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Barriere anatomiche: epidermide della pelle, mucose del tratto respiratorio e gastrointestinale
Le superfici epiteliali costituiscono una vera barriera fisica all’invasione dei
microorganismi. Le cellule epiteliali infatti sono tenute insieme da giunzioni
strette che formano un vero muro contro l’ambiente esterno.
Fattori meccanici:
-La desquamazione dell’epidermide consente la rimozione dei microrganismi che hanno aderito alla superficie epiteliale.
- Il movimento delle ciglia dell’epitelio respiratorio e la peristalsi intestinale facilitano l’eliminazione degli agenti patogeni entrati con l’aria inspirata e con l’alimentazione.
-Il muco, prodotto nel tratto respiratorio ed intestinale, intrappola i microorganismi consentendone l’eliminazione.
-Le lacrime e la saliva generano un movimento fluido che previene l’instaurarsi di infezioni a livello della bocca e degli occhi.
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DIFESE PRIMARIE: BARRIERE CHIMICO-FISICHE
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The different steps of the response against pathogens.
Fattori chimiciPeptidi antibiotici detti defensine.
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•La sintesi delle defensine avviene nel midollo osseo, nei precursori dei neutrofili (pro-mielociti). •Le defensine sono inpacchettate in granuli primari (azzurrofili) che si fondono poi con i vacuoli dei fagociti.•I vacuoli vengono poi rilasciati nel sangue e nei tessuti.
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-il lisozima e la fosfolipasi A contenuti nelle lacrime e nella saliva degradano la parete dei batteri.
le cellule del Paneth dell’intestino producono peptidi antibatterici dette criptocidine.
Il fluido presente sugli epiteli di rivestimento dei polmoni è ricco di due
proteine surfactante A e B che rivestono i microrganismi facilitandone l’eliminazione.
Il pH acido dello stomaco e i succhi digestivi, ricchi di enzimi come la pepsina e di acidi grassi, uccidono i microrganismi che invadono il tratto gastro-intestinale.
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RECETTORI SOLUBILI DELL’IMMUNITA’ INNATA
I recettori solubili comprendono i fattori della cascata del complemento C3, la lectina
legante il mannosio (MBL), le proteine A e D del surfactante (SP-A, SP-D) e le
pentrassine.
MBL, SP-A e SP-D appartengono alla famiglia delle collettine, data la presenza di un
dominio di tipo collagenico e sono presenti normalmente nel sangue, aumentando di
concentrazione durante l’infiammazione (es. la proteina C reattiva prodotta nel fegato).
Questi recettori solubili sono in grado di riconoscere strutture della membrana
batterica e funginea, in particolare i domini zuccherinici e lipidici, legandosi con
scarsa specificità ma con alta avidita’ in quanto piu’ MBL possono legarsi allo stesso
batterio.
Le pentrassine riconoscono cellule apoptotiche e materiale nucleare di cellule morte, quindi
agendo principalmente su cellule del proprio organismo (self).
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Fattori biologici
La maggior parte delle superfici epiteliali è associata ad una normale flora di batteri non patogeni che competono con i microorganismi patogeni per il nutrimento ed i siti di attacco alle cellule epiteliali.
La normale flora può anche produrre sostanze antimicrobiche come l’acido lattico o batteriotossine.
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Quando un microrganismo attraversa le barriere anatomiche e comincia a replicare nei tessuti sottostanti, viene inizialmente fagocitato da macrofagi residenti nel tessuto connettivo.
Grazie alle sostanze chemiotattiche liberate nel sito di infezione, viene reclutato un gran numero di neutrofili.
Nelle prime fasi dell’infiammazione acuta la componente cellulare principale è rappresentata dai neutrofili.
I neutrofili hanno vita breve e muoiono dopo aver compiuto un ciclo di fagocitosi. Il pus è costituito da neutrofili morti o che stanno morendo. Nabissi 14
Globuli Bianchi o Leucociti:
-granulociti polimorfonucleati (neutrofili, eosinofili e basofili)
-linfociti
-monociti (si differenziano in macrofagi nei tessuti)
Globuli rossi:
-eritrociti
Trombociti:
-piastrine
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INFIAMMAZIONE
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L’infiammazione è una reazione complessa ad agenti lesivi, come microbi
e cellule danneggiate, in genere necrotiche, e consiste nella risposta
vascolare, nella migrazione ed attivazione dei leucociti ed in una
reazione sistemica.
Caratteristica peculiare della reazione infiammatoria è la reazione dei
vasi sanguigni, che porta all’accumulo di liquidi e leucociti nei tessuti
extravascolari.
CARATTERISTICHE GENERALI DELL’INFIAMMAZIONE
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L’infiammazione si differenzia in:
– Acuta : esordio rapido e durata relativamente breve, con formazione di
essudato (edema) e migrazione di leucociti.
– Cronica: ha una durata maggiore ed è associata istologicamente alla
presenza di linfociti e macrofagi, proliferazione di vasi sanguigni, fibrosi e
necrosi tissutale.
