bimestrale delle edizioni metropolitane bologna

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Spedizione in A.P. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Filiale di Bologna. - In caso di mancato recapito restituire allufficio P.T. CMP di Bologna per linoltro al mittente che si impegna a corrispondere la tariffa dovuta. sei BIMESTRALE DELLE EDIZIONI METROPOLITANE BOLOGNA ANNO III - N¡6 - DICEMBRE 1999 Speciale Acqua

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BIMESTRALE DELLE EDIZIONI METROPOLITANE BOLOGNA

ANNO III - N¡6 - DICEMBRE 1999

Speciale

Acqua

Page 2: BIMESTRALE DELLE EDIZIONI METROPOLITANE BOLOGNA

PER RISPARMIARE ENERGIA - PER VIVERE IN UN AMBIENTE PIÙ PULITO PER RISPARMIARE SULLE SPESE DI RISCALDAMENTO

Èstata avviata la campagna di controlli sugliimpianti termici domestici che interessa

i cittadini residenti nel territorio provinciale.Tali controlli saranno effettuati dalla Provincia a partire dall’anno in corso sugli impianti termici centralizzati (con potenzialità superiore o uguale a 35 kw), mentre per le caldaie autonome (con potenzialità inferiore a 35 kw) le verifiche partiranno dal 15 dicembre 2000.È previsto l’invio a tutti i cittadini interessati di materiale informativo sugli adempimenti richiesti e della relativa scheda per dichiarare l’avvenuta manutenzione del proprio impianto.

•• Fai controllare tempestivamente

la tua caldaia

•• Compila la dichiarazione,metti la firma e il bollino

•• Falla pervenire alla Provincia di Bologna

•• Conserva la ricevuta

Page 3: BIMESTRALE DELLE EDIZIONI METROPOLITANE BOLOGNA

sommario

Bimestrale del Comune e della Provincia

Edizioni Metropolitane Bologna

Anno III - n. 6 - dicembre 1999

Iscrizione Tribunale di Bologna

n. 6695 del 23/7/97

Chiuso in fotocomposizione il 10/12/1999

Stampa: Tipografia Moderna Bologna

Tiratura: 13.000 copie

Direttore: Roberto Olivieri

Caporedattore: Sonia Trincanato

Segreteria di redazione:Rita Michelon, Viviana Gardini

Progetto grafico e Art: Guido Tucci

Impaginazione: Piero Brighetti

Computer graphic: Annalisa Degiovannini, Gabriella Napoli

Disegno testata: Claudio Pesci

Fotografie:Eikon Perticoni,V. Cavazza,M. Sciacca, P. Gigli, G. Avoni,Archivio Provincia

Direzione e redazione:Provincia di Bologna, Via Zamboni, 13 tel. 051/218.340/355 fax 051/218.226e.mail: [email protected]

In copertina: MINA (Minako Kataoka),ÒVitaÓ (Ki), 1999, particolare. LÕartista,laureata in pittura presso lÕUniversit�Musashino dÕArte di Tokyo, ha vinto il1¡premio allÕOkachimaki Town Fair Ô98.Attualmente si occupa della creazione digioielli. Vive e lavora tra Bologna e Tokyo.

Sommario

Portici � consultabile anche sul sito Internet www.provincia.bologna.it/portici/index.html - Tutti i numeri sono scaricabili interamente in formato per Acrobat Reader

SPECIALE ACQUAnI SOGGETTI CHE LA GOVERNANOL’autorità del Bacino Interregionale del Reno 26Consorzio Bonifica Reno Palata 27Consorzio Bonifica Renana 28Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno 29Seabo 29Ami 30Enel 30Il ruolo della Provincia 31Chi la controlla? 32Franco Scarponi

n SPECIALE ACQUATra spreco e risparmio 33B.V.Per prevenire le alluvioni 35Gabriele RubbiniUna casa per test 35S.G.

n VIABILITÀStrade provinciali crescono 37Nicodemo Mele

nRICERCAChe sensibilità quel gene! 39Stefano Gruppuso

nORIZZONTI D ’A RTELa “Madonna in trono”di Cimabue...? 40Hidehiro Ikegami

n ARTEFIERATra cultura e mercato 41Barbara Tucci

n TENDENZEIperprotetti e ipogarantiti 42Claudio GiannasiTuristi per casa 43Patrizia Romagnoli

n BREVI 44

n PORTICI RACCONTAUn giorno crudele 46Simona VinciVanes Cavazza

n I L POSTO DELLE FRAGOLEAlla ricerca dell’arca e dell’angelo perduto 49Nicola Muschitiello

n BOLOGNA IN LETTERESangue dal cielo 50Stefano Tassinari

n LIBRI 51

n SPAZIO EUROPANuovi finanziamenti dall’Unione Europea 52Ilenia Fornea

n PORTICI PER I PORTICII portici bentivoleschi 2Davide Righini

n TESTIMONIANZEQuando la storia ritorna cronaca 3Laura SantiniBologna ferita 4Franco Manaresi

n BOLOGNA 2000Da “città” a “capitale europea” della cultura 6Giuseppe Maria Mioni

n LA CITTÀ SENTIMENTALEFantasmi delittuosi Tra Cimabue eVitale 8Renzo Renzi

n DAL CONSIGLIOLa Provincia in prospettiva 10Così il dibattito 12

n I NOSTRI SOLDICome cambia il bilancio 17

SPECIALE ACQUAnSORELLA ACQUAIl mondo ha sete 19Veronica BrizziScenari per il futuro 19Ce ne accorgiamo solo quando manca 21Sergio GessiNon è Venezia, ma... 23Alberto GuenziIl fiume della memoria 25Lorenza Govoni

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l portico eretto a ridosso dell’anticachiesa agostiniana di San GiacomoMaggiore venne costruito fra il 1477 e

il 1481 per volontà di Giovanni Bentivoglioe di Virgilio Malvezzi. L’iniziativa, che pro-seguiva l’attività di valorizzazione dell’arearesidenziale in via San Donato (ora Zambo-ni), in cui la potente famiglia aveva le suecase, rappresentò l’affermarsi, nell’architet-tura bolognese, dei motivi decorativi trattidal repertorio classico.Il portico, eretto su trentatré colonne e forseprogettato da Pagno di Lapo Portigiani, fuinfatti adorno da un cornicione sopraporti-co raffigurante un uomo di profilo secondoil modello classico, da eleganti ghiere rea-lizzate in cotto e da splendidi capitelli confoglie d’acanto rovesciate e altri motivi flo-reali. L’iconografia del fregio si lega difattial repertorio mantegnesco che a Mantovaera già emerso proponendo motivi romanirivisitati o quasi archeologicamente ripro-posti. Ciò fa supporre che il disegno possaappartenere a Sperandio di Mantova, artista

giunto a Bologna nella seconda metà del XVsecolo. Origine toscana e brunelleschiana èinvece alla base dei capitelli compositi ezoomorfi, ispirati probabilmente alla varie-tas già invocata da Alberti nel suo trattatosull’Architettura. Il loro disegno dovrebbeappartenere a Pagno, vista la loro affinitàcon esempi simili presenti in complessi bo-lognesi in cui l’artista fu attivo. L’ispirazio-ne toscana è tuttavia abbinata alla matricelocale tradotta dalla mano dello scalpellino,evidente nel plasticismo accentuato e nellaminor raffinatezza del disegno dell’intaglio.Gli unici nomi menzionati nei documenti at-tualmente rinvenuti son quelli dei tagliapie-tre Tommaso Filippi e Marsilio di Antonio,lapicidi che collaborarono anche nell’edifi-cazione del cortile porticato di Palazzo Sa-nuti Bevilacqua, dove compaiono simili ca-pitelli.Al portico di San Giacomo si ispira quellodel Baraccano, costruito nel 1491 per vo-lontà di Giovanni II Bentivoglio e divenutoil modello di riferimento per la scultura de-

corativa bolognese di fine Quattrocento. Lafonte di ispirazione per le ornamentazioni èancora il ricco repertorio rinascimentale,ma lo stile composito si mescola ora a unaflora rigogliosa, a putti e ad animali fanta-stici e mostruosi, con un preciso simbolismoed un’altrettanto eloquente araldica cele-brativa. L’accentuato plasticismo e la gran-de inventiva dei motivi iconografici trasfor-mano infatti gli esempi precedenti in questeoriginali sculture ad altorilievo. Il reperto-rio fa capo alla scuola di pittura della cortee ai suoi artefici, da Lorenzo Costa e AmicoAspertini ai ferraresi Ercole Roberti e Fran-cesco del Cossa, ma la loro esecuzione, perla ferinità di uno stile ancora non autonomo,rivela l’impiego di artisti locali pur orienta-ti verso l’imitazione delle scuole lombarda etoscana.Il portico del Baraccano influenzerà tutti icapitelli e i portici eretti nel periodo del do-minio bentivolesco. In particolare quello deiBastardini, costruito nel 1497, riprende nel-la morfologia costruttiva prototipi toscani epiù precisamente fiorentini, ma nel disegnoe nella realizzazione delle decorazioni pre-senta un’inventiva propria del rinascimentopadano, pur reso in modo leggermente piùevoluto, fantastico e leggero.

Davide Righini è specializzando in Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi di Bologna

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P O R T I C I P E R I P O R T I C I

San Giacomo Maggiore, modello dei portici di epoca bentivolescadi DAVIDE RIGHINI

La rivista aderisce all’iniziativa promossa dal Centro Unesco di Bologna, per il riconoscimento dei portici come patrimonio universale, attraversoquesta rubrica che avràvita sino all’auspicatoraggiungimento dell’obiettivo

Sopra:Portico della chiesa dell’Annunziata in via San Mammolo

A fianco: Portico del Baraccano in via Santo Stafano

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damento della Linea Goti-ca da parte degli Alleati, sitrovano di colpo soli e allamercé delle rappresagliefasciste e naziste. La mat-tina del 7 novembre alcunisoldati tedeschi intercetta-no un rifugio di “gappisti”e danno l’allarme: è l’ini-zio di una lunga battagliaper le vie della città, dove ipartigiani, dapprima asse-diati, diventeranno asse-dianti e daranno filo datorcere a tedeschi e fasci-

sti. Ma a raccontarla così, molto si perde: lui,invece, il partigiano “William”, usa un tonoquasi dimesso e pacato, di quotidianità, mentreaccoglie la classe di studenti e la loro inse-gnante illustrando, senza alcuna vena celebra-tiva o retorica, le ragioni della mostra e il mo-mento storico a cui fa riferimento. Il percorsotra i 49 pannelli, che di per sé sono estrema-mente suggestivi e coinvolgenti nel loro sa-

ono passati più di cinquant’anni, e per lamemoria della Resistenza continua ine-sorabile il trapasso nella pietra delle la-

pidi e nella carta delle biblioteche, nei micro-chip che salvano date e fatti e nelle parole de-gli storici e dei biografi. I testimoni, i lororacconti di vita, ci lasciano: le analisi, gli “in-quadramenti”, le riletture “nel quadro storico,sociale, economico, politico”, sono sempre piùl’ultimo mediumalle giovani generazioni perconoscere una fase cruciale della nostra storiapiù recente. Ma forse, ai loro occhi e alla lorosensibilità, la Resistenza appare sempre più unargomento come altri, poco distante dai capi-toli che i loro manuali scolastici dedicano allaRivoluzione Francese e al Risorgimento. E’ dunque un preziosissimo e raro eventoquello che si è verificato, a metà novem-bre, nei locali adibiti a museo della Sala-ra, a Bologna: un gruppo di studenti dellesuperiori ha visitato la mostra storico-do-cumentaria sulla Battaglia di Porta Lame,l’episodio più significativo della Resisten-za bolognese, con una guida autorevole especiale, Lino Michelini, più noto come ilpartigiano “William”.La mostra, a cura di Luigi Arbizzani, Lucia-no Bergonzini, Vito Paticchia e Michelinistesso, e allestita con grande cura e sicuro ef-fetto, grazie anche al bellissimo materiale fo-tografico proveniente da archivi americani,inglesi, tedeschi e italiani, ricostruisce la bat-taglia partigiana del 7 novembre 1944 a PortaLame, inquadrandola all’interno del clima po-litico e militare italiano, e in particolare bolo-gnese, che seguì all’armistizio dell’8 settem-bre 1943. Intitolata alla brigata “Garibaldi”,protagonista di quell’azione bellica, la mostraillustra uno dei periodi più bui della guerra perBologna, l’autunno e inverno del 1944, quan-do tra i cittadini, distrutti dai bombardamenti edal razionamento dei generi di prima neces-sità, serpeggiava ormai un senso di stanchezzae di disillusione; i partigiani, radunati nel ca-poluogo con la speranza di un imminente sfon-

T E S T I M O N I A N Z E

piente alternare immagini e testi, si anima tut-tavia di un’altra luce e si fa cronaca, pezzo divita di gente comune, quando “William”, conparole semplici e insieme straordinarie, ag-giunge dettagli, spiega sigle e nomi oggi quasisconosciuti. Il vecchio partigiano non vuole

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QUANDO LA STORIA RITORNA CRONACA

di LAURA SANTINI

Alla mostra documentaria sulla Battaglia di Porta Lame, il partigiano “William” è guida d’eccezione a un gruppo di studenti delle scuole superiori

SS

In alto: il partigiano “William” spiega un momento della battaglia di Porta Lame agli studenti della classe III A dell’Istituto Aldrovandi.In basso: scorci di vita quotidiana negli anni della guerra

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T E S T I M O N I A N Z E

e è vero quanto ricorda Dante che “nes-sun maggior dolore che ricordarsi deltempo felice nella miseria”, è anche vero

che vi è un particolare piacere a ricordare lalontana vita grama vissuta, a raccontare ledrammatiche vicissitudini, i pericoli scampati,gli orrori visti quando da anni si vive tranquil-lamente in agiatezza. È significativo il succes-so che ebbe la mostra fotografica sui bombar-damenti di Bologna tenutasi all'Archiginnasionella primavera del 1994 dal forte titolo De-lenda Bononia! Fu visitata da oltre 15.000 persone, molte del-le quali lasciarono interessanti commenti scrit-ti in apposito libro a disposizione dei visitato-ri invocando altresì la pubblicazione di un ca-talogo che vide appunto la luce, con ugualesuccesso, l'anno successivo.È ormai scomparsa la generazione di genitoriche videro partire i propri figli per la guerra evissero ore drammatiche nell'attesa del ritorno,spesso privi di notizie o addirittura senza maipiù rivederli. Sempre più va riducendosi ancheil numero delle persone che direttamente fucoinvolto nelle operazioni di guerra. Resta la

generazione, oggi ultrasessantenne, che vissequegli anni nel pieno dell'infanzia, che può an-cora con chiarezza ricordare l'ultimo periododella guerra, in cui fu direttamente coinvoltatra bombardamenti ed episodi di guerra civile.Per molti, e chi scrive si annovera tra essi, aquel periodo risalgono i primi ricordi della vi-ta. Erano tempi di ristrettezze alimentari, chesi vivevano sotto l'incubo dei bombardamentima che per un bambino avevano anche risvol-ti positivi: non si andava a scuola, si viveva inuna continua vacanza, tra giochi e vita comu-nitaria con altri ragazzi. È un fatto che quandosi parla della guerra e dei bombardamenti siscatena un desiderio di raccontare episodi divita vissuta ! Fino al luglio 1943 Bologna visse una vita re-lativamente tranquilla. Segni manifesti del cli-ma di guerra erano solo le ristrettezze alimen-tari, peraltro non eccessive, e la lontananza dimolti giovani che combattevano fuori d'Italia.Poco più di un anno dopo Bologna era unacittà occupata da truppe straniere, una città diretrovia del fronte, assestato a pochi chilome-tri di distanza, completamente devastata dai

bombardamenti, drammaticamente provatadagli orrori della guerra civile che mietevaogni giorno vittime da ambo le parti, quasicompletamente isolata dai centri vicini. Nelcentro storico, nuovamente chiuso da unosbarramento in muratura che delimitava la"città aperta", alle soglie dell'autunno 1944, sirifugiarono circa 60.000 profughi provenientiin prevalenza dalle zone di guerra fatte eva-cuare; vivevano in stretta coabitazione con ilbestiame salvato dalle razzie e sistemato allameglio nelle cantine, tra i ruderi delle case oaddirittura nei palchi del teatro del Corso, invia Santo Stefano, colpito dalle bombe.In queste condizioni i bolognesi vissero fino al21 aprile 1945, dopo aver sopportato 93 incur-sioni aeree fra cui 32 massicci bombardamen-ti eseguiti da formazioni di "fortezze volanti".Le altre incursioni consistevano in sorvoli divelivoli da caccia o da ricognizione, il famosoPippo, che eseguivano mitragliamenti o sgan-ci isolati di bombe che quasi sempre procura-vano danni limitati e nessuna vittima, ma tal-volta, centrando case abitate, provocavano lastrage di intere famiglie. Furono accertati, per

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BOLOGNA FERITAdi FRANCO MANARESI

Un volume appena pubblicato ci fa rivivere la dimensione, allo stesso tempo quotidiana estraordinaria, della vita sotto le bombe. Interessanti fotografie inedite

SS

“fare lezione”, e si vede (mentre l’insegnantenon rinuncia a interventi sporadici di saporedidattico): racconta, senza enfasi, la Bolognadi quegli anni, di quei mesi, passando di voltain volta dalla terza persona al “noi” partigiano,un “noi” modesto , solidale con i compagnid’allora, assolutamente spontaneo, non di chivuol dire “Noi, sì, che abbiamo fatto la Sto-ria”. I giovani, più ragazze che ragazzi, seguo-no diligentemente la guida, attenti alle sue pa-role e a quanto vedono, quasi tutti impegnati aprendere appunti. Nessuno però fa domande,tranne l’insegnante, una signora che sicura-mente ha sentito tante volte raccontare le vi-cende dei partigiani, e fa domande a “Wil-liam” sui luoghi della Resistenza - vie che og-gi hanno cambiato nome, paesi della provinciateatro di rappresaglie -, esaltando la concre-tezza e la vivezza di quei fatti. Nessuno dei ra-

gazzi modifica l’espressione del volto, mentreMichelini racconta della morte orribile di 13partigiani a Casalecchio di Reno: i nazististrinsero loro al collo del fil di ferro e li fuci-larono al basso ventre e alle gambe, abbando-nandoli a un’agonia lentissima fino all’auto-strangolamento, per chi non era già morto dis-sanguato. I ragazzi hanno occhi interessati, ma di chi staseguendo una lezione sulla storia di un popo-lo lontano nel tempo e nello spazio, l’AnticoEgitto o il Medioevo. Non c’è commozione,non c’è com-passione: forse dipende, come cidicono tanti esperti, dall’eccesso di esposizio-ne di questi giovani alla morte e alle catastro-fi “televisive”, dove tutto è vero e nulla lo èpiù. Chissà se si rendono conto di essere l’ul-tima generazione che può sentirsi raccontarela Storia di un secolo morente dalla voce di un

protagonista, di chi c’era e ha lottato e vistogli amici morire. Non è un caso, forse, che iragazzi si “risveglino” attratti dai pannelli incui compaiono foto di giovani come loro, ri-masti uccisi durante i rastrellamenti o durantela battaglia, di ragazze staffette partigiane sco-perte e trucidate: nei loro volti freschi, comeappena ritratti, negli sguardi baldanzosi eignari, qualcosa muove il loro interesse. E for-se è normale: i giovani guardano ai giovani, siriconoscono in essi, non importa a quale epo-ca appartengano. Alla fine della visita, Miche-lini posa per una foto con la classe di fine mil-lennio, e per la prima volta ragazzi e ragazzesi animano, sorridono: non ci possiamo impe-dire di accostare questi volti a quelli raccoltiin un bellissimo pannello a collage, altrettantosorridenti e pieni di speranza, dei partigiani edelle partigiane caduti. q

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T E S T I M O N I A N Z E

offesa aerea, 2481 morti e2074 feriti ma sono numericertamente approssimati perdifetto perché non figuranoquelli i cui corpi furono polve-rizzati dalle esplosioni, comeavvenne in particolare nelbombardamento del 25 settem-bre 1943, quando le bombe cad-dero in mezzo alla folla che siassiepava intorno alle bancarelledella piazzola. In questi giorni è uscito un nuovo libro che,ancora una volta, ci fa rivivere quel drammati-co periodo: con il titolo Bologna feritavengo-no pubblicate oltre 130 fotografie inedite, scel-te tra alcune centinaia, scattate dal professorFilippo D'Ajutolo. È una iniziativa editorialedelle edizioni Pendragon di Bologna (£.49.000) che completa la già ricca documenta-zione fotografica pubblicata nel catalogo De-lenda Bononia. D'Ajutolo, scomparso da unanno, era noto a Bologna non solo come sti-mato otorinolaringoiatra ma anche per averpartecipato alla Resistenza come militante delPartito d'Azione e in particolare per aver par-tecipato alla famosa operazione radio, condot-ta dal radiologo professor Palmieri; egli infat-

ti nascose nella cantina della sua abitazioneparte della dotazione di radio dell'Universitàper sottrarla alla requisizione tedesca. Era no-ta l'esistenza della raccolta di fotografie cheegli stesso aveva scattato con una sempliceLeika, quando, inforcata una bicicletta, giravatra le zone disastrate dalle bombe, ma pochi leavevano viste. Ora possiamo apprezzarneun’ampia scelta che ci documenta significati-vamente quelle tristi e vaste ferite inferte al pa-trimonio edilizio e artistico della città; feriteche il popolo bolognese seppe in pochi anni ri-marginare, anche se, talvolta, in modo nonproprio felice. Le foto non erano datate e perquesto l'Editore si rivolse a chi scrive questenote che, con la documentazione in suo pos-sesso, è stato in grado di indicare a quale bom-

bardamento si riferivano e illustrarle con brevididascalie. Il libro è stato completato con unbreve racconto di Loriano Macchiavelli che,pur abbandonando il genere giallo-poliziescoper cui è diventato famoso, ha sfruttato la suacapacità di ricostruzione ambientale rendendoefficacemente il clima della guerra civile. Pur essendo di pura fantasia l'episodio narratoci riporta ad eventi realmente accaduti: com-pagni di giochi che si ritrovavano schierati suopposti fronti e, nel racconto di Macchiavelli,uno di questi, fascista, assiste alla uccisione,peraltro involontaria, dell'amico d'infanzia,partigiano. Nonostante alcune inesattezze sto-riche, il tragico clima di incertezza e di pauraè vividamente reso e ambientato in strade eambienti popolari che ormai vivono solo nellamemoria di pochi. Non mancano alcune note biografiche di Filip-po D'Ajutolo redatte dal nipote Paolo Longhe-na. È un libro che tutti i bolognesi ormai an-ziani guarderanno e leggeranno con grande in-teresse e malinconia, senza tanta nostalgia senon quella di rivivere anni della loro infanziao giovinezza. I giovani potranno invece, maforse è vano sperarlo, rallegrarsi del periodostorico di pace e benessere in cui hanno la for-tuna di vivere. q

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Via Saffi (subito dopo la porta) e Via S. Isaia dopo i bombardamenti alleati.Le foto del volume sono state scattate dal 25 settembre 1943 fino al termine della guerra

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B O L O G N A 2 0 0 0

a prassi finora seguita nell’ambito dellaComunità Europea era di designare, perogni anno, una sola “Capitale” della cul-

tura europea tra gli stati membri.Forse non molti finora ne erano a conoscenzae forse una Bologna capitale della cultura eu-ropea nel 1999 o nel 2001 sarebbe passata co-me un avvenimento tra i tanti della fine o del-l’inizio Millennio. Per l’anno 2000, giro di boaepocale, alla nostra città sono state invece as-sociate altre otto titolatissime consorelle, co-me “Città” della cultura europea. Questo ci hadato la misura dell’importanza che questa “no-mination” rivestiva per lo storico appuntamen-to. La nostra meta è ora quella di fare emerge-re Bologna come vera Capitale dell’anno2000. Bologna, che ha già illuminato la nasci-ta del secondo Millennio con la cultura del suo“Studio”, il più antico d’Europa, ha ora la pos-sibilità non solo di concluderlo degnamente,ma di affacciarsi al terzo Millennio con le stes-se prerogative; per divenire magari, nel futuro,un punto di riferimento dei principali momen-ti culturali europei, con tutto quello che po-trebbe derivarne sotto il profilo economico.Un traguardo indubbiamente ambizioso, manon irraggiungibile.Il tempo purtroppo stringe, molte cose sonostate fatte, per molte forse mancherà il tempo,ma fortunatamente Bologna 2000 non deverappresentare un punto d’arrivo, bensì un pun-to di partenza. Un appuntamento che non vavisto, grazie alla coincidenza con il passaggiodi Millennio, solo come un avvenimento diportata storica, ma, soprattutto, come un puntodi riferimento per rilanciare la città ed intro-durla in una nuova dimensione.Una dimensione in cui la cultura superi ed iso-li la criminalità, tanto da riattrarre il cittadino

per le strade, specialmente alla sera e farne,con la sua presenza, un custode dell’ordine enon un rassegnato succube della delinquenza.Una città in cui i Quartieri si pongano comepunto di riferimento, in competizione tra di lo-ro, nel mobilitare circoli culturali, parrocchie,centri giovanili, gruppi della terza età equant’altri si rendano disponibili a collaborareper valorizzare le rispettive aree urbane, perrenderle tra quelle più qualificate sotto il pro-filo della sicurezza, dei rapporti con i vigili diquartiere, nei rapporti umani come nei rappor-ti con le strutture dell’arredo urbano, per farriaffiorare quel sentimento d’amore e di tutela

per la propria città, che arrivi fino a far ricom-prendere, ad esempio, che imbrattare i muridei portici appena restaurati non è un gesto diliberazione, ma un ulteriore insulto a quellacultura civica ormai dimenticata; di cui peròtutti, ancora e comunque, siamo parte inte-grante. Una città volta a promuovere se stessa, in ogniambito sociale, aiutata da dibattiti televisivi,dall’attenzione dei quotidiani, dai talk-showdelle emittenti radiofoniche, al fine di inculca-re in ogni singolo cittadino l’idea di essere ilpromoter di un evento storico. Abbiamo incittà quasi quaranta musei, di cui gli stessi abi-

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DA ÒCITTËÓ A ÒCAPITALEÓ EUROPEA DELLA CULTURA

di GIUSEPPE MARIA MIONI

Bologna 2000 non come punto di arrivo, ma occasione per rilanciare la città in una nuova dimensione

LL

Giuseppe Maria Mioni è presidente della commissione istruzione cultura e sport ed è stato recentemente designato dal Consiglio comunale come delegato istituzionale per i rapporti con il Comitatoper Bologna 2000

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IL LIBRO DEI LIBRIEditoria a Bologna tra Ottocento e Novecento. Studi e catalogo delfondo di storia dellÕeditoria dellÕIstituto Gramsci Emilia-Romagna è il ti-tolo di un libro che parla di libri e di chi li produce e che è nato dallacollaborazione tra l’Istituto Gramsci di Bologna e l’Ufficio Bibliotechedell’Assessorato provinciale alla cultura che ha inserito il volume inuna nuova collana sulle Biblioteche dell’area metropolitana.Uno sguardo, dunque, che volge a se stesso per comprendere sem-pre meglio quei delicati meccanismi alla base della relazione (o me-glio, delle relazioni polisemiche e poligenetiche) tra libro-lettura e cherisponde ad un più generico interesse che si sta da anni registrandotra gli studiosi italiani nei confronti della storia dell’editoria, della lettu-ra e delle biblioteche. Basti ricordare gli studi rivolti «sia verso una ri-costruzione territoriale della case editrici e tipografie, sia verso la sto-ria di singole case editrici» tanto per il Settecento e l’Ottocento che,più recentemente, per il Novecento, ma anche l’interesse dell’Istituto

Gramsci verso questo tema, testimoniato dal “fondo editoria” dedicato alla storia dell’editoria edella stampa italiane tra Ottocento e Novecento che da più di dieci anni raccoglie studi e ca-taloghi e di cui questo volume riporta il catalogo completo.

