capitolo 3 i bipoli e le loro caratteristiche

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Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche In questo capitolo ci si occuperà delle caratteristiche dei diversi bipoli che progressivamente introdurremo in maniera che possiate familiarizzarvi, poco a poco, con i più comuni tra essi, riconoscerne i simboli ed abituarvi a ‘maneggiarli’ (per ora ... soltanto con la mente ... per motivi di sicurezza fisica). Ricollegandoci a quanto detto nel capitolo precedente, le LK ci consentono, per una qualsiasi rete di bipoli costituita da ‘r’ lati, di scrivere ‘r’ equazioni indipendenti, alcune ai nodi, altre alle maglie. Dal momento che risolvere una rete vuol dire conoscere le correnti e le tensioni in ogni lato, che sono ‘2r’, è necessario scrivere altre ‘r’ equazioni indipendenti che, assieme alle LK, ci diano la possibilità di portare a termine questa missione. Inoltre, dato che le LK sono proprietà topologiche, cioè dipendenti dal solo grafo della rete e non dalla natura dei bipoli posti in ciascun ramo, le ulteriori informazioni che bisogna aggiungere sono relative proprio alla natura dei bipoli presenti in ciascun ramo. Il concetto di caratteristica ci darà la possibilità di specificare questa natura e di completare, almeno concettualmente, l’operazione di risoluzione della rete. 3.1 Caratteristica di un bipolo La caratteristica di un bipolo è il legame funzionale che collega la tensione e la corrente ai suoi capi. Indipendentemente dalla convenzione adottata, essa può, in maniera astratta, essere rappresentata come un certo legame funzionale che collega le variabili che descrivono il comportamento elettrico del bipolo ed alcune loro derivate. Formalmente si può scrivere come una legame tra tensione, corrente e le loro derivate F t , v , i , dv dt , di dt , = 0 . Nello scrivere la funzione ‘F’, abbiamo indicato le diverse grandezze senza riportare esplicitamente la dipendenza dal tempo, allo scopo di semplificare la notazione adoperata. Detto in questi termini, la caratteristica di un bipolo rappresenta un legame, che può essere di tipo algebrico e/o differenziale, tra la tensione e la corrente che, scritto nella forma implicita riportata, risulta piuttosto

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Page 1: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

Capitolo 3

I bipoli e le loro caratteristiche

In questo capitolo ci si occuperà delle caratteristiche dei diversi bipoli cheprogressivamente introdurremo in maniera che possiate familiarizzarvi, poco apoco, con i più comuni tra essi, riconoscerne i simboli ed abituarvi a ‘maneggiarli’(per ora ... soltanto con la mente ... per motivi di sicurezza fisica).Ricollegandoci a quanto detto nel capitolo precedente, le LK ci consentono, per unaqualsiasi rete di bipoli costituita da ‘r’ lati, di scrivere ‘r’ equazioni indipendenti,alcune ai nodi, altre alle maglie. Dal momento che risolvere una rete vuol direconoscere le correnti e le tensioni in ogni lato, che sono ‘2r’, è necessario scriverealtre ‘r’ equazioni indipendenti che, assieme alle LK, ci diano la possibilità diportare a termine questa missione. Inoltre, dato che le LK sono proprietàtopologiche, cioè dipendenti dal solo grafo della rete e non dalla natura dei bipoliposti in ciascun ramo, le ulteriori informazioni che bisogna aggiungere sonorelative proprio alla natura dei bipoli presenti in ciascun ramo. Il concetto dicaratteristica ci darà la possibilità di specificare questa natura e di completare,almeno concettualmente, l’operazione di risoluzione della rete.

3.1 Caratteristica di un bipolo

La caratteristica di un bipolo è il legame funzionale che collega la tensione e lacorrente ai suoi capi. Indipendentemente dalla convenzione adottata, essa può, inmaniera astratta, essere rappresentata come un certo legame funzionale che collegale variabili che descrivono il comportamento elettrico del bipolo ed alcune loroderivate. Formalmente si può scrivere come una legame tra tensione, corrente e leloro derivate

F t , v , i , dvdt

, didt

, = 0 .

Nello scrivere la funzione ‘F’, abbiamo indicato le diverse grandezze senzariportare esplicitamente la dipendenza dal tempo, allo scopo di semplificare lanotazione adoperata. Detto in questi termini, la caratteristica di un bipolorappresenta un legame, che può essere di tipo algebrico e/o differenziale, tra latensione e la corrente che, scritto nella forma implicita riportata, risulta piuttosto

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2 − I bipoli e le loro caratteristiche

difficile da utilizzare: evidentemente, nella pratica, esso si ridurrà a delle forme piùo meno trattabili e/o esplicitabili. Ad esempio, se il legame non dipendeesplicitamente dal tempo, il bipolo si dirà tempo - invariante e la precedenterelazione diventa:

F v , i , dvdt

, didt

, = 0 .

Se poi si elimina pure la dipendenza dalle derivate di qualsiasi ordine, la relazioneviene detta caratteristica statica e si riduce alla più semplice

F v , i = 0 .

Quando è possibile scrivere la caratteristica statica in forma esplicita, in funzionedella tensione oppure della corrente, nel qual caso il bipolo è detto ‘diniano’, sipossono presentare due casi:

a) la caratteristica assume la forma

v = r(i) ,

ed in tal caso il bipolo si dice controllato in corrente, poiché ad ogni correntecorrisponde certamente un’unica tensione, ma non è detto che sia vero il viceversa;b) la caratteristica assume la forma

i = g(v) ,

ed in tal caso il bipolo si dice controllato in tensione, poiché ad ogni tensionecorrisponde certamente un’unica corrente, ma non è detto che sia vero il viceversa.

Da quanto detto in precedenza si deduce che un bipolo può essere classificato comelineare oppure non lineare se tale è il legame caratteristico che collega tra lorotensione e corrente (ed eventualmente le loro derivate). A titolo di esempio, siriporta, in Figura 3.1, la caratteristica statica di un bipolo non lineare: questobipolo, sul quale è stata fatta la convenzione dell’utilizzatore, è conosciuto comediodo a giunzione ed occupa un posto importante nella moderna Elettronica. La nonlinearità del legame tra la tensione e la corrente è evidente dal grafico dellacaratteristica, che può essere analiticamente espressa dalla relazione

i = IS exp vη VT

- 1 ,

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3 − I bipoli e le loro caratteristiche

in cui IS è un parametro, detto corrente inversa di saturazione, che rappresenta lacorrente che attraversa il dispositivo quando esso è sollecitato da una forte tensionenegativa

ilimv → - ∞

= - IS ;

η dipende dal tipo di materiale semiconduttore con cui è realizzato il diodo e valeapprossimativamente 1 per diodi al germanio, 2 per quelli silicio; VT, infine, èl’equivalente in tensione della temperatura ed è pari a

VT = T11660

,

con T temperatura assoluta del dispositivo. A temperatura ambiente (T ≅ 293 K),VT ≅ 25 mV. Notiamo incidentalmente che si tratta della caratteristica statica di unbipolo controllato sia in tensione che in corrente.

i

v0IS

Figura 3.1: caratteristica statica di un diodo.

Nei prossimi paragrafi forniremo esempi concreti di bipoli e discuteremo indettaglio le loro caratteristiche. Prima, però, di approfondire con degli esempi ilconcetto di caratteristica, vale la pena di introdurre il concetto di ‘bipoloequivalente’ che, oltre ad essere un valido aiuto nella risoluzione delle reti,rappresenta anche un potente strumento di pensiero.