LE RISPOSTE VASCOLARI E CELLULARI DELL’INFIAMMAZIONE, SIA
ACUTA CHE CRONICA, SONO MEDIATE DA FATTORI CHIMICI CHE
SONO PRODOTTI IN RISPOSTA ALLO STIMOLO INFIAMMATORIO.
I mediatori chimici amplificano la risposta infiammatoria, agendo a tempi diversi.
Al termine del processo infiammatorio i mediatori vengono degradati o dispersi.
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- La risposta infiammatoria è strettamente legata al processo di
riparazione, in quanto l’infiammazione distrugge, diluisce o isola
l’agente infettivo e mette in moto dei meccanismi che mirano alla
guarigione ed alla ricostruzione del tessuto danneggiato (rigenerazione
(cell.parench.) o cicatrizzazione (tess. fibroso) )
- L’infiammazione è una risposta protettiva che consiste di due
componenti principali: reazione vascolare e reazione cellulare.
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-La reazione cellulare comprende cellule circolanti (neutrofili,
monociti, eosinofili, linfociti, basofili e piastrine) e cellule del tessuto
connettivo (mastociti [circondano i vasi sanguigni], fibroblasti
[tessuto connettivo], macrofagi e linfociti.
-La matrice extracellulare e la membrana basale partecipano alla
risposta infiammatoria attraverso proteine fibrose strutturali
(collagene, elastina), glicoproteine adesive (fibronectina, laminina,
collagene) e proteoglicani.
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CARATTERISTICHE GENERALI DELL’INFIAMMAZIONE
COMPONENTI DELLA RISPOSTA INFIAMMATORIA ACUTA E CRONICA
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Le reazioni infiammatorie ACUTA sono scatenate da diversi stimoli.
– Infezioni (batteri, virus, parassiti)
– Traumi (superficiali, profondi)
– Agenti fisici e chimici (ustioni, congelamento), U.V.,sostanze chimiche ambientali)
– Necrosi tissutale (varie cause)
– Reazioni immunitarie (ipersensibilità)
Per quanto gli stimoli inducono reazioni in parte distinte, alcunecaratteristiche base rimangono comuni.
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EFFETTI LOCALI EFFETTI SISTEMICI• Rubor (rossore) Sintomi specifici della
patologia• Calor (calore) - Febbre• Tumor (tumefazione) - Anoressia• Dolor (dolore) - Debolezza• Funcio lesa (lesione) - Alterazione eq.idrico
- Perdita mineraliLeucocitosiModificazioni biochimico-
clinichedi fase acuta.
CARATTERISTICHE GENERALI DELL’INFIAMMAZIONE
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INFIAMMAZIONE ACUTA
L’infiammazione acuta è la risposta rapida che serve a portare nella sede
della lesione mediatori, leucociti e proteine plasmatiche. Consiste in:
- Alterazione del calibro vascolare che determinano un aumento del flusso
ematico.
- Modificazioni strutturali nella microvascolarizzazione: aumento della
permeabilità che comporta la fuoriuscita di liquidi e proteine
plasmatiche dal circolo sanguigno (formazione di edema)
- Fuoriuscita dei leucociti dal microcircolo, accumolo nella sede di lesione
e attivazione per l’eliminazione della causa infettiva
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video
MODIFICAZIONI VASCOLARI
VASODILATAZIONE: porta ad un aumento
del flusso ematico, causando il rossore ed il
calore della regione colpita dal processo
infiammatorio. Indotta da istamina e ossido
nitrico che agiscono sulla muscolatura liscia
dei vasi.
AUMENTO DELLA PERMEABILITA’: la
fuoriuscita di liquido porta ad un aumento
della viscosità del sangue (STASI) con
conseguente concentrazione dei globuli
rossi al centro dei piccoli vasi ed accumulo
dei leucociti in prossimità dell’endotelio.
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UNO DEI FENOMENI PRECOCI CHE SI MANIFESTANO NEL SITO DELL’INFIAMMAZIONE E’ L’ALTERAZIONE DEL FLUSSO EMATICO
E DEL CALIBRO VASCOLARE.
La vasodilatazione permette un rallentamento del flusso ematico e l’avvicinamento dei leucociti alla parete dei vasi (2). L’adesione dei leucociti all’endotelio è mediata dal riconoscimento fra molecole adesive leucocitarie ed endoteliali (3). I fattori chemio-tattici regolano la motilità e la migrazione direzionale dei leucociti nel sito infiammatorio tissutale (4).
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FORMAZIONE DELL’EDEMA
Con la perdita delle proteine plasmatiche si riduce la pressione osmotica all’interno dei vasi ed
aumenta quella dei liquidi interstiziali.
Questo fenomeno in associazione all’aumento della pressione
idrostatica (data dalla vasodilatazione),
causa una notevole fuoriuscita di liquidi nei tessuti
interstiziali ed una riduzione del rientro di liquidi a livello delle
venule post-capillari.