Lorenza Miretti

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tanti, per buona parte, non hanno una piena co-scienza....e chiese e palazzi e torri e bellezzenaturali quasi per nulla valorizzate.Abbiamo intorno alla città un’area metropoli-tana che brulica di tesori e di iniziative; abbia-mo oltre i confini della provincia una regioneche può alternare alla tipicità dei prodotti ga-stronomici una miriade di attrattive culturali enaturali, difficilmente riscontrabili in altre areedel territorio nazionale. Ma tutto questo nonbasta. La meta di Bologna 2000 saràquella di attrarre non solo l’attenzionedell’Europa, ma del mondo intero, seconsideriamo le recenti tournéedi pro-mozione in Giappone e negli Stati Uniti. Se poi consideriamo questo momento inparallelo con l’evento di “Bologna portad’Europa per l’Anno Santo” possiamoprevedere un’affluenza di turisti e di pel-legrini mai riscontrata per il passato; chesaranno prevedibilmente, in buona parte,già adusi ai sistemi di ricettività impron-tati alla Qualità dell’accoglienza. E suquesto argomento noi siamo ben lungidall’aver provveduto con una previdente atten-zione. Sta quindi a noi promuovere, per questaoccasione unica ed irripetibile, l’immagine diun territorio tra i più sensibili ai processi diadeguamento, che la costante evoluzione del

sistema economico ci impone. Qualità quindinei sistemi di accoglienza, ma anche Qualità diimmagine generale, dall’area metropolitanaall’intera area regionale e per l’intera econo-mia del territorio.Promuovere quindi la nostra Bologna comeCapitale dell’inizio Millennio: capitale dellaCultura in Europa e capitale dei Diritti di fron-te alla Comunità internazionale, per aver datole origini, nel 1256, alla prima Carta dei dirittiumani, una ordinanza con la quale, come nonmolti sanno, dopo la battaglia di Fossalta e lacattura di Re Enzo, venne concessa la libertà aiservi dell’Imperatore, restituendo, sulla basedello ius comune (la legge erga omnes) e nondello ius proprium (la legge degli statuti) adogni donna e uomo pari dignità originaria, masoprattutto schierandosi contro la dipendenza

vincolante e pregiudiziale di persone da altrepersone. Si intende così, identificando Bolognacome capitale del diritto (1088 prima Univer-sità europea) e dei diritti (1256 Liber Paradi-sus) all’inizio del secondo Millennio, ripropor-la come capitale della cultura europea all’iniziodel terzo Millennio. Quindi una città moderna racchiusa nel suo ca-lore antico, una città in qualità e di qualità, im-prontata ai dettami di una Europa in cui è en-trata e che vuole conquistare: proponendosisempre più all’attenzione di un turismo cultu-rale selezionato ed internazionale, foriero sia diincrementi commerciali che di benefici econo-mici collaterali finora non sfruttati. I presuppo-sti dunque non mancano. A tutti noi usufruirnenella maniera migliore, per il migliore comunebeneficio. q

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na storia per luoghi di Bologna, unastoria per luoghi dell’Emilia Roma-gna: quelle le ho già tentate negli an-

ni scorsi. Esse avevano un carattere special-mente storico-politico, ma anche naturalistico,urbanistico, architettonico, museale, e così siproponevano come storie di eventi ufficiali,pubblicamente riconosciuti e riconoscibili: perdire, la storia dei piani alti, più vistosi.Ma le nostre città, le nostre campagne vivonoanche ai piani bassi, al pianterreno, dove si so-no manifestate vicende per lo meno pittoresche,se non tragiche o felici; e insomma il “vissuto”di cui si sta occupando da qualche tempo la no-stra rubrica: un “vissuto” non visibile, ma capa-ce di dare un colore memorabile ad angoli e

strade, ad edifici dell’uso comune che non sia-no già classificati come monumenti. Anni fa, dal vecchio Ente turismo bolognese,confezionammo, per mano di Paola Rubbi eOriano Tassinari Clò, una pubblicazione cheraccontava sinteticamente, tra gli altri capitolii principali luoghi letterari e cinematograficidella nostra regione. Assai di recente, Il Ve-nerdì di Repubblicaha elencato i principaliparchi letterari italiani, nessuno della nostraregione. E dire che, tra cinema e letteratura,qui da noi ne esistono di clamorosi, a inco-minciare dal Po. Ma chi scrive non ha anco-ra trovato l’editore che quell’argomento, ilPo a parte, sia disposto a dilatarlo in un vo-lume dotato di molte immagini e indicazionitopografiche e storie filmistiche.Dicevo, in uno scritto precedente, della viaFondazza, illuminata dalla dimora di Gior-gio Morandi e tale da diventare, coi suoiportichetti colorati, la strada di Morandi ol-tre che del complesso di Santa Cristina edel cinema d’essai Roma. Occorre, ovvia-

mente, anche un poco di letteratura adatta.Sulla via del “vissuto”, un poco prima giun-gendo dalla piazza Maggiore, viene in mente,ancora a Bologna, il quadrivio che sta tra Stra-da Maggiore, piazza Aldrovandi e via Guer-razzi, facendo perno sul magnifico porticatodella chiesa dei Servi. Ora si vedono il porti-cato, appunto, della chiesa; il palazzo Davia-Bargellini, dove sono splendide raccolte d’arte(uno dei più affascinanti musei della città, nel-le due raccolte di pittura e di arte industriale) edove è pure la sede di Nomisma, la società cheha fatto capo a Romano Prodi per contribuireal governo dell’economia italiana; la trava-gliata piazza Aldrovandi, che si dibatte tra iltraffico, il mercatino e la pedonalizzazione; e,

poco prima, all’angolo fra Strada Maggiore evia Guerrazzi, la casa Bisteghi, con la farma-cia sotto il portico, cioè la palazzina neoclassi-ca abitata anche da Rizzoli e Carducci, que-st’ultimo prima del suo passaggio alla dimorapiù famosa assegnatagli dalla regina Marghe-rita. Due passi ancora indietro e, in StradaMaggiore 37, è la sede della casa editrice IlMulino.Nessuno, naturalmente, guarda troppo l’adia-cente vicolo Posterla, che era una strada dironda, come si vede dal suo andamento in sa-lita, per la seconda cerchia di mura che facevacapo ai vari Torresotti, come sono ancora, inlinea, in via San Vitale o nella via Castiglione:le porte di una cerchia divenuta interna perché

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FANTASMI DELITTUOSI TRA CIMABUE E VITALE

di RENZO RENZI

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Il “Resto del Carlino” del 16 settembre 1902. In cronaca i fatti del delitto Murri conosciuti all’epoca come la “tragedia di via Mazzini”

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circondata infine dalle mura trecentesche, chenon ci sono più.Cito il vicolo Posterla perché su di esso dava,e dà, una porticina dalla quale entrò l’assassi-no di un famoso delitto della belle époquebo-lognese (1902) e dell’altrettanto famoso pro-cesso che ne seguì (1905) come uno scontrofra due culture, a cavallo fra Ottocento e No-vecento: una sorta, insomma, di “affaire Drey-fus” cittadino.Parlo del processo Murri, del grande medicoAugusto Murri, che curava a sua volta la fami-glia reale nel corpo, mentre il suddetto Car-ducci la curava nella spirito.Successe, infatti che, ad innescare lo scontroin chiave giudiziaria, fu l’assassinio del conteFrancesco Bonmartini, marito di Linda Murri,figlia del medico illustre e sorella di Tullio, di-rigente dei socialisti bolognesi. Il conte Bon-martini era veneto; gli altri, tutti marchigiani emigrati a Bologna, come aveva fatto ancheGiacomo Leopardi, se non altro perché tra leMarche e Bologna si doveva superare una do-gana sola, e non due, com’era per andare a Mi-lano prima dell’Unità d’Italia.Naturalmente i marchigiani del delitto Murrinon ebbero bisogno di superare dogane, mal’onda si era creata e i marchigiani a Bolognasono tuttora una vera covata, con una pubbli-cazione che periodicamente li raccoglie e lirappresenta. (Tra parentesi si noterà che Lindaera il diminutivo di Teodolinda e che il suo fat-tore si chiamava Agilulfo, come per dire che,forse, erano stati addirittura i Longobardi, enon solo le poche dogane, ad unire le nostreterre).Dico dei marchigiani non solo per via dei Mur-ri, che erano di Fermo, ma anche perché, quan-do esplose lo scandalo, furono marchigianicontro altri marchigiani che avevano trovato illoro palcoscenico a Bologna. Infatti, il vesco-

vo, il cardinale Svam-pa, era tale, così comeil direttore del giorna-le L’avvenire d’Italia,diretto da Cesare Al-granati, che si firmavaRocca d’Adria. Loschieramento era il se-guente: da una parte ilfronte laico-positivi-sta, stretto intorno allafamiglia Murri, e specialmente al suo capo,Augusto; dall’altra il fronte cattolico, pure del-l’avanguardia “modernista” (ma don RomoloMurri non era parente, se non alla lontana, diquesti altri Murri); un fronte impegnato a gri-dare, a proposito di quel delitto e di ciò cheaveva svelato (il figlio Tullio denunciato dalpadre): “Ecco quali sono i risultati dell’edu-cazione laica!”. I cattolici infatti sostenevanoche si trattava di un delitto organizzato in fa-miglia e che la sobillatrice di tutto fosse statala Linda, decisa a sbarazzarsi di un marito di-sistimato, poi tradito.Come andò a finire io l’ho scritto in un libromesso insieme accanto al film di Mauro Bolo-gnini Fatti di gente perbene(la Linda imper-sonata da Catherine Deneuve, il padre da Fer-nando Rey e il fratello da Giancarlo Giannini),con reciproco scambio di notizie durante unalavorazione che pure, nella sceneggiatura, ve-deva il film andare verso la tesi del grande ge-nitore tradito dai suoi figli; e il libro, con smo-data ambizione scespiriana, che cercava di il-lustrare le ragioni di tutti, per dire che si eratrattato di un’autentica tragedia.Bene. Il film molti l’hanno visto e si può sem-pre ritrovare, io spero, se la nostra Cinetecacomunale sarà in grado di restaurarlo.Ma la cosa questa volta da ricordare, oltre il ri-chiamo successivo ad un analogo caso nella

famiglia Nigrisoli, è che le finestre e l’ingres-so principale della casa Bisteghi dove abitava-no i Murri davano in via Guerrazzi accanto al-la sede della Società musicale, sul portico deiServi, tenendo dietro di sé l’angoletto buio delvicolo Posterla, come per un “noir” inevitabi-le. Però è curioso notare che nella via San Pe-tronio Vecchio, sbocco su via Guerrazzi, abitòanche, nel nostro dopoguerra, il capobandaCasaroli, fonte di un altro film, questa volta diFlorestano Vancini. Casaroli e la sua banda fu-rono presi, uno si suicidò, dopo che avevanorocambolescamente corso per queste strade, evia Santo Stefano, ancora sparando e ucciden-do. E perciò bisogna concludere che molteombre, come queste, si muovono per il quadri-vio e i suoi dintorni, rendendolo ancora più af-fascinante di quanto già non sia, siccome ag-giunge fatti tragici divenuti invisibili, eppurepresenti, quindi collocati nel ventre della città,mentre nella chiesa dei Servi e nel Palazzo Da-via-Bargellini stanno loro accanto -e queste sipossono vedere- due bellissime Madonne, diCimabue e Vitale.

P.S.: A proposito di marchigiani a Bologna:come non ricordare Adolfo De Carolis, in annivicini, affrescatore del Salone del Podestà,provenendo da Montefiore d’Aso? Avete noti-zie sul nesso che lo guidò? q

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Le efferate azioni della banda Casaroli ricostruite nelle tavole diGino Pallotti del “Giornale dell’Emilia” del 18 dicembre 1950

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LA PROVINCIA INPROSPETTIVAIl 26 ottobre il presidente Vittorio Prodi ha presentato all’Assemblea il Programma di mandato per gli anni 1999-2004.Illustrate anche le linee di indirizzoper la formazione del bilancio.Ciò che segue è la sintesi della relazione e del dibattito consiliare che ha impegnato più sedute

LA SFIDA DELLÕAREA METROPOLITANA

La Provincia di Bologna, durante ilmandato 1999-2004, intende orientarela sua attività alla costruzione di unvero e proprio sistema concertato digoverno metropolitano attraverso lapartecipazione attiva alla Commissio-

ne regionale di concertazione, la fun-zione di coordinamento del Patto peril lavoro e lo sviluppo, la Conferenzametropolitana dei Sindaci e la valoriz-zazione dell’esperienza del Circonda-rio amministrativo provinciale imole-se.In questo senso la Provincia intenderaccogliere anche l’ulteriore stimoloche viene dalla recente legge 265/99che conferma il carattere metropolita-no dell’area bolognese e riapre il di-scorso della Città Metropolitana.

PER LA QUALITË DELLO SVILUPPO

I punti critici sui quali la Provincia in-tende porre tutta la sua attenzione pos-sono essere esaminati attraverso i pa-rametri di fondo dell’attenzione allepersone o, meglio, dell’affermazionedei diritti esigibili dai cittadini dell’a-rea metropolitana, della sostenibilitàambientale, delle scelte insediative e

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produttive, della qualità e competiti-vità del sistema economico e socialebolognese.Le persone richiedono, per quanto ri-guarda il ruolo dell’Ente, l’accesso di-retto e semplificato alle strutture dellapubblica amministrazione, alle oppor-tunità offerte dai sistemi del welfare eai servizi, quale che sia il luogo fisicodell’area in cui hanno stabilito la lororesidenza. Altrettanto importante etrasversale è il tema ambientale. Infi-ne, decisivo è il rilievo delle diseco-nomie sofferte dalle imprese e daglioperatori economici come pure l’in-sufficiente sviluppo della ricerca edell’innovazione mirate a una imme-diata e positiva ricaduta sui processiproduttivi e sulle trasformazioni solle-citate dalla competizione internazio-nale. Due sono i temi dello sviluppo:innovazione in un mercato regolatodagli obiettivi di sostenibilità di op-portunità tra cittadini e di tutela deiredditi contrapposto al tentativo direndere dinamica la società attraverso

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una deregolamentazione selvaggia eun mercato senza vincoli.

Il Centrosinistra a Palazzo MalvezziIl centrosinistra che governa la Pro-vincia di Bologna raccoglie in un uni-tario progetto politico e programmati-co le forze dei Democratici di Sinistra,dei Democratici, dei Verdi e dei Co-munisti italiani, in un rapporto che sivuole sempre più positivo con il Parti-to Popolare e con le altre componentidel centrosinistra. In questo senso vi èl’intenzione di contribuire al rilanciodi una nuova stagione dell’Ulivo e delcentrosinistra in Italia, verso la costru-zione di un nuovo e più ampio proget-to politico unitario.

Una nuova ProvinciaLe nuove funzioni attribuite dalle leg-gi sul decentramento amministrativo ela legge regionale 3/99, la cui applica-zione piena è materia di questo man-dato, contribuiscono a configurare unaProvincia nuova, realmente proiettataa svolgere funzioni di governo sull’A-rea Vasta.Si dovranno ora mettere in atto mec-canismi di tipo finanziario tra la Pro-vincia e la Regione non basati solo suitrasferimenti, dal momento che lamaggior parte dei nuovi compiti sonocompiti propri, non delegati.

LE PRIORITË E I GRANDI OBIETTIVI

La Provincia dovrà nel quinquennioraggiungere alcuni obiettivi capaci difar compiere passi decisivi in direzio-ne dell’innovazione, mettendo a regi-me le nuove funzioni attribuite dalleLeggi sul decentramento. Vediamoli:

1. Una società solidale e sicuraSicurezza della città e della provincia:ciò significa agire per prevenire il di-sagio sociale e contemporaneamentecontrastare con determinazione il cri-mine minuto e quello organizzato, laprostituzione forzata, la violenza con-tro le donne e i minori. In questo quadro la Provincia si candi-da a svolgere il ruolo di cerniera tracomunità locali e corpi dello Stato.Come nel passato, la Provincia saràimpegnata a sostenere le iniziative disolidarietà promosse da cittadini, as-sociazioni e istituzioni a favore dellevittime della guerra, dell’odio etnico e

razziale e a ottenere verità e giustiziaper le stragi del 2 agosto 1980, diUstica e dell’Italicus. A questo propo-sito è impegnata a valorizzare le ini-ziative del Centro di Studio e Docu-mentazione sullo Stragismo e dellaScuola di Pace di Monte Sole - Mar-zabotto.

2. Realizzazione di una rete territo-riale per l’accesso semplificato aiservizi pubblici locali e stataliIl primo dei grandi obiettivi consistein una progressiva riduzione della mo-bilità delle persone sul territorio e inun drastico ridimensionamento deitempi dell’accesso alla pubblica am-ministrazione, attraverso lo sviluppo ela progressiva integrazione di reti tele-matiche dedicate, alcune già a regime,altre in fase di completamento: Cup2000; rete telematica pubblica di col-legamento tra la Provincia e i Comunidel territorio bolognese (Tam Tel);l’accesso e l’aggiornamento dei daticatastali direttamente dal Comune diresidenza; l’attuazione del programmaprovinciale degli Sportelli Unici per leattività produttive; i servizi per l’im-piego e l’autocertificazione.

3. Fruizione certa per tutti i giovanidel diritto all’obbligo formativo fi-no ai 18 anni e di un sistema di for-mazione permanenteUn obiettivo che si concretizza con ilcompletamento del programma dinuove sedi scolastiche nei comunidella provincia (ITCG Vergato, Polodi San Giovanni in Persiceto), con inuovi interventi sul diritto allo studio,con il sostegno all’autonomia degliistituti scolastici, con le iniziative diorientamento scolastico e professiona-le, con le attività di raccordo tra scuo-la, formazione professionale, mercatodel lavoro e sistema delle imprese.Inoltre, la Provincia è impegnata apromuovere un vero e proprio sistemadi formazione permanente, capace dioffrire ai lavoratori occupati e in mo-bilità e ai giovani in cerca di occupa-zione, un’opportunità di formazioneprofessionale per aggiornare le com-petenze all’evoluzione tecnologica eorganizzativa e alle richieste del mer-cato del lavoro.

4. Sistematica azione di promozionee valorizzazione del lavoroSempre in relazione al sostegno dellefasce deboli del mercato del lavoro

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(lavoratori in mobilità, disoccupati,disabili, giovani alla ricerca del primoimpiego), si attiveranno i nuovi Servi-zi per l’Impiego che svolgeranno fun-zioni attive nel raccordo tra domandae offerta di lavoro con servizi di infor-mazione, consulenza, orientamento eformazione professionale. Nei con-fronti dei lavoratori dipendenti immi-grati da altre regioni italiane e dai Pae-si extracomunitari dovrà essere svi-luppata un’azione di facilitazionenell’accesso alla rete dei servizi localie al mercato delle case in affitto. Il Patto per il lavoro, sottoscritto nel1999, dovrà essere avviato e realizza-to nel corso del presente mandato.Inoltre, si dovrà dare piena attuazioneal Programma Speciale d’Area del-l’alta e media valle del Reno e attiva-re, nella misura più ampia possibile, leazioni previste dal documento “Agen-da 2000” dell’Unione Europea.

5. Concreta e verificabile centralitàdella sostenibilità ambientaleLavorare per una ulteriore fase di cre-scita civile ed economica della pro-vincia bolognese significa lavorareper liberare i centri urbani dall’inqui-namento acustico e atmosferico, de-congestionare e ridare funzionalità al-le strade locali e nazionali che ci attra-versano, moltiplicare la capacità ditrasporto pubblico in sede propria(treni, tram, corsie preferenziali perbus e taxi), bloccare l’abbassamentodel livello del suolo, ridurre il prelie-vo delle acque sotterranee a favoredella potabilizzazione delle acque su-perficiali, mettere in sicurezza la parte“bassa” della provincia dai rischi diallagamento, prevenire il dissesto nelterritorio collinare e montano, riutiliz-zare rifiuti e materiali di recupero,promuovere l’imprenditoria ambien-tale, il turismo ecologico e l’educazio-ne ambientale.

6. Effettivo ammodernamento e po-tenziamento delle infrastrutture peril trasporto e la mobilitàIl punto di partenza obbligato è l’at-tuazione di scelte già decise e finan-ziate (come il Servizio FerroviarioMetropolitano) e di quelle che si ren-dono necessarie per valorizzare le po-tenzialità logistiche dell’area bologne-se nel contesto nazionale ed europeo.Occorre poi migliorare la mobilità diaccesso al Capoluogo (infrastrutturaleggera di collegamento in sede di ae-

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roporto-stazione- fiera, e parcheggiscambiatori, navette, corsie preferen-ziali per il trasporto pubblico, ecc.).Per decongestionare l’attuale trafficoveicolare sulle strade dell’area metro-politana è indispensabile rilanciare iltrasporto pubblico attraverso tre inizia-tive di rilievo strategico: riorganizza-zione del trasporto su gomma; attua-zione del Servizio Ferroviario Metro-politano; realizzazione della tramvia.

7. Puntuale programma di azioni disostegno alle impreseÈ necessario rilanciare gli Uffici Co-muni per lo Sviluppo Economico qua-le sede tecnica per l’elaborazione, perla parte pubblica, dell’attuazione dellelinee di intervento decise. Occorreporre particolare attenzione a questielementi: pianificazione dei conteni-tori della grande distribuzione, in con-nessione con una strategia di valoriz-zazione dei centri storici; raccordocon il mondo della ricerca e i luoghidel sapere presenti nella nostra realtà;attenzione alla formazione di nuoveimprese e ai nuovi strumenti di parte-cipazione finanziaria; sviluppo im-prenditoriale nelle aree periferichedella montagna.Nei confronti dell’imprenditoria agri-cola la Provincia di Bologna perse-guirà la concertazione con le Organiz-zazioni professionali agricole, con leCentrali cooperative e con le Comu-nità Montane.

8. Ulteriore sviluppo della rete terri-toriale delle opportunità e dei serviziIn campo sanitario la Provincia ope-rerà innanzi tutto per dare sviluppo al-l’approccio innovativo proposto con iPiani per la salute, il cui scopo è diagire in modo intersettoriale su tutti ifattori che condizionano lo stato di sa-lute della popolazione di un determi-nato territorio (socio-economici, stilidi vita, ambientali, disponibilità diservizi). La proposta è di definire unpiano metropolitano per la promozio-ne della salute e contemporaneamenteoperare per avvicinare, nella misurapiù ampia possibile, l’erogazione del-le prestazioni specialistiche ai luoghidi residenza attraverso il completa-mento dell’offerta dei servizi distret-tuali e l’attuazione del programmad’investimenti per la realizzazione diresidenze sanitarie assistite e la riqua-lificazione del sistema ospedalierodella provincia di Bologna.

Per quanto riguarda i servizi culturalidovrà essere consolidata una vera epropria rete provinciale per la cultura,lo spettacolo e il tempo libero, in gra-do di offrire, con continuità, a tutto ilterritorio, eventi e servizi di qualità.I servizi locali nel campo dei trasportipubblici su gomma, della gestioneidrica e dei rifiuti, andranno liberaliz-zati, così come previsto da leggi na-zionali e regionali.Un’iniziativa particolarmente impor-tante dovrà riguardare il coordina-mento metropolitano degli orari e unlibero accesso ai servizi per l’infanziaper chi vive nei comuni della provin-cia e lavora in città e viceversa.La Provincia svilupperà anche inizia-tive per aumentare l’offerta di alloggia canone calmierato, promuovendo,assieme ai Comuni, le opportunità in-trodotte dalla nuova legge sull’affitto.Verso i cittadini immigrati da Paesiextracomunitari, occupati od occupa-bili regolarmente nelle imprese locali,vanno assunte iniziative tendenti acreare le condizioni per una loro posi-tiva integrazione nella realtà bologne-se.

GLI IMPEGNI PER IL MANDATO

Gli obiettivi appena illustrati si affron-tano garantendo tre principi guida:cooperazione con la Regione, elemen-to centrale nel processo di decentra-mento e di riorganizzazione ammini-strativa; concertazione con le autono-mie funzionali del mondodell’economia, dei servizi e delleespressioni sociali; sussidiarietà, cioèvalorizzazione e responsabilizzazionedelle forze sociali.Comunque, la prima innovazione a cuiè chiamata la Provincia è quella di la-vorare in modo integrato al suo inter-no. Ma ogni proposito deve essere so-stenuto da questi patti: il primo con icittadini dell’intero Paese, per il ri-spetto del patto di stabilità; con i citta-dini dell’Area Metropolitana va assun-to l’impegno di una rendicontazionepuntuale e trasparente, evitando, per leentrate provinciali, qualsiasi aumentodella pressione fiscale nel primo bien-nio del mandato, e contenendone l’e-ventuale incremento negli anni suc-cessivi. Il terzo impegno riguarda il si-stema degli Enti locali con i quali sicercherà di consolidare un metodo

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concertato di governo; infine, il quartopatto riguarda il sistema economico esociale per superare gli ostacoli versouna più accentuata ripresa dell’econo-mia e dell’occupazione.

La programmazione economico-fi-nanziariaCon il mandato 1999/2004 va a regi-me il nuovo assetto di autonomia fi-nanziaria delle Province con l’attesocapovolgimento del rapporto fra en-trate trasferite e delegate e entrate pro-prie.Sono oggetto di indirizzo per il man-dato 1999-2004 i seguenti temi: au-mento dell’efficacia e dell’efficienzaamministrativa, recupero di economi-cità e razionalizzazione della spesaconsolidata, utilizzando a pieno gliesiti della messa a regime del sistemadi controllo di gestione; non variano itributi in termini reali per gli anni2000 e 2001, tendenzialmente al livel-lo più basso nel quinquennio, infine,la L. 133/99 attiva la compartecipa-zione anche della Provincia all’Irpeffinalizzata al sostegno degli oneri de-rivanti dal processo di decentramentodi funzioni. Per quanto riguarda gli in-vestimenti, l’intento dell’Amministra-zione per il mandato 1999-2004 èquello di non sacrificare, ma di man-tenere il volume con oneri a caricodell’Ente attorno ai 42-43 miliardi an-nui, permanendo e potenziando l’azio-ne già svolta di promozione e coordi-namento di opere cofinanziate d’inte-sa con partner pubblici e privati.

COSí IL DIBATTITO

IL GIUDIZIO DELLA MAGGIORANZA

Un buon lavoro, di alto profilo, capa-ce di sintetizzare, pur muovendosi nelsolco della continuità, i principaliobiettivi e campi di intervento che do-vranno caratterizzare l’amministrazio-ne provinciale nel prossimo mandato;un programma di centro-sinistra, chesi distingue per il suo profilo innova-tore e riformista, capace di fare i con-ti con le risorse di cui potrà disporre eche, attraverso l’adesione al patto distabilità, pone questo ente all’internodel panorama politico nazionale edeuropeo.

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Questi, in sintesi, i giudizi espressi daiconsiglieri della maggioranza interve-nuti nel dibattito sul “Programma dimandato 1999-2004” che ha impegna-to il Consiglio provinciale per tre se-dute consecutive. La sfida che ora sitrova a dover affrontare la nostra Pro-vincia - hanno inoltre convenuto - èquella di costituire un vero e propriosistema concertato di governo metro-politano dell’area bolognese che, su-perando i particolarismi locali, sappiarispondere al meglio alle esigenze diun territorio che negli ultimi 30 anni èprofondamente cambiato.

E DELLÕOPPOSIZIONEParere diametralmente diverso quellodelle forze di minoranza. È un pro-gramma inadeguato rispetto alle esi-genze della provincia, dove si fa sem-pre più evidente il solco tra le richie-ste dei cittadini e quanto offre loroquesta amministrazione, che non at-traversa un momento particolarmente“brillante”, che manca di fantasia eche tende a conservare un potere ac-

quisito piuttosto che ad accogliereproposte innovative. È un’elencazionedi buoni propositi ma privo di soluzio-ni concrete. Un programma di centrosinistra che, proprio in quanto tale,non può essere accettato dai gruppi dicentro-destra. Una lettura monotona, avolte contraddittoria, dedicata più alla“cucina” interna e alla creazione diequilibri politici, che alla ricerca di unconsenso per una grande operazionedi rilancio di questo ente.