• Bipolo equivalenteImmaginiamo di avere a disposizione un certo numero di bipoli, collegati tra diloro in maniera qualsiasi. È bene sottolineare che abbiamo bisogno di elementi di

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4 − I bipoli e le loro caratteristiche

connessione tra i morsetti, che negli schemi grafici rappresenteremo con dei trattidi linea, che uniscono i bipoli (in fondo, si tratta di semplici cortocircuiti, comespecificheremo meglio nel seguito). Nella pratica, essi saranno realizzati conconduttori ad elevata conducibilità, tipicamente in rame.

+

A

B

+

A

B

Bipolo equivalente

i(t)

i(t)

v(t)

v(t)

Figura 3.2: generica rete elettrica.

Consideriamo una rete di bipoli qualsiasi, come, ad esempio, quella mostrata inFigura 3.2. Nella rete, abbiamo evidenziato due nodi (A e B) in corrispondenza deiquali si può applicare una certa tensione v(t) ed inviare una corrente i(t). Dato chel’intera rete, ‘vista dai morsetti A e B’, può pensarsi come un unico bipolo, è chiaroche tra la tensione v(t) e la corrente i(t) sussiste un legame che dipenderà dallanatura dei singoli bipoli che compongono la rete e dal modo in cui essi sonocollegati tra loro. Tale legame costituisce la caratteristica della bipolo visto daimorsetti A e B. Ora, è chiaro che, se al posto della intera rete terminante con imorsetti A e B, mettiamo un unico bipolo, che abbia proprio la stessa caratteristicadel bipolo AB, il resto della rete non ha modo di accorgersi della sostituzione, etutte le correnti e le tensioni negli altri rami della rete restano inalterate. Per questomotivo, diremo che la rete iniziale, vista dai morsetti AB, ed il nuovo bipolo sonofra loro equivalenti.Riassumendo, diremo che due bipoli, comunque costruiti al loro interno, sonoequivalenti quando presentano la stessa caratteristica. Resta inteso che l’equivalenzasi limita a ciò che accade al di fuori di questi bipoli, poiché al loro interno essirestano comunque diversi.

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5 − I bipoli e le loro caratteristiche

Emerge, allora, con chiarezza che, ogni volta che parliamo di bipolo equivalente auna rete, è indispensabile precisare (a meno che non sia evidente) due cose: da qualimorsetti si deve considerare la rete; che il bipolo equivalente può sostituire la retesoltanto per gli effetti esterni (dato che ha la stessa caratteristica), ma non puòfornire alcuna indicazione su quanto accade all’interno della rete sostituita.

• Parallelo e serie di bipoliNel primo capitolo, si è già visto che, dati due bipoli, ci sono solo due tipi dicollegamento realizzabili, e sono mostrati in Figura 3.3. Il primo collegamentoprende il nome di collegamento in parallelo, il secondo di collegamento in serie.

(a) (b)

Figura 3.3: (a) parallelo e (b) serie di bipoli.

Per entrambi vogliamo determinare, note le caratteristiche dei due bipolicomponenti, la caratteristica del bipolo equivalente. Esaminiamo separatamente idue casi.Consideriamo il parallelo di due bipoli, come indicato in Figura 3.4. I morsettidel primo bipolo sono A e B; quelli del secondo C e D. Applichiamo la LKT allamaglia ABCD:

- v1 + v2 = 0 → v1 = v2 .

L’elemento caratterizzante un collegamento in parallelo consiste, dunque, nel fattoche i due bipoli sono soggetti alla stessa tensione v1 = v2 = v.Per comprendere in che modo possa ottenersi la caratteristica del bipoloequivalente, riferiamoci, con le convenzioni di segno indicate, ancora alla Figura3.4 e consideriamo le caratteristiche dei due bipoli. In base alla LKC applicata auna superficie gaussiana che contenga i due nodi A e C (oppure B e D) ma tenga

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6 − I bipoli e le loro caratteristiche

fuori il nodo E (oppure F), la corrente che attraversa il bipolo equivalente è parialla somma delle correnti che circolano nei bipoli 1 e 2.

E Fii1

i2

+ −v2

v1+ −A B

C D

−+ −E F

v

i = i1 + i2

Figura 3.4: due bipoli in parallelo.

Dunque, per ottenere la caratteristica del bipolo equivalente basta sommare lecorrenti dei due bipoli in parallelo che corrispondano alla tensione considerata.

Consideriamo, ora, due bipoli collegati in serie, come mostrato in Figura 3.5,ed applichiamo la LKC al nodo B

- i1 + i2 = 0 → i1 = i2 .

L’elemento caratterizzante il collegamento sta dunque nel fatto che i due resistorisono attraversati dalla stessa corrente.

+

+

−+

E

F

A

D

B ≡ C

v1

v2

v

i1

i2

+

E

F

v

i = i1 = i2

Figura 3.5: due bipoli in serie.

Anche questa volta, considerando un nuovo bipolo i cui morsetti siano E ed F(Figura 3.5), chiediamoci quale sia la caratteristica di questo nuovo bipolo. La LKTalla maglia tratteggiata in Figura 3.5, essendo i la corrente che attraversa entrambii bipoli 1 e 2, quindi anche il bipolo equivalente, suggerisce che, per ottenere unqualsiasi punto della caratteristica del bipolo equivalente, basta sommare le tensionisui bipoli 1 e 2 in corrispondenza della corrente considerata.

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7 − I bipoli e le loro caratteristiche

• La ‘targa’ di un bipoloUn fatto pratico che è utile che sappiate subito ( ... e non dimentichiate mai) è cheogni bipolo reale possiede una sua ‘targa’, sulla quale sono riportate le informazioniprincipali che servono a farlo funzionare nelle condizioni migliori (si dice, ingergo, ‘in condizioni nominali’). Questa targa può essere fatta in diversi modi: avolte, è una vera e propria etichetta applicata al bipolo; altre, è semplicementescritta direttamente sull’involucro del bipolo; altre ancora, è fatta da una specie di‘codice a barre’, del tipo di quelli segnati per i prezzi sui prodotti dei supermercati.Tutto questo, però, è evidentemente poco importante: quel che conta è che, sulbipolo, siano segnati i suoi specifici ‘dati di targa’.Vediamo quali sono di solito questi dati, e perché sono necessari, cominciando,come al solito, con un esempio semplicissimo: quello di una comunissimalampadina. Bene, se guardate con un po’ di attenzione (di solito in cima al bulbo divetro), riuscirete a leggere, ad esempio: 220 V e 100 W, oppure 220 V e 60 W.Cosa ci dicono questi dati? Semplice: che la prima lampada per funzionare almeglio deve essere collegata a una tensione di 220 V. Il secondo dato, quello sullapotenza, ci fornisce anche un’altra informazione: quando alla lampada vieneapplicata la d.d.p. di 220 V, la potenza elettrica che essa assorbe è di 100 W. Se,infatti, usassimo una tensione minore, diciamo 100 V, la potenza elettrica assorbitadalla lampada sarà sicuramente minore di 100 W. Segue che la lampadapraticamente non si accende in queste nuove condizioni (o, comunque, emette unaluce fiochissima). Verrebbe fatto allora di dire: applichiamo alla lampada unatensione maggiore di 220 V, in modo che la potenza elettrica assorbita sia maggioredi 100 W e la lampada faccia ‘più luce’. Certamente sì; ma c’è un difetto. Per farpiù luce, il filamento della lampada dovrà ‘salire’ a una temperatura più alta diquella prevista dal costruttore; dopo poco tempo, il filamento si rompe ... e lalampada è da buttare via.Ecco, allora, cosa vuol dire far funzionare un bipolo nelle ‘condizioni nominali’,corrispondenti ai suoi dati di targa: farlo funzionare in modo che, nel caso dellalampada, la luce sia quella desiderata, né di più, né di meno, e duri il più a lungopossibile.Quanto finora detto per il caso della lampadina, vale in realtà per qualsiasi bipolo.Possiamo verificarlo, andando a leggere la targa, per esempio, di unalavabiancheria, una lavastoviglie, un ventilatore. Vedremo che, in tutti i casi, la‘targa’ del bipolo riporterà i valori nominali di tensione e di potenza elettrica, oltread altri ancora, che spiegheremo più avanti. Ma, per ora, quello che vi abbiamodetto sulla targa di un bipolo ... può bastare.

