesta con la sua notorietà, il suo animo, il suo sentire, il suo lavoro costruttivo, la sua personalità.22

Il gioco dunque, se sapientemente elaborato dall’insegnante, può divenire un efficace strumento di conoscenza del mondo, dei mondi che ci circondano, e un’ importante veicolo di riflessione tramite il quale il bambino può sperimentare e rielaborare al fine di una più viva comprensione

18 F.FRABBONI, Didattica e apprendimento. Edizioni Sellerio, 2006 19 Ibidem20 M.GORI,, 201021www.puntoedu.riforma “il gioco motorio come base per lo sviluppo armonico del bambino” 22 http://www.sartorimichele.it/images/gioco_motorio.pdf

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anche i significati, il senso di concetti astratti e valori sui quali la nostra epoca vacilla e ci avvinghia in frustranti “perché”. Detto questo, non dimentichiamo mai che il pensiero è sempre correlato all’azione e l’azione al pensiero, proprio come ci spiega il professor Mario Gori nel suo “Actiologia”, la quale, a parer mio può essere vista come un’ evoluzione, un’ arricchimento importantissimo dell’ approccio di Lipman, in quanto aggiunge:”Il pensiero riflessivo sull’azione, sulla realtà di sé, degli altri e del mondo, contestualizzato, l’azione come continua verifica del pensiero, con effetti di natura pragmatica sia nelle relazioni che nel soggetto.”[ 23]Non serve per forza, oltre che insegnanti, essere filosofi o “maestri di vita”, dobbiamo semplicemente porci nell’ottica di una nuova pedagogia, che si realizzi in una “ …ricerca continua di una nuova identità che ri-medi la necessaria, attuale esigenza di ridefinire i rapporti tra filosofia e società, tra filosofia e politica, tra filosofia e vita, tra etica e ricerca del senso. Né allenatori o terapisti del corpo, ma educatori della persona che attraverso l’azione consapevole e competente dimostri la sua ineludibile unità fisico-simbolica.” [24]L’ educazione motoria, meglio di altre discipline si pone come mezzo e strumento per una didattica oltresi interdisciplinare, in cui teoria e prassi si fondono, permettendoci di affrontare “…. una rinnovata filosofia pratica e una riappropriazione della corporeità in cui pensiero e azione ridiventino azione-pensata e pensiro-agito, verso un mondo migliore costruite da persone nuove. L’approccio interdisciplinare alla metodologia e multidisciplinare alla didattica, apre a nuovi spazi di ricerca e di approfondimento. Incessanti sono i collegamenti tra la filosofia e il corpo in azione, si concretizza una reale possibilità di agire consapevolmente, competentemente e responsabilmente e contemporaneamente di poter riflettere sull’azione verso conoscenze, competenze e ricerca del senso. Ma anche di effettuare il processo inverso e cioè partire dalla riflessione teorica su alcuni tematiche esistenziali e dagli apprendimenti formali e informali e verificare se potevano essere realizzati nella pratica del corpo in azione. “25

Tutto questo implica di “….partire dall’azione per arrivare al pensiero, per tornare all’azione e di nuovo al pensiero come in una spirale in cui elasticità e consequenzialità, compressione ed espansione della struttura metodologico-didattica del lavoro si succedevano dinamicamente senza privilegiare né la pratica né la riflessione, né la causa né l’effetto, né il corpo né la mente..”.[ 26] Dobbiamo costruire la didattica su di un modello in cui pensiero ed azione si fondano per privilegiare la riflessione, la scoperta di senso e orientare al valore. Infatti: “… se ci soffermiamo anche un istante a comprendere una qualunque delle nostre azioni, vi troviamo già presente il senso più profondo della vita, delle relazioni, del rapporto col mondo. “[27]Il corpo è gesto, e il gesto è comunicazione, dobbiamo dunque riappropriarci del linguaggio del corpo e della sua comunicazione simbolica, attraverso la riflessione sul corpo, noi stessi, l’uomo e l’agire sul mondo. Il noi, il nostro agire è un corpo-pensante nel mondo.

Nietzsche nelle sue riflessioni e libri fa spesso riferimento al gioco, al gioco della vita, alla purezza del fanciullo, al pensiero come volontà di agire, alla transvalutazione dei valori. Per Nietzsche l’uomo, attraverso il gioco realizza una ‘presa di distanza’ dalla propria vita: ‘gioca’ il lavoro, ‘gioca’ l’amore, ‘gioca’ la lotta, ed in questo modo si auto-rappresenta. Il gioco è dunque innanzitutto una modalità rappresentativa, ed il gioco stesso di Nietzsche è un gioco di prospettive, di avvicinamenti e distanziamenti dalle cose, che ci permette di vedere ‘meglio’ la realtà, di comprenderla nel suo divenire molteplice ed incessante cambiamento. Tuttavia Nietzsche sottolinea che nel gioco non dimentichiamo mai la realtà, proprio perché essa è – per così dire - il ‘materiale’ esistenziale sul quale, e a partire da quale, si gioca. “Agli attori dunque non è concesso di togliersi la maschera, così come non è concesso lo sguardo di uno spettatore, uno sguardo esterno sul gioco del mondo: non c’è nessun luogo esterno al mondo da dove esso possa essere giudicato, neppure in quanto fenomeno estetico. Così la seconda presa di coscienza è uno

23 M.GORI,, 201024 M.GORI,, 201025M.GORI,, 201026 M.GORI,, 201027 M.GORI,, 2010

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sguardo interno al gioco, che riconosce l’apparenza non di contro ad una ‘sostanza’, ma come tutto ciò «che realizza e vive». In questo modo la volontà di verità ‘trapassa’ nell’accettazione di un’ermeneutica infinita, che non ha come assunto la mancanza di senso del mondo, ma al contrario la consapevolezza che esso ha innumerevoli sensi. Il mondo dunque è conoscibile nel senso che è infinitamente interpretabile. Si affaccia così nella filosofia di Nietzsche la possibilità per l’uomo di un nuovo inizio. L’uomo, può proseguire la propria avventura della conoscenza anche dopo aver sottratto a questo suo ricercare il tendere ad una meta ultima e definitivamente acquisita. Ci sono, sì, delle conquiste conoscitive intermedie presso cui è possibile ‘sostare’, ma non luoghi dove stabilirsi, perché il cammino della conoscenza è quel movimento incessante, nomade, che crea il gioco. L’uomo della conoscenza nietzscheano è il viandante che sosta per brevi periodi presso dei giudizi, dei sentimenti, delle considerazioni a cui la sua ricerca è approdata (non fosse altro che per considerarli da diversi punti di vista, così da poterli approfondire) – che costituiscono dunque delle mete provvisorie – per poi fare di essi dei punti di partenza verso nuovi territori. Raggiungere una meta definitiva, infatti, significherebbe la fine del viaggio, l’irrigidimento e l’assolutizzazione di un unico punto di vista. Inoltre, questo viaggio rimette continuamente in discussione anche il viaggiatore stesso, poiché il confrontarsi con nuove realtà e nuove percezioni delle cose comporta anche un viaggio dentro se stessi, verso ciò che in noi è ancora un mistero. Mettersi in viaggio è dunque anche e soprattutto un mettersi in gioco, un continuo andare ‘oltre se stessi’, affrontando il rischio della scomposizione e ricomposizione del proprio essere, delle proprie opinioni, dei propri gusti, dei propri affetti. È in “Così parlò Zarathustra” che la metafora del fanciullo che gioca assume un rilievo del tutto particolare e perviene alla più compiuta e ricca formulazione, legandosi ai temi maturi della filosofia nietzscheana: la volontà di potenza e l’eterno ritorno. Essa compare, in prima battuta, nel capitolo “Delle tre metamorfosi”, dove Nietzsche delinea il percorso che dall’uomo di oggi dovrà portare al superuomo. Tale evoluzione prevede tre trasformazioni dello spirito: in cammello, in leone, ed infine in fanciullo:” Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo? Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì. Sì, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo”. «Il gioco dona presente», ma non quel presente della quieta contemplazione dei fenomeni del mondo: «gioco è attività e creatività». Perché innanzitutto il gioco è un gioco di conferimento di senso reciproco fra i giocatori e gli oggetti coinvolti. E all’oltreuomo nietzscheano è conferito un senso a partire dal gioco di interpretazione della storia e dei fenomeni del mondo: è essenziale, dopo la morte di Dio, che egli sappia essere un giocatore. “Perché la terra è un tavolo divino, fremente per nuove parole creatrici e per divini lanci di dadi.”

Questo elaborato si prefigge lo scopo di lavorare sui SENTIMENTI, ed in particolare sulla PAURA, con bambini. Ogni insegnante può inserire questo lavoro all’interno di un progetto più ampio e che utilizza tempi maggiori analizzando anche altri sentimenti quali la felicità, la rabbia, il dolore, l’euforia etc. Le discipline coinvolte in questo lavoro sono italiano, educazione all’immagine ed educazione fisica.Il termine sentimento (derivato dal latino sentire, percepire con i sensi) indica ogni forma di affetto: sia quella soggettiva, cioè riguardante l'interiorità della propria individuale affettività, sia quella rivolta al mondo esterno.Le paure sono una costante dell'infanzia e anche dell'età più matura. Si ha paura di molte cose e a volte si ha paura di aver paura. Parlarne esorcizza le paure, scaccia le ombre, ci aiuta ad affrontare i timori. La paura è una intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto.È una delle emozioni primarie, comune sia alla specie umana, sia a molte specie animali.La paura emerge quando il contesto è dominato dalla minaccia del dolore o dalla sua percezione: in questo caso si è pervasi dal desiderio di scappare o comunque di allontanarsi dalla fonte di dolore, sia questa reale o immaginaria. Le paure non sono tutte uguali, ad esempio la paura dei topi o dei cani compresi quelli di piccola taglia, ma anche del buio, delle streghe, dei fantasmi sono irrazionali in quanto, derivano da minacce inesistenti, quali il buio, i topi, i cani, i gatti, i fantasmi, i serpenti, il cimitero.

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Invece le paure razionali derivano da pericoli possibili, come il gas, la corrente, il terremoto, il fulmine, il fuoco, i rapimenti, gli incidenti.A questo punto la paura si spiega come meccanismo di difesa: il timore ci protegge   dai pericoli. La prudenza serve a compiere le azioni in modo corretto.Le finalità di questo lavoro sono:

- Conoscere, riconoscere, interpretare, controllare i propri stati d’animo- Saper esprimere i propri stati d’animo- Trovare strategie per affrontare la paura- Riconoscere e valutare gli effetti delle proprie paure

Gli obiettivi sono:- Disegnare, esporre oralmente- Condividere esperienze- Trovare strategie per superare le paure

Il racconto che utilizzeremo serve per introdurre il nostro tema della paura, con lo scopo di proporre riflessioni sia sulle paure stesse, sia sulla loro origine, su come poterle superare.Si vuole far passare il messaggio che la paura, reazione naturale nell’uomo ed utile in cert’uni casi, spesso interviene in situazioni in cui non si conosce ciò che si ha innanzi. La paura del non noto, dello sconosciuto, di ciò che differisce dalla normalità, dalla routine. Occorre quindi imparare a conoscere, a cercare, diffidando delle situazioni pericolose, ma sempre ragionando senza lasciarsi trasportare da pensieri irrazionali, imparando a conoscersi, controllare le proprie reazioni.E’ importante che il bambino condivida le proprie esperienze ed il proprio vissuto con gli altri sia per riflettere sui propri comportamenti e le proprie reazioni, sia per sviluppare la capacità di esposizione orale e ciò grazie al dialogo in classe mediato dall’insegnante. Il bambino conosce i contenuti, parla di argomenti che conosce, pertanto può concentrarsi sulla forma espositiva. Proponiamo anche due attività, l’una con lo scopo di riconoscere ed accettare le paure del bambino stesso, l’altra di imparare a fidarsi dell’altro e capire come si può affrontare una paura.

“Dal corpo in azione e dal gioco, alla riflessione e da questa di nuovo all’azione”, è l’idea di base sulla quale abbiamo cercato di sviluppare la nostra lezione.Attraverso il gioco attivo il bambino sviluppa e impara le facoltà che sono alla base di ogni apprendimento successivo: attenzione, concentrazione, memoria, progresso di schemi percettivi, autocontrollo, capacità di confronto.Inoltre il gioco è strumento di crescita, infatti insegna al bambino a misurarsi e confrontarsi con se stesso, con gli altri e con il mondo, imparando a relazionarsi con la realtà che lo circonda.Con i bambini abbiamo pensato con il corpo e agito con il pensiero, facendo dei movimenti ai quali abbiamo conferito un senso, parlando di azioni e trattando temi filosofici molto importanti.A molti potrebbe sembrare insolito, complicato e inusuale parlare di filosofia con i bambini della scuola primaria, ma è necessario avvicinarsi sempre di più a un modello di scuola ricco di domande che non consegni risposte assolute tipiche del nozionismo, bensì lasci spazio al ragionamento, al dubbio e alla curiosità.Abbiamo inoltre cercato di destabilizzare i bambini per quanto riguarda l’idea che il più veloce arriva sempre per primo. Il portare alla luce il fatto che non è sempre così e che anche i più lenti in determinate circostanze arrivano per primi porta ad avere un riadattamento dei propri schemi comportamentali; il bambino svilupperà una maggiore flessibilità e riuscirà a rapportarsi in modo diverso con i tempi moderni dove “tutti corrono”.Abbiamo anche cercato di sottolineare l’intenzionalità delle nostre azioni, abbiamo parlato di democrazia: i bambini possono compiere scelte, possono decidere.Un altro argomento sul quale abbiamo lavorato è la formazione dell’identità personale dei bambini, mediante giochi e confronti tra bambini e animali, sottolineandone identità, differenze e uguaglianze.Abbiamo anche affrontato argomenti come felicità-tristezza, tempo-spazio, senza trascurare lo scambio dei ruoli, l’amicizia e la collaborazione.Ogni singolo bambino ha avuto la possibilità di agire, pensare, parlare.Come insegnanti ci siamo limitate a spiegare le regole del gioco e a porre domande, abbiamo lasciato che i bambini rispondessero liberamente, senza imporre idee, lasciando loro la libertà di pensare e agire.

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Ma il gioco, riveste un importante ruolo nella gestione delle emozioni di ansia, paura, rabbia, gioia. Non solo per imparare a conoscerle ma soprattutto per imparare a gestirle in modo adeguato. Ecco che in quest’ottica il gioco si trasforma in un veicolo privilegiato che l’insegnante può utilizzare per aiutare i bambini a sviluppare un modo costruttivo di pensare al fine di gestire al meglio forti emozioni negative quali, per l’appunto, la rabbia, l’ansia o la disperazione. Il gioco amplifica la creatività mediante l’invenzione di storie e personaggi: non potendo fare quello che fanno gli adulti, i bambini lo simulano trasformandolo in un modellino su scala ridotta e dando vita a una realtà parallela in cui vigono regole che solo loro conoscono. I pedagogisti concordano nel sostenere che un bambino che gioca molto nell’età infantile avrà più facilità nel socializzare da adulto.Il gioco ha anche un rilevante risvolto affettivo: i bambini reagiscono con grande entusiasmo alla disponibilità degli adulti a giocare con loro tanto che il coinvolgimento dei genitori in un’attività per loro seria è motivo di orgoglio.28 E’ proprio attraverso il gioco che l’adulto può davvero conoscere un bambino. Osservando i bambini giocare possiamo cogliere aspetti della loro vita interiore, della loro intimità, che altrimenti potrebbero rimanere latenti o chiusi.

E proprio la collaborazione e la convivenza sono due tra gli aspetti pedagogicamente più significativi del gioco, colonne sulle quali porre l’attenzione e sviluppare eventuali riflessioni filosofiche da costruire e condividere con gli alunni. Non è certo semplice, specie per chi ancora ha un’esperienza limitata in ambito scolastico, pensare e strutturare azioni e giochi a una classe che possano stimolare produttive discussioni sui grandi temi della vita. La parola filosofia fa subito pensare ai grandi autori Kant, Schopenhauer, Nietzche… ma come fare a presentare a dei bambini completamente impreparati argomenti così complessi? Non sarebbe nemmeno ipotizzabile trattare i grandi temi filosofici nel modo in cui essi vengono affrontati e sviscerati in gradi scolastici diversi. Quindi è importante, specie in una prima fase, pensare a qualcosa di più pratico e più appetibile da affrontare alla primaria.Del resto, in ambito scolastico, seppur in maniera estremamente semplificata, noi insegnanti non trattiamo quotidianamente temi filosofici? Quando parliamo di rispetto per gli altri, amicizia, convivenza, giustizia non stiamo, in qualche modo, già facendo filosofia? Non esercitiamo forse il pensiero critico stimolando negli alunni la ricerca della conoscenza? Nel mondo della scuola primaria esistono già numerosi esempi di trattazione filosofica che hanno coinvolto alunni fin dal primo ciclo con risultati decisamente interessanti. Fare filosofia con bambini piccoli non è, quindi, attraversare un territorio aspro e scosceso, solcato da sentieri non percorribili. Tutt’altro: noti filosofi sostengono la validità del “filosofare” come strumento di arricchimento, confronto e crescita (Lipman, Benjamin). Oscar Brenifier sottolinea, nei suoi scritti, come la classe che fa filosofia debba diventare luogo di riflessione, dove realizzare esperienze di pensiero, fare ipotesi, esaminarle in modo critico, scoprire le nostre abitudine mentali. Pensare l’impensabile. Vedere come pensiamo e pensare ai nostri stessi pensieri.”29

Di conseguenza mi sono detta che quello che già si faceva più o meno naturalmente andava semplicemente strutturato, proponendo temi capaci di coinvolgere gli allievi in una dimensione euristica. Partendo da un movimento, dal pensiero agito, è stato possibile giungere alla riflessione, il corpo pensante. Il discorso, partito quindi dal corpo, è giunto a parlare di emozioni, relazione, sentimenti attraverso una serie di provocazioni studiate per suscitare nei bambini nuovi modi di agire e di pensare, anche attraverso il corpo ed il movimento. Il ricorso all’Actiologia, attraverso i rimandi continui dal gioco alla riflessione di gruppo, può rinnovare una disciplina che, negli ultimi cinquant’anni, ha vissuto un declino indiscutibile.30 Lo svecchiamento del rigido didattismo che ha sempre più attanagliato l’educazione fisica può avvenire proprio grazie a questo metodo, portatore di nuova linfa e veicolo di comunicazione e riflessione.

28 Appunti del corso di Psicologia dei processi di sviluppo tenuto presso la Facoltà di Scienze della Formazione Primaria dalla professoressa Alessandra Farneti 29 O.BRENIFIER, appunti del Convegno “Fare filosofia coi bambini” organizzato a Milano nel novembre 201030 M.GORI, Il metodo Gori in: http://mariogori.jimdo.com/

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Partendo dal presupposto che i bambini già naturalmente dimostrino una propensione spontanea al farsi domande dettate dallo stupore verso ciò che non conoscono ecco che il ruolo dell’insegnante è importante per sviluppare competenze comunicative, confrontare gli orizzonti del pensiero dei bambini e moltiplicare gli strumenti di apertura verso nuovi punti di vista e nuove prospettive.Quale miglior strumento da utilizzare se non quello di un testo capace di mettere in gioco, senza l’ansia del giudizio, il pensiero di tutti attraverso l’argomentazione ed il confronto? Su consiglio di una collega che insegna religione la mia scelta è caduta più che su un singolo testo su una raccolta di favole e storie reperibile in internet sul sito www.favole.org, le Favole della Ninna Nanna.31 Gli autori che curano il sito raccolgono scritti inediti rivolti ai bambini e ne danno visibilità in maniera gratuita. Il progetto nacque inizialmente dall’idea di uno dei creatori del sito, Gennaro Molino, di esercitare la creatività dei propri figli ma successivamente l’idea di aprire tale sito alla pubblicazione degli scritti altrui divenne un passo naturale. Ora il sito raccoglie più di 360 scritti di circa 100 autori diversi.Questi racconti, proprio grazie alla loro semplicità e delicatezza, rappresentano un ottimo veicolo per presentare grandi verità morali e sociali, per fornire un primo interessante approccio ai problemi grandi e complessi come la vita, la morte, l’ingiustizia, il perdono e l’amicizia. Sono i personaggi, gli oggetti ed i luoghi in cui i protagonisti di queste storie vivono a parlare e rivelare ai bambini i grandi perché di una realtà che essi possono iniziare a comprendere e, perché no, anche a modificare consapevolmente. Per rendere questo percorso adatto a bambini ho strutturato il lavoro in unità temporali nelle quali realizzare il mio intervento. Ho voluto iniziare ogni ora con la lettura di una storia, per stimolare la riflessione. Ho provveduto a registrare i commenti e le discussioni che ne sono nate ma ho preferito trascrivere in questa relazione solo i contributi più significativi. Il mio ruolo è stato quello di facilitatrice, per assicurare un clima sereno di rispetto e per regolare le dinamiche che si generano all’interno di un gruppo durante attività simile a questa. Mi sono peraltro impegnata a non intervenire nelle discussioni se non fosse stato strettamente necessario per condurre in modo spontaneo i bambini verso la creazione di una gruppo di lavoro. A quest’età è difficile che i bambini siano già abituati al lavoro cooperativo quindi uno degli scopi dell’attività che mi stavo accingendo a proporre era anche quello di orientarli al raggiungimento di conoscenze e di abilità attraverso la collaborazione e la condivisione dei risultati.32

Il mio ruolo non era quello dell’insegnante che dispensa certezze e risposte ma anzi, ancor più in un lavoro come questo, ciò che mi spettava fare era aiutare i bambini a porsi domande, a sollevare dubbi, a mettere in gioco quelle presunte verità che ognuno di noi ritiene di possedere ma che spesso sono frutto di conoscenze parziali o pregiudizi acquisiti più o meno consapevolmente. La scuola non può permettersi di adagiarsi su uno sterile didattismo, basato sulla fredda trasmissione di informazioni che l’insegnante possiede e dispensa ai suoi allievi. Al contrario, per essere quella “palestra di vita” che molti pedagogisti si sono augurati nei secoli, essa deve educare a tutti i processi di alfabetizzazione possibili. Pedagogia e Filosofia, oggi, possono fornire le conoscenze necessarie affinché gli insegnanti viaggino in questa direzione. Sviluppando un sistema formativo basato sulla ricerca e sulle numerose pratiche laboratoriali che, per natura, fanno della pratica euristica il proprio nucleo fondante. La Filosofia stimola domande ed allena l’intelligenza e la fantasia a superare i confini spesso imposti da un’educazione incapace di ampliare gli orizzonti del pensiero. Se, come indica anche Frabboni, vogliamo offrire ai nostri studenti competenze di lunga durata dobbiamo ripensare il modo di fare scuola inserendo sempre più spesso momenti euristici, di vera ricerca, che non si limitano alla trasmissione di informazioni. Allenare i bambini a creare un proprio pensiero critico dev’essere uno degli obiettivi degli insegnanti del ventunesimo secolo, rappresentanti della “scuola quale propulsore di conoscenza-ricerca-creatività”.33

Inoltre, stimolando la mente ma anche il cuore la Filosofia (e la Pedagogia) può diventare l’argine all’alienazione e alla violenza, generate da una società che di civile ha sempre meno e che pare impegnata ad anestetizzare le menti piuttosto che imporre uno spirito critico quale esigenza

31 Favole per la ninna nanna, sito internet che pubblica favole, storie e filastrocche originali per bambini, a cura di Gennaro, Marlene, Giuseppe e Guglielmo Molino32 F.FRABBONI, Il Laboratorio, Editore Laterza, 2004. 33 Ibidem.

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fondamentale per vivere bene. La rincorsa all’avere e all’apparire, piuttosto che all’essere, crea mostri che non siamo in grado di gestire e che popolano le pagine dei giornali e le cronache televisive. E pure l’anticipazione dell’adultità a nuove fasce di mercato, sempre più appetibili per una società che celebra come “dio maggiore” la razionalità economica, non potrà portare a nulla di buono. “La calamita dell’adultità ha come tragica conseguenza la scomparsa del gioco nelle età evolutive che la precedono.”34 Il gioco, allo stesso modo della Filosofia, pone nuovi quesiti, nuove realtà, allarga gli orizzonti del pensiero e della creatività, stimola la curiosità ed il gusto della ricerca. Non esistono risposte giuste e risposte sbagliate, allo stesso modo in cui non esistono giochi giusti o giochi sbagliati in quanto rappresentano il mondo interiore di ogni essere umano.In questo contesto fare Filosofia a scuola significa combattere il conformismo intellettuale, il disimpegno civile e sociale. E ancora contro la cieca globalizzazione economica e di pensiero, la standardizzazione dei consumi, il monopolio dell’informazione di massa. Sostenere i bambini nella ricerca di formae mentis nuove, orientate alla scoperta e alla capacità critica vuol dire aiutarli ad essere liberi. Per poter raggiungere questo importante traguardo bisogna però sottolineare l’importanza di intraprendere un percorso multidisciplinare. Solo il ricorso alle competenze fornite dalle diverse discipline permette all’allievo di conquistare molteplici registri, indispensabili per la conoscenza di sé e della realtà che ci circonda. Vale a dire fornire un mazzo di chiavi di varie misure e dimensioni, capaci di aprire tutte le porte della conoscenza e della consapevolezza.

Parlare di filosofia per bambini può sembrare un’idea strana per la gente comune. (…) Anche la maggior parte degli operatori scolastici pensa che questa disciplina sia ben lontana dall’orizzonte della scuola di base in quanto non accessibile ad età così giovani. Pensare alla filosofia nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare può sembrare persino assurdo. Nella realtà scolastica, anche italiana, tuttavia l’espressione “filosofia per/con i bambini” (Philosophy for Children -P4C) si sta diffondendo insieme alla sua pratica. Non si tratta di anticipare il tradizionale insegnamento della filosofia a fasce di età anteriore alla scuola superiore, ma di utilizzare il metodo del dialogo filosofico per stimolare i bambini a una riflessione su contenuti filosofici propri del loro vissuto. Cosentino A., Dalla “filosofia” al “filosofare”. La proposta di M. Lipman in “La didattica della filosofia. Atti del convegno nazionale SFI-Treviso 1993”, Treviso, 1996, SFI, pag. 176 Secondo Lipman, l’esercizio critico del pensiero, l’incontro con temi e problemi che stimolino una ricerca di conoscenza, il confronto con diverse ipotesi di interpretazione del mondo e con diversi percorsi logici e, non ultima, l’apertura alla dimensione filosofica dell’esperienza devono essere elementi essenziali in ogni percorso di formazione. E’ necessario, quindi, che vengano offerti molto precocemente, anche negli anni di asilo e di scuola elementare. La domanda che allora è sorta spontanea dentro me ricalcava alla perfezione l’interrogativo di Lipman: come è possibile fare questo? La risposta è arrivata di conseguenza, in modo naturale: bisogna costruire strumenti e materiali che propongano problemi, inducano perplessità, coinvolgano i bambini in una dimensione euristica, cioè di ricerca. Da qui l’idea di trovare un testo, strutturato in forma dialogica, che costituisse la base del mio lavoro per dar forma a un’esperienza educativa in cui venisse messo in gioco il pensiero di tutti e di ciascuno attraverso la discussione, l’argomentazione, il confronto. La mia scelta è caduta sul testo di Marco Aime Fiabe nei barattoli. Nuovi stili di vita raccontati ai bambini. Marco Aime, Fiabe nei barattoli. Nuovi stili di vita raccontati ai bambini. Editrice Missionaria Italiana, 1999 E le storie, che hanno sempre rappresentato un veicolo affascinante per presentare grandi verità morali e sociali, possono servire anche per parlare di problemi grandi e complessi – problemi filosofici! – come la globalizzazione, la responsabilità, il consumo critico, il perdono e l’amicizia. Per addolcire un po’ il rigido didattismo del testo e la scarsa attrattività dei personaggi originali, mi sono concesso la libertà di ristrutturare, se non addirittura di riscrivere integralmente, alcune delle storie presentate da Aime. Samuele e Nicole si sono persi… ma non in un bosco, bensì in un supermercato! Qui, grazie a un misterioso porcello verde di nome Chanchito, scoprono che fra i vari scaffali colmi di prodotti in vendita non ci sono solo scatole e barattoli, ma anche tante storie da ascoltare e che aspettano solo di essere raccontate! Sono gli oggetti della vita quotidiana a parlare (una bicicletta, una confezione di pesce in scatola, una borsa di platica…) e a rivelare ai bambini i segreti di una realtà che anche essi possono capire e cominciare a cambiare, per vivere in modo nuovo nel mondo di oggi. 34 F. FRABBONI, Il Laboratorio, Editori Laterza, 2004, pag. 28

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Dopo aver steso il testo di riferimento, ho strutturato il lavoro in sessioni, ovvero in unità di tempo entro le quali realizzare il mio intervento. Ogni ora è iniziata con la lettura di un capitolo della storia, al fine di stimolare la riflessione. Ho sollecitato, poi, la discussione, che ho registrato e trascritto qui solo nei contributi più significativi. Ho riportato fedelmente i nomi degli interlocutori, considerato che il pensiero stava crescendo “in comune”, grazie all’apporto di tutti, e mi sembrava doveroso renderne merito. Il mio ruolo di maestro è stato quello di facilitatore, per assicurare un clima di rispetto e la pertinenza delle risposte. Un po’ come il Socrate dei Dialoghi platonici ho vestito i panni di colui che fa partorire le conoscenze. Il mio impegno è stato quello di condurre in modo spontaneo e non forzato i bambini verso la creazione di una comunità di lavoro. Il mio sforzo di abituarli alla dimensione del lavoro cooperativo e all’interazione nel gruppo di pari era finalizzato al raggiungimento di conoscenze e di abilità attraverso la collaborazione, il superamento dei conflitti, la condivisione dei risultati. Queste considerazioni sono derivate dagli appunti del corso di Pedagogia speciale tenuto dal professor Dario Ianes. Mi sono proposto pertanto di non pormi come il maestro “dispensatore di risposte”. Ritengo che il dubbio e la continua rinegoziazione di presunte verità siano il motore del miglioramento cui siamo chiamati sempre, come persone. O, per dirla con le parole di Maslow, “l’insegnante efficace non è colui che conosce ma colui che sa cercare e sa insegnare a farlo .” Abraham Maslow, Motivazione e personalità. Armando Editore, 2010 Ho ritenuto fondamentale, di conseguenza, escludere una “didattica definitiva”. La scuola deve educare a tutti i processi di alfabetizzazione possibili. Pretendere di stampare allievi pappagalli, anonimi e conformisti, pronti a fare il controcanto all’insegnante e al libro di testo è anacronistico e deleterio. Pedagogia e Filosofia, oggi, possono andare a braccetto nella direzione contraria e scegliere di dar vita a un sistema formativo “che assicura alla sua utenza teste ben fatte, piene di perché, e cuori solidi, pieni di valori.” Franco Frabboni, Didattica e apprendimento. Edizioni Sellerio, 2006 Portare la Filosofia fra i banchi significa avvalorare una scuola che dà voce alle domande, e non alle risposte preconfezionate, che è laboratorio di ricostruzione e di reinvenzione delle conoscenze, che abbandona la logica dei saperi depositari, nozionistici ed enciclopedici, per dare “ali larghe ai suoi allievi-gabbiani”. Franco Frabboni, Didattica e apprendimento. Edizioni Sellerio, 2006 Lo sappiamo tutti che i bambini sono più “naturali” degli adulti, sono genuini, meno controllati e “danno espressione alle idee e agli impulsi senza strangolamenti e senza timore del ridicolo.” E se è vero che la curiosità è una caratteristica che tutti gli esseri umani possiedono alla nascita è altrettanto vero – e per certi versi triste – che nella maggior parte dei casi essa vada a smarrirsi, “inibita a mano a mano che l’uomo si lascia assimilare nella civiltà”. Il passaggio all’età adulta coincide, quasi sempre, con la fine del tempo del gioco, delle invenzioni, dei sogni assurdi, delle domande.Anche la letteratura “non impegnata” ha fatto spesso della perdita dell’ingenuità un tema di narrazione.Due esempi su tutti. A proposito del figlio adolescente, la mamma Gemma di “Venuto al mondo” diMargaret Mazzantini afferma: “Da piccolo era più curioso, più coraggioso, faceva qualche domanda in più. Mi stringeva, mi restava addosso. Crescendo non ha più chiesto nulla. Il suo universo si è ristretto ai suoi bisogni, ai suoi piccoli egoismi. Non ha voglia di complicarsi la vita, i pensieri.” Margaret Mazzantini, Venuto al mondo. Edizioni Mondadori, 2008 Che cos’è l’arcobaleno? Perché il vento geme?E ancora Herman Hesse, nel suo magnifico scritto “La mia infanzia”: “Ricordo l’ampio prato che cominciava dietro casa nostra e che, per i miei passi di bimbo, era sconfinato. (…) Mai più ho trovato una piantaggine così magnificamente affusolata, un riso delle streghe d’un giallo così ardente, lucertole e farfalle così cangianti e seducenti, e il mio intelletto si arrende solo stancamente e suo malgrado all’idea che non sono fiori e lucertole ad essere imbruttiti, da allora, ma il mio animo e il mio occhio”. E, più avanti: “Fa parte delle imperfezioni e delle rinunce della vita umana che la nostra infanzia debba diventarci estranea e cadere nell’oblio, come un tesoro sfuggito a mani che giocavano e precipitato in un pozzo profondo. (…) Quanto più seria, pura e rispettosa sarebbe la vita di molti uomini se potessero conservare anche oltre la giovinezza qualcosa di questo cercare, di questo chiedere il nome delle cose!Perché i prati appassiscono, perché rifioriscono, donde il vento e la neve? Perché noi siamo ricchi e il signor Spengler povero? Dove va il sole la sera?” Herman Hesse, Lauscher. Edizioni Tascabili

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Newton, 1993 La Filosofia non dà risposte, ma stimola domande. E pensa a un modello di educazione che insegna al bambino a non limitarsi, quando in tanti, troppi intendono l’educazione proprio come l’esatto contrario. La Filosofia fa della scuola un’officina di metodo, dove si allenano le intelligenze e la fantasia allo scopo di tagliare insieme il “duplice traguardo dell’imparare a imparare e dell’imparare a creare.” Paolo Sorzio, Dewey e l’educazione progressiva. Carocci Editore, 2009 La Filosofia si rivela quindi strumento irrinunciabile per una lifelong education. La Filosofia fa della scuola una fucina che foggia piccoli Socrate e piccoli Amleto, protesi a dilatare i propri orizzonti di conoscenza per esplorare l’Altrove, che sanno osservare l’ambiente sociale e naturale che li circonda e sognare orizzonti lontani… “con la testa fra le nuvole ma coi piedi ancorati a terra, così da toccare i cieli dove brillano le stelle della conoscenza generativa (che fa girotondo con altri saperi, interdisciplinari) e della conoscenza euristica (problematica, plurale, antidogmatica).” Franco Frabboni, Sognando una scuola normale. Sellerio Editore, 2008 Trovo che il matrimonio fra Pedagogia e Filosofia sia particolarmente felice nella misura in cui entrambe alimentano la tensione al dissenso e nutrono il pensiero critico dei bambini e l’etica dell’impegno, della cooperazione, della solidarietà, della responsabilità delle nuove generazioni. Pedagogia e Filosofia possono diventare argine alla violenza, alla corruzione, all’alienazione, generate oggi da un mercato che mitizza un uomo e una donna sempre più spettacolo, immagine, consumo e sempre meno presenza reale, viva, autentica. È chiara, qui, l’impronta missionaria della formazione di Marco Aime, che ha influenzato il suo testo e la mia riscrittura dello stesso e che, personalmente, condivido. Formare un individuo, infatti, significa anche farlo ragionare e insegnargli a ragionare “in modo nuovo, alternativo”. La Pedagogia indossa così l’abito della Filosofia nella misura in cui diventa critica e contestazione della società, sempre rivolta in avanti, sul domani, sul possibile, sull’utopia, contro tutto ciò che porta a paralizzare lo sviluppo multidimensionale della persona. Fare Filosofia a scuola è una scelta contro il conformismo intellettuale, la solitudine affettiva, il cattivo gusto e la deprivazione estetica, il disimpegno civile. E ancora contro il colonialismo economico, il monopolio dell’informazione di massa ed elettronica, la standardizzazione dei consumi e dei comportamenti collettivi. Aiutare i bambini a pensare significa fornire la chiave della loro libertà. Pensare richiede tempo. Nel “Simposio” Platone esprime molto bene questo legame tempo-riflessione riportando le ragioni del ritardo di Socrate a casa di Agatone: “si era fermato lungo la via a pensare.” Oggi il camminare lento non è consentito e tuttavia la riflessione “è un camminare lento.” Giovanni Reale, Una lettura del Simposio di Platone. Edizioni Rizzoli, 1996La Pedagogia e la Filosofia risultano pertanto accomunate da un obiettivo nobile e impossibile da ignorare: entrambe si impegnano a modificare la realtà nella direzione del possibile, e per farlo si calano nell’esperienza educativa, per realizzare l’esigenza di integrazione di tutti gli aspetti in cui si esprime l’infinita ricchezza della vita individuale e collettiva. Ecco allora che per fare Filosofia a scuola è irrinunciabile il ricorso alla multidisciplinarità. Ma questo aspetto sarà esemplificato meglio in seguito, nelle varie parti della storia. Per concludere: le intelligenze multiple proposte da Gardner trent’anni fa sono oggi irrinunciabili per cogliere e allacciare i fili di una gigantesca matassa cognitiva. È necessario che le persone – a partire dai bambini, persone “in formazione” – siano messe nelle condizioni di padroneggiare le singole discipline per padroneggiare (cioè interpretare, associare, costruire, inventare) l’intero sapere. Questo è possibile “se la Pedagogia e la Filosofia fanno girotondo nelle due piazze grandi dell’educazione: la Persona e la Scuola.” Franco Frabboni, Didattica e apprendimento. Edizioni Sellerio, 2006 Entrambe prendono la mano del soggetto-persona. Entrambe modellano la mente plurale delle giovani generazioni e mandano in soffitta la scuola nozionistica, enciclopedica e verbalistica, “ingobbita sotto il pesante zaino del suo mnemonismo cognitivo e della sua inattualità culturale.”Pedagogia e Filosofia assieme equipaggiano la Persona in formazione di autonomia di pensiero (facendola titolare di una mente plurale) e di un’etica solidaristica (facendola titolare di valori plurimi).

L’attività motoria è una disciplina da non trascurare nei programmi scolastici, soprattutto in quelli della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria e rappresenta un indispensabile

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supporto per l'insegnamento degli schemi motori di base e come veicolo per l'insegnamento di competenze logiche, matematiche, linguistiche, ed educative.L'attività motoria è un ottimo veicolo per l'educazione alla multidisciplinarietà: ogni insegnante potrà integrare gli strumenti dati con le proprie esperienze e le proprie capacità per arrivare più agevolmente al raggiungimento degli obiettivi prefissati.Il gioco, inoltre, nella sua forma sociale,è un esercizio di scambio di significati, un esercizio raffinato di forme comunicative.Ciò permette ai bambini di esprimersi e di imparare divertendosi.“… Il gioco, oggi come ieri, ha consentito e consente la partecipazione diretta ed attiva del soggetto nell'espressione delle proprie capacità d’azione (motorie, affettivo - emotive, cognitive, relazionali, etico - morali, ecc.) favorendo una libertà operativa e comunicativa che altri contesti interattivi non consentono di esprimere al singolo ed al gruppo. Dunque, quando il gioco viene svolto attivamente e direttamente, costituisce l'espressione della libertà personale entro uno specifico contesto interattivo, in cui i rapporti spazio-temporali tra soggetti, oggetti ed eventi, sono organizzati dai e a pro dei partecipanti. I soggetti partecipanti nel gioco sono liberi anche quando vi sono regole da rispettare.”35

Dopo diverse valutazioni, abbiamo deciso di svolgere il nostro lavoro in un cortile del nuovo quartiere. Questa nostra decisione è nata dall’idea di avere un gruppo di bambini di diverse età e diverse culture, per poter poi, tramite alcuni giochi, farli parlare di diversi argomenti e osservare i diversi punti di vista. Per questo motivo i temi da noi proposti sono stati la diversità, l’amicizia, la paura, la tristezza, la felicità e l’invidia. Purtroppo questi non sono argomenti di cui si parla a scuola e abbiamo potuto notare che i bambini sono sempre felici di esporre la propria opinione, giusta o sbagliata che sia. Dalle risposte alle nostre domande ci siamo rese conto che alcuni bambini vivono delle situazioni di disagio che spesso cercano di nascondere, come per esempio il sentirsi diversi. Infatti sul primo argomento preso in considerazione, la diversità, abbiamo trovato alcune forme di razzismo e di scarsa integrazione, che abbiamo cercato di far diminuire facendo ragionare i bambini. Non è un obiettivo facile da raggiungere, ma crediamo che cominciare sia sempre una buona cosa. Per quanto riguarda argomenti come felicità, tristezza, paura e amicizia siamo riuscite a notare il significato che loro danno a questi stati d’animo: è sempre interessante e sorprendente capire l'importanza che i bambini danno anche alle cose più piccole su alcuni temi fondamentali della vita di una persona. Per l’ultima attività abbiamo cercato di farli ragionare sulla morale di una favola. Essendo questo già più complicato, abbiamo potuto contare sulla partecipazione dei più grandi che forse hanno svolto un ruolo più importante rispetto agli altri. Tutti i bambini comunque, alla spiegazione di cosa significhi provare invidia, hanno saputo dare una loro opinione senza alcun tipo di imbarazzo o timore.Concludiamo dicendo che siamo molto soddisfatte del lavoro svolto e dei risultati ottenuti. È stato un pomeriggio molto gioioso ma soprattutto utile per noi in quanto abbiamo potuto “approfondire” temi che, secondo noi, potevano essere interessanti per i bambini ma allo stesso tempo costruttivi: proprio per questo abbiamo scelto anche il tema della diversità. Ancora al giorno d’oggi non siamo riusciti a superare il problema del razzismo e noi crediamo che si debba iniziare a risolverlo proprio con i più piccoli: i bambini sono il futuro del nostro paese, sta a loro far sì che questo diventi un paese unito, senza differenze di nessun genere.

35 F. FRABBONI, Il Laboratorio, Editori Laterza, 2004

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RELAZIONI

MIRIBUNG

Introduzione Per lo svolgimento di questo lavoro ci sono stati messi a disposizione vari temi, tra questi, ho deciso di scegliere il tema basato sull'amicizia (che ho poi messo in relazione con il concetto di pace e di guerra).Ritengo che l'amicizia stia assumendo un ruolo sempre più importante all'interno della nostra società, perché facciamo fatica a dialogare con gli altri; sempre più spesso le persone, pur di non dovere affrontare un discorso oppure un confronto con un'altra persona, si rifugiano in mondi virtuali, molto lontani dalla realtà.I mass media ci bombardano di continuo con immagini molto forti, caratterizzate dal dolore e dalla sofferenza, e con notizie sulle diverse guerre che lacerano varie parti del mondo, portando distruzione e morte. Ogni giorno vengono riportate notizie di persone che, per invidia o per altri motivi talvolta futili, diventano degli assassini e dei carnefici, rompendo l'apparente tranquillità della vita quotidiana con il silenzio della morte.Nel corso dell'anno scolastico, i bambini entrano a fare parte di un gruppo, molti di loro non si conoscono tra di loro e vengono quasi costretti in un certo senso a passare un lungo periodo di tempo insieme. Alla base di questo rapporto deve essere presente il rispetto reciproco, perché è proprio attraverso di esso che diventa possibile lavorare, imparare e crescere insieme. Trovandosi a lavorare in un gruppo di persone che non si sono scelte a vicenda, diventa di fondamentale importanza imparare ad accettare i difetti degli altri e riconoscere in loro i pregi. La parola amicizia non deve essere una semplice voce sul vocabolario, una parola pronunciata senza attribuirle alcun valore, ma bisogna riconoscere in essa un significato che entra a far parte delle nostre vite nel momento in cui la accompagniamo alle nostre azioni quotidiane.I primi anni di vita di un bambino vengono fortemente influenzati dall'amicizia, essa infatti occupa la maggior parte delle sue giornate, non solo nel mondo reale ma anche nella sua fantasia.L’amicizia, molto spesso, diventa sinonimo di gioia, ma talvolta può anche essere motivo di frustrazione.Le ricerche più significative, nell'ambito dei rapporti tra i bambini, furono condotte nel 1920 e nel 1930. In seguito ci fu un lungo periodo caratterizzato da un completo disinteresse per questo genere di rapporti. Le ricerche furono riprese negli anni '70. Una delle ragioni alla base di questo disinteresse è stata la tesi, suffragata dalla teoria psicoanalitica, secondo la quale il rapporto madre-bambino assume la massima importanza nello sviluppo infantile. In base a tale tesi il rapporto tra coetanei ricopriva un ruolo secondario e di scarsa importanza.Secondo la mia opinione, certe situazioni particolari possono essere risolte con meno difficoltà attraverso l’aiuto basato su un rapporto d'amicizia tra coetanei, rispetto a quello che può essere ottenuto dal supporto di una persona adulta. I bambini, nell'ambito di un rapporto basato sulla reciprocità, possono prendere spunto e apprendere l'uno dall'altro, cogliere le occasioni per migliorare l'apprendimento di abilità sociali e facilitare i rapporti relazionali, offrendo al bambino la possibilità di sviluppare la propria identità e di stimolare il senso di appartenenza al gruppo.Il rapporto tra coetanei porta i bambini a riflettere ed a riconoscere nei comportamenti altrui delle similitudini per quanto riguarda gli aspetti personali del bambino e delle differenze nel rapportarsi con gli altri. Purtroppo però, non è tutto oro quello che luccica.Bisogna anche considerare un altro aspetto legato all'amicizia, che può assumere talvolta dei connotati negativi, essa infatti può portare il bambino a rinnegare alcuni aspetti del suo carattere per assomigliare agli altri e per entrare a fare parte di un gruppo, rischiando in questo modo di rifiutare dei valori caratteristici della sua vita, come ad esempio la capacità individuale, i propri gusti ed i propri ideali.Ma cos’è in realtà il concetto di amicizia? Racchiude in sé un significato profondo da trasmettere agli altri? Oppure diventa un termine usato troppo spesso per definire un qualcosa di vago ed indefinito?

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Usiamo talvolta l'amicizia come falsa pretesa, come una maschera, per nascondere le nostre vere intenzioni? Quale grado di importanza assume l'amicizia nella vita quotidiana? Sarebbe più opportuno seguire un famoso detto, meglio soli che mal accompagnati, che ci insegna a mettere in dubbio il valore di un amicizia?In un vocabolario troviamo la seguente definizione di amicizia: affetto vivo e reciproco tra due o più persone36. Così, prima di svolgere questo lavoro all'interno di una classe di alunni, ho deciso di chiedere anche ad altre persone, soprattutto adulti, cosa pensano dell'amicizia e quale valore le attribuiscono. Clara: “L' amicizia è caratterizzata da una fiducia reciproca; permette un'espressione completamente libera delle emozioni e fa si che possiamo vivere in comune varie esperienze. Comporta la discussione di importanti problemi personali e fornisce opportunità di arricchire e di allargare la propria personalità, ponendo a confronto i diversi punti di vista.”Federica: “L'amicizia ci dà la possibilità di condividere vari momenti assieme a qualcuno. Un amico è quella persona della quale ti puoi fidare e sulla quale puoi contare, che è disponibile ad ascoltarti e la cui porta è sempre aperta.”Clara: “Un amico ti dà la possibilità di condividere sia le gioie che le tue paure ed ansie. È una persona sulla quale puoi contare.”Silvia: “L'amicizia è un rapporto esterno alla famiglia il quale tende a favorire un senso di appartenenza e di identità. Un tuo rifugio personale.”Sara: “L'amicizia è un rapporto reciproco dove ognuno si deve adattare ai bisogni dell'altro.”Durante il mio tirocinio in una scuola dell'infanzia, ho potuto notare che i bambini in età prescolare, al contrario degli adulti, hanno un altro concetto di amicizia ed attribuiscono un valore completamente diverso all'amico. Infatti, quando parlano dei loro amici, si riferiscono ai loro compagni di gioco, osservano soprattutto i loro connotati fisici ed i vari tipi di attività che svolgono i loro compagni di gioco.Sinceramente sono molto incuriosita dal modo di rapportarsi ad un tema come quello dell'amicizia da parte dei bambini che frequentano la scuola primaria. Evoca in me un grande interesse il fatto di poter osservare da vicino, attraverso modalità diverse, i mutamenti e gli sviluppi dell'immagine correlata all'amicizia.Durante lo svolgimento di questo lavoro mi auguro di essere in grado di portare i bambini ad una riflessione basata sul valore dell'amicizia e sul fatto di avere una o più persone accanto delle quali potersi fidare. Un altro obiettivo è quello di accrescere in loro vari tipi di abilità, come ad esempio quella di farsi accettare all'interno di un gruppo oppure quella di assumere un atteggiamento condiscendente e solidale con gli altri compagni di classe. Spero di essere in grado di trasmettere ai bambini la sensibilità necessaria per evitare di litigare e ferirsi a vicenda, non solo fisicamente ma soprattutto da un punto di vista verbale. L'atmosfera che si viene a creare durante il lavoro di gruppo dovrebbe risvegliare in ogni bambino un senso profondo di altruismo, che pone l'attenzione sui bisogni degli altri e porta a contribuire alla felicità di un'altra persona, subentrando in questo modo all'egoismo, caratteristica principale di chi pone i propri bisogni prima di quelli altrui. Tutte queste abilità si possono trovare all'interno di ogni bambino, appartengono alla persona e non possono essere acquisite con un semplice click sul computer o scaricate da internet. Sono consapevole del fatto che, per essere in grado di raggiungere degli obiettivi così importanti, è necessario un impiego di tempo non indifferente.Anche se il tempo messo a disposizione per svolgere questo lavoro non è molto, vorrei essere in grado di costruire una base sulla quale poter lavorare e riflettere non solo durante le ore passate sui banchi di scuola ma anche a casa, nel rapportarsi con gli altri e nei piccoli gesti della quotidianità.

Svolgimento dell'attività

1. Inizio dell'attività con la presentazione di un problema2. Ricerca di una soluzione 3. Discussione sull'attività appena svolta36 Zanichelli 2007

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4. Presentazione del tema e brainstorming5. Discussione riguardo alle parole scritte alla lavagna6. Riflessione sui concetti di pace e di guerra 7. Abbinamento di un colore per rappresentare la pace ed uno per rappresentare la guerra8. Giocare con i suoni e con il corpo9. Discussione relativa all’attività appena svolta 10. Rappresentazione di un simbolo correlato alla pace e di uno correlato alla guerra11. Svolgimento del gioco "Asino"12. Discussione sullo svolgimento del gioco 13. Gioco caratterizzato da alcune modifiche14. Discussione sullo svolgimento del gioco dopo essere state apportate le modifiche proposte 15. Racconto di una storia

a) Ascolto e lettura della storiab) Ordinare delle immagini nella sequenza giustac) Discussione riguardo allo svolgimento ed alla conclusione della storiad) Formazione dei gruppi per inventare una conclusione adatta per la storiae) Rappresentazione di quello che è stato scritto dai bambinif) Discussione

16. Costruzione della scatola dell'amicizia17. Compilare il tabellone18. Gioco con un filo colorato 19. Discussione 20. La canzone "Hand in hand" 21. Attività finale ed il saluto

1. Inizio dell'attività con la presentazione di un problemaPrima di incominciare, spiego ai bambini che le prossime due lezioni saranno caratterizzate da uno svolgimento anomalo rispetto al solito. In seguito a tale premessa, li accompagno in palestra, dove una volta entrati vengono fatti sedere sulle panchine. Ho deciso di cominciare questa attività, ponendo loro un problema. In palestra ho adagiato una grande scatola di cartone che dovrei portare al piano terra (la palestra è collocata al piano -1), questa scatola però è molto pesante e così chiedo ai bambini come si comporterebbero se si trovassero a dovere affrontare questa situazione.

2. Ricerca di una soluzioneI: “Come potete vedere bambini, qui accanto a me ho una scatola piena di oggetti. Questa scatola in realtà non mi serve qui in palestra, ma dovrei portarla al piano di sopra. Avete forse un’idea oppure un consiglio da darmi? Vi viene in mente come potrei fare a spostarla?”S: “Ma cosa c'è all'interno di questa scatola?”I: “Ci sono dei tappetini, dei pesi e vari oggetti che servono alle maestre della scuola dell'infanzia per svolgere delle esercitazioni con i bambini.”A: “Io li farei portare al piano terra dall'insegnante che gli adopera o le direi che avrei bisogno di aiuto.”O: “Io chiederei alle insegnanti di svolgere queste attività con i bambini nella nostra palestra, così non si dovrebbero portare in giro queste cose così pesanti.”N: “La palestra serve anche a noi però!”O: “Beh, allora devono venire quando noi non ci siamo.”P: “Dal momento che la palestra serve anche a noi, potremmo fare le attività insieme agli altri bambini, oppure dividere la palestra in due parti uguali, tanto è grandissima e c’è abbastanza spazio per tutti.”.M: “Anche io chiederei aiuto a qualcuno, perché, se dentro questa scatola ci sono delle cose così pesanti, neanche la maestra Luisa è in grado di portarle da sola. Altrimenti può darsi che gli venga il mal di schiena.”

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G: “Io invece chiederei aiuto al bidello, lui è un uomo ed ha più forza, e poi è abituato a portare in giro degli scatoloni, anche senza l'aiuto di qualcuno.”L: “Sì, è vero. Anche ieri ha portato nella nostra classe uno scatolone pieno di libri nuovi.”G: “Beh, se vuoi ti posso aiutare io durante la pausa o anche adesso.”Il bambino si alza, si dirige verso lo scatolone e prova ad alzarlo. Però già dopo il primo tentativo capisce che è molto pesante.G: “All'interno di questo scatolone ci devono essere dei sassi!” L: “Io toglierei alcune cose, ne porterei poche alla volta e non tutte insieme.”P: “Se cominci a portare al piano terra una cosa per volta ci vuole un sacco di tempo!”D: “Intanto ti possiamo aiutare noi, noi siamo in tanti e siamo forti. Così, se ognuno di noi porta una cosa, non dobbiamo scendere e salire le scale più volte.”M: “Questa è un'ottima idea, così risparmiamo anche un po' di fatica al bidello.”R: “Dal momento che siamo in tanti possiamo provare tutti insieme ad alzare lo scatolone così non dobbiamo tirare fuori tutte le cose e portarle ad una ad una.”G: “Questo scatolone però è davvero pesantissimo. Se stiamo tutti intorno alla scatola per riuscire ad alzarla e tenerla non riusciamo a passare dalla porta, perché è troppo stretta.”O: “È un problema se apriamo la scatola e tiriamo fuori le cose?”I: “No, anzi, sono molto contenta se mi aiutate a portare le cose al piano di sopra.”I bambini si alzano, si avvicinano allo scatolone e ognuno prende un oggetto. Alcuni di loro prendono anche due oggetti e alla fine la scatola si svuota completamente. Un bambino però, è rimasto senza alcun oggetto da portare al piano di sopra e così un bambino con in braccio alcuni tappetini,si dirige verso di lui e gli chiede di portare uno di questi. Un altro bambino, che ha assistito alla scena, propone al bambino rimasto senza oggetto di portare la scatola così, una volta arrivati al piano di sopra, gli oggetti possono essere riposti all'interno di essa. In gruppo usciamo dalla palestra, percorriamo le scale per arrivare al piano di sopra ed una volta arrivati, adagiamo gli oggetti all'interno della stessa.Dopodiché andiamo tutti in classe, dove ci sediamo in cerchio e continuiamo con il discorso.

3. Discussione sull'attività appena svoltaI: "Bambini, se ripensate a ciò che abbiamo fatto all’inizio dell’ora, cosa vi viene in mente?”G: “Ti abbiamo aiutata a portare uno scatolone pesante, perché da sola non ci riuscivi.”S: “Io ti ho aiutato volentieri. Ieri mia nonna stava facendo una torta ed ho chiesto se aveva bisogno di aiuto. Come ricompensa per l'aiuto che le ho dato mi ha regalato una fetta di torta che ho portato oggi da casa per mangiarla alla pausa. Lei mi ha detto che se aiuto gli altri sono una brava bambina.”E: “Ieri mio fratello doveva mettere in ordine la sua stanza e così ho deciso di aiutarlo. In due abbiamo finito in fretta e abbiamo avuto tempo per giocare insieme, prima di andare a letto.”I: “Bambini, noto con piacere che avete capito l'importanza dell'aiutarsi a vicenda. A volte bastano dei piccoli gesti per far vedere agli altri che per noi sono delle persone importanti e che mettiamo volentieri a loro disposizione il nostro aiuto. Se decidiamo di aiutare una persona che ha bisogno, assumiamo un atteggiamento altruista, cioè poniamo il bisogno di quella determinata persona prima dei nostri.”L: “Anche io ieri ho aiutato la mia mamma a mettere in ordine la spesa.”I: “Siete sempre disposti ad aiutare gli altri quando notate che le persone intorno a voi hanno bisogno di una mano? Aiutate gli altri indipendentemente dal fatto che li conosciate o meno?”L: “No, io aiuto solo i miei amici e le persone alle quali voglio bene. Quando mia sorella mi fa i dispetti e mi fa arrabbiare non ho più voglia di aiutarla.”R: “Una volta al supermercato, mi è capitato di aiutare una signora. Le era caduto il portafoglio per terra ed ho visto che faceva fatica a raccoglierlo. Mi sono avvicinato e l'ho aiutata. La signora mi ha ringraziato e mi ha dato un euro. Adesso, ogni volta che la vedo, mi saluta gentilmente. Però questa signora non è una mia amica anzi, non so neanche come si chiama.”M: “Io, qualche volta, aiuto anche le persone che non sono mie amiche.”

4. Presentazione del tema e brainstormingI: "Il tema che tratteremo nelle prossime ore bambini è proprio quello dell' amicizia. Cosa vi viene in mente quando sentite questa parola?"

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Al centro della lavagna ho scritto con delle lettere maiuscole la parola "AMICIZIA", ad ogni bambino viene data la possibilità di scrivere accanto a questa parola tutto ciò che gli viene in mente pensando ad essa (facciamo un brainstorming). Appena i bambini hanno finito di scrivere le loro parole e le loro frasi alla lavagna iniziamo a leggerle: Stare insieme con i compagni Non litigare Divertirsi insieme Creare un legame di amicizia Fare la pace Volersi bene Aiutarsi a vicenda Non si soffre di solitudine Si può giocare insieme Dividere Accettare Pace Abbracciare Non c'è la guerra Ci si vuole bene Non essere egoisti Rinunciare Avere pazienza Dedicare tempo a qualcuno Divertirsi insieme Sorridere Viola Cose in comune Aiutare Tranquillità

5. Discussione riguardo alle parole scritte alla lavagnaQuando ogni bambino ha finito di scrivere ciò che gli viene in mente, tutti insieme spostiamo i banchi e formiamo un cerchio ed iniziamo una conversazione relativa alle parole e alle frasi che sono state scritte alla lavagna. I: "Mi dite per favore le parole che avete deciso di scrivere alla lavagna e perché avete scelto proprio queste quando sentite pronunciare la parola amicizia?" G: "Io ho scritto stare insieme con i compagni e non litigare."I: "Cosa significa per te stare insieme con i tuoi compagni? Saresti in grado di descrivere ciò che intendi con questa frase?"G: " Se io non sono cattivo e non offendo gli altri, durante la ricreazione ad esempio, posso giocare insieme a loro. Però, se non rispetto le regole del gioco oppure inizio a spingere gli altri e a comportarmi male, non mi fanno più giocare e così devo stare da solo. A me non piace stare da solo, perché mi annoio." P: "A me qualche volta capita di spingere i miei compagni, ma non forte o per fargli del male, ma solo quando sparano delle cavolate." L: "Anche io volevo scrivere stare insieme, perché quando ero ammalata Ruth mi portava sempre i compiti, giocava insieme a me e mi faceva compagnia. Lei mi raccontava cosa aveva fatto a scuola e così, anche se dovevo stare a letto, non mi annoiavo mai. Ruth è una delle mie più care amiche."R: "Io lo facevo volentieri. Anche io, quando sono ammalata e devo stare a letto, mi annoio tantissimo e mi fa sempre piacere se qualcuno mi viene a trovare e passa qualche ora insieme a me."I: "E tu invece, quale parola hai deciso di scrivere alla lavagna?"R: "Io ho scritto divertirsi insieme, perché se si è in due si possono fare vari giochi come ad esempio giocare all'acchiappino, cose che da soli non si possono fare. Stando insieme si può creare un legame d'amicizia perché non tutti sono i miei amici. Le persone che mi fanno dei dispetti o mi prendono in giro non sono mie amiche."L: "Sì, anche io mi diverto con le mie amiche. Da sola non riesco a divertirmi."

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I: "Damian, quale parola hai scritto alla lavagna?" D: "Rinunciare."I: "E perché ti viene in mente la parola rinunciare quando pensi all'amicizia?" D: "Alcune volte, se un mio amico si dimentica la pausa, divido la mia insieme a lui. Anche ieri, quando Luca si è dimenticato di portare i pastelli, gli ho prestato il mio colore blu, anche se il blu è il mio colore preferito. Io ho usato il colore verde per dipingere il mio omino."I: "E tu Nikolas, quale di queste parole o frasi hai scritto alla lavagna?"N: "Aiutare."I: " E perché hai scritto la parola aiutare?"N: "Se una persona è mia amica, gli faccio dei piaceri. Prima, ad esempio, a Maria è caduta la penna e così gliel'ho raccolta, per farle un piacere. Avrei potuto benissimo anche darle un calcio oppure prenderla e buttarla dalla finestra."I: "E se invece fosse stata la penna di qualcun altro? L'avresti davvero buttata dalla finestra o presa a calci?" N: "Non lo so, forse sì. Però avrei avuto paura, mettiamo che quella persona avesse poi voluto vendicarsi di me, buttando anche i miei colori o il mio astuccio dalla finestra. Questo non mi avrebbe di certo fatto piacere."M: "Anche io ieri, quando mio fratello è tornato da scuola, non gli ho aperto la porta, così lui ha nascosto il mio gioco preferito. Però dopo gli ho chiesto scusa, ma lui non me lo ha ancora ridato, perché ha detto che è troppo comodo fare prima i capricci e dopo chiedere scusa."I: "Secondo voi, meritano di essere trattati bene solo gli amici oppure merita di essere trattata bene ogni persona?"L: "La mia mamma mi dice sempre che mi devo comportare con gli altri nel modo in cui vorrei che loro si comportassero con me. Però, alcune volte, mi diverto a fare degli scherzi." O: "Se qualcuno non si comporta in modo gentile nei miei confronti, neanche io mi comporto in modo gentile."I: "Non hai mai pensato che quella persona non si comporta in modo gentile nei tuoi confronti, perché non ha ancora imparato il rispetto nel rapportarsi con gli altri."A: "Mio nonno spesso mi dice che mi devo comportare in modo rispettoso, ma io non so bene cosa voglia dire questa parola."C: "Secondo me, vuole dire che, se a Nikolas ad esempio piace il colore verde, non posso dire che lui non ha gusti nello scegliere i colori, solo perché il giallo a me non piace."G: "Secondo me, vuole dire che bisogna accettare anche le idee delle altre persone e non prenderle in giro solo perché la pensano in modo differente."I: " Noto con piacere che state imparando in fretta. Avete ragione quando dite che la parola rispetto è strettamente correlata all’accettare, accettare negli altri dei comportamenti, delle idee oppure dei gusti personali. Chiara, mi potresti dire per piacere le parole che hai scritto alla lavagna?”C: "Sorridere."I: " E perché hai scelto proprio la parola sorridere?"C: "Quando sto con i miei amici sono felice, sorrido e non sono triste."G: "Io ho scritto viola alla lavagna, perché questo non solo è il mio colore preferito, ma è anche il colore preferito del mio amico. Qualche volta, quando vedo qualcosa di colore viola, mi capita di pensare al mio amico e così devo sorridere automaticamente quando penso ad alcune esperienze fatte insieme."I: "Mi fai vedere per favore la tua espressione quando sei felice e ti sorge spontaneo un sorriso?"Giulio fa un grande sorriso.I: "E quando sei triste invece? Siamo in grado di capire dalla tua mimica facciale come ti stai sentendo in un determinato momento e qual è il tuo stato d’animo?” Giulio si accovaccia e fa un’espressione triste, accompagnata da una smorfia per indicare una delusione.I: "Adesso bambini facciamo un piccolo esperimento attraverso la nostra mimica facciale, proviamo tutti a fare un'espressione allegra e felice e dopo invece un’espressione triste e delusa."I bambini iniziano a fare varie faccine, sia allegre che tristi, per rappresentare stati d'animo differenti tra di loro. I: "Riuscite a descrivere ciò che provate quando vi trovate a passare del tempo insieme ai vostri amici utilizzando il linguaggio non verbale?"

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I bambini incominciano a fare dei sorrisi, alcuni iniziano a saltellare di qua e di là, altri canticchiano, altri ancora si abbracciano e si danno la mano.I: "Mi potreste far vedere per favore ancora una volta singolarmente, come vi esprimete quando provate un sentimento di tristezza?"Alcuni bambini si coprono il viso con le mani, altri fanno un'espressione facciale particolarmente triste. Confrontandoci a vicenda, ci rendiamo conto che quando ci sentiamo felici alziamo la testa verso l'alto, quando ci sentiamo tristi invece tendiamo ad abbassare la testa e volgere lo sguardo verso il basso.I: " In quale di queste due situazioni, molto diverse tra di loro, vi sentite più a vostro agio?" R: "A me piace di più ridere, perché quando sono triste non ho voglia di fare niente e tutto mi annoia." P: "Anche a me piace ridere, perché quando mi diverto sorrido sempre e a me piace molto divertirmi."L: "Quando non sono agitata per una verifica sorrido, perché mi sento a mio agio."I: "Paolo, mi puoi dire quale è la parola che hai deciso di scrivere alla lavagna."P: "Non si soffre di solitudine." I: "Perché ti viene in mente il non soffrire di solitudine in un rapporto di amicizia?" P: "Quando mi sono ammalato di polmonite ho dovuto stare un paio di giorni all'ospedale, dove non conoscevo nessuno. Mi sono molto annoiato, perché quando la mia mamma se ne andava, dovevo rimanere da solo, non potevo giocare con nessuno e dovevo sempre stare a letto."G: "Anche noi, questa estate, siamo andati in Egitto durante le vacanze estive e in albergo quasi tutti i bambini parlavano l'inglese. C'era soltanto un bambino che parlava il tedesco, così ci potevamo capire solo attraverso dei gesti. Quando lui però non era in albergo, mi annoiavo tantissimo."O: "Anche io volevo scrivere questo alla lavagna, perché qualche mese fa mi sono rotto un braccio giocando a calcio. Per un lungo periodo ho dovuto portare un gesso e non potevo più muovere il braccio come prima. Non riuscivo a vestirmi e mangiare da solo. Il mio amico Nikolas durante questo periodo mi ha aiutato a fare i compiti, perché con il braccio rotto non riuscivo a scrivere."S: "Secondo me, per non soffrire di solitudine, basta circondarsi di amici. Quando giochiamo insieme, siamo a scuola o andiamo a fare una passeggiata non mi sento mai sola. Anche se sono figlia unica non soffro mai di solitudine, perché ho degli amici che mi vogliono bene."I: "Laura, qual è la parola che hai scritto alla lavagna?"L: "Fare la pace e volersi bene, perché se si è amici si deve anche imparare a fare la pace e perdonare l' altro se ha fatto una cosa brutta. La mia amica, che ho incontrato al mare, l'ultima volta si è dimentica del mio compleanno così pensavo che si fosse dimenticata di me e che non volesse più essere la mia amica. Noi non abbiamo neanche la possibilità di incontrarci spesso e io, quando ho tempo, le scrivo delle lettere. Lei, rispondendo alla mia lettera, mi ha spiegato che era andata in campeggio con la scuola e che non aveva portato la sua agenda con il mio numero di telefono."I: "Capita anche agli amici a volte di litigare e di non andare sempre d'accordo?"L: "Si, perché abbiamo tutti delle idee diverse e così, ogni tanto, capita che qualcuno voglia fare di testa sua. Io litigo spesso con mia sorella, però poi subito dopo facciamo la pace e ricominciamo a volerci bene.”

6. Riflessione sui concetti di pace e di guerra I: "La pace è sempre stata di fondamentale importanza per la sopravvivenza ed il benessere dell’uomo. Sentiamo spesso parlare del fare la pace, ma secondo voi cosa si cela in realtà dietro questo modo di dire?”L: "Ci si dà la mano in questo modo."Laura si alza, si dirige verso la sua amica Ruth e le porge la mano. P: "Questo gesto lo dobbiamo anche fare in chiesa quando il prete ci dice che dobbiamo fare il segno della pace.”I: "Se dovessimo invece rappresentare la pace attraverso un simbolo, secondo voi, potrebbe andare bene la mano?"A: "Penso che dovrebbe essere rappresentata con due mani che si stringono, però non forte, altrimenti si fanno male."I: "Allora, se ho capito bene, lo stesso gesto, cioè quello della stretta di mano, fatto diversamente può rappresentare varie cose?"

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D: "Dipende da come usiamo le nostre mani, perché utilizzandole in modo delicato posso fare una carezza a qualcuno, aumentando però l'intensità di questo gesto posso fare male ad un'altra persona, dandogli uno schiaffo."S: "Anche io ieri in cortile, quando sono scivolata, mi sono aggrappata ai capelli di Maria. Lei poi ha incominciato a piangere, ma non volevo farle del male."M: "Quando litigo con mio fratello anche noi ci facciamo spesso male, perché ci spingiamo e ci picchiamo a vicenda. Una volta abbiamo iniziato a litigare per un gioco, stavamo gridando fortissimo e dopo un po' è entrato il nonno è ci ha detto di smettere di fare la guerra. Lo abbiamo guardato e gli abbiamo detto che stavamo litigando e non facendo la guerra. Lui, prima di uscire dalla porta, si è girato e ci ha detto che in passato spesso un litigio tra persone di potere ha portato alla guerra."I: "Non vi capita mai di accendere la televisione e di vedere le immagini dei soldati, delle bombe, di persone ferite e di bambini che piangono sui corpi dei loro genitori che sono morti pur essendo innocenti? Quando vedete queste immagini, cosa pensate della guerra?"G: "Una volta ho acceso la televisione proprio quando facevano vedere un bambino solo in mezzo alle macerie che piangeva, io non capivo se stavo guardando un film. Si è avvicinata mia mamma e mi ha detto che le immagini che stavo vedendo non erano un film, ma la realtà.I: "Sapete che ci sono tanti bambini che non possono andare a scuola e che al posto di sentire i suoni delle filastrocche o dei ritornelli sentono solo il rumore delle bombe e della gente che piange? Quale è la vostra opinione relativa alla guerra?"N: "La guerra a me proprio non piace. Non capisco perché le persone usino armi così potenti per farsi del male."O:" Se esistesse l'amicizia tra le persone non si farebbe la guerra ma il mondo sarebbe caratterizzato dalla pace."S: "Se regnasse la pace, le persone non litigherebbero tra di loro. È la guerra che uccide le persone." A: "Anche la mamma ha detto che il mio bisnonno è morto durante la guerra."E: "Le persone che fanno la guerra sono persone che si odiano, sono cattive e si uccidono. A me non piace il rumore della guerra e della distruzione. Quando passeggio in montagna adoro il silenzio e sentire gli uccellini che cantano, e non ci sono macchine dappertutto, così non ho paura di essere investita."O: "Quando i miei genitori litigano a volte fanno così tanto rumore che non riesco neanche a sentire quello che dicono alla televisione."

7. Abbinamento di un colore per rappresentare la pace ed uno per rappresentare la guerra I: "Adesso proviamo a trovare per il silenzio e per il rumore un colore e scrivere sul cartellone corrispondente al colore, le parole che vi vengono in mente quando le sentite pronunciare. Quale colore vi viene in mente bambini, se pensate al silenzio e alla pace e quale vi viene in mente se pensate alla guerra?"Quasi tutti i bambini abbinano alla pace il colore bianco e alla guerra invece il colore nero.I: "Ora bambini, mi potete dire quale colore avete abbinato alla pace e quale alla guerra? Quando rispondete, cercate anche di aggiungere il motivo che vi ha spinto a prendere una determinata decisione.” M: "Quando penso al silenzio mi viene in mente il colore bianco. Questo colore mi fa anche pensare alla pace, perché è chiaro."L: "Anche a me il silenzio, fa pensare al colore bianco. In inverno, quando il paesaggio è completamente coperto dalla neve, sono felice, perché tutto è così tranquillo e non c'è il disordine."G: "Il colore bianco non mi ricorda solo il silenzio ma anche un uccello."I: "Ti ricorda forse la colomba?"G: "Sì, dovrebbe anche essere il simbolo della pace."S: "Sì, è vero, il bianco non rappresenta solo il silenzio, ma anche la pace."O: "Sì, è vero. Se le persone fanno la pace si vogliono bene e sono tranquille, non sono nervose e non fanno casino."I: "Va bene bambini, allora il silenzio vi fa pensare al colore bianco. Il rumore che abbiniamo alla guerra invece, a quale colore vi fa pensare?"P: "Il rumore a me fa pensare al colore nero. Anche la guerra mi fa pensare al colore nero."E: "Quando sento la parola rumore anche io penso al colore nero, la guerra non è un sinonimo di luce, ma di oscurità."

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P: "Una volta, insieme a mio nonno, ho guardato un film ambientato durante la guerra. Le immagini non erano a colori, ma solo in bianco e nero.”C: "Il colore nero mi ricorda il buio della notte. Se devo essere sincera, la notte non mi piace ed è per questo motivo che vado sempre a dormire presto o tengo nella mia cameretta una luce accesa e preferisco svegliarmi tardi al mattino, quando c'è il sole."A: "A me non piace il rumore e neanche la guerra. Entrambe le parole mi fanno pensare al colore nero. E neanche questo colore mi piace, infatti preferisco i colori come il giallo o l'arancione."E: "Il colore nero anche a me ricorda qualcosa di brutto, perché anche quando mio nonno è morto tutti erano tristi e avevano il vestito nero."C: "Quando mia nonna è morta, mia mamma mi ha detto che non dovevo essere triste, perché, pur non vedendola più ogni giorno, era sempre vicino a me."

8. Giocare con i suoni e con il corpoAdesso proviamo a rappresentare dei rumori che ci fanno pensare alla tranquillità ed al silenzio ed altri che ci fanno pensare al disordine oppure il litigio, attraverso l'utilizzo del nostro corpo. I bambini sono seduti sulle sedie disposte in un cerchio allargato e vengono invitati ad esplorare lo "strumento corpo" ed a mettere in comune le scoperte sui suoni producibili con le sue diverse parti. Incominciamo con le mani: Ognuno, a turno, propone un gesto, un suono, prodotto per es. dallo sfregamento, dalla concussione, dal picchiettio Alcuni bambini applaudono in modo entusiasta, altri in modo annoiato, c'è chi applaude timidamente, altri come se si trovassero allo stadio e stessero esultando per un goal. Poi lo si ripete tutti insieme, provando a modularlo: dal fortissimo al pianissimo e viceversa, in accelerando o in ritardando portandolo in relazione con la rappresentazione della pace, silenzio, dell'amicizia e del disordine e litigio. Un bambino per rappresentare l'amicizia incomincia ad applaudire.I: "Perché abbini il suono dato dal fragore di un applauso ad una parola come quella dell'amicizia?"M: "Perché l'applauso è come un tipo d'incoraggiamento, è una dimostrazione che qualcuno ha fatto bene una cosa. Anche a noi, quando facciamo il teatrino di Natale, alla fine della rappresentazione i nostri genitori ci fanno l'applauso, perché li è piaciuto e così noi siamo felici e stiamo bene."In seguito si decide di scegliere una modalità comune a tutto il gruppo per un applauso iniziale ed un'altra per l'applauso finale:Insieme decidiamo di iniziare con un applauso generale vivace, caloroso (forte – veloce), per smorzarlo gradualmente in un battimano sommesso (piano – lento). I: "Secondo voi, possiamo anche creare altri suoni usando le mani ed il nostro corpo?"Provando, scoprono le casse di risonanza del loro strumento corpo, poi si commenta la differenza tra i vari suoni ottenuti battendo sul "vuoto" (guance – cavità orale, petto – gabbia toracica) e sul "pieno" (braccia, cosce…).

9. Discussione relativa all’attività appena svoltaI: "Quali suoni paragonereste alla pace ed alla tranquillità ?"G: "Io paragono dei suoni silenziosi alla pace, perché quando gioco a scacchi con mio fratello non ci capita mai di gridare, solo quando litighiamo." L: "Anche io paragono la pace al silenzio, perché quando le persone fanno la guerra urlano, piangono e si sente tanto rumore."I: "Quali suoni paragonereste alla guerra?"O: "Quando penso alla guerra, mi vengono in mente i suoni delle bombe e degli spari. Mio fratello ha un gioco sul computer dove si sentono sempre degli spari e questo gioco ha un nome inglese "The war", lui mi ha detto che in inglese questo significa la guerra. A me questo gioco proprio non piace, perché vengo sempre ucciso subito."L: "La guerra mi fa venire in mente solo dei brutti suoni, come ad esempio i suoni degli spari e della gente che piange."S: "Anche a me, quando penso alla guerra, vengono in mente le persone che piangono e che soffrono. E anche il rumore delle case che crollano."D: "La guerra è una cosa molto brutta ed i suoni che mi vengono in mente hanno un volume molto alto."

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I: "Se per un attimo lasciamo da parte i suoni che si possono produrre utilizzando le mani, con quali altri parti del corpo possiamo produrre dei suoni?"N: "Possiamo anche usare i piedi per fare dei suoni."I bambini provano a sperimentare i vari tipi di suono che si possono produrre utilizzando i piedi: colpiscono il suolo con i talloni, con le punte, con l'intera pianta del piede, strisciando… Gli stessi esercizi cha abbiamo fatto prima con le mani vengono fatti adesso con i piedi, provando ad inventare un ritmo e muovendoci per la classe.Poi iniziamo ad utilizzare a scelta sia le mani che i piedi per creare dei piccoli ritmi, che variano in base all'intensità ed alla velocità. Per rappresentare la pace, i bambini hanno di nuovo deciso di scegliere dei suoni lenti, non troppo forti, utilizzando per esempio solo la piantina del piede. Per rappresentare la guerra invece, hanno scelto dei suoni completamente opposti rispetti a quelli scelti per rappresentare la pace. I suoni che evoca in loro il pensare alla guerra sono molto forti, con delle sequenze molto veloci, mantenendo sempre lo stesso tono. I: "Bambini, adesso vi vorrei fare un'altra domanda. Secondo voi, è possibile produrre dei suoni anche con altre parti del corpo, senza utilizzare i piedi e le mani?" I bambini rimangono in silenzio e riflettono per qualche minuto. Dopo un po' a Ruth viene in mente la voce, perché anche attraverso di essa possono essere prodotti vari suoni.R: "Sì, posso usare la voce. Con la mia voce posso cantare."S: "E quando mi arrabbio, uso la voce per gridare."D: "Sì, e quando Nikolas mi racconta una barzelletta, uso la mia voce per ridere di gusto." I: "Bambini, abbiamo visto che possiamo abbinare vari suoni che possiamo riprodurre con il nostro corpo, alla pace, all'amicizia e alla guerra. Se vi dicessi di utilizzare solo il vostro corpo, in che modo riuscireste a dimostrare l'amicizia." Laura sorride.L: "Se io ho un amico, sono felice, perché non sono sola ed ho qualcuno con cui giocare. Mi è venuta un'altra idea, possiamo unire le nostre dita per formare un cuore."I: "Perché hai scelto proprio la forma del cuore?" L: "Perché, quando una persona vuole bene ad un'altra, si disegnano dei cuoricini, ed io voglio bene ai miei amici."I: "E perché vuoi bene ai tuoi amici?"L: "Perché mi fanno dei piaceri e mi rendono felice e non si comportano in modo cattivo nei miei confronti."Sara ed Alessia incominciano a bisbigliare.S e A: "Noi abbiamo scelto insieme un simbolo per dimostrare l'amicizia."I: "Mi fa piacere, adesso per favore lo fate vedere anche al resto della classe?"Sara e Alessia si alzano e si abbracciano.I: "Perché avete scelto questo gesto?"S: "Quando non si litiga, ci si abbraccia, perché se si è nemici allora ci si fa del male a vicenda."A: "Anche mia sorella, quando incontra per strada un suo amico, lo abbraccia."I: "Omar, ti è venuto in mente qualcosa nel frattempo?"Omar si dirige verso Nikolas e gli stringe la mano.O: "Io ho scelto questo gesto, perché quando due amici litigano, devono darsi la mano per fare la pace."N: "Ma con le mani si possono anche aiutare i nostri amici e gli altri."I: "Esattamente! Anche voi, questa mattina, avete fatto la stessa cosa, avete utilizzato le vostre mani ed unito le vostre forze per aiutarmi a portare quello scatolone pesantissimo. Vi vengono ancora in mente altre cose?"S: "Solo utilizzando il corpo è un po' difficile rappresentare qualcosa da soli, perché anche se si ha un amico, si è sempre in due."

10.Rappresentazione di un simbolo correlato alla pace e di uno correlato alla guerraI: "Provate a trovare un simbolo oppure un oggetto che corrisponda all'amicizia, alla pace ed un altro che corrisponda all'odio ed al litigio. Tornate pure al posto e disegnate ciò che vi viene in mente, così dopo potete presentare i disegni ai vostri compagni di classe.

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I bambini ritornano ai propri posti. Ad ognuno di essi viene distribuita una pagina. Ogni bambino deve dividere questa pagina a metà, da una parte deve provare a raffigurare un simbolo che rappresenti la pace e dall'altra parte la guerra e l'odio. I disegni dovranno essere fatti utilizzando i colori che ognuno di essi mette in relazione con queste due parole.I: "Laura, ti andrebbe di iniziare con la presentazione per piacere? Quale simbolo hai scelto di raffigurare sul foglio che vi ho distribuito prima?”L: "Per l'amicizia il sorriso e per il litigio un bastone."I: "E perché hai deciso di scegliere questi due oggetti?"L: "Se ho un amico, non mi sento più sola e sono felice. Il bastone è molto duro e se lo picchio in testa a qualcuno, gli posso fare male."I: "Un bastone è un oggetto solo in grado di ferire le altre persone?"L: "Sì, perché è duro e fa male."D: "Ma dipende da come lo si usa, mio nonno lo deve usare al mattino per andare a comprare il giornale, altrimenti cade per terra."I: "Secondo voi bambini, gli oggetti sono di natura buoni oppure ce ne possono essere alcuni tra di essi che possono assumere anche dei connotati negativi, diventando degli oggetti cattivi in un certo senso?” R: “Gli oggetti non sono né cattivi né buoni, perché stanno sempre solo fermi.”O: “Ieri, mentre stavo facendo il compito, mi sono grattato per sbaglio l’occhio con la matita e mi sono fatto male. Non penso però che la matita sia cattiva o avesse voluto farmi appositamente del male. È colpa mia, perché non sono stato attento, avrei dovuto appoggiarla sul tavolo prima di grattarmi.” I: “Bambini, dagli esempi che avete appena fatto, possiamo dedurre che siamo noi ad influenzare le cose. Dipende da come utilizziamo dei determinati oggetti. È vero, che gli oggetti non sono degli esseri viventi come noi. Si possono muovere solamente attraverso di noi ed è per questo che siamo anche noi a decidere, attraverso l’uso che ne facciamo, se utilizziamo gli stessi per fare del bene oppure per fare del male.”I: "Damian, tu invece quale oggetto hai scelto per rappresentare l'amicizia e quale hai scelto per raffigurare l'odio?"D: "La notte ed un bambino che piange."I: "Vuoi dire agli altri, perché hai scelto proprio queste due immagini?"D: "Di notte tutti dormono, così non si litiga e c'è il silenzio e la pace. Però, quando io e mio fratello, più grande di me, litighiamo, mi picchia e io inizio a piangere, perché mi fa male."I: "Quindi, è importante instaurare un rapporto di amicizia con tuo fratello, affinché non litighiate più. Qualcuno vuole ancora aggiungere qualcosa?"O: "Io ho disegnato per l'odio ed il litigio il giorno, ci sono persone che urlano ed in mezzo al traffico passa anche un'ambulanza con la sirena e c'è un gran disordine."I: "E quale simbolo hai scelto per rappresentare la pace?”O: "Ho lasciato lo spazio vuoto, perché se non c'è la guerra, allora c'è il silenzio.”R: "Io ho pensato al vento ed al fulmine."I: "E perché hai pensato a questi due elementi naturali?"R: "Il vento ti accarezza la pelle, quando non è molto forte e non troppo freddo." I: "Il fulmine invece rappresenta l'odio ed il litigio?" R: "Sì, perché esso fa un gran rumore. Quando il fulmine colpisce una cosa, o una persona, può anche distruggerla e fare del male, anche le botte che ci si danno quando si litiga possono fare male."N: "Io ho disegnato una capra ed un diavolo?"I: "Ci vuoi spiegare perché hai scelto di disegnare questi oggetti?"N: "Perché Gesù ha detto che la capra è il simbolo della pace ed ho scelto il diavolo, perché chi litiga deve andare all'inferno." Nikolas ride.M: "Io ho disegnato una croce e la gente. In chiesa, tra amici, ci si da la mano e si fa anche il segno della croce. Ho disegnato la gente, perché sono in tanti e così fanno molto rumore e ci sono anche persone che gridano. Quando litighiamo anche noi gridiamo."G: "Anche io ho disegnato delle persone che gridano, perché quando si litiga non si parla più con un tono di voce basso. Ho anche disegnato un viso che sorride, perché quando le persone sono felici sorridono."

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M. "Io ho fatto un sole ed una tempesta. Quando c'è il sole si sta bene e si può giocare all'aperto. Quando invece c'è la tempesta non si può uscire all'aperto e si deve rimanere in casa. E così ci si annoia e io litigo sempre con mio fratello, perché non sappiamo cosa fare e vogliamo entrambi giocare con il computer."A: "Anche io ho disegnato un viso che sorride, perché è contento con quello che riceve ed un viso triste."S: "Io ho disegnato delle montagne, perché in inverno posso andare a sciare con i miei amici e in estate posso fare delle gite. Una volta, in estate, ho anche trascorso qualche giorno in tenda con una mia amica e con suo papà. Poi ho anche disegnato un'autostrada, perché c'è un grande disordine, tutte le macchine vanno molto veloci e si sorpassano a vicenda."P: "Una volta, mio zio ha sorpassato una Porche in autostrada."O: "Mio papà, quando andiamo al mare, sorpassa sempre i camion e gli autobus, così io saluto sempre il conducente dalla finestra."I: "Silvia ed Elena, ho notato che entrambe avete fatto quasi lo stesso disegno di Giulio, volete ancora aggiungere qualcosa?"Le bambine fanno segno di no con la testa.I:"Secondo voi, l'amicizia è davvero una cosa indispensabile?"O: "Cosa significa indispensabile?"I: "Indispensabile significa che non puoi fare a meno di essa, come ad esempio respirare."O: "Secondo me, avere degli amici è molto importante. Se non ci fossero loro, non avrei nessuno con cui divertirmi e con cui andare in piscina durante l'estate."R: "Anche secondo me, l'amicizia serve a tutti. Le persone che non hanno amici sono sole e sempre di cattivo umore."L: "Io voglio molto bene ai miei amici. Anche quando parto per andare in ferie, mi porto sempre dietro una foto delle mie amiche."E: "Se noi della classe non fossimo amici, ma litigheremmo sempre, non mi piacerebbe venire a scuola".N: "Anche in televisione fanno spesso vedere la pubblicità delle persone che fanno del volontariato, come ad esempio fare compagnia alle persona anziane, così non si sentono più così sole."I: "Se non ci definiamo "amici", allora cosa siamo?"N: "Nemici."M: "Bulli."C: "Fratelli."L: "Ma anche i fratelli possono essere amici tra di loro, se vanno d'accordo e non litigano."G: "Soli."I: "E perché siamo soli se non abbiamo degli amici?"G: "Se non ho degli amici, non ho nessuno con il quale trascorrere del tempo e così non ho nessuno con cui giocare all'aperto." P: "Sconosciuti."I: "E perché siamo degli sconosciuti?"P: "Perché, se due persone non si conoscono, non possono essere amiche, ma forse lo possono diventare una volta che iniziano a conoscersi."I: "Non vi piacerebbe se tutti ci potremmo definire amici degli altri?" L: "Secondo me, non è possibile, perché non riesco a ricordarmi il nome di tutte le persone e poi, come faccio ad incontrarle tutte."I: "Una cosa molto importante, indipendentemente dal fatto di essere amici o meno, è il rispetto nel confronto delle altre persone. Bisogna sempre ricordare, che ogni singola persona è degna di essere trattata con rispetto."L: "Ma se non la conosco, non so cosa gli piace.”I: "Sì, hai ragione, però bisogna anche considerare che il rispetto è un concetto molto ampio. Non serve sempre conoscere il gusto degli altri per essere in grado di assumere un atteggiamento rispettoso nei confronti delle altre persone. Qualcuno vuole ancora rispondere alla domanda che vi ho fatto prima, cioè cosa siamo, se non ci definiamo amici di un’altra persona?”A: "Abbandonati."S: "Parenti, sposati, fidanzati."

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C: “Ma anche due fidanzati possono essere amici, mia zia si è anche sposata con il suo migliore amico.”R: "Anche due fidanzati devono essere un po’ amici, altrimenti passerebbero tutto il tempo a litigare.”

11.Svolgimento del gioco "Asino"Per svolgere questo gioco andiamo tutti insieme in palestra, prima di incominciare, vengono elencate le regole di questo gioco.La classe viene suddivisa in due gruppi, ciascun gruppo forma un cerchio costituito da sette alunni, tra ogni alunno ci deve essere una distanza tale, per potersi buttare la palla. Giocando, i bambini devono tirarsi la palla in senso orario. Per questo gioco è molto importante che ogni bambino cerchi di buttare la palla in un modo che permetta all’atro bambino di prenderla. Quando ad un bambino però cade la palla, gli viene assegnata una lettera della parola asino. Un bambino viene espulso dal gioco, se fa cadere la palla per cinque volte (formando in questo modo la parola asino). In questo modo si prosegue fino a che non rimangono più partecipanti.

12.Discussione sullo svolgimento del gioco Dopo lo svolgimento del gioco, i bambini, insieme all'insegnante, ritornano in classe, dove formano un cerchio e proseguono con la discussione. I: "Vi è piaciuto questo gioco?" L: "A me non è piaciuto questo gioco, perché spesso non sono stata in grado di prendere la palla, in questo modo, ho dovuto smettere di giocare egli altri mi hanno presa in giro."S: "Neanche a me è piaciuto questo gioco, perché se si fa cadere la palla più volte, si è squalificati."A: "Neanche a me è piaciuto, perché gli altri mi prendevano in giro."M: "Non mi è piaciuto, perché il vincitore può chiamare le persone squalificate dal gioco con il nome di "asino"."G: "A me non piace che chi perde non può più giocare, perché è anche noioso aspettare l'eliminazione degli altri, affinché rimanga un solo vincitore."M: "È brutto, perché chi perde, non può più giocare e poi viene chiamato "asino"."L: "Neanche a me piace che chi perde venga chiamato "asino", questa è un'offesa."P: "A me il gioco è piaciuto, però il nome secondo me non è adatto."D: "A me non è piaciuto, perché dovevi smettere di giocare appena facevi cadere la palla per terra e ho dovuto stare a guardare come gli altri continuavano a divertirsi. Chi faceva cadere la palla, veniva anche deriso."R:"Io speravo sempre che la palla non mi cadesse."S: "A me questo gioco non è piaciuto, perché sono stata la prima a far cadere per cinque volte la palla e tutti hanno iniziato a prendermi in giro."O: "A me non è piaciuto il gioco dell'asino, perché, quando sono stato squalificato dal Gioco, tutti gli altri del gruppo hanno iniziato a prendermi in giro."E: "A me è sembrato ingiusto il fatto che qualcuno non potesse più giocare."O: "Questo gioco non mi piace molto, perché quando uno ha perso, tutti gli altri lo deridono e lo chiamano "asino"." N: "A me non mi è piaciuto, perché è un gioco ingiusto e ferisce tutti quelli che ci giocano."I: "Quindi, se a nessuno di voi è piaciuto questo gioco, deduco che non abbiate voglia di ripeterlo."S: "A me mi piacerebbe giocare ancora un po’, non potremmo fare un altro gioco?"I: "Cosa ne direste di cambiare alcune regole di questo gioco?"P: "Io vorrei che chi fa cadere la palla, non venisse ribattezzato con il nome di "asino"."A: "Chi non riesce ad acchiappare la palla non viene più eliminato."M: "Io vorrei dare un altro nome a questo gioco."G: "Chi perde potrebbe essere chiamato cavallo oppure con un'altra parola."L: "Non vorrei che si prendessero in giro gli altri compagni."P: "Fare un'affermazione come ad esempio hai perso, e non chiamarlo "asino"."D:"Il gioco mi piace, però toglierei la parola asino, perché offende gli altri."R: "Creare due gruppi ed, ogni volta che qualcuno fa cadere la palla, riceve un punto, alla fine vince la squadra con meno punti."

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S: "Se un bambino fa cadere la palla e gli viene assegnata la prima lettera, essa gli viene di nuovo tolta se, al prossimo giro, non la fa più cadere. In questo modo il gioco dura di più e ci sono meno eliminati."E: "Il gioco è più bello se non ci sono degli eliminati, perché è più divertente giocare in un gruppo di molte persone."O: "Chi lascia cadere la palla, deve solo fare una penitenza e dopo può continuare a giocare."I: "Quale genere di penitenza vorresti proporre?" O: "Magari fischiettare oppure cantare una canzone, che gli altri devono poi indovinare."A: "Ma non tutti sanno fischiettare."I: "Se un bambino magari non riesce a fischiettare, quale altro metodo potrebbe utilizzare per far capire agli altri la canzone che ha in mente?"R: "Potrebbe anche battere il ritmo con le mani o con i piedi."N: "A me è venuta in mente un'idea per fare una penitenza. Il bambino deve fare una specie di slalom tra gli altri compagni di classe."In coro, approvando l'idea del compagno di classe, esclamano: "Questa sì che è una buona idea."I: "Allora bambini, dopo tutte queste buone idee, avreste voglia di ripetere il gioco adattandolo all'idea che ha avuto il vostro compagno Nikolas?"I: "Cambiereste anche il nome del gioco? Quale nome vi piacerebbe?"N: "Slalom gigante."S: "Prendi la palla."M: "Prendimi."R: "Attenzione."P: "Acchiappa la palla." C: " Che macello."

13.Gioco caratterizzato da alcune modificheI bambini, insieme all'insegnate, si dirigono verso la palestra per riprendere a giocare.Lo svolgimento di questo gioco può aiutare il bambino nella verifica delle sue ipotesi. Attraverso questo, è possibile controllare se esse possono effettivamente funzionare, perché molte volte può risultare facile formulare una teoria, ma può risultare altrettanto complicata la messa in pratica della stessa. Dopo alcuni minuti di attività l'insegnate interrompe il gioco ed invita i bambini a ritornare in classe.

14.Discussione sullo svolgimento del gioco dopo essere state apportate le modifiche proposteI: "Questo gioco vi è piaciuto di più con le modifiche apportate?"I bambini sono molto soddisfatti delle modifiche apportate a questo gioco.I: "Perché vi è piaciuto di più questo gioco rispetto a quello tradizionale?"S: "Non veniva eliminato nessuno."A: "Questo gioco poteva andare avanti per molto tempo."M: "Io cercavo di correre molto veloce, ma, dal momento che non ho portato le scarpe da ginnastica, scivolavo sul pavimento della palestra, mi sembrava quasi di sciare per davvero ."G: "Io ho fatto cadere la palla due volte di fila, ed è per questo che mi è venuto il fiatone."E: "Dato che nessuno veniva eliminato, nessuno doveva sedersi e guardare gli altri divertirsi. Il gioco mi è piaciuto molto, perché non mi sono mai annoiata."C: "Quando un compagno doveva correre tra gli altri, era così veloce che sentivo sempre un venticello"E: "Non avevo più paura di non riuscire a prendere la palla, anzi, mi divertiva poter fare lo slalom."

15.Racconto di una storiaAdesso passiamo alla parte narrativa, durante la quale ai bambini viene letta la seguente storia: Una luce divisa tra più persone dona più luce.Durante la lettura della storia, ai bambini viene permesso di assumere qualsiasi posizione, non devono stare seduti in modo composto, ma possono scegliere la posizione che preferiscono e che permetta loro di stare comodi inoltre, se preferiscono, possono anche chiudere gli occhi per concentrasi meglio sul contenuto del racconto.

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a) Ascolto e lettura della storia Una luce divisa tra più persone dona più luceC’era una volta una lanterna di nome “Lucina”, conosciuta da tutti per lo splendore della luce che emanava durante la notte. A Lucina piaceva molto passeggiare per il bosco, perché non aveva paura dell’oscurità. Un giorno però, mentre stava passeggiando per il bosco, fu sorpresa dal temporale. All’improvviso, il cielo si coprì di nuvole, da lontano si sentiva il rumore dei tuoni, il vento soffiava tra i rami degli alberi, che si muovevano di qua e di là. La fiammella della lanterna incominciò a tremare e ad un tratto si spense. Un buio profondo travolse Lucina, che ormai non riusciva più a vedere niente. “E ora come faccio a trovare la strada per ritornare a casa?”, si chiese Lucina. Continuava a vagare di qua e di là, inciampando nelle radici degli alberi.Ad un certo punto, Lucina vide un bagliore provenire lontano, che a poco a poco si avvicinava sempre di più. Lucina gli corse incontro e vide che era un’altra lanterna che emanava una luce sgargiante e meravigliosa. Lucina chiese tra le lacrime: “Ho bisogno di aiuto. Dividi la tua luce con me, per piacere. La mia si è spenta durante il temporale ed adesso non riesco più a tornare a casa.” La lanterna guardò Lucina e rispose: “No, mi dispiace. Se divido la mia luce ho paura che non riesca più a vedere bene dove vado.”

b) Ordinare delle immagini nella sequenza giusta Per verificare se i bambini hanno compreso la storia, li vengono mostrate delle immagini sulla lavagna luminosa. I bambini devono cercare di ordinare le immagini e di narrare per ognuna di essa una parte del racconto rappresentato attraverso di esse.

c) Discussione riguardo allo svolgimento ed alla conclusione della storia I: “Allora bambini, vi è piaciuta la storia della lanterna Lucina?”M: “A me la storia mi è piaciuta, però secondo me l'affermazione dell'altra lanterna non ha logica. Perché la fiamma non dovrebbe luccicare meno di prima solamente perché l’ha divisa con un’altra lanterna?!” S: “ Anche secondo me, l’altra lanterna si è comportata in modo troppo egoista. Per lei, di sicuro non avrebbe fatto nessuna differenza il dividere o meno la luce con un’altra lanterna.”A: “Dal momento che l’altra lanterna non voleva dividere la luce con Lucina, avrebbe almeno potuto fare la proposta di accompagnarla a casa.”M : “A me è dispiaciuto che la luce di Lucina si sia spenta a causa del temporale.” E: “Se io mi fossi trovata al posto di Lucina, avrei guardato il cielo prima di uscire di casa. Se avessi visto che stava per piovere, non sarei di certo uscita all’aperto, ma sarei rimasta a casa.” C: “Secondo me, manca il finale della storia. Magari Lucina ha spiegato all’altra lanterna la sua disavventura e così la lanterna ha deciso di aiutarla lo stesso. Forse alla fine sono diventate anche amiche.” P: “ Se io mi trovassi al posto di Lucina, cercherei di spiegare all’altra lanterna che, trovarmi da solo nel bosco al buio e dopo un temporale mi fa molta paura e può darsi che gli faccia pena e che mi aiuti lo stesso.” O: “Se la storia finisce veramente così, vuole dire che l’altra lanterna era proprio un’egoista.” I: “Dato che ho già sentito dire da qualcuno che il racconto sembra incompleto, che ne dite di trovare voi una conclusione adatta, lavorando in gruppo?”

d) Formazione dei gruppi per inventare una conclusione adatta per la storiaPer trovare una conclusione, i bambini formano dei gruppi ed ogni gruppo inventa una conclusione adeguata per la storia e successivamente propongono la loro idea relativa alla conclusione della storia.I gruppi vengono formati in modo casuale, i bambini con i capelli lunghi formano un gruppo, quelli che portano una maglia di colore chiaro formano un altro gruppo ecc..

e) Rappresentazione di quello che è stato scritto dai bambiniPer creare l'atmosfera e ricostruire il bosco immerso dalle tenebre, cioè l’ambientazione in cui si svolge la storia, vengono chiuse le tapparelle (per una comprensione del testo basata anche su un approccio diretto in relazione al contenuto della storia, sarebbe risultato interessante attraversare il

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bosco vicino alla scuola per scoprire da vicino i pericoli, ai quali è esposta la protagonista del racconto. Per motivi di tempo purtroppo ciò non è stato possibile). Per la rappresentazione delle varie idee, due bambini dei vari gruppi hanno deciso di rappresentare le lanterne, gli altri bambini del gruppo fanno finta di essere gli alberi, altri ancora imitano il rumore del vento che soffia in mezzo agli alberi. Ogni gruppo ha la possibilità di rappresentare la conclusione scelta per la storia.Vari esempi scelti dai bambini per concludere la storia di Lucina:

Versione n. 1Lucina continua per la sua strada. All'improvviso sobbalza per lo spavento, perché un gufo le dice: "Hu hu. Io sono il gufo del fuoco." Poco dopo Lucina viene raggiunta da un'altra lanterna, anche lei spenta in seguito al temporale. Il gufo, essendo protettore del fuoco, porge loro una fiamma. Così le due lanterne capiscono che, dividendo il fuoco, può essere generata una fonte di luce ancora più grande ed ancora più luminosa.

Versione n. 2Lucina continua ad inciampare di qua e di là, dopo un po' trova un posto per rifugiarsi e dormire in mezzo ai rami degli alberi. Appena sorge il sole, Lucina viene svegliata dal suo bagliore, e l'intensità dei suoi riaccende la lanterna. Durante il cammino verso casa, Lucina incontra l'altra lanterna. Lucina le si avvicina e le porge una fiamma, affinché si possa riaccendere. Lucina la guarda e dice: "Ho capito che il dividere con gli altri, può donare gioia."

Versione n. 3Lucina dice all'altra lanterna: "Se dividi con me la tua luce, siamo in grado di emanare uno splendore ancora più intenso.". Lucina fa un po' pena all'altra lanterna, che decide di dividere la sua luce. All'improvviso, l’ambiente intorno a loro, viene illuminato da una luce molto forte e soprattutto molto bella.

Versione n. 4Lucina decide di continuare per la sua strada e dopo un po' incontra un'altra lanterna. Lucina chiede sussurrando: "Mi potresti dare un po' della tua luce?". L'altra lanterna risponde:"Certo, volentieri." La lanterna dona a Lucina un po' della sua luce e così si può avviare verso casa.

Versione n. 5Lucina gira per il bosco e dopo un po' incontra un orso bruno. Lucina chiede all'orso: "Hai per caso della luce da darmi?". L'orso risponde: "Io no purtroppo, ma continua in questa direzione e dopo qualche metro vedrai una casa. Loro si sicuro ti potranno dare un po' di luce.". Lucina ringrazia l'orso e si dirige verso la casa. Durante il tragitto incontra un'altra lanterna per la strada che decide di donare un po' della sua luce a Lucina.

Versione n. 6La lanterna dice a Lucina: "Se non riesci a vedere, devi mettere gli occhiali." Lucina risponde: "Ma io non voglio mettere gli occhiali!" Arriva un soffio di vento, che spegne anche l'altra lanterna. All'improvviso, Lucina si ricorda di avere messo dei fiammiferi in tasca. Ne estrae uno e riesce subito a riaccendere la sua luce. Lucina si avvicina verso l'altra lanterna e le porge il fiammifero. La lanterna la guarda e la ringrazia. Lucina le chiede: "Ti va di diventare mia amica?". L'altra lanterna la guarda ed annuisce. Insieme si dirigono verso casa con il cuore pieno di felicità.

Versione n. 7Lucina chiede all'altra lanterna: "Ti prego, dammi un po' di luce, altrimenti non riesco a trovare la strada di casa." L'altra lanterna risponde: "Va bene, ma se la tua luce per caso si dovesse spegnere un'altra volta, non ti aiuto più." Lucina ringrazia. Poco dopo il vento ricomincia a soffiare, sempre più forte. La lanterna non riesce quasi a reggersi in piedi dal vento, in seguito ad un momento di distrazione, la sua luce si spegne. Lucina si avvicina e le dice: "Adesso posso ricambiare il favore. Eccoti un po' di luce."

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Entrambe tornano a casa sorridenti e felici.

f) Discussione I: "Secondo voi, le candele in realtà sono in grado di camminare e di parlare ?"L: “No, questa era solo una storia. A me piacciono anche molto le storie delle fate, che sono in grado di volare. Le fate in realtà però non sanno volare, ci riescono solo gli uccellini.” E: “Anche nel film di cenerentola, ci sono tutte le stoviglie che camminano e che parlano.”R: “Le candele si muovono solo quando noi le facciamo muovere.”O: “Oppure anche se sono dotate di un sistema che le fa muovere, come ad esempio i robot.”M: “Io, una candela così, però non l’ho mai vista.” O: “Se devo essere sincero, neanche a me è mai capitato di vedere una candela così.” C: “Secondo me, gli oggetti non si possono muovere, perché non vivono e non respirano.” C: “Se gli oggetti si muovessero, ci sarebbe un gran disordine. Non riusciremmo più a scrivere, se la matite continuassero a muoversi e a saltellare di qua e di là.” I bambini, pensando all’idea delle matite animate, iniziano a ridere di gusto.I: " Se voi avreste dovuto affrontare una situazione simile, cosa avreste fatto e come avreste reagito?"S: "Io avrei avuto molta paura e avrei chiamato la mamma e le avrei chiesto se fosse venuta a prendermi.”E: “Io non avrei neanche avuto il coraggio di allontanarmi da casa, soprattutto pensando di trovarmi in un bosco di notte.” O: "Io sarei corso il più veloce possibile nella direzione di casa, perché penso che sarei riuscito a trovare lo stesso la strada verso casa, trovandomi in un luogo conosciuto.”D: “Se avessi incontrato una persona che non era disposta ad aiutarmi, l’avrei seguita di nascosto.”A: "Io avrei aspettato fino a quando fosse arrivato qualcuno."P: "Io avrei usato una pila per andare di notte nel bosco, perché questa non si sarebbe spenta, neanche per colpa del vento.”G: “Io avrei gridato forte forte e avrei sperato che qualcuno mi avesse sentito e mi fosse venuto a cercare.” N: “Se avessi avuto un accendino, avrei raccolto un po' di legna e avrei fatto un piccolo fuoco per riscaldarmi. Poi avrei aspettato il sorgere del sole, per riuscire a tornare a casa."M: “Anche io avrei cercato un luogo dove rifugiarmi.”L: “Io avrei avuto paura a rimanere nel bosco da sola. Se fosse arrivato qualcuno, lo avrei seguito di nascosto.” R: “Se non fosse arrivato nessuno, avrei cercato di trovare la strada per tornare a casa con l’aiuto della luna piena.”N: "Anche io sono andato una volta nel bosco di notte insieme a mio papà con la slitta, perché c'era la luna piena."C: “Io avrei avuto paura di incontrare qualche animale pericoloso.”M: “Io sarei rimasto nel bosco ad aspettare. Sono sicuro che la mamma, appena si fosse accorta della mia assenza, avrebbe chiamato i vigili del fuoco per riuscire a trovarmi.” D: “Anche mio papà è un vigile del fuoco. Mi ha raccontato che una volta, ha dovuto andare a cercare una persona che si era persa nel bosco.” I: "Vi comportereste anche voi come la protagonista della storia che abbiamo appena letto, dividendo tutte le vostre cose con gli altri?" S: " Dipende, perché non si possono sempre dividere tutte le cose. Per esempio ieri, mentre stavo giocando al computer, si è avvicinata mia sorella, perché anche a lei era venuta voglia di giocare allo stesso gioco. Le ho detto di cercarsi un altro gioco nel frattempo, perché a casa abbiamo un solo computer che non può essere diviso tra più persone.” I: “Secondo voi, si sarebbe potuta scegliere anche un’altra soluzione per risolvere questo problema?” S: “No, perché avevamo solo una tastiera!”I: “Avrebbero ad esempio, potuto giocare un po’ per una? Vi do ragione quando dite che la tastiera di un computer non può essere divisa, però può essere condivisa.”S: “Però è noioso stare vicino a qualcuno per vedere come gioca a computer.”E: “Ma la storia di Lucina è diversa. Per l’altra lanterna non faceva nessuna differenza dividere la sua luce o meno con qualcun altro.”

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N: “Mi capita qualche volta di giocare al computer insieme a mio fratello. Facciamo sempre le gare in macchina, così proviamo a batterci a vicenda e c’è più competizione.” O: "Al mare c'era sempre un bambino che, senza chiedere, prendeva i miei giochi e dopo non me li ridava più, così, dopo un po’, ho cominciato a portarli sempre con me. Una volta, gli ho chiesto se avesse per caso avuto voglia di giocare insieme a me, però lui non ha neanche risposto.”I: “Sei sicuro che comprendesse la tua madre lingua. Forse era un bambino di un’altra nazionalità che non capiva se gli stavi chiedendo di diventare tuo amico o se magari lo stavi solo rimproverando per la questione legata ai tuoi giochi.” O: “Secondo me capiva cosa gli stavo dicendo, infatti sua mamma gli parlava sempre in italiano. E mi ricordo che a lei rispondeva, anche quella in italiano.” M: “Capita anche a me di litigare con mio fratello per lo stesso gioco. Lui inizia sempre a gridare e a piangere e così arriva la nonna. Lei, di nascosto, mi dice di fare il bravo, perché mio fratello è più piccolo di me e in cambio mi regala delle caramelle oppure a volte anche dei soldi.”I: “Non ti piacerebbe di più giocare insieme a tuo fratello?”M: “Lui è ancora troppo piccolo per giocare con me, riesce appena a camminare.”I: ”Ruth, a te invece capita a volte di dividere degli oggetti con gli altri?” R: “Sì, qualche volta mi capita. Quando le mie amiche vengono a casa mia a giocare possono sempre usare i miei giochi.” G: “Una volta, quando sono andato in montagna con mio nonno e mio fratello, siamo stati sorpresi da un temporale. Mio fratello ed io avevamo dimenticato l’impermeabile a casa e così il nonno ci ha prestato la sua giacca. Stavamo un po’ scomodi, perché si stava strettissimi, però ci siamo divertiti lo stesso, soprattutto quando abbiamo iniziato a fare finta di essere degli zombi.” E: “Ogni tanto, capita anche a me di dimenticare i pastelli a casa, però per fortuna posso usare quelli del mio compagno di banco.” I: “Era proprio questo che cercavo di dirvi. In un rapporto di amicizia, basato su un legame sincero ed emotivamente importante, la condivisione diventa di fondamentale importanza. L’amicizia non può essere basata sull’egoismo, ma essa nasce dall’altruismo. Dalla voglia che nasce in noi quando ci capita di incontrare una persona, di attribuire un’importanza maggiore ai loro bisogni rispetto ai nostri.” I: "Secondo voi bambini, perché il dividere le cose con gli altri ricopre un ruolo così importante all’interno della nostra società?” N: “Be, mettiamo che un mio amico venga a casa mia a giocare e io non gli presto i miei giochi. Lui, dopo un po’, si annoia di dovere stare lì a guardare me giocare e di sicuro non tornerà mai più a casa mia, perché sa che mi comporto in modo egoista.”R: “Una volta ho regalato alcuni giochi che ormai non usavo più da tempo ad una bambina, perché la mamma mi aveva detto che i suoi genitori non avevano tanti soldi e per questo motivo non le potevano comprare dei giochi. Io l’ho fatto volentieri, perché non gli usavo mai.”E: “Se io divido le cose con gli altri, anche loro mi prestano le loro cose.”O: “Mia nonna, quando non ho voglia di dividere le cose con gli altri, dice sempre che ho così tante cose, però solo due mani.”L: “Se una persona non vuole mai dividere le sue cose con gli altri è egoista e nessuno vuole stare insieme a lei e per questo motivo non ha degli amici e così rimane da sola.” N: "Giocare sempre con le stesse cose diventa noioso dopo un po', è più divertente se ci si scambiano i giochi a vicenda."I: "Ci si possono dividere anche gli amici oppure questo concetto vale solo per le cose materiali o commestibili, come ad esempio un pezzo di torta, e non per le persone?"S: “Un pezzo di torta lo posso dividere, ma una persona no.”I: “E perché dici che questo vale solo per gli oggetti e non per le persone?”S: “Mi sa che non ho capito la domanda.”O: “Forse perché ad una persona non posso tagliare delle parti del corpo, non sono mica un dottore.” M: “Ma il dottore non taglia a pezzi le persone, le guarisce.”A: “Le persone non si possono dividere, perché vivono, anche quando mangiamo la carne non tagliamo a pezzi l'animale ancora in vita, ma prima lo dobbiamo uccidere altrimenti mi farebbe pena, sai che male!”R: “Secondo me, possiamo avere anche più amici, perché si possono dividere per finta, con l'immaginazione e naturalmente non attraverso l’utilizzo di un coltello.”

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E: “Mia mamma dice sempre che vuole bene sia a mio fratello che a me. Quindi, diciamo pure, che è amica sia di mio fratello che di me.”O: “Se taglio un pezzo di torta, dubito che alla torta faccia male. Io invece, quando cado ed ho delle abrasioni su tutto il corpo, sento molto male” P: “Se tutte le cose commestibili provassero del dolore ogni volta che la mangiamo, dovremmo morire di fame.” C: “Noi tutti possiamo avere più amici, anche senza dividerli in più pezzi.” I: "Secondo voi, quanti amici si possono avere da un punto di vista numerico?"A: “Tantissimi.”O: “Più persone conosci e più amici puoi avere.”M: “Dipende, se sei una persona timida e non parli mai con nessuno, secondo me hai meno amici rispetto ad una persona che parla con tutti.” S: "Si possono avere un numero infinito di amici, però ce ne sono alcuni ai quali vuoi più bene e altri ai quali vuoi meno bene, forse perché non li vedi così spesso." R: “I miei amici sono tutti quelli della classe e anche alcuni bambini di questa scuola con i quali trascorro del tempo anche dopo la lezione."N: "Io non ho solo amici piccoli, il panettiere è anche mio amico. Alcune volte, quando passo al mattino per venire a scuola, mi regala un cioccolatino."D: "Ma tutti hanno tanti amici grandi e piccoli. Mio nonno è anche mio amico anche se, qualche volta, quando gli devo spiegare come si usa il computer, mi fa impazzire perché non capisce proprio niente." M: "Più persone incontri e più amici puoi avere. Mia cugina è molto timida e non parla con nessuno, così non ha tanti amici."G: "Si possono avere tanti amici, ma solo pochi si possono definire dei veri amici, con i quali passi molto tempo insieme. Quelli che ti invitano a casa loro e trascorrono volentieri le giornate insieme a te."R: "Anche io, penso che si possano avere tanti amici, ma i veri amici li vedi spesso e passi del tempo insieme a loro. Questi amici non li vedi solo su Facebook, perché internet ti permette di accettare tante amicizie, anche quelle di persone che non conosci."M: "Ma su Facebook vedi la foto delle persone!"G: "Alcune volte però, una foto non basta per conoscere una persona."R: "Io accetto sempre l'amicizia, anche se non conosco questa persona."C: "Mio nonno si arrabbia quando passo troppo tempo su Facebook. Lui dice sempre che gli amici non si trovano sul computer, perché si devono conoscere di persona." D: "A scuola si possono incontrare tanti amici, perché, anche se non frequentiamo la stessa classe, durante l'intervallo possiamo giocare insieme."E: "Anche io ho conosciuto una ragazza della prima classe che si è trasferita da poco, perché, per tornare a casa, dobbiamo percorrere lo stesso tragitto." I: "Siamo solo noi, in quanto ad esseri umani, ad avere degli amici? Secondo voi, anche gli oggetti possono avere degli amici?" A: “Gli oggetti, secondo me, non possono avere degli amici. Quando giochiamo possiamo fare finta che riescano a parlare ed a darci una risposta. Da soli però, non riescono a parlare o a muoversi.” L: “Alcune volte, quando a scuola mi annoio, faccio finta che i miei colori siano dei bambini, però non credo che sono amici tra di loro, perché siamo noi che li dobbiamo muovere.”E: “Gli oggetti non riescono a parlare, così non possono chiedere a qualcuno se vuole diventare il loro amico.”C: “Quando vado a letto, uso sempre un orsacchiotto, anche se non parla, è lo stesso una specie di mio amico, perché ci gioco e poi mi fa compagnia.” O: “Ma gli oggetti non hanno amici, solo chi vive riesce a parlare e a muoversi può anche avere degli amici.” I: "Adesso avrei un’altra domanda da farvi, secondo voi, gli oggetti riescono a stare immobili?” Prima che i bambini rispondono a questa domanda ogni bambino prende una matita o un colore e lo guarda più attentamente.L: “Ma certo, perché non riescono a muoversi!”O: “Ma le matite non stanno sempre ferme, se le appoggio male, cadono per terra.”E: “Sì, ma questo succede, perché le appoggi male e non di certo perché hanno voglia di muoversi.” I bambini, in seguito alla frase detta dal loro compagno di classe, iniziano a ridere.