IL FUTURO DELLÕENTESarà in grado questo territorio di esse-re competitivo nel mercato globale, dioffrire sviluppo e benessere ai propricittadini, anche alla luce delle nuovecompetenze che verranno affidate allaProvincia e della nuova legislazionesull’area metropolitana?Per il consigliere Ds Simone Gambe-rini , che ha aperto il dibattito, ormaialla complessità dei fenomeni la Pro-vincia può rispondere solo superandoi particolarismi locali attraverso un si-stema concertato di governo. Dello

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stesso parere Matteo Festidei Demo-cratici in Europa con Prodi, che ha ri-cordato come sia necessario prosegui-re sulla strada già indicata nello scor-so mandato della Città Metropolitanaper sapere affrontare attraverso pro-getti innovativi un mercato semprepiù concorrenziale. Gli fa eco Gio-vanni De Plato, capogruppo dei De-mocratici: finalmente è chiaro che bi-sogna governare il sistema e non lesingoli parti e che per farlo è necessa-ria una politica globale e non più set-toriale. Questo impegna fortemente ilnuovo Governo della Provincia - haprecisato - che deve affrontare tuttociò attraverso innovazioni anche poli-tiche, cosa che purtroppo non è statacolta dall’opposizione. D’ora in avan-ti - ha continuato - si definisce un pro-cesso nel quale le comunità locali, leorganizzazioni sociali, gli stessi citta-dini parteciperanno allo sviluppo delnostro territorio.Di parere diverso la consigliera Ange-la Labancadi Forza Italia che ha cri-ticato duramente la gestione dell’areametropolitana attuata dalla Conferen-za Metropolitana dei Sindaci, incapa-

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ce - ha detto - di valorizzare il sistemaeconomico di questo territorio, in par-ticolare del comparto agricolo: è unagestione, quella attuata dalla Confe-renza, che penalizza chi non vive nelcapoluogo e che tenta altresì di porreun meccanismo di controllo sull’Am-ministrazione comunale bolognese.Medesimo giudizio per quanto riguar-da il Circondario di Imola, definitouna Provincia nella Provincia, un er-rore amministrativo, sostenuto solo daalcune forze politiche che non tengo-no conto della richiesta di tanti cittadi-ni, come ad esempio quelli di CastelSan Pietro, di voler uscire dal Circon-dario. Dello stesso avviso Marco Mi-gnardi, capogruppo della Lega Nord,che giudica assolutamente inutile laCittà Metropolitana, mentre vede confavore la Conferenza dei Sindaci chevorrebbe chiamare Parlamentino deiComuni. Massimo Ghedini, di Forza Italia, daparte sua si chiede se sia consentito al-la Provincia, il cui compito è quello diarmonizzare le varie politiche comu-nali, attaccare, come accade di fre-quente, il Comune di Bologna, mentrePietro Lentini , di Alleanza Naziona-le, ravvisa invece nella Conferenza

dei Sindaci il monopolio delle forze dicentro-sinistra e sottolinea l’assenzadelle voci dell’opposizione.Ancora più duro il parere di SergioGuidotti , capogruppo di Alleanza Na-zionale, per il quale il progetto dell’A-rea metropolitana è stato affondato pro-prio a Palazzo Malvezzi, quando è sta-to “dimissionato” il professor Vandelli(vicepresidente della Provincia per uncerto periodo nello scorso mandato condelega alla Città Metropolitana).Il consigliere dei Democratici FlavioPecceniniritiene, al contrario, che que-sto ente sappia offrire, grazie agli spun-ti innovativi dei suoi indirizzi di gover-no, risposte concrete, capaci di pro-muovere gli interessi della collettività. D’accordo con Peccenini sulla neces-sità dell’esistenza di un ente interme-dio nella complessa gestione del terri-torio è la consigliera di Alleanza Na-zionale Claudia Rubini, che però nonne ritiene condivisibili i metodi, trop-po dichiaratamente di sinistra.Controllare i fenomeni negativi deri-vanti dalla globalizzazione dei merca-ti soprattutto in considerazione dellasempre più frequente dismissione diaziende, è quanto sostiene Elpidofo-ros Nikolarakis, capogruppo dei Co-

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munisti Italiani che, pur condividendoi contenuti del Programma, mette inguardia dai rischi che possono deriva-re dalla eccessiva liberalizzazione deiservizi.Per Marco Monesi dei Ds questaGiunta ha saputo cogliere le opportu-nità offerte dalla nuova legge di rifor-ma degli enti locali ed è perciò prontaad affrontare la sfida dell’innovazioneistituzionale e programmatica. SoniaParisi dei Ds ricorda che finalmenteverranno sciolte le incertezze normati-ve che hanno segnato il mandato scor-so. Per mantenere un posto di eccel-lenza nella competizione globale, hacontinuato, occorre darsi strumentiistituzionalmente più complessi diquelli attuali, consoni ad una societàche ha subito e sta affrontando profon-di cambiamenti.Anche Daniele Mancadei Ds ritieneindispensabile che in questo mandatomaturino le scelte definitive, capaci diaffrontare le nuove sfide che pone ilmercato. L’area bolognese -ha spiegato- deverispondere in maniera forte e compat-ta, attraverso la realizzazione di infra-strutture che promuovano l’integra-zione di chi vi abita.All’orizzonte, per gli abitanti di que-sta provincia, c’è per la capogruppodei Verdi Manuela Cappelli, un futu-ro sostenibile, nel quale economia eecologia potranno finalmente comu-nicare fra loro. Concetti quali concer-tazione, sussidiarietà e sostenibilitànon devono mai cadere nel dimentica-toio, ma essere l’asse portante di ogniscelta che riguardi la valorizzazionedel nostro territorio.Secondo il capogruppo dei Ds Salva-tore Caronna è uno scenario di fron-tiera quello in cui si colloca questoente; e la frontiera è il governo del-l’innovazione. Caronna ha voluto inparticolar modo sottolineare l’impor-tanza del controllo di gestione, intro-dotto nel 1997 e che andrà a regimenel 2000 e il passaggio verso un nuo-vo assetto dell’autonomia finanziariadella Provincia. Le accuse di mancan-za di concretezza del Programma daparte di alcuni consiglieri dell’opposi-zione - ha inoltre spiegato il capo-gruppo - nascono da una visione cari-ca di pregiudizi che impedisce di co-gliere le scelte concrete di questaGiunta; un esempio per tutti: la deci-sione di non aumentare la pressionefiscale nei prossimi due anni.

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D A L C O N S I G L I O

LE POLITICHEPiù evidenti le diverse posizioni deigruppi consiliari per quanto riguardale soluzioni ai problemi sulla sicurez-za e sull’immigrazione.

Gli stranieri: problema o opportu-nità?Compatta la maggioranza nel ritenereil fenomeno dell’immigrazione uncontributo importante allo sviluppoeconomico e culturale del nostro pae-se, a patto di sapere costruire e mante-nere viva la coesione sociale attraver-so giuste politiche del lavoro e dellacasa. Gamberini ha ricordato che difronte al problema della denatalità edella mancanza di manodopera nelleaziende, la soluzione potrebbe venireproprio dal contributo degli stranieri,mentre Festi ha sottolineato il ruolofondamentale della scuola nel pro-muovere la cultura del confronto; a talproposito il consigliere ha ricordato ilruolo a cui è chiamata la Scuola di Pa-ce di Monte Sole appena inaugurata.Contro la troppo semplicistica equa-zione criminalità-immigrazione si èespresso Marco Monesi, mentre An-gela Labanca, Pietro Lentini e Mar-co Mignardi hanno criticato aspra-mente la legge Napolitano-Turco sul-l’immigrazione denunciandone iltotale fallimento. Labanca, da partesua, vorrebbe regolamentare il flussodegli stranieri per dare in tal modo laprecedenza ai diritti di coloro che vi-vono da tempo nel nostro territorio,mentre Lentini ha giudicato presun-tuoso da parte di questo ente pensaredi poter ospitare dignitosamente gliimmigrati con le poche risorse di cuidispone. Alla proposta della Labancareplica Peccenini: la giustizia, secon-do la consigliera forzista, diventa unprivilegio di alcuni. Sull’emergenzaabitativa la consigliera Teddeha chie-sto invece che una parte del patrimo-nio immobiliare della Provincia possaessere destinata alle politiche sociali.

Quale sicurezza?Prevenzione del disagio, non solo re-pressione. Questo il filo conduttoreche ha legato gli interventi dei gruppiche sostengono la Giunta sul tema del-la sicurezza, e che trova d’accordo, inquesto caso, anche la consigliera diRifondazione Tedde. Sono necessarie azioni che contrasti-no la disoccupazione, sostengono la

Cappelli e la Tedde, prima causa del-l’emergere dei conflitti sociali.Mentre Monesi, che rileva come que-sta Giunta abbia fatto propria la ri-chiesta avanzata in campagna eletto-rale dai Democratici di Sinistra di farsedere il Presidente della Provincianel Comitato per l’ordine pubblico,chiede di superare le logiche“emergenziali”, per af-frontare il proble-ma alle ra-d i c i ,

magari istituendo un osservatorio sul-la criminalità. In merito al Comitatosull’ordine pubblico è intervenuto an-che Lentini , il quale ha auspicato cheil nostro Presidente, a questo tavolo,sappia far sentire la sua voce, mentreGiuseppe Sabbionidi Forza Italia, at-tende l’incontro, promesso da Prodi,con il Prefetto, per fare il punto sul fe-nomeno della delinquenza nella nostraprovincia.La consigliera Labanca avrebbe vo-luto sentir parlare di società giusta esicura piuttosto che di società giusta esolidale, e ha proposto una diversa de-stinazione della polizia municipale, ri-chiesta peraltro giudicata da Pecceni-ni “folcloristica”.

La sceltaDalla capacità di sviluppare un’ade-guata attività di governo nei settoridella formazione e dell’occupazione,secondo i consiglieri Gamberini eParisi, dipenderanno molte delle pos-sibilità di sviluppo e innovazione eco-nomica della nostra provincia. In talsenso - ha spiegato Gamberini - parti-colare rilievo assumono gli strumenticostruiti a favore della salvaguardiadelle aziende in crisi e le politiche vol-te a promuovere la flessibilità del la-voro e la formazione permanente, veriammortizzatori sociali del nuovo mil-lennio. Così i vecchi uffici di colloca-mento, ha continuato, dovranno tra-sformarsi in moderni servizi per l’im-piego, in grado di assistere i cittadiniin cerca di lavoro, ma anche di offrireun servizio alle imprese.Sulla flessibilità del lavoro hanno ma-nifestato la propria contrarietà i consi-glieri Tedde e Nikolarakis ; il capo-gruppo dei Comunisti giudica però

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positivamente la volontà di questaGiunta di salvaguardare l’occupazio-ne dei lavoratori delle aziende in crisi.Per la Cappelli, invece, si può parlaredi flessibilità solo all’interno dellesingole imprese, nella gestione deitempi di lavoro. La consigliera chiedeinoltre un potenziamento dei serviziforniti dal Ciop.La consigliera Labanca non si rico-nosce nel patto per lo sviluppo del la-voro sottoscritto dalla Provincia e giu-dica insoddisfacenti le azioni volte al-la valorizzazione del commercio neicentri storici; Lentini da parte suachiede attraverso quali azioni concre-te la Provincia intenda promuovere laripresa dell’economia e dell’occupa-zione.Come può la capogruppo di Rifonda-zione - si chiede De Plato- respinge-re il Programma della Giunta, quandoin esso non c’è traccia di politiche li-beriste, ma una volontà precisa di por-re al centro dell’azione di governol’individuo con i suoi bisogni?Sabbioni “ripone molte attese” nel la-voro dei tre assessori che si occupanodi attività economiche e chiede che ifondi destinati da questa amministra-zione alla formazione professionalevengano utilizzati in modo più mirato.

Sviluppo sostenibileSulla opportunità di ricercare la “so-stenibilità” in ogni azione volta allo

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sviluppo del territorio e la necessità direalizzare tutte quelle infrastruttureutili a migliorare la qualità della vitadei cittadini si sono trovati sostanzial-mente concordi tutti i consiglieri diPalazzo Malvezzi. Sui metodi fin quiadottati e gli obbiettivi futuri, i parerisi sono però diversificati.Un’attenta politica ambientale, sensi-bile in particolar modo al problemadel riciclaggio dei rifiuti è, per il con-sigliere Festi, in primo luogo un se-gno di civilità prima che di modernità. Mentre per Angela Labanca, nono-stante le importanti competenze diquesto ente in materia territoriale, nonsi arresta il dissesto del territorio, so-prattutto quello montano. Decisamen-te critica la consigliera sulle scelte inmateria di rifiuti: ha menzionato, a talproposito, l’ipotesi di costruire a Gal-liera, in una zona bonificata e quindicon caratteristiche paludose, una nuo-va discarica, con tutti i rischi che nepossono derivare. La consigliera, inoltre, si chiede comesia possibile pensare di competere coni mercati stranieri quando per andareda Imola a Bologna si perde più di

un’ora. Riti-ene pertantomarginale ilpeso dato nelProgrammaal potenzia-mento delle

infrastrutture viarie: non sono previstesoluzione risolutive sui problemi deltraffico e soprattutto si continua a pre-diligere il trasporto su gomma. Troppolunghi, infine, i tempi della messa aregime del Servizio ferroviario metro-politano.Apprezzata da Manuela Cappelli latrasversalità con la quale è stato af-frontato il problema ambientale daidiversi assessorati.L’ambiente, ha spiegato, può produrrereddito, e perciò la Provincia, ancheattraverso il servizio “progetti d’im-presa”, può promuovere la creazionedi nuove imprenditorialità rivolte allasalvaguardia della natura. Particolare attenzione ha chiesto ven-ga data ad una corretta educazione ali-mentare e all’incentivazione del con-sumo di prodotti ottenuti con le bio-tecnologie. Infine la Cappelli ha sottolineato l’im-portanza dello Schema direttore, diuno strumento urbanistico capace, at-traverso la concertazione tra Comuni,di dare sostenibilità allo sviluppo delnostro terriotrioPer Osvaldo Santidei Comunisti ita-liani devono essere poste tra le prioritàla costruzione di infrastrutture rispet-tose dell’ambiente e le politiche di di-fesa del suolo, mentre Caronna rilevacome questo programma abbia assun-to indirizzi concreti in materia di tra-sporti. Manca è convinto che sul su-peramento di alcune criticità, adesempio l’alternativa alla via Emilia,il prolungamento della complanareA14 Bologna-Imola, si misurerà lareale integrazione dell’area imolese ebolognese e si giudicherà la capacitàdi questa amministrazione di governa-re il territorio.Per Sabbioni il tempo è una risorsa, eperciò rientra nei diritti fondamentalidel cittadino il non perdere troppotempo negli spostamenti in macchina:se è innegabile che alcuni ritardi direalizzazione di opere non sono impu-tabili a questo ente è altrettanto veroche la Provincia manca di incisività.

Ed infine...Per concludere questo lungo excursussul dibattito consiliare, un breve ac-cenno ai temi della cultura e delle pa-ri opportunità, che sono rimasti un po’a margine della discussione, perchéincalzati dai grandi argomenti di at-tualità. Si aspettava qualcosa di piùsulle politiche femminili la consiglie-

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ra Teddeda questa Giunta, mentre perSonia Parisi le questione femminilenon è più ghettizzata in un singolo as-sessorato ma assume una dimensionetrasversale. Sempre la Parisi ha richia-mato l’opportunità di incentivare ilconsumo di “beni immateriali”, e dicoordinare le iniziative poste in esseredalle numerose associazioni e istitu-zioni culturali che porteranno nel2000 Bologna sotto i riflettori delmondo. Per contrastare il degrado culturaleper Manuela Cappelli si deve siaqualificare l’offerta, promuovendoiniziative volte alla diffusione di nuo-ve idee, sia educare i fruitori: l’apertu-ra all’originalità e al confronto conl’Europa, già avviato dall’assessoratoalla cultura nel precedente mandato,serviranno a togliere all’Italia il tristeprimato di paese con il più basso con-sumo di prodotti culturali.

LA REPLICA

Un sentito grazie ai numerosi contri-buti offerti dagli interventi dei consi-glieri di maggioranza e di minoranza èstato espresso dal presidente VittorioProdi, che nella replica ha voluto riba-dire la coralità con la quale il pro-gramma è stato elaborato. I cambia-menti che l’amministrazione ha com-piuto in questi anni - ha continuato -sono stati attestati peraltro da molticonsiglieri dell’opposizione. Se ciò èavvenuto - ha tenuto a precisare - lo sideve al nostro lavoro e a quello delConsiglio nella sua interezza.

La votazioneIl dibattito sul “Programma di manda-to” si è concluso con l’approvazionedi un ordine del giorno presentato dal-la maggioranza (20 voti favorevoli:Prodi, Ds, Democratici, ComunistiItaliani,Verdi e 11 contrari: Fi, An, Rc,Lega Nord per l’Indipendenza dellaPadania) e con l’approvazione delle“Linee di indirizzo per la formazionedel Bilancio di previsione per l’eserci-zio finanziario 2000”, che ha ricevuto20 voti favorevoli (Prodi, Ds, Verdi,Democratici, Comunisti Italiani) e 1contrario (An). Il gruppo di Forza Ita-lia non ha partecipato al voto in quan-to non è stata accolta la richiesta dirinvio dell’approvazione del docu-mento. q

Nuovo Capogruppo di Forza ItaliaIl sette dicembre il capogruppo di For-za Italia e vicepresidente del Consiglioprovinciale, Fabrizio Davoli, ha rasse-gnato le dimissioni dalla carica di ca-pogruppo. Viene sostituito dalla consi-gliera Angela Labanca.

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RIEPILOGO GENERALE ENTRATE TRIBUTARIE

Risorse Bilancio di previsione Bilancio di previsione Bilancio di previsioneEsercizio 1998 Esercizio 1999 Esercizio 2000

Consuntivo Assestato al 30.11.99 Previsione iniziale

AddizionaleEnel aziende 15.625.058.696 16.000.000.000 25.000.000.000

* APIET 16.313.231.505 - -

Tributo in materiaambientale 8.238.370.000 9.000.000.000 9.000.000.000

* IPT - 39.375.000.000 40.382.000.000

ImpostaRC auto - 59.000.000.000 65.950.000.000

TOTALE 40.176.660.201 123.375.000.000 140.332.000.000

* LÕAPIET, addizionale provinciale imposta erariale trascrizione (nel PRA) � stata sostituitadallÕIPT, imposta provinciale trascrizione.

I N O S T R I SO L D I

entre la rivista stava per andare in stampa il bi-lancio di previsione per il 2000 era ancora all’e-same del Consiglio provinciale, per cui non sia-

mo stati in grado di trattare l’argomento in modo corri-spondente all’importanza che riveste. Tuttavia abbiamo ritenuto utile proporre intanto gli ele-menti essenziali della nostra “finanziaria”. Il bilancio diprevisione di quest’anno si caratterizza soprattutto per lamodifica della struttura delle entrate: sostituzione di tra-sferimenti dallo Stato con entrate tributarie.Questo dato, assai importante, pone anche le basi per unafutura autonomia impositiva, che peraltro è già parzial-mente presente anche nell’esercizio 1999. Pur di fronte aquesta accresciuta autonomia, la Provincia di Bologna hascelto di non utilizzare le leve fiscali messe a sua disposi-zione: ha deciso di lasciare immutata la pressione tributa-ria sui cittadini per gli anni 2000 e 2001 e si è impegnatacomunque a contenerla nell’arco dell’intero mandato.Anche l’obiettivo di ridurre l’indebitamento dell’ente sen-za contenere il livello degli investimenti è una scelta difondo operata dalla Giunta. Infine, la decisione di acco-gliere ed esercitare le nuove funzioni attribuite alla Provin-cia dalle recenti disposizioni normative di decentramentodelle funzioni amministrative (L.N. 59/97 e L.R. 3/99) è benevidente.Pur in assenza, almeno per ora, di specifiche risorse per l’e-sercizio di tali deleghe, il bilancio prevede l’anticipazione difondi da parte dell’ente di circa un miliardo, per garantirel’avvio delle nuove funzioni decentrate, tra le quali spicca-no quelle riguardanti i Centri per l’impiego. q

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Come cambia il bilancioLe linee guida della manovra finanziaria del 2000

MM BILANCIO DI PREVISIONE 2000

Entrate

Entrate tributarie 140.332.000.000Trasferimenti 62.155.803.000Proventi diversi 9.968.977.425Alienazione beni e trasferimenti in conto capitale 62.344.682.000Assunzione prestiti 47.342.000.000Partite di giro 18.900.000.000

Totale 345.043.462.425

Avanzo d’amministrazione 235.000.000Totale 345.278.462.425

Uscite

Spese correnti 189.189.444.610Spese in conto capitale 106.204.682.000Rimborso quote capitali mutui 30.984.335.815Partite di giro 18.900.000.000

Totale 345.278.462.425

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SP E C I A L E A C Q U A

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Sorella acquaÈ il titolo di un fortunato volume, pubblicato lo scorso anno

dall’assessorato all’ambiente, che censisce le sorgenti del nostroterritorio. Anche noi -come probabilmente è accaduto ai

curatori di questo libro- non abbiamo trovato un titolo migliore diquello tratto dal Cantico delle Creature di San Francesco per

introdurre un argomento così complesso e vitale.Lo sviluppo armonico di un territorio è sempre dipeso dalla

capacità dell’uomo di “organizzare” la conoscenza del sistema idrico (fiumi, laghi, lagune e pozzi, corsi sotterranei, periodi

di piovosità e siccità, maree, cascate, ecc.) presente nel proprio habitat. Si sono così formate competenze e professionalità

assai preziose per la qualità della vita, il prosperare dei commerci e delle attività umane, lo sviluppo di città e civiltà.

Ancora oggi in molti concorrono all’importantissima azione del governo delle acque (dall’approvvigionamento al controllo,

dalla distribuzione alla regolamentazione, dalla pianificazione alladepurazione...), un’attività quotidiana, costante e pur sempre

diversa a seconda delle antiche e nuove necessità della collettività e che, in maniera anche succinta, vorremmo far

conoscere meglio. Ciò forse può contribuire a far sì che quel piccolo gesto automatico di aprire il rubinetto diventi una azione più consapevole e misurata, a vantaggio di tutti noi e

di un mondo che ha sempre più sete

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SP E C I A L E A C Q U A

cqua, semplicemente acqua. La mag-gioranza del corpo e della superficieterrestre.

Chiara, limpida, trasparente. Fondamentale einsostituibile fonte per la vita biologica sullaterra. Cose che tutti sanno, ovvie, ma non è co-sì. Quasi mai ci soffermiamo a pensare all’ac-qua, la più preziosa delle risorse naturali, co-me ad un bene collettivo, primario, vitale, maanche bene non rinnovabile, esauribile tantoquanto l’energia. Acqua patrimonio dell’umanità, diritto natura-le di tutti, acqua “che non conosce confini”,ma che di fatto non è garantita a tutti nellostesso modo. Una sproporzione che mette a di-sposizione ben 425 litri di acqua al giorno adun americano, 125 ad un francese e solo 10 adun abitante del Madagascar. Per noi occidenta-li l’acqua rappresenta una riserva idrica noto-riamente abbondante e di scarso valore, ma asolo due ore di volo da Roma, sulle rive delMare Nostrum, 28 milioni di persone a causadella siccità devono scegliere ogni giorno sedissetarsi, lavarsi o irrigare la propria terra. 500 metri cubi di acqua all’anno è la soglia mi-nima pro capite fissata per ognuno. Eppurel’utilizzo dell’acqua è negato ad una gran par-te della popolazione mondiale. Su circa 6 mi-liardi di persone, più di un miliardo e 400 mi-lioni non ha accesso all’acqua potabile, un mi-liardo e 700 milioni non ha serviziigienico-sanitari, e ogni anno si stima che in10 mila muoiano per mancanza d’acqua pota-bile, mentre 30 milioni di persone sono colpi-te da epidemie e contagi dovutial suo inquinamento. Il parados-so è che invece la quantità di ac-qua disponibile oggi sarebbe suf-ficiente per far fronte al fabbiso-gno di 15 miliardi di persone, sequesto preziosissimo bene fosseaccessibile e/o distribuito equa-mente.Una condivisione dell’acqua chenon è stata causa di ineguaglian-ze sociali e guerre solo in passa-to. Ancora alle soglie del 2000, ilsuo accesso rappresenta unabomba ad alto potenziale esplosi-vo. Da un lato la Carta Interna-zionale dell’acqua del 1968, cheall’articolo 10 la definisce “unpatrimonio comune il cui valore

deve essere riconosciuto da tutti”, dall’altroil fantasma della siccità, spettro costante diuna vera e propria “guerra dell’acqua” nonsolo in Medio Oriente ma soprattutto inAfrica. L’approvvigionamento idrico risultainsufficiente nelle aree in cui sono concen-trati i due terzi della popolazione mondialee nelle quali si registrano i più alti tassi diincremento demografico. Ragioni politichee interessi geoeconomici si nascondono die-

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IL MONDO HA SETEdi VERONICA BRIZZI

AA SCENARI PER IL FUTURO

Nel 2025 circa il 20% della popolazione mondiale vivrà in zone senza acqua soprat-tutto in Africa, Asia e America Latina..L’acqua disponibile è poca. Benché il 71% del-

la superficie terrestre sia coperto da acqua se ne può utilizzare solo lo 0,3% cioè quel-la localizzata in fiumi e laghi. Il resto dell’acqua dolce è imprigionata in ghiacciai (68,9%)e nel sottosuolo (29,9%). Aumenta la domanda d’acqua. Tra il 1990 e il 1995 la popola-zione è cresciuta 3 volte, la richiesta d’acqua di 6 volte.

In agricolturaOggi: l’acqua utilizzata per l’irrigazione ammonta all’80% dei consumi totali (Wmo-Une-sco, 1997)Domani: in futuro si prevede che le terre irrigate aumenteranno raggiungendo un’areadi 330 milioni di ha nel 2025. Tuttavia lo sviluppo di tecnologie di irrigazione permetteràdi aumentare la produttività diminuendo il volume di acqua richiesto (Shiklomanov,1998).

NellÕindustriaOggi: i processi industriali si accaparrano il 2% dell’acqua totale consumata. I principa-li consumatori sono le industrie chimiche e metallurgiche, le centrali termiche ed atomi-che, le cartiere, ma il primato spetta alle industrie farmaceutiche.Domani: dagli anni ‘80 si può osservare una tendenza alla stabilizzazione nella richie-sta d’acqua da parte dell’industria. Lo sviluppo di moderne tecnologie lascia intravede-re per il futuro una diminuzione dei consumi (Shiklomanov, 1998).

Negli usi domesticiOggi: il 3,5% dell’acqua viene consumato per usi domestici. Nelle grandi città si prele-vano ogni giorno 300-600 litri per persona, nei villaggi agricoli il prelievo è appena di 50-100 litri giornalieri (Shiklomanov, 1998).Solo una piccola percentuale di quest’acqua serve ad usi essenziali come bere e cuci-nare; un’ingente quantità viene utilizzata per lavarsi, per lo sciacquone del wc, ecc. Cer-tamente in questi casi non sarebbe necessaria la preziosissima acqua potabile, ma leattuali tecnologie e soprattutto i metodi di gestione ancora non permettono una differen-ziazione delle reti idriche a seconda degli usi (Unesco Sources, 1996).

Domani: purtroppo le previsioni non so-no rosee, infatti ci si attende che in futu-ro il prelievo di acqua pro capite cre-scerà fino a raggiungere i 500-1000 litrial giorno nelle città industriali di Europae Nord America (Shiklomanov, 1998).

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tro alla privatizzazione della “merce” acqua. Solo “quando il pozzo è asciutto ci rendiamoconto del valore dell’acqua” disse nel lontanosettecento Benjamin Franklin.È difficile pensarla come un bene esauribile, dicui in futuro potrebbero non bastare le riserve.Abituati solo alle temporanee siccità estive,ogni giorno abbiamo apparentemente a dispo-sizione quantità illimitate, aprire il rubinettoper credere, di una risorsa anche poco costosa.Dalla preistoria ad oggi il volume totale in cir-colazione fra terra e cielo è rimasto pratica-mente immutato: quella che è in pericolo in-fatti è l’acqua di qualità, non inquinata, facileda raggiungere e, soprattutto, quella necessariaper gli usi potabili. La quantità di acqua pota-bile diminuisce per effetto dell’inquinamento,per la desertificazione di superfici coltivatetroppo intensamente o per i cambiamenti cli-matici e l’aumento della popolazione mondia-

le. Un bene finito che non può soddisfare ri-chieste crescenti in un mondo che si apprestaad affrontare una grossa crisi idrica. Entro il2005 più di 3 miliardi di persone avranno pro-blemi di carenza d’acqua. Oggi la dotazionepro capite è già inferiore di un terzo rispetto a25 anni fa a fronte di un aumento demograficodi 1,8 miliardi di persone e nei prossimi 30 an-ni la popolazione raggiungerà gli 8 miliardicon un aumento della richiesta del 65%. Qualisoluzioni per il futuro? Se le fonti sotterraneee superficiali sono state sfruttate praticamentetutte - arrivare alle riserve ancora integre pro-vocherebbe danni irreparabili - anche l’utiliz-zo delle tecnologie per la desalinizzazione epotabilizzazione delle acque reflue sta dimo-strando tutti i suoi limiti di natura sia tecnicache economica. Un esempio interessante, maforse difficile da applicare, è dato da HongKong, dove il 90% delle abitazioni dispone di

reti domestiche separate, utilizzando per i ser-vizi igienici acqua di mare: i consumi dome-stici di acqua potabile sono scesi così del 60%.Unica reale e immediata possibilità diventauna razionalizzazione dei consumi salvaguar-dando le acque migliori, quelle che non posso-no essere sostituite per l'approvvigionamentoidrico potabile. Un tema scottante che necessi-ta di un’azione immediata a livello internazio-nale e nazionale, ma anche locale. Intanto do-po il Vertice di Torino, i 27 paesi membri delPartenariato euro-mediterraneo partono con 5mila miliardi, 253 per l’Italia, per un pianostrategico sull’utilizzo dell’acqua nel bacinodel Mediterraneo. La ricerca di soluzioni deveriguardare anche chi il problema non ce l’ha,alla riscoperta di una “cultura dell’acqua” chemodifichi abitudini e consuetudini sociali pertrasformare l’attuale spreco in un attento con-sumo quotidiano di questa preziosa risorsa. q

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IL MANIFESTO DELL’ACQUA

Vengono dall’Africa, dall’America Latina, dal Nord America, dal-l’Asia e dall’Europa. Si sono riuniti insieme nel 1998 nelle ve-

sti di semplici cittadini preoccupati perché oggi 1 miliardo e 400milioni di persone non ha accesso all’acqua potabile, che “fontedi vita” appartiene a tutti gli abitanti della Terra in comune. È que-sto il gruppo di Lisbona coordinato e presieduto dal professoreRiccardo Petrella, docente all’Università di Lovanio, che ha ela-borato il “manifesto dell’acqua per un contratto mondiale”. Il do-cumento è stato presentato in settembre a Bologna durante ilconvegno “acqua per tutti”, organizzato in occasione della TerzaAssemblea dell’Onu dei popoli, a cui ha aderito anche la Provin-cia di Bologna. Per far diventare realtà i principi e le regole de-lineate nel manifesto si prospetta la creazione di una “rete di par-lamenti per l’acqua” e la promozione di campagne informative.