3.2 Resistori

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8 − I bipoli e le loro caratteristiche

In questo paragrafo, senza pretendere di dare alcuna completa spiegazione fisica deicosiddetti fenomeni di conduzione elettrica, è opportuno fare almeno un cennobrevissimo che faciliti nella comprensione del funzionamento di quei particolaribipoli che vanno sotto il nome di resistori.

• La caratteristicaA questo scopo, si ricorda che i corpi materiali si comportano in maniera differentequando sono soggetti a fenomeni elettrici. Tra i costituenti elementari della materia,vi sono particelle cariche elettricamente: elettroni e ioni. Queste cariche,specialmente gli elettroni, sono più o meno legate alla struttura del corpo materialee, quindi, più o meno libere di muoversi, a seconda della natura dei diversi corpimateriali. Sotto l’azione di una differenza di potenziale oppure di altre forze, lecariche ‘libere’ si muovono, dando luogo ad una corrente elettrica.Da questo punto di vista e con una classificazione per il momento solo grossolana, sipuò inserire ogni materiale in una scala che vede ad un estremo l’isolante perfetto,un materiale in cui non ci sono cariche libere, o, se presenti, sono del tutto impeditenel loro moto, ed all’altro estremo il conduttore perfetto in cui le cariche, presentiin gran numero, sono completamente libere di muoversi. Il vuoto, per esempio, fintanto che rimane tale, è certamente un perfetto isolante, mentre un corpo metallico,il rame, per esempio, portato a bassissima temperatura, può essere considerato unabuona esemplificazione di conduttore perfetto.Nei materiali metallici, o conduttori di prima specie, le cariche responsabili dellacorrente sono gli elettroni più esterni degli atomi che costituiscono il materialestesso. Questi elettroni, debolmente legati ai rispettivi atomi, formano in effetti unaspecie di nube elettronica che, sotto l’azione di una differenza di potenziale, si mettein moto e produce una corrente.Per un gran numero di conduttori e per un campo di variabilità dei parametri ingioco discretamente ampio, sussiste una relazione di proporzionalità tra la d.d.p.applicata e la corrente prodotta: a questa relazione di proporzionalità viene dato ilnome di legge di Ohm. È questa proprio la famosa ... legge di Ohm, che, perl’epoca in cui fu scoperta, i primi decenni del XIX secolo, ebbe meritatissima fama.Ora, però, che le cose possono essere riguardate in prospettiva storica, sicomprende meglio che essa gioca, in realtà, il ruolo di una importante caratteristicastatica, valida per certi tipi di bipoli, ma non certo quello di una legge generalevalida per tutti i circuiti, come è invece il caso della LKC e della LKT.Ciò detto, si torni alla legge di Ohm per illustrarne l’enunciato più chiaramentepossibile. Si supponga, allora, di avere un corpo conduttore, schematicamenterappresentato in Figura 3.6, e di individuare sulla superficie che lo racchiude duepunti, fra i quali si applica una d.d.p. ‘v(t)’.

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9 − I bipoli e le loro caratteristiche

+ − + −(a) (b)

v(t) = R i(t)

i(t)i(t)

v(t) v(t)

v(t) = - R i'(t)

i'(t)i'(t)

Figura 3.6: la legge di Ohm (a) secondo la convenzione dell’utilizzatore e (b) delgeneratore.

Si supponga, inoltre, di essere in grado di far circolare nel corpo una qualsiasicorrente ‘i(t)’. Una volta fissati i punti di accesso della corrente, il moto dellecariche all’interno del corpo si svilupperà in una ben precisa maniera che non ènecessario, però, in questa fase, specificare in maggior dettaglio. Se, in questecondizioni, si immagina di applicare agli stessi punti, diverse differenze dipotenziale e si misurano le correnti che ne derivano, si avrà modo di verificare che,raddoppiando la tensione, raddoppia la corrente, dimezzando la tensione, dimezza lacorrente, e così via; si ha, cioè, utilizzando, come in Figura 3.6a, la convenzionedell’utilizzatore

v(t) = R i(t) ,

con R ≥ 0. Alla costante di proporzionalità R, che nel Sistema Internazionale simisura in ohm (Ω), viene dato il nome di resistenza del corpo in esame, quandoalimentato nella maniera indicata. Questa precisazione è necessaria perché a voleressere proprio pignoli, il valore della costante R, in generale, cambia se cambiano idue punti di applicazione della d.d.p., così come cambia ancora, se, invece di duepunti ideali pensiamo a due superfici attraverso le quali la corrente viene portata eprelevata; in questo caso R dipende anche dalla forma ed estensione di tali superfici,dette elettrodi. Per questo motivo ci si rende indipendenti dalla forma deglielettrodi supponendoli, in una situazione ideale, addirittura puntiformi. Per ilmomento, comunque, tutto questo può essere trascurato dicendo che il corpo ha unasua ben precisa resistenza, non negativa. Dalla relazione riportata, deriva subito cheun resistore ha una resistenza pari a 1 Ω quando, ‘alimentato’ ai morsetti con unatensione di 1 V, è percorso da una corrente di 1 A.Naturalmente la stessa legge di proporzionalità può essere espressa nella formaequivalente

i(t) = G v(t) ,

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10 − I bipoli e le loro caratteristiche

dove la grandezza G = 1/R prende il nome di conduttanza ed è misurata in siemens(S), anch’essa positiva, tutt’al più nulla. Nella letteratura tecnica anglosassone,l’unità di misura della conduttanza è il ‘mho’, che è nient’altro che la parola ‘ohm’scritta al contrario.Vale la pena chiedersi come camba, nella forma, la legge di Ohm, se si adotta, peril resistore, la convenzione del generatore, invece di quella dell’utilizzatore. Unmomento di riflessione fatta sulla figura 3.6, osservando che la nuova corrente i'(t)è ora opposta alla ‘vecchia i(t)’, di Figura 3.6a, consente di concludere che

v(t) = R i(t) = R [- i'(t)] = - R i'(t) ,

essendo la resistenza R la stessa di prima, vale a dire in ogni caso positiva!Sinteticamente si può dire che la caratteristica di un resistore è

v(t) = ± R i(t) ,

in cui R è la stessa, ha cioè lo stesso valore, sempre positivo, ed il segno ‘+’ vale seviene adottata la convenzione dell’utilizzatore, mentre il segno ‘-’ vale se vieneadottata la convenzione del generatore. Naturalmente, i grafici corrispondenti alledue relazioni caratteristiche sono riportati in Figura 3.7a e 3.7b.