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I: "Secondo voi, riusciamo anche noi a stare immobili come degli oggetti?" O: “Sì, però stare fermi è noioso. Mi diverto di più quando posso correre.”C: “Io e mia cugina facciamo sempre un gioco divertentissimo, ci guardiamo entrambe negli occhi e chi li chiude per prima ha perso. È davvero difficile tenerli sempre spalancati.”O: “Io penso, che possiamo solo stare immobili per poco, ma non per tanto tempo. Se, per esempio, dobbiamo chiudere gli occhi oppure se ci viene il prurito e dobbiamo grattarci.” I: “Quindi, in base a ciò che avete appena detto, non possiamo decidere autonomamente quando voliamo stare fermi. Vi va di provare insieme, se siamo in grado di rimanere completamente immobili. Secondo voi, quali sono le regole per riuscirci ed i presupposti necessari?” M: “Dobbiamo stare fermi fermi e dobbiamo anche stare zitti, perché se parliamo muoviamo la bocca.”I: "Quale posizione ci permette di rimanere immobili con più facilità?" L: “Se stiamo in piedi.”C: “È più semplice se stiamo seduti, perché è meno faticoso.”M. “Io però mi devo girare verso il muro, perché se vedo gli altri non riesco a stare seria.” O: “Ci potremmo sdraiare ed appoggiare la testa sulle braccia, così almeno non ci vediamo a vicenda.”D: “Ma così non vale, perché puoi muovere gli occhi e anche la bocca senza che nessuno se ne accorga.”In gruppo testiamo varie posizioni e poi decidiamo insieme che ogni bambino della classe può scegliere autonomamente la posizione che si adatta meglio per essere in grado di restare fermo immobile. I: “Allora bambini, siete riusciti a restare fermi immobili, senza muovere alcuna parte del vostro corpo?”I bambini esclamano in coro: “Sì!”E: “Non è stato così difficile, perché non abbiamo dovuto rimanere immobili a lungo.”S: “Io oggi sono raffreddata e devo soffiarmi il naso di continuo. Dopo un po' non ho resistito ed ho dovuto muovermi e cercare un fazzoletto per soffiarmi il naso.”G: “Io invece, sono rimasto fermo immobile, perché sono rimasto in apnea, così non si è mossa neanche la mia pancia.”P: “Beh, dobbiamo muovere la pancia per respirare, altrimenti dopo un po' rischiamo di soffocare.”I: “È vero bambini, siamo in grado di rimanere fermi immobili solamente con alcune parti del nostro corpo. Altri parti si muovono indipendentemente dalla nostra volontà. Siete in grado di farmi alcuni esempi?”O: “Il nostro cuore continua a battere.”I: “Bravo, hai fatto un ottimo esempio. Il cuore è una parte del corpo che non siamo in grado di influenzare e di controllare.” D: “Solo quando una persona muore, il suo cuore smette di battere. Capita anche a me ogni tanto di ascoltare i battiti del mio cuore, quando corro, ad esempio, il mio cuore batte forte forte. Quando cammino lentamente invece, anche i battiti del mio cuore si adeguano.”R: “Anche il sangue nelle vene circola in modo autonomo.”I bambini vengono accompagnati in palestra dall'insegnante, dove viene loro spiegato ciò che devono fare durante l'esercitazione. Tale esercitazione viene svolta con l'ausilio di un supporto musicale infatti, quando viene accesa la musica, i bambini devono iniziare a correre. Appena viene spenta la musica i bambini devono rimanere fermi immobili ai loro posti. Solamente uno di loro può muoversi liberamente, continuando a correre in mezzo ai compagni di classe. Il bambino, durante la corsa, dovrà toccare una parte del corpo dei suoi compagni. Di conseguenza i bambini possono muovere solamente la parte del corpo indicata dal loro compagno, mentre le altri parti devono rimanere ferme immobili.Dopo questa attività, i bambini fanno alcune affermazioni riguardo allo svolgimento di questo gioco,confermando che si sono divertiti, soprattutto guardando le varie forme dei movimenti che ognuno di loro era in grado di fare con la parte del corpo che poteva muovere. Hanno anche affermato, che la difficoltà dell’esercitazione era legata alla parte del loro corpo che potevano muovere.Tutti insieme ritorniamo poi in classe, dove continuiamo la nostra conversazione relativa ad una riflessione basata sul rapporto di amicizia tra gli animali, dal momento che molti bambini, facendo questi movimenti,ha fatto riferimento ad un loro animale domestico. (Partendo dal presupposto che

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molti di loro abbiano almeno un animale domestico, ha inizio una discussione riguardo al rapporto di amicizia all’interno del mondo animaleI: “Prima ci siamo chiesti se gli oggetti possono avere degli amici,secondo voi, gli animali, dal momento che sono degli esseri viventi come l’uomo possono avere degli amici?”N: “Gli animali non hanno degli amici, perché loro non vanno a scuola e non vanno neanche al mare. Hanno i genitori che si prendono cura di loro.” R: “Ma il bosco è pieno di animali e non è detto che gli animali piccoli rimangano sempre solo al fianco dei loro genitori.” C: “Io penso che gli animali abbiano anche dei sentimenti, esattamente come le persone.” E: ”Gli animali, secondo me, possono avere degli amici ma hanno anche qualche nemico. Il capriolo di sicuro non è amico della volpe.” G: "Ma non è detto che la volpe ed il capriolo non possano essere amici. Il mio gatto ed il mio cane sono degli amici inseparabili."S: “Anche io penso che gli animali possano avere tanti amici ma anche tanti nemici.”O: “I nemici degli animali sono quelli che li mangiano, quelli della stessa razza invece sono amici tra di loro.” D: “Anche io a casa ho due gatti che stanno sempre insieme, penso che loro siano amici, perché altrimenti non starebbero tutto il giorno uno accanto all’altro.”P: “Gli animali domestici possono avere anche i loro padroni come amici, ma solo se vengono trattati bene.” L: “Anche secondo me, gli animali provano dei sentimenti nei confronti degli altri e possono avere sia amici che nemici.” M: “Secondo me, pensando a degli oggetti, anche loro possono avere dei nemici, per esempio la gomma è la nemica della matita.” Dopo questa affermazione, i bambini incominciamo a ridere I: “Prova a riflettere un attimo sulla frase che hai appena detto. Secondo te, chi è chefa diventare la gomma la nemica della matita?” M: “Io.”I: "Quindi, avete visto, che gli oggetti hanno bisogno di un mediatore per potersi muovere e sono le persone che possono dare un senso alla loro realtà. Per dimostrare l'amicizia però, non c'è bisogno di avere un mediatore."I: "Secondo voi bambini, come ci si deve comportare per potere essere definito un buon amico?"G: "Non posso comportarmi in modo egoista."L: "Non posso essere invidiosa, perché in fin dei conti ho già tutto quello che mi serve."N: "Non posso avere un carattere troppo complicato e stare sempre sulle mie."M: "Per riuscire ad essere un buon amico, devo accettare sia i pregi che i difetti dell'altra persona."M: "Devo comportarmi bene e fare la brava."S: "Non posso litigare per un amico e devo chiedere gentilmente ad una persona di diventare mia amica, senza sforzarla."I: “Bambini, vi è mai capitato di sentire il modo di dire chi trova un amico trova un tesoro? Secondo voi, questa frase si basa su un dato di fatto che rispecchia la realtà oppure è semplicemente un detto che non cela alcun significato?”I bambini, attraverso dei cenni con la testa, confermano di conoscere questo modo di dire.I: “Se vi dovesse capitare di essere messi di fronte ad una decisione del genere, scegliereste l'amico oppure preferireste un bene materiale, scegliendo il tesoro?”S: “Secondo me, è vero che chi trova un amico trova un tesoro. Secondo me, l'amico è un bene molto importante.”P: “Per me è più importante avere un amico, perché con il tesoro dopo un po' ti stufi.”D: “I soldi, secondo me, non ti permettono di essere felice per sempre. I soldi dopo un po' finiscono, se continui a spenderli.”E: “Anche io sceglierei l'amico, perché i veri amici non si devono comprare.”O: “Chi ha troppi soldi non può avere degli amici. Le persone ricche sono anche persone egoiste, che pensano solo al proprio benessere e non a quello degli altri.”R: “L'amico è più importante. Con i soldi posso comprare solo delle cose materiali. Gli amici, quelli veri, non li trovo in un negozio e non li posso neanche comprare.” G: “Gli amici ti possono fare compagnia, anche in momenti difficili, i soldi invece no.”

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M: “Io non rinuncerei a nessuno dei due. Con i soldi comprerei una Lamborghini e con l'amico mi divertirei.”M: “Secondo me, solo gli amici ti possono fare compagnia. Se hai solamente molti soldi, ma nessun amico, soffri di solitudine.”N: “Se hai tanti soldi, puoi comprarti tante belle cose e puoi anche fare dei regali ai tuoi amici.”E: “È più bello avere un amico. Secondo me, un vero amico è un tesoro, perché mi posso fidare di lui ed anche confidare, perché è disposto ad ascoltarmi.”I: “I soldi ricoprono un ruolo molto importante nell'ambito della quotidianità, perché ti permettono di comprare i beni di cui hai bisogno per sopravvivere. Essi però, non ti permettono di acquistare dei sentimenti oppure degli stati d'animo.”

16.Costruzione della scatola dell'amiciziaPer avere qualcosa di concreto sul lavoro svolto, decidiamo di costruire la scatola dell'amicizia. Essa svolge il compito di simboleggiare il rapporto tra i compagni di classe.Per decorare la scatola, che ha l'obiettivo di evocare in loro il ricordo di appartenenza ad un gruppo come in questo caso quello della classe, vengono fatte varie proposte da parte dei bambini, come ad esempio quello di incollare una foto rappresentante il gruppo, oppure fare dei disegni, altri propongono di scrivere il nome. Tra le varie proposte relative alla decorazione della scatola, decidiamo di scegliere la sagoma della mano. Ad ogni bambino viene data la possibilità di scegliere il colore che preferisce. Le impronte delle mani possono essere anche sovrapposte, formando così delle nuove sfumature per quanto riguarda il colore utilizzato. I colori creati sovrapponendo le mani possono diventare il simbolo dell'amicizia. Possono anche assumere delle sfumature che ricordano dei colori come ad esempio il nero oppure l marrone. In questo caso, tale colore, può portare i bambini ad una riflessione relativa all'amicizia, caratterizzata a volte anche da incomprensioni e da litigi che possono essere risolti facendo la pace.All'interno di questa scatola, ogni bambini può custodire i suoi oggetti preferiti, come ad esempio delle foto ricordo oppure, delle immagini che raffigurano delle nuove esperienze fatte insieme ai compagni di classe. Così, quando un bambino si sente solo, ha la possibilità di prendere questa scatola e pensare a dei momenti belli passati insieme e non sentirsi più così solo, ma un membro importante del gruppo classe.

17.Compilare il tabellonePer concludere l'attività, si procede con la compilazione di un tabellone, per essere in grado di fornire al bambino un supporto che gli permetta di riconoscere i suoi pregi e di valorizzare la sua individualità. Tale esercitazione, dovrebbe favorire lo sviluppo di appartenenza all'interno della società, evidenziando delle analogie appartenenti ai vari compagni di classe.La compilazione del tabellone si pone come obiettivo principale, quello di permettere ad ogni bambino di riconoscere nell'ambito dei suoi pregi, dei suoi difetti e delle sue diversità, la sua unicità e la sua insostituibilità.Il tabellone verrà poi appeso all'interno della classe per permettere, nel corso dell'anno, di apportare eventuali modifiche, nuove idee oppure delle nuove immagini.Qui alcuni esempi elencati dai bambini:

IDENTITÀ ANALOGIE DIVERSITÀ

SEME

nasce cresce muore

nasco cresco muoio

mi muovo corro leggo gioco salto parlo ballo respiro

nuota vive sott'acqua respira con le

nuoto mi muovo mangio

respiro con i polmoni non vivo sott'acqua non ho le branchie

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PESCE branchie è un anfibio

non sono un anfibio per stare sott'acqua mi serve una bomboletta d'ossigeno ed una tuta subacquealavo i piattifaccio i compiti

CANE

è un mammifero fa la guardia ha il pelo ha quattro zampe corre molto veloce si arrabbia nasce cresce muore è un carnivoro sta su due gambe

corro, ma non così veloce respiro nasco cresco muoio bevo

non ho il pelo, ma i capelli non bevo con la lingua, ma uso il bicchiere non abbaio, ma parlo leggo posso tenere delle cose in manomi lavo i dentimi lavo i capelli

FAMIGLIA

mangia tanti/pochi componenti vive insieme

mangio parlo occhi come la mamma capelli come il papà orecchie a sventola

altezza gusti grandezza

CLASSE

ci sono compagni maschi e femmine alti, bassi biondi o mori pelle chiara intelligenti nascono crescono muoiono camminano corrono saltano giocano scrivono leggono aiutano

leggo scrivo parlo cammino corro salto gioco aiuto ballo canto scrivo suono

capelli lunghi occhiali posso farmi le treccine

SOGGETTO

nasco vivo cresco muoio mangio studio suono canto respiro gioco scrivo dipingo ballo

nasco vivo cresco muoio mangio studio suono canto respiro gioco scrivo dipingo ballo

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18.Gioco con un filo colorato L'insegnate accompagna i bambini in palestra e successivamente spiega loro le regole del gioco. I bambini vengono disposti in modo casuale, uno vicino all'altro, in mezzo alla palestra. Ad uno di essi viene consegnato un gomitolo che, a scelta, può tirare ad uno dei suoi compagni di classe. Il gioco prosegue fino a quando il gomitolo si esaurisce.Alla fine del gioco, i bambini ritornano in classe, dove si prosegue con una discussione relativa al gioco appena fatto.

19.DiscussioneI: “Allora bambini, vi è piaciuto questo gioco?”G: “A me è piaciuto molto questo gioco.”S: “Io mi sono divertita tantissimo, perché ad un certo punto non riuscivo quasi più a muovermi.”A: “Anche io non riuscivo quasi a muovermi.”L: “Io non riuscivo a prendere il gomitolo, l'ho fatto cadere un sacco di volte.”O: “Neanche io riuscivo a prenderlo, continuava a cadermi per terra.”R: “Io mi sono fatta un po' male alla testa, perché, alla fine del gioco, ho sbattuto la testa contro quella di Maria.”M: “Sì è vero, Ruth ed io ci siamo fatte male, ma nulla di grave. Mi sa che domani veniamo entrambe a scuola con un bernoccolo in testa.” Ruth rideN: “Io ho provato a tirare il gomitolo il più lontano possibile, ci ho messo tutta la mia forza.”M: “Io non sono riuscita a tirarlo molto lontano, perché non ho così tanta forza come Nikolas.”P: “Io mi sono divertito molto, soprattutto quando guardavo i miei compagni di classe.”E: “Appena torno a casa, chiedo alla mamma di prestarmi un gomitolo, così gioco con mia sorella e mio fratello e magari anche con i miei cugini, se mi vengono a trovare.”R: “Buona idea, questo gioco lo potremmo anche fare domani durante la pausa.”D: “Sì, che bello! Se volete porto io il gomitolo da casa. A mia nonna piace molto cucire e sono sicuro che, in mezzo a tutti i suoi gomitoli, ne posso trovare uno che non le serve più.”

20.La canzone "Hand in hand"Dal momento che siamo ormai giunti alla fine di questa esperienza, propongo ai bambini di cantare tutti insieme la canzone che hanno studiato alcune ore prima durante l'ora di musica, che mi sembra molto adatta per il tema trattato durante le ultime lezioni. Prima di iniziare a cantare, viene ancora una volta spiegato ai bambini il contenuto di tale canzone, evidenziando il significato delle parole ed il messaggio che essa vuole trasmettere. La canzone scelta per tale attività s'intitola "hand in hand".

21. Attività finale ed il salutoI bambini, a coppie, si dispongono nel corridoio. Quando sentono il suono del triangolo, devono darsi la mano e salutarsi, utilizzando delle frasi che riassumono la giornata passata insieme, quali sono state le attività che hanno apprezzato particolarmente oppure elencare dei pregi dei loro compagni di classe.Di seguito vengono riportate alcune affermazioni fatte dai bambini:

sono contento che siamo nella stessa classe sono fortunata ad avere un'amica come te mi sono divertito sei molto simpatico grazie per avermi dato una parte della tua pausa mi diverto molto a giocare insieme a te sei sempre disponibile passo volentieri del tempo insieme a te sei molto ordinata sei intelligente oggi mi sono divertita i giochi sono stati molto divertenti i giochi mi hanno portato a riflettere su delle cose, alle quali non attribuisco una particolare

importanza.

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Quando i bambini sentono un'altra volta il suono del triangolo, devono iniziare a correre per il corridoio. La corsa dura fino a quando il triangolo verrà suonato nuovamente. Adesso i bambini devono formare un gruppo con il compagno che si trova di fianco a loro. Vengono formati di nuovo dei gruppi a due, dove ci si scambia reciprocamente un saluto, caratterizzato da frasi simili a quelle citate sopra. Il gioco continua fino a quando ogni bambino ha formato un gruppo con ognuno dei suoi compagni di classe.

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AGOSTINI LARCHER

Abbiamo pensato di introdurre la tematica del corpo in azione usando una filastrocca interdisciplinare.Questa filastrocca infatti coinvolge l’educazione fisica e le scienze e le unisce ad un semplice approccio con la lingua inglese.La filastrocca presuppone che:Ogni volta che viene nominata una parte del corpo,i bambini la devono toccare mano a mano velocizzando il ritmo della filastrocca,in modo da renderla scorrevole a tal punto da sembrare una vera e propria canzone.Head, shoulders, knees and toes, knees and toesHead, shoulders, knees and toes, knees and toesAnd eyes and ears and mouth and noseHead, shoulders, knees and toes, knees and toes(Repeat, getting faster each time)

Una volta imparata e “danzata” la canzoncina sul corpo cominciamo a parlare con i bambini:A e S:“vi ricordate quali parti del corpo abbiamo nominato nella canzone di prima?”I bambini ci pensano un po’ e poi ci fanno un elenco un po’ confuso delle varie parti.Decidiamo assieme a loro di sistemare l’elenco,partendo dal riprendere un’altra volta la canzone e facendo capire loro che quest’ultima segue una sua logica (elenca infatti le parti del corpo, dall’alto verso il basso).Anna e Sara: “quali sono le parti del corpo che abbiamo nominato nella canzone di prima, che riuscite a toccare senza però vedere?”Matteo: “ La bocca,posso toccarla ma non la vedo.”Daniele: “anche le orecchie io non le vedo!”A e S: ” e gli occhi riuscite a vederli?”Alice: “ io gli occhi li vedo…”A e S: “ sei sicura di quello che hai detto? Come fai a vederti gli occhi?”Alice:” mmmm…mi sa che ho sbagliato,vedo solo quelli degli altri.”Luca: “ non abbiamo detto le spalle e la testa, però!! c’erano nella canzone!”A e S: “ è vero Luca,hai ragione e queste? Riesci a vederle?”Luca:” la testa io non me la vedo,le spalle…mmmm ( ci pensa e si guarda bene) ne vedo solo un pezzettino.”A e S : “ e per toccare queste parti e vederle nello stesso momento,come fareste?”Giulia: “ basta mettersi di fronte allo specchio,è ovvio!”Visto che nella stanza dove eravamo c’era un piccolo specchio,abbiamo deciso di far provare ai bambini più piccoli se quello che diceva Giulia,la più grande del gruppo,era vero;in questo modo potevano constatare praticamente quanto detto.Davanti allo specchio uno dei bambini dice:“ ma io il naso lo vedo anche quando incrocio gli occhi”A e S: “ma riesci a vederlo tutto? Sei sicuro?”Davide decide di provare e dice: “mi vedo solo la punta.”A e S: “ ecco,allora non lo puoi vedere tutto,vero?”Davide: “ è vero lo vedo tutto solo se sto a specchiarmi!”A e S: “ bambini,pensate un po’ alla canzone,non c’è qualche parte del corpo che non avete nominato,che potete vedere e toccare?”I bambini tutti assieme ci pensano un po’ su e i più grandi,subito,esclamano:“le ginocchia e anche i piedi!”A e S: “ pensiamo un po’ ai nostri piedi. Che cosa potete farci?”Daniela ci dice: “io invece con i piedi e con le gambe ci faccio un mucchio di cose”A e S: “ e che ci fai di bello?”D: “ bè…cammino e corro”Nicolò: “ si salta anche…”Giulia: “ io i piedi li uso quando ballo,a danza classica devo sempre stare sulle punte.”David: “ io coi piedi prendo a calci il pallone,e ogni tanto anche mio fratello!”C’è un momento di risata generale e così decidiamo di intervenire chiedendo loro:A e S: “ ma come lo prendi a calci?”D: “è si,mi fa sempre arrabbiare perché comanda lui.”A e S: “ e quando lo prendi a calci,secondo te,tuo fratello è felice?”

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D: “ (ci pensa un po’ su) no perché si mette a piangere e corre sempre dalla mamma!”Decidiamo dunque visto che è stato preso in causa dai bambini,di continuare l’attività,introducendo anche le tematiche: Felicità e Infelicità.A e S: “ e quindi il tuo fratellino sarà triste e infelice…”D: “credo di si…”A e S: “ e voi in quali momenti vi sentite infelici?”Giulia:” io sono infelice quando mi va male una verifica a scuola”.Valentina: “ io sono triste quando vado all’asilo,perché non voglio lasciare la mia mamma.”A e S: “ e le persone,ad esempio le vostre mamme e i vostri papà,cosa fanno quando sono infelici e tristi?”Daniele:” la mia mamma fuma le sigarette”Daniela: ” io di solito corro dalla mia mamma e a volte piango anche!”Luca: “ io metto il muso e non parlo con nessuno.”A e S: “ invece,vi vengono in mente delle situazioni,che vivete tutti i giorni in cui siete felici?”Daniele: “ io sono sempre felice quando il mio papà torna a casa dall’ospedale.”Luca: “ io sono felice quando vado a giocare a pallone invece di restare a casa a fare i compiti.”A e S: “ e come fate a capire quando gli altri sono felici?”Matteo: “ una persona è felice quando sorride.”Valentina: “ e quando il mio cane scodinzola perché mi vede tornare dall’asilo.”Nicolò: “ e quando ridi così tanto che ti viene il mal di pancia”. Daniela: “io sono felice quando la mia mamma mi abbraccia e io abbraccio lei quando torno da scuola e capisco che anche lei è felice di vedermi.”Decidiamo adesso di far fare ai bambini un gioco,primo perché vediamo che sono stanchi e hanno perso un po’ l’attenzione e secondo perché ci servirà per far vivere praticamente le due emozioni che abbiamo appena preso in considerazione.

Descrizione del gioco :In una stanza ( nel nostro caso un garage) posizioniamo 9 sedie,una in meno di quanti sono i bambini.Mettiamo della musica e spieghiamo ai bambini che:

• quando c’è la musica devono correre tutti nello stesso senso,attorno alle sedie• quando spegniamo la musica devono cercare di sedersi sulle sedie libere.

Chi riesce a sedersi è salvo e continua a giocare,mentre chi rimane in pieni viene eliminato.Il gioco continua finché non si rimane con 2 bambini ed un’unica sedia,e il vincitore sarà colui che rimarrà seduto.Dopo aver fatto questa prima parte del gioco,chiediamo ai bambini che sono stati eliminati,se erano felici o infelici.Ovviamente la maggior parte dei bambini era infelice di essere stato eliminato e il bambino che vincitore,ha espresso la sua felicità,ma si è accorto che effettivamente,non era poi così bello esultare da soli.A questo punto proponiamo il gioco allo stesso modo,ma facciamo notare ai bambini,arrivati all’ultima sedia,che se si ingegnano,riescono a sistemarsi sulla stessa in modo che tutti riescano a salvarsi.I più grandi si siedono per primi e cominciano a prendere in braccio i più piccoli e così facendo riescono a salvarsi tutti quanti.A e S: “ e adesso come vi sentite? Siete tutti più felici?”I bambini tra una risata e l’altra,mentre scendono dalla sedia dicono:Nicolò: “ si si siamo felici,abbiamo vinto tutti!”Giulia: “ abbiamo vinto tutti e quindi abbiamo festeggiato tutti assieme.”A e S:” Per essere più felici quindi,è meglio esserlo almeno in due. Si può esultare e festeggiare tutti assieme come dei buoni amici.”Alice: “ è vero,anche io quando gioco con le mie amiche dell’asilo sono più contenta che giocare da sola”A e S: “ allora se state con i vostri amici siete contenti,giusto?”Daniele: “Io si sto sempre con Massimo e ci divertiamo a fare le casette con i lego. “A questo punto decidiamo di proseguire con l’amicizia inserendo però anche la tematica dell’amore;il tutto correlato al linguaggio del corpo. A e S:” cos’è per voi l’amicizia,cosa vuol dire? “Daniele: “ l’amicizia è il mio amico dell’asilo,Massimo.”Valentina: “un amica è una persona che mi vuole bene”.David: “ amicizia è giocare a pallone assieme senza spingersi ”

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Nicolò: ” un amico è un compagno di classe che mi presta la sua penna quando dimentico la mia.”Daniela: ” l’amicizia è quando io e Jessica a scuola mettiamo lo stesso braccialetto di hello-kitty ”.Luca: “ è quando guardo la tv con mio fratello e per non litigare lascio scegliere a lui cosa guardare.”Giulia:” l’amicizia è volersi bene e aiutare senza volere nulla in cambio.”A e S:“Come fate quando volete dimostrare a qualcuno che gli volete bene?”Alice: “ io mando tanti bacini alla mamma perché le voglio bene.”Giulia: “ io anche e poi alle mie amiche do un sacco di abbracci.”S e A: “e anche quando si ama qualcuno lo si bacia e abbraccia?”Nicolò: “si,mia sorella di nascosto lo bacia sempre il suo moroso!”S e A: “ma quindi per far capire a una persona che la ami,senza dirlo con le parole o mandando baci e abbracci ,come altro si può fare?”Matteo: “ bè io alla mia morosa ho scritto un bigliettino…”S e A: “ e per scrivere il bigliettino che cosa hai usato?”M: “ la penna…”S e A: “ si,ma la penna con cosa la tenevi?”M: “ con la mano…”S e A:”per cui non si ama solamente con il cuore,e non si dimostra amore solo con i baci,ma si possono usare più sensi e più parti del corpo…sempre con le mani,per dimostrare amore,cos’altro si può fare?”I bambini si guardano un po’ attorno e ci pensano su,nessuno dice nulla per cui S e A dicono:” quando fate una carezza a qualcuno,non vuol dire volergli bene?”David: “ si,la mia mamma mi fa sempre le carezze e mi dice anche che sono il suo amore.”S e A: “visto che la tua mamma te lo dice anche,cosa usiamo oltre alle mani per amare?”G: “ la voce e l’udito “S e A: “ e quindi quali altre parti usi per esprimere amore?G: “ la bocca e le orecchie”Ora proponiamo ai bambini di scambiarsi carezze e abbracci per far capire loro che davvero,si ama e si vuole bene con tutto il corpo nella sua totalità.Visto che notiamo,soprattutto da parte dei maschi una certa timidezza,facciamo notare loro che:“… come vedete non sempre a tutti piace farsi amare e abbracciare dagli altri,dobbiamo imparare a rispettare la volontà delle persone a cui vogliamo dare il nostro amore. […]” S e A:“…per esempio non possiamo dare dei baci a una persona se questa non vuole perché non è giusto…”

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ANDREOLLI

Propongo ai bambini il gioco delle belle statuine. Chiedo se lo conoscono e più di uno mi dice di sì. Chiedo allora a Thomas di spiegarlo ai compagni.Thomas: “Il bambino si gira e conta mentre gli altri si muovono e quando lui finisce di contare e si gira gli altri devono fermarsi”.Io introduco delle piccole variazioni al gioco: spiego che il bambino che conta farà finta di essere lo scultore mentre gli altri faranno le statue, ma non delle statue qualsiasi, ma statue che esprimono dei sentimenti e delle emozioni. Facciamo la conta e decidiamo che sarà Thomas lo scultore.Thomas comincia a contare e i bambini riflettono sull’emozione da esprimere. A tempo scaduto i bambini sono fermi nelle loro espressioni. Thomas comincia ad analizzarle: Elisa corruccia il labbro inferiore e aggrotta le sopracciglia, ha un’espressione triste; il viso di Valentina si apre in uno splendido sorriso, è felice; Andrea stringe gli occhi assumendo uno sguardo arrabbiato, Bilal mostra degli occhi spalancati e una bocca aperta in segno di stupore, Arianna starnutisce ammalata; Jaskaran sorride timidamente, anche lui è felice. Dopo averle indovinate tutte, chiedo a Thomas quale ha preferito. Sceglie Elisa, lei sarà il prossimo scultore, anzi, scultrice.Avvio quindi la riflessione sul gioco prendendo spunto dall’espressione di Arianna:

Io Tu Arianna hai deciso di assumere un’espressione ammalata starnutendo. Anche se in realtà non è uno stato d’animo ma di salute, per far capire a Thomas che eri ammalata ti sei mossa. Ma le statue si muovono? Voi siete davvero delle statue? E Thomas è davvero uno scultore?

Thomas No, faccio fintaTutti Noooo, facciamo fintaIo Davvero fate finta? Non siete delle statue? Cos’avete di diverso?Valentina Noi siamo bambiniThomas Sì, siamo bambiniIo Ma i bambini cos’hanno di diverso? Siete di marmo?Andrea Le statue sono di marmo, noi siamo fatti di carneBilal Di pelleMarco Abbiamo le ossaArianna Il sangueThomas Le vene. Le statue sono fatte di pietra o cementoMarco O sassi o legnoIo Ma a parte questo, cosa facciamo di diverso dalle statue?Arianna Noi giochiamoIo E’ vero, questa attività è una cosa che facciamo solo noiValentina CamminiamoAndrea MangiamoArianna RespiriamoIo Ma solo noi respiriamo? Solo noi mangiamo?Thomas Anche gli animaliBilal Il mio gatto mangiaElisa Anche il mio caneIo E le pianete? Non mangiano?Arianna E’ vero, anche le piante mangiano e respirano attraverso….come si chiama… la fotosintesi

clorofilliana Io Certo! Bambini animali e piante cosa sono?Arianna e Thomas Esseri viventiIo Certo. Allora abbiamo elencato le azioni che compiono gli esseri viventi ed ora possiamo

distinguere tra esseri viventi e non viventi.Conosciamo altri esseri non viventi oltre le statue?

Thomas Il raccoglitoreAndrea Il sassoValentina La cartella

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Moamed L’astuccioArianna La sediaMarco La montagnaIo Certo, loro non respirano, non mangiano, non crescono. E neppure nascono o muoiono.

Queste sono caratteristiche proprie degli esseri viventi. Può morire la cartella? E la montagna?

Thomas La cartella si può rovinare, posso distruggerlaIo Ma muore? Possiamo dire che muore? Chi muore?Valentina Noi moriamo, quando diventiamo vecchiArianna Il mio criceto è morto, era vecchio anche luiAndrea La mia nonna è vecchiaIo Ma cosa pensate ci succederà quando moriremo?Thomas NienteIo Come niente? Ci avete mai pensato?Andrea Ci decomponiamoIo Bilal tu cosa ne pensi? Cosa ti ha insegnato il papà?Bilal Che la nostra anima va in cielo se siamo stati bravi mentre brucia nel fuoco se siamo stati

cattiviMarco Andremo in paradiso se saremo stati bravi e all’inferno se invece saremo cattiviIo E secondo te Jaskaran?

Jaskaran mi guarda con aria interrogativa perché non ha capito la mia domanda.Chiedo a Bilal di parlargli nella sua lingua per chiedergli cosa sostiene la sua religione dal momento che è sikh. Propongo di ripetere il gioco, questa volta suggerendo di esprimere le emozioni attraverso tutto il corpo, non solo attraverso il viso. Inoltre consiglio loro di mettersi a coppie decidendo insieme quale stato d’animo esprimere. Elisa conta e i bambini si scambiano opinioni e si preparano. Elisa termina di contare e si gira.Bilal e Thomas sono la prima coppia: Bilal sta tirando un pugno sul viso di Thomas. Elisa non ha dubbi, questa è un’azione che esprime rabbia. Passa alla seconda coppia: Valentina e Jaskaran si guardano con un sorriso e dandosi la mano. Elisa dice: “Sono contente, felici, fanno la pace”. Un’altra coppia è formata da Arianna ed Andrea: entrambi hanno portato la mano al viso che viene incorniciato da pollice e indice. Il loro sguardo guarda verso l’alto. Sono pensierosi.

Io Con il vostro corpo, e non solo con il viso, avete espresso degli stati d’animo. Sono arrabbiato. Sono felice. Sono pensieroso. Ci sono altri modi con cui dire sono arrabbiato, sono triste oltre all’espressione del viso?

Elisa C’è l’alfabeto dei segni.E mi mostra alcune lettere formulate con l’alfabeto manuale

Io E’ vero, puoi dirlo con le lettere dell’alfabeto muto.Thomas Come i muti che parlano muovendo le mani in una maniera strana

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E finge di parlare con il linguaggio dei segni inventandosi alcuni movimenti.Io Di solito le persone sordo-mute utilizzano quello che viene chiamato il linguaggio dei segni.

Attraverso dei movimenti particolari delle mani esprimono delle parole, ma usano anche quello che voi chiamate alfabeto muto e che invece decifra lettera per lettera.Ma se volessimo dirlo sempre con le parole, con l’espressione verbale, conosciamo altre lingue?

E lancio un eloquente sguardo ad un cartellone che hanno creato con la maestra di inglese.Questo cartellone ha due colonne: la colonna di sinistra contiene gli stati d’animo espressi con la

terminologia inglese, nella colonna di sinistra invece vi sono le faccine stilizzate dello stato d’animo corrispondente! Gli stati d’animo sono: happy, sad, bored, tired, angry, scared.

Andrea Sììììì, in inglese, l’abbiamo fatto con la maestra Margherita.Io Allora proviamo a dirlo in inglese. Cominciate voi Bilal e Thomas.

Siete arrabbiati.T. e B. I’m angryIo E se doveste dire “noi siamo arrabbiati”? We….Thomas We are angry.Io Valentina e Jaskaran, siete felici.V. J. We are happy.Io In prima persona? I’m…V. e J. I’m happy.Io Per Arianna e Andrea, pensieroso non c’è scritto tra quelli della maestra Margherita ma si

dice thoughtful.Lo scrivo alla lavagna e ripeto la pronuncia

A. e A. I’m thoughtful.A. e A. We are thoughtful.Io Ora, li abbiamo visti in inglese, ma se noi volessimo osservarli in italiano, secondo la

grammatica italiana che fate con la maestra Patrizia, cosa sono questi? Triste, felice, annoiato….rispondo alla domanda “Come?, Com’è? Quindi….

Arianna Sono aggettiviIo Che tipo di aggettivi?Tutti QualificativiIo Benissimo. Proviamo ora a formulare delle frasi che contengano degli aggettivi qualificativi.Arianna La luna gialla splende.Io Bravissima. Delle altre…Bilal A me ne viene in mente una ma fa ridere.Io SentiamoBilal Io vorrei avere una bella ragazza.Sorriso e risatina generale da parte dei compagni. Bilal sorride imbarazzato.Io E’ giustissima. L’aggettivo qualificativo è bella riferito a ragazza. Valentina se io ti dico

cartella, prova a formulare una frase con un aggettivo riferito a cartella.Valentina La cartella è pesante.Io Benissimo. Ora prova a descrivere quello che faccio io.Prendo la cartella e la sollevo.Valentina Prendi la cartella.Io Prova a riformularla bene: la maestra Ambra ….Valentina Alza la cartella pesante.Io Perfetto. La maestra Ambra solleva la cartella pesante. Scrivo alla lavagna l’intera frase.Io Se facciamo l’analisi grammaticale risulta che, Thomas , “il” cos’è?Thomas Articolo determinativoIo Arianna, cos’è “maestra”?Arianna Nome comune di personaIo Giusto, femminile e singolare, al plurale?Arianna MaestreIo Perfetto. Jaskaran, Ambra è un nome, comune o proprio?

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Jaskaran ProprioIo di persona. “Solleva”, che cos’è Andrea? Sollevare è un….Andrea Un’azione Arianna Un verboAmbra Esatto. Poi “la”, articolo determinativo. “ cartella” cos’è Bilal?Bilal Nome comune di cosa, femminile, singolare.Io E “pesante”? Cos’è Valentina? Valentina riflette mentre gli altri alzano la mano ansiosi di rispondere.Io Risponde alla domanda “com’è la cartella?”Valentina Aggettivo qualificativoIo Perfetto, ora cosa sto facendo?Apro un quaderno posto sul banco e leggo Andrea La maestra apre il quaderno e legge.Io Possiamo mettere un aggettivo a questo quaderno?Io Benissimo, ora proviamo a riflettere un attimo. I nostri stati d’animo potevano essere capiti,

decifrati soprattutto guardando il nostro viso. Infatti inizialmente avete utilizzato solo il viso per esprimere questi queste emozioni. Ma se noi guardiamo cosa possiamo fare con i nostri occhi, per esempio, cosa possiamo fare?

Thomas GuardareArianna Osservare, vedere.Io E con la bocca?Andrea Assaggiare, mangiare, gustare.Jaskaran BereIo Con le orecchie?Thomas AscoltareValentina UdireArianna SentireIo E come si chiamano queste parole? AscoltARE, gustARE, guardARE, bERE…Arianna VerbiElisa AzioniThomas ARE ERE IRE l’H fa fuggire.Valentina Eh? Ma cos’è?Io Una regola per ricordarsi che davanti ai VERBI che terminano per are ere ire non va l’acca.

Per esempio “Vado a dormire”, la A è senz’acca. Quindi con bocca, naso, occhi, orecchie…posso fare un sacco di cose, di azioni, azioni che in grammatica si chiamano verbi. All’infinito terminano per are, ere ed ire, le tre coniugazioni. Mangiare per esempio è un verbo alla I coniugazione, modo infinito.Ma se invece noi ci coprissimo il viso? Potremmo riuscire a capire il nostro stato? Bilal, quando la tua mamma porta il burka, riesci a capire se è arrabbiata?

Bilal Bastano anche solo gli occhi. Fa così (mostrandomi lo sguardo che assume sua madre) ed io capisco che è arrabbiata.

Io Pensiamo che Bilal proviene dal Pakistan, ma se andiamo in Africa, per esempio, o in Francia, o in America, secondo voi sono avranno espressioni diverse? Saranno diversi?

Valentina NoElisa SìArianna SìIo Cosa ne dici Valentina?Valentina Fanno le stesse espressioniIo Provano gli stessi stati d’animo, sono anche loro tristi, anche loro sono felici, e li esprimono

nello stesso modo. Se vediamo un bambini alla televisione felice che si trova all’altro capo del modo capiamo la sua espressione vero?

Tutti SìììììIo Possiamo dire allora che non parliamo solo con le parole, ma anche con il viso, con le mani,

con il corpo. E che il linguaggio del corpo è universale, sia che abitiamo in Grecia che in Perù, possiamo esprimere tristezza gioia..()

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Ci sono volte però in cui vogliamo nascondere quello che proviamo ed esprimiamo altri sentimenti, magari contrari. Per esempio quando sono triste perché ho dei brutti pensieri sorrido ugualmente perché non voglio mostrarlo. Capita anche a voi?

Elisa Magari quando litigo con l’Aysha passo vicino a dove gioca lei e faccio finta di niente anche se sono triste e mi viene da piangere..

Andrea Quando il Mattia si fa male invece di piangere si mette a ridere perché si vergogna.Thomas Sì, è vero.Bilal Oppure quando non vogliamo che un nostro compagno giochi con noi gli diciamo che il

gioco che facciamo è brutto anche se in realtà è belloIo Questa è piuttosto una bugia comunque diciamo che possiamo essere felici o tristi, arrabbiati

o allegri e ma siamo sempre noi.Ora vorrei porvi un quesito. Noi possiamo fare questo gioco all’infinito?

Bilal No, perché poi finiamo.Io Ma ne sei sicuro?Bilal Sì perché dopo che ha fatto lo scultore Jaskaran, l’Andrea, l’Arianna e la Valentina abbiamo

finito.Thomas Beh ma possiamo continuare no? Quindi il gioco è infinito!Io E’ vero, il gioco è infinito. E conosciamo qualcos’altro che può essere infinito?Thomas Il cielo, l’universo.Elisa Le montagneIo Pensiamo alla matematicaTutti I numeriValentina Le lettere.Thomas Ma va, guarda (indicando le lettere appese sulla parete) sono….Tutti fanno a gara per contarleTutti 26Io Infatti, quindi non sono infinite. Quindi possiamo dire che ci sono cose che hanno un inizio

ed una fine, nascono, crescono e muoiono, come gli esseri viventi. Ci sono cose infinite, come l’universo e i numeri. Poi ci sono cose che invece ritornano, formano un ciclo continuo.

Arianna C’è il ciclo dell’acqua, l’abbiamo fatto in scienze.Io Certo, e poi? Valentina I giorni della settimanaBilal I mesiAndrea Gli anniIo Gli anni? Sei sicuro? Magari…()Andrea Ah no, gli anni noBilal Le stagioni

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CAIAZZO LUGOBONI

La pace e la guerra Vengono proposte ai bambini due attività, per ragionare su due temi contrastanti ma molto importanti e sentiti ogni giorno: la pace e la guerra.Viene proposta la filastrocca di Gianni Rodari “Girotondo di tutto il mondo”, re-interpretata dallo Zecchino d’Oro come canzone. Consegniamo il testo della filastrocca e i bambini leggono una riga ciascuno. Dopo la lettura facciamo ascoltare la canzone e poi la eseguiamo mentre facciamo il girotondo.GIROTONDO DI TUTTO IL MONDOFilastrocca per tutti i bambini,per gli italiani e per gli abissini,per i russi e per gli inglesi,gli americani ed i francesi,per quelli neri come il carbone,per quelli rossi come il mattone,per quelli gialli che stanno in Cinadove è sera se qui è mattina,per quelli che stanno in mezzo ai ghiaccie dormono dentro un sacco di stracci,per quelli che stanno nella forestadove le scimmie fan sempre festa,per quelli che stanno di qua o di là,in campagna od in città,per i bambini di tutto il mondoche fanno un grande girotondo,con le mani nelle mani,sui paralleli e sui meridiani.G. Rodari

Inizia una riflessione sulla pace:Maestre Perché, secondo voi, questa canzone parla della pace? Al suo interno io non ho mai letto la

parola “pace”…Jennifer Perché parla di tutti i bambini.Sebastiano Per me, è perché parla di tutti i bambini che sono diversi ma si danno la mano.Gabriele È vero! Anche i poveri possono fare il girotondo assieme agli altri bambini e quindi si

vogliono bene.Ginevra Perché tutti i bambini si danno le mani.Maestre Secondo voi che cos’è la pace?Jennifer È la gioia. La pace è come....come quando tu litighi con un compagno poi pensi che non lo

vuoi perdere come amico. si dice che vuoi fare pace con lui.Sebastiano È quando non c’è la guerra.Gabriele È quando non ci sono più le pistole e i morti.Ginevra La pace aiuta a mangiare e vivere.Manuel La pace è qualcosa delle persone buone.Paolo La pace è amore.Valentina La pace è quando tutti si vogliono bene.Alessio La pace è darsi la mano.Maestre Secondo voi adesso c’è la pace nel mondo?Jennifer No, perché in Afghanistan c’è la guerra.Gabriele Per me, in alcune parti c’è e da altre no.Alessio È vero, noi mica facciamo la guerra però in Afghanistan si.Tommaso No, da tante parti c'è ancora la guerra.Valentina Però in Afghanistan ci sono anche italiani.Emma Ma cosa ci fanno lì se qui non c'è la guerra?Maestre Sono andati per aiutare le persone e per far smettere la guerra.

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Dopo aver parlato della pace,abbiamo pensato di trattare l’argomento della guerra leggendo la poesia di Bertold Brecht “I bambini Giocano”.Ora, però, cambiamo il modo di ascoltare dei bambini; infatti chiediamo loro di sdraiarsi, chiudere gli occhi e ascoltare attentamente le parole della poesia. Noi leggiamo la poesia molto lentamente e con enfasi per trasmettere bene il messaggio.

I BAMBINI GIOCANO I bambini giocano alla guerra. E' raro che giochino alla pace perché gli adulti da sempre fanno la guerra, tu fai "pum" e ridi; il soldato spara e un altro uomo non ride più. E' la guerra. C'è un altro gioco da inventare: far sorridere il mondo, non farlo piangere. Pace vuol dire che non a tutti piace lo stesso gioco, che i tuoi giocattoli piacciono anche agli altri bimbi che spesso non ne hanno, perché ne hai troppi tu; che i disegni degli altri bambini non sono dei pasticci; che la tua mamma non è solo tutta tua; che tutti i bambini sono tuoi amici. E pace è ancora non avere fame non avere freddo non avere paura.Bertold Brecht

Inizia una riflessione sulla guerra:Maestre Cosa avete provato ascoltando questa poesia?Alessio Tristezza.Ginevra Io un po’ ero triste, ma un po’ felice perché dice che può esserci anche la pace.Gabriele A me è venuta la pelle d’oca quando diceva che il soldato spara a un altro uomo.Tommaso Tristezza ma poi gioia; non giocherò più alla guerra perchè è brutta.Jennifer Si è triste.Maestre Che cos’è per voi la guerra?Sebastiano La guerra è distruzione.Gabriele È quando si spara a un’altra persona.Manuel È una cosa brutta e ingiusta.Emma È quando le persone sono tristiPaolo È una cosa orrenda.Jennifer La guerra dovrebbe finire perché molta gente soffre.

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Valentina Io penso che la guerra è una cosa davvero brutta.Tommaso Sì,è brutta e molti bambini soffronoMaestre Voi cosa potete fare per mantenere la pace?Tommaso Io presterò i miei giocattoli al mio fratello e ai miei amici.Gabriele Non litigherò più con i miei amici.Valentina Al mio compleanno inviterò anche le mie compagne di classe che non mi stanno molto

simpatiche.Emma Non farò i capricci per avere qualcosa.Jennifer Aiuterò la mamma a fare le faccende di casa.

La fiducia Proponiamo ai bambini un gioco, per introdurre l’argomento “fiducia”.

Gioco sulla fiducia: Un giocatore viene bendato, mentre ad un altro viene detto (a bassa voce, in modo che gli altri non sentano...) che cosa deve far fare al compagno (es: raccogliere un oggetto, stringere la mano a Ginevra, nascondere un fazzoletto e così via ).Senza assolutamente parlare, il secondo giocatore deve guidare il primo (che non sa cosa deve fare) non solo nella direzione giusta, ma anche accompagnandolo nelle azioni che deve fare. Il primo giocatore deve dimostrare di fidarsi completamente del compagno, lasciando che sia lui a guidarlo gesto per gesto. Quando la prima coppia di giocatori ha assolto il suo compito, ne viene scelta un’altra e così via. Quando tutti i giocatori hanno partecipato al gioco (in un ruolo o nell’altro) il conduttore proclama i quattro vincitori: la coppia che ha dimostrato il maggior affiatamento, il giocatore che si è fidato di più dell’altro nonostante lo guidasse senza dargli la necessaria sicurezza e il giocatore che ha guidato meglio il proprio compagno nonostante non avesse la sua piena fiducia.

Riflessione sulla fiducia:Maestre Vi è piaciuto il gioco?Valentina Siii!Tommaso Mi sembrava di cadere ad ogni passo.Paolo Sembrava un po’ mosca cieca.Emma A me è piaciuto un sacco!!!Manuel Io avevo un po’ paura di farmi male.Maestre Come mai Manuel? Forse perché non ti fidi del tuo compagno? Anzi, che cosa vuol dire

“fiducia”?Manuel Non per quello, ma perchè quando si è bendati non si capisce dove si va. Secondo me fiducia

è poter parlare con qualcuno e questo mantiene il segreto.Gabriele È quando sei un amico!Jennifer Quando vuoi bene a una persona.Sebastiano È quando ti fidi.Ginevra È come il gioco di prima!Alessio Quando fai le cose a occhi chiusi con l’aiuto di un altro amico.Maestre Voi di chi vi fidate?Valentina Della mamma e del papà!Manuel Dei miei amici e dei miei genitori.Tommaso Anche io, ma anche della maestra!!Emma Io di tutte le persone a cui voglio bene.Maestre E come si dimostra la fiducia?Jennifer Dicendo la verità!Ginevra Facendo vedere che siamo amici.Sebastiano Facendo le cose sempre vere.Gabriele Aiutando gli altri.Emma Rassicurando gli altri.Manuel Mantenendo i segreti.Maestre Allora, ritornando al gioco, vi fidavate del vostro compagno?

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Tommaso Sì, anche se a volte avevo paura che mi facesse sbattere contro qualcosa.Ginevra Non sempre.Emma Io sì, sapevo che non mi avrebbe fatto cadere.Gabriele Anch'io mi fidavo soprattutto quando ero io a condurre.

Le emozioni Proponiamo un’attività inerente le emozioni, al fine di trattare anche l’io del bambino. Attraverso il gioco e le conversazioni di gruppo permetteremo ai bambini di scoprire le proprie emozioni e i propri sentimenti e quelli altrui, anche quelli negativi, per conoscerli,comprenderli, accettarli e trasformarli senza averne timore.Proponiamo il gioco de “Le belle statuine”. Un bambino si volta verso il muro cantando:Le belle statuined'oro e d'argentodel 1500voglio quella più…

e dice un sentimento, ad esempio “..voglio quella più triste”. Il bambino voltato verso il muro, dopo aver chiesto se sono pronti, si gira verso gli altri bambini che dovranno stare immobili con l’espressione indicata. Non si possono ripetere le stesse emozioni. Il gioco finisce quando tutti i bambini avranno detto la filastrocca.

Inizia una riflessione sulle emozioni:Maestre Che emozioni ha suscitato in voi questo gioco?Jennifer Divertimento!Sebastiano Felicità!Ginevra È stato divertente.Gabriele Io mi sono annoiato a stare fermo immobile.Valentina Più che altro era difficile stare fermi!Manuel Invece io ero super concentrato!Maestre Quali sono le emozioni che conoscete?Alessio Tristezza.Paolo Felicità. Manuel Vergogna, l’imbarazzo.Emma Paura.Gabriele La rabbia.Ginevra Gelosia.Jennifer Nostalgia.Sebastiano La gioia!Tommaso Speranza.Emma Perdono.Maestre Quand’è che vi sentite tristi?Sebastiano Quando sono ammalato.Emma Quando devo andare a scuola!Manuel Quando devo stare a casa a fare i compiti, invece di andare a giocare a calcio in giardino con

i miei amici.Tommaso Quando mi faccio male.Ginevra Quando è morto il mio criceto ero tanto triste!Paolo Ascoltando una canzone triste divento triste anche io.Valentina Quando prendo un brutto voto a scuola.Maestre E quand’è, invece, che vi sentite felici?Jennifer Quando vinco una partita di pallavolo.Sebastiano Quando vince la Juve!!!! Mitica!!Manuel Buuuuuu, ma cosa dici, siete scarsi, invece quando vince l’Inter sì’ che bisogna essere felici!Gabriele Quando finisce la scuola!Valentina Quando vado a fare compere con la mamma!

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Emma Quando il mio papà compra la pizza!!!Alessio Quando gioco con il mio cane!Ginevra Quando guardo i cartoni animati mangiando pane e Nutella!Maestre Ma come fate a capire che emozioni provano gli altri?Jennifer Se una persona è triste piange, se è felice ride.Ginevra Dalle facce!Paolo Da come parlano.Tommaso Beh si vede dalle espressioni!Maestre Cosa fate voi se siete arrabbiati?Valentina Mi chiudo in camera e non parlo con nessuno.Sebastiano Io una volta ho rotto un giocattolo!Paolo Quando mia sorella mi fa arrabbiare la picchio!Emma Quando sono tanto arrabbiata piango.Manuel Ma allora ci sono molti modi diversi per esprimere quello che si prova! Non siamo tutti

uguali!

L’altroQuesta riflessione sull’altro comincia recitando la seguente filastrocca :

Voglio parlarvi del nostro mondoMeraviglioso, grande e rotondoMondo abitato da grandi e picciniMondo di mamme, papà e bambini.Un mondo fatto di tanti PaesiPiccoli piccoli o molto estesi,diversi per lingue e usanze.Ogni Paese ha le proprie danzeE piatti tipici, giochi e canti,per questo sono proprio tantii giochi e i canti di tutto il mondomeraviglioso, grande e rotondo.Giochi cantati diversi e bellissimiSarebbe bello scoprirne tantissimi!Perciò da che terra possiamo partireSe canti e giochi vogliamo scoprire?Africa, America, Asia, Australia?O dall’Europa con dentro l’Italia?Sì! Dall’Europa che è più vicinaPer poi spostarci….fino alla Cina!!

Noi maestre ci siamo procurate un planisfero , sul quale i bambini indicano quali paesi vengono citati nella filastrocca .

Inizia una riflessione sull’intercultura:Maestre Allora riassumendo, quali paesi sono stati citati nella filastrocca?Jennifer La Cina, l’Italia, L’Europa..Manuel L’Australia, l’Asia,l’AfricaGinevra E l’America!Tommaso Però ce ne sono anche tanti altri nel mondo.Maestre Quali sono i cibi italiani? Paolo La pizza ovviamente!Sebastiano La pasta!Gabriele Gli spaghetti alla carbonara!Valentina I canederli!Maestre Conoscete anche cibi degli altri Paesi?

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Emma Il riso è cinese.Alessio Gli hamburger e le patatine sono in America.Tommaso In Africa mangiano cose strane, non si capisce.Jennifer In Germania mangiano i wurstel.Maestre Siete mai stati in altri Paesi fuori dall'Italia?Tommaso Io sono andato al mare in Tunisia e poi in Austria;Valentina Anch'io sono andata al mare in Tunisia!!!Emma Io non sono mai andata fuori dall'Italia.Manuel Io sono andato in Corsica.Gabriele Ma la Corsica non è dell'Italia?!?Alessio No, la Corsica fa parte della Francia!Jennifer Io, una volta sono andata con i miei genitori in Germania a visitare i castelli.Maestre Avete trovato delle differenze?Jennifer In Germania mangiano il salame e il prosciutto anche a colazione.Valentina Dove sono andata io si mangiavano le stesse cose che in Italia; però faceva molto più caldo.Tommaso È vero, lì fa veramente caldissimo!!! Poi io sono andato a vedere i coccodrilli che da noi non

ci sono. È stato bellissimo!!!Manuel In Corsica ci sono dei panini lunghissimi!!!Maestre Bene!!! Vediamo che conoscete molte cose degli altri Paesi. Ora parliamo di un'altra cosa:

nella vostra classe, a scuola, ci sono dei bambini stranieri?Sebastiano Sì, da me ce n'è uno; si chiama Abedin e viene dal Marocco.Ginevra Nella mia classe invece ci sono un bambino cinese e una bambina kosovara. Il bambino si

chiama Lingfan e la bambina Fikreta.Alessio Anche nella mia classe c'è un bambino straniero. Si chiama Nikola con la kappa! Lui viene

dalla Russia.Maestre E sono vostri amici? Ginevra Io con Fikreta non parlo molto, è sempre da sola.Emma È vero Fikreta è sempre da sola; secondo me non le piace la nostra scuola.Sebastiano Io invece sono amico di Abedin; giochiamo spesso a calcio, lui è molto bravo!Alessio Anch'io sono amico di Nikola però non gioco tanto con lui.Manuel Secondo me Nikola è simpaticissimo! Anche lui è molto bravo a giocare a calcio.Maestre Allora voi cosa potete fare per farli sentire un po' di più a casa?Alessio Io gli chiederò se vuole giocare con me e con gli altri miei amici.Emma Potrei invitarla a casa mia a giocare.Ginevra È vero!!! Potremmo fare merenda insieme e poi giocare con lei così diventiamo amiche e lei

non dovrà stare più sola.Maestre Bene!!! Sapete cosa significa intercultura?Alessio Secondo me più culture.Tommaso Io non lo so!Jennifer Forse conoscere qualcuno di un altro Paese?Manuel Per me essere amici di un bambino.Maestre Avete molte idee di cosa è l'intercultura ma, nessuna è esattamente quella giusta; ci siete

però andati tutti vicini.Intercultura significa che le diverse culture che si incontrano non devono integrarsi pienamente ma devono confrontarsi per riuscire a valorizzare le proprie differenze e per creare una convivenza pacifica.

Emma Allora significa che dobbiamo essere amici dei bambini diversi da noi?Alessio Sì, dobbiamo far giocare con noi anche i nostri compagni stranieri; magari conoscono

qualche bel gioco nuovo.Manuel Allora potremmo chiedere a Nikola se ci parla un pò del suo Paese di nascita, di cosa faceva

là, cosa mangiava, cosa gli piaceva.Tommaso Adesso ho capito cosa vuol dire intercultura!

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CALLEGARI

L’attività proposta è stata strutturata in tre momenti principali. Il primo dedicato al gioco del mimo, il secondo a “I colori della felicità e della tristezza” (scrittura e confronto) e, il terzo, alla lettura di una storia.I bambini, nella prima fase, erano impegnati nel mimare ed esprimere, attraverso gesti – posture e movimenti, o voci e suoni, lo stato d’animo indicato sul biglietto che veniva pescato. Attraverso l’osservazione i bambini dovevano capire lo stato d’animo e nella successiva discussione/confronto i bambini erano stimolati nell’individuare diverse modalità di espressione di un determinato stato d’animo e i diversi possibili eventi attivanti. In questo modo è stato possibile rendere i bambini consapevoli che attraverso il corpo, ognuno di noi, a proprio modo, può esprimere e comunicare qualcosa all’altro. Ascoltando i compagni, osservando i loro movimenti e proponendone di alternativi, i bambini hanno potuto apprendere che il parlato non è l’unico linguaggio possibile per comunicare e sul quale riflettere, ma che anche il corpo, i gesti, i movimenti, le voci, i suoni, le canzoni, i balli possono esprimere, comunicare e creare situazioni di benessere e di relazione. Inoltre, sono riusciti a riconoscere che ogni persona può sentirsi felice – triste – sorpresa – arrabbiata ecc per motivi diversi, e che ogni situazione è valida e va rispettata.

Nella seconda attività i bambini hanno ricevuto due foglietti sui quali scrivere il proprio colore della felicità e quello della tristezza.

IL COLORE DELLA FELICITÀ PER ME ÈIL COLORE DELLA TRISTEZZA PER ME È

Ogni bambino, dopo aver scritto il proprio colore, l’ha letto ai compagni; prima sono stati elencati i colori della felicità e poi quelli della tristezza, motivandone la scelta. Durante il confronto e l’esposizione dei colori indicati i bambini hanno associato ai colori della felicità l’immagine dell’arcobaleno, che ha dato inizio ad una serie di riflessioni, portando i bambini a riconoscere che ognuno ha un proprio colore, ma che è comunque adatto alla rappresentazione della felicità. Stimolando i bambini ad altri confronti è stato possibile giungere alla consapevolezza che oltre a movimenti, gesti, posture ognuno può usare anche un colore per esprimere emozioni e che, quindi, ognuno può scegliere ciò che meglio sente vicino alla sua personalità per esprimere e vivere le emozioni.L’ultima parte è stata dedicata invece alla lettura della storia “L’Orsetto Au”. Dopo la lettura i bambini hanno individuato le reazioni dell’Orsetto, il contesto e le scelte – i pensieri fatti dal protagonista. Successivamente è stato chiesto ai bambini di pensare ad una situazione simile vissuta – o immaginarla - nella classe, a esporre il modo in cui avrebbero agito o cosa avrebbero pensato. Infine, i bambini hanno drammatizzato la scena così come veniva proposta dal testo e poi modificando gli interventi, trovando soluzioni diverse o pensieri alternativi per vivere il momento in modo adeguato o positivo. I bambini, infine, sono giunti alla conclusione che è importante esprimere – in qualsiasi modo – le proprie emozioni, per poterle condividere, poterle capire e per poter chiedere aiuto o cercare sostegno nei momenti di difficoltà.Durante l’attività i bambini hanno realizzato un cartellone dove venivano scritte o disegnate le cose emerse dalle discussioni. Questo cartellone sarà il “promemoria” e lo spunto per attività di analisi e lavoro nelle altre discipline, che in questo modo possono collegarsi a quest’attività, per la produzione di sapere e apprendimenti a livello interdisciplinare.

ATTIVITÀ 1

STATI D’ANIMO: felicità, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, allegria.Al gruppo di bambini viene proposto il gioco del “MIMO”. Un bambino o una bambina pesca un biglietto e, senza dire alcuna parola, deve mimare la parola che trova scritta sul biglietto.Ins. = Insegnante, Doriana Callegari. ( e A. – Angela, sorella di D. - per le riprese e le registrazioni.)C.; Ca.; I.; L.; Lu.; M.; Mk.; Mt.; S.; P.; = Bambini/e.

Ins.: “Conoscete tutti il gioco del MIMO?”Tutti rispondono in coro: “Siiiiii!”Ins.: “ Qui ci sono dei bigliettini; su ogni biglietto c’è una parola come: felicità, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, allegria. Chi di voi vorrà fare il mimo pescherà uno di questi biglietti e non dovrà dire niente,

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quindi senza parlare dovrà mimare ciò che trova scritto sul biglietto. Gli altri devono osservare bene e indovinare cosa esprime il compagno. Ok? È chiaro a tutti?”Tutti: “Si!” S.: “ Ok, capito.”Ins.: “Bene, iniziamo. Chi viene a pescare?”L.: “Io per ultima …”S.: “ Anch’io guardo il primo poi lo faccio dopo”L.: “ Vengo io per prima. Io io io dai!”Ins.: “ Ah, vuoi venire tu L.? hai cambiato idea!? Bene, vieni, pesca.”L. pesca un biglietto dal sacchetto e dopo aver letto, riflette e poi mima. La parola pescata è “SORPRESA”L. mima la sorpresa mettendo le mani sulla bocca, aprendo gli occhi e inspirando dice “Aaaah”.S.: “io lo so, posso dirlo?”C.: “Ooooh!”Ca.: “ io lo so”S.: “Sorpresa!”Ca. e C. : “ Siiii, sorpresa!”P.: “Ah! Così faceva!”Il bambini copiano i movimenti della compagna L. S : “Ha fatto così …”Anche S. imita la compagna facendo gli stessi movimenti.Ins.:“Bravissimi. Brava L. hai mimato molto bene e tutti hanno capito cosa volevi esprimere. Ma da cosa avete capito che L. era sorpresa?”C.: “perché era così!”E alcune bambine riproducono i movimenti di L.I.: “Anche perché ha detto Aaaaah”M.: “io non l’avevo capito!”Ins.: “M. perché secondo te non hai capito? Non vedevi bene?”M.: “Ma era giù li, io son qui lontano e era girata più da loro, da quella parte lì.”Ins.: “Chiedi a L. se può rifarlo e tu vieni più vicino. Ti va M.?”M.: “SI. Vengo li e la L. me lo fa rivedere!”L. mima di nuovo verso il compagno la sorpresa. Questa volta aprendo ancora di più gli occhi e inspirando profondamente con le mani sulla bocca.M.: “Sembra che ha visto qualcosa”Ins.: “ Si, certo. Cos’è cambiato nel volto di L.?”L.: “Ho aperto gli occhi io”S.: “Si, si aprivano”C.: “ e anche la bocca ce l’aveva aperta però non si vedeva perché aveva lì le mani”L.: “Si si allarga tutta”P.: “Eh … come per dire Ah, così: Aaaaah”. (P. di nuovo ripete l’espressione vocale di L. con le mani davanti alla bocca).Ins.: “Bene. Quindi occhi e bocca erano aperti”Mk.: “Si, tutti spalancati”Ins.: “E come erano le guancie di L.?”L.: “ Mi tiravano tutte e si allargavano.” (mentre dice questo si tocca le guancie con le mani accarezzandole verso il basso).Ins.: “Proviamo tutti a fare una faccia sorpresa!”Tutti i bambini imitano la compagna con movimenti simili. Poi alcuni propongono altri movimenti: saltano e allargano le braccia in alto; dicono “Uh!” oppure pronunciano delle frasi come:C.: “Oh, che bello!”S.: “Uuuuuh che sorpresa!”Mt: “Oooooh, che bello …”P.: “Oh, yuppi che sorpresissima!”.Ins.: “Bene. Avete osservato quali movimenti avete fatto. Erano tutti uguali, come quelli di L.?”P.: “No, anche i salti si possono fare”Mk.: “Si, o dire altre cose invece che dir Aaaah.”

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S.: “Si. La L. ha fatto cosi io invece ho fatto un salto”Ca.: “Invece io ho respirato come faceva la L. forte ma mi coprivo la bocca perché è come quando vedi qualcosa di bello!”Ins.. “Oh, bene. Quindi si può saltare, coprirsi la bocca, dire Aaah oppure Ooooh. E come dice Ca. si può respirare in modi diversi. Com’è il vostro respiro quando siete sorpresi? Proviamo a sentire … mettiamoci la mano qui sul petto o sulla pancia e sentiamo cosa succede …”L.: “Ehi maestra, io però stavo anche un po’ sulle punte dei piedi.”Ins.: “Oh certo anche sulla punta dei piedi … e come ti sentivi? Proviamo anche noi e poi proviamo a sentire il respiro.”I bambini provano a mettersi in punta di piedi. Alcuni respirano contemporaneamente. Altri invece lo fanno in seguito.L.: “ Si alza e dopo Ooooooh”.L. inspira e quando espira abbassa le mani facendole scivolare lungo il busto.Ins.: “ Cosa senti alzarsi e poi Oooooh!?” (ripeto i suoi movimenti)L.: “ Eh, qui si alza … e poi va giù” ( Si tocca il petto per indicare la parte del corpo che “si alza”).P.: “Va indietro e poi viene fuori”Ins.: “Cosa P. va in dentro e viene fuori?”P.: “l’aria … poi anche la pancia si muove dentro e fuori veloce”Mk.: “Oh è vero!”Lu.: “Cosa? Io no. Non sento”S.: “Ma prova a tirar dentro e fai Ah. Senti che si muove qui” (si indica il petto).Ins.: “ … e lo proviamo a fare tutti insieme un respiro?!”Tutti respirano profondamente, inspirando ed espirando dicono Ah. Nell’ inspirare l’aria pronunciano velocemente “Ah” – come nella sorpresa -, mentre nel respiro dopo la pronuncia di “Ah” è più prolungata, come fosse un respiro di sollievo .Ins.: “dopo questo respiro, come ci sentiamo?”Mk.: “ Io mi sento come riposata”P.: “Io sento che si muove la pancia e anche più in su vicino alle spalle, è vero”Ins.: “Certo, si muove il torace! Lo sapevate che si chiama torace questa parte del nostro corpo!?”I.: “ Si, io lo sapevo. L’ho già sentito dire”C.: “Si”L.: “Come!?”S.: “… torace L.!”Ins.: Si. TORACE … e si muove quando noi respiriamo. Quando respiriamo aria si riempie e diventa gonfio come un palloncino e quando la buttiamo fuori si sgonfia. Lo avete notato?”Ca.: “Siii”S.: “Si è come ti ho detto prima. Si muove qui …”P.: “Aaaah”L.: “Ah si va su e giù, dentro e fuori … su e giù, dentro e fuori!”Lu.: “Si, gonfio e sgonfio. Sei un palloncino, sei un palloncino”Ca.: “ Ma se respiro forte sento anche che entra dal naso”L.: “Ma è dalla bocca quando fai Aaaaah”Ins.: “Vero C. hai detto bene; possiamo respirare anche dal naso oltre che dalla bocca. Proviamo insieme?”

Tutti fanno qualche respiro dal naso e poi respirano di nuovo con la bocca.Ins.: “Quindi abbiamo visto che se siamo sorpresi usiamo anche il respiro. Un respiro dalla bocca o …?”Tutti: “Dal naso!”Ins.: “Certo, dal naso. E il nostro torace si gonfia o si sgonfia quando l’aria entra ed esce. Ma quando qualcuno ci fa una sorpresa, come stiamo? Come siamo?”S.: “Contenti!”C.: Si, contenti e felici!”Mk.: “ Io sono contenta e dico grazie”M.: Anch’io. Se mi fanno una sorpresa rido e son felice!”Ins.: “ Sì, si dice grazie. Oppure anche …?”L., S., C., A.: “Boh. Come?”Ins.: “Se per esempio al vostro compleanno un’amica o un amico vi porta un regalo, lo aprite …”

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L.: “Eh, io gli dico “che bello” se mi piace.”I.: “io dico che è una bella sorpresa”S.: “Io wow … grazie, che belloooooooooo!”Mt.: “ Si ringrazia e si sorride perché è un regalo che ci piace”Lu.: “ è una sorpresa sorpresissima”I.: “si più e bello più siamo contenti”Ca.: “ quando mi fanno i regali io li apro sempre veloce perché voglio vederli”Ins.: “ si, siamo SORPRESI dai regali che riceviamo e felici, vero? Ca. ha detto che li apre velocemente i suoi regali. Anche voi?”C.: “Io no. Apro piano sennò si rovina magari!”S.: “Io si … son curiosa”M.: “Anch’io!”I.: “ Io normali ne piano ne veloce”Ins.: “Voi P., Lu., Mt. e Mk?”P.: “Io veloce!“Mt. e Mk.: “Io piano piano“Lu.: “Io no veloce e apro anche quelli di mio fratello così li vedo io prima!”Ins.: “ Quindi siamo emozionati quando riceviamo un regalo e curiosi di vedere cos’è!”S.: “si!”C.: “Si io mi emoziono sempre, sono agitata. Come a Natale!”I.: “ Si anch’io perché speriamo di ricevere sempre quello che abbiamo chiesto!”L.: “Eh ma è una sorpresa quindi poi se è diverso è ancor più bello magari”Ins.: “Certo. Ci emozioniamo perché desideriamo qualcosa. O perché arriva qualcosa che non ci aspettavamo. Quindi ci sorprendiamo e siamo contenti!”P.: “Si”Lu.: “ Io i regali voglio subito usarli”M.: “A me il Lu. me li ruba sempre i miei giochi di S. Lucia!”Ins.: “ Oh, vi potete scambiare i regali a casa allora M. così vi divertite insieme, no?”M.: “Si però lui poi li usa subito”Ins.: “Certo, è perché è qualcosa di nuovo … allora vuole fare un gioco che non ha mai fatto!”Lu.: “Si, io son curioso! Così i giochi nuovi li voglio subito provare e mi diverto!”Ins.: “Bene, vedete quante emozioni nascono per i regali o le sorprese che riceviamo!?”Tutti: “Siiii”Ins.: “Dopo aver scartato un regalo e aver ricevuto qualcosa di piacevole, come possiamo dire grazie a chi ci fa queste sorprese!? Invece che con le parole …”L.: “Auguri”Ins.. “si, se è il compleanno di un’amichetta L. si dice auguri. Ma se invece sei tu a ricevere un regalo, come puoi dire grazie senza usare le parole. Con i gesti o i movimenti!?”Lu.: “Io dico solo grazie e poi gioco!”C.. “Io gli do un bell’abbraccio”L.: “Si un abbraccio forte”I.: “anche due o tre abbracci”Ins.: “Uh, bene! E come si sentirà chi riceve quest’abbraccio? Voi se venite abbracciati da qualcuno come state?”I.. “Mh, contenti!”C.: “Contenta!”Mk.: “Sento che mi stringe e mi dice grazie!”Mt.: “ Sento che mi vuole bene”Ins.: “Si. Benissimo. Sentiamo che ci stringono le braccia intorno al busto e in questo modo dimostrano che …”Mt.: “Che ci vogliono bene e che sono felici di aver ricevuto un nostro regalo”C.: “ è mia amica!”I.: “Si, così tipo. Io e lei ci abbracciamo!”Ins.: “Oh, bene. Avete visto I. e C.; si abbracciano, sono amiche!”Tutti: “Si!”

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Ins.: “ Quindi con l’abbraccio possiamo dimostrare l’amicizia, la felicità e possiamo anche dire grazie! E quindi lo capiamo anche senza …”S.: “Anche senza dirlo!”C.: “Si, anche senza le parole!”Ins.: “ Certo! E con altre parti del corpo, con altri movimenti possiamo esprimere la sorpresa?”I: “Faccio tipo così” (muove le gambe veloci sulla sedia dondolandole).L.: “Fai come un calcio in avanti” (spinge la gamba in avanti come se scivolasse)C.: “O anche un salto!”I: “Io ne farei tanti … così” (fa una serie di saltelli)P.: “Io li faccio più in su ancora!”Mk.: “Piego le gambe così” (salta raggruppando le gambe verso il petto).Ins.: “Ok. Abbiamo visto allora che ci sono anche tanti modi di saltello da fare!”S.: “Si, ma io lo faccio così … Woooow” (Salta e porta indietro le gambe alzando le braccia. Come in segno di vittoria)Ins.: “Proviamo a fare dei saltelli insieme. Pronti …? Via!”I bambini iniziano a saltare. C’è chi salta a piedi uniti, chi saltella, chi alza le gambe al petto e chi, come S., porta le gambe indietro alzando le mani. Alcuni inizino a contare i saltelli …“1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,10, 11,12 … Uuuuh! 13, 14, 15 …!”Ins.: “Bravi. Cosa avete notato!? Avete fatto tutti lo stesso tipo di saltello?”P.: “Io no. Io facevo il mio, ma il Lu. Ha copiato la S.”C., L., S., I.: “Noi si uguale!”Mk. : “ Io saltavo con un piede solo un po’!”Ins.: “Ah si Mk. Pensa non l’avevo notato! Voi avevate visto Mk. che saltava con un piede solo!?”I.: “Io si”S., C., M.: “Anch’io!”Ins.: “Oh, io no … peccato però era il tuo modo di esprimere sorpresa!”Mk.: “Si, un po’ strano …”Ins.: “Bello però, brava…!”C.: “Si, era diverso dal nostro!”Ins.: “Ricordate com’era il vostro respiro prima!?”Tutti: “ Siii”Ins.: “E adesso? Com’è?uguale?”Mk.: “No, adesso è veloce.”S.: “Ho il fiatone!”Lu.: “Che fatica”C.: “Non si fa più Aaaaah”Ins.: “Certo, è cambiato perché abbiamo fatto tanti saltelli … e dovevamo respirare di più. Ma proviamo a fare alcuni respiri più profondi, lunghi come quelli di prima per far uscir l’aria. Cosi Aaaaaaaah ” (e faccio un’espirazione più lunga).I bambini inspirano ed espirano profondamente alcune volte.Ins.: “Ora, il respiro è ancora veloce!?”Alcuni bambini: “No!”L.: “Io mi son seduta così riposo!”Ins.: “L. si è seduta per riposare e adesso tutti ci sentiamo più riposati!”Tutti: “Siiii”.Ins.: “Bene. Abbiamo visto che possiamo fare diversi respiri: veloci, lenti, profondi, lungi e brevi. Facciamone qualche uno. Poi pescheremo un’altra parola! Per un altro mimo.”I bambini respirano in modi diversi, guardandosi tra loro e dicendosi “Fai così …” oppure “Vai che proviamo a farlo lungo!” o ancora “Ne facciamo tanti piccoli e veloci come di corsa!”.Ins.: “Molto bene, avete visto quanti ne avete potuti fare!? E come vi siete sentiti!?”L.. “Io ho fatto quelli come prima!”P.: “Io veloci, come la corsa veloce e si fa fatica lo stesso un po’!”I.: “Io lunghi e lo faceva veloce la S.”S.: “Si!”In.: “Visto, ognuno ha fatto un respiro diverso. P. faceva fatica perché ne doveva fare tanti … e voi?”S.: “Io anche, farlo lungo è un po’ difficile!”

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L.: “Io normale!”Ins.. “Quindi ogni respiro ci affatica di più di un altro oppure ci rilassa e ci fa stare “normali” come ha detto L.! ma il respiro lungo o quello normale lo facciamo quando? E quello più veloce …?”P.. “per le corse o perché scappi magari”L.: “Quando ci fanno sorprese!”S.: “Quando siamo stanchi e andiamo a dormire facciamo quello lungo così Aaaaaaaaaah!”Ins.: “Bene, ogni respiro è legato a stati d’animo diversi o lo facciamo in situazioni diverse!quindi possiamo capirlo anche da questo come stiamo o come stanno gli amici?”Tutti.. “Siiiiiiii!”Ins.: “Quindi abbiamo tutti lo stesso modo di esprimere!?”C.: “No, ognuno può farlo diverso!”I.. “Si ognuno ha il suo, ma si può capire!”Ins.. “Molto bene, ognuno ha il proprio modo o prova determinate sensazioni per motivi diversi, no? Quindi … non c’è il giusto o sbagliato! No?”P.. “Nooo, van bene tutti!”Mk.: “Si, tutto è giusto, nessuno fa sbagliato …!”S.: “Ma devo pescare adesso!” (S. pesca un biglietto e inizia a mimare).

Viene pescato un altro bigliettino; la parola questa volta è FELICITÀ.S. mima la felicità: sorride e cammina muovendo le braccia.L.: “è triste”S. “Noooooo. Non mi guardavi neanche!”M.: “Felice”Ins.: “Si, bene M. bravo!”M.: “Rideva!”Tutti. “Si, era felice”Ins.: “ Com’è diventato il volto di S.!?”Ca.: “Contenta”C.: “Sorrideva”Ins.. “Cosa le sorrideva?”L.: “Le labbra”I: “La bocca”P.: “Si vedeva il sorriso”Ins.. “Solo la bocca sorrideva? S. prova a rifare il volto felice … noi osserviamo bene!”L.: “Gli occhi!”Ins.: “Come sono?”L.: “… è come un cinese”Gli altri bambini ridono!Ins.: “ Bene L. E come sono gli occhi dei cinesi!?”Tutti: “così …” (I bambini tirano gli occhi lateralmente fino a farli diventare “stretti e lunghi”, come dice P.)Ins.. “ … e che forma hanno?”P.: “Sono stretti e lunghi! come chiusi ma in su anche un po’.”I.: “A mandorla”Ins.: “Bene; prima erano aperti e ora …”Tutti: “ a mandorla”P.: “in su!”Ins.: “Ok. Vedete questo foglio. Mi son dimenticata di dirvi prima che questo ci servirà per scrivere o disegnare quello che abbiamo detto, le parole, le forme o oggetti ecc … così poi possiamo avere un tipo di promemoria di quello che abbiamo individuato! Ok? Chi vuole disegnare su questo foglio una mandorla!? Così vediamo come sono!?”C.: “Io! Posso!?”Ins.: “Certo C., vieni!”C. sul cartellone appeso al muro disegna la sagoma di una mandorla, e dice: “Eeeeh è un po’ un cerchio più lungo. Spetta S. fai gli occhi ancora a mandorla!”S. ripete l’espressione del volto.C. disegna sul cartellone e dice. “Così, un po’ sarebbe più schiacciato però è difficile da fare …!”

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Ins.: “Ma benissimo C., sono così le mandorle, benissimo! Qualcun altro vuole disegnare la mandorla!?”Gli altri: “No!”Ins.: ”Bene, grazie C.! e invece prima avevamo visto che gli occhi di L. erano aperti, quindi di che forma!?”S.: “Tondi!”C.. “A cerchio”P.: “Aperti!”I.: “Si rotondi!”Ins.: “Ok, facciamo lì vicino alla mandorla l’altra figura!? Chi vuole disegnare il cerchio?”I.: “io provo!”Ins.. “Bene, altri vogliono fare il cerchio o le altre parti!? La forma della bocca per esempio o altre parti …?”Gli altri: “No”Lu.: “lei fa il cerchio!” Dopo aver disegnato le figure sul cartellone chiedo ai bambini: “Quali altre forme possono avere gli occhi, la bocca o le altre parti del volto!?”L.: “dritta … così” (L. chiude la bocca e tira le labbra)P.. “fai Oooh e diventa tonda!” S.: “Spalancata e è ancor più tonda! Gli occhi anche spalancati tondi!”I.. “Alzare le sopracciglia e vanno in su gli occhi un po’”Ins.. “Bene … e anche in giù, vero?”Tutti: “Siiii!”S.. “Si è tristi però!”Ins.: “Bene, vi vengono in mente altre figure!?”Tutti: “Nooo” – “Mmmh, bo!”Ins.: “ Ok. Per esprimere la felicità con i movimenti del corpo, invece che con il volto, come possiamo muoverci? nello spazio …”L.: “Fa yuuuuuuuh” (si alza dalla sedia in punta di piedi con le braccia in alto).I.: “O puoi muovere le mani in alto come le farfalline”P.: “ Mi muovo”Ins.: “Come P. ti muovi? Così? (faccio dei passi pesanti)”Tutti: “Noooo”C.: “Cosi sembri arrabbiata”I.: “Sembri stufa”Ca.: “No fa troppo casino!”Ins.: “allora, così … (e saltello e giro su me stessa)”Ca.: “ Si così”I.. “Si, come quando passeggio o ballo”Ins.: “ Si, e sei felice!?”I.: “Si, come cappuccetto rosso!”Ins.: “Si, è vero, lei era felice quando andava nel bosco!”Mk.: “Non faceva i passi da arrabbiata!”Lu.: “No era una bimba piccola felice e buona!”Ins.: “Avete ragione bambini. Se saltello esprimo felicità, se invece i miei passi sono pesanti sono arrabbiata”Lu.: “E tanto anche!”Ins.: “Si, L.? Sembro tanto arrabbiata?”Lu.: “Fai proprio chiasso!”Ins.: “Ma secondo voi se sono arrabbiata posso dimostrarlo anche con atri movimenti o suoni?”Lu.: “Si, così. Arrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrh” (Lu. Fa il verso di un animale feroce).Gli altri ridono e alcuni lo imitano.S.: “Si batte il pungo sul tavolo”C.: “I piedi anche”Mk.: “ Sbuffo!”I.: “Si piange quando si è arrabbiati”Ins.: “Mani e piedi, certo. Sul tavolo, per terra! si sbuffa o si piange, sì, quando siamo arrabbiati e ci dispiace!”I.: “ Si perché se mi fanno arrabbiare non è bello”Mt.: “Si non siamo felici se siamo arrabbiati allora piangiamo”

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P.: “Si urla anche e butto le cose in giro, batto i pugni per terra!”L.. “Sul muro io! O mi rotolo per terra e mi butto giù!”S.: “E mio fratello si butta per terra quando si arrabbia e piange”Ins.: “ … e lo sai perché si arrabbia così tanto il tuo fratellino S.!?”S.: “ Perché la mamma non gli compra le caramelle o boh. Però non si può mica dire sempre di sì!”Ins.: “Certo, hai ragione S. Non si può dire sempre di si. Ma la mamma sicuramente spiegherà al tuo fratellino i motivi e il perché dice di no alle caramelle!”S.: “Si e lui non la ascolta mai! Ma poi va dal dentista e piange, perché ne mangia troppe!”Ca.: “A me hanno tolto tre carie, ma non è bello stare li dal dentista e mi devo ricordare di lavare sempre i denti!”Ins.: “Oh, vedi la mamma di S. lo dice per la salute del suo fratellino, così non gli verranno le carie. Perché come dice Ca. non è bello stare sempre dal dentista. È meglio ricordarsi di lavarsi i denti e ogni tanto dire di no a qualche caramella. No!?”C.: “Si, è vero ce lo dicono anche a scuola. Vero S.?!”Gli altri: “Siii”Ins.: “Ma torniamo a noi. Voi per cosa, invece, vi arrabbiate?”Ca.: “ Quando non posso guardare la TV. E non posso mangiare le caramelle”L.: “Quando mio fratello non mi lascia in pace”Mk.: “Quando mi dicono cose brutte”I.: “Si o i dispetti”Lu.: “ I sono arrabbiatoooooo e feroceeeee come un dinosauroooooo!” (Lu. Fa un verso mostrando i denti e muovendosi come un dinosauro).Ins.. “Su, proviamo anche noi come Lu. A fare un’espressione come la sua!”Tutti imitano Lu.: mostrano i denti, eseguono passi pesanti e si muovono piegati verso il basso, in posizione “dinosauro”.Ins.. “ e questa bambini è un’espressione … come?”I.: “Cattiva!”M.: “Arrabbiata!”Mk.: “Feroce e cattiva”P.: “Vuole fare paura”S.: “Si sembra un animale!”C.:“ Si. Ma una persona non fa così se è arrabbiata. Io non faccio così!”Ins.: “Si C., ma si capisce lo stesso, vero bambini?”Tutti: “Siiii!”L.: “No, si sbattono i piedi o le mani o i pungi!”Ca.: “sembrava un cavallo furioso!”Ins.: “ Un cavallo furioso!? Allora era proprio arrabbiato.”S.: “ Si ma i cavalli fanno rumore perché gli viene così … per gli zoccoli!”C.: “Eh, non sono mica sempre arrabbiati!”Mk.: “No, si lasciano cavalcare!”I.: “Però si possono ben arrabbiare anche gli animali!”Ins.: “Si, avete ragione! Possono arrabbiarsi anche gli animali e possono essere anche loro felici!”Lu.: “Il tuo gatto Doriana fa le fusa!”P.: “Il cane della zia Marisa muove la coda qua e là …”Mt.: “il canarino canta!”S.: “però non siamo sicuri!”Ins.: “No, non ne siamo sicuri, però abbiamo visto che anche noi senza dirlo possiamo capirlo. Vero?”Tutti: “Siiii”Ins.: “Quindi basta osservare i movimenti per capire come sta una persona o almeno proviamo a capirlo guardando, vero?!”Tutti: “Si”C.: “E prima solo con il mimo abbiamo capito che la S. era felice e la L. era sorpresa”I.: “ Si non solo con il mimo”Ins.: “Si, non solo con il mimo. In quali altre situazioni possiamo capire gli stati d’animo di qualcuno?”S.: “Nei giochi o a scuola …”

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Ins.. “Bene, nei giochi se qualcuno si arrabbia lo possiamo capire anche senza che ce lo dica … vero? o se è contento …”L.: “Si sbuffa o urla e ride!”Ins.: “Certo, benissimo … altre espressioni?”L.: “Mmmmh, boh ...”Ins.: “Vi capita di capire come sta qualcuno durante il giorno senza che vi venga detto “sono felice” o “sono triste”!?”S.: “Si si vede se uno è triste … a volte piange ma può anche esser tutto giù così” (S. abbassa la testa e piega in avanti le spalle)Ins.. “Bene…”Ca.. “O … o anche dalla bocca così” (Ca. fa il broncio)P.: “Ma se uno è felice invece ride e parla con tutti!”Ins.: “Si, quindi lo vedimao da come si …”C.: “Muove”I.: “Se è solo o con altri bambini che gioca”Mk.: “Si perché se uno è arrabbiato non sta lì a giocare e magari va via a sedersi da un’altra parte”Ins.: “Molto bene. Voi quindi lo potreste capire da tutte queste cose!”Tutti. “Siiii!”I.: “Si, basta guardare cosa fa o come si muove, se gioca o no … se piange o se ride”L.: “Eh o se magari ce lo dice?”Ins.: “Beh se qualcuno ve lo dice è un po’ più facile capirlo …”S.. “Si è più facile …”C.: “Si e così possiamo dirgli qualcosa anche noi!”Ins.: “Oh, che bella cosa hai detto … però puoi rispondere anche tu con un gesto o un movimento no? Abbiamo visto prima anche … con gli abbracci, i sorrisi, un soffio … no?”P.: “Si, però se ce lo dice noi possiamo dire anche noi a voce come stiamo!”Ins.: “Certo P., puoi anche tu rispondere a parole! Quindi se vedete qualcuno di triste, voi che fate se non ve lo dice a voce?”I.: “Magari gli dici cos’hai!? O sennò ……… gli dai un abbraccio se piange!”Ca.: “Si, se la mia amica è triste voglio farla ridere!”P.: “Ma se uno piange perché si fa male, devi aiutarlo!”Mt.. “Si, se vedo qualcuno di triste cerco di chiedere cos’ha e poi si aiuta. Ma magari non so cosa dire e allora boh… puoi dare un bacino o un abbraccio sì, come dice la I.”C.: “ Si anche ai bambini piccoli quando piangono o hanno mal di pancia o volgiono la mamma si fanno le coccole e si danno i bacini”P.: “Io alla mia sorella do il ciuccio!”Lu.: “O le caramelle!”Ins.: “Certo, bravi! Quindi con i gesti possiamo dimostrare e anche a …? a….? “C.: “Aiutare!”Ins.: “Brava C.! Aiutare … oppure anche ridere insieme, arrabbiarci, gioire e esser felici insieme! non dimentichiamolo …”S.: “Eh si si può fare tutto … sia col parlare che con i movimenti!”Ins.: “Molto molto bene, bambini, bravi! Possiamo in diversi modi dimostrare ciò che sentiamo … e quindi dobbiamo fare cosa per capire meglio come sta un’altra persona? ”I.: “Osservare!”P.: “Ascoltare cosa dice o se piange”Lu.: “O se ride”S.: “Eh se non ci dicono niente, guardiamo la faccia!”Mk.: “O se è solo o con qualcuno”Ca.: “Se sbatte i piedi o saltella …”Ins.: “Molto bene!”C.: “Posso fare io il mimo adesso?”Ins.. “ Certo, pesca dal sacchetto …”

La parola pescata è ALLEGRIA.C. inizia a saltellare facendo “La – la – lllla – llla – la!”

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I.: “Contenta”L.: “Sorridente. No anzi, felice!”C. fa cenno negativo von la testa e ripete i saltelli.M.: “Contenta e allegra!”Tutti: “Aaaah, allegra!!”Ins.. “Ma una persona oltre che saltellare, come può muoversi se si sente allegra!?”Ca.: “ Eh eh eh eh!” ( ride e muove la testa dondolandosi a destra e sinistra)Alcuni bambini imitano la compagna ripetendo al risata.P.. “Si ride”Ins.: “ Oppure?”M.: “Ridere …”P.: “Cantare”I.: “Cantare e ballare”S.: “Ballare con tutti così …” ( prende una compagna per mano muovendo le braccia avanti e indietro)Ins.: “ Benissimo. Quante cose possiamo fare, vero?”L.: “Anche soffiare … no! … Mh, fischiare!”Ins.. “Fischiare, fischiettare L. brava! E come fichi tu!?”L. fischia e alcuni imitano o provano a riprodurre il fischio. Molti ridono e si confrontano dicendo “fai così”, “prova a farlo più forte”, “No, soffia!”, ecc.Ins.: “Come vi sentite?”L.. “Si deve soffiare”C.: “Si si deve soffiare spingendo”L.: “Eh si muove anche adesso la pancia!”Mk.. “ è come un modo diverso di respirare”Ca.: “Io non lo so fare Doriana però soffio più forte e piano così sembra che fischio!”Ins.: “ Benissimo, si soffia o si fischia. C’è chi riesce a fischiare quando è allegro e chi non riesce può soffiare … ognuno …?”Mk.: “Ognuno a modo suo”P.: “Però lo facciamo tutti!”Ins.: “Infatti, ognuno a modo suo però tutti si esprimono! Bravissimi!”I.: “È come quando si soffia qualcosa?”Ins.: “ Si I. Vuoi dirci cosa si può soffiare!?”I.: “ Eh, boh … tipo le candele.”Ca.: “ Oppure le bolle!”Ins.. “Oh si, molto bene. Ci sono anche molti modi di soffiare …”Ca.: “si e ci divertiamo!”M.: “al mio compleanno soffio le candele anch’io!”S.: “Si siamo contenti!”Lu.. “Io quando impacchetto il regalo per il compleanno”Ins.. “ Sei allegro quando fai un pacco regalo?”Lu.. “Si perché è bello”P.: “Anch’io quando me lo fanno sono contento”Ins.: “Anche questa volta abbiamo detto molte cose sull’allegria.”C.: “Io saltello e canto anche”L.: “Io fischio!”S.: “Sono tante cose”Ca.: “ Si, tante cose diverse, però anch’io sono allegra se canto!”M.: “Io quando posso giocare con la bici e faccio i giri giù li nella piazza sono allegro!” Ins.: “Vedete, moltissimi modi per dimostrare allegria e altrettanti che ci rendono allegri!”Mk.: “ Si però tutti sono veri!”Mt.. “Sono giusti tutti, perché se provo a fischiare mi sento allegra anch’io un po’!”Ins.. “Bene! Avete detto bene! C’è sempre un modo per far capire agli altri come stiamo!”S.: “Si, anche senza usare la voce o le parole!”L.: “Si fischi e lo sai!”Ins.: “ certo. E se lo facciamo insieme …”Mk.: “ Lo diventiamo tutti!”

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S.: “Posso anche abbracciarti allora come prima!?”Ins.. “Si, l’abbraccio è anche questa volta segno di allegria!”L.. “E dopo possiamo andare in giro, corriamo in giro così attaccati” (L. appoggia un braccio sulle spalle dell’amica e corre per la sala).M.: “Ma non devi fargli male però!”Lu.: “Non devi strozzarlo!”Ins.: “ Già, se ci strozziamo come dice Lu. Siamo ancora allegri nel muoversi uniti!?”Mk.: “No, perché ci facciamo male”P.: “No no, che male che fa se si stringe sul collo. E poi mi strozza mi fa male!”I.: “Si se ci strozziamo non è divertente, non ci vogliamo bene … e le mani sono qui!” (e si mette le mani al collo).Ins.: “ Infatti, le mani e le braccia dove le mettiamo per abbracciare?”L.: “Più in giù!”Mt.: “In mezzo sotto le braccia”C.: “ Anche un braccio sopra che passa qui sulle spalle e uno sotto”L.. “Si, così” (L. abbraccia la sorella S. mettendo le braccia come l’amica C. ha indicato. Un braccio passa sopra la spalla e l’altro sotto sul busto).Ins.: “Bene, avete visto come fa L.? L. vuoi dare un abbraccio a qualcun altro? Volete dare un abbraccio a qualcuno anche voi?”L.: “Sì, alzatevi tutti in piedi”Ins.: “Si alziamoci tutti in piedi che L. vuole regalare un abbraccio a qualcuno.”L. inizia ad abbracciare tutti i compagni, contando: “1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.”Lu.: “anche a te stessa”L. si stringe le braccia al busto, in un abbraccio.Ins.. “Come stai adesso L.?”L.: “bene!”Ins.: “Facciamo tutti un abbraccio allegro agli altri?”Tutti si abbracciano a vicenda.Lu.: “Attenti che M. strige!”Ins.: “ Dai facciamoci un abbraccio!”I.: “Ma come? In due?”Ins.:”Si in due o anche di più. Ma si può fare un abbraccio tra tutti, un abbraccio unico?”Ca.: “Si,che si può!”P.:”Siii…!”S.: “Si si può! Basta star così, poi lei così con M. (e appoggia le braccia attorno alla vita della vicina).Ins.: “Quindi come possiamo fare?”L.: “Si, bisogna mettersi in cerchio”S.: “Si li vicini.”Ins.:” “Mettiamoci qui allora in un abbraccio tra tutti”.Una bambina rimane seduta perché il compagno nel chiamarla nel cerchio ha storpiato il suo nome, dicendo: “vieni Camomilla!”. La bambina si è sentita offesa e non voleva partecipare. Poi dopo diversi tentativi si è aggiunta al gruppo.Ins.: “Vieni C.! Facciamo un posticino a Ca.!”S.: “Vai più in là cosi si mette qui”C.: “Vai un po’ più in via …”Ins.: “ Ca. non vieni? Ti aspettiamo per l’abbraccio”Ca. si unisce e i bambini stringono il cerchio avvicinandosi, fino a toccarsi con le teste.Tutti in coro dicono: “Ooooooooooooooh!”Ins.: “ Oh, questo è l’abbraccio de …”S.: “ Dell’allegria!”C.: “Della felicità”Ca.: “Degli amici!”L.: “Dell’abbraccio”I.: “ No, è un abbraccio, della felicità o del … … è perché siamo contenti”P.: “ Ma anche quello degli arrabbiati si può fare se batto i piedi!”Ins.: “ Proviamo a battere i piedi anche noi come P.!”

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I bambini slegano il cerchio togliendo le braccia dalle spalle dei vicini, rimangono disposti a cerchio e battono forte i piedi.C.: “ Forte sennò non sembri arrabbiata Mk.”Mk.: “ Si …forteeee!”S.. “ Così”Ca.: “ Attenzione che ci schiacciamo i piedi”Ins.: “ Allora, in questi due abbracci come siamo stati? Cosa abbiamo sentito?”Ca.: “eravamo vicini. Amici!”C.. Contenti la prima volta, poi dovevamo fare gli arrabbiati!”S.: “Bene. Eravamo attaccati poi invece io mi sono staccata e battevo i piedi!”Ins.. “ Si nel primo cerchio, eravamo vicini, e nell’altro …”I.: “Eravamo più lontani”P.: “ Tutti muovevano i piedi”Lu.. “ Io facevo anche i versi”Ins.: “Certo, Lu, ancora faceva i versi. In uno eravamo felici e vicini, nell’altro staccati. C’era silenzio o rumore!?”S.: “Rumore!”L.: “ Perché si battevano i piedi per terra”I. e C.: “ Rumore”M.: “però se sono felice e nel cerchio dell’allegria posso anche cantare!” P.: “O fare ah ah ah ah”Mk.. “ Si possiamo ridere” Mt.: “Si o fischiare come all’inizio la L.”L.: “O il respiro cosi Aaaaaaaaaaaah!” ( e rifà il respiro di sollievo come al mimo della sorpresa)Ins.: “ Facciamo tutti un bel respiro in cerchio e proviamo a vedere come ci si sente sopo questo respiro in gruppo”L.. “Bello”S.: “ Sono calma”C.: “ Io mi sento tranquilla e al sicuro”Ins.. “ bene, dopo un respiro allegro ci sentiamo sicuri, tranquilli. E un respiro di rabbia!??”Mt.: “ non sarà così…”Lu.: “ è così: Uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuhrrrrrrrrrr”P.: “ O si sbuffa”S.. “ Ma sembra che sei stufo”C.: “Ma si fa fatica e non è bello sentire questi versi tra di noi!”Ins.: “ Oh, certo. Quindi non stiamo come prima!”I.: “No, prima era più bello … così c’è rumore!”Ins.. “Nel cerchio dell’allegria allora siamo stati bene, e lo possiamo rifare, quando!?”C.: “ Sempre quando stiamo con gli amici!”L.: “Anche a casa”P.. “Sempre!”Mt.: “ Si, in ogni momento quando siamo allegri possiamo stare vicini e abbracciarci!”P.: “ma posso far il mimo io adesso!?”Ins.: “Si, va bene”

P. pesca un biglietto; la PAURA.P. si accuccia a terra e si nasconde il volto con le mani.M.: “piange”Tutti. “Pauraaaa!”Ins.: “ Si, bene! E da cosa l’avete capito!?”C.: “ Era tutto nascosto”S.: “ Si era lì cosi e poi si copriva!”L.: “ Non voleva vedere!”Mk.: “ Voleva forse proteggersi”P.: “Pensavo di far finta di vedere un mostro o qualcosa!”Ca.: “ Si era impaurito! Però poteva anche scappare!”

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P.: “Si ma non potevo andar via e correre fuori!”Ins.: “No, vero P., non potevi scappare o correre via da qui. Però è un modo per esprimere la paura! Vero?”P.. “Si!”Mt.: “Perché quando si ha paura se scappa o si vuole andar lontani da quello che ci spaventa”I: “O possiamo urlare!”Ins.: “ Si, anche urlando. Altri modi di esprimere la paura ancora …?”I.: “Nascondendoci da qualche parte dove non ci trova nessuno!”Mk.: “O si piange”L.: “Si ma se ti nascondi non devi urlare eh I.”I.: “ Si, ma quando non sei nascosto urli!”S.: “Io piango e mi nascondo!”Ins.: “ Vogliamo provare a fare un urlo di paura? Proviamo a sentire le voci e la nostra pancia o le altre parti del corpo!?”Tutti. “Aaaaahhh”Ca.: “ Urlo fortissimo!”S.: “ Anch’io”I.: “ Si dice Aiuuuutooooooooo!”Mk.: “ Così ci facciamo sentire!”Ins.. “Certo, ci sono molti modi per la Paura, come per le altre situazioni di prima. Si grida aiuto, o ho paura, o …”Mt.. “Salvatemi”Lu.: “ O vai via, maledetto mostro!”Ca.. “ Anche stare al buio e allora vogliamo stare alla luce!”Ins.. “Si, quindi abbiamo diverse paure: chi ha paura dei mostri, chi del buio o altre cose! Vero? Ci nascondiamo, urliamo, ci copriamo …”I.. “ O altrimenti scappiamo via di corsa”Ins. “ Certo, quindi si corre via dalla paura! Proviamo a fare una corsa di pura!”I bambini si alzano e corrono da un lato all’altro della stanza, urlando “Aaaaaah!”. I bambini che nella corsa sono rimasti in dietro, vengono incitati dai compagni che urlano “corriiii, corriiiii!”Ins.: “Quindi abbiamo visto che ci sono diversi modi per essere …”C.. “Felice. Allegro, arrabbiato, paurosa!”Ins.: “ Certo C., bene!”S.. “Si una volta abbiamo occhi grandi e aperti, poi a cinese … poi chiusi da arrabbiato!”Lu.: “ Si,, ahhhrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr!”I.: “O si urla di paura!”Mt.: “Poi abbiamo fatto l’abbraccio allegro insieme!”P.: “E arrabbiati anche quando facevamo i rumori coi piedi e i versi del Lu.!”L.: “ Si e quando son arrabbiata io tiro anche giù il collo!”Ins.: “ Oh, avete capito cos’ha setto L.?”Ca. e P.: “Si”Gli altri: “Nooo!”Ins.: “ L. ha detto una cosa che fa quando è arrabbiata, che prima non avevamo detto. Prova a ripeterlo, grazie L.”L.: “Tiro giù il collo così che diventa corto!”Ca.: “è tutta schiacciata così”Mt.: “ Si è schiacciata e sembra chiusa nelle spalle”Ins.. “ Guardate le spalle di L., proviamo anche noi! Come sono le spalle?”I bambini imitano L.Mt.: “ sono in avanti”Ca.: “ Si sono così in avanti come, e poi più chiuse!”P.: “Sembra di avere la gobba quasi!”Ins.: “ è vero, è diverso da come stavamo all’inizio, per la sorpresa!?”S.: “Si…”Mk.: “Si eravamo tutti in su prima, adesso siamo in avanti, tutto chiusi e schiacciati!”C.: “Si, e facciamo più fatica!”

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Ins.: “ Vero, siamo più chiusi, le spalle sono avanti e ci abbassiamo verso il basso. Cosi se battiamo i piedi abbiamo più forza secondo voi!?”Mt.: “ Si, perché se stiamo dritti è più difficile battere forte!”Gli altri: “Si, è vero!” – “Aaaah!” – “si è difficile se sto dritta in su battere i piedi!”Ins.. “ bene, devo piegarmi per dare forza ai passi pesanti. Se invece sono una piuma, felice!?”Ca.: “ sto sulle punte e volo! Faccio le ali con le braccia!”Ins.: “Si, molto bene”S.. “ è più bello fare le piume che volano!”Ins.: “Certo, a S. piace di più fare la piuma che vola, in punta di piedi!”S.: “ Eh è come ballare!”Ins.. “ Infatti S. prima si ballava o si saltellava per …?”Tutti: “Per la felicità!” – “per l’allegria!”Ins.: “Ma siamo felici tutti per le stesse cose secondo voi!? Proviamo a dire: sono felice quando … . Ognuno prova a dire cosa lo rende felice”M.: “Io quando vado al mare”L.: “ Quando sono felice sono felice, sempre. Quindi sono felice quando sono felice”C.: “ Quando la mamma fa qualcosa di bello e buono”L.: “Doriana, io dai! Quando vado sul cavallo … quello vero grande però!”Mk.: “Quando gioco con gli amici”S.: “Quando mio fratello non mi fa male”I.: “Quando mi regalano qualcosa di bello”M.: “Quando sto con gli altri”Ca.: “ quando vado alla festa di qualcuno”P.: “io quando gioco con mia sorella e ci facciamo gli scherzetti. Lei è piccole e allora poi ride e io sono felice che ride”I.: “Quando si gioca anche insieme”M.: “Quando vado in bici”Mt.: “Si però gli scherzi devono essere divertenti, non paurosi!”Ins.: “ Vero, se sono divertenti ci rendono felici!”Lu.: “Se ci fanno arrabbiare poi non si diventa felici!”Ins.. “Infatti ci arrabbiamo quando … . proviamo a fare la stessa cosa con la rabbia”I.. “Io quando si dicono brutte parole”L.: “Io quando mi fanno troppi dispetti”Ca.: “ Se ho troppi compiti mi arrabbio”Ins.: “ Oh, se hai troppi compiti!?”Ca.: “ Si, un po’ a volte si. A volte però no!”Ins.: “Ah allora non sei sempre sempre arrabbiata”S.: “No non si rimane sempre arrabbiati”I.: “è vero, poi si può fare pace!”Ca.: “è vero!”Mt.: “ Si se ci fanno arrabbiare poi si può far pace!”Ins.: “ E come si fa a fare pace!?”Ca.: “ Si chiede scusa!”C.: “Si o scusa o si dice che non volevi farlo o fargli male!”Ins.: “ Bene, si chiede scusa, con la voce! E invece di parlare, come altro si può chiedere scusa o fare la pace!?”S.: “ Gli do la mano”L.: “Eh, niente, giochiamo di nuovo insieme e basta. Come prima!”C.: “Si fa l’abbraccio dell’allegria e dell’amicizia di prima!”Ins.: “ Bene l’abbraccio oppure …. Non so, si potrebbe fare un ballo! Una danza contro la rabbia o contro la tristezza!??”Tutti: “Siiii”S.: “ Si. Io e la L. siamo andate alla colonia del Peter Pan st’estate e ci hanno insegnato la canzone della felicità. Con i passi e tutto da fare!”Ins.: “ Veramente S.? che bello! Ce la volete far sentire? così poi proviamo a farle tutti insieme!”

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S. e L.: “Se sei triste | e ti manca l’allegria | scacciare puoi la malinconia | vieni con me | ti insegnerò | la canzone della felicità! | Sbatti le ali | muovi le antenne | dammi le tue zampine | vola di qua e vola di là | la canzone della felicità!”Ins.: “ Bravissime, che bella! La facciamo tutti insieme? chi al conosce la può cantare gli altri seguono i movimenti e cantano solo le persone che conoscono le parole!”Tutti: “Si!”La canzone viene ripetuta quattro volte. La prima volta ognuno esegue i movimenti individualmente, poi a coppie, poi a tre e poi in cerchio tutti insieme. La parte da fare con gli altri è nella strofa “ Sbatti le ali | muovi le antenne | dammi le tue zampine | vola di qua e vola di là | la canzone della felicità!”. I bambini devono muovere:

- per “sbatti le ali” : le braccia riproducono il movimento delle ali come nel “ballo del qua qua” ;- in “muovi le antenne”: con el mani sulla testa si muovono le mani avanti e indietro alternate;- in “dammi le tue zampine”: ci si prende per mano e si muovono avanti e indietro le braccia (prima a

due, poi in tre, poi a cerchio si fanno dondolare);- “vola di qua vola di là”: si saltella uno di fronte all’altro (in due), poi a partire da tre bambini ci si

alterna, voltandosi prima verso il compagno di destra poi verso l’altro di sinistra;- “la canzone della felicità”: si gira su se stessi o movimenti liberi!

Ins.: “ Oh, che bello vi è piaciuto!?”Tutti: “Siiiii”Ins.: “ Ringraziamo S. e L. per averci insegnato questa canzone! Ricordate bene le parole che avete detto che poi dobbiamo scrivere qui sul cartellone eh sennò rimane vuoto!!! … Ma proprio bella sta canzone S. e L. , grazie. Io, a casa, avevo pensato di farvi fare un’altra canzone; questa così bella non la conoscevo!!”Tutti. “GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEE! Quale!?”Ins.: “ la canzone: Se sei felice e tu lo sai batti le mani … Se sei felice e tu lo sai batti le mani … Se sei felice e tu lo sai, e mostrarmelo saprai se sei felice e tu lo sai batti le mani! Ecc. La conoscete!?”Tutti: “Siiiii”Ins.: “ Vi va di fare anche questa!? Questa volta ognuno di voi, invece di dire ‘batti le mani’, inventa altri movimenti. Iniziamo con ‘batti le mani’ poi a turno ognuno dice qualcosa di diverso. Ok!?”Tutti: “Siiii”I bambini hanno proposto:L.: “ … Se sei felice e tu lo sai CORRI IN GIRO!” (Tutti corrono e fanno quattro giri della stanza cantando!)C.: “ Se sei felice e tu lo sai MORDI LA LINGUA” (Tutti mordono la lingua)S.: “Se sei felice e tu lo sai BATTI I PIEDI”L.: “Se sei felice e tu lo sai MUOVI LA GONNA!”Ins.: “Se sei felice e tu lo sai MUOVI LE ORECCHIE!”P.: “Se sei felice e tu lo sai TIRA LE ORECCHIE IN SU!”Mk.: “Se sei felice e tu lo sai SCHIOCCA LE DITA”Mt.: “Se sei felice e tu lo sai DAI UN BACIO”Ca.: “Se sei felice e tu lo sai MUOVI LE BRACCIA A ONDA”M.: “Se sei felice e tu lo sai FAI L’OCCHIOLINO”I.: “Se sei felice e tu lo sai TOCCA IL NASO”L.: “Se sei felice e tu lo sai FAI IL VERSO DELLA SCIMMIA”Tutti: “Eh eh eh, che bello”Ins.: “ Si, che bello, vero? Sono felici anche le scimmie allora eh L.?”C.: “Si anche loro come noi!”Mk.: “Si quando gli nasce un cucciolo per esempio”S.: “ Si è vero, come le mamme e i papà”Ca.: “Si, io sono felice perche tra un po’ divento sorella maggiore!”Ins.: “Oh Ca. che bella notizia! Anche questo si è un motivo per esser felici: la nascita di un fratellino o di una sorellina!”S.: “Si è vero, io quando è nata la L. e mio fratello ero contenta”P.: “Anche la mia mamma!”Ins.: “Certo, tutti siamo felici quando nasce un bambino o una bambina!”I.: “ Io non ho fratellini e sorelline però mi è nato un cuginetto e sono felicissima!”Ins.: “Un cuginetto, un fratellino o sorellina, i genitori, gli amici ci rendono felice! e quindi, siamo felici quando stiamo …?”

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S.: “Insieme!”Ca.: “in compagnia!”Ins.: “Certo, quando stiamo insieme e in compagnia …”Mt.: “Beh ma possiamo esser felici anche quando stiamo da soli!”C.: “Si perché se gioco da sola ogni tanto son felice!”P.: “Anch’io però è bello quando siamo in due al computer magari a giocare!”Ins.: “ Infatti, possiamo stare bene anche soli … quando abbiamo qualcosa da fare che ci piace!”L.: “ O guardiamo un cartone preferito!”Ins.: “ Anche, sì!”Mt.: “ o possiamo cantare anche o ascoltare la musica! E siamo bene!”Ins.: “Oh, certo Mt., anche questo: ascoltare la musica, cantare, ballare … come abbiamo fatto prima!?”I.: “si, anche da soli possiamo ben farla la canzone di Se sei felice e tu lo sai!”Ca.: “ Si, io anche canto o ballo o magari faccio i disegni per la mia mamma!”Ins.: “Vedete quante cose possiamo fare, sia da soli che in compagnia! E ci rendono felici …”Tutti: “ Si”C.: “ Si se si fa ciò che piace ci si diverte sempre!”Ins.. “Bene, prima di continuare facciamo una pausa bambini!? Facciamo merenda!”Tutti: “Siiiiiiiiiiiiiiiiiiii!”Lu.. “ Avevo proprio fame!”P.: “Cosa c’è!?”Ins.: “La mamma di Lu e M. ha preparato dei biscotti … diciamo Grazie a Lu e M.!”Tutti: “Grazie Lu! Grazie M.”

ATTIVITÀ 2.I COLORI. Dopo la breve merenda e la compilazione del cartellone si riprende l’attività. Ho proposto ai bambini di scrivere su un foglio il colore della felicità e il colore della tristezza. Ognuno compila la scheda e poi la leggerà agli altri, spiegando il perché ha scelto quel colore.Ins.: “Allora, ci sono bambini parole per dimostrare cosa pensiamo e sentiamo: allegria, felicità, rabbia … c’è altro?”Ca.: “ Ti voglio bene!”Ins.: “ Si, ti voglio bene … oppure ci sono luoghi che ci rendono felici, canzoni e persone che ci fanno stare bene oppure arrabbiare ed essere tristi. Vero?”Tutti: “Siiii!”Ins.: “Bene, poi cosa si può fare ancora … o cosa puoi usare!?”C.: “Ballare!”I.: “ Cantare!”L.: “Tenersi ‘a braccetto’ (sottobraccio)”P.: “Fare il mimo”Ca.. “ Respiriamo e diamo abbracci”M.: “Ridere!”Mt.: “ stare con gli amici, parlare o giocare”L.: “Correre in giro … Io voglio correre in giro ancora!”Ins.. “Avete sentito bambini, L. vuole correre in giro! La rende tanto felice …”L.: “Si io son felice se corro. Prima abbiamo fatto i giri di corsa e mi veniva da ridere perchè ero felice. Se son felice son felice e corro!”Ins.: “ Oh allora, forza corriamo. Via”I bambini seguono L. di corsa e si rincorrono uno con l’altro … tutti sorridono!L.: “Oh S. attaccati qua che fai il serpente!C.: “Siiii!”Lu.: “No facciamo le tirgriiiiiii. Aaahrrrrrrrrrrrrr!”P.: “Io faccio il moscone giganteee!”Ins.: “Guardate lì bambini, c’è un serpente … attaccatevi!”Tutti: “Siiiiiii”I bambini creano un serpente; nella corsa alcuni non riescono a rimanere attaccati alle spalle del compagno allora c’è chi si tiene per mano.

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Ins.: “ Che bel serpente! Come sta questo serpente?”Tutti: “Bene!”L.. “Felice che corre per la casa”Ins.: “ Si, lo vedo che è felice … siete tutti sorridenti!”Ca.: “Abbiamo fatto il serpente della felicità!”Ins.. “Oh che bello, bravissimi”Ca.: “Come quest’estate abbiamo fatto anche ‘la gallinella che va nel prà’, che c’era una fila lunga di bambini. Sai lì in piazza e eravamo tutti insieme e era divertente!”S.: “Si siamo vicini come nel cerchio e insieme!”Ins.: “Quindi lo stare insieme vi rende proprio tanto felici?”Tutti: “Siiiiiiiiiii”.Ins.: “ … e questa volta avete trovato il modo del serpente per dimostrare la vostra felicità! E, torniamo alla domanda che vi ho fatto prima: cosa possiamo usare anche!? Per esempio, i colori?”C.: “Ah si!”S.. “Siiii, disegno con i colori che ci piacciono di più!”Ins.: “ Ora su questo foglio scrivete qual è per voi il colore della felicità e della tristezza, poi chi lo vuole dire, può spiegare il perché!”I bambini fin da subito si confrontano e parlano tra loro sui colori. Tutti scrivono sul foglio il proprio colore; finito di scrivere chiedo a loro di leggerli.