SP E C I A L E A C Q U A

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SP E C I A L E A C Q U A

isvegliarsi d’improvviso con un sensod’asfissia perché non si è pagata la tas-sa sull’aria. Succede a Ivano Marescot-

ti, in Strane storie, intelligente riflessione por-tata al cinema dal regista Sandro Baldoni. Cal-ma, non siamo a questo, ancora. Ma laprospettiva di privatizzazione dei servizi lega-ti alla gestione delle acque, d’impatto, evocascenari inquietanti. Bene imprescindibile, ele-mento fondamentale della vita come aria, terrae fuoco, può l’acqua essere privatizzata? Perora, in Italia, si ragiona solo in termini di ser-vizi. Ma in America il torrentello che attraver-sa il mio campo è mio e me lo gestisco io. El’America, si sa, è sempre un passo avanti…Se ancora non siamo a questo, è vero, però,che la prospettiva di privatizzazione dei servi-zi legati alla gestione dell’acqua (a Bolognasono affidati a Seabo, una spa pubblica) poneinterrogativi e sollecita riflessionipiù ampie, circa la natura stessa del“bene-acqua”: viene da chiedersi, inquesta prospettiva, se di bene socia-le ancora si possa parlare o se piut-tosto non ci si debba riferire alla ca-tegoria del bene economico, con tut-to ciò che significa e consegue intermini di gestione. «Anch’io, ini-zialmente, mi sono posto il proble-ma, ho avvertito il rischio – confes-sa Forte Clo, assessore all’Ambientedella Provincia – Ma ora mi sento dipoter dire, in tutta coscienza, che ilproblema, in questi termini, è malformulato: la privatizzazione, infatti,riguarda solo la gestione del servi-zio, non il possesso e il governo delbene. La legge distingue nettamente- e giustamente - questi due momen-ti: il governo e la gestione. Le politi-che sull’acqua restano di esclusivacompetenza pubblica, mentre al pri-vato è demandato il compito di at-

tuare gli interventi stabiliti, sotto il controllo el’indirizzo dell’autorità pubblica. Perché? Per-ché si ritiene che il privato sia più efficientedel pubblico. Su questo, ovviamente, si può esi deve discutere, ma è un’altra questione. Perquesto non condivido l’allarme. Circa la natu-ra del bene acqua, aggiungo che è impropriodefinirlo bene “sociale”: l’acqua è un bene“naturale” - ci tengo a sottolinearlo - e, inquanto tale, un bene prezioso che costa poco,troppo poco. Io auspico, allora, che aumenti ilprezzo (attualmente di circa 1.400 lire il metrocubo) per evitare gli sprechi. Oggi, infatti, nel-la bolletta sono considerati solo i costi gestio-nali (tubi, potabilizzazione, servizi, ammini-strazione…), ma non il costo del bene in quan-to tale: se la facciamo pagare di più, i cittadinine avranno maggiore rispetto».Intento pedagogico e fine sono sicuramente

condivisibili; il metodo di persuasione risultaun po’ brutale, della serie “vediamo se in que-sto modo la capisci”. «Di sensibilizzarsi, inrealtà - riprende Clo - avrebbero necessità an-che e soprattutto i pubblici amministratori, seè vero che la rete di acquedotti del nostro Pae-se è spesso gravata da condotte “colabrodo”,con perdite, in alcune parti d’Italia, di oltre ilcinquanta per cento. Perdite fisiche, intendia-moci, non perdite di bilancio: vere e propriefalle nelle tubature. E Bologna, che limita ledispersioni al 16,4 per cento, in questa classi-fica dell’Italia sprecona è fra quelle che fannobella figura».Avverte Clo di stare tranquilli perché non siprivatizzano le strategie, ma solo il servizio, ein questo caso acqua o saponette non fa diffe-renza. Vien da chiedersi, però, come potrebbeessere concepibile, in quest’ottica, un’iniziati-

va come quella che, nei primi anniSettanta, ha reso i bus gratuiti a Bo-logna in certe fasce orarie. Secondola logica di mercato che si vuole oraestendere anche ai servizi primari,non essendo possibili compensazio-ni fra differenti capitoli di bilancio(ciò prevede una gestione ad ampiospettro che solo il Comune potrebbemantenere), la gratuità o lo sconto sipagherebbe a prezzo dell’aumentodella tariffa sino a riportare i conti inpareggio. Insomma, qualche ora dibus gratis, oggi, significherebbe unbiglietto da quattromila lire negliorari in cui si continuerebbe a paga-re. «Ammenoché – controbatte l’as-sessore – l’ente pubblico non decidadi gestire l’appalto in perdita». Maavrebbe senso, allora, privatizzare?Su questo snodo viscido l’assessorenon ha dubbi: i casi sociali non ver-ranno trascurati, negli indirizzi digestione che competono al pubblico

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CE NE ACCORGIAMO SOLO QUANDO MANCA

di SERGIO GESSI

Da risorsa ciclica a bene finito. Il governo e la gestione dell’acqua, la privatizzazione dei servizi, le implicazioni della Legge Galli

in una conversazione con l’assessore Forte Clo

RR

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SP E C I A L E A C Q U A

«si dovrà tenere conto di tutto, introducendofasce di tariffazione differenziate». Ma quandoForte Clo insiste nel dire che la sfida della leg-ge Galli (quella che apre i nuovi scenari al pri-vato) è sul governo più che sulla gestione, hain mente un concetto ben preciso: «Dell’acquai cittadini si accorgono solo quando manca.Non c’è consapevolezza che l’acqua è un bene“finito”, che occorre la determinazione per di-re e fare in modo che vada risparmiata, che bi-sogna maturare la sensibilità, da parte di tutti,per rispettare i corsi d’acqua, che non è possi-bile continuare a prelevare da falda con la vo-racità attuale... Il rischio – dice Clo - è che la“Galli” sia letta in modo miope, che ci si con-centri troppo sugli aspetti gestionali e patrimo-niali del servizio e non abbastanza sugli inputdi governo, che devono abbracciare l’insiemedelle questioni: il servizio, certo, ma anche ilproblema dell’uso della risorsa, comprese lequestioni relative al dissesto idrogeologico e aidati della subsiden-za».«Quali scenari si affac-ciano nel nostro futuro?Di solito - commenta -mi sottraggo all’inter-rogativo, ma anchesenza volere tratteggia-re quadri apocalitticicredo che il rischio diritrovarci un giorno coni rubinetti asciutti siareale, come reali sono ipericoli dei gas serra edella desertificazione.

Se non si provvede subito, per rimediare - se maisarà possibile- serviranno poi investimenti mo-struosi».Sul “che fare” Forte Clo pensa, per esempio, adoppie reti di acquedotti, riducendo il più pos-sibile il prelievo da falda per gli usi alimenta-ri, e utilizzando acqua non pregiata per tutti gli

altri impieghi, sfruttando maggiormente le ri-sorse di superficie. «È bene che si sappia che icosti degli investimenti si pagheranno in bol-letta. Serve anche una sana e corretta depura-zione, per restituire l’acqua all’ambiente incondizioni accettabili».E il richiamo torna a essere a una battaglia po-litica ancora minoritaria, a un’insufficientecultura ambientale, al fatto che, in termini diconsenso, la cura dell’ambiente non dà visibi-lità perché è percepita come pratica del vinco-lo. «Però l’essenza della libertà sta nel concet-to di soglia: non è il vincolo a limitarla, ma l’a-buso. Con la nostra superficialità rischiamo dicompromettere questa e altre risorse insostitui-bili. Bisogna arrivare a capire che l’ambientenon è un “settore”, ma una condizione con laquale ogni politica di settore deve misurare lapropria compatibilità. L’abolizione dell’asses-sorato - che io auspico – dovrà significare l’af-fermazione della trasversalità del problemaambientale».Ma, stante le premesse, potrebbe anche signi-ficarne la rimozione. Lo stesso Clo, amara-mente, riconosce come «in teoria ci si trovitutti d’accordo, ma nel pratico, quando si trat-ta di affrontare rinunce o pagare prezzi per latutela dell’ambiente, subentrano gli egoismi dibottega, fra i politici come nel mondo produt-tivo», quello dei capitani d’industria, ma an-che quello dei salariati, spesso traviati dal ri-catto occupazionale. «Il sindacato, però, sta fa-cendo importanti passi avanti, e sarebbeingeneroso scaricare sui lavoratori il peso del-la questione ambientale». Passi in avanti cheriguardano tutti: «Io stesso, provenendo da unacultura industrialista, a contatto con la questio-ne ambientale ho riconsiderato i percorsi chemi hanno indotto a fare scelte che oggi non ri-peterei più». q

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RISPARMIARE SI PUÒ

Nel giorno del Giudizio Universale, scrive Erri De Luca, “ognuno di noi sarà pesato a goc-ce”: le gocce d’acqua che avrà sprecato, o risparmiato. Con la complicità letteraria del

noto scrittore, e quella artistica del vignettista Bruno D’Alfonso, è partita una campagna disensibilizzazione pubblica sul risparmio dell’acqua, una risorsa che, anche nella nostra pro-vincia, si fa sempre più preziosa. La campagna va sotto lo slogan “Risparmia l’acqua con unsorriso” ed è promossa dagli assessorati all’ambiente della Provincia e del Comune di Bolo-gna, assieme a istituzioni come Seabo, Centro Antartide, Iacp, Università di Bologna e circaquaranta Comuni del territorio. Grazie a un finanziamento della Regione, sono stati stampa-ti centomila depliant e migliaia di manifesti che presentano, accompagnati da simpatiche vi-gnette, alcuni consigli pratici per ridurre gli sprechi quotidiani d’acqua, dal water a flusso dif-ferenziato (una famiglia di quattro persone potrebbe così risparmiare 30.000 litri all’anno), al-le docce con l’”acceleratore” (che mescola aria all’acqua, un risparmio fino al 50% deiconsumi), ad altri accorgimenti che tutti dovremmo conoscere, ma che non sempre appli-chiamo, come chiudere i rubinetti quando ci insaponiamo o laviamo i piatti, innaffiare di se-ra, azionare la lavatrice quando è a carico pieno... Come si vede, si tratta di consigli che han-no per i cittadini una convenienza economica, oltre che ecologica; in futuro le nostre caseavranno anche rubinetti differenziati, per l’acqua potabile e per quella “riciclata”, adibita adaltri usi.Per informazioni: Centro Antartide, via Rizzoli 3 - 40124 Bologna Tel. 051/260921

LEGGE GALLI

La Legge è del 5 gennaio 1994 e indica le di-sposizioni in materia di: risorse idriche, acquepubbliche e impianti elettrici. Nelle disposizio-ni generali vengono indicati principi come:“tutte le acque superficiali e sotterranee, an-corché, non estratte dal sottosuolo, sono pub-bliche e costituiscono una risorsa che è sal-vaguardata ed utilizzata secondo criteri di so-lidarietà”. Nella Legge si specifica tra l’altro che qual-siasi uso delle acque è effettuato salvaguar-dando i diritti delle generazioni future, che gliusi sono indirizzati al risparmio e al rinnovodelle risorse e infine che l’uso dell’acqua peril consumo umano è prioritario rispetto agli al-tri usi.

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SP E C I A L E A C Q U A

er delineare i tratti del sistema macroi-draulico (canali) dobbiamo fare riferi-mento ai due fiumi, il Reno e il Savena,

che scorrono a lato della città e portarci indietrodi alcuni secoli, verso il XII XII e XIV secolo.È in questo periodo che la città progetta e rea-lizza un’operazione dal respiro plurisecolare:dotarsi di un sistema idraulico che favoriscal’approvvigionamento idrico necessario allosviluppo dell’apparato produttivo urbano.L’operazione prese avvio con la costruzione, in-torno al XII secolo, delle chiuse di Reno e diSan Ruffillo da cui sarebbero partiti i canali ar-tificiali. La Chiusa di Casalecchio, che nel XVsecolo fu riportata più a monte, interrompevacompletamente l’alveo del fiume: in questo mo-do nei periodi di “magra” d’acqua, tutta la por-tata del fiume era convogliata in città. La Chiu-sa di San Ruffillo dava origine all’omonimo ca-

nale che riforniva la parte orientale della città .La città, che funzionava come “catino”in pen-denza nord-sud, venne in sostanza divisa in duegrandi compartimenti: quello orientale, interes-sato al Savena, quello occidentale del canale diReno.La realizzazione di queste strutture coincise, intermini di decenni, con la costruzione del terra-pieno su cui venne eretta l’ultima vecchia mura(sec XIV), quella che avrebbe contenuto lo svi-luppo urbano fino alla fine dell’800. Se l’inputdel sistema era dato dai fiumi, dalle chiuse e dairispettivi canali, l’output era formato da un pun-to di raccolta delle acque, detto la Bova appenafuori Porta Lame, che poi andava ad alimentareil canale Navile.Il carattere fisico del sistema idraulico bologne-se era a forte conservazione dell’acqua: tuttal’acqua una volta entrata in città veniva utiliz-zata come fonte di energia nel processo produt-tivo. Solo una parte delle acque del Savena fuo-riuscivano da questo sistema attraverso un con-dotto laterale che portava al Savenaabbandonatoma l’80-85% di tutta l’acqua en-trata in città raggiungeva la Bova. Il canale Na-vile, a sua volta, garantiva l’apertura del com-mercio cittadino verso l’Adriatico, cioè verso ilmondo degli scambi a più lungo percorso traVenezia e l’Oriente.

Dentro alla città, dalle vene grosserappresenta-te dal canale di Reno e di Savena, partivano icapillari che costituivano l’altra parte del siste-ma, quella microidraulica (le chiaviche). Lechiaviche, sistemate appena sotto il livello stra-dale, erano condotte che portavano l’acqua allecase attraverso le cantine. Era proprio lì che ve-nivano messe in movimento quelle 400 ruoteidrauliche di piccola dimensione. Di solito que-ste chiaviche attraversavano gli isolati collocatisullo stesso lato di una strada e potevano esserecoperte, scoperte o avere dei tombini. Un esem-pio classico di questa struttura è il sottosistemaidraulico di via Lame. A destra e a sinistra scor-revano le chiaviche che attraversavano le casepassando per le cantine. Chi aveva il diritto al-l’acqua aveva lo sportellino che poteva aprireper permettere all’acqua di scendere. Al centrodella strada correva il chiavicotto che raccoglie-va l’acqua delle chiaviche di destra e di sinistra- dopo il loro utilizzo nelle cantine - e la ripor-tava in quota sfruttando anche in questo caso lanaturale pendenza della città. La possibilità disfruttare il dislivello anche in piccoli spazi per-metteva, inoltre, un recupero totale dell’acquanel collettore generale. Il gioco delle pendenzeproduceva spinte centrifughe: le acque uscendodalla cerchia delle mura percorrevano i fossiche le conducevano verso la Bova.

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NON é VENEZIA, MA...di ALBERTO GUENZI

Breve ricostruzione dell’origine e dello sviluppo del sistema idraulico bolognese. Il saggio, ancora attualissimo, è del 1983 ed è tratto da “Scuolaofficina”, periodico del Museo del Patrimonio Industriale del Comune di Bologna

PP

Alberto Guenzi è professore di storia dell’economia e preside della facoltà di economia dell’Università di Parma.Per ulteriori informazioni sulla storia industriale della città di Bologna e del suosistema idraulico artificiale suggeriamo una visita al Museo del Patrimonio Industriale, ex Fornace Gallotti, in via della Beverara 123 - tel 051/6347770

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Il controllo e la manutenzione

Questo è un sistema ad elevata possibilità dicontrollo. Il primo intervento, se consideriamoil canale di Reno, avveniva alla chiusa: neimomenti di portata massima o media tuttal’acqua del fiume veniva convogliata in città.Il controllo lungo il percorso del canale eraconsentito dalla presenza di paraporti. Si trat-tava di saracinesche sul canale che una voltaaperte facevano ritornare l’acqua dentro all’al-veo del fiume. La loro funzione era quella diaccelerare la velocità dell’acqua del canale per“spurgarlo” dai depositi di materiale.Il controllo delle chiaviche in città era delega-to al massaro filatogliere, che era il Capo del-l’Arte, e fino alla metà del ‘700 era molto ru-dimentale, fatto con tappi di sughero con deglistracci detti cocconi, poi in seguito tombini.Va ricordato che i bordi del canale erano inmuratura e le chiaviche erano costituite ini-zialmente da pezzi di macigno messi dentro ilmuro: avere diritto a due once d’acqua signifi-cava avere una chiavica del diametro di seicentimetri. Quando furono installati i tombinisi dotarono le chiaviche di una saracinesca chepermetteva di aprirle ai vari livelli. Il vero pro-blema però era rappresentato da una sostanzia-le incapacità a quell’epoca di misurare l’ac-qua. Quando alla fine del ‘700 si volle razio-nalizzare il servizio delle chiaviche (cioè

metterle tutte allo stesso livello per evitare fro-di) gli esperti incaricati non furono in grado dicalcolare le possibili conseguenze sul buonfunzionamento dei mulini (spostando la chia-vica non sapevano calcolare di quanto dovevaessere modificato il buco).La manutenzione invece si divideva in manu-tenzione ordinaria e straordinaria. Quella ordi-naria aveva il suo culmine nel periodo cosid-detto della secca del canale, che si ripetevaogni anno per la durata di 15 giorni. Il flussodell’acqua veniva interrotto e squadre di ope-rai intervenivano sul fondo del canale per ri-pulirlo dai detriti, per togliere i materiali cheostruivano le chiaviche e per ripristinare unalinea ideale di scorrimento. Quella straordina-ria riguardava interventi particolari a struttureo riparazione di tratti del canale. Sia alla ma-nutenzione ordinaria che a quella straordinariasoprintendeva l’Assunteria dell’Ornato, unaspecie degli attuali Assessorati del Comune, ela spesa veniva ripartita tra tutti quelli che nel-la zona usufruivano della struttura da riparare.

L’uso dell’acqua dei canali

L’area principale e più importante era quelladelimitata dal canale di Reno e dalle mura traPorta Sant’Isaia e Porta Lame. Oggi compren-derebbe le zone che gravitano attorno a Piazza

Azzarita. Era l’area delle chiaviche, come hodetto, ad alta concentrazione di ruote idrauli-che e di opifici serici che hanno rappresentatol’esempio più alto delle tecnologie dell’Euro-pa occidentale prima della Rivoluzione Indu-striale. Alla metà del ‘700 ebbe inizio un processo dideindustrializzazione che vide il numero deimulini da seta prima calare rapidamente, poicrollare del tutto verso la fine del secolo. Inquesta zona le ruote idrauliche, utilizzandouna più accentuata naturale pendenza del ter-reno, si venivano a trovare anche a notevoledistanza dal corso del canale. Le chiaviche disinistra alimentavano opifici collocati anche a5-600 metri dal canale. Rispetto all’intensitàdell’insediamento produttivo il vero cuore in-dustriale era quello che gravitava all’incrociotra il canale di Reno e il Cavaticcio - l’incrocioattuale tra via Riva Reno e via Marconi - di cuila parte finale diventava il Porto di Bologna.Un’altra area molto interessante era quella delcanale delle Moline. In via Capo di Lucca, vierano 15 grandi mulini da grano sufficienti alfabbisogno alimentare di tutta la città, ma an-che altre strutture produttive che pur nonavendo ruote idrauliche, usavano l’acqua nellalavorazione come le pelliccerie, le pellacanerie(concerie), le tintorie. Dentro la città la partesud-occidentale era quella meno percorsa dal-le acque e quindi priva di attività produttive le-gate a questa. Viceversa nell’area del canale diSavena, tra Castiglione e Santo Stefano, vi erauna prevalenza di attività che utilizzavanol’acqua nel processo produttivo: pellacanerie,molte tintorie, molte incresperie di veli di seta.All’esterno delle mura vi erano dei mulini dagrano, dei magli, delle cartiere. A valle, lungoil Navile erano prevalenti le fornaci e le pile dariso.Va ricordato che canali e chiaviche erano ac-que luride, cioè raccoglievano gli scarichi del-la città. L’acqua del canale veniva usata ancheper il lavaggio della biancheria, in apposite va-sche dette battocchi che venivano riempite so-lo in determinate occasioni e nell’ambito deiturni dell’uso delle acque. Per primi venivano i mulini da grano. Solo do-po la macinazione si potevano aprire le chiavi-che dei mulini da seta e in seguito ancora eraconcesso l’uso dell’acqua alle carterie, ai ma-gli, alle pile da riso. Alla domenica venivanoriempiti i battocchi per le lavanderie e conquell’acqua, sulla quale galleggiava di tutto, siandava avanti fino alla domenica successiva. A causa dell’uso anche alimentare dell’acquadei canali (ad esempio per cuocere i fagioli), incittà si verificarono periodicamente epidemiedi colera, ma ciò nonostante questo sistemafunzionò per lo meno fino all’inizio del Nove-cento. Solo nel 1883 entrò in attività l’Acque-dotto del Setta. q

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Nella paginaprecedente, il lavatoio pubblico delcanale Reno in via dellaGrada (cartolina Fondo Mengoli-Cassadi Risparmiodi Bologna).A fianco, l’ingresso delcanale in città,particolaredell’Atlante diAntonio Contidel 1756

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l titolo di questa mostra itinerante, Il fiu-me della memoria, è bello e accattivante.Volutamente ambiguo. L’iniziativa infat-

ti vuole valorizzare contemporaneamente duerealtà, affascinanti ma spesso dimenticate: ilruolo dei corsi d’acqua nella storia e il mondoche ne porta la memoria: la memoria di se stes-so e memoria essostesso. L’abitudine, alla pre-senza di fiumi e tor-renti che tanto carat-terizzano la nostraPianura Padana, hareso ormai invisibiliuna serie di relazionie rapporti da sempreesistiti fra l’uomo e icorsi d’acqua. Attra-verso lo studio di do-cumenti conservatinegli Archivi storicilocali si può invece ri-costruire un mondofortemente condizio-nato dall’acqua, chedi volta in volta è for-

SP E C I A L E A C Q U A

za energetica, via di comunicazione, mezzo discambio commerciale, fonte di irrigazione eapprovvigionamento idrico, potenziale ele-mento distruttore ma anche risorsa vitale e ba-luardo difensivo.Una volta rinvenute le tessere ecco che si ri-compone sotto i nostri occhi un mosaico affa-

scinante (bellissimi a proposito i documenticartografici intatti nei loro colori) che corri-sponde al territorio che ci circonda, osservan-do fiumi quali il Reno, il Panaro, il Samoggia,il Lavino, la Ghironda.La mostra segue un percorso che si snoda at-traverso varie aree tematiche, come la rete

idrica, lo sfruttamento e il controllo delle ac-que, la legislazione e la regolamentazione, lanavigazione, i mulini, le risaie, le contese, laraccolta bibliografico-libraria. Inoltre alcunidei Comuni promotori della mostra organizza-no, contestualmente all’esposizione, anche in-teressanti visite dirette, alla riscoperta dei luo-ghi connessi all’uso delle acque.Promossa dal Servizio Archivistico metropoli-tano della Provincia di Bologna, dalla Zona bi-bliotecaria persicetana, dalla Fondazione delMonte di Bologna e Ravenna, dal Consorziodella Bonifica Reno-Palata, con il prestigiosoduplice patrocinio della Soprintendenza archi-vistica e della Soprintendenza per i beni Li-brari e Documentari della Regione Emilia Ro-magna, la mostra è stata inaugurata il 6 no-vembre scorso, a San Giovanni in Persiceto, enei prossimi mesi sarà riproposta nei comunidi Calderara di Reno, Crevalcore, Sala Bolo-gnese e Sant’Agata Bolognese. q

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Il fiume della memoriadi LORENZA GOVONI

Il regime delle acque nelle carte storiche della pianura persicetana. Percorso itinerante degli Archivi storici comunali tra Reno e Panaro

IIIn basso, la Chiusa di Casalecchio in un dipinto del Guglielmini del 1697 (da “Bologna d’acqua” Editrice Compositori).A fianco, prospetto del sostegno del Battiferro (raccolta di notizie e mappe del Naviglio) eun antico mulino ad acqua: erano assai numerosi lungo l’alto corso del Savena e dell’Idice e ancora oggi se ne possono vedere di funzionanti

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SP E C I A L E A C Q U A

Organo delle Regioni Emilia-Romagna e To-scana per la gestione in forma associata dellefunzioni di pianificazione e programmazionein materia di difesa del suolo, così come defi-nite dalla Legge 18 maggio 1989 n. 183, co-stituito ai sensi dell’art. 5 della stessa legge,

attraverso una intesa tra le due Regioni. Glistrumenti di pianificazione sono il piano di ba-cino e i suoi eventuali stralci per sottobacino osettori funzionali, individuati in assetto idro-geologico, assetto della rete idrografica, qua-lità delle acque e dei corsi d’acqua, uso delle

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I SOGGETTI CHE LA GOVERNANOIn queste pagine un breve profilo dei principali enti che si occupano

della programmazione, gestione e controllo della preziosa risorsa

LÕautorit� del Bacino Interregionale del Reno

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SP E C I A L E A C Q U A

acque. Gli obiettivi della pianificazione di ba-cino sono: individuazione delle criticità in ri-ferimento alla dinamica dei versanti; l’indivi-duazione delle norme, delle azioni e degli in-terventi idonei alla riduzione del rischio;l’utilizzo del territorio nel rispetto del suo sta-to e della sua tendenza evolutiva e delle suepotenzialità d’uso; riduzione del rischio idrau-lico e raggiungimento di livelli di rischio so-cialmente accettabili; individuazione, salva-guardia e valorizzazione delle fasce di perti-nenza fluviale; risanamento delle acquesuperficiali e riqualificazione ambientale delleregioni fluviali; razionale utilizzazione dellerisorse idriche superficiali garantendo la pre-senza del minimo deflusso vitale nel reticoloidrografico principale.La pianificazione e la programmazione di ba-cino devono assicurare l’unitario governoidraulico e idrogeologico dei corsi d’acqua na-turali e artificiali, compresi quelli gestiti daiConsorzi di Bonifica.La pianificazione di bacino si attua attraversouna fase conoscitiva, l’individuazione dellecriticità, la definizione di azioni correttive. Gli strumenti attuativi sono costituiti da nor-mative per specifiche aree e da programmi diintervento.Fino alla approvazione dei piani, i programmidi intervento si formano sulla base delle atti-vità conoscitive e di studio svolte.I piani di bacino sono il riferimento nel settoredella difesa del suolo per i piani territoriali dicoordinamento provinciali e, attraverso questostrumento, dei piani regolatori generali dei Co-muni. I programmi di intervento, una volta ap-provati dalle Regioni, vengono attuati preva-lentemente dai servizi tecnici regionali (servi-zi provinciali difesa del suolo in Emilia, GeniCivili in Toscana) ma anche dai Consorzi diBonifica, dalle Province e dalle ComunitàMontane. I soggetti attuatori vengono decisidalle Regioni competenti.L’Autorità di Bacino del Reno è stata indivi-duata nell’intesa per la sua costituzione tra leRegioni Emilia-Romagna e Toscana come se-de di cooperazione tra le Regioni e le Provin-ce interessate.L’organo deliberante -comitato istituzionale- èinfatti formato dai rappresentanti delle Regio-ni Emilia-Romagna e Toscana, delle Provincedi Bologna, Ferrara, Firenze, Ravenna, Pi-stoia, Prato e del Circondario di Imola.L’ organo tecnico consultivo -comitato tecni-co- è formato tra i rappresentanti tecnici deglistessi enti. La segreteria tecnica è la strutturaoperativa, cui è preposto il segretario generale-Ferruccio Melloni-, che presiede il comitatotecnico e partecipa con voto consultivo al co-mitato istituzionale. La perimetrazione del Ba-cino del Reno è stata approvata con Dpr il 1°giugno 1998. Esso si estende per 4901 km di

cui 2540 km di bacino montano e comprendeterritori di 2 regioni (Emilia-Romagna e To-scana), 7 province (Bologna, Ferrara, Firenze,Modena, Pistoia, Prato, Ravenna), 95 comuni(di cui 58 nella provincia di Bologna), 9 Co-munità Montane (6 emiliano-romagnole e 3 to-scane), 4 Consorzi di Bonifica. Gli abitanti del-l’intero bacino sono 1.046.142 (cens. ‘91). È

delimitato a ovest dal crinale che lo separa dalbacino del Panaro, a sud dai bacini dell’Om-brone Pistoiese, Serchio e Arno, a ovest dal ba-cino del Lamone a est dal mare Adriatico. I corsi d’acqua principali oltre al Reno ed aisuoi affluenti montani sono il Samoggia/Lavi-no, il Sistema Navile/Savena Abbandonato,Idice/Savena, Sillaro, Santerno, Senio.