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• Essudazione: fuoriuscita di liquido, proteine e cellule
ematiche dal sistema vascolare verso il tessuto interstiziale
o nelle cavità corporee, causato da un’alterazione della
permeabilità dei vasi
• Trasudazione: fuoriuscita di liquido dal sistema vascolare
verso il tessuto interstiziale o nelle cavità corporee,
derivato da uno squilibrio osmotico o idrostatico. Non si ha
aumento della permeabilità vascolare.
• Pus: essudato purolento ricco di leucociti, cellule morte e
spesso microbi.
EDEMA
Edema: puo’ essere essudato o trasudato ed indica un
eccesso di liquido nelle cavità sierose o interstiziali.
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In che modo l’endotelio diventa permeabile?
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Indotto da istamina, bradichinine, leucotrieni, Sostanza P ed altri mediatori
chimici, con risposta rapida, reversibile e di breve durata: RISPOSTA
IMMEDIATA TRANSITORIA (15-30 min).
Interessa le venule di piccolo diametro e non capillari ed arteriole
(probabilimente per la presenza di una minore concentrazione di recettori).
Il legame dei mediatori chimici ai loro recettori presenti a livello delle
cellule endoteliali attiva dei segnali intracellulari (fosforilazione di proteine
del citoscheletro) che porta alla contrazione delle cellule endoteliali e alla
separazione delle giunzioni intercellulari. Altri fattori coinvolti sono IL-1,
TNF ed IFN-g. L’azione di queste citochine è ritardata e di lunga durata.
Formazione di aperture nell’endotelio delle venule
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Danno diretto all’endotelio dello stimolo lesivo (ustioni, infezioni batteriche litiche), è una
risposta immediata sostenuta. La fuoriuscita di liquidi e proteine inizia immediatamente e
perdura a lungo fino alla riparazione o trombizzazione dei vasi. In questa risposta sono
coinvolti tutti i tipi di vasi.
Lesioni endoteliale diretta con necrosi e distacco delle cellule endoteliali
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I leucociti aderiscono alle pareti dell’endotelio dopo un breve periodo dall’inizio del
processo infiammatorio e possono liberare metaboliti tossici (radicali liberi dell’O2
od enzimi proteolitici) che causano danno alle pareti dei vasi, dando luogo a
maggiore permeabilità vascolare.
Soprattutto si verifica a livello dei capillari polmonari e glomerulari.
Lesioni endoteliali mediate da leucociti
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Formazione di canali costituiti da agglomerati di vescicole e vacuoli interconnessi,
detti organuli vescicolo-vacuolari, localizzati principalmente a livello delle giunzioni
cellulari. Il VEGF e l’istamina aumentano il numero e le dimensioni di questi organuli
portando ad un aumento della permeabilità.
Aumento della transcitosi
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Durante la riparazione le cellule endoteliali proliferano e formano nuovi vasi (angiogenesi).
La fuoriuscita, da vasi neoformati con il processo dell’angiogenesi, perdura fino a quando le
cellule endoteliali dei vasi non si differenziano completamente (diventando poco permeabili).
Inoltre alcuni fattori come il VEGF che stimolano il processo angiogenetico rendono i vasi pre-
esistenti piu’ permeabili.
Fuoriuscita di liquidi e proteine da vasi neoformati
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EVENTI CELLULARI
Una funzione primaria dell’infiammazione è quella di portare
i leucociti nella sede della lesione e di attivarli. Le sequenze
di eventi che portano al travaso sono:
•Attivazione dell’endotelio per indurre il reclutamento
leucociti (marginazione, rotolamento, adesione)
•Diapedesi
•Migrazione
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https://www.youtube.com/watch?v=WEGGMaRX8f0
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Il reclutamento dei leucociti dal circolo sanguigno
consiste nel rotolamento ed adesione
all’endotelio vascolare a cui segue il
passaggio attraverso l’endotelio e la
membrana basale.
Il reclutamento leucocitario è selettivo,
permettendo l’accumulo di diverse popolazioni
leucocitarie, reclutate con diverse cinetiche.
La selettività è determinata da molecole
d’adesione leucocitarie, endoteliali e da fattori
chemotattici.
Marginazione
Con la stasi le condizioni emodinamiche cambiano ed un maggior numero di leucociti assume una posizione periferica lungo le pareti del vaso. Mediante questo processo di marginazione i leucociti rotolano lentamente lungo le pareti dei vasi aderendovi in maniera transitoria (rolling). Le pareti dei vasi vengono rivestite dai leucociti (pavimentazione). Dopo una solida adesione i leucociti inseriscono degli pseudopodi nelle giunzioni delle pareti del vaso per poi migrare al di fuori dei vasi.
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Adesione e Diapedesi
L’adesione e la migrazione dei leucociti sono regolate dal legame di molecole d’adesione
complementari presenti sui leucociti e sull’endotelio. I mediatori chimici influiscono su
questo processo modulando l’espressione di superficie e l’avidità di queste molecole.