Le risposte per la FELICITÀ sono state:L.: “Rosso normale normale. Perché è il più bello che c’è!”M.: “Giallo, come il sole e il sole vederlo è bellissimo!”C.: “Verde, perché mi ricorda i prati e i fiori”S.: “Rosso, io lo uso quando sono triste per tornare felice!”I.: “Arancio, mi rende felice”Ca.: “ Verde, come le foglie!”Lu.: “Rosso Bordeaux, perché è …. Rosso!”P.: “Rosso … come le mele, le ciliegie, il mazzo di fiori”Mk.: “ Giallo, come il sole”Mt.: “Giallo e arancione come il sole del mare”Ins.. “ Benissimo, che bei colori. Ma pensate un po’… questi colori insieme, cosa formano?”S.: “L’arcobaleno!”Ins.: “Si, bravissima S.!”I.: “è vero, che bello!”Ca.: “se lo guardo è luminoso e sono contenta!”P.: “Oh, è grande e colorato si!”Ca.: “ Io l’ho visto due volte. Perché prima pioveva poi con il sole si vedeva. La prima volta siamo andati sotto una tettoia poi è venuto il sole e da dietro lì se guardavi dentro vicino alla montagna si vedeva l’arcobaleno! Poi siamo usciti e abbiamo visto il secondo. Era più piccolo”Ins.: “Bellissimo questo Ca.!”Ca.: “Era bello e poi vicino alla cascate trovi il tesoro, l’inizio è vicino all’acqua e la fine è dove non c’è la cascata”L.: “è in aria l’arcobaleno!”S.: “Si e è così un po’ rotondo!” (e indica con la mano la forma dell’arcobaleno!)Ins.: “ Si, è vero … è un semicerchio: cioè un cerchio a metà!”C.: “Non esiste rotondo, come fa!?”P.: “Eh no non c’è perché va da una parte e poi finisce dall’altra e non è rotondo così!”Mk.: “Si, come una strada o un ponte!”Ins.: “Certo, brava Mk. Come un ponte! Che bello! Avete visto quante cose possiamo dire e fare …?! Siamo partiti dai colori e …?”S.: “Abbiamo detto colori e poi ci è venuto in mente dell’arcobaleno”C.: “Che vuol dire i colori della felicità!”Ins.: “Bene”P.: “E che va da una parte all’altra e dopo non può esser tondo”Ca.: “Eh sennò è un cerchio e non arrivi al tesoro!”

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Ins.: “Certo, quindi un arcobaleno possiamo usarlo per esprimere … cosa, se vogliamo, al posto delle parole?”Mt.. “Felicità”I.: “Felicità di tutti!”C.: “Si una felicità fatta coi colori”Ca.: “Che forma un arcobaleno”Ins.: “Si, un arcobaleno che è a forma di ponte avete detto, no? E, mi avete fatto venire in mente una cosa importante bambini … e non ci avevo proprio pensato! Ascoltate: un ponte a cosa serve? Serve per …!?”P.: “Per passare sopra il fiume!”Ins.: “Certo, oppure?”C.: “Eh per andare da una parte all’altra del fiume o di un posto”S.: “… per far passare le macchine o le persone”Ca.: “Ma posso disegnarlo qui su sto foglio Doriana!”Ins.: “Si Ca. ok, disegnalo! Ma pensate, un ponte serve per u … uni …!?”S.: “U … unire!?”Ins.: “Siiii, per unire! Un ponte unisce, collega un paese ad un altro … e quindi, grazie a un ponte, le persone cosa fanno?”C.: “Si incontrano!”S.: “è vero”L.: “Oh ma anch’io lo disegno!”Ins.. “ Visto, potete anche disegnarlo se vi và … ma questo è un altro modo per stare insieme, e se ci pensiamo prima avevamo detto che stare insieme rende felici, ballando o cantando, e quindi con un ponte si può star insieme e esser felici. Tanti modi abbiamo trovato per essere felici o dimostrare che lo siamo?senza doverlo dire … E chi viene a scrivere la parola ponte o arcobaleno sul cartellone?”L.: “Io arcobaleno! Ma non leggiamo l’altro colore! Io ho messo nero!”I.: “Si!”Mt.: “Tanti modi, come la faccia, i colori o le cose come il ponte arcobaleno”C.: “Si e basta che guardiamo e possiamo capire”p.: “Eh si”Ins.: “ Molto bene. Avete altro da aggiungere voi? Volete leggere l’altro colore!?”Tutti: “Si”C.. “Ma non si disegna l’arcobaleno? …” Ins.: “Facciamo così C., ora L. scrive sul cartellone, leggiamo che colore ha per voi la tristezza, dopo se volete potete disegnare, ok? E poi, ancora, vi ho portato anche una storia, da leggervi!”S.: “Si una storia … la leggi dopo!”Ins.: “si poi la leggo, ma ora leggete voi i colori!”L.: “Nero scuro scurissimo, come il buio o ... o … o... come il fumo che vien fuori dal naso se ci arrabbiamo!”M.: “Anch’io nero!”C.: “Nero notte”S.: “Blu quello scuro!”I.: “Nero”Ca.: “ Anch’io!”Lu.: “Ehi anch’io …. abbiamo tutti il nero??!”P.: “Si”Mk.: “ Si voi. Io il grigio scuro!”Mt.: “Mmmh, anch’io il nero”Lu.: “Potrei mettere anche l’azzurro perché non mi piace!”Ins.: “Come mai questi colori vi ricordano la tristezza!?”S.: “A me non piace e mi fa paura”C.. “Perché è il buio”Ca.: “Si il nero mi fa diventare triste e fa paura!”Mt.: “Nell’arcobaleno non c’è!”Ins.: “… è vero, non c’è il nero … perché i vostri colori dell’arcobaleno erano quelli della felicità”P.: “Si erano belli”I.: “Belli belli e chiari”

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C.: “Luminosi, luccicosi … come i brillantini che brillano nel cieloooooooooooo”Ca.: “ Eh è il sole e è perché viene col sole l’arcobaleno. Non viene mica la notte dove è buio!”Ins.. “Molto bene. Ognuno di voi ha il colore della felicità nell’arcobaleno … ma sono tutti colori …”Mt.: “Tutti diversi!”S.: “Anche se io ce l’ho diverso dal suo e dal suo, sono insieme nell’arcobaleno!”Ca.: “è vero, tutti nell’arcobaleno però io uso il verde!”I.: “Ognuno ha i propri gusti”S.: “Per tornar felice io disegno col rosso e magari la Ca. disegna col verde!”Ins.. “Bene! Ognuno ha i propri gusti e i propri modi di esprimersi, vero?… quindi grazie ai colori dimostriamo felicità o tristezza, ma possiamo anche usarli per …”Mt.: “Si, ognuno come vuole! E possiamo usarli anche per scrivere o disegnare … far i disegni!”C.: “per stare bene!”P.. “Per disegnare”L.: “per scrivere!”Ins.: “Certo, per molte cose …! Che bello. Siete stati bravissimi. Se siamo tristi quindi possiamo muoverci come prima, ballare, cantare, correre con gli amici … o disegnare come S. con il proprio colore preferito ecc. Bene! adesso allora ..”S.: “… leggi la storia??”P.: “Ma ce la leggi Doriana!?”Ins.: “Si S., ora leggo la storia! Ok P.?”Tutti: “Eeeeeeh !”C.: “Come si intitola?”L.: “è lunga!?”Ins.: “No L. non è tanto lunga. Ora la leggo … vedrai!”I bambini hanno elencato le diverse parole nominate durante le discussioni e sono stati invitati nello scriverle sul cartellone per completarlo. Alcune parole sono state scritte direttamente dai bambini, altre dettate da loro e scritte da me.Ognuno ha ricordato molte parole, le più citate sono state riportate sul foglio. L’elenco così creato può essere considerato elemento di collegamento con le altre discipline (italiano, matematica, geometria, scienze …).

ATTIVITÀ 3.

LETTURA: Storia: “L’orsetto Au” di R. Verità – “Testo: “Con la testa tra le favole” – ERIKSON. Dopo la lettura i bambini sono stimolati con delle domande alla riflessione e al confronto. È stato chiesto loro di pensare a come avrebbero vissuto la situazione nella realtà, in classe, a come si sarebbero comportati, e infine è stato chiesto loro di eseguire una drammatizzazione della scena (“caduta di Au in classe). In quest’occasione è stato chiesto: “come avreste fatto?” per spingere i bambini a riflettere e trovare un modo alternativo e adeguato alla situazione per aiutare l’amico/amica in base anche a quello che è stato detto durante le discussioni precedenti (stare insieme, vicini, in gruppo, esser felici insieme, aiutarsi …).

Tutti.: “Che bella!”P.: “Era bella questa ma non l’ho mai sentita, ne hai un’altra!”Ins.: “Vi è piaciuta? Sono contenta! Beh P., su questo libro ce ne sono tante storie come questa, però ora proviamo un po’ a pensare a questa. Poi magari dopo ne leggiamo un’altra. Mh?”P.: “Ah si!”Ca.: “ Ok, ma io vorrei disegnare”Ins.. “Va bene Ca. se vuoi prendi un foglio e intanto parliamo insieme di questa storia!”Ca.: “Si io intanto che parliamo disegno qui!”Ins.:“Bene. Allora … cosa pensava questo orsetto che lo rendeva così triste!?”S.: “Che era stupido!”Ins.: “ Come mai?”S.. “Lo prendevano in giro”C.: “Perché glielo dicevano gli altri …”Ins.: “Ma era veramente stupido Au?”I., C., S., L., Mt.: “Nooo”

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Ins.: “Ma perché allora era così triste? Pure la mamma ha cercato di consolarlo, ma lui si sentiva così triste ancora …”S.: “Pensava che era vero come dicevano i compagni di classe”Ca.: “Si sentiva davvero stupido”P.: “Si lui ci credeva e era triste perché glielo dicevano”Ins.: “Si, si sentiva tanto triste a sentirsi dire così. Pensate talmente tanto che nemmeno la mamma è riuscito a farlo stare meglio! Ma poi … da chi è andato a raccontare ciò che sentiva? A confidare la sua tristezza?”S., I.: “ Dalla maestra a scuola”Tutti gli altri: “dalla maestra!”Ca.: “Poi lei gli ha detto che non deve essere triste e stava bene Au dopo”Ins.: “Si, quindi è meglio tenere tutto per sé e non dire niente? Oppure è importante dirlo a qualcuno?”Mt.: “Meglio dirlo!”L.: “Meglio dirlo non stare zitti”C.: “Meglio dirlo a qualcuno. Au stava così e non andava neanche a scuola. Era triste però la maestra lo ha aiutato quando gliel’ha raccontato!”S.: “Si così se noi stiamo zitti non lo può sapere nessuno e non ci aiutano. Lui era li che tremava e la maestra se non glielo diceva non lo capiva”Ins.: “Si se noi riusciamo a confidarci con qualcuno sappiamo che così possiamo esser aiutati, oppure possiamo condividere la felicità … e rendere felici …”Ca.: “Tutti!”L.: “La maestra!”Ins.: “Si rendiamo felici anche gli altri: la maestra, i compagni, i genitori … tutti! Oppure possiamo scacciare la malinconia, come diceva la canzone, raccontandolo o ballando!”Ca.: “Poi, chi lo dice sa di esserlo!”C.: “Si erano i suoi amici gli stupidi, mica lui!”S.: “Era solo inciampato e non dovevano ridere e prenderlo in giro, solo perché è caduto per terra!”C.. “Non doveva ascoltarli”S.: “Si quello che dicevano doveva entrare da un orecchio e uscire da quell’altro. Ne abbiamo due, da una entrano e dall’altra vanno fuori, non sono tre!”C.: “Si da una esce!”S.: “Eh dove sarebbe poi la terza!???”Ins.: “Eh, giusto! Come diceva la maestra forse sarebbe stato meglio non badare così tanto a ciò che dicevano i compagni di Au. E far uscire le parole cattive da un orecchio … e quindi non pensarci così tanto!”P.. “Si perché continuava a esser triste e non voleva più andar a scuola!”Ins.: “Si, e come stava a scuola Au quando era triste?”C.. “Non voleva andare …”Ins.: “Ma per fare l’esercizio …. Tremava e …”S.. “Era agitato”Mt.: “Si non voleva star lì per non esser preso in giro ancora!”Ca.: “era triste e preoccupato”Ins.. “E il cuore di Au, come faceva!?”S.: “batteva forte!”L.. “Si batteva forte dall’agitazione!”I.: “Si era agitato e allora tremava e gli batteva il cuore”Ins.: “E come fa il cuore agitato!?”Lu.: “Tum tum tum tum!”S.: “Tutù tutù tutù, veloce!”Ins.: “Si così è quando siamo agitati come era Au, e quando siamo calmi …?!”Tutti: “Normale!” – “Piano” – “Tu – tu – tu!”Ins.. “Si, proviamo a rifare i battiti del cuore con le mani poi con i piedi?” I bambini iniziano a fare il battito con le mani sul tavolo piano e poi più veloce. Successivamente li faccio alzare e ripetere il battito con i piedi.Ins.: “Facciamo due gruppi: uno batte con le mani piano e l’altro con i piedi veloce!?”Tutti: “Siiiiiiiiiiiiiii!”Ins.: “Ok, dividetevi, un po’ di qua e un po’ di la! Voi fate dei battiti con le mani piano, normali e voi con i piedi forte e veloce! Poi potete invertire!”

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P.: “poi noi li facciamo veloci qui sul tavolo!?”Ins.. “Si, voi li fate sul tavolo veloci e loro piano con i piedi! Pronti … via!”I bambini iniziano a riprodurre i battiti e dopo poco tempo chiedono di fare il cambio. I bambini risono e sorridono tra loro, si incitano a vicenda a fare più veloce oppure si ricordano di fare piano. S. poi dice ai compagni di fare cambio e si invertono le velocità.Ins.: “Bene, che bello …! Come state ora!?”S.: “è un po’ faticoso!”P.: “Bello!”L.: “Si sentiva di più quello forte!”Ca.: “Che casino”Lu.: “Io volevo fare solo forte!”I.: “Sembravamo dei tamburi!”Ca.. “è verooooooo!”Ins.: “Certo, è faticoso battere le mani e i piedi veloci, mentre battere piano non è così faticoso. Però avete anche notato che il suono debole, fatto piano, si sentiva meno! E è così anche il cuore quando siamo agitati?”Tutti: “Siii!”Ca.: “Va veloce”Ins.: “Si, certo, lo sentiamo di più …”L.: “Come quando si corre!”S.: “Come Au era agitato e tremava allora aveva il cuore che andava veloce”Ins.: “Ma poi si è calmato …!”I.: “E il cuore gli andava piano allora!”Ins.: “Si I., quando Au si è calmato riusciva a stare tranquillo, quindi anche il suo cuore non batteva più così forte, eh?”Tutti. “Siii!”Ins.: “Bene. Quindi prima non era tanto contento o felice di stare li!?”C.: “Eh no, era triste perché lo prendevano in giro e non voleva più tornare e è rimasto a casa un giorno!”Ins.. “Poi invece cos’è successo?”S.: “Ma quando gliel’ha detto alla maestra è ben tornato a scuola e era contento”Ins.. “Si! Quindi se a voi capitasse …”P.: “io lo dico se sono triste!”Lu.: “Se mi prendono in giro mi arrabbio e lo dico alla maestra o alla mia mamma”Ins.. “ma se vi capitasse di vedere, invece, un compagno che cade … cosa fareste!?”C.: “Io lo aiuto”S.: “Anch’io”P.: “Anch’io son caduto!”Ca.: “Io gli do la mano. Perché al corso di sci la mia amica è caduta e gli ho detto di tenersi alla racchetta per alzarsi su. Non l’ho presa in giro”Ins.: “Oh che bella cosa Ca. Avete sentito bambini Ca.!?”S.: “Si l’ha aiutata a tirarsi su”C.: “Si!”Ins.: “E Ca., come sei stata tu dopo averla aiutata!?”Ca.: “Io ero contenta e lei era contenta. Non era triste perché non l’ha presa in giro nessuno e siamo andate al corso”Ins.. “Bene, siamo felici e contenti se aiutiamo qualcuno senza prendere in giro, e rendiamo felici anche gli altri! Ma proviamo a mimare questa situazione? Chi vuol fare Au che cade a terra!??”L.. “Io!”Ins.. “Solo L. vuole fare Au!? Poi chi altro …?”I.. “Io … ma cosa faccio?”Ins.: “ L. sarà Au e I. la compagna … vediamo come ti saresti comportata I. tu in questo caso. Au cade e …?”L. si butta a terra e I. dopo aver pensato qualche secondo, guarda L. e le allunga la mano.S.: “Anch’io l’avrei tirata su!”C.: “Si anch’io!”Ca.: “Anch’io e gli avrei detto se si è fatta male”Lu.: “Io non so”

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Ins.: “Insomma, tutti avreste aiutato Au ad alzarsi!”Tutti: “Siiii!”Ins.: “Ma se invece, oltre ad Au, o oltre a L. fosse caduto qualcun altro? Fossero in due i bambini per terra, che sono inciampati ..”P.: “Vengo io …”

P. si butta a terra vicino a L. che ne frattempo si era rimessa sul pavimento. P. e L. simulano il pianto toccandosi il sedere e la gamba.L., P.: “Aaaaah, Aahhhiiiiiiii ahi ahi, Aaaaauuuhh!”Ins.: “E adesso … come facciamo?”I.: “Eh o gli do due mani …”Mt.: “Sennò vengo li io e tiro su il P.”Ins.: “Oppure I. aiuti L. ad alzarsi e poi L. …”L.: “Lo tiro su io dopo il P.!”Ins.: “Si, bene, quindi potrebbero venire gli altri compagni insieme ad I. per aiutarvi, oppure a catena. I. aiuta L., L. aiuta P. … provate!”I. aiuta L. a rialzarsi dandole la mano, L. poi aiuterà allo stesso modo P.Mt.: “Ma allora tutti possiamo farlo!?”Ins.: “Certo, potete tutti stare a terra … e vediamo come vi rialzate!”Tutti i bambini si siedono a terra. Il primo si alza e tende la mano al compagno che, a sua volta, allunga la mano all’altro e così via. Si crea un “effetto domino” al contrario!

Ins.: “Ooooh, cosa è successo?”P.: “Tutti siamo in piedi!”S.: “Ci siamo dati la mano e siamo tutti in piedi!”Ca.: “Ci siamo aiutati e nessuno ha preso in giro chi era per terra!”Ins.: “E siamo felici per questo!?”L.: “Eh si. E adesso si può correre!”Ins.: “Si, L. a te piace proprio tanto correre!?”L.: “Si che mi piace. Vedi così … e loro mi corrono dietro dopo e non è che sono triste!”Ins.: “Benissimo …”I bambini corrono per la stanza e si uniscono in un nuovo serpentone! Sono tutti sorridenti …Ca.: “Sembra il serpente di prima!”L.: “Vedi che corro solo così … poi posso far così con un piede!”P.. “Veroooo. O sennò giro così” (P. gira su sé stesso!)Ins.. “Vero, quindi di nuovo abbiamo creato qualcosa di nuovo per stare insieme …”Tutti: “Siiiiii”Dopo la corsa i bambini si siedono.Ins.: “Bene, bambini, Vi è piaciuto!?”Tutti: “Siiiiiiiii!”Ins.: “Cosa avete capito? cosa vi è piaciuto di più?”Ca.. “Abbiamo pensato ai nostri sentimenti”S.: “Che siamo felici insieme!”P.: “E che non dobbiamo prender in giro …”Mt.: “Che ci sono tanti modi per stare insieme e per farci capire che siamo tristi o contenti”I.. “Si oppure si usano i colori o le facce diverse!”C.: “Si ognuno ha il suo colore preferito per la felicità!”P.. “però tutti hanno il nero per l’altro!”Ins.: “ poi …. Ancora qualcun altro vuol dire qualcosa!?”Mt.. “Che gli occhi della S. erano a mandorla quando era felice, poi aperti e tondi quando era sorpresa la L.!”C.: “Aaaah, vero! Aveva anche la bocca aperta!”Ins.. “Quindi le espressioni del volto sono diverse …”I.: “Si … e possiamo capirlo. Anche se lo hanno letto dal tuo biglietto!”Ins.. “Brava, quindi non serve sempre pa … …..?”P.: “Pa….!”C.: “Parlare!”

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Ins.. “Si, bene … quindi ognuno può fare ciò che …!”Mk.: “si può far i balli o i disegni, quello che si vuole!”C.: “ciò che vuole!”Ins.: “Bene … Si ognuno si esprime come sente! Con parole, gesti, movimenti, balli, canti, disegni, colori ecc … ”Mk.: “Io ho fatto il disegno dell’orsetto Au!”Ins.: “Oh, che brava Mk! Bellissimo!”C.: “Anch’io posso fare un disegno!?”I bambini hanno espresso il desiderio di disegnare liberamente, quindi ho accolto la loro proposta concludendo l’attività in questo modo!Mt. Ha disegnato una “Farfalla della felicità” con i colori della felicità; altri hanno fatto fiori, orsetti, arcobaleno, una mela, hanno ricalcato l’orsetto dal libro delle storie e altri disegni liberi.

CARESIA

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Lavoro come educatrice presso l’Asilo Nido nato all’interno del Sistema Integrato di Servizi a supporto della Genitorialità dell’Università degli Studi di Trento. La scelta di continuare la mia formazione iscrivendomi all’Università in questi anni è stata dettata dalla voglia di integrare nel mio lavoro stimoli e occasioni per crescere. Nella stesura di questa relazione e nella sua realizzazione ho cercato di adattare un progetto nato per la Scuola dell’Infanzia o per la Scuola Primaria. Ho proposto ai bambini più grandi del Nido un breve percorso di quattro incontri. Il piccolo gruppo di sei bambini, di un’età compresa tra i due e i tre anni, è nella fase acuta dei “perché”: hanno sete di conoscenza, sono piccoli esploratori alla ricerca di risposte alle loro piccole ma grandi domande. Dice Loris Malaguzzi che “lavorare con i bambini vuol dire avere a che fare con poche certezze e molte incertezze; ciò che salva è il cercare, il non perdere il linguaggio della meraviglia che perdura negli occhi e nella mente dei bambini. Occorre avere il coraggio di produrre ostinatamente progetti e scelte. Questo compete alla scuola e all’educazione”.

Con una collega, insegnante presso la Scuola primaria, ho condiviso il progetto intorno al libro di “Piccolo Blu e Piccolo Giallo” di Leo Lionni. Il testo narra dell’amicizia tra Piccolo Blu e Piccolo Giallo, rappresentati sottoforma di macchioline di colore. Piccolo Blu e Piccolo Giallo sono due amici “per la pelle”, anche se appartenenti a mondi diversi. Un giorno si abbracciano e diventano un identico colore: il Verde. Quando tornano dalle loro rispettive famiglie, però, non vengono riconosciuti. Questo provoca in loro una grande tristezza. Piccolo Blu e Piccolo Giallo cominciano a piangere e si sciolgono in lacrime blu e lacrime gialle, ritornando così del loro colore naturale. Di nuovo riconoscibili, sono accolti dal caloroso abbraccio di mamma e papà, i quali si accorgono che il cambiamento cromatico è dovuto semplicemente ad un abbraccio.

Fasi di lavoroDecido di raccontare la storia ai bambini non affidandomi solamente al libro. Rappresento loro la storia su dei grandi fogli suddividendo la lettura in quattro sequenze narrative corrispondenti ai quattro incontri.

Primo incontro: Io sono … tu sei …le regole che ci permettono di convivere

L’educatrice è in stanza con sei bambini seduti su dei cuscini e formano un cerchio. L’educatrice ha disegnato su un grande foglio una sagoma colore blu e una di colore giallo. Educatrice: “Oggi vi racconterò la storia di questa macchiolina!Mattia: “ E’ rosso” per Mattia in queste settimane è tutto rossoNicola: “ No, è blu”Anna: “E’ blu, vero Vale?”Educatrice: “Si è una macchiolina blu… e vi presento anche quest’altra macchiolina”Nicola: “Gialla!”Educatrice: “Queste sono due macchioline di colore e si chiamano Blu e Giallo. Voi chi siete invece?”L’educatrice propone ai bambini di cantare la canzone del Buongiorno chiedendo i nomi a ciascuno. Ognuno si presenta al piccolo gruppo.

GIOCOL’educatrice con l’aiuto di un proiettore per diapositive (già usato per proiettare e raccontare foto di pagine di libro ) propone un gioco ai bambini. Lascia accesa solo la luce bianca: questa si riflette sul muro, sopra il quale c’è appeso un grande foglio. I bambini a uno a uno scoprono la loro ombra e iniziano a muoversi e a riconoscersi sul foglio. L’educatrice fissa sul foglio la loro sagoma.

DIALOGOUna volta terminata la scoperta l’educatrice richiama i bambini a sedersi sul tappeto e mostra loro le varie sagome.Educatrice:”Chi c’è su questi fogli?”Livia:”C’era la mia mano”Alessandro:”Io ero tutto nero”Anna:”Questa è mia, questa sono io”

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Mattia:”Io ero grande”Educatrice:”Su questi grandi fogli abbiamo disegnato ognuno di voi. Ora ci sono Blu, Giallo e tutti voi… possiamo iniziare questa storia”Anna:”Io non sono Blu, sono la Anna”Livia:”Io sono più grande di Anna”Rebecca:”Ma no tu a casa sei piccola”Livia:”La mia mamma ha detto che io sono un po’ piccola e un po’ grande…(pensa un po’) No, no, io sono tutta grande!”

GIOCOL’educatrice ripropone il gioco al proiettore ma lascia che i bambini a differenza della prima volta, dove il gioco era individuale, possano giocare con le mani tutti insieme.

DIALOGO durante il giocoEducatrice:”Ma quante manine e testoline che vedo”Alessandro:”Ciao Nicola, vieni a giocare con me? C’è la tua mano qui sul muro!”Anna: “Ti mangio Ale” cercando di catturare la mano del compagnoMattia: “Io ti abbraccio” provando ad afferrare la mano del compagnoEducatrice:”Sapete che anche Blu e Giallo sono sempre insieme”Anna: “Anche la Iaia”Educatrice: “Anche Chiara? Anche Chiara è sempre con te?”Anna: “Si la Iaia è mia amica”Educatrice: “E’ vero Anna, Blu e Giallo sono amici come te e Chiara! E sapete cosa fanno? Stanno sempre insieme e si divertono molto! Saltano, corrono, si nascondono, fanno il girotondo, giocano sempre insieme”.Livia: “Anch’io gioco al nido”Nicola: “Anch’io salto sulle pedane al nido”Educatrice: “Avete voglia di far vedere alle macchioline come giochiamo noi?”Bambini:”Siii”

L’educatrice propone ai bambini un gioco da seduti usando la voce, le mani e i piedi. Chiede ai bambini di far sentire la loro voce FORTE e poi PIANO, di far sentire il rumore che fanno le mani e piedi quando battono forti sul pavimento e quando battono piano. I bambini si divertono molto nel sentirsi liberi di sperimentare il loro corpo “sonoro”. Qualcuno trasgredisce i comandi PIANO e FORTE facendo infastidire alcuni di loro.

DIALOGOLivia:”Nicola, mi fai male alle orecchie”Educatrice:”E’ vero Livia, quando dico piano bisogna tenere la voce molto bassa… shhh… e invece quando dico forte si può urlare forte”Livia:”Ma il Nicola urla sempre”Educatrice:”E’ bello far sentire la propria voce, il suono delle mani e dei piedi ma bisogna anche rispettare gli altri bambini. Ha proprio ragione Livia. Queste sono delle piccole regole”.Alessandro:”Il Leo mi ha detto che non si parla quando si mangia”Educatrice:”Bravo, è proprio così, è una piccola regola di quando si è a tavola”Anna infastidisce RebeccaRebecca:”Ma la Anna mi fa così sulla faccia!”Educatrice:”Lo stiamo proprio dicendo Anna, bisogna rispettare le piccole regole. Lo sai che non si fa male ai bambini. Rebecca ti ha detto con la sua voce che non vuole tu le faccia del male stringendo forte le sue guance”.Nicola:”Fai piano Anna… così … (accarezzando il volto di Anna)

Secondo incontro: la somiglianza e la diversità

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L’educatrice presenta ai bambini le sagome di mamma Blu e papà Blu e la famiglia di Giallo ritagliate da alcuni cartoncini. Lascia che siano i bambini a formare le famiglie. Per associazione i bambini compongono la famiglia Blu e quella Gialla. Livia:”Questo alto è il papà, vedi Nicola?”Nicola:”Giallo va con la sua mamma Gialla!”

GIOCOL’educatrice propone ai bambini il gioco del memory delle “macchioline di colore”. L’educatrice mette sul tavolo aIcune tessere che raffigurano oggetti colorati. In un piccolo sacchetto mette tante macchioline colorate con i toni degli oggetti raffigurati sulle tessere messe sul tavolo. I bambini devono trovare la coppia della carta pescando dal sacchetto e ricercando la somigliante per colore tra quelle sul tavolo.

DIALOGOEducatrice:”E’ stato difficile questo gioco?”Rebecca:”No. E’ bello questo gioco, lo faccio anche con la mamma!”Anna:”L’ombrello è blu come piccolo Blu”Livia:”C’è anche il giallo. A me piace il giallo.”Nicola:”Hai visto Vale che piccolo marrone va insieme alla legna?”Educatrice:”Eh si, Nicola, la legna è marrone e le due tesserine possono stare vicine”Alessandro:”Io sono rosso e anche la Livia”Educatrice:”E’ vero Alessandro, avete la maglietta dello stesso colore!Livia:”Io faccio la mamma però, andiamo a giocare in cucinetta? Tu fai il figlio rosso”

Nella grande sagoma di Blu l’educatrice propone un gioco. Chiede ai bambini di entrare nel cerchio in base ad alcune loro caratteristiche.Educatrice:”Chi ha i capelli lunghi”…”Chi ha la maglia dalle maniche corte”… “Chi ha il ciuccio per dormire”… per concludere il gioco chiama nel cerchio tutti i bambini”

DIALOGOEducatrice:”Anche se abbiamo colori diversi di maglietta, magari un bambino è più alto o ha i colori di capelli diversi siamo comunque tutti uguali. Vi ricordate la canzone del mio naso?IL MIO NASO PUM PUM PUMIL CULETTO TOM TOM TOMCON LE MANI CIAF CIAF CIAF CON LA BOCCA BLA BLA BLACON I PIEDI TUM TUM TUMLE BRACCIA ZUM ZUM ZUM I MIEI OCCHI CHIUDERO’ …… ED UN VOLO IO FARO’ !!!

Nicola:”Io ho due mani”Anna:”Anch’io ho due mani”Livia”Io ho 2 occhi come la Vale”Educatrice:”E poi cosa abbiamo di uguale?”Alessandro:”Io ho i piedi e anche la Rebecca e anche il Leo”Mattia:”Io ho il culetto che fa pum pum e anche la pancia…guarda!Educatrice:”Anch’io ho la pancia”Rebecca:”Ma tu sei grande però”Educatrice:”Provate a mettere le manine vicino alle mie… sono un po’ più grandi lo so ma di che colore sono?”Anna:”Rosa”Mattia:”Come noi”

Terzo incontro: io e l’altrol’amicizia

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L’educatrice racconta la terza sequenza in laboratorio.

GIOCOL’educatrice propone ai bambini di colorare la loro manina del colore che più desiderano. Educatrice:”Che colore volete essere?”Anna:”Rosso”Mattia:”Bianco”Alessandro:”Azzurro”Livia:”Verde”Rebecca:”Giallo”Nicola:”Blu”Educatrice:”Io invece metterò sulle mie manine piccolo Blu e piccolo Giallo…”I bambini fanno le impronte delle loro mani su un grande foglio. Poi l’adulto chiede loro di prendere per mano un compagno.

DIALOGOEducatrice:”Cosa è successo alla vostra manina?”Anna:”Non c’è più il rosso però”Mattia:”Io ho il verde adesso”Nicola:”Io sono due colori, guarda!”Livia:”Io sono più marrone”L’educatrice unisce anche le sue mani e poi mostra i palmi ai bambini.Educatrice:”Vedete, è successo anche a piccolo Blu e a piccolo Giallo. Si sono stretti così forte che sono diventati verdi”Livia:”Sono amici loro”Mattia:”Anch’io sono amico dell’Ale, hai visto?” (mostrando le sue mani con i colori mescolati)AZIONE MOTORIAIl “gioco delle Coccole”Un bambino di sdraia sul tappeto morbido. I bambini seduti intorno a lui cantano una canzone assieme all’educatrice. … E QUESTO QUESTO E’ IL GIOCO DELLE COCCOLEDELLE COCCOLEDELLE COCCOLEE QUESTO QUESTO E’ IL GIOCO DELLE COCCOLETANTE COCCOLETI FARO’ …… PITU’ PITU’ PITA’ !!!Al termine della canzone i bambini devono fare una carezza, un gesto dolce, un abbraccio al bambino sdraiato.

DIALOGOEducatrice: “Vi è piaciuto questo gioco?”Anna:”Si perché la Rebecca mi faceva il solletico!”Rebecca:”Io ho fatto “caro” il Mattia!”Alessandro:”Io faccio alla mamma Pitu’ Pità dopo!”Educatrice:”Con una coccola possiamo dire a qualcuno che gli vogliamo bene. Ai vostri amici ad esempio date la manina, volete stare vicino a loro, magari date a loro anche dei baci”Livia:”La mia amica è la Letizia e vado con lei al parco”Alessandro:”Io non faccio male al Mattia però, io faccio una cara perché è bravo!”

Quarto incontro: Le emozioni

Con l’aiuto del libro questa volta l’educatrice mostra l’immagine di piccolo Verde TRISTE. Verde piange perché mamma e papà non lo riconoscono. Verde piange lacrime sono blu e gialle.

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Si ricompongono Blu e Giallo. Finalmente sono FELICI perché mamma e papà li riconoscono e possono tornare a casa.

GIOCOCi si guarda allo specchio. Educatrice:”Come sono le facce tristi? E quelle sorridenti? Arrabbiate?Davanti allo specchio i bambini confrontano le loro espressioni. Nel frattempo l’educatrice scatta alcune Polaroid ai bambini mentre fanno le facce tristi, arrabbiate, sorridenti.Poi mostra loro i volti raffigurati sulle istantanee. Seduti in cerchio sul tappeto si parla di emozioni.

DIALOGOLivia:”Io quando sono arrabbiata faccio così…!”Mattia:”Guarda come piango!”Anna:”Io sono triste quando la mamma va via, ma poi torna eh, è andata in ufficio, poi torna”Alessandro:”Anche la mia mamma è in ufficio e io però sono qui al nido”Educatrice:”Sei contento o triste al nido?”Alessandro:”Sono contento. La mamma poi viene”Educatrice:”E quando invece ti senti triste e ti viene da piangere?”Alessandro:”Quando il Leo mi dice brutto!”Educatrice:”E tu cosa gli dici a Leonardo?”Alessandro:”Gli dico che non si fa, nooo!!!”Rebecca:”Anche io dico no e sono arrabbiata!”Educatrice:”Perché sei arrabbiata”Rebecca:”Perché il Nicola non mi presta la sua macchinina!”Educatrice:”Quando siamo tristi abbiamo un volto triste e ci viene un po’ da piangere, quando siamo felici sorridiamo, così … e quando siamo arrabbiati così … Siete stati bravissimi. Avete visto che ho fatto delle foto alle vostre facce? Mi sapete dire che faccia è questa di Anna?”Mattia:”Ride la Anna”Nicola:”E’ contenta la Anna perché dopo andiamo al parco”Educatrice:”E Alessandro come si sente in questa foto?”Livia:”E’ triste perché la sua mamma viene dopo”Alessandro:”Eh si!”Educatrice:”E questa faccia com è?” (la foto rappresenta il volto dell’educatrice spaventato con gli occhi un po’ socchiusi)Mattia:”Ma Vale hai sonno?”Educatrice:”No, ho paura, sono un po’ spaventata e per la paura ho chiuso un po’ gli occhi”Mattia:”Anch’io ho paura del lupo”Alessandro si nasconde dietro un cuscinoAlessandro:”Toc, toc!”Mattia:”Chi è?”Alessandro:”Sono il lupo”Livia:”Non puoi entrare!!!”Alessandro:”Se non mi lasci entrare io entro dal camino e vengo giù”Livia:”Tu sei il lupo”Alessandro:”Io sono un lupo … ma buono!”

GIOCO L’educatrice utilizzando le immagini delle emozioni scattate con la Polaroid propone un gioco ai bambini. Mostra una raccolta di immagini di situazioni diverse:

una festa di compleannoun leone feroce con la bocca spalancataun bimbo che cade e si fa male…

Chiede ai bambini di associare all’immagine la foto delle espressioni che pensano sia corretta. I bambini si divertono ad associare immagini e foto.

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L’educatrice per sintetizzare il lavoro fatto assieme ai bambini, propone:di attaccare la sagoma di ognuno di loro alle pareti della stanza e di colorarla come più desiderano, lasciando che i bambini utilizzino sia il loro colore ma anche quello dei compagni se lo desiderano. di appendere intorno allo specchio le Polaroid delle emozioni di fotografare il libro, svilupparlo in diapositive e mostrare come in un piccolo cinema per bambini la storia di Piccolo Blu e Piccolo Giallo.

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CARNIELLI

Prima lezione: il concetto di identità (io sono … tu sei …); le regole che ci permettono di convivere.

I bambini e l’insegnante sono in palestra, seduti a formare un cerchio. L’insegnante presenta ai bambini il protagonista del libro, chiedendo loro che cosa sia.

Maestra: “Vi voglio raccontare la storia di Piccolo Blu, guardate … Che cosa vi sembra?”Sharon: “Un colore”Samuele: “Un cerchio”Maestra: “Una forma circolare, sì … assomiglia ad una … “Matilde: “Macchia!”Maestra: “Una macchiolina di colore blu”.Quindi, l’insegnante invita i bambini a trasformarsi in una macchiolina di colore.Maestra: “Facciamo finta di essere anche noi delle macchioline di colore”.I bambini in coro: “Sì”Maestra: “Ok, partiamo. Samuele tu sarai?”A turno i bambini manifestano la loro preferenza di colore.Samuele: verde scuroSharon: rossoSimone: marroneMatilde: rosaLorenzo: arancioneYuri: gialloNicola: verde chiaroDesiree: bluOmar: biancoAlessandro: azzurroAlice: violaL’insegnante propone ai bambini di inventare un’andatura per la propria macchiolina.Maestra: “Piccolo blu salta e corre con i suoi amici. Vi va di far muovere la vostra macchiolina?”Bambini: “Sì”Maestra: “Allora, sentiamo, come può muoversi? Salterà, rotolerà, striscerà, camminerà? Chi ha voglia di dirmelo?”I bambini si mostrano entusiasti. Tutti hanno voglia di parlare.Maestra: “Sentite, è meglio se – cominciando da Lorenzo – ognuno mi comunica la sua decisione, in ordine, prima Lorenzo, poi Sharon e così via”.Lorenzo: correreSamuele: correreSharon: rotolareSimone: saltareMatilde: correreYuri: correreNicola: strisciareDesiree: camminareOmar: strisciareAlessandro: correreAlice: camminare

Azioni motorieMaestra: “Bene, ora care macchioline potete muovervi per la palestra, nel modo in cui avete deciso. Ad un certo punto, la maestra vi dirà di fare un’azione, cioè di muovervi secondo un comando, fino a quando dirà stop. Quando la maestra dirà “Macchioline in cerchio”, dovrete sedervi nuovamente a terra, in cerchio, ok?”

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Tutti annuiscono. I bambini si muovono per la palestra per circa cinque minuti, rispettando i comandi dell’insegnante, che poi li richiama.Maestra: “Ora la maestra vi dirà di muovermi come una macchiolina. Ad esempio, potrei dire di muoversi tutti come la macchiolina arancione e allora dovrete guardare Lorenzo e muovervi come lui, capito?”. Tutti rispondono di sì.Il gioco va a avanti finché la maestra ha chiamato tutte le macchioline.

DialogoMaestra: “Allora, è stato bello muovervi liberamente?”Sharon: “Sì, perché potevamo fare quello che volevamo”.Maestra: “Sei sicura? Non dovevi rispettare nessuna regola?”Sharon: “Beh, sì, non potevo mica andare addosso alla Matilde”.Maestra: “Eh, già, in palestra noi seguiamo delle regole, vero?”Bambini: “Sì”Maestra: “Soltanto in palestra?”Samuele: “No, anche a casa”.Matilde: “E a scuola e a catechesi”.Maestra: “Chissà a cosa servono queste regole … proviamo a pensarci”.Sharon: “Se non ci sono poi facciamo confusione perché uno fa una cosa che non può fare e magari un altro si fa male”.Maestra: “Prova a spiegarti meglio, fai un esempio”.Sharon: “Se mio papà passa col rosso e va addosso a una macchina è colpa sua che non ha ascoltato la regola”.Maestra: “Eh, già. Ma non sempre c’è il semaforo rosso che ci ricorda che dobbiamo rispettare una regola. Pensate a quante volte le maestre vi ripetono di non correre sulle scale, eppure c’è sempre qualcuno che lo fa … secondo voi, perché le maestre ve lo dicono tutti i giorni?”.Samuele: “Perché se no se cadiamo ci devono portare all’ospedale”.Lorenzo: “E poi ti danno i punti, che una volta a me mi è ben successo”.Desiree: “Cosa ti eri fatto, Lorenzo?”Lorenzo: “Sono caduto con la bici e non avevo il casco e mi sono tagliato un po’ di testa”.Maestra: “È vero bambini, le regole servono anche per non farci male, ma non solo. Ad esempio, le regole dei giochi a che cosa servono?”.Matilde: “Servono per capire come devi giocare”.Maestra: “Esatto e la regola del silenzio quando parla un compagno? A che serve Omar?”Omar: “Non lo so”Lorenzo: “Neanche io … a casa parlo”.Maestra: “Ma anche a scuola puoi parlare, soltanto che quando un tuo compagno sta dicendo qualcosa è bello se tu lo ascolti, così poi lui ascolterà te”Lorenzo: “Mmm” (annuisce).Maestra: “Ecco, se tutti ci mettessimo a gridare, beh, non so se sarebbe bello stare in classe e se riusciremmo a fare tanti lavori tutti insieme”.Alice: “E poi la mamma mi dice che quando parlano i grandi si deve stare zitti!”.Maestra: “La tua mamma ha ragione, ma gli adulti stanno zitti quando a parlare sono i bambini? (Nessuno risponde, ma più di un bambino fa cenno di no con la testa); forse per gli adulti forse non ci sono regole …”Sharon: “Eh no, maestra, sì che ci sono”Samuele: “Tipo come quella del semaforo o tipo che se te uccidi uno, non puoi e ti mettono in prigione”.Maestra: “Avete proprio ragione: le regole ci sono per tutti, grandi e piccini, e se non ci fossero, ci sarebbe una gran confusione. Proviamo a giocare a palla avvelenata, senza regole: ognuno può fare quello che gli pare. Dai formate due gruppi, da cinque componenti. Matilde tu osserverai con me”.Samuele: “Sì bello! Senza regole!!”

GiocoI bambini si dividono in due gruppi e cominciano a giocare (è un gioco che conoscono abbastanza bene per cui sanno che il campo è diviso in due zone, con altrettante “prigioni” per i bambini colpiti dalla palla, che potranno liberarsi e tornare in campo, colpendo un bambino della squadra avversaria).

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Dopo circa 5 minuti di gioco la situazione degenera perché Samuele, l’unico ad aver capito di avere la possibilità di trasgredire, non entra in prigione nonostante sia stato colpito. Lorenzo si arrabbia e viene da me. Io gli rispondo che, non essendoci regole, Samuele lo può fare. Lorenzo mi risponde “Ma così non si vince mai”. A quel punto fermo il gioco per parlare con i bambini.

DialogoMaestra: “Allora, Lorenzo è venuto da me e si è lamentato, dicendo che senza regole il gioco non sarebbe finito. Cosa volevi dire Lorenzo?”Lorenzo: “Che se uno non va in prigione, se la squadra colpisce tutti i bambini, ma quelli non vanno nella prigione, la squadra non vince mai, perché i bambini non finiscono”.Maestra: “Siete d’accordo?”In coro: “Sì”Maestra: “Samuele, tu che ne dici? Ti piaceva senza regole?”Samuele: “Sì”Maestra: “Cosa c’è di bello nel giocare senza regole?”Samuele: “Che fai quello che vuoi e puoi imbrogliare”Sharon: “Beh, ma se vinci però non è giusto”Maestra: “Vuoi dire che non è una vittoria meritata?”Sharon: “Sì perché se vinci con le regole allora vinci bene se no è come se perdi”.Maestra: “Hai ragione. Sharon vuole dire che se si gioca rispettando le regole, allora la vittoria è giusta, altrimenti non te la sei meritata, perché hai barato. Siete d’accordo?”.Bambini: “Sì”Maestra: “Allora è meglio giocare rispettando le regole?”Bambini: “Sì”Maestra: “Ed è bene anche rispettare quelle che ci insegnano gli adulti?”Bambini: “Sì”Matilde: “Perché servono”Samuele: “Senza regole è bello ogni tanto”Lorenzo: “Però dopo se ti fai male non andare a piangere dalla maestra o dalla mamma”.Maestra: “Siete stati proprio bravi, mi è piaciuto chiacchierare con voi”.

Seconda lezione: la diversità L’insegnante prosegue nel racconto, presentando la famiglia di Piccolo Blu e spronando i bambini a cogliere la somiglianza di colore fra Piccolo Blu e i familiari.Poi, si accerta che i bambini abbiano memoria del loro colore e dell’andatura scelta durante la prima lezione. Qualcuno ricorda e qualcuno ha bisogno di aiuto (fornito prontamente dagli altri). In seguito propone un gioco denominato “Macchiolina è …”. Un bambino si colloca al centro del cerchio. L’insegnante invita i bambini a elencare una qualità del compagno o della compagna.Maestra: “Allora bambini, proviamo a farci venire in mente una qualità, cioè una cosa bella del bambino che si metterà al centro del cerchio”.Samuele: “Posso io?”Maestra: “Va bene”

GiocoSamuele si siede al centro e – chi vuole, senza nessuna forzatura – può intervenire. Lo stesso vale per la decisione di sedersi al centro. Pensavo che qualcuno non gradisse il fatto di essere giudicato, invece tutti i bambini hanno voluto sentire che cosa pensassero i compagni. Solo in un caso, un bambino ha manifestato la propria contrarietà rispetto al giudizio. Questo ci ha permesso di riflettere sul fatto che tutti noi abbiamo pregi e difetti e tutti siamo “uguali e diversi”.Riporto soltanto una parte del dialogo, quella che a mio avviso è più significativa, rispetto al tema che mi ero ripromessa di trattare.

Al centro c’è Yuri.Simone: “Disubbidiente”Yuri: “No”Omar: “Sì invece”

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Maestra (notando che Yuri si è un po’ risentito): “Ascolta Yuri, tu lo sai di essere un bambino intelligente. Se i tuoi compagni hanno notato questo di te, forse vuol dire che in qualche occasione tu sei stato disubbidiente. Sono sicura però che a tutti i bambini del mondo - e anche agli adulti - capita di esserlo. Chi non lo è mai stato?”.I bambini mi guardano e ridono.Maestra: “Io lo sono stata da bambina e ogni tanto lo sono anche adesso. Non ti devi offendere Yuri. Ora però voglio sentire cose belle su Yuri, perché tutti abbiamo dei difetti, però siamo anche ricchissimi di pregi”.Sharon: “Ride tanto”Nicola: “Gioca bene”Alessandro: “Fa bei disegni”Matilde: “Mi abbraccia”Desiree: “Però tocca sempre le robe degli altri maestra!”Maestra: “è vero Yuri?”Yuri: “Sì”Maestra: “A te dà fastidio quando qualcuno prende qualcosa di tuo senza chiedertelo?”Yuri: “Sì”Maestra: “Forse dà fastidio anche agli altri, che ne dici?”Yuri: “Sì …”Matilde: “A me non mi dà fastidio se uno mi prende la colla. Basta che me la riporta!”Sharon: “No scusa, te lo deve chiedere prima e se te dici di no, lui non la può prendere!”.Maestra: “Allora, la regola dice che è bene chiedere in prestito qualcosa, non è bene invece prendere senza chiedere, hai ragione Sharon. Però questa cosa ci fa capire che siamo diversi. Avete visto, a Matilde non dà fastidio un’azione di Yuri, a Sharon e Desiree invece dà molto fastidio”.Samuele: “Sì è come che a me piace la Kinder al latte e al Simone no”.Maestra: “Eh, già, è proprio così, siamo tutti diversi, però siamo anche un po’ uguali o no?”.Alice: “Sì, perché siamo dei bambini delle elementari”Maestra: “Io no, però sono un po’ uguale anch’io a voi?”Matilde: “Sì a noi femmine, ai maschi no”.Omar: “Eh sì maestra non sei mica un uomo”.Maestra: “È vero. Avete voglia di fare un gioco? La maestra formerà dei gruppi in base a delle caratteristiche. Abbiamo bisogno di un cerchio. Dai gioco anch’io”.

GiocoIl gioco consiste nel dire : “Tutti i bambini con gli occhiali/ Tutti i biondi/ Tutte le femmine/ Tutti i maschi / Tutti quelli con la gonna / Tutti quelli con i capelli corti, ecc. fino a dire Tutti gli esseri umani … nel cerchio.

DialogoMaestra: “Allora, quando ci siamo ritrovati tutti nel cerchio?”Matilde: “Quando hai detto tutti gli esseri umani”Maestra: “C’ero anch’io?”Tutti: “Sì”Maestra: “Chissà come mai, prima avevate detto che potevo stare solo con le femmine …”Omar: “Ma era perché tu non sei mica un gatto e per forza devi stare con noi”.Maestra: “Giusto, se avessi detto Tutti i gatti nel cerchio?”Alessandro: “Non c’era nessuno!”Maestra: “Quindi, siamo tutti diversi l’uno dall’altro, però siamo anche tutti uguali, perché facciamo tutti parte dell’insieme esseri umani, giusto?”Bambini: “Sì!”

Terza lezione: l’amicizia

L’insegnante prosegue nel racconto della storia, presentando ai bambini l’amico di Piccolo Blu, ossia Piccolo Giallo. Poi propone di giocare al “Gioco delle macchioline”, cioè di formare gruppi in base alle indicazioni numeriche date.

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GiocoMaestra: “Formiamo macchie da … 1, da 3, da 4 …”.Dopo circa cinque minuti di gioco, la maestra chiama i bambini a raccolta, sempre seduti a formare un cerchio, e chiede: “Vi è piaciuto questo gioco, macchioline?”. I bambini rispondono con entusiasmo di sì. Maestra: “Era più bello essere tante macchioline insieme o quando eravate in pochi?”Nicola: “Pochi … con l’Ale”.Maestra: “Nicola dice che a lui piaceva di più formare una coppia. Qualcuno invece pensa che era più bello stare tutti insieme nel gruppone da 11?”Matilde: “No meglio in pochi”Simone: “No maestra a me piaceva in tanti!”Maestra: “Come mai Simone ti piaceva di più?”Simone non risponde, allora interviene Sharon, “Perché in tanti è sempre meglio. Se tipo devi fare un lavoro e sei in tanti lo fai prima”.Maestra: “Giusto, si dice che l’unione fa la forza, cioè che fare una cosa insieme ad altre persone ci rende un po’ più forti, diciamo così. Vi è mai capitato?”.Desiree: “Sì quando la mamma pulisce io l’aiuto così finisce prima”Sharon: “Anche quando mettiamo apposto la classe non ci mettiamo tanto perché ci aiutiamo, vero maestra?”Maestra: “Verissimo! Ma non stiamo insieme solo per lavorare, giusto? Anche per divertirci. Da soli ci si diverte?”Samuele: “Nooo”.Matilde: “Io gioco tante volte da sola perché non ho mica fratelli”Sharon: “Io ce l’ho ma è troppo piccolo”.Maestra: “Qualche volta è bello stare da soli, ma non tutto il tempo, se no sai che noia! È bello avere qualcuno con cui parlare, giocare … voi avete una persona con cui state volentieri?”Matilde: “Sì, la nonna”Sharon: “La mamma e la Sofia”Simone: “Il Christian”Lorenzo: “Io non ho nessuno”Maestra: “Non ci credo. Non c’è nessuno con cui ti piace giocare?”Lorenzo: “Ah sì, Yuri. Dicevo che non ho nessuno a casa perché Yuri mica viene se non lo invito e se la mamma dice di no”.Maestra: “Quindi, tutti noi abbiamo delle persone a cui vogliamo bene e con cui ci piace stare. Bambini, questa è l’amicizia! Se dico questa parola, cosa vi viene in mente?”Alice: “La Matilde!”Omar: “Che si gioca insieme, si va in bici …”Alessandro: “Il mio amico più preferito che è il Nicola”.Maestra: “Bene, noi siamo un gruppo di macchioline amiche?”Bambini: “Sì!”Maestra: “Avete voglia di ballare, macchioline?”.Bambini: “Sì!”

GiocoLa maestra spiega il gioco, denominato “Ballo delle macchioline”: i bambini si dispongono a coppie. Un bambino tiene un bastone in mano. Quando parte la musica, il bambino con il bastone si aggira velocemente fra le coppie, scegliendo un bambino a cui dare il bastone per prendere il suo posto. Quando la maestra ferma la musica, il bambino con il bastone in mano dovrà pagare pegno. Dopo circa quindici minuti di gioco, la maestra richiama i bambini.Maestra: “Bene, ballerini, vi è piaciuto danzare?”Bambini: “Sì!”Maestra: “Voglio farvi una domanda molto importante … siete pronti?Bambini: “Sì!”Maestra: “Provate a pensare come sarebbe il mondo senza amici”Samuele: “Brutto!”Maestra: “Siete d’accordo con Sami?”Bambini: “Sì”

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Maestra: “Ma che cosa mancherebbe, se non ci fossero gli amici?”Sharon: “Non c’è più nessuno a farti compagnia”Matilde: “O che ti presta le cose”Alice: “Che ti aiuta a fare i compiti, a disegnare”Desiree: “E poi quando fai la festa per il compleanno, hai lì solo nonni, cugini e non amici”.Maestra: “Avete ragione, il mondo senza amici sarebbe proprio triste. Che colore avrebbe?”Samuele: “Grigio. Il grigio è triste”Sharon: “Come il cielo oggi, che è triste”Maestra: “Già, invece quale potrebbe essere il colore dell’amicizia?”Alice: “Il rosa”Simone:”No, che schifo. Il giallo che è vivace”.Omar: “O il rosso!”.Maestra: “Bene bambini, anche oggi è stato bello chiacchierare con voi. Ora però dobbiamo tornare in aula. Ognuno di voi sceglierà un foglio colorato e sopra potrà disegnare quello che gli viene in mente dicendo la parola amicizia. Macchioline in fila!”.

Quarta lezione: In classe: la trasformazione di sé attraverso l’incontro; come manifestare l’affetto agli altri.In aula.L’insegnante chiede ai bambini di prendere la tempera del colore della loro macchiolina e di versarne un po’ in un piattino (ognuno ha il suo); quindi distribuisce dei pennelli e invita i bambini a dipingere il palmo di una mano del colore prescelto (quello della macchiolina). Poi, quando tutti hanno finito, chiede ai bambini di appoggiare il palmo colorato su quello di un compagno (a loro scelta). I bambini osservano divertiti la trasformazione della loro mano.

Maestra:” Cosa è successo?”Matilde:”Il mio rosa è diventato un po’ scuro”Maestra: “Come mai?”Matilde: “Perché ho toccato Samuele, che ha il verde scuro”Maestra: “Ma quindi cosa è successo?”Sharon: “è successo che il colore è cambiato!”Maestra:” Sapete che una cosa simile è accaduta anche a piccolo Blu e Piccolo giallo? Un giorno si sono abbracciati così forte, ma così forte, da diventare … di quale colore?”I bambini pensano … “Dai proviamo a vedere”La maestra mescola blu e giallo mostrando ai bambini la trasformazione in verde.Maestra: “Diventarono una macchiolina verde e quando tornarono dai loro genitori non vennero riconosciuti e ci rimasero molto male”.Samuele: “E piangono?”Maestra: “Sì, piansero tanto, ma così tante lacrime, da sciogliersi in tante goccioline, di nuovo blu e gialle, non più verdi. Ora laviamoci le manine e prepariamoci per un gioco”.

Azioni motorieLa maestra propone ai bambini di imitare Piccolo Blu e Piccolo Giallo e di stringersi in un abbraccio. I bambini cercano il loro compagno e preferito e cominciano ad abbracciarsi. La maestra li invita a sedersi intorno a lei e chiede:

DialogoMaestra: “ È stato bello abbracciarsi forte?”Lorenzo: “Sì. Yuri mi stritolava”Maestra: “E ti faceva male?”Lorenzo: “Ma no! Lui mi vuole bene, perché siamo un po’ cugini”.Maestra: “Ah. E qualcuno ha provato fastidio nell’essere abbracciato forte?”.Simone: “A me non mi piace se stringono perché mi fa male alla pancia”.Sharon: “E poi se stringi non fai un abbraccio ma fai male!”Matilde: “A me maestra piace, il papà mi abbraccia sempre”Maestra: “Ora proviamo con …”

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Matilde: “Una carezza”Maestra: “Ok, una carezza”I bambini si accarezzano, ridendo. Maestra: “Allora bambini, possiamo manifestare l’affetto per gli altri con dei gesti, ma anche con le parole. Mettiamoci in cerchio e proviamo a dire ad un amico “Ti voglio bene perché …”.

Matilde: “Sharon, ti voglio bene perché sei gentile”.Sharon: “Alessandro ti voglio bene perché mi fai sempre dei disegni”.Alessandro: “Nicola ti voglio bene perché sei bravo”.Nicola: “ Omar ti voglio bene perché fai ridere”.Omar: “Samuele ti voglio bene perché … non lo so”.Samuele: “Io voglio bene a … alla Sharon, perché è gentile”.Yuri: “Io … a Lorenzo! Perché è mio cugino”.Lorenzo: “ Io al Yuri, anche se mi dice sempre che sono lento”.Desiree: “Io … non so. A tutti”.Alice: “Io alla maestra perché è buona”.Simone. “Io alla Sharon, perché è gentile”.

Quinta lezioneI sensi: come è bello riconoscersi!Le emozioniLettura storiaProsegue il racconto: Piccolo Blu e Piccolo giallo tornano dalle rispettive famiglie, che riconoscendoli li accolgono a braccia aperte.Maestra: “Le persone che ci vogliono bene, sanno tante cose di noi … chi mi sa dire cosa significa la parola conoscersi?”Nessun bambino interviene, allora la maestra prova a spiegarsi meglio.Maestra: “Noi ci conosciamo?”Sharon: “Sì bene”Maestra: “Come mai?”Sharon: “Perché veniamo a scuola insieme”.Maestra: “Capito … vi ricordate quando abbiamo fatto il gioco di Macchiolina è, quello che un bambino stava al centro e voi dovevate dire le sue qualità?”I bambini rispondono di sì.Maestra: “Avete detto tante cose belle sui vostri compagni perché vi conoscete, come dice Sharon, perché venite a scuola tutti i giorni. Conoscersi vuol dire allora sapere delle cose dell’altro, cosa pensa, cosa fa …”Matilde: “Che cosa mangia, di preferito”Maestra: “Sì, anche i suoi cibi preferiti … i suoi gusti”Lorenzo: “Tutte queste cose le sa la mia mamma”Maestra: “Eh sì, la mamma ti conosce bene Lorenzo. Saprebbe riconoscerti anche al buio. E voi sareste capaci di riconoscere i vostri amici al buio? Proviamo?”.I bambini rispondono di sì.

GiochiA questo punto l’insegnante propone dei giochi di discriminazione tattile ed uditiva:riconoscimento reciproco del volto (un bambino bendato tocca l’altro per riconoscerlo); riconoscimento della voce (un bambino bendato ascolta un altro dire una parola e prova a riconoscerlo).I due giochi occupano circa mezzora. I bambini si riconoscono con facilità.La maestra li invita a riflettere.

DialogoMaestra: “Allora, avete visto quanto vi conoscete? Sapete come siete fatti e qual è la voce dei vostri amici. Questo è molto bello. Ora concentriamoci su un’altra parola … emozione. Chi sa dirmi cosa significa?”Simone: “Io non lo so”Samuele: “Neanche io”Maestra: “Allora qualcuno mi sa dire che cosa vuol dire emozionato?”

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Sharon: “Io! Agitato”Desiree: “Anche felice”Maestra: “Piccolo Blu, quando ha rivisto i suoi genitori, era emozionato?”.Tutti: “Sì”.Maestra: “Dai, raccontatemi un giorno in cui avete provato una bella emozione”Matilde: “Io! Quando la mia mamma e il mio papà si sono sposati … ero emozionata”Maestra: “E come ti sentivi?”Matilde: “Felice”Maestra: “Altri racconti?”Sharon: “Quando è nato il mio fratellino”Samuele: “Quando Babbo Natale mi ha portato la Play”Lorenzo: “Io ero emozionato quando sono venuto a scuola perché pensavo che era brutto”Maestra: “E tu Omar?”Omar: “Non so”Maestra: “Alice?”Alice: “Boh … quando sono andata al battesimo della Simona, mia cugina”.Maestra: “Insomma, le emozioni ci fanno sentire bene. Ma, secondo voi, esistono anche emozioni che ci fanno male?”Matilde: “Sì. Tipo la paura”Maestra: “Già, la paura è un’emozione. Altre?”Alessandro: “Quando piangi”Maestra: “Quando piangiamo, siamo … ?”Samuele: “Tristi!”Maestra: “Paura, tristezza … e cosa succede quando qualcuno ci fa un torto?”Nicola: “Ci arrabbiamo e facciamo così” (fa la faccia arrabbiata).Maestra: “Gioia, tristezza, paura, rabbia … quante emozioni! Facciamo un gioco. Ora la maestra dirà un’emozione e voi dovrete fare la faccia che corrisponde a quell’emozione, tipo arrabbiata, felice … capito?”. I bambini dicono di sì.

GiochiLa maestra dice: Tante macchioline … arrabbiate, tante macchioline felici … tante macchioline paurose, ecc. Poi propone un gioco simile: un bambino precedentemente uscito dalla classe, vi fa ritorno manifestando con il volto uno stato emotivo che gli altri devono riconoscere.I bambini associano con facilità la mimica facciale alla rispettiva emozione.

Proposta operativaLa maestra propone di costruire:

un cartellone, che sintetizzi i contenuti delle esperienze vissute. Ogni bambino accanto alla sua macchiolina disegnerà il suo viso caratterizzato dall’emozione che preferisce. Infine, utilizzando la carta velina del loro colore, i bambini ritaglieranno una forma irregolare che ricordi il disegno di Piccolo Blu. Potranno poi sovrapporle a quelle dei compagni per osservare il cambiamento di colore. Tutte le “macchioline” di carta saranno incollate sul cartellone simboleggiando con un girotondo, l’amicizia che li lega.

Un libricino che racconti la storia di Piccolo Blu e Piccolo Giallo (sempre utilizzando la carta velina).

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CESTARO

Scriveva Platone nel Teeteto: “È proprio del filosofo essere pieno di meraviglia”. 37

Questa registrazione è tratta da uno degli incontri che ho sostenuto come esperta esterna nella scuola elementare “Ghandi” di Rovereto nel 2007, per un progetto di scrittura creativa da me ideato di circa 12 incontri. L’ incontro dura circa 3h. Il tema dell’ incontro è l’autunno. Per questo incontro ho preparato un sussidio composto di poesie sull’autunno tratte da antologie letterarie, immagini di dipinti famosi, foglie pressate, tempere e cartelloni, strumenti musicali provenienti da varie parti del mondo, stralci di saggi sulle feste autunnali così come interpretate nel folclore, nella storia e nel mito.NB: I puntini (………) individuano i tagli nella trascrizione della registrazione.

“ Anima Natura”Oggi ho proposto ai bambini di addentrarci nel mondo dei colori autunnali.Avremmo prima però dovuto ricrearne mentalmente l’atmosfera…….ogni bimbo di conseguenza ha elencato tutte le parole che gli ricordavano l’autunno , i suoi colori , i suoi profumi. Da qui avremmo tratto i primi spunti di riflessione e lo stimolo per le nostre future avventure scrittorie rocambolesche.

I bambini a turno: Castagne – melograno – foglie secche - inizio scuola – animale in letargo – alberi spogli – pioggia – uva – letargo – cachi – freddo – sole tiepido – halloween – foglie rosse – giallo – verde – pigne – frutta secca – marrone – cadono le foglie – maglione – vento – funghi…………Maestra: Benissimo guardate quante immagini autunnali ci vengono in mente!B: Si abbiam proprio detto tutto.M: Io credo di no, il mondo dell’autunno è così grande e pieno di piccole cose che anche se non vediamo ci sono….forse è meglio andare a scoprirle più da vicino. Come possiamo fare?B: guardiamo un video.M: Ma non c’è dentro tutto l’autunno, il nostro che vediamo ogni giorno, magari c’è quello in montagna o quello in America, chissà cosa ha ripreso il regista…..B: Guardiamo dalla finestra!M: Ma ci perderemo tutti i suoi profumi e rumori.B-B-B: Siiiii, andiamo in giardino!M (sottovoce): Su, zitti zitti mettete le giacche e in fila silenziosi!Scendo con la classe in giardino, munita di quadernetto per annotare le osservazioni degli alunniM: ora sediamoci sul prato in cerchio e stiamo zitti zitti in ascolto.Dopo pochi minutiM: Allora sentito qualcosa di nuovo?B: io ho sentito gli uccellini.B-B-B: anch’io anch’io!M: ah che uccellini?Che verso hanno fatto?B: non li ho visti.……………………………………..M: Allora proviam ad ascoltare di nuovo…ora ditemi …B: uno faceva chak chakB: uno faceva piu piuB: io ho sentito cra craB: io mi pare faceva fiù fiufiu fiùB: io ho sentito il toc toc delle foglie che cadono a terraRipropongo l’attività facendo osservare i colori autunnali, i profumi autunnali ed eventuale fauna di passaggioM: secondo voi albero e foglie son due organismi distinti o l’uno fa parte dell’ altro?B: sono distintiB: no la foglie fa parte dell’albero come i capelli per la testaB: si infatti anche io ogni tanto perdo i capelli

37 MONTESARCHIO P., La metafisica dei bambini paragonata a quella degli adulti, Morlacchi Editore, Perugia, 2003, p. 9.

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B: è vero nella vasca da bagno……………………….M: bravi, ora io vorrei farvi vedere che anche il vostro corpo è un’ unico organismo stupendo, e che quando ne uso anche solo una piccola parte, in verità c’è tutto me stesso che si muove per fare quell’azione.M: bene ora che abbiamo osservato le foglie nel suo lento e sinuoso cadere nel vento, proviamo a pensare di essere foglie e danziamo con esse.

GIOCO 1 Partiamo da una posizione neutra, chiudiamo gli occhi, ci concentriamo, prima mimiamo il movimento della foglia con un dito, poi con le dita, poi iniziam ad articolare i l polso, poi le mani, poi aggiungiamo le braccia , poi le spalle, poi la schiena, poi la testa, poi le gambe…Il gioco consiste nel muovere un segmento corporeo alla volta e consecutivamente, come se il più piccolo(ad es il mignolo) fungesse da motore propulsore per il movinto dell’ intero organismo. Quando si stanno muovendo tutte le parti del corpo chiedo ai bambini di fermarsi in una forma e osservarla e provare a pensare alla plasticità con cui sono riusciti a spostarsi. Con lo stesso meccanismo ci riportiamo in posizione neutra. .Dopo di che rientriamo in classe.

M: Vi è piaciuto?B: moltissimo!M: come vi siete sentiti a far la danza delle foglie?B: beneB: sentivo tutto il corpo che scricchiolavaB:mi sembrava che ogni pezzo che muovevo fosse staccato e poi attaccato a tutto il corpoB: io ho dovuto concentrarmi tantissimoM: molto bene, infatti spesso noi usiamo le mani per scrivere, i piedi per giocare a palloneB: la bocca per mangiareB:gli occhi per vedereM: Oh si, ma in realtà tutto il nostro corpo si muove, quando gioco a calcio, per esempio, i piedi colpiscono il pallone, le gambe orientano il calcio, la schiena e le braccia mi danno l’equilibrio, la testa sorregge gli occhi per farmi vedere il campo, la bocca mi permette di far uscir la voce per interagire con i miei compagni, la mente mi serve per trovare la strategia giusta per far goal. Tutto il mio corpo sono io , non c’è una parte più bella o più importante, tutto si muove e pensa insieme.B: è vero, si come quando mi lavo i denti, la mano tiene lo spazzolino, il braccio va su e giù per pulirli, con i piedi posso star davanti al lavandino e con il cervello so come li si lava.M: E l’albero e la foglia sono diversi?B: nooooooooooo! Fan parte della stessa pianta.M: e allora perché le foglie si staccano?B. anch’io sono una foglia in viaggio?M: che bello spunto, o meglio metafora. Sirine, se volessimo paragonare la Tunisia ad un grande albero, tu saresti come una foglia che si stacca e se ne va, ma questo nella realtà non è vero perché tu puoi tornare al tuo albero quando vuoi.M:Ora pensiamo un po ai rumori dell’autunno, erano pochi o tanti?B: tantissimi.M: ce li ricordiamo? Se me li fate sentire, io so dirvi a che cosa appartengono.B: ciak ciakM: è la cincia, un uccellino simile al passero, ha ali grige, il petto bianco e un bel ciuffo rosso sulla testa. Lo avete ancora visto?B: Si , io l’ho vista fuori.B: No ma ora che lo so controlloM: avete l’orecchio attento. Bravi. Ora facciam un bel gioco.

GIOCO 2Fase1Distribuisco ai bambini: scatole di carta, semi, barattoli di latta, rotoli di cartone degli asciugatutto ecc. Chiedo l’oro di provare a costruire degli oggetti sonori.Fase2

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Oltre agli oggetti che hanno costruito loro, distribuisco ai bambini anche legnetti, ulukele, pagine di giornale, barattoli contenenti semi, zufoli ecc, chiedo loro di fare una breve ricognizione acustica e scegliere quelli che più somigliano ai rumori che hanno sentito. Dopodiché si andrà a rappresentare l’orchestra dei suoni dell’autunno.M: I rumori si sentivano tutti assieme?B: NoM: quand’è che si sentivano?B: ogni tanto uno.B: solo due insieme………..M: eran tutti forti uguali o ce n’eran di più intensi e di meno intensi?M: Bene, ora noi suoneremo la melodia dell’autunno. Ognuno di voi ha un suono, che dovrà far suonare quando io glielo indico.I bambini ricreano l’orchestra dell’ autunno, ogni suono ha un suo ritmo e un’ intensità variabile, indicati dall’ insegnante. A turno poi i bambini si cimenteranno in maestri d’orchesta. Finito il gioco, registriamo e riascoltiamo il nostro elaborato ad occhi chiusi.B: I suoni del bosco però eran più belli.M: è vero! La bellezza e la particolarità dei suoni naturali sono incommensurabili e pensate non c’è nessun maestro d’orchestra a dirigerli.………………………………………………………………GIOCO 3M: ora vi rifarò ascoltare la melodia che abbiamo creato, darò ad ognuno di voi un foulard con i colori delle foglie autunnali, voi vi muoverete nello spazio liberamente seguendo i miei comandi.I bambini vengono fatti camminare, a passi grandi, piccoli, veloci, si sperimentano andature, l’equilibrio, la plasticità di tutte le parti del corpo, si esplora lo spazio…..Ripropongo l’attività a gruppi di tre con i foulard, nella quale ad ogni suono scelto si assocerà l’immobilità in una forma corporea.

GIOCO 4Ricopro una regione abbastanza grande di cartelloni e li fisso al pavimento con lo sckotc. Ripropongo l’ultima parte del gioco 3 con la variante per cui le forme corporee in cui i bambini si immobilizzeranno, verranno delineate sui cartelloni, tracciando il contorno del bambino immobile con pennarelli colorati. Né è scaturito un grande quadro di espressione corporea molto suggestivo. Su di esso riflettiamo sulla bellezza del corpo e delle sue forme, comprendiamo l’ importanza del concetto di qualità e non di quantità nelle abilità e caratteristiche di ognuno.

GIOCHI VARIPropongo poi attività sui colori (dipinti di macchie, collage di foglie pressate), sui frutti (buona alimentazione con i frutti di stagione), sulle parole (lettura e creazione di poesie; rappresentazioni drammatizzate delle feste autunnali)

Alcuni spunti di riflessione:

L’autunnoI cicli stagionaliI segmenti corporeiMente corpo un unico organismoIo e l’altroL’empatia e la collaborazioneLa bellezza della natura e la biodiversitàIl rispetto per ogni forma di vitaI diritti animaliVivere eticamente

Alimentarsi con i prodotti stagionaliConsumo consapevoleLa musica e la musicalitàL’intensità e il ritmoIl ritmo delle stagioniLa morteLa rinascitaIl viaggioIl tempoLe festività agresti nelle varie cultureLe festività agresti tra folclore e religione

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CORRADI

PRIMA ATTIVITÀ

I bambini devono separarsi in due squadre e la divisione lascio che sia una loro scelta. Ovviamente loro tendono a raggrupparsi in base alle amicizie, ma soprattutto tendono a dividersi in abili a giocare e in meno abili. Non dico nulla e lascio che siano loro a decidere come formare le due squadre. Esse sono così formate: Paolo, Fabio, Arianna, Eleonora e Greta formano la squadra Rossa, mentre Giulia, Giorgia, Alice, Nicola e Marzio costituiscono la squadra Blu. Il primo gioco consiste in un percorso che deve essere portato a termine da tutti gli elementi della squadra. Quando un bambino arriva alla fine del percorso (aggirando il cono), torna di corsa alla propria squadra e quando tocca la mano del compagno, quest’ultimo può partire. Il percorso è così strutturato: Le squadre sono disposte dietro una linea di partenza marcata con un nastro adesivo colorato. Il percorso ha inizio con una serie di dieci cerchi disposti a coppie di due, nei quali i bambini dovranno correre ponendo un piede in un cerchio e l’altro nel cerchio a fianco. Proseguendo nel percorso sono disposti cinque coni che devono essere percorsi a zig-zag. Dopo i coni è posizionato un tappeto sul quale bisogna fare una capriola e al termine di questo i bambini devono passare sotto cinque ostacoli, gli ultimi dei quali sono più bassi rispetto ai primi. Subito dopo sono collocati altri dieci cerchi. Infine è presente un cono che deve essere aggirato per poter effettuare il ritorno alla propria squadra.

GIOCO: per questo gioco viene lasciata più o meno una quindicina di minuti fra la spiegazione, la formazione delle squadre e lo svolgimento effettivo del gioco.

PERCORSO DELLE DUE SQUADRE

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PRIMA RIFLESSIONE:

Al termine del gioco ai bambini viene chiesto di mettersi in cerchio e riflettere sull’attività svolta.

PRIMA DEL TERMINE DEL GIOCO:Elena: quanti ne mancano di qua? Voi due? (riferita ai membri della squadra rossa)Fabio: siiiPaolo: siiiiElena: Qui chi manca? (riferita ai membri della squadra blu)Giorgia: la Giulia!Elena: Solo la Giulia?Marzio: no, è lì la Giulia … Si si, solo la Giulia che sta facendo adessoBrusio di bambini che giocano

Squadra blu: vintooooooooooo Elena: vinto?Squadra blu: eeeeeeeee … SiiiiiiiiiiiiiiiElena: è sì, è proprio vero, avete finito tutti quanti! Allora vince la squadra blu!!!Giorgia: e basta Paolo, non puoi più far niente, tanto abbiamo già vinto noi!Paolo: è lo stesso. Io continuo perché mi piace il materasso. Non mi interessa se avete vinto voi.Elena: tutti fermi allora! Bene, venite qua in mezzo … Venite tutti qua in mezzo … TuttiGreta: ciuppa, ciuppa …Tutti: ahahahahahahaElena: facciamo una piccola riunione …Nicola: belloElena: dai su, tutti seduti in cerchio …Giorgia: Elena dove è la tua bambina?Elena: l’ho lasciata a casa oggi con mia mammaGiorgia: e chi è ? Elena: la nonna della Giulia (parlano della figlia di Elena)Elena: va bene, ci siamo tutti … Valentina …

RIFLESSIONE DOPO IL GIOCO:Io: allora bambini, vi siete divertiti?Tutti: sssiiiiiIo: vi è piaciuto il gioco che abbiamo fatto?Tutti: siiiiNicola: a me tantissimissimissimo! Anzi mille volte tanto!Io: bene, sono proprio contenta, allora ti sei proprio divertito!Nicola: si tanto!Io: e mi sapete dire quale è la squadra che ha vinto?Giulia e Nicola: io!!!Io: ma come “io”? non hai vinto grazie a tutta la tua squadra?Nicola: si è vero! Allora abbiamo vinto noi blu!Giorgia: si è vero, abbiamo vinto noi blu!Io: e mi sapete dire perché hanno vinto i blu e non i rossi?Arianna (della squadra rossa): perché loro hanno fatto più attenzioneNicola: noi siamo stati più veloci e bravi!Io: e poi? Giulia: poi …Alice: poi … Perché eravamo tutti di secondaIo: allora eravate divisi nelle squadre in base alle classi?Nicola: no, non è vero! Oggi ce n’è solo uno di prima. Il Fabio è di prima e poi siamo tutti di secondaAlice: è vero, mi sono sbagliata, siamo tutti di seconda.Io: allora le squadre sono giuste ed eque.

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Paolo: abbiamo perso perché da noi la Eleonora ha sbagliato a fare la capriola e non ci riusciva. Non era capaceIo: bisogna essere bravi a fare la capriola per vincere questo gioco?Paolo: si!Giulia: no, non bisogna essere per forza bravi a fare la capriola, però se si fa la capriola è meglio e si fa vincere la squadraNicola: io la so fare la capriola. L’ho fatta bene e la Sabrina non mi ha aiutatoIo: bravi. Ma come vi siete sentiti quando avete vinto?Giorgia: basta essere veloci e si vinceIo: bravi. Ma come vi siete sentiti quando avete vinto? Chi è che fa parte della squadra che ha vinto? Parlate uno alla volta. Marzio dimmi …Marzio: io beneNicola: io stra benissimissimo!Giorgia: io tutto. Bene!Nicola: no, mille volte mi è piaciuto tanto!Giulia: bello!Alice: sono contentissimaIo: e chi ha perso, come si sente?Paolo: non mi piaceFabio: un po’ così-cosìGreta: io mi sono divertita lo stesso. Mi è piaciuto anche se ho persoAlice: è vero. Perché non bisogna sempre vincere, ma basta divertirsi. Poi anche se si perde è lo stesso.

Io: bravissima Alice, hai capito lo spirito del gioco. Allora adesso vi propongo un altro gioco. Tutti: siiiiiiiiiiiiiIo: le squadre rimangono le stesse di prima e anche i percorsi restano uguali. C’è solo una differenza. Vi ricordate le squadre di prima?Tutti: siiiNicola: si e poi se uno si dimentica, basta guardare questo! (e fa vedere il braccialetto blu al polso)Io: benissimo. Adesso dividetevi nelle due squadre e due bambini per ogni squadra si tolgono il braccialetto colorato che vi ho dato all’inizio per distinguere le squadre. Va bene? Ok, dividetevi. Dei blu chi toglie il braccialetto?Giorgia: ma possiamo tenerlo lo stesso?Io: si, potete tenere il braccialetto in tasca. Chi lo toglie dei blu?Alice: io. Lo tolgo io il braccialetto.Marzio: io non ce l’ho più. Si è rotto.Io: è lo stesso Marzio. Allora facciamo che tu sei l’altro della tua squadra che non ha il braccialetto. Dei rossi invece chi lo toglie? Paolo: io non lo voglio più il braccialetto.Io: allora Paolo e Fabio di tolgono il braccialetto rosso.Paolo e Fabio: va bene!Io: ecco fatto. Bene. Adesso la regola nuova del gioco è questa: i bambini che non hanno più il braccialetto al polso quando finiscono il proprio percorso non tornano nella fila da dove sono partiti, ma si mettono in coda nell’altra fila. Va bene? I bambini che, invece, hanno al polso ancora il braccialetto, quando finiscono il proprio percorso ritornano in coda alla fila che hanno lasciato. Tutto bene? Avete capito? Chi ha capito alzi la mano.Giulia: Valentina, io non ho capito.Io: va bene Giulia. Chi ha capito?Marzio: io (e alza la mano)Io: dai marzio, prova a spiegare la nuova regola alla Giulia. Marzio: allora. Devi fare il percorso e quando finisci tutto vai nella tua squadra se hai il braccialetto. Io: e poi? C’è qualcos’altro, sennò il gioco è uguale a prima. Cosa fa chi non ha il braccialetto?Greta: io lo so. Ho capito. Chi ha il braccialetto e parte di qua (indica il percorso della squadra rossa), quando finisce torna di qua (indicando di nuovo il percorso della squadra rossa). Chi non ha il braccialetto fa il percorso di qua (indica il percorso della squadra rossa) e quando finisce però va là (indica il percorso della squadra blu).

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Io: perfetto. Tutto giusto!Giulia: ah si, adesso ho capito. Io ho il braccialetto. Io devo andare nella mia fila quando finisco.Io: esattamente. Allora squadre, siete pronte per ricominciare a giocare? Tutti: sssiiiiiiiiiiii giochiamo!!Elena: squadra blu alla partenza, squadra rossa al suo posto! Giulia, tirati su, cammina bene, non sei un cagnolino!Giulia: ah ah ahElena: allora facciamo una prova:Nicola: okElena: chi ha il braccialetto al polso finisce il percorso e torna dietro la sua fila. Chi non ha il braccialetto, invece, va dietro la fila degli altri. Questa volta poi i cerchi li attraversiamo con i piedi uniti e saltando e non più un cerchio per piede come prima. Va bene?Tutti: va bene!Elena: si parte allora, pronti, partenza e via!!!! E così dopo una brave riflessione comincia il gioco successivo.

Al termine della prima attività, durante il momento della riflessione, sono stata colpita da alcune riflessioni e in modo particolare dalle affermazioni di Greta e Alice le quali dicono rispettivamente: “Io mi sono divertita lo stesso. Mi è piaciuto anche se ho perso” e “E’ vero. Perché non bisogna sempre vincere, ma basta divertirsi. Poi anche se si perde è lo stesso”. Sono due frasi che mi hanno colpito perché i bambini sono ancora piccoli e non credevo pensassero già in termini di divertimento e felicità globale e astratta, ma pensavo che fossero ancora legati al divertimento e alla felicità immediati, dati da una gratificazione egocentricamente intesa. Invece, Greta si è divertita e per questo era felice, nonostante avesse perso. In realtà alle loro affermazioni i bambini non hanno risposto, né smentendo la sua posizione, ma nemmeno dandole ragione, come invece mi sarei aspettata. Il giorno prima tutta la squadra di mini-volley aveva partecipato ad un torneo contro altre sette squadre. L’allenatrice, prima di cominciare il gioco, mi aveva spiegato che il giorno prima aveva più volte ripetuto ai bambini di divertirsi e che lo scopo della giornata non era vincere, ma partecipare e imparare cose nuove dalle altre squadre. Forse questo fatto ha influenzato il pensiero di Greta e Alice, che ricordandosi della giornata precedente hanno imparato a pensare positivo.L’interiorizzazione di pensieri, concetti, regole e valori, infatti, rimane impressa più a fondo e risulta molto più duratura, se viene trasmessa attraverso il gioco, le attività o comunque l’esperienza diretta del bambino. Secondo quanto affermava lo studioso Dewey, l’esperienza ha un ruolo fondante nella costruzione dei processi di pensiero così come la dimensione culturale e sociale dei dialoghi, che attraverso il confronto diretto e il conflitto psico-sociale, portano alla formulazione di nuovi pensieri, ideali e valori. L’esperienza riflessiva, nel mio caso comunque non particolarmente brillate, nella fattispecie risulta molto efficace per il mantenimento di certi pensieri nel tempo. La riflessione, infatti, permette di soffermarsi per un tempo prolungato su dei pensieri o meccanismi che altrimenti si tenderebbe a lasciare da parte, a dare per scontati. E sarebbe proprio una situazioni di questo genere che porterebbe alla formazione di pregiudizi, stereotipi e pensieri sbagliati. Questi ultimi sono quelli che in educazione all’affettività vengono definiti come atteggiamenti. Muovendomi su questa linea di pensiero, ho provato poi a sollecitare una discussione un po’ più attiva, ma i bambini non collaboravano molto e avendo più che altro voglia di muoversi e giocare. Così, dopo una breve pausa in cui i bambini hanno cominciato a parlare e divagare, ho ripreso il controllo della situazione e ho proposto loro di fare un nuovo gioco. A quest’idea tutti si sono rivelati molto curiosi e sono rimasti in un relativo silenzio, che mi ha permesso di spiegare loro le nuove regole del gioco. La spiegazione non era delle più semplici. Infatti poiché non tutti i bambini dovevano seguire il nuovo regolamento, c’è stata un po’ di confusione nel comprendere ciò che avrebbero dovuto fare. Giulia non aveva capito la mia spiegazione, mentre invece, Marzio aveva capito per metà. L’esempio pratico di Greta, però è riuscito poi a chiarire la nuova attività e così si è potuto cominciare.

SECONDA ATTIVITÀ:

SPAZI: palestra.PERSONE COINVOLTE: 10 bambini, l’allenatrici di mini-volley Elena ed io.

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MATERIALI: nastrino rosso e blu per segnare le squadre, attrezzature da palestra come cerchi, materassi, coni e ostacoli.

OBIETTIVO: far comprendere ai bambini che un gioco è bello e divertente anche quando non esistono squadre e che tutti i bambini sono importanti per la propria squadra, siano essi più o meno abili nel gioco. Per divertirsi non è necessario vincere, ma partecipare. Questo è il messaggio che mi piacerebbe passare ai bambini, visto che l’allenatrice di mini-volley mi ha spiegato che quando durante gli allenamenti arriva il momento di dividersi in squadre, i bambini tendono sempre a dividersi in due gruppi: quello dei bravi e quello dei meno bravi.

SVOLGIMENTO: dopo aver riflettuto assieme sul gioco appena fatto, spiego alle due squadre, che rimangono le stesse del gioco precedente, la nuova attività. Essa differisce dalla prima per un unico aspetto: due membri di entrambe le squadre si tolgono il braccialetto di riconoscimento e lo mettono in tasca. Questi, quando finiscono il percorso arrivando al cono, non devono tornare e mettersi in coda alla fila da cui sono partiti, ma si devono mettere in coda alla fila dell’altra squadra. Chi invece, ha ancora il braccialetto al polso gioca esattamente come in precedenza.

GIOCO: anche in questo caso per il gioco, ai bambini, viene lasciata una quindicina di minuti.

SECONDA RIFLESSIONE:

Alla fine del gioco ai bambini viene chiesto di mettersi nuovamente in cerchio e riflettere sull’attività appena svolta e di compararla con l’attività precedente.

PRIMA DEL TERMINE DEL GIOCO:Elena: 10, 9 , 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1 … stooopSabrina: fermi tutti! Tempo finito!Elena: tornate tutti qui. È finito il tempo. Eleonora: chi ha vinto?Io: non lo so, adesso ci mettiamo qui in cerchio e vediamo.Nicola: guarda che bravo che sono.Sabrina: Nicola dai vieni qua, dai che ti fai anche male. Vieni … Nicola!Elena: Nicola!Sabrina: Greta, lascia stare che mettiamo via dopo le cose. Arianna, vieni qui!(quando tutti sono seduti in cerchio)

RIFLESSIONE DOPO IL GIOCO:Io: ditemi un po’ … Vi è piaciuto questo secondo gioco? Paolo: si tanto, assomigliava al primo peròAlice: è vero. Però è bello lo stessoIo: avete notato qualche differenza?Marzio: si, era più difficile perché io ero senza braccialetto e dovevo pensare ogni volta dove andare e mi sono anche sbagliato una volta. E sono andato di nuovo nella mia squadra e invece dovevo andare dall’altraIo: è vero, era un po’ più complesso come gioco. Ma sempre bello … Chi sa dirmi chi ha vinto questa volta?Nicola e Greta: bluPaolo: noi abbiamo vinto.Giorgia: no noiGiulia: è vero abbiamo vinto di nuovo noiIo: ma ne siete proprio sicuri??Tutti (sia i membri della squadra blu che della rossa): siii!!!Io: ma siete proprio sicuri sicuri? Che colore ha vinto? I rossi o i blu? Chi pensa di aver vinto si guardi il braccialetto. Nicola: io sono blu e ho vintoGiorgia: anche ioFabio: io però ho vinto perché ero con loro (indicando alcuni membri della squadra blu). Ma però io sono ... io ho il braccialetto rosso.

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Io: bravissimo. Avete sentito? Fabio ha detto una cosa molto importante. Ha detto che, anche se era un elemento della squadra rossa all’inizio, ha vinto anche lui con la squadra blu. Giorgia: hanno vinto i blu, ma c’era anche un rosso nella squadra e era il Fabio. Io: Allora chi ha vinto?Giorgia: abbiamo vinto tutti e due!Io: si esatto! Avete vinto tutti e due insieme! E adesso?Paolo: allora siamo 1 a 1. Giorgia: e no, siamo noi a 2 e loro a 1 se abbiamo vinto tutti. Ah, però vabbè è lo stesso.Io: quindi come vi sentite?Elena: c’è qualcuno che ha vinto e che ha perso?Tutti: adesso no!Elena: e come vi sentite? C’è qualcuno di triste? O siete tutti felici?Nicola: io felicissimissimissimsiiimo!Io: tutti quanti felici? Anche chi è della squadra rossa?Tutti: siiiArianna: si. Penso che sono felice anche io. Ho vinto e sono della squadra rossaElena: e allora, cosa avete imparato da questi giochi? Che non è importante vincere e basta Alice: no. È vero. È importante partecipare e divertirsi! Si si è vero!Sabrina: anche ieri è stato così? (il giorno prima i bambini avevano partecipato ad un torneo di mini-volley con altre squadre trentine)Tutti: siiiElena: e infatti ieri è stato molto bello e ci siamo divertiti, anche se non abbiamo vinto tutte le partite. E di sicuro la prossima volta sappiamo che ne vinceremo di più di partite, ma anche se non ne vinceremo, sapremo che ci siamo divertiti! Giusto? E anche oggi è così.Alice: si è vero. L’importante è partecipare. Ce lo ha detto la Elena ieri e anche la Sabrina che è importante divertirsi e non vincere!Io: allora vi è piaciuto il gioco? Di più il primo o il secondo?Alice: Non so Giorgia: il secondoIo: il secondo? Quello con le squadre mescolate?Giorgia: penso di si. Era bello giocare e non pensare a vincereIo: sapete dirmi le differenza fra il primo e il secondo gioco?Marzio: il primo tutti facevano il percorso uguale e nel secondo noAlice: è vero. Nel secondo gioco io dovevo andare nella fila degli altri dopo la fine del percorsoIo: avete notato altre differenze?Paolo: c’era i rossi nella squadra blu e i blu dai rossiIo: e quindi?Paolo e marzio: siamo tutti mescolati!Io: esatto. Quindi durante il primo gioco le squadre erano ben divise e giocavano per vincere, mentre nel secondo gioco avete notato anche voi che non esistevano più le squadre divise, ma che tutti eravate assieme. Nel primo percorso quindi eravate …?Alice: in gara. Dovevamo vincereFabio: ma io ho persoIo: nel primo gioco una delle due squadre ha persoFabio: si la miaIo: nel primo gioco allora i rossi hanno perso … Tutti: siiiIo: e nel secondo gioco?Tutti: vinto!! Paolo: abbiamo vintoIo: e nel primo gioco i blu hanno …?Tutti: vintooooo!!!!!!!!Io: e nel secondo gioco i blu hanno …?Tutti: vintoooo!!Io: e allora quel’è la differenza più grande fra i l primo gioco e il secondo?Giorgia: io nel primo ho vinto e anche nel secondo

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Alice: la differenza è che abbiamo vinto tutti nel secondo e nel primo solo noi blu!Io: bravissimi! Avete capito! E allora ditemi un po’: nel primo gioco c’è stato chi era felice perché ha vinto e chi era triste perché ha perso. E nel secondo gioco allora?Alice: tutti felici! Tutti hanno vinto!Greta: ma io ero contenta anche prima. Perché mi sono divertita. Volevo vincere anche io con la squadra rossa, però abbiamo perso. Ma è lo stesso perché il gioco mi è piaciuto tanto tanto!Io: bene, Greta, sono proprio contenta di quello che hai detto. Io credo che sia bello giocare, vero?Tutti: siiiiiIo: però alcuni giochi rendono alcuni bambini tristi e altri felici. Cosa dobbiamo fare allora?Marzio: dobbiamo fare i giochi dove tutti sono contentiIo: ma è difficile trovare questi giochiMarzio: è vero. Come si fa allora?Greta: si gioca come oggi tutti insieme e senza squadre. Le squadre litigano sempre. Paolo: ma no che non si può! Io voglio le squadre perché mi piace correre e vincere! Se non ci sono più le squadre come si fa a giocare a calcio? E pallavolo? Poi non possiamo fare più i tornei come ieri con la Elena e la Sabrina!Io: e allora come facciamo? Ha ragione Greta perché bisognerebbe che tutti fossero felici quando giocano, ma ha anche ragione Paolo quando dice che non si possono cancellare tutte le squadre.Arianna: ma … Eleonora: mmm … non lo soMarzio: basta non arrabbiarsi!Io: secondo me ha proprio ragione Marzio. Bisognerebbe cercare di non arrabbiarsi. E di divertirsi.Paolo: ma è difficile perché io voglio vincere!Greta: io volevo vincere, ma ho perso. Però mi sono divertita Paolo!Io: penso proprio che bisognerebbe fare come la Greta. Le squadre non si possono eliminare del tutto Greta, però si può giocare senza arrabbiarsi come ha detto Marzio. Essere un po’ competitivi è bello, ma sempre rispettando gli altri. Quando giochiamo come abbiamo fatto oggi ci divertiamo, sia che giochiamo con le squadre, sia che giochiamo senza … vero?Greta: si si è vero!Alice: mi sono divertitaNicola: anche io!!!Io: bene, visto? Paolo ti sei divertito anche a giocare senza squadre? Paolo: siIo: allora prima di cominciare il prossimo gioco vi dico un’ultima cosa: quando si gioca e si vince è importante non prendere in giro la squadra che ha perso, perché qualche bambino ci può restare male. Ma è anche importante che chi perde si sia divertito. Giusto? E per non rovinare tutto bisognerebbe non arrabbiarsi e giocare sempre prima di tutto per divertirsi e non per vincere. Tutti: siiiiiiiiii

TERZA ATTIVITÀ:

SPAZI: palestra.

PERSONE COINVOLTE: 10 bambini, le allenatrici di mini-volley Elena ed io.

OBIETTIVO: lasciare i bambini liberi di esprimere la propria creatività nella disposizione di un nuovo percorso; avviare in loro l’attitudine al dialogo e alla negoziazione quando vengono decise le nuove regole del gioco; sviluppare il pensiero spaziale durante la disposizione teorica degli attrezzi e la capacità di collocare gli oggetti nello spazio38, durante la fase di predisposizione del nuovo percorso.

SVOLGIMENTO: i bambini si siedono in cerchio e cominciano a discutere fra loro su come impostare il nuovo percorso, che da soli inventeranno e poi disporranno nello spazio della palestra. Io ascolto e disegno

38 Dispensa del corso di Edilizia scolastica: organizzazione dell’ambiente educativo. Sezione da 0 a 6 anni. Materiali per un progetto di continuità educativa.

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su un foglio il percorso che decidono di fare, in modo tale che poi non si dimentichino quello che hanno deciso.

TERZA RIFLESSIONE

SPIEGAZIONE DELL’ATTIVITÀ Io: per questa ultima attività rimaniamo ancora un attimo in cerchio. Quando siete arrivati, avete trovato un percorso già costruito da me e dalla Elena e dalla Sabrina. Vi siete divertiti, questo sì, ma secondo me vi divertirete di più adesso. Avete voglia di costruire un percorso voi?Tutti: siiiiiiiiiii Nicola: bello! A me piace costruire! A casa faccio sempre le costruzioni di percorsi per le macchinine!Paolo: si, wow!Io: bene. Allora vi spiego solo una cosa. Dovete utilizzare gli attrezzi che abbiamo usato fino ad adesso e costruire un percorso tutti insieme. Noi tre (e indico me, Elena e Sabrina), vi aiuteremo solo a spostare i tappeti rossi, che sono pesanti e semmai a disporre alcune cose per il percorso. Chi ha capito alzi la mano.Tutti: io!Io: bene bene … vedo che avete capito tutti, allora al lavoro!

ATTIVITÀ VERA E PROPRIA: NEGOZIAZIONEAlice: cominciamo con i tappeti. Mi piace fare la capriola!Nicola: anche io sono bravissimo a fare la capriolaEleonora: io non sono capaceMarzio: ma la capriola no all’inizio. Cominciamo con gli ostacoli. Dobbiamo passarci sotto come prima però sono all’inizio. Prima erano alla fineEleonora: si. Il Marzio ha ragione, prima gli ostacoli!Alice: va bene. Io volevo il tappeto. Però va bene cominciare a passare sotto gli ostacoliEleonora: allora prima gli ostacoliGreta: si e poi ci mettiamo i coni così facciamo zig-zag come i serpenti! Va bene?Tutti: siiiPaolo: e adesso ci possiamo mettere il tappeto per la capriola … Anzi no, ci mettiamo i cerchi? Così prima di fare la capriola saltiamo e se siamo stanchi dietro c’è il tappeto.Tutti: ahahhaah (ridono)Greta: si va bene. E poi io mi siedo e riposoPaolo: ma se sei in squadra con me non puoi riposare!Greta: e se giochiamo con le regole del secondo gioco però sì!Alice: allora facciamo che cominciamo con gli ostacoli, poi mettiamo i cerchi e saltiamo e poi … a no, prima dei cerchi ci sono i coni e poi i cerchi. E dopo il tappeto?Tutti: siii siiMarzio: ma Valentina … si possono usare due volte le cose? E se facciamo due volte la capriola? Così faccio esercizio e anche la Eleonora che non è tanto bravaEleonora: è vero così mi esercito di più!Io: si se volete potete fare due volte la capriola, però abbiamo solo due tappeti grossi rossi e non quattro. Come si fa?Marzio: facciamo solo un percorsoPaolo: è però così giochiamo senza squadre? Greta: è sì, tanto è divertente lo stesso!Paolo: va bene, è vero anche io mi sono divertito lo stessoAlice: ma senza squadre?Marzio: si senza squadre. E poi facciamo tutti il percorso uno dietro l’altro così aspettiamo di meno e giochiamo tuttiAlice: siTutti: siiiiEleonora: e vinciamo tuttiArianna: e dopo la capriola cosa ci mettiamo?Nicola: un'altra capriola! Marzio: ma no Nicola! Non si possono mettere tre tappeti!

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Nicola: ooopssss … non ne abbiamo piùPaolo: mettiamo altri dieci cerchi da saltare con tutti e due i piedi insieme. E invece i cerchi prima si saltano con un piede solo. Così prima è più difficile però siamo meno stanchi perché la capriola ci stanca.Nicola: è vero. Fare la capriola è bello però difficile. E mi stanco sempre!Alice: dopo i cerchi mettiamo di nuovo il zig-zag del serpentone? Ahahah … è divertente correre come i serpenti che fanno così (lo dice muovendosi da destra a sinistra e il contrario)Paolo: anche io sono un serpenteeeee (e imita i gesti di Alice)Marzio: poi mettiamo l’altro tappeto per l’altra capriola. Va bene?Alice e paolo: siiiNicola: mi piaceeeeMarzio: però c’è un problema. La palestra è piccola. Non ci stanno tutte queste cose in fila. Non ci stanno come erano prima!Giorgia: Valentinaaa … ma possiamo anche fare il percorso a zig-zag?Io: potete fare tutto quello che volete, basta che siate tutti d’accordoGiorgia: vi va bene se mettiamo alcune cose storte? Così ci sta il percorso più lungoTutti: siiiFabio: e dopo la seconda capriola basta? Finiamo?sennò dopo diventa troppo lungo e ci stanchiamo! Ci mettiamo il cono e facciamo che è finito. E si torna alla fila.Alice: ci mettiamo altri cerchi?Greta: ancora? Ma ce ne sono già per due volte!Giorgia: secondo me è lungo così! Ha ragione il FabioNicola: allora torniamo indietro e finiamo così con il cono verdeArianna: e adesso? Valentina, abbiamo deciso!Fabio: possiamo cominciare a spostare le cose? Abbiamo fatto un percorso nuovo bellissimo!!Tutti: siiiiiiiiiiIo: certo. Ditemi quello che avete scelto. Dove vanno i tappeti rossi per la capriola? Tutti: vanno là (e indicano il mezzo della palestra)Io: dovete dirmi più precisamente dove, sennò non capiscoAlice: abbiamo deciso che cominciamo con gli ostacoli e quindi questi (si alza in piedi e va verso gli ostacoli), vanno spostati laggiù. In fondo alla palestra. E poi …Paolo: dopo ci sono dieci cerchi da saltare con un piede e bastaArianna: e poi il zig-zag!!Greta: il zig-zag!!Giorgia: zig-zag … zig-zag …Nicola: poi finalmente si fanno le capriole! Io sono bravo e veloce. Prima la Sabrina non mi ha aiutato a fare la capriola!Fabio: dopo ci sono ancora i cerchi e dopo ancora i coniGreta: ancora il zig-zagArianna: e poi? Non mi ricordo cosa c’èAlice: ma Arianna, non ti ricordi mai niente? Dopo c’è di nuovo il tappeto Arianna: si si, è vero! Mi ricordo! E dopo il percorso finisceFabio: sì, perché sennò dopo diventa troppo lungo e siamo stanchi!Greta: è veroPaolo: io non mi stancoIo: siete stati veloci. Molto bene! Avete fatto un percorso molto bello e lungo anche!Fabio: sì, è vero! È bello!Io: e le regole del gioco quali sono?Arianna: non ci sono regoleAlice: dobbiamo fare il percorso. Quando uno arriva al tappeto per la capriola allora parte il secondo. E poi facciamo tante volte il giroGiorgia: bello!Greta: siamo tutti una squadra sola. E ci divertiamo!Fabio e Eleonora: ci divertiamooooTutti: siii Nicola: possiamo cominciare a costruirlo?Io: ma certo. Cominciamo!

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NUOVO PERCORSO INVENTATO DALLE DUE SQUADRE

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DI GENOVA ENDRIGHI

Le paure

LA STORIAC'erano una volta due fratellini di nome Hansel e Gretel, che abitavano in una casina vicino al bosco.La madre e il padre erano molto poveri.Una mattina il padre disse ai piccini: - Andiamo a tagliare la legna nel bosco. I figli lo seguirono contenti.L'uomo si era lasciato convincere dalla moglie ad abbandonare i bambini, perché non aveva di che sfamarli.Giunti nel bosco: - Aspettatemi qui - disse. Poi si allontanò tristemente.Rimasti soli, Hansel e Gretel attesero il ritorno del babbo. Scese la notte e cominciarono ad avere paura; Hansel stringeva a sé la sorellina per consolarla.

casetta di zucchero.Quando capirono di essere stati abbandonati, si misero in cammino per tornare a casa. Giunsero davanti una Mentre affamati mangiavano un pezzetto di muro, apparve sulla porta una vecchina che li invitò ad entrare.Non sapendo che la vecchina era una strega che attirava i bambini perpoi mangiarli, i piccini entrarono.Ma subito la vecchia imprigionò Hansel. Poi mandò Gretel in cucina, e la costrinse ad accudire a tutte le faccende di casa.La strega prima di mangiare il bambino voleva aspettare che fosse un po' ingrassato, per questo lo faceva mangiare molto e lo teneva legato con una corta catena perché non si muovesse. Il giorno dell'esecuzione di Hansel arrivò, la vecchia fece preparare il forno a Gretel, appena fosse stato ben caldo il bambino ci sarebbe finito dentro.Gretel però, intanto, era riuscita ad aprire la catena del fratello, e quando la strega aprì lo sportello del forno per vedere se aveva raggiunto al temperatura giusta, i due fratellini la spinsero nel forno e si liberarono definitivamente di lei. La strega era ricca e i bambini si impadronirono dei suoi tesori e felici tornarono a casa.Il primo passo per quest'attività è invitare i bambini a dire semplicemente ciò che suscita in loro paura: paura del buio, paura di essere rapiti, paura di restare soli, paura degli insetti, paura dei terremoti, paura del terrorismo, paura della corrente, paura del fulmine, paura del gas, degli ufo, dei mostri etc.

Maestra: Vi è piaciuta la storia?Maggior parte dei bambini: si ci è piaciuta!Qualche d’uno: No, perché il papà lascia da soli Hansel e Gretel nel bosco ed è una cosa brutta.Francesca: si, tanto perché alla fine i bambini tornano a casa ricchi e possono vivere felici con la mamma e con il papà!(…)Maestra: Ma questa storia vi ha fatto paura?Giulio: ma nooooo, non fa paura!Martina: un po’ si, perché il bosco fa paura.Luca: ma anche la strega fa paura. Arianna: per fortuna i fratellini erano insieme e non erano soli.Matteo: e la strega che brucia nel fuoco… ben le stà!(…)Maestra: A voi piacciono le storie che fanno paura? Luca: di solito a noi bambini piacciono le storie di paura, anche se, in verità, non ci piacciono di notte. Martina: le storie finte sono belle, perché sappiamo che quelle cose che raccontano non esistono. Matteo: le storie finte di paura ci piacciono, perché quando qualcuno le racconta fa la voce misteriosa e mostruosa e a me fa ridere. Alessandro: a leggere o ad ascoltare queste storie finte mi vengono i brividi, ci agitiamo tutti, ci emozioniamo. E questo è divertente e ci fa venire voglia di andare avanti con la storia, per sapere come va a finire. Andrea: se in una storia non c’è un po’ di paura, se è tutto troppo tranquillo… ma che storia è?Maestra: Secondo voi cosa provavano Hansel e Gretel quando si sono ritrovati soli nel bosco?Francesca: erano spaventati!

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Matteo: si abbracciavano perché avevano paura del buio.Alessandro: tantissima paura.Giulio: paura del buio.Arianna: paura di rimanere per sempre nel boscoAndrea: avevano paura di incontrare qualche animale feroce.(…)Maestra: Ma avevano paura solo del buio?Luca: no, perché avevano paura che erano soli.Alessandro: si perché il papà non è più ritornato a prenderli.Francesca: no, avevano paura anche della strega, perché la strega mangia i bambini.Giulio: no, avevano paura anche degli alberi, perché di notte gli alberi si animano.Martina: per fortuna erano in due e in due si hanno meno paure. Maestra: Ma anche a voi è successo come nella storia di aver paura?Tutti i bambini rispondono di si!Maestra: Di cosa avete paura?Alessio: la   mia   prima   paura   è   stata   quella   del   buio   poi   mi   è   passata   ed è   incominciata   quella   per   i   mostri   che   in   realtà   non   esistono   però   quando avevo   paura   di  quelle   cose   ero   piccolo.Martina: io non ho più   paura   di   niente  però   chissà   magari   in   futuro   avrò   altre   paure che   potrebbero   essere    degli    zombi, oppure   dei     serpenti   o   altre   cose    però   per   adesso   non   ho   paura   di   niente.Luca: quando vedo cose brutte nel buio ho paura. Francesca: io ho paura quando non vedo la mamma che mi aspetta fuori scuola.Matteo: io ho paura dei ragni. Andrea: io ho paura dell’aereo.Federica: io ho paura dei cani, perché mio papà mi ha raccontato che quando era piccolo è stato morso da un cane.Michele: Io ho paura del buio, perché vengono i ladri.Alex: Ma e tu maestra di cosa hai paura??Maestra: Bella domanda! Ma lo sapete che anche i grandi hanno paura e non solo i bambini? Io ad esempio ho paura del fuoco, perché da piccolo mio fratello giocando con me si è scottato con una fiaccola. Arianna: è vero che i grandi hanno paura! Mia mamma mi dice sempre che ha paura delle galline.Maestra: Ma avete sempre paura? Avete paura quando siete soli? O anche quando siete con la mamma o il papà o una sorella?Michele: io ho paura del buio, solo quando sono nel letto da solo. Quando invece dormo nel lettone della mamma e del papà non ho più paura, perché so che anche se entrano i ladri, la mamma e il papà mi difendono.Andrea: io in aereo ho avuto paura quando c’erano sia la mamma che il papà.Arianna: la mia mamma ha paura delle galline anche quando c’è il papà che allontana le galline.Martina: io non ho mai paura di niente, nemmeno quando sono sola.

I COLORI DELLA PAURA E DELLA FIDUCIA!

Abbiamo dato ai bambini la consegna di prendere le proprie matite colorate e di dividere in tre gruppi i colori, da una parte “I Colori Che Fanno Paura” dall’altra “I Colori Che Danno Fiducia” (e quindi non fanno paura) ed in mezzo eventualmente, i colori che loro giudicano neutrali oppure di difficile collocazione. Questa distinzione ovviamente deve avvenire nella logica della comunicazione dei bambini delle elementari, ragionando molto sul cosa fa o non fa paura, collocando nel gruppo centrale i colori su cui si è più indecisi. In sostanza lavorando sull’emozione più che sulla sua razionalizzazione. A questo punto abbiamo consegnato loro un foglio e gli abbiamo fatto disegnare con “I Colori Che Fanno Paura”, le cose che li spaventano. È importante accompagnare i bambini in questo percorso con calma, senza creare ulteriori paure. Con i più piccoli si può adottare un tono fiabesco. Una volta completato il disegno, glielo abbiamo fatto mettere sotto il banco e gli abbiamo consegnato un altro foglio, questa volta il compito consisteva nel disegnare tutto ciò che ci dà coraggio, fiducia, ovviamente utilizzando “I Colori che Danno Fiducia” ed eventualmente quelli neutrali.

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Fatto tutto questo, abbiamo fatto scegliere ai bambini quale dei due disegni preferissero. Tutti hanno scelto il disegno sulle cose che danno coraggio.

Maestra: Perché avete scelto il disegno con i colori che danno fiducia?Francesca: io ho disegnato la mamma che mi aspetta con le braccia aperte davanti alla scuola, perché se c’è lei non ho paura di rimanere da sola.Andrea: io ho disegnato il mio orsetto preferito che porto sempre con me. Con lui mi sento al sicuro e ho meno paura. Se c’è lui vicino a me, mi sento più coraggioso. Luca: io ho disegnato il sole, perché di giorno si vedono bene tutte le cose, mentre mi fa paura il buio perché le cose al buio sembrano altre cose.Matteo: io ho disegnato il mio papà, perché quando sto con lui non ho paura neanche dei ragni.A questo punto gli abbiamo fatto prendere il foglio della paura e glielo abbiamo fatto stropicciare, schiacciare. L’importante è non far strappare il foglio: le paure infatti si affrontano, ma non si eliminano. Nella fase successiva del gioco abbiamo fatto riaprire e stendere il foglio ai bambini, proprio per sottolineare che se le paure sono lì, noi siamo più forti e possiamo stropicciarle (=dominarle) ma anche guardarle come a dire che le nostre paure… non ci fanno più paura. A questo punto con un po’ di colla i bambini hanno incollato i due fogli, in modo che diventassero due facce della stessa medaglia: da un lato le paure che conosco e affronto, dall’altro un’immagine di chi o cosa mi da coraggio. I bambini poi, con il nostro aiuto, hanno appeso al soffitto con dei fili colorati i propri disegni. Questo piccolo meccanismo si inserisce nel discorso più generale di educare al linguaggio delle emozioni, passaggio fondamentale per poter vivere evitando frustrazioni future. Con le emozioni infatti bisogna parlare, comunicare, conoscerle e questo è il primo modo per poterle affrontare.

IL PERCORSO DELLA FIDUCIA!

La seconda attività che abbiamo proposto alla classe è un gioco motorio legato alla fiducia nell’altro come aiuto per superare alcune paure del singolo. Abbiamo svolto il lavoro in palestra allestendo un percorso ad ostacoli posizionando vari oggetti e strumenti che abbiamo trovato in palestra: corde, materassi, panche, birilli, trave di equilibrio etc. I bambini si mettono a coppie, uno bendato e l’altro no e si danno la mano. Il bambino non bendato fa da guida nel percorso dando istruzioni su come superare gli ostacoli presenti e giungere così alla fine del tracciato. Non è importante che i bambini eseguano allo stesso modo i movimenti per oltrepassare gli ostacoli, ma che riescano invece a fidarsi del compagno ascoltando le istruzioni dategli. Scopo del gioco è che i bambini capiscano che in due le paure sembrano meno grandi e che, aiutati, si possono superare con più facilità. Si invertiranno poi i ruoli nella coppia di bambini per permettere a tutti gli alunni di affidarsi all’altro. L’insegnante cambia la disposizione degli oggetti e strumenti del percorso.Al termine del gioco ci siamo seduti in cerchio e ci siamo scambiati idee ed opinioni a riguardo di quest’ultima attività.

Maestra: Bambini vi è piaciuto questo gioco?Martina: si però credevo di non aver paura di niente e invece senza vedere avevo paura perché non sapevo dove andare.Alessandro: molto anche se lo conoscevo già.Alex: È un gioco difficile perché se non hai un compagno bravo a dire le cose sbagli strada.(…)Francesca: si, però avevo paura all’inizioMaestra: Paura? Ma di cosa?Arianna: di farmi male.Matteo: di cadere perché non vedevo niente!Alex: che il mio compagno mi faceva uno scherzo e andavo a sbattere addosso alle cose!Luca: si è vero, è stato difficile fidarsi ed ascoltare quello che mi diceva Michele.Michele: si Luca all’inizio non mi ascoltava molto ed è andato a sbattere contro un birillo! Luca: se ti ascoltavo non succedeva… Che male!(…)Maestra: Quindi in questo caso era importante fidarsi del vostro compagno?

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Andrea: beh, certo!Giulio: ovvio, sennò andavi a sbattere!Arianna: io mi sono fidata e non avevo paura.(…)Maestra: Quindi era la vostra guida?Alex: si! Quindi è importante fidarsi!Michele: senza la guida rimanevo fermo.Matteo: già, a provare da soli ci facevamo solo male mi sa.Maestra: Oggi allora cos’avete imparato?Francesca: che tutti hanno delle paure!Alex: sia i piccoli che i grandi.Matteo: che se siamo in due le paure diventano più piccole!Arianna: … e non si ha così tanta paura!Giulio: bisogna dirlo ai grandi che così ci proteggono.(…)Alessio: che è normale avere paura!Martina: bisogna imparare a fidarsi dei compagni…

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FERRARI

Per realizzare questa relazione inizialmente avevo chiesto alla scuola Primaria del mio paese se mi dava la possibilità di fare delle attività all’interno dell’orario scolastico con una qualsiasi classe. Purtroppo questo non è stato possibile in quanto il dirigente non riteneva opportuno che si effettuassero delle registrazioni all’interno della scuola. Così, non potendo disporre di una classe intera ho chiesto ad alcuni bambini e bambine che conosco se avevano voglia di passare un pomeriggio assieme a me. Dopo aver avuto il consenso delle famiglie ho preparato le diverse attività che volevo proporre.Per la programmazione mi sono servita dei principi citati nel libro “Actiologia” di Mario Gori in quanto ho cercato principalmente di far notare ai bambini quanti linguaggi ha il nostro corpo. Ho iniziato facendo vedere loro come il corpo può servire per riprodurre suoni e oggetti, il corpo che comunica emozioni, i valori fondamentali della solidarietà e dell’amicizia e infine alle differenze che ci possono essere tra sesso maschile e femminile. Ho ritenuto opportuno sottolineare i tre temi principali:

1. IL CORPO E IL SUO UTILIZZO2. EMOZIONI3. DIFFERENZA MASCHI E FEMMINE

Attraverso i giochi e le riflessioni ho tenuto sempre presente il concetto di corpo pensante e di pensiero agito.

IL CORPO E IL SUO UTILIZZO

Volevo far capire ai bambini, attraverso dei giochi di movimento, che il corpo non è un oggetto o un peso che portiamo costantemente con noi. Intendo far vedere come il corpo può essere utilizzato per fare diverse cose oltre i classici giochi sportivi. La prima attività che propongo a riguardo è il gioco delle molecole.

Io: secondo voi a cosa può servire il nostro corpo?Camilla: è una gara a chi risponde prima?Io: no, stiamo solo parlando per vedere secondo noi a cosa può servireCamilla: ok, allora ci penso beneVanessa: per muoversiRossella: per correreAnnalisa A.: per scrivere Gaia: per saltareCarolina: per piangereDavide F: per fare delle azioniVanessa: per fare ginnasticaAnnalisa A.: per vedereDavide A.: per nutrirsiCamilla: per nuotareIo: adesso proviamo a fare un gioco e vediamo se poi sapete dirmi altre cose che può fare il

nostro corpo ok?Tutti: siiiiiiiiii!!!

GIOCO MOLECOLE

Il gioco che ho proposto si chiama “MOLECOLE”.Tutti i bambini devono correre veloci nello spazio che hanno a disposizione, nel momento in cui, l’insegnante o chi dirige il gioco, dice alt o una parola stabilita dal gruppo, tutti devono fermarsi immobili sul posto. Mentre tutti sono immobili l’insegnante dice un numero e i bambini devono aggrupparsi in base a questo. Una volta creati i gruppi l’insegnate aggiunge una parola (es: piramide) e ogni gruppo deve creare una piramide composta da tutti i membri della “squadra”.