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Il suo compito è quello di sorvegliare un terri-torio di 196.235 ettari compreso tra le quattroprovince di Bologna, Modena, Firenze e Pi-stoia. Un’area geografica percorsa da 800 chi-lometri di canali e dai fiumi Reno e Panaro, larete della quale il Consorzio di Bonifica RenoPalata (presieduto da Rodolfo Zambelli) siserve per movimentare e dirigere le acque pio-vane e dei fiumi in modo da prevenire ed evi-tare allagamenti ed esondazioni. Proprio comeindica l’origine latino-benedettina del terminebonifica (“bonum facere”) ogni giorno il Con-sorzio lavora per mantenere coltivabili e pro-duttivi terreni che altrimenti sarebbero resiinagibili dall’acqua.

Breve storia

C’è, dunque, tutto l’ingegno dell’uomo dietroall’opera di strutture come i consorzi di boni-fica. Una sfida che parte dall’antichità, dalleopere di bonifica realizzate prima dagli etru-schi e poi dai romani che cambiarono volto al-la nostra provincia e che prosegue con il pas-saggio all’età moderna e la nascita (nel XVIIsecolo) dei primi consorzi, forme associativecon le quali i proprietari terrieri cercavano di

fare fronte comune nella lotta contro le acque.Sino ad arrivare alla strutturazione (prima conNapoleone, poi con una legge del 1933) attua-le e nello specifico alla nascita (per fusione tradue organismi contigui, il Reno-Samoggia e ilCavamento-Palata) del Consorzio Reno Palatanel 1963.

Come opera

Negli oltre trent’anni di vita il modo di lavora-re del Consorzio (che oggi conta alle sue di-pendenze circa 80 persone) è cambiatoprofondamente. Grazie all’elettronica e al-l’informatica i livelli delle acque sono monito-rati costantemente da sensori che rimandanoin tempo reale i valori raccolti ai computerdella sede centrale. Posti sui canali ed in pros-simità dei fiumi, misurano sia la quantità d’ac-qua che cade durante le precipitazioni piovose,sia il livello d’innalzamento dei corsi d’acqua.A quest’opera di sorveglianza, ovviamente, siaccompagna quella principale, ovvero lo svuo-tamento dell’acqua in eccesso tramite idrovo-re e la guida dei flussi attraverso la rete di ca-nali che vena il territorio. Il tutto per mantene-re un equilibrio che sembra quasi magico in

Consorzio Bonifica Reno Palata

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una zona come quella del bolognese la quale,contrariamente a quanto si pensa, è tutt’altroche piana e caratterizzata da “catini” posti adifferenti livelli.

Bilancio e opere

Il bilancio del Consorzio è simile a quello diun Comune deve, dunque, chiudersi con unpareggio. Al sostegno della struttura concorro-no i contributi (9,5 miliardi nel ’99) versati

L’altro soggetto deputato alla bonifica sul ter-ritorio bolognese è il Consorzio della BonificaRenana (presieduto da Emilio Rubbi). Il suocomprensorio ha un’estensione di 119.120 et-tari e confina a nord e ad ovest col Reno, ad estcon il Sillaro e a sud con la via Emilia. Comeil “gemello” che lavora sull’altra sponda delReno, la sua attività parte da lontano e l’atto difondazione risale al 1909.

Breve storia

Dopo la sua nascita il consorzio affida la dire-zione dei lavori all’ingegnere ferrarese PietroPasini. Sarà lui a dividere il comprensorio indue settori (sinistra e destra Idice) e a realizza-re le opere (manufatti e oltre 850 chilometri dicanali) che permetteranno la bonifica integrale

l’investimento sul territorio sarà di circa 30miliardi. La soluzione (di forte valenza am-bientale e di ridotto costo di gestione) indivi-duata per garantire maggiore sicurezza idrauli-ca sul territorio si basa sulla realizzazione dicasse di espansione da ubicarsi lungo i canaliprincipali a valle delle aree maggiormente ur-banizzate.

Conti e bilancio

La salvaguardia del territorio, fondata sullaquotidiana attività di gestione e manutenzionedelle opere affidate al Consorzio ha un costoche in Pianura ricade totalmente sui privatiproprietari di immobili agricoli e urbani. Nel’98 le entrate derivanti dai contributi sono sta-te di oltre 16 miliardi. La maggior parte diquesta cifra (13,4 miliardi) è stata impegnatanella vigilanza, manutenzione ed esercizio del-le opere. Il resto (2,8 miliardi) è stato destina-to alla gestione delle risorse idiriche a fini pro-duttivi, in particolare agricoli.

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Consorzio Bonifica Renana

del territorio degli anni ’30. Passando attra-verso il dopoguerra e gli anni ’50, periodo incui si completa la sistemazione dei corsi d’ac-qua (Savena, Zena, Idice, Sillaro e Santerno),si avviano i sistemi di distribuzione irrigua perle aziende agricole e i lavori per l’approvvi-gionamento idropotabile del comprensorio,l’attualità vede il Consorzio avvalersi di 15impianti idrovori (tutti sistemati nelle zone al-timetricamente più depresse) e di 1.200 chilo-metri di canali che scolano un’area di circa100.000 ettari di pianura.

I progetti

Dopo l’alluvione del ’96 anche il Consorziodella Bonifica Renana ha ricevuto ingenti fi-nanziamenti da Stato e Regione. E quest’anno

annualmente dai proprietari d’immobili, terre-ni o stabilimenti industriali situati sul territoriodi competenza. Per quanto riguarda, invece, leopere da realizzare, il Consorzio può contareanche sui finanziamenti pubblici. E negli ultimi anni (a seguito della piena delSamoggia del 1996) questi sono stati cospicui.11 miliardi dalla Regione Emilia-Romagnaper realizzare un programma d’interventi in-frastrutturali, d’emergenza e di messa in sicu-rezza dei punti critici della rete idrica.

La Chiusa di San Ruffillo e l’imbocco del Canale di Savena, (le immaginisono tratte da “Acque nascoste”, Editrice Compositori)

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La storia

“Nessuna città ha guadagnato e guadagna tan-to dal corso naturale di un fiume, quanto Bo-logna dal corso artificiale di un canale”. Cosìdiceva 500 anni fa Morandi nel De Bononiaelandibus oratioed è tutt’oggi ancor vero se sipensa alla preziosa caratteristica di versatilitàdelle funzioni che è in grado di svolgere il re-ticolo cittadino. La vocazione di Bologna adessere città di canali e d’acqua risale a circamille anni fa.Le prime opere di canalizzazione furono ese-guite da privati detti Ramisaniper far muove-re le ruote idrauliche dei mulini da grano.Il percorso del primo canale doveva essere co-me l’attuale senonché arrivava alle mura deiTorresotti (XII-XIII sec), si univa ad un vec-chio alveo dell’Aposa per poi sfociare nel Sa-vena.Il 29 maggio 1208 il Comune acquista dai Ra-misani il diritto di usare una parte dell’acquaper alimentare il canale Navile che congiunge-va Bologna al Po e all’Adriatico.Nel XIV secolo viene costruita la chiusa, re-staurata poi nel 1567 per ordine di papa Pio VGhisilieri che dispose inoltre che gli oneri dimanutenzione gravassero su coloro che traeva-no vantaggio dalle acque o dai canali. Nasce inquel momento (anche se con altro nome) ilConsorzio che ha mantenuto in efficienza nelcorso dei secoli il reticolo dei canali e condotti.La storia del sistema di circolazione delle ac-que si intreccia, anzi coincide, con la storia diBologna: la sua prosperità, civiltà, organizza-zione e sviluppo ma anche la sua decadenza emiseria vanno di pari passo con l’uso o menodell’acqua dei canali. Sistemi di difesa, filatoie telai, mulini e macchine industriali, produ-zioni agricole, trasporti, una migliore qualitàdella vita tutto dipendeva da quei capillari filid’acqua che attraversavano l’intera città. Conil pedaggio della gabella grossavenivano sti-pendiati i professori del più antico ateneo cheperaltro ospitò nel 1695 la prima cattedra diidraulica per Domenico Guglielmini.

Il presente

Circa 660 ettari dipendono per l’irrigazione di-rettamente dall’acqua del Canale di Reno tra-mite la canaletta Ghisiliera e altri 2000 ettarivengono irrigati con acque consorziali permezzo di vettori quali il Navile, il Savena Ab-bandonato, la Reno-75, la Dozza Castenaso e ilRiolo. In totale 14 comuni della pianura hanno

potuto sviluppare una ricca produzione agrico-la grazie alle derivazioni del Reno e Savena esono circa 30.000 coloro che utilizzano le ac-que dei condotti (per uso agricolo e di produ-zione di energia) per un territorio di 40 km. Il Consorzio della Chiusa, insieme ai più pic-coli Consorzio della Chiusa di S. Ruffillo sulSavena e Consorzio degli Interessati delle ac-que del canale Savena in Bologna, è completa-mente autonomo dall’amministrazione pubbli-

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Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di Reno

ca locale il che significa che non percepiscenessuna sorta di contributo esterno. Ha alle suedipendenze 12 persone.I canali e le condotte secondarie svolgono, og-gi come ieri, in sinergia con il sistema fognan-te del Comune, la fondamentale funzione dellosmaltimento dell’acqua piovana tant’è che l’a-rea urbana non è mai stata allagata. Se in futu-ro ci sarà un sistema di scolo che tenga distin-te le acque chiare dalle acque nere, i canali delConsorzio si propongono come naturali ricet-tori di quelle non inquinanti ponendo così lacittà, che ha un’antica tradizione idraulica, al-l’avanguardia per la regolamentazione delleacque.

Con gli oltre 76 milioni di metri cubi erogatiannualmente (dato riferito al 1998) ad un’u-tenza di 760.000 persone Seabo si pone, certa-mente, come il soggetto principale del “siste-ma acqua” nel territorio bolognese. Societàper azioni di proprietà della Provincia di Bolo-gna e dei Comuni è nata il primo gennaio 1997dalla fusione dell’azienda consorziale Acosercon l’azienda municipalizzata Amiu. Come ènoto, oltre ad occuparsi delle risorse idrichefornisce i servizi di erogazione del gas metanoe di raccolta/smaltimento dei rifiuti.

Il ciclo dell’acqua

Vero “colosso” dei servizi, Seabo, come detto,dispone di una divisione apposita che si occu-pa del servizio idrico. Una struttura attraverso la quale l’azienda af-fronta integralmente il ciclo delle acque con lagestione di tutte le fasi. La sua attività comincia con il prelievo del-l’acqua dall’ambiente che viene fatto diretta-mente alla fonte di approvvigionamento, su-perficiale o sotterranea. La seconda fase èquella della potabilizzazione, ottenuta grazieall’utilizzo di impianti sofisticati, cui fa segui-to la distribuzione all’utenza, servizio garanti-to su tutto il territorio provinciale grazie ad unsistema di serbatoi e condotte che raggiungeun’estensione di 6000 chilometri. A valle dell’utente, poi, entrano in gioco laraccolta delle acque di scarico, la successivadepurazione e la reimmissione in ambiente.

Prelievo e subsidenza, alla ricerca di un equilibrio

Nel nostro territorio la principale fonte d’ac-qua di superficie è il torrente Setta che nel ’98ha fornito quasi il 40% dell’acqua complessi-vamente prelevata da Seabo. Tolta quella chesi ricava dal Savena e dall’invaso di Suviana(e attraverso altre “fonti” di scarsa rilevanzapercentuale), il resto dell’acqua (il 54% nel’98) proviene dalla falda bolognese. Ovverodall’insieme degli acquiferi relativi alle conoi-di dei fiumi Reno, Savena e Idice. Un ecosi-stema che ha già mostrato segni di affatica-mento, primo fra tutti il fenomeno della subsi-

SEABO (Societ� Energia Ambiente Bologna)

L’antica grata del 1623 di Antonio Levanti all’in-gresso del canale di Reno in città (da “Bologna el’acqua tra storia e leggenda” di Filippo Raffaelli)

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denza. Lo sprofondamento del terreno (2 metriin 25 anni nel triangolo più colpito, quellocompreso tra i comuni di San Giovanni in Per-siceto, Sala Bolognese e Calderara di Reno)dovuto all’eccessivo sfruttamento della faldache non riesce a ricaricarsi di acqua con lastessa velocità alla quale questa viene preleva-ta dall’esterno. Detto che a questo ipersfrutta-mento concorrono anche i settori manifatturie-ro e agricolo, Seabo, per conto suo, ha da tem-po messo in campo interventi per abbassare lapercentuale di acqua prelevata dalla falda. Inanni recenti c’è stato il raddoppio della centra-le di potabilizzazione del Setta. Nel ’99 è arri-vata anche la firma di un protocollo con l’Enelper portare a circa 6 milioni di metri cubi l’ap-provvigionamento dalle acque invasate negliimpianti di Suviana e Brasimone.

Studi e progetti: il risparmio idrico

Un altro fronte (oltre all’ammodernamento epotenziamento della rete e degli impianti esi-stenti) su cui è impegnata la progettualità diSeabo è quello del risparmio idrico. Dopo unaprima fase di sperimentazione condotta conl’utilizzo di dispositivi installati al terminaledei rubinetti e nelle cassette wc (interessati 79appartamenti tra Bologna e provincia) che haprodotto un risparmio medio del 17%, ora è al-lo studio un progetto decisamente più ambi-zioso. Si tratta della partecipazione ad “Ac-quasave”, un programma dell’Enea che appli-cando tecnologie di risparmio e di riciclodell’acqua potabile si pone come obiettivo unariduzione del consumo pari al 50%.

ENEL(Ente Nazionale Energia Elettrica)

Ha un ruolo importante nel “sistema acqua”del territorio bolognese. Un ruolo che potreb-be diventare ancora più rilevante nel caso ve-desse piena attuazione il protocollo firmatoquest’anno con Seabo che prevede un mag-giore utilizzo ad uso potabile dell’acqua con-tenuta nell’invaso del Brasimone.

Le centrali

E proprio quest’ultimo insieme al lago di Su-viana rappresentano, nel territorio provinciale,le due principali risorse relative all’acqua dicompetenza dell’Enel. Risorse che l’ente, ov-viamente, utilizza, in primo luogo, per la pro-duzione di corrente elettrica attraverso le suecentrali. Nella valle del Reno troviamo, appunto Suvia-na (la cui acqua serve anche la chiusa di Ca-salecchio) con l’invaso e nei pressi del lago(43 milioni di metri cubi d’acqua) la centraledi Pioppe. Sempre in prossimità di questa por-zione di territorio si trova anche la centrale dipompaggio di Bargi, un vero mostro di poten-za (con due macchine da 165.000 kwatt cia-scuna) che ha la funzione di bypassare (duran-te la notte) l’acqua da Suviana al Brasimone. Proprio dal Brasimone (e ci siamo spostatinella valle del Setta) l’acqua, invece, scendeverso la centrale di Santa Maria, poi nel rela-tivo bacino, sino alla centrale di Piane che, asua volta, la scarica nel Setta. A chiudere il ci-clo, l’acqua del Setta confluisce nel Reno.

Il protocollo con Seabo

Già da diversi anni Enel, durante il periodoestivo (quello in cui, specialmente nei comunidella montagna, si verifica carenza idrica) ri-lascia acqua per Seabo. Si è sempre trattato,però, di piccole quantità e di un intervento dicarattere straordinario. Nel luglio scorso, invece, i due enti si sono ac-cordati attraverso un protocollo per avviareuna fase sperimentale che prevede il quadru-plicamento della quantità di acqua prelevata e,soprattutto, rilasci più frequenti. Questa intesa (che per il passaggio dalla fasesperimentale a quella ordinaria aspetta i pare-ri delle autorità competenti) permetterà a Sea-bo di ridurre ulteriormente il prelievo d’acquadalla falda a tutto vantaggio dell’equilibrioambientale.

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AMI (Azienda Municipalizzata di Imola)Nata nel 1903 con la trasformazione dell’ “Of-ficina Municipale del Gas” in Azienda muni-cipalizzata, l’Ami nel 1996 diventa consorziopubblico, con sede a Imola e un territorio checomprende 23 comuni nelle province di Bolo-gna, Ravenna e Firenze. Il bacino d’utenza siaggira sui 172.000 abitanti, su un’area di1.507 kmq; al consorzio lavorano 332 dipen-denti, per un utile annuale di 7 miliardi e mez-zo (i dati risalgono al 1998). Tra le molteplici attività dell’Ami (forniturad’energia, igiene ambientale, cioè rifiuti, puli-zia delle aree pubbliche, discariche, e altre), haun particolare rilievo la gestione dell’acqua, dicui l’Ami governa il ciclo completo: captazio-ne, potabilizzazione, distribuzione, depurazio-ne e fognature.Per quanto riguarda l’acquedotto civile, il con-sorzio può contare su fonti diverse, di profon-dità (pozzi o sorgenti) o di superficie (corsid’acqua). La città di Imola, ad esempio, ha lafortuna di approvvigionarsi con acqua di faldaprofonda, che non ha bisogno di alcun tratta-mento. In altri casi, l’acqua viene potabilizza-ta con trattamenti di chiarificazione o filtrazio-ne, e talora un leggero trattamento al cloro perpulire le tubature. La qualità è garantita da nu-merosi controlli effettuati dall’Ami stessa edalle Usl competenti. Durante il 1998 sonostati immessi nella rete, estesa per 2016 km,12.553.545 metri cubi d’acqua, per servire66.014 utenti.Il consorzio Ami gestisce anche, in sette co-muni, un acquedotto industriale, nato da unprogetto del 1979 per creare una rete con ac-que di superficie per l’industria, onde rispar-miare le acque profonde per gli usi civili. L’ac-

qua utilizzata deriva da due canali (dei Molinie Emiliano-Romagnolo) che si riversano nelBacino di Bubano, e viene trattata in modo daavvicinarsi a quella potabile. La rete si svilup-pa per 103 km e raggiunge 184 utenti, nel1998 vi sono stati immessi più di quattro mi-lioni di metri cubi d’acqua.Altro settore è quello delle fognature e delladepurazione, che interessa 21 comuni, grazieai depuratori biologici “Santerno” e “Gambel-lara”, impianti che operano con processi aero-bici (fanghi attivi). Le fogne si estendono per738 km; sempre l’anno scorso, sono stati de-purati quasi dieci milioni di metri cubi d’ac-qua. Il Piano delle Acque che l’Ami ha prepa-rato fino al 2005, e che si avvale di un investi-mento di 150 miliardi di lire, prevedel’interconnessione delle reti di distribuzione edelle fonti di approvvigionamento, e il miglio-ramento della qualità dell’acqua grazie a baci-ni e impianti efficienti e alla protezione dellerisorse idriche dagli inquinamenti; un puntostrategico del Piano è anche l’investimento neiprogrammi di risparmio idrico e la diminuzio-ne dell’impatto ambientale delle acque reflue.

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SP E C I A L E A C Q U A

La recente legislazione ambientale attribuiscealle Provincie un ruolo sempre più significati-vo; limitando l'osservazione al campo delle so-le risorse idriche si possono individuare trefunzioni principali: autorizzazioni e controlli,monitoraggio e pianificazione.In tale campo la Provincia svolge i compiti di:● autorizzazione e controllo degli scarichi, non

domestici, nelle acque superficiali;● attivazione e coordinamento delle reti di mo-

nitoraggio delle acque superficiali e profon-de, verificando l'idoneità delle risorse ai di-versi usi previsti;

● partecipazione alla formazione dei piani dibacino e ai piani di tutela, ai fini di pianifi-care il corretto utilizzo quali-quantitativodelle risorse idriche.

In particolare la Provincia si trova attualmenteimpegnata con i 60 comuni del nostro territo-rio nell'avvio delle prime fasi d'attuazione del-la legge regionale 25/99, norma che porterànel breve termine alla creazione del "SistemaIdrico Integrato", ove un unico gestore prov-vederà alla captazione e distribuzione delle ac-que potabili e della raccolta e depurazione del-le acque luride, con prevedibili vantaggi eco-nomici e funzionali per tutti gli utenti.

Come conservare l'oro blu

Nel territorio della nostra provincia la diffusapresenza d'acqua ha consentito nel passato lo

sviluppo di importanti attività produttive edagricole, garantendo un adeguato approvigio-namento idrico per lo svolgimento delle co-muni attività domestiche e di cura e igiene del-la persona.Negli ultimi anni si è proporzionalmente ridot-ta la "quantità" disponibile di acqua, a causadei crescenti consumi, e contemporaneamentesi è in parte compromessa la "qualità" della ri-sorsa, in ragione degli attingimenti e degli sca-richi sempre più impattanti.In sostanza il "ciclo artificiale" delle acque èdiventato sempre più importante, fino ad inte-ragire in modo significativo con il "ciclo natu-rale".Gli effetti sono evidenti e preoccupanti: le por-tate nei corsi superficiali registrano lunghi pe-riodi di magre e lo stato qualitativo delle acqueè a volte insufficiente per gli usi previsti o de-siderati, il livello delle acque profonde si èsensibilmente ridotto negli ultimi decenni cau-sando un diffuso abbassamento del piano dicampagna (subsidenza).A fronte di questa situazione risultano impro-rogabili le azioni di tutela della risorsa idricache si possono così semplificare:● limitare la captazione dei corpi idrici;● limitare lo scarico di sostanze indesideratenei corpi idrici;● rapportare la quantità della risorsa impiegata

alle effettive esigenze dell'utilizzatore.Questi principi generali si riflettono nella ge-stione pratica attraverso:

● migliore utilizzo dell'acqua nei cicli produt-tivi o irrigui;

● riduzione delle perdite dalle reti acquedotti-che e fognarie;

● aumento dell'efficienza depurativa dei reflui,anche attraverso separazione delle acquebianche da quelle nere o raccolta a monte de-gli scarichi dei prodotti inquinanti;

● riutilizzo delle acque depurate per usi nonparticolarmente esigenti.

Le stesse azioni possono poi guidare il com-portamento di ogni singolo individuo nell'usoquotidiano di una risorsa naturale che si sta di-mostrando sempre più limitata e preziosa.q

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Il ruolo della Provincia

Oltre alla persone e agli enti citati, hannocollaborato a vario titolo alla realizzazionedi questo speciale:Libero Fontana, relazioni esterne SeaboBruno Salsi, Enel Alto AppenninoRiccardo Petrella, docente di economia allÕUniversit� Cattolica di Lovanio Isabella Data, relazioni esterne AmiFerruccio Melloni, segretario generale Autorit� di bacinoRodolfo Zambelli, presidente Consorzio di Bonifica Reno-PalataGiancarlo Leoni, direttore generale Consorzio di Bonifica RenanaFabio Marchi, presidente Consorzio della Chiusa di Casalecchio e del Canale di RenoGianpaolo Soverini, servizio assetto idrogeologico Provincia di Bologna

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SP E C I A L E A C Q U A

n Italia il 40 % degli scarichi non risultaancora depurato. Con il Decreto legislati-vo 152/99, il paese dispone finalmente di

un nuovo strumento normativo di prevenzionedell’inquinamento che riordina la materia edefinisce, in un nuovo Testo Unico, la tuteladella qualità delle acque superficiali, marine esotterranee. Le nuove norme recepiscono le di-

rettive comunitarie in materia e presentano im-portanti innovazioni sugli scarichi idrici. Sipassa dalla regolazione puntuale del singoloscarico, a quella finalizzata al raggiungimentodi obiettivi di qualità dei corpi idrici recettori. È un cambiamento di impostazione scientificae di strumentazione tecnica nella realizzazionedelle politiche ambientali operative. Si potran-no attuare solo attraverso cospicui investimen-ti e mettendo in campo una nuova capacità tec-nica di controllo e di monitoraggio. Si dovràintegrare il controllo puntuale del singolo sca-rico all’indicazione degli obiettivi di qualitàmisurandone gli indici di raggiungimento.

L’applicazione integrale delle nuova normati-va, che è già in vigore, comporta la ridefini-zione sia dei piani che degli interventi di de-purazione sulla base della sensibilità degliecosistemi acquatici. Attività che vede già im-pegnati i tecnici dell’Agenzia Ambiente (Ar-pa), della Provincia e della Regione. Il decreto individua gli obiettivi di qualità equelli di specifica destinazione dei corpi idri-ci, fissando al 31 dicembre 2016 il raggiungi-mento dello stato di qualità “buono” per tuttol’insieme delle acque (fiumi, torrenti canali,falde sotterranee e laghi).Gli obiettivi di qualità sono definiti in funzio-ne della capacità dei sistemi idrici di mantene-re i processi naturali di autodepurazione e con-servare ben definite specie di animali e vege-tali. Gli obiettivi “per specifica destinazione” indi-viduano lo stato dei corpi idrici in grado diconsentire una particolare utilizzazione daparte dell’uomo oppure, di essere idonei allavita dei pesci e dei molluschi. Nella nostra regione e in provincia di Bolognasono operative specifiche reti di controllo pre-disposte in funzione della destinazione d’usoper la produzione d’acqua potabile e per l’ido-neità alla vita dei pesci. Queste reti dovranno

essere presto integrate con la rete di qualitàambientale, ridisegnata a partire dall’attualesituazione. L’Arpa e la Provincia stanno già la-vorando alla ridefinizione della rete provincia-le di controllo, per inserirla, successivamente,nella più ampia rete regionale. Tutto ciò percogliere pienamente gli obiettivi, fissati daldecreto, di prevenzione dell’inquinamento, dimiglioramento dello stato delle acque, di tute-la dell’intero sistema acquatico e di efficienzaed efficacia dei controlli.Il lavoro che gli enti pubblici stanno svolgen-do rappresenta una vera novità verso il recupe-ro e il risanamento coordinato delle risorseidriche fin ora inquinate da scarichi, quasisempre controllati ma che tutti insieme hannodegradato, fino allo stato di agonia, alcuni deinostri maggiori corsi d’acqua, soprattutto inpianura. Finalmente si dispone di una nuovaleva normativa per limitare e ridurre il caricoinquinante dei corsi d’acqua e per creare nuo-ve sinergie tra controllo, monitoraggio ed in-terventi sulla depurazione e l’adeguamento deisistemi fognari. q

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Chi la controlla?di FRANCO SCARPONI

II DECRETO 152/99 SULLA TUTELA DELLE ACQUE

Obiettivi- Prevenzione e riduzione dellÕinquinamento- Uso sostenibile delle risorse con particolare riferimento a quello potabile- Tutela dellÕintero sistema acquatico- Limiti di emissione fissati dalla UE e dallo Stato- Obiettivi di qualit� fissati dalla Regione e/o dalla Provincia

Strumenti- Raggiungimento di obiettivi di qualit� ambientale- Tutela integrata quali-quantitativa (priorit� dellÕuso potabile e agricolo, deflusso minimo vitale,

disponibilit� e capacit� di ricarica delle falde)- Rispetto dei limiti per gli scarichi in funzione del corpo idrico recettore - Adeguamento dei sistemi di fognatura- Misure di protezione di aree sensibili e zone vulnerabili- Risparmio, riutilizzo e riciclo delle risorse

Monitoraggio (Arpa)- Classificazione dei corpi idrici- Redazione dei piani di tutela in relazione al piano di bacino- Indicazione dei nuovi limiti di qualit� - Verifica del raggiungimento degli obiettivi

Compiti di Provincia e Regione- Fissare gli obiettivi di qualit�- Definire azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualit�

Franco Scarponi è funzionario dell’Arpa sezione di Bologna

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i bolognesi l’acqua di casa non piaceproprio. Da una indagine condotta daSeabo nel 1997, risulta che su ben 1039

famiglie intervistate distribuite in 41 comunidella provincia di Bologna, il 61% si è di-chiarato insoddisfatto principalmente per lasua durezza, il sapore e l’odore. Ma alla lamentela non corrisponde un ricorsoagli eventuali correttivi necessari, come il trat-tamento anticalcare.

Le abitudini in cucina

Una volta snobbata e bandita dalla tavola l’ac-qua di rubinetto, ci si rivolge verso fonti alter-native, soprattutto l’acqua minerale, non soloda bere, ma da utilizzare abitualmente anche inpentola per la preparazione dei cibi. Diventasempre più massiccio e sistematico il ricorsoall’acqua industrializzata, acquistata comemerce plastificata, più buona ma che incorpo-ra anche molteplici valori, di moda e moder-nità, dietetico salutistici, e forse anche magicoterapeutici. Una sorta di rifugio nell’acqua in

bottiglia contro i presunti pericoli dell’acquache scorre dal rubinetto. Una sfiducia crescen-te che porta a spendere dalle 400 alle 1000 li-re al litro contro le circa 2 dell’acqua potabile. Un dato assiduo e strutturale soprattutto pres-so quelle fasce familiari più suggestionabili,come le giovani coppie, specialmente se configli. Ma, lontano dalla città, nelle incontami-nate aree di montagne tanti sono quelli che an-cora scelgono di imbottigliarsi in proprio l’ac-qua minerale recandosi direttamente alla sor-gente. Si incrociano così due diverse visionidell’acqua, quella contemporanea legata almarketing commerciale dell’industria alimen-tare e quella rassicurante, arcaica e un po’ ro-mantica di una volta.Bandita dalla tavola, l’acqua potabile prove-niente dalle condutture di Seabo viene utiliz-zata solo per lavarsi e per tutti gli abituali usidomestici. Sebbene lavatrice e lavastovigliesiano ormai di casa presso la maggior partedelle famiglie, ancora non hanno sostituito to-talmente le fatiche manuali del lavoro dome-stico: il loro uso integrale riguarda solo la metàdei casi.