R

+ −v

i

0 i

v(a)

R

+ −

i

v

0

v(b)

i

Figura 3.7: caratteristica statica e simbolo circuitale di un resistore.

È interessante approfondire l’analisi del contenuto della legge di Ohm allo scopo dicercare di distinguere in essa la parte che dipende dalla forma del corpo da quellache invece dipende strettamente dalla natura del materiale.Per semplicità espositiva assumiamo una forma molto semplice: un cilindroabbastanza lungo rispetto alla sua dimensione trasversale (Figura 3.8).

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11 − I bipoli e le loro caratteristiche

S

L

R = ρ LSρ

Figura 3.8: resistenza di un conduttore cilindrico.

In queste ipotesi, accurate indagini sperimentali condotte da Ohm nei primi decennidel XIX secolo mostrarono che per molti conduttori metallici, in un ampio campodi valori, vale una formula di questo tipo:

R = ρ LS

,

dove ρ prende il nome di resistività del materiale (il suo inverso σ quello diconducibilità) e dipende solo dalla sua natura e dalle condizioni fisiche in cui sitrova ad operare (ma non dalla forma del corpo), mentre L è la lunghezza e Sl’area della sezione trasversale del cilindro. La resistività si misura in Ωm (ohm -metro), oppure anche in Ωmm2/m, mentre la conducibilità in S/m.Qui di seguito sono riportati valori indicativi della resistività di alcuni materiali allatemperatura ambiente, misurate in ‘milionesimi di Ωm’ (µΩm). Comprenderetecosa sia il coefficiente di temperatura più avanti.

Resistività(µΩ/m)

Coefficiente di temperatura(°C-1)

Argento 0.0164 0.038Rame 0.0176 0.0039Oro 0.023 -Alluminio 0.028 0.004Tungsteno 0.055 0.0045Ferro 0.1 ÷ 0.15 0.006Costantana 0.5 0.0000031Carbone 20 ÷ 100 0.0002

Come si vede rame e argento presentano una resistività molto bassa. Il ramecostituisce il miglior compromesso, in termini di bassa resistività e basso costo, e

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12 − I bipoli e le loro caratteristiche

per questo motivo è di gran lunga il materiale più usato nelle applicazionielettriche, tanto che nel linguaggio comune rame è diventato sinonimo diconduttore elettrico. Nella Figura 3.9 sono riportati alcuni resistori commerciali.

Figura 3.9: realizzazione pratica di resistori.

Ad esempio, sapendo che l’area della sezione di una rotaia di acciaio(ρacciaio = 0.18 µΩm) è pari a S = 45 cm2, concludiamo immediatamente che untratto di lunghezza L = 15 km presenta una resistenza pari a

R = ρ LS

= 0.6 Ω .

In Figura 3.10 rappresentiamo, ancora una volta nel piano tensione - corrente, lacaratteristica v = R i di un resistore ed il relativo simbolo circuitale: lacaratteristica è una retta che passa per l’origine, con inclinazione che dipende dalvalore della resistenza. L’inclinazione rispetto all’asse orizzontale è ben misuratadal valore della funzione trigonometrica tangente dell’angolo α, in Figura 3.10. Alvariare di R, quindi, la retta sarà più o meno inclinata sull’asse delle I: quantomaggiore è R, tanto più verticale tenderà ad essere la retta; e viceversa.

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13 − I bipoli e le loro caratteristiche

0

α

i

v

R

+ −v = R i

i

Figura 3.10: inclinazione della caratteristica statica di un resistore.

• Dipendenza della resistività dalla temperatura nei buoni conduttoriQuando abbiamo introdotto il bipolo resistore, abbiamo sottolineato come la suaresistenza dipenda, oltre che dalla forma del sistema, anche dalla resistività ρ delmateriale di cui il corpo è fatto.È ragionevole allora presumere che la resistività di un materiale non sia unacostante indipendente dalle condizioni fisiche del materiale stesso.Un fattore importante da cui la resistività dipende è la temperatura del corpo.

0

1

2

3

4

5

6

7

-200 0 200 400 600 800

Resistività del rame

T (°C)

T0 Valori calcolati

Valori misurati

ρ (µΩ

cm

)

Figura 3.11: variazione della resistività del rame con la temperatura.

Limitandoci ai buoni conduttori, la Figura 3.11 mostra che la dipendenza di ρ(T) èapprossimabile, in un vasto campo di temperature, con una retta. In altri terminipossiamo scrivere che

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14 − I bipoli e le loro caratteristiche

ρ(T) = ρ(T0) 1 + α (T - T0) ;

alla costante α viene dato il nome di coefficiente di temperatura del materiale. Datala relazione di proporzionalità tra resistività e resistenze, la stessa dipendenza dellatemperatura si ritroverà anche nel valore della resistenza, sicché

R(T) = R(T0) 1 + α (T - T0) .

I valori di α si trovano facilmente in opportune tabelle per i diversi materiali:generalmente per T0 si sceglie la ‘temperatura ambiente’ pari a 20 °C circa. Per ilrame, prodotto con procedimento elettrolitico, per esempio, tale coefficiente valeα = 0.038 (°C)-1.La curva di resistività mostrata in Figura 3.11 non va a zero al tendere a zero dellatemperatura, come potrebbe sembrare, ma la resistività residua a questatemperatura è circa 0.02 ⋅ 10-8 Ωm; per molte sostanze, invece, la resistenza diventazero a bassa temperatura.

-0.02

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14

0 1 2 3 4 5 6

Resistenza del mercurio

R (

Ω)

T (K)

Figura 3.12: la resistenza del mercurio si annulla al di sotto di 4 K.

Nella Figura 3.12 è riportata la resistenza di un campione di mercurio pertemperature inferiori ai 6 K. In un intervallo di circa 0.05 K la resistenza scendebruscamente a un valore tanto basso da non essere misurabile. Questo fenomeno,chiamato superconduttività, fu scoperto da Kammerlingh Onnes, in Olanda, nel1911. Sembra che la resistenza dei metalli nello stato di superconduttività sia

Page 15: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

15 − I bipoli e le loro caratteristiche

veramente zero; infatti, le correnti, una volta che abbiano cominciato a circolare incircuiti superconduttivi chiusi, persistono per settimane senza diminuire, anche senon vi è alcuna batteria nel circuito.Se si aumenta la temperatura appena sopra il valore a cui inizia la superconduttivitào se si applica un intenso campo magnetico, queste correnti si riducono rapidamentea zero. Comunque, dall’epoca della scoperta di Onnes sono state individuate moltealtre sostanze che presentano un’analoga transizione di fase.

Superconduttore TC (K)Tecnezio 11.2Niobio 9.2Piombo 7.2Vanadio 5.0Mercurio 4.2

Indio 3.4Alluminio 1.2Cadmio 0.5Titanio 0.4

Questa transizione avviene ad una temperatura, chiamata temperatura critica TC,che varia da sostanza a sostanza, come riportato nella tabella precedente.