I recettori di adesione appartengono a quattro famiglie:
Selectine
Integrine
Glicoproteine mucina-simili
Immunoglobuline
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LE SELECTINE: I principali iniziatori dell’adesione sono le tre selectine espresse sui leucociti
(L-Selectina), sulle cellule endoteliali (P e E-Selectina) e piastrine attivate (P-selectine). Le
selectine (E, P, L) si legano attraverso il loro dominio di lectina alle forme sialilate degli
oligosaccaridi, presenti nelle glicoproteine mucina-simile.
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Le selectine appartengono alla famiglia di proteine chiamata LECAM (Leucocyte Endothelium Cell Adhesion Molecules) sono glicoproteine transmembrana a catena singola capaci di legare i ligandi con alta velocità di attacco ma con bassa affinità.
L’espressione della selectina E viene indotta sulle cellule endoteliali da citochine infiammatorie dopo poche ore (3-4) dalla stimolo infiammatorio e diminuisce dopo circa 8-10 ore. La selectina E è riconosciuta da monociti, linfociti T di memoria e polimorfonucleati.
La selectina P è sempre presente nell’endotelio ma inattiva, localizzata nei corpuscoli di Weibel e Palade; solo dopo attivazione da mediatori (es. istamina) viene esposta in membrana. Il processo di attivazione ed inattivazione è molto rapido.
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Molecole d’adesione
Distribuzione Ligando Regolazione e funzione
L-selectine Leucociti Gly CAM-1
Glicani sialilati tipo Lewis X
Homing dei linfociti memoria T vergini e
dei leucociti infiammatori
E-selectine Endoteliali attivati da citochine
Glicani sialilati tipo Lewis X
Legame dei leucociti nei siti d’infiammazione
P-selectine
Endoteliali e piastrineImmagazzinamento
intracellulare, rapidatraslocazione e attivazione
da istamina, trombossani e
superossidi
Glicani sialilati tipo Lewis X
Legame dei leucociti nei siti d’infiammazione
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ImmunoglobulineLe immunoglobuline sono le molecole d’adesione presenti a livello delle cellule endoteliali che fungono da ligandi per le integrine presenti sui leucociti. Le due molecole d’adesione endoteliale sono: ICAM-1/2 (molecola d’adesione intercellulare-1)VCAM-1 (Molecole d’adesione cellulare vascolare-1)ICAM e VCAM riconosciute da linfociti e monociti, mentre i polimorfonucleati riconoscono solo ICAM-1
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Molecole d’adesio
ne
Ligando
ICAM-1 a1b2 integrine, fibrinogeno
ICAM-2 a1b2 integrine
VCAM-1 a4b1 integrine
Per terminare il rotolamento le cellule devono formare nuovi legami addizionali più saldi. Le
molecole d’adesione coinvolte in questa fase sono le integrine.
Ci sono differenti sottofamiglie di integrine ed i componenti di ogni sottofamiglia esprimono
una catena conservata β associata a differenti catene a.
Integrine
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Anche conosciute come VLA (very late activation)
Sono responsabili dell’adesione alle proteine della matrice extracellulare
come collagene, laminina e fibronectina.
INTEGRINE b2
Comunemente chiamate LFA-1 (leukocyte function-associated antigen-1) responsabili dell’adesione intercellulare e alla matrice.
Riconoscono i ligandi ICAM-1, ICAM-2 and ICAM-3 sulle cellule endoteliali.
INTEGRINE b1
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'inside–out' signalling, Un attivatore intracellulare, si lega alla β-integrin tail, portando un cambio
conformazionale aumentando l’affinità per componenti extracellulari (attivazione delle integrine)
favorendo la migrazione .
'outside–in' signalling. Legame delle integrine al ligando extracellulare cambia la loro conformazione .
L’insieme dei due eventi contribuisce al controllo della polarità cellulare, ri-arrangiameno del
citoscheletro, espressione genica, proliferazione e sopravvivenza cellulare
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INDUZIONE DELLE MOLECOLE D’ADESIONE
Istamina, trombina e PAF (fattore attivante le piastrine) stimolano la distribuzione della
P-selectina dai corpi di Weibel-Palade alla superficie cellulare.
Macrofagi, mastociti, cellule endoteliali rispondono agli stimoli infettivi rilasciando
citochine (TNF), IL-1 e chemochine.
TNF, IL-1 stimolano le cellule endoteliali a produrre molecole di adesione (ex. E-
selectine) e i leucociti le molecole complementari alla E-selectina.
TNF, IL-1 stimolano anche la produzione di ICAM-1 e VCAM-1.
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DIAPEDESI
Il passaggio dei leucociti attraverso l’endotelio è chiamato diapedesi, le cellule
attivate migrano in direzione del gradiente di concentrazione chimica.
Le molecole di adesione presenti nelle giunzioni intercellulari dell’endotelio
coinvolte nel passaggio dei leucociti appartengono alla superfamiglia delle
immunoglobuline e sono chiamate PECAM (Platelet endothelial Cell Adhesion
Molecule) o CD31.