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TRA SPRECO E RISPARMIOChe rapporto abbiamo con questa risorsa?

Nell’autunno del 1997 la Società Energia Ambiente Bologna (Seabo) settore divisione acque, ha affidato al Centro Demoscopico Metropolitano della Provincia (Medec)

la realizzazione di un’indagine sugli “Atteggiamenti di consumo e risparmio dell’acqua”. Vediamo cosa è emerso dalle interviste effettuate a 1039 famiglie residenti nei 41 comuni

della provincia di Bologna allacciati alla rete idrica gestita da Seabo

AA Sopra, il canale delle Moline in un dipinto di LuigiVenturi del 1860.Sotto, una veduta di Bologna che appare come unanave con la Torre degli Asinelli a fare da albero maestro

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SP E C I A L E A C Q U A

Logicamente ad un uso in larga misura ag-giuntivo degli elettrodomestici più diffusi cor-risponde un più massiccio consumo d’acqua.Dalla ricerca emerge ancora che le belle la-vanderine del 2000, quelle che stanno più assi-duamente con le mani a bagno, sono ancora esempre le donne almeno per un buon 50% deicasi, percentuale che cresce nelle coppie an-ziane o nelle famiglie con figli.Lo spropositato aumento del consumo, d’ac-qua, è strettamente collegato con i modelli cul-turali proposti dalla società attuale.

E nel bagno

Così se dalla cucina ci addentriamo nella sferaintima del bagno scopriamo quella che è di-ventata la parte più preziosa e rilassante dellacasa. Un luogo in cui l’evoluzione dello stile èvenuta incontro alla duplice esigenza di eco-nomizzare il tempo, oppure di dilatarlo per lacura del corpo. Quasi un luogo termale doveperiodicamente ci si ritira in “vacanza”, ab-bandonandosi al piacere tonificante dell’acquafra vasche e idromassaggi.Se la rapidità di una doccia diventa funzionaleai tempi della modernità, dentro il bagno la va-sca è ancora dominante, presente in via esclu-siva ancora nel 40% dei casi, contro il 20%della doccia. Dalla vasca con un gioco di ten-de plastificate si può ottenere una doccia, men-tre non è vero il contrario, ciò spiega come il57% degli intervistati abbia dichiarato di fareil bagno sotto il getto della doccia, mentre gliirriducibili del bagno sono rimasti solo un20%. Ancora in netta minoranza però le fami-glie che possono evitare lunghe code per que-

sta sorta di vacanze, solo un terzo infatti pos-siede doppi servizi igienici. Sempre dalla ricerca emerge che chi consumadi più sono le famiglie più numerose o quelleeconomicamente più agiate. Attenzione aglisprechi, economie di bilancio e consuetudinesono i motivi principali, a cui si unisce unasensibilità ecologico-ambientale in crescitapresso i nuclei più giovani e acculturati, chedeterminano il nostro comportamento nei con-fronti di sorella acqua. Ma un ormai netto mu-tamento culturale riguarda il problema del ri-sparmio idrico; la tendenza è quella di inserireil proprio comportamento individuale all’in-terno di un contesto, di natura collettiva, in cuisi percepisce di star consumando una risorsa

preziosa. A tutt’oggi comunque appare più im-portante tenere abbassata la cornetta del te-lefono, spegnere le luci che chiudere i rubinet-ti. Quello dell’acqua si colloca infatti all’ulti-mo posto fra i consumi da comprimere. Questoanche per la scarsa incidenza della bollettadell’acqua - di cui spesso si ignora anche l’am-montare! - rispetto alle altre.

Acqua è anche piscina, mare e lago…

Potrebbe esserci un legame fra l’atteggiamen-to verso l’acqua e il nostro personale rapportocon questa risorsa. Quasi un quinto degli inter-vistati ha un cattivo ricordo del suo primo im-patto con l’acqua. Ancora un buon 20% poi èrimasto traumatizzato da fatti legati all’aspettocapriccioso e spaventoso dell’acqua, dal ri-schio di affogamento all’alluvione. Eppure, seben il 36% degli intervistati ha dichiarato dinon saper nuotare, una pari percentuale si di-chiara nuotatore provetto. L’alfabetizzazione acquatica dei bolognesisembra essere divisa in due sfere contrapposte,da una parte i gruppi acquatici giovani e mo-derni e dall’altra cerchie idro repulsive tradi-zionali: il saper nuotare rappresenta uno statussymbol della modernità, correlato alla posizio-ne sociale e al grado di acculturazione dei sin-goli. Di fronte all’acqua come spettacolo dellanatura, la sua forma più amata è quella del ma-re, a cui il 65% degli intervistati associa unsenso di pace e rilassamento. Più controversoinvece il rapporto con lago e fiume, le cui ac-que, seducenti ma anche ingannevoli ispiranoun senso di diffidenza. B. V.

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MA QUANTO CI COSTA?

Per quanto riguarda le tariffe, il consumo dellÕacqua viene addebitato da Seabo inbase a diverse fasce e rispetto a costi di produzione complessivi che riguardano lagestione impiantistica nellÕintero territorio servito. UnÕarea dove risiede lÕ85% dellapopolazione provinciale distribuita su 50 comuni. Ecco, di seguito, le varie tipologiedi tariffe applicate in vigore dal 1¡ luglio 1999.Usi domestici. Tariffa agevolata per i consumi fino a 0,219 mc/giorno per appar-tamento: 725 lire al metro cubo. Tariffa base per i consumi superiori a 0,219mc/giorno e fino a 0,493 mc/giorno: 1.446 L/mc. Tariffa eccedenza per i consumisuperiori a 0,493 mc/giorno: 2.663 L/mc.Usi diversi da quelli domestici. Tariffa base per i consumi fino a 0,493 mc/gior-no: 1.446 L/mc. Tariffa eccedenza per i consumi superiori: 2.663 L/mc.Tariffa a consumo. Per gli usi irrigui, idranti, cantieri edili, stradali, stagionali, oc-casionali: 1.854 L/mc. Per uso agricolo: 1.202 L/mc. Per attivit� allevamento ani-mali: 723 L/mc. Per gli usi comunali: 1.446 L/mc. Per acqua non potabile: 723 L/mc.Per acqua a subdistributori istituzionali (da applicarsi a partire dallÕ1/1/2000): 812L/mc.Tariffa rotture. Per consumi accidentali (da applicarsi una volta solo relativamen-te alla parte eccedente il triplo dellÕordinario consumo): 193 L/mc.

L’Acquarolo di Annibale Carracci

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SP E C I A L E A C Q U A

e forti piogge del 6 e 7 novembre scorsohanno offerto l’occasione per un’eserci-tazione generale delle strutture della

Protezione Civile Provinciale e un “collaudo”delle opere realizzate dopo le alluvioni del1996. Ma hanno anche messo in luce alcunidei punti scoperti nella situazione idrogeologi-ca del territorio: se tanti interventi sono giàstati realizzati, altri sono ancora da fare: “Se idanni sono stati limitati- spiega Forte Clo, as-sessore provinciale all’ambiente- è perché èstata imboccata la strada buona”. E la “stradabuona”, secondo la Provincia di Bologna, èquella di compiere gli interventi tecnici permettere in sicurezza i territori a rischio, ma an-che quella di utilizzare gli strumenti di pianifi-cazione del territorio - Piani Regolatori deiComuni, Schema Direttore Metropolitano ePiani di Bacino - per prevenire le situazionipotenzialmente pericolose. In altre parole, l’o-biettivo è quello di non consentire nuovi inse-diamenti dove l’acqua potrebbe arrivare e, do-ve si costruirà, prevedere attentamente chesuccederà in seguito a nuove impermeabilizza-zioni del terreno. Ne è un esempio il piano peri bacini del Samoggia e del Lavino che l’Au-torità di Bacino del Reno ha in questi giornipresentato ai Comuni. Appena sarà approvato,delimiterà in maniera stringente le zone di per-tinenza fluviale e quelle a rischio frana, e sta-bilirà, a seconda del livello di rischio, le “vo-cazioni” di ogni terreno. In questo modo saràchiaro dove e come si potranno costruire nuo-vi insediamenti, senza il rischio di vederli alla-gati dopo qualche tempo. Si chiama preven-zione e si potrebbe tradurre così: alla fine, ilmodo più economico per non soccombere alleacque è non sfidarle.

Le opere

Gli interventi tecnici sul territorio sono conte-nuti in un piano in tre fasi che Regione, Pro-vincia, Autorità di Bacino del Reno e Consor-zi di bonifica hanno messo in cantiere in se-guito alle alluvioni di ottobre e dicembre 1996.In quell’occasione “andarono sotto” migliaiadi ettari nel Persicetano, nella zona di Miner-bio, Baricella e Malalbergo, a Molinella, Bu-drio e nell’Imolese, e i danni diretti e indotti si

calcolarono nell’ordine di molte decine di mi-liardi. Ricapitoliamo i singoli interventi, rag-gruppati per ente responsabile della realizza-zione. Il Consorzio di Bonifica Reno-Palata hala responsabilità di tutta la zona di bolognese asinistra del Reno. Tra i primi interventi, è incorso di costruzione uno scaricatore di pienadel Torrente Marignone verso l’impianto idro-voro di Forcelli, del costo previsto di 382 mi-lioni. Servirà a non scaricare le acque di pienadel Marignone nel Torrente Samoggia quandoquest’ultimo è già pieno. La stessa idrovora diForcelli sarà successivamente potenziata; è incorso l’appalto per 700 milioni. In corso diistruttoria sono altri due progetti: lo scolmato-re dello Scolo Romita (costo previsto 3 miliar-di e 300 milioni), che scaricherà le acque nel-lo scolo Mascellaro, e il risezionamento degliargini dei canali collettori per la realizzazionedell’idrovora “Bagnetto 2”. Per i canali la spe-sa prevista è di 7 miliardi e 100 milioni, men-tre per la nuova idrovora, il cui progetto è giàpronto, si prevede un importo di 7 miliardi e700 milioni. Il Consorzio della Bonifica Rena-na, la cui competenza va dalla destra del Renoalla sinistra del torrente Sillaro, realizzerà 12progetti, tra i quali quattro casse d’espansione:una sul canale Riolo, in Comune di Argelato,

costo 2,2 miliardi; una sul Canale Botte aGandazzolo (costo 4,6 miliardi), una sul Ca-nale Garda in località Quadrone (costo 3 mi-liardi); una a San Giorgio di Piano, che com-porterà anche il risezionamento dello scoloCalcarata (costo 3 miliardi). Sempre nei 12progetti della Renana è previsto l’allargamen-to dei canali Correcchio e Ladello (800 milio-ni tra tutti e due) e Menata e Sesto Basso (1,8miliardi in totale), e la costruzione dell’idro-vora Lorgana che servirà la zona a sinistra del-l’Idice. Ancora il Consorzio della BonificaRenana costruirà una cassa d’espansione sulFossatone a Medicina, le arginature del RioRosso e l’allargamento del canale Allacciantea Minerbio. L’Autorità di Bacino del Reno,che ha competenza sull’intero bacino idrogra-fico renano, dallo spartiacque appenninico al-la foce sull’Adriatico, prevede interventi sulReno, sul Samoggia e sul Lavino. Sul Reno èin corso di esecuzione la rimessa in quota del-le sommità dell’argine sinistro, in molti puntiabbassati dalla subsidenza, tra Bologna e ilponte di Dosso, nel Centese. Per l’argine de-stro, da Bologna alla confluenza col Samog-gia, gli interventi sono già stati appaltati, men-tre l’appalto è in corso per la sistemazione deitratti terminali dei due argini. Un grosso inter-

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Per prevenire le alluvionidi GABRIELE RUBBINI

Ciò che è stato fatto e ciò che resta da fare: gli impegni dei Consorzi di bonifica, dell’Autorità di bacino e della Provincia

LL

“L’alluvione del dicembre ‘96”, un’immagine di Gianni Boselli della campagna di S. Gabriele a Baricella,tratta dal volume “L’acqua sulla Bassa”

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SP E C I A L E A C Q U A

vento, per il quale è stata avviata la progetta-zione preliminare, è la cassa d’espansione allaconfluenza tra Samoggia e Reno, nella zona diSala Bolognese, mentre per una cassa d’espan-sione a Trebbo è stata individuata l’area. SulSamoggia sarà costruita una cassa d’espansio-ne alle Budrie di San Giovanni in Persiceto,per una spesa prevista di 19 miliardi e altri 5miliardi e mezzo saranno investiti nella rimes-sa in quota degli argini nelle zone più colpitedalla subsidenza, nei comuni di Sala Bologne-se e San Giovanni in Persiceto; altri 800 mi-lioni serviranno ad innalzare il Ponte di Lore-to, ancora tra Sala e San Giovanni. Sul Lavinosarà demolito e ricostruito il ponte della ex ViaEmilia, tra Bologna e Anzola, che ora causauna strozzatura della portata, e sarà realizzatauna cassa d’espansione sulla sinistra, a valledel ponte di Rivabella. Dovrà poi essere risol-ta, anche se non è chiaro come, l’altra strozza-tura del ponte ferroviario della Bologna-Mila-no. Per finire, l’Autorità di Bacino del Renosta mettendo in piedi un piano straordinarioper i territori montani e collinari a rischio difrane, così come prescritto dal “Decreto Sar-no”. Nel piano è compreso un intervento da3,7 miliardi per la frana di Cà di Sotto che haoccluso il corso del torrente. q

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Probabilmente già entro il Duemila la palazzina di otto appartamenti, in via di realizzazione nel quar-tiere Barca, potrà dimostrare a coloro che l’abiteranno i primi vantaggi del suo sistema innovativo perrisparmiare acqua.Di che cosa si tratta? La palazzina è dotata di un sistema intelligente studiato per utilizzare l’acqua inmodo corretto, frutto di un progetto, denominato Aquasave, finanziato per il 50% dall’Unione Euro-pea e messo a punto dall’Enea in collaborazione con numerosi partner locali: il Comune, l’Arpa, l’A-zienda Usl di Bologna, Seabo, la cooperativa Dozza e lo studio di architettura Scagliarini.Obiettivo del progetto è risparmiare fino al 50% del consumo di acqua potabile attinta direttamentedall’acquedotto.Il progetto Aquasave prevede che ogni appartamento sia dotato di tre linee di distribuzione di acquaanziché una. Oltre, infatti, alla tradizionale rete di tubi per la distribuzione di acqua potabile, sono sta-ti installati tubi per l’utilizzo delle acque piovane e delle acque cosiddette grigie. Le prime, quelle pio-vane, vengono raccolte dai tetti e dopo un trattamento di filtrazione e di disinfezione, sono impiegatenelle lavatrici e nelle lavapiatti. Per questo scopo si rivelano particolarmente adatte perché sono abassissima durezza. È comunque previsto che il risciacquo sia sempre effettuato con acqua potabile eciò al fine di garantirsi totalmente sul piano igienico sanitario. Le seconde, quelle grigie, così defini-te perché poco contaminate, sono raccolte dai lavandini (escluso quello di cucina), dalle docce e dal-le vasche da bagno. Dopo un semplice processo di filtrazione vengono utilizzate nello sciacquone che,negli appartamenti medi tradizionali, consuma ogni giorno dai 40 ai 50 litri di acqua potabile a per-sona.Infine ogni appartamento della palazzina “acquarisparmiosa” ha una rubinetteria innovativa, peral-tro già disponibile in commercio (sciacquoni a doppio tasto e docce a miscelazione d’aria), che per-mette di avere consistenti risparmi di acqua. È presente anche un sistema di preriscaldamento, gesti-to da una centralina elettronica, per evitare sprechi di acqua causati dal ritardo con cui questa giun-ge calda al rubinetto.Una palazzina gemella, ma tradizionale, costruita a fianco servirà da confronto. S. G.

UNA CASA PER TEST

Sopra, particolare della fontana di via Ugo Bassi,una delle poche fontanelle della città.A fianco, Molinella allagata ritratta da GiorgioGrassi in “L’acqua sulla Bassa”

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V I A B I L I T À

l 2000 regalerà alla Provincia di Bolognale strade statali presenti nei 60 Comuni delproprio territorio. Non tutte, per la verità.

Ma di sicuro nove delle dodici esistenti. Il re-galo arriva dall’Anas, l’ente statale da semprepreposto alla gestione e manutenzione di que-sto tipo di strade, ed è l’effetto di un decretodel 27 ottobre scorso con cui il Governo ha de-ciso di trasferire alle Regioni (e quindi sotto ilcontrollo delle Province) le competenze di piùdei due terzi delle strade statali presenti in tut-ta Italia. Il passaggio sarà graduale. Per ora ildecreto citato ha stabilito il nome delle stradetrasferite alle Regioni. Poi arriveranno il de-creto relativo ai finanziamenti che ogni annolo Stato assicurerà per la manutenzione di que-ste strade e, infine, quello con cui verrannostabilite le condizioni per il passaggio del per-sonale dall’amministrazione statale a quellaregionale e provinciale. «Non ci saranno ritar-di – ha assicurato Giuseppe D’Angiolino, di-rettore generale dell’Anas, intervenendo al-l’incontro con i presidenti delle Province del-l’Emilia-Romagna organizzato il 12 novembrescorso a Bologna dalla Provincia – nella rea-lizzazione dei progetti di nuove strade. Valute-remo tutte le situazioni caso per caso. Sicchè iprogetti già avviati saranno portati a terminedall’Anas, mentre per quelli in arrivo ci saràun trasferimento dei finanziamenti alle Regio-ni». Sono 420 i chilometri di strade statali chedal 2000 la Provincia di Bologna erediterà dal-

l’Anas. Nella fattispecie sono queste le stradedi cui si dovrà occupare: la 325 della Val diSetta da Castiglione dei Pepoli a Sasso Mar-coni, la 65 da Monghidoro a San Lazzaro diSavena, la 610 della Valle del Santerno che vada Castel del Rio a Imola e Mordano, la 253San Vitale da Castenaso a Osteriola di Imola,la 568 Persicetana da Calderara a Crevalcore,la 569 Bazzanese da Casalecchio a Bazzano,la 255 che da Sant’Agata Bolognese va a SanGiovanni Persiceto e Cento, la 623 che colle-ga Castel D’Aiano a Gaggio Montano e la 324che da Rocca Carneta di Lizzano in Belvederearriva sino a Silla di Gaggio. Rimarranno sot-to le competenze dell’Anas i 120 chilometri diPorrettana (da Porretta a Malalbergo), i 60 chi-lometri di via Emilia da Ponte Samoggia aImola e i 20 di tangenziale di Bologna dal ca-sello di Casalecchio a quello di San Lazzaro diSavena. Questo trasferimento di competenzesulle strade statali è stato salutato con favoreda tutti. Soprattutto per la tempestività con cuila Provincia potrà intervenire in casi di emer-genza. Entra, però, in gioco il problema dellerisorse, dei finanziamenti necessari alla manu-tenzione ordinaria di queste strade. «Finora –spiega Pamela Meier, assessore provinciale al-la viabilità – l’Anas, così come ha dichiarato ildott. D’Angiolino durante l’incontro in Pro-vincia, spendeva 8-9 milioni l’anno a chilome-tro per la manutenzione delle strade. Questacifra, con esclusione dei costi per il personale,

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Strade provinciali cresconodi NICODEMO MELE

Nel 2000 la maggior parte della viabilità statale passerà alla Provincia. Un incontro con il direttore generale dell’Anas a Palazzo Malvezzi

II

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V I A B I L I T À

ritenuta peraltro dallo stesso intrpellato insuf-ficiente, deve essere rapportata a strade concaratteristiche geometriche e di traffico di en-tità ben superiori alla rete attualmente di com-petenza provinciale (per esplicitare il concettoi 420 chilometri di strade statali potrebberocorrispondere in termini di manutenzione ordi-naria e straordinaria a 700 chilometri di stradeprovinciali). Per le ragioni sovraesposte e inseguito a numerosi incontri avvenuti tra i re-sponsabili dei servizi viabilità delle Provinceemiliano-romagnole, che in materia ovvia-mente hanno specifiche competenze e una lun-ga esperienza di ottima manutenzione, la cifraipotizzabile come necessaria varia tra i 15 e i20 milioni al chilometro all’anno per la solamanutenzione ordinaria. In considerazione alfatto che questa rete stradale abbisogna per al-cuni anni di manutenzione straordinaria, voltaanche alla messa in sicurezza e alla riqualifi-cazione della rete da assumere, le necessità siaggirerebbero tra i 20 e i 35 milioni al chilo-metro all’anno per ordinaria e straordinariamanutenzione. Occorre però sottolineare chetale cifra viene ipotizzata in assenza di dati im-portanti quali, per fare un esempio, l’impianti-stica del sottosuolo e altri problemi che si ri-percuotono sulla gestione e sui costi di manu-tenzione. Ultimo elemento per dare uncontorno al problema di passaggio di compe-tenze da Anas a Province attiene alla realizza-zione delle opere stradali in fase di progetta-zione o comunque contenute nel Prit (PianoRegolatore Infra Territoriale), che ovviamentedeterminerebbe la necessità di ulteriori cifre difinanziamento mirate alle nuove realizzazioni.Province autonome come quella di Trento, perfare un confronto che ovviamente va messo inrelazione anche alla morfologia di quelle zone,riceve complessivamente dallo Stato 49 milio-ni al chilometro all’anno. Sull’attribuzione delle risorse il presidentedella Provincia Vittorio Prodi fa una proposta:«Nella prossima legge finanziaria – spiega – ilGoverno potrebbe stabilire che una parte dellapercentuale del prezzo della benzina oggi datoall’Anas per la manutenzione delle strade siastornato alle Province. Non chiediamo un au-mento della benzina, ma un’attribuzione di fi-nanziamenti dovuti a chi deve fare degli inve-stimenti sulle strade». Nell’incontro di novembre il direttore genera-le dell’Anas D’Angiolino ha rivelato che il suoente ha da poco firmato la convenzione con laTav (Alta velocità) per il prolungamento dellatangenziale da San Lazzaro a Osteria Grandedi Ozzano dove verrà realizzato un nuovosvincolo in uscita. Spesa prevista: 23 miliardi.È anche in “partenza” un finanziamento Anase Tav per la Variante di Rastignano (29 miliar-di di spesa). Le procedure per l’appalto sonostate già avviate. q

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Complanare San Lazzaro Osteria GrandeIl progetto prevede la realizzazione di duestrade dalla complanare alla A14 nel trattoche va dal Casello di San Lazzaro (Bo) finoad Osteria Grande. I comuni interessati aquestÕopera sono: San Lazzaro di Savena eOzzano dellÕEmilia.

La partenza dellÕope-ra, che di fatto rappre-senta una variante allaSS 9 via Emilia, � datempo sollecitata perpermettere di allegge-rire il traffico che attra-versa i suoi centri abi-tati.SS 65 Òdella FutaÓ -Variante di RastignanoSi tratta di un progettoesecutivo redatto dalSettore Lavori Pubblicidella Provincia cheprevede il superamen-to dellÕabitato di Rasti-gnano di Pianoro, con-

segnato ad Anas sin dal 1996. LÕimportocomplessivo � di 29 miliardi, di cui 15 a ca-rico Anas e 14 a carico Tav. Il progetto Òap-paltabileÓ completo di ogni elaborato neces-sario � stato inviato dal Compartimento diBologna a Roma in data 28/9/99 per la defi-nitiva approvazione. é in corso in questigiorni lÕistruttoria per la procedura di appal-to.Bretella Interporto - Centergross - Asse Lungo RenoNel Ô98 � stata stipulata una convenzione fraAnas, Provincia, Centergross ed altri Entiper la redazione di un progetto preliminaredellÕintera infrastruttura, nonch� di un pro-getto esecutivo di un primo stralcio che ri-guarda il solo collegamento fra Interporto eCentergross.LÕimporto previsto per lÕintera opera � di 37miliardi.é di questi giorni la definizione della con-venzione per il cofinanziamento della realiz-zazione di un primo stralcio del progetto ge-nerale che prevede una rotonda a livelli sfal-sati tra la Saliceto e la Trasversale diPianura, il cui costo � di 5 miliardi e 950 mi-lioni, finanziato da Provincia, Regione, Inter-porto, Centergross, Camera di Commercioe Comuni di Bentivoglio ed Argelato.

PROGETTI E IMPEGNI A BREVE E MEDIO TERMINE DELL’ANAS NELLA PROVINCIA DI BOLOGNA

Variante Ponte della Venturina - Pavanaalla SS 64In accordo con la Provincia di Pistoia si so-no in questi giorni definiti i punti di una con-venzione tra diversi soggetti istituzionali, tracui Anas, per la progettazione di una varian-te tra Ponte della Venturina nellÕinnesto del-la Tangenziale di Porretta.Variante Marano - Silla alla SS 64LÕintervento � stato progettato a seguito diun grande movimento franoso che interrup-pe la SS 64. Esso ralizzerebbe lÕideale col-legamento fra le varianti di Riola e Porretta:il progetto � sicuramente considerato priori-tario dalla Provincia, ma al momento nonesistono certezze su possibili finanziamenti.SS 569 - Variante della MuffaSi tratta di un asse di collegamento indi-spensabile per unire la SS 59, la A1 e la viaEmilia in localit� Muffa di Crespellano.La Regione Emilia-Romagna si � resa di-sponibile ad un cofinanziamento per la ste-sura del progetto, che dovr� prevedere ilcollegamento con la pedemontana, in terri-torio modenese, fra Spilamberto e Bazzano:questo progetto � stato consegnato ad Anasil 20/7/98.LungosavenaQuesta strada consente il collegamento fraquattro assi stradali: Futa, via Emilia, S. Vi-tale e Porrettana, oltre che il collegamentocon la tangenziale di Bologna. Essa com-pleta il collegamento del tratto rotonda Gra-zia Verenin (Comune di Bologna) e tangen-ziale con la Trasversale di Pianura ed � gi�stato realizzato nel tratto bolognese percomplessivi 15,8 miliardi. Per le opere rica-denti nei comuni di Castenaso e Granarolola Provincia sta redigendo il progetto preli-minare.Nodo di Casalecchio - SS 64Si tratta di unÕopera che, attraverso il compi-mento di tre lotti, realizzerebbe il collega-mento tra lÕAsse attrezzato di Bologna eSasso Marconi, per la lunghezza di circa 15km. Per quanto riguarda il Nodo di Casalec-chio sono in corso i lavori di esecuzione del-lÕopera (1¡ lotto), la cui ultimazione � previ-sta per il settembre del 2000 con una spesadi 8 miliardi.LÕimporto previsto totale dovrebbe essere fi-nanziato per 50 miliardi da Anas e per gli al-tri 50 da Ferrovie dello Stato, nellÕambitodellÕintervento per lÕadeguamento del NodoFerroviario di Casalecchio.

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e malattie allergiche sono in aumento.Secondo alcuni dati epidemiologici, il20 % della popolazione è stato interes-

sato da reazioni allergiche significative.Ultimissime indagini indicano una tenden-za ancora in crescita. È stato calcolato chenegli Stati Uniti, dove le malattie allergichesono particolarmente diffuse, ogni anno siperdono solo per asma bronchiale da aller-gia, una patologia che interessa oltre 10milioni di persone, ben 100 milioni di gior-nate lavorative, con evidenti costi socialirilevanti. Le reazioni allergiche sono sempre esistitenella storia dell'uomo. Recenti studi hannoindividuato nel decesso da shock anafilatti-co uno tra i casi più antichi di morte. Studiando e interpretando i geroglifici diuna piramide si è fatta risalire la morte diun faraone dell'antico Egitto alla punturadi un ape. Oggi, complice la compresenzadi vari fattori negativi, esistono condizionipiù favorevoli a che il nostro organismo,sollecitato da agenti esterni tossici, manife-sti reazioni allergiche. È probabile che ciòsia dovuto a cause diverse tra le quali lostress, il diffuso inquinamento, presente siadentro le case che all'esterno, gli alimenti,nella cui produzione sono utilizzati sostan-ze artificiali come conservanti e coloranti,e l'uso, spesso esagerato, di farmaci. Ma la medicina cosa ha messo in campoper difenderci dalle reazioni allergiche?Ne parliamo con il professor Giancarlo Mi-nore, specialista in allergologia del Policli-nico S. Orsola Malpighi.Dal punto di vista dei nuovi prodotti tera-peutici frutto della continua ricerca farma-cologica - spiega Minore - oggi disponiamodi antistaminici, cortisonici e leucotrieniciparticolarmente efficaci, realizzati con pro-cessi di alta qualità che riducono fortemen-te gli effetti collaterali che accompagnava-no spesso i farmaci precedenti. Nel campo

dei vaccini per le malat-tie allergiche sono statein-trodotte nuove moda-lità di somministrazione. Fino a qualche anno fa la via dell'iniezionesottocutanea era l'unica possibilità di som-ministrazione. Adesso sono disponibili vac-cini per via sublinguale-orale, sia in gocceche in compresse, e vaccini per via inalato-ria che si possono gestire comodamente adomicilio con intuibili vantaggi in termini ditempo e di spesa.