Perché, per questi materiali, si verifica il fenomeno della superconduttività?La risposta viene da una teoria molto complicata, denominata teoria BCS, dal nomedei tre fisici che l’hanno formulata nel 1957, cioè Bardeen, Cooper e Schrieffer, laquale mostra che, a basse temperature, gli elettroni si muovono a coppie (le coppiedi ‘Cooper’), ignorando completamente la presenza del reticolo cristallino: simuovono come se fossero nel vuoto, senza incontrare alcuna resistenza. In tempirecenti, nel 1986, sono state individuate sostanze che diventano superconduttrici atemperature molto più elevate, dell’ordine di 35 K. Alcune sostanze ceramiche,realizzate ultimamente, esibiscono questo fenomeno addirittura a temperaturedell’ordine di un centinaio di gradi kelvin. Ebbene, non sembra che a questo ordinedi temperature sia possibile la manifestazione della superconduttività secondo lemodalità previste dalla teoria BCS. Così la superconduttività ‘ad alte temperature’aspetta ancora una spiegazione soddisfacente.In attesa di tale spiegazione, sono comunque in corso ricerche tese ad ‘inventare’materiali che diventino superconduttori a temperature sempre più elevate. Questericerche hanno un valore applicativo rilevante: se si riuscisse a realizzare unsuperconduttore a temperatura ambiente, sarebbe possibile trasportare la corrente

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16 − I bipoli e le loro caratteristiche

elettrica da una centrale di produzione ad una città senza alcuna ‘perdita’ di energiadovuta all’effetto Joule.

• Parallelo di resistoriLimitiamoci, ora, al caso di due resistori in parallelo, aventi resistenza R1 e R2,mostrato in Figura 3.13.

−+E

F

R1

R2

i1(t)

i2(t)

v(t)i(t)

Figura 3.13: parallelo di due resistori.

Si può scrivere, avendo fatto la convenzione dell’utilizzatore, che

v(t) = R1 i1(t) = R2 i2(t) .

D’altra parte, per la LKC, la corrente i(t) deve essere la somma della correnti i1(t)e della corrente i2(t)

i(t) = i1(t) + i2(t) = v(t)R1

+ v(t)R2

= v(t) 1R1

+ 1R2

,

somma che può essere anche scritta nella forma

i(t) = v(t)RE

,

in cui, per brevità, abbiamo introdotto la resistenza (equivalente)

RE = 11

R1 + 1

R2

.

Il bipolo equivalente è ancora un resistore di resistenza RE, conformemente allerelazioni seguenti:

v(t) = R1 R2

R1 + R2 i(t) = RE i(t) → RE = R1 R2

R1 + R2 .

Page 17: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

17 − I bipoli e le loro caratteristiche

Dato che il parallelo di due resistori rappresenta un’operazione che, con moltafrequenza, si presenterà nelle nostre applicazioni, si introduce il simbolo

R1 || R2 = R1 R2

R1 + R2 ,

per indicare sinteticamente questa situazione circuitale.Consideriamo, poi, il parallelo di N resistori, mostrato in Figura 3.14. Vogliamotrovare il resistore equivalente ‘visto’ dai morsetti AB.

A

B

+

i(t)

i1(t) i2(t) i3(t) iN-1(t) iN(t)

RNRN-1R3R2R1

Figura 3.14: parallelo di N resistori.

Poiché il parallelo impone la stessa tensione VAB ai capi di ciascun resistore, lecorrenti si possono scrivere nella forma:

ik(t) = vAB(t)Rk

= Gk vAB(t) , con k = 1, 2, , N .

Inoltre, poiché, per la prima legge, la corrente totale i(t) vale

i(t) = ik(t)∑k = 1

N ,

è immediato ricavare che

i(t) = GkvAB(t)∑k = 1

N = vAB(t) Gk∑

k = 1

N .

Pertanto, la conduttanza equivalente di N resistori in parallelo si ottiene sommandole conduttanze di ciascun lato

Page 18: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

18 − I bipoli e le loro caratteristiche

GE = G1 + G2 + + GN ,

e, quindi, la resistenza equivalente è data da:

RE = 1GE

= 1G1 + G2 + + GN

= 11

R1 + 1

R2 + + 1

RN

.

Nel caso particolare N = 2, ritroviamo immediatamente la formula stabilita inprecedenza:

GE = 1RE

= G1 + G2 = 1R1

+ 1R2

→ RE = R1 R2

R1 + R2 .

• Partitore di correntePossiamo ora stabilire come si ripartisce la corrente nel parallelo di due resistenze,poiché è questo un caso che si incontrerà molto di frequente. Dato che, come sievince dalla Figura 3.13,

i(t) = i1(t) + i2(t) ,

e le due correnti valgono rispettivamente

i1(t) = v(t)R1

e i2(t) = v(t)R2

,

si può scrivere

i(t) = v(t)R1

+ v(t)R2

= v(t) 1R1

+ 1R2

→ v(t) = i(t) R1 R2

R1 + R2 .

Tornando alle due correnti, in definitiva, risulta (regola del partitore di corrente)

i1(t) = i(t) R2

R1 + R2 e i2(t) = i(t) R1

R1 + R2 .

• Serie di resistoriRagionamenti analoghi portano all’individuazione della caratteristica del bipoloequivalente alla serie di due resistori, mostrato in Figura 3.15. Si avrà, dunque,applicando la LKC al nodo A:

Page 19: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

19 − I bipoli e le loro caratteristiche

- i1(t) + i2(t) = 0 → i(t) = i1(t) = i2(t) .

+

+

−+

R1

R2

A

v2(t)

v1(t)

v(t)

i1(t)

i2(t)

Figura 3.15: serie di due resistori.

D’altra parte, per la LKT, applicata alla maglia tratteggiata in Figura 3.15, siottiene

v(t) = v1(t) + v2(t) ,

e quindi, indicando con i(t) e v(t) le grandezze del bipolo equivalente alla serie,otteniamo

v(t) = v1(t) + v2(t) = R1 i(t) + R2 i(t) = (R1 + R2) i(t) = RE i(t) .

Segue che il bipolo equivalente è ancora un resistore con resistenza pari a

RE = R1 + R2 .

R1 R2 RN

A

B

+

i(t)

i(t)

Figura 3.16: serie di N resistori.

In generale, se consideriamo la serie di N resistori, è facile scrivere (Figura 3.16)che la resistenza equivalente vale:

RE = R1 + R2 + + RN .

Page 20: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

20 − I bipoli e le loro caratteristiche

La lampadine che usiamo per addobbare l’albero di natale possono essereconsiderate come N resistori in serie. Ora, come spesso accade, qualcuna si rompe(diciamo che ‘si brucia’) e, come è abitudine diffusa, la togliamo dalla ‘serie’ (inpratica sostituiamo la lampadina rotta con un pezzetto di carta stagnola perrealizzare un cortocircuito). Ci accorgiamo, però, che, dopo non molto tempo, sene rompe anche una seconda, poi una terza, fin quando l’intera serie risultainutilizzabile. Cosa è accaduto? Si è verificato che, dopo la eliminazione dellaprima, la corrente che circola nelle lampadine è aumentata perché, avendo sostituitouna resistenza con un cortocircuito, la RE è diminuita. Ora, dato che la tensioneerogata dalla rete elettrica di casa non è cambiata, la corrente deve aumentare (vene potete accorgere notando un incremento della luminosità). Ma un aumento dellacorrente porta con sé una maggiore potenza assorbita dagli elementi rimasti chesono costretti a lavorare in condizioni più difficili, non certamente, entro i limiti dipotenza per i quali erano stati progettati. Ciò produce l’effetto di rottura ‘a valanga’descritto. Sarebbe buona norma, allora, eliminare la lampadina rotta e sostituirlacon un’altra identica funzionante.

• Partitore di tensioneVogliamo ora stabilire come si ripartisce la tensione in una serie di due resistenze.Dato che

v(t) = v1(t) + v2(t) ,

e le due tensioni valgono rispettivamente

v1(t) = R1 i(t) e v2(t) = R2 i(t) ,

si può scrivere

v(t) = R1 i(t) + R2 i(t) = (R1 + R2) i(t) → i(t) = v(t)R1 + R2

.