Io: Noi siamo tutte delle piccole molecole, sapete cosa sono le molecole?Davide F.: siii, ce ne hanno parlato anche a scuola! Sono delle cose piccole che unite ad altre uguali

formano delle cose che però non mi ricordoAnnalisa A.: cosa? Non ho capito?

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Io: bravo Davide, le molecole sono delle piccole particelle che unite ad altre sorelle o fratellini uguali formano tantissime cose presenti sulla terra e anche nel cielo

Davide: beh dai c’ero quasi arrivato del tuttoIo: infatti ho solo spiegato anche agli altri dato che non tutti avevano sentito quello che avevi

dettovanessa: dai che iniziamo il gioco, ce lo spieghi?io: allora, prima di iniziare è opportuni che scegliamo una parola per dire “correte veloci veloci”

e una parola per dire “fermi immobili”. Cosa potremmo utilizzare per farci capire che in quel momento bisogna andare velocissimi?

Vanessa: corriRossella: muovitiCarolina: piediDavide F.: luce verdeAnnalisa A.: un due, un due..Io: dai dobbiamo deciderne una sola quindi bisogna mettersi d’accordo tutti assieme. Va bene a

tutti se dico Piedi quando bisogna fermarsi?Tutti: siiiii!Davide A.: no!Io: perché non ti va bene Davide? Cosa volevi fare?Davide A.: non lo so ma piedi non mi piaceIo: allora prova pensaci un po’ mentre pensiamo alla parola per fermarci e se ne trovi una più

bella che piace a tutti la cambiamo ok?Davide A.: ok, grazieIo: allora bimbi per dire fermi invece cosa diciamo?Vanessa: stopGaia: no, occhiali visto che la maestra porta gli occhialiTutti: ridono!!Davide F.: luce rossaIo: al nostro Davide piacciono le luci, prima ha detto luce verde e adesso luce rossaDavide A.: ecco, ho trovato la parola, invece che luce diciamo solo “rosso” per quando volgiamo

fermarci e “verde” quando dobbiamo andare velociIo: e voi cosa avete pensato, dai mettetevi d’accordo che così iniziamoRossella: rosso e verde!!Camilla: rosso e verde!!Tutti: siii..rosso e verde!!Io: allora siete sicuri?? approvato rosso e verde??Tutti: siii..rosso e verde!!Io: perfetto, allora vada per rosso e verde!

Ma perché Davide ti è venuta in mente la luce rossa e verde e a te Davide il coloreDavide F.: la luce verde e rossa è quella del semaforoDavide A.: perché il semaforo è rosso quando le macchine si devono fermare e verde quando possono

andareIo: prima di iniziare proviamo a fare una prova, provate a fare una posizione ferma immobile al

mio via…VIA!Carolina: ma io non so cosa fare e poi non mi piace stare ferma immobile!!Camilla: dai Carolina smettila che solo un gioco poi ci muoviamo non stiamo così mica tutto il giornoIo: bene allora da quando dico rosso dovete stare tutti fermi fermi senza muovervi ok??Tutti: siiiiiiiiiiii!!!Gaia: ma si può respirare?Io: certo che si può respirare

Allora quando dico verde tutti correte velocissimi e quando dico rosso tutti fermi immobili. Io dirò il colore rosso e gli aggiungerò un numero, tipo rosso 3, allora voi vi dovete mettere in gruppi di tre. Dopo che avete formato il gruppo io dico un oggetto o un animale ad esempio tavolo, e il gruppo formato dai tre deve fare un tavolo con il proprio corpo, senza utilizzare nessun’altro oggetto ok?

Camilla: ma un tavolo come?

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Io: potete inventare quello che volete basta che non ci siano tre tavoli ma che tutti e tre le persone del gruppo formino un solo tavolo capito?

Tutti: si, ma è difficileIo: vedrete che una volta che iniziate a fare il primo oggetto poi vi vengono tantissime idee,

bisogna solo provarci!Davide A.: possiamo fare la prova del tavolo?Io: certo, allora provate a fare il tavoloDavide A.: ma se vogliamo possiamo fare anche le sedie?Io: certo, potete fare tutto quello che credete possa far capire a chi vi guarda che quello che state

facendo è un tavolo.Davide A.: grande, allora noi tre facciamo anche le sedie, dai alza il sedere così io mi metto sotto di te e

faccio la sedia!Carolina: così va bene il nostro?Io: brave vedi, questo è proprio un bel tavolo! Allora avete visto come si fa? Vi è tutto

abbastanza chiaro o avete domande?Tutti: si, iniziamo a giocareIo. Ok, allora se adesso dico VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE…Tutti: corrono velocissimi in tutta la salaIo: ROSSO …. QUATTRO …. SORRISOCamilla: così?Io: Prova guardate bene così siete un unico sorriso o siete quattro sorrisi diversi??Camilla: cavolo no..come si fa?Io: devi pensare che siete tutte assieme un bel sorriso..Rossella: la boccaCamilla: allora so io come fare dai sdraiatevi tutti per terra e mettiamoci vicini..così va bene maestra?Io: esattoDavide F.: Federica, abbiamo finito anche noi, così va bene?Io: bravi, vedete, loro l’hanno fatto in piedi e voi sdraiati però il concetto è uguale perché vedete

che siete tutti assieme una bocca? Non è la bocca della Camilla, la bocca della Vanessa la bocca della Carolina e la bocca della Gaia, voi quattro siete una sola bocca bella grande che sorride

Davide A.: anche noi peròIo: si, anche voi siete un solo bel sorriso e non la bocca del Davide F., la bocca dell’altro Davide

A., la bocca dell’Annalisa A., la bocca della Rossella.

Io: Allora dico…. VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE…Tutti: corrono veloci nella salaIo: ROSSO …. UNO …. ANGOLI

Vanessa, uno cosa vuol dire??Annalisa A.: da soli! Per quello mi allontano quando ti avviciniVanessa: ahIo: dai allora provate a formare con il vostro corpo degli angoliRossella: io l’ho già fattoIo: allora questo che angolo è secondo voi?Davide F: rettoIo: questo?Tutti: bo, ridonoIo: è un angolo piatto vedete che ha le mani aperte?..e questi due cosa sono?Davide F.: angoli acutiIo: e questi della Camilla e della Carolina?Davide F.: angoli ottusiIo: e questi due che sono uguali al primo che abbiamo visto vi ricordate che angolo è?Tutti: siiii...sono angoli retti!

Io: bravissimi..e allora.. VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE…Tutti: corrono velocemente nella stanza

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Io: ROSSO …. TRE …. PALLONCINOCamilla: lo fai con noi che siamo in due?Io: certo ma ditemi voi cosa devo fareDavide F.: mettiti sdraiata per terra che tu fai metà palloncino, io faccio l’altra metà e la Camilla fa il

filo da tenere in manoIo: ok capoAnnalisa A.: noi facciamo così (le tre bambine facevano ognuno un palloncino che volava nell’aria)Rossella. Così non va bene perché siete tre palloncini diversiCarolina: è vero, Annalisa come facciamo allora?Vanessa: se no facciamo finta di saltare, anzi no proviamo a fare come loro, se c’è la maestra con loro

sarà giustoGaia: maestra però non vale perché loro ti copianoIo: fa lo stesso guarda che bel palloncino che è diventatoGaia: anche il nostro!Io: questo è un palloncino originale avete visto?Davide F.: sì perché io sono il filo e loro hanno fatto il palloncino a forma di aquiloneIo: Annalisa, Vanessa e Carolina perché prima la Rossella vi ha detto che il vostro non andava

bene?Annalisa A.: perché stavamo facendo tre palloncini invece che unoIo: esatto stavate facendo tre bellissimi palloncini che volavano nel cielo però erano appunto tre

non come avevo detto io uno soloIo: Quindi direi che si può ripartire … VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE

VERDE…Tutti: corrono in tutto lo spazio disponibileIo: ROSSO …. DUE …. SERPENTEDavide A.: questo è facileVanessa: dai Annalisa vieni dietro di me, dietro di me corri!Camilla: alza la testa che facciamo finta che stiamo cacciando come kaa nel libro della giunglaIo: wow..questi sì che sono dei bei serpenti, sono proprio paurosi e lunghissimiRossella: possiamo provare a vedere qual è il più lungo?Tutti: siiiiiiiiIo: certo, allora dai mettetevi tutti in fila da questa piastrella in giù..dai che vediamo qual è il più

lungo di questi bei serpentoniGaia: dai allungati!Carolina: dai allungati più che puoi!Io: tenetevi forte che porto questo serpente, che ha sbagliato piastrella, al suo postoBimbe: wow..che bello, ridonoIo: la parte del serpente che è davanti deve fare piano perché altrimenti tira dei calci a quello

dietro e poi vi fate male.Ecco guardate che serpenti lunghi lunghi, più o meno siete tutti della stessa lunghezza

Davide A.: nooo, io e il Davide siamo più lunghi di tuttiIo: per forza siete i due più grandi però se guardi bene non siete tanto più lunghi, prova segna

dove arrivi tu con i piedi, vedi che è poco più in giù delle altre?Davide A.: si è vero però noi siamo i più lunghi pappaperoTutti: ridono e scherzanoIo: state attenti … VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE… Tutti: corrono velocemente nello spazio liberoIo: ROSSO …. TRE …. PIRAMIDEVanessa: Come si fa una piramideRossella: vieni qui che lo so ioCamilla: allora tu vieni qua assieme a me e tu ti metti sopraDavide F.: noi facciamola diversa dai tu stai dritta e fai la punta mentre noi facciamo le paretiCamilla: dai metti un ginocchio anche sulla mia schiena non solo sulla suaTutti: siamo prontiIo: bene, guarda un po’ che belle queste piramidi, chi mi sa dire come hanno utilizzato loro le

parti del corpo?

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Camilla: il Davide F. e la Gaia stanno facendo i lati storti della piramide con le loro braccia e sono in ginocchio perché se no sono più alti della vanessa che è in piedi e sta facendo con le braccia la punta della piramide

Io: vi piace questa spiegazione di come questo gruppo ha utilizzato il corpo o no?Annalisa A.: si, però hanno usato le gambe anche per fare la base della piramideIo: bravi, bene allora adesso chi mi dice come ha usato il corpo questo gruppo?Gaia: allora la loro piramide è quasi uguale a quella della Camilla perche tutti e due hanno due

persone in gattoni che fanno la base e una che sta sopra. Solo che in questo la Carolina è in piedi sulla schiena del Davide e della Rossella mentre l’Annalisa è in ginocchio.

Io: avete sentito? La Gaia ho proprio colto la differenza di queste due piramidi. Quindi abbiamo visto che ci sono tanti modi per fare una piramide con il nostro corpo

Carolina: ognuno di noi faceva un mattone della piramidesì però sai maestra che anche noi a casa facciamo la piramide

Io: davvero?Carolina: si, la facciamo con il papà io e la Camilla però noi stiamo in piedi sulla schiena del papà non

in ginocchio o a gattoni, è divertentissimo!Io: ci credo che ti diverti se poi gioca con voi anche il papà credo proprio che sia bellissimoVanessa: la nostra era la più bella di tutteIo: erano tutte belle proprio perché erano tutte diverse e fatte da voiRossella: io faccio la mummia, perché nelle piramidi ci sono le mummie

Io: bene adesso che abbiamo fatto un po’ di posizioni proviamo a cambiare la parola magica che abbiamo usato fino adesso in un suono o in un rumore fatto con il nostro corpo. Allora per adesso usavamo il colore verde per dire?

Tutti: corri velocissimoIo: mentre usavamo il colore rosso per dire?Tutti: fermi immobiliIo: bene, se adesso volessimo fare un rumore per dire di correre cosa potremmo fare?Vanessa: facciamo così con i piedi (batterli veloci per terra)Gaia: altrimenti facciamo corri battendo le mani e stop senza fare niente, le mani fanno finta di

battere ma non si toccanoIo: io faccio quello che volete però dovete mettervi d’accordoDavide A.: facciamo qualche cosa che faccia rumore in tutti e due così anche se non ti guardiamo

sentiamo che dobbiamo fermarciRossella: allora batti i piedi per terra veloci quando dobbiamo correre e per farci fermare batti un colpo

solo le maniTutti: si dai..Vanessa: noIo: allora tu cosa vorresti fare?Vanessa: mmmmmmmIo: cosa ti piacerebbe fare per far capire a tutti di correre o di fermarti?Vanessa: veloce così (braccia aperte) e fermi così (braccia chiuse)Io: ma se io faccio così mentre correte senza guardarmi voi capite cose dovete fare?Tutti: no!Davide A.: dai che così se non la guardiamo lo capiamo subitoVanessa: è veroIo: allora vada per i piedi e il battito di mani?Tutti: siiiiiiIo: perfetto allora se vi va bene io comincio di nuovo pronti attenti…VIA…

PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM (scarpe per terra)Tutti: corrono veloci in tutti gli spazi della stanzaIo: CIAK (batto le mani)…. DUE …. MACCHINA DEL CAFFÈDavide A.: è sé!!Camilla: come facciamoDavide F.: dai tu fai la tazza e io faccio la macchinaCarolina: io ho la lingua fuori perche faccio finta che viene giù il caffè

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Io: bravissima, la lingua fa parte del tuo corpo o no?Carolina: siIo: bene, quindi se ti ho detto che puoi usare tutto il tuo corpo hai fatto benissimo a usare anche

la lingua.Gaia: allora anche la voce?Davide A.: si ma è un mino quindi non si può usareIo: io non ho detto che è un mimo ho solamente detto che dovete fare degli oggetti con il corpoDavide A.: a okIo: pronti …. PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM (scarpe per terra)Tutti: corrono nella stanzaIo: CIAK (batto le mani)…. TRE …. TRENINOVanessa: io sto sopraGaia: non stai sottoRossella: ciuf ciufIo: guardate che belli questi trenini, allora nel gruppo dei due Davide e della Camilla cosa c’è?Davide A: una locomotiva con due vagoniIo: nell’altro?Annalisa A.: tre vagoni attaccati tutti assiemeIo: e nell’ultimo gruppo?Camilla: la locomotiva e un vagone grandeIo: pronti …. PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM (scarpe per terra)Tutti: corrono nella stanzaIo: CIAK (batto le mani)…. UNO …. CANDELADavide A.: io faccio la fiammaIo: guardate il Davide F. che fantasia, una candela che si sta sciogliendo ed è quasi finitaDavide A.: la mia invece è nuova, ancora da accendereIo: le altre candeline come sono?Gaia: sono quasi tutte ugualiIo: bene allora pronti a correre che si riparteIo: pronti …. PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM (scarpe per terra)Tutti: corrono nella stanzaIo: CIAK (batto le mani)…. QUATTRO …. QUADRATOCamilla: e mamma mai è facileCamilla: allora state dove vi metto io ferme immobiliDavide F.: no, così!Annalisa A.: noi abbiamo finitoDavide F.: anche noiIo: guardate che belli questi quadrati, secondo voi sono uguali?Tutti: noIo: ma sono tutti e due dei quadrati o no?Vanessa: no, sono diversi e quindi non sono due quadratiIo: cos’è un quadrato?Camilla: è una figura con tutti i lati ugualiIo: brava, quindi quelli che avete formato voi sono tutti e due dei quadrati perché?Davide F.: perché nel loro hanno usato anche le braccia mentre noi noIo: esatto, quindi la lunghezza dei lati è diversa ma sono tutti uguali nello stesso gruppo, tutti e

quattro i lati uguali proprio come diceva la Camilla

Io: pronti …. PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM PAM (scarpe per terra)Tutti: corrono nella stanzaIo: CIAK (batto le mani)…. COPPIE …. DOCCIATutti: ridonoAnnalisa A.: è tu fai il signore e io la docciaIo: allora mi sembra di vedere tanti signori e signore che fanno la doccia ma guardate bene

questa doccia, cos’ha di particolare?Annalisa A.: boh!

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Io: prova guarda bene, cosa sta facendo la Gaia?Annalisa A.: la signora che fa la docciaIo: no, tu quando fai la doccia stai sdraiata?Annalisa A.: no, allora sta facendo la parte sotto dove appoggiamo i piediIo: esatto, loro sono state le uniche a fare una doccia senza il signore o la signora che si lavava.

Entrano nella stanza due bambine, Annalisa C. e Letizia, perché prima avevano un impegno. Colgo l’occasione per affronterà il concetto di codice.

Io: salutiamo tutti l’Annalisa e la Letizia, secondo voi se ha loro proviamo a dire VERDE, TRE, TAVOLO loro capiscono cosa devono fare?

Tutti: nooo!!Io: perché no?Rossella: perché loro non c’erano quando l’abbiamo decisoDavide A.: perché sono parole che abbiamo deciso noi ma che quelli che non dicono niente a chi non

c’era.Io: esatto, questo vuol dire che noi abbiamo creato un codice, questo codice lo conosciamo noi

perché lo abbiamo inventato ma chi non era presente non può saperlo a meno che noi non glielo diciamo.

Finita questa attività ci mettiamo tutti in cerchio nel mezzo della stanza per parlare e riflettere sull’esperienza appena fatta. Per iniziare la discussione pongo la stessa domanda che avevo fatto appena incontrati.

Io: a cosa pensate che serva il nostro corpo?Rossella: per respirareGaia: per giocareCamilla: per ascoltareDavide F.: per fare forme diverseRossella: sì, come abbiamo fatto fino adesso nel giocoIo: esattoVanessa: le nostre gambe possono servire per camminareIo: e in questo gioco a cosa ci sono servite?Annalisa A.: per fare le piramidiVanessa: per fare le formeDavide F.: per fare gli angoli e le forme geometricheRossella: per fare le lettereIo: come si fa a fare delle lettere con in nostro corpo?Rossella: così (mostra la elle fatta con le dita)Io: c’è solo questo modo per fare la elle?Davide F.: no, anche così (con le braccia)Io: e poi?Annalisa A.: mmmmmmmCamilla: così (con tutto il corpo)Io: bravissimaVanessa: la “i” si fa cosìRossella: così la erreGaia: e così la “p”Camilla: guarda io so fare anche la “b”Io: guardate che elastica che è la CamillaDavide F.: questa è la “c”Carolina: e la “u” come si fa?Io: chi le fa vedere la “u”Davide A.: io, si fa così (si siede e curva le gambe)Io: bene, quindi abbiamo capito che se noi vogliamo fare un alfabeto con il nostro corpo si può

fare?Tutti: siiiii!

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Davide F.: ma io so fare anche questo alfabeto guarda a, b, c, d, e, f, g, ..(alfabeto muto)Io: quello che sta facendo il Davide cos’è?Annalisa C.: l’alfabeto muto, lo so perché tante volto lo uso anche io a scuola per parlare con la Giulia che

è in fondo alla classeIo: hai capito l’Annalisa che fa la furbetta anche a scuolaTutti: ridonoIo: però con questo alfabeto si usa tutto il corpo?Tutti: no, solo le ditaIo: giusto, ma noi abbiamo visto che le lettere dell’alfabeto si possono fare sia con le dita che

con le braccia che con tutto il corpo, vi va di fare un gioco?Tutti: siiii

ALFABETO CORPOREO

Il gioco proposto deriva dall’invenzione dell’alfabetiere corporeo. Ci si divide in due gruppi e si pensa ad una parola. Dopo di che ogni persona, o ogni due se necessario, dovrà rappresentare una lettera della parola scelta per cercare di farla indovinare all’altra squadra.

Io: bene allora dividiamoci in due squadre e pensiamo a una parolaDavide A.: e poi?Io: poi dovrete usare il vostro corpo per far capire all’altra squadra la parola che avete scelto.

Dovete fare una lettera alla volta e le parole non devono superare le dieci lettere altrimenti è troppo lunga

Camilla: quindi dobbiamo fare le parole con il corpo?Io: siCamilla: Ma come si può fare la emme?Io: qualche uno ha un’idea?Gaia: così (con le braccia)Rossella: quella non sembra una emme!Gaia: cosìRossella: no, quella sembra una vi doppia Davide F.: ma dobbiamo farla per forza da soli?Io: no, potete essere anche in due o tre, l’importante è che sembri una emmeDavide F.: allora si può fare così (si mette di fronte a me e prendendomi le braccia formiamo una

emme)Io: guardate che bella emme che ha inventato il Davide, ci assomiglia giusto?Carolina: si, quella è la emme l’abbiamo fatta anche a scuola perché in mamma c’è due volteIo: esatto, dai allora proviamo a fare il gioco, mettetevi in due posti diversi della stanza così non

vi sentite e decidete la parolaTutti: stanno nel gruppo e collaborano per pensare alla parola e a come poterla far capire agli altriCarolina: facciamo mammaRossella: no dai ha solo due lettere non è neanche divertenteDavide A.: facciamo falcoRossella: si dai, ma riesci a fare la effe?Davide A.: si, la faccio ioAnnalisa A.: maestra va bene limone?Io: certoRossella: dai tu devi metterti dietro di meGaia: non fare così la elle, falla così (seduta)Davide F.: io faccio la “e” visto che sono capaceDavide F.: non si parte di làVanessa: ormai faccio la elleCamilla: allora possiamo iniziare noi?Io: ok, allora guardate bene quello che adesso farà questo gruppo perché dovete cercare

d’indovinarlo.

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Primo gruppo: scrive ASIASecondo gruppo: indovina al primo colpoSecondo gruppo: scrive LIMONEPrimo gruppo: indovina subitoPrimo gruppo: scrive CANESecondo gruppo: indovina al primo colpoSecondo gruppo: scrive LEONEPrimo gruppo: indovina subitoPrimo gruppo: scrive MAMMASecondo gruppo: indovina al primo colpoSecondo gruppo: scrive SOLEPrimo gruppo: indovina subitoPrimo gruppo: scrive FIORESecondo gruppo: indovina al primo colpoSecondo gruppo: scrive MAREPrimo gruppo: indovina subitoPrimo gruppo: scrive FOGLIASecondo gruppo: indovina al primo colpoSecondo gruppo: scrive PRATOPrimo gruppo: indovina subitoPrimo gruppo: scrive FALCOSecondo gruppo: indovina al primo colpoSecondo gruppo: scrive SCATOLAPrimo gruppo: indovina subito

Il gioco è proseguito per un bel po’ perché i bambini si stavano divertendo e volevano continuare a fare delle parole. Prima della fine del gioco sono arrivati altri due bambini, Gabriel e Patrick, che avevano degli impegni presi precedentemente. Ho colto l’occasione per fargli alcune domande.Io: salutate tutti il Gabriel e il Patrick che sono appena arrivatiTutti: ciaooooo!Io: secondo voi che cosa stanno facendo il Davide, la Rossella, l’Annalisa C. e la Camilla?Gabriel: boh!Davide A.: dai Ga, prova guarda bene che è facilePatrick: state facendo delle posizioni straneIo: e cosa sono secondo te queste posizioni, a cosa assomigliano?Gabriel: ho capito fate una balena, un’animaleTutti: nooooo!!Vanessa: è una elleDavide A.: non dovevi dire niente!Patrick: ho già capitoGabriel: ah, sono delle lettereIo: esatto, stiamo cercando di capire se il nostro corpo ci può servire anche a fare delle parolePatrick: beh, è facileTutti: si, potevi dirlo prima allora, visto che era tanto facile!

Dopo questa attività ci siamo messi nuovamente tutti in cerchio per riflettere su ciò che è stato fatto.Io: allora chi è il coraggioso o la coraggiosa che spiega bene al Patrick e al Gabriel cosa

abbiamo detto fino adesso del nostro corpo?Davide A.: che con il nostro corpo si possono fare tantissime cose come correre, fare cose, muoversi,

camminare, muoversi, fare posizioni diverseRossella: si, perché prima abbiamo fatto un gioco che dovevamo fare tante cose diverse solo con il

corpo, non potevamo usare nient’altroCamilla: poi abbiamo fatto questo gioco delle lettere perché con il corpo si possono scrivere delle

parole

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Io: quindi se io vi faccio così (faccio con il corpo la lettera “i”) voi capite quello che sto scrivendo anche se non uso la voce?

Tutti: siiiiIo: quindi la voce in questo linguaggio del corpo non si usa e quindi qualcuno sa come si

chiama? Esiste il linguaggio verbale che è quello che usa le parole e il linguaggio …Rossella: non verbaleIo: esatto c’è un linguaggio verbale e uno non verbale dove non si usa la voce e si usano i gesti e

le varie parti del corpo.Allora, in questo gioco delle lettere vi siete divertiti?

Tutti: si, tantissimoIo: ma se invece che fare delle lettere vi faccio così con la mano (ciao), voi capite cosa vi voglio

dire?Tutti: siiiIo: e perché capite se io non vi ho scritto lettera per lettera C I A O ?Annalisa A.: è perché è un gesto che usiamo sempre ma se urli forte “ciao” si capisce lo stessoIo: e se uno è sordo?Annalisa A.: fa lo stesso urli più forteDavide A.: ma dai non dire cavolate se è sorda non ti sente neanche se sei vicinaIo: giusto Davide, ci sono altri gesti che usiamo sempre?Annalisa C.: si, come quando sei lontano e ti fanno così (vieni con la mano) che vuol dire vieniDavide A.: o ti fanno così (gestaccio con la mano) quando sono arrabbiatiIo: ei ei, non si fanno quei gesti lì perché non sono belli, ci sono tanti altri modi per usare le

mani quando si è arrabbiatiRossella: così (pugni)Io: bene quindi avete visto quante cose che si possono fare con il nostro corpo e quante

posizioni possiamo fare, ma secondo voi con il corpo si fa qualche cosa d’altro?Gabriel: si può fare ancora qualche cosa??Io: pensateci bene dai, anche facendo le parole si …….. delle cosePatrick: e cos’è?Rossella: il corpo comunicaIo: avete sentito cos’ha detto la Rossella?Tutti: siiii, che il corpo comunicaPatrick: ma cosa comunica?Io: bella domanda, cosa comunica il nostro corpo?Annalisa C.: tante coseIo: bene allora proviamo a fare una cosa, io vi leggo una storia e voi dovete stare attenti alle

emozioni che vengono citate nella storia perché poi dovrete fare delle cose ok?Tutti: siVanessa: cos’è un’emozione?Io: chi spiega alla Vanessa cos’è un’emozione? Annalisa C.: è qualche cosa che senti dentro come quando sei felice o sei tristeVanessa: ah

EMOZIONI

A questo punto ho colto l’occasione, che mi si è presentata nel momento in cui Rossella ha detto che il corpo serve per comunicare, per far cogliere ai bambini come si possono esprimere le diverse emozioni. Per fare ciò ho utilizzato una storia che citasse tanti stati d’animo nei quali i bambini potessero riconoscersi e facilmente immedesimarsi.La storia è:

I PICCOLI GORILLA

Nel fitto di una foresta africana viveva una famiglia di grossi gorilla. Veramente non erano tutti grossi. Era grosso il padre, erano grosse le tre madri,ma c’erano anche i tre piccoli gorillini.

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Tre madri in una stessa famiglia? È già, perché i gorilla maschi non si accontentano di una sola moglie, se ne prendono tre o quattro e sono felici quando ciascuna femmina regala loro un piccolino. E i nostri tre gorillini, Piko, Pako e Boko, stavano crescendo insieme proprio come fratellini.Insieme combinavano qualche birichinata e si nascondevano poi per la vergogna, ma non avevano mai disubbidito a babbo gorilla e non si erano mai allontanati da casa. Perciò, quella mattina che babbo gorilla non trovò i suoi gorillini, si arrabbiò davvero tanto. Se la prese con le mamme che li aveva persi di vista. Le mamme vedendo il papà gorilla così arrabbiato, presero paura e diventarono subito tristi. Il babbo fece “Grunf” dando una grande manata a un alberello che andò a pezzi. Meglio non controbattere, perché un gorilla quando si arrabbia diventa una furia pericolosa. “Avete almeno visto dove sono andati?”. Finalmente li sentì ridere dietro una fitta macchia di cespugli. Si alzò in piedi per vederli meglio.Ed eccoli là. Come si divertivano! Ma non erano soli, con loro c’era una specie di strana piccola scimmia. Era un bambino arrivato fin lì a cogliere banane. Era subito nata un’amicizia. Babbo gorilla non voleva interrompere i loro giochi, così decise di osservare in disparte la scena finché i gorillini non fossero tornati da soli a casa.

Una volta finito il racconto tutti erano in cerchio in silenzio che mi guardavano. Così ho iniziato a porre loro alcune domande.Io: allora com’era questa storia?Annalisa A.: insomma quel gorilla aveva tre mogliDavide A.: beh anche oggi ci sono bambini che hanno più di una mamma o di un papàGaia: secondo me era bellaRossella: ce l’ha racconti un’altra volta?Io: dopo se volete ve la racconto un’altra volta, ma prima sapete dirmi se in questa storia ci sono

degli stati d’animo o delle emozioni?Camilla: certo, ce n’erano tante però non me le ricordo tutteIo: non serve che me le dici tutte tu, dimmene una o due così poi possono dirne un po’ anche gli

altriCamilla: ok, allora c’era la felicità e poi … mmmmm … la tristezzaIo: esatto, e quando tu provi questi sentimenti cosa ti senti dentro?Camilla: è??Io: ad esempio quando sei felice nel tuo corpo senti delle cose o non senti proprio niente?Camilla: quando sono felice mi viene da correre e da ballare però quando sono triste noDavide A.: si e poi da saltareGabriel: io quando sono felice mangioAnnalisa A.: a me da urlareIo: bene, vedete quanti modi diversi che ci sono per esprimere la felicità con il corpo, sapete

dirne altri o voi fate tutti come la Camilla, il Davide e l’Annalisa quando siete felici?Altri: noooDavide F.: io non ballo, muovo il sederePatrick: io faccio così (fa una piccola danza)Annalisa C.: io non lo so, non faccio nienteIo: come non lo sai, quando sei felice hai voglia di stare tutta sola nella tua camera o di uscire a

fare un giro?Annalisa C.: di uscire, a quando sono felice ridoIo: vedi che anche tu usi il linguaggio del corpo per far capire che sei felice?Annalisa C.: siIo: Camilla invece perché prima hai detto che se sei triste non corri e non danzi?Camilla: perché non ho vogliaCarolina: è perché piangiIo: e allora cosa ti viene voglia di fare?Davide F.: a me di stare in camera e per nascondermi da mia sorella a volte mi metto sotto il lettoCarolina: sotto il letto?Davide F.: si, così non mi trova

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Io: bene, il Davide si nasconde sotto il letto e gli altri fanno altre cose?Gaia: io guardo i cartoniLetizia: no, io invece vado nel pratoCarolina: io sono triste quando la mamma si arrabbiaCamilla: non è vero è perché hai pauraCarolina: nooIo: avete sentito cos’ha detto la Camilla? non vi fa venire in mente niente?Davide A.: ha detto che la Carolina ha pauraIo: e la paura non è un'altra emozione?Tutti: siiiiIo: chi mi vuole dire come ci si sente quando si ha paura?Letizia: ti trema tuttoRossella: io invece a volte non mi riesco a muovere e altre mi viene da correreVanessa: nei cartoni aprono la boccaIo: e il respiro com’èVanessa: non si respiraIo: davvero?Davide A.: non è che non si respira è che si fa un respiro grande e poi tanti vicini come quando corriIo: altri che quando hanno paura fanno cose diverse?Patrick: hanno già detto tuttoGabriel: si è veroIo: quindi anche la tristezza e la paura si possono esprimere in modi diversi

Avete sentito altri stati d’animo oltre quelli che ha detto la Camilla?Letizia: si, quando il papà non vede i piccoli si arrabbiaIo: bene bene, il papà si è arrabbiato con le mamme e quindi?Letizia: le mamme diventano tristiIo: si, ma cosa ti senti dentro quando invece sei tu arrabbiataLetizia: vorrei morderePatrick: io prendere a calciDavide A.: anche ioAnnalisa A.: io a pugniRossella: io vorrei fare tante cose ma poi non le faccioGabriel: io rompere qualche cosa che non mi piaceCamilla: io vorrei stare da solaIo: ma allora certe volte non usiamo solo la faccia per far vedere agli altri cosa stiamo provandoDavide F.: non perché se faccio così capisci lo stesso (fa un pugno)Io: quindi oltre al viso usiamo anche le braccia e le maniGaia: delle volte sìCarolina: anche quando faccio così (e dà una carezza a Vanessa)Io: si, e quello che sentimento è?Carolina: èèèèVanessa: che mi vuole beneIo: quindi tu Vanessa sei triste o felice?Vanessa: feliceIo: ok, è più bello essere tristi o feliciTutti: feliciIo: quindi dobbiamo cercare di volerci tutti bene senza fare dei brutti dispetti ok?Tutti: siiiIo: allora abbiamo detto felicità, tristezza, paura, rabbia, ne conoscete altri?Tutti: siiiCarolina: la vergognaCamilla: brava, non mi era neanche venuta in menteDavide F.: la gelosiaGaia: furiaIo: si fa parte della rabbia parò è giusto, è un’emozione

Altre?

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Tutti: mmmmm..Io: va bene così tanto ne avete dette tantissimeAnnalisa A.: possiamo fare il mimo delle emozioniIo: ok, allora ognuno pensi a un emozione e a turno la mimiamo

Pronti?Tutti: siiiPrimo mimoDavide F.: felicitàGaia: siIo: da cosa l’avete capito?Vanessa: dal viso che sorridevaIo: qualcun altro vuole fare ilo mimo?Gaia: ioSecondo mimoCamilla: arrabbiata, infuriataIo: perché?Davide A.: perché fa i pugni e ha la faccia bruttaAnnalisa A.: veroAnnalisa C.: adesso lo faccio ioIo: okTerzo mimoGaia: è tranquilla, è quietaLetizia: cosa fai con le mani?Annalisa C.: sono un mimo non posso parlareLetizia: fallo un po’ meglioCamilla: è annoiataAnnalisa C.: esattoIo: mettiamoci un attimo sedutiGabriel: posso fare io l’ultimo?Io: okQuarto mimoVanessa: pauraIo: wow, al primo colpo, come hai fatto a indovinare subitoVanessa: facile, aveva la bocca aperta e poi si è rannicchiataGaia: sembra che ha visto un mostroIo: perfetto allora adesso mettiamoci in cerchio e provate a dirmi di che colore è secondo voi la

felicità?Tutti: rossoDavide F.: no, gialloVanessa: allora io azzurroAnnalisa C.: anche io azzurroDavide A.: rossoLetizia: verdeCarolina: rosa o fuxiaGaia: invece alla paura te lo dico io nero, blu e violaAnnalisa C.: se no può essere bianco per la felicità e nero per la tristezzaDavide A.: si, i colori chiari per la felicità e quelli scuri per tristezza e pauraVanessa: anche la rabbia è scuraIo: ok quindi tutti avete detto colori chiari per i sentimenti belli e colori scuri per quelli brutti

giusto?Tutti: siii

AMICIZIA E SOLIDARIETÀ

Per trattare il tema dell’amicizia e della solidarietà mi sembrava opportuno iniziare da un’esperienza diretta dei bambini e così ne ho procurata a tutti una uguale proponendo un gioco.

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PALLA FANTASMA

Dopo essere stati seduti in cerchio per tanto tempo, ho ritenuto utile proporre un gioco: palla fantasma. Dato che due bambine sapevano già questo gioco ho chiesto loro di spiegarlo bene anche agli altri compagni. Il gioco prevede che ogni bambino è libero di correre nello spazio stabilito come campo da gioco, nel momento in cui qualcuno prende la palla e colpisce un compagno, questo deve abbassarsi e si può liberare solamente quando lui, o gli altri giocatori, colpiscono il compagno che l’ha colpito precedentemente. Si possono fare massimo tre passi una volta che si ha la palla in mano.

Io: allora vi va di fare un gioco?Tutti: siiIo: questo gioco si chiama palla fantasmaRossella: io lo conoscoIo: bene, voui provare a spiegarlo tu agli altri?Rossella: siDavide A.: però spiegalo bene se no non capiamo nienteIo: certo che lo spiega bene, vai pureRossella: allora, ci serve una persona che tira la pallaVanessa: IoRossella: okVanessa: la tiro a te?Rossella: no in mezzo

Poi il primo che la prende è il fantasma, si gioca praticamente tutti contro tutti.Uno la deve tirare, non so, tu lo tiri e prendi me, io mi abbasso, se prendo la palla e ti prendo tu ti abbassi e io mi libero

Davide F.: io mi posso liberare solo da soloRossella: no, anche se lui viene preso da un altro tu sei liberoIo: praticamente quando si abbassa quello che vi ha preso voi siete liberiLetizia: okRossella: avete capito tutti?Vanessa: noIo: allora diciamolo un’altra volta per la nostra Vanessa,

se si viene presi cosa bisogna fare?Gaia: accucciarsiIo: e come si fa a liberarsi?Davide F.: quando prendono chi ti ha presoIo: allora il limite del campo è dalle sedie laggiù fino alla porta, avete capito tutti?Tutti: siiiIo: bene allora iniziamo, attenti che tiro la palla, chi la prende è il fantasma!

PRONTI … ATTENTI … VIA!!!!

Durante il gioco tutti erano entusiasti e correvano da una parte all’altra della stanza per non farsi prendere. Dopo quasi mezz’ora di gioco ho ritenuto opportuno fermare l’attività e metterci tutti seduti in cerchio per riflettere sull’esperienza appena fatta. Palla fantasma, come detto anche durante la spiegazione da Rossella, può apparire un gioco dove tutti sono contro tutti ma in realtà, durante la partita, accade proprio il contrario perché tutti aiutano tutti. Questo accade in quanto, una volta che uno o più bambini sono stati presi dalla stessa persona, i giocatori ancora in piedi cercano di prendere questo compagno per liberare i loro amici. Inizio così una riflessione assieme a loro per vedere se hanno colto questo velato spirito di squadra.

Io: allora, siete stanchi o ce la fate ancora?Gabriel: siamo stanchi Altri: ce la facciamoIo: bene allora mentre il Gabriel riposa un pochino chi mi vuole dire come funzionava questo

gioco?

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Davide A.: praticamente potevi prendere chi volevi ma se ti prendevano ti potevi liberare solo quando veniva preso chi ti aveva preso

Io: quindi secondo voi era un gioco tutti contro tuttiTutti: siiiAnnalisa C.: no, perché anche gli altri ti potevano liberarePatrick: Si, a me mi ha liberato tre volte il GabrielIo: quindiDavide F.: quindi tutti facevano quello che volevano ma poi ci aiutavamoIo: e perché vi aiutavate se tanto tutti facevate quello che volevate?Davide F.. è, perché è più bello giocare in tanti Camilla: e poi perché magari ne prendevi uno e si alzavano in 4Rossella: infatti tutti quelli presi continuavano a urlare “prendi quello o prendi quella”Io: quindi non è un gioco dove ognuno pensa a solo per séTutti: no, tutti pensano a tuttiVanessa: però me non mi liberavano maiRossella: bugiarda è perché non ti ricordavi mai chi ti prendevaTutti: ridonoGaia: però..non mi ricordo piùDavide A.: io prendevo sempre chi prendeva il Gabriel perché è mio amicoGaia: adesso mi ricordo, tutti urlavano prendi lei come se fossimo una squadraIo: e non lo eravate?Gaia: noIo: non eravate tante squadre come nei giochi dove ci sono più squadre e dove una vince e l’altra

perde però eravate tutti un’unica squadra no?Davide A.: si perché si prendeva prima uno e poi l’altro Io: esatto, non c’era un nemico contro una squadra, eravate tutti assieme che giocavate per

salvare chi era stato preso no?Camilla: si è vero, io ho preso anche teAnnalisa C.: l’ho presa anche ioTutti: ridonoVanessa: possiamo giocare ancora?Io: adesso prima vorrei chiedervi se avete notato delle differenze tra di voiDavide F.: io correvo più veloce di tuttiGabriel: ma cosa dici?? Io correvo più di tuttiIo: perché in questo gioco vinceva chi correva di più?Tutti: noIo: e allora perché bisogna dire chi correva più veloce e chi correva più lento?Davide F.: cosìGaia: i maschi facevano gli stupidi quando prendevano la palla e noi noCamilla: il Patrick cercava di liberarci ma non era capacePatrick: e no!Carolina: noi femmine stavamo più vicinePatrick: per forza voi state sempre vicineIo: quindi tutti siamo diversi uno dall’altro, ma questo cambia qualche cosa?Tutti: noIo: siamo riusciti a giocare lo stesso anche se c’era chi correva più piano, chi correva più veloce

e chi non riusciva a prendere nessuno?Tutti: siDavide A.: si per forza, siamo tutti diversiIo: e questo è un problemaDavide A.: no, anzi, a volte imparo tante coseIo: il Davide ha detto una cosa importantissima, noi siamo tutti diversi ma questo non deve

importare perché possiamo imparare tante cose da chi è diverso da noi, quindi dobbiamo volerci tutti bene giusto?

Gaia: si però sai che c’è una nella mia classe che sta antipatica a tutti?Rossella: e non ha neanche una amica

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Io: perché?Rossella: perché dice sempre tante bugie e fa prendere i castighi agli altri per colpa suaGaia: e poi picchiaDavide A.: dà sempre la colpa a me e il maestro mi dà i castighiAnnalisa A.: ne ha preso uno anche oggiTutti: ridonoDavide A.: non c’è da ridere, non era colpa miaIo: vedete, secondo voi questa bambina è contenta di non avere neanche un’amica?Tutti: noGaia: ma se lo cercaLetizia: una volta era mia amicaIo: e adesso?Letizia: no perché mi dice le parolacce e le bugie a tuttiIo: che brutto, bisogna cercare di essere tutti amici, magari potreste chiederle ogni tanto se viene

a giocare con voiCamilla: l’abbiamo fatto tante volte ma tutte le volte fa piangere qualche uno Io: secondo voi per poter giocare bene tutti assieme cos’è importante?Rossella: che rispetti le regoleCamilla: non dire bugieAnnalisa C.: prendersi le proprie responsabilitàIo: avete detto tutti delle cose giustissime, bisogna sempre essere leali con chi ci circonda, e se

tutti facciamo così non ci sono più bugie, tutti rispettano le regole e si riesce a giocare beneDavide F.: anche a scout c’è una canzone che dice che dobbiamo avere lingua cortese e cuore lealeIo: e non è giusto?Davide F.: certo che è giustoAnnalisa C.: possiamo cantare in un mondo di maschere?Io: cosa?Annalisa C.: quella che cantiamo sempre a scoutGaia: si perché dice che se siamo insieme tutto è più facile quindi centra no?Io: certo che centra, poi è una bellissima canzone

Volete cantarla tuttiVanessa: io non la conoscoCarolina: nemmeno ioIo: allora venite vicino a me che la imparate subito perché è facile

Dai Annalisa iniziala pure

IN UN MONDO DI MASCHERE

In un mondo di maschere,dove sembra impossibileriuscire a sconfiggeretutto ciò che annienta l'uomo;il potere la falsità,la ricchezza l'avidità, sono mostri da abbattere,noi però non siamo soli.Rit. Canta con noi, batti le manialzale in alto,muovile al ritmo del canto;stringi la mano del tuo vicino e scopriraiche è meno duro il cammino così.Ci hai promesso il tuo Spirito,lo sentiamo in mezzo a noie così possiamo credereche ogni cosa può cambiare;

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non possiamo più assistereimpotenti ed attonitiperché siam responsabilidella vita intorno a noi.

Vanessa: è bellissima, come fai a saperlaAnnalisa C.: te l’ho detto, a scoutCarolina: la ricantiamo?Io: ok, ma ascoltate bene le paroleTutti: cantanoIo: allora perché la Gaia ha detto che centra con quello che stavamo dicendo prima?Davide A.: facile perché dice che è meno duro il cammino se stringi la mano del tuo vicinoIo: e cioè?Davide A.: che insieme è più facileCamilla: l’unione fa la forzaDavide F.: poi dice anche all’inizio, aspetta né … dice che il potere e la falsità sono mostri da battereIo: e dopo queste parole?Davide F.: che noi non siamo soliIo: quindi per aiutare quella bambina di prima forse dovete mettervi tutti assieme e farle vedere

com’è bello stare assieme e volersi tutti beneRossella: sarebbe bello che lo capisseIo: allora sai cosa potreste fare?Tutti: cosaIo: prendervi l’impegno tutti assieme di far vedere alla vostra compagna come ci si diverte di

più se ci si rispetta e non ci si mette le mani addossoRossella: non è facileIo: dovete impegnarvi, ci provate?Tutti: è ok!Io: bravi, fate il primo passo voi che siete in tanti e vedrete che prima o poi farà anche lei il suo

DIFFERENZE MASCHI E FEMMINE

Dopo aver cantato e paralato riguardo al valore dell’amicizia e della lealtà affrontiamo il tema delle differenze tra maschi e femmine. La discussione si svolge mentre siamo tutti seduti in cerchio nel mezzo della sala.Io: allora abbiamo visto che il nostro corpo ci serve a un sacco di cose

Chi vuole provare a ripetere velocemente quello che abbiamo sperimentato?Rossella: ioIo: ok, guarda loro e comincia pureRossella: allora, prima abbiamo giocato alle molecole e abbiamo visto che con il nostro corpo si

possono fare tante posizioni e fare degli oggetti, poi abbiamo letto la storiaDavide F.: no, prima c’era il gioco delle lettereRossella: giusto, prima abbiamo fatto il gioco di scrivere le parole con il nostro corpo, poi abbiamo

letto la storia e parlato dei sentimenti..e poi..Davide A.: dai Rossella, poi abbiamo fatto palla fantasma e poi la canzoneRossella: poi palla fantasma e la canzoneIo: ok allora abbiamo visto che il nostro corpo ci serve a tante cose, ma tutti i corpi sono uguali?Tutti: noooo!!Io: e cosa cambia da un corpo all’altroDavide F.: può cambiare il coloreAnnalisa C.: l’altezzaGabriel: il pesoLetizia: il colore dei capelliCarolina: e degli occhiCamilla: se uno è maschio è diverso da una femminaDavide A.: per forza

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Io: tutto quello che avete detto è giusto ci sono tante cose che differenziano un corpo dall’altro, ma adesso parleremo delle differenze tra maschi e femmine proprio come ha detto la Camilla.Secondo voi maschi e femmine cos’hanno si diverso?

Patrick: noi abbiamo il pisellino e loro la patataIo: Sicuramente questa è una delle differenze più evidentiGabriel: Hanno le tetteIo: queste, queste sono tutte differenze fisiche ce ne sono altre?Vanessa: cosa vuol dire fisico?Rossella: che nasci così, che non o decidi tuCarolina: i maschi piangonoPatrick: no, voi siete frigneAnnalisa A.: no voi siete frignosiDavide A.: le donne portano le mutande colorateGaia: gli uomini neriGabriel: di solito le femmine hanno i capelli lunghi e gli uomini cortiRossella: mia sorella gli ha cortiGabriel: di solito ho detto!Vanessa: vestono diverso, le donne certe volte si mettono le gonneAnnalisa C. i maschi sono dei chiacchieroni, continuano a chiacchierareGabriel: no, siete voiDavide F.: prova a venire nella nostra classe e guarda se sono i maschi o le femmine le chiacchierone,

lei ha preso 5 note in un ora perché parlavaAnnalisa C.: si ma dal maestro Claudio che le dà per niente

E poi siamo 12 femmine e 6 maschiLetizia: hanno giochi diverse, le femmine giocano con le bambole o le barbie invece i maschi con i

gormitiIo: quindi maschi e femmine hanno anche giochi diversiGabriel: a me piace giocare con le bambole di mia cuginaTutti: ridonoIo: perché ridete? È un gioco come un altro, non può giocare a quello che gli piace?Davide A.: si ma è da donneIo: e cosa centraDavide A.: niente, ok se vuole giocare lui a me non cambiaDavide F.: per me non ci sono tante differenze, a volte sono diverse perché tipo le donne guardano la

moda invece i maschi sono più normali e si vestono a casoAnnalisa C.: No perché il mio compagno è sempre vestito di marcaDavide F.: Ho detto delle volte non semprePatrick: le donne ridono sempre noi uomini abbiamo i muscoliCarolina: anche la mia mamma ha un sacco di muscoli Camilla: la mia mamma ha tanti muscoli cosìPatrick: ma gli uomini di piùGabriel: quando sei vecchio, quando due persone sono vecchie e si assomigliano molto guardi quello

che dura di più perché le femmine durano di piùTutti: ridonoVanessa: non ho capitoIo: il Gabriel ha detto che siccome solitamente le donne vivono di più quello che muore prima in

una coppia è un maschioTutti: ridonoGaia: le femmine sono più calme e i maschi casinistiGabriel: i maschi sono i più braviAnnalisa A.: le donne si truccanoDavide A.: le donne usano i tacchi noi noCamilla: le femmine sono più intelligenti e i maschi noGaia: cambiano i colori, le femmine usano il rosa mentre i maschi il bluLetizia: le donne sono più elastiche (spaccate)

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Davide a: gli uomini vanno al bar e bevono il vino o la birraGabriel: si, gli uomini si ubriacano e le donne noTutti: ridonoIo: dai che allora proviamo a fare un gioco

GIOCO DEL MIMO

Tutti i bambini e le bambine sono in semicerchio e a turno ognuno prova a mimare delle situazioni e delle azioni. Tutti sono liberi di imitare uomini o donne a piacere.Io: allora abbiamo visto che i maschi e le femmine hanno delle differenze quindi adesso

proviamo a fare il mimo di alcuni personaggi che vi inventate e gli altri devono indovinare se siete maschi o femmine e cosa state facendo ok?

Tutti: siiiDavide F.: inizio ioIo: ok, guardiamo bene il DavideRossella: è una donnaIo: è giusto Davide?Davide F.: siIo: da cosa l’abbiamo capito?Rossella: perché sculettaGaia: e perché si trucca, si mette il mascara e la terraDavide A.: si mette anche le calzeIo: quindi secondo voi cosa sta mimandoGaia: una donna che si vesteDavide F.: quasi, quindi?Camilla: che si truccaDavide A.: noVanessa: che va in giroAnnalisa C.: che si prepara per uscireDavide F.: giustoPatrick: io!Annalisa A.: prende il soleLetizia: si mette la cremaDavide A.: facile, è una donna al marePatrick: giustoIo: come hai fatto a indovinare che era una donna?Davide A.: perché noi non ci mettiamo la crema se non ce la mette la mammaTutti: ridonoVanessa: adesso ioRossella: si vesteGaia: ballaRossella: è un maschioIo: perché maschio?Rossella: perché balla un po’ male Annalisa A.: è un uomo in discotecaVanessa: siDavide A.: adesso io posso?Io: si vaiDavide A.: posso farlo con il GabrielIo: certoLetizia: due uominiIo: PerchéLetizia: perché sono tutti goffi e fanno finta di bere la birraDavide A.: quindiCamilla: siete due uomini al bar che bevonoGabriel: si, ubriachi

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Davide A.: se facevamo due donne dovevamo bere l’acquaDavide e Gabriel rifanno la “scenetta” con anche le voci. Quando imitano due uomini ordinano due birre e usano un tono di voce molto basso, si danno delle botte sulle spalle e si muovono in modo goffo. Nel secondo caso, quando imitano le donne fanno la stessa scena ordinando due bicchieri d’acqua e parlando con la voce molto acuta.

TELEFONO SENZA FILI

A questo punto una bambina chiede se possiamo fare un gioco che le piace tanto, il telefono senza fili. Tutti gli altri accolgono volentieri la proposta quindi ritengo utile farlo. L’unico vincolo che pongo è quello di non dire sciocchezze o parole poco belle riguardo al sesso maschile o femminile perché il clima era abbastanza carico di emozioni.Annalisa A.: possiamo fare il telefono senza fili?Io: adesso?Tutti: siiIo: ok, facciamo il telefono senza fili dai mettiamoci tutti in cerchioDavide F.: posso iniziare io?Io: okCarolina: le femmine sono belleAnnalisa A.: i maschi urlanoDavide F.: le femmine sono chiacchieroneVanessa: soleAnnalisa C.: felicitàRossella: rabbiaPatrick: correreCamilla: ballareDavide A.: i maschi sono i miglioriGabriel: giocare a calcioLetizia: saltareGaia: volersi beneNoemi Giovanazzi

PRIMO GIOCO: Non ci sono squadre, si gioca tutti contro tutti. Il campo deve essere abbastanza grande per fare in modo che tutti possano muoversi liberamente, per questo motivo abbiamo scelto di portarli nel cortile esterno alla parrocchia. I bambini si spargono nel campo e una di noi lancia la palla verso l’alto, stando più o meno al centro dello spazio. Lo scopo di ogni bambino è quello di prendere la palla per poi colpire gli altri. Ogni bambino che afferra la palla ha a disposizione solamente tre passi per muoversi in qualsiasi direzione, cercando di avvicinarsi il più possibile a chi vuole colpire, mentre gli altri sono liberi di correre dove vogliono. Fatti i tre passi il bambino con la palla prova a colpire qualcuno. Se la palla colpisce un altro bambino e cade per terra questo è “preso”. Se la palla, invece, viene presa al volo, è “preso” il bambino che l’ha lanciata. Infine, se la palla non colpisce nessuno, quando cade a terra può essere presa da un altro bambino e il gioco va avanti. I bambini presi devono uscire dal campo e mettersi in disparte, in quella che loro chiamano “la panchina dei presi”. Si potranno liberare e tornare in campo solo quando il bambino che li ha colpiti sarà preso a sua volta. I bambini quindi devono stare molto attenti a non essere presi e, in caso, anche a ricordarsi da chi sono stati presi. Alcuni bambini sono più grandi e più veloci di altri quindi capita spesso che uno o due bambini colpiscano la maggior parte dei partecipanti. Questi bambini però sono anche molto abili a non farsi prendere, di conseguenza capita che la “panchina dei presi” si riempia presto di bambini che non si riescono a liberare. Inoltre, come ci sono bambini più agili, ci sono anche bambini un po’ più lenti che di solito non riescono a prendere quasi nessuno e vengono sempre colpiti. Il gioco finisce quando rimane un solo bambino in campo.Questo è il modo in cui hanno giocato i bambini fino ad adesso. A loro piace molto perché è un gioco di movimento e si divertono tanto che non vorrebbero mai fermarsi.Il sabato che ci siamo incontrate con il gruppo di bambini, abbiamo deciso di far fare loro il gioco “Tutti contro tutti” facendoli divertire molto. Quando li abbiamo fermati, i bambini si sono un po’ lamentati perché

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avrebbero voluto continuare, ma finito tutto ci siamo messi in cerchio in cortile dove stavamo giocando. Questo è quanto emerso:

1. I SENTIMENTI E SCONFITTANOI: Nicolò, ti sei divertito a fare questo gioco?NICOLO’ (uno dei bambini che di solito prende molte persone ed è difficile da colpire): certo!NOI: come mai ti sei divertito tanto?NICOLO’: perché è un bel gioco, è divertenteNOI: sei mai stato preso durante la partita?NICOLO’: no mai (lo dice molto orgogliosamente)NOI:e quindi sei contento di come hai giocato? NICOLO’: si moltoNOI: e tu, Chiara, ti sei divertita?CHIARA (una delle bambine che invece viene presa quasi subito): si (lo dice però a bassa voce e un po’ delusa)NOI: non mi sembri molto convinta, ti piace davvero questo gioco?CHIARA: non molto, mi diverto di più a farne altriNOI:come mai non ti piace questo?CHIARA: perché è noioso!NICOLO’: ma come è noioso! E’ il gioco più divertente!NOI: Nicolò, probabilmente Chiara non la pensa così. Chiara, sei mai stata presa durante il gioco?CHIARA: siNOI: quante volte?CHIARA:tante, non lo so quante… non mi ricordo!(Nicolò si mette a ridere prendendola in giro e Chiara abbassa gli occhi timidamente)NOI: Nicolò, per te è più importante vincere o partecipare in un gioco?NICOLO’: mi piace partecipare, però se vinco è più divertente!NOI: tu come ti sentiresti se fossi rimasto in panchina tutto il tempo?NICOLO’: eh ma a me non piace stare in panchina, per questo preferisco prendere gli altri…NOI: Chiara, tu saresti contenta di vincere questo gioco riuscendo a colpire tutti i partecipanti?CHIARA: si…

Abbiamo subito notato dopo le prime domande qual’ era l’atteggiamento dei bambini: c’era molta differenza tra i bambini che avevano giocato molto e quelli che avevano giocato poco, i primi erano raggianti e si sono seduti con un bel sorriso stampato in faccia, mentre i secondi erano più pacati meno entusiasti. Chiara era timidissima quando parlava con noi e si vedeva come il fatto di aver perso risultava quasi un qualcosa per cui vergognarsi, Nicolò invece era molto esuberante e si vedeva che l’naver vinto lo rendeva molto orgoglioso fino a prendere in giro Chiara per un attimo, perché era stata presa molte volte. E’ emerso immediatamente lo spirito di competizione che si era creato tra di loro.

2. AMICIZIA:NOI: secondo voi, sono più bravi i bambini che vincono o i bambini che perdono?CORO 1: che vinconoooooo … CORO 2: ugualeeeeee …NOI: e perché quelli che vincono sarebbero più bravi?MATTEO: perché sono più forti!NOI: ma tu, qui, quanti amici hai?MATTEO: tanti …NOI: e i tuoi amici sono quelli che vincono o quelli che perdono?MATTEO: alcuni vengono presi, altri sono forti come me!NOI: ma allora è meglio vincere in un gioco o passare del tempo insieme divertendoci in amicizia?CORO: insiemeeeee …NOI: quindi non è importante se si vince o se si perde?CORO: noooooo …NICOLO’: bè però se si vince è più bello!

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Quando abbiamo iniziato a parlare con i bambini la nostra intenzione era quella di farli arrivare alla conclusione che in un gioco quello che conta è partecipare e non vincere, che quello che fa stare bene in un gioco è il clima di amicizia che si crea, ma abbiamo subito notato che far arrivare i bambini a questa conclusione non era facile perché in loro era molto alto l’atteggiamento di competizione. C’è da dire che non è un atteggiamento che mettono in atto con cattiveria ma risulta essere molto spontaneo. Mi ha subito colpito vedere la differenza che è emersa tra i bambini che tendono a vincere e quelli che invece tendono a perdere. Non conoscevamo nessuno di quei bambini, ma Anna, prima di andare sul posto, ci ha raccontato un po’ le caratteristiche del gruppo. Come in ogni gruppo si presentano bambini più esuberanti che tendono a stare al centro dell’attenzione e bambini più timidi che hanno bisogno di qualche incoraggiamento in più per fare le cose. E’ stato molto bello fare il dialogo con loro perché sono emerse tante piccole cos. Non sono uscite esattamente le cose che avremmo pensato dicessero loro, ma ne hanno dette delle altre interessanti e un po’ in base a quello che ci dicevano e a come li abbiamo visti dopo il gioco ci è venuto spontaneo fare le domande che abbiamo sopra riportato. La riflessione che mi è venuta spontaneo fare alla luce delle cose che hanno detto i bambini, è che molte volte risultano accaniti per il raggiungimento della vittoria, come se fosse quello l’obiettivo fondamentale del gioco. Gioco in sé significa etimologicamente spasso, divertimento, festeggiamento, letizia, trattenimento allegro e per quello che ho osservato non è propriamente quello che si è visto nei bambini. I bambini si divertono, questo si, ma principalmente se vincon. Tutti i bambini che perdono solitamente tendono a dire che il gioco fatto non era bello, ma si capisce che ciò è detto solo in relazione al risultato ottenuto. Ciò deve far riflettere perché probabilmente la colpa non è dei bambini ma della società che inculca loro un atteggiamento di competizione, di bravura, di eccellenza. Guardando la realtà però, questi discorsi non portano a nulla, anzi, nel caso dei bambini più timidi, il risultato è solo negativo perché si convincono di non valere abbastanza, di non essere capaci. Le aspettative degli adulti rovinano la semplicità e la naturalezza dei bambini e questo discorso non vale solo per i genitori, ma anche per la scuola che propina continuamente ai bambini gare di tutti i generi il cui obiettivo ultimo deve essere la vittoria. Alla luce di questi discorsi sarebbe giusto che molti programmi fossero rivisti, bisognerebbe dare l’opportunità ad ogni bambino di sentirsi speciale per quello che è, non solo per quanto riguarda la forza fisica, l’agilità, la bravura, ma soprattutto per quanto riguarda i valori, che, va ricordato, si stanno perdendo sempre di più.L’amicizia, la solidarietà all’interno del gioco non sono facili da realizzare, alla fine del secondo dialogo la frase di Nicolò ci ha confermato quello che pensavamo: che per i bambini si, l’amicizia va bene, è bella, ma quando si gioca bisogna vincere, combattere anche contro i propri amici pur di arrivare alla vittoria, e se i miei amici sono quelli che vincono è ancora meglio, è meno umiliante. Se penso che siamo arrivati a questo livello, la cosa è diventata davvero grave, abbiamo fatto perdere completamente il senso del gioco e dell’amicizia ai bambini e questo ci deve portare a trovare una strategia per far riacquistare loro il senso della bellezza dello stare insieme e del volersi bene e dell’aiutarsi anche nel gioco che non deve per forza concludersi in una vittoria o in una sconfitta.

SECONDO GIOCO:Abbiamo fatto giocare i bambini a “Tutti contro tutti” per poterli poi far ragionare su determinati concetti, quali l’amicizia, la sconfitta e i sentimenti. Adesso, anche per farli svagare un po’, li proponiamo un nuovo gioco (una rivisitazione di “Tutti contro tutti”) facendoli successivamente riflettere sugli stessi argomenti. Così potremo valutare gli eventuali cambiamenti di pensiero e di comportamento avvenuti all’interno del gruppo. In questo nuovo gioco, saremo noi a scegliere tre bambini e bambine che dovranno prendere tutti gli altri toccandoli semplicemente con una mano. Quando si viene presi, bisogna fermarsi e rimanere in piedi con le gambe divaricate, stando immobili. Solo un altro bambino potrà liberare il prigioniero passando sotto le sue gambe. Il gioco finisce quando tutti i bambini (esclusi quelli da noi scelti) saranno prigionieri. Abbiamo deciso di scegliere, non a caso, tre bambini che solitamente nel classico “Tutti contro tutti” vengono presi con più facilità, dando loro l’opportunità di sentirsi protagonisti del gioco. I bambini scelti sono Sonia, Luca e Deborah, tutti di otto anni e particolarmente minuti. Appena iniziato il gioco i tre bambini riescono ad imprigionarne molti altri, lavorando in squadra. I bambini più grandi tendono a giocare come sempre, coalizzandosi tra loro. Nonostante questo però, con le nuove regole, abbiamo notato che i bambini più piccoli, sfruttando la loro agilità data dalla loro statura, risultano

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essere più adatti a liberare gli altri. Quindi, coloro che nel primo gioco si trovavano più in difficoltà, ora riescono a trarre vantaggio dalle loro caratteristiche fisiche e ottenere anche una soddisfazione personale. Allo stesso modo vi è un cambiamento nei confronti dei bambini che nel classico “Tutti contro tutti” erano i più scaltri: se precedentemente la loro fisicità li aiutava a vincere il gioco, ora è proprio questa a metterli in difficoltà. Infatti, la loro statura non consente loro di passare agilmente e velocemente sotto le gambe di un compagno per poterlo liberare; ed è proprio in questo momento che si rendono più vulnerabili e molte volte vengono presi. C’è da dire che anche i piccoli vengono spesso imprigionati, ma risultano essere comunque i più adatti per questo gioco. Dopo qualche minuto i “grandi” si rendono conto che per poter continuare a giocare devono essere liberati, e per farlo hanno bisogno dell’aiuto dei più piccoli. Quindi notiamo un cambiamento: i “grandi” non si coalizzano più esclusivamente con i loro amici, ma coinvolgono a tutti gli effetti anche i “piccoli”, con i quali prima non c’era un particolare feeling. Dopo circa venti minuti decidiamo di interrompere il gioco per poterci riunire e riflettere nuovamente con tutti. Quindi, ci sediamo tutti in cerchio per poterci guardare meglio occhi. NOI: vi è piaciuto questo nuovo gioco?CORO: siiiiiii …NOI: qualcuno ci aveva già giocato?CORO: noooooooo …NOI: e c’è stato qualcuno più bravo degli altri?MIRIAM: no!NOI: io ho notato che Sara (una delle piccole) è riuscita a liberare molti compagni …GIACOMO: eh grazie, perché lei è più piccola!NOI: e allora?GIACOMO: ci passava sotto le gambe … NICOLO’: era veloce e non si doveva abbassare neanche tanto.NOI: Sara, liberavi tutti o solo i tuoi amici?SARA: tutti …NICOLE: non è vero! A me non mi hai mai liberata anche se ti chiamavo. Mi ha liberato Giulio …NOI: bè ma è normale perché eravate in tanti a giocare, bisognava liberarsi a vicenda. Ho visto Federica che addirittura liberava contemporaneamente due persone: vero Nicolò e Matteo?!NICOLO’: si perché lui mi stava liberando però poi Deborah l’ha preso e allora eravamo prigionieri vicini e poi Federica ci ha liberato!NOI: Matteo si è incastrato sotto le tue gambe?NICOLO’: eh si non ci passava …NOI: Matteo, come mai?MATTEO: eh perché lui teneva le gambe chiuse …NICOLO’: non è vero!!se ero messo così (e glielo mostra)NOI: ok non è importante! Però Federica ha liberato tanti bambini, non solo i suoi amici, giusto?CORO: siiiiiiii …NOI: questo gioco è più veloce e non ci sono quasi mai bambini che per molto tempo rimangono fermi senza poter giocare. Vero?CORO: siiiiiiii …NOI: quindi da oggi potremmo provare a fare dei giochi più veloci in cui i bambini non rimangono fermi in panchina per troppo tempo, ma invece vi aiutate a vicenda per poter continuare a giocare tutti insieme divertendovi! va bene?CORO: ooooook!!!!

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GIURIOLA

1° Incontro: Dicembre 2010Tema: Le parti del corpoInvito i bambini a riunirsi in cerchio.Mi siedo in cerchio insieme a loro e chiedo loro di presentarsi.Mi presento prima io in quanto mi conoscono solo di vista e molti non capiscono perchè io sia lipresente.I bambini si presentano dicendo il loro nome e da quale sezione vengono.Terminata la presentazione li invito ad imparare insieme a me una canzoncina, che ciaccompagnerà durante tutte le interviste.Drago, salta su,che già l'ora è suonata!Drago salta su, cominciato è il dì.Tra poco al ruscelletto fra le roccecorreremoe lieti all'acqua fresca tutti insieme cilaveremo.La giungla già ci attendepresto in caccia partiremo.La pista in mezzo al bosco pronti e sveltiseguiremo.Abbiamo imparato prima le parole ed il ritmo e poi anche i movimenti che accompagnano ilcanto.Spiego loro che il Drago che chiamiamo con la canzone è il nostro amico Scintillino e che saràil protagonista dei nostri incontri, infatti durante le interviste ho utilizzato una marionettacon le sembianze di un drago.Racconto ai bambini che il nostro amico Scintillino ha una passione sfrenata: danzare! Chiedose anche a loro piace ballare e le risposte sono quasi tutte affermative.Qualcuno sta in silenzio ed allora provo a coinvolgerlo chiedendogli se ha mai ballato primad’ora.Un bimbo mi fa cenno di no con la testa ed allora gli chiedo se gli piace correre o saltare.Questa volta mi risponde affermativamente.Chiedo ai bambini qual è la differenza tra danzare e muoversi con il corpo.All’inizio c’è silenzio, ma poi si alza una voce dal gruppoAndrea: “Quando si danza ci si muove con l’orecchio!”.Rimango sbalordito dall’affermazione, ma decido subito di approfondireIo: “Spiegati meglio, cosa vuoi dire che ci si muove con l’orecchio?”Andrea: “Beh, è l’orecchio che mi dice che cosa devo fare”Io: “Ma perché cosa succede all’orecchio?”.Elena:“Perché l’orecchio sente la musica e io mi muovo ascoltando la musica!”.Io: “Ma con che cosa si balla?”Elena: “Con i piedi”.Luca: “Con le mani e le gambe”.Redzep: “Con tutto il corpo”Andrea: “Si balla con la musica e ci si muove”Jasmine: “Si balla con la musica e con le altre persone”Io: “Ma perchè si balla?”Alessia: “Perchè ci piace”Francesca: “Perchè facciamo come le ballerine”Luca: “Si, come quelli che ballano in televisione”Jasmine: “Io ballo come fa la mia mamma a casa”Andrea: “Anche la mia mamma balla e mi fa tanto ridere”Io: “Ti piace ridere?”Andrea: “Si tantissimo e poi mi viene male alla pancia”Alessia: “Anchio rido tanto quando sono contento”Io: “E cosa vuol dire essere contento?”

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Martina: “Vuol dire non piangere”Francesca: “io sono contenta quando vado in piscina”Matteo: “Io invece sono contento quando vado dai nonni”Luca: “Io sono contento quando non sono triste”Io: “E' più bello essere tristi o essere contenti?”Martina: “Essere contenti”Luca: “Ovvio che è essere contenti..”Alessia: “Essere contenti”Andrea: “Mi piace più ridere che piangere”Io: “Dai che adesso andiamo a far muovere tutte le latri parti del corpo”Martina: “Si che bello!!!”Andrea: “Andiamooooo”Luca: “Corriamo...”Facciamo una breve riflessione sulle varie parti del corpo che abbiamo e tutti insiemevediamo se le conosciamo.Proviamo a muovere:- la testa: facciamo dei movimenti rotatori e facciamo cascare la testa inavanti, all’indietro, a destra e a sinistra;- le spalle: facciamo sussultare le spalle e le facciamo scendere e salirevelocemente e lentamente;- le braccia: svolgiamo dei movimenti segmentati che salgono singolarmentedal gomito, si allungano e poi si aprono in un grande abbraccio; ci autoabbracciamoruotando il torso da un lato, poi dall’altro, quindi in centro; sciogliamo l’incrocio aprendoverso l’alto e facendo un gran respiro.Appena termintata questa sequenza chiedo ai bambini:Io: “Cosa vuol dire abbracciarsi?”Andrea: “Vuol dire volersi bene”Luca: “La mia mamma mi abbraccia sempre ma io non voglio”Francesca: “Si perchè tu sei un maschio e non ti piacciono le coccole”Martina: “E' vero anche a mio fratello non piace essere sbaciucchiato”Redzep: “Il mio papà abbraccia e bacia sempre i suoi amici quando li incontra per la strada”Matteo: “I maschietti non si devono abbracciare”Redzep: “Non è vero”Alessia: “Il mio papà abbraccia sempre la mamma”Io: “Ma perchè i maschi non si devono abbracciare? E' vero secondo voi?”Elena: “Perchè i maschi pensano sempre a giocare a calcio e non pensano alle coccole”Martina: “Le bambine si abbracciano più dei maschi”Andrea: “Le bambine piangono sempre e per questo dovete abbracciarvi. Noi invece siamoforti come i guerrieri e non abbiamo bisogno degli abbracci”.Luca: “Però i calciatori quando segnano un gol si abbracciano”Io: “Ah.. allora si abbracciano anche i maschi”Luca: “Si quando sono contenti e vogliono festeggiare”Alessia: “Si è vero”Elena: “A me piace quando vedo che anche i maschi si vogliono bene”Io: “E' bello quindi volersi bene?”Redzep: “Si è bello stare tutti insieme”Andrea: “Si perchè ci divertiamo”Jasmine: “Si perchè così giochiamo”Luca: “Si perchè alla scuola materna ci divertiamo tutti insieme”Andrea: “Si è bellissimo”Continuo l'attività proponendo una filastrocca con le mani:- le mani: per muovere bene le dita e le mani propongo una filastrocca:Fritta fratta frotta frettaio mi faccio una casettavien del sol la luce bellaad aprir una finestrella.

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babbo viene ad affacciarsimamma all’uscio vuol mostrarsi.Viene un vento di magiabutta giù la casa mia tanti uccelli volan via.La filastrocca ha successo e mi chiedono di ripeterla un paio di volte.Li accontento e passiamo poi al busto.- il busto: ci muoviamo come delle campane ed ad ogni DON ci spostiamo inavanti o indietro a destra e a sinistra.Cerchiamo di spingerci sempre più in giù cercando di toccare il pavimento con il naso.- le gambe: finalmente ci alziamo in piedi.Visto il successo di Fritta Fratta Frotta decido di proporre un'altra filastrocca per far muoverele gambette:Sgambettina e Saltellinaproprio ferme non san stare.Sono sempre in movimentoVogliono correre e saltare.Io vi presento la mia bella sorellinaAbitiamo tutte e due nella nostra casettina.Laggiù, laggiù si sente fare chiassoSono le due gambetteche insieme vanno a spasso.Lassù lassù si vede un filo d’oro.Sono le due manine intente nel lavoro.Anche questa filastrocca riscuote successo.Faccio notare ai bambini che con questa filastrocca ci siamo mossi a ritmo, le nostre gambehanno seguito il ritmo delle nostre parole. Anche questo è danzare.- i piedi: cerchiamo di mantenerci in equilibrio sulle punte e cerchiamo dimantenere l’equilibrio sui talloni.E’ difficile, ma cerchiamo di riuscirci.Inserisco un CD di musica classica nello stereo.Invito i bambini a sdraiarsi.Proveremo a danzare con una sola parte del corpo, quella che io pronuncerò.Non è semplice.Ho scelto apposta una musica lenta per evitare che i bambini sentano il bisogno di muoversie perdano di vista la consegna, ma la voglia di scatenarsi è troppo forte.Alcuni bambini inoltre per difficoltà linguistiche non riescono a comprendere la consegna.Insisto comunque e mi dispongo frontalmente a loro in modo tale che possano vedere comemi muovo e mi possano imitare.I bambini sono sdraiati sui materassini e li invito a muovere prima solo un dito, poi la mano eper ultimo il braccio.Riescono ad eseguire i movimenti che mostro loro senza problemi, anche se qualcuno nonriesce a fare a meno di muovere anche le gambe.Do la consegna di cominciare a muovere il busto e così piano piano ci ritroviamo seduti. Persuggerire nuovi movimenti li invito ad imitare le scintille che Scintillino ama far uscire dallasua bocca.Cominciamo così a fiammeggiare come le scintille.Invito i bambini a seguire la musica, ci muoviamo in avanti all’indietro, a destra e a sinistra.I piccoli danzatori mi seguono ridendo, si stanno divertendo.Racconto che Scintillino ad un certo punto starnutisce ed incendia un cespuglio.La musica aumenta il ritmo e come per magia i bambini diventano il cespuglio in fiamme e lefiamme cominciano ad alzarsi ed è così che anche le gambe possono cominciare a muoversi.All’inizio si muovono lentamente, ma poi arriva il vento e le fiamme cominciano a propagarsinel bosco.E così i bambini cominciano ad appropriarsi degli spazi della palestra.Hanno bisogno di qualche sollecito a continuare a seguire il ritmo della musica.Per soddisfare il loro bisogno di movimento vivace inserisco nello stereo un CD di musica

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allegra e ritmata.I bambini hanno così modo di scatenarsi.Cerco comunque di ricordare loro la consegna: seguire la melodia ed il ritmo.Gli lascio a disposizione 5 minuti, per permettere loro di liberare la loro voglia di muoversiliberamente.Ai bambini è piaciuto tantissimo fare il fuoco e dopo averli messi in cerchio nuovamentechiedo loro:Io: “Bambini, cos'è per voi il fuoco?”Andrea:” E' quello che la mamma usa per cucinare”Luca: “E' quello che il nonno accende il cammino”Martina: “E' quello che brucia i boschi in estate”Elena: “ E' quello molto pericoloso perchè brucia tantissimo”Redzep: “Si io mi sono bruciato quando ero piccolo”Francesca: “A me il fuoco a paura perchè posso bruciarmi”Matteo: “Anchio ho tanta paura di bruciarmi”Io: “E cosa vuol dire avere paura?”Luca: “Io ho paura del buio”Alessia: “La paura è quella cosa tutta nera”Francesca: “La paura è quando si trema e si piange”Matteo: “La paura è quando non vuoi restare solo”Redzep: “Io ho paura delle persone che non conosco”Io: “Come si fa a far passare la paura?”Andrea: “Chiamo la mamma”Luca: “Accendo la luce”Elena: “Penso alle cose belle”Francesca: “Guardo i cartoni animati”Martina: “Chiudo gli occhi”Redzep: “Scappo via veloce”Matteo: “Corro nel lettone della mamma e del papà”Io: “Allora bambini ognuno ha una paura diversa... chi ha paura del fuoco cosa fa?”Luca: “non lo accendo”Matteo: “Sto lontano”Alessia: “Non lo tocco”Francesca: “Lo guardo ma non lo tocco”Andrea: “Chiamo il papà”Elena: “Chiama i Vigili del Fuoco”Io: “ E chi ha paura del buio cosa fa?”Luca: “Accendo la luce”Martina: “Dorme con la luce sul comodino accesa”Elena: “Chiamo la mamma”Redzep: “Cerco di dormire e di fare dei bei sogni”Francesca: “Anchio dormo con la luce accesa”Io: “E Redzep che ha paura degli estranei cosa fa?”Martina: “Sta vicino alla mamma e al papà”Francesca: “Non gli parla”Luca: “Sta a casa”Andrea: “Maestro ma io voglio giocare ancora”Luca: “Anchio voglio giocare”Capisco che la loro soglia di attenzione si sta abbassando e di conseguenza continuo con leinterviste nei giorni successivi.

2° Incontro: Dicembre 2010Tema: La respirazione, la morte, DioI bambini si siedono in cerchio ed io mi siedo insieme a loro.Li saluto e chiedo loro di presentarsi in modo da poter memorizzare meglio i nomi.

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Cantiamo insieme la canzone Drago salta su, che i bambini cominciano ad imparare, la ripetiamo un paio di volte così da poterla ricordare meglio.Chiedo ai bambini che cosa ci permette di danzare oltre ai nostri muscoli.Le risposte non ci portano dove vorrei e così prendo un palloncino sgonfio e lo gonfio.Chiedo “come mai il palloncino si è gonfiato?”.I bambini rispondono quasi in coro “perché ci hai soffiato dentro!”.Allora chiedo “ma che cosa ci ho soffiato dentro?”I bambini mi rispondono “l’aria!”.Allora chiedo loro “E con che cosa si soffia l’aria?”.Martina: “Con la bocca no?”Redzep: “Con quelle cose che ci sono dietro il petto” (battendosi sul torace)Elena: “Ma dietro c'è la schiena”Alessia: “Ma con la schiena non fai l'aria”Andrea: “Respiri con la bocca però devi fare un grande respiro e trattenere il fiato”Luca: “Si ma se trattieni il fiato e non respiri poi muori”Io: “E che cosa vuol dire morire?”Elena: “Vuol dire volare in cielo come ha fatto la mia nonna”Martina: “Sì vuol dire andare a volare con gli angeli”Luca: “Le persone che sono morte non le vediamo più”Andrea: “Vicino al supermercato c'è un posto dove mettono sottoterra tutti quelli che sono morti”Alessiaa: “Si chiama cimitero e ci sono tanti fiori e tanti... quei cosi lì con dentro il fuoco che se lo tocchi brucia”Elena: “I lumini! Sì li può accendere solo la mamma e il papà ed anche loro a volte si bruciano”Andrea: “Io ho pianto tanto quando è morta la mia nonna, perchè non la potevo più abbracciare, come il mio nonno”Luca: “Sì, è brutto quando muoiono le persone, perchè non le possiamo vedere più”Elena: “Ma in cielo però loro sono felici e ci guardano”Andrea: “Ma noi non possiamo vedere loro ed è brutto e fa venire da piangere”Io: “Sì è triste quando muore qualcuno che ci sta vicino, ma per fortuna rimangono tante altre persone che ci vogliono bene e non siamo da soli”Luca: “Ma perchè si muore, maestro?”Io: “E' una bella domanda! Voi cosa ne pensate?”Elena: “La mia nonna è morta perchè era vecchia e tanto malata”Andrea: “Mio cugino è morto perchè è caduto con la bici ed ha sbattuto forte la testa e io adesso metto sempre il casco quando vado in bici così non muoio anch'io”Redzep: “Si muore quando si è cattivi e si va in un posto brutto”Martina: “Ma non è vero! Quando voi siete cattivi le maestre vi mettono in castigo, non morite mica!”Fabio: “Si muore quando si fa qualcosa di pericoloso e ci si fa tanto male”Elena: “La mia mamma dice che si muore perchè lo decide Dio”Io: “Ma chi è Dio?”Andrea: “Dio è il salvatore del mondo e della patria”Martina: “Ha creato il cielo e ha rischiato la vita per noi”Elena: “Dio è tipo uno spirito che sta nel cielo, ma a volte sta pure sotto terra tipo”Luca: “E' quello che ha creato il mondo, ha creato gli animali, ha creato l'uomo, ha creato le piante, ha creato il mare, ha creato i pesci...Redzep: “Ha creato molte cose ed ha creato anche noi con l'argilla,senza che Dio ci ha creato noi non potremmo vivere”Matteo: “E' un uomo che sta in cielo e ha creato tante cose, gli animali, l'uomo, l'intelligenza... e l'uomo con l'intelligenza ha creato la lavagna, le case, i tetti, i pianoforti, i telefoni.. tante cose...Francesca: “E' il padre di tutti”Io: “Qual'è la storia di Dio?”Jasmine: “La storia di Dio è religiosa”Alessia: “La sua storia è una storia da principe azzurro, quello che esiste veramente”Andrea: “Dio nasce.. cioè certe signore dicono che Gesù nasce perchè Dio gli da la forza divina.. e Dio e Gesù stanno sempre insieme”Luca: “C'era Dio che era suo padre, però dopo è nato Gesù che però il suo papà sulla terra era Giuseppe”

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Francesca: ”Lui è sceso sulla terra per fare i miracoli”Elena: “Gesù passeggiava quando dei cattivi che pensavano che l'avevano visto, l'avevano preso e l'avevano legato e quello che prima era legato è stato liberato.. ma Gesù non è stato legato con la corda ma con dei chiodi. E poi avevano messo la corona di spine. Gesù ha detto ha detto perchè mi hai lasciato? Ma lui non l'ha lasciato perchè gli ha dato ancora un po' di giorni di tempo e dopo si è sofricato (sacrificato) per tutta la gente della terra.Alessia: “Gesù era invisibile e nessuno poteva vederlo”Io: “Perchè alcune persone credono in Dio e altre no?”Francesca: “Perchè la mamma e il papà gli hanno insegnato a fare le preghiere e quelli che non ci credono è perchè hanno un altro Dio”.Martina: “Io ci credo però alcune cose sono strane”Andrea: “Ognuno ha delle idee diverse”Luca: “Una volta c'era un Dio solo e poi è arrivato un guerriero che con la spada lo ha rotto in tanti pezzi”Francesca: “Ma non è vero”Luca: “Si che è vero.. e i pezzi di Dio sono andati nel mondo e le persone hanno fatto tante religioni”Francesca: “Non è vero perchè Gesù ha fatto una religione e tutte le persone credono a lui”Matteo: “Io non devo credere solo a Gesù perchè i miei genitori mi hanno detto che devo credere a tutti i Dio che ci sono nel mondo”Andrea: “E' vero perchè se non tutti parliamo la stessa lingua ci si annoia”Elena: “I miei genitori mi hanno detto che devo credere a Dio”Redzep: “Forse alcuni ci credono perchè forse esiste ancora e quelli che non ci credono dicono no non esiste perchè è in cielo però secondo me in verità vive ancora in cielo”Matteo: “Quelli che ci credono sono cristiani e gli altri beati”Martina: “Forse in ogni regione c'è un Dio diverso, come in Francia perchè in Francia ce né un'altro e non c'è Gesù”Io: “Secondo voi bambini chi sono i Santi?”Francesca: “I santi sono San Giuseppe, cioè delle persone buone che sono morte e poi hanno fatto i miracoli”Andrea: “E loro festeggiano il compleanno quando sono morti perchè hanno fatto tanti miracoli e sono stati buoni. Non sono come noi che festeggiamo il compleanno quando siamo nati, loro quando muoiono fanno una grande festa”Alessia: “I santi sono quelli che il papà tiene nel portafoglio”Elena: “La mia mamma li chiama sempre prima di mangiare”Luca: “Anche il prete in chiesa li chiama spesso”Matteo: “A casa ho il calendario con i santi”Martina: “Maestro adesso torniamo a giocare con i palloncini?”Luca: “Si come prima.. dai dai che giochiamo ancora”Andrea: “Si si prendiamo i palloncini”Concludo questa lunga intervista e riprendo il discorso sui polmoni che avevamo iniziato.Spiego così che sono i polmoni che ci permettono di soffiare, ma anche che respirare è molto importante! Per far capire meglio che cosa intendo per respirazione invito i bambini adalzarsi in piedi.Rimaniamo in cerchio ed al mio tre respiriamo profondamente.Facciamo un bel respiro: prendiamo l’aria (inspiriamo) con il naso e la buttiamo fuori (espiriamo) con la bocca.Per aiutarci a comprendere meglio il processo della respirazione rilassiamo le spalle, le braccia e le gambe.Ci pieghiamo leggermente sulle ginocchia: quando inspiriamo ci raddrizziamo e quando espiriamo ci pieghiamo sulle ginocchia facendo finta di essere dei palloncini che si sgonfiano.Non è semplice per i bambini: molti di loro si concentrano sul movimento e danno meno attenzione alla respirazione.Provo a stimolarli invitandoli a respirare più lentamente, facendo la mossa di “gonfiarci e sgonfiarci” molto lentamente.Poi proviamo a “gonfiarci e sgonfiarci” molto velocemente. Enfatizzo molto la mia respirazione così da far loro capire su cosa devono porre attenzione ed al termine dell’esercizio tutti quanti eseguono l’attività correttamente.Consegno ad ogni bambino un palloncino.

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Spiego loro che questo palloncino non lo dovranno toccare, ma lo potranno spostare soltanto soffiandoci sopra.Mostro loro come bisogna fare e li invito quindi a sdraiarsi a pancia in giù in modo da avere la faccia davanti al palloncino e da poterci soffiare sopra facendolo così spostare.Proviamo, ma i bambini sono più attratti dal far muovere il palloncino e così usano le mani per farlo andare di qua e di là.Decido allora di dividere il gruppo: faccio svolgere l’attività prima con quattro bambini e poi con gli altri quattro.In questo modo ho la possibilità di sollecitare personalmente i bambini ad usare il fiato ed a tenere ferme le mani.Dopo che tutti quanti hanno provato l’esercizio li invito a disporsi su due linee, in modo da avere un bambino di fronte ad un altro.Il gioco che intendo proporre consiste nel far muovere il palloncino da un componente ad un altro.Il soffio che i bambini dovranno dare al palloncino deve essere molto forte così da poter raggiungere il compagno che si trova all’incirca ad un metro e mezzo di distanza.Non è facile perché i palloncini non volano sempre nella direzione in cui è il compagno.Per non far affaticare i polmoni dei bambini decido di riprendere la conoscenza delle parti del corpo.Propongo quindi un attività in cui si può toccare il palloncino solo con una parte del corpo senza fargli toccare il pavimento.Menziono quindi prima la mano, poi il braccio, la testa, la pancia, il piede e la gamba.I bambini si divertono e si ricordano bene tutte le parti del corpo.Svolgo anch’io l’attività con loro per permettere loro di comprendere meglio quali sono le parti del corpo che menziono.Al termine dell’attività li lascio toccare il palloncino con tutte le parti del corpo.

3° Incontro: Dicembre 2010Tema: Il ritmo, la guerraI bambini si siedono in cerchio ed io mi siedo insieme a loro.Li saluto e chiedo loro di presentarsi per poter memorizzare meglio i nomi.Cantiamo insieme la canzone Drago salta su, che i bambini cominciano a memorizzare.Come accompagnamento a Drago salta su utilizzo un tamburello che oggi utilizzeremo per la nostra attività.Io: “Sapete come si chiama questo oggetto?”Martina: “Sì, sì, io lo so: è un tamburello!”Io: “Ed a che cosa ci serve un tamburello?”Andrea: “Ci si fa la musica!”Io: “Bene! Allora col tamburello possiamo fare una musica ritmata. Sapete che cos’è il ritmo?”Mi rendo conto che ho preteso troppo da loro. Ripropongo la domanda:Io: “Si può fare una musica lenta o una musica veloce?”Elena: “Se si batte forte forte, si fa una musica veloce, se invece si batte piano piano, si fa una musica lenta”Anche se Elena non l’ha espresso molto chiaramente, capisco che ha compreso il concetto.Spiego agli altri bambini che cosa intendeva dire Elena.Io: “Se io batto tante volte sul tamburello, allora la musica sarà velocissima, se invece iobatto sul tamburello poche volte, facendo molte pause, allora la musica sarà molto lenta.Avete capito bambini?”Alessia: “Si ho capito”Luca: “ Eh si che ho capito”Andrea: “”Si si”Francesca: “Si maestro”Invito i bambini a battere le mani quando io batto sul tamburo.Comincio con un ritmo molto lento ed i bambini mi seguono attentamente.Un po’ alla volta aumento il ritmo, fino a renderlo molto veloce.Io: “Ma possiamo battere solo le mani, o c’è qualche altra parte del corpo che possiamo battere?”Luca: “I piedi!!!”Andrea: “Si come i calciatori”Elena: “Ma i calciatori non ballano”Alessia: “ E' vero”

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Invito così i bambini ad alzarsi in piedi e a fare bene attenzione a seguire il ritmo.Stiamo fermi al nostro posto e ci concentriamo solo sul ritmo che producono i nostri piedi.Non ci dobbiamo muovere da dove siamo e per farglielo comprendere meglio posiziono dei cerchi sul pavimento ed i bambini vi si mettono in piedi all’interno.Non devono assolutamente uscire dal cerchio in quanto si trovano in un lago di lava: se uscissero dal cerchio si brucerebbero tutti.Una volta che l’attività di fraseggio con i piedi è terminata, passo tra i bambini con un telo blu, spiegando loro che sto eliminando tutta la lava.Una volta che la lava è stata tutta eliminata invito i bambini ad appendere i cerchi e a tornare al loro posto.Aspetto che tutti i bambini abbiano terminato il riordino e spiego loro che cosa faremo nel prossimo gioco. Io batterò un ritmo col tamburo e loro dovranno camminare per la sala seguendo il ritmo come se fossero dei soldati.Se il ritmo sarà lento allora dovranno limitarsi a marciare lentamente e se il ritmo si farà più veloce allora dovranno aumentare la velocità, ma dovranno sempre e solo camminare marciando, è vietato correre e saltare.Comincio a battere il ritmo ed i bambini rispettano la consegna, ma hanno qualche difficoltà in più quando il ritmo si fa più sostenuto.Ci sediamo in cerchio per riposarci, ma soprattutto per conversare su quello che sarà il prossimo tema importante: la guerra.Io: “Chi abbiamo imitato adesso?”Martina: “I soldati”Andrea: “I militari, come mio papà!”Luca: “Il mio papà fa il poliziotto e quando ci sono le feste importanti marcia anche lui, ma disolito và in giro con la macchina a cercare le persone cattive”Io: “Che cosa fanno i militari ed i soldati?”Matteo: “Combattono e fanno la guerra!”Andrea: “Il mio papà è militare, ma non fa la guerra, lavora in ufficio”Matteo: “Sì, perché qui non c’è la guerra ed i militari si riposano in caserma ed aspettano che arrivi la guerra”Martina: “Ma qui la guerra non arriva perché non ci sono le persone cattive”Io: “Ma che cos’è la guerra?”Redzep: “E’ quella che c’è nel mio paese. E’ una cosa brutta. Ci sono le persone che piangono”Jasmine: “Sì, anche nel mio c’era la guerra e siamo dovuti scappare. C’era chi scappava perché c’erano i cattivi che sparavano per strada e non gli importava se eri buono o cattivo.Loro sparavano solo”Andrea: “Il mio papà è stato in un posto dove c’era la guerra e ha detto che lì i bambini non possono giocare in cortile perché è tanto pericoloso.”Alessia: “Io non voglio che qui arrivi la guerra…”Io: “Stai tranquilla Martina che qui la guerra non arriva. Ma secondo voi perché scoppia la guerra?”Andrea: “Perché le persone si mettono a litigare e non riescono a fare pace ed i loro amici diventano nemici e poi prendono i fucili e cominciano a spararsi”Redzep: “La guerra scoppia perché… Non si ha tanto da mangiare”Jasmine: “Nel mio paese c’è la guerra perché non vogliono stare tutti insieme nello stesso posto”Martina: “C’è la guerra dove ci sono tante persone cattive e qui non ci sono”Matteo: “Ma se arrivano le persone cattive la guerra scoppia anche qui”Alessia: “Non è vero! Tu sei un maschio e vuoi la guerra, ma la guerra non è il gioco che fai tu in cortile con gli altri! E’ una cosa brutta e le persone muoiono!”Redzep: “Sì nel mio paese sono morte tante persone. Così siamo venuti via.”Jasmine: “Anche noi siamo venuti via per non morire.”Io: “Sì la guerra è una cosa molto brutta. Per questo dobbiamo volerci bene ed andare tutti d’accordo! Dobbiamo fare come le rane!”Jasmine: “Come le rane?”Io: “Sì come le rane che sono nello stagno e saltellano allegramente. Volete fare come loro?”I bambini acconsentono volentieri. Non è semplice, perché non tutti sanno saltare bene.Decido quindi di mantenere il ritmo abbastanza lento anche per non farli affaticare troppo.Ogni tanto mi fermo per farli riposare e poi riprendo.

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Al termine dell’attività eseguo qualche battuta un po’ veloce ed i bambini seguono il fraseggio attentamente.Per riprenderci svolgiamo l’esercizio della respirazione che avevamo svolto nell’incontro precedente e sottolineo l’importanza della respirazione: “anche il nostro respiro ha aumentato il ritmo! Adesso respiriamo proprio velocemente”.Quando i bambini si sono riposati propongo loro l’ultima attività dell’esplorazione di oggi.Prima abbiamo camminato, poi abbiamo saltato ed adesso correremo.I bambini sono entusiasti.Spiego loro che però dovranno continuare a prestare attenzione al ritmo che batto. I bambini più vivaci non rispettano attentamente le consegne date, ma gli altri riescono anche a correre piano.Quest’oggi come spazio autonomo di esplorazione e composizione, decido di inserire un CD di musica irlandese che avevo acquistato durante un mio viaggio e che mi sembrava adatto per un’eventuale attività scolastica.Invito i bambini ad alternare i vari schemi motori facendo bene attenzione al ritmo del brano.Concedo loro un tempo di 5 minuti abbondanti.Come conclusione della giornata propongo una fantasia rilassante che avevo giàsperimentato e che si chiama Il corpo dentro2.2 Tagliabue 2003, pag.42Invito i bambini a posizionarsi in cerchio ed a provare a chiudere gli occhi anche se so che con questa fantasia non è semplice mantenere gli occhi chiusi.Proviamo a sentire il nostro corpo dall’interno;chiudi gli occhi e porta le mani sopra la testa, oracomincia a toccarti la testa ed accarezzala comequando ti lavi i capelli, senti la nuca sotto le dita eascolta le parole e i suoni che lì vi sono.Osserva le immagini e i colori… forse puoitrasformare ciò che non ti piace;È molto semplice: non devi fare altro che respiraree, nel momento in cui fai uscire l’aria, vedrai cheinsieme a lei c’è anche una grande luce bianca,molto intensa e luminosa, che è capace di farsparire qualsiasi cosa.…continuaQuesta fantasia è molto profonda ma i bambini sono riusciti comunque a rilassarsi a fondo, grazie al sottofondo musicale.Ho inserito un CD che viene utilizzato nelle lezioni di Yoga.Una volta terminata la fantasia consegno ad ogni bambino la sua sagoma. I bambini disegnano e colorano ognuno in posti diversi.Mi avvicino ad ognuno di loro chiedendo loro se gli è piaciuta l’attività svolta e ricevo tutte risposte affermative.Chiedo loro il motivo e ricevo diverse risposte:- perché ci si muove;- perché si balla;- perché c’è la musica;- perché poi ci si sdraia e si pensa.Ora porta le mani sul collo e con le dita […]ascoltati mentre fai un bel respiro e riempi lagola di aria come se fosse un vento fresco.[…] Appoggia le mani sul cuore e sultorace, senti il battito del cuore sotto lemani, forse puoi anche vedere dei colori osentire dei profumi. […] Porta ora le tuemani sulla pancia, ascoltala… […]Ora tocca le gambe fino ai piedi, moltolentamente per essere certo che le tue gambepossono sostenerti, tu sei forte come ungrande albero. Ora accarezza il corpo come

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vuoi e quando ti sentirai pronto riapri puregli occhi.

4° Incontro: Dicembre 2010Tema: L’equilibrio e le bugieI bambini si siedono in cerchio ed io mi siedo insieme a loro.Li saluto e chiedo loro di presentarsi in modo da poter memorizzare meglio i nomi.Cantiamo insieme la canzone Drago salta su, che i bambini conoscono già molto bene.Al centro del cerchio ho riposto un contenitore. Chiedo ai bambini:Io: “Che cosa ci sarà lì dentro?”Francesca: “Scinitillino!”Scintillino: “ No, no, io sono qui, nell’angolo delle nanne! Marco mi vieni a prendere che sono curioso anch’io di vedere cosa c’è dentro? “Io: “Sì, sì arrivo subito, scusami Scintillino!“Prendo il draghetto e mi avvicino insieme a lui vicino al contenitore.Io: “Vedi qualcosa Scintillino?”Scintillino: “Ma qui c’è qualcosa di morbido e soffice… Non vedo è buio… “Invito i bambini a toccare anche loro il contenuto della scatola magica.Martina: “Secondo me è una stoffa!”Alessia: “Ma è una coperta”Matteo: “Per me è un lenzuolo”Io: “Tiriamo fuori insieme dai! Bambini aiutatemi!”Tiriamo fuori il paracadute e lo distendiamo sul pavimento.Andrea: “Ma cos’è?”Io: “E’ un telo grandissimo! Ma a che cosa può servire un telo così grande?”Faccio agitare notevolmente Scintillino con il braccio, come se volesse parlare a tutti i costi.Io: “Scintillino fai il bravo ed evita di fare il prepotente come al tuo solito per piacere! Lascia parlare i bambini! Allora a che cosa può servire?”Redzep: “A fare un girotondo”!Io: “Bravo, forse sì! Scintillino dai, su calmati… Cosa dite bambini sentiamo che cosa ha da dirci Scintillino!”Un coro di sì fa reggere la scena.Scintillino: “Questa notte nella palestra c’è stato il circo dei giochi! Si sono dimenticati qui il tendone!”Io: “Scintillino, sei sicuro o ci stai prendendo in giro? Guarda che non vogliamo che ti burli di noi e che ci racconti le bugie!”Andrea: “Le bugie sono quando tu menti a una persona”Luca: “La bugia è una parola falsa che non è vera”Matteo: “E' un bambino che dice le bugie”Elena: “La bugia è una cattiveria”Martina: “La bugia è una cosa che si dice ma il bambino non ci crede.. non ci crede sia il bambino che la mamma”Io: “Quali sono le bugie””Andrea: “Che un bambino dice che il suo papà lavora e in verità non lavora”Martina: “Quando la mia amica dice che è andata in tutte le città e in tutte le vacanze del mondo.. questa per esempio è una bugia”Francesca: “Quando la mamma rompe il bicchiere e non lo dice al papà”Jasmine: “Quando mio fratello non si lava i denti e lui dice che li ha lavati.. allora poi io vado dalla mamma e glielo dico”.Io: “Secondo voi bambini i grandi dicono le bugie?”Martina: “Ogni tanto capita che i grandi dicono le bugie ma i grandi non possono dirle perché loro insegnano a non dirle”Andrea: “Qualche volta le dicono”Jasmine: “Si che le dicono perché quando sono seri non le dicono mentre se ridono vuol dire che hanno detto una bugia”Luca: “si che le dicono”Elena: “I miei genitori non le dicono perché mi hanno insegnato a non dirle”

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Francesca: “Ogni tanto quando il nonno mi compra il gelato mi dice di non dirlo alla mamma e quindi è una bugia?”Luca: “Si che lo è!”Martina: “Eh si.. è una bugia!”Io: “Secondo voi bambini a cosa servono le bugie?”Elena: “Di solito servono e di solito non servono”Redzep: “Quando qualcuno ha rotto un fiore o quacdo qualcuno ha rotto una padella o quando qualcuno ha rotto un piatto…”Martina: “Una bugia può essere detta in modo cattivo oppure in un modo buono”Francesca: “Le bugie a fin di bene chiunque le fa per non farti stare male invece le bugie che ti fanno male sono delle bugie che fanno proprio rimanere male e a volte non le riesci a dimenticare”Redzep: “Quella a fin di bene non la capisco”Andrea: “Non si dicono le bugie… si dicono le verità!”Io: “E voi bambini le dite le bugie?”Martina: “IO si alla mamma dico sempre le bugie”Luca: “quando ho rotto la finestra con il pallone ho detto che un uccello ha preso il pallone e l’ha buttato contro la finestra e l’ha rotta”Jasmine: “Ogni tanto le racconto al papà”Francesca: “Io le dico ai nonni così sono contenti”Io: “E come fanno i vostri genitori a capire quando dite le bugie?”Martina: “Perché ci conoscono dalla nascita”Francesca: “Quando uno dice una bugia si può vedere perché inizia a sudare e la faccia diventa rossa rossa”Andrea: “Perché si vede dalla faccia quando è triste e quando è allegro”Matteo: “Si quando fa la risata isterica”Jasmine: “No a me no”Luca: “A volte mi scoprono perché sono strano e non come al solito”Elena: “Perché se ci sei solo tu sei stato tu”Redzep: “Perché mi diventa il naso Lungo”Andrea: “ma no a noi non succede perché succede a Pinocchio!”Io: “E un’errore che cos’è?”Martina: “E’ tipo quando stai facendo un disegno e lo fai vedere alla maestra e lei diche che hai sbalgiato tutto il disegno”Andrea: “L’errore è una cosa sbagliata. Quando non sto bene in fila la maestra Paola mi dice che ho fatto un errore”Luca: “Gli errori si fanno non pensando però sbagliando impari, così dice sempre il mio papà!Io nella mia vita ho fatto tanti errori ma grazie a quelli non li ho fatti mai mai più.. Lo giuro!”Francesca: “Quando la mamma scrive le lettere al lavoro si dimentica di mandarle.. e quello è un errore”Martina: “Tipo quando gioco con i cubi qui alla scuola materna e poi non li metto a posto”Matteo: “E’ una cosa che non si deve fare oppure è qualcosa che hai sbalgiato”Elena: “E’ quando si fa una cosa sbagliata che non si deve fare”Io: “E voi come capite quando avete fatto uno sbaglio?”Martina: “Quando uno mi guarda in modo strano”Andrea: “Quando uno cade e tu non l’hai fatto apposta e lui glielo va adire alla mestra.. e lei dice che ho sbagliato e non dovevo”Francesca: “La mamma dice che sbaglio quando do le botte a mio fratello e che dobbiamo fare subito pace”Luca: “Gli errori si fanno senza pensare”Io: “E secondo voi sbagliare è utile?”Andrea: “Per me no”Luca: “Certo per imparare qualcosa”Francesca: “Alla recita la maestra ha detto che ho fatto tanti errori”Martina: “Si che lo è”Redzep: “Si perché si chiede scusa”Matteo: “Si perché sennò è noioso”Io: “Anche i grandi sbagliano?”Luca: “Si molto”Andrea: “No sbagliamo solo noi piccoli”

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Redzep: “Si anche i grandi sbagliano”Martina: “Si però solo Dio non sbaglia mai”Francesca: “Si perché i miei genitori sbagliano spesso perché litigano”Scintillino: “Io non ho raccontato una bugia, il circo c’è stato per davvero!”Io: “Ma allora potremmo giocare a fare il circo anche noi, cosa ne dite?”I bambini sono tutti entusiasti.Li invito ad alzarsi in piedi ed a prendere un lembo della stoffa per ciascuno.Alziamo il telo e lo abbassiamo più volte.Fermo i bambini e do la consegna di andare sotto al tendone al mio tre.Lo alziamo, e uno, lo abbassiamo, e due, lo alziamo un’altra volta e tre! Ed eccoci tutti sotto!Tiro via il tendone e chiedo a Scintillino:Io: “Ma chi c’era al circo?”Scintillino: “Guarda Marco, c’erano i pagliacci, gli animali, ma per me i più bravi in assoluto erano gli equilibristi!”Io: “Gli equilibristi, e chi sono gli equilibristi? Voi bambini lo sapete?”I bambini stanno in silenzio quindi lascio la parola a quel prepotente di Scintillino.Scintillino: “Sono quelli che stanno in equilibrio! Che camminano sulla corda sospesa inaria!”Io: “Bambini proviamo anche noi a stare in equilibrio?”Matteo: “Si proviamo!”Alessia: “Si su una gamba sola”I piccoli eroi accettano tutti e così proviamo a stare in equilibrio su una gamba sola.Non è facile, non ci riesco nemmeno io tanto bene! Proviamo allora ad aiutarci.Ci dividiamo in coppie e prima un bambino sta su una gamba sola e l’altro lo sorregge e poi ci si scambiano i ruoli. Così sembra più facile.Proviamo prima con una gamba e poi con un’altra a turno e poi vediamo se riusciamo a rimanere in equilibrio da soli. Verso il termine dell’attività quasi tutti riescono a stare in equilibrio su una gamba sola.Inserisco un CD con una musica da circo ed invito i bambini a muoversi liberamente nello spazio.Al mio STOP devono fermarsi improvvisamente, mantenendo l’equilibrio su una parte del corpo che suggerisco io.E’ difficile fermarsi all’improvviso, ma lo è ancora di più riuscire a mantenere l’equilibrio.Proviamo a rimanere fermi poggiati su un piede solo, poi sull’altro, poi sulla punta dei piedi e poi sui talloni.Non è semplice, ma qualcuno già ci riesce.Sul pavimento metto una striscia di scotch grosso lunga 2 metri e mezzo.Invito i bambini a camminare sulla striscia mettendo un piede davanti all’altro cercando di mantenere l’equilibrio.Sono tutti abbastanza bravi, solo i più piccoli hanno bisogno di un aiuto.Proviamo a camminare in piedi sulla panca ed a fare un salto dopo che l’abbiamo percorsa tutta.Riescono senza molti problemi e saltano senza paura.Proviamo adesso a camminare sempre sulla panca, ma a coppie, partendo dai due estremi e, quando ci si incontra, proviamo a scambiarci di posto senza cadere.Non è semplice, se i bambini hanno fretta non sempre ci si riesce.Proviamo a farlo con più calma.Sistemo sul pavimento in fila dei mattoncini antiscivolo ed invito i bambini a camminarci sopra senza cadere.All’inizio i mattoncini sono vicini ed è semplice, ma poi li allontano e la faccenda si fa più complicata.Con l’aiuto del compagno i bambini si muovono senza molta difficoltà.Prendiamo un pallone grande e proviamo a rimanere in equilibrio in piedi.In questo esercizio ovviamente li aiuto.Si divertono moltissimo e lo vogliono ripetere più volte.Saliamo sul ponte di gomma piuma e saltiamo cercando di cadere in piedi, senza cadere però per terra.Li invito a provare a eseguire un giro in fase di volo. In pochi riescono a fare il giro ed a poggiare correttamente i piedi.Lascio loro a disposizione cinque minuti per ripetere il gioco che hanno apprezzato di più.In molti vogliono risaltare dal ponte o cercare di rimanere in equilibrio sulla palla.

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Successivamente invito i bambini a stendersi sui materassini per rilassarsi dopo l’aatività svolta e nel frattempo abbasso leggermente le tende in modo tale che la palestra si trovi in penombra.In relazione a quanto svolto negli incontri precedenti, oggi propongo una fantasia rilassanteche s’intitola Palloncino3.3 IbidemCi mettiamo seduti e chiedo a i bambini se gli è piaciuto fare questo gioco.Andrea: “A me è piaciuto tantissimo!”Francesca: “Siii.. mi dono divertita tantissimo”Martina: “Anchi’io maestro Marco, è stato veramente divertente”Io: “Che cos’è che ti è piaciuto in particolare?Martina: “ Volare alto nel cielo, come il palloncino della fiera.”Io: “Qualcun ‘altro ha volato alto nel cielo?”Redzep: “ Io! Sono andato anche su una nuvola!”Elena: “Io sono andata con l’aereo”Chiudi gli occhi e prova ad immaginarti di essere un palloncino vuoto. Di che colore vorresti essere?Vuoi essere un palloncino tondo o un palloncino lungo?O magari ti piacerebbe avere una forma diversa?Immaginati anche che tra poco ti gonfierai con il tuo stesso respiro. Inspira e diventa un poco più grande… inspira e diventa ancora più grande… inspira e diventa più grande ancora… Quanto più diventi grande, tanto più ti senti leggero, sempre più leggero ogni volta che inspiri, fino a quando cominci a librarti nell’aria…A che altezza vorresti arrivare?A metà strada rispetto al soffitto? Fin sul soffitto?Sei così leggero, è così bello stare lì…Adesso puoi buttare fuori di te l’aria. Mentre espiri emetti un suono profondo UuuuuuuuuAdesso torna ad essere te stesso ed apri gli occhi.Alessia: “Io con l’elicottero”Francesca: “Si io volo come le farfalle”Io: “Non avevate paura di cadere?”Alessia: “No, no, i palloncini scendono piano piano e poi non si fanno mica male!”Matteo: “No non ho paura perché tanto non cadiamo”Andrea: “Io ho la super-forza con me e quindi non cado”Luca: “Io ho il raggio laser che mi protegge”Martina: “Io invece non posso cadere perché volo come Peter Pan nell’isola che non c’è”Capisco che oggi l’attenzione e la voglia non è forte sta lentamente terminando e quindi invito i bambini a concludere la giornata colorando delle sagome.Io: “Benissimo bambini”! Adesso andiamo a colorare la nostre sagome.Stendo sul pavimento le sagome di ciascun bambino ed i bambini cominciano a colorare.Molti di loro disegnano il palloncino della fantasia e quindi capisco che alla fine hanno ascoltato l’attività che stavamo svolgendo.Quando ognuno di loro ha terminato di colorare una parte della sua sagoma ci ritroviamo in cerchio per cantare la canzoncina Drago salta su.Salutiamo Scintillino e io saluto i bambinie ci diamo appuntamento per un’altra giornata..

5° Incontro: Dicembre 2010Tema: Relazionarsi con gli altriI bambini si siedono in cerchio ed io mi siedo insieme a loro. Li saluto e chiedo loro di presentarsi in modo da poter memorizzare meglio i nomi.Cantiamo insieme la canzone Drago salta su, che i bambini conoscono già molto bene.Gli obiettivi che mi pongo nella giornata odierna sono:Acquisire una maggiore confidenza con il proprio corpo;Sviluppare una immagine positiva del proprio corpo;Imparare a rapportarsi con attenzione e rispetto con gli altri, stabilendo rapportiaffettivi;Sviluppare un senso di appartenenza e fiducia verso il gruppo.Invito i bambini a mettersi uno dietro l’altro in una lunga fila e di poggiare le mani sulle spalle

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del bambino che si trova davanti a loro.Una volta fatta la fila li faccio spostare leggermente per fare in modo che la fila diventi un cerchio.Riporto le parole che uso per spiegare il gioco ai bambini:Immaginate che cominci una bella pioggia rinfrescante.Prima cadono solo un paio di gocce.Togliete le mani dalle spalle di chi vi sta davanti, lasciate caderedolcemente le punta delle dita sulle spalle del compagno.Ora cadono gocce più grosse e la pioggia diventa più fitta.Adesso potete tamburellare più forte con la punta delle ditasulle spalle del bambino davanti a voi…Non parlate, ascoltate la pioggia che cade..Ora tuona un paio di volte e voi battete con il palmo dellamano un paio di volte sulle spalle davanti a voi…La pioggia diminuisce sempre di più e anche voi diminuiteil movimento delle vostre mani sulla schiena del vostrocompagno.Adesso la pioggia cessa e voi potete poggiaresemplicemente le mani sulle spalle del compagno.Ci sediamo nuovamente in cerchio e cominciamo la verbalizzazione.Io: “Vi è piaciuto questo gioco?”Elena: “A me è piaciuto tanto”Alessia: “Anche a me maestro”Andrea: “Mi veniva da ridere”Luca: “Matteo non lo sapeva fare”Matteo: “Non è vero!”Io: Vi è piaciuto più fare la pioggia o sentire la pioggia sulla vostra schiena?Martina: “Mi è piaciuto farla, ma era bello anche sentire la pioggia!”Redzep: “A me faceva un po’ il solletico!”Matteo: “A me mi faceva male!”Io: “Forse Luca. usava un po’ troppa forza! Questo gioco và fatto delicatamente, se no sirischia di fare male al proprio compagno”Scintillino: “Marco, bambini, vi siete dimenticati di me anche oggi!Io: “Arrivo, arrivo, perdonaci!!!”Scintillino: “Ho visto che avete fatto un gioco bellissimo! E’ proprio bello giocare con i compagni vero?”I bambini rispondo tutti affermativamente.Scintillino: “Sapete bambini che ci sono moltissimi giochi che si possono fare con i propri compagni? Io ne conosco moltissimi!”Io: “Volete che Scintillino vi insegni qualche gioco?”Tutti i bambini rispondono sì in coro.Il primo gioco che Scintillino propone è il gioco dello specchio.Prima di dividere i bambini in coppie spiego loro, anzi spiega Scintillino, quali sono le regole del gioco: un bambino dovrà imitare il movimento che fa un altro bambino; i bambini si scambieranno a turno.I movimenti non dovranno essere troppo complicati e dovranno essere eseguiti lentamente così da permettere al compagno di comprenderlo ed eseguirlo.Per essere sicuro che i bambini abbiano capito facciamo finta che tutti loro siano il mio specchio: mi posiziono di fronte a loro e faccio una mossa alla volta e loro mi imitano correttamente.Li divido quindi in coppie e li invito ad eseguire il gioco.All’inizio i bambini fanno il movimento troppo velocemente e non danno il tempo all’altro compagno di comprendere quale sia il movimento da svolgere.Dopo qualche sollecito, sembra che tutti abbiano capito bene la regola.L’attività dura molto, in quanto i bambini si divertono moltissimo.Ad un certo punto decido di far lavorare i bambini in gruppo e li divido in gruppi di quattro.Il procedimento è lo stesso: un bambino a turno decide quale mossa far svolgere agli altri bambini.Visto l’entusiasmo decido di concedere ad ognuno di loro la possibilità di comandare tutti i bambini presenti nel laboratorio.

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I bambini più timidi sono un po’ più restii ad accettare e quindi propongo loro di svolgere i comandanti insieme a me: loro mi bisbigliano nell’orecchio la mossa che vogliono fare e laeseguiamo insieme.I bambini più vivaci invece vorrebbero svolgere il ruolo di comandanti per tutta la mattinata!Io: “Allora bambini vi è piaciuto il gioco dello specchio che Scintillino ha proposto?”Elena: “Si è stato bello”Andrea: “Era buffo”Luca: “E’stato una figata!”Io: “Luca non si usano certe parole, ci siamo capiti?”Luca: “Si maestro, scusa”Io: “Cosa vi piaceva di più di questo gioco?”Francesca: “Imitare la mia compagna”Martina: “Fare le ballerine”Alessia: “E’ stato bello giocare insieme e imitarci”Matteo: “Io non riuscivo perché Luca andava troppo veloce”Io: “L’importante è giocare e divertirci tutti insieme giusto?”Francesca: “Si a me piace giocare tutti insieme”Luca: “Io gioco sempre insieme agli altri”Andrea: “Sì, però qualche volta fai il cattivo e a me non piace giocare con te”Luca: “Ma io scherzo e poi anche tu vuoi sempre tutto per te”Andrea: “Tu non rispetti le regole e allora nessuno vuole giocare con te”Alessia: “Poi ti vedono i bimbi piccoli e ti imitano proprio come nel gioco e pensano di fare bene, perché lo fai tu che sei un grande”Martina: “Sì, per giocare bene bisogna rispettare le regole”Francesca “Io a casa gioco a fare finta di essere la mamma o la maestra”Io: “Ma lo fai da sola o con qualche amico?”Francesca: “Con la mia sorellina perché da sola mi annoio a giocare e poi mi stufo”Matteo: “Sì anche a me non piace giocare da solo”Io: “Allora è più bello giocare in compagnia”Scintillino con molto entusiasmo convince i bambini a cambiare gioco.Ricordando loro la sua passione per la danza li invita a provare a giocare ad acchiappa il suono. I piccoli danzatori vengono divisi nuovamente in coppie e viene data loro una consegna simile all’attività svolta in precedenza, solo che in questo gioco dovranno fare bene attenzione alla musica che sentiranno, in quanto dovranno cercare di muoversi a ritmo ed in sintonia con la melodia.Ogni componente della coppia dovrà imitare la danza che fa il compagno, cercando di essere il più fedele possibile..Non è un’attività semplice, ma i bambini cercano di impegnarsi al massimo.Come nell’attività precedente, dopo un certo lasso di tempo unisco due coppie e poi faccio fare da comandante a tutti i bambini.I bambini riescono a cogliere bene il ritmo della melodia.Per facilitare la loro discriminazione uditiva, alterno musiche molto vivaci a musiche lente.Tutti quanti riescono a cogliere la differenza ed adeguano il movimento del loro corpo a ciò che il loro orecchio sente.Lascio cinque minuti a disposizione dei bambini per potersi esprimere liberamente con il proprio corpo.Non posso fare a meno di notare come i bambini imitino o comunque cerchino di imitare ilmovimento dei propri compagni.Addirtitura verso il termine del tempo a loro disposizione quasi tutti i bambini stanno facendo lo stesso movimento! Forse hanno scoperto che dai propri compagni si possono imparare moltissime cose.Come rilassamento per quest’incontro ho scelto una fantasia che porterà i bambini a rilassarsi dalla posizione eretta alla posizione supina.La fantasia di oggi si chiama Piccole piume.Una volta che tutte le piccole piume sono state svegliate consegno ad ogni bambino la sagoma.Immaginatevi che io sia un’unica, piccola piuma.Guardate come mi muovo nell’aria… (do una dimostrazione di quello che sto dicendo, facendo ondeggiare braccia e testa verso l’alto)Adesso io scendo lentamente, molto lentamente verso terra.