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Uno stimolo infiammatorio induce
l’espressione di ICAM-1.
Dopo adesione e rolling I leucociti
migrano grazie alle PECAM-1 e CD99.
Le chemochine ed integrine stimolani
l’espressione e le interazioni fra LFA-1
e ICAM-1.
Le interazione fra PECAM-1 e CD99
contribuiscono alla trasmigrazione dei
leucociti
Il tipo di leucociti migranti varia in relazione alla progressione temporale della
risposta infiammatoria ed al tipo di stimolo.
Nella maggior parte delle infiammazioni acute nell’infiltrato infiammatorio
predominano i neutrofili per le prime 6-24 ore, sostituiti quindi dai monociti dopo
24-48 ore. I neutrofili sono i primi perché sono piu’ numerosi e sensibili alle
chemochine, quindi tendono a formare legami piu’ saldi.
Comunque i neutrofili hanno vita breve andando incontro ad apoptosi (formando
l’essudato), mentre i monociti sopravvivono piu’ a lungo.
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CHEMIOTASSII movimenti cellulari sono orientati da un gradiente chimico.
Le sostanze CHEMIOATTRATTRICI possono essere i prodotti di origine batterica o componenti del sistema del complemento (C5a), prodotti della via lipossigenasica (leucotrieni) e chemochine.
Come avviene l’induzione del movimento cellulare orientato?
Gli agenti chemiotattici si legano a specifici recettori transmembrana accoppiati alle proteine-G (GPCR) che generano segnali intracellulari che portano alla polimerizzazione dell’actina. Questo porta a modificazioni della membrana cellulare come la formazione di filopodi e contrazione cellulare.
Nabissi 14https://www.youtube.com/watch?v=ZUUfdP87Ssg
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Le molecole chemioattrattrici formano un gradiente anche all’interno del lume vascolare.
L’eparan-solfato sulla superficie dell’endotelio previene la dissoluzione del gradiente di
chemochine nel plasma e fornisce una via differenziale per la migrazione leucocitaria
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Come i neutrofili possono muoversi attraverso i numerosi compartimenti (midollo, vasi, matrice extracellulare, sito
d’infiammazione) disposti in siti lontani usando un singolo gradiente?
Se l’attrazione verso le pareti dell’endotelio è guidata da IL-8, come fa il leucocita ad allontanarsi dal gradiente di
IL-8 e migrare verso il sito d’infiammazione?
Le molecole chemiotrattrici di origine batterica (fMLP, LPS) inibiscono il segnale di IL-8, agendo sugli stessi
pathways molecolari (PI3K, PTEN, ecc)
DIFETTI DELLA FUNZIONE LEUCOCITARIA
LAD: Leukocyte Adhesion Deficiency
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La caratteristica di questa patologia è la mancanza di un corretto processo di adesione dei leucociti
all’endotelio con conseguente marcata leucocitosi e severe infezioni ricorrenti.
Senza la fase di adesione infatti, i leucociti non sono in grado di lasciare il torrente circolatorio per
migrare nel sito di infezione.
Negli ultimi 20 anni sono stati identificati tre momenti nello corso dell’adesione in cui si possono avere
problemi: nel rolling, nell’attivazione delle integrine, nella adesione forte,
L’incapacità da parte dei leucociti di raggiungere il sito infiammatorio determina infezioni
batteriche ricorrenti, localizzate principalmente a livello della cute e delle mucose.
Queste patologie sono evidenti fin dalla nascita, in cui i pazienti possono mostrare già una
infezione particolare all’ombelico con ritardo nel distacco del cordone.
Nei casi più severi della malattia l’individuo muore durante l’infanzia, mentre nei casi moderati
sopravvive fino all’età adulta presentando gravi gengiviti, periodontiti, ulcere cutanee, otiti,
enterocoliti, perforazioni dell’ileo e dell’appendice, laringotracheiti e l’incapacità di rimarginare
ferite chirurgiche.
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LAD I: è una malattia autosomica recessiva dovuta a mutazioni del gene
ITGB2 localizzato nel cromosoma 21 che codifica per la subunità b2 (CD18)
delle integrine. Segno caratteristico ritardo nel distacco del cordone ombelicale.
La severità e le complicazioni dei pazienti affetti da LAD I sono direttamente
correlate con il grado di deficienza della catena CD18: individui con meno dell’1% di
espressione hanno una forma molto grave con morte durante l’infanzia; mentre
pazienti con un’espressione che va dal 2.5 al 10% riescono a sopravvivere fino
all’età adulta.
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LAD II: il difetto genetico riguarda un trasportatore del fucosio localizzato nell’apparato del Golgi. La
conseguenza è una scorretta glicosilazione e quindi la mancata espressione del ligando (sLeX antigen)
per le selectine, espresse dalle cellule endoteliali e quindi un rolling insufficiente.
I pazienti presentano il raro gruppo sanguigno Bombay e alla nascita sono di peso e statura normali con
un corretto distacco del cordone ombelicale.
Più tardi con la crescita mostrano ritardo mentale, caratteristici lineamenti e statura piccola.