Tornando alle due tensioni, in definitiva, risulta (regola del partitore di tensione)

v1(t) = v(t) R1

R1 + R2 e v2(t) = v(t) R2

R1 + R2 .

Per prendere dimestichezza con il parallelo e la serie di due (o più resistori), qui diseguito, presentiamo alcuni semplici esempi.

Page 21: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

21 − I bipoli e le loro caratteristiche

Esempio 1 - Calcolare la resistenza equivalente vista dai morsetti AB per la retemostrata in figura. Si assuma R1 = 12, R2 = 21, R3 = 11.

R1 R2

R3

A B

La resistenza equivalente richiesta dall’esercizio può essere facilmente valutataoperando prima ‘la serie tra R1 e R2’:

R = R1 + R2 = 33 ,

e poi, calcolando il parallelo tra R e R3, in modo da ottenere:

RAB = R || R3 = R R3

R + R3 = 8.25 .

Si noti che R1 non è in parallelo con R3, né lo è R2; soltanto la serie di R1 e di R2 èeffettivamente in parallelo con R3.

Esempio 2 - Per la rete mostrata in figura, calcolare la resistenza equivalente vistadai morsetti AB. Si assuma R = 6.

A

B

R

R

R

R

C

D

Page 22: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

22 − I bipoli e le loro caratteristiche

Tra i due nodi C e D vi è il parallelo tra un resistore e la serie di due resistori, tuttidi valore R. Con riferimento alla figura precedente, possiamo concludere che laresistenza equivalente vista dai morsetti AB vale

RAB = R + 23

R = 53

R = 10 .

A

B

RC

D

23

R

A

B

R

R

C

D

2R

Esempio 3 - Verificare che la resistenza equivalente della rete infinita diresistenze mostrata in figura vale RAB = R 3 + 1 .

RR

RA

B

R

R

R

RR R

La chiave per la soluzione di questo esercizio sta nella seguente osservazione: se larete si ripete identicamente a se stessa, all’infinito, in qualsiasi punto della catena dicelle identiche si immagini di valutare la resistenza equivalente, si dovrà trovaresempre lo stesso risultato, proprio perché la catena è infinita. Questa osservazionegiustifica lo schema equivalente mostrato nella figura che segue, schema che porta aun’equazione di secondo grado la cui incognita è la resistenza equivalente desiderataRAB.

Page 23: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

23 − I bipoli e le loro caratteristiche

A

B

R

R

R

RABRAB

Imponendo che la resistenza vista dai morsetti AB valga proprio RAB, si puòscrivere l’equazione (si tratta di un’equazione razionale, in cui l’incognita sipresenta anche al denominatore)

RAB = 2R + R || RAB = 2R + R RAB

R + RAB .

Eliminando il denominatore comune, si arriva all’equazione algebrica di secondogrado

RAB2 - 2 R RAB - 2 R2 = 0 ,

che, avendo un discriminante positivo, fornisce immediatamente le due soluzionireali

RAB = R 1 ± 3 .

Inutile dire che, delle due soluzioni possibili del problema matematico, quellanegativa va scartata perché fisicamente inconsistente: nei limiti dei bipoli da noiconsiderati la resistenza non può essere negativa! È compito di corsi più avanzati,come quello di Teoria dei Circuiti, mostrare come si possa realizzare un resistorecon resistenza negativa, che, in ultima analisi, è un bipolo attivo (si rammenti chesul bipolo resistore intendiamo sia stata fatta la convenzione dell’utilizzatore).

• Legge di JouleCominciamo col determinare, in generale, la potenza elettrica assorbita da unresistore. Sulla base delle definizioni generali date nel primo capitolo, si ha subito,indipendentemente dalla convenzione di segno fatta per il resistore:

Page 24: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

24 − I bipoli e le loro caratteristiche

pel-ass(t) = v(t) i(t) = [R i(t)] i = R i2(t) = v2(t)R

(standard) ;

pel-ass(t) = - v(t) i(t) = - [- R i(t)] i(t) = R i2(t) = v2(t)R

(non standard) .

In ogni caso, quindi, essendo R ≥ 0, la potenza elettrica assorbita è positiva, comedeve essere. C’è da chiedersi ora che ‘fine faccia’ questa potenza elettrica. Larisposta è semplice: in un qualsiasi resistore, essa si trasforma completamente incalore. La legge di Joule afferma che un resistore, nel tempo ∆t, trasforma incalore un’energia elettrica pari a

∆u = p(t)∆ t

dt = R i2(t)∆ t

dt .

Ricordando che

1 kcal = 4186 J ,

possiamo dire che la legge di Joule impone che la quantità di calore ∆Q, sviluppatada una corrente elettrica i(t) che attraversa un conduttore di resistenza R per untempo ∆t, cioè

∆Q = ∆u4186

≅ 0.00024 R i2(t)∆ t

dt .

Assumendo, poi, che la corrente non vari nel tempo, la relazione precedente diventa

∆Q ≅ 0.00024 R i2 ∆t ,

e, pertanto, la quantità di calore sviluppata è direttamente proporzionale allaresistenza del conduttore, al quadrato dell’intensità della corrente ed alla durata delpassaggio della corrente stessa. Questo effetto è particolarmente dannoso quando idue poli di un generatore di tensione vengono messi a contatto tra loro senza laintermediazione di un apparecchio di sufficiente resistenza, cioè vengono disposti incortocircuito: in questo caso, l’intensità della corrente è limitata dalla sola resistenzainterna del generatore e può diventare molto elevata, tanto grande da sviluppareuna quantità di calore tale da bruciare l’impianto. Tuttavia vi sono applicazionipratiche di grande utilità dell’effetto Joule, alcune delle quali qui di seguitoricordiamo.

Page 25: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

25 − I bipoli e le loro caratteristiche

- Stufe e fornelli elettrici. Si tratta essenzialmente di fili, costruiti con opportuneleghe metalliche ad elevata resistenza, ad esempio al nichelcromo, di notevolelunghezza e di sezione molto piccola, avvolti a spirale oppure ad elica su unsostegno di materiale isolante e refrattario, di solito a base di argilla. Il caloresviluppato dalla corrente può essere utilizzato per riscaldare ambienti, far bollirel’acqua oppure cuocere i cibi.- Valvole fusibili. Sono tratti di filo di piombo (di sezione opportuna), o comunqueleghe a basso punto di fusione, che si inseriscono nel circuito, fatto generalmente dirame. Quando, per cause accidentali, l’intensità della corrente dovesse innalzarsitroppo, il calore da essa prodotto fa sciogliere il piombo, che fonde a 327 °C,interrompendo il circuito ed evitando in tal modo il pericolo di incendio.

Rame Rame

Piombo

Figura 3.17: rappresentazione schematica di una valvola fusibile.

- Ferro da stiro. È costituito da un’impugnatura P di materiale isolante entro laquale passano i conduttori che fanno capo ad un interruttore K, da una massapesante M (il ferro, per poter stirare, deve avere un certo peso), da una resistenzaR in nichelcromo e da una lastra cromata L, che è quella che si applica all’oggettoda stirare.

alla reteelettrica

RM

L

PK

Figura 3.18: ferro da stiro elettrico.