La scorsa estate la stampa ha riportato no-tizie di persone in pericolo di vita, alcuneperaltro sono anche morte, dopo punturedi insetti. Come intervenire in questi casi?Le reazioni allergiche al veleno di api, ve-spe e calabroni sono effettivamente un pro-blema di scottante attualità. Anche se per la stragrande maggioranzadelle persone le punture di insetti sono in-nocue, si stima che possa avere qualcheproblema circa il 3% della popolazione eche una parte, pur piccola, di questa per-centuale, possa presentare reazioni allergi-che gravi, anche letali. La terapia di queste reazioni è volta da unlato al trattamento d'urgenza, dall'altro al-le possibilità di prevenzione. L'intervento di emergenza è basato sullasomministrazione di adrenalina, oggi di-sponibile anche in confezioni di pronto im-piego, molto maneggevoli da usare. Per la prevenzione si ricorre con successoalla immunoterapia all'allergene specifico.Consiste nel somministrare per via sottocu-tanea dosi gradualmente crescenti di velenodell'imenottero responsabile, preventiva-mente identificato con rigorosi test cutanei,assegnando all'eventuale identificazionedell'insetto da parte del paziente la giustaverifica.In concreto, come fare per sapere se si è al-lergici al veleno di api, vespe e calabroni echi dovrebbe rivolgersi ai vostri ambulatori?Sarebbe opportuno che chiunque abbiaavuto a seguito di una puntura di un insettouna reazione locale estesa, maggiore di 10centimetri, si sottoponesse ad una visita al-lergologica per una puntuale valutazionemedica e per poter prevenire eventuali rea-zioni più gravi.

Che sensibilit� quel gene!di STEFANO GRUPPUSO

Aumentano i casi di allergia ma anche le possibiliterapie. A colloquio col professor Giancarlo Minoreallergologo del Sant’Orsola Malpighi

R I C E R C A

LL

LE SOSTANZESOTTO ACCUSA

Pollini presenti nell'aria, ma anche in luo-ghi chiusi sono causa di allergie stagiona-li; i pi� comuni sono quelli delle gramina-cee, alberi, urticacee e composite.Acari della polvere (o meglio i loro prodot-ti di decomposizione, misti alle particellefecali) presenti per lo pi� in luoghi chiusicaldo-umidi (in particolare nei letti).Insetti (imenotteri) come api, vespe, cala-broni, ma anche scarafaggi, tafani, ecc.,tramite il veleno che iniettano.Derivati epidermici di animali (peli e forfo-ra) che si trovano nella polvere o dispersiin aria o nella saliva di alcuni animali, so-prattutto gatti, cani e cavalli.Alimenti e prodotti chimici usati come co-loranti e conservanti.Farmaci di qualsiasi categoria usati pervia orale, parenterale o topica (in par-tico-lare penicelline e derivati dell'acido acetil-salicilico).Muffe (spore) presenti in luoghi particolar-mente umidi.Sostanze professionali sia per contatto(metalli, gomme, farine, saponi, ecc.) siaper inalazione (spore fungine, vapori, ecc.).

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O R I Z Z O N T I D ’ A R T E

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aradossalmente, questi versi dante-schi, malgrado la connotazione nega-tiva, ci assicurano dell’importanza di

Cimabue nella sua epoca. Così, Cenni diPepo, detto il Cimabue venne consideratocolui che “[ebbe] poco meno che resuscita-ta la pittura” (Vasari). Anche nella nostracittà c’è una pittura attribuita a Cimabue.Nella chiesa di Santa Maria dei Servi, nel-la dodicesima cappella (terza radiale), sitrova una tavola a tempera e oro della Ma-donna in trono con Gesù bambino, circon-dati da due angeli. Non è in uno stato per-fetto, ma sufficientemente buono da poterimmaginare la bellezza di una volta.Ma ora dobbiamo entrare in un discorso unpo’ delicato, perché l’attribuzione delleopere di Cimabue è molto difficile ed è sta-ta infatti uno dei maggiori problemi dellastoria dell’arte. Abbiamo pochissimi documenti sul pittore;non siamo sicuri nemmeno delle date dellasua vita (1240-1300 “circa”), anche per-ché, come al solito, non possiamo credereciecamente al Vasari. Ed oggi, la sua unicaopera certa al 100 % è il mosaico dell’alta-re del Duomo di Pisa: non tutto, solo il SanGiovanni Evangelista, accanto al Cristo.Perciò il metodo principale dell’attribuzio-ne a Cimabue non poteva essere altro chel’analisi comparativa dello stile, sempre te-nendo l’opera di Pisa come unico criterioassoluto. C’era anche una volta, soprattut-to in Germania, qualche studioso che dubi-tava persino dell’esistenza stessa del pitto-re; ormai sappiamo che erano eccessi unpo’ ridicoli dell’inizio di questo secolo. Co-munque un po’di quello scetticismo rimane:

per esempio, l’ “Oxford companion to art”,che all’estero è il libro di testo più usato perintrodurre la storia dell’arte, evitando difare l’attribuzione, conclude infatti ridu-cendo l’importanza di Cimabue e indican-do piuttosto la scuola romana (Pietro Ca-vallini, ecc.) come quella che aprì la portaal grande naturalismo... almeno così ab-biamo imparato! Anche la Madonna dei Servi, dopo la primaattribuzione a Cimabue da parte di Thodenel 1885, è stata inevitalmente messa in di-scussione: tra i tanti, è stata attribuita a Ci-mabue, da Berenson, Becherucci e Volpe;messa in dubbio, da Sirén e Sindona; nega-ta, da Frey, Wachernagel e Mather; attri-buita a Cimabue con aiuti, da Longhi e Bat-tisti; in collaborazione con Duccio, da Bo-logna; alla sua bottega, da Nicholson eSalvini; a “Bologna Cimabuesque Ma-ster”, da Garrison; e così via. Sulla tavola,l’informazione più importante è il docu-mento di Gualandi (1850), che dice che lapittura era stata donata da Taddeo Pepoli(signore di Bologna) alla Chiesa nel 1345.L’Ordine dei frati dei Servi di Maria si ètrasferito nella chiesa attuale nel 1346,quindi la tavola probabilmente era per lachiesa precedente dell’Ordine, nel Borgo diSan Petronio. È un po’ pericoloso fare cer-te affermazioni, ma, considerando i tantistudi dei miei predecessori, secondo me, tratante “Madonne in trono” attribuite a Ci-

mabue, ce n’è soltanto una a cui credo conquasi-certezza: quella del Louvre, portatada Pisa da Napoleone. Vicini a questa comestile, e quindi assai credibili come attribu-zione, sono i crocifissi di Arezzo e Firenze.Allora, paragonando l’opera dei Servi conquella del Louvre, la verità è che, devo dir-lo, mi trovo sempre più in imbarazzo. Oranon abbiamo lo spazio per discuterne indettaglio, anche se lo farò un giorno; quinon esito ad affermare che la composizionee le mani della Madonna dei Servi sonomolto vicine a quelle della “Madonna Gua-lino” anch’essa attribuita a Cimabue. Lemani assomigliano anche a quelle della“Maestà” nella chiesa inferiore di SanFrancesco ad Assisi, altra “cimabuesca”.Però, in tutte le altre Madonne “di Cima-bue”, il trono ha una struttura spaziale piùchiara e concreta rispetto a quello dellaMadonna dei Servi. Ma d’altro lato, il pan-neggio della Madonna dei Servi e della Ma-donna del Louvre è simile, anche se distan-te da altre Madonne “cimabuesche”. Dueangeli, il profilo, la posa del Gesù Bambi-no... tanti elementi ci confondono... e a que-sto punto, non toglierei il punto interrogati-vo nel titolo.Sarebbe interessante sapere che cosa nepensate voi. Ma insisto nel dire che, anche se si arriveràa negare l’attribuzione, ciò non significache la pittura perderà il suo valore... mai.

PP La “Madonna in trono” di Cimabue, sottratta a Pisa da Napoleone e oggi conservata nel Louvre, e, a destra, la “Madonna in trono” di Santa Maria dei Servi in Bologna

La ÒMadonna in tronoÓdi Cimabue...?di HIDEHIRO IKEGAMI

Credette Cimabue nella pittura tener lo campo, et ora ha Giotto il grido sì che la fama di colui oscura. (“Divina Commedia”, Pur., XI, 94-6)

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A R T EF I E R A

rteFiera è, la più importante mostra-mercato italiana d’arte contemporanea(con oltre 40mila visitatori nel ‘99 e

250 gallerie). Alle gallerie ammesse quest’an-no è stata chiesta una partecipazione ancor piùqualificata. «Vogliamo dare vita a un appunta-mento che diventi fisso nel panorama interna-zionale - ha detto Luca di Montezemolo, pre-sidente di Bologna Fiere - e che si ponga aimassimi livelli europei, perciò, le opere espo-ste sono state selezionate con grande rigore econ una attenzione assoluta alla qualità». Co-nosciuta come vetrina d’affari incentrata so-prattutto sul mercato italiano, piuttosto che peroriginalità e qualità di proposte, ArteFiera inversione 2000 vuole quindi segnare un cam-biamento di rotta. E lo fa limando il numerodegli espositori, ridisegnando i 20mila metriquadrati di spazi espositivi e presentando uncarnet ricco di appuntamenti. Tra questi, l’e-vento di maggior respiro sarà “Appaerance” -mostra curata da Danilo Eccher e Achille Bo-nito Oliva - che verrà inaugurata il 27 gennaiopresso la Galleria d’Arte Moderna, in conco-mitanza con l’apertura di ArteFiera.Firmato anche il restyling della fiera, che è sta-to curato da Pier Luigi Cerri. «Sarà una sortadi quartiere dell’arte trasformato in evento cul-turale- ha spiegato Cerri. Semplificando, ab-biamo pensato ad una sorta di “spazio zen” te-so a non prevaricare l’oggetto esposto». Il per-corso espositivo inizierà dal padiglione 33,destinato alle proposte classiche; le nuove ten-

denze verranno ospitate nel padiglione 34,mentre il 32 presenterà esclusivamente operedi scultura. In modo analogo nel padiglione 31verrà esposta soltanto pittura, in particolareopere di grandi dimensioni, difficilmenteesponibili nei normali spazi. Nel MeetingPoint, a conclusione del percorso fieristico,troveranno posto le stampe originali, i multi-pli, case editrici specializzate ed istituzionimuseali. Nell’area incontri, infine, si parleràd’arte, nel corso di dibattiti, incontri e presen-tazioni di libri. Tra gli altri segnaliamo il con-vegno dal titolo “I centri per le arti contempo-ranee: dal globale al locale”. Curato da AnnaDetheridge, fornirà l’occasione per un con-fronto tra importanti istituzioni (New Tate

Gallery, il Guggenheim Museum, l’Icc diTokio) dell’arte internazionale. Ma l’evento di maggior rilievo internazionale,per la statura dei protagonisti, sarà “Appearan-ce”. Prima manifestazione della Galleria d’ar-te Moderna per l’anno 2000, la mostra presen-terà opere di Mariko Mori, Yasumasa Mori-mura, Luigi Ontani, Tony Oursler, Pierre etGilles, Andreas Serrano; il filo conduttore èl’apparenza come lettura della realtà. Si trattadi una rassegna dedicata al gioco del travesti-mento, della percezione ingannevole, dellamanipolazione del reale come espressioni pre-minenti dell’arte fine secolo. L’idea è quella dichiudere questo millennio ed aprire il nuovoall’insegna dell’ironico inganno e della rap-presentazione di una deformante ed incertarealtà che sfugge i tradizionali canoni esteticie figurativi. L’obiettivo è quello di testimonia-re un atteggiamento di irriverente trasgressio-ne di fronte alle angosce e ai dubbi del sentiree dell’agire contemporaneo. ArteFiera rimarràaperta fino al 31 gennaio. q

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Tra cultura e mercatodi BARBARA TUCCI

La 27a ArteFiera, in programma dal 27 al 31 gennaio 2000 a Bologna, sarà caratterizzata dalla presentazione di opere di alto livello

provenienti da tutto il mondo

AA

In senso orariodall’alto: “Sognatrice”, un’opera di FabrizioCorneli, “Soggetto assente”di Daniela Comani e “Giochi d’acqua n.3” di Matthias Biehler

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T E N D E N Z E

na recente analisi statistica fotografa latendenza in atto da diversi anni perquello che riguarda i nati all’ombra del-

le Due Torri. Quella ad uscire sempre più tardidal nucleo familiare e di conseguenza a mette-re su casa, sposarsi ed avere figli. Ma lo studio(“L’uscita dei giovani bolognesi dalla famigliad’origine”) condotto da Gianluigi Bovini, re-sponsabile del settore pianificazione e control-lo del Comune di Bologna, rileva anche un al-tro dato molto interessante. Quello relativo aigiovani non bolognesi residenti nel capoluogoche risultano essere ormai il 19% del totale.Se, infatti, è vero che, complessivamente, il fe-nomeno della permanenza prolungata all’in-terno della famiglia a Bologna va riducendosinegli ultimi cinque anni e presenta un dato me-no spiccato rispetto a quello nazionale, ciò èdovuto proprio alla presenza nel campioneesaminato di una forte componente di soggettiimmigrati (di provenienza extracomunitariama anche da altre regioni italiane) che innalza-no decisamente il numero dei single.È dunque una realtà a due facce quella che neesce. Un quadro che vede i bolognesi autocto-ni sempre meno propensi a lasciare l’ambienteprotetto ed economicamente vantaggioso dellafamiglia d’origine e i neo residenti che, inve-ce, arrivati per ragioni di lavoro vanno nellaquasi totalità a formare famiglie mononucleari(di un solo componente), con tutto quello checiò comporta a livello economico e di rappor-to con i servizi sociali. Insomma da una partecoloro che, rispetto allo standard di vita citta-dino, si potrebbero definire gli “iperprotetti” edall’altra coloro che, invece, rischiano di esse-re gli “ipogarantiti”. Soggetti già del tutto in-seriti nel tessuto economico della città ma qua-si per nulla in quello sociale.

Il quadro

Al 31 di dicembre del 1998 i giovani (nella fa-scia dai 20 ai 34 anni) residenti nel comune diBologna erano un po’ meno di 77.000, con unaleggera prevalenza delle femmine (39.277) suimaschi (37.692). Di questi ben 5.198 (pratica-mente uno su venti) erano stranieri. Alla stes-

sa data 38.002 ragazzi e ragazze (pari al 49,4%del totale contro il 56% dello stesso periododel 1993) risiedevano ancora con la famigliad’origine. Percentuale che precipita al 9,5% sesi considerano, invece, solo i giovani immi-grati. Tornando al totale del campione, la con-vivenza in famiglia riguarda maggiormente imaschi (53,4%) rispetto alle femmine (35%) esi riduce, ovviamente, con l’età. Vivono con igenitori il 77,1% dei giovani in età tra i 20 e i

24 anni. Il 53,5% dai 25 ai 29 anni e il 29% dai30 ai 34 anni. L’altra metà dei giovani (quellache la famiglia d’origine l’hanno lasciata) viveper il 19,7% da solo (21,1% i maschi single,18,2 le donne), per l’11,1% in coppia ed ha giàavuto figli; il 7,4% in coppia ma senza figli;l’1,9% vive come unico genitore con figli e il10,5% in altre tipologie familiari.

Un po’ per amore e un po’per forza. Molto per comodità

Fino a qua i numeri. Ma quali sono le ragioniche inducono i giovani a ritardare l’uscita dal-

la famiglia? «Fra le motivazioni forniteci – di-ce il curatore della ricerca Gianluigi Bovini –l’aspetto che risulta fondamentale è che la fa-miglia viene vissuta dalla maggioranza deigiovani come un ambiente in cui è possibilesviluppare la propria autonomia. La famiglia,dunque, rispetto ad alcuni decenni fa, appareprofondamente cambiata anche nei suoi rap-porti interni, con la gerarchia fra le diverse ge-nerazioni che si è fortemente allentata. Questa

percezione di normalità da parte dei giovani ri-spetto al vivere in famiglia - continua Bovini –viene poi confermata anche dal fatto che nep-pure il raggiungimento di una situazione di in-dipendenza economica appare come una con-dizione necessaria e sufficiente per l’uscita dicasa. E lo dimostra l’alta percentuale di giova-ni che vivono nella famiglia d’origine pur ri-sultando occupati».Ma quest’ultimo dato, come conferma Bovini,merita una lettura supplementare. «Da un lato,infatti, emerge che pur avendo un reddito re-stare in casa con i genitori resta allettante per-ché permette un più alto tenore di vita. Dal-l’altro, però, va anche rilevato che un reddito

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IPERPROTETTI E IPOGARANTITIdi CLAUDIO GIANNASI

Un po’ più “mammoni” e sempre meno sposati. È questo l’identikit dei giovani bolognesi tra i 20 e i 34 anni

che emerge dall’ultima ricerca condotta dal Comune di Bologna

UU

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T E N D E N Z E

i chiama “turisti per casa” l’associazioneche sta affacciandosi sul mercato del Bed& Breakfast nella provincia di Bologna.

Appartamenti privati, camere confortevoli ecolazione curata e gustosa: l’idea è di imitarela modalità di hotellerie più diffusa (e amata)in Irlanda, ma anche in Francia e Spagna e chein Italia muove i primi passi, cercando di vin-cere dubbi e diffidenze. L’iniziativa è partitada un gruppo di tredici donne, che l’anno scor-so hanno concluso un corso di 700 ore condot-to dallo Ial e finanziato da Regione e UnioneEuropea e che subito dopo hanno costituitol’associazione. Spiega Annarita Diomede, ani-matrice di “turisti per casa”: «Ospitalità, cor-dialità, rispetto ma anche amore per il cliente,contatto umano: sono queste le caratteristiche

di questo tipo di attività, in grado di dare op-portunità di lavoro a persone che per motivi di-versi possono mettere a disposizione una partedella propria abitazione, e sono disponibili alcontatto umano. Sono caratteristiche che oggiattraggono sempre di più un certo tipo di pub-blico, sensibile alla conoscenza del territorioun po' fuori dagli schemi tradizionali. La formula è nuova: la Regione Emilia-Roma-gna ha legiferato in materia da pochi mesi, ealcuni aspetti fiscali sono ancora da precisare. La nostra associazione è partita con pochimezzi ma con la voglia di offrire opportunitàqualitativamente valide. Tutti parlano di qua-lità: noi ora stiamo cercando di fornire para-metri precisi in modo che il cliente sia in gra-do di valutare le diverse possibilità partendo

da requisiti di base comuni. L’obiettivo, comeassociazione, è anche di costituire un puntounico di prenotazione». Le donne di “turistiper casa” tengono d’occhio tutti gli aspetti dellavoro in campo turistico: partecipazione a sa-gre e iniziative dei Comuni per farsi conosce-re, approfondimento della conoscenza del ter-ritorio, per potere suggerire agli ospiti itinera-ri nuovi e interessanti. Il B&B - nelle intenzioni delle associate - po-trà offrire anche occasioni di lavoro in zonemeno ‘comode’ come l’Appennino. L’associazione è ancora piccola, ma con tantavoglia di crescere. Prossimo passo, la presen-za in Internet: al momento, nella grande rete, èancora impossibile al potenziale ospite sco-prire l’offerta di Bologna e provincia. q

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Turisti per casadi PATRIZIA ROMAGNOLI

SS

medio, dato lo standard notoriamente alto diBologna, qualora si debba far fronte alle speseda soli, non è sempre sufficiente. E che quindi fra le ragioni che tengono i gio-vani in casa c’è anche una barriera di carattereeconomico».

Sempre meno sposati e più multietnici

Fra le conseguenze più evidenti del fenomenoanalizzato (e in un contesto che vede prose-guire il trend di invecchiamento della popola-zione) vi è la diminuzione dei matrimoni e, co-munque, il fatto che all’altare si arriva in etàsempre più avanzata. Ma non solo. È chiaroche se ci si sposa dopo i 35 anni e si fa figli po-co prima dei 40 nel giro di un paio di genera-zioni anche le storiche e tanto preziose figuredei nonni subiranno una forte modifica venen-do a perdere, in gran parte, quel ruolo di risor-sa che ancora oggi, invece, rappresentano perle famiglie. Da un punto di vista della compo-sizione demografica e sociale del tessuto bolo-gnese il dato certamente più significativo (eche interroga direttamente la politica ammini-strativa della città) è, invece, quello relativoalla spiccata presenza, rispetto alla media ita-liana, di giovani stranieri. «Questo fattore – di-

ce Bovini – viste anche le caratteristiche delnostro mercato del lavoro che continua a ri-chiedere manodopera per mansioni poco appe-tibili per i bolognesi è destinato a pesare sem-pre di più. E questo comporterà nuove risorseanche culturali per il sistema-città ma porrà esta già ponendo, allo stesso tempo, nuovi pro-blemi.

Penso soprattutto alla questione della casa vi-sto che il patrimonio immobiliare cittadinonon è tarato per la dimensione mononuclearebensì per quella familiare. Ma anche al siste-ma dei servizi pubblici e del welfare in gene-rale che se ora tutela al meglio i nuclei con fi-gli dovrà presto fare i conti anche con questealtre tipologie di cittadini». q

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B R E V I

L’occupazione nella nostra provincia ha regi-strato il dato più elevato degli ultimi dieci an-ni. È uno dei dati emersi dall’annuale Rappor-to sul mercato del lavoro, realizzato dall’omo-nimo Osservatorio e curato da Michele Brunidell’Università di Modena. A trainare la cre-scita è il settore del terziario: da marzo 1998,allo stesso mese del 1999, sono stati creati nelnostro territorio 16000 nuovi posti di lavoro,che alla fine dell’anno potrebbero salire a19.000. Sono stati gli avviamenti al lavoro,7.000 unità, a determinare l’aumento che si èregistrato soprattutto nelle circoscrizioni diPorretta, San Giovanni in Persiceto e Sasso

Marconi. Risulta però che nell’80% dei casi siricorre a figure contrattuali atipiche e flessibi-li, come lavoratori a tempo parziale e collabo-razioni a termine. Si attesta invece la crescitademografica iniziata quattro anni fa (+2.52%)dovuta in gran parte all’aumento del fenome-no dell’immigrazione. Per quanto riguarda laformazione professionale nel triennio 1996-98la provincia ha usufruito di 59 miliardi, con iquali sono stati finanziati ogni anno in media650 corsi, per un ammontare di circa 174.000ore e 14.296 allievi, impegno che vede il mas-simo della concentrazione nel capoluogo e ilminimo nell’area montana. Nel 1998 il 3,5%dei fondi è andato ad attività di orientamento,il 64% a formazione al lavoro e il 31,6% ad at-tività di formazione sul lavoro.

Saranno sempre più numerosi ed efficienti gliSportelli Unici per le Imprese. Lo prevede il“Programma Provinciale della Rete degli

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Rapporto sul mercato del lavoro

Sportellounico

UFFICI DI COLLOCAMENTO

Diventa operativa la delega alle Province su-gli uffici di collocamento: passano infatti allaProvincia di Bologna le 7 sezioni e i 72 di-pendenti che vi lavorano. LÕimpegno dellÕam-ministrazione sar� quello di sburocratizzarela loro attivit�, di integrarli con altri servizi disportello gi� esistenti e dunque di meglio ri-spondere alla domanda di quanti sono incerca di lavoro. Tra i primi interventi, quellirelativi alla qualificazione dei locali esistentie lÕavvio dellÕinformatizzazione degli uffici.

PARCO DI MONTE SOLE

é stato inaugurato dal Presidente della Commis-sione Europea Romano Prodi, alla presenza dinumerose autorit�, lÕedificio che ospiter� laScuola di Pace e la Foresteria del Parco di Mon-te Sole, in localit� Poggiolo-San Martino. Il recupero dellÕex casa colonica, che rientra nel-le competenze della Provincia allÕinterno dellaÒCelebrazione del grande Giubileo del 2000Ó, habeneficiato di un finanziamento statale di 2 mi-liardi e 100 milioni. Saranno i pellegrini che ver-ranno ospitati al suo interno i primi ad utilizzarla.Sar� poi destinata, come deciso dal Piano delParco, ad attivit� formative sui temi della pace edella convivenza tra i popoli.

Sportelli Unici”, approvato recentemente dalConsiglio di Palazzo Malvezzi. A tal fine verranno utilizzati gli oltre 800 mi-lioni stanziati per i Comuni dalla Regione perl’attivazione di nuove strutture o per un loroulteriore miglioramento. Tali sportelli, come è noto, rientrano nelle nuo-ve modalità di semplificazione dei procedi-menti di autorizzazione per la realizzazione diimpianti produttivi. Sono per ora 11 i Comuni che hanno attivatosperimentalmente questo servizio: Anzola,Bologna, Casalecchio di Reno, Castel San Pie-tro Terme, Granarolo, Imola, Ozzano, SanGiovanni in Persiceto, San Lazzaro, Vergato,Zola Predosa. Tra i compiti della Provincia, realizzare il si-stema informativo di supporto al loro funzio-namento attraverso la rete Tamtel, predisporreuna modulistica uniforme e organizzare corsidi formazione e aggiornamento dei responsa-bili degli Sportelli; infine potrà predisporrecampagne di sensibilizzazione e informazioneai cittadini. Tutte le informazioni necessarie sono consul-tabili sul sito web di Palazzo Malvezzi:http://www.provincia.bologna.it/sportello/suap.html

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B R E V I

Per il terzo anno consecutivo l’assessorato al-la cultura della Provincia e l’università “PrimoLevi” hanno organizzato la rassegna “Non so-lo organi: architetture e chiostri”. Con la guida del maestro Andrea Macinanti edi Micaela Lipparini, sarà possibile essere

condotti attraverso itinerari artistico-musicalinelle chiese di Bologna per conoscere il rap-porto esistente fra le opere d’arte delle chiesee il mondo musicale dell’epoca. I prossimi ap-puntamenti sono per giovedì 10 febbraioalleore 15,30 nella Chiesa di San Salvatore (viaCesare Battisti) e giovedì 9 marzosempre al-le 15,30 nella Chiesa di Santa Maria dellaPietà (via San Vitale 112). L’ingresso è libero.

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Cani e gatti: quanti sono e quantocostano

Sospesa lacaccia allo storno

Interruzioni e transiti

Stagione teatrale diSantÕAgata Bolognese

Non solo organi

COMMERCIO: CALANO I PICCOLI, BENE GLI IPER

Nei primi sei mesi dellÕanno il ÒsaldoÓ delmovimento delle imprese del commercioin provincia risulta essere negativo (meno118 unit�: 279 nuo-ve imprese create e397 cessate). Laconsistenza delleaziende � di com-plessive 9965 unit�(al 30 giugno scor-so). Ma non vi �stato un picco nellechiusure degli eser-cizi commerciali; iltrend negativo delleimprese � piuttostoun fenomeno che da anni preoccupa ed �allÕattenzione della Provincia. Diversa lasituazione delle medie e grandi strutture divendita: dal 1991 al 1997 infatti la superfi-cie occupata da attivit� non alimentari inmedie e grandi strutture � aumentata del38% e anche maggiore � lÕaumento regi-strato dalle strutture alimentari con il 57%.

Lo storno non può più essere fatto oggetto diattività venatoria nella nostra provincia. Lo hadeciso il Tar dell’Emilia-Romagna che ha ac-colto la richiesta di sospensiva contenuta nelricorso presentato da Enpa e Wwf contro la de-liberazione della Giunta provinciale n. 455/99.I danni causati da queste specie alle produzio-ni agricole sono pertanto da considerarsi com-pletamente a carico dell’AmministrazioneProvinciale di Bologna.Al fine comunque di assicurare quell’azione diprotezione e tutela delle colture agricole daidanneggiamenti, che era stata alla base delladelibera oggetto di ricorso, si rammenta chegli agricoltori potranno richiedere sui loro fon-

di gli interventi di controllo faunistico secon-do le modalità previste dalla delibera dellaGiunta Provinciale n. 7 del 4 settembre 1990.Richieste in tal senso potranno essere inoltrateagli uffici di zona della Polizia provinciale.

Per consentire l’esecuzione di alcune operenell’ambito dei lavori dell’Alta Velocità è sta-to prorogato, nel comune di Pianoro, il sensounico alternato in alcuni tratti della strada pro-vinciale n. 36 “Val di Zena”, tra il Km 0.800 e

il Km 6.700 dalle ore 18 del 30 no-vembre alla stessa ora del 30 aprile2000. Ulteriore proroga anche perquel che riguarda l’interruzione tota-le al traffico della S.P. n° 12 “BassoReno”, dal km. 14,600 al km.14.690, fino alle 19.00 del 30 aprile2000 per i lavori di costruzione di unsottopasso carrabile in corrisponden-za del km. 29.240 della linea ferro-viaria Bologna-Padova.