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LAD III: è molto simile alla LAD I ed il difetto genetico non è ancora esattamente conosciuto.
Probabilmente si tratta del risultato di mutazioni che coinvolgono più geni responsabili
dell’attivazione delle integrine b1, b2 e b3.
Gli individui affetti hanno sintomi molto simili alla LAD I ma in più mostrano difetti nell’attivazione
piastrinica e quindi una facilità nel sanguinamento.
DIAGNOSI
-conta delle cellule del sangue: rileva la profonda neutrofilia
-FACS analisi con l’uso di anticorpi specifici per identificare la presenza o meno di CD18 e di
glicoproteine fucosilate
-Test di adesione
-Sequenziamento genico
-Diagnosi prenatale attraverso villocentesi dopo circa 10-11 settimane di gestazione
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TERAPIA
-Profilassi antibiotica
-per la LAD I ottimi risultati il trapianto di midollo. Risultati promettenti con terapia genica
in cui cellule ematopoietiche vengono trasfettate con il gene normale della CD18.
-per la LAD II ci sono risultati incoraggaianti con terapie che aumentano la formazione di glicoproteine fucosilate.
-per la LAD III trasfusioni di sangue.
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L’attivazione dei leucociti, ad agenti infettivi, comprende alcune risposte:
- produzione di metaboliti dell’acido arachidonico, a partire dai fosfolipidi, risultanti dall’attivazione della fosfolipasi A2 dovuto ad un aumento del calcio intracellulare ed altri segnali.
- secrezione di citochine che regolano ed amplificano la reazione infiammatoria
- modulazione delle molecole d’adesione leucocitarie mediante il rilascio di citochine che aumentano il legame alle molecole endoteliali
- degranulazione e secrezione di enzimi lisosomiali ad attivazione della cascata ossidativa (fagocitosi)
ATTIVAZIONE LEUCOCITARIA
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Fattori chemotattici
I fattori chemotattici svolgono una duplice azione, in quanto stimolano la
migrazione dei leucociti nel sito d’infiammazione ed aumentano l’adesione
leucocitaria sulla membrana endoteliale.
Gli stimoli chemotattici possono essere di natura batterica, lipidica o proteica.
Origine batterica: fMLP (tripeptide formilato Met-Leu-Phe)
Origine lipidica: (PAF, LTB4)
Origine proteica: C5a, C3a, IL-5, M-CSF (Macrophage colony-stimulating factor ), Chemochine)
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Chemochine
Le chemochine, chemotattic cytochine sono una famiglia di piccole proteine che
agiscono principalmente come fattori chemiotattici di attrazione specifica per i leucociti.
Attualmente sono state identificate circa 50 chemochine e circa 20 recettori per le
chemochine.
Le chemochine sono classificate in quattro gruppi in relazione alla disposizione dei
residui di cisteina nelle proteine mature:
Le chemochine C-C: presentano i primi due residui di cisteina adiacenti. Includono la
proteina chemiotattica per i monociti, la proteina infiammatoria dei macrofagi;
generalmente attraggono monociti, eosinofili, basofili e linfociti, nei siti
d’infiammazione cronica. La forma attiva delle CC spesso comprende dimeri o
tetrameri
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Le chemochine C-X-C: hanno un residuo aminoacidico che separa le due cisteine, come
IL-8 (CXCL8) che attrae i leucociti polimorfonucleati nel sito dell’infiammazione acuta.
Vengono indotte da prodotti microbici e da IL-1 e TNF.
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• Le chemochine CX3C: contengono tre aminoacidi fra i due residui di cisteina, Il solo menbro di questa classe è chiamato FRACTALCHINA. Questa chemochina esiste in due forme, una legata alla superficie cellulare ed indotta da citochine infiammatorie (TNFa) promuove l’adesione di monociti e linfociti T e una solubile che ha un potente effetto chemiotattico d’attrazione per le stesse cellule.
• La linfotactina (XCL1) è il solo membro della quarta famiglia e contiene un singolo residuo di cisteina
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Comunque in generale le chemochine agiscono stimolando il
reclutamento dei leucociti nell’infiammazione e controllano la
normale migrazione cellulare attraverso vari tessuti. Inoltre
possono anche indurre degranulazione, produzione di ROS e
attivare la trascrizione dei geni per i recettori delle chemochine e
di geni per enzimi coinvolti nella degradazione della matrice
extracellulare (tumori/metastasi).
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Patologie infiammatorie e chemochine
Le chemochine sono state correlate a diversi tipi di malattie con una
prominente componente infiammatoria. Alti livelli di chemochine CC (CCL2,
CCL3, CCL5) sono riscontrate in pazienti con artrite reumatoide in
coincidenza con il reclutamento di monociti e linfociti T nei tessuti sinoviali.
La chemochina CCL11 ed il suo recettore CCR3 nell’asma, contribuiscono al
reclutamento di eosinofili nel polmone.