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E per terra mi addormenterò comodamente…E ora trasformatevi anche voi tutti in piccole piume che si muoveranno prima verso l’alto e poi un pocoalla volta verso il basso. Date alla vostra piuma un colore che vi piace…E quindi rimanete distesi per terra. Io girerò per la stanza e andrò alla ricerca di piccole piume addormentate. Vi avrò trovati quando toccherò leggermente la vostra testa. Allora vi alzerete e vi sentirete pronti e ricaricati per colorare la nostra bellissima sagoma.

I Bambini inziano con molto entusiasmo a colorare le sagome che avevo precedentemente preparato sui tavoli. Le sagome inziano in poco tempo ad essere abbastanza piene ed i bambini devono trovare qualche spazio bianco all’interno e devono impegnarsi a lasciarne qualcuno libero per la volta successiva. Quasi tutti i bambini quest’oggi rappresentano loro stessi, ma anche i compagni con i quali hanno svolto le attività.Durante la riproduzione dei disegni vado vicino ad ognuno di loro per sapere cosa stanno disegnando.Quando tutti hanno terminato di decorare la sagoma li invito a riordinarla nel mobile e salutandoli do loro appuntamento per il nostro penultimo incontro.

6° Incontro: Dicembre 2010Tema: Sfogare le proprie emozioniI bambini si siedono in cerchio ed io mi siedo insieme a loro.Li saluto e cantiamo insieme la canzone Drago salta su, che i bambini conoscono ormai molto bene.Con il tema che tratterò oggi cercherò di raggiungere i seguenti obiettivi:Favorire l’accettazione di se stessi e degli altri;Aumentare la tolleranza alla frustrazione;Saper esprimere in modo costruttivo i propri stati d’animoSaper individuare i propri modi di pensare abitualiFavorire l’acquisizione di abilità di autoregolazione del proprio comportamento.Invito i bambini a togliersi scarpe e calzini e a camminare seguendo la musica che il registratore sta riproducendo, è una musica etnica di tamburi. Devono pestare i piedi come se potessero rompere tante uova.Li sprono a sentirsi dei guerrieri pronti per la battaglia e ad accompagnare questa andatura con la voce anche molto alta, che può sfociare in urla.Li invito ad urlare liberamente come se volessero liberare completamente il proprio corpo.Quando i bambini hanno preso confidenza con la voce lasciata libera, li invito a sedersi per un momento per terra per lasciarmi il tempo di posizionare dei materassini sul pavimento.Divido i bambini a gruppi di tre e li faccio mettere in piedi davanti ai materassi facendo attenzione che tra di loro ci sia una giusta distanza.Consegno ad ogni bambino una clavetta e li invito a picchiare il più forte possibile sul materassone. Fin da subito li invito di accompagnare ogni colpo con la giusta respirazione e con la voce: dovrebbero inspirare mentre alzano il bastone ed espirare emettendo anche la voce, mentre colpiscono con forza il materasso.In realtà appena hanno impugnato la clavetta, i bambini hanno iniziato a picchiare con tanta forza e velocità che a tutto devono aver pensato tranne che a coordinare la respirazione.Li ho comunque lasciati fare come desideravano come era suggerito nel testo La scoperta delle emozioni di Antonella Tagliabue.Prima che i bambini raggiungano un livello di eccitazione troppo elevato fermo l’attività e posiziono i materassoni sulle pareti in posizione verticale.Li invito a scagliarvisi contro in diversi modi: tirando calci, pugni, urlando, usando tutta la loro forza fisica: “proveranno un grande senso di liberazione poiché staranno sfogando emozioni forti senza danneggiare nessuno”4Invito i bambini a sedersi in cerchio per parlare un po’ di quello che abbiamo appena fatto:Io: “Vi è piaciuto questo gioco?”Luca: “Sì tantissimo!”Io: “Ma cosa ti è piaicuto?”Luca: “Picchiare forte forte”Fabio: “Sì è stato bello picchiare perché è una cosa che non si può fare”Io: “Secondo voi perché non si può fare?”Martina: “Perché ci si fa tanto male e lo fanno solo le persone che sono tanto arrabbiate”Andrea: “Sì in tv si picchiano le persone che sono arrabbiate e che sono cattive!”

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Francesca: “Noi però non ci siamo picchiati abbiamo solo buttato i birilli sul materassone come se fossimo tanto arrabbiati, ma facevamo finta”Io: “Che cosa vuol dire essere arrabbiati?”Luca: “La mamma si arrabbia quando io e mio fratello ci picchiamo!”Fabio: “La mia si arrabbia quando metto in disordine la casa”Martina: “Anche le maestre si arrabbiano quando i bambini si comportano male!”Andrea: “Sì, quando Luca picchia gli altri bambini le maestre si arrabbiano ed hanno ragione”Luca: “Non è vero che picchio i bambini, sono loro che mi fanno arrabbiare e mi viene da picchiarli”Io: “Ma e ti piace essere arrabbiato?”Luca: “No, perché mi sento tremare tutto dentro e poi faccio cose che non vorrei fare”Io: “E a voi bambini piace essere arrabbiati?”4 Tagliabue 2003, pag.54Martina: “No a me no! Quando sono arrabbiata mi viene quasi da piangere!”Andrea: “Anche a me piace di più essere felice!”Io: “E cosa vuol dire essere felice?”Andrea: “E’ quando il papà mi porta un regalo a casa”Martina: “Io sono felice quando la mamma e il papà mi portano sulla neve!”Fabio: “Sì anche a me piace la neve”Redzep: “Anch’io voglio la neve!”Francesca: “Io sono felice quando siamo tutti insieme a casa con la mia nonna”Andrea: “E’ volersi bene e stare tutti insieme”Io: “Allora siete pronti ad andare in un posto dove siete tutti felici?”Introduco così la fantasia di quest’oggi.Come rilassamento faccio sdraiare i bambini appoggiando la schiena su di un materassino arrotolato all’altezza del cuore, le braccia vengono fatte cadere all’indietro e le gambe si fanno abbandonare.Li lascio in questa posizione per qualche minuto con una musica rilassante in sottofondo.Ai bambini piace rimanere sdraiati così ed io concedo loro un po’ più di tempo per ritrovare quell’armonia che fa parte di loro.Come fantasia propongo Il tuo posto particolare5, invito i bambini a raggiungere un posto che li porti a ritrovare la tranquillità e la serenità di sempre.5 Scimemi 2007c, pag. 42Immaginati il tuo posto preferito. Immagina quelloche potresti fare lì. Che cosa ti piacerebbe fare?Quando in quel posto splende il sole lo senti che tiscalda il viso come farebbe una bella candela. Inquesto posto riesci ad essere felice.Con la fantasia potrai tornare qui ogni volta che tu lodesideri. Quando ti sentirai un po’ stanco o triste,quando vorrai potrai sdraiarti e tornare con lafantasia nel posto che hai appena trovato. Adessopuoi aprire gli occhi e raccontarmi com’è il tuo postopreferito e come riesci a sentirti là.

Quando ho deciso di proporre questa fantasia ho pensato fin da subito che stessi esagerando, che questa fantasia fosse troppo complicata per dei bambini di quest’età.Quando mi sono avvicinato al primo bambino per chiedergli dov’era stato con la fantasia ero quasi sicura che non mi avrebbe risposto o che mi avrebbe detto o chiesto una cosa completamente fuori luogo.Quando l’ho toccato ed ha aperto gli occhi senza aver bisogno che gli chiedessi nulla mi ha detto sottovoce “sono stato al mare a fare un castello di sabbia!”.Quello che mi ha stupito è stato lo splendore dei suoi occhi, come se volessero ringraziarmi per avergli concesso quel momento di pace e tranquillità.Non nascondo che alcuni bambini hanno dato ragione al mio timore iniziale, ma la maggior parte degli altri mi ha rivelato di essere riuscito ad andare in qualche posto.Elena è andata su un prato a volare come una farfalla, Andrea è stato in piscina a fare i tuffi, Matteo è rimasto a casa a giocare con il lego, Martina è volata nel cielo come una farfalla.

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Quando ho tirato fuori le sagome i bambini si sono subito posizionati ai loro posti pronti ad ultimare il loro splendido capolavoro.Una volta ultimate le sagome le abbiamo appese sulle pareti per mostrare a noi stessi come ci siamo sentiti durante questi incontri.Abbiamo quindi cantato per l’ultima volta la canzone di Scintillino e alla fine ho salutato i miei piccoli amici che durante questi incontri mi hanno regalato non poche emozioni.

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GOLLER

La mia relazione nasce con l’intenzione di far riflettere i bambini su due reazioni umane molto utilizzate nella vita: PIANGERE E RIDERE.

la capacità di spiegare da dove si generano le risate e i pianti; ragionare sul perché si piange e si ride; capire che ognuno di noi, esprime le sue emozioni e i suoi sentimenti in modo diverso rispetto agli

altri;Ho introdotto l’argomento raccontando una breve storia:

LA STORIA DELLA RANA CHE NON SORRIDEVA MAI!!!“C’era una volta, in un piccolo stagno vicino a Trento, una piccola rana che passava tutto il giorno a piangere da sola. La piccola ranocchia non aveva amici: passava le giornate immobile nello stagno, senza parlare con nessuno, a piangere poiché era facile preda di insulti e cattiverie da parte delle altre rane. Le ranocchie più cattive dello stagno la soprannominarono la “rana piangiona”, e ogni giorno, si divertivano a stuzzicarla e a farla piangere. Nessuno aveva mai provato ad avvicinarsi a lei con l’intento di parlarle, nessuno aveva mai voluto esserle amica e nessuno le aveva mai fatto un complimento! La “ranocchia piangiona” credeva di essere l’esemplare più brutto della sua specie, credeva di essere antipatica e scorbutica, credeva impossibile trovare un amico che l’aiutasse e la stesse ad ascoltare… Le sue giornate erano buie e tristi poiché le lacrime che scendevano a fiumi dai suoi occhi oscuravano la luce del sole e non le permettevano di vedere la gioia della vita.Un bel giorno però, un simpatico ranocchio, appena trasferitosi nello stagno, le si avvicino, e con fare gentile le disse: “ Ciao triste ranocchia, è da tutto il giorno che ti osservo e ti sento piangere, ma perché passi tutta la giornata a piangere?”. La “ranocchia piangiona” si meravigliò che qualcuno le si avvicinasse e le rivolse la parola; si asciugò improvvisamente le lacrime e guardando il bel ranocchio rispose: “ Caro ranocchio, tu non mi conosci: tutti dicono che sono la più brutta ranocchia del mondo, che sono scorbutica, cattiva, e che non merito di avere nessun amico. Non parlo mai con nessuno, hanno tutti paura di me e continuano a rivolgermi insulti e a prendersi gioco di me. Senza mici le giornate sono tristi, buie, e non mi resta altro da fare che piangere.” Il ranocchio, capendo la situazione difficile della “rana piangiona” le rispose: “ Cara amica mia, non ascoltare le cattiverie della gente: nella vita troverai sempre qualcuno che non ti vorrà accettare per quella che sei e che cercherà di impedirti di essere felice. Ma tu alza la testa e vai avanti, impara ad apprezzare le piccole cose della vita e non sprecare tempo inutile a piangere! Ora hai trovato un nuovo amico e cercherà di dimostrarti che la vita non è brutta e malinconica come ti è sembrato fino ad oggi.” La “ranocchia piangiona” non riusciva a credere alle parole del suo amico, lo fisso diritto negli occhi e gli regalo un sorriso per ringraziarlo delle belle parole che le aveva detto. Da quel giorno in poi, la ranocchia non pianse più, trascorreva le giornate a ridere e a scherzare con il suo nuovo amico e si accorse veramente che le giornate erano belle come diceva il ranocchio. La triste ranocchia non venne più chiamata “ranocchia piangiona” ma diventò la “ranocchia sorridente”.

Al termine della storia ho chiesto ai bambini cosa ne pensavano di questo racconto Daniel: a me questa storia non è piaciuta, perché è una storia triste e mi veniva da piangere, assieme

alla ranocchia. Chiara: anche a me fa piangere questo racconto. Stefania: non è vero. All’inizio fa piangere perché la ranocchia continuava a piangere, ma poi

quando trova il suo nuovo amico, la ranocchia è felice: ride e scherza con l’amico, sorride sempre, perciò a me è piaciuta.

Luca: Stefania ha ragione, la storia ha un lieto fine!!! Gabriele:a me faceva piangere e poi ridere, anche io a volte piango e rido assieme!!! Francesca: a me non è piaciuta, Giorgia, non mi piace quando qualcuno piange perché piango anche

io. Diletta:dai Francy, non essere triste, la ranocchia non piange più, perché come io e te, ha trovato un

amico con cui divertirsi. Andrea: Giorgia, a me questa storia è piaciuta tanto, perché secondo me, ci spiega che se abbiamo un

buon amico possiamo divertirci e sorridere con lui. Se abbiamo degli amici veri, la vita è più bella e non c’è tempo per piangere, ma c’è solo tempo per ridere!!!

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Luca: bè, non è mica vero!!! A volte si piange anche quando si è con gli amici. Ieri tu hai dato un calcio a Daniel e l’hai fatto piangere.

Andrea: si ma non ho fatto apposta, mi sono sbagliato!!! Poi gli ho chiesto scusa e siamo tornati amici come prima …

Stefania: a volte capita che a me di far male a qualcuno, ma poi cerco sempre di chiedere scusa e di asciugargli le lacrime, perché non mi piace vedere i miei amici piangere …

Maestra: avete tutti ragione bambini, ma secondo voi, quand’è che si piange??? Luca: io piango quando mi faccio male, quando cado... Diletta: io mi metto a piangere anche quando prendo un brutto voto a scuola. Francesca: o quando la mamma ci sgrida. Daniel: a me viene da piangere quando Cristian (mio fratello), mi ruba i gormiti e non mi lascia più

giocare. Andrea: io ho pianto anche questa mattina, perché alla ricreazione sono caduto mentre correvo e mi

sono sbucciato un ginocchio, guarda (e mostra la sua ferita). Chiara: maestra ma la mia mamma piange anche quando è felice!!! È proprio strana sai, quando mia

zia si è sposata, mia mamma si nascondeva dietro ad un albero e continuava a piangere … io invece ridevo perché ero contenta …

Maestra: si ma anche la mamma era contenta … a volte la felicità si esprime anche attraverso il pianto. Non sempre quando si piange si è tristi: a volte piangiamo perché siamo troppo felici, a volte perché siamo timidi e non riusciamo ad esprimerci, a volte perché ci facciamo male …

Gabriele: è vero, è vero!!!! A volte mi viene mal di pancia quando rido troppo e mi vengono anche le lacrime agli occhi!!!!

Maestra: ecco Gabriele, questa è la dimostrazione che a volte si può anche piangere di felicità … Stefania: Giorgia, vuoi sapere quando io piango? Maestra: certo Stefania, dimmi quando piangi … Stefania: io piango quando muore qualcuno!!! Perché è triste tristissimo quando una persona a cui

vogliamo bene ci lascia … Chiara: hai ragione Stefy, questa è la cosa più brutta che può succedere … Maestra: avete ragione bambini, quando muore qualcuno, è sempre un momento tristissimo … Ma

non vi volevo farvi diventare tristi: ditemi una cosa, con che colore lo rappresentereste il pianto? Luca: sicuramente con il nero!! Chiara: io lo rappresenterei con il grigio. Gabriele: io invece con il nero come dice Luca. Diletta: anche io con il nero, perché è il colore più triste e più brutto che c’è … Francesca: io lascerei il foglio bianco, maestra, perché il nero è troppo triste, il grigio anche, il

bianco è a metà: non è ne triste ne felice, quindi lo farei bianco. Daniel: io invece lo farei un po’ blu, un po’ nero e un po’ grigio … un mix di colori tristi. Stefania: io invece lo farei azzurro: perché piangiamo sia perché siamo felici, sia perché siamo tristi

… e l’azzurro rappresenta sia gioia che tristezza. Andrea:io marrone e nero maestra, perché io piango solo quando sono triste e mi faccio male. Maestra: mi è sorto un dubbio: ma tutti noi piangiamo allo stesso modo? Chiara: no maestra, io piango come voglio … Maestra: e come piangi tu? Chiara: io quando piango continuo a muovermi ed a sbattere i piedi a terra, così!! ( e ci mostra come

fa a piangere) Gabriele: mio fratello, che è ancora piccolino, quando piange si butta per terra e continua a muovere

gambe e braccia, fa proprio cosi … ( e imita il fratellino). Maestra: quindi si può piangere anche con il corpo? Gabriele: certo! Io capisco se una persona piange anche dai suoi movimenti! Ad esempio se io mi

copro gli occhi con le mani, vuol dire che sto piangendo. Diletta: oppure quando pieghi la testa in giù, così ( e mima il movimento) vuol dire che stai

piangendo. Maestra: dai allora fatemi vedere i vari modi di piangere con il corpo, uno alla vota però. Chi vuol

iniziare? Daniel: io io io!!! Maestra: ok Daniel, mostraci come puoi piangere con il corpo.

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Daniel: io incrocio le braccia, abbasso la testa e inizio a piangere in silenzio. Così! ( e mima l’azione).

Diletta: io l’ho già fatto: piego la testa verso il basso così (e mima l’azione). Gabriele: io imito mio fratello. Si butta per terra e muove le mani e le braccia così ( e mima

l’azione).(tutti i bambini si mettono a ridere)

Francesca: io mi nascondo in un angolino, stringo le gambe verso di me e poi metto la testa fra le gambe così ( e mima l’azione).

Stefania: io piego la bocca verso il basso e rimango immobile con i pugni stretti cosi ( e imita l’azione).

Chiara: io vado da un’altra parte e non gioco più con chi mi fa piangere. Me ne vado facendo passi lunghi e veloci così ( e imita l’azione).

Andrea:io quando piango inizio a correre in tutto lo spazio possibile così e la mamma a volte non riesce a prendermi ( e imita l’azione).

Luca: io non lo so Giorgia, forse abbasso solo la testa e mi copro il viso con gli occhi, altrimenti le lacrime vanno tutte per terra.

Maestra: bravissimi bambini, avete recitato proprio bene … siete troppo bravi!!! Allora vi faccio una domanda difficilissima: ma le lacrime, quando piangete, fanno rumore?

Andrea: ma non è una domanda difficile Giorgia, le lacrime sono silenziosissime, a volte non le senti nemmeno.

Chiara: è vero, a volte se Francesca piange, non me ne accorgo nemmeno perché le lacrime cadono e non fanno nessun rumore.

Luca: se però si piange tanto tanto, le lacrime fanno rumore quando cadono sui vestiti!!! Sembrano la pioggia.

Daniel: Si ma devi piangere tantissimo. Francesca: le lacrime di mia sorella fanno un rumore fortissimo, perché se piange quando dormo, mi

sveglia sempre … fanno rumore come quando passa un treno!!!! Diletta: io quando piango a letto, bagno tutto il cuscino, perché la mamma mi dice che piango

troppo, ma non faccio tanto rumore.. Stefania: si ma tu piangi per ogni cosa!!! (e fa un sorriso all’amica). Io a volte piango talmente tanto

maestra, ehm Giorgia, che ogni tanto le lacrime dagli occhi arrivano fino ai miei piedi … Daniel: che esagerata che sei!!! Stefania: è vero sai, a volte mi si bagnano anche le scarpe e non me ne accorgo nemmeno perché le

mie lacrime non fanno rumore!!Tutti i bambini ridono assieme a Stefania.

Maestra: ma voi mi sapete dire di che colore sono le lacrime: Diletta: le lacrime??? Ma le lacrime non hanno colore Giorgia!!! Stefania: si che hanno colore, le mie sono bianche!! Andrea: le mie sono azzurre invece!!! Luca: io piango talmente poco che non me lo ricordo di che colore sono Giorgia. Gabriele: dai lo sappiamo tutti che le lacrime sono bianche!! Andrea: e le mie invece sono azzurre!!! Chiara: Andrea, ti sbagli, le lacrime non sono azzurre, sono bianche!!! Altrimenti tutte le volte che

piangi ti sporcheresti i vestiti di azzurro!!! Stefania:perché non gli credete!!! Le sue lacrime saranno azzurre perché è più speciale di noi!!!! Francesca: maestra le mie sono un po’ azzurre e un po’ bianche. Daniel: io non lo so Giorgia. Maestra: ma secondo voi, sono dolci o salate le lacrime? Daniel e Gabriele: sono salatissime!!! Andrea: sono salate come il mare … Francesca: si è vero, sono salatissime come le patatine … Stefania: che buone le patatine! Le mie sono salate come, come lo speck!!! ( e i bambini ridono

assieme). Chiara: le mie lacrime invece sono salate come il sale … (e i bambini ridono ancora). Luca: Giorgia, sai che bello se le lacrime fossero dolci come la torta!!! Io continuerei a piangere e mi

mangerei le lacrime!!! Che fame …

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Gabriele: si ma non ti fanno mica diventare la pancia piena! Luca: no perché sono salate, ma se fossero dolci magari si, gnammmmm!!! Maestra: ditemi una cosa, ma le lacrime che forma hanno? Chiara: ma maestra, che domande fai, le lacrime non hanno forma!! Diletta: si che hanno forma Chiara, sono simili alle gocce della pioggia! Daniel: è vero sono un po’ a forma di cerchio. Andrea: secondo me quando cadono sono di forma ovale. Stefania: le mie sono tonde, perché se mi piego, e una lacrima cade sui pantaloni, sono a forma di

cerchio. Gabriele: sono a forma di cerchio come la nostra testa!!! Maestra: perché la nostra testa sembra un cerchio? Gabriele: si guarda … (Gabriele di avvicina al compagno Daniel, e con le dita, percorre il volto

dell’amico mostrandoci la forma rotonda del viso). Maestra: hai ragione Gabriele, il viso ha la forma di un cerchio! Andrea: si maestra, la nostra faccia sembra un cerchio, oppure possiamo dire che la nostra faccia è a

forma di O. Chiara: si, e il nostro naso allora sembra un triangolo, e quindi assomiglia alla lettera A. Diletta: i miei capelli sono diritti come le linee, e assomigliano alla lettera I. Luca: ma che bello stiamo facendo le vocali con il nostro viso? Non l’avevo mai fatto!!! Andrea: si ma stiamo ripassando anche le forme geometriche, domani dobbiamo dirlo alla maestra

Gaia!!! Diletta: domani gliele insegniamo!!! Maestra: ma siete proprio dei piccoli genietti!!! Sapete trovare anche le altre vocali? Francesca: Allora abbiamo fatto la A-O-I, manca la lettera U e la lettera E, come le facciamo??? Gabriele: la lettera U, non assomiglia a nessuna forma geometrica … Stefania: può assomigliare ad un ovale aperto. Daniel: oppure a metà cerchio!! Francesca: la bocca quando sorridiamo!!! Se sorridiamo la bocca va all’insù e assomiglia alla lettera

U! Andrea: hai ragione, brava Francy!! Luca: Giorgia che vocale ci rimane da trovare? Diletta: la lettera E, la più difficile. Daniel: si ma questa è impossibile!!! Maestra: secondo me troviamo anche questa lettera sul nostro viso! Proviamo a guardare… Francesca: la lettera E io la so fare con la mano così ( e ci mostra come farebbe con le dita della

mano). Chiara: ho trovato!!! La E possiamo farla di profilo: le “braccia” della lettera E sono le sopracciglia,

il naso e la bocca, guardate. Stefania: Quanta fantasia che hai Chiara, a me non sembra una E però!I bambini si guardano un po’ dubbiosi e continuano a pensare come si potrebbe rappresentare con il volto la lettera E. Gabriele: Giorgia, ( sorride), ho trovato. Se noi guardiamo la cresta dei capelli di Luca, sono tutti

diritti, e sembrano la lettera E, guarda!!!I bambini si mettono tutti a ridere. Daniel: hai ragione. Allora decidiamo assieme che i capelli di Luca sono la lettera E. Andrea: abbiamo trovato tutte le vocali sul nostro viso, che scoperta, devo raccontarglielo anche al

papà, lui forse non lo sapeva che avevamo le lettere dell’alfabeto in faccia. ( e tutti ridono). Stefania: Giorgia, mi è venuta in mente una poesia che mi aveva insegnato la nonna quando non

riuscivo a ricordarmi le vocali … e dice proprio che la O assomiglia alla nostra faccia!!! La poesia sulle vocali faceva cosi:

LE VOCALIChe cose strambe!L’A con due gambeL’E con due bracciaL’O tondo in faccia

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Curioso è L’UChe guarda in suMa più carinoL‘I col puntino. Maestra: Grazie Stefania, non l’avevo mai sentita questa filastrocca. Molto carina: in questo modo è

più facile ricordare le vocali. Luca: Giorgia, io ho trovato un’altra lettera sul nostro viso. L’orecchio sembra la lettera G!! Chiara: e l’occhio sembra la lettera C. Diletta: i due occhi, con il naso in mezzo e la bocca, assomigliano alla lettera H! Gabriele: quando Stefania si mette il dito in bocca, fa la lettera Q!!! ( e tutti i bambini si mettono il

dito in bocca, fanno la lettera q e si mettono a ridere). Maestra: ci sono altre lettere secondo voi sul nostro viso? Francesca:non lo so, non me ne vengono in mente altre. Maestra: ma voi lo sapete che noi possiamo fare tutte le lettere dell’alfabeto con il nostro corpo??? Daniel: dai, veramente!?! Ci proviamo!!!???!!! Francesca, Diletta, Andrea e Chiara urlano: si dai, si si si si si!! Maestra: ma certo!!!! Allora facciamo tutto l’alfabeto dall’inizio alla fine: iniziamo con la lettera

A. I bambini aprono le gambe :

Andrea: ma questa lettera è facilissima!!! Basta aprire le gambe e la lettera a è già fatta… Maestra: quanta fretta Andrea!!! Vedrai che ci sono anche lettere molto più difficili di questa!

Proviamo a fare la lettera B …B. I bambini piegano le braccia e le gambe:

Luca: maestra guardami che altrimenti cado!!! Maestra: bravo Luca, che bella B. Diletta: maestra ti piace anche la mia? Maestra: certo Diletta, sono tutte perfette … siete delle lettere B perfette!!E tutti i bambini si mettono a ridere.. Gabriele: io faccio già la lettera C …

C. I bambini si siedono per terra: piegano gambe e braccia verso un lato:

Maestra: bravissimo Gabriele!!! Francesca: ma la C di Luca è storta!!!!

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Luca: non è vero!!! Maestra: ma no Francesca, è giusta anche la sua, se tu ti giri da questa parte è diritta!!! Francesca: hai ragione Giorgia, mi sembrava storta. Maestra: ora proviamo a fare la lettera … D …

D. I bambini uniscono gambe e braccia:

Chiara: che brutta Giorgia questa lettera, non mi piace tanto, è proprio scomoda!!! Diletta: come non ti piace!!! È l’iniziale del mio nome … Chiara: hai ragione, allora è proprio bella … Daniel: Giorgia anche la mia va bene? Maestra: certo va benissimo … ora facciamo una lettera difficilissima: la lettera … E …

E. I bambini si siedono e allungano le braccia e le gambe:

Daniel: ma che difficilissima Giorgia, guarda io l’ho fatta in 2 secondi … Stefania: hai ragione questa lettera è troppo facile … Maestra: sono tutte troppo facili per voi! È perché siete troppo bravi … la lettera F sarà facilissima

per voi..F. I bambini allungano le braccia:

Luca: si, troppo facile! Diletta: io l’ho fatta prima di tutti gli altri … Andrea: no sono stato io il primo .. Maestra: non importa chi è il primo o l’ultimo, l’importante è fare tutte le lettere correttamente …

provate a fare la lettera che inizia il mio nome …G. I bambini piegano la testa e le gambe verso il busto:

Chiara: la lettera G è proprio scomoda però. Gabriele: però è bella … perché è l’iniziale dei nostri nomi Giorgia.

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Maestra: ora voglio proprio vedere come fate la lettera H …H. I bambini si mettono a coppie e si tengono per mano:

Luca: ma la lettera H non si può fare! Daniel: è vero!!! Come si fa Giorgia? Maestra: non vi posso dare la soluzione … provate a pensare un pochino … Chiara: guarda come si contorce la Stefy … ( e tutti ridono). Diletta: ma è impossibile!!!! Gabriele: si è impossibile! Andrea: io non ce la faccio! Stefania e Francesca: noi ce l’abbiamo fatta!!! ( le due bambini si prendono per mano). Maestra: bravissime!!! Questa è una bella lettera H!!! dai proviamo tutti!!! I bambini si mettono a coppie e si prendono per mano. Maestra: benissimo! Dopo la lettera H c’è la lettera … Diletta: I …

I. I bambini stanno diritti:

Gabriele: qui non c’è da fare nulla … basta solo rimanere in piedi fermi. Stefania: Si ma per te è la più difficile, perché non sai stare mai fermo!!! Maestra: ok! Allora facciamo la L …

L. I bambini si siedono e allungano le gambe:

Chiara: troppo facile anche questa Giorgia, basta sedersi e allungare le gambe così … Maestra: e sapete fare la lettera M?

M. I bambini mettono mani e piedi a terra e si piegano con il busto:

Diletta: questa è un po’ più difficile, perché bisogna tenere l’equilibrio. Andrea: guardami che bravo che sono!

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Luca: anche io sono immobile! Stefania: anche io!!! Maestra: ora tocca alla lettera N !!!

N. I bambini si piegano con il busto verso il basso e con le gambe verso l’alto:

Chiara: io non so come farla!!! Diletta: segui me Chiara, mettiti così, guarda … Maestra: perfetto, sono tutte N perfette!!! Ma adesso sapete fare la O?

O. I bambini si prendono con le mani i piedi:

Luca: guardami che cado! Andrea: appoggiati per terra, altrimenti cadi e ti fai male!! Luca: hai ragione, così è più facile.. Stefania: Gabry la tua O assomiglia più ad un ovale che ad un cerchio! Gabriele: ora va meglio? Stefania: si, adesso è giusta! Diletta: che lettera dobbiamo fare adesso? Maestra: la lettera P!

P. I bambini uniscono le braccia:

Diletta: troppo facile!!! È l’iniziale del mio cognome! Gabriele: e del nome del mio fratellino Pietro. Andrea: e di mio papà, Paolo.+ Maestra: ora c’è una lettera che non riuscirete a fare: la lettera Q!

Q. I bambini si prendono un piede con le mani e l’altro lo allungano verso il basso:

Andrea: Giorgia non ce la faccio a fare la lingua della Q … Luca: guarda come faccio io: sdraiati a terra, ti prendi un piede con le mani, cercando di fare un

cerchio e poi allunghi una gamba per fare la linguetta …

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Andrea: così va bene? Luca: si si benissimo!!! Diletta: anche la mia Q è bella? Stefania: si si è perfetta anche la tua, e la mia? Maestra: tutti bravissimi come al solito … proseguiamo con la lettera … R …

R. I bambini portano un braccio alla testa e poi allungano una gamba:

Chiara: ora che abbiamo capito il metodo, tutte le lettere sono facilissime! Gabriele: è si, prima ci sembrava difficile, ma poi ci siamo allenati e adesso le lettere sono tutte

facili! Francesca: siamo diventati degli “atleti nell’alfabeto del corpo!”E tutti i bambini ridono assieme contenti. Maestra: che lettera dobbiamo fare dopo la lettera R? Luca: la S!

S. I bambini si piegano e allungano mani e piedi:

Francesca: se rimango troppo tempo in questa posizione mi viene mal di schiena!!! Chiara: troppo brutta la S, troppo scomoda! Andrea: che “lamentone” che siete! Maestra: continuiamo bambini!?! Proviamo a fare una lettera semplicissima: la lettera T!

T. I bambini allungano le braccia:

Diletta: facilissima!!! Chiara: basta solo aprire le braccia! Francesca: sembriamo degli angioletti! Luca: tutti dei piccoli angioletti! Andrea: adesso dobbiamo fare la U!

U. I bambini i allungano le braccia verso l’alto:

Daniel: facile anche la U e se pieghiamo un po’ le braccia diventa subito una V! Gabriele: hai ragione, la U e la V sono quasi uguali! Maestra: allora facciamo tutti la lettera V.

V. I bambini aprono le braccia verso l’alto:

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Chiara: manca solo una lettera! Stefania: eh si! La lettera Z!!!! Maestra: allora facciamo l’ultima lettera dell’alfabeto!

Z. I bambini piegano gambe, busto e braccia:

Daniel: guarda che bella la mia Z Giorgia!!! Stefania: abbiamo fatto tutto l’alfabeto!!! Andrea: è stato proprio divertente. Maestra: bravissimi bambini, siete stati proprio bravi, ma vi siete divertiti? Luca: Tantissimo Giorgia, è troppo bello fare l’alfabeto così!!! Francesca: domani insegneremo alla maestra Laura, la maestra di italiano, questo modo nuovo di

fare le lettere dell’alfabeto. Daniel: ma Giorgia, tu sia tantissime cose nuove, divertentissime, dove le hai imparate? Maestra: le sto imparando a scuola. Sapete bambini, alla mia università, mi insegnano come

insegnare tante cose nuove, con metodi divertenti, per non fare annoiare i bambini… Stefania: come questo modo? È stato proprio divertente, e poi così abbiamo ripassato sia la

matematica che l’italiano!!! Senza nemmeno accorgercene … Gabriele: si io di solito non voglio mai studiare matematica, perché non mi piace … ma studiarla

così, mi sembra anche bella!!! Chiara: ma maestra, tu non puoi venire a scuola da noi a insegnarci tutte queste cose belle?? Maestra: tra qualche anno potrò insegnare anche io, e magari passerò a scuola a trovarvi e ad

insegnarvi alcune cose nuove, per non annoiarsi quando si studia matematica per esempio.. (e Gabriele sorride, poi sorridono anche gli altri).

Maestra: ora continuiamo con le nostre scoperte … non abbiamo mica finito eh … Diletta: posso dirti una cosa Giorgia? Maestra: Certo Diletta, dimmi pure … Diletta: prima quando facevamo il cerchio, e la lettera O, mi è venuto in mente che la nostra classe,

ha inventato il “cerchio dell’amicizia”, e questo cerchio assomiglia sia alla lettera che alla figura di matematica.

Daniel: si chiama “ girotondo dell’amicizia”!! Diletta: Girotondo o cerchio è la stessa cosa!!! è sempre una figura geometrica Maestra: ma cos’è il “girotondo dell’amicizia?” Luca: conosci la canzoncina: “giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra e tutti giù per terra?” Maestra: si certo … Daniel: noi l’abbiamo modificata!!! Francesca: noi siamo tutti amici e quando siamo felici e vogliamo fare un gioco tutti assieme

facciamo il “girotondo dell’amicizia”!!! Maestra: ma che bella idea che avete avuto, e come lo fate questo gioco? Gabriele: ora ti facciamo vedere. Ci disponiamo tutti in cerchio e ci teniamo per mano.

I bambini iniziano a muoversi a ritmo e a cantare questa canzoncina:

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“girotondo dell’amicizia,noi siamo tutti amici,saremo amici per sempre,e ci vorremo sempre bene!!!”

E tutti i bambini si abbracciano sorridendo.Maestra: ma l’avete inventata voi? È bellissima!Francesca: si maestra, perché noi vogliamo essere tutti amici e vogliamo stare sempre assieme.Gabriele: noi ci vogliamo tanto bene ( e abbraccia la vicina Diletta).Maestra: Allora quando siete tutti felici vi abbracciate e ridete tutti assieme?Luca: si maestra, quando siamo felici ridiamo sempre!!! Stefania: io rido sempre!!!Maestra: e di che colore rappresentereste il sorriso e la gioia?Diletta: rosso, come il sorriso!!Stefania: giallo, come il sole!Gabriele: verde, come l’erba del prato.Chiara: giallo, come le stelle!!!Daniel: verde, come il campo da calcio, perché quando gioco a calcio io sorrido sempre!Andrea: rosso, viola, verde, giallo, azzurro … di tutti i colori come l’arcobaleno!!!Francesca: arancione, perché è il mio colore preferito.Luca: anche per me il sorriso è rosso, rosso come il fuoco!!!!Maestra: prima abbiamo mimato con il corpo come ci comportiamo quando piangiamo, ora proviamo a

mimare come ci comportiamo quando ridiamo???Stefania: io quando rido abbraccio la mia amica Francesca ( e mima l’azione).Luca: io quando rido salto alto alto verso l’alto ( e mima l’azione).Gabriele: io alzo le mani verso l’alto e salto anche io ( e mima l’azione).Daniel: io quando faccio gol a calcio, sono felice e rido, e inizio a correre per tutto il campo mentre gli

altri mi seguono … ( e mima l’azione).Chiara: io inizio a cantare e a fare tante giravolte su di me ( e mima l’azione).Francesca: io saltello qua e la e continuo a sorridere a tutti ( e mima l’azione).Luca: io quando sono felice urlo come un matto e faccio salti altissimi ( e mima l’azione).Diletta: io quando sono felice abbraccio sempre le mie amiche, la mia mamma, il mio papà, la mia

sorellina e i miei nonni e li riempio di baci (e mima l’azione).Sai è importante sorridere perché la mia nonna mi dice sempre che quando le sorrido lei sta meglio e non sente più male.

Maestra: Hai ragione Diletta, i sorrisi sono speciali,hanno la forza di far star bene tante persone..io ho trovato una frase in internet sul sorriso, che recitava così:

Un sorrisoUn sorriso non costa niente e produce molto arricchisce chi lo riceve,senza impoverire chi lo da.Dura un solo istante,ma talvolta il suo ricordo è eterno.Nessuno è così ricco da poter farne a meno,nessuno è abbastanza povero da non meritarlo.Crea la felicità in casa,è il segno tangibile dell'amicizia,un sorriso da riposo a chi è stanco,rende coraggio ai più scoraggiati,non può essere comprato, ne prestato, ne rubato,perché è qualcosa di valore solo nel momento in cui viene dato.E se qualche volta incontrate qualcunoche non sa più sorridere,siate generoso,dategli il vostro,perché nessuno ha mai bisogno di un sorrisoquanto colui che non può regalarne ad altri.Gino Mazzella

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Diletta: che bella questa poesia Giorgia …Chiara: hai ragione, non costa nulla sorridere e fa star bene gli altri, dovremmo ricordarcelo più spesso …Luca: ma Giorgia, tu sei sempre felice e sorridi sempre a tutti?Francesca: quando la vedo io è sempre felice, mi sorride sempre e mi da tanti baci …Stefania: anche con me fa così!!!Maestra: no Luca, non sono sempre felice. Ma molto spesso fingo di esserlo per non far diventar triste anche i miei amici e le persone che mi stanno attorno!!!Chiara: ma tu quando sei felice e sorridi, cosa fai?Maestra: io faccio tutte queste cose assieme: sorrido alle amiche, le abbraccio, ogni tanto faccio dei salti altissimi con le mani rivolte verso il cielo, mi metto a gridare, a volte mi scendono anche le lacrime perché sono tanto felice ( imito l’azione e tutti i bambini mi seguono).Francesca: Maestra, ma quando sei triste, come fai a ritrovare il sorriso?Maestra: Sai Francy, a volte sono molto triste anche io e piango proprio come voi. Ma sapete, una volta quando ero piccolina piccolina, sono caduta dalle scale e mi sono fatta tanto male che non smettevo più di piangere … Allora la mia nonna mi prese in braccio e iniziò a cantarmi una bellissima canzoncina; da quel giorno, tutte le volte che divento triste la canto, così mi torna il sorriso.

“La canzone della felicità”Se sei triste, ti manca l’allegria, (si mima la tristezza)scaccia fuori la malinconia, (si finge di schiacciare con pugno destrosu mano sinistra)vieni con me t’insegnerò (si invita un compagno a seguirci con un dito)la canzone della felicità,bom bom bom bom.Sbatti le ali, (si finge di avere le ali)muovi le antenne, (lo stesso per le antenne)dammi le tue zampine, (si porgono le mani a un compagno che sta di fronte)vola di qua e vola di là, (due salti a piedi uniti a destra e a sinistratenendosi per mano)la canzone della felicitàbom bom bom bom (si ripete tutto dall’inizio per due o tre volte).Assieme ai bambini abbiamo ballato e cantato la canzone.

Francesca: io ne so un’altra canzone simile a questa… si chiama “se sei felice tu lo sai”. Daniel: la sappiamo tutti, perché l’abbiamo imparata a scuola. Chiara: possiamo cantarla tutti assieme? Maestra: ma certo, così poi diventiamo tutti felici!

“SE SEI FELICE E TU LO SAI”Se sei felice e tu lo sai batti le mani (clap clap)Se sei felice e tu lo sai batti le mani (clap clap)Se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai batti le mani (clap clap)

Se sei felice e tu lo sai batti i piedini (stomp stomp)Se sei felice e tu lo sai batti i piedini (stomp stomp)Se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai batti i piedini (stomp stomp)

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Se sei felice e tu lo sai chiudi gli occhietti (chiudi chiudi)se sei felice e tu lo sai chiudi gli occhietti (chiudi chiudi)se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai chiudi gli occhietti (chiudi chiudi)Se sei felice e tu lo sai grida urrà (urrà)se sei felice e tu lo sai grida urrà (urrà)se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai grida urrà (urrà)Se sei felice e tu lo sai schiocca la lingua (clip clap)se sei felice e tu lo sai schiocca la lingua (clip clap)se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo schiocca la lingua (clip clap)Se sei felice e tu lo sai e mostrarmelo vorraiSe sei felice e tu lo sai fai tutto insieme (clap clap, stomp stomp, chiudi chiudi, urrà, clic clap)

Maestra: proviamo ad aggiungere altri movimenti … movimenti diversi da quelli descritti dalla canzone..

Stefania: proviamo a inserire le vocali? Maestra: le vocali???!!!?? Stefania: si, Giorgia, facciamo così, cantiamo ad esempio “se sei felice tu lo sai fai la lettera O” e

poi facciamo con il corpo le lettere che abbiamo imparato prima … Francesca: si che bello, mi piace!!! Proviamo? Daniel, Diletta, Francesca, Andrea, Luca, Gabriele, Chiara: siiiiiiiiiiiiii

“SE SEI FELICE E TU LO SAI”Se sei felice e tu lo sai fai la lettera A (a-a)Se sei felice e tu lo sai fai la lettera A (a-a)Se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai fai la lettera A (a-a)

Se sei felice e tu lo sai fai la lettera E (e-e fai la lettera E (e-e))Se sei felice e tu lo sai fai la lettera E (e-e)Se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai fai la lettera E (e-e)

Se sei felice e tu lo sai fai la lettera I (i-i)se sei felice e tu lo sai fai la lettera I (i-i)se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai fai la lettera I (i-i)Se sei felice e tu lo sai fai la lettera O (o-o)se sei felice e tu lo sai fai la lettera O (o-o)se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai fai la lettera O (o-o)Se sei felice e tu lo sai fai la lettera U (u-u)se sei felice e tu lo sai fai la lettera U (u-u)se sei felice e tu lo sai dimostrarmelo potraise sei felice e tu lo sai fai la lettera U (u-u)se sei felice e tu lo sai e mostrarmelo vorraise sei felice e tu lo sai fai tutte le lettere assieme ( a-e-i-o-u) Chiara: però noi l’abbiamo imparata anche in inglese, possiamo farla anche in inglese?l Maestra: ma certo, vedo che vi piace molto questa canzone!!! Daniel: si perché mette di buon umore! Diletta: è troppo divertente e fa sempre ritornare il sorriso! Maestra: allora come fa in inglese?

If you're happy and you know it clap your hands. If you're happy and you know it clap your hands. 

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If you're happy and you know it and you really want to show it, If you're happy and you know it clap your hands. 

If you're happy and you know it stomp your feet. If you're happy and you know it stop your feet. If you're happy and you know it and you really want to show it, If you're happy and you know it stop your feet. 

If you're happy and you know it shout "Horray!" If you're happy and you know it shout "Horray!" If you're happy and you know it and you really want to show it, If you're happy and you know it shout "Horray!" 

If you're happy and you know it do all three. If you're happy and you know it do all three. If you're happy and you know it and you really want to show it, If you're happy and you know it do all three!

Diletta: Giorgia, che bella questa giornata, vorrei che non finisse più. Daniel: anche io mi sto divertendo tantissimo … Andrea: oggi abbiamo imparato tantissime cose nuove: balli, canzoni, lettere con il corpo, lettere nel

viso.. a scuola tutto queste cose le impariamo in un anno, non in tre ore … Maestra: sono contenta di avervi fatto divertire e sorridere. Facciamo un ultimo gioco assieme? Ne

avete voglia o siete troppo stanchi??? Bambini: no no, non siamo stanchi, giochiamo ancora un po’ dai … Maestra: ogni bambino disegna su un foglio una riga, un cerchio, un’immagine che esprima la gioia o

la tristezza … e tutti gli altri dovranno indovinare il sentimento espresso … i piace come gioco?I bambini iniziano a disegnare segretamente il loro sentimento e poi, a turno, mostrano la loro creazione Daniel: ecco il mio disegno!

Diletta: Daniel il tuo disegno è molto triste!!! Esprime tanta TRISTEZZA! Andrea: sei proprio triste triste amico mio.. Posso fare qualcosa per tirarti su di morale?? Daniel: sono triste perché abbiamo finito di giocare e devo andare a casa a finire i compiti … Chiara: dai che per domani non ci sono tanti compiti da fare, c’è solo un esercizio di matematica! Francesca: questo è il mio disegno.

Andrea: il tuo disegno è molto solare: per me rappresenta la GIOIA!!! Diletta: FELICITA’, TANTISSIMA FELICITA’… Francesca: si sono tanto felice perché oggi mi sono proprio divertita. Luca: il mio disegno invece cosa rappresenta?

Francesca: tu sei proprio arrabbiato Luca. Il tuo disegno è ARRABBIATISSIMO E TRISTE. Chiara: e PIANGI pure … se ti faccio un sorriso, come ci ha insegnato Giorgia, ritorni felice??

(Chiara rivolge un sorriso a Luca che ricambia …) Luca: si sono triste perché è finita la giornata!!! Andrea: ecco il mio disegno

Gabriele: il tuo disegno rappresenta la gioia, perché tu sei felicissimo quando vai in montagna con tuo papà …

Andrea: a me piace tantissimo andare in montagna; il mio papà ha una baita in Scanuppia e l’estate mi diverto tantissimo quando stiamo su a dormire …

Gabriele: a volte rimaniamo a dormire con Andrea anche io, Luca e Daniel… Diletta: il mio disegno vi piace?

Chiara: Diletta hai disegnato tu e Daniel??? Daniel: non è vero!!!

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Chiara: questo disegno rappresenta FELICITA’, perche quando Diletta sogna di baciarti Daniel è sempre felice ….

Diletta: Dai Chiara, smettila, che non è vero … Chiara: si si, lo dici sempre … e rivolge un sorriso all’amica.

Ora tocca a me: il mio disegno cosa esprime secondo voi?

Luca: GIOIA, i due bambini ridono … Diletta: qui invece siete tu e Luca … (i due bambini sorridono). Francesca: Chiara però sorride anche quando sta con me e Stefania … Diletta: Chiara sorride sempre, è sempre felice … Stefania:e il mio allora?

Gabriele: è un bel disegno ma non capisco che emozione rappresenta … Andrea: bè, la nuvola che piange è triste … Chiara: e il sole che ride è felice.. Francesca: quindi il disegno è sia TRISTE che FELICE!!! Stefania: sono triste perché è finito il nostro tempo assieme a te Giorgia, ma sono contenta per tutto

quello che ho imparato oggi e perché mi sono divertita tanto. Gabriele: io sono l’ultimo.. ecco il mio disegno …

Daniel: ma è un robot? Sembra triste … Andrea: si anche a me sembra solo e triste ... Gabriele: prima era felice perché c’è il colore giallo, mentre adesso è triste perché dobbiamo andare a

casa e non siamo più tutti assieme … Maestra: il tempo a nostra disposizione è finito … Spero vi siate divertiti e spero di avervi insegnato

fatto capire qual cosina riguardo al piangere e al ridere … Voglio chiedervi un’ultima cosa: cosa avete capito dopo questo pomeriggio passato assieme?

Luca: io ho capito che ognuno esprime la sua gioia e la sua tristezza in modo diverso.. Diletta: la cosa che mi è piaciuta di più è stato capire l’importanza che può avere un sorriso per

qualcun altro … da oggi sorriderò di più … Chiara: io mi sono divertita tantissimo a cantare la canzone “se sei felice tu lo sai” inserendo le lettere

dell’alfabeto … è stato troppo divertente! Gabriele: a me ha fatto piacere imparare a studiare la matematica utilizzando il nostro corpo … è

molto più bello studiare così e anche più facile … Daniel: mi sono divertito a vedere come i miei amici esprimono la gioia e la tristezza in modo

totalmente diverso dal mio … Francesca: io mi sono divertita tantissimo a fare le lettere dell’alfabeto con il mio corpo.. anche se

non sempre ci riuscivo. Andrea: io ho capito che a volte si può piangere non solo perché si è tristi, ma anche quando si è felici

… Stefania: Giorgia, io mi sono divertita tantissimo, vorrei tanto averti come maestra a scuola, perché

mi hai insegnato tantissime cose in solo 3 ore … Ritorna ancora dai!!!

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GOTTARDINI

Per lavorare con i bambini ho deciso di partire da delle storie, alcune a me già conosciute altre cercate appositamente.

GIOCO DEI PESCIOLINI: I bambini vengono divisi in due squadre, la squadra dei pesciolini, che è più numerosa, e la squadra dei pescatori. I pescatori devono prender i pesciolini per poterli mangiare. I pesciolini partono da dietro ad una riga e devono raggiungere la riga dall'altra parte del campo per mangiare e viceversa per tornare a casa. I pescatori sono in mezzo e devono prendere i pesciolini, che partono di corsa al via della maestra.Ho deciso per questa occasione di dare dieci minuti di tempo di gioco.I pescatori non riescono a prendere tutti i pesciolini e decido di partire con la riflessione per poi farli giocare nuovamente.La prima storia che ho scelto è “il leone e il topo riconoscente”, letta e discussa con 25 bambini di 5 anni.

IL LEONE E IL TOPO RICONOSCENTEUn topolino correva sul corpo di un leone addormentato, il quale si svegliò e, acchiappatolo, fece per ingoiarlo. La bestiola cominciò a supplicare di risparmiarlo e a dire che, se ne usciva salvo, gli avrebbe dimostrata la sua riconoscenza. Il leone scoppiò a ridere e lo lasciò andare. Ma dopo non molto gli capitò un caso in cui dovette davvero la sua salvezza alla riconoscenza del topolino. Alcuni cacciatori riuscirono a catturarlo e lo legarono con una corda a un albero. Il topo allora udì i suoi lamenti, accorse, rosicchiò la corda e lo liberò, soggiungendo: "Tu, quella volta, t’eri fatto beffe di me, perché non immaginavi mai di poter avere una ricompensa da parte mia. Sappi ora che anche i topi sono capaci di gratitudine”.

La favola mostra come, col mutar delle circostanze, anche i potenti possono aver bisogno dei deboli.Maestra: allora bambini avete pensato qualcosa? Credete che sia bello aiutare gli altri?Simone: la mia mamma dice sempre che bisogna aiutare gli altri.Daniele: si anche la mia, dice che dobbiamo essere buoni.Sofia: la mia dice che bisogna avere tanti amici e quindi essere buoni.Maestra: ma secondo voi è utile anche per noi aiutare gli altri?Manuel: se noi aiutiamo gli altri Gesù è contento.Athena: e anche la nostra mamma è contenta.Andrea: e il papà.Pietro: però se noi aiutiamo gli altri poi gli altri aiuteranno noi.Asia: è vero!Martina: però non tutti sono gentili e ricambiano i piaceri che gli fai.Maestra: perchè dici così Martina? Hai un esempio?Martina: si, l'altro giorno io ho prestato la matita a Davide ma lui non mi presta le sue.Davide: non è vero.Maestra: Davide non ti stiamo accusando, volevamo capire cosa è successo.Davide: non gliela prestavo perchè serviva anche a me.Maestra: allora dobbiamo capire che aiutare gli altri va bene però solo quando possiamo. Vuoi dire questo Davide?Davide: si infatti, io aiuto volentieri i miei compagni ma se non posso perchè la matita serve a me la tengo io. Appena ho finito gliela presto.Maestra: hai capito Martina? Quella di Davide non era cattiveria.Martina: sì.Maestra: ma secondo voi, nella storia il leone diceva che il topolino non gli sarebbe mai stato utile perchè piccolo e non è forte come lui. Secondo voi ci sono persone che non sono utili?Sara: no non è vero...tipo io sono piccola ma quando alla mamma è caduto il cellulare dietro il mobile solo io con le manine piccole riuscivo a prenderlo.Andrea: anche alla mia mamma cade sempre il cellulare.Antonella: beh, la mia sorella è più grande di me ma io sono più brava a colorare e allora la aiuto.Federica: io invece sono più brava di mio fratello a riordinare.Alice: io vinco sempre con la play station.Francesco: anch'io ho la play station.

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Maestra: ecco vedete era proprio questo che colevo sapere, voi siete piccolini ma comunque avete delle capacità e riuscite a fare bene delle cose...pensate che potetre aiutare qualcuno?Alessandra: sì, io aiuto sempre la mia mamma a sparecchiare e dice che sono bravissima.Sara: sì anch'io, anch'ioManuel: io aiuto la mia mamma a riordinare e lei mi aiuta quando voglio leggere.Francesco: io aiuto il mio papà a pulire la macchina.Alice: io la mia mamma a fare la spesa, così poi mi prende la cioccolata.Maestra: credo che tutti aiutiate i vostri genitori a casa, e loro aiutano voi giusto? Ma i vostri compagni che sono piccoli come voi...credete che sia utile aiutarli?Veronica: io sono più grande e più forte dei miei compagni e li aiuto a prendere la giacca quando non ci arrivano.Maestra: brava veronica! E poi i tuoi compagni aiutano te?Veronica: sì certo, anche a finire di colorare quando resto indietro.Daniele: io aiuto i miei compagni a riordinare alla fine dell'intervallo, così giochiamo di più perchè ci mettiamo meno tempo a riordinare.Maestra: bravissimo Daniele, volevo arrivare proprio qui. Pensate che se c'è collaborazione...cosa vuol dire collaborazione?Riccardo: vuol dire che tutti ci aiutiamo, cioè io aiuto te e tu aiuti me e allroa collaboriamo.Maestra: bravissimo! Pensate che se c'è collaborazione è un guadagno per tutti?Alessandra: sì perchè se io aiuto una mia compagna poi lei aiuta me.Sara: e poi si fa meno fatica.Manuel: e se io aiuto qualcuno che poi mi aiuta diventiamo amici e i giochi sono più divertenti.Pietro: è vero, e è bello giocare senza litigare.Maestra: adesso voglio provare a farvi ripetere il gioco dei pesciolini, a un certo punto vi fermerò per chiedervi alcune cose.

I bambini riprendono a giocare.Dopo qualche corsa fermo il gioco e chiedoMaestra: pescatori come mai avete preso così pochi pesciolini?I bambini non sanno rispondere.Maestra: non credete che sia meglio collaborare? Guardate bene...lo spazio dove passano i pesciolini non è molto se collaborate li bloccate.Riparte il gioco, i pescatori si prendono per mano e formano una catena umana che blocca i pesciolini.Maestra: allora cosa è successo?Alessandra: ci hanno mangiati tutti!!!Pietro: è perchè ci siamo presi per mano e li abbiamo bloccati tutti e allora abbiamo vinto.Andrea: sì, sì è vero e non potevano più passare.Asia: noi abbiamo lavorato insieme e allora abbiamo vinto.Maestra: quindi la collaborazione è importante?Athena: sì, se si sta insieme si è più forti.

Come secondo argomento ho deciso di trattare una storia sulla libertà e sulle regole, trattandola con dei bambini di prima che, arrivati alla scuola elementare spesso fanno fatica a seguire le regole e i tempi scolastici molto diversi e più rigidi di quelli della scuola dell'infanzia.Ho ritenuto questa storia molto utile come riflessione e anche come occasione per me per sottolineare l'importanza delle regole in classe, nei luoghi interni della scuola ma soprattutto in giardino, dato che, durante le ricreazione, c'è uno spazio di gioco adibito ai bambini di prima in modo che stiano in gruppo, che socializzino tra loro senza rischiare di farsi male giocando a pallone con i bambini più grandi e siano anche più facilmente sorvegliabili dall'insegnante di classe.Ho trovato questa breve storia sul sito “Modalogia” di Cristina Finazzi, sito a mio parere molto utile per la trattazione di questi argomenti. Mi sono leggermente permessa di cambiare alcune domande del bambino rivolte alla mamma per meglio arrivare al punto che mi interessava raggiungere coi miei allievi.Credevo che il concetto di libertà fosse un argomento molto difficile per dei bambini di 6 anni ma sono stata invece molto impressionata dalle loro risposte.Prima della storia ho fatto svolgere ai bambini un gioco e subito dopo ho letto loro una storia, anche per calmarli un pochino e riportare la classe alla tranquillità.

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IL GIOCO DEL DRAGO SPUTAFUOCOSi da ai bambini uno spazio delimitato in cui correre e l'insegnante da loro il ritmo di corsa con le mani. Un battito cammino, due battiti corro, tre battiti mi fermo. I bambini non devono uscire dallo spazio delimitato perchè altrimenti il drago sputafuoco li arrostisce.Nello svolgimento del gioco presi dall'enfasi molti bambini escono dallo spazio delimitato e li fermo mettendoli sulla panchina. Volontariamente non spiego loro subito il motivo del castigo in panchina, anche se loro lo sanno molto bene.

LA LIBERTA' Mamma ma io sono un bambino libero? Certo Michele. Posso saltare sul letto con le scarpe? No! Posso mangiare quando voglio? No! Posso andare a giocare senza fare i compiti? No! Posso picchiare i miei compagni a scuola se mi fanno i dispetti? No! Posso non andare a scuola? No! Posso disubbidire alla maestra? No! Posso disubbidire a te? No! Posso non ascoltare quello che dici? No! Ma mamma sei sicura che io sia davvero libero? Certo che sì! Ma libero di fare che cosa? Sei libero di seguire queste regole, sei libero di crescere bene e felice, sei libero di rispettare ed

amare le persone che ti circondano e sei libero di avere degli amici.

Maestra: allora bambini voi credete di essere bambini liberi?Andrea: certo che siamo bambini liberi.Manuel: non siamo mica legati.Athena: e non siamo neanche in galera.Sara: sì è vero. Sono le persone che non sono brave che vanno in galera.Pietro: però il mio papà quando mi sgrida e dice che non sono bravo mi mette in castigo mica in galera.Sara: ma quelle persone fanno cose brutte brutte.Maestra: per esempio Sara ce lo sai dire?Sara: beh, rubano per esempio.Maestra: ma non sono liberi di rubare?Alessandra: no, non si deve rubare.Maestra: e perchè Alessandra?Alessandra: beh è sbagliato rubare...Maestra: ma il bambino della storia era libero?Asia: era libero però tante cose non le poteva fare.Martina: sì è vero, aveva tantissime regole.Andrea: beh anche noi le abbiamo.Manuel: però i bambini non liberi sono quelli dei paesi poveri.Veronica: è vero, loro non possono andare a scuola.Matteo: la mia mamma me lo dice sempre quando non ho voglia di fare i compiti che andare a scuola è una fortuna, però io a fare i compiti mi annoio.Maestra: ma Matteo, la scuola serve..cosa hai imparato da settembre a oggi?

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Matteo: a scrivere e a leggere.Maestra: e ti piace scrivere e leggere? Matteo: sì molto.Maestra: quindi anche se è faticoso e noioso fare i compiti, stare a scuola è bello'Matteo: sì che è bello.Manuel: a me piace tantissimo.Maestra: però a scuola ci sono tante regole da rispettare.Riccardo: sì è vero dobbiamo alzare la mano per parlare, lavorare in silenzio, stare in fila bene.Sara: rispettare i compagni.Andrea: non dobbiamo correre sui corridoi.Maestra: ma queste regole a cosa servono? Ve le dico solo per farvi un dispetto e essere antipatica?Martina: no, servono. Alzare la mano serve per farti capire perchè se parliamo tutti insieme tu non capisci niente.Sara: e se corriamo sui corridoi rischiamo di farci male.Davide: e non dobbiamo fare male ai compagni perchè sono nostri amici e dobbiamo rispettarli.Maestra: Davide ha detto una parola importante rispetto...vediamo di ragionarci insieme..voi dovete rispettare le regole per....Martina: per stare meglio.Matteo: per non far arrabbiare la maestra o la mamma.Riccardo: per essere da esempio.Andrea: per essere bravi.Maestra: sono tutte cose giuste ma voglio sentire un'altra cosa da voi, se voi rispettate le regole come ad esempio non picchiare i compagni siete bravi voi ma guadagnate rispetto pure voi. Avete capito cosa intendo?Sara: che noi diventiamo bravi.Manuel: che noi rispettiamo i compagni e loro rispettano noi.Maestra: Manuel, ottimo! Hai capito benissimo se tu non picchi il compagno lui non picchia te,Andrea: e giochiamo senza litigare.Maestra: esatto, se io rispetto gli altri, gli altri rispettano me, ma trovato un po' di libertà in qeusta regola?Athena: siamo liberi giocare senza farci male.Maestra: esatto, e sulla regola di non correre nei corridoi, c'è libertà?Sara: sì, noi camminiamo per non farci male.Maestra: e l'alzare la mano in classe?Riccardo: così tutti possono parlare e essere ascoltati, e la maestra non diventa sorda.Maestra: esatto!Ora voglio tornare con voi al gioco di prima, vi avevo dato uno spazio delimitato dove correre giusto?Samuel: sì potevamo correre solo nel campo da calcio.Pietro: sì è vero perchè se uscivamo il drago sputafuoco ci arrostiva.Maestra: però alcuni di voi non hanno seguito la regola e sono stati arrostiti sbaglio?Veronica: sì io ero fritta!Manuel: sì perchè si è sbagliata e è uscita.Maestra: e non era l'unica. Adesso voglio sapere da voi, perchè vi ho fatto fare questo gioco?Riccardo: per farci capire che rispettare le regole è importante.Maestra: però sapete benissimo anche voi che il drago non esiste. Perchè allora dovete correre solo dove vi ho detto?Sara: perchè è il gioco.Davide: perchè anche all'intervallo dobbiamo correre e giocare solo in una certa zona se no ti arrabbi.Maestra: e perchè mi arrabbio?Manuel: perchè non ubbidiamo.Athena: perchè non ti abbiamo ascoltata.Maestra: ho la sessa domanda di prima, ve lo dico solo per farvi un dispetto e essere antipatica?Veronica: perchè se no se andiamo a giocare da un'altra parte non ci vedi se ci facciamo male.Samuel: e se giochiamo con i bambini più grandi rischiamo di farci male.Maestra: esatto anche questa è una regole per garantirvi la libertà di giocare sereni e tranquilli. Ora ripetiamo il gioco del drago.

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I bambini ripetono il gioco del drago, questa volta senza uscire dalle righe e rispettando le regole. I bambini erano molto più motivati di prima e le regole erano più semplici da seguire.

Come terzo tema ho scelto di trattare il tema del riciclo. Ritengo sia una cosa molto importante da insegnare ai bambini sin da piccoli in modo che apprezzino tutto ciò che hanno a disposizione e imparino a non sprecare le risorse che hanno a disposizione.Già durante la ricreazione della mattina quando si dà ai bambini la merenda gli si insegna a dividere secondo certi criteri imposti dal Comune i rifiuti e li si responsabilizza, non deve essere la maestra a dividere ma gli alunni stessi prestando attenzione a ciò che fanno.Anche in classe gli si spiega che per un disegno fatto in un momento libero non serve un foglio nuovo ma si può usare un foglio già utilizzato su un lato, dato che, una volta appena il disegno, non si noterà che era un foglio già usato e non più utile. Stessa cosa per la brutta copia.Sarebbe utile in tutte le scuole far arrivare i bambini ad un livello di diminuzione dello spreco alto che riesca a cambiare i loro stili di vita e che li aiuti a ridurre non solo i consumi ma anche, conseguentemente, le spese. Inoltre ritengo che i bambini abbiano maggiori capacità degli adulti di manipolare e ricreare e siano dunque più propensi al riciclo.Per svolgere questa attività ho creato un gioco nella palestrina della scuola dividendo i bambini in 3 squadre: carta, plastica e alluminio. Ho evitato di utilizzare le squadre di organico per questioni di igiene e del vetro per questioni di sicurezza, essendo i bambini piccoli volevo evitare si tagliassero.Le squadre dovevano a turno raccogliere i materiali sparsi per la palestra e riciclarli nel loro apposito bidone, giallo per la carta, azzurro per la plastica e verde per l'alluminio. Ho scelto 3 bambini per spargere i diversi rifiuti nel bosco correndo per poi sedersi. Per rendere il gioco più movimentato questi 3 bambini potevano, mentre i compagni raccoglievano i rifiuti, disturbarrli epr impedirgli la raccolta.Ovviamente soprattutto per l'alluminio ho dovuto spiegare ai bambini cos'era e fargli vedere gli esempi degli oggetti di alluminio poiché non conoscevano questo materiale.Per meglio raffigurare il mondo ai bambini ho allestito in palestra degli alberi di cartone per creare un bosco pieno di rifiuti per vedere se i bambini riuscivano a capire l'importanza del rispetto per l'ambiente circostante.

Maestra: allora bambini, vi è piaciuto il gioco?Manuel: sì molto, abbiamo vinto.Veronica: è stato bellissimo.Maestra: ma credete sia importante chi ha vinto e perso?Andrea: beh io sono soddisfatto se vinco,Maestra: sì logico Andrea, una vittoria è sempre una vittoria e dimostra impegno, ma questo gioco secondo voi cosa significava? Athena: abbiamo raccolto i rifiuti.Sara: sì abbiamo pulito il bosco.Maestra: esatto. Abbiamo pulito il bosco. Ma da cosa?Francesco: dai rifiuti che loro hanno buttato per terra.Maestra: loro chi?Francesco: beh Davide, Alessandra e Caterina.Maestra: sì è vero in questo caso erano proprio loro ma perchè gliel'ho detto io....chi è di solito che butta i rifiuti per terra?Caterina: le gente maleducata.Greta: sì p gente che non rispetta gli altri dice la mia mamma.Matteo: dalla mia nonna è pieno di rifiuti per strada.Maestra: dov'è la tua nonna Matteo?Matteo: è a Napoli, e c'è tanta puzza. Tutti buttano per terra.Maestra: allora Matteo puoi dirmi credi che sia giusto comportarsi così?Matteo: no, no. Bisogna buttarli nei cestini.Pietro: sì è vero la mia mamma si arrabbia sempre quando lascio le carte in giro.Maestra: ma allora anche a casa sei un super disordinato?Pietro: eh …..ehm beh un pochino sì.Maestra: allora Pietro tocca proprio a te! Dimmi perchè vi ho fatto dividere i rifiuti nei diversi cestini.Pietro: perchè per ogni tipo di rifiuto c'è un cestino.

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Maestra: esatto. E perchè per ogni tipo di rifiuto c'è un cestino? Perchè vogliono complicarci la vita?Pietro: eh eh sì!Martina: ma no! È perchè si devono dividere i rifiuti.Francesco: sì è vero anche a casa li dividiamo sempre.Maestra: e perchè li dividete?Francesco: è perchè la carta la passano a prendere il lunedì, la plastica il giovedì e le lattine mi sembra il mercoledì.Maestra: e non farebbero prima a prenderli tutti lo stesso giorno?Asia: ma magari pesano troppo.Maestra: ma se io vi parlo di riciclaggio voi sapete che cos'è?Riccardo: è quando si riusano le cose.Maestra: esatto Riccardo bravissimo. Che cose possiamo riciclare?Pietro: per esempio la mia mamma le maglie che a me vanno piccole le fa mettere al mio fratellino giusto maestra?Maestra: sì esatto questo è un tipo di riciclaggio, la maglia a Pietro non serve più e invece che buttarla nel bidone la usa di nuovo per suo fratello.Manuel: anch'io ho delle maglie di mio fratello.Maestra: altre cose vi vengono in mente?Alessandra: sì in classe ci dici sempre di usare di nuovo i fogli per i disegniMartina: e di buttare la carta non nel bidone rosso ma nel cartone sotto la lavagna.Maestra: esatto. Lo sapete perchè vi faccio mettere lì la carta da buttare via?Giulia: La usi per fare i tuoi disegni?Maestra: no... dobbiamo dividere i rifiuti perchè il rifiuto può essere riciclato, quando raccolgono i rifiuti in giorni diversi a casa nostra è per portarli dove li usano di nuovo, un foglio isato diventa un foglio nuovo per scrivere. Avete presente quei quaderni che hanno i fogli un pochino più grigi? Sono fatti di carta riciclata.Manuel: quindi non tagliano un albero per farli?Maestra: no! Usano la carta che voi raccogliete nei rifiuti così vivono più alberi.Riccardo: il mio papà mi dice sempre che gli alberi vanno rispettati e non sono infiniti.Maestra: sì e stessa cosa si può fare con gli altri rifiuti. Adesso per meglio capire questo riciclaggio voglio raccontarvi una storia.

IL DRAGHETTO MANGIARIFIUTIC'era una volta un Draghetto che dormiva ormai da anni e anni, in una caverna al centro della Terra.Un giorno si svegliò perchè la sua grossa pancia borbottava: “ Ho fame! Ho fame! Dopo un lungo sonno sarà meglio cercare qualcosa da mangiare!”.Allora Draghetto andò a salutare papà Dragone che stava alimentando il fuoco di un vulcano. Gli diede un bel bacio fiammeggiante come piace a tutti i papà draghi e attraverso gallerie e caverne risalì fino alla superficie della Terra.Quando finalmente mise il naso fuori dalla Terra, grandi fiamme di gioia uscirono dal suo naso; stentava a credere a quello che vedeva, mucchi di immondizie in ogni prato, niente prati verdi, ma lattine, bottiglie di plastica e immondizie ovunque. I fiumi poi erano una vera sporcizia, tutti coperti di una schiuma nera e puzzolente.“Oh, per tutti i vulcani! Gli uomini sono impazziti! Ci sono più rifiuti che prati! Certo, per me è una vera delizia, ma loro tra un po' saranno sommersi dai rifiuti e ci saranno solo mari puzzolenti e prati sporchi. Forse è meglio che li aiuti io, che sono grande e grosso, a tenere pulita e ordinata questa Terra. Gli uomini non sanno che in realtà nella pattumiera c'è un tesoro e che tante cose non vanno buttate ma possono essere riutilizzate.Penso proprio che mi mangerò la carta per colazione, la plastica a pranzo e il vetro e le lattine questa sera per cena.”Così il Draghetto mangiarifiuti si mise tre sacchetti alla pancia ed iniziò a raccogliere le cose che gli piacevano di più: carta, vetro, lattine e plastica.Fu così che la Terra si ripulì dai rifiuti e la pancia del Draghetto fu bella piena!

Maestra: il Draghetto mangiarifiuti ci insegna che bisogna dividere i rifuti. Come gli sembra la terra appena si sveglia dal sonno della caverna?Athena: dice che è piena di rifiuti ovunque e che i fiumi sono sporchi.

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Sara: sì e che c'era una schiuma puzzolente.Andrea: che schifo.Maestra: ma perchè c'è questa sporcizia?Pietro: perchè le persone buttano i rifiuti per terra.Matteo: però adesso che ci penso dalla mia nonna dove c'erano i rifiuti per terra c'erano anche i bidoni ma erano pieni.Maestra: eh sì erano pieni e qual è un modo per non farli riempire così? Ce lo dice il draghetto?Greta: sì ci dice di dividerli.Maestra: e perchè dobbiamo dividerli?Manuel: perchè così possiamo riciclarli, cioè usarli di nuovo e invece che buttarli via servono ancora.Veronica: e se non li buttiamo via i bidoni non si riempiono.Maestra: esatto....però ascoltate un po'....per non riempire i bidoni prima i nostri amici Davide, Alessandra e Caterina li hanno buttati per terra... è giusto?Davide: no che non è giusto ma maestra ce l'hai detto tu,Maestra: sì è vero e sono sicura che di solito non lo fate, allora adesso chiedo ai compagni cosa direste a delle persone che buttano i rifiuti per terra?Alessandra: di non farlo perchè sporcano e puzzano.Pietro: che devono buttarli nei bidoni e essere ordinati.Sara: che gli animali del bosco si arrabbiano se gli sporcate la casa.Maestra: Bravissimi! Allora io vi chiedo una cosa... il gioco che abbiamo fatto prima era divertente avete detto vero? Caterina: sì molto.Maestra: ma secondo voi è meglio farlo o non farlo?Veronica: beh è bello divertirsi.Matteo: però è meglio non farlo perchè vuol dire che tutti buttano i rifiuti nel bidone giusto.Maestra: esatto. E preferisco adesso con voi prendere i materiali che abbiamo nei bidoni e riutilizzarli per dei lavoretti.

Come quarto lavoro ho pensato di parlare con i bambini delle emozioni che loro conoscono e cercare di vedere come attraverso il corpo queste si manifestino.Credo che spesso i bambini a scuola abbiano difficoltà a manifestare i propri sentimenti e le proprie emozioni. Un po' perchè l'ambiente è sconosciuto, un po' perchè il clima non è quello familiare della casa ma spesso vedo soprattutto nei bambini di prima atteggiamenti di totale chiusura verso l'esterno o di iperattività e mancanza di autocontrollo.Ovviamente non ritengo possibile sviluppare in bambini di classe prima un controllo delle emozioni attraverso un'attività singola, dato che questo lavoro lo si svolge sempre gradualmente nel corso dei 5 anni della scuola primaria. È un lavoro che richiede molto tempo e soprattutto molto spirito di osservazione da parte degli insegnanti.

Voglio partire con loro parlando di emozioni generali per poi arrivare a una riflessione sull'amore e vederne la loro visione.Per iniziare ho portato i bambini in palestra e li ho fatti sedere o sdraiare sui materassini, la posizione ho deciso di farla scegliere a loro in modo che si sentissero il più possibile a proprio agio.Inizio a parlare loro delle emozioni e chiedo se le conoscono e se possono esprimerle attraverso il viso. Ad esempio quando dico paura i bambini fanno una faccia spaventata, se dico felicità i bambini sorridono mostrando tutti i dentini (e relativi buchi), se dico amore i maschietti per lo più ridono, le femminucce fanno gli occhietti innamorati e speranzosi, se dico tristezza fingono di piangere.Ovviamente questo gioco provoca anche molta ilarità tra i bambini e risulta difficile tranquillizzarli in certi momenti.Dopo le espressioni del viso chiedo a loro di ripetere le emozioni anche attraverso il resto del corpo.All'inizio si trovano un po' in difficoltà ma ben presto superano le mie aspettative.

Maestra: allora qualcuno mi descrive come ha usato il proprio corpo per esprimere la felicità?Sara: ho sorriso e saltato.Manuel: sorridevo battendo le mani.Pietro: sorridevo un po' e alzavo le braccia in segno di vittoria.

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Maestra: Pietro credi che la felicità sia una vittoria?Pietro beh vincere una partita a calcio mi rende felice.Maestra: e cos'altro vi rende felici?Athena: stare con la mamma e il papà.Alessandra: giocare con la mia sorella grande.Matteo: finire i compiti e poter giocare.Veronica: io sarei felice se avessi un cane.Davide: io sono felice quando la mia mamma mi dice ti voglio bene.Caterina: quando la nonna mi prepara le patatine fritte sono buonissima.Maestra: quindi essere felici è bello?Andrea: sì è bellissimo!Maestra: e invece essere tristi?Francesco: a me non piace essere triste.Greta: è vero quando sono triste non parlo mai con nessuno.Maestra: e come avete espresso la tristezza con il vostro corpo?Pietro: io piangevo e battevo le mani sulla testa.Riccardo: io piangevo e mi sono seduto con le gambe incrociate così.Maestra: è un po' più difficile far vedere con il corpo la tristezza della felicità vero?Sara: sì è vero.Maestra: e secondo voi perchè?Martina: se sono felice voglio saltare e correre, se invece sono triste non mi muovo sto ferma.Sara: sì è vero quando sono triste di solito mi siedo in un angolo.Maestra: bravissime avete capito. Se siamo felici anche il nostro corpo è felice e festeggia invece se siamo tristi il nostro corpo si ferma. Parliamo un pochino dell'amore....cosa avete fatto?Manuel: io mandavo baci.Greta: io mi abbracciavo.Riccardo: però quando si ama si ama qualcun'altro non noi...quindi sarebbe meglio abbracciare qualcun altro.Maestra: Bravissimo Riccardo, che bella questa affermazione...fatemi un esempio chi conoscete che si ama?Pietro: la mamma e il papà.Caterina: e il nonno e la nonna.Maestra: adesso voglio leggervi una storia sull'amore...poi mi direte cosa ne pensate.

L'AMORE Mamma, mi sono innamorato. Cosa senti? Mi brucia il cuore e mi fa male lo stomaco. Però non è dolore è come un pizzichino che mi viene

quando la penso e la vedo. Tienilo stretto il pizzichino perchè non durerà per sempre. Ah no? Ma io la voglio amare per tutta la vita. Sì, forse, ma poi il pizzichino dopo un po' di tempo passa, ma comunque la amerai, forse anche di

più. Come il nonno e la nonna che sono ancora abbracciati? Sì esatto. Però mamma, io amo anche te ma non sento il pizzichino perchè? Mi vuoi baciare? Ma certo che no! Voglio solo il bacio della buona notte. E vuoi stare sempre con me? Beh non proprio sempre, è bello giocare coi miei amici. E invece con lei? Vuoi restarci sempre? Eh sì sarebbe bello. E la vorresti baciare? Sì sì. Ecco questo è il pizzichino, è perchè sei innamorato. Ma e l'amore che provo verso di te è sempre amore? Sì certo. E quello che provo per i nonni?

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Anche quello è amore. Ma allora ci sono tantissimi tipi di amore. Sì ne esistono tanti e sono tutti molto belli.

Maestra: allora vi eravate dimenticati di dirmi qualcosa dell'amore?Pietro: sì sì ci eravamo dimenticati di dirci che la mamma mi ama.Caterina: sì e anche il papà.Manuel: e i nostri fratelli e i nostri nonni ci amano.Sara: sì la famiglia è importante.Martina: tutta la famiglia si ama.Alessandra: ma maestra...la mia mamma mi ama....ma mi ama anche quando mi sgrida?Maestra: certo, se ti sgrida lo fa per il tuo bene perchè ti ama, forse ti sgrida perchè rischiavi di farti male, o ti sei comportata diversamente dalla brava bambina che sei.Alessandra: sì hai ragione maestra. Andrea: però l'amore è strano.Maestra: sì è molto strano però è bello e dovete valorizzarlo.

Dopo aver lavorato con i bambini sull'emozione dell'amore e aver visto un loro ottimo approccio ho deciso di approfondire l'emozione della paura.Volevo vedere come loro affrontano la paura e cosa la provoca in loro.Ho iniziato con il gioco dell'uomo nero, un gioco semplice ma che tratta comunque il tema della paura nei bambini.I bambini si dispongono nel cortile, un bambino è da solo gli altri in gruppo. Il bambino solo si mette a un estremo del cortile e urla “Chi ha paura dell'uomo nero?” tutti gli altri in coro rispondono: “ Nessuno!”. E iniziano a correre ognuno dalla parte opposta del cortile, l'uomo nero deve prendere più bambini possibile che diventano uomini neri a loro volta.Partendo da questo gioco volevo chiedere come affrontano loro la paura, parlare di uomini neri e delle paure che di solito spaventano i bambini e chiedere cosa fanno loro per affrontare questa emozione.

Maestra: allora bambini ho visto che nessuno di voi aveva paura dell'uomo nero.Pietro: beh non c'è da aver paura.Davide: è vero noi eravamo tanti lui era uno solo.Asia: beh se io ero da sola avrei avuto paura.Sara: sì quando eravamo rimasti in pochi e c'erano tanti uomini neri avevo paura pure io.Maestra: ma di cosa avevi paura Sara?Sara: beh di essere presa.Maestra: quindi non è una paura che spaventa, diciamo che è più una speranza perchè capisci che non ti succede mica niente se ti prende. Ti mangia per caso l'uomo nero?Sara: ma no che non mi mangia!Martina: la mia mamma dice che l'uomo nero non esiste.Maestra: infatti l'uomo nero non esiste è solo un gioco. Ma qualcuno di voi aveva paura dell'uomo nero quando era piccolo?Pietro: no io sono grande e coraggioso.Andrea: ma figurati!Manuel: io sì avevo paura la sera quando ero da solo nel letto.Athena: pure io avevo paura, anche adesso non mi piace la sera stare al buio da sola.Maestra: adesso voglio chiedervi, di cosa avete paura?Andrea: io ho paura che la mamma e il papà non ci siano più.Pietro: io ho paura sulle giostre.Sara: io ho paura a dormire al buio.Asia: pure io voglio la lucetta per andare a dormire.Martina: io voglio sempre che la mamma mi accompagni nel letto.Veronica: sì io delle volte vado a dormire nel lettone perchè ho paura di svegliarmi da sola.Manuel: io ho paura quando il mio papà parte per le missioni che gli succeda qualcosa di brutto e allora lo chiamo tutti i giorni.Matteo: io ho paura che succeda qualcosa ai miei fratellini piccoli, che stiano male.

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Francesco: io ho paura che le maestre si arrabbino con me.Alessandra: io ho paura della mamma che si arrabbia invece.Davide: sì la mia si arrabbia anche se non faccio bene i compiti.Samuel: io ho paura del mio fratello che si arrabbia, è più severo lui.Ilaria: io ho paura dei serpenti, quando vado in montagna e ne vedo uno urlo sempre tantissimo.Asia: che schifo i serpenti!Maestra: pure io ho paura dei serpenti.Pietro: ma maestra ma anche i grandi hanno paura?Maestra: beh certo! Anche i grandi hanno i sentimenti come voi sia l'amore sia la paura.Pietro: sì ma il mio papà non ha paura di niente è coraggioso.Martina: ma la mia mamma se ha paura di andare a dormire nel letto da sola come fa?Pietro: ma la accompagna il papà no?Manuel: la mia mamma non ha paura del buio.Maestra: non credo che i vostri genitori abbiano paura del buio. Adesso però voglio chiedervi una cosa...che cos'è per voi l'uomo nero?Andrea: è un mostro.Davide: è una persona cattiva.Athena: è qualcuno che viene e mangia i bambini che non fanno i bravi, lo dice sempre la mia nonna.Pietro: l'uomo nero è un mostro non è una persona, non sono mica gli uomini con la pelle scura.Andrea: no è vero quelli con la pelle scura è perchè prendono sempre il sole.Asia: sì è vero anch'io l'estate divento più scura.Maestra: allora adesso voglio leggervi una storia su un uomo neroAthena: ma fa paura?Maestra: no, non fa paura. È un pochino lunga però, quindi dovete stare molto molto attenti.

CHI HA PAURA DELL'UOMO NEROEra appena entrata la primavera al paese di Rosaspina. Sulle montagne la neve era quasi completamente sciolta, cedendo il passo ai prati, fioriti di crochi, bucaneve e giunchiglie e le rocce di basalto sembravano appena passate di ramazza, le colline sfoggiavano il verde, più brillante, dei germogli ed il mare non mugghiava più, agitato dal vento e dalle tempeste. La marea si era abbassata e gli scogli erano incrostati di alghe e mitili, non ancora essiccati dal sole dell’estate.Era il momento più bello dell’anno per i bambini: le giornate erano più lunghe e sulla spiaggia si trovavano le più belle conchiglie, lasciate lì dal mare che si era ritirato. Il porticciolo era quasi sempre vuoto e si poteva andare a pescare senza paura che la lenza si impigliasse in qualche ancora o boa. Di lì a poco, la bella stagione avrebbe fatto il suo ingresso trionfale, prorompendo con i suoi colori accesi, il suo sole impietoso, la sua afa appiccicosa, appena stemperata dal vento del mare. Ma il principio, il momento del passaggio dall’inverno all’estate, è certamente il più suggestivo: è come il passaggio del mar Rosso, la manna dal cielo, in un momento in cui non si spera più che il tempo possa mutare. Quasi all’improvviso, un giorno ti svegli e ti accorgi delle strida delle rondini di mare, che sono venute a fare il nido nello stesso posto dell’anno prima, senti lo starnazzare delle oche selvatiche che faranno tappa allo stagnone, fra i giunchi e le canne, per riposare durante la loro migrazione verso il nord. Gli storni tornano a popolare gli orti, con grande disappunto dei contadini, e le gru e gli aironi rosa calano a frotte sugli stagni, come gli unni dalle alpi. L’allegria serpeggia per le strade, portata dalle grida dei bambini, dalle risa delle donne, dal canticchiare dei giovani che si avviano, con passo svelto, verso la piazza, giacca in spalla e paglia in bocca, le camice candide di bucato e la pelle scura, irrimediabilmente cotta dal sole e dal mare. La si tocca l’allegria, la si sente penetrare nelle ossa come un brivido sottile, che ti gonfia il cuore e ti annebbia il cervello.C’era un solo ed unico problema: con la bella stagione, dalle montagne e dalle colline scendevano i contadini per i loro commerci con la gente di marina. Non per i contadini, per carità, che a cambiar pesci con prosciutti e formaggi stagionati c’era sempre un gran vantaggio per entrambi, ma il fatto era che, fra i tanti, faceva il suo ingresso nel villaggio “Il Selvatico”.Nessuno si era mai preoccupato di conoscere il suo vero nome, nessuno, per la verità, aveva mai osato chiederglielo, a causa del suo carattere scontroso e del suo aspetto, poco raccomandabile. La barba incolta, il capo rasato, gli abiti scuri ed abbondanti, che forse erano stati neri, era un omaccione alto e robusto, che tale appariva, non ostante la sua abitudine di camminare leggermente ricurvo, come se si vergognasse di qualcosa. Dialogava a monosillabi, se di diologar si può parlare, rispondendo a stento alle domande e facendo seccamente le sue, e sembrava non veder l’ora di partire, per tornare nel suo mondo.

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Tutti pensavano che vivesse fra le montagne, in una grotta, o in un anfratto, isolato dal resto dell’umanità con la quale, per altro, era evidente che non avesse nulla a che spartire. Dicevano di lui che mangiasse i bambini e questa favola veniva ad arte usata dalle madri per convincere i figli ad obbedire: “Guarda che, se non mangi la minestra, ti do al Selvatico, che ti porta sulle montagne e ti mangia!” “Se non vai a letto, chiamo il Selvatico!” Così, bella per quanto fosse la prima stagione, i bambini non erano mai perfettamente a loro agio, paventando, in un momento di distrazione, di essere sorpresi dal Selvatico che li avrebbe catturati e portati con sé sulle montagne, dalle quali non avrebbero più fatto ritorno.Rosaspina era l’annuncio della primavera. Prima d’ogni altro, quando la prima rondine, che faceva il nido sotto il tetto della sua casa, approdava al villaggio, smetteva l’abito invernale per indossare la variopinta sottana della bella stagione e lo scialle con le rose dorate di Danimarca, che aveva ereditato da sua madre, e da sua nonna prima di lei.Era la più bella ragazza del villaggio. Bella come sua madre e come sua nonna, che su tutta la sua progenie aveva impresso il marchio di fabbrica. Come avesse potuto, un fiore così gentile, nascere da quello sgorbio, mal disegnato da Dio, di suo padre, tutti se lo chiedevano. Ma prima ancora, si chiedevano come quella meraviglia di sua madre lo avesse potuto sposare, quel Cerbero.Era bella, bella come mai se ne erano viste nel villaggio, come se venisse da un altro mondo. Rosaspina non era il suo vero nome, la chiamavano così perché era bella quanto scontrosa. Tutti i giovani le avevano fatta la corte, mettendo in atto le più raffinate astuzie della seduzione. Qualcuno si era addirittura procurato, in città, i più famosi testi che trattavano l’argomento, tale era la smania di possederla, ma non c’era verso di ottenere le sue grazie.Le altre ragazze, vuoi per invidia, vuoi per gelosia, ne dicevano su di lei di cotte e di crude, che era una strega e che quella chioma fulva, che ardeva sotto il sole come le fiamme dell’inferno, gliel’aveva regalata il diavolo in persona, per far uscir di senno gli uomini. Dicevano anche che non si concedeva a nessuno perché altrimenti il diavolo, che l’aveva scelta per sé, l’avrebbe fatta morire.Ma erano eccessi di breve durata, che cadevano nel nulla non appena la scontrosa Rosaspina dava il ben servito all’innamorato di turno, il quale, dal canto suo, ritornava fra le braccia della fidanzata, o della moglie, scornato e pentito. Non potevano durare: tutte sapevano che mai nessun giovane assennato l’avrebbe presa in moglie. La sola bellezza non dà da mangiare e Rosaspina non aveva nulla da portare in dote. Nessuno, al villaggio, era così ricco da potersi permettere di maritare la bellezza senza la cassa con la biancheria, un’asina o un mulo ed un quadrato di terra in cui impiantare un orto.La casa dove abitava la ragazza, se di casa si può parlare, era un pagliaio cadente, alla periferia del villaggio, con una specie di serraglio per cortile, dove crescevano soltanto erbacce. Così, tutti i maschi, che avessero ancora fantasie, l’avrebbero voluta nel loro letto, ma nessuno davanti al focolare a sfaccendare.Rosaspina non si curava di nulla, non le importava dei pettegolezzi e delle dicerie delle donne, non era interessata a nessuno di quegli uomini smaniosi, i quali, in fondo agli occhi, avevano il nulla più assoluto, un silenzio abissale, che ispirava soltanto sgomento.Ella preferiva la sua ricchezza, quella che nessuno le avrebbe mai potuto togliere, perché nessuno la considerava tale. Amava giocare con i bambini in strada e andar con loro a pesca e per conchiglie, o arrampicarsi su per la montagna, facendo attenzione a non fare brutti incontri. Raccattava ogni sorta di animale randagio, che fosse ferito, o bisognoso di cure, e lo rimetteva in sesto, alimentando così la convinzione che ella fosse una strega.Tutto ciò non dava però pensiero alle madri, le quali le lasciavano volentieri i propri figli, mentre loro si dedicavano alle faccende domestiche: faceva comodo sapere dove trovare i bambini in qualunque momento del giorno e che c’era qualcuno che li teneva buoni, raccontando fiabe e giocando con loro e facendo innocue scorribande in giro per le campagne ed in riva al mare.I bambini, dal canto loro, si sentivano sicuri in compagnia di Rosaspina, che li avrebbe protetti se Il Selvatico si fosse avvicinato. E poi, le storie che ella raccontava erano bellissime e le cose che sapeva fare con ogni sorta di oggetto che raccattava, avevano il fascino della suggestione.Un giorno, mentre Rosaspina giocava con i bambini nel cortile di casa sua, un mormorio sommesso e concitato annunciò l’avvicinarsi del Selvatico. In un batter d’occhio, i bambini si dileguarono, prima che, in fondo alla strada, apparisse l’imponente figura dell’uomo, il quale si avviava, con passo deciso, verso la piazza del villaggio.Rosaspina era troppo assorta nel suo gioco per seguire il succedersi degli eventi e, quando si ritrovò sola nel cortile, corse in mezzo alla strada, chiamando i suoi piccoli amici, i quali sembravano essere stati inghiottiti dal nulla.

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La ragazza rimase interdetta, lo sguardo perso per le strade vuote. Non ebbe il tempo di chiedersi cosa fosse accaduto, che la sua ombra venne fagocitata da quella, ben più grande, del Selvatico.Rosaspina si girò di scatto, tirò su il capo, nel tentativo d’incontrare lo sguardo dell’uomo: “E tu da dove salti fuori? – gli domandò – grande e grosso come sei hai il passo leggero come quello del gatto!”Un sorriso le illuminò il volto nello stesso attimo in cui Il Selvatico le dava un’occhiata fugace, forse domandandosi come mai qualcuno gli stesse rivolgendo la parola, senza che fosse strettamente necessario.Senza profferire verbo, la aggirò per riprendere la sua strada.“Scusami, - gli gridò dietro Rosaspina - scusa se ti ho offeso. Mi hai colta di sorpresa e non ho saputo frenare la lingua.”Il Selvatico si fermò, si girò con la lentezza della mucca al pascolo che sente il richiamo del mandriano, “Scusami tu, - le rispose – non sono abituato a trattare con la gente.”Le donne, che stavano a spiare da dietro le tende, con i figli nascosti dietro le sottane, rimasero esterrefatte. Per molte di loro era la prima volta che sentivano la voce del Selvatico, da quel che sapevano, quello era il discorso più lungo che avesse mai rivolto ad anima viva.E qualcuna pensò che Rosaspina fosse veramente una strega, dal momento che parlava con il diavolo in persona.Nessuna fece caso alla dolcezza della voce dell’uomo, una voce da ragazzo, limpida e musicale, come l’acqua di un torrente di montagna.Rosaspina lo raggiunse trotterellando, come fanno i bambini per raggiungere le madri, quando sono rimasti indietro, distratti da qualche loro curiosità:“Posso fare qualcosa per te?” gli chiese.“No. – rispose seccamente l’uomo, ma poi, con evidente tono di sfida, - O forse sì. Ho fatto molta strada e sono stanco. Vorrei riposare un po’, ma qui nessuno mi offre una minestra, o un pagliericcio per dormire, come si fa con i viandanti.” La guardò negli occhi e l’espressione rattristata e pensierosa di lei lo fece sorridere.La ragazza gli sorrise a sua volta e, presolo per mano, lo invitò a seguirla:“Non ho molto da offrirti, ma è sempre meglio di niente.”Il Selvatico ebbe uno scatto, non era abituato ad essere toccato e questa circostanza, lì per lì, lo aveva turbato, ma non ritrasse la mano. L’espressione sorridente di Rosaspina, la sua ingenua serenità, quegli occhi del colore delle castagne, resi lucenti da un’energia incontenibile, dalla quale ci si sentiva riscaldare fin dentro le ossa, lo rassicurarono. E così, la seguì docilmente, con gli occhi incollati sulla mano nella sua, come se avesse paura di perderla.Lì, a pochi passi, lo accolse un cortile pieno di strani oggetti, dall’apparenza composti a caso, fatti di radici e rami secchi, lavorati dal mare, da stracci, conchiglie, sassi colorati, pezzi di mattonelle ed ogni sorta di inutile scarto, abbandonato dall’uomo.Il Selvatico rimase stregato da quel mondo fantastico, fatto di cose strane ed assolutamente inutili, girò intorno lo sguardo, incuriosito da ogni più piccolo gingillo e lasciò, senza accorgersene, la mano della sua bella ospite.“Ti piacciono i miei giocattoli?”la voce di lei lo richiamò alla realtà, bruscamente:“Sì, sono bellissimi. Li fai tu?”“Sì, io ed i bambini del villaggio. Raccogliamo, ovunque capiti, cose che ci piacciono e poi costruiamo oggetti, inventando storie che diano loro la vita.”“Come fai a dar loro la vita?” le chiese Il Selvatico, evidentemente divertito ed affascinato da quella attività.“Vedi, io penso che, quando qualcosa non appartiene ad alcuno, é come se fosse morta, inanimata. Non ha storia, non serve e perciò è stata costruita senza scopo. Noi, allora, ogni volta che costruiamo un giocattolo, gli regaliamo una storia che dica a chi è appartenuto, a cosa serviva e quanto bene abbia svolto il suo compito. Ogni oggetto qui non è una cosa qualsiasi, è vivo, racconta la sua storia a chi la vuole ascoltare.”Mentre parlava, la ragazza porgeva all’uomo una scodella con una minestra calda, dal profumo invitante, poggiava su di un tavolino sgangherato una brocca d’acqua ed un bicchiere e si sedeva accanto a lui.“Mi racconterai le storie dei tuoi giocattoli? – chiese Il Selvatico, con lo sguardo carico di attese, con un sorriso da ragazzo che sta chiedendo il regalo più ambito – Lo farai per me?” e lo sguardo divenne implorante, come se quella fosse l’ultima occasione della sua vita.Rosaspina rimase intrappolata in quegli occhi: era la prima volta che gli occhi di qualcuno le parlavano con tanta trasparenza, era la prima volta che qualcuno apprezzava i suoi tesori.

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“Certo che lo farò, tutte le volte che vorrai. – E, nel rispondergli, gli accarezzò il volto con tanta tenerezza, che quello trasalì. – qual è il tuo nome?”“Tutti mi chiamano Il Selvatico...”“Questo lo so...”“Sai chi sono e non ti faccio paura?”“Perché dovresti farmi paura? Io non ho paura di nulla e di nessuno. E poi, se ti consola, neppure io mi chiamo come mi chiamano e su di me circola la favola che io sia una strega. Colpa della mia chioma rossa!” E ciò dicendo, la ragazza scoppiò in una fragorosa risata, così prorompente e irresistibile, che Il Selvatico non poté fare a meno di imitarla. Rise, rise di cuore come mai aveva fatto in tutta la sua vita, rise finché non ne poté più per il dolore al diaframma. Era una risata nervosa, liberatoria, una risata che aveva dentro tutto il peso della sua solitudine, tutta la sua tristezza ed il suo dolore.“Mangia, che si fredda.” Gli disse Rosaspina con un sorriso ed Il Selvatico divorò la minestra d’un fiato, tanto che la ragazza gli chiese se avesse ancora fame.“Per come mangio? Mangio sempre così – rispose lui – qualsiasi cosa mi metti davanti, senza lasciar neppure una briciola, anche se non ho fame.”La ragazza gli accarezzò di nuovo il volto e quello, questa volta, le prese la mano e ne baciò il palmo, mormorando “Mia Signora!”“Vuoi riposare adesso? A quest’ora non c’è nessuno per il villaggio.”“Non vorrei arrecarti altro disturbo.”Rosaspina lo guardò quasi con rimprovero: come poteva pensare di averle arrecato disturbo? Lo sguardo canzonatore ed il sorriso di lui la rassicurarono: voleva soltanto sentirle dire che le faceva piacere averlo come ospite. Con la stessa espressione negli occhi, Rosaspina lo invitò a seguirla con un cenno del capo, lo condusse nella sua casa e gli accomodò, alla meglio, un giaciglio di paglia, ricoperto da vecchie lenzuola rattoppate che, a furia di toppe, erano più variopinte del vestito di Arlecchino, e da una coperta, tessuta a telaio, utilizzando vecchi abiti, tagliati a strisce.L’uomo si distese e la ragazza gli rimboccò le coperte e gli diede un bacio sul capo rasato, come si fa con i bambini.Mentre quella usciva, Il Selvatico le disse: “Ruggero, mi chiamo Ruggero. Non è un gran che, vero?”“Ti sta bene, invece. Grande e grosso come sei e da come mangi, poi, sembri un orso. Ruggero è un nome da orso. – gli rispose Rosaspina – Il mio nome è da mucca, o da oca: mi chiamo Guendalina!” E corse via ridendo, inseguita da una risata.Fuori del cortile, evidentemente preoccupati, c’erano ad attenderla i bambini, i quali non osavano varcare la staccionata per paura di ritrovarsi, faccia a faccia, con Il Selvatico.C’era voluto un bel coraggio per arrivare fin là e poi c’era il rischio che le madri si accorgessero della loro assenza. Ma, il fatto che Rosaspina potesse essere in pericolo, faceva loro sfidare qualunque sfuriata.“Come stai?”, “Ti ha fatto del male?”, “Dov’è ora?”, “È andato via?”...Le domande si inseguivano e si accavallavano l’una all’altra:“Sto benissimo, non mi ha fatto nulla di male, non è andato via e sta riposando.È un uomo buono e gentile, non è affatto quel mostro di cui si favoleggia. E poi, se ci pensate un po’, vi sembro una strega io?”“La mia mamma dice che lo sei e che lui è il diavolo che è venuto a prenderti.”“La mia dice che, se mi ripesca a gironzolare con te, o nel tuo cortile, fra la tua immondizia, me ne dà tante che non mi potrò sedere per una settimana.”“Se ci scoprono siamo belli e che spacciati!”“Ma non è bruttissimo, con gli occhi di fuoco, le unghia lunghe e la pelle come quella dei pesci?”“Sì ed ha gli zoccoli da caprone al posto dei piedi e porta i pantaloni larghi per nasconderci dentro la coda. Ma che sciocchezze!” – esclamò Rosaspina – È bellissimo, invece, come un cavaliere, o il principe delle fiabe, ed ha un sorriso meraviglioso. Le sue mani, poi, sono lisce e morbide, come quelle di un ragazzo e nei suoi occhi c’è una tenerezza infinita.”“Tu non ci hai mai detto bugie. Se tu dici che è così, ti crediamo.”“Lo possiamo vedere?”“Se promettete di fare piano e di non svegliarlo. Sapete, è molto stanco.”I bambini sgattaiolarono dentro casa, camminando in punta di piedi, rannicchiati come se, facendosi più piccoli, facessero anche meno rumore e si avvicinarono al Selvatico.“Ma non è bellissimo come hai detto tu!” esclamò sottovoce uno di loro,

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“Neanche brutto come dicono gli altri, però.” fece notare un altro,“Già, è uno normale, come tutti gli altri, soltanto un po’ più alto ed un po’ più robusto.”“Molto più alto e robusto.”“Sì. Di tuo padre, che gli ci vuole una spanna per fare un metro!”“Non parlare male di mio padre...”“Fate silenzio, silenzio che lo svegliate, per carità!”Il Selvatico si rigirò nel sonno e fece un profondo respiro. Una bimba lo guardò con tenerezza:“Sembra un ragazzo! – e guardò Rosaspina con un sorriso – Come si chiama?”“Ruggero – rispose lei – ed io mi chiamo Guendalina.”“Guendalina, come l’asina di mio zio!” esclamò un ragazzino e subito si morse il labbro, temendo di averla offesa.“Non ci avevo pensato. – disse lei – Mi ricordavo di una Guendalina oca, di una mucca, ma dell’asina di tuo zio proprio non mi ricordavo.” E rise sommessa. Anche così, la sua risata era irresistibile e tutti i bambini, uno alla volta, si misero a ridere sommessamente con lei. Ma il rumore inconsueto, svegliò Il Selvatico che si mise a sedere di scatto, spaventando i piccoli. Quelli si ritrassero d’istinto, ma poi, rassicurati dalla serenità dell’uomo e della ragazza, si riavvicinarono, seppure con prudenza, e si misero a sedere tutt’intorno al pagliericcio.Uno di loro ruppe il silenzio: “È vero che mangi i bambini?”“Ma che stupido! – esclamò un altro – Ancora non hai capito che sono tutte frottole?”“No, non mangio i bambini – rispose Ruggero, divertito da tanta ingenuità – troppo piccoli ed ossuti. Mangio le ragazze bene in carne!”E così dicendo, afferrò Guendalina e se l’accomodò sulle ginocchia, facendo le viste di addentarla: “Aiuto!” urlò lei, ridendo“All’attacco, salviamo Rosaspina!” urlò il più intraprendente, il quale, messosi al comando dell’imberbe ed improvvisato battaglione, diede l’assalto all’uomo nero, senza pietà.“Mi arrendo, mi arrendo! Prometto che, da oggi in poi, mangerò soltanto verza e rape.”Qualcuno si ricordò che le madri avevano proibito loro di avvicinarsi alla casa di Rosaspina ed il gioco cessò. Mogi, mogi, i bambini si avviarono, in fila indiana, verso l’uscita, dopo aver salutato il loro nuovo e simpatico amico, il quale, a sua volta, ricambiò il saluto con un cenno della mano. Quella che aveva chiesto il suo nome, uscì dalla fila, corse ad abbracciarlo, gli diede un bacio, con gran trasporto, e gli sussurrò all’orecchio: “Ha ragione Guendalina, sei bellissimo!” e scappò via.“Cos’è questa storia che i bambini non possono venire più a trovarti?”domandò Ruggero, quando quelli furono andati via,“Sciocchezze! – rispose Guendalina – vedrai, tutto tornerà come prima, passata la buriana della novità.”“Vorrei che tu avessi ragione, ma non mi fido della gente. La gente è stupida e piena di preiudizi. Prese singolarmente, le persone, magari riesci a farle ragionare, ma, tutte insieme, hanno l’intelligenza dello stolto e sono capaci di tutto.”“Di me ti fidi?”Ruggero la guardò negli occhi e vi rimase intrappolato per un po’, senza riuscire a profferir parola:“Sei l’unico essere umano di cui mi fido.” le disse e la baciò sulla fronte.Uscì dalla casa ed il sole gli sembrò più caldo, l’aria più profumata ed i fiori più belli e si avviò, con passo svelto, eretto come un cavaliere, verso la piazza, seguito dallo sguardo di Guendalina, rimasta dietro la staccionata del cortile.In piazza, colse gli sguardi, certi maliziosi, altri gelosi, molti diffidenti, della gente, che sembrava essersi data appuntamento lì con l’ovvio scopo di discutere la faccenda.Ruggero cercò di far finta di nulla e si recò dal solito fornitore per i suoi baratti. Un giovane galletto, l’ultimo a cui Rosaspina aveva rifiutato le sue grazie, lo dileggiò:“Vuoi vedere che adesso Il Selvatico vuol prender moglie ed è sceso dalle montagne per molestare le nostre donne?”“Nessuna donna onesta lo vorrebbe uno così!” gli fece eco quella che gli aveva messo gli occhi addosso e che si rodeva perché quello aveva messo i suoi su Rosaspina.“Già, la verginella ha tirato fuori gli artigli. Bella coppia, il diavolo e la sua strega!” disse una vecchia, che era l’anima nera del villaggio e si trovava sempre al posto giusto e nel momento giusto per piantar zizzania ed attizzare il fuoco.

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Ruggero fece orecchio da mercante, anche se il sangue gli ribolliva, per timore che una sua reazione incontrollata potesse nuocere a Guendalina. Sbrigò le sue faccende rapidamente ed andò via, senza neppure passare a salutare la sua dolce ospite.Guendalina non capiva perché il suo Ruggero non si era fermato da lei per salutarla e passò tutto il pomeriggio a giocherellare con i suoi oggetti, senza aver voglia di far nulla.I bambini le indirizzavano lunghe e tristi occhiate da lontano, senza avere il coraggio di avvicinarsi, per paura dei rimproveri delle madri. Avrebbero voluto andare a consolarla, ma non ne avevano l’animo.In piena notte, la ragazza fu svegliata da una carezza affettuosa. Riconobbe la mano che aveva stretta fra le sue quella mattina e poi il profumo della sua pelle, delicato e dolciastro:“Perdonami se non sono passato a salutarti, ma, vedi, avevo paura per te.”E Ruggero le raccontò di ciò che aveva udito in piazza.“Non voglio che ti accada nulla per causa mia, non potrei perdonarmelo. Se questo significa che non devo vederti più, va anche bene così.”“Ma questa è pura follia! – esclamò Guendalina, appena ebbe fiato per rispondere – Cosa importa loro di ciò che facciamo noi? Cosa gli togliamo, cosa c’è di male?”“Togliamo loro le certezze. Il fatto che tu sia la bella del villaggio che tutti desiderano, ma che nessuno ha, li rende tutti uguali, non c’è competizione e dà alle donne la certezza di conservarsi i loro uomini. E poi, ci sarà sempre chi si occuperà dei bambini. Se non ci pensi tu, ci sono io, l’uomo nero, a tenerli buoni con un po’ di sana paura.Noi siamo il loro parafulmine, quello su cui se scarica la paura dell’ignoto, del domani, quello che raccoglie ed incarna un modello di vita troppo difficile da affrontare, perché fondato sulla libertà. La libertà implica la scelta, le regole, invece, ti tracciano la strada, ti sollevano da ogni responsabilità. Qualsiasi sprazzo di indipendenza va ingabbiato dentro uno schema, va esorcizzato dentro un cerchio magico dal quale non possa uscire. Noi siamo la follia, le schegge impazzite.”“Non ci sto! Sei l’unico essere umano per il quale valga la pena di esistere. Tu ed i bambini siete la mia unica ragione di esistere.”Ruggero la prese fra le braccia e la cullò. L’accarezzò, la baciò, la prese delicatamente, come si fa con un fiore che non si vuole sciupare e rimase con lei fino all’alba.“Verrò da te ogni notte.” Le promise.Passò del tempo e, credendo che Il Selvatico non sarebbe più venuto a disturbare la pace del villaggio, la gente riprese le abitudini di sempre e le madri accolsero di nuovo di buon grado che i figli andassero a giocare con Rosaspina.Ma i bambini non dimenticano e, appena ne ebbero l’opportunità, chiesero a Guendalina di Ruggero, se fosse possibile vederlo e se fosse possibile giocare con lui. Presero a costruire giocattoli per il loro amico e la ragazza, ogni notte, puntualmente, le dava al suo uomo, raccontandogli la storia di cui gli oggetti facevano parte.Ruggero si divertiva come mai gli era accaduto e prese ad avere nostalgia dei suoi piccoli amici.Un giorno, pensando che, nell'ora del riposo, non ci sarebbe stato nessuno in giro per il villaggio, l’uomo si recò a casa della sua donna, sicuro di trovarvi anche i bambini.Fu accolto da urla e schiamazzi che, a stento, si riuscì a calmare e quell’ora trascorse felicemente, fra giochi e racconti fantastici.Il tempo, si sa, vola, quando si sta bene, e, in men che non si dica, giunse il momento per Ruggero di lasciar la compagnia. Ma, per quanto si fosse avviato, prudentemente, dal retro della casa, verso le montagne, non poté accorgersi del fatto che la vecchia del villaggio, incuriosita dall’inconsueta assenza dei bambini dal cortile, stesse spiando da dietro le tendine delle finestre della sua casa.La vecchia si affrettò a comunicare, con dovizia di particolari, ciò che aveva visto: che Il Selvatico era uscito come un ladro dalla casa di Rosaspina, che chi non ha nulla da nascondere non si comporta certo così e che fa le cose alla luce del sole ed insinuò il sospetto di chissà quali sordide passioni si consumassero in quella casa, sotto gli occhi di povere creature innocenti.Ci volle tutto il pomeriggio perché il villaggio prendesse una decisione, così, quando, a sera, Ruggero fu in vista della casa di Guendalina per trascorrere con lei la notte, vide, in lontananza, le torce fuori dal cortile e sentì lo schiamazzare esacerbato della gente.Intuita la situazione, si precipitò verso la casa, inciampando e rotolando fra le macchie. Ma non fece in tempo: la folla scalmanata entrò nel cortile, devastando tutti i giocattoli, urlando che il diavolo e la sua strega venissero fuori a mostrare i loro brutti musi. Qualcuno, più intraprendente, entrò in casa e diede fuoco alla paglia, provocando un incendio, che divorò tutto in un istante.

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Appena la gente, appagata dal rogò, se ne fu andata, Ruggero prese, in silenzio, il sentiero delle montagne per non far mai più ritorno al villaggio.Il giorno dopo, nelle case, non si parlò d’altro e, anche se le madri avevano cercato di non farsi comprendere dai figli, si erano fatte i conti senza l’oste, ritenendo quelli più sprovveduti di quanto non fossero.In men che non si dica, i piccoli abitanti del villaggio si diedero la voce e si riunirono in riva al mare per decidere il da farsi.Il consiglio aveva deciso: quello stesso pomeriggio, durante l’ora del riposo, furtivi come i gatti i bambini presero il sentiero della montagna per non far mai più ritorno. Da quel giorno, al villaggio non fu più primavera.

Maestra: allora bambini, chi mi dice cosa è successo in questa storia.Riccardo: c'è quest'uomo che si chiama Ruggero che tutti credono sia cattivo ma invece non lo è.Tommaso: sì sono i grandi a crederlo cattivo.Pietro: i bambini invece lo considerano un amico.Sara: e giocano con lui perchè scoprono che è buono e non è cattivo.Athena: ma i grandi dicevano che lui mangiava i bambini, ma era una bugia.Maestra: infatti, non esiste l'uomo nero. Sapete che cos'è un pregiudizio?Tommaso: no non lo so.Riccardo: sì è quando tu pensi una cosa ma in realtà non è quella.Maestra: sì diciamo che è una cosa che tutti pensano così ma se si guarda a fondo non è vera, bravo Riccardo, mi sai dire qual è il pregiudizio in questa storia?Riccardo: sì è che tutti pensano che Ruggero sia cattivo perchè non parla con nessuno però quando Guendalina lo conosce capisce che non è così e che quello che pensano gli altri è un pregiudizio.Maestra: esatto! Bravissimo Riccardo. Cosa capiamo da questa storia sulla paura allora? Che dobbiamo avere paura di uomini neri o mostri?Sara: no, non dobbiamo averne, non esistono.Davide: infatti, è solo una storia quella dell'uomo nero.Asia: però tipo per la paura dei serpenti o del buio?Maestra: tranquilli ho preso una storia anche per quelli...adesso ve la leggo e dopo mi direte...

LA PAURA Mamma! Ho paura! Di cosa hai paura? Del buio. Il buio è il luogo del silenzio, della tranquillità e del riposo. Chiudi gli occhi e il buio accanto a te si

colorerà dei sogni tuoi più belli. Se accanto a te ci sono persone che ti amano il buio non ti spaventa. Mamma, ho paura della notte. La notte è piena di stelle. Guardane una e vedi come splende. Non si può aver paura di un cielo che

splende così. Guarda la tua cameretta e vedi com'è calda, la notte è calda come la tua cameretta perchè è il luogo dell'abbraccio e dell'amore. Noi siamo qui vicino a te e il tuo sonno sarà sereno.

Mamma, ho paura della maestra. Spiega alla maestra quello che pensi e vedrai che ti capirà. Vedi di comportarti bene e vedrai che lei

non si arrabbierà, ti vuole bene. Ho anche paura che tu muoia. Ma io sono qui. E la nonna? Pure la nonna è qui. E il papà? Il papà è al lavoro, tra poco torna e ti riempie di abbracci e di amore come tutte le sere. E se io domani non mi svegliassi? Vedrai che domani sia che piova sia che ci sia il sole ti sveglierai e noi saremo qui con te. Mamma, la paura è sciocca? La paura è un'emozione proprio come l'amore e la felicità e non la possiamo evitare. Però se

pensiamo bene a quello di cui abbiamo paura e lo conosciamo fino in fondo, la paura se ne va come per magia.

Allora mamma, la paura è quasi bella, fa pensare.

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Maestra: allora cosa dobbiamo pensare della paura?Martina: che sono cosa che ci fanno paura che difficilmente succedono.Riccardo: e che se ci pensiamo capiamo che non fanno paura.Sara: che la mamma e il papà sono sempre vicino a noi.Maestra: e di cosa aveva paura il bambino della storia?Pietro: aveva paura della maestra, ma io non ho mai paura delle maestre perchè sono buone.Francesco: sì e se a volte si arrabbiano con me è perché non mi comporto bene.Asia: e anche la mamma si arrabbia se non mi comporto bene, però non mi fa paura più che altro mi fa diventare triste.Davide: la mia si arrabbia se non faccio i compiti.Alessandra: poi il bambino aveva paura anche del buio, ma la mamma gli ha detto che lei era lì vicina e che il buio è bello.Athena: e anche la notte è bella.Manuel: aveva anche paura che il papà non tornasse come me, ma la mamma gli ha detto che tornava.Maestra: quindi tante volte abbiamo paura di certe cose ma come facciamo a non avere più paura?Riccardo: pensiamo bene alle cose e capiamo che non è vero.Maestra: allora adesso usciamo in cortile e ripetiamo il gioco dell'uomo nero, però con un cambiamento, invece che dire chi ha paura dell'uomo nero diciamo altre cose di cui si può aver paura. Per esempio chi ha paura del buio? E gli altri dovranno rispondere spiegando perchè non hanno paura solo io darò il via alla corsa.