I fili del circuito, partendo dalla resistenza e percorrendo l’impugnatura, fannocapo, per mezzo di una spina, alla normale presa di corrente.- Scaldabagno elettrico. Il recipiente C, contenente l’acqua da riscaldare, ècircondato da un involucro isolante I e, da un apposito condotto A, da cui entra

Page 26: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

26 − I bipoli e le loro caratteristiche

l’acqua fredda. Nel recipiente si trovano una resistenza R ed un termometro T,tipicamente un’asta metallica che, allungandosi per effetto del calore, interrompe ilcircuito quando l’acqua ha raggiunto la temperatura massima stabilita, e lo richiudequando la temperatura si abbassa fino al valore minimo, al di sotto del quale nondeve scendere. Un secondo condotto B si spinge fino alla parte alta del recipiente.Facendo passare la corrente, il resistore si riscalda e riscalda l’acqua; l’acqua calda,che ha minor peso specifico dell’acqua fredda, sale nella parte alta del recipiente esi scarica, attraverso il secondo condotto, nella vasca da bagno. La parete esternadel recipiente è in lamiera sottile; quella interna in lamiera robusta di acciaio. Ilmateriale isolante è ordinariamente lana di vetro, costituita da fibre di vetroottenute trattando il vetro fuso con getti di vapore acqueo.

R

T

→ alla rete elettrica

A (acqua fredda)

B(acqua calda)

I

C

Figura 3.19: schema di uno scaldabagno.

- Lampadina elettrica. Le prime lampadine (che erano a filamento di carbone) sidevono all’inventore americano T.A. Edison. Una lampadina è costituita daun’ampolla di vetro contenente un filamento metallico, generalmente di tungsteno,un metallo che fonde a 3400 °C. Il filamento è assai sottile e ripiegato parecchievolte per presentare, in un piccolo spazio, una notevole lunghezza e, quindi, unanotevole resistenza: il filamento viene così reso incandescente dalla corrente. Seall’interno dell’ampolla si fa il vuoto, la temperatura del filamento raggiunge2200 °C; se vi si introduce azoto o gas nobili, che non reagiscono chimicamente conil metallo, la temperatura si può elevare fino a 2500 °C, e la luce è più bianca.

Page 27: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

27 − I bipoli e le loro caratteristiche

L’intensità delle sorgenti luminose si misura in candele; vi sono lampadine checonsumano, per ogni candela irradiata, un watt di potenza e durano in media 1000ore. Altre consumano mezzo watt per candela, le cosiddette lampadine ‘mezzowatt’,e durano (700 ÷ 800) ore. Sul vetro della lampadina è indicata la tensione in voltche deve avere il circuito e la potenza in watt: per una lampadina che consuma 1watt per candela, 50 watt significano 50 candele; per una lampadina ‘mezzowatt’significano 100 candele.Due o più lampadine si possono collegare in serie oppure in parallelo. Nel primocaso, le lampadine si accendono e si spengono tutte insieme.

L1 L2C

rete elettrica

Figura 3.20: parallelo di lampadine.

Nel secondo caso, ogni lampadina è indipendente dalle altre e ciascuna può essereaccesa o spenta manovrando un commutatore.

• Valori di targaVediamo, ora, quali sono le caratteristiche tecniche più importanti, alcune dellequali abbiamo descritto già in precedenza, che determinano il comportamentoelettrico, meccanico e termico di un resistore.Valore ohmico nominale e tolleranza. Il valore ohmico effettivo di un resistoregeneralmente non coincide con il valore nominale, ma se ne discosta per unadeterminata quantità, detta tolleranza, esprimibile come percentuale del valorenominale. La tolleranza è comunemente indicata in valore assoluto e condiziona lascelta dei valori nominali.Potenza nominale dissipabile. È tipicamente espressa in watt ed indica la potenzaelettrica che può essere assorbita dal componente, ad una determinata temperatura,senza che intervengano alterazioni permanenti nella struttura del resistore.Coefficiente di temperatura. Indica la variazione della resistenza in funzione dellatemperatura.Tensione nominale massima. Per valori ohmici elevati, indica la tensione disuperamento della rigidità dielettrica dei materiali isolanti presenti nel resistore.

Page 28: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

28 − I bipoli e le loro caratteristiche

Coefficiente di tensione. Indica la variazione del valore della resistenza in funzionedella tensione applicata.Coefficiente di resistenza - frequenza. Indica la variazione della resistenza, relativaal valore della medesima in corrente continua, al variare della frequenza.

• Realizzazione dei resistoriVi sono due classi: quella dei resistori a resistenza costante, di cui ci occuperemodopo in qualche dettaglio, e quella dei resistori a resistenza variabile, dipendenti dauna grandezza meccanica (potenziometri) oppure dalla temperatura (termistori,varistori).I resistori a resistenza costante si dividono, per la loro realizzazione, in trecategorie: resistori ad impasto, resistori a filo e resistori a strato.I resistori ad impasto sono costituiti da una miscela di carbone (grafite), talco edargilla legati assieme da resine fenoliche in proporzioni varie a seconda del valoredi resistenza che si vuole ottenere; il tutto viene pressato a caldo in formacilindrica, i terminali metallici (reofori) sono affogati nella massa compressa. Ilcilindretto viene sottoposto ad un trattamento termico che ha il compito dipolimerizzare completamente le resine. Infine lo si riveste con una custodia isolante(bachelite o ceramica), si bloccano gli estremi con un cemento isolante e si proteggela custodia isolante con una verniciatura a lacca isolante. Indipendentemente dalvalore ohmico i resistori vengono realizzati in formati e dimensioni diverse aseconda della potenza dissipabile. Valori tipici, per questi resistori ad impasto, sono0.25, 0.5, 1, 2 watt. Per concludere, riportiamone le caratteristiche fondamentali:valore di resistenza con tolleranza piuttosto elevata, robustezza sia meccanica cheelettrica, piccole dimensioni ed induttanza parassita (si veda anche il seguito)praticamente nulla.Altra categoria e quella dei resistori a filo. Sono costituiti, come la stessa paroladice, da un filo metallico avvolto su un supporto ceramico cilindrico o su unsupporto piatto fatto di bachelite. L’avvolgimento viene protetto mediante laccaturaresistente a temperature dell’ordine dei 150 °C, o mediante vetrificazione di unosmalto che resiste a temperature dell’ordine dei 350 °C. I due estremi del filovengono fissati con fascette che fungono anche da terminali. I fili metallici, chegeneralmente vengono usati, sono costituiti da leghe di nichel e cromo (per le altepotenze), di nichel, cromo ed alluminio (per alti valori di resistenza), di nichel erame (per resistenze di alta precisione). Il diametro dei fili, oltre che dipendere dalsupporto e dal tipo di lega adoperato, è legato al valore di resistenza da realizzare.Generalmente, visto le precisioni ottenibili, questi resistori vengono usati percostruire strumenti di misura, apparecchiature professionali e resistenze campione,a meno che il valore di potenza si mantenga al di sotto dei 2 W. A causadell’avvolgimento con cui vengono realizzate, non possono essere usate alle alte