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Recettori di membrana dell’immunità innata
• Recettori per i peptidi formilati, formati da 7 domini transmembrana accoppiati
a proteine G. Riconoscono peptidi che iniziano con formilmetionina,
caratteristica delle proteine batteriche e proteine self come la b-amiloide o la
lipotossina (presenti nel plasma in presenza d’infiammazione).
• Recettori per il mannosio o lectinici riconoscono strutture ricche di mannosio,
come le membrane batteriche.
• Recettori SCAVENGER che riconoscono strutture batteriche e lipoproteine
alterate self, come nel processo dell’arteriosclerosi in cui l’infiammazione ha un
ruolo importante.
• TOLL receptor che hanno un dominio costituito da leucine ripetute
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I leucociti esprimono diversi tipi di recettori di membrana che sono coinvolti nella loro attivazione
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I recettori scavenger nei macrofagi sono responsabili delll’uptake di cellule apoptotiche, lipoproteine modificate ed altri ligandi di
origine batterica.Nabissi 14
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I Toll sono parte di complessi recettoriali che riconoscono diverse componenti batteriche o molecole dell’organismo danneggiato. Inoltre possono cooperare fra loro formando eterodimeri e aumentando le capacità di riconoscimento. TLR 7 e 8 di cui non si conosce il ligando, si attivano riconoscendo farmaci antivirali. Nell’insieme i TOLL costituiscono un gruppo di recettori in grado di riconoscere componenti virali, batterici, parassiti e molecole alterate dell’organismo ( LPS, Heat Shock Protein)
CD14 è un componente recettoriale dell’immunità innata che si trova in forma libera o legato alla membrana dei fagociti. Il suo ruolo è quello di presentare endotossine (come LPS) a TRL4, rendendo responsive cellule mancanti di CD14 ma esprimenti TRL4 a prodotti microbici ed attivando cosi’ il processo infiammatorio, come nelle cellule endoteliali che esprimono TRL4 Nabissi 14
I Toll sono costituiti, nella parte citoplasmatica da un dominio TIR
(Toll/IL-1 receptor domain), che agisce da sensore citoplasmatico
che attiva una complessa cascata d’attivazione del segnale.
L’attivazione di TIR, che è un dominio d’interazione proteina-
proteina recluta proteine adattatrici, come MyD88 che è costituita da
un dominio TIR e uno DD (Death Domain). Grazie a DD vengono
reclutate chinasi, denominate IRAK che fosforilano un’adattatore
(TRAF6) che recluta diverse chinasi. Questa cascata porta
all’attivazione di NfkB o della via della chinasi da stress JNK e p38.
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Il fattore trascrizionale NFkB attiva un programma
pro-infiammatorio. I membri principali della
famiglia NFkB sono p50 e p65 che sono
complessati a livello citoplasmatico con il loro
inibitore IkB. L’attivazione dei recettori che hanno
come via quella di NFkB, porta all’attivazione di
chinasi (IKK1 e IKK2) che fosforilano IkB, dopo
essere state attivate da serin treonin chinasi TAK che
fosforilano e distaccano l’ inibitore delle IKK
(NEMO).
p50 e p65 attivate migrano nel nucleo ed attivano la
trascrizione di geni pro-infiammatori: (IL-1, IL-6),
molecole d’adesione endoteliale, NO sintetasi
(enzima che produce NO), COX-2 (via delle
lipossigenasi).
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Recettori per le citochine . Ad esempio INF- , g la principale citochina che attiva i macrofagi, prodotta dai linfociti attiva i macrofagi e viene secreta dalle cellule natural killer (NK) nella risposta immunitaria innata e dai linfociti T attivati dall’antigene nella risposta immunitaria acquisita.
I recettori per le opsonine , promuovono la fagocitosi dei microbi rivestiti da varie
proteine trasmettendo i segnali che attivano i fagociti. La OPSONIZZAZIONE è il
processo che riveste le cellule microbiche di opsonine (anticorpi, proteine del
complemento, lectine).
Uno dei processi principali di opsonizzazione permette di rivestire le particelle
batteriche con anticorpi IgG, i quali sono poi riconosciuti dal recettore ad alta affinità
Fc (g FcgRI) presenti nel lato esterno della membrana dei fagociti.
Un altro processo di oposonizzazione comprende i frammenti della proteina del
complemento C3, che si legano ai microbi e li presentano ai fagociti che esprimono il
recettore CR1.
IMMUNITA’ INNATA
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OPSONINE
Le opsonine principali sono le immunoglobuline G (IgG) che vengono riconosciute
dai recettori per la porzione cristallizzabile (FcgR) presente sui fagociti e le proteine
derivanti dall’attivazione della cascata del complemento (C3b, C3bi, C1q) che
vengono riconosciute da recettori specifici (CR1, 2, 3).
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FAGOCITOSI
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https://www.youtube.com/watch?v=Z_mXDvZQ6dU
I LISOSOMI
Il lisosoma è un organulo cellulare contenente enzimi digestivi capaci di degradare
molte macromolecole biologiche permettono di digerire sia macromolecole
introdotte dall’esterno che quelle danneggiate interne.