E’ un programma ricco quello presentato dalTeatro di Sant’Agata Bolognese: sedici spetta-coli di prosa, suddivisi in quattro sezioni, do-ve trovano posto testi classici e comici, ilgrande teatro di narrazione, quello dialettale ela commedia dell’arte. Per i primi due mesi del2000 segnaliamo: 19 gennaio, la CompagniaDavide Dalfiume presenta “Stai basso che vo-la un sasso”. Giovedì 27, l’Abruzzo TU.CU.R.Teatro & Accademia degli sventati portano inscena “La ballata dei 3 scrigni”. Sabato 5 feb-braio è la volta deIla compagnia dei Colom-baioni in “Praticamente nulla”. Sabato 19 feb-braio Il Palcoscenico reciterà “Il fantasma diCanterville”. A gennaio 2000 verrà inaugurata una mostradedicata al grande clown Nani Colambaionirecentemente scomparso. Nani, che ha debut-tato a soli 4 anni, oltre a lavorare nei maggio-ri circhi di tutto il mondo, ha calcato le scenedi molti teatri italiani insieme ad attori del ca-libro di Totò, Macario, Anna Magnani.

Per informazioni e prenotazioni: Comune, Ufficio Cultura tel. 051/956019 oppure Biblioteca comunale tel. 051/957720.

Nel 1998 erano in totale 1478 i cani ospitatinei canili della nostra provincia, e sono costa-ti ai Comuni 1 miliardo e 692.738.647 all’an-no, una media di 1.150.000 lire per animale.Mantenere i gatti costa invece molto meno: 90milioni e 733 lire all’anno, ossia 17 mila lireper animale (dato 1997). In questo caso avereelementi certi è molto più difficile: i felini so-no infatti più autonomi, e per questo più diffi-cilmente censibili. Per ovviare a questa diffi-coltà la Provincia nel 1998 ha inviato a tutti iComuni un questionario sulla presenza di co-lonie nel loro territorio: dalle 44 risposte per-venute è emerso che sono complessivamente767 quelle censite per un totale di 7.100 gatti.A gestirle sono prevalentemente volontari, e inalcuni casi le associazioni.

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PO R T I C I R A C C O N T A

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di SIMONA VINCI

Fotografie di VANES CAVAZZA

Un giorno crudeleUn giornocrudele

a casa delle vacanze è graziosa. Bianca. Attorno alla casa c'è un giardino molto grande, incolto, con erbaccee fiori strani, con storie e percorsi da inventare,

con angoli segreti. Ha uno steccato bianco che la separa dai campi. I campi sono gialli e grassi. Alcuni sono di girasoli. È l’estate in cui porto sempre questo cappello rosso con la visiera,enorme. Non mi ricordo chi me lo ha regalato, però la prima cosache faccio la mattina è calcarmelo in testa. La seconda cosa, è rovesciare nel lavandino la grossa tazza di latteal cacao. Il latte mi ha sempre fatto schifo. C'è anche un’altra bambina. Vestiti a fiori e occhialetti. Dieci anni di tediosissima compostezza. Mi sta sempre alle costole. Siamo due bambine che non hanno niente in comune. Solo questa casa delle vacanze, in campagna. Pianura.Ci facciamo delle fotografie, una sera, alla luce della candela. Mia mamma, la mamma dell’altra bambina, i padri.

LL

PO R T I C I R A C C O N T A

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PO R T I C I R A C C O N T A

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Nessuno di noi lo sa, cosa sta per succedere. Si capisce benissimo dalla foto che a distanza di così tanti annitengo ancora sulla mia scrivania. È un autoscatto. Mio padre è un po’ sfocato perché è arrivato di corsa, non ha fatto in tempo a mettersi in posa. Gli altri hanno i gomiti appoggiati al tavolo, si stringono per entrare nell’inquadratura. Di me, si vede solo la visiera rossa, calata sulla faccia, e le manisporche aggrappate al tavolo. La bambina con gli occhialettisorride composta. Ovviamente, neanche lei lo sa, cosa sta peraccadere. La mattina dopo lo scatto di quella foto, abbiamo dormito

più a lungo delle altre mattine. Questo me lo ricordo benissimo. Avevamo fatto tardi a giocare a Monopoli. C’era un sole fortissimo. L’afa di agosto. Il cielo azzurro crudele.Neanche una nuvola. Ho buttato il latte e infilato il cappello rosso.Sono uscita in giardino. Calzoni corti e i sandali coi buchislacciati. Le fibbie di metallo mi sbattevano sulle caviglie. Ho attraversato il giardino. Sono arrivata al limite del prato, sul confine con il campo. La bambina con gli occhialetti mi ha seguita, in silenzio. C’era per terra, dentro una bucagrinzosa, una piccola forma accoccolata. Era rosa, con unapeluria bianca fitta. Aveva una specie di muso crostoso. Ci siamochinate per guardarla meglio. Aveva due manine piccole e

perfette, i piedini bluastri. Il muso sporco era una faccia. Con gliocchi ciechi e la bocca piena di schiuma bianca. Sembrava una cosadi un altro pianeta. L’ho toccata con un dito. Era senzatemperatura, come toccare un foglio di carta. L’ho scossa. Si è mossa avanti e indietro come un fagotto di stracci. Ho preso la terra e gliel’ho buttata sopra finché la buca non si è riempita e non si vedeva più niente. La bambina con gliocchiali mi ha aiutata in silenzio.Dopo siamo tornate in giardino, ma di giocare non ne avevamovoglia, e neanche di parlare. Il pomeriggio è arrivato in fretta. E poi la sera. La notte non ho dormito. Pensavo alla cosa piccola che c’era nel campo, da sola. Non l’ho mai detto a nessuno. La bambina con gli occhialetti neanche. Se era un bambino, o un animale strano, non l’ho mai saputo. So solo che il giorno dopo eravamo già grandi e l’estate ha cominciato a farci paura. Quando mi capita di camminare in campagna, penso sempre a quella cosa. Mi ricordo l’azzurro crudele di quel giorno d’estate e penso che è sempre così, per tutti, il giorno in cui si impara per la prima volta la morte. È sempre un giorno crudele.

Copyright by Simona Vinci 1999

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magine di un’anima,Nicolò sembra ani-mare la nuda pietra:egli è colui che davavita alla materia(«Qui vitam saxis da-bat...», così è nell’e-pitaffio riportato sulmuro della chiesa diS. Giovanni dei Cele-stini, in via D’Aze-glio). Basta vedere

I L PO S T O D E L L E F R A G O L E

uando ho letto, in un pieghevole re-lativo a una mostra fiorentina in cor-so sulla Giovinezza di Michelange-lo, che “sarà possibile ammirare

straordinari capolavori di Michelangelo diffi-cilmente visibili, provenienti dagli altari echiese di Bologna...”, mi sono immaginato lascena: l’Arca di San Domenico, all’internodella basilica intitolata allo stesso santo, e, vi-sibilissima, l’assenza di uno dei due angelireggicandelabro, quello di destra per chi guar-da, involato per documentare una rara giovi-nezza. È un angelo ricciuto, in ginocchio;scolpito per far riscontro all’angelo a sinistra,l’angelo fanciullo, meraviglioso e dolce, diNicolò venuto di Puglia che sarà chiamato ineterno “dell’Arca”, perché di tale magnificomonumento egli fece la cimasa. L’angelo diMichelangelo è un adolescente: scolpito, cre-do, nel 1494, come le altre due statue sue del-l’Arca (il San Petronio nella parte anteriore eil San Procolo nella posteriore), è come il sim-bolo precoce di un’anima; quella di un ragaz-zo, di un quindicenne, di Cecchino, per la cuimorte Michelangelo scriverà poi una poesia dimaniera. Non che il paragone sia peregrino.Lo stesso Michelangelo paragonò l’anima al-l’angelo. Lo fece in una poesia (sono notevolile sue poesie, e alcune assai belle) nella qualesi rivolgeva a una poetessa famosa, VittoriaColonna, della cui anima disse appunto: «Perritornar là, donde venne fora L’immortal for-ma al tuo carcer terreno Venne com’angel...».La concezione, più che cristiana, è platonica.Il corpo è un carcere che contiene l’anima, co-sì come il marmo è una prigione che contienela figura. Un carcere bellissimo e possenteperò. Se l’angelo di Michelangelo ha una suasoda energia, una sua delicata potenza, comegiovinetto romano che aspetta di entrare nel-l’età virile (ancora imberbe, ma intanto gli so-no spuntate le ali), quello di Nicolò, con unaveste che in cielo sarebbe di luce, con i capel-li lunghi che toccano l’orlo dell’ala, ha unadolcezza indimenticabile. Si vede che è pro-prio il fratello degli altri due angeli lassù, ailati del Cristo appassionato, al centro appuntodella cimasa. Sono angeli meravigliosamentedolci e consolanti. Nessuna ferita può turbarli.Nessuna morte li affatica. Le loro ali sovru-mane non saranno mai spezzate, come quelle

dell’ “angelo sopravvissuto” di una poesia diRafael Alberti (recentemente “scomparso” di-rebbero i disattenti, dimenticandosi che anchechi muore a novantasette anni ha il suo giornonatale): «L’ultima voce di un uomo insanguinòil vento. Tutti gli angeli persero la vita. Fuor-ché uno, ferito, con l’ali mozze.» Se Miche-langelo trova la forma di un angelo dentro a unmarmo, che chiede di essere liberata, viva im-

l’altro capolavoro, il Compianto, che è nellabasilica di S. Maria della Vita. Ma torniamoall’Arca. Se uno si affida ai suoi occhi, e cre-de a ciò che vede (“ho visto” perciò “so”: cosìpresso i greci sapienti, che lo attestano nellaloro lingua), non trova che manchi nulla, per-ché l’angelo michelangiolesco sembra al suoposto. Le possibilità sono due: o che gli ange-li siano ubiqui ossia capaci di sdoppiarsi per-

fettamente, oppure che l’angelo che ve-diamo adesso sia una copia. E se l’ange-lo fosse sempre rimasto al suo posto, equello di Firenze fosse una copia spac-ciata per l’opera autentica? L’ipotesi èdiabolica. E se avessero cominciato aclonare gli angeli, cominciando daquello di Michelangelo? «Un angelodel Signore apparve davanti a loro e lagloria del Signore rifulse intorno ad es-si, sì che temettero grandemente. L’an-gelo disse loro: “Non temete...” q

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Alla ricerca dellÕarcae dellÕangelo perduto

di NICOLA MUSCHITIELLO

QQ

Sotto, l’angelo di Nicolò Dell’Arca e, a destra, quello di Michelangelo conservati nella Basilica di San Domenico

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creando, per l’appunto, il personaggio se-riale di Bustianu, avvocato nuorese vissutoa cavallo tra Ottocento e Novecento e ispi-rato alla figura reale di Sebastiano Satta.Bustianu - apparso per la prima volta nelromanzo “Sempre Caro”, uscito da Frassi-nelli con la prefazione (non casuale) di An-drea Camilleri - è il protagonista anche del-l’ultimo lavoro di Fois, quel “Sangue dalcielo” (Frassinelli, pagg. 133, lire 18.000)salutato da Manuel Vàzquez Montalbàn co-me “l’apertura di un nuovo universo di fin-zione, che guadagnerà sempre più lettori diincondizionata fedeltà”. Difficile non con-cordare con la convinzione espressa dalgrande autore catalano, e ciò per due ra-gioni fondamentali. La prima è che davve-ro Fois ci propone una diversa idea di fin-zione, nel senso che - come era già apparsoevidente in testi non di genere, quali “Gen-te del libro” e “Picta” - il forte rapportocon la realtà ricercato dallo scrittore fini-sce con il rendere veritiero ciò che, di nor-ma, riesce al massimo ad essere credibile,pur restando ancorato al concetto di finzio-ne elaborato dai maestri argentini dell’or-mai secolo scorso. La seconda ragione - inun certo senso conseguente alla prima - ri-

siede nel particolare uso della linguacon cui Fois costruisce le proprie sto-rie: si tratta, infatti, di una commi-stione tra italiano e sardo, dove que-st’ultimo, però, viene utilizzato inmodo selettivo e non - come nel ca-so del pur bravo Camilleri - in ordi-ne sparso. E se nei romanzi dell’au-tore siciliano il dialetto della sua ter-

ra assume quasi una valenza dicontrappunto grottesco alle vicende più

tragiche, nello stile di Fois la lingua sar-da tende a non perdere la propria dramma-ticità (e dunque a non uscire dal contesto),avendo anch’essa il compito di sostenere laveridicità della finzione a cui si accennavain precedenza. In “Sangue dal cielo”, comein altri libri di Fois, è diversa anche l’idead’intrattenimento, di solito così legata allaletteratura di genere; e non perché falliscal’obiettivo d’intrattenere (tutt’altro), maproprio perché riesce a centrarlo senza sa-crificare l’aspirazione - che in letteraturadovrebbe essere sacrosanta - a far rifletteredi continuo il lettore, agevolato, in questo,

dalla caratterizzazione intimistica del per-sonaggio di Bustianu, i cui sentimenti - co-me scrive Montalbàn nella prefazione -“fanno parte della trama”. E anche questo- va riconosciuto a Fois - è un elementopiuttosto raro.

Novità e anticipazioni

Il ritorno in libreria di Ermanno Cavazzo-ni - a cinque anni di distanza dalla pubbli-cazione di “Vite brevi di idioti - rappresen-ta certamente la novità più rilevante perquanto riguarda la produzione letterariabolognese di questo periodo. Ambientato inuno stravagante paese/purgatorio chiamato“bassomondo”, il romanzo di Cavazzoni (“Ci-renaica”, Einaudi, pagg. 211, lire 24.000) èun viaggio surreale nella dimensione delfallimento umano, da iniziare a bordo di tre-ni di cui non si conosce la provenienza, perpoi proseguirlo in un ambiente fatto di truf-fe e di finzioni (come le case, delle quali esi-stono solo le facciate) e magari terminarlo,ammesso che sia possibile, rivedendo al-l’infinito lo stesso film (intitolato “Cirenai-ca”) proiettato nell’unica sala cinemato-grafica di questo luogo metaforico, abitatoda personaggi lirici e perduti, protagonisti,da sempre, del particolare modo di leggerela nostra realtà scelto da Cavazzoni. Allapassione per l’Inter - e alle inevitabili delu-sioni che ne conseguono, come ben sa l’au-tore di queste righe - è invece dedicato il ro-manzo d’esordio di Rudi Ghedini, intitola-to “Semifinale” e pubblicato da Theoria(pagg. 144, lire 15.000), un’opera che bens’inserisce nella scia aperta da grandi scrit-tori quali Handke, Arpino, Pasolini, Volpo-ni, Bigongiari, Soriano e tanti altri, per nul-la schizzinosi e tutti stimolati dall’irrazio-nalità e dagli aspetti artistici di unosplendido gioco. La semifinale in questioneè quella che oppose l’Inter al Monaco inCoppa Uefa, che nel libro diventa un filoconduttore al quale s’intreccia anche unastoria d’amore, ma anche la metafora diuna passionalità anomala, tipica - e non sipuò che concordare con l’autore - del ca-rattere e dell’umanità particolari che se-gnano la vita di un tifoso nerazzurro. Romantico per definizione, e dunque per-dente.

Sangue dal cielodi STEFANO TASSINARI

B O L O G N A I N L E T T E R E

invenzione di un personaggio seria-le - di norma un investigatore - co-stituisce uno degli elementi cen-tra-

li della letteratura di genere, come ben di-mostra la tradizione di tutte le varie formedel noir, sebbene la sua eventuale assenzanon pregiudichi la possibilità di scrivere deibuoni gialli. Sembrano essere questi i duepunti cardinali tra i quali posizionare la no-tevole produzione letteraria dello scrittoresardo-bolognese Marcello Fois, se non al-tro per quanto riguarda i numerosi romanziconsiderati “di genere”. Per anni, infatti,Fois ha scelto di non legarsi a un pro-tago-

nista preciso, forse per confondere un po’ leacque in un periodo storico carat-terizzatoda una sorta di furore clas-sificatorio, maanche - è chiaro - per rispettare il propriobisogno di essere un letterato a tutto cam-po. Una scelta, questa, che ha prodotto ri-sultati di grande rilievo (basti pensare, so-lo per fare un esempio tra i tanti, al perfet-to equilibrio tra qualità della scrittura etenuta dell’intreccio riscontrabile in un li-bro come “Meglio morti”), senza che il li-vello di tali risultati si sia abbassato nelmomento in cui Fois ha cambiato direzione,

LÕLÕ

Marcello Fois

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“Altezza in cui mai / si dispera / della log-gia della terra, / come la rondine / che volail più alto che può / e poivisita le gronde.” Cosìcomincia il ‘viaggio’poe-tico di Nicola Muschitiel-lo nel libro intitolato Ter-ra celeste(Edizioni Dia-basis, 1999). Cielo eterra sono appunto i con-fini del mondo in versi diMuschitiello nel lorocompenetrarsi, confron-tarsi, divergere: una ‘ter-ra’ che si fa ‘celeste’ edun cielo (‘altezza’/’rondine’) che sembranon potersi staccare fino in fondo dalle suegrondaie (‘gronde’) terrene. Le liriche di Muschitiello dipingono scenarinaturali fatti di pochi oggetti attraverso iquali il poeta rievoca grandi sentimenti,grandi spazi (“Lo vedi, è solo un ombrello /che apri quando piove, un ombrello / per ri-chiamare il sole [...] e tu, / sorta e trascor-sa, creatura / che si inventa per impugnatu-ra / lo stelo ricurvo di un fiore / grande co-me l’ombrello / che ha aperto”), spazinaturali, ma anche mentali e sentimentalispesso dominati da una forte presenza delDivino. Il mondo terreno sembra essere vi-sto attraverso un mondo celeste rievocatodall’aria, dagli uccelli (rondini soprattutto),da Dio e ad esso ‘risponde’una ‘selva’ tra ilfloreale e l’officinale (lavanda, calicanto,tarassaco...), primo anello di una catenafortemente radicata alla terra ed alla natu-ra in cui compaiono immagini d’amore, didonna, di sesso.Attraverso il caleidoscopico occhio di Mu-schitiello, tutto può convivere, forse perchétutto è evocato e quindi filtrato dal poetache nomina le cose e in questo trova la suagioia: “ Ti ho vista per strada / e ti ho chia-mata dentro / di me, come se tu fossi / tantolontana. E mai / ti ho amata tanto / comequando ti posso chiamare”.

Pagina a cura di Lorenza Miretti

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etronomie, la rivista della Confe-renza metropolitana bolognese, cu-rata dal settore studi per la pro-

grammazione della Provincia di Bologna edal settore pianificazione controllo del Co-mune di Bologna, è giunta al 14° numero. Come sempre la rivista lascia ampio spazioa tutte le problematiche e gli studi che coin-volgono la città emiliana: si va dai sondag-

gi (sui viaggi, levacanze, l’im-maginario geo-grafico dei bo-lognesi) allaprogettazionefutura (come inuovi orizzontidella logistica),dalla storia del-la politica (è ilcaso della poli-tica di sviluppodi Bordeaux) aquella cinque-centesca (le ori-gini del viaggio

moderno e dei suoi protagonisti); perché di‘Bologna’...ce ne possono essere tante!

La provincia bolognese alla fine del secoloscorso è la vera protagonista del romanzo diLuciano Montaguti, La cambiale di Euti-mio, con i suoi personaggi realmente vissu-ti e quelli inventati eppure realistici, coisuoi intrichi politici ma, soprattutto, piccoloborghesi. La vicenda si snoda attorno ad una cambia-le firmata ad un noto onorevole del luogo eprotestata ed intorno a questo evento si sno-da tutta la costruzione romanzesca di Mon-taguti. Ma ciò che più colpisce del romanzoè la costruzione formale: l’uso di brani trat-ti, per esempio, dai giornali dell’epoca o daannuari ed indicati come “documenti”, che,intercalandosi alla narrazione creano effet-ti di realistica testimonianza, e l’uso dellalingua: gaddiana, palazzeschiana, polifoni-

ca, alta e dialettale nella quale un aulicissi-mo “audacies fortuna iuvat” ben convivecon un espressivissimo “curàg Dalmèn”!Nonostante l’immediatezza e la brillantezzadella scrittura che rendono facile la lettura,il romanzo di Montaguti, dunque, permette achi lo voglia di leggere tra le righe ed indi-viduare riferimenti e paternità, codici e to-poi di illustre tradizione, di individuare tuttele tessere che compongono questo caleido-scopico romanzo.

Metronomie,atto 14¡

Mi chiamo You JungOk

Un mondo di versi

Cronache di provincia

L I B R I

MM

zione coatta e violenta di un’infanzia rapitae uccisa; si chiama Alice, ma potrebbe chia-marsi You o Susanna e non cambierebbenulla. Questo è lo spazio tragico, surreale,dinamico, impregnato di religiosità... creatoda Nuvoli, sì c’è anche il religioso con i suoipersonaggi Crocefissa, Maddalena, Nazza-reno, Gabriele, Luca...

«Mi chiamo You Jung Ok, sono una ragazzavietnamita; avevo tredici anni, stavo attra-versando a nuoto il fiume Mekong, mi sentiimale, la corrente era forte, andai sotto,svenni». Così comincia il libro di GiancarloNuvoli, Seduzioni di un insetto(edizioniL’orto) che raccoglie un romanzo, che dà iltitolo al libro, e due racconti, Il peccato diUmbertoe L’albero della cuccagnaper unalettura che nessuno si aspetti facile e che, infondo, non può essere nemmeno considera-ta una lettura, ma un’adesione quasi tattilead un’esperienza onirica virtuale. Non c’èlogica, come la si intende nella realtà, per-ché l’unica ‘logica’ possibile può esserel’irrazionalità che si sperimenta durante ilsogno o, meglio, l’incubo privato di rappor-ti spaziotemporali consuetudinari e animatoda figure trasformiste ricorrenti. Del ro-manzo, You Jung Ok non è la protagonistaed occupa solo due pagine, scarse, scarsis-sime, e nemmeno Susanna Levi lo è con lesue altre due paginette che parlano di lei, la

protagonista:«‘È quella?’,‘Sì è quellacon la tuta ros-sa. Accosta’.La fila dellabambine attra-versa la strada(...)». La pro-tagonista èAlice (al seco-lo Ania) scara-ventata, nonnel mondo del-le meraviglie,ma in quellodella prostitu-

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SP A Z I O E U R O P A

fondi strutturali sono strumenti finanziaripredisposti dall’Unione europea finaliz-zati alla promozione della coesione eco-

nomica e sociale tra gli Stati membri.Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato ilregolamento n.1260/1999 che contiene le di-sposizioni generali relative ai Fondi strutturaliper il periodo 2000-2006.Sono stati, quindi, ridefiniti gli obiettivi e glistrumenti degli aiuti strutturali alle regioni e aigruppi sociali svantaggiati, semplificando l’ar-chitettura normativa rispetto al periodo 1994-1999.

Le tipologie dei Fondi e gli obiettivi prioritari

Per Fondi strutturali si intendono il Fondo eu-ropeo di sviluppo regionale (Fesr), il Fondosociale europeo (Fes), il Fondo europeo agri-colo di orientamento e garanzia (Feaog) e lostrumento finanziario di orientamento dellapesca (Sfop).In relazione alle disposizioni generali i Fondicontribuiscono, ciascuno in maniera appro-priata, al conseguimento di tre obiettivi priori-tari: Obiettivo 1: promuovere lo sviluppo e l’ade-guamento strutturale delle regioni che presen-tano ritardi. Le regioni italiane comprese inquesto obiettivo sono: Basilicata, Cala-bria, Campania, Puglia, Sardegna e Sici-lia. La regione Molise, che figurava tra learee obiettivo 1 per il periodo 1994-1999, po-trà usufruire del sostegno dei Fondi soltanto atitolo transitorio per il periodo 2000-2006.Obiettivo 2: favorire la riconversione econo-mica e sociale delle zone con difficoltà struttu-rali. Sono comprese, perciò, le aree in fase dimutazione socioeconomica nei settori dell’in-dustria e dei servizi, le zo-ne rurali in declino, le zo-ne urbane in difficoltà e lezone dipendenti dalla pe-

sca in situazione di crisi. A tal proposito si se-gnala che il Consiglio regionale dell’EmiliaRomagna ha approvato la proposta della Giun-ta che definisce quali territori comunali rien-treranno in questo obiettivo. Rispetto al perio-do 1994-1999 sono stati inseriti 21 comunidell'area appenninica, 3 comuni e parte di ter-ritori di altri 6 comuni nell'area orientale, perun totale complessivo di 383.189 abitanti.Obiettivo 3: favorire l’adeguamento e l’ammo-dernamento delle politiche e dei sistemi diistruzione, formazione e occupazione. Tutte leregioni europee, ad esclusione di quelle inte-ressate dall’obiettivo 1, possono ottenere talifinanziamenti.

Le modalità di intervento

L’utilizzo dei Fondi si realizza mediante tre di-stinte modalità di intervento: programmi diiniziativa nazionale e regionale; iniziative co-munitarie; azioni innovatrici o pilota. I programmi di sviluppo sono presentati dagliStati membri o dalle Regioni, di concerto conla Commissione, e devono attenersi alle prio-

rità definite nella ripartizione ad obiettivo at-tuata dalla Commissione. La gestione è attuata in partenariato dalle au-torità regionali e locali, da partner economicie sociali e da altri organismi competenti.Le iniziative comunitarie consistono in pro-grammi, la cui attuazione compete agli Statimembri e /o alle loro Regioni, che consentonol’impiego di strumenti specifici atti a risolvereproblemi particolari di dimensione europea.Per il periodo 2000-2006 sono previste quattroiniziative: Interreg, che favorisce la coopera-zione transfrontaliera e interregionale volta adincentivare uno sviluppo e un assetto armonio-so e equilibrato del territorio europeo; Urban,che incentiva la rigenerazione economica e so-ciale delle città e dei quartieri in crisi al fine dipromuovere uno sviluppo urbano durevole;Leader, che interviene nell’ambito dello svi-luppo rurale mediante iniziative di gruppi diazione locale; Equal, che incoraggia la coope-razione transnazionale per la promozione dinuove pratiche di lotta alle discriminazioni ealle disuguaglianze di ogni tipo in relazione almercato del lavoro.Le azioni innovatrici o pilota contribuisconoall’elaborazione di metodi e pratiche volti amigliorare la qualità degli interventi.

Esse comprendono in particolare studi,scambi di esperienze e di informazioni el’attuazione di sistemi informatizzati digestione, sorveglianza e valutazione. Tali progetti, presentati dagli Stati

membri, dalle autorità regionali o locali o daenti privati, fanno generalmente seguito ad uninvito a presentare proposte su specifici temiindicati dalla Commissione. q

Per saperne di più:http://www.inforegio.orghttp://europa.eu.int/comm/dg16/index_en. html

Ilenia Fornea è borsista presso lo staff Info-Point Europa

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Nuovi finanziamenti dallÕUnione Europea

di I LENIA FORNEA

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Profili del

Tempo

Profili del

TempoPALAZZO ALBERGATI

CAÕ LA GHIRONDA

Zola Predosa

Provincia di BolognaAssessorato alla Cultura

Con il patrocinio della

Comune di Zola PredosaAssessorato alla Cultura

PProfili del Tempo si configura come unÕoccasione rara, come un appuntamento privilegiato nellÕambito delle manifestazioni

del 2000 con Bologna, citt� europea della cultura. Nei suggestivi scenari di Palazzo Albergati e di CaÕ La Ghironda

verranno offerte occasioni di incontro culturale di varia natura, accomunate dallÕalto livello qualitativo. Cos�, se con la mostra Ò350 diPalazzo AlbergatiÓ saranno rievocate le atmosfere di una delle dimore

pi� importanti del Settecento, negli spazi esterni ed interni di CaÕ La Ghironda sar� possibile ripercorrere lÕappassionata storia

collezionistica di Francesco Martani raggruppata in cinque eventi espositivi: ÒArte classica: dipinti dal Cinquecento allÕOttocento a CaÕ la

GhirondaÓ; ÒIl corpo nella pittura del Ô900Ó, Neoavanguardie daglianni Õ50 al Õ90; Pratiche creative nella pittura della seconda met�

del secolo; Le ultime generazioni nella collezione di CaÕ la Ghironda. Appuntamento importante nel 2001, sar� la mostra ÒÉEt imitar bene

le cose naturaliÓ naturalismo emiliano e realismo caravaggesco a confronto, ospitata in Palazzo Albergati, che proporr� un confronto

dialettico fra due dei momenti pi� significativi della storia dellÕarte italiana, attraverso opere conservate in collezioni private

mai esposte al grande pubblico. Grazie alla collaborazione tra Istituzioni Pubbliche, il Comune di Zola Predosa e la Provincia

di Bologna, e soggetti privati, la Societ� Palazzo Albergati e il Centro Culturale ÒFondazione di CaÕ La GhirondaÓ, dal gennaio del

2000 fino a settembre del 2001, un calendario di eventi selezionati accompagner� i visitatori nelle due residenze, allÕinsegna di una

progettualit� culturale che nasce da uno sforzo organizzativo congiuntoe dal desiderio di valorizzare le risorse presenti nel territorio.