LAMBORGHINI, MICK, GOVONI

PRIMO GIOCO: Non ci sono squadre, si gioca tutti contro tutti. Il campo deve essere abbastanza grande per fare in modo che tutti possano muoversi liberamente, per questo motivo abbiamo scelto di portarli nel cortile esterno alla

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parrocchia. I bambini si spargono nel campo e una di noi lancia la palla verso l’alto, stando più o meno al centro dello spazio. Lo scopo di ogni bambino è quello di prendere la palla per poi colpire gli altri. Ogni bambino che afferra la palla ha a disposizione solamente tre passi per muoversi in qualsiasi direzione, cercando di avvicinarsi il più possibile a chi vuole colpire, mentre gli altri sono liberi di correre dove vogliono. Fatti i tre passi il bambino con la palla prova a colpire qualcuno. Se la palla colpisce un altro bambino e cade per terra questo è “preso”. Se la palla, invece, viene presa al volo, è “preso” il bambino che l’ha lanciata. Infine, se la palla non colpisce nessuno, quando cade a terra può essere presa da un altro bambino e il gioco va avanti. I bambini presi devono uscire dal campo e mettersi in disparte, in quella che loro chiamano “la panchina dei presi”. Si potranno liberare e tornare in campo solo quando il bambino che li ha colpiti sarà preso a sua volta. I bambini quindi devono stare molto attenti a non essere presi e, in caso, anche a ricordarsi da chi sono stati presi. Alcuni bambini sono più grandi e più veloci di altri quindi capita spesso che uno o due bambini colpiscano la maggior parte dei partecipanti. Questi bambini però sono anche molto abili a non farsi prendere, di conseguenza capita che la “panchina dei presi” si riempia presto di bambini che non si riescono a liberare. Inoltre, come ci sono bambini più agili, ci sono anche bambini un po’ più lenti che di solito non riescono a prendere quasi nessuno e vengono sempre colpiti. Il gioco finisce quando rimane un solo bambino in campo.Questo è il modo in cui hanno giocato i bambini fino ad adesso. A loro piace molto perché è un gioco di movimento e si divertono tanto che non vorrebbero mai fermarsi.Il sabato che ci siamo incontrate con il gruppo di bambini, abbiamo deciso di far fare loro il gioco “Tutti contro tutti”facendoli divertire molto. Quando li abbiamo fermati, i bambini si sono un po’ lamentati perché avrebbero voluto continuare, ma finito tutto ci siamo messi in cerchio in cortile dove stavamo giocando. Questo è quanto emerso:

I SENTIMENTI E LA SCONFITTANOI: Nicolò, ti sei divertito a fare questo gioco?NICOLò (uno dei bambini che di solito prende molte persone ed è difficile da colpire): certo!NOI: come mai ti sei divertito tanto?NICOLò: perché è un bel gioco,è divertente.NOI: sei mai stato preso durante la partita?NICOLò: no mai (lo dice molto orgogliosamente)NOI:e quindi sei contento di come hai giocato? NICOLò: si moltoNOI: e tu, Chiara, ti sei divertita?CHIARA (una delle bambine che invece viene presa quasi subito): si (lo dice però a bassa voce e un po’ delusa)NOI: non mi sembri molto convinta, ti piace davvero questo gioco?CHIARA: non molto, mi diverto di più a farne altri.NOI:come mai non ti piace questo?CHIARA: perché è noioso!NICOLò: ma come è noioso! E’ il gioco più divertente!NOI: Nicolò, probabilmente Chiara non la pensa così. Chiara,sei mai stata presa durante il gioco?CHIARA: siNOI:quante volte?CHIARA:tante, non lo so quante…non mi ricordo!(Nicolò si mette a ridere prendendola in giro e Chiara abbassa gli occhi timidamente)NOI: Nicolò, per te è più importante vincere o partecipare in un gioco?NICOLO’: mi piace partecipare, però se vinco è più divertente!NOI: tu come ti sentiresti se fossi rimasto in panchina tutto il tempo?NICOLO’: eh ma a me non piace stare in panchina, per questo preferisco prendere gli altri…NOI: Chiara, tu saresti contenta di vincere questo gioco riuscendo a colpire tutti i partecipanti?CHIARA: si…

Ci sono quindi bambini che alla fine del gioco si sentono soddisfatti e felici, altri che invece si sentono un po’ delusi e tristi perché non hanno giocato tanto. I bambini più forti non hanno problemi a prendere gli altri. A loro interessa solamente vincere. Non pensano a come si sentono quelli che passano la maggior parte del

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tempo in panchina. Quelli che spesso vengono presi invece non giocano come dovrebbero e appena vengono salvati e possono entrare di nuovo in campo non lo fanno energicamente ma un po’ abbattuti, come se pensassero che tanto dopo poco tempo saranno presi di nuovo. Sono contenta di aver fatto con loro questa attività di riflessione perché era già da un po’ che li vedevo fare questo gioco che a me non piace molto in quanto non tutti si divertono e non si crea il giusto clima tra i bambini. In questa prima parte di riflessione hanno parlato solamente due bambini ma abbiamo interpellato proprio loro perché rappresentavano uno i bambini felici di fare questo gioco e l’altra quelli che invece non lo fanno volentieri. Nicolò ha visto che Chiara non si è divertita ma non ha compreso ancora bene il perché. Non ritiene possibile che altri bambini possano annoiarsi facendo questo gioco che a lui piace tanto. A questo punto abbiamo deciso di far ragionare loro sul tema dell’amicizia.

AMICIZIA:NOI: secondo voi, sono più bravi i bambini che vincono o i bambini che perdono?CORO 1: che vinconoooooo … CORO 2: ugualeeeeee …NOI: e perché quelli che vincono sarebbero più bravi?MATTEO: perché sono più forti!NOI: ma tu, qui, quanti amici hai?MATTEO: tanti …NOI: e i tuoi amici sono quelli che vincono o quelli che perdono?MATTEO: alcuni vengono presi, altri sono forti come me!NOI: ma allora è meglio vincere in un gioco o passare del tempo insieme divertendoci in amicizia?CORO: insiemeeeee …NOI: quindi non è importante se si vince o se si perde?CORO: noooooo …NICOLO’: bè però se si vince è più bello!

Abbiamo deciso di non rispondere a questa ultima affermazione di Nicolò per farlo poi ragionare dopo il secondo gioco. Alla fine di questa discussione i bambini hanno ammesso in coro che sarebbe meglio giocare tutti insieme,invece che avere vincitori e perdenti. Tuttavia credo che lo abbiano detto perché era la cosa giusta da dire, più che perché lo pensavano veramente. In questa riflessione non siamo riuscite a tirar fuori molto dai bambini. Dobbiamo essere noi a fare domande più precise e mirate. Matteo è un bambino molto orgoglioso e non si fa alcun problema ad affermare di essere uno dei più forti. I bambini come lui e Nicolò non hanno ancora compreso quale sarebbe il miglior modo per giocare e ancora non hanno capito come si sentono gli altri bambini che solitamente perdono.

SECONDO GIOCO:Abbiamo fatto giocare i bambini a “Tutti contro tutti” per poterli poi far ragionare su determinati concetti, quali l’amicizia, la sconfitta e i sentimenti. Adesso, anche per farli svagare un po’, li proponiamo un nuovo gioco (una rivisitazione di “Tutti contro tutti”) facendoli successivamente riflettere sugli stessi argomenti. Così potremo valutare gli eventuali cambiamenti di pensiero e di comportamento avvenuti all’interno del gruppo. In questo nuovo gioco, saremo noi a scegliere tre bambini e bambine che dovranno prendere tutti gli altri toccandoli semplicemente con una mano. Quando si viene presi, bisogna fermarsi e rimanere in piedi con le gambe divaricate, stando immobili. Solo un altro bambino potrà liberare il prigioniero passando sotto le sue gambe. Il gioco finisce quando tutti i bambini (esclusi quelli da noi scelti) saranno prigionieri. Abbiamo deciso di scegliere, non a caso, tre bambini che solitamente nel classico “Tutti contro tutti” vengono presi con più facilità, dando loro l’opportunità di sentirsi protagonisti del gioco. I bambini scelti sono Sonia, Luca e Deborah, tutti di otto anni e particolarmente minuti. Appena iniziato il gioco i tre bambini riescono ad imprigionarne molti altri, lavorando in squadra. I bambini più grandi tendono a giocare come sempre, coalizzandosi tra loro. Nonostante questo però, con le nuove regole, abbiamo notato che i bambini più piccoli, sfruttando la loro agilità data dalla loro statura, risultano essere più adatti a liberare gli altri. Quindi, coloro che nel primo gioco si trovavano più in difficoltà, ora riescono a trarre vantaggio dalle loro caratteristiche fisiche e ottenere anche una soddisfazione personale. Allo stesso modo vi è un cambiamento nei confronti dei bambini che nel classico “Tutti contro tutti” erano i più scaltri: se precedentemente la loro fisicità li aiutava a vincere il gioco, ora è proprio questa a metterli in

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difficoltà. Infatti, la loro statura non consente loro di passare agilmente e velocemente sotto le gambe di un compagno per poterlo liberare; ed è proprio in questo momento che si rendono più vulnerabili e molte volte vengono presi. C’è da dire che anche i piccoli vengono spesso imprigionati, ma risultano essere comunque i più adatti per questo gioco. Dopo qualche minuto i “grandi” si rendono conto che per poter continuare a giocare devono essere liberati, e per farlo hanno bisogno dell’aiuto dei più piccoli. Quindi notiamo un cambiamento: i “grandi” non si coalizzano più esclusivamente con i loro amici, ma coinvolgono a tutti gli effetti anche i “piccoli”, con i quali prima non c’era un particolare feeling. Dopo circa venti minuti decidiamo di interrompere il gioco per poterci riunire e riflettere nuovamente con tutti. Quindi, ci sediamo tutti in cerchio per poterci guardare meglio occhi. NOI: vi è piaciuto questo nuovo gioco?CORO: siiiiiii …NOI: qualcuno ci aveva già giocato?CORO: noooooooo …NOI: e c’è stato qualcuno più bravo degli altri?MIRIAM: no!NOI: io ho notato che Sara (una delle piccole) è riuscita a liberare molti compagni …GIACOMO: eh grazie perché lei è più piccola!NOI: e allora?GIACOMO: ci passava sotto le gambe … NICOLO’: era veloce e non si doveva abbassare neanche tanto.NOI: Sara, liberavi tutti o solo i tuoi amici?SARA: tutti …NICOLE: non è vero! A me non mi hai mai liberata anche se ti chiamavo. Mi ha liberato Giulio …NOI: bè ma è normale perché eravate in tanti a giocare, bisognava liberarsi a vicenda. Ho visto Federica che addirittura liberava contemporaneamente due persone: vero Nicolò e Matteo?!NICOLO’: si perché lui mi stava liberando però poi Deborah l’ha preso e allora eravamo prigionieri vicini e poi Federica ci ha liberato!NOI: Matteo si è incastrato sotto le tue gambe?NICOLO’: eh si non ci passava …NOI: Matteo, come mai?MATTEO: eh perché lui teneva le gambe chiuse …NICOLO’: non è vero!!se ero messo così (e glielo mostra)NOI: ok non è importante! Però Federica ha liberato tanti bambini, non solo i suoi amici, giusto?CORO: siiiiiiii …NOI: questo gioco è più veloce e non ci sono quasi mai bambini che per molto tempo rimangono fermi senza poter giocare. Vero?CORO: siiiiiiii …NOI: quindi da oggi potremmo provare a fare dei giochi più veloci in cui i bambini non rimangono fermi in panchina per troppo tempo, ma invece vi aiutate a vicenda per poter continuare a giocare tutti insieme divertendovi!va bene?CORO: ooooook!!!!

GIAROLLI PETROVIC LAZZERI

Oggi la scuola e in generale la nostra società sono soggette ad un forte dinamismo. Ciò è dato da molteplici fattori.Tra questi fattori ci sono due punti sui quali prestare maggiormente la nostra attenzione:

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Un crescente multiculturalismo; La didattica scolastica, basata finora sulla trasmissione di saperi nozionistici che ha bisogno di essere

rinnovata e orientata alla valorizzazione di alcuni concetti fondamentali (contenuti nei curricoli nazionali e locali) quali “imparare ad imparare” e “sviluppo del senso critico”.

Anche nell’ educazione fisica è necessario impostare una didattica di questo tipo.Tra “educazione” e “fisica” il concetto importante è educazione: il corpo può essere un valido strumento per questo scopo. Dobbiamo tener conto della persona nel suo complesso, non del bambino formato solo da corpo e mente.Non esiste una supremazia della mente: tutto il nostro corpo ha uguale dignità! L’ educazione fisica non è solo sport ma anche gioco, folklore, motricità quotidiana, discipline orientali, … Tutto questo è importante!Ogni singolo movimento non è casuale, ma ha un senso, dato dalle nostre elaborazioni mentali e dal contesto culturale. Infatti noi abbiamo la capacità di produrre cultura con il nostro corpo, dobbiamo solo diventarne consapevoli.Va quindi considerata l’ importanza della cinesica come scienza che studia il corpo come linguaggio. Essa non tiene conto solo del movimento ma anche del senso ad esso retrostante. Si può dire quindi che esiste una cinesica per ogni cultura, una sorta di meta comunicazione che va oltre i dialetti locali e che permette lo sviluppo dell’ intercultura.Altro concetto fondamentale è quello di ACTIOLOGIA, introdotto da M. Gori: l’actiologia si propone come scienza che studia il senso dell’azione umana. Dare un senso al corpo ci permette di sviluppare l’unitarietà del bambino nella sua sfera psico-socio-cognitivo-motoria. Questo avviene concretamente in quello che M. Gori definisce “pensiero-agito” e “corpo-pensato”.Le nostre attività proposte ai bambini si basano su questa impostazione didattica; ogni attività è caratterizzata da un alternarsi di momenti pratici, motori e da altri di tipo dialogico/ riflessivo.

Prima attività

Questo gioco prevede delle attività volte a rendere consapevoli i bambini che ognuno di noi, nella propria diversità, ha un’enorme ricchezza: quella di rapportarsi alle diverse situazioni che quotidianamente incontriamo nella maniera che più ci appartiene. Non ci sono modalità di azione migliori o peggiori, ma soltanto modalità espressive diverse. Per concretizzare ciò ci siamo soffermate sul mondo sensoriale e in particolare sulle modalità espressive di chi non ha la possibilità di sviluppare tutti i sensi.

Ogni mia parte del corpo può ”guardare”I bambini si sono immedesimati nella situazione quotidiana di una persona non vedente. Abbiamo introdotto questa attività con il seguente dialogo:Eleonora: “Bambini, adesso vi pongo una domanda. Secondo voi com’è la vita di un non vedente?”Alexander: “Mmmhh… non riesci a fare le cose..”Andrea: “..tipo, come fa a mangiare?E vestirsi?”Stefania: “è difficile!Che brutto!”Marta: “ Beh mio nonno non ci vede proprio niente, però fa tante cose!”Vanja: “ Ecco vedete bambini, per esempio il nonno di Marta probabilmente non la pensa come voi!”Stefano: “Eh, ma è perché è vecchio!”Debora: “ Ma Stefano no! Che ne dite di provare a metterci nei loro panni???”Eleonora: “ Possiamo provare insieme a fare un gioco, per vedere cosa significa realmente fare le cose che facciamo tutti i giorni senza poter usare i nostri occhi!”A questo punto iniziamo con il gioco. Esso consisterà nel bendare i bambini che a turno faranno le seguenti attività: Percorso guidato grazie all’aiuto di un compagno non bendato, creando così un rapporto di fiducia

reciproca Riconoscimento di odori, alimenti e oggetti variAlla fine del gioco abbiamo riunito i bambini e abbiamo proseguito il dialogo:Debora: “ Allora come vi siete sentiti?”Stefania: “ Troppo bello, ma strano però!”

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Vanja: “E’ perché sei abituata a vedere il mondo. I non vedenti riescono a “vederlo” senza l’uso degli occhi..”Stefano: “Io però non capivo niente..”Eleonora: “Infatti la loro ricchezza sta proprio nel riuscire a fare le cose utilizzando al meglio gli altri sensi … con tutto il resto del loro corpo!”

Il corpo che parla!I bambini si sono immedesimati nella situazione quotidiana di una persona sordomuta.Abbiamo introdotto questa attività con il seguente dialogo:Debora: “ Adesso cambiamo delle cose …..se un non vedente riesce a fare tutte queste cose … ..come può essere invece secondo voi la vita di una persona che non sente e non parla?”Eleonora: “Pensateci un po’…! Come fa a comunicare??”Marta: “ Con le mani! Io li ho visti alla televisione ogni tanto!”Vanja: “Ecco brava! Hai già trovato una soluzione!”Alexander: “Si è vero alla tv vedi una signora che fa gesti con le mani!”Debora: “Si ecco quella signora che avete visto probabilmente stava annunciando le notizie del telegiornale ai sordomuti.”Stefania: “Ma è facile anche io con mia sorella abbiamo inventato un alfabeto con le mani!”Eleonora: “Si anche io da piccola e anche Vanja, ma non è lo stesso dei sordomuti …”Vanja: “Quindi sapete già come funziona, però non conoscete questo alfabeto … io, Eleonora e Debora vi abbiamo portato un libro che riporta l’alfabeto dei sordomuti.”

Dopo aver sfogliato insieme il libro, ci siamo divisi in gruppo e abbiamo provato a comunicare con questo alfabeto. I bambini si sono decisamente divertiti!In un secondo momento abbiamo giocato con i bambini al classico gioco del mimo.In conclusione il dialogo è stato il seguente:Vanja: “Allora bambini abbiamo visto che sia non vedenti che sordomuti, nonostante la mancanza di uno o più sensi, riescono a comunicare in modo diverso..vero?”Andrea: “Si io non ci avevo mai pensato!”Stefania: “Io e Marta vogliamo provare di nuovo a parlare come prima con le mani!”Alexander: “È stata una figata!”Eleonora: “Io da questa esperienza ho capito una cosa bambini: non è detto che una persona che ha qualcosa in meno di noi sia per forza inferiore e sfortunata …. Ognuno di noi è diverso e fa le cose in modo diverso in base alle proprie capacità.”Debora: “ Bambini ma sapete cosa ho visto un giorno alla tv? Un non vedente che riconosceva i colori grazie agli altri sensi, e persino una ragazza senza mani che colorava, ballava e cucinava con i piedi!!”Marta: “Ma veramente! Ma come faceva?”Debora: “ Eh Marta, è nata così ed ha imparato così! I suoi piedi sono le nostre mani!”

Seconda attività

Questo gioco consiste nel far capire ai bambini l’importanza dell’amicizia e in particolare dell’integrazione e accoglienza. Da un semplice gioco simile al “gioco delle sedie” siamo passati ad un momento di riflessione su queste tematiche.

Prima di tutto abbiamo disegnato per terra delle canoe con l’ausilio dei gessetti. I bambini sono stati invitati a fare un ballo degli indiani. Ad un segnale di pericolo (rappresentato da una bandierina bianca svolazzante) i bambini dovevano accorrere alle canoe per salvarsi dai nemici. Inizialmente le canoe disegnate erano cinque (tante quanti i bambini) e ad ogni turno di gioco veniva eliminata una canoa. Alla fine del gioco rimaneva solo una canoa, che designava quindi il vincitore.

Debora: “ Allora bambini, chi è il vincitore?”Andrea: “Beh iooooooooo!!!”Stefania: “Eh sì Andrea, ma quasi vincevo io!”

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Marta: “ Sì però lo rifacciamo dopo? Voglio vincere anche io”Vanja: “Buona idea, possiamo proprio rifarlo!”Eleonora: “ Ma perché ha vinto solo Andrea?”Stefano: “Ovvio, è arrivato prima alla canoa”Debora: “E tu non potevi salirci assieme?”Vanja: “Sai che ti dico? Io vado su con lui!”Eleonora: “E ci vengo anche io!!!”Marta: “Ma su una canoa può starci solo un bambino!”Debora: “E questo chi l’ha detto Marta? Guarda ci salgo anche io… Vieni anche te Marta”Alexander: “Beh adesso proprio non ci sta più nessuno”Vanja: “Come no? Guarda qua” (Fa avvicinare Alexander alla canoa e lo prende in braccio)Eleonora: “Stefania, dai! C’è posto anche per te!” (Tutti si stringono e fanno posto anche a Stefania)Debora: “Adesso come facciamo a farci stare anche Stefano?”Marta: “Mi metto sulle ginocchia di Eleonora così c’è spazio anche per lui!”Stefano: “Fatemi spazio, arrivoooo!!”Vanja: “Avete visto?Abbiamo trovato una soluzione per salvarci tutti.. Ma ne potevamo trovare altre.. Se c’erano altri bambini come facevamo?”Andrea: “Beh potevamo disegnare una canoa più grande!”Eleonora: “Oppure tenere solo quella che abbiamo ed entrarci solo con un piede.. Sai quanti altri bambini ci stavano? Tutti quelli che vuoi!”Stefania: “O anche con una mano?”Debora: “Eh sì certo!”Alexander: “Allora ci stavano tutti i bambini della mia scuola!”Vanja: “ Io penso che in ogni gioco che incontreremo ci potrà essere un vincitore, ma ricordatevi che non è migliore o peggiore degli altri…”Eleonora: “Tutti possiamo essere vincitori.. Basta trovare una soluzione come quella di prima”Debora: “ Ricordatevi che c’è sempre spazio per tutti, basta volerlo!”

Terza attività

Con questa attività vogliamo far comprendere ai bambini che nella vita ci possono essere tante vittorie ma anche tante sconfitte. Il messaggio che vogliamo trasmettere riguarda proprio le sconfitte: esse non indicano una nostra mancanza rispetto alle capacità altrui, perché ognuno di noi ha qualcosa di speciale che lo caratterizza e valorizza.

Siamo partiti da una semplice gara di corsa in giardino. Alla fine della competizione il vincitore è stato subito individuato …. Su quali basi? Ecco il dialogo:Vanja: “… perché Alexander dici che ha vinto Stefania?”Alexander: “Perché è arrivata per prima all’arrivo!”Eleonora: “E chi ha stabilito ragazzi che vince chi arriva per primo?”Debora: “Io ho pensato avesse vinto Eleonora perché correva in modo spassoso!”Marta/Alexander/Stefano: “Ahahahhahhh!”Eleonora: “ Allora io ho vinto la gara della corsa più spassosa!”Andrea: “Eh no scusa, che gara è? Di solito vince sempre chi arriva primo”Vanja: “ Nelle gare di velocità infatti vince chi arriva per primo! Ma noi questo non l’avevamo mica stabilito..”Debora: “ Sapete che vi dico? Ora proviamo a fare un’altra corsa … quella dei diversi animali!”Eleonora: “Ok ragazzi mettetevi pronti! Ora facciamo la corsa … del canguro!”Vanja: “Pronti … attenti..VIA!!!”

Abbiamo proseguito il gioco variando ogni volta il tipo di corsa con un animale diverso, aggiungendo anche degli aggettivi per caratterizzarla.Esempio:

La corsa del … gatto arrabbiato!! … del coniglio con l’influenza!

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… della tartaruga con una zampa sola! Ecc.

In questo modo abbiamo fatto capire ai bambini che ognuno può riuscire meglio in un contesto piuttosto che in un altro. I bambini devono imparare a liberarsi dagli stereotipi esistenti nella nostra società; ognuno di noi è unico e inimitabile ed ha la possibilità di valorizzare al meglio le proprie attitudini.

Quarta attività

Il nostro intento con questo gioco è quello di far riflettere i bambini sui vari ruoli che si assumono in una società, cercando inoltre di scardinare i pregiudizi e gli stereotipi di genere che si instaurano fin dalla nascita.Abbiamo ricreato in una sala un contesto in cui i bambini potessero ritrovare varie situazioni della vita quotidiana; esse sono state disposte nelle varie parti della sala e riconoscibili attraverso dei simboli rappresentativi di tale contesto-Le situazioni erano le seguenti:

Officina Scuola Caserma dei pompieri Salone Negozio vestiti Cantiere

Abbiamo chiesto ai bambini di collocarsi nella situazione lavorativa preferita. Siamo poi andati a riflettere sulla disposizione dei bambini.Ecco il dialogo:Debora: “Allora Stefania, a te piacerebbe fare la commessa?”Stefania: “Sì, anche la mia mamma fa la commessa e mi piacerebbe diventare come lei..”Vanja: “E ad esempio non ti piacerebbe lavorare in una officina come Alexander?”Stefania: “Ma nooooo!!! Il meccanico è un lavoro da maschi!!!”Alexander: “E’ vero, io conosco solo maschi che fanno i meccanici!”Eleonora: “Ma sapete che io invece ho un’amica che fa il meccanico?”Andrea: “Ma come? Non ci credo!”Marta: “Che brutto si sporca tutta!”Eleonora: “Però le piace tanto quello che fa..”Debora: “Guardate Stefano per esempio … Si è messo nel salone da parrucchiere assieme a Marta. Allora questo secondo voi è un lavoro da maschio oppure da femmina??”Alexander:”Da femmina!”Stefano: “Ma no scusa … il parrucchiere di mio papà è un maschio..”Vanja: “Ma allora possiamo dire che esistono lavori da maschi e lavori da femmine? ”Stefano: “Secondo me no..”Alexander: “Si ma io non farò mai un lavoro da femmina”Eleonora: “Alexander, tu sei libero di scegliere il lavoro che ti piace e se un tuo amico maschio volesse fare il commesso in negozio di vestiti è libero di farlo anche lui.”Debora: “Anche prima abbiamo visto che non c’è niente di scontato;nella corsa non vince per forza il più veloce! Questo vale anche per i lavori. ”Vanja: “Esatto! Non ci sono lavori da maschi e da femmine, dobbiamo togliercelo dalla testa . Ognuno sceglie quello che gli piace e in cui riesce meglio.”

NURRITO

Abbiamo svolto la lezione in una seconda classe della scuola primaria composta da 14 alunni.Ci siamo recati con la classe in palestra, abbiamo fatto sedere i bambini di fronte a noi sulla linea gialla corrispondente ad uno dei lati corti del campo di pallavolo e dopo le presentazioni abbiamo cominciato.

Maestra: allora cominciamo?Bambini: siiiiiiii!!!

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Maestra: cominciamo con una gara di corsa, vi piace?Bambini: siiiiiiiii!!!Maestra: dovete prepararvi tutti sulla linea gialla e correre più veloci che potete, fino a dove siamo noi maestre, sull’altra linea gialla, in fondo alla palestra.Siete pronti? Attenti? VIA!Maestra: cosa abbiamo fatto?S: una gara di corsaMaestra: e come l’abbiamo fatta questa gara?A: correndo!S: correndo!N: correndo!D: di corsa!S: più veloce che possiamo!Maestra: tutti insieme, uno alla volta?Bambini: tutti insieme, tutti insieme!Maestra: siete tutti contenti?Bambini: siiiiiiiiii!Maestra: e qualcuno è più contento?Bambini: siiiii!!!M: io!S: io!G: si anche io sono più contenta!Bambini: io, io, io! Noi!Maestra: come mai così tanti?Bambini: boh?!Maestra: tu sei più contenta, perché?G: perché ho vinto!Maestra: e gli altri? Perché sono contenti?M: io sono contenta perché mi piace correre!S: si anche io!Altri bambini: anche io, anche io!Maestra: adesso volete fare un’altra gara?Bambini: siiiiiiiii!!!Maestra: questa volta però è diversa, si parte tutti dalla linea gialla, correte fino alla seconda linea gialla, poi tornate indietro, poi ancora avanti fino a quando non vi diciamo STOP, poi dovete fermarvi esattamente dove siete arrivati! Avete capito tutti?Bambini: siiiiiii!!!Maestra: pronti, attenti, via!I bambini corronoMaestra: STOP!Maestra: adesso cosa abbiamo fatto? Cosa è cambiato rispetto alla gara di prima?T: ci avete detto voi stop, non la riga gialla.Maestra: allora adesso come è stato? Diverso?Bambini: siiiiiii!Maestra: e siete ancora tutti molto contenti?D: si! È stato più bello di prima.Maestra: davvero? E perché?D: perché si corre di più!Bambini: si! Si! È vero!!!Maestra: e questa volta chi ha vinto?G: S!M: ha vinto S!Altri bambini: si S è arrivato per primo!M: e io seconda!D: io terzo!Altri bambini: e io quarto e poi lui quinto e sesto, settimo…

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Maestra: e siete stati tutti veloci?Bambini: siii!Maestra: qualcuno è stato lento?Bambini: no…o forse si…boh!Maestra: ma qualcuno è stato più lento?Bambini: si è vero!S: solo io sono arrivato primo, gli altri sono stati più lenti di me!Maestra: allora ci sono bambini che corrono più lenti e bambini che corrono più veloci?Bambini: si!D: io sono arrivato terzo, sono più lento.Altri bambini: e noi anche, quarto, quinto, sesto…Maestra: chi è arrivato più avanti come è stato?A: bravo!D: veloce!N: si veloce!Altri bambini: veloce!Bambini: e adesso cosa facciamo?Maestra: adesso facciamo un’altra gara! Però è un po’diversa!B: ma è più facile o più difficile?Maestra: ora lo scoprirete! Bisogna andare piano, piano, piano come le tartarughe, si parte dalla linea gialla, non ci si può mai fermare, bisogna mettere sempre un piede avanti all’altro e raggiungere la linea gialla in fondo alla palestra.A: le tartarughe!! Ma vanno piano, non si corre questa volta.Maestra: siete tutti pronti? Attenti, via!Maestra: forza! Nessuno può fermarsi!B: ma chi arriva ultimo vince?Maestra: forza bambini! continuate a camminare! Dopo lo scoprirete!Bambini: allora chi ha vinto maestra?Maestra: secondo voi chi ha vinto?N: ha vinto T! lei è arrivata ultima!E: si maestra, era una gara che vinceva il più lento!Maestra: allora era una gara di lentezza?Bambini: siiiiiii!!!Maestra: ma chi ha deciso?Bambini: tu!Maestra: ma i bambini possono scegliere se andare veloci o lenti?E: si!Bambini: si, possiamo! Noi decidiamo!Maestra: e gli animali lo possono fare?A: si!R: si!Altri bambini: si…no…si!!!Maestra: una tartaruga può scegliere di correre velocissima come un leone?S: si, no, no!Altri bambini: il toro si! Anche il cavallo! Anche il cane!Maestra: allora ci sono animali lenti e animali veloci o possono scegliere?S: no maestra, ma il cavallo cammina e poi corre.Maestra: ma il cavallo può saltare come un canguro?Bambini: nooooo!Maestra: e i serpenti possono volare come delle farfalle?Bambini: nooooo!Maestra: e le scimmie possono parlare come noi? Avete mai visto le scimmie discutere?Bambini: ahahahahaha!!M: No, le scimmie si arrampicano, mangiano, fanno AAA, ma non possono parlare!T: loro non capiscono, non sanno scegliere!N: noi si maestra! Noi possiamo correre, saltare, arrampicarci, camminare, parlare, fare tante cose!

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Bambini: siiiiiiii!!!Maestra: e durante la giornata fate tutto veloce?Bambini: si!Maestra: veramente? Provate a pensarci bene!A: quando mi lavo i denti sono molto lento.S: anche io maestra e anche quando mangio.T: io invece sono veloce!Tutti i bambini elencano alcune azioni della giornata che fanno lentamente e velocemente.Maestra: e i compiti come li fate?Bambini: veloce!R: io sono lenta.Maestra: allora non siete tutti uguali?Bambini: no!Maestra: ma potere scegliere se fare i compiti veloci o lenti?Bambini: si!Maestra: e perché volete fare i compiti veloci?Bambini: c’è più tempo per giocare! Siiiiiii!!!S: e per riposarsi.Maestra: allora non bisogna sempre correre.Bambini: no!G: è bello andare piano.Maestra: ma quando giocate fate veloce, perché?T: così possiamo fare tanti giochi!Altri bambini: si!Maestra: ma pensiamo alle corse che abbiamo fatto prima, ha sempre vinto il più veloce?Bambini: noooo!A: possiamo scegliere anche di far vincere il più lento.Maestra: allora facciamo una staffetta.Bambini: siiiii!!!I bambini si dividono in due squadre, la prima deve camminare lungo un percorso molto breve, mentre gli altri devono correre facendo slalom tra alcuni birilli. Entrambe le squadre faranno entrambi i percorsi.Maestra: allora cosa abbiamo fatto adesso?C: un percorso.P: una corsa veloce.Maestra: e poi?B: una corsa a zig zag.M: uno slalom.Maestra: e poi?G: abbiamo anche camminato.N: chi camminava vinceva.Maestra: allora i più veloci non hanno vinto?Bambini: noooo!C: questa volta abbiamo deciso che vincevano i più lenti.Maestra: siete sicuri?Bambini: no!S: chi correva ha perso perché doveva fare un percorso più lungo.Maestra: allora chi ha vinto?U: ha vinto tutta la classe!Maestra: perché ha vinto tutta la classe?U: perché ci siamo scambiati.S: però ha sempre vinto il gruppo che camminava, perché faceva meno strada.Maestra: la prima volta quale gruppo è arrivato primo?Bambini: quello che camminava!Maestra: e la seconda volta?Bambini: quello che camminava!Maestra: allora questa volta chi correva è stato il più veloce?

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S: no!Bambini: no!A: è stato il più lento della Terra!Maestra: è stato lento anche se correva?A: si perché non è arrivato per primo!Maestra: allora il più veloce vince sempre?Bambini: nooooooooooo!!!T: perché ci sono gare diverse.G: perché si fanno tanti giri.C: perché possiamo scegliere chi far vincere.Maestra: e chi ha deciso?Bambini: voi, voi!Maestra: ma possiamo decidere solo noi?B: no, decide quello che sceglie il gioco.Maestra: allora possiamo farlo tutti?Bambini: siiii!Maestra: e gli animali possono fare delle gare? E dei giochi?Bambini: no!S: ma il mio cane gioca!Maestra: ma il tuo cane decide le regole?S: no! Lui non può!Maestra: adesso facciamo un gioco, si chiama “regina reginella”, lo conoscete?Bambini: si!M: un bambino fa finta di essere la regina e gli altri devono fare gli animali per arrivare da lei e il primo che arriva diventa lui la regina!Maestra: volete provare?Bambini: si!Maestra: va bene se comincio io a fare la regina?Bambini: si, si! Maestra falla tu!Si comincia il gioco, ogni bambino chiede: “regina reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello?”, ad ogni bambino viene chiesto di imitare un animale diverso, ad esempio verrà loro chiesto di fare 13 passi da formica oppure 5 passi da canguro. A turno tutti i bambini fanno la regina.Maestra: vi è piaciuto questo gioco?Bambini: si, si!Maestra: perché?G: a me è piaciuto fare la regina!S: tutti abbiamo fatto la regina.T: abbiamo imparato a muoverci come tutti gli animali!Maestra: ma gli animali avrebbero potuto fare questo gioco?Bambini: no!Maestra: e noi bambini possiamo farlo anche in altri modi?C: si, perché decidiamo noi!Maestra: allora visto che noi siamo bambini facciamo questo gioco come bambini, non facendo finta di essere animali, siete d’accordo?Bambini: si!D: io sono D, non sono mica una scimmia!Viene riproposto lo stesso gioco, solo che ai bambini viene proposto di muoversi come bambini, cioè con variabili motorie come ad esempio facendo 4 saltelli, 7 passi corti, 2 capriole. Tutti i bambini fanno una volta la regina.Maestra: come vi è sembrato il gioco questa volta?Bambini: bello!Maestra: vi è piaciuto di più o di meno?Bambini: di più maestra!Maestra: perché?P: siamo bambini maestra!M: a me è piaciuto di meno.

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Maestra: perché?M: perché a me piace fare finta di essere un animale!Maestra: ma tu sei diversa da un animale?M: si!Maestra: perché?M: sono fatta diversa e poi io posso parlare!Maestra: e poi cosa puoi fare in più di un animale?M: non lo so.Maestra: qualcuno la vuole aiutare?S: si, si! Io! Tu sei una bambina e allora puoi fare finta di essere anche due animali diversi.Maestra: tu sai saltare come un canguro?M: si!Maestra: e sai correre come un gatto?M: si!Maestra: e strisciare come un serpente?M: si!Maestra: facciamo una tabella, così possiamo trovare tutte le differenze tra i bambini e gli animali e anche le cose in comune, va bene?Bambini: si!Abbiamo costruito un tabellone dei confronti tra animali e bambini, di modo da sottolinearne analogie e differenze.Maestra: adesso leggiamo una storia:LA LEPRE E LA TARTARUGALa lepre un giorno si vantava con gli altri animali: Nessuno può battermi in velocità - diceva – Sfido chiunque a correre come me.- La tartaruga, con la sua solita calma, disse: - Accetto la sfida.- Questa è buona! - esclamò la lepre; e scoppiò a ridere.- Non vantarti prima di aver vinto replicò la tartaruga. - Vuoi fare questa gara? -Così fu stabilito un percorso e dato il via.La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.La tartaruga sorridendo disse: Non serve correre, bisogna partire in tempo.Maestra: questa storia centra qualcosa con tutto quello che abbiamo fatto oggi?Bambini: si!Maestra: allora ognuno di voi prova a dire cosa c’è in questa storia di quello che abbiamo imparato oggi, va bene?Bambini: si!M: c’è la tartaruga e la lepre che sono animali, non bambini.S: la lepre ha perso anche se era la più veloce e la tartaruga ha vinto anche se era la più lenta.P: la tartaruga non può correre veloce.D: io oggi ho imparato che bambini e animali hanno tante cose in comune e tante cose diverse.M: maestra in questa storia la lepre e la tartaruga sono animali, ma parlano come bambini, allora è finto, sembra che sono bambini, non animali.C: la lepre non vince sempre.G: la lepre non vince sempre anche se è più veloce, perché anche se sei veloce non arrivi sempre primo.S: oggi abbiamo parlato degli animali.T: anche noi abbiamo fatto delle gare di corsa.B: ma maestra in questa storia la tartaruga è stata furba.A: quando facciamo finta di essere animali facciamo finta, non siamo animali veri.U: noi decidiamo i giochi con le regole.R: la tartaruga non sa correre.N: non serve correre per arrivare primi.

Argomenti trattati:

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Veloce-lentoTempo-spazioLimitiAmicizia, collaborazione, gioco di squadraScambio di ruoliDifferenze (io e l’altro)Felicità-tristezzaFiabaTabellone dei confrontiAnimaliAlteritàDemocraziaCapacità combinatoria (tempo, spazio, intenzionalità)Formazione dell’identità personale

MANTOVANI

Gioco : I LEONI ADDORMENTATISvolgimento I giocatori si dispongono seduti, sdraiati, oppure accoccolati in terra in un ambiente che può essere sia all’aperto sia al chiuso.Un volontario in piedi fa il cacciatore e gira tra quelli a terra nelle loro svariate posizioni. Gli occhi devono essere aperti. Il giocatore cercherà con tutta la sua abilità clownesca di far ridere questi “leoni” addormentati. Chi comincia a ridere diventa cacciatore pure lui. Il gioco è finito quando l’ultimo che è riuscito a rimanere serio scoppia finalmente a ridere davanti a tutti i cacciatori che fanno i clown per lui.

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Partecipanti: Nicol, Ilaria, Gloria, ElisabettaNon avendo la possibilità di sottoporre i giochi a dei bambini ho preferito chieder la collaborazione ad alcune amiche. L’età è compresa tra i 20 ed i 22 anni.Essendo ancora freddo per poter svolgere il gioco all’aperto, l’ho ambientato in un luogo chiuso, il salotto di casa mia.

Felicità/tristezza – ridere/piangere Giada: Oggi vi faccio fare il gioco dei “leoni addormentati”.Nicol : “Leoni addormentati??”Giada: Si, qualcuno di voi conosce questo gioco?Nicol, Ilaria e Gloria fanno segno di no con la testa.Elisabetta : Si si io lo conosco; ci ho giocato una volta quando ero più piccolaGiada: Va bene. Allora puoi aiutarmi a spiegare alle altre le regole del gioco.Giada e Elisabetta spiegano le regole del gioco alle altre partecipanti.Elisabetta, conoscendo già il gioco, si propone come cacciatrice.Giada:è tutto chiaro?Tutte: si!

Riflessione successiva al gioco.Gloria: A me è venuto subito da ridere e sono stata “eliminata” al primo colpo. Giada: come ti sei sentita quando sei stata eliminata?Gloria: non mi è piaciuto perché avrei voluto resistere e arrivare alla fine del gioco …Ilaria: Invece a me da una parte non è piaciuto essere eliminata; dall’altra sono stata bene perché comunque il gioco è continuato dal punto di vista del cacciatore. Oltre ad essere stato divertente è stato bello il fatto di essere un gruppo di cacciatori.Nicol: è vero! Anche io mi sono sentita bene quando abbiamo fatto le cacciatrici in gruppo. Giada: Diciamo che il gioco passa dall’individuale al gioco di gruppo e nel gruppo si sperimenta la coesione e la forza.

Ripropongo il gioco ma con la variabile che chi si mette a ridere prende il posto del cacciatore e il gioco continua all’infinito, finchè non ci si stanca.

Giada: chi si è sentito sereno nel fare il clown per far ridere gli altri?Elisabetta: io mi sono sentita molto tranquilla e serena. Mi piace far ridere gli altri e di conseguenza mi sento bene.Giada: ti sei sentita felice quindi?Elisabetta: si mi sono sentita felice. Più che altro non avevo pensieri.Giada: cos’è per voi la felicità? Elisabetta:Io la felicità la comparo al concetto di benessere. Quando sto bene fisicamente e mentalmente mi sento felice.Gloria: Per me la felicità riguarda il benessere sia materiale sia psico-fisico.Giada: e quale dei due è più importante?Nicol: questa è una bella domanda; è difficile da rispondere.Ilaria: è vero, io penso che il concetto di felicità e il modo di esprimerla cambia a seconda della persona e della personalità di ciascuno.Giada: Infatti, io posso essere felice per una cosa e la stessa cosa a te può renderti infelice. Non pensate che ne sia stato un esempio questo gioco? Alcune di voi si sono sentite a proprio agio la situazione di clown, l’hanno vissuta bene, altre, invece,non l’hanno vissuta molto bene. Tornando a quello che mi hai detto prima, Elisabetta, quindi, per te una persona che è ammalata oppure ha qualche problema a livello fisico o mentale è triste?Elisabetta: No, non intendevo dire questo. È difficile dire cosa sia la felicità. Anche io, come Ilaria, credo che cambia a seconda della persona.Giada: E la tristezza, che è il contrario della felicità, cambia anche quella da persona a persona?Nicol: Si io credo di si. Però, non credete che cambi anche il modo in cui ciascuno di noi manifesta la propria tristezza?

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Gloria: No io penso che i motivi per cui uno possa essere triste o vivere una situazione di tristezza variano, ma penso che come per la felicità, si possa riconoscere da alcuni tratti.Giada: cosa caratterizza una persona felice? Cioè come ci si accorge che una persona sta vivendo un momento di felicità?Ilaria: Il volto lucente e il sorrisoNicol: le lacrime di gioia o dal troppo ridereElisabetta: lo sguardo e gli occhiGloria: la posizione del corpo, la posturaNicol: anche la camminataGiada:E invece com’è una persona triste?Elisabetta: ha uno sguardo cupo; le spalle incurvate..Gloria: resta chiuso in sé stesso, magari non ha voglia di parlareIlaria: le labbra potrebbero essere serrateGiada: Prima Nicol ha parlato del ridere. Anche il gioco che abbiamo fatto prima aveva la componente del “ridere”. Gloria: beh … il ridere fa stare bene. Ad esempio quando vedo una mia amica che piange o è triste cerco di farla ridere o sorridere.Giada: quanti modi ci sono di ridere? Elisabetta: moltissimi; si può ridere per la gioia, per il sollievo …Ilaria: per qualcosa di comico o per una situazione divertente, come prima.Nicol: si può ridere anche istericamente quando ci si trova in una situazione stressante o quando si è nervosi.Giada: ci sono anche tanti modi di piangere ….Nicol: è vero si può piangere sia per la gioia sia per il dolore ….Gloria: si può piangere urlando o piano piano; si può singhiozzare …. Si può addirittura piangere senza lacrime.Giada: è vero, basti pensare ai bambini quando sono appena nati. Possiamo dire che ognuno di noi utilizza il riso o il pianto a seconda delle situazioni e a seconda di come le vive, se con felicità o con tristezza.

Verità/ bugia

Giada: Torniamo al gioco. Cosa faceva chi impersonava il cacciatore?Elisabetta: cercava di far ridere gli altri sdraiati a terra.Giada: come facevate per far ridere chi ancora faceva il leone addormentato?Nicol: ci aiutavamo con le varie parti del corpoGloria: facevamo le smorfieGiada: si può dire che facevate da mimo … Se ci pensate bene i clown sono anche un po’ dei mimi. Ma secondo voi un mimo prova veramente quello che mostra oppure finge?Ilaria: ovviamente finge.Giada: Per far ridere gli altri voi facevate” finta di …..” giusto?Gloria: giustoGiada: e il mimo cosa fa?Elisabetta: il mimo fa finta di fare certe cose per far ridere la gente. Solitamente è anche mascherato.Giada: quindi i mimi sono mascherati?Ilaria: La loro maschera è il loro viso.Giada: Con la loro maschera creano una finzione. Al di là del gioco, la nostra realtà e il nostro modo di vivere e di comportarci è o non è tutto condizionato da una maschera, dalla finzione?Gloria: ognuno di noi indossa delle maschere a seconda delle situazioni.Giada:Quindi la finzione c’è. Lo dici come se fosse una cosa inevitabile. Prima abbiamo visto che indossare una maschera equivale a fingere. Ma la finzione in fondo, non è poi una bugia?Ilaria: si la finzione si può definire una bugia.Giada: ed è bello vivere in un mondo dove ci sono tante maschere, dove vige tranquilla e beata la “Bugia”? la cosa buffa è proprio che ne siamo consapevoli, ma facciamo come se niente fosse.Abbiamo visto che abbiamo indossato la nostra maschera da bravi mimi, durante il gioco. È facile indossare una maschera.

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Elisabetta: Nel gioco ci è venuto spontaneo mimare, o almeno parlo per me. Non avevo pensato al fatto di indossare la maschera.Nicol: non ci si pensa mai, al fatto di indossare delle maschere. Si vive la vita e basta.

MARCHI

I concetti agiti e discussi con gli alunni di una classe seconda sono:

PIENO/VUOTO e LUCE/OSCURITA’: Porto i bambini in palestra. Per l’attività che voglio proporre sposto due materassoni blu verso un angolo e li sovrappongo, cercando di creare uno spazio semichiuso ed in ombra. Mi sono procurata un lenzuolo bianco, che appendo alla spalliera come se fosse uno schermo, nello spicchio buio di palestra che ho creato. L’architettura della palestra mi favorisce in questo, essendo prevalentemente interrata ed avendo solo un paio di punti luce naturali che non bastano ad illuminare a dovere lo

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spazio. Mi sono procurata dal magazzino una torcia e dall’aula un registratore. Prima di iniziare porto in palestra alcuni cerchi e li dispongo in maniera disordinata lungo il perimetro della palestra. Poi faccio sedere i bambini attorno a me ed inizio a spiegare l’attività che faremo:Maestra

MarcoMaestraJulianMatteoMaestra

Bene bambini, oggi faremo qualcosa di particolare. Ho portato questa torcia ed il registratore. Giulia accenderà la torcia quando glielo dirò e la punterà verso il lenzuolo. Io utilizzerò le mie mani per creare l’ombra di un animale da proiettare sul nostro schermo. Poi farò partire la musica e voi potrete muovervi liberamente nella palestra. Ma quando la musica finirà dovrete correre e mettervi nei cerchi così l’animale sullo schermo non riuscirà a prendervi.Ma i cerchi sono solo 6…Potete mettervi anche in 2 o 3 nello stesso cerchio. Avete capito bene bambini cosa dovete fare?Dobbiamo correre per la palestra.Possiamo camminare o rotolare?Certo bambini, potete muovermi come vi piace di più. L’importante è che andiate a ripararvi dentro il cerchio appena spengo la musica. Siete pronti? Bene, allora cerchiamo di fare silenzio altrimenti gli animali avranno paura e non si mostreranno sullo schermo.Giulia, accendi la torcia.

Inizio con un animale semplice, il cane. I bambini osservano l’ombra proiettata sul lenzuolo, qualcuno ride, qualcuno pronuncia il nome dell’animale ad alta voce. Chiedo a Giulia di spegnere la torcia e faccio partire la musica. I bambini iniziano a muoversi, correndo alcuni a gruppetti, altri singolarmente. Un paio di bambini si rotolano a terra, due bambine invece si mettono a quattro zampe facendo finta di essere un cagnolino. Interrompo la registrazione ed osservo i bambini correre verso i cerchi. Solo due bambini inizialmente restano fuori (Andrea e Damien) ma con l’aiuto dei compagni trovano rapidamente una collocazione all’interno dei cerchi.MaestraSimonaMatteoSimonaMaestra MatteoMaestraLorenzoYasmineMaestraAndreaMaestraAndreaLeonardoMaestraEleonoraMarkSabinaMaestraMatteoAntheaMaestraJulianMaestraMarkAndrea MaestraDamien

Allora bambini, chi vuole raccontarmi quello che avete appena fatto?Siamo corsi nei cerchi. Maestra, il Matteo mi ha spinto!E’ che non c’era posto. Non l’ho mica fatto apposta.Però mi hai fatto male al braccio.Bambini, non litigate. Ora Matteo si scusa, anche se non ti ha fatto male apposta, e riprendiamo il gioco.Scusa.Bene. Simona stava dicendo che siete corsi nei cerchi. E prima cosa avete fatto?Abbiamo corso per la palestra.Io andavo a quattro zampe e anche lei. (indica Anthea) Mi copia sempre.Come vi sentivate mentre vi muovevate per la palestra?Io bene. Non mi sembrava di essere a scuola.E perché Andrea?Perché a scuola non ci fanno mai correre così e ascoltare la musica in palestra.Si, è vero, è solo la maestra Elisabetta che ci mette su le canzoni quando disegniamo.E a voi piace la musica?A me moltissimo, voglio diventare una musicista da grande.Anche a me mi piace però quando mio fratello la ascolta col volume alto mi dà fastidio.Però a me non piaceva tanto questa canzone. Sono più belle quelle del cd bianco.E i cerchi com’erano?Disordinati.Piccoli.Perché piccoli?Perché subito non ci stavamo tutti.E poi come avete fatto a starci?Stringendoci un po’.Lorenzo mi ha chiamato perché c’era posto vicino a lui. Poi è arrivato Damien ma non ci stavamo.

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MaestraTuttiMaestraMartaMaestraLorenzoRamonGiuliaMaestraAntheaMaestraLorenzoSabinaMaestraMarkMaestraAndreaGiuliaDamienMaestraJulianMaestraLorenzoMaestraNadiaMaestraNadiaMaestraAndreaSabinaMaestraJulianNadia

E cos’è successo allora?Che la Marta mi ha detto che c’era posto e io sono entrato nel cerchio.Quindi possiamo dire che i cerchi prima erano vuoti e poi…Pieni.Marta, il tuo cerchio era più pieno o più vuoto prima che arrivasse Damien?Era più vuoto. Dopo si è riempito.E il tuo Lorenzo?Più vuoto. E poi si è riempito che non ci stava più nessun’altro.Noi per starci ci siamo abbracciati.Così non cadeva fuori nessuno.E se qualcuno fosse rimasto fuori dal cerchio? Cosa sarebbe successo?Che il cane se lo prendeva.E voi sareste stati tristi o felici?Io triste perché magari restava fuori Andrea che è mio amico.Anche io triste perché è bello avere tanti amici.Perché è bello avere tanti amici?Per non stare soli! Non vi piace stare da soli bambini?A me no.Neanche a me.A me dipende. Se voglio vedere i cartoni è meglio vederli da solo. Sennò il mio fratellino rompe.Quindi a volte va bene anche stare soli?Beh, si, se devo andare al gabinetto.Lì è meglio andare da soli no?Si, sennò poi ci sono i bambini che ti fanno gli scherzi e aprono la porta. Quindi è meglio chiuderla.Vi vengono in mente altri momenti in cui può essere bello stare da soli?Io quando disegno.E perché ti piace disegnare da sola?Perché lo faccio anche a casa quando la mamma lava i piatti. E poi le faccio vedere il disegno e se le piace mi dà una merendina.Se ci pensate, però, ci sono anche dei momenti in cui siamo soli perché lo vogliono gli altri. Ve ne viene in mente qualcuno?Quando facciamo una verifica.O quando siamo in castigo.Quindi possiamo dire che ci sono momenti in cui è piacevole stare da soli ed altri momenti in cui non lo è.Maestra, per me non è bello stare da solo quando litigo coi miei amici. Però se mi fanno arrabbiare io non gioco più con loro e sto da solo.Anch’io quando litigo voglio stare da sola. Però è più bello quando giochiamo tutti insieme.

Ripeto nuovamente l’attività proiettando l’ombra di un nuovo animale. I bambini sanno quello che devono fare ed il gioco si svolge senza sorprese.Quando sono sicura che i bambini abbiano acquisito sicurezza nel muoversi liberamente all’interno della palestra interrompo l’attività e la stravolgo completamente. Chiedo ai bambini di sedersi vicino a me. Spiego che ora, anziché mostrare sullo schermo l’ombra di un animale, l’attività cambierà: innanzitutto abbino gli alunni in coppie e dico che fino a quando sentiranno le note della canzone potranno muoversi liberamente fino alla linea di metà campo. Non appena la musica finirà, ogni bambino dovrà cercare il suo compagno. Uno dei due terrà gli occhi chiusi e l’altro sarà la sua guida. Dovrà occuparsi di lui facendo attenzione che non si faccia male o si scontri con altri compagni. Naturalmente stabiliamo prima chi, in ogni coppia, dovrà tenere gli occhi chiusi. Contemporaneamente dovrà toccare degli oggetti che ho portato dalla classe (e che ho lasciato in una borsa perché non le vedessero) e cercare di indovinarli. Quando cambierò la canzone gli alunni

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dovranno invertire i ruoli. Infine stopperò la musica e batterò le mani due volte quando i bambini potranno aprire gli occhi e fermarsi indicando così che l’attività si è conclusa.

MaestraSimonaMaestraMarkMaestra

Ora farò partire il cd, non superate la linea di metà campo e state attenti a non scontrarvi o farvi male. Ricordatevi che quando terrete gli occhi chiusi e toccherete gli oggetti dovrete indovinare che cosa sono senza chiedere suggerimenti ai compagni o aprire gli occhi.E quando cambia la musica dobbiamo fermarci?No, dovrete scambiarvi i ruoli e continuerete a muovervi finché la musica non si interromperà.Possiamo cambiare compagno?No bambini, dovete restare col vostro compagno. Mi raccomando non suggerite!

Faccio partire la musica ed i bambini iniziano come prima a muoversi all’interno della palestra. Dopo circa un minuto stoppo la musica ed osservo i bambini-conducenti muoversi per cercare il proprio compagno. Quelli che devono restare con gli occhi chiusi si fermano ed aspettano di essere presi per mano dalla guida. E’ divertente vedere come la maggior parte dei bambini ad occhi aperti cerchi di muoversi con cura, evitando ai compagni scossoni o scontri con gli altri. Alcuni bimbi ridono, altri tentennano e sembrano non fidarsi molto della loro guida. Altri ancora, invece, danno l’impressione di cercare appositamente i compagni quasi a volersi scontrare con loro, forse per vedere quello che può succedere e quale può essere la mia reazione. Al momento di toccare gli oggetti qualche bambino fa un po’ di confusione ed impiega più tempo nell’indovinare di cosa si tratta.Poi, improvvisamente, decido di cambiare la musica in modo che si invertano i ruoli. Nuovamente alcuni bambini si muovono con una certa cura ma altri trascinano i compagni rischiando quasi di farli cadere o scontrare con gli altri.

Terminata l’attività ci risediamo nel nostro angolo.MaestraMarcoMaestraNadiaMaestraMarkMaestraGiuliaJulianMatteoMaestraSabinaLorenzoAndreaDamienMaestraYasmineNadiaRamonMaestraRamonMaestraRamonMaestraTuttiMaestraTuttiMaestra

Bene bambini, che cosa abbiamo fatto?Abbiamo fatto i ciechi col cane.Qualcosa del genere.Abbiamo camminato con gli occhi chiusi e con gli occhi aperti.Vi è piaciuto?Si è stato bello. Poi Matteo stava quasi per cadere. (Ride)Che cosa vi è piaciuto di più?A me quando potevo portare Marta dappertutto.A me invece quando tenevo gli occhi chiusi perché non sapevo dove stavo andando.Anche a me quando tenevo gli occhi chiusi. (altri bambini dicono la stessa cosa)Visto che a molti di voi è piaciuto camminare con gli occhi chiusi provate a pensare se vi piacerebbe camminare in un mondo senza luce.Noooo! Perché ci sarebbero i mostri.Ma quali mostri?! A me piacerebbe perché così non dovrei leggere e scrivere.Anch’io non voglio scrivere però al buio non potrei giocare coi Bakugan. E scambiarmi le figurine.E poi se non ci vedi come fai a guardare la tv?Vorrei che mi qualcuno di voi mi dicesse se ha avuto paura quando ha chiuso gli occhi…Io un po’ perché non sapevo dove andavo.Anch’io un po’ perché avevo paura di farmi male.Anch’io…perché magari poi tutto cambiava quando aprivo gli occhi.Spiegati meglio Ramon.Boh..magari non c’erano più i miei compagni o magari cambiava la palestra.Intendi dire che si spostavano gli attrezzi?Si..o che sparivano!E invece?Invece era tutto come prima.Quindi possiamo stare tranquilli e dire che al buio le cose e le persone non cambiano?

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AntheaMarcoGiuliaMaestra

NadiaMatteoGiorgioYasmineMaestraYasmineMaestraYasmineMaestraYasmineLorenzoMaestraLorenzo

Sì!Un’altra cosa bambini…avete notato, quando camminavate ad occhi chiusi, che il vostro modo di muovervi era più impacciato?Io avevo paura di inciampare e facevo passi piccoli.Io non riuscivo a capire cosa stavo toccando. E poi avevo le braccia in avanti.E’ che se non puoi guardare è difficile capire cosa c’è in giro.Quindi mi pare di capire che non poter vedere ha molti effetti negativi per voi. Eppure credo che se ci pensiamo bene potrebbe venirci in mente anche qualche aspetto positivo.SilenzioIo forse…io sentivo meglio la musica con gli occhi chiusi.Io invece riesco a immaginarmi meglio le cose col buio.Io col buio mi riposo!Se io non potessi vedere avrei paura..Perché Yasmine?Perché non vedrei più il papà e la mamma. E le cose che mi piacciono.Quindi saresti molto triste?Si, piangerei sempre!Allora pensi che una persona non vedente sia sempre triste?Secondo me sì, perché non puoi fare tante cose belle.Io invece sarei contento.E perché?Perché i ciechi hanno i cani e il mio papà il cane non me lo vuole comprare! (ridono tutti)

La nostra riflessione sulle categorie di pieno/vuoto è stata originata da un gioco (quello delle ombre cinesi) ed è proseguita con l’utilizzo del proprio corpo per affrontare il tema luce/oscurità. L’utilizzo dei cerchi è stato un valido supporto per la comprensione del concetto di pieno-vuoto mentre ricoprire il ruolo del conduttore-condotto ha permesso ai bambini di provare la realtà secondo una prospettiva spesso sottovalutata: quella dell’oscurità.Voglio andare ancora più in profondità, nonostante gli spunti e gli stimoli emersi fino ad ora siano stati numerosi ed interessanti.Collegandomi alle categorie precedentemente affrontate lancio una domanda provocatoria:MaestraMichelaGiuliaMaestraTuttiDamienGiorgioMartaMatteoMaestraMaestraLorenzoMaestraLorenzoSabinaAntheaMaestraAnthea

Pensando alle parole pieno/vuoto e luce/oscurità vi viene in mente qualche emozione che possa descriverle?E’ facile maestra…il buio è nero!Sì è proprio nero.Siete tutti d’accordo?Sì.Beh forse è ancora un po’ blu scuro.La luce potrebbe essere gialla.Come il colore delle luci a scuola.Però anche bianco.D’accordo e per pieno e vuoto?Silenzio.Nessuna idea bambini?Secondo me il vuoto è grigio.Perché proprio grigio?Perché è un colore che si usa poco.Secondo me grigio perché se è chiaro è come trasparente. Una bottiglia vuota è grigia.Invece per il pieno io dico il rosso.Come mai rosso?Perché vorrei il mondo pieno d’amore e l’amore è rosso!

Il suono della campanella si sta avvicinando ed è ora di abbandonare la palestra per risalire in classe ma approfitto degli ultimi minuti per proporre un’attività che i bambini svolgeranno singolarmente a casa per la settimana successiva.

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Propongo loro di cercare una serie di fotografie da incollare sul quaderno di immagine che possano rappresentare le parole che abbiamo affrontato nella discussione di oggi. I bambini accettano il compito con entusiasmo anche se qualcuno resta ancora dubbioso. “Maestra” mi chiede Marco “nel pieno posso mettere la bustina dei Pokemon?” “Scusa ma cosa c’entrano i Pokemon con l’idea di pieno?”“E’ che prima di aprirla la bustina era piena di figurine”.“Beh Marco, vista così direi che potrebbe andare bene”.Da lì partiremo per una nuova lezione all’insegna del pensiero/agito.

CAPITOLO 2: DAL MOVIMENTO AL PENSIERO

Dopo questa prima fase dell’attività, partita da un’azione concreta e sviluppatasi quasi naturalmente grazie alle riflessioni mosse dai bambini, penso che ancora molto possa essere discusso. E ‘ chiaro che non si tratta di fare filosofia a scuola nel senso classico del termine bensì di creare un gruppo di ricerca in cui tutti siano parte in causa, senza che esistano concetti giusti o sbagliati e giudizi.

1^ Storia: L’amicizia dei tre piccoli insetti

“In un bellissimo giardino vivevano molti insetti. Un bruco verdino veniva maltrattato da tutti per via del suo aspetto. Solo la simpatica coccinella e lo scarafaggio, ancor più brutto del bruco, volevano fargli compagnia. I tre animaletti avevano stretto grande amicizia tra di loro. Insieme facevano lunghe chiacchierate in mezzo all’erba, e quando era l’ora dei pasti rosicchiavano le foglie tenere e dolci di quel giardinetto opulento. Insomma, stavano sempre tutti e tre insieme, e quando un altro insetto maltrattava il piccolo bruco, gli altri due lo difendevano con coraggio. Un bel giorno, mentre i tre amici passeggiavano, il bruco ebbe un malore, e dovette distendersi sotto una foglia. Il bruchino era molto pallido, non riusciva più nemmeno a muoversi, e dopo un po’ si irrigidì e rimase immobile. La fedele coccinella ed il sensibile scarafaggio erano molto avviliti, e non riuscendo a comprendere quel che stava succedendo al loro amico, si disperarono e rimasero con il bruco sofferente. Persa ogni speranza per il povero bruco, i due piccoli amici andarono a raccogliere qualche petalo per porlo sul corpo del loro piccolo amico. Dopo qualche giorno, quando la coccinella e lo scarafaggio andarono a portare i fiori sul luogo dove il bruco giaceva, si accorsero che dalle spoglie del bruchino era nata una bellissima farfalla dai mille colori, che, aperte le ali, cominciò a volare attorno ai suoi due amici affezionati. Dopo il prodigioso cambiamento del piccolo bruco, molti insetti si avvicinarono a quell’ esserino meraviglioso per fare amicizia, ammirando il nuovo aspetto dellacreatura. La farfalla si era trasformata, ma non aveva affatto perso la memoria! Solo la coccinella e lo scarafaggio le erano rimaste accanto in punto di morte, e solo loro avevano portato i fiori sul suo corpicino di bruco! E ancora solo la coccinella e lo scarafaggio avevano tenuto compagnia a quell’esserino strisciante e verdastro che era stato allontanato da tutti. Se solo quegli insensibili avessero visto come solo la coccinella e lo scarafaggio erano spaventati e addolorati quando il bruco era paralizzato sotto la foglia, prima della trasformazione, avrebbero compreso cos’è l’affetto di un amico. La farfalla volava con le sue ali delicate e meravigliose, viveva nell’aria tra i fiori colorati e profumati; ma non si allontanava mai dai suoi due amici, perché non avrebbe mai potuto dimenticare che le erano rimasti sempre accanto.”

DIALOGO IN CLASSE

Maestra Dunque, la storia che abbiamo letto ha come protagonisti…Nadia Tre insetti. Marta Un bruco, una coccinella ed uno scarafaggio.Maestra E dove è ambientata questa storia? Matteo In un boscoLorenzo No, è un giardino, non un bosco.Simona Ma però c’erano anche altri insetti, mica solo loro.Giulia Si ma gli altri non erano amici del bruco.Simona Beh, non serve avere tanti amici. Io ne ho solo quattro.Maestra Gli amici sono importanti, vero? Julian Sì, però come dice sempre la mia mamma è meglio avere pochi amici ma buoni.Maestra …perché gli amici ci aiutano quando siamo in difficoltà…

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Damien E quando litighiamo poi facciamo sempre la pace e torniamo amici.Maestra In questa storia qualcuno ha litigato? Tutti No, nessuno. Maestra E cosa facevano i tre insetti amici quando stavano assieme? Simona Chiacchieravano e camminavano.Ramon E mangiavano le foglie.Damien E se un insetto gli dava fastidio si difendevano.Marco ..perché erano amici.Maestra E perché gli altri insetti del giardino non andavano d’accordo col bruco? Michela Perché era brutto.Matteo Ma se avessero saputo che poi il bruco si trasformava in farfalla non lo avrebbero trattato

così!Maestra E cos’è successo quando il bruco è stato male? Nadia Lo scarafaggio e la coccinella erano preoccupati. Mark ...e anche spaventati...Simona Perché pensavano che fosse morto!Maestra Ed era morto davvero? Tutti No!Matteo Però era tanto pallido e immobile e allora credevano che era morto.Maestra E dopo che il bruco si è trasformato in farfalla gli altri insetti che cosa hanno fatto?Damien Quando hanno visto com’era bella allora tutti volevano essergli amici.Maestra Vi sembra un bel comportamento bambini?Tutti No!Sabina Ha fatto bene la farfalla a restare con i suoi amici. Julian …perché loro erano rimasti lì quando il bruco stava male. Lorenzo Erano veri amici. Maestra Secondo voi bambini è facile trovare dei veri amici?Anthea No, perché uno magari vuole esserti amico solo perché hai dei bei giocattoli. Nadia O perché ha litigato con i suoi amici.Maestra Possiamo dire che il proverbio “Chi trova un amico trova un tesoro” sia vero? Tutti Si!

A questo punto l’importanza della multidisciplinarità si presenta in tutto il suo sgargiante abito. Approfitto di un ‘attività di scrittura creativa sull’amicizia realizzata, qualche settimana prima, dall’insegnante di Italiano per proporre ulteriori riflessioni. Partendo dalla riflessione “Voglio bene al mio amico con la… (una lettera dell’alfabeto)”, l’insegnante aveva chiesto ai bambini di creare delle piccole poesie che contenessero molte parole la cui lettera iniziale fosse quella indicata nel titolo e che, di volta in volta, cambiava:

Maestra Bambini vi ricordate l’esercizio di scrittura creativa sull’amicizia fatta con la maestra Rosy?

Tutti Sì! Maestra Vi ricordate quante parole avevate scritto nelle poesie e che riguardano l’amicizia? Yasmine A me la maestra aveva dato la f…Maestra Ed era stato difficile trovare parole che iniziassero con la f? Yasmine Non tanto…beh un po’ sì perché all’inizio non sapevo come cominciare. Poi la maestra

mi ha aiutato e ho scritto quasi una pagina.Maestra Avete voglia di provare un gioco nuovo…con le lettere?

GIOCO CON LA PALLADove: in palestra o in un’aula spaziosa Cosa serve: un palloneDurata: finché tutti i bambini hanno svolto il gioco

Come: Si fanno disporre i bambini in cerchio e si dà ad un bambino il pallone. L’insegnante inizia una frase ed il bambino che ha il pallone deve continuarla aggiungendo una parola. Successivamente lancia il pallone ad un altro compagno il quale dovrà proseguire la frase aggiungendo una nuova parola. Si prosegue così fino

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a quando ogni bambino ha aggiunto la sua parola alla frase iniziale. Per rendere il gioco meno monotono è possibile mantenere una musica rilassante di sottofondo. Invito i maschi a chiamare le femmine e viceversa per evitare che i bambini chiamino solo i compagni a cui sono più legati. Naturalmente la frase di partenza dev’essere collegata al tema trattato durante la lezione. In questo caso la frase era: “Per me l’amicizia è…”

COMMENTI

Maestra Allora bambini! Vi è piaciuto questo gioco? Yasmine Sì! Però io ho detto una parola cortissima! Simona E poi Matteo ne ha dette due… Matteo Solo perché mi sono sbagliato!Maestra Come vi sembrava la frase che è venuta fuori? Lorenzo A me mi ha fatto ridere. Maestra E agli altri? Sabina Per me era un po’ difficile perché l’Anthea aveva detto la parola che volevo dire io. Damien Non pensavo che potevamo fare una frase così lunga sull’amicizia. Mark Maestra, la prossima volta possiamo rifare il giro?Maestra Certo bambini, mi sembra abbiate molte cose da dire.

2^ storia: Il sacchetto

DIALOGO IN CLASSE

Matteo L’altro giorno maestra c’era un sacchetto che volava fuori dalla finestra.Mark Si, era sul ramo della pianta…incastrato. Maestra E com’era questo sacchetto?Julian Era tutto strappato e rovinato.Damien Era dell’Eurospin.Maestra Chissà quante cose erano contenute in quel sacchetto prima di volar via. Lorenzo Quando mia mamma va a fare la spesa ci mette dentro un sacco di roba.Simona Anche la mia, però ha una borsa di cotone, non di plastica.Maestra E le hai mai chiesto perché usa una borsa di cotone?Simona Perché dice che così inquina di meno.

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Nadia Perché?Simona Eh perché la plastica sporca di più.Maestra Provate ad immaginare se nessuno usasse più sacchetti di plastica…cosa

succederebbe?Marta E dove la buttiamo l’immondizia?Marco Ma scusa a casa mia usiamo dei sacchetti strani, tutti opachi che si rompono

facilmente se ci metti dentro tante robe.Maestra Probabilmente dici dei sacchetti riciclabili.Marco Boh…però la mamma dice che si inquina di meno.Sabina Una volta siamo andati coi miei in Bondone ed eravamo su un prato a mangiare. Poi,

a un certo punto mi scappava la pipì e allora la mamma mi ha portato lì vicino che c’erano delle piante. Ma era tutto sporco di rifiuti e la mamma non mi ha fatto fare la pipì. E ce ne siamo andate.

Michela Anche a noi è successa la stessa cosa ma eravamo al mare. Tra gli scogli c’erano dei sacchetti e delle bottiglie di plastica e anche un pesce morto. Faceva proprio schifo.

Maestra E vi sembra una cosa bella o brutta andare al mare o in montagna e trovare dei rifiuti proprio in mezzo alla natura?

Tutti Brutta!Marta E poi i rifiuti si possono raccogliere. Ce l’ha detto un esperto.Mark Per fare altra energia.Lorenzo E sporcare di meno.Maestra E voi a casa buttate i rifiuti tutti nello stesso sacchetto o avete più bidoni?Tutti Più bidoni.Anthea Però la mia mamma si lamenta perché dice che in estate il bidone marrone puzza

tanto.Andrea Io ho quattro bidoni di colori diversi.Giulia E poi noi abbiamo tanti bidoni anche qui a scuola.Mark Per esempio la carta riciclata che usiamo per fare i disegni.Lorenzo O come le bottiglie di plastica!Andrea La mia mamma ha una borsa che è fatta con i pezzi delle ruote.Maestra Secondo voi bambini cosa vuol dire riciclare?Nadia Vuol dire tenere le cose vecchieDamien Così si possono usare ancora tante volte. Julian Vuol dire anche fare una cosa nuova usando le cose vecchie.Andrea Noi abbiamo anche i quaderni fatti con la carta riciclata.Maestra E’ una bella idea quella di fare quaderni con altri vecchia quaderni usati, non

trovate?Michela Beh, sì… vanno bene uguali.Simona E poi si tagliano meno alberi così…Marco E c’è più aria pulita per noi!

Sempre nel campo della multidisciplinarità mi rammento di una bella attività fatta, nell’ambito del riciclo e delle energie alternative, da alcuni volontari in un’altra scuola. Si tratta di un gioco che interessa, oltre all’area linguistica, anche quella delle scienze sociali e dell’educazione civica.

GIOCODove: in aulaCosa serve: Cinque bidoni (quelli che vengono forniti per la raccolta differenziata o in alternativa delle borse di colori diversi), alcuni rifiuti, una scatola o un cesto, un cartellone, dei pennarelli coloratiCome: sul cartellone segniamo delle colonne, ognuna delle quali si riferisce ad un tipo di spazzatura diversa. Quindi ci saranno sei colonne: carta, vetro, plastica, umido, residuo e crm.Da una borsa estraggo alcuni rifiuti che appoggio a terra. Ogni bambino dovrà indicare in quale bidone tre rifiuti dovranno essere messi. Ogni scelta esatta corrisponde ad un punto. Successivamente ogni bambino segnerà sul cartellone il nome del rifiuto nella colonna corrispondente.Naturalmente l’attività non nasce da un’idea a sé stante ma affonda le proprie radici in un progetto sulla raccolta differenziata e sulle energie sostenibili iniziato l’anno scorso e proseguito con una serie di incontri

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con esperti del Comune di Trento. I bambini, del resto, da più di un anno sono abituati a gettare i rifiuti in contenitori appositi, dal colore diverso in base alla destinazione del rifiuto e per fare questo sono da sempre sensibilizzati anche dal corpo docente.Non tutti i rifiuti che ho portato ( ad es. bucce di frutta, cartoncini, confezioni di plastica, pennarelli ecc.) possono essere gettati nei contenitori colorati: alcuni devono essere smaltiti secondo procedure estremamente complesse e per questo devono essere portati in appositi centri per la raccolta del multimateriale. Ecco perché ho voluto aggiungere, oltre ai bidoni colorati, anche uno scatole di cartone (va bene anche un cesto di vimini, un sacchetto o qualsiasi altro contenitore) che rappresenterà all’interno del giorno il Centro di Raccolta Multimateriali.

COMMENTI

Damien Maestra, lo possiamo fare anche domani questo gioco?Mark Possiamo chiedere alle bidelle se hanno delle cose da buttare. Simona Però non era così facile sapere quale bidone era giusto. Nadia Io non sapevo dove buttare la colla.Matteo Io l’ho sempre buttata nel cestino del residuo.Julian Il mio papà mi sgrida quando vede che butto la spazzatura nel posto sbagliato.Sabina Anche la mia mamma perché dice che poi ci arriva la multa.Lorenzo Io ho insegnato anche alla mia sorellina la differenza tra il residuo e gli altri bidoni.Andrea Noi abbiamo i bidoni colorati sul balcone e sono belli grandi eh!Damien Anche noi li abbiamo colorati, io ci ho attaccato su anche i disegni delle cose che vanno

buttate dentroMaestra Secondo voi è importante gettare la spazzatura nei contenitori esatti? In coro Sì! Maestra Altrimenti? Che succede? Anthea Altrimenti non possiamo utilizzare i rifiuti per fare nuova energia.Marco Perché quella nuova verrebbe sporcata dall’immondizia sbagliata e quindi non

andrebbe bene.

3^ storia: Il bambino e la stellina

“ C’era una volta un piccolo bambino, che nelle notti d’estate in braccio alla sua mamma, col nasino all’insù, guardava il cielo e le stelle che brillavano. Ad un tratto ne vide due che cominciarono a rincorrersi, giocare nel cielo e poi sparire.Il bambino stupito e meravigliato sgranò gli occhioni ed esclamò: “ Mamma, ma anche le stelle giocano tra di loro?” E tutte le sere, quando scendeva la notte, non vedeva l’ora di andare a guardarle.Un giorno però disse: “ Mamma, ma perché si rincorrono nel cielo e non scendono a giocare con me? Come possiamo prenderne una?”E allungava la manina cercando di fermarle… ma loro birichine, quando stavano per essere prese, scappavano via.Una stellina, piccola, udì le sue parole e volle scendere a giocare con lui…Ma ahimè, il viaggio era lungo e quando arrivò ormai era giorno.“ Devo fare più in fretta” disse la stellina, “ altrimenti, quando arrivo non mi vede!”Ma prova e riprova arrivava troppo tardi. La stellina si disperava, ormai lei voleva bene al bambino, voleva giocare con lui, … ma era piccola e non poteva correre di più.Un Angelo che passava di lì, la vide piangere e le disse: “ Aggrappati alle mie ali e io ti porterò”.Ma arrivati sulla terra la stellina si accorse che non riusciva più a correre e giocare.L‘Angelo allora prese dalle sue ali due piccole piume e le regalò alla stellina. “ Tieni, le disse, con queste potrai volare”.Così lei volò dal bambino e giocarono insieme.Allora, aiutate dagli Angeli, tante altre stelline vollero scendere sulla terra per far felici altri bambini, e nelle notti d’estate, quando si vedono tante piccole luci volare, accendersi e spegnersi nella notte sono le stelle che sono scese dal cielo per giocare.”

DIALOGO IN CLASSE

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Maestra Bene bambini, sicuramente avrete passato qualche sera d’estate a fissare le stelle. Avete mai avuto voglia di provare a toccarle?

Julian Io da grande voglio fare l’astronauta e andare sulla Luna.Andrea Io quest’estate ho visto due stelle comete bellissime.Maestra E hai fatto qualcosa?Andrea Sì, ho espresso un desiderio.Marco E si è avverato?Andrea Sì sì, avevo chiesto l’album dei Pokemon e due giorni dopo il papà me l’ha comprato.

Ma io non glielo avevo mica chiesto.Nadia Anch’io ho visto una stella cometa ma il desiderio non si è avverato.Sabina A me è piaciuto l’angioletto, è stato molto buono perché se lui non aiutava la stellina

lei non poteva andare a giocare col bambino.Maestra Quindi potremo dire che l’unione ha fatto la forza, no?Tutti Sì!Marta Infatti è grazie alle piume dell’angelo che la stellina poteva volare.Michela Per fortuna che l’ha aiutata così poi sono scese tutte le stelle a giocare i bambini.Yasmine E’ stato generoso.Maestra E secondo voi perché la stellina voleva scendere a giocare col bambino?Nadia Forse perché lei aveva tante amiche stelle e il bambino era da solo.Lorenzo O perché era stufa di stare nel cielo.Matteo Secondo me perché gli voleva bene e voleva farlo felice.Simona Anche per me è così.Maestra Pensate che fare felice qualcuno potrebbe far felici anche voi?Julian Secondo me sì perché se io litigo con un mio amico e poi viene un altro bambino a

giocare con me io sono contento.Andrea E’ bello vedere gli altri felici.Maestra Collaborare e aiutare gli altri è importante, no? Cosa succederebbe se voi foste come

la stellina che voleva andare dal bambino ma non aveva le piume per volare? Sabina Beh… dovremo trovare qualcosa per spostarci. Mark O qualcuno che ci aiuta.Giulia Magari un amico.Damien Che ci aiuti quando siamo in difficoltà.Maestra Possiamo dire che per essere davvero completi, abbiamo bisogno degli altri? Pensate

a cosa sarebbe una scuola senza alunni…Matteo …senza di noi non ci sarebbe la scuola. Maestra Immagino che a qualcuno questo piacerebbe vero? In coro Sì!

Ancora una volta l’attività di gioco proposta si intreccia ai molteplici motivi tipici della multidisciplinarità. Predispongo, all’interno del cortile della scuola, una caccia al tesoro che si realizzerà formando delle squadre di tre bambini e nascondendo una serie di foglietti con le indicazioni da seguire. Un’attività di questo tipo, oltre a tirare in ballo competenze linguistiche, coinvolge anche competenze geografiche. I foglietti sono stati scritti in rima baciata. Questo tipo di gioco stimola la complicità tra i componenti delle varie squadre i quali devono mettere a disposizione degli altri le proprie capacità al fine di raggiungere la meta. Una condivisione di competenze che può essere vincente solo nel momento in cui ognuno rispetta i compagni e sceglie con loro quali sono le strategie migliori da mettere in atto.

GIOCO A TEMASi predispongono percorsi diversi per ogni squadra, si nascondono i foglietti con le indicazioni da seguire nello spazio a disposizione per ritrovare il tesoro.

4^ storia: La goccia d’acqua che voleva conoscere il futuro “Nuvole leggere veleggiavano nel cielo. Una goccia d’acqua, minuscola, pensava al suo futuro.Le avevano detto che un giorno sarebbe diventata grande, pesante, e sarebbe precipitata giù, sulla terra, o sul mare. Chissà che cosa le avrebbe riservato il futuro.

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La goccia giudicava le sue compagne troppo superficiali. Ridevano, giocavano. Quando la brezza le trascinava si lasciavano sospingere senza un moto di ribellione. Passavano da una nuvola all’altra con leggerezza e abbandonavano le compagne danzando lievi sulle onde del vento.Non pensavano al futuro, non si facevano domande, si limitavano ad esistere. Lei no, ci pensava. Era per questo che loro si davano occhiate di intesa quando passava e mormoravano sottovoce ridacchiando.L’aria era tersa, senza foschie.La goccia ne approfittava per osservare i contorni dei monti, la geografia dei fiumi, la grande distesa del mare. Quando sarebbe venuto il momento la nebbia avrebbe coperto tutto e non avrebbe visto più niente.A mente aveva fatto un ripasso di quello che aveva imparato a scuola: la pressione, i venti, le trombe d’aria, la temperatura, i fulmini, la pioggia, la neve, la grandine. Sapeva cosa le sarebbe capitato. Avrebbe potuto cadere sui monti e rotolare fino al mare o essere inghiottita dalla terra fino a incontrare i torrenti che scorrono nelle sue profondità. Oppure avrebbe potuto fermarsi subito, per dissetare un albero, un fiore. Avrebbe mantenuto il suo aspetto o si sarebbe trasformata in un chicco di ghiaccio, o in un fiocco di neve.Però non le bastava conoscere il futuro così in generale. Lei voleva un po’ di precisione. Se possibile voleva sceglierlo il suo futuro e fare quello che poteva per realizzarlo.Sì, avrebbe fatto così. Lei si sarebbe scelta il suo futuro. Era andata che aveva comprato un paracadute, più precisamente un parapendio da poter governare nel vento, e aveva frequentato un corso per imparare a manovrarlo.Si era esercitata a lungo e ora avrebbe saputo come fare quando fosse arrivato il momento.Non sarebbe stata lì a farsi sballottare dove volevano gli altri. Avrebbe deciso lei dove andare, di qua o di là. Restava solo da scegliere dove. Certo, qualche incognita poteva accadere. Tutto non si può calcolare. Ma avrebbe fatto quello che era possibile fare. Non voleva avere rimpianti. Dall’alto della sua nuvola leggera la goccia guardava in basso e qualche volta si stizziva. E’ inutile. Lassù non si riusciva proprio a stare fermi per osservare il panorama. Bastava una brezza leggera per spostarsi appena e il Nord e il Sud e l’Ovest e l’Est si cambiavano il posto. Era così magra e leggera! Ma quando fosse ingrassata un po’ e avesse indossato il parapendio sarebbe stato diverso. Avrebbe sfidato i venti più potenti e quelli più furbi, quelli che ingannano la quiete e le dicono “Prego, oggi tocca a lei” e poi prendono la rincorsa e corrono che sembrano dover vincere una gara.Lei intanto si sarebbe portata sempre appresso il parapendio anche se, magra com’era, era fatica trascinarsi dietro quell’enorme vela giallo-rosso-arancio. Dunque, ora doveva scegliere dove andare. Da lassù vedeva una lunga striscia di monti e a scuola le avevano insegnato che per le gocce è molto importante prestare attenzione ai monti perchè le nuvole ci vanno a sbattere contro quando viaggiano basse.La striscia sembrava un nastro raggrinzito e piegato a metà nel senso del lungo, con la piega verso l’alto a formare le cime.Metà nastro si appoggiava dolcemente alla terra e questa era piatta, larga, attraversata da fiumi che dall’alto sembravano pigri.L’altra metà si infilava a picco nel mare.La goccia avrebbe voluto finire da questa parte, a picco sul mare.Vuoi mettere che emozione? Rotolare sui fianchi scoscesi dei monti come fossero un immenso toboga, enormemente più grande di quello che aveva visto alla televisione in un parco acquatico. E finire nel mare azzurro dove le onde si frangono sugli scogli. E diventare salata. Nuotare in acque limpide, accarezzata dal cullare delle onde.Sì’, quello era il futuro che desiderava. Era il suo futuro.Avrebbe solo dovuto ricordarsi di togliere il parapendio appena toccato terra. Un giorno aveva cominciato a ingrassare.La sua nuvola viaggiava veloce poco sopra la cima dei monti e folate di nebbia salivano dalla terra e si fermavano accanto a lei.La nuvola era diventata grande e scura e la sua parte più bassa si scontrava già con le cime.I lampi illuminavano per pochi istanti il cielo e tuoni terrificanti squarciavano l’aria.Tutto era successo così all’improvviso.Con gesti decisi la goccia aveva indossato il parapendio e l’aveva fissato col moschettone. La bussola sulla cintura sembrava impazzita perché lei ruotava come quando bambina giocava a girotondo.La goccia aveva cercato di mantenere la calma e azionava i cavi del parapendio con forza e precisione.Meno male che aveva la bussola! Come avrebbe fatto a distinguere il Nord e il Sud e l’Ovest e l’Est? Sotto di lei non si vedeva niente. Buio. Come la notte più fonda. Eppure il suo orologio segnava le dieci del mattino.

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Impegnata com’era la goccia non si era accorta che tante compagne che nella nuvola abitavano i piani più alti erano già scese.Le erano passate a fianco, precipitando veloci verso la terra.Oh, ce n’erano ancora e continuavano a passarle accanto, ma loro correvano e lei era ferma. O così le pareva.Sopra di lei la nuvola diventava più chiara, sempre più chiara.I lampi non illuminavano più il cielo e i tuoni tacevano.La nuvola si era sfilacciata e ora filtrava il sole. La goccia sudava.Presto, presto, aveva pensato, devo sganciare il moschettone. Aveva cercato di aprirlo. Ma le dita sudate scivolavano e il moschettone rimaneva ermeticamente chiuso.La goccia sudava, dimagriva e perdeva le forze. Ora le era preso il panico. Tremava.Le sue mani armeggiavano frenetiche sul moschettone. Non aveva altro pensiero che questo: liberarsi del parapendio.Un pianto convulso la scuoteva fino a che la disperazione le aveva regalato un po’ di forza, abbastanza per far scattare l’apertura del moschettone.La goccia si era sfilata l’imbragatura e ora scendeva, mentre il parapendio restava lassù, in balia del vento. E mentre scendeva le era tornata la speranza di salvare il suo futuro.Ma l’aria scaldata dal sole le scottava la pelle e intanto dimagriva, dimagriva. Fino a che, come un cerino quando s’infiamma sparisce, si era dissolta in vapore.Ora era tanto leggera che risaliva, sospinta dalla brezza, fino a tornare in alto in alto, in una nuvola leggera e trasparente che veleggiava nel cielo. E il futuro? Il suo futuro? Il futuro, chissà.”

TRASCRIZIONE DIALOGO

Andrea Certo che quella goccia era proprio strana…col paracadute! Anthea Ed era anche andata a scuola. Chissà com’è la scuola nelle nuvole… Maestra Pensate potrebbe essere molto diversa dalla nostra scuola? Mark No magari un po’ diversa ma non tanto. Nadia Per me dovrebbero studiare la geografia così quando piove sanno dove andare.Maestra Secondo voi perché la goccia ha imparato ad usare il paracadute?Matteo Perché non voleva scendere come tutte le altre gocce.Simona Forse perché non voleva cadere giù e non essere più una goccia.Michela Perché non voleva essere come le altre gocce.Ramon Infatti le altre gocce ridevano e sparlavano quando lei passava.Maestra E perché ridevano di lei?Matteo Perché le altre gocce pensavano solo a danzare nelle nuvole mentre l’altra goccia

voleva decidere lei cosa fare e dove andare.Maestra E la scelta di imparare ad usare il paracadute è stata una buona scelta?Anthea Insomma…non è riuscita a fare quello che voleva.Julian Infatti…stava quasi per morire.Lorenzo Ma per fortuna che è riuscita ad aprire il paracadute e almeno è diventata vapore.Maestra Secondo voi la goccia cosa provava nello scendere dalla nuvola col paracadute? Marco E’ felice all’inizio, quando sta iniziando a scendere.Giulia Ma poi secondo me ha paura perché è uscito il sole e non vuole sparire.Simona Infatti prova a togliersi il paracadute ma non ce la fa perché scivola.Julian E vede le altre gocce scendere veloci, anche quelle che vivevano sopra di lei.Sabina Lei voleva essere diversa dalle altre gocce però alla fine ha rischiato di morire, quindi

non è stata molto intelligente alla fine.Nadia Ma lei intanto ha fatto cose nuove che le altre gocce non avevano fatto. Maestra Ma è una buona cosa o no scegliere con la propria testa?Matteo Secondo me sì però bisogna essere sicuri. Mark Beh però bisogna anche ascoltare quello che dicono gli altri.Giulia Sì, perché magari ti vogliono aiutare. Cioè se la maestra ti dice di guardare bene come

hai scritto una parola è perché l’hai scritta sbagliata.Andrea E ti vuole correggere.

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Maestra Quindi è sbagliato pensare da soli, è meglio chiedere agli altri cosa fare?Giuseppe No, mica sempre. Anche perché io magari chiedo a lui una cosa ma a lui piacciono

dei giochi diversi e allora finisce che litighiamo.Nadia Però io chiedo alla mamma o al papà di aiutarmi.Marco Beh ma noi siamo piccoli.Maestra Perché cosa cambierà quando sarete grandi?Marco Io deciderò tutto da solo quando avrò 18 anni, come dice mio fratello.Maestra E se dovessi sbagliare le decisioni che prendi?Simona Ti sgrideranno le maestre.Damien E ti metteranno in castigo!Marco Mica ci saranno le maestre quando avrò 18 anni.Andrea Allora ti metteranno in castigo i tuoi genitori!Maestra Beh speriamo allora che Marco riesca a prendere tutte decisioni giuste così non ci

sarà il rischio di finire in castigo!

Un racconto di questo genere, proprio per i molteplici temi che affronta, più o meno approfonditamente, si presta ad una serie di riflessioni importanti. Il testo, infatti, permette di accendere i riflettori su elementi e dinamiche personali che raramente vengono affrontati in classe. Alcuni di questi temi possono essere la “diversità”, intesa sotto più sfaccettature (diversità di pensiero, diversità di genere, diversità di razza), la capacità di prendere decisioni in autonomia, ma anche l’invidia che una certa indipendenza di pensiero può provocare negli altri, la capacità di essere felici nell’essere sé stessi. La “diversità” è senz’altro fra i temi che più si prestano a molteplici interpretazioni anche in campo interdisciplinare. La possibilità di parlare di biodiversità in differenti ecosistemi apre lo sguardo su discipline quali le Scienze naturali e la Geografia e offre numerosi spunti di riflessione sulle numerose forme di vita presenti sulla Terra, le loro interrelazioni e il loro ruolo nella catena alimentare.Il passaggio all’ecosistema sociale, come la città e la famiglia, può diventare un ulteriore spunto di riflessione. Specie nell’affrontare l’irrinunciabilità dei ruoli sociali, anche in prospettiva professioni e loro importanza. Con l’insegnante di Italiano i bambini potrebbero descrivere il proprio ecosistema preferito, la propria famiglia o immaginare “cosa succederebbe se…”, sviluppando capacità di astrazione e fantacognizione.Anche le Lingue straniere e la Musica si connotano come discipline adatte al tema della “diversità”: musiche e ritmi provenienti da tutto il mondo, canzoni e filastrocche in tedesco e inglese hanno il pregio di fornire ai bambini un orecchio cosmopolita e contribuire a formare in loro un atteggiamento di accoglienza e apertura al nuovo.

GIOCOI bambini, divisi in gruppetti, collaborano alla ricostruzione di una storia, partendo da una fotografia sugli animali ed una sulle professioni, rispondendo alla domanda “Cosa succederebbe se…”Varianti: Si può modificare la domanda iniziale o il contesto

Maestra Allora bambini, vi è piaciuto il gioco del “cosa succederebbe se…”? Mark A me sì, perché è divertente pensare cos succederebbe se il mondo andasse al

contrario.Andrea Noi abbiamo pensato che se il topo rincorresse il gatto sarebbe da ridere e il gatto

sarebbe costretto a nascondersi su una pianta per scappare.Giulia Noi abbiamo pensato a come sarebbe la scuola se fossero i bambini ad insegnare le

cose ai maestri e a dargli i compiti.MaestraJulian Lorenzo

Certo sarebbe molto strano…chissà quanti castighi ci dareste…Oh sì! Ci divertiremmo un sacco… Ma secondo me tu maestra non ne prenderesti perché sei troppo brava!

“Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio”.39

39 A. De Saint-Exupery, Il piccolo principe, Bompiani, 2000

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Scelgo un gioco “classico”, uno di quei giochi che non si fanno più né a scuola né altrove perché sostituiti da apparecchi elettronici che certo non aiutano i bambini a sviluppare adeguate modalità di relazione con i coetanei.La giornata è soleggiata ed anche se la temperatura non è più mite come lo fu nei primi giorni d’autunno è ancora possibile restare in cortile a giocare senza indossare la giacca.Il gioco si chiama “Lupo mangia frutta” e si svolge nel seguente modo: dopo la conta per la scelta del lupo i bambini scelgono il nome di un frutto e si dispongono in cerchio. Il lupo grida: “Toc toc!” fingendo di bussare ad una porta ed i bambini devono rispondere in coro: “Chi è?”. “Sono il lupo mangia frutta” risponderà il bambino che fa il lupo ed i bambini risponderanno: “Quale frutta vuoi?”. Il lupo dirà il nome di un frutto ed il bambino a cui è abbinato quel frutto dovrà iniziare a scappare. Se il bambino viene preso farà il lupo se invece riuscirà a tornare nel cerchio senza essere toccato sarà salvo.Anche in questo caso, come nei precedenti, molti sono i rimandi che un’attività di questo tipo può suggerire rispetto alle altre discipline scolastiche. Per quanto riguarda, ad esempio, le lingue straniere questo gioco stimola la memorizzazione dei nomi dei frutti, in immagine può stimolare la creazione dei frutti con il Das mentre nel percorso di scienze si può affrontare il tema della frutta nelle diverse stagioni. Questi sono solo alcuni dei rimandi che un gioco può suscitare, starà poi all’insegnante cogliere gli spunti che i bambini sapranno sollecitare per dare vita ad un lavoro organico nel segno della multidisciplinarità.Ciò su cui mi concentro, però, al termine del gioco è la consueta riflessione con i bambini.

Maestra Ok bambini, chi vuole raccontarmi cosa abbiamo fatto?Simona Il lupo ha rincorso la frutta!Maestra Esatto. Mi pare che tutti abbiate fatto sia la frutta che il lupo giusto?Mark Sì, però Matteo ha fatto il lupo più di tutti.Matteo Per forza, mi rincorrevate sempre a me.Nadia No, eri tu che ti facevi scegliere dagli altri.Maestra L’importante bambini è che ognuno di voi abbia provato entrambi i ruoli. Ora vorrei

fare qualche riflessione con voi…quando avete fatto i lupi che cosa avete provato? Gioia, paura, divertimento, noia…

Lorenzo Io ero contento perché tutti avevano paura di me.Maestra Ti piaceva sapere che gli altri ti temevano?Lorenzo Beh… sì, perché mi sentivo importante!Maestra Quindi ti sentivi importante perché facevi paura agli altri?Lorenzo Sì!Maestra Quindi se un compagno si sentisse importante facendo paura ai compagni, magari

facendo loro dei dispetti, per te andrebbe bene?Lorenzo Beh, no, ma io non facevo dispetti.Maestra E come mai quest’ultima cosa non andrebbe bene?Lorenzo Perché non è giusto comportarsi male con gli altri e fare i dispetti.Maestra Quindi fare i prepotenti è una cosa sbagliata, giusto?In coro Sì!Maestra Questo gioco ci fa pensare anche ad altre cose…ve ne viene in mente qualcuna?Daniel Che la frutta è buona!Sabina Sì e l’anno scorso siamo anche andati a teatro che parlavano della frutta e della verdura.Maestra Certo, mi ricordo quel bellissimo spettacolo teatrale. C’era molta frutta ed una bambina

che non la voleva mangiare. Ma non l’aveva neppure mai assaggiata…Michela Però certa verdura era proprio schifosa mentre altra era buona. Però a quella bambina

non piaceva niente.Marco A me piace tutta la frutta che ci portano a ricreazione.Maestra Tutta tutta? Certo la frutta è importante per crescere bene…Yasmine Sì perché ci dà tante vitamine che non ci fanno ammalare.Simona E poi le carote, per esempio, fanno bene agli occhi.Maestra E se vi dicessi che invece la frutta non fa bene ed è tutta un’invenzione delle mamme e

delle maestre per farvela mangiare? Cosa pensereste?Simona Io non ci crederei e poi a me piace la frutta. Anche i kiwi.Marco Per me ci avresti detto una bugia.Maestra Una bugia? E che cos’è una bugia?

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Julian Una bugia è una cosa finta.Maestra E come si riconosce una bugia dalla verità?

Silenzio.Ramon Secondo me si capisce quando uno dice una bugia perché gli viene da ridere.Matteo Mica sempre. Io quando dico le bugie alla mamma non rido.Julian Dipende da chi dice le cose. Il papà mi dice che non devo credere a tutto quello che vedo

in televisione.Maestra Perché si tratta di una finzione?Sabina Sì e perché dicono tante stupidate. Il papà quando sente parlare B. (politico) si arrabbia

perché dice che racconta sempre tante bugie.Mark E poi tipo i film di paura non sono mica robe vere.Nadia Però a me mi fanno paura. E poi non lo so se non sono vere.Lorenzo L’altro giorno alla televisione c’era un cartone di una casa stregata e a me mi faceva

paura. Allora la mamma ha cambiato.Maestra Quindi esistono cose che si fanno paura, giusto? Ma secondo voi la paura è un

sentimento positivo o negativo? O neutro?Julian Ma cosa vuol dire neutro?Marco Che non è né buona né cattiva.Julian Allora secondo me è neutra.Nadia Invece secondo me è negativa.Sabina Anche per me.Maestra E sapreste dirmi perché è negativa?Nadia Perché fa paura.Sabina Perché fa stare male.Matteo Anche per me è negativa perché non ti fa muovere e così non puoi scappare.Lorenzo Si anche per me.Maestra Però a pensarci bene può anche essere positiva, a volte…Damien Perché maestra?Maestra Perché la paura ci impedisce di fare cose pericolose. E ci fa pensare ai nostri limiti.Ramon Sì, come quando mio fratello voleva scavalcare nel giardino dei vicini ma c’era il cane

che abbaiava e io non sono andato perché avevo paura che mi mordesse.Maestra Quindi la paura ti ha impedito di fare una cosa che poteva causarti un danno, no?Simona Una volta la mamma si è arrabbiata col papà che mi lanciava per aria, perché aveva paura

che mi facessi male.Maestra Ed altre emozioni un po’ positive e un po’ negative quali potrebbero essere?Lorenzo Per me quando mi annoio è un po’ positivo e un po’ negativo perché è vero che mi

annoio ma chiedo alla mamma cosa posso fare e poi mi diverto sempre.Nadia Quando io mi arrabbio è tutte e due perché all’inizio non sto bene ma poi mi passa e

allora faccio pace con chi ho litigato.Maestra Quindi ci sono diverse emozioni che possono essere sia positive che negative.Michela Però maestra ci sono anche emozioni solo negative.Maestra Te ne viene in mente una?Michela Beh, per esempio quando proprio non ti piace una cosa.Matteo Eh sì, se non ti piace non ti piacerà mai.Maestra E si può dire la stessa cosa anche per una persona? O a voi piacciono tutti?Ramon No, io litigo sempre con Gioele della seconda A perché non mi lascia mai in pace.Maestra E pensi che non ci potrai mai andare d’accordo?Ramon No, litighiamo sempre. Mi sta antipatico.Maestra Beh, almeno tu lo hai potuto conoscere e lo dici perché ci litighi spesso. Ma a volte alle

persone non ne piacciono altre senza avere un vero motivo. Magari succede solo perché sono vestite o pettinate in maniera diversa, o perché hanno la pelle di un colore diverso, o perché parlano una lingua diversa o hanno una religione diversa.

Sabina Ma maestra è stupido non andare d’accordo con qualcuno perché ha una religione diversa. La Yasmine è musulmana ma noi siamo amiche.

Lorenzo Beh, mia mamma dice che non le piace passare davanti alla moschea quando è tardi perché c’è brutta gente.

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Marco Mia nonna l’altro giorno mi ha portato via dal parco perché c’era un signore che dormiva su una panchina.

Maestra E tu gli hai chiesto perché?Marco Dice che ha paura che gli rubano la borsetta, perché gliel’hanno già rubata al mercato. E’

stato un drogato.Ramon Beh ma se uno è un barbone non bisogna stargli vicino.Maestra Perché Ramon?Ramon Perché puzza ed è sporco. E gli servono i soldi per il vino.Maestra E secondo te perché puzza ed è sporco?Ramon Boh.Maestra Secondo voi bambini? Perché?Yasmine Perché non ha una casa e non può lavarsi.Mark Forse perché non ha un lavoro e allora non può comprarsi i vestiti nuovi.Simona Se è povero bisogna aiutarlo. I miei hanno adottato un bambino in Africa che è povero e

non ha niente da mangiare.Giulia Sì, bisogna sempre aiutare chi sta peggio di noi.Maestra Certo bisogna sempre fare attenzione però aiutare chi non sta bene come noi è una

bellissima cosa. Voi come vi sentite quando aiutate un amico o un compagno?Nadia Io sono contenta.Matteo Anch’io anche se non ho sempre molta voglia di aiutare gli altri.Lorenzo A me piace aiutare i miei amici, perché sono amici.Julian Anche io sono contento e mi fa stare bene.Maestra E aiutare qualcuno che non conoscete? Come vi fa stare?Giulia Sempre contenta. Però sono più contenta quando aiuto una mia amica o la mamma.Simona Anche la maestra di religione dice sempre che è importante aiutare gli altri.Mark Anche Gesù ha aiutato tante persone e mica tutte le conosceva.Sabina E’ importante essere buoni. E generosi con gli altri.Maestra Certo bambini, è molto importante e sono sicura che voi sapete essere molti buoni e

generosi se lo volete.Che ne dite di fare un altro bel gioco?

Tutti Sì!

GIOCO A TEMA

Deciso di proporre un nuovo gioco, ma prima di poter scendere in cortile c’è bisogno di un lavoro preparatorio.Che cosa ho in mente di fare? Voglio costruire con i bambini delle cerbottane. Ricordo ancora perfettamente, come se fosse successo ieri, quando da piccola andavo in Toscana a trovare i miei cugini più piccoli ed assieme costruivamo delle bellissime cerbottane con le canne. Era un gioco che trovavamo estremamente divertente e che ci permetteva di acquisire manualità attraverso la costruzione di questi oggetti. Certo, noi non sempre riuscivamo a trattenerci dall’utilizzare queste cerbottane per cercare di colpire qualche piccione ma con i bambini a scuola vorrei provare ad affrontare anche il tema della caccia.Del resto la cerbottana è un antico strumento, che affonda le proprie radici nella società preistorica e che sa suscitare sentimenti primordiali assopiti. In questi ultimi anni di servizio mi sono accorta che, generalmente, c’è un certo appiattimento nei desideri della maggior parte dei bambini. Si punta, a livello scolastico, ad attività sempre più complesse, accompagnate spesso da una buona dose di tecnologia per risvegliare l’interesse negli alunni ma, in alcuni casi, questo atteggiamento non fa altro che alzare vertiginosamente le aspettative dei bambini. Personalmente non ritengo la tecnologia un “nemico” della didattica e dei bambini. Anzi, io stessa utilizzo spesso nelle mie lezioni questi ausili. Ma, contemporaneamente, cerco anche di trasmettere ai miei alunni il piacere delle cose semplici. Il piacere di fare delle attività o dei giochi che partano dalla nostra tradizione, fortemente rurale, ancora basata su valori genuini, spendibili in ogni età della vita.Per questo giochi come “La Gallinella la và nel prà” o “La campana” o “Le belle statuine” (solo per citarne alcuni) sono giochi che insegno e che invito a praticare nelle lunghe ricreazioni dopo la mensa. E devo ammettere che, nella mia seppur breve esperienza, ho notato nei bambini più piacere nel provare giochi facenti parte della tradizione che non nell’usare il pc, che a lungo andare annoia.Prima di portare i bambini in cortile, dicevo, c’è bisogno di costruire le cerbottane.

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Preventivamente ho portato da casa una cinquantina di cannucce. Le uniremo, a coppie, con del nastro per formare una cerbottana doppia. Al suo interno verranno collocate delle piccole palline di carta che serviranno per colpire il bersaglio.

Maestra Bene bambini, ora ognuno di voi ha una cerbottana. Adesso, però, dobbiamo decidere quale dev’essere il bersaglio.

Matteo Possiamo disegnare un’astronave con gli alieni.Lorenzo Sì che forte.Julian E possiamo disegnare gli alieni con le braccia lunghe che ci vogliono prendere.Nadia Maestra, perché non facciamo dei leoni e delle tigri?Maestra Perché, vuoi dare la caccia a questi animali?Nadia Sì, perché sono animali feroci.Maestra Ne hai mai incontrato qualcuno?Nadia Io no. Cioè, li ho visti allo zoo di Pastrengo.Maestra E ti hanno fatto qualcosa di male?Nadia No maestra. C’era la giraffa che mangiava le foglie e il leone che dormiva.Maestra Da quello che mi dici non mi sembrano animali tanto feroci, o mi sbaglio?Nadia No.Maestra Quindi possiamo lasciarli tranquilli dove sono?Nadia Sì.Damien E poi non bisogna cacciare gli animali. Bisogna lasciarli in pace.Giulia Sì, anche il mio papà me lo dice sempre. Se non ti fanno niente bisogna lasciarli in pace.Yasmine Io una volta ho visto un film che c’era la mamma orsa che veniva uccisa dai cacciatori e

poi i piccoli restavano da soli. Allora solo uno riusciva a vivere mentre gli altri due morivano perché non c’era più nessuno che gli portava da mangiare.

Maestra Provate a pensare a quello che fareste voi se non ci fosse la vostra mamma…Marco Se la mia mamma non ci fosse più starei di più col papà.Michela Io piangerei tutto il giorno.Giulia Io sarei molto triste se la mamma fosse morta.Andrea La mia mamma è bravissima a cucinare..Se non ci fosse più il papà mi farebbe sempre la

pastasciutta. Maestra Quindi le vostre vite sarebbe più vuote e tristi senza qualcuno che vi vuole bene?Mark Sì e poi i genitori sono importanti.Maestra Come mai sono importanti?Mark Perché sono gli unici che abbiamo.Nadia Perché ci vogliono tanto bene.Sabina Perché ci proteggono.Simona Perché ci insegnano tante cose belle.Andrea Perché ci comprano i regali quando siamo bravi.Yasmine Perché ci portano in vacanza e ci fanno divertire.Maestra Quindi è più bella la nostra vita se ci sentiamo amati…Tutti Sì!

Decidiamo, a questo punto, che i nostri bersagli non saranno né gli animali né gli alieni. I bambini hanno deciso che con le cerbottane dovranno colpire dei cattivissimi mostri che vogliono distruggere la scuola e rapire tutti gli alunni ed i maestri per mangiarseli.Prepariamo una sagoma molto ampia che racchiude i disegni fatti dai bambini su alcuni cartoncini. Per fare questo ho riciclato il fondo di alcune scatole delle yogurt che altrimenti verrebbero gettate via dalle cuoche della mensa. Quindi su un grande fondo cartonato sono incollati i disegni dei vari mostriQuando tutto è pronto scendiamo in cortile per giocare. Ogni mostro ha un punteggio diverso.Il gioco della cerbottana, strutturato in questo modo, si apre a numerose discipline. Innanzitutto l’aver attribuito ad ogni mostro un punteggio diverso i bambini si abituano a fare semplici calcoli velocemente.Inoltre la costruzione della sagoma permette di esaminare l’ambito delle figure solide. Per quanto riguarda l’ambito storico la cerbottana favorisce la comprensione dei metodi di caccia primitivi e permette di fare una carrellata riguardo ai metodi di sopravvivenza delle popolazioni preistoriche.

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Inoltre, nel campo delle scienze motorie, i bambini imparano a dosare la propria forza e ad orientare un oggetto per colpire un bersaglio.Maestra Allora bambini, è stato divertente giocare con la cerbottana?Tutti Sì!Maestra Ed è stato difficile riuscire a colpire i mostri?Marco Un po’ maestra.Andrea Io colpivo sempre quello rosso e facevo pochi punti.Nadia Sì, era difficile perché il bersaglio era lontano.Matteo Non è vero che era lontano è che tu non hai occhio. Io ho fatto 76 punti.Julian Se è per quello io ne ho fatti 93!Lorenzo Sì ma tu ci avevi già giocato in colonia, noi no.Maestra Siete stati bravi, avete colpito i mostri e avete salvato la scuola. Che cosa avrebbero

potuto farci altrimenti?Matteo Avrebbero distrutto tutto!Michela Avrebbero bruciato tutti i libri della biblioteca.Andrea E poi ci avrebbero mangiato. E anche le maestre.Julian E poi avrebbero distrutto anche tutta la strada e il supermercato.Maestra Insomma, questi mostri erano proprio cattivissimi.Ramon Sì, cattivissimi!Maestra Per fortuna allora che con le cerbottane che abbiamo fatto siamo riusciti a salvare noi e

la scuola, altrimenti...Andrea Però non è bello essere così cattivi. Perché poi nessuno ti vuole bene.Simona Sì, infatti. Tutti poi ti trattano male perché sei antipatico.Ramon Ma i mostri non sono tutti cattivissimi. Ci sono anche i mostri buoni.Sabina Sì, in “cattivissimo me” il signore all’inizio è cattivo ma poi si affeziona alle bambine e

diventa buono.Maestra Quindi anche le persone cattive possono cambiare?Tutti Sì.Maestra E in che modo bambini?Sabina Beh, tipo nel cartone animato lui è diventato buono perché le bambine gli volevano bene.Mark Sì, infatti. Sua mamma non gli voleva tanto bene e lo trattava sempre male. Forse è

diventato cattivo per quello.Maestra Ma quando ha sentito che le bambine provavano affetto per lui è migliorato.Nadia Sì, e le ha salvate e riportate a casa.Maestra Quindi, in questo caso, possiamo dire che il signore si comportava da cattivo ma in

fondo era buono.Andrea Sì, doveva solo sentirsi amato.Maestra Quindi l’apparenza ci ha ingannato.Giulia Io pensavo che era cattivo per tutto il film invece poi è diventato anche simpatico.Maestra Eppure all’inizio non era tanto simpatico vero?Yasmine No, però era un po’ buffo.Maestra Certo. Quindi tutto questo ci insegna che, prima di giudicare quello che fa una persona,

sarebbe meglio capire perché si comporta in un certo modo. Magari possiamo aiutarlo a migliorare, no?

Tutti Sì!

MENGON

Ho diviso i bambini in due squadre e a tutti ho spiegato le regole del gioco: nella caccia al tesoro i giocatori devono trovare un oggetto nascosto (che può essere il premio stesso) seguendo una catena di indizi, a loro

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volta nascosti. Alla partenza viene comunicata ai partecipanti in forma enigmatica la posizione del primo indizio. Questo può essere un biglietto nascosto su cui sono riportate le istruzioni per giungere alla tappa successiva e così via per un numero arbitrariamente alto di passaggi, fino a raggiungere il tesoro nascosto.Terminato il gioco, li ho aspettati in una sala della canonica e li ci siamo seduti in cerchio e abbiamo iniziato a dialogare.Io: bene bambini, vi è piaciuto questo gioco?Tutti in coro: si!Matteo: lo rifacciamo anche domani?Io: domani no, magari la prossima settimana. Cosa vi è piaciuto di più di questo gioco?I bambini rimangono in silenzioIo: dai, nessuno vuole dire quello che è piaciuto di più del gioco?Stefania: beh a me è piaciuto andare a cercare i bigliettini per il paeseDavide: a me è piaciuto vincere il pacchetto di caramelleMatteo: a me, invece correre per cercare di arrivare prima dell’altra squadra.Debora:a me è piaciuto giocare a questo gioco. Perché non ci avevo mai giocato.Io: bene, a ognuno di voi è piaciuto qualcosa. Cosa avete ricavato dal gioco? Cioè oltre ad esservi divertiti, avete osservato qualcosa?Stefania: abbiamo giocato insieme.Io: bene, quindi te hai osservato il lavoro di gruppo. E nella vita di tutti i giorni è così oppure si fanno le cose da soli?Matteo: no, facciamo sempre le cose con gli amici. Però io correvo più veloce perché volevo arrivare prima dell’altra squadra e volevo vincere.Io: quindi ti sei impegnato molto per raggiungere un obiettivo, però hai giocato da solo o ti ha aiutato anche Debora?Matteo: no, io correvo prendevo il biglietto e lo portavo a Debora che lo leggeva. Io: ecco, quindi avete lavorato insieme. Eravate un gruppo, e non c’è cosa migliore che formare una squadra!! Perché anche nella vita, lavorare in gruppo porta dei vantaggi. Ci si aiuta in caso di necessità e si raggiunge prima l’obiettivo che ci siamo imposti.Siete d’accordo con me?Tutti: si!Io: provate a pensare quando a dovete fare tante cose per la mamma, e il vostro fratello o la vostra sorella vi da una mano, non fate prima e siete più contenti?!Poi che cosa avete osservato?C’è stato un momento di silenzio quindi ho proposto un’altra domanda.Io: avete giocato senza sapere quale fosse il premio, cosa avete provato quando avete visto che si trattava di un pacchetto di caramelle?Stefania: io ero contenta, perché quelle sono le mie caramelle preferite! Davide: io ero felice soprattutto perché avevo vinto!Io: e voi (rivolgendomi a Debora e Matteo) eravate tristi di non aver guadagnato le caramelle?

Matteo: un po’ perché avrei voluto vincere ioDebora: io no, anche perché Stefania mi ha dato un po’ delle sue caramelle.Io: questo è un bel gesto di amiciziaDebora: sì, io e lei siamo migliori amiche.Io: ma che bello! E cosa vuol dire per voi amicizia?Debora: per me essere amici significa avere delle regole da rispettare come mantenere un segreto, fare

pace dopo aver litigato e fare delle attività insieme come per esempio giocare insieme.Stefania: si, anche io penso come Debora.Davide: io penso che amicizia significa fare le cose insieme, e avere alcune passioni come il calcio o

andare in bici. Matteo: anch’io penso che due amici debbano fare tante cose insieme e devono anche mantenere i

segreti.Io: ma secondo voi hanno più segreti le femmine o i maschi?I maschi (urlando): le femmine!!!!Le femmine: noi femmine senza dubbio. Debora: i maschi parlano sempre delle stesse cose.Io: ad esempio di che cosa parlano i maschi?

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Stefania:di calcio, del papà che è andato a caccia, delle moto o delle macchinine telecomandateDavide: ma non è vero! Noi parliamo di tante altre cose; solo che non siamo come voi che

pettegoliamo su tutto.Io: secondo voi invece bambini di cosa parlano le femmine?Matteo: parlano sempre delle loro bambole, di vestiti, smalti e dei trucchi.Stefania: non è per niente vero. Noi parliamo di molte cose e non solo di queste.Io: bambini, non arrabbiatevi. di sicuro sia le femmine che i maschi hanno moltissimi argomenti di cui

parlare e non soltanto questi che avete appena detto. Ma secondo voi i maschi e le femmine provano le stesse emozioni?