Gli enzimi lisosomiali sono racchiusi in una vescicola membranosa rivestita di
clatrina e rilasciati dalla porzione trans del Golgi
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LESIONI LEUCOCITARIE
• I leucociti liberano i prodotti antimicrobici anche nello spazio extracellulare (lisozima, ROI, metaboliti dell’AA (prostaglandine, leucotrieni)). Siccome queste sostanze possono causare danno endoteliale, se l’attivazione leucocitaria persiste, lo stesso infiltrato puo’ risultare dannoso.
• Rigurgito durante l’ingestione: quando il vacuolo d’ingestione rimane momentaneamente aperto prima della fusione fago-lisosoma
• Fagocitosi ostacolata: adesione dei leucociti a immunocomplessi depositati su superfici piatte attiva i leucociti ma non ne permette la fagocitosi. Quindi gli enzimi lisosomiali sono rilasciati nell’ambiente extracellulare.
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UCCISIONE E DEGRADAZIONE
L’uccisione avviene principalmente mediante meccanismi ossigeno-dipendenti,
con un improvviso aumento del consumo di ossigeno, della glicogenolisi,
ossidazione del glucosio e produzione di intermedi liberi dell’ossigeno (ROI).
La formazione dei ROI è dovuta all’attivazione della NADPH ossidasi che
ossida il NADPH (nicotinamide-adenin-dinucleotide fosfato ridotto) riducendo
l’ossigeno a ANIONE SUPEROSSIDO (O2-). Il O2- viene poi convertito in
perossido d’idrogeno (H2O2) che puo’ essere ulteriormente ridotto a radicale
idrossile altamente reattivo (OH-).
Altri sistemi di degradazione coinvolgono la MIELOPEROSSIDASI (nei
neutrofili) che in presenza di Cl- converte H2O2 in ipoclorito (HOCl) che
distrugge in batteri mediante ALOGENAZIONE.
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Azione dei ROS
Gli effetti delle specie reattive sono molti, ma i danno cellulari principali sono:
la perossidazione lipidica della membrana, le alterazioni ossidative delle proteine
ed il danno al DNA. Il danno ossidativo ai lipidi di membrana avviene quando i
doppi legami presenti negli acidi grassi insaturi vengono attaccati dai radicali
liberi dell’ossigeno, generando perossidi che attraverso la reazione a catena
producono danni alla membrana cellulare e da quelle degli organelli
citoplasmatici. Le alterazioni ossidative delle proteine indotte da radicali liberi
comportano la formazione di legami crociati proteina-proteina, causandone la
frammentazione, mentre il danno al DNA comporta la dimerizzazione delle timine
adiacenti sullo stesso filamento con rottura del filamento di DNA.
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RADICALI LIBERI DELL’OSSIGENO
• Le specie reattive sono l’anione superossido (O2-), il perossido
d’idrogeno (H2O2) ed il radicale idrossilico (OH-) e tali specie
possono combinarsi con NO per formare altri intermedi reattivi
dell’azoto (RNS).
• Il rilascio extracellulare di queste specie reattive puo’ aumentare
l’espressione di chemochine, citochine e molecole d’adesione
endoteliali nei leucociti, amplificando la cascata di eventi
dell’infiammazione.
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• Un eccesso di produzione di questi mediatori puo’ chiaramente risultare dannosa per la cellula ospite, anche se sono comunque presenti dei meccanismi enzimatici antiossidanti, che sono:– Ceruloplasmina: proteina sierica contenente rame– Transferina: frazione sierica priva di ferro– Superossido Dismutasi– Catalasi
– Glutadione perossidasi: altro potente detossificatore del H2O2
Quindi il ruolo dei radicali liberi dell’ossigeno dipende
dall’equilibrio tra la produzione e l’inattivazione di tali
metaboliti.
RADICALI LIBERI DELL’OSSIGENOmeccanismi antiossidanti
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Gli inibitori primari comprendono sostanze chelanti (es. fenoli, vitamina E, A)
l’attività di alcuni enzimi presenti all’interno della cellula (catalasi,
glutadione-perossidasi, superossido dismutasi),
i secondari comprendono sostanze che reagiscono con radicali propagatori della catena attraverso reazioni di trasferimento d’ idrogeno, elettroni o addizione con il risultato di terminare la catena di produzione di radicali liberi o con la formazione di radicali meno reattivi.
La catalasi converte H2O2 in O2 + H2O ed è presente all’interno dei perossisomi, la superossido dismutasi è presente in molti tipi di cellule e converte l’anione superossido in H2O2.
La glutadione perossidasi catalizza la degradazione dei radicali liberi utilizzando glutadione ridotto (GSH), convertendo cosi’ H2O2 in acqua e GSH in glutadione ossidato (GSSG). Importante è il rapporto intracellulare di GSSG e GSH in quando indica lo stato ossidativo della cellula e la capacità cellulare di detossificare
INIBITORI DEI ROS
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