Matteo e Davide: no! Loro piangono quasi sempre. Debora: noi siamo più sensibili, e i maschi sono forti. Poi i maschi sono diversi; hanno paura di meno

cose.Io: e di cosa avrebbero paura?Debora: hanno paura di perdere alle partite di calcio. E si arrabbiano per tutto.Io rivolgendomi ai maschi: e voi invece non piangete?Matteo: si, a volte quando ci facciamo male, ma le femmine piangono anche a guardare la tv. Mia

mamma piange sempre quando guarda il film “C’è posta per te”.Davide rideIo: ma questo non significa che le femmine piangono sempre, in questo caso tua mamma è molto

sensibile, si emoziona facilmente. Dovete sapere bambini che sia i maschi che le femmine provano le stesse emozioni, ma le manifestano in modo diverso. Infatti sia i maschi che le femmine si emozionano, amano, soffrono, piangono. Quindi non esistono sentimenti esclusivamente femminili o soltanto maschili.

Io: Ora facciamo un altro gioco. Vi va di giocare ad acchiappino?Matteo: cos’è acchiappino? Come si giocaDebora: noi non ci abbiamo mai giocato a questo giocoIo: ma non ci credo proprio che non ci avete mai giocato, appena vi dico le regole mi direte: “ah ho

capito!”Allora, uno dei giocatori viene scelto e ha il compito di rincorrere gli altri e di cercare di toccarli. Appena il giocatore tocca un altro giocatore, questo prende il suo ruolo.

Tutti: ah!!Matteo: ma non si chiama acchiappino. Si chiama ce l’hai!Tutti ridonoDavide e Stefania: sì, giochiamo a ce l’hai!!!Io: perfetto: andiamo in cortile a giocare.

Scesi in cortile abbiamo fatto una conta per vedere chi dovesse iniziare a prenderci. Debora intonò la conta: “ di chi è questo piede puzzolente che fa ridere la gente?” e il bambino indicato usciva dal cerchio

formatosi alla conta e si “salvava”; e quindi non doveva prendere. A questo turno esce Stefania.Al secondo turno esce Debora, mentre al terzo esce Davide e al quarto io. Quindi Matteo deve prenderci tutti.

Dopo aver ripetuto il gioco per ben cinque volte ho chiesto ai bambini di andare in sala e di sedersi in cerchio. Una volta seduti ho lasciato trascorrere un po’ di tempo per far sì che i bambini riposassero.

Io: siete stanchi?Tutti: si tantissimoDavide: ho il fiatoneIo: allora intanto che riposate mi sapete dire perché avete il fiatone?Tutti: ma perché abbiamo corso fortissimo.Io: e cosa sentite mentre avete il fiatone?Stefania: ma te non lo senti com’è il mio fiatone? (E risalta fortissimo con la voce il rumore accelerato

del respiro)Io: certo che lo sento!Io: ma noi con che cosa respiriamo?Tutti: con il naso!Io: e basta?

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Davide: anche con la bocca. Perché quando facciamo il gioco di trattenere il respiro io apro un po’ la bocca e senza che gli altri mi vedano io respiro.

Matteo: ma ecco allora come facevi. Te bari sempre. Poi glielo dico anche agli altri.Io: provate tutti a tapparvi il naso e con la bocca aperta cercate se riuscite di respirare.Tutti provano a fare l’attivitàDebora e Matteo: è vero!!! Funziona!Io: e il respiro fa rumore o è silenzioso?Matteo: è silenzioso.Stefania: prima però quando avevo il fiatone era rumorosoDebora: il mio è rumoroso, ho il raffreddore. Tutti ridonoIo: e che rumore è?Davide: Fa un rumore strano l'aria che entra ed esce. Debora: il mio naso sembra un fischietto.Tutti ridonoIo: prima mentre avevamo il fiatone sentivate qualcos’altro?Debora: a me batteva fortissimo il cuoreIo: ma mi sapete dire dov’è il cuore?tutti: certo!!!! Si trova qui (e si indicano il petto) Io: e mi sapete dire come si chiama la parte che avete indicato? Davide: il cuore si trova in mezzo ai polmoni! L’ho visto nel cartone animato “Impariamo il corpo

umano”.Matteo: ah, è vero! Che facevano vedere quegli “omini” rossi che camminavano e sulla schiena

avevano l’aria e dovevano portarla al cuore.Debora:ma io non l’ho visto. Su che canale era?Stefania: neanche io l’ho visto. Io: e voi che non avete visto il cartone animato, cosa sapete del cuoreStefania: che quando corriamo batte forteDebora: che non smette mai di battereMatteo: si che si ferma! Quando si muore non batte più.Debora: ah già è vero!Io: secondo voi riusciamo a sentire il cuore oltre che dal petto? Davide: no, perché il cuore si trova solo lì. Quindi è normale che si senta solo da qui (indica il petto)Io: e voi altri la pensate come Davide?Stefania e Matteo: si come Davide.Debora: io non lo soIo: bene facciamo un esperimento. Torniamo in cortile e facciamo una gara di corsa.

Arrivati in cortile traccio un percorso con degli oggetti che trovo e invito i bambini a fare due giri.Terminata la corsa ripropongo la stessa domanda.Io: allora riusciamo a sentire il cuore oltre che dal petto?

Debora: io mi sento battere la testa!Io: non è che ti batte la testa, è che senti il battito del cuore sulle tempie. Perché queste parti ( e le

indico) si chiamano tempie. Lo sentite tutti battere sulle tempie?Stefania: io non molto.Io: te lo senti da altre parti?Stefania: sì! Qua nel collo!Io: proviamo a fare un’ altra corsa. Vi dico io quando fermarvi.I bambini corrono ancora per due minuti.Io: alt!!! Ascoltiamo adesso. Dove sentite battere il cuore?Matteo: io lo sento ancora nelle tempie e nel petto.Debora: io lo sento fortissimo!!Io: provate a mettere due dita sul polso così (e mostro) e schiacciate un po’… sentite qualcosa?I bambini si stupiscono e ridono: sì! Si sente anche qui il cuore!Io: e come batte?Davide: batte veloce

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Debora: però si sente più forte qua (e si tocca il petto)Io: secondo te perché?Stefania: perché il cuore si trova qui e quindi la mano è più vicina.Io: provate a fare il rumore del cuore cercando di seguire il ritmo del vostro battito.Matteo: non ho capito cosa devo fare.Io: allora mettetevi la mano dove sentite battere il vostro cuore, quindi potete metterla sulla tempia, sul

polso o sul petto, e con la voce cercate di riprodurre il suono del cuore cercando di seguirne la velocità.

E mostro l’esercizio.I bambini svolgono l’esercizio, c’è chi con la voce fa bum bum bum, chi invece fa tu tun tu tun e tutti

con un ritmo diverso.Matteo: ma come mai il cuore batte in tutte queste parti?Io: dovete sapere che il cuore è l’organo più importante del nostro corpo, perché è grazie a lui che noi

viviamo. Il cuore batte sia di giorno che di notte, lui non riposa mai e non pensa solo per sé stesso, ma pensa per tutto il corpo. È per questo che ogni volta che noi facciamo uno sforzo lui accelera, perché deve pompare il sangue e questo deve percorrere tutto il corpo.

MOLINARI

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M: oggi faremo un gioco sulla musica, rifletteremo su "piano e forte", sapete che le mani possono essere battute in modi diversi? In quanti modi si può battere le mani?Ogni bambino prova a battere le mani in modo differente.B: si possono battere le mani forte, come con un applauso grande.B: anche piano, io riesco a batterle senza fare rumoreM: che differenza c'è fra il primo battere le mani e il secondo? B: più forte e più piano M: C'è differenza nei movimenti?B: quando si battevano forte le mani si battevano più velociB: quando si battevano piano i movimenti erano molto lentiB: io riesco anche a farlo con il rumore però pianoM: le mani si possono battere anche in modi diversi? Anche utilizzando parti del corpo? Tutti i bambini sperimentano diversi movimenti, sulle gambe, sulla pancia sultorace...B: io le ho battute in un circoB: io sul pettoB: io sul sedere (e scoppia a ridere)B: io sulla bocca, come gli indianiB: anche io!B: io sulle guancieB: e io sugli occhi!M: allora, con il corpo cosa possiamo fare?B: tutto!B: molto rumoreM: e oltre alle mani cos'è che possiamo battere?B: i piediB: anche i piedi li posso battere più piano o più forte, come un elefante o come una formichinaI bambini provano diversi modi di muoversi: come una formica, una farfalla, un elefante o un ghepardo.Allora come si muovono questi animali?B: per arrivare fino a la ci vuole un'ora se cammino come una formica.B: la farfalla si muovo piano e è molto leggera.B: i passi dell'elefante erano lunghi e fortiB: e anche lentiB: si muoveva anche il naso dell'elefanteB: fa rumoreB: i passi del ghepardo invece sono velociB: più leggeri di quelli dell'elefante perché non deve farsi sentire per prendere la predaB: è silenziosoB: invece il ragno cammina così (e mostra la camminata)B: è molto silenzioso e molto lentoM: adesso provate a mettervi tutti in cerchio. A turno uno si siede in mezzo. Tutti gli altri si devono girare senza sbirciare e devono indovinare con quale parte del corpo fa rumore chi sta al centro.In questo gioco c'è stata un po' di confusione perché alcuni sbirciavano e tutti volevano stare al centro del cerchio. Un bambino si stava pure isolando dal gruppo perché non era ancora riuscito ad entrare, nonostante avevo detto che tutti a turno si sarebbero scambiati il posto.B: ha battuto con i piedi, i piedi!B: ha battuto con le mani sulle gambeB: ha battuto le dita(...)M: com'era il rumore quando la vostra compagna batteva le dita?B: era molto piano, quasi non si sentiva, era difficile da indovinareM: bisogna stare in silenzio per sentire i suoni fatti pianoB: quando batteva i piedi era molto forteB: era metà forte, così cosìM: proviamo adesso a fare il gioco dell'orchestra, ognuno sceglie un rumore da fare e seguirà le indicazioni del direttore d'orchestra. Attenti a suonare piano quando vi viene indicato piano e forte se il "direttore" indica suoni forti

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Tutti i bambini scelgono chi di suonare le dita, chi il sedere, chi le mani sulle gambe o battere i piedi. Tutti i vogliono provare ad essere direttore d'orchestra quindi bisogna far si che tutti abbiano la possibilità di provare. M: allora com'è dirigere un'orchestra fatta da voi?B: è molto divertente, tutti devono stare attenti alle indicazioniB: non è sempre semplice, alcuni certe volte facevano quello che volevanoM: infatti ci vuole anche un po' di concentrazioneB: Simone era un bravo direttoreB: bisognava fare movimenti piccoli per un suono basso e movimenti grandi e veloci per i suoni più fortiB: è strano che si possa suonare anche il corpo come un'orchestra!B: ognuno aveva un modo diverso di fare il direttoreInfine abbiamo costruito un tabellone e, usando dei simboli (come il disegno delle mani se si battevano le mani, dei piedi se si usavano quelli...), abbiamo costruito un grande spartito musicale indicando le azioni e le pause che tutti dovevano compiere. I bambini hanno compreso che attraverso il loro corpo si può fare anche della musica.

In quest'esperienza i bambini hanno potuto comprendere l'importanza del corpo e di alcune funzioni che esso può avere. Concentrandoci sul piano e sul forte si è potuto ragionare sul fatto che ci possono essere movimenti che si eseguono piano e forte che danno diversi suoni e alla vista appaiono diversi (movimenti più o meno ampi, più o meno veloci). Sono stati quindi adoperati diversi sensi per percepire il mondo che ci circonda, la vista: vedere, guardare, osservare, attenzione/disattenzione, udito: azioni, rumori, suoni, ritmi, ascoltare, percepire, riconoscere, tatto: azioni, contatti con il proprio corpo, gli altri, gli oggetti.Il gioco dell'orchestra ha dato la possibilità a ciascuno di sperimentare i diversi suoni che il proprio corpo può produrre e comprendere che si può proprio suonare il corpo. Oltre all'educazione corporea viene fatta educazione musicale e si sviluppa il senso del ritmo, la concentrazione, l'attenzione (alle indicazioni date e ai movimenti dei compagni) ma anche la discussione con i compagni. In quest'attività si è cercato di raggiungere alcuni obiettivi posti dalle indicazioni per il curricolo del 2007: riconoscere e riprodurre semplici sequenze ritmiche con il proprio corpo, utilizzare in modo personale il corpo e il movimento per esprimersi; comunicare stati d’animo, emozioni e sentimenti, anche nelle forme della drammatizzazione e della danza; assumere e controllare in forma consapevole diversificate posture del corpo con finalità espressive.

Successivamente ho proposto ai bambini di fare il gioco dell' "acchiappino" con dei cerchi (in mancanza di sedie nella palestra).All'inizio è stato fatto il gioco tradizionale dove ad ogni turno veniva tolto un cerchio. I bambini stessi cantavano le canzoni e ad un mio stop correvano nei cerchi. Solo uno ha vinto (l'altra bambina che era arrivata in finale si è messa a piangere per aver perso).M: allora come era questo gioco?B: molto belloB: dovevamo correre e metterci nei cerchiB: e alla fine vinceva SamueleM: perché Martina sta piangendo? A lei non è piaciuto il gioco?B: piange perché ha persoB: si è stata meno veloce di SamueleM: adesso proviamo a modificare il giocoQuesta volta lascio tutti i cerchi, uno per ogni bambino. Quando stoppavo le canzoni tutti avevano un cerchio dove rifugiarsi.M: che differenza c'è adesso in questo gioco?B: tutti sono in un cerchioB: vincono sempre tuttiM: e questo gioca dura di più o meno dell'altro?B: di più, nessuno viene eliminatoB: si gioca all'infinitoInfine ho introdotto un'ulteriore modifica al gioco. Viene utilizzato un solo cerchio.Fatta partire la canzone e dato lo stop nel cerchio c'è solo un bambino.B: ha vinto solo uno

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M: ma questo gioco si poteva fare in un altro modo, così che vincessero tutti?B: qui ne possono entrare solo cinqueB: invece possiamo provare a entrare con un piedeB: così ci stiamo dentro tuttiB: tutti prima avrebbero vintoB: così avremmo fatto spazio a tuttiAllora i bambini chiamano la loro compagna che si era seduta da una parte, non voleva giocare in quanto era triste per aver perso la prima volta.B: vieni che ci stai anche tu!!! B: c'è un sacco di spazio, guarda quanto spazioB: vieni, vedi abbiamo vinto tuttiLei sorride è contenta di aver vinto con i compagni.M: e se provate a star dentro con un dito?B: ce ne stavano un milione di personeB: all'infinitoB: il gioco è stato belloB: però è più bello che vince unoM: si ma così potete accogliere i vostri compagniM: e se invece di un cerchio avessimo utilizzato una sedia come si poteva fare?B: si poteva fare una piramide o una torre per vincere tuttiB: si però dopo si spacca la sediaM: ma dipende anche da come è la sedia, si possono tenere i compagni sulle ginocchiaB: oppure si può usare un tavolo così ci sediamo tutti, ma non un tavolo troppo alto se no non ci arriviamoTerminata l'esperienza i bambini hanno ringraziato e detto che i giochi erano molto belli

Attraverso questo gioco i bambini hanno potuto apprendere che nel gioco tutti hanno la possibilità di vincere senza escludere i compagni. Come indicato nelle indicazioni per il curricolo del 2007: "l’attività motoria e sportiva, soprattutto nelle occasioni in cui fa sperimentare la vittoria o la sconfitta, contribuisce all’apprendimento della capacità di modulare e controllare le proprie emozioni". L'insegnante non ha il compito di creare la rivalità che vi è nello sport all'interno della scuola ma promuovere comportamenti come quello dell'accoglienza dell'altro come si è verificato in quest'esperienza dove tutta la classe chiama la compagna, triste per aver perso nel gioco precedente, a vincere con loro. In quest'attività oltre all'educazione motoria è stata fatta anche educazione alla cittadinanza e sono stati affrontati temi quali l'amicizia, il giusto/ingiusto, l'altro, l'accoglienza, la tristezza, la sconfitta, la vittoria.

DI MATTEO MORETTI

PRIMO INCONTRO

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Appena arrivato in palestra i bambini svolgono una parte con il loro allenatore, di circa una mezz’ora. Poi ci dividiamo come previsto sulle due metà campo, essendo oggi presenti 19 bambini io ne prendo nove.Per prima cosa ho pensato di presentarmi e di spiegare loro cosa vorrei fare. I bambini sembrano abbastanza affascinati, terminata la mia presentazione. A questo punto loro conoscono me, ma io non conosco loro, quindi propongo un gioco di presentazione. Siccome i bambini tra loro si conoscono già, non vorrei che si annoiassero, quindi unisco la presentazione con un’attività motoria. Ci disponiamo in cerchio, in particolare uso il cerchio che si trova sulla metà campo, così i bambini possono cogliere il fatto che il loro campo è composto da varie forme geometriche. Il gioco consiste, nel presentarsi dicendo il proprio nome e poi svolger un movimento con il corpo che tutti i compagni devono imitare, poi quel gesto diventava il loro simbolo di riconoscimento con cui ci saremmo salutati all’inizio e alla fine di ogni lezione. Preparando la lezione avevo qualche dubbio, pensavo che il gioco fosse un po’ troppo semplice per dei bambini di quell’età, ma si è rivelato un vero successo.A questo punto ho iniziato la seconda parte di ciò che mi ero preparato, nell’incontro avrei cercato di far scoprire, le parti del corpo ai bambini. Ho chiesto loro quali parti del corpo avevamo utilizzato fino ad ora.Stefano Le braccia..Luca Le mani. E le bracciaMaxi Io ho usato i piedi.Marta Le dita, perché io ho fatto ciao con la mano e si usano le dita.Geovanni La faccia perché uno a solo sorrisoIo Bene, tutto vero. Ma secondo voi il nostro corpo ha solo queste parti?Stefano No, abbiamo anche il culo.Giulia Sempre le parolacce devi dire.

Qui ho dovuto interrompere una piccola discussione tra i bimbi sul modo di esprimersi di Stefano, affermando che comunque il culo o meglio glutei sono una parte del nostro corpo. Poi abbiamo ripreso ad elencare le parti del corpo

Marta La schiena…Geovanni Il mentoIo Ora proviamo a toccare quante più parti del corpo possibili.

I bambini hanno provato per un po’ ma ovviamente alcune parti non riuscivano a raggiungerle.

Io Ma le parti che non raggiungiamo non ci sono?Marta No, ci sono solo che abbiamo le braccia corte.Geovanni Poi c’è né così tante che non finiscono più.Maxi Si, però sappiamo che ci sono perché le vediamo.Stefano Non è vero, io non vedo certe cose.Luca Ma allo specchio no??Io Provate a guardarvi più parti del corpo possibili.

Anche qua hanno provato ma certe parti non erano visibili.

Io Visto che qui non abbiamo uno specchio proviamo a metterci a coppie o in gruppi così possiamo vedere dai compagni..Stefano Così è molto più facile.Marta Certo, è come guardare un disegno.Luca Più una statua che un disegno.Maxi Così sarebbe più facile anche toccare certe parti del corpoIo Ottima idea, fate tre gruppi da tre. Io ora vi dico delle parti del corpo e proviamo a vedere.

Abbiamo quindi provato il gioco dell’incastro per un po’, partendo da alcune cose più semplici andando ad aumentare poi a difficoltà.

IO Fino ad adesso che sensi abbiamo usato?

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Marta La vista..Stefano Quello per sentire le coseGiulia Il tatto.Enest Ma il tatto è solo nelle mani?Maxi Ma va.. anche quando ti toccano la spalla è tatto.Io Il nostro corpo fa anche rumori?Sara Si.Ernest NoSara Ma cosa dici… chiedi al maestro..Io Non so. Proviamo a sentire.

Siamo stati un po’ in silenzio, dopo di che ho chiesto se avevano sentito rumori.

Luca Io si, la mia pancia.Maxi Si vede che hai fame.Geovanni Io ho sentito il mio piedeStefano Le mani, senti ( si comprime il pugno in modo da fare rumore con le dita)Marta Fa un mucchio di rumoriIo Proviamo adesso ognuno fa un rumore con il proprio corpo .

I bambini provano a fare dei rumori con i proprio corpo. A questo punto propongo loro di fare una piccola orchestra. La chiamo orchestra dei rumori del corpo.Siamo in nove quindi dico loro di dividersi in tre gruppi, ogni gruppo deve scegliere una parte del corpo come strumento. Il primo gruppo usa le mani, il secondo i piedi, il terzo aveva scelto anche le mani, allora propongo loro di usare le mani per battere sulle gambe o sul petto.Insieme cerchiamo di creare un ritmo che vada bene a tutti.Finito questo chiedo:

Io Oltre alla musica il nostro corpo può fare altro?Marta Secondo me si.Maxi Con i gesti possiamo farci capireGiulia Tipo con le nostre espressioni.Geovanni Quando uno è felice ride.Sara Si, aiuta a farci capireStefano Tipo le facce che facciamoMaxi E come ci muoviamoMarta Come quando uno sbadiglia so che ha sonno, anche se dice di no.

RIFLESSIONI

Chiudo qui l’incontro con il saluto in cerchio dove ognuno fa il suo gesto, anche perché come prima volta credo sia andata bene. I bambini hanno capito che il corpo può essere usato per comunicare tante cose, e questa è una cosa perfetta da utilizzare nella seconda lezione che ho in mente.Spero anche che i bambini abbiano capito che il nostro corpo è un organismo molto delicato e complesso. Durante l’incontro ho notato che Mattia ha svolto tutte le attività con un certo entusiasmo ma non ha mai preso la parola, solo un paio di volte ha parlato con il compagno vicino.

SECONDO INCONTRO

Per la seconda lezione mi sono basto su quanto avevamo fatto al prima volta. Ci siamo messi in cerchio e ognuno ha fatto il suo gesto di saluto verso gli altri. Poi sempre in cerchio ho spiegato ai bambini di aver scelto un tema. Ho Chiesto loro di fare dei movimenti che avevano a che fare con la guerra, poi siamo passati alla pace.I bambini hanno dato libero sfogo all’immaginazione, sulla guerra c’è stato chi ha fatto il capo indiano, chi ha agitato i pugni, chi si è rotolato per terra mimando il passo di leopardo dei soldati. Sulla pace invece siamo passati dai bacini mandati ai compagni, a corse l’uno incontro all’altro.

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Dopo aver mimato i gesti ho chiesto ai bambini di disegnare su dei fogli quello che avevano fatto.Finita questa attività ho posto loro una domanda per iniziare la discussione.

Io Guardando i vostri disegni cosa notate?Stefano Che sono molto belli…Luca Si, è vero. Sono belli.Ernest Guarda che bello maestro…

Visto che anche altri mi facevano notare la bellezza dei disegni ho capito che da soli non avevano colto quello che speravo vedessero ovvero la differenza delle posizioni del corpo, tra i gesti di guerra e quelli della pace. Quindi ho cercato di dare loro un piccolo aiuto.

Io Proviamo a guardare quelli della guerra? Come sono i vostri disegni?Mattia Gli uomini che abbiamo disegnato sembrano arrabbiati.Marta Lo sono Mattia, stanno facendo la guerra.Stefano Però sono belli….no?Sara A me piacciono più quelli di pace….Stefano Ma cosa dici??Io Stefano fai finire Sara, grazie.Sara Quelli di pace sono più belli, perché mi sembrano più felici. Io ho disegnato anche i fiori.Geovanni Ha ragione anche a me piacciono più quelli di pace, perché le facce ridono.Marta Ridono perché sono felici.Maxi Ma perché i soldati non ridono mai??Luca Poco solo quando sono nella loro tenda, l’ho visto in un film.Giulia Sai maestro Luca guarda sempre film di guerra.Stefano E fa bene sono i più ganzi…Ernest Si hai visto Rambo??Marta Che schifo..Io Va bene, allora anche nei film c’è differenza tra la guerra e la pace?Sara Si…Stefano La guerra è più ganza…Marta Ma in guerra muoiono tante persone..Luca Si, ma muoiono i cattivi…Io Forse nei film, penso che nella realtà muore anche qualche buono purtroppo.Luca Ah, che peccato…Stefano Ma va?!?Non è vero…i film sono fatti bene.Ernest Si, si a me piace un sacco guardare la tv.

A questo punto vedendo che la discussione sta un po’ allontanandosi, da quello che volevo fargli capire anche grazie al movimento del loro corpo cerco di fare una domanda che gli riporti indietro, lasciando da parte la discussione sui film.

Io Torniamo un attimo indietro, vi faccio una domanda a cui prima avete già un pò risposto: ma il corpo e come lo usiamo cambia se siamo in guerra o in pace?Marta Si ridono, sono felici.Stefano I soldati invece stanno sempre in posizione bassa…Ernest Si i soldati, sono li in posizione come le tigri quando attaccanoGeovanni Anche noi prima, quando abbiamo fatto la guerra ci siamo sdraiati..Luca Bisognava farlo per sorprendere il nemico…Stefano E non farsi sorprendere… Giulia Ma così in guerra è difficile andare a fare la spesa.. non puoi camminareSeguono alcune risate, poi interviene finalmente Mattia che fino ad allora era stato zitto.Mattia Maestro quindi il nostro corpo cambia se siamo in guerra??Io Siamo, noi che cambiamo il nostro corpo a seconda di quello che dobbiamo fare.Marta Vero…

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Io Pensiamo un attimo a quando dovete fare una gara di corsa come state??Stefano Con le gambe piegate, e pronti.Ernest Io faccio la faccia cattivaLuca Bravo, è veroIo E quando siete con una persona a cui volete bene?Come usate il vostro corpo?Geovanni Lo abbracciamo, e sorridiamoGiulia Siamo più distesi…Stefano E non facciamo la faccia cattiva.

A questo punto i bambini hanno colto in pieno la differenza tra il corpo, può assumere varie posture e far intuire i nostri atteggiamenti. Ci mettiamo in cerchio e ci salutiamo come al solito.

RIFLESSIONILa cosa che mi ha colpito di più è l’influenza molto forte della televisione su alcuni dei bambini, a un certo punto sembrava che dal discorso sulla tv non si potesse più uscire, da quanto ne erano presi.Altra cosa che mi ha colpito è il fatto che dessero molta importanza all’espressione del viso, ma forse questa cosa è dovuta dall’intervento iniziale di Marta che aveva sottolineato il sorriso e magari in questo modo ha influenzato l’attenzione degli altri bambini su questo particolare piuttosto che altri. Particolare secondo me è stato anche la partecipazione di Mattia , che non ha parlato molto, ma quando ha posto la sua domanda è riuscito a cogliere il nocciolo della questione.In conclusione penso che il primo incontro sia stato positivo, i bambini mi sono sembrati abbastanza recettivi, e con qualche aiuto penso, magari con presunzione, che abbiano gettato una piccola base per un pensiero critico sulla guerra, la pace e come il corpo esprime ciò.

TERZO INCONTROAnche questa volta i bambini svolgono una prima parte con il loro istruttore in cui giocano semplicemente a basket. Poi ci dividiamo sulle due metà campo, questa volta il mio gruppo è un po’ cambiato, non tanto nel numero perché siamo uno in più dell’altra volta ma nei componenti. Rispetto la prima volta infatti mancano Mattia, Sara e Ernest, al posto dei quali si sono aggiunti Patrick, Martino, Anna e Carlo.Anche questa volta iniziamo disponendoci in cerchio, chiedo ad ognuno di riproporre il proprio gesto di saluto, e ai nuovi di presentarsi.A questo punto anche i nuovi si conoscono e hanno capito che svolgiamo un’attività un po’ particolare, e iniziamo con in gioco.Il gioco che propongo loro è il classico gioco del Lupo e delle pecore, solo che lo faccio con l’obbligo di portare con sé il pallone. I bambini non devono per forza palleggiare, ma possono decidere come portarlo da sé, come meglio credono(credo che questa sia una buona idea per far si che ognuno sperimenti e utilizzi vari metodi fino a trovare quello più congeniale per sé).Inizialmente non ho messo una tana, e il ruolo del lupo è stato svolto da me. Dopo un po’ ho lasciato che fossero solo i bambini a giocare. E passato dell’altro tempo ho introdotto una tana, la tana è un cerchio del lollipop, in cui possono stare solo due persone. Ho lasciato che i bambini giocassero liberamente, ovviamente si salvavano solo due persone, quasi sempre i soliti due, i più veloci. Passate un paio di volte ho chiamato i bambini intorno a me, e ho letto loro la storia Dei tre porcellini, quella della Disney, dove alla fine si salvano grazie all’accoglienza e non quella originale dove due dei porcellini perdono la vita.

In prossimità di un bosco, vivevano tre porcellini. Per mettersi al sicuro da un certo lupo che abitava nei paraggi, decisero di costruirsi tre casette.Il più volenteroso si procurò calce e mattoni, gli altri decisero di affaticarsi di meno e preferirono l’uno la paglia, l’altro il legno. In poco tempo e con poca fatica, la casetta di paglia fu pronta.Ma la debole costruzione non resistette al primo assalto del lupo. Bastò un semplice soffio e il porcellino si trovò senza riparo.Impaurito, corse a perdifiato verso la casetta di legno. Pensando di essere al sicuro, i due porcellini risero alle spalle del fratello che, con tanto impegno e fatica, si era costruito la casa in mattoni. Intanto il lupo non volle darsi per vinto così facilmente e, dopo una bella corsa, si fermò davanti alla casetta.- Aprite - intimò ai due porcellini.- Vattene, non ci fai paura... -

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Allora il lupo raccolse tutto il fiato che aveva e soffiò più forte che mai. In un attimo la porta cedette e ai due malcapitati non restò che correre dal saggio fratello.I tre fratelli fecero appena in tempo a chiudere la porta in faccia al lupo. In quel momento i due porcellini, ansanti e ancora spaventati, capirono quanto è importante fare le cose con impegno.Ora erano al sicuro, ma come liberarsi del lupo?Il lupo innervosito, capì che questa volta non sarebbe bastato soffiare sulla casa per aprirsi un varco. Si accanì allora sulla porta, ma questa, che aveva cardini robusti, non cedette.Il lupo, credendo di essere molto furbo, si arrampicò su un albero e pensò di sorprendere i tre porcellini entrando in casa dal camino. Nella foga di attuare il piano, non si accorse che il porcelli.Il porcellino gli preparò, svelto svelto, una sorpresa. Accese un bel fuoco nel caminetto e aspettò che il lupo vi cadesse sopra. A questo punto il lupo, stanco e bruciacchiato, si allontanò di corsa e non si fece più vedere. Da quel giorno i tre porcellini vissero al sicuro nella bella casetta di mattonino saggio si era reso conto delle sue intenzioni.

Io Allora vi è piaciuta??Stefano Ma la conoscevamo già.Marta Anche io ma è molto bella.Anna Anche a me è piaciuta molto.A quasi tutti i bambini è piaciuta, e ci fermiamo un attimo a parlare di questo. Dopo un po’ faccio loro una domanda.Io I porcellini sono molto bravi, accolgono sempre il loro fratelli nella loro tana.Geovanni Si, è vero anche se gli altri sono stati scansa fatiche.Marta Vuol dire che si vogliono molto beneCarlo Per forza sono fratelli.Maxi Anche io ho un fratello.Patrick Anche io, e sono sicuro che se viene un lupo a mangiarmi mi aiuta.Stefano Oppure ti fa mangiare dal lupo così prende tutti i giochi.Patrick No, lui mi aiuta.Carlo I fratelli si aiutano sempre.Luca E giocano anche sempre insieme.Anche se la discussione sui fratelli e l’amore fraterno m sembra molto interessante ho posto una domanda ai bambini per cercare di torna al tema dell’accoglienza. Ripensandoci poi a mente fredda, forse come insegnante sono intervenuto troppo presto.Io Ma i vostri amici non gli accogliete nella vostra tana?Marta Per me si possono venire tutti i miei amiciStefano Si, Luca può venire nella mia tana quando vuole.Luca E vai…così possiamo fare casinoGiulia Pensate sempre a fare casino voi.Maxi Anche io, inviterei i miei amici nella mai tana.. come quando vengono a casaAnna Anche da me vengono spesso delle amiche per giocareGiulia Si, casa tua è molto bella Anna.I bambini continuano a discutere tra loro sulle case e il fatto che spesso si invitano tra di loro per mangiare e giocare. Dopo un circa 5 minuti, intervengo di nuovo io.Io Scusate una cosa, ho visto che voi siete sempre molto accoglienti, però prima nel cerchio si salvavano sempre solo due persone…Stefano Ma il cerchio è molto piccolo.Luca Vero, come facevamo…Martino Si era solo per due persone.Maxi Per fortuna che sono veloce e mi sono salvato.Geovanni Beato te, io non mi sono mai salvato.Patrick Perché sei una lumaca..Anna Però non è tanto giusto.Marta Si solo perché uno è lento non può salvarsi.Patrick Basta allenarsi.Stefano Come me, io vado sempre al calcio.Anna Magari se ti stringevi, ci stavamo in di più nel cerchio.Io Ma che bella idea Anna. Andiamo al cerchio e proviamo

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Due bambini si mettono all’interno del cerchio.Anna Dai provate a stringerviMartino Ecco uno spazio mi metto io.Anna Marta, qui. Forse tu che sei molto piccola ci stai.Geovanni Wow, adesso si salvano in quattroGiulia Sono pochi, noi siamo dieci.Stefano Però sono più di prima.Carlo(che stava girando intorno al cerchio) Io mi infilo qua, ma non ci sto tutto, va bene??Io Perfetto…iniziamo a ragionare..Giulia Altri rimangono ancora fuoriGeovanni Bisognerebbe allargare il cerchio…Stefano O diventare degli gnomi…hahaRisate generaliIo Stefano hai avuto una bella idea, ma invece di diventare gnomi, non abbiamo una Parte del corpo meno ingombrante.Stefano Il culo..Io Facciamo una prova, sediamoci nel cerchio con il culo. Quanti ne stanno?Proviamo a farlo.Marta Due a fatica.Geovanni Proviamo con i piediCarlo Secondo me anche con la testa, mettiamo solo le teste e ci sdraiamo intornoMaxi Sii, possiamo maestro??Io Certo, provate tutti i metodi che volete…I bambini sperimentano in vari modi, appoggiando solo un mignolo, la testa, i piedi il ginocchio, alcuni prendono in braccio il compagno ecc..Dopo questo proviamo a fare nuovamente il gioco, io faccio il lupo in modo da poter lasciare almeno all’inizio loro più tempo per disporsi. Ovviamente i bambini riescono a salvarsi tutti.Giochiamo così un paio di volte, poi ci disponiamo in cerchio.Io Bene, come lupo non ho mangiato un bel niente adesso ho una fame…Stefano Ti abbiamo fregato.Martino Già, abbiamo fregato il lupoGiulia E siamo riusciti a salvarci tutti, anche i più lentiMaxi Ed è stato anche divertente, quello di appoggiare la testa era una figata..Patrick Vero, Carlo sei un genio..Anna Si sa che Carlo è un genio.Geovanni Si ma così ci ha salvati…Io Per salvarvi cosa avete fatto?Marta Ci siamo stretti nel cerchio..Maxi Ci siamo auto accolti tra di noi…Stefano Come i porcellini.Marta Ci siamo aiutati.Anna Ci siamo aiutati. Cioè il più veloce non occupava tutto lo spazioLuca Così ci siamo stati tutti.Stefano Possiamo giocare ancora??Io Forse dopo volevo farvi un’altra domanda?Quando vi siete aiutati e accolti vi sentivate più persone aperte o chiuse?Maxi AperteMarta Si persone aperte.Geovanni Si aperti perché ci siamo abbracciati per stare insiemeGiulia Per abbracciare serve essere aperti( fa il gesto con le braccia larghe)Stefano Non ci avevo mai pensatoLuca Anche quando ci siamo appoggiati solo con il ditoStefano Perché?Luca Perché tutti quelli che volevano potevano starciIo E quando stavano solo due nel cerchio?Stefano Chiuso.

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Martino Chiuso come il cerchi, nessuno poteva entrarePatrick Tranne il primoMarta Dopo era meglio.

Gli altri bambini confermano .Ci salutiamo in cerchio e andiamo a casa.

QUARTO INCONTROCome sempre i bambini svolgono una parte con l’istruttore che fa fare loro dei giochi con la palla.Per mia fortuna siamo gli stessi della volta precedente, così il mio lavoro può proseguire anche su quello che abbiamo fatto nei tre incontri precedenti, facciamo il nostro solito gesto di saluto e iniziamo. Partiamo con un gioco piuttosto semplice, divisi in due gruppi i bambini creano un trenino, visto che siamo in una palestra da basket sfrutto il fatto che ogni bambino possa avere il suo pallone. Però questa volta non possono muoversi liberamente. Ogni trenino ha una locomotiva, ovvero il bambino che sta davanti che è il capo-treno, gli altri bimbi o vagoni devono seguire il precorso del capo-treno e compire gli stessi identici movimenti di chi sta davanti. Ogni paio di minuti cambio il capo- treno in modo da dare a tutti la possibilità di comandare ma anche di stare nella cabina in fondo, in mezzo ecc… Il capo- treno ha la facoltà di decidere sia il tragitto, che la velocità e la modalità di percorrenza.Dopo che tutti i bambini si sono alternati nei vari ruoli, fermo i treni e ci sediamo nel nostro solito cerchio.Io Vi è piaciuto il gioco?Stefano Si, tanto,è bello.Marta Si dai…Geovanni A me è piaciuto un sacco il percorso che ci ha fatto fare Martino.Luca Vero, su e giù dalle panchine come se fossimo in montagna.Carlo Io quasi vomitavo.Altri bambini ridono poi iniziamo a commentare il giocoMartino Si non era male solo che andavamo lenti a volte.Maxi Vero, Marta era lenta.Marta Sei tu che sei andato troppo veloce quando eri capo-trenoAnna Anche secondo me.Patrick Ma perché ognuno ha una velocità diversa.Maxi Giusto. Le femmine sono più lente.Dopo questo intervento di Maxi capisco chela mia idea di parlare dei capi e gli altri può essere messa da parte per parlare delle differenze, tra maschi e femmine ma non solo. Decido di rimanere in silenzio e provare a vedere cosa succede.Marta Non è mica vero, a volte sono più veloci.Stefano Se se ma cosa dici.Anna Guarda che è vero certe volte sono più veloci.Giulia Per esempio, la maestra a scuola quando facciamo le corse batte anche MaxiCarlo Ma fate le gare con la maestra?Maxi Si, è molto veloce.Martino Ma lei è grande. Giulia Però resta che è più veloce di Maxi.Maxi Per adesso, vedrai quando cresco.Anna Quando cresci cosa fai.Maxi La batto.Stefano Ci credo quando tu cresci lei è già vecchia.Carlo Magari fa la gara con le stampelleAnna Ma non può.I bambini iniziano a discutere se la maestra possa o meno fare la gara con le stampelle. A questo punto intervengo.Io Ma allora i grandi sono più forti dei piccoli?Stefano Si ma non devono essere troppo grandi, cioè vecchi.Marta Devono essere giusti.Martino Come i calciatori.Luca Giusto loro sono perfetti.Io Perché?

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Martino Loro sono giusti non troppo piccoli ma neanche troppo vecchi o rottiStefano Tranne Totti. Martino Il mio papà dice che lui ormai è troppo vecchio.Stefano Ma va è fortissimo.Anna Ma cosa ci frega a noi del calcio.Giulia Vero.Io Lasciamo stare il calcio…Guardando anche altre attività c’è differenza Tra i grandi e i piccoli?Stefano Si, loro sono più grandi.Io Cosa intendi con grandi StefanoStefano Hanno il corpo più grande.Carlo Sono più altiMaxi Come i ragazzi che fanno basket dopo di noi usano il canestro più altoMarta Per forza, tra tre anni anche noi. Sennò fare canestro nei nostri per loro è troppo facile.Anna Sai che bello, non sbaglierebbero mai.Io E voi sui loro canestri come andreste?Patrick Malissimo..Stefano Il loro è altissimo.Anna Io mi sa che non ci arrivo neppure.I bambini hanno discusso su questa cosa per un po’, a questo punto visto che eravamo in palestra ho fatto fare loro alcune prove sui canestri alti.Dopo un po’ siamo giunti alla conclusione che per loro era molto difficile.Stefano Però tra qualche anno ci riusciròMaxi Dobbiamo solo crescere un’pòMarta Si c’è differenza tra un bambino e un grande.Luca Si per questo i grandi possono fare certe cose e noi no .Martino Come vedere la tv fino tardi.Anna Ma tra un po’ anche noi possiamo non siamo mica così piccoli.Geovanni Si ci sono i bambini quelli ancora più piccoliStefano Come i neonati. Loro non possono fare quasi nullaIo Allora tra grandi e piccoli ci sono cose diverse che possiamo fare?Marta Si, alcune cose possono farle solo la mamma o il papàStefano E anche la zia.Anna Dipende.Martino Anche noi possiamo fare alcune cose che loro non possono fareAnna Come?Martino Ieri ho aiutato la mamma a fare una cosa che solo io potevo fare.(Martino spiega che la madre ha chiesto il suo aiuto per recuperare una cosa sotto il divano, e lui con le braccia più fine è riuscito).Carlo Anche io aiuto il mio papà ogni tanto.Stefano E bravo, lo facciamo tutti.Io Allora ha ragione Martino che dice che potete fare alcune cose che i grandi non possono fare?I bambini rispondo più o meno tutti di si e portano altri piccoli esempi come quello di Martino di cose che sono riusciti a fare per i loro genitori.Vedendo che la nostra ora sta per finire cerco di far diventare più veloce la discussione e saltare insieme hai bambini alle conclusioniIo Allora abbiamo detto che tra grandi e piccoli ci sono differenze nel corpo, e anche nelle cose che facciamo. Giusto ?Stefano Esatto.Marta Si, a me sembra anche ce le cose diverse che facciamo dipendono da come siamo Luca Potrebbe essere.Carlo Secondo me poi mentre cresciamo impariamo anche a fare cose nuove.Giulia Per forza, quando sei piccolo comunque certe cose non riesci a farle, per quello . le impari dopo.

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Su questa affermazione di Giulia chiudo l’incontro anche perché siamo già fuori tempo massimo. Ci rimettiamo in cerchio, ci salutiamo e ringrazio i bambini per il tempo, l’attenzione e l’impegno con cui hanno fatto le attività che ho proposto loro.

RIFLESSIONI

Questo incontro è quello che mi ha dato più soddisfazione. Questo perché i bambini mi sono sembrati dei veri filosofi-pensatori, dal gioco proposto abbiamo trattato non il tema che io avevo pensato venisse fuori, ovvero quello dei capi e degli altri. Infatti siamo, o meglio, sono riusciti a parlare delle differenze tra grandi e piccoli e in minima parte tra maschi e femmine. Da un punto di vista personale penso di aver fatto un piccolo passo verso il ruolo di un insegnante più moderno, senza intervenire a tutti i costi per fare l’argomento proposto, ma assecondando il discorso dei bambini e facendomi portare da loro nell’argomento che più gli interessava e più gli è scaturito dall’attività iniziale.

MUSCA UNITA’ 1: ATTIVITA’ MOTORIA E SCRITTURA

Il primo percorso interdisciplinare riguarda l’Unità ATTIVITA’ MOTORIA E SCRITTURA, organizzato secondo lo schema riportato di seguito:

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IL PERCORSO

GLI OBIETTIVI LE ATTIVITA’

Acquisizione dell’organizzazione dello spazio fisico e grafico anche in funzione della scrittura.

In barca Sottosopra

Acquisizione e coordinazione, precisione, velocità.

Allo specchio L’otto elastico

DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’IN BARCA

Il movimento imitativo proposto in questa attività coniuga due aspetti della scrittura: la necessità di organizzare i segni in modo preciso e la possibilità che dà la scrittura a ogni bambino di esprimersi in modo libero.LA PREPARAZIONEOgni bambino si siede sul proprio materassino; in caso di un numero insufficiente di materassini, si può lavorare in coppia.

L’ATTIVITA’L’insegnante invita i bambini ad imitare i movimenti di un marinaio che conduce una barca e che tiene stretto un remo con entrambe le mani.L’insegnante dà dei comandi al gruppo di bambini:“ Rema a destra: spingi indietro l’acqua e poi forma un piccolo cerchio”;“… ora rema a sinistra: spingi indietro l’acqua e poi forma un piccolo cerchio”;“ … adesso presta attenzione: dai un colpo di remo a destra e un colpo a sinistra, quindi forma un piccolo cerchio a destra e un piccolo cerchio a sinistra”;“…. ed infine, dai due colpi a destra e due a sinistra, formando così due piccoli cerchi a destra e due piccoli cerchi a sinistra!”.I bambini imitano inizialmente l’insegnante, poi proseguono da soli.Si possono proporre anche altre situazioni per combinare racconto e fantasia, allo scopo di sollecitare altri movimenti delle braccia.Ad esempio, l’insegnante può invitare i bambini a sdraiarsi a pancia in giù sul materassino e a ruotare le braccia formando, così, delle circonduzioni accarezzando il pavimento.Può inoltre incitarli a remare in fretta con le mani per raggiungere la riva poiché, durante una burrasca, sono stati persi i remi!L’attività può essere resa maggiormente piacevole con l’accompagnamento di una base musicale, che consentirà di remare all’unisono, mantenendo il ritmo e concordando i movimenti in relazione al tempo musicale, oppure invitando i bambini a canticchiare un motivetto conosciuto mentre “si rema”.

SOTTOSOPRAL’attività prevede l’utilizzo di piccoli oggetti che, manipolati in vari modi, rappresentano una valida “palestra” per lo sviluppo della motricità fine, il senso dello spazio, dell’orientamento e del verso, cioè i prerequisiti motori richiesti per una buona acquisizione della scrittura.

LA PREPARAZIONEL’insegnante dispone i bambini a coppie, l’uno di fronte all’altro.Per questa attività, è necessario l’utilizzo di una palla di piccole dimensioni da distribuire ad ogni coppia.

L’ ATTIVITA’Ogni bambino appoggia le mani sulla pallina, tenendola in comune con il compagno, ed esegue ciò che l’insegnante suggerisce:“ Portate la pallina in alto, appoggiatela sulla testa del compagno e poi sulla propria”;

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“… toccate terra con la pallina”;“… allontanate la pallina dal proprio corpo e da quella del compagno”;“… accompagnate insieme la pallina verso l’alto con una mano, mentre l’altra mano si abbassa”.Dopo le attività guidate, i bambini potranno cercare e compiere altri spostamenti, come ad esempio spostare la pallina verso la porta, o verso la finestra o dirigerla verso le proprie gambe.Il gioco può diventare più interessante se ogni bambino, a turno, disegna con la pallia nell’aria una forma ( un cerchio, un triangolo …) e il suo compagno la deve riconoscere.

ALLO SPECCHIOÈ fondamentale tenere in considerazione la grafo motricità non semplicemente in termini muscolari, ma anche nell’accezione più ampia che il termine “motricità” assume, ossia come organizzazione dei movimenti nel tempo e nello spazio. L’attività che segue ha proprio questo scopo.

LA PREPARAZIONEL’insegnante suddivide il bambini in coppie, disponendosi l’uno di fronte all’altro.L’uno è il capo, cioè esegue i movimenti; l’altro è lo specchio, cioè riflette i movimenti.

L’ATTIVITA’L’insegnante comunica ad alta voce un movimento del braccio, della mano o delle dita. Il capo lo esegue e il bambino di fronte lo compie riflesso.

IL CAPO LO SPECCHIOALZA IL BRACCIO DESTRO. ALZA IL BRACCIO SINISTRO.ALZA IL BRACCIO SINISTRO. ALZA IL BRACCIO DESTRO.

ESEGUE UNA CIRCONDUZIONE CON UN BRACCIO ( GRAN CERCHIO).

ESEGUE UNA CIRCONDUZIONE CON IL BRACCIO OPPOSTO.

DISEGNA UN DOPPIO GRANDE CERCHIO CON TUTTE E DUE LE BRACCIA IN AVANTI.

RIFLETTE L’ESECUZIONE DEL DOPPIO CERCHIO GRANDE NEL VERSO OPPOSTO.

DISEGNA DUE PICCOLI CERCHI RUOTANDO I POLSI DI TUTTE E DUE LE BRACCIA IN AVANTI.

RIFLETTE L’ESECUZIONE DEI PICCOLI CERCHI NEL VERSO OPPOSTO.

LE DITA DI UNA MANO “LAMPEGGIANO”. RIFLETTE IL LAMPEGGIO.

L’attività può essere semplificata facendo appoggiare le mani del bambino-specchio contro quelle del capo, da cui si lascerà guidare.

L’OTTO ELASTICOQuesta attività si esegue in piedi, su una sedia, per rafforzare la capacità di attraversamento dell’asse centrale del corpo in relazione all’equilibrio e alla flessibilità. Lo scopo è quello di migliorare la fluidità nella scrittura.

LA PREPARAZIONEOccorrono: una sedia, un pennarello e un cartellone appeso ad una parete, oppure gesso e lavagna.

L’ATTIVITA’

L’insegnante dispone i bambini in fila indiana, di fronte al cartellone e traccia un piccolo otto orizzontale in mezzo al foglio.Il primo bambino sale sulla sedia e con il pennarello traccia un altro otto, un po’ più ampio del precedente. Poi scende e consegna il pennarello al secondo bambino che traccia, a sua volta, un otto più grande e così via, fino ad allungarsi molto sia verso destra che verso sinistra.La stessa attività può essere proposta al contrario, ossia disegnando un otto molto ampio e chiedendo ai bambini di restringere il gesto.

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In questa attività, ciò che importa è il corretto attraversamento dell’asse centrale del corpo, perciò è indispensabile insistere sul movimento corretto di andata e di ritorno nei due versi.Per aiutare i bambini, si può fare il paragone con una pista di automobiline o con i disegni tracciati sul ghiaccio da un pattinatore.

UNITA’ 2: ATTIVITA’ MOTORIA E MATEMATICA

Il secondo percorso interdisciplinare riguarda l’Unità ATTIVITA’ MOTORIA E MATEMATICA, organizzato secondo lo schema riportato di seguito.

IL PERCORSO

GLI OBIETTIVI LE ATTIVITA’

Ssviluppo dell’organizzazione percettiva del piano

La serie lineareTtutti quelli che …

sviluppo delle relazioni logico - matematiche

Ssopra, sotto, dentro, fuoriil gioco del

DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’LA SERIE LINEAREPsicomotricità e psicomatematica hanno una base comune: l’attività concreta del bambino. Lo psicoterapeuta Pierre Vayer sostiene che i termini usati nell’apprendimento del calcolo siano termini di movimento: prendere, mettere, aggiungere, togliere, ritirare, spostare, cambiare … legati ad un’azione personale.

LA PREPARAZIONEOccorrono palle grosse e piccole di vari colori, che rappresentano un utile materiale per aiutare i bambini a sviluppare le nozioni di raggruppamento e di successione lineare e per eseguire le attività che seguono: in mancanza di ciò, si possono utilizzare i piccoli attrezzi disponibili in palestra.

L’ATTIVITA’L’insegnante predispone una serie di palle, tenendo conto dei rapporti di volume.Esempio:

I bambini devono osservare attentamente perché, successivamente, l’insegnante metterà in disordine la serie di palle.A questo punto, i bambini sono invitati a ricomporre la serie così come la ricordano.La serie successiva, potrà essere legata da relazioni di colore.Esempio:

Si possono, inoltre associare, in un’altra serie, sia volumi che colori in successione.In caso di errori da parte dei bambini, l’insegnante interverrà attraverso un’analisi dell’esecuzione.

TUTTI QUELLI CHE …Lo scopo di questa attività consiste nel far sperimentare ai bambini il concetto di raggruppamento che sta alla base di quello di numero. Lo stesso genere di esperienze di avvio al numero condotte abitualmente in classe, assumono in palestra una maggiore valenza ludica sostenendo e motivando l’interesse degli alunni.

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Le stesse attività possono essere riproposte anche quando si vorrà presentare il concetto di raggruppamento in base a un numero, per l’avvio del concetto di decina e la comprensione del valore posizionale delle cifre.

LA PREPARAZIONEL’insegnante dispone sul pavimento un certo numero di cerchi, oppure li disegna con un gessetto.

L’ATTIVITA’

Al comando dell’insegnante, i bambini, sparsi nella palestra, devono raggrupparsi nei rispettivi cerchi, a cui l’insegnante si avvicina, rispettando la consegna:“Tutti quelli che … hanno la maglia rossa”;“ tutti quelli che … hanno una sorella”;“tutti quelli che … indossano gli occhiali”;“tutti quelli che … sono maschi / femmine”.Dopo aver realizzato il raggruppamento, l’insegnante invita un bambino a contare ad alta voce quanti sono i compagni appartenenti al gruppo che si è formato.Al termine dell’attività, l’insegnante può discutere con i bambini sui vari raggruppamenti creati, indicando il meno numeroso, quello che comprende la totalità, quello vuoto e così via.

SOPRA, SOTTO, DENTRO, FUORI

Attraverso questo gioco, i bambini rafforzano i concetti topologici, che rappresentano un obiettivo trasversale a tutte le discipline.

LA PREPARAZIONEOccorrono: Alcune sedie sopra cui possano salire dei bambini. Un’asse di equilibrio, oppure una panca, sotto la quale possano sistemarsi i bambini. Alcuni cerchi dentro cui si possano mettere i bambini. Un recinto fuori dal quale possano stare i bambini.L’insegnante prepara quattro fogli su cui vanno scritti rispettivamente i quattro indicatori topologici e li piega a metà.

L’ATTIVITA’Mentre il bambino “segnatempo” conta, gli altri si distribuiscono a piacere nelle zone predisposte: per esempio, sotto la panca, oppure sopra le sedie, dentro ai cerchi oppure fuori dal recinto.Entra in gioco il bambino “pescafogli”.Vengono eliminati tutti i bambini che si trovano nella posizione segnalata dall’indicatore estratto dal bambino “pesca fogli”.Il biglietto viene riportato e riposto con gli altri biglietti, mentre il gioco ricomincia di nuovo con i bambini rimasti.Vincono i bambini, o il bambino, che non riescono ad essere eliminati.Questa attività è molto semplice ma divertente. Si può, inoltre, dividere il gruppo in due squadre ed il bambino che resta in gioco, determina la vittoria della sua squadra

IL GIOCO DEL QUAKMigliorare la capacità percettiva favorisce una maggiore rapidità di ragionamento, che sarà molto utile nel calcolo veloce. Questo è l’obiettivo del gioco del quak, nel quale ai bambini è richiesto di leggere rapidamente i numeri rappresentati con le dita.

LA PREPARAZIONEL’insegnante invita i bambini a pensare ad un numero fino a 10 e indicarlo con le dita.

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SOTTO SOPRA FUORI DENTRO

Con un unico accorgimento: nascondere le mani, a braccia incrociate, sotto le ascelle.

L’ATTIVITA’Tutti i bambini camminano liberamente nella palestra.Quando ci si incontra faccia a faccia con un compagno, si mostrano le dita dicendo: “QUAK!”.Se per coincidenza i numeri corrispondono, i due bambini battono insieme le mani, si prendono sottobraccio e si allontanano dal campo di gioco.Se invece i numeri non sono uguali, nascondono di nuovo le dita e proseguono per incontrare un altro bambino.

LE VARIANTI: La coppia che si è venuta formando, stabilisce un nuovo numero, poi continua a camminare nello

spazio libero tenendosi sottobraccio, con le dita nascoste.Incontrando un compagno o un’altra coppia, dicendo QUAK si mostrano le dita e se i numeri coincidono, si allunga la catena e si prosegue.

Con i bambini più grandi il gioco può diventare più complesso dal punto di vista matematico. La coppia, infatti, si formerà soltanto quando ci si accorgerà che i numeri mostrati sono l’uno il precedente dell’altro (oppure il successivo), o anche l’uno il multiplo dell’altro (oppure il divisore).

UNITA’ 3: ATTIVITA’ MOTORIA E LINGUAGGI ESPRESSIVIIl terzo percorso interdisciplinare riguarda l’Unità ATTIVITA’ MOTORIA E LINGUAGGI ESPRESSIVI, organizzato secondo lo schema riportato di seguito.

IL PERCORSO GLI OBIETTIVI LE ATTIVITA’

Sviluppo del linguaggio corporeo Gli appoggi I foulard

Sviluppo del movimento imitativo Indovina chi sono ? I mestieri

Sviluppo della comunicazione gestuale mimica

Il pianeta Cambiacambia Movimento continuo

DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ GLI APPOGGI

Questa attività permette di sperimentare la possibilità di utilizzare diversi appoggi del proprio corpo e le relative difficoltà.

L’ATTIVITA’I bambini camminano liberamente per tutto lo spazio a loro disposizione. A un segnale dell’insegnante, provano ad eseguire ciò che viene chiesto loro.

Fermarsi appoggiando a terra due parti del corpo ( possono essere i due piedi, ma anche una mano e un piede, il ginocchio e una mano …).

Fermarsi appoggiando a terra tre parti del corpo (due piedi e una mano, oppure una mano, un ginocchio e la testa … ).

Fermarsi appoggiando a terra quattro parti del corpo ( due mani e due piedi, due mani, sedere e un piede … ).

Dopo ogni richiesta di appoggio è opportuno fermarsi per osservare le varie posizioni assunte ed eventualmente commentarle.

IL GIOCO

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I bambini si muovono liberamente seguendo il ritmo di una musica. Quando la musica si ferma l’insegnante, facendo riferimento agli appoggi sperimentati in precedenza, comanda:“Appoggio 1 !” … “appoggio 2!” ... “appoggio 3!”.Il bambino che non esegue correttamente può essere momentaneamente eliminato e poi fatto rientrare al comando seguente.Questo gioco, può, inoltre, essere utilizzato come attività di verifica di:

Capacità di attenzione. Conoscenza del proprio corpo. Controllo posturale. Equilibrio. I FOULARD

Saper comunicare con il proprio corpo le sensazioni di leggero e di pesante significa mettere in gioco la propria spontaneità espressiva. Spesso i bambini che hanno difficoltà di comunicazione nei rapporti interpersonali, sono rigidi e faticano a lasciare andare il proprio corpo. Questa attività ha lo scopo di verificarlo, aiutando i bambini ad affrontare le difficoltà.

LA PREPARAZIONEI bambini occupano tutto lo spazio a loro disposizione, tenendo tra le mani un foulard.

L’ATTIVITA’L’insegnante propone in successione ai bambini alcune proposte:

“ Muovete liberamente il vostro foulard”. “Il vostro foulard è leggerissimo come una piuma. Muovetevi per tutto lo spazio ricordando che il

foulard è leggerissimo!”. “Lanciate in aria il vostro foulard e riprendetelo, ricordando che è leggerissimo perché … è una

piuma!”. “Il vostro foulard è diventato pesantissimo, proprio come una grande roccia. Muovetevi per tutto lo

spazio ricordando che il foulard è pesantissimo”. “Lanciate in aria il foulard ricordando che è pesantissimo!”.

Questa attività può essere svolta anche solo con il corpo oppure con un sottofondo musicale: più dolce quando il foulard è leggero, più forte quando è pesante.

INDOVINA CHI SONO ?

Questa attività è basata sullo yoga. Pertanto, l’insegnante la introdurrà spiegando l’origine di questa pratica molto antica.Insegnante: “ … Tanto tempo fa, in India, inventarono degli esercizi che si basano sui movimenti degli animali. Queste posizioni sono chiamate esercizi yoga. Sono utili e divertenti: li hanno già sperimentati i bambini di tutto il mondo.”Tutti i bambini, in cerchio, ascoltano l’insegnante ed eseguono i movimenti:“ … Noi siamo uccelli e vogliamo volare. Ci teniamo in equilibrio sulla punta dei piedi e stendiamo all’indietro le nostre ali”.“ … Noi siamo rane e gracidiamo nello stagno. Ci sediamo sui talloni e restiamo in equilibrio sulla punta dei piedi, tenendo le braccia incrociate dietro la testa. Quando siamo felici, saltiamo sulla punta dei piedi”.“ … Noi siamo gatti. Ci piace stirare i muscoli. Pieghiamo la schiena verso terra, ci appoggiamo sulle mani e sui piedi con le braccia e le gambe tese, a testa in giù … poi pieghiamo le ginocchia a terra e ci appoggiamo sulle mani e abbassiamo il dorso; lo incurviamo e guardiamo verso l’alto”.

È possibile trasformare le proposte in giochi:- GLI IMITATORI: un bambino al centro di un cerchio assume una posizione e tutti gli altri lo

imitano.- LA GARA DI EQUILIBRIO: vince chi avrà mantenuto più a lungo una posizione.- CHI SARA’? :un gruppo di bambini mima un animale o una scena ( per esempio, il gatto che

rincorre un uccello) e gli altri indovinano.

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I MESTIERI

Questo gioco può essere utilizzato come attività espressiva e successivamente anche per formare delle coppie in modo casuale prima di un gioco che lo richieda.

LA PREPARAZIONEPer questa attività occorrono dei bigliettini abbastanza ingranditi, in ognuno dei quali è indicato un mestiere e le relative azioni.ESEMPIO:

I biglietti devono essere distribuiti in due sacchetti, dividendo i bigliettini delle azioni da quelli dei mestieri. Dopo aver chiesto ai bambini di disporsi in fila, si farà pescare loro un bigliettino.I bambini, senza mostrare il bigliettino, si dispongono liberamente nella palestra.

IL GIOCOAd un segnale dell’insegnante, ciascuno deve mimare o il mestiere o l’azione indicata sul bigliettino e, muovendosi nello spazio, deve cercare il proprio “compagno” per abbinare il mestiere alla sua azione. In questo modo, si formeranno delle coppie.È un gioco molto divertente ed interessante soprattutto per i bambini delle classi prime e seconde.

IL PIANETA CAMBIACAMBIAÈ un gioco molto utile per sviluppare la percezione corporea relativa a diverse condizioni spaziali. Implica spontaneità e creatività nei movimenti, per un’attività che si avvicina molto all’esperienza teatrale.

LA PREPARAZIONEI bambini si dispongono in cerchio nello spazio a disposizione.

IL GIOCOL’insegnante racconta questa storia e i bambini adattano il loro corpo alle situazioni che si sviluppano durante il racconto.Insegnante: “Ci troviamo sul pianeta Cambiacambia. Come in tutti i pianeti, il senso di gravità si perde e tutti sono sospesi nell’aria. In questo pianeta succedono cose stranissime. All’improvviso i muri si restringono, il soffitto si abbassa e si aprono dei crateri sotto i piedi, così tutti devono fare dei gran salti per non caderci dentro. Il magnetismo sul pianeta Cambiacambia è così forte che tutti quelli che tengono nelle tasche qualcosa di metallico rimangono appiccicati. Improvvisamente, una pioggia di meteoriti colpisce il pianeta Cambiacambia e tutti devono ripararsi in qualche modo!”

A turno, un bambino continua a raccontare la storia aggiungendo dei particolari strani.Il gioco finisce quando non si hanno più idee o quando i bambini sono stanchi.Questa attività, può, inoltre, essere proposta anche in cerchio con la schiena rivolta verso il centro e le braccia incrociate con quelle dei compagni vicini. In questo modo, devono seguire il ritmo gli uni degli altri: il gruppo si muoverà meno ma più all’unisono.Se presentato nelle classi prime, il gioco potrà essere utile per prendere confidenza con i compagni, divertendosi.

MOVIMENTO CONTINUOLo scopo del gioco è quello di realizzare una catena di movimenti che può trasformarsi in una lunga storia.

LA PREPARAZIONEIl gruppo si dispone in cerchio nello spazio a disposizione.

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SARTA PARRUCCHIERA

PIANISTA PILOTA

CUCIRE GUIDARE SUONARE LAVARE I CAPELLI

L’ATTIVITA’Il primo bambino comincia a fare un movimento mimando un’azione.ESEMPIO:STAPPA UNA BOTTIGLIA.

Il bambino successivo, riprende l’azione precedente e ne aggiunge un’altra.ESEMPIO:STAPPA UNA BOTTIGLIA, RIEMPIE UN BICCHIERE.

Il bambino successivo, riprende le due azioni e ne aggiunge una terza.ESEMPIO:STAPPA UNA BOTTIGLIA, RIEMPIE UN BICCHIERE, BEVE SORSEGGIANDO.

Si potrebbe continuare in vari modi: Leccarsi i baffi. Versarsi un altro bicchiere. Pulirsi la bocca con un tovagliolo. Aprire il rubinetto. Lavare un bicchiere. Riporre il bicchiere.

L’aspetto divertente sarà quello di verificare se sarà possibile arrivare fino alla fine del cerchio, facendo in modo che tutti i bambini aggiungano un’azione.

NICOLUSSI

Discussione sui giochi:I bambini mi illustrano i vari giochi motori che hanno attuato di recente nella scuola o in giardino, M: Marco, A: Alice, S: Simone, D: docente e G: Giada per indicare i miei interventi.G: allora bambini.. Vi spiego perché sono qui e cosa mi piacerebbe fare con voi questa mattina. Anch’io vado a scuola come voi e, pensate un po’, sto imparando a fare la maestra e, per questo, ogni tanto vengo a trovarvi per insegnarvi dei giochi nuovi. Questa mattina vorrei insegnarvi un bel gioco dove bisogna muoversi e correre ma prima, vorrei sapere che giochi conoscete voi.M: quando c’è il sole e siamo in giardino giochiamo sempre al pescatore!G: e in cosa consiste questo gioco? Cosa fate?

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M: uno di noi, a turno, fa il pescatore e canta “io sono il pescatore, con l’amo e con la rete, pesciolini dove siete?” gli altri devono rispondergli “noi siamo in mezzo al mare, vienici a pescare” e il pescatore corre e deve prendere tutti i pesci. Io faccio sempre il pescatore così vinco mentre chi fa il pesce perde perché viene sempre preso.A: a me piace tanto il gioco del mangiare.. La maestra ci racconta la storia della nostra mamma che cucina e noi facciamo finta di essere i wurstel che scappano dalla pentola e rotolano via oppure altre cose da mangiare che corrono in tutta la cucina per non farsi prendere dalla mamma che li vuole cucinare!D: abbiamo inserito questo gioco nel tema dell’alimentazione poiché i bambini più piccoli si stufavano subito a colorare o ad ascoltare delle storie da seduti, così mentre io leggo dei materiali sui cibi loro li imitano e così facendo, si muovono e si divertono. Inoltre focalizzano anche la forma e le peculiarità fisiche dei vari alimenti.G: benissimo, e tu Simone? Mi racconti anche tu un bel gioco che fate sempre qui a scuola?S: A me piace tanto strega comanda colori. Io faccio la strega e devo dire un colore.. Come “strega comanda colori.. Giallo!” gli altri devono correre e toccare qualcosa di giallo altrimenti vengono presi e poi devono fare loro la strega.

Discussione sulle emozioniG: ma.. vi piace giocare a questi giochi? Vi divertite?M: si tantissimo! Perché corriamo, saltiamo e sudiamo!S e A: si si è proprio bello.G: ma allora siete felici? Cosa vuol dire, secondo voi essere felici?S: io sono felice quando sono contento, quando gioca ai cavalieri tipo.M: quando mi diverto.A: io sono felice solo quando vado a sciare con il mio papà!G: e tristi? Quando siete tristi?A: io sono triste quando piango, quando i miei fratellini mi tirano i capelli e giocano con le mie bambole.M: quando la mamma mi sgridaS: quando sono ammalato e devo stare fermo nel lettoM: a me piace essere ammalato così posso guardare tanta tv e non devo vestirmi, sto in pigiama tutto il giorno!G: anch’io mi annoio quando sono ammalata.. Comunque, visto che mi avete detto che siete felici quando giocate ora ci alziamo e andiamo sul tappeto a fare un bel gioco! Venite..

Primo gioco

G:qualcuno di voi sai come funziona il gioco del fazzoletto?A: si, l’abbiamo fatto in colonia quest’estate..G: ti ricordi le regole?A: non bene.. bisognava correre e toccare il fazzoletto, se cadevi perdevi perché nessuno ti aiutava ad alzarti. A me non piaceva giocarci perché vincevano sempre i più grandi.G: allora adesso proviamo a rifarlo e vedere bene come funziona ok? Vi ripeto bene le regole che Marco e Simone non le sanno.. Facciamo che Alice tiene il fazzolettino in mano: Marco e Simone si mettono una da una parte e uno dall’altra di Alice e mi dicono che colore vogliono essere. Va bene?M: io voglio essere nero e blu, come l’inter!S: io giallo e arancione!G: bene! Allora… quando dico giallo corre solo Simone, quando dico blu sono Marco ok? Se dico verde correte tutti e due mentre se dico altri colori dovete stare fermi! Capito tutto? (I bambini annuiscono)G:… marrone!E i due concorrenti restano fermi..G: giallo!Simone parte e prende il fazzoletto…G: blu!Marco parte e prende il fazzoletto…G: viola!Nessuno dei due si muoveG: verde!

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Tutti e due corrono, Marco prende il fazzoletto per primo e me lo porta.M: Ho vinto! Ho vinto! Sono il più veloceInizia a correre per l’aula cantando “lalala ho vinto, lalala ho vinto!”S: non è vero che ha vinto, ha barato!

Riflessione

Faccio sedere i bambini intorno a me ed inizio a farli riflettere sulla valenza dei giochi regolati da norme che fanno vincere o perdere.G: ora abbiamo finito il gioco. E’ stato bello?A: si, io mi sono divertita..M: è stato stupendo, sono il campione!S: a me non è piaciuto. Lo rifacciamo? Così magari vinco io!G: ma allora è più bello quando si vince o quando si perde?M, S, A: quando si vince!G: come è vincere? M: quando vinco sono contento, sono felice perché vedo che sono più forte e veloce degli altriA: a me piace vincere quando giochiamo a squadre, con le mie cugine!S: vincere è bello e invece perdere è bruttissimo! Sono stufo e triste.I bambini iniziano ad essere stanchi e non voglio parlare molto. Marco, essendo il più grande parla molto di più mentre gli altri due iniziano a distrarsi e a volersi alzare.

Il secondo gioco

G: ora proviamo a fare una cosa, così facciamo contenti tutti! Rifacciamo il gioco del fazzoletto cambiando però una regola. Chi prende per primo il fazzoletto lo tiene in mano e gli altri due corrono per riprenderlo. In questo modo giocano tutti e nessuno perde e vince. Cosa ne pensate?S: a me piace! Così vinciamo tuttiM: ma volevo vincere solo io..A: va bene basta che io inizio tenendo il fazzoletto.G: ora però, chi tiene il fazzoletto dice anche il colore di chi deve correre va bene? E mi raccomando deve anche dire qualche colore che non c’entra!I bambini iniziano a giocare ridendo tra loro e sfogandosi un pochino, concordo con l’insegnante di lasciali giocare e distrarre un po’ poiché, altrimenti, vi è il rischio che si stufino e che non vogliano più fare un momento di riflessione.Noto che Alice tende a voler tenere sempre il fazzoletto e, anche quando tocca lei correre, urla sempre dei colori per mettere in confusione gli altri. Tra i due maschietti, inoltre, vi è un po’ di competizione. La docente mi spiega che non vanno molto d’accordo e che anzi, tendono a bisticciare molto spesso per i giochi e per le attenzioni delle compagne.

RiflessioneDopo circa dieci minuti nei quali i bambini hanno giocato da soli al fazzoletto e si sono distratti un attimino parlando tra loro e correndo per l’aula li richiamo al tappeto per fare con loro un’ultima riflessione riguardo al gioco da noi “inventato”.

G: allora bambini, com’è stato giocare al nostro “nuovo” gioco del fazzoletto?S: più divertente!M: ma l’Alice continuava a fare casino e a dire colori a caso quando io tenevo il fazzoletto, però è stato bello! Abbiamo vinto tutti!A: a me piaceva più di tutto tenere il fazzoletto e dire i colori così loro correvano!G: quindi è più bello giocare a un gioco che non finisce mai e che non si vince e non si perde?S: ma maestra si che si vince! Si vince tutti!M: è bellissimo! Sono contento.G: cosa vuol dire essere contenti Marco?M: contenti è.. Felici e contenti! Sai.. come nelle favole, alla fine che dicono che vivono felici e contenti? Così sono io!

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A: si, come nelle favole delle principesse che ci innamorano!G: bene bambini, siete stati bravissimi!!

Il gioco delle figurine

Inizialmente avevo pensato di portare a scuole dei ritagli di giornale che rappresentavano diverse facce con diverse espressioni! Alla fine ho cercato in internet dei personaggi di cartoni animati e in questo modo ho reso la cosa più divertente. Inoltre ho stampato tutte le figurine doppie così, alla fine dell’esperienza, ho lasciato il materiale ai bambini per giocare a “memori” e cioè a capovolgere tutte le figurine e a trovare le coppie alzandone sono due alla volta. Riporto ora le immagini fornite con vicino ciò che i bambini hanno risposto alla domanda “cosa starà pensando questo personaggio?? Sarò arrabbiato, felice o cosa..?”.

A: È una faccina!S: È felice, vedi che ride? M: Si si è contenta!

M: Questa è triste. S: Piange quasi,A: poverina.

S:È arrabbiato,M: perfido,M: arrabbiato nero, anzi rossoA: come un toro!

A: PiangeS: Ha persoM: È più piccoloA: poverino

M: Silvestro! È furboS: ContentoA: Secondo me è allegroS: Pattina sul ghiaccio?S: Piange perché ha persoM: Se avesse vinto non piangerebbe

A: è felice,M: libero, galleggia nelle nuvole!S: Salta sulle nuvole!

M: è felice perché è buonoA: gli piace il gelato.

A: è felice,S: furbettaM: secondo me sta pensando al suo fidanzato, ahahah che battuta che ho fatto!

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A: Sono le principesse pazze!S: Fanno le pernacchie..M: Stanno scherzando!A: Sono allegre, fanno ridere

S: Sono felici e anche arrabbiatiM: Perché stanno combattendo I pokèmon combattono tra loro sai?S: Ma non si fanno male!

A: è feliceS: no è triste!M: Non si vede perché non ha la boccaS: Ma no lo vedi dagli occhi dai..A: È arrabbiata!

L’ultima figurina suscita delle domande di bambini, propongo loro di provare a “far vedere” le proprie emozioni con la faccia e tutti muovono la bocca oppure incurvano gli occhi per fare l’arrabbiato. Poi provano con la mano: è aperta che saluta se sono contenti, chiusa se sono tristi.

Disegniamo le emozioni

La docente mi racconta che a tutti e tre i bambini piace molto disegnare così propongo loro di sederci sui tavoli, dividere il foglio a metà e disegnare la propria faccia da una parte felice e dall’altra triste o arrabbiata. I bambini accettano volentieri la mia risposta, si siedono e iniziano a disegnare. Nel mentre parlano tra loro; Marco mi chiede se può andare davanti allo specchio per vedere meglio com’è la sua bocca quando piange, acconsento e così anche gli altri vanno prima a vedersi allo specchio e poi provano a disegnare la loro faccia. Man mano che finiscono vengono da me a spiegarmi il disegno.

Il disegno di Marco (5anni):

Arrabbiato che piango felice

M: quando mi fanno arrabbiare mi metto a piangere e divento tutto rosso, ho disegnato anche il mio gatto Nuvola che quando piango viene a farmi le coccole e a consolarmi!Quando sono felice rido e scherzo, gioco con il mio cane.

Disegno di Alice (3 anni):

Felice triste

A: ho disegnato io che mi diverto quando sono al corso di ballo e io che vado con gli sci.G: ma dove sei tu con gli sci?A: non mi vedi perché ho la tuta bianca e vedi intorno c’è tutta neve? Ci sono solo gli sci, il sole e l’albero. Io ero caduta e mi ero fatta male.

Disegno di Simone (4anni):

Io felice ho sbagliato!

Mio papà arrabbiato

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S: mi sono disegnato felice quando gioco con i miei amici, non riesco a disegnarmi triste, non mi vienedisegno mio papà arrabbiato con me quando faccio i capricci!

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ODORIZZI

Attività 1: conversazione iniziale di presentazione

I bambini si riuniscono tutti in una stanza e si tolgono le scarpe per essere più liberi nei movimenti e si dispongono in cerchio seduti per terra.

Insegnante: Benvenuti a tutti! Grazie per essere venuti! Sono molto contenta che ci siamo trovati qui per giocare insieme e parlare. Vogliamo cominciare con il dire i nostri nomi e raccontarmi qualcosa su di voi? (per parlare si va in ordine di collocazione nel cerchio)Matteo: Sono il Matteo e mi piace giocare con i trattori piccoli.Alice: Mi chiamo Alice e gioco sempre con le bambole che piangono davvero.Ilaria: Mi chiamo Ilaria e mi piace stare con il mio gatto a fagli le coccole.Insegnante: Sono Elena e mi piace fare le passeggiate nel bosco perché amo la natura.Chiara: Chiara, mi piace nuotare.Luca: Mi chiamo Luca quando sono a casa mi piace giocare con il computer e quando sono a scuola mi piace fare la ginnastica. Angelica: Mi chiamo Angelica e voglio sempre andare sul giochi al Luna park e voglio stare con i miei genitori. Laura: Sono Laura e mi piace giocare nel giardino con le bambine.

Attività 2: azioni motorieIn questa attività i bambini scoprono il loro corpo come “strumento a percussione” e si avvicinano a comprendere come le emozioni influenzino il nostro ritmo cardiaco.

PRESENTAZIONE DELL’ATTIVITA’:Insegnante: “ Tra poco raccontare una bella storia. Il protagonista è un cuoricino. Voi sapete come fa il cuore?”Alice: Bum bum bum bum!Matteo: Bum Bum. Angelica: Fa tun tun. (Con mani si tocca il petto)Insegnante: Molto bene! Ma voi sapete dove è il cuore? Provare a sentirlo in questo punto. (il punto vicino alla carotide dal quale si sente il cuore)- I bambini cercano di sentire il battito dal loro cuore.Luca: Io l’ho già sentito un sacco di volte dal polso. ( si riferisce al battito cardiaco)Insegnante: Bravissimo Luca! Anche da lì si può sentire. Provate anche voi!

Alcuni bambini si toccano il polso.Matteo: si sente qualcosa che si muove.Ilaria: Anche io l’ho sentito.Insegnante: Ma voi lo sapete che il “ bum bum” cuore va più veloce quando abbiamo paura?Luca: si si!! Lo sapevo anche quando corro mi succede.Angelica: è vero!Matteo: bum bum bum bum!Angelica: va piano quando siamo calmi.Insegnante: Adesso ascoltiamo la storia e proviamo a riprodurre il battito del cuore con il nostro corpo. Io suono il mio ginocchio! (I bambini ridono) e voi cosa volete suonare? Cominci tu Chiara a dirlo?Chiara: mi piace battere la mani.Matteo: io suono la guancia. (ride)Angelica: Io il braccioLaura: Ma si può la pancia?Insegnate: certo! Potete scegliere ciò che volete.Luca: Io batto con i piedi per terraIlaria: Anche io voglio suonare la pancia.Alice: io mi batto qui! (indica il petto)Insegnante: va bene! Quella parte del nostro corpo si chiama petto.

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I bambini scoprono il loro corpo come strumento a fiato e a percussione e si esercitano su esso in libertà, senza esercizi guidati. Insegnante:Siete pronti per cominciare?bambini: si!L’ insegnante legge la seguente storia:

RACCONTO: IL CUORICINO CORAGGIOSO.40

Le parole in stampato maiuscolo indicano la tipologia di “percussione del corpo” che bambini e insegnante eseguono.

“C’era una volta un piccolo cuore che abitava sulla luna e aveva tanta voglia di visitare l’universo. Un giorno decise di partire e cominciò a battere forte forte dalla gioia…. (BATTERE CON FORZA). Si fece coraggio e… uno… due…tre… Partenza! Per prima cosa si lanciò nello spazio, un po’ rotolò, un po’ scivolò, si sentiva leggere come una piuma (I MOVIMENTI DEL CUORE NELLO SPAZIO VENGONO MIMATI). La luna con la sua luca gli indicò la strada e arrivò sulla terra. “Brr! Che freddo! Che gelo! Che terra dura! (I BAMBINI SI COPRONO CON DELLE COPERTE). Il cuoricino era atterrato al Polo Nord. “Dove sono capitato?” Si chiese il cuoricino sentendosi diventare duro come il ghiaccio che c’era sotto i suoi piedini. “Dove vai in giro piccolo cuore, fa troppo freddo qui per te” gli disse l’orsetto. ( BATTITO LENTO E LEGGERO) Il cuore gli raccontò la sua storia e allora l’orsetto lo accompagnò fin dove finiva il ghiaccio e cominciava la terra. Il cuoricino ringraziò, salutò il suo amico e di nuovo contento e tranquillo ricominciò il suo viaggio battendo normalmente come prima. ( BATTITO REGOLARE E MEDIAMENTE ENERGICO). Camminava sul sentiero quando ad un tratto vide un’ ombra scura uscire da un cespuglio. Il cuoricino si spaventò tantissimo e cominciò a correre. ( BATTITO VELOCE ED ENERGICO). Correva a più non posso per la paura, gli sembrava di scoppiare finchè non ne poteva più e si sdraiò a terra sfinito. Batteva all’impazzata: “Che paura! Cosa mi succederà adesso?” Quell’ombra scura era un simpatico lupacchiotto che lo raggiunse e gli disse: “Finalmente ti sei fermato! Ho il cuore in gola a furia di correre ( CORRERE SUL POSTO)), ma perché correvi così in fretta? “Mi sono spaventato da morire”rispose il piccolo cuore, “non vedi come batto forte?” . ( BATTITO VELOCE ED ENERGICO). “Ma io volevo solo vedere chi eri e conoscerti, non preoccuparti, non voglio farti del male, Vuoi diventare mio amico?”. Il cuore sentì che il lupetto era gentile e poteva diventare un suo grande amico. Il cuoricino trascorse tanti giorni in compagnia del lupetto e si sentiva sicuro e tranquillo (BATTITO LENTO E LEGGERO) . I due amici vivevano insieme nel bosco e saltavano (SALTELLI SUL POSTO) e si ricorrevano (I BAMBINI E L’INSEGNANTE SI RINCORRONO) tutto il giorno ( BATTITO VELOCE ED ENERGICO), invece la notte dormivano insieme nella tana(BATTITO LENTO E LEGGERO) Una notte di luna piena di luna piena il cuoricino sentì dentro di lui una sensazione triste (BATTITO LENTO E PESANTE). Ben presto si accorse di avere nostalgia della sua amata luna. Dopo aver salutato e ringraziato il lupetto la luna lanciò un raggio di luce che prese il cuore e lo riportò a casa (I BAMBINI GUARDANO IN ALTO E SALUTANO CON LA MANO). Il cuoricino se né andò con la certezza di non dimenticare mai l’orsetto e il lupacchiotto perché resteranno per sempre i suoi AMICI.”

La storia che ho raccontato durante questa esperienza è di carattere fantastico. Si sarebbe adattata meglio a quest’esperienza un racconto incentrato su personaggi reali che coinvolgano in questo modo il vissuto esperienziale del bambino. Essi però sono riusciti ad andare oltre l’astrattezza della storia concentrandosi su temi concreti.

A SEGUITO DELLE AZIONI MOTORIE:

Insegnante: Vi è piaciuta questa storia?Laura: La storia era bella e mi piaceva fare il cuore veloce.Matteo: Era lunghissima! Però è stato bello perché alla fine diventano amici (SI RIFERISCE AI PERSONAGGI DELLA STORIA).Alice: A me piaceva perché non bisognava stare fermi ma mi muovevo.Angelica: a me piaceva perché la storia parlava degli amici.Insegnante: Ma per voi cos’ è un amico?40 La storia presentata è un riadattamento di un racconto inventato dagli insegnanti della scuola dell’Infanzia di Rallo di Tassullo (TN).

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Alice: Per un amico è un amore perché mi piace stare con lui.Chiara: Con un amico si può anche parlare insieme.Luca:E’ un bambino che gioca insieme a me.Matteo: è un amico il bambino che gioca con me.Ilaria: Gli amici sono quelli che prima non erano amici e poi sono diventati amici.Laura: A me piace stare con gli amici dell’asilo ( SCUOLA DELL’INFANZIA). Angelica: gli amici sono il più grande tesoro.Luca: Sono una cosa preziosa. Chi trova un amico trova un tesoro. (LA BAMBINA LAURA (PRESENTE FINO A QUESTA FASE) E’ COSTRETTA AD ANDARE A CASA PER UN MALESSERE.Insegnante: Ma gli amici possono solo giocare insieme oppure possono fare anche altre cose insieme?Ilaria: No! È un bambino che viene a casa mia e mangia con me.Alice: si può giocare o raccontarsi le storie.Angelica: Secondo me si possono fare tante cose insieme , è un po’ difficile andare d’accordo perché a volte si vogliono fare cose diverse! Matteo: a me piace giocare con i camion quindi anche ai miei amici piace giocare con i camion. Insegnante: Ma bisogna essere tutti uguali per essere amici?Alice: i bambini sono tutti diversi ma si vogliono bene lo stesso.Angelica: Nella nostra scuola (in quinta) c’è Youssef che viene dall’Africa. E’ nostro amico perché è molto gentile e divertente.Matteo: E’ bello essere tutti amici e fare i giochi insieme.Ilaria: A me dispiace quando i bambini litigano perché poi piangono e diventano tristi.Luca: La cosa più bella è quando ci sono tanti bambini, anche diversi.Insegnante: Sono molto contenta che anche voi pensiate che per essere amici non serva essere tutti uguali! Adesso faremo un altro bel gioco!

Attività 3: Il gioco motorio

Il gioco motorio svolto si chiama “mosca cieca”. Un bambino viene a turno bendato e deve cercare di toccare gli altri. Il bambino “preso” deve immobilizzarsi dare la possibilità al compagno di gioco bendato di capire la sua identità attraverso il tatto.Quest’attività non è una “mosca cieca” tradizionale perché nessuno viene eliminato, chi viene “preso” prende semplicemente il posto della “mosca cieca”.Questo gioco motorio ha l’obiettivo di avvicinare alle differenze interindividuali e di accettarle in modo propositivo. Nota su consiglio del professore: Si poteva provare a svolgere questo gioco anche ad eliminazione. In questo modo i bambini avrebbero potuto discutere anche sulle conseguenze che questo meccanismo poteva comportare.

CONVERSAZIONE AL TERMINE DELL’ATTIVITA’:Insegnante: Vi è piaciuto questo gioco?Luca: era facilissimo riconoscere i bambini perché io e Angelica siamo i più alti. Degli altri bastava guardare se avevano i capelli lunghi o corti.Chiara: Per me era bello perché correvo in giro velocissimo per non farmi prendere.Insegnante: Hai riconosciuto subito la bambina che toccavi?Chiara: Era Alice perché aveva gli occhiali. Li ho toccati.Alice: Anche io sapevo che era Chiara perché avevo gli occhi aperti.AlCUNI RIDONOInsegnante: Perché ridete?Angelica: Perché quando si hanno gli occhi aperti si vede tutto bene . Quando li hai chiusi è difficile.Insegnante: Quindi tu pensi che riconoscere un bambino con il tatto sia più difficile di quando lo fai con le mani? Angelica: Si si è più difficile.Insegnante: Secondo me è perché usiamo tanto gli occhi e poco le mani. Le mani sono molto importanti! I bambini ciechi ad esempio vedono sempre come quando noi giochiamo a mosca cieca.

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Matteo: Mio zio conosce un bambino o forse un adulto cieco, si chiama Massimiliano. Lui legge anche con le mani. Io ho gli occhi è non so ancora leggere.Insegnante: Hai proprio ragione. I bambini ciechi leggono con le mani e lo fanno bene come i bambini che ci vedono. Matteo non ti devi preoccupare se non sai ancora leggere quando andrai alla scuola primaria imparerai.Matteo: Va bene.Ilaria: Ma perché ci sono i bambini ciechi?Angelica: Alcuni sono ciechi quando nascono.Insegnante:E’ vero Angelica! Però si può anche diventarlo quando si è grandi per una malattia o per un incidente. Ognuno di noi è diverso. Essere ciechi vuol dire essere diversi ma anche avere i capelli biondi, castani oppure rossicci come Chiara. Essere diversi vuol dire non essere uguali.Voi sapete altri modi per essere diversi?Chiara: i capelli biondi o rossiIlaria: Il bambino alto e il bambino bassoLuca: quello che a correre va veloce e quello che va lento.Alice. Anche chi è gentile e chi da pugni.Insegnate: Ad esempio tra Angelica e Luca che differenza c’è? Angelica: Io sono femmina e luca è un bambinoLuca: è vero!Alice: Anche io lo sapevo.Insegnante: Secondo voi qual è la differenza tra i maschi e le femmine?Ilaria: I maschi hanno i capelli corti e le femmine lunghi.Alice: Anche i maschi però a volte hanno i capelli lunghi dipende.Matteo: però solo le femmine mettono i tacchi.Luca: è vero.Maestra: Ora vi faccio una domanda: tra Angelica e Luca che differenza c’è?Luca: Io la so perché l’hanno detta a scuola.Angelica: I maschi hanno il “pisellino” e le femmine la “farfallina”.* Ce lo ha spiegato la maestra. Alice: Anche a noi ce lo ha detto a scuola (INTENDE LA MAESTRA DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA).L’insegnante mostra un disegno adatto per l’età dei bambini di un corpo maschile e uno femminile. Scopriamo così anche i nomi scientifici di questa parti del corpo. Insegnante: Si può essere amici anche tra maschietti e femminucce?Matteo: Io gioco più con i maschi però anche la mia sorellina è simpatica.Angelica: Quando gioco a prendi e scappa, gioco anche con i maschi. Quando gioco con le bambole solo con le mie amiche.Insegnate: Si possono fare tantissimi giochi belli anche in un gruppo con maschietti e femminucce insieme. Dopo ne faremo uno, intanto ci prepariamo.

LE AZIONI MOTORIE.I bambini per preparasi al gioco hanno fatto le seguenti azioni motorie:-si sdraiano per terra e rotolano- si coprono con delle coperte in gruppi di 3-4 persone (bambini e insegnate) avanzano a carponi in coordinazione.- effettuano dei balzelli- effettuano dei movimenti che per loro rappresentano la grazia e l’armonia.

GIOCO

I bambini ascoltano un alternanza di due melodie classiche di L. V Beethoven. La prima e allegra (Inno alla gioia) e loro decidono insieme all’insegnante di danzare come se si fosse in un clima di pace su un prato fiorito. La seconda è più grave (Nona sinfonia) e cupa quindi si decide di ripararsi sotto la coperta e si muovano in coordinazione a carponi verso un punto della stanza in cui è stata posta una luce che simboleggia la pace.

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Insegnate: E’ stato bello fare questo gioco?Chiara: Sì, perche c’era quella bella musica.Matteo: Quando la musica diventava brutta si spegnevano le luci e noi ci nascondevamo sono la coperta.Ilaria: E’ stato bello quando eravamo sotto le coperte.Alice: E noi dovevamo raggiungere la luce della pace.DISCUSSIONE SULLA GUERRA.Insegnante: Voi sapete cos’è la guerra?Matteo: L’ho vista in televisione. C’era uno che gli sparavano e moriva.Luca: In guerra ci sono dei gruppi che si sparano e si odiano. Si vogliono fare del male.Alice: Anche all’asilo ci hanno detto che in guerra c’è l’ odio e l’amore finisce.Insegnate: Avete detto tutti delle cose giuste. Nella guerra c’è solo l’odio non c’è amore come quello dell’amicizia. Chiara: E’ bruttissima.Insegnante: Voi cosa direste a quelli che fanno la guerra? Ilaria: Non so. Angelica: Di smetterla non è bella non bambini facciamo sempre la pace. A noi piace stare insieme.Chiara: Ci sono anche i bambini che muoiono. E’ brutta.Matteo: Io gli vorrei mandare una luce. Così poi l’odio non c’è più.Insegnate: Questa è una buona idea! Possiamo farlo facendo il girotondo della pace. Noi amiamo la pace e l’amore.Chiara: Anche gli amici!Insegnante: Brava chiara.

AZIONE MOTORIA: “Il girotondo delle pace” si volge con i bambini e l’insegnante disposti in cerchio che si tengono per mano. Tutti intonano un canto già conosciuto dai bambini. In alcuni punti della canzone le mani si sciolgono per fare dei balzelli e delle giravolte.

IL TESTO DELLA CANZONE CANTATA DA BAMBINI E INSEGNATE E’ IL SEGUENTE: “Se tu parli un’altra lingua se lontana è al tua terraSe diversa è la tua pelle non importa sai perchéIl tuo cuore è uguale al mio e sa amare come meE l’amor non ha frontiere come il sole e come il ventoE perciò se tu sei triste saprò darti il mio sorrisoResteremo sempre uniti nella gioia e nell’amor.

Così sia fratello mio ce lo insegna pure DioCosì sia fratello mio e la vita fioriràNon più male in questo mondo, che distrugge ogni speranza Ma soltanto pace e gioia come simbolo d’amor.

Non ti sentirai mai solo perché qui ci sono ioChiama pure quando vuoi verrò subito da teE ti chiamerò fratello perché sei uguale a me.

Così sia fratello mio ce lo insegna pure DioCosì sia fratello mio e la vita fioriràNon più male in questo mondo, che distrugge ogni speranza Ma soltanto pace e gioia come simbolo d’amor.”

CONVERSAZIONE:

Insegnante: E’ stato bello fare “il girotondo della pace”?Chiara e Ilaria: Si!Angelica: Adesso le guerre non smettono secondo me.Alice:

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Insegnante: Noi terremo accesa la luce della speranza e dell’amore. Noi crediamo nella pace.Matteo: Mi piacerebbe che tutti gli uomini del mondo facessero la pace.

CONCLUSIONE:Insegnante: Noi siamo tutti uguali?Alice: Siamo diversi tutti tutti.Insegnante: Bravissima! Ma si può essere amici secondo te Ilaria?Ilaria: Si perché c’è l’amore quando c’è la pace.Matteo: E poi gli amici si vogliono bene sempre anche quando sono diversi.Insegnante: Sono molto contenta che la pensiate così! Volete dire ancora qualcosa?Angelica: E’ stato bello giocare insieme. Prima pensavo che era brutto perché c’erano bambini piccoli. Invece è stato bello.Luca: Si è vero è stato bello.Ilaria: a me piaceva quando ho suonato la pancia. (RIDE)Matteo: A me piaceva anche fare il cuore. Bum Bum!Chiara: Mi è piaciutoAlice: Un giorno rifacciamo il girotondo?Insegnante: Certo! Se volete tornare a giocare io sono felice.

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OSTI

1° storiaPersi al supermercato!

POSSIBILI TEMI DI RIFLESSIONE Cosa significa perdersi? A volte è bello perdersi. Non sempre perdersi fa paura. Abbiamo bisogno di una guida. La fiducia in qualcuno è una guida quando ci perdiamo.La fiducia è una luce nel buio.

Samuele e Nicole sono cugini e assieme ne hanno vissute tante di avventure! Ora sono lì, in mezzo a quella folla di gambe. C’erano pantaloni blu, marroni e grigi e, fra le tante gonne che ondeggiavano, non c’erano più quella a scacchi e quella rosa delle loro mamme! E nemmeno i jeans neri di zio Endriu! Erano lì fino a un momento prima, poi tutti e due si erano allontanati per accarezzare un cagnolino che allungava il suo musetto curioso verso di loro. Samuele e Nicole si erano persi al supermercato. Si guardarono in giro per trovare qualcosa di conosciuto in quel bosco di persone grandi, ma non videro nulla di famigliare. Senza lasciarsi prendere dalla paura, i due bambini si incamminarono fra gli scaffali colmi di merce. “Samuele! Nicole!”, sentirono gridare alle loro spalle. Si voltarono di scatto ma non c’era nessuno. “Samuele! Nicole!”, udirono ancora una volta. Non capivano da dove arrivasse quella voce, che non era quella della mamma, e nemmeno dello zio. “Qui bambini, qui!”. Assieme girarono su se stessi fino a perdere l’equilibrio, cadendo poi per terra. Rimasero lì, con lo sguardo perso, mentre le bocche iniziavano a piegarsi in una smorfia di pianto. Erano sul punto di emettere il primo strillo quando risentirono la voce, più vicina di prima: “Non piangete, sono io!”. La voce proveniva da dietro una colonna di fagioli in lattina. Era un porcellino paffuto e… verde! Era grande come loro, con un nasone lungo e gli occhietti vispi. Sembrava un pupazzo però… si muoveva e parlava! Samuele e Nicole rimasero fermi. Avevano un po’ di paura adesso. Guardavano quel coso che voltava la testa di qua e di là, come se volesse controllare di non essere seguito. Poi fece un balzo e si sedette vicino ai due bambini. Per qualche strano motivo aveva la pelle e anche le orecchie e il naso del colore dell’erba in primavera, come se qualcuno lo avesse dipinto con la vernice! “Ciao!”, disse loro facendo un inchino. Samuele e Nicole si scambiarono un’occhiata, prima di scoppiare a ridere. “Ciao!”, risposero in coro agitando le loro manine. “Io mi chiamo Chanchito e vivo qui, nel supermercato”. Samuele e Nicole fissavano divertiti quello strano oggetto e fecero per allungare una mano verso di esso quando… “Eh no! Non mi faccio fare il solletico, sennò ve lo faccio pure io!”. La foresta di gambe era sempre più folta ma nessuno pareva fare caso a quel gruppetto seduto per terra. “Venite, vi porto a scoprire delle cose che forse non conoscete.” “Dove?” “Qui, negli scaffali.”, disse Chanchito. “Sapete che dietro a queste scatole e a questi barattoli ci sono un sacco di storie?”. “Davvero?” “Non ci credete? Venite a vedere!”. I tre si infilarono tra pile di scatole e contenitori colorati, passarono tra profumi e saponi, scivolarono tra montagne di carta, poi arrivarono in mezzo a mucchi di maglie e scarpe. Chanchito correva veloce. Samuele e Nicole gli trotterellavano dietro per non perderlo di vista in mezzo a quel groviglio di gambe e di piedi.

TRASCRIZIONE DIALOGO

Maestro La storia che abbiamo appena letto si svolge in… Damian …in un supermercato! Emma Come la Coop che c’è sotto casa mia. Maestro Un supermercato è un posto strano per una storia, non è vero? Giuseppe E’ vero! Una volta nelle storie c’erano i cacciatori e i maghi… Damian …e anche il gatto con gli stivali. Simona …e i personaggi si perdevano nei boschi e incontravano i lupi, gli orchi, le streghe! Ambra Ma questa è una storia. Le streghe sono nelle fiabe… Simona Beh, fiaba e storia sono quasi la stessa cosa. Le streghe sono anche nelle storie… Maestro Oggi di boschi ce ne sono sempre meno…

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Pietro …anche alla tivù l’hanno detto, a un documentario sull’Uno. Maestro …e chi vive in città, forse, è più facile che si perda… Damian …in un supermercato! Elenita Come è successo a Samuele e Nicole, che sono i protagonisti di questa storia. Maestro Perché si sono persi? Carolina Perché in un supermercato c’è caos, c’è confusione… Luca …mille luci… Davide …tanti rumori… Marcello …tante voci… Carolina …c’è un sacco di gente ed è facile distrarsi un attimo… Maria Sole …e non trovare più i genitori… Matteo …o lo zio, come succede a Samuele e Nicole. Maestro Però Samuele e Nicole non si sono proprio… persi! Simona Sennò, se si perdevano, erano tristi! Ma loro non erano tristi, anzi. Elenita Erano contenti perché hanno fatto un giro per il supermercato con quel coso… Damian Con Chanchito! Il maiale verde… Nabila …che è un loro nuovo amico. Damian E con quel porcello verde hanno scoperto tante cose! Maestro Cosa hanno scoperto? Nabila …che in quel supermercato non c’erano solo scatole e barattoli… Maria Sole …o la gente che faceva la spesa… Maestro …ma anche… Simona ...anche storie interessanti, tante storie! Emma Solo che bisognava cercarle. Simona E ascoltarle! La mia mamma dice che bisogna sempre ascoltare tutto… Maestro Quand’è che un bambino si perde? Nabila Quando è da solo? Matteo Quando non conosce la strada, forse… però al supermercato non c’è la strada. Carolina Non c’è la strada però è un posto nuovo… Luca …che non hai mai visto, e allora non sai dove andare… Carolina …e non sai come muoverti, come comportarti… Pietro Però i due bambini si erano persi perché si sono distratti… Damian …e non hanno più trovato le mamme. Allora si sono persi perché erano distratti. Maestro Si sono persi perché mancava loro una guida? Damian Sì! La mamma è come una guida. Non ci fa mai perdere. Maria Sole La mia usa il Tom Tom quando guida, così non si perde da nessuna parte. Maestro Dite che la mamma è una guida… ma solo lei? O anche… Maria Sole …anche il papà! Nabila E mia sorella! Luca Il nonno Bruno e la nonna Clementina! Emma E allora anche i miei, di nonni… Elenita I parenti… ma anche gli amici. Simona E anche i maestro sono una guida, perché ci dicono cosa fare, cosa scrivere… Pietro …come bisogna stare a scuola, ci aiutano… Davide …e ci sgridano se in mensa facciamo baccano. Ci guidano insomma! Maestro Ve lo ricordate il gioco della corda che abbiamo fatto quando siamo andati a

passeggio assieme, in autunno? Ci eravamo aggrappati a una corda lunghissima mentre andavamo a scoprire le vie del nostro quartiere…

L’attività cui faccio riferimento rientra nel progetto “Piedi sicuri”. Si tratta di un’iniziativa pensatadall’Ufficio Mobilità del Comune di Trento in collaborazione con i vari Istituti Comprensivi della città.Obiettivo primario è la sensibilizzazione degli alunni e delle loro famiglie a uno spostamento ecosostenibileverso/dalla scuola. Anziché utilizzare la macchina per raggiungere l’edificio scolastico al mattino o ritornare

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a casa al termine delle lezioni, si invitano i bambini a ritrovarsi in gruppo – in luoghi stabiliti del quartiere –per coprire il tragitto in compagnia, seguendo un percorso pensato per tutelarne la sicurezza e sotto lasorveglianza di un nonno vigile o di un genitore accompagnatore.Condizione indispensabile perché l’iniziativa si concretizzi è che i bambini conoscano l’ambiente in cuivivono e in cui si spostano: le vie, gli attraversamenti pedonali, i negozi cui rivolgersi in caso di bisogno. Lapasseggiata nel quartiere, svolta lo scorso autunno con i bambini della classe prima, rispondeva proprio aquesta finalità.Guidati da un insegnante che reggeva l’estremità di una lunga corda, gli scolaretti sono stati guidati allascoperta del rione dei Solteri. In quell’occasione sono stati rammentati loro alcuni comportamentifondamentali quando ci si sposta a piedi: attenzione ai pericoli e buona educazione.La multidisciplinarità dell’iniziativa si esplica in una programmazione congiunta fra l’insegnante di Geografiae la collega di Studi sociali: la trattazione di argomenti quali le direzioni, l’orientamento e i punti cardinalirisulta più produttiva se combinata a un discorso, ad esempio, sul rispetto delle regole del senso civico.Carolina: Era stata proprio bella quella passeggiata!Pietro Sì! Anche per me… Io non sapevo tante cose di questo quartiere.Nabila Io non sapevo proprio niente invece, perché mi sono trasferita qui da poco…Maestro: E ti sei lasciata guidare? Hai avuto paura? Nabila: No che non ho avuto paura! Mi sono fatta guidare, sì… perché mi fidavo. (…) Maestro: Di chi ti fidavi? Nabila Beh… delle maestre! Ma anche delle mie nuove compagne! E mi sono lasciata guidare. Maria Sole Sì. Sono stata io a darti la mano per tutto il tempo, ti ricordi? Maestro: Avete voglia di farvi guidare… anche in un gioco nuovo?

GIOCO A TEMA Si allestisce un percorso a ostacoli, disseminando nella stanza le corde, le sedie, le panche… Si mostra ai bambini quale è il percorso da seguire: si passa sopra le sedie, si striscia sotto le panche, si aggirano gli scatoloni, si deve evitare di toccare le corde sospese. Il percorso va svolto prima con la luce accesa o le tapparelle alzate. In un secondo momento lo stesso percorso va svolto con la luce spenta o le tapparelle abbassate, al buio. Solo dopo qualche minuto – quando cioè i bambini lamenteranno la difficoltà o l’impossibilità di coprire il percorso a causa della completa oscurità – verrà loro data la torcia o il frontalino luminoso. Per quanto più complicato, con questo aiuto sarà nuovamente possibile seguire il percorso e aggirare gli ostacoli. Varianti: al buio, i bambini possono svolgere il percorso in coppia, dando la mano a un compagno

Maestro Allora bambini! Vi è piaciuto questo gioco? Giuseppe Sì! Però con la luce non è stato difficile per niente! Simona Con la luce no… è stato facile, perché si vedeva. Davide Però al buio non si vedeva… Emma Non si vedeva niente! Io sono andata a sbattare contro la sedia, ahia! Luca Però quando il maestro ti ha dato la torcia, allora ci vedevi… Emma Sì che ci vedevo. E la sedia non l’ho più sbattuta! Maestro Quindi mi state dicendo che, con la luce, è stato più facile? In coro Sì, beh… ovvio! Maestro E perché, con la luce, è stato più facile? Maria Sole Perché con la luce si vede bene… Damian E si vedono anche gli ostacoli! Marcello Le sedie, le panche… le vedi e non ci vai a sbattere addosso. Matteo Perché con la luce della torcia è come se fosse giorno e sai dove vai! Carolina Perché… la luce ci guida!

2° storiaLa storia della bicicletta nel fosso

POSSIBILI TEMI DI RIFLESSIONE

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La storia delle coseLa nuova vita delle coseSolidarietàDare dà gioiaRispetto dell’ambienteDiversità e uguaglianzaSiamo diversi e strani ma unici e belliLa gratuità è un modo di essere e un modo di vivere

Venite! Andiamo a cercare una storia. Troviamone una bella, però! Disse Samuele Chanchitoteneva i due bambini per mano. Davanti ai loro occhi passavano giocattoli di ogni tipo. “Vi piacerebbe sentire una storia che ancora non è accaduta?” “Cosa vuol dire?” “Una storia che non è ancora successa!” “Oh sì, che bello! Raccontacela!” “Ecco… la vedete questa bicicletta?” “Sì! E’ bella, tutta colorata come quella di zio Endriu!” “Ci sarà una volta… un bambino bianco che avrà questa bicicletta. Un giorno, mentre pedala sulla pista ciclabile, la ruota davanti finisce su un sasso e il bambino cade. Non si fa molto male, ma la ruota della bicicletta si rompe. Il bambino la guarda, poi la getta in un fosso. “Me ne compro un’altra”, dice, e torna a casa arrabbiato. La bicicletta ora sta in fondo al fosso, solo, triste e bagnata perché la pioggia è iniziata a cadere. Il giorno dopo arriva un bambino verde. Vede la bici nel fosso e si ferma a guardarla. “Chissà chi è che l’ha buttata via!”, si domanda. “A me serve proprio un manubrio, perché il mio è rotto.” Così smonta il manubrio della bici nel fosso e lo monta sulla sua. Il giorno dopo ancora arriva un bambino blu. Anche lui vede la bicicletta nel fosso. “Manca il manubrio ma è quasi nuova.” Così smonta i pedali e li mette al posto di quelli della sua bici che sono un po’ arrugginiti. Mentre torna a casa incontra un bambino giallo, con una bici senza fanalino. “Perché non vai a prenderlo da quella bici che sta nel fosso?”, gli dice. Il bambino giallo lo ascolta e va anche lui a prendere il pezzo che gli serve. La bicicletta nel fosso non è per niente triste, anzi sorride ogni volta che le smontano un pezzo. Credeva di finire lì, buttata via solo per una ruota rotta e invece continua a vivere su tante altre biciclette. Ogni giorno arriva un bambino di colore diverso e prende un pezzo per la sua bici, fino a quando rimane solo la ruota rotta. La bicicletta nel fosso ora è un po’ triste: “Mi è rimasta solo una ruota rotta. Nessuno la prenderà. Non servo a nessuno. Due giorni dopo arriva un vecchietto. Vede la ruota tutta storta e la prende in mano. Fa per ributtarla nel fosso, quando gli viene in mente che può servirgli per aggiustare una carriola scassata. “La raddrizzerò”, dice. Così la prende e se la porta a casa. La bicicletta ora è felice: viaggia dappertutto, il manubrio con quel bambino verde, i pedali con quello blu, il fanalino con quello giallo, la ruota con la vecchia carriola del nonno… e tutti gli altri pezzi con tanti bambini colorati, perché il mondo è bello quando è pieno di colori!”

TRASCRIZIONE DIALOGO

Elenita Che bella questa storia! Io la conoscevo già, però con una bambola. Marcello Una bambola? Che perdeva i pezzi? Elenita Ah ah, sì… però era contenta perché dava via un braccio e poi una scarpa alle altre… Marcello E così tutte le bambole diventavano belle come lei? Damian Ma come si fa a essere belli senza un braccio o senza un occhio? Elenita Beh… la bambola era felice di dare i suoi pezzi alle altre bambole. Matteo Come la bicicletta! Anche lei dava i suoi pezzi a tutti i bambini. Simona Vuol dire che bisogna essere generosi! Carolina E dare un po’ a tutti. Maestro Caspita, vi ricordate tutto! L’avete ascoltata proprio bene questa storia! Damian Sì, era più bella della prima che ci hai letto. Emma Solo perché sei un maschio e a te piace andare in bicicletta! Maestro Pensate di essere il bambino bianco… quello che abbandona la bicicletta… Maria Sole Ah, secondo me è un po’ antipatico quel bambino perché cade e si arrabbia… Giuseppe Sì, non è stata colpa della bicicletta se lui è caduto! È perché ha preso una buca. Nabila Anche a me non è simpatico chi si arrabbia. Damian A me non è simpatico chi butta le biciclette e le lascia in giro e sporca tutto! Maestro Capita anche a voi, ogni tanto, di arrabbiarvi e dare la colpa a qualcos’altro? Nabila Come fa il bambino bianco che si arrabbia con la bicicletta? A me sì, capita…

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Luca Anche a me capita alcune volte… quando sono nervoso, dice la mamma. Davide O quando siamo stanchi e allora ci arrabbiamo per tutto. Maestro Qualcuno, però, ha tratto beneficio dall’arrabbiatura del bambino. Giuseppe Il bambino giallo! Simona Sì… ma anche il bambino verde e quello blu. E anche il nonno. Marcello Anche il mio nonno non butta mai niente. Dice che tutto può servire. Maestro Il tuo nonno ha ragione. Cos’hanno fatto i bambini con i pezzi della bicicletta? Emma Li hanno recuperati. Simona Li hanno usati per aggiustare le altre biciclette, che erano rotte. Pietro I pezzi li hanno presi e li hanno riciclati. Vuol dire che li hanno usati ancora. Carolina È come con la carta. Esiste anche la carta riciclata. Pietro Vuol dire che è carta usata ma puoi usarla ancora per scrivere o disegnare. Luca O come le bottiglie di plastica! Pietro La giacca della mia mamma è fatta con le bottiglie di plastica. Riciclate però! Maestro Cosa vuol dire riciclare? Damian Vuol dire non buttare via le cose vecchie… Emma …per usarle di nuovo, ancora. Pietro Vuol dire fare una cosa nuova con una cosa vecchia, come la bici… Matteo …che aveva la ruota rotta ma tutto il resta era aggiustato e funzionava bene! Maestro Non trovate che cambiare solo il pezzo rotto costi di meno di una bici nuova? Pietro Beh, sì… costa di meno… e funziona bene uguale, senza spendere troppi soldi. Simona E così, senza avere in giro tante biciclette rotte abbandonate, non ce n’è nessuna. Marcello Sì! Si fa meno inquinamento e meno sporcizia, le città sono più pulite… Simona …e soprattutto impariamo a usare di nuovo le cose vecchie!

E’ evidente come, a partire dal discorso ecologista sul riciclo e il recupero dei materiali, sia possibile approdare al campo della riflessione linguistica e ad alcune considerazioni grammaticali (ad esempio sugli aggettivi qualificativi e gli opposti: prima/dopo, rotto/aggiustato, bello/brutto). Ancora una volta, cioè, la multidisciplinarità si connota come il veicolo più adatto alla trasmissione di conoscenze e all’elaborazione di pensieri sui grandi temi dell’umanità, come è appunto il rispetto della natura.

GIOCO A TEMA Come: sul foglio di carta diviso in tre parti i bambini disegnano e colorano a piacimento una persona, unpupazzo, un mostro o un animale in questo modo: nella prima sezione il volto/muso, in quella centrale iltronco con le braccia e nella terza le gambe/zampe.Le tre parti vanno poi ritagliate. Tutte i volti/musi vengono radunati in un mucchietto, mescolandoli. Lastessa cosa si fa per il tronco con le braccia e per le gambe/zampe.A turno i bambini escono dal banco e pescano un volto/muso, un tronco con le braccia e le gambe/zampe.Ognuno sceglierà il nome della strana creatura che risulterà dall’unione dei tre pezzi e che andrà incollatasul quaderno e descritta ad alta voce.Varianti: la stessa attività è possibile tagliando in tre parti le fotografie – di formato uguale – degli scolari.

Damian Bellissimo questo gioco, maestro! Mi veniva da impazzire dal ridere! Elenita E che cosi strani sono venuti fuori! Simona La mia bambola ora ha le zampe da orso peloso! Emma E la mia bambina ha il corpo di un ciccione! Davide Il mio Power Ranger invece ha la faccia da Ciccio Bello! Damian Fanno ridere! Luca Però dai… non sono brutti! Carolina E’ vero… anche se diversi, tutti i pezzi stanno bene assieme. Giuseppe Sono più colorati. Più divertenti anche! Pietro E sono più belli, più originali!

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Maestro Quindi mi state dicendo che siamo tutti diversi però… In coro …però siamo fatti nello stesso modo!

3° storia

POSSIBILI TEMI DI RIFLESSIONEL’origine delle coseSiamo tutti importantiInsieme è meglioStare in gruppo dà gioiaL’unione fa la forzaSiamo diversi ma assieme stiamo beneCollaborare è vantaggioso

La storia della cioccolata “Samuele! Nicole! Avete voglia di fare un gioco?”“Sì! Quale?”“Quello dei cibi stranieri.”“Uhm… E come si gioca?”“Voi lo sapete che molte delle cose che mangiamo ogni giorno e che troviamo sulle nostre tavole a casa e in mensa provengono da lontano?”“No!”“Allora… venite con me! Io tocco una cosa e voi mi dite come si chiama.Poi io vi svelo da dove arriva, va bene?”“Dai!”Chanchito partì di corsa lungo le corsie piene di scatole, barattoli, bottiglie, sacchetti e tubetti di ogni genere.“Cominciamo con la frutta! Cosa sono queste?”“Arance!”, urlò Nicole indicandole col dito.“Bene! E sono arrivate dal Medio Oriente.”“L’ananas!”, esclamo Samuele.“…che viene dai paesi dell’Asia, come le Filippine e l’India… e anche dall’Africa!”“Le banane!”“Arrivano dalle regioni tropicali tra il Brasile e il Perù. E questi?”“Sono spaghetti…”“Sì, vengono dalla Cina. Laggiù li mangiavano già più di settecento anni fa! E queste?”“Sono patate!”, esclamarono in coro.“Brave! E…?“…pomodori!”“Bene! E questo? Guardate questo pacchetto…”“E’ cioccolato!”“Sì. Ora sedetevi qui che vi racconto la sua storia…”I tre si sedettero in un angolino e Chanchito si grattò un po’ la testa, poi inizio il suo racconto. Tanto tempo fa un uomo partì dalla Spagna a bordo di una nave. A lui e a tutti gli altri marinai della ciurma, essa sembrava tanto grande… ma quando fu persa in mezzo al mare era davvero piccola! Volevano andare in India e dopo mesi e mesi arrivarono in una terra che non avevano mai visto. Vi abitavano uomini diversi da loro, che indossavano vestiti strani, parlavano una lingua mai sentita, ma erano ugualmente uomini come loro. L’equipaggio credeva di essere approdato in India e così chiamò “indiani” gli abitanti di quel luogo. In realtà erano arrivati in America, però sapete come sono i grandi… quando si mettono in testa una cosa! Gli uomini delle navi scoprirono che in quella terra c’erano tante piante buone damangiare che loro non conoscevano. C’erano delle cose tozze che chiamarono patate, delle palle rosse che chiamarono pomodori e delle foglie che, se le facevi seccare e le arrotolavi, le potevi fumare. Poi… c’era una pianta che produceva una polvere scura che chiamavano cacao e sciolta nell’acqua era molto buona. Ne presero un po’ e la portarono nel loro paese. Uno dei marinai aveva un amico… marinaio anche lui e che viaggiava per mare. “Guarda cosa abbiamo trovato laggiù in India!” – che non era l’India – gli disse tirando fuori un sacchettino pieno di cacao. “E tu… guarda cosa abbiamo trovato noi in Asia!” E versò sul tavolo una polvere bianca, molto dolce. “La chiamano zucchero. Pensavo di venderlo”. Le due polveri erano tutte e

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due sul tavolo, una vicina all’altra. L’uomo del cacao, senza volerlo, diede un colpo al tavolo e le due polveri si mischiarono. L’amico prese con il dito un po’ di quel miscuglio e lo assaggiò. “Mmm, buono!”, disse. “E’ vero!” rispose anche l’altro, felice della scoperta. “Così nacque il cioccolato, dall’incontro di una pianta dell’Asia e di una dell’America. Come vedete, il cibo viaggia molto e fa giri strani!”

TRASCRIZIONE DIALOGO

Maestro Allora… voi pensavate che la cioccolata crescesse direttamente sull’albero? Pietro Ehm… io sì! Non sapevo che c’è un albero che fa il cacao. Elenita E io non sapevo che anche lo zucchero si fa con una pianta! Davide Però mio zio una volta mi ha portato in montagna e lì c’era una pianta che sapeva da

cioccolato. Mi ha detto che si chiama Negritella. Maestro Potremmo dire che la cioccolata è nata da… un incidente? Marcello Oh sì, però da un incidente buono! Damian Da un incidente goloso! Perché si sono scontrate due cose buone… Marcello Non si sono scontrate. Si sono mescolate. Damian Beh, è la stessa cosa! Simona Non è la stessa cosa. Perché se si scontravano magari non veniva una cioccolata così

buona. Invece il cacao e lo zucchero si sono mescolati assieme. Sono state gentili. Damian Cavoli, hai ragione… non ci avevo pensato che non si erano presi a pugni, pam pam! Maestro Cosa vi ricordano il cacao e lo zucchero che si mescolano assieme? Emma I colori! Maria Sole Sì! Li abbiamo fatti all’asilo. E anche col teacher di inglese. Emma Mixing colours! Maria Sole Ad esempio se prendi il yellow e lo mescoli col blue esce il grey. Luca Non esce il grey! Esce il green, il verde! Maria Sole Ah sì, mi sono sbagliata… oppure col red e col white si fa il pink. Nabila E col red e con il yellow si fa l’orange, che è l’arancione. Matteo Però anche gli ingredienti si mescolano! Se voglio fare una torta devo… Simona …devo mescolare gli ingredienti. La farina, le uova… Matteo …il lievito, Luca …la mia nonna ci mette anche un pizzico di sale, dopo lo zucchero. Maestro Provate a pensare se le uova non volessero andare con la farina… Davide O se il lievito non volesse andare col sale! Luca O se il burro non volesse sciogliersi, anche! Giuseppe Non si fa la torta! Se gli ingredienti non si mescolano è impossibile fare la torta! Maestro Pensate a quello che avete mangiato poco fa in mensa… Marcello Che schifo! Il minestrone… In coro Bleach! Maestro Ma a qualcuno il minestrone piace. A me, ad esempio, piace tanto. Però provate a

pensare a un minestrone senza carote, perché stanno antipatiche alle patate, che stanno antipatiche alle cipolle…

Emma Ah ah maestro! Non avresti mangiato il minestrone! Simona Ti rimaneva solo acqua calda, che schifo! Maestro Collaborare e andare d’accordo quindi è importante, no? Cosa succederebbe se voi

foste come il cioccolato senza lo zucchero o come il minestrone senza i fagioli o come la torta senza la farina?

Carolina Beh… la torta senza farina non si può fare! Saremmo anche noi… strani! Luca Ci mancherebbe un pezzo. Pietro Non saremmo completi. Damian Come il nonno di un mio amico… a lui manca una gamba! Maestro Potremmo dire, allora, che per essere realmente noi, per essere davvero completi,

abbiamo bisogno degli altri? Io non sarei un maestro senza di voi… Se non avessi voi,

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a chi insegnerei? E voi no sareste alunni se non ci fossi io… da chi imparereste? Emma Forse dalla mamma! Maestro E se la mamma non ci fosse? Emma Saremmo bambini senza mamma! E senza di noi la mamma non sarebbe… una

mamma! E anche il papà… Matteo …senza di noi non sarebbe un papà. E senza la mamma non sarebbe niente. Ho

sentito che ieri lei diceva così a lui… Maestro Lo volete fare un gioco stupendo? In coro Sì!

Ancora una volta l’attività di gioco proposta è il culmine di un discorso che si può intrecciare sui molteplici filoni della multidisciplinarità. La storia della nascita della cioccolata, infatti, ben si presta a considerazioni più ampie sull’origine di molti piatti elaborati che consumiamo tutti i giorni: quali ingredienti sono necessari per eseguire questa ricetta? Da quali paesi lontani provengono? Oltre a considerazioni di carattere prettamente culinario, poi, è possibile agganciarsi a riflessioni su una corretta alimentazione equilibrata (quanti dolci mangiamo? Mi piacciono la frutta e la verdura?) e sensibilizzare i bambini verso una maggiore attenzione ai gusti e agli aromi: quali sapori riesco a riconoscere? Quali profumi? È dolce, salato, amaro? Educazione alla salute (l’alimentazione), scienze (i sensi del gusto e dell’olfatto), geografia (la provenienza degli ingredienti, cibi dal mondo) ben si conciliano con una lingua straniera. Personalmente ho proposto il gioco seguente in tedesco e in inglese.

GIOCO A TEMA Come: i bambini sono seduti sulle sedie, disposte in cerchio, ad eccezione di uno. L’insegnante dà a ognibambino il nome di un frutto: mela, Apfel, apple; pera, Birne, pear…Il bambino senza sedia impartisce l’ordine: si alzino, steh’ auf, stand up… e aggiungerà il nome di due frutti.I frutti chiamati dovranno alzarsi e scambiarsi di posto. Durante l’operazione, il bambino che era senzasedia proverà a fare sua una sedia. In questo modo, a turno, tutti i bambini resteranno senza sedia.Dopo un po’, i frutti chiamati potranno diventare tre, quattro, cinque. All’ordine: macedonia, Obstsalat,fruit salad tutti i bambini si alzeranno contemporaneamente e si scambieranno di posto.Varianti: la stessa attività è possibile con i nomi delle verdure, dei paesi, delle nazionalità, degli animali.L’ordine collettivo sarà rispettivamente: Zuppa!, Mondo!, Zoo!

Nabila Mi è piaciuto un sacco questo gioco! E mi è piaciuto essere la grapes… Davide Eh sì! Senza uva la macedonia non sarebbe mica così buona! Nabila ridendo Oh… anche senza di te, Davide apple!

4° storiaLa storia della spiga di grano

POSSIBILI TEMI DI RIFLESSIONE L’amicizia Essere comunitàL’invidia I pettegolezzi Il giudizio della gente La diversità come limite Responsabilità personale La diversità come ricchezzaIl perdonoScegliere con la propria testaFelicità e tristezza

La storia della spiga di grano Chanchito, Samuele e Nicole proseguirono il loro giro fra i corridoi del supermercato. “Quante cose! Quanti colori”. “Già, è bello quando ci sono tanti colori, eppure molta gente dice che fanno confusione.” “Ma non è vero!” “Lo so, ma non tutti la pensano allo stesso modo.” “Ma… pensa che brutto se la nostra cameretta o questo supermercato fossero tutti di un colore solo! Disse Nicole imbronciandosi. “E’ vero, ma sai che la

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gente è strana. A volte ha paura di tutto quello che è diverso.” “E’ un peccato.” “Sì. La conoscete la storia della spiga di grano che si sentiva sola?” “No dai, raccontacela tu!” esclamarono i due cuginetti. “Venite, andiamo vicino allo scaffale del pane. È lì che c’è quella storia”. “Chanchito…”, disse Samuele mentre il loro amico già partiva di corsa, “…ma le storie sono proprio dappertutto?” “Sì, ma spesso la gente non le vede. E allora restano inascoltate e tristi. Ci sono tante storie nel mondo, come i colori, ma – ve l’ho già detto – spesso la gente vuole sentire sempre una storia sola, sempre la stessa.” “E non si possono raccontare ovunque?” “Sì, si può, ma è meglio andare dove ci sono i personaggi, così loro rivivono e sono più contenti.” “Allora, andiamo!”, gridarono assieme Samuele e Nicole e partirono di corsa, mentre un cagnolino, spaventato, si mise ad abbaiare nel vedere passare i due bambini e lo strano pupazzo rosa. “Ecco, vedete quelle pagnotte?” “Sì.” “Sono fatte col grano.” “Sì.” “Lo sapete davvero o mi dite di sì tanto per dire?” “Lo sappiamo!”, dissero i bambini un po’ offesi. “C’era una volta una spiga di grano che viveva… in un campo di grano! Non stava male: cresceva, diventava bella bionda e poi gli uomini le tagliavano il gambo, ma l’anno dopo lei ricresceva, sempre nello stesso campo. Ormai conosceva tutte le altre spighe e le piaceva chiacchierare con loro. Alcune le erano antipatiche, altre erano sue amiche. Però, con il passare del tempo, la spiga iniziò ad annoiarsi, a parlare sempre delle stesse cose con le stesse spighe. La vita nel campo diventava monotona. La spiga ricresceva ogni anno nello stesso campo, ma non nello stesso posto. Così accadde che un anno si trovò a crescere al bordo del campo. Da lì poteva guardare al di fuori e vide che non era tutto uguale come il suo campo: c’erano fiori, ortiche, alberi, cespugli, un sacco di piante diverse! La spiga attaccò discorso con un papavero rosso che cresceva lì vicino e chiacchierarono del più e del meno. Ogni tanto il fiore doveva alzare la voce, perché le api che venivano a prendergli il polline ronzavano troppo forte: “Lo ripeto loro sempre di non fare tutto quel zzz zzz, ma niente… non capiscono! Però mi aiutano. Se non fosse per loro, sarei da solo”. Poi la spiga si mise a parlare con un’ortica: “E’ un po’ triste essere un’ortica, perché tutti ti girano alla larga. Però ci sono anche dei vantaggi: nessuno ti viene a strappare il gambo”. Lì vicino c’era anche un orto dove crescevano cipolle, pomodori, fagioli e altre verdure. Era un ambiente allegro. Gli ortaggi scherzavano tra di loro e si prendevano simpaticamente in giro. I fagioli ridevano dei pomodori, così panciuti e tondi. “Sarete belli voi, così secchi, lunghi e magri!”, rispondevano quelli in coro. “Guarda che orecchie grandi ha quell’insalata! Ah ah ah!” “Guardate il vostro nasone a punta, carote!” E tutti ridevano a crepapelle. Alla spiega piaceva quell’ambiente e iniziò a scherzare anche lei e anche a essere presa in giro. “Chi è quella bionda lì”, domandava una cipolla un po’ invidiosa. “E’ una nuova, molto carina.” “Macché carina, non vedi com’è magra? Guarda i miei fianchi larghi!” E giù tutti a ridere della cipolla che faceva il verso alla fotomodelle. La spiga era contenta perché stava scoprendo molte cose nuove e si era fatta tanti amici divertenti e simpatici. Alcune delle altre spighe la guardavano male: “Quella lì sta sempre a chiacchierare con gli altri. Ma sono piante diverse da noi! Come si fa a parlare con quelle? Cosa vuoi che abbiano da dire?”, dicevano antipatiche. Un giorno arrivarono alcuni uomini vestiti bene e si misero a parlare con il contadino. “Bisogna produrre più grano e lasciare perdere il resto. Rende di più”, affermavano. Il contadino si grattava la testa perplesso. Lui ci teneva alle sue patate, ai suoi fagioli, ma anche ai fiori e alle ortiche, anche se non raccoglieva mai ne gli uno ne le altre. I signori vestiti bene però offrirono dei soldi al contadino e lui, che doveva comprare un trattore nuovo perché il suo era rotto e vecchio, alla fine accettò. Così un giorno, con il suo trattore nuovo, iniziò ad arare il terreno vicino al campo di grano. “Addio.”, disse il papavero rosso alla spiga, mentre veniva schiacciato dal trattore. “Addio.”, ripeté l’ortica prima di essere strappata dal terreno. “Ahia!”, fece l’albero con voce triste, prima di essere tagliato e cadere per terra. Uno per uno la spiga vide sparire tutti i suoi amici. “Ben le sta…”, dicevano le altre spighe invidiose, “…così la smetterà di parlare con chiunque”. Dopo un po’ di mesi, nel terreno vicino a lei c’erano centinaia di spighe, uguali a lei. Le spighe invidiose iniziarono subito a fare amicizia con le nuove spighe e a spettegolare. Anche la nostra spiga si era fatta delle amiche tra le nuove arrivate, ma era triste perché i discorsi erano sempre uguali, sempre le stesse storie, sempre la stessa tiritera. Pensava spesso ai suoi vecchi amici, ai loro colori, alla loro forma. Intanto il tempo passava e le spighe diminuivano e crescevano sempre più distanti tra di loro. Erano sempre di meno nel campo e a volte per parlarsi erano costretti a urlareAnche il contadino se ne era accorto: non era più il bel campo di prima. Le spighe erano diventate più piccole e magre. Si grattò la testa perplesso e si mise a pensare a cosa non andava. “Il concime l’ho messo, l’acqua l’ho messa nei canali, il sole è stato caldo, la pioggia è stata buona.” Non c’era niente che non andasse, eppure quel grano non era mai stato così striminzito. “Non sarà forse che un terreno coltivato tutto con le stesse piante diventa più povero?”, si chiese il contadino. Aveva ragione. Quando i signori vestiti bene arrivarono per comprare il grano dissero che era un raccolto misero e lo pagarono solo pochi soldi. Allora il contadino decise di fare di testa sua. Seminò di nuovo il grano nel primo campo, fece un piccolo orto e lasciò un terreno libero di fianco. Così, dopo alcuni anni, tornarono a crescere fiori, ortiche, cespugli, cipolle e

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fagioli. “Avete visto che si sta meglio con gente diversa?”, disse la spiga alle sue compagne invidiose. E queste si convinsero che un mondo vario è un mondo più ricco e bello.”

TRASCRIZIONE DIALOGO

Damian Certo che quei due bambini… Samuele e Nicole… sono proprio curiosi! Emma Proprio vero! Vogliono sapere tutto e chiedono sempre perché! Maestro E vi sembra una cosa brutta chiedere perché? Davide No! Io chiedo sempre perché, quando non capisco una cosa. Marcello La mia mamma me lo dice sempre che se non capisco a scuola devo chiedere perché! Simona Anche il mio fratellino piccolo chiede sempre perché, perché, perché? Maestro Forse anche Samuele e Nicole chiedono sempre perché… perché sono curiosi! E hanno

voglia di scoprire cose nuove… Matteo E Chanchito li aiuta! Simona E risponde a tutte le domande. Però al tempo stesso insegna cose anche a noi. Maestro Cosa, ad esempio? Simona Beh, che il pane si fa col grano… Damian Ah ah, non lo sapevi? Simona No… pensavo che il pane si facesse con la farina... Damian Ma la farina si fa col grano macinato! E con la farina poi si fa il pane! Maestro Vedete: gli oggetti ci raccontano sempre una storia. Solo che a noi sembrano muti

perché tante volte non li sappiamo interrogare. Invece, quando vediamo un oggetto, dovremmo chiederci da dove viene, di che cosa è fatto…

Carolina …che strada ha seguito per arrivare fino a noi! Maria Sole …se è da buttare o può servire ancora, come la bicicletta dell’altra storia. Maestro A volte un oggetto può raccontarci una storia allegra, altre volte può raccontarci una

storia triste. In ogni caso sarà sempre una storia ricca e interessante e avremo imparato qualcosa di nuovo.

Luca Perché la storia della spiga di grano è un po’ triste! Carolina All’inizio sì, è triste… però poi diventa una storia bella e finisce bene. Luca E allora è una storia un po’ triste ma anche un po’ felice. Maestro Dite bene! A volte una storia inizia male ma poi si sviluppa bene… E la storia della

spiga sembra proprio dirci che non dobbiamo essere tristi, anche quando le cose sembrano mettersi al peggio… perché possono sempre migliorare!

Matteo Esatto! Prima la spiga era felice, poi triste, poi di nuovo felice, poi ancora triste e alla fine… finisce felice!

Pietro Sì, è felice quando succedono cose belle. Ma è triste quando succedono cose brutte. Marcello E’ felice all’inizio, quando è contenta in mezzo alle sue sorelle spighe. Damian Non sono sorelle. Sono amiche. Però sono felici lo stesso e anche lei è felice. Nabila Poi si annoia perché i discorsi con le sue amiche e sorelle sono sempre uguali… Carolina …e allora è triste. Davide Poi un anno non cresce più in mezzo al campo, ma al bordo. E da qui si accorge che

c’è un orto dove crescono tante verdure diverse. I fagioli, le cipolle… Carolina …la lattuga con le orecchie grandi, le patate. E la spiga torna felice perché si diverte

con loro, che sono simpatici e gentili. Marcello Ma intanto le altre spighe sono invidiose e parlano male di lei e dicono che non deve

parlare con le altre verdure. Giuseppe E così la spiga diventa ancora triste. E diventa ancora più triste quando il contadino

col trattore nuovo strappa le erbacce e taglia le ortiche e sega gli alberi… Pietro …e ha il trattore nuovo perché quello di prima era vecchio e lo doveva cambiare. E

lui lo ha comperato coi soldi che i signori vestiti bene gli hanno dato… Luca …in cambio di più spighe di grano, però senza altre verdure. Emma E allora la spiga diventa tristissima perché tutti i suoi amici le dicono addio e lei è

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sola e non ha più amici. Marcello Anche io sono triste quando sono solo… Emma Io da sola mi annoio! Non so mai a cosa giocare se sono da sola… Maestro Però poi, per fortuna, succede qualcosa di bello… Emma Sì! Il contadino vede che le spighe muoiono o crescono piccole, non mi ricordo….

perché nel campo c’erano solo troppe spighe… Simona …e non c’erano altre verdure… Emma …e allora il contadino decide di piantare di nuovo le ortiche e le altre piante. Damian Le ortiche non si piantano. Crescono da sole! Emma Beh… pianta i fagioli allora, e anche le cipolle e le patate… Pietro E i fiori anche! Maestro E la spiga? Continua ad essere triste e sola? Carolina Ma no! Non è più triste e sola perché sono tornati i suoi amici. Luca E perché non si annoia più. Pietro E ha di nuovo qualcuno con cui parlare. Maria Sole E anche le altre spighe, alla fine, sono contente perché hanno capito che non era

bello parlare male della loro amica… Damian Non è loro amica. È loro sorella! Maria Sole ridendo Ma prima hai detto che erano amiche, e adesso sorelle! Matteo E almeno tutte, amiche o sorelle, sono contente. Maestro Se poteste scegliere di essere un abitante di quel campo, voi chi vorreste essere? A

me piacerebbe essere il papavero perché è un fiore fragile ma molto bello! Giuseppe A me la spiga di grano. Emma Anche a me. Elenita Anche a me. Però la spiga simpatica. Non le altre. Luca Io vorrei essere l’ortica, così non mi strappano. Damian Posso sceglierne due? La spiga e… il trattore! Maestro Perché quel campo era così bello? Pensate a un prato… cos’è che lo fa così speciale? Marcello Tutte quelle piante… Simona …che erano diverse e avevano colori diversi. Nabila Perché quando il campo era solo di spighe era triste e tutto uguale. Davide E povero, come ha detto il contadino. E produceva poco. Maestro Non vi sembra che anche la nostra classe sia come un bellissimo campo? E anche la

nostra scuola! O il nostro quartiere… Giuseppe Anche la mia squadra di calcio, perché siamo tanti. E c’è chi attacca, chi difende… Damian …e io sono il portiere e sto in porta! Simona Allora anche la nostra città! Perché ci sono i trentini e ci sono anche quelli che

vengono da lontano… Luca …come Nabila, che viene dalle Filippine! Maestro Forse la nostra classe sarebbe più brutta senza Nabila? O senza la bambina

giapponese che c’è in quinta? O senza qualcuno di noi? Elenita Mi sa di sì ma per fortuna ci siamo tutti! Giuseppe E in tutti facciamo la nostra classe. Maestro …che è unica, bellissima e… In coro …speciale!

“La diversità” è senz’altro fra i temi che più si prestano a molteplici interpretazioni. La possibilità di parlare di biodiversità in differenti ecosistemi (il prato, il bosco, il mare) apre la scena alle discipline delle Scienze naturali e della Geografia e offre numerosi spunti di riflessione sulla ricchezza delle forme di vita, le loro interrelazioni (predatori/prede) e il loro ruolo nella catena alimentare (consumatori, erbivori, carnivori). Da questi ecosistemi naturali, poi, è facile l’approdo a un ecosistema sociale, come la città e la famiglia. Durante le lezioni di Studi sociali si potrebbero fare considerazioni sulle dinamiche esistenti fra diverse persone e professionalità: un uomo può essere marito ma anche papà e panettiere; una mamma può essere figlia,

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sorella, moglie, mamma e casalinga; un bambino può essere figlio, fratello, nipote, cugino, scolaro, giocatore di calcio… Gli alunni potrebbero essere accompagnati nella riflessione sull’importanza e irrinunciabilità dei vari ruoli, oltre che sulle conseguenze della loro mancanza: cosa succederebbe se lo spazzino non pulisse più le strade? O se la nonna non stirasse più le camicie al nonno? E se il maestro non si preparasse le lezioni da fare a scuola? Le riflessioni sui gruppi di appartenenza potrebbero rivelarsi utili anche nell’ambito della Matematica, a proposito degli insiemi e della logica. Con l’insegnante di Italiano i bambini potrebbero descrivere il proprio ecosistema preferito, la propria famiglia o immaginare “cosa succederebbe se…”, sviluppando così capacità di astrazione e fantacognizione. Con l’insegnante di Tecnologie e Arte potrebbero dare forma visiva al proprio albero genealogico, alla disposizione della loro classe o alla riproduzione delle bio-dinamiche presenti nell’acquario che si trova nell’atrio scolastico, oltre che realizzare un cartellone con i vari incarichi personali (distributore dei quaderni, raccoglitore dei buoni mensa, addetto alle fotocopie). Anche le Lingue straniere e la Musica si connotano come discipline particolarmente adatte alla trattazione del tema della “diversità”: musiche e ritmi provenienti da tutto il mondo, canzoni e filastrocche in tedesco e inglese hanno il pregio di fornire ai bambini un orecchio cosmopolita e contribuire a formare in loro un atteggiamento di accoglienza e apertura al nuovo.

GIOCO A TEMA Come: i bambini, divisi in gruppetti,collaborano alla ricostruzione di un puzzle realizzato con una grande fotografia della loro classe, immortalata durante un momento felice (in gita o durante il concerto di Natale). Varianti: l’insegnante, volutamente, si dimentica di dare a ogni gruppo un pezzo del puzzle che, così, risulterà incompleto.

Maestro Cosa è successo quando vi siete accorti che mancava un pezzo? Emma Eh… abbiamo capito che non potevamo finire il nostro puzzle! Nabila Che sarebbe rimasto incompleto! Con un buco in mezzo. Davide A me non andava di non finire il puzzle. Non mi piacciono se non sono finiti!

(…) Maestro Potremmo dire che anche ciascuno di noi è come un pezzo del puzzle? Elenita Oh sì! Se mancasse qualcuno di noi, la nostra classe sarebbe incompleta! Marcello Senza qualcuno di noi sarebbe incompleta… e meno bella!

5° storiaLa storia dei pesci in scatola

POSSIBILI TEMI DI RIFLESSIONE Dare e avere. L’equità Dare per avere. La giustizia Responsabilità personale La diversità come ricchezza Le disuguaglianze Felicità e tristezza

La storia dei pesci in scatola abita tanta gente. Ma per spiegarvelo è meglio che facciamo un gioco”. Il tonno fece un fischio e “Siamo finiti nel mare?”, chiese di colpo dalle scatole uscirono Samuele. “No, siamo sempre nel pesci, granchi e conchiglie di tutti supermercato”, gli rispose Nicole. i tipi. “Venite, ci sono degli “Ma io vedo tanti, tantissimi amici. Gli facciamo vedere il gioco pesci!” “Sì, ma sono pesci in del mare?” “Va bene, va bene!”, scatola”. I due cuginetti guardarono risposero gli animali in coro. le etichette colorate con sopra “Allora… cominciamo. Prendiamo uno pesci di ogni tipo e sembrò loro che scatolone vuoto. Ecco, questo è il fossero vivi da quanto erano mare”. “Il mare?”, chiede Nicole. disegnati bene. “Ma qui non ci sono “Sì, facciamo finta che sia il mare. storie?”, chiesero a Chanchito. Lo sapete, il mare è di tutti e “Certo che ce ne sono, venite a tutti possono pescare. Fino qui va vedere”. Si avvicinarono a una pila bene, ma adesso giochiamo. Ehi, di scatole rettangolari di metallo e tutti qui!”, urlò il tonno agli il porcellino verde iniziò a bussare altri e subito si avvicinarono una a una delle lattine. Bussò due o tre trentina di scatolette di pesci. volte fino a che dalla scatola “Bene, quindici di voi vadano nello spuntò il muso di un tonno.

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scatolone… no, scusate… nel mare.” “Chi è che bussa?” “Sono io, “Alè!”, disserò i primi quindici Chanchito.” “Ah, ciao!” “Senti… sono pesci e saltarono in quel mare di con due amici. Si chiamano Samuele e cartone. “Ecco, ora il mare è Nicole”. “Mmm…”, disse il tonno, popolato di pesci, come dovrebbe guardando dall’alto in basso i essere.” “E noi?”, chiesero i quindi riccioli biondi della bimba. Era un pesci rimasti fuori. “Voi fate i vecchio tonno ed era un po’ pesci che devono ancora nascere”, sospettoso. “Non ti preoccupare…”, rispose il tonno. “Evviva!” “Tu le disse Chanchito, “…sembra un po’ invece…”, disse il tonno a una burbero ma è un pesce buono”. “Tu sogliola che era arrivata anche lei vivi lì dentro?”, gli chiese Nicole. per giocare, “…ripopoli il mare”. “E “Adesso sì, purtroppo. Ma una volta come devo fare?” “E’ facile… a ogni vivevo in mare aperto.” “Era bello?” giro prendi uno dei pesci che devono “Perdincirindina se era bello! ancora nascere e lo metti nel mare.” C’erano un sacco di pesci. Oggi “Ok, ho capito.” invece non è più così.” “Perché?” “Bene. Io, Samuele, Nicole e “Per colpa vostra.” “Nostra?”, Chanchito siamo i pescatori e questo chiesero all’unisono i due bambini. è il nostro mare. Tutti noi possiamo “A pensarci bene no. Voi siete due pescare in questo mare. Ognuno di piccoli e lui… è un maiale verde! Io noi, a turno, può prendere quanto volevo dire che è colpa degli esseri pesce vuole. Comincio io.”, disse il umani adulti.” “Spiegaci meglio”, tonno e prese una scatola dallo dissero i due cuginetti e si scatolone. La sogliola, prontamente, sedettero per terra ad ascoltare il gettò un’altra lattina nel mare. vecchio tonno. “Tocca a te”, disse a Nicole e lei “Vedete qui, tutte queste scatole, infilò la sua manina per prendere una sopra l’altra? Sembrano uno di una scatola. Subito la sogliola, quei palazzi dove vivete voi uomini. zac!, gettò una scatola nel mare. In ogni scatola c’è un pesce. Qui Toccava a Samuele e a Chanchito: siamo noi tonni. Laggiù a destra ci anche loro presero una scatola sono le acciughe, qui sotto le ciascuno e la sogliola le rimpiazzò aringhe, lassù le vongole. Ci siamo immediatamente con due altre tutti. Anche il mare è come un scatole. “Ecco, vedete: se tutti noi condominio, un grande palazzo dove prendiamo una scatola, il mare rimane uguale. Nello scatolone ci impoverisce. I pesci diminuiscono e sono ancora quindici pesci e la vita prima o poi scompaiono, come nello continua.” “E’ vero”, dissero gli scatolone.” “Accidenti, è vero.”, altri tre assieme. replico Samuele, che era rimasto “Ora ricominciamo. Io questa volta senza pesci e aveva messo la testa faccio come i pescatori egoisti e nello scatolone per controllare che prendo tre scatole.” La sogliola ne fosse realmente vuoto. “Ecco perché rimise una nello scatolone. “Anche i supermercati sono pieni di pesci io ne prendo tre.”, disse Nicole e in scatole e nel mare è rimasto poco la sogliola ne infilò una sola nello da pescare ormai.” scatolone. “Allora anche noi ne I due bambini rimasero in silenzio a prendiamo tre ciascuno.”, dissero guardare il vecchio tonno, che Samuele e Chanchito. La sogliola adesso aveva un’espressione un po’ gettò solo due lattine nello triste. Poi raccolsero tutte le scatolone. Erano rimasti solo sette scatole che avevano pescato e le pesci in quel mare. “Io continuo a gettarono nello scatolone. “Ecco, prenderne tre.”, disse ancora il adesso il mare è di nuovo pieno di tonno. “E io anche!”, gridò Nicole. pesci!” “Bravi, ma bisogna dirlo a “E allora io faccio lo stesso.”, quelli che pescano davvero. Questo è rispose Chanchito. La sogliola solo un gioco.”, disse il tonno. continuava a sostituire sempre una “Grazie per averci spiegato come scatola per volta. Era il turno di funziona il mare.”, intervenne Samuele ma… il mare era vuoto! Chanchito riprendendo per mano i due “Ecco, avete visto? Se tutti cuginetti. “Figurati, venite a pescassero poco per volta, il mare trovarci ogni tanto. Ci fa sempre riuscirebbe a generare pesci a piacere scambiare quattro sufficienza. Invece gli uomini chiacchiere.” “Ciao!” “Arrivederci, pescano troppo e il mare non ce la bambini.”, risposero il tonno e fa più a resistere. Così si tutti gli altri pesci. Anche questa storia si presta alla trattazione del tema della diversità. Come la storia della spiga, anche il racconto dei pesci in scatola porta alla considerazione che la diversità può essere interpretata e vissuta in una duplice maniera. Se da una parte il nostro essere speciali si manifesta nella gioia di essere unici e irripetibili, dall’altra esso può essere letto amaramente come condizione di solitudine di chi è “nato sbagliato”. Allenare i bambini all’accettazione della diversità – propria e altrui – richiede tempo e costanza. L’insegnante dovrebbe esserne consapevole: come affermava Durkheim “L’educazione è paziente e continua, e gli scopi della didattica non ricercano successi istantanei e apparenti. L’educazione ha dalla sua tutti i mezzi necessari per imprimere un marchio indelebile nelle vite dei bambini.” Émile Durkheim, La sociologia e l’educazione. Ledizioni, 2009 La storia del tonno riparte proprio dove la narrazione della spiga si era interrotta e si presenta come sua naturale prosecuzione e sviluppo. Accettata, si spera in senso positivo, la nostra condizione di diversità, il cammino di crescita di ogni essere umano deve continuare verso l’assunzione di responsabilità. Ogni nostra azione ha una conseguenza della quale, grande o piccola essa sia, siamo chiamati a rispondere. È importante che ai bambini arrivi il messaggio che non solo gli adulti hanno dei doveri da rispettare, ma che anche loro – per quanto piccoli – devono onorare i proprio impegni. Seppur impegnativo – e forse anacronistico in un’epoca di individualismo come la nostra – credo sia irrinunciabile che la famiglia e i genitori in primo luogo e l’istituzione scolastica

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poi tornino a parlare del valore della “responsabilità”. Molti dei mali che affliggono la nostra società nascono forse da un’eccessiva giustificazione degli sbagli compiuti. Se vogliamo costruire un mondo migliore dobbiamo partire dai bambini e sforzarci di insegnare loro – con le dovute attenzioni e le dovute modalità – che “essere diversi comporta anche responsabilità differenti”.

Elenita Questa storia del tonno mi ricorda quella della spiga. Marcello Anche a me. Perché nel campo dove cresceva la spiga c’erano tante piante diverse e

allora era bello. Nabila C’erano le verdure, i fiori colorati, gli alberi… Davide …e anche se c’erano le ortiche era bello lo stesso!

(…) Maestro Mi state dicendo che il campo della spiga assomiglia al mare del signor tonno. Luca Sì, perché anche nel mare ci sono tanti pesci di tutte le forme e di tutti i colori… Matteo …e se manca anche uno solo di quei pesci, i suoi amici sono tristi… Luca …e il mare più povero!

GIOCO A TEMA, SUGGERITO DALLA STORIA STESSA Come: i bambini giocano a turno, a gruppetti di tre: uno sarà il “pescatore”, un altro farà la parte del signor tonno che “impartisce gli ordini”, un altro avrà il ruolo di “pesce che rimpiazza”. Lo scatolone è pieno di palline. Anche intorno, sparse per la stanza, ce ne sono tante. Il signor tonno dice a voce alta quante palline il pescatore può pescare e quante palline il pesce che rimpiazza dovrà sostituire. Per rendere più accattivante il gioco si può presentarlo sotto la forma di “sfida”: fra il pescatore e il pesce vince chi, per primo, finisce di pescare/rimpiazzare le palline. Varianti: gli ordini impartiti – che costituiscono un valido esercizio di aritmetica, in quanto vengono allenate le capacità di addizione e sottrazione – possono essere impartiti in una lingua straniera.

6° storiaLa storia di nonna Gea

POSSIBILI TEMI DI RIFLESSIONELa storia delle coseLa nuova vita delle coseSolidarietàDare dà gioiaRispetto dell’ambienteDiversità e uguaglianzaSiamo diversi e strani ma unici e belli

La storia di nonna Gea quella bambina che mi accarezza?”, chiese nonna Gea. “E’ Nicole, Storia dopo storia, Samuele e Nicole nonna.” “Meno male che c’è ancora avevano percorso tutto il qualcuno che mi vuole bene.” “Perché supermercato e si erano avvicinati stai male, nonna?”, domandò Samuele. alle casse. Qui trovarono una “E’ una storia lunga. Tu adesso mi bambina, Stefaniotta, che sferrava vedi vecchia e malandata, ma una colpi a destra e a sinistra e volta ero fortissima. Non mi batteva intanto strappava alcuni sacchetti nessuno. Gli uomini mi camminavano di plastica urlando: “Via! Via! sopra, senza ferirmi. Erano leggeri, Cattivi!” Chanchito le chiese: anche se avevano gli scarponi. Mi “Perché strappi tutti questi spettinavano un po’, ma erano sacchetti?” “Perché fanno stare male gentili. Ogni tanto mi graffiavano la mia nonna! Cattivi!”, gridò con le loro zappe, ma non facevano mentre riduceva in brandelli una male e le ferite guarivano in pochi borsa della spesa. “Tua nonna?” “Sì, mesi. Poi mi facevano bella. Mi non ci credete? Venite a vedere.” coprivano di piante e fieno. Mi I tre seguirono Stefaniotta rubavano un po’ d’acqua, ma non attraverso un passaggio tra tanta… e io li lasciavo fare.” I tre scatoloni di detersivo per lavatrice bambini ascoltavano in silenzio. in offerta finché si trovarono su un “Poi, non so perché, gli uomini sono sentiero. Stava diventando buio e si cambiati. Io non ho fatto loro vedeva poco. Il sentiero, poco per niente, ma sono diventati più volta, si faceva più ripido. “Dove è cattivi e pesanti. Hanno cominciato tua nonna?”, chiese Chanchito. “Un a farmi graffi sempre più profondi e po’ più in su, ma non è lontano.” a coprirmi di plastica e cemento. Ho Continuarono a salire, poi Samuele chiesto loro il motivo, ma nessuno sentì un lamento debole,

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come di rispondeva. Erano sempre di corsa a qualcuno che respira a fatica. “Chi scavare e a tagliarmi gli alberi di è?”, chiese la voce, che sembrava dosso. “Non fatelo”, dicevo loro, quella di una vecchia. “Sono io, perché è pericoloso… ma niente, loro nonna Gea.” “Ah, meno male sei non mi ascoltavano. Così un giorno arrivata Stefaniotta. Guarda cosa mi non ce l’ho più fatta a trattenermi hanno fatto.” Samuele e Nicole non e mi sono scrollata per vedere se capivano da dove venisse quella voce riuscivo a mandare via quella gente. e guardavano la bambina con occhi Mi dispiace, non volevo farlo, ma meravigliati. “E’ lei, mia nonna… non c’era altro modo. Ho dato una sta male.”, disse Stefaniotta spallata e a valle sono cadute indicando i pendii della montagna. pietre e terra, che hanno sommerso “Tua nonna è una montagna?” “Sì. le case e portato via tutto. Non Nonna Gea, ho portato tre amici con volevo, ma speravo che avrebbero me. Sono venuti a salutarti.” “Oh, smesso. Invece niente! Dopo un po’ grazie Stefaniotta, ma ti prego… di tempo erano di nuovo lì a toglimi quel sacchetto, ché mi fa tormentarmi. Ero ormai diventata mancare il fiato.” Stefaniotta girò calva, senza alberi, e la neve che attorno alla montagna e tirò via un cadeva stava attaccata per un po’ ai sacchetto di plastica gettato da miei fianchi ma poi rotolava giù a qualche passante e che si era valle e distruggeva le case degli infilato in un ruscello. “Grazie, uomini. E la pioggia si fermava meno male. Mi mancava il sangue.”, appena nei miei ruscelli, poi anche disse nonna Gea con voce più lei correva a riempire i fiumi della sollevata, anche se faceva ancora pianura e via! Altre case distrutte. fatica a respirare. Nicole si chinò Intanto loro continuavano a sull’erba e la accarezzò con ricoprirmi di plastica e cemento. dolcezza. “Uh, che bello! Chi è Alla fine mi sono ridotta così, una vecchia senza voce, senza fiato e senza amici!” “Ma noi ti vogliamo bene!”, dissero Samuele e Nicole assieme. “Grazie. Anche Stefaniotta mi vuole bene.” “Sì, nonna.” “Adesso voi siete leggeri, ma riuscirete a esserlo quando sarete grandi?” I tre bambini e il porcellino verde si guardarono perplessi. “Dovete mantenervi leggeri, capire che tutto quello che vi sta sotto i piedi non è vostro. È di tutti.” La vecchia si mise a tossire e i suoi fianchi tremarono tanto che il gruppetto di amici dovette aggrapparsi a dei cespugli lì vicino per non scivolare via. “Scusate, non volevo, ma sono così mal ridotta che anche quando non voglio faccio danni. Stefaniotta, toglimi quei due sacchetti dietro alla schiena.” I quattro amici partirono di corsa e si misero ad andare su e giù per i prati che coprivano i fianchi della vecchia, raccogliendo tutti i sacchetti, la plastica, le lattine e ogni oggetto che trovavano, per liberare la nonna. Lei era stanca e, mentre i quattro correvano a liberare ruscelli, si addormentò, russando pian piano. Nicole la accarezzò ancora una volta e le diede un bacino su un sasso che spuntava lì vicino. “Andiamo, torniamo giù”, disse Stefaniotta e si incamminarono per il sentiero. “Ha ragione la nonna, bisogna essere leggeri. Camminare leggeri per non fare male alla terra.” Samuele e Nicole si avviarono giù per la discesa con il passo più leggero che potevano. Non parlavano nemmeno, per non disturbare la vecchia Gea. “Sentite, se state in silenzio si può ascoltare il respiro della nonna.” “E’ vero!”, rispose stupita Nicole. Cammina e cammina, erano ritornati nel cortile poco illuminato del supermercato. C’erano sacchi neri pieni di scatole vuote e sacchetti strappati. “Vedete tutte queste scatolette, sacchetti di nylon, buste, barattoli…” “Sì, e allora?” “Secondo voi costano tanto?” Nicole sporse il labbro inferiore, facendo l’aria di una che non sa la risposta. “Venite, guardate qui, nel cestino.” “Ma lì c’è la spazzatura!” “Lo so, ma venite a vedere.” “Guardate anche laggiù, verso il ristorante. Tutti questi sacchetti e scatole che gettiamo via ci costano quanto una buonissima cena al ristorante!” “Ma va!” “Sì invece, è così.” Rimasero tutti e quattro seduti in silenzio per un po’. Poi Stefaniotta si alzò e disse: “Ciao, io devo andare. Ma spero di rivedervi.” “Ciao, saluta nonna Gea per noi.” “Lo farò.”, rispose lei scomparendo fra i sacchetti.

TRASCRIZIONE DIALOGO Pietro Questa storia è carina però è un po’ triste. Giuseppe È vero. Anche Samuele e Nicole sono un po’ tristi alla fine. Emma Forse perché sono piccoli e non possono fare niente. Maestro In che senso? Bisogna essere tristi perché si è piccoli? Emma Beh, a volte sì, un po’… Perché se sei piccolo non riesci a fare le cose che fanno i grandi. Elenita Samuele e Nicole vogliono fare qualcosa per aiutare nonna Gea… Emma …che sta male e soffre… Elenita …e provano a ripulirla come possono, perché era tutta inquinata… Emma …però da soli non ce la fanno a fare tutto. Maria Sole Puliscono quella parte di natura ma un’altra montagna magari rimane sporca. Davide E anche i prati, i ruscelli… Marcello Anche a me ha messo tristezza nonna Gea. Mi ricorda la mia bisnonna che stava

morendo. Anche lei parlava a fatica e respirava male…

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Damian Però la tua bisnonna non aveva tutte le borse addosso che la soffocavano! Maestro No di certo… La bisnonna di Marcello, probabilmente, era molto anziana e magari aveva

qualche malattia… Damian Io intendevo che anche la nonna Gea, la natura, era ammalata… Maestro Allora dici bene. E perché era ammalata nonna Gea? Qual’era la sua malattia? Luca I sacchetti! Simona Era ricoperta di sacchetti e di rifiuti che la soffocavano… Carolina …tutti i rifiuti lasciati dalle persone che magari avevano fatto un pic-nic nel prato… Simona …e li avevano lasciati lì, invece che riportarseli a casa. Giuseppe E allora tutti i rifiuti soffocavano nonna Gea e la facevano soffrire, ma un giorno lei si è

ribellata e ha fatto vedere che era più forte. Davide E si è scorlata di dosso tutte quelle immondizie. Luca E ha fatto una frana che è caduta sulle case degli uomini e le ha distrutte. Maestro Allora nonna Gea è una nonna cattiva? Carolina Ma no! È che sono stati gli uomini a essere cattivi con lei… Matteo …facevano buchi nella sua pelle e le strappavano gli alberi… Maria Sole …e la ricoprivano di plastica e cemento. Lei non voleva essere cattiva con gli uomini. Davide Samuele e Nicole e anche Stefaniotta e il maiale verde sono gli unici che vogliono bene

a nonna Gea. Maestro Oh! Dici che solo loro quattro vogliono bene alla nostra natura? Davide Beh, no… anche io voglio bene alla natura. Non strappo mai le foglie… Elenita …e io in montagna non raccolgo i fiori, anche se sono bellissimi! Damian Io al mare invece prendo sempre le conchiglie, anche il papà mi dice che non dovrei. Emma E allora perché le prendi lo stesso? Damian Perché mi piacciono e me le voglio portare a casa. Emma Ma magari erano la casetta di qualche pesce o di qualche granchio! Maestro Lo sapete vero a cosa servono i bidoni colorati che ci sono in cortile e sul corridoio? In coro Sì! Servono per fare la raccolta differenziata! Maestro E cos’è? Una collezione come quella delle carte dei Pokemon? In coro ridendo Ma no, maestro! Marcello Il bidone giallo serve per raccogliere la carta usata. Carolina Il bidone verde serve per raccogliere il vetro, come le bottigliette. Luca Quello blu invece serve per metterci la plastica e le scatoline del succo… Simona E il bidone marrone serve per metterci l’organico, cioè le bucce, i torsoli… Emma E poi lo svuotiamo fuori in cortile… Luca …nel composter, che serve per fare l’humus e il terriccio per i fiori! Maestro Accipicchia, bravissimi! Ve la ricordate proprio bene queste cose! Quindi noi facciamo la

raccolta differenziata e in questo modo teniamo il nostro mondo pulito e bello. E se facciamo così… non vogliamo forse bene alla natura?

Matteo Certo che gliene vogliamo! Nabila Allora vuol dire che non sono solo Samuele e le altre due bambine a voler bene a Nonna

Gea, ma anche noi se la teniamo pulita. Maestro Non c’è solo un modo per voler bene, giusto? Quando vogliamo bene a una persona

troviamo tanti modi diversi per dimostrarle il nostro affetto: un disegno, una carezza, un gesto di amicizia. Non produrre così tante immondizie e fare la raccolta differenziata è solo uno dei tanti modi che abbiamo per rispettare la natura…

Pietro Anche usare i cestini bucati quando andiamo a raccogliere i funghi! Elenita Anche piantare piante nuove dove ce ne sono poche. Carolina Anche dare da mangiare ai piccioni?

Il motto tanto caro al filosofo tedesco Feuerbach – l’uomo è quello che mangia – potrebbe essere declinato in tante accezioni: l’uomo è ciò che beve, è ciò che respira, è ciò che annusa… L’uomo è creatura costantemente plasmata e influenzata dall’ambiente in cui vive. Filosofia e natura, quindi, sono un tema

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affascinante e pregno di implicazioni didattiche che possono essere semplificate per renderle accessibili anche alla comprensione dei più piccoli. La disciplina delle Scienze si rivela allora un’alleata preziosa.

UN ESPERIMENTO Cosa serve: due bicchieri, due fiori bianchi – meglio se rose o garofani, una cartuccia d’inchiostro, acquaCome si fa: nel primo bicchiere si mette dell’acqua e vi si immerge il gambo del fiore; nell’altro bicchiere simette dell’acqua mescolata all’inchiostro della cartuccia, vi si immerge il secondo fiore. Si osserva per unpaio di giorni.

Damian Quella rosa è rimasta bianca.Nabila Una delle due rose è diventata azzurra, quasi blu!Matteo E’ perché ha bevuto l’acqua con dentro l’inchiostro.Maria Sole L’inchiostro blu è diventata parte della rosa e la rosa ha cambiato colore.

DUE GIOCHI… SERI!Mi pare opportuno, avviandomi alla conclusione di questo lavoro, ribadire alcune considerazioni in riferimento ai momenti di gioco che ho presentato in queste pagine e che ho avuto modo di osservare dal vivo, nella loro realizzazione pratica. BENESSERE PSICOFISICO SOCIALIZZAZIONE COLLABORAZIONE VIVERE SOCIALE Sono questi, a mio giudizio, i pilastri della Pedagogia su cui fondare la più feconda collaborazione con la disciplina della Filosofia. Sinergia che, nell’esperienza vissuta personalmente coi bambini di classe prima, dà i suoi frutti migliori nelle due attività illustrate di seguito. Differenziamo! L’azione prevista è, chiaramente, quella della raccolta differenziata. Condotta con costanza nel tempo educa primariamente al rispetto dell’ambiente e, in seguito, esercita competenze trasversali a molte discipline: le Scienze, la Geografia, gli Studi sociali e, soprattutto, l’Italiano (per verbalizzare quanto fatto e visto) e la Matematica (per approfondire gli argomenti degli insiemi, la classificazione degli oggetti, la logica, la divisione, la sottrazione…) Ripuliamo il quartiere! Condotta in collaborazione con altre classi della scuola e con l’aiuto di diverse realtà operanti nella zona (gruppo anziani, negozianti, forze dell’ordine) i bambini si recano mensilmente nel parco pubblico dei Solteri e – con i dovuti accorgimenti, cioè guanti e pinze, e sotto la sorveglianza di un adulto – ripuliscono prati e aree di gioco dai rifiuti abbandonati. L’immondizia, raccolta in sacchi neri, viene poi portata a scuola per essere differenziata. I due momenti, pertanto, si collocano su un piano di continuità.

Conclusione

Un nuovo amico “Eccoli!” Era da un po’ di tempo che Monica, la mamma di Samuele, e Roberta, la mamma di Nicole, giravano per il supermercato in cerca dei due bambini e finalmente li avevano trovati. Erano lì, rannicchiati sotto le scaffale dei peluches… e dormivano. “Samuele! Nicole!”, chiamarono le due mamme. “Svegliatevi, dobbiamo andare!” I due cuginetti aprirono gli occhi e videro le mamme che sorridevano. “Mamma! Mamma!” “Ma dove eravate finiti? Credevamo di avervi persi!” “Ma no.”, rispose Samuele. “Eravamo con un amico.”, aggiunse Nicole. “Chi era? Un bambino che avete incontrato qui?” “No, non era un bambino. Era… un porcello tutto verde. Ma parlava e sapeva tante cose.” “Poveri cuccioli, forse avete sognato… Venite, andiamo a casa.” “Aspettate… dobbiamo salutarlo!” “Dai che è tardi!” “No, aspettate!” Samuele e Nicole alzarono gli occhi e incrociarono lo sguardo di Chanchito lassù, sullo scaffale, immobile come gli altri pupazzi. “Eccolo, mamma! È lui!” “Lui chi?” “Chanchito, il nostro amico!” “Ah, bello quel pupazzo!” “Ma no, mamma! Sembra un pupazzo… ma parla, cammina e sa un sacco di storie!” “Dai, coraggio… andiamo che viene tardi.” Samuele e Nicole continuavano a torcere il collo per guardare all’indietro, verso lo scaffale, mentre le loro mamme li tiravano per le mani verso l’uscita. Samuele puntava i piedi e anche Nicole non voleva lasciare Chanchito da solo lassù. A quel punto sentirono che qualcun altro li tirava per il lembo della maglietta. Era Stefaniotta, la protagonista di una delle storie che avevano sentito poco prima! “Venite, venite… Sapete, a volte i grandi non capiscono. Sono stati anche loro bambini, ma non se ne ricordano mai.” Erano ormai vicini all’uscita e quando già stavano per perdere di vista lo scaffale, i tre bambini si voltarono per l’ultima volta e… videro che Chanchito strizzava loro l’occhio e, con la zampetta, faceva loro un segno che voleva dire: “Ci rivedremo!”

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Nabila Mi dispiace che è finita questa storia…Damian Beh, ma tanto Chanchito ha detto che ritorna presto!PARISI

Le attività che ho svolto con i bambini sono: il gioco del calcetto prendi e scappa La danza del serpente

Dopo ogni attività ho cercato di fare alcune riflessioni assieme ai bambini per farli riflettere sui vari temi che voglio affrontare con loro.

INIZIO ATTIVITA’Bambini: Giulia, Andrea, Nicholas, Maria, Tommaso, Valentina, Massimo.Insegnante: CristinaSpazio: AulaMateriale : due calcettiObiettivo: Far comprendere ai bambini come ci si sente quando si vince o quando si perde, cercando di non litigare tra loro ma cercare di collaborare insieme per divertirsi in compagnia dei propri amici senza provare sentimenti di competitività.DIALOGO:I: Allora bambini, ho voluto portarvi qua perché volevo insegnarvi alcuni giochi da fare assieme, cosi ci potremo divertire tutti in compagnia.Chi di voi ha mai giocato a calcetto?N: Io si e sono anche bravissimo!G: Io non ho mai giocato, ma mi piacerebbe imparareA: Nemmeno io ci ho mai giocato però so come si fa …M: A me lo ha insegnato mio papà e poi non è cosi difficile da imparare …T: Io sono super bravo a giocare a calcetto, batto tutti!V: A me piace però non sono molto brava perché non riesco mai a mandare la pallina in porta ...M: Io sono il campione del mondo in questo gioco e poi mi diverto un sacco!I: Molto bene bambini alcuni di voi sanno giocare, altri un po’ di meno, proviamo a fare delle squadre cosa dite? Cosi iniziamo subito a vedere come siete bravi!N: Io però voglio stare in squadra con chi è bravo quindi starò insieme a Tommaso.T: Si anche io! Quindi vengo proprio con te Nik!V: Io penso che starò in squadra con te Giulia!G: Ok anche io voglio stare con te in squadra quindi andiamo a metterci ai nostri posti.A: Io starò con Massimo voglio vincere contro Nicholas e Tommaso!Mas: Siiiiiiiiiiiiii ci stò vengo subito!M: Io starò da sola allora!Dopo aver terminato la partita di calcetto, ho radunato tutti i bambini in cerchio e ho iniziato a fare una serie di considerazioni e riflessioni insieme a loro.

DISCUSSIONE SULL’ATTIVITA’I: Bene bambini, chi ha vinto tra Nicholas e Tommaso e Andrea e Massimo?N: Noi!!! Siamo stati super bravi!!! Li abbiamo battuti!I: Come vi siete sentiti quindi?N: Molto bene … Ero contento!T: Anche io! Ero strasuper contento di aver vinto!A: Io mi sono sentito un po’ triste però mi sono divertito comunque anche se non ho vinto perché continuavo a ridere per tutte le battute che diceva il Massimo! M: Ahahaha! Anche io mi sono divertito continuavo a ridere da solo per le mie cavolate che dicevo!T: E’ vero Cristina! Oltre a essere contento di avere vinto mi sono divertito anche per il Massimo che ci ha fatto ridere tutta la partita!I: Quindi se cambiassimo le squadre vi divertireste comunque? Perché?T: Perché il Massimo è nostro amico!

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I: Non solo lui è vostro amico ma anche gli altri, giusto?TUTTI: Siiiiii!!!!!!G: A me non interessa se perdo mi basta divertirmi e stare assieme ai miei amici, secondo me è la cosa più bella che ci sia stare insieme ai propri amici!M: Si anche io maestra la penso come Giulia!I: Quindi alla fine è molto più importante sapere fare amicizia e rendere partecipe l’altro nel divertimento insieme a tutti quanti, invece che competere e combattere gli uni contro gli altri per la vittoria! Questa è una lezione che dovrete coltivare nei vostri piccoli cuori bambini!

SECONDA ATTIVITA’I: Ora, cari bambini, proviamo a giocare a prendi e scappa! Lo conoscete tutti come gioco?Tutti: SiiiiiI: Bene ditemi come si gioca!N: Allora c’è un bambino che deve prendere tutti gli altri bambini, però chi scappa può mettersi a riposo con il time-out che può essere qualsiasi cosa!T: Maestra il time-out lo facciamo con quella sedia laggiù?I: Va bene bambini facciamolo con quella sedia laggiù, ma prima rispondete a qualche domanda ... In quanti possiamo sederci su quella sedia?G: Maestra ma che domande fai?! In uno sono sicura!T: Ma no secondo me anche in due dai!A: Boh.. forse in tre?N: Ma secondo me ci stanno su massimo due o tre persone!M: Si però io sto più comodo seduto da solo!M: Maestra secondo me invece possiamo sederci tutti quanti su quella sedia!I: E dimmi Maria, come faresti a far sedere tutti quanti su quella sedia?M: Beh … Uno in braccio all’altro anche se è un po’ difficile maestra però forse si può fare?I: Certo Maria che si può fare! Non hai detto una cosa sbagliata, anzi! Provate a sedervi tutti su quell’unica sedia laggiù: uno in braccio all’altro!

Questo tipo di riflessione è per far capire che tutti i bambini possono aiutarsi a vicenda, invece che escludere dal gioco il bambino ché è stato squalificato. Mettendosi tutti in “time-out” sulla stessa sedia sono tutti salvi e così hanno anche imparato il valore della condivisione di qualcosa con l’altra persona o con un amico.

RIFLESSIONE SULLA SECONDA ATTIVITA’I: Allora come vi è sembrato questo gioco modificato?A: Mi è piaciuto un sacco maestra!G: Io stavo cadendo dalle gambe di Massimo, ma comunque mi sono divertita!M: Anche io mi sono divertito ora so che posso usare quella sedia anche con gli altri per divertirmi!ùN: Ho mal di pancia dal ridere!M: Sono contenta di aver cambiato le regole di questo gioco perché cosi è più divertente!T: Sono stanco, ma mi è piaciuto tantissimissimo!V: A me piacerebbe rifarlo! I: Vedo che siete tutti contenti di questo cambiamento nel gioco … Se foste stati da soli su quella sedia vi sareste divertiti comunque?V: Forse si ma cosi mi piace di più! Poi con tutti i miei amici mi diverto di più!M: Si anche io! T: Si mi sarei divertito comunque però cosi è ancora più divertente!N: A me no! Io mi sono divertito di più cosi!M: Super meglio cosi!G: Forse mi sarei divertita comunque boh non lo so … Adesso però sono stra contenta!A: A me è piaciuto cosi!I: Mentre cercavo di prendervi e vi sedevate tutti sulla sedia, come vi sentivate?N: Protetto e al sicuro!G: Mi sentivo sicura perché c’era anche Maria con me!M: Si anche io mi sentivo contenta perché c’era Giulia e anche Valentina!M: Felice e divertito perché stavo quasi cadendo sulla Valentina che era seduta sopra di me!

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A: Anche io mi sentivo forte perché c’erano tutti con me!V: Mi sentivo felice e coraggiosa perché avevo le mie amiche vicine!T: Anche io!I: Quindi bambini l’amicizia, la condivisione con l’altro sono cose molto importanti per tutti noi senza l’altro nessuno di noi sarebbe completo. Bisogna imparare a saper condividere con gli altri e non escludere nessuno!Dopo queste due ultime attività ho provato a fare un ultimo gioco. Ho disegnato un serpente, abbastanza lungo, lo ho tagliato in sette parti affinche con una breve canzoncina lo si poteva riunire tutto. Quindi man mano che attaccavo un pezzetto ala serpente si doveva aggregare un bambino.Prima di fare la danza del serpente vera e propria, ho voluto modificarla in modo che i bambini provassero la differenza che c’è nell’essere accolto e lasciato in disparte. Sempre con la danza del serpente, non ho chiesto a tutti se erano i pezzettini mancanti, ma solamente ad alcuni.Poi ho fatto la danza del serpente normale, finito il gioco ho fatto il momento di riflessione assieme ai bambini che sono qui riportate.I: Bambini ora facciamo un ultimo gioco … La sapete la danza del serpente?M: No!A: Io si!M: No non la so!N: Boh … Non so!V: Siii la conosco !T: Penso di si ma non me la ricordo bene, la facevo all’asilo!G: Anche io la facevo all’asilo ma non me la ricordo!I: Va bene mi pare di aver capito che non tutti la sanno … Quindi la spiegherò a tutti!Allora, Io canterò una canzoncina del serpente, che ha perso la sua coda, ogni volta che la canzone finisce e vi chiede se siete uno di voi il pezzo della sua coda, dovete rispondere di si, quindi vi dovrete aggiungere alla fila, e man mano aggiungerò il pezzettino mancante anche al disegno che ho fatto, cosi completeremo il puzzle del serpente. Capito bambini?Tutti: Siiiiiiii maestra!!!!!Dopo avere fatto il gioco, ho nuovamente disposto i bambini in cerchio, come per le altre attività, e li ho fatti riflettere.Canzoncina del serpente:Questa è la danza del serpente che vien giù dai monti, per ritrovare la sua coda, che ha perso un dì.Ma dimmi un po’ sei proprio tu quel pezzettin del mio codin?

RIFLESSIONE SULL’ULTIMA ATTIVITA’I: Allora bambini come vi siete sentiti nella prima versione della danza?G: Uhm … Mi sono sentita messa da parte, perche volevo partecipare anche io alla danza.M: Mi sono sentito da solo e escluso come ha detto la Giulia.N: Io no perché la maestra mi ha chiamato a fare la danza.V: Anche io, ero contenta che ho fatto il gioco!M: Felicissima, anche perché c’era la Valentina!T: Anche io ero felice perché ho fatto il giochetto!A : Io invece no, ero triste perché non mi hai chiesto se facevo parte della coda del serpente!I: E nella secondo versione della canzoncina, dove avete partecipato tutti assieme ,come vi siete sentiti?N: Ero più contento perché c’era anche l’Andrea!A: Ero contento cosi non stavo li a guardarvi mentre voi vi divertivate.G: Anche io ero felice perché così potevo ridere con Valentina e Maria!M: Ero contento anche perché non stavo fermo e potevo muovermi.I: Quindi bambini è bello essere esclusi? G: No per niente …M: No, è una brutta cosa non mi piace!A: Neanche a me piace, tutti dovrebbero cercare di accogliere gli altri bambini e farli partecipare ai giochi ,vero maestra?I: Certo Andrea, hai detto una bellissima cosa. Ora che avete capito questo concetto fondamentale è anche scaduto il nostro tempo, dobbiamo tornare tutti a casa.

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Con un po’ di rammarico i bambini si sono messi le giacche e hanno aspettato le mamme che li venissero a prendere.PESCOLL VALENTINI

Alla base della prosecuzione del nostro progetto con i bambini abbiamo posto l’idea di un corpo pensante. Il lavoro prende il via da un progetto al quale l’intera comunità scolastica ha aderito. Si tratta di un progetto riguardante i valori fondamentali della vita, quali soprattutto l’amicizia.Dopo la lettura in classe del libro “L’isola degli smemorati”, di Bianca Pitzorno, abbiamo messo al centro della conversazione i grandi temi della vita, approfondendo i valori come l’amicizia, l’accoglienza, l’eliminazione e il rifiuto.In un secondo momento poi abbiamo fatto il contrario. Se prima siamo partiti da un agire pensato, ora partiamo da un pensiero agito. Attraverso stimoli e incitamenti abbiamo avviato il corpo ad una sempre più ampia comunicazione di sentimenti ed emozioni.Abbiamo dato con ciò espressione alla cosiddetta actiologia, una scienza nuova e rivoluzionaria, dove dall’azione e dal gioco è essenziale una riflessione condivisa e comunitaria sui temi e sui problemi della vita stessa.Abbiamo avuto la possibilità di condurre questa attività presso una terza classe di scuola primaria delle località ladine, ove abbiamo svolto il nostro tirocinio. Il gruppo è composto da 12 alunni, 7 femmine e 5 maschi. Per tutelare la privacy degli alunni, useremo nomi diversi.

Lettura di L’isola degli smemorati“. Riportiamo di seguito un breve riassunto della vicenda:La storia inizia su un’isola in mezzo al mare dove vivono nove adulti arrivati lì molti anni prima, in fuga da una guerra. Hanno dimenticato tutto del mondo in cui vivevano, perfino l’esistenza dei bambini. L’unico che ricorda tutto è il vecchissimo mago Lucanòr che ha tre amici parlanti: il cane Corricorri, il pesce Splash e il gabbiano Uà. Una notte il mago Lucanòr sogna che al largo infuria una tempesta e che il cielo è solcato dai fulmini. Ma svegliandosi vede che la notte è chiara e il mare è quieto. Decide comunque di mandare i suoi amici Uà e Splash a vedere cosa succede al largo. Il suo sogno diventa realtà: il mare è davvero in burrasca e una nave dove ci sono delle famiglie e otto bambini è in pericolo. Per primi vengono messi in salvo i piccoli sull’unica scialuppa nuova, che non ha abbastanza spazio anche per gli adulti. “Ci ritroveremo tutti sani e salvi!”, grida il capitano affidando gli otto bambini ai flutti. E proprio quando la barchetta affronta il buio della tempesta, sopraggiungono il pesce Splash e il gabbiano Uà che la porteranno a riva. Arrivati sull’isola, i bambini vengono accolti con curiosità dai nove anziani: che sorpresa nel vedere questi piccoli “animaletti”: scimmie senza pelo? Pesci? Polpi parlanti? E che strano modo di trattare i bambini, pensano i piccoli, che non risparmiano le loro proteste. Ci vorrà un po’ di tempo e “qualche lezione di ripasso” perché gli anziani ritrovino la memoria, anche grazie alle magie del mago Lucanòr e dei suoi tre amici.

Ci troviamo nel corridoio del primo piano, seduti in cerchio.Maestro: Allora, cosa vi è piaciuto della storia?Ivana: Che i bambini si sono salvati.Annalisa: Si, anche a me.Valentina: Che hanno scambiato i bambini per animali..hehe..Davide:Hehe..scimmie senza peloSofia: Che strano, non ho mai visto che il mago ha amici.Maestro: Cosa te lo fa pensare, Sofia?Sofia: Ma le storie che mi racconta mia mamma hanno sempre

dei maghi cattivi. E i cattivi non hanno amici.Maestro: Come mai non hanno amici i cattivi?Sofia: Beh, perché se mi fanno male io non li voglio!Alex: Io neanche!Gabriel: A me piace perché c’erano i mostri!Maestro: Gabriel, cosa sono per te i mostri?Gabriel: Quelli brutti.Maestro: Brutti in che senso?Gabriel: Brutti in faccia, verdi e con le unghie lunghe lunghe.Max: Sai maestro che io sogno spesso i mostri?Maestro: E cosa fai quando li sogni?

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Max: Mi sveglio subito…ogni tanto piango.Maestro: Ci sono altre cose brutte in questa storia?Lara: Il temporale!Maestro: Perché il temporale?Lara: Ero al mare sulla barca una volta quando c’era il temporale e poi la barca dondolava tanto

forte e io ho avuto tanta paura.Maestro: Poi cos’hai fatto?Lara: Be la mamma mi ha detto di non avere paura perché era normale ma io piangevo.

[…]Maestro: Qualcun altro ha ancora un’idea di cos’era brutto nella storia?Marianna: Che le persone erano sole sull’isola grande!Maestro: Ma avevano gli amici.Marianna: Si ma non c’era la mamma e il papà.Maestra: Quindi ti senti più sicura con mamma e papà.Marianna: Si, anche con mio fratello che è più grande.Alex: Io non ho mai paura se sono con gli amici!Maestro: Ma stando qua a scuola tutti insieme avete anche paura, o vi piace.Max: Così come siamo adesso è belloIvana: Si siamo tutti in cerchio e tutti insieme, è bello.Valentina: E se ci stringiamo ancora di più è più bello.Maestro: Ora abbiamo parlato tanto delle cose brutte, ma ci sono anche le cose…Luca: …BelleMaestro: Esatto…quali sono per voi allora le cose belle?Sofia: Andare a scuolaDavide: Ma nooo, è così noioso.Alex: Stare con i miei amiciGabriel: ..e giocare con loroAlessia: a me piace sciareValentina: il ricordo che mi ha fatto IvanaIvana: le ho disegnato il mio gatto

[…]Maestro: Come fareste a rappresentare il bello con il vostro corpo?I bambini si guardano a vicenda con delle espressioni perplesse equindi il maestro ripete la domanda.Maestro: Se con il vostro corpo dovreste rappresentare tutta la vostra bellezza, cosa fareste?Dopo un momento di riflessione, interviene subito Annalisa.Annalisa: aaah io so, mi metterei il rossetto della mamma.In coro: hahahaAlex: aaah cosi era inteso.Gabriel: io mi metterei il gel sui capelli.Lara: beh io mi metto i vestiti della domenica che sono i più belli.

[…]Maestro: maah, solo esteriormente si può esprimere la bellezza?Ivana sicura di sé si alza e rispondeIvana: No maestro, io mi sento bella quando rido… e anche quando non litigo con mio fratello.Maestro: Già, Ivana ha ragione, la bellezza si esprime sia dall’esterno che anche dall’interno. Chiediamo ai bambini di alzarsi da terra e li invitiamo a muoversi aritmo di musica. Nel frattempo accendo una musica pesante e nonadatta a bambini.Già da subito alcuni bambini si sono lamentati.Alex: Maestroo, è bruttissima sta musica!!Annalisa: BastaaMax: ma non riesco a muovermi a ritmo…maestroo?!Abbiamo poi spento la musica e ci siamo di nuovo riuniti in cerchio.Maestro: Non vi è piaciuta la musica?Valentina: Era bruttissima.

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Sofia: Si brutta.Maestro: E perché era brutta?Ivana: Ma maestro…non era musica per bambini. Poi era scura.Maestro: E se dovreste ora rappresentare il brutto ora con il vostro corpo, cosa fareste?Alessia: così (e fa una smorfia)Luca: Io mi vestirei da orcoMarianna: E io da strega!

[…]A seguito della discussione invitiamo i bambini a dividere in due parti un foglio bianco e di rappresentare i due opposti bello-brutto.Dopo la rappresentazione grafica fatta in classe, ci spostiamo in palestra, ove faremo varie attività motorie.Questa seconda parte del progetto parte da un gioco ad eliminazione.Diamo a ciascun bambino un cerchio, che poseranno a piacere per terra. Accendiamo una musica vivace e allegra e chiediamo loro di muoversi liberamente in tutta la palestra. Spieghiamo loro che quando spegneremo la musica dovranno mettersi subito in uno dei cerchi più vicini a loro. Prima di ogni spegnimento della musica sottraiamo un cerchio per volta e quindi in ogni fase del gioco un bambino sarà automaticamente eliminato. Vince colui che riuscirà alla fine del gioco ad occupare l’ultimo cerchio rimasto.

Ivana: Veloce veloce, dai corriiiDavid: attento Alex, la maestra spegne la musica ora!!Valentina: ma dai uffi..maestra..mi ha spinto e sono cadutaAnnalisa: ahia..mi fai male, ma daaai…Gabriel: C’ero io qui dentro!!! VatteneMarianna: Ma daai noo, io ho perso.Marianna viene eliminata e va a sedersi sulla panchina.… Il gioco continua finché restano Luca e Lara.Luca: Tanto vinco iooLara: non è veroo, vinco ioo.

[…]I bambini eliminati, seduti sulla panchina, fanno il tifo per i due, le bambine rispettivamente per Lara e i bambini per Luca.Riparte per l’ultima volta la musica.Coro femminile: Lara, Lara, Laraa!! (battendo le mani)Coro maschile: Luca, Luca, Lucaa!! (sempre battendo le mani)Vince LucaMaestro: Cosa abbiamo fatto?Luca: Io ho vinto.Lara: Luca è stato più veloce (con tono quasi triste).Maestro: Vi è piaciuto?Annalisa: Si, anche se sono stata eliminata quasi subito. Però ho fatto tanto tifo.Sofia: È stato molto divertente ballare e saltare per la palestra.Luca: Certo, ho vinto (soddisfatto)Ora rifacciamo lo stesso gioco, ma senza eliminazione. Ciò significa che i cerchi che rimarranno per terra sono sempre 12.Accendiamo la musica e i bambini riprendono a correre. La spegniamo e tutti i bambini prendono posizione. Rifacciamo lo stesso per altri due giri.Alessia: Ma maestro, che noioso!Lara: Perché non lo facciamo come prima?Luca: Così vincevo di nuovo?Valentina: Posso io togliere i cerchi?

[…]Invitiamo nuovamente i bambini a radunarsi in cerchio.Maestro: Allora bambini, come vi è sembrato questo gioco?Marianna: Era ben bello correre…Max: ...ma era noioso così.Maestro: Così come?

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Max: senza qualcuno che vince.Maestro: Deve sempre vincere qualcuno secondo voi?Luca: no ma…è più divertente…più bello.Maestro: E gli eliminati cosa ne pensano?Marianna: Io sono sempre lenta a correre e perdo sempre. Non mi piace.Alex: Ma è solo un gioco!Marianna: Si ma voglio anche io vincere una volta!Maestro: C’è qualcuno di voi che si sente anche in classe a volte eliminato o escluso?Ivana: Si, Valentina.Valentina: Non sempre…Maestro: E quelle volte, come ti senti?Valentina: Mi sento sola..non ho amici.Maestro: Proviamo a capire insieme perché Valentina non ha amici.Sofia: Io lo so. Io le chiedo di giocare con noi, ma lei non vuole.Valentina: Ma si perché mi dite sempre voi cosa devo fare.Gabriel: ..e vuole sempre comandareValentina: Non è vero.Maestro: Sapete bambini che ognuno di noi ha dei difetti? Dobbiamo accettare i nostri amici come

sono, anche se non è sempre facile.Davide: Si ma io ne ho tanti di amici.Maestro: Ci sono persone che hanno tanti amici, altre che ne hanno poche. Però è importante rispettare

tutti per come sono.Quindi se vi chiedo, a livello di amicizia, quale dei due giochi è stato più importante?

Marianna: Nessuno dei due.Maestro (meravigliato): come mai questa risposta?Marianna: Perché è importante stare insieme.Maestro: Brava Marianna.Maestro: Se ora vi chiedo di rappresentare l’amicizia senza parole, come fareste?Annalisa: Darsi la mano!Ivana: Abbracciarsi!Alex: Giocare insieme!Davide: Stare in cerchio.Valentina: Come qua.Alessia: Lasciar copiare i compiti(risata comune)Gabriel: Fare un regalo!Lara: Stare insieme!Maestro: E tutte queste cose insieme sono più forti del…Alcuni alunni: litigareAltri: lasciar da parte qualcuno.Maestro: Bravi bambini, mi auguro che vi possiate ricordare di questo più spesso.La lezione è quasi finita, i bambini ritornano in aula.

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ROSA PETOCCHI

PRESENTAZIONE DELLA PRIMA ATTIVITA’Spieghiamo ai bambini che il primo gioco che faremo insieme è “Mosca Cieca”. Prima di tutto spieghiamo ai bambini che lo spazio per questo gioco sarà limitato all’area sulla quale generalmente giocano a calcio. Successivamente diciamo loro che a turno tutti i bambini verranno bendati e che lo scopo del gioco è di scappare per i bambini non bendati e di prendere i compagni e riconoscerli col tatto per il bambino che rappresenta la mosca cieca. Prima di cominciare il gioco li facciamo guardare tra di loro, in modo tale che la mosca cieca possa riconoscere il compagno senza vederlo. Per stabilire il primo bambino che interpreterà la mosca cieca facciamo una conta:BUM PASSA PAPERINOCON LA PIPA IN BOCCAGUAI A CHI LA TOCCALA TOCCHI PROPRIO A TEUNO, DUE, TRE!La conta stabilisce che Alex (5 anni) è il primo ad essere bendato dando il via al gioco. Nei 20 minuti di gioco tutti i bambini vengono bendati una volta. Scaduti i 20 minuti di gioco, nei 5 minuti di pausa in cui i bambini si riposano, noi facciamo un resoconto dell’avvenuto: 4 bambini non sono riusciti a prendere nessuno dei loro compagni; 6 bambini sono riusciti a prendere un compagno ciascuno e di questi 3 bambini non sono riusciti a riconoscere il compagno catturato; 2 bambini hanno catturato 2 compagni ciascuno e uno di loro non ha riconosciuto uno dei due bambini catturati.Finiti i 5 minuti di pausa ci dirigiamo nella saletta condominiale che abbiamo precedentemente prenotato per l’occasione. Disponiamo le sedie in cerchio per facilitare la discussione; ogni bambino prende posto e comincia l’intervista:Noi: “ Vi siete divertiti?”Jasmine (8) : “ Sì, non avevo mai fatto questo gioco!”Alex (5) : “ Io mi sono divertito, anche se non ho preso nessuno!”Eros (6) : “ A me non è piaciuto ed è stato difficile, perché non sono riuscito a prendere nessuno.”Giulia (10) : “ Io non mi sono divertita molto, perché per me è stato troppo semplice, ho preso due compagni e sono riuscita a riconoscerli tutti e due.”Noi: “Quale dei due ruoli avete trovato più divertente?”Alessia (9) : “ A me è piaciuto di più fare la mosca cieca, perché sono riuscita a prendere un compagno e a riconoscerlo.”Samuele (6) : “ E’ stato più bello essere preso!”Simone (8) : “ Io mi sono sempre divertito.”Lorenzo (8) : “ Anche io mi sono divertito in tutti e due i ruoli.”Simone (8) : “ Siamo gemelli è ovvio che ti diverti come me!”Giulia (10) : “ Io mi sono divertita di più facendo la mosca cieca, infatti sono la più brava avendo riconosciuto i due compagni che ho catturato!!”Jasmine (8) : “ A me è piaciuta di più la mosca cieca, perché ho preso un compagno, anche se non l’ho riconosciuto perché era la prima volta che giocavo!”Ricardo (10) : “ Io sono riuscito a prendere un compagno e riconoscerlo, però mi è piaciuto di più essere preso dalla mosca cieca, perché quando mi hanno preso, anche se sono nero, sono stato riconosciuto e mi sono sentito come gli altri!”Noi: “ Perché dici così? Non ti senti come gli altri perché hai la pelle più scura?”Ricardo (10) : “ Sì, ogni tanto a scuola mi prendono in giro e mi escludono dai giochi perché mi dicono che venendo dalla Nigeria io non so fare le cose come loro.”Noi: “ Ma anche voi credete che Ricardo sia diverso?”Alessandro (7) : “ Io credo che i bambini sono tutti uguali. Il mio migliore amico viene dalla Cina e però è uguale a me, perché anche a lui piacciono le cose che mi piacciono a me!”Alessia (9) : “ Non sono colore e paese che fanno la differenza. La mamma mi ha insegnato che non esistono diverse razze e che facciamo tutti parte dello stesso mondo.”Anthony (5) : “ No, secondo me noi bambini siamo tutti uguali! Io vengo dal Perù ma non mi sento diverso per niente!”

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Giulia (10) : “ E’ normale che tu dici così visto che anche tu non sei italiano. Per me invece chi non è nato in Italia è diverso da me!”Simone (8) : “ Ha ragione Giulia, lui non è uguale a noi e nemmeno Anthony e Jasmine sono come me, sennò devono avere la pelle bianca.”Lorenzo (8) : “ Sei cattivo a dire così, perché anche noi che siamo gemelli allora non siamo uguali! Avere la pelle di altri colori non vuol dire diversi. Per me siamo tutti uguali, ma anche diversi.” Noi: “ Però, mentre giocavate vi sentivate tutti uguali!!”Simone (8) : “ Sì, mentre giocavamo tutti insieme non mi sono accorto che noi in realtà siamo diversi.” Giulia (10) : “ Beh, forse hanno ragione… Se non ce ne siamo accorti mentre giocavamo vuol dire che non siamo così diversi!”Lorenzo (8) : “ Brava Giulia! Alla fine anche se hanno la pelle diversa, la religione diversa e vengono da un paese lontano, sono comunque bambini come noi!”Samuele (6) : “ Io sono amico di tutti e voglio che lo siete anche voi!”Giulia (10) : “ Avete ragione, mi dispiace, voglio che restiamo tutti amici, perché è vero che alla fine siamo tutti uguali.”Simone (8) : “ A me non mi interessa quello che dite voi, io non sono amico di tutti perché io penso ancora che loro sono diversi!”Noi : “ Ognuno è comunque libero di pensare come vuole, siamo però contente che Giulia si sia ricreduta. In ogni caso ora cambiamo gioco, così possiamo trovare nuovi argomenti di cui parlare!”

PRESENTAZIONE DELLA SECONDA ATTIVITA’Spieghiamo ai bambini che il secondo gioco che svolgeremo insieme è “Il Mimo”. Per il gioco del mimo, spieghiamo ai bambini che restiamo nella saletta, così al caldo possono esprimere meglio le situazioni da rappresentare. Successivamente diciamo loro che a ognuno verrà suggerito uno stato d’animo da mimare. Decidiamo che prima della discussione verranno rappresentati da tutti i bambini gli stati d’animo richiesti. I bambini si dispongono su due file pronti per cominciare il gioco. Il primo ad uscire è Alex con il compito di rappresentare la tristezza: Alex decide di mimarla accovacciandosi a terra e fingendo di piangere; inizialmente tutti i bambini credono che Alex stia rappresentando il pianto, ma dicendo loro che è sbagliato impiegano poco tempo a capire che si tratta della tristezza. Come secondo stato d’animo Samuele ed Eros hanno il compito di rappresentare la felicità: i due bambini iniziano a ridere e saltellare ovunque; subito i bambini iniziano a gridare che Samuele ed Eros imitano l’allegria e la felicità. Vanessa deve fingere di essere pensierosa: per farlo Vanessa si siede per terra a gambe incrociate e appoggia il mento sulla mano e guarda il soffitto; essendo un po’ più difficile da indovinare tra i bambini si crea un po’ di scompiglio, solo Giulia dopo qualche tentativo riesce ad indovinare la rappresentazione di Vanessa. In seguito alla discussione precedente, decidiamo di far rappresentare a Giulia e Anthony l’amicizia: i due decidono di mimarla giocando insieme, abbracciandosi e facendo finta di chiacchierare; Simone, quasi con tono sarcastico, dice che i due sembrano rappresentare l’amicizia, indovinando! Per la quinta rappresentazione Jasmine e Simone devono imitare la paura: i due decidono che Simone spaventa Jasmine, la quale finge di urlare dalla paura; anche qui i bambini indovinano subito rispondendo che i due stanno mimando lo spavento e la paura. Per rappresentare la fame abbiamo scelto Lorenzo e Alessia: i due mimano la scena con Alessia che finge di mangiare un panino e Lorenzo che vedendola si lecca le labbra e si massaggia la pancia; anche per questa rappresentazione i bambini indovinano immediatamente dicendo che Lorenzo ha fame. Per l’ultimo stato d’animo da rappresentare, Ricardo e Alessandro imitano il sonno: i due decidono di cominciare a sbadigliare e piano piano si siedono appoggiando la testa l’uno sull’altro; essendo ben rappresentata i bambini indovinano che si tratta dell’essere stanchi e aver sonno.Nei 15 minuti di gioco tutti i bambini mimano una situazione. Scaduti i 15 minuti di gioco, nei 5 minuti di pausa in cui i bambini si riposano, noi facciamo un resoconto dell’avvenuto: tutti i bambini riescono ad imitare in modo adeguato le situazioni richieste e tutti i bambini riescono altrettanto bene a indovinare le situazioni rappresentate. Finiti i 5 minuti di pausa ci sediamo in cerchio e cominciamo la discussione:Noi : “ Vi siete divertiti? Avevate mai giocato al mimo?”Eros (6) : “ Sì, io avevo già giocato, ma mi sono divertito molto!”Alessandro (7) : “ Io avevo giocato solo una volta a scuola. Non mi ricordavo che era così divertente!”Ricardo (10) : “ E’ stato carino, ma secondo me è più un gioco per piccoli!”Noi : “ Parlando della prima rappresentazione, cosa volete dirci sulla tristezza?”Lorenzo (8) : “ Io mi sento triste quando litigo con Simone, perché non mi piace quando siamo arrabbiati.”Simone (8): “ Io invece mi sento triste quando perdiamo con la mia squadra di calcio!”

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Alex (5) : “ Io mi sento triste quando sono malato e non posso scendere in cortile e giocare coi miei amici a calcio.”Alessandro (7) : “ Io sono triste quando la mia mamma mi promette che mi compra le figurine dei gormiti e invece mi dice che non me le merito perché ho fatto i capricci.”Ricardo (10) : “ Io sono triste quando penso che mia sorella è rimasta in Nigeria coi nonni e non posso mai vederla.”Alessia (9) : “Io non mi sento quasi mai triste perché non ne ho motivo!”Jasmine (8) : “ Io sono triste quando torno dalle vacanze in Tunisia, perché io vorrei tornare a vivere li, a casa mia.”Giulia (10) : “ Io mi sento triste quando litigo con la mia migliore amica Michela e non ci parliamo per tanti giorni, anche se poi facciamo sempre pace.”Eros (6) : “ Io sono triste quando mi ricordo che la nonna è volata in cielo e non mi prepara più il pasticcio.”Vanessa (8) : “ Io sono triste quando mio papà va in missione nei posti pericolosi.”Samuele (6) : “ Io mi sento triste quando alla fine della scuola viene la nonna a prendermi e non la mia mamma e vedo gli altri bambini che vanno a casa coi loro genitori.”Anthony (5) : “ Io mi sento triste quando la sera la mamma mi spegne la luce per farmi dormire e lei non rimane con me e io ho paura.”Noi: “ Visto che Anthony ci ha parlato della sua paura del buio, che cos’è per voi? Vi è mai capitato di provarla?”Jasmine (8) : “ Anche io ho paura del buio, però la mia mamma mi ha comprato le stelle da attaccare al soffitto e così riesco ad addormentarmi più tranquilla, perché mi sento più protetta.”Lorenzo (8) : “ Io quando ho una gara di nuoto mi agito e ho paura di non far bene!”Simone (8): “ Io non ho paura di niente, perché i veri maschi non hanno paura!”Alex (5) : “ Io ho paura di dormire in camera da solo perché sotto il mio letto ci sono i mostri!”Alessandro (7) : “ Io ho l’asma e ho paura di avere paura, perché quando ho paura sto tanto male e non riesco a respirare.”Ricardo (10) : “ Io ho paura dell’acqua, infatti non vado mai in piscina: quando ero piccolo stavo per affogare ma il mio papà è riuscito a tirarmi fuori..però da quel giorno non ho più fatto il bagno da solo.”Alessia (9) : “ Io ho paura dei ragni!! Quando li vedo scappo!”Giulia (10) : “ Io ho paura dei cani, perché quando ero piccola sono stata morsicata.”Eros (6) : “ Io invece ho paura dell’aereo. La mamma mi ha detto che le prossime vacanze estive andiamo al mare in Egitto e dobbiamo prendere l’aereo. Io non ci sono mai andato e allora ho paura.”Vanessa (8) : “ Io ho paura delle interrogazioni a scuola perché, anche se mi piace studiare e sono sempre preparata, ho paura a parlare davanti alla maestra e magari mi dimentico le cose che avevo imparato.”Samuele (6) : “ Io ho paura che il mio amico Luca può diventare più malato e non voler essere più mio amico.”Noi : “Samuele ci ha parlato della sua paura di perdere un’amicizia, che cos’è secondo voi?”Lorenzo (8) : “ Io sono fortunato e ho un gemello e per me lui è l’unico che rimane per sempre mio amico anche se lui non vuole bene a me come io a lui.”Alex (5) : “ Il mio amico del cuore è il mio pupazzetto Gigi, infatti è mio amico perchè dorme anche con me!”Alessandro (7) : “ Per me l’amicizia è avere un amico e con lui la mamma mi fa andare a scuola da solo.”Ricardo (10) : “ Per me l’amicizia è avere degli amici e con loro mi diverto e scherziamo insieme.”Alessia (9) : “ La mia migliore amica è la mia mamma. Con lei posso sempre parlare e mi aiuta ogni volta che glielo chiedo.”Jasmine (8) : “ Io credo che l’amicizia è avere un’amica lontana. Io ho un’amica in Tunisia e ci vogliamo bene anche se ci vediamo solo pochissime volte quando io vado lì.”Giulia (10) : “ Secondo me essere amiche vuol dire litigare e però il giorno dopo essere amiche come prima perché ci siamo dimenticate perché avevamo litigato.”Eros (6) : “ Il mio cane Lucky è il mio migliore amico. Quando torno da scuola lui mi aspetta sempre davanti alla porta e mi lecca tutto. Con lui gioco sempre e lui non si stanca mai di giocare con me.”Anthony (5) : “ Io ho un amico speciale. Nessuno lo vede ma esiste davvero e mi fa sempre compagnia.”Vanessa (8) : “ Io non ho un’amica o un amico del cuore: io sono contenta perché ho tanti amici.”Simone (8): “ Il mio migliore amico non è una persona. Il mio unico amico vero è il pallone da calcio. Ogni volta che gioco con lui sto benissimo e sono il più felice del mondo.”Noi: “ Parlandoci della sua amicizia, Simone ci ha parlato della felicità. Per voi cosa significa essere felici?”

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Lorenzo (8) : “ Io sono felice quando vado a vedere le partite di calcio di Simone e lui fa goal.”Alex (5) : “ Quando la mamma torna dal lavoro e mi ha portato un gioco nuovo io sono strafelice.”Alessandro (7) : “ Io sono felice quando finisco di fare i compiti e poi posso giocare con la pista delle Hotweels.”Ricardo (10) : “ Io sono felice perché mio padre mi ha mandato a fare un corso di chitarra e la chitarra è il mio strumento musicale preferito.”Alessia (9) : “Io mi sento felice ogni volta che andiamo in campagna dai nonni e la nonna mi porta nella stalla a pettinare i cavalli.”Jasmine (8) : “ A me piace molto prendere un bel voto a scuola perché quando vado a casa e lo dico ai miei genitori loro sono felici e allora sono molto felice anche io.”Giulia (10) : “ Io mi sento davvero felice quando mia sorella Gaia di 17 anni mi porta con lei e le sue amiche a fare una passeggiata. Ogni volta mi sento grande.”Eros (6) : “ Io l’altro giorno la sera di Natale ero felicissimo perché Babbo Natale mi ha portato tantissimi regali e anche la macchinina telecomandata che gli avevo chiesto.”Anthony (5) : “ La mamma per la prima volta mi ha portato al cinema e sono felice perché mi sono divertito.”Vanessa (8) : “ Io mi sento felice ogni volta che mio papà torna a casa e passa un po’ di tempo con noi.”Samuele (6) : “ Io sono felice quando la mamma mi spinge fortissimo sull’altalena.”Noi: “ Bravi bambini siete riusciti a dare delle belle definizioni di questi sentimenti. È stato molto interessante vedere che tutti quanti avete avuto idee diverse e ci avete fatto capire che ogni sentimento cambia in base alle vostre esperienze, al vostro modo di vivere e al vostro modo di affrontare le situazioni di tutti i giorni. Ora passiamo all’ultima attività!”

PRESENTAZIONE DELLA TERZA ATTIVITA’Spieghiamo ai bambini che nell’ultima parte dell’attività racconteremo loro una favola. Alla fine del racconto troveremo la morale della storia per poi discuterne insieme.

L’ASINO SELATICO E L’ASINO DOMESTICO“C'era una volta un simpatico asinello selvatico che trascorreva le sue giornate in libertà, passeggiando per i campi e mangiando il cibo che trovava. Durante uno dei suoi giri quotidiani ebbe modo di vedere un suo simile, dall'aspetto sano e robusto, che brucava l'erba in un grande prato cintato da un'alta staccionata di legno. Esso, osservando l'animale domestico, pensò: "Che bella vita! Lui sì che sta bene: é spensierato, senza problemi e con il cibo a volontà". In effetti l'altro asino sembrava proprio fortunato: gli venivano serviti due pasti abbondanti al giorno, riposava in una stalla bene attrezzata ed aveva un pascolo meraviglioso a sua disposizione.L'asino selvatico, invece, doveva accontentarsi dei miseri sterpi che riusciva a trovare ai margini della strada, perché i prati ricoperti di erbetta fresca erano tutti privati. Ogni tanto, il povero asinello appoggiava il muso sulla cima della staccionata e, guardando l'altro, lo invidiava da morire.Un giorno, pero, il giovane asinello, girovagando tranquillo, incontrò sulla via, un animale talmente sovraccarico di legna, sacchi di grano ed altro da non essere in grado di capire di che bestia si trattasse. Quando questa, per reagire ad una violenta frustata del suo padrone, tirò un calcio e alzò il muso, lo riconobbe: era l'asino domestico che fino a quel giorno aveva tanto invidiato! "Eh, caro mio," gli gridò affiancandosi a lui "a questo prezzo non farei mai cambio con te. Nessuno mi comanda, io sono libero e leggero come una libellula. Se poi non mangio bene come te, meglio, mi mantengo in linea. E per sopravvivere mi arrangio". Dopo quell'incontro l'asino selvatico non provò più alcuna invidia per il suo simile.”MORALE: E' meglio possedere poco vivendo felici piuttosto che avere la ricchezza a costo di tante sofferenze.Nei primi 10 minuti leggiamo la favola due volte. Al termine del racconto spieghiamo cos’è la morale e in seguito diamo ai bambini 10 minuti di tempo per pensare a quale possa essere la morale e per discuterne tra loro. Scaduti i 10 minuti cominciamo la discussione:Noi : “ Allora bambini sapreste dirci qual è la morale di questa favola?”Lorenzo (8) : “ Io credo che la favola vuole dirci che se uno sembra che ha tante cose poi magari è invece più sfortunato.”Alessia (9) : “ Secondo me dice anche che le persone hanno tutte cose diverse e non vivono tutte nello stesso modo.”

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Alessandro (7) : “ Secondo me la favola ci vuole dire che dobbiamo sempre essere contenti delle cose che abbiamo.Giulia (10) : “ Per me la morale della favola è che non bisogna essere invidiosi di chi magari a tutti perché non sempre vuol dire che è più felice e fortunato di altri.”Noi : “ Bravi bambini avete detto tutti cose giuste. La parola chiave di questa favola è l’invidia. Sapete cos’è l’invidia? “Lorenzo (8) : “ Si io so cos’è l’invidia! Ma non sono mai invidioso di niente.”Ricardo (10) : “ Io sono invidioso di mio fratello piccolo perché la mamma non lo sgrida mai e a me sempre.”Jasmine (8) : “ Anche io so cos’è l’invidia delle mie amiche che possono vestirsi come vogliono perché mio papà mi ha già detto che quando divento più grande devo mettermi i vestiti come la mamma.”Anthony (5): “ Ma che parola è. Io non l’ho mai sentita.”Vanessa (8) : “ Io so cos’è l’invidia perché la mia amica dice sempre che vuole cose che hanno altre bambine e a lei le cose sue non piacciono mai.”Alex (5) : “ Io non lo so perché sono piccolo..che cos’è?”Noi : “ L’invidia è un sentimento che si prova quando si desidera qualcosa che gli altri hanno e noi non possiamo avere. Ora che tutti sapete cos’è l’invidia, vi è mai capitato di essere invidiosi di qualcuno o di qualcosa?”Simone (8) : “ Io sono invidioso di Lorenzo perché la mamma e il papà lo difendono sempre perché è più bravo e più buono di me.”Alex (5) : “ Io sono invidioso quando mio fratello più grande gioca con la play station e io non posso mai perché mi dicono che sono piccolo e che non posso giocare con lui allora mi arrabbio e piango.”Alessandro (7) : “ Io sono invidioso del mio compagno di banco perché ha la cartella dei Pokemon e anche io la volevo ma la mamma non me l’ha comprata.”Alessia (9) : “ La mia mamma è bellissima e io sono invidiosa perché vorrei essere come lei e invece sono come mio papà.”Giulia (10) : “ Io credo che è brutto essere invidiosi. Io lo ero di una mia amica perché non ha gli occhiali ma poi ho capito che non è colpa sua e allora adesso non sono più invidiosa di nessuno.”Eros (6) : “ Io sono invidioso quando la nonna fa la pasta con il pesto e mia sorella Elisa mangia tanto solo perché è grande.”Vanessa (8) : “ Io non sono mai stata invidiosa di niente. La mamma mi ha insegnato che bisogna sempre essere contenti di quello che abbiamo perché ci sono sempre persone che hanno meno di noi.”Samuele (6) : “ Io sono invidioso del bambino che abita nella casa vicino a me perché lui ha la piscina e io no.”Noi : “ Non dovete preoccuparvi se siete o siete stati invidiosi di qualcosa o di qualcuno perché succede a tutti. Purtroppo non si può sempre avere tutto quello che si desidera, ma l’importante è essere felici di ciò che si è e di ciò che si ha.”

Al termine dei giochi e di tutte le discussioni ringraziamo i bambini per la loro partecipazione, attenzione e soprattutto per la loro disponibilità. Tutti i bambini sono soddisfatti per la giornata trascorsa in compagnia e sono contenti di aver svolto un ruolo importante all’interno del nostro progetto. A questo punto ce ne andiamo salutando i bambini che si offrono come volontari per i nostri prossimi progetti!

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SARDAGNA

GIOCHIAMO CON GLI AMICI PIRATI

Propongo ad un gruppo di dieci bambini di 4/ 5 anni di andare in aula psicomotricità per fare un gioco insieme. Giunti nell’aula faccio sedere i bambini in cerchio e inizio a raccontare loro una storia, di cui avevo già a grandi linee la trama, ma che volevo costruire e completare in base agli interventi fatti dai bambini. Per arrivare a questo risultato ho ritenuto opportuno utilizzare il metodo del dialogo con lo scopo di stimolare i bambini ad una riflessione su contenuti del loro vissuto.

IL RACCONTO COME STRUMENTO DIDATTICOLa storia è particolarmente adatta a far emergere il mondo interiore dei bambini, le immagini mentali legate ai ricordi, le conoscenze ai significati attribuiti ai simboli; sollecita una partecipazione emotiva e pone una serie di interrogativi. La comprensione delle componenti strutturali della storia, in particolare l’ambientazione e la dinamica dell’episodio, è favorita dall’utilizzo degli schemi personali posseduti e nello steso tempo questi vengono attivati, proprio attraverso la storia, per organizzare meglio il sapere posseduto, per aprirsi al dialogo e al confronto con gli altri fruitori della storia. Nel ripercorrerne il contenuto, ognuno può commentare, chieder spiegazioni, fare ananlogie.

A PARTIRE DALL’ESPERIENZA E DAL DAIALOGO SU DI ESSA SONO STATI SOLLECITATI I BAMBINI A RIFLETTERE SU TEMI QUALI:

Importanza della collaborazione per la realizzazione di un progetto comune L’amicizia Per davvero e per finta Concetti dentro/ fuori

C’era una volta un pirata che si chiamava Gamba di Legno.

Maestra: secondo voi perchè si chiamava cosi?Francesco: perché aveva una gamba di legnoMaestra: come mai di legno?Francesco: perché la sua gamba era troppo ferita, gliel’avevano tagliata e gli avevano messo una gamba di legno .Simone: che però era finta.Giacomo: L’aveva persa in un combattimento con il coccodrillo.Maestra: proviamo anche noi a fare i pirati senza una gamba. Come possiamo fare?

I bambini piegano una gamba e la portano dietro tenendola con la mano mentre cercano di stare in equilibrio sull’altra e si guardano uno con l’altro per vedere cosa fanno i compagni.

Un giorno Gamba di legno sfila dalla tasca del pirata Barbanera, che sta dormendo, un rotolino e dopo averla aperta stupito esclama “ma questa è la mappa di un tesoro. Che bello! Diventerò ricco!”.Gamba di Legno diventa però pensieroso. “come posso da solo cercare un tesoro?”

Maestra: bambini secondo voi riesce a cercarlo da solo?Bambini: no!Maestra: perche?Francesco: deve trovare tanti pirati che lo aiutano.Simone: però devono essere pirati amici, altrimenti gli rubano il tesoro!

Gamba di legno va così al porto, incontra gli altri pirati e chiede loro “Chi vuole fare un viaggio con me alla ricerca di un tesoro?”. I pirati incuriositi accettano di fare quest’avventura e chiedono “Quando si parte? Dov’è la tua nave?”.

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Il pirata Gamba di Legno si rattrista e dice “la mia nave purtroppo durante l’ultimo viaggio ha sbattuto contro uno scoglio e si è distrutta”.

Chiara: come fanno allora i piati a prendere il tesoro?Giacomo: eh devono cercare un’altra naveAndrea: ma possono anche costruirla!Maestra: e per costruire una nave di che cosa avevano bisogno?Simone: di tanti legniValeria: la bandieraMichele: delle veleAndrea: alberi della naveSara: timoneGiacomo: la botteMaestra: e a cosa serviva la botte?Francesco: per metterci il rumKatia: il cannocchialeSimone: il cappello di un pirataGiacomo: gli unciniFrancesco: il fuocoMaestra: bravo! Il fuoco che serviva per accendere la polvere da sparo, no? Serena: il cannoneSara: la bussolaGiacomo: e c’è anche una scimmiaValeria: no, è un pappagalloGiacomo: ma anche una scimmia

Il giorno seguente si ritrovano tutti i pirati al porto ed ognuno ha portato delle cose che potevano servire per la costruzione della nave. Il pirata Gamba di Legno rivolgendosi ad ognuno dei suoi amici chiede “tu che cosa sai fare?” e gli altri rispondono “Io sono un bravo falegname”, “Io so aggiustare i motori”, “io sono un bravo pittore” e così via.. Costruita la loro bella nave i pirati sono pronti per partire.

Maestra: ma desso per arrivare al tesoro che cosa non dovevano dimenticare di portare con loro?Francesco: la mappa, io ce l’ho una mappa vera, me l’ha regalata mio zio.Maestra: ma che cos’è una mappa? Francesco: è un foglio dove si vedono le stradeGiacomo: indica la strada giusta non quella sbagliata... Sembra il navigatore.Valeria: è una strada per arrivare al tesoro e scavare.Michele: la mappa indica il sentiero, per non andare nei pericoli.Chiara: per non perdersi Simone: è quella del tesoro,c’è su una strada.Francesco: è una carta grande dove c’è disegnata la strada, montagne dove gli uomini vanno a cercare il tesoro. Maestra: con la mappa si va solo a cercare il tesoro?Giovanni: no anche per cercare le cose, per indicarci la strada.Andrea: la mappa ha su disegnata una strada lunga e c’è una curva.Maestra: a che cosa serve una mappa?Giacomo: per indicare la strada dove andare… per non perdersi quando non si sa dove andare.. si cammina, si cammina, si cammina e ci si perde sempre di più e non si ritorna più al sentiero.

La maestra continua con il racconto...Levata l’ancora i pirati prendono il largo e, navigano per giorni e giorni, di tanto in tanto guardano l’orizzonta per vedere se avvistano qualche cosa.

Maestra: secondo voi con cosa guardavano lontano?Bambini: con il cannocchialeMaestra: per vedere che cosa?

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Francesco: per vedere dov’è l’isola o altri pirati.Giacomo: per guardare le cose che sono lontane e non si vedono bene.Maestra: proviamo anche noi a fare il cannocchiale. Che cosa vedete?Valeria: io vedo la maestra.Michele: io vedo ValeriaFrancesco: io vedo MicheleGiacomo: io vedo il carrello dei giochiMaestra: ora bambini chiudiamo gli occhi, costruiamo il canocchiale con le nostre mani e facciamo il “gioco del far finta”. Ora mi dite che cosa immaginate di vedere sull’isola con gli occhi chiusi.Giacomo: io immagino di veder i pirati che stanno scavandoFrancesco: io degli altri pirati nemiciValeria: il tesoroSara: io degli uomini che camminanoMichele: io vedo tanti alberiAndrea: io la terraSimone: io il cannone di un'altra nave

Arrivati vicino all’isola i pirati buttano l’ancora e calano le loro scialuppe.

Maestra: che cosa sono le scialuppe?Giacomo: servono per il salvataggioFrancesco: sono per andare vicino alle isole se no la nave si blocca.Maestra: perché si blocca la nave?Giacomo: perchè se c’è troppa sabbia s’incastraMaestra: E allora cosa devono usare?Giacomo: la scialuppaMaestra: ma non è uguale alla nave?Giacomo: no, è più piccolaMaestra: e quella non s’incastra nella sabbia?Giacomo: No perché è tanto piccolaMaestra: Ma si dice piccola?Giacomo: non è altaMaestra: forse vuoi dire che non così profonda come la nave e non tocca il fondo?Giacomo: siMaestra: e così può arrivare sulla terraferma.

Arrivati sull’isola i pirati aprono la loro mappa ed iniziano a decifrarla. Misurano i passi ed arrivano vicino ad una roccia appuntita che e disegnata anche sulla mappa. I pirati esclamano “siamo arrivati nel punto giusto!”.Ora devono attraversare una palude dove c’erano tanti animali pericolosi e per far questo si sono costruiti una zattera.

Maestra: cos’è una zattera?

I bambini non rispondono allora l’insegnante, facendoli alzare, fa cantare ed animare la canzone “i pirati del mar dei Sargassi” che contiene la parola zattera.

I PIRATI DEL MAR DEI SARGASSI

Quattro pirati sul mar dei sargassiin una zattera fatta di assi;vanno remando, dicono loro,alla ricerca di un grande tesoro.Però:Uno è alto, uno basso, e uno è zoppo,ed il quarto ha la benda sull'occhio;

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vanno remando, dicono loro,alla ricerca di un grande tesoro.

Maestra: allora bambini, che cosa sarà questa zattera?Federico: sono tante assi legate insieme con tanti chiodi.Giacomo: poi i pirati vanno su e remano.

I pirati, arrivati fino all’albero segnato sulla mappa, trovano dietro nascosta nella roccia un’apertura. Entrati dentro nella grotta vedono un sasso con disegnata sopra una croce ed esclamano “ecco il segno che indica il tesoro! Spostiamo il sasso e iniziamo a scavare”. Sotto terra è nascosto un baule pieno di gioielli e monete d’oro. Il pirata gamba di legno felice del risultato ottenuto, divide il tesoro con i suoi amici e li ringrazia e fa capire loro che tutti insieme si possono fare grandi cose. I pirati felici organizzano una grande festa sulla spiaggia ed il giorno dopo ripartono per tornare a casa.

Maestra: vi è piaciuta la storia? Ora facciamo un bel gioco; proviamo anche noi a far finta di essere pirati? Per questo gioco che cosa ci serve?Bambini: la mappa e la nave.

Maestra: va bene, incominciamo a costruire la nave. La può fare un bambino solo?Francesco: no, si deve farla insieme perché è grande.Valeria: ed è difficile farla.Maestra: a lavorare assieme cosa succede?Francesco: ci si mette menoGiacomo: si fa più veloce

I bambini con il materiale psicomotorio (materassini, dislivelli, costruzioni modulari in gommapiuma come cubi, ponte, cilindro, bastoni, foulard, mattoncini, birilli, cerchi, etc.) che trovano in aula costruiscono la nave ed ognuno porta un idea nuova.

Andrea: questa è la scaletta che serve per salire sulla nave.Giacomo: questo è lo scivolo per scendere.Michele: queste sono le bandiereGiacomo: con i cerchi facciamo le finestre della nave.Maestra: gli oblo?Giacomo: siValeria: Questo cerchio fa il timoneFrancesco: io sto facendo la bussola.Andrea: con questi alti possiamo fare gli alberi della nave.

Chiara: Francesco tieni questo bastone che metto la vela.Simone: qui metto le palle del cannone.Maestra: dov’è il cannone?Giacomo: è questo gialloMichele: no, questa era la mia scialuppa

In un altro angolo dell’angolo dell’aula delle bambine su un tappeto stanno costruendo l’isola del tesoro.

Sara: questa è la grotta dove si entra per cercare il tesoro.Katia: qua c’è dentro il tesoro ma lo dobbiamo coprire con qualche cosa.Serena: mettici sopra i cerchi!Katia: però i cerchi hanno il buco e si vede dentro! Serena: allora mettici sopra questo (foulard).Maestra: ora bambini saliamo tutti sulla nave e salpiamo.

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Essendo la nave molto piccola i bambini fanno un po’ di fatica a trovare posto e così si stringono uno all’altro, alcuni tendendosi in braccio.

Giacomo: è un po’ complicato.Francesco: io sono qua in cima.Maestra: perché ti sei messo in alto?Francesco: perché devo vedere con il binocolo, devo avvistare l’isola.Giacomo: No, non sederti lì perche c’è la scatola per dar mangiare ai pesci.Francesco: Terra in vista! Maestra:che bello siamo arrivati ! Ma ora bambini come possiamo fare per raggiungere l’isola ?Francesco: prendiamo la scialuppaMaestra: dove sono le nostre scialuppe?Michele: possiamo usare questo giallo come scialuppa (indicando una costruzione modulare in gommapiuma).Francesco: possiamo anche usare i cerchi.

I bambini si sistemano nei cerchi tranne un bambino che si mette su di un cuscinone.I bambini devono cercare di trovare un modo per poter più facilmente attraversare lo spazio “mare”ed arrivare sull’isola per primi. Alcuni bambini strisciano con le ginocchia sul pavimento liscio cercando di andare il più veloce possibile, altri invece si muovono facendo piccoli passi con i piedi,altri avanzano seduti nel cerchio. Il bambino sul cuscino cercava di strisciare aiutandosi con le mani.Ora propongo ai bambini di tirare le scialuppe verso l’isola e ci prepariamo per un nuovo gioco.

Maestra: bambini com’è stato questo gioco?Michele: ho fatto fatica a remare con le mani perché non riuscivo ad andare avanti.

GIOCO: DENTRO E FUORI DALLE SCIALUPPE

Maestra: adesso bambini facciamo finta di essere tanti pirati che dopo lunghi giorni passati in mare vogliono divertirsi e decidono di fare un gioco con le loro scialuppe. I cerchi sono le vostre scialuppe ed ora tutti i pirati si mettono all’interno per fare il gioco del dentro e del fuori (tutti i bambini entrano nel proprio cerchio). Quando dico la parolina “dentro!” entrate nella vostra scialuppa, quando invece sentite “fuori!” dovete uscire. Siamo pronti?Bambini: si!Maestra: dentro.. fuori.. dentro..

I bambini saltano dentro e fuori dal cerchio in base alla consegna data; inizialmente sono incerti se ciò che fanno è corretto o meno, allora si guardano attorno per vedere se la posizione in cui si trovano è la medesima di quella dei compagni.

Maestra: dove ti trovi adesso Andrea? Andrea: fuoriMaestra: fuori da che cosa?Andrea: dal cerchioMaestra: dentro (i bambini si mettono all’interno del cerchio); dove siete adesso?Bambini: dentroMaestra: bravi, ora bambini aumentiamo la velocità.Bambini: si!Maestra: dentro.. fuori.. dentro.. fuori.. dentro.. fuori..

Alcuni bambini trovano difficoltà nello svolgere l’esercizio più velocemente e si controllano fra compagni.

Maestra: adesso la maestra batte sul tamburello e voi ad ogni colpo dovete fare un salto fuori o dentro. Così: (tun) dentro (tun) fuori (tun) dentro. Quando sentite un solo colpo forte (TUN), tutti i bambini si devono

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fermare e chi si trova nella posizione sbagliata si mette qui vicino alla parete; chi è nella posizione giusta continua il gioco. Avete capito bambini? Ora proviamo.

Tamburo: Tun.. tun.. tun.. tun.. tun.. tun.. TUNMaestra: fermi! Allora i bambini che sono fuori dal cerchio si mettono qui. Chi è fuori dal cerchio?Valeria: ioMaestra: venite, qui sulla riva del mare allora Valeria, Serena e Francesco. Pronti? Tamburo: Tun.. tun.. tun.. tun.. tun.. tun.. TUN.Andrea: sono fuoriMaestra: e chi altro?Chiara: ioGiacomo: io, ma anche michele è fuori!Maestra: allora raggiungete anche voi gli altri pirati.Maestra: Attenzione perché i pirati che vinceranno dopo dovranno svolgere un compito importantissimo. Tamburo: Tun.. tun.. tun.. tun.. tun.. tun.. TUNMaestra: chi è fuori bambini? Katia? Vieni qui sulla riva anche te. Battiamo le mani ai vincitori che poi dovranno portarci alla scoperta del tesoro. Adesso ci sediamo un momento.

La nostra riflessione sulle categorie di dentro e fuori ha preso il via da un’azione, dal gioco delle scialuppe.

Maestra: ora che abbiamo fatto questo gioco proviamo a vedere se tutti avete capito il significato delle paroline dentro e fuori. Che cosa vuol dire dentro?Giacomo: dentro è così e fuori è così (entrando ed uscendo dal cerchio)Maestra: giusto, ma cosa vuol dire dentro? Se per esempio dico “dentro la grotta”?Giacomo: vuole dire.. entrareMaestra: cioè stare dentro vuol dire stare all’interno di una cosa?Andrea: si, chiusa però! Vuol dire che c’è intorno qualche cosa.Maestra: fatemi un esempio di una cosa che è dentro qualche cosa...Simone: le carte dentro il cestino.Valeria: le palle nella scatola.Michele: i colori nel barattolo.Maestra: e invece quando si dice fuori? Francesco: in una cosa aperta, che non c’è dentro qualche cosa.Giacomo: o il pallone che non fa goal è fuori.Maestra: bravi, dove non c’è qualcosa che racchiude.

GIOCO: TUTTI A BORDO

Maestra: Ora i bambini che hanno vinto il gioco delle scialuppe devono far salire sulla loro imbarcazione tutti i pirati e raggiungere l’altra parte dell’isola dove insieme cercheranno il tesoro, le scialuppe sono solo due come facciamo? Francesco: nuotiamo in mareGiacomo: ma guarda che ci sono gli squali!Michele: usiamo le scialuppeMaestra: ma sono solo due, come possiamo fare? Se vi mettete stretti, uno vicino all’altro, ci state? Proviamo. Bambini ora i bambini che hanno vinto il gioco prima, vengono a prendere quelli rimasti sull’isola, entrano nelle scialuppe e insieme si dirigono all’isola del tesoro. Va bene?Bambini: si

I bambini con le scialuppe raggiungono i compagni e piano piano si sistemano all’interno dei cerchi. I pirati delle due scialuppe devono organizzarsi per arrivare per primi sull’isola. Il percorso è però ostacolato da birilli e mattoncini. La maestra mostra ai bambini come deve essere fatto il percorso. I bambini cercano di disporsi all’interno del cerchio tutti nella stessa direzione per facilitare la camminata.Maestra: vi è piaciuto il gioco?Sofia: si

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Maestra: perché?Sofia: perché siamo arrivati primi e abbiamo vinto.Andrea: noi non abbiamo vinto perché siamo cadutiMaestra: come mai siete caduti?Andrea: si faceva fatica a camminare in tanti nel cerchio.

Ai bambini viene proposto un nuovo gioco motorio.

Maestra: bambini vi ricordate come si chiamava il pirata?Bambini: Gamba di legnoMaestra: e cosa aveva il pirata gamba di legno? Era senza una..Bambini: gambaFrancesco: aveva un uncinoMaestra: durante un combattimento in mare il pirata è stato ferito ad una gamba da uno squalo. Povero pirata! Come fa adesso a camminare?Giacomo: deve saltare su una gamba solaMaestra: ma povero pirata non ce la fa per tanto tempo a stare su una gamba sola. Proviamo a pensare come possono aiutarlo gli altri pirati. Federico: si danno la manoMaestra: oppure possono camminare attaccati per aiutarsi a vicenda,ora possiamo far finta anche noi di essere dei pirati senza una gamba.

La maestra propone ai bambini un gioco che consiste nel fare un breve percorso a coppia; vengono unite per mezzo di una corda la caviglia destra di un bambini con quella sinistra dell’altro come fossero una sola. I bambini devono riuscire a mantenere l’equilibrio e fare il percorso adottando la strategia migliore: la maggior parte di loro si teneva abbracciato al compagno e insieme cercavano di coordinare i passi e i movimenti.

Maestra: com’è bambini? Più facile o più difficile?Michele: è più difficile Maestra: Perché?Michele: Perché si legano tutte e due le gambe e non si sa dove saltareMaestra: è stato bello?Giacomo: siMaestra: perché?Giacomo: perchè siamo caduti insiemeMaestra: Farlo da soli sarebbe stato così bello? Sara: NoMaestra: Perché?Sara: Perché mi annoiavoAndrea: Si ero più veloce

Facciamo un cerchio grande per una brave riflessione finale.

Maestra: allora bambini vi sono piaciuti la storia e i giochi dei pirati?Bambini: siMaestra: allora siamo partiti costruendo la nostra..Bambini: naveMaestra: abbiamo fatto un viaggio lungo lungo e poi siamo arrivati all..Bambini: isolaGiacomo: con il tesoroMaestra: Come mai siamo riusciti a trovare il tesoro?Federico: con la mappaMaestra: bravo, ma qual è stato l’aiuto più grande?Giacomo: dell’amicoMaestra: ma chi è l’amico?

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Giacomo: ma io non ne ho uno, ne ho tanti, il Nicolò, il Francesco, anche mia sorella e i miei cugini sono amici mieiMaestra: e per voi bambini cosa vuol dire essere amici?Valeria: Quando un bambino presta le sue cose ad un altroFrancesco: Quando non litiga con il suo amicoChiara: Quando giocano assiemeMaestra: se noi pirati non avessimo avuto l’amico, l’amicizia degli altri pirati cosa sarebbe successo?Andrea: non ci riuscivamo.Maestra: da soli non ci saremo riusciti, bravi. Siamo riusciti a fare tante cose. Per esempio bambini saremo riusciti da soli a costruire la nave?Bambini: noAndrea: Perché da solo aveva poche coseMaestra: invece tutti i pirati insieme hanno portato tante..Bambini: CoseMaestra: quanto ci avrebbe impiegato un pirata a costruire la barca da solo?Bambini: TantoMaestra: E nel gioco del pirata gamba di legno sarebbe riuscito il pirata a camminare da solo?Simone: noMaestra: Perché?Simone: Perché aveva la gamba rottaMaestra: Cosa possiamo ricavare da questa storia? Quando si è amici si possono fare..Francesco: Tante coseAngelo: anche i giochiMaestra: e un bambino se gioca da solo cosa fa?Angelo: si annoiaGiacomo: in tanti invece è più divertenteMaestra: e in tanti si posso fare anche cose più..Giacomo: velociFrancesco: grandiAngelo: belleMaestra: perché ogni bambino pensa una cosa diversa, come abbiamo fatto con la nostra nave dove ognuno ha portato qualcosa da mettere.Ma se pensiamo a questi giochi che abbiamo fatto, possiamo dire di essere stati dei veri pirati, di aver navigato su un mare vero con delle vere scialuppe? Francesco: ma no! Era per finta! Qui non c’era l’acqua vera, era il pavimento.Andrea: e non avevamo le barche vere, erano i cerchi.Maestra: e con il canocchiale abbiamo visto veramente l’isola?Michele: no, si vedevano i nostri amici e la palestra.Giacomo: ma io quando avevo gli occhi chiusi vedevo i pirati che cercavano il tesoro.Maestra: e il tesoro l’abbiamo trovato veramente?Andrea: no abbiamo trovato dei libri con la storia dei pirati.Maestra: allora che cosa vuol dire per finta e per davvero?Giacomo: la nave l’abbiamo fatta per davvero, anche se era finta e non c’erano le bandiere vere e il timone vero e i legni veri.Francesco: per davvero è quando le cose ci sono davvero e non per finta.Maestra: pensate a una cosa che fate a scuola per finta e una che fate per davvero.Serena: nella casetta facciamo finta di bere il caffè e invece in sala da pranzo mangiamo veramente.

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