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29 − I bipoli e le loro caratteristiche

frequenze a causa di inevitabili f.e.m. indotte; per ridurre questi effetti reattivi, avolte vengono realizzati avvolgimenti particolari capaci di generare flussi magneticiopposti che si compensano a vicenda (avvolgimento Ayrton - Perry).L’ultima classe è quella dei resistori a strato, costituiti da una sottile pellicola(dell’ordine di alcuni micron) di materiale resistivo avvolta su un supportocilindrico isolante. Su questa pellicola viene praticato un solco che attraversa, aspirale, tutto il cilindro; i terminali vengono generalmente fissati a pressione agliestremi del cilindro che viene rivestito con un involucro isolante. Le caratteristicheprincipali di questo tipo di resistenze sono l’alta precisione, l’elevata stabilità ed ilbuon comportamento alle alte frequenze. Gli strati vengono realizzati con diversimateriali che imprimono al resistore caratteristiche differenti. I materiali sono,tipicamente, il carbone, gli ossidi metallici, i metalli e le vernici metalliche.I resistori a strato di carbone non vanno usati alle alte temperature, presentanovalori di resistenza che vanno da 10 Ω a 10 MΩ, con tolleranze dell’ordine del 5%,2%, 1%, e sono in grado di assorbire potenze di qualche watt.I resistori a strato di ossido di metallo possono essere usati a temperature un po’ piùelevate di quelle delle resistenze a strato di carbone; hanno valori di resistenza chevanno da 1 Ω a 2 MΩ, tolleranze e potenza dissipabile dello stesso ordine digrandezza di quelle a carbone.I resistori a strato metallico non sono soggetti ad apprezzabili variazioni diresistenza, tipicamente compresa nell’intervallo 10 Ω ÷ 10 MΩ, con tolleranzedell’ordine dello 0.1% per resistenze comuni, presentano, invece, valori ditolleranza dell’ordine dello 0.01% per resistori ad alta precisione.I resistori a strato ceramico (cermet) hanno valori di resistenza che vanno da 10 Ωa 2.5 MΩ, con tolleranze dell’ordine del 5% e valori di potenza dissipabile diqualche watt.I resistori a strato sottile sono costituiti da una lega di nichel e cromo, o di nichel ecobalto, o di tantalio ed alluminio, hanno valori di resistenza che vanno da 1 Ω a50 MΩ, con tolleranze dell’ordine del 1%.Infine, i resistori a strato di vernice metallica hanno valori di resistenza compresitra 1 Ω e 500 kΩ, con tolleranze dell’ordine dell’1% e valori di potenza dissipabiledi qualche watt.

• Cortocircuito e circuito apertoDue casi speciali si evidenziano immediatamente: quello in cui è α = 0 e quello incui α = π/2. Discutiamone subito, perché nella pratica, assumono particolareimportanza.Nel caso del cortocircuito, essendo nulla la resistenza, dalla legge di Ohmdiscende che (Figura 3.21)

Page 30: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

30 − I bipoli e le loro caratteristiche

v(t) = 0 , quale che sia la corrente .

Ciò implica che, quale che sia il valore della corrente che circola in questoparticolare resistore, detto appunto cortocircuito (ideale), la d.d.p. ai suoimorsetti resta nulla. Esso, nella pratica, può essere realizzato mediante un ‘chiodo’di rame, abbastanza corto, e di diametro abbastanza robusto. Ad esempio un chiododi rame lungo 1 cm e di diametro pari pure a 1 cm, è un eccellente cortocircuito,non ‘ideale’, ma ... quasi! La caratteristica statica di un cortocircuito coincide conl’asse orizzontale (delle correnti), come in Figura 3.21.

0

v

i

i

Figura 3.21: caratteristica statica e simbolo di un corto circuito.

Prima di procedere oltre, non possiamo fare finta di ignorare che, nella pratica,quando si parla di ‘cortocircuiti’, si pensa a effetti ‘catastrofici’, o comunque aincidenti più o meno gravi. Vediamo di capire perché, cominciando con unsemplice esempio. Consideriamo il circuito rappresentato in Figura 3.22, in cui ungeneratore di tensione (vedi oltre) è collegato a due resistori. Il generatore ditensione eroga ai suoi capi una tensione costante (E), come fa una normale batteria.Non è difficile concludere che la corrente che attraversa i tre bipoli, il generatoredi tensione ed i due resistori, è la stessa, indicata con i.

+

A B

C

E

i

i

R2

R1

Figura 3.22: rete per spiegare il ‘catastrofico’ effetto di un corto circuito.

Page 31: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

31 − I bipoli e le loro caratteristiche

Ora, la rete di Figura 3.22 è costituita da una sola maglia e, pertanto, applicando laLKT, si ottiene:

vAB + vBC + vCA = 0 .

Sostituendo in questa relazione le caratteristiche dei due resistori

vAB = R1 i e vBC = R2 i ,

si ottiene immediatamente che

R1 i + R2 i - E = 0 .

Dall’ultima relazione si può ricavare facilmente la corrente

i = ER1 + R2

.

La potenza elettrica erogata dal generatore è dunque pari a

pel-ero = + E i = E ER1 + R2

= E2

R1 + R2 .

Ad esempio, per E = 1 kV, R1 = 1 e R2 = 100, si ha che

i = 1000101

A ≅ 10 e pel-ero = 10002

101 ≅ 10 kW .

Il nostro utilizzatore, cioè il resistore R2, corrisponde, dunque, grosso modo a ‘unadecina di scaldabagni’ funzionanti insieme.Vediamo ora cosa succede se, per un incidente, la R2 diventa zero, cioè diventa uncortocircuito (perché il nostro dispositivo utilizzatore si rompe). Rifacciamo i contida capo, in queste nuove condizioni, ottenendo subito:

i' = ER1 + 0

= 10001

= 1 kA e pel-ero = E i' = 10002 = 1 MW !

Si arriva così a una potenza erogata cento volte maggiore della precedente (10 kW),la quale, ancora una volta, per la legge di Joule, non può trasformarsi in questecondizioni, in altra forma di energia diversa del calore! Ecco, allora, che il

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32 − I bipoli e le loro caratteristiche

generatore, il resistore R1, nonché i fili di collegamento, per smaltire questoimprovviso aumento di calore, debbono riscaldarsi, fino ad arroventarsi, e nei casipiù sfortunati fino ad ... incendiarsi. Di qui, i significati catastrofici attribuiti spessoall’innocente bipolo cortocircuito.

Il secondo caso di grande interesse corrisponde a quello in cui per qualsiasi tensioneai morsetti, la corrente che attraversa il bipolo è sempre nulla. Si ha, così:

i(t) = 0 , per ogni tensione applicata .

Un tale bipolo si potrebbe realizzare frapponendo tra i morsetti un perfetto ‘nonconduttore’, cioè un materiale isolante. Esso prende il nome di bipolo circuitoaperto (oppure a vuoto).

0

i(t) = 0

i

v

Figura 3.23: caratteristica statica e simbolo di un circuito aperto.

Tornando all’analogia con il resistore, questo caso, corrisponde a quello in cui è laconducibilità elettrica del conduttore a essere uguale a zero. In tale evenienza, si hache per qualsiasi valore di tensione ai morsetti del bipolo la corrente che loattraversa è sempre nulla, come in Figura 3.23.Contrariamente al caso precedentemente illustrato, il ‘circuito aperto’ non richiamaalla memoria situazioni ... catastrofiche. Eppure, quando studierete gli impiantielettrici, vedrete che anch’esso può essere talvolta pericoloso.

3.3 Generatori indipendenti

Passiamo ora ad esaminare le caratteristiche di quei bipoli che forniscono energiaelettrica ai circuiti, cioè i bipoli attivi, e cominciamo da quelli che possono essereconsiderati ‘ideali’: i cosiddetti generatori indipendenti di tensione e di corrente. Isimboli grafici che useremo per indicare questi due bipoli sono mostrati in Figura3.24.

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33 − I bipoli e le loro caratteristiche

+ −+ −

i(t)

e(t)

v(t)

i0(t)(b)(a)

Figura 3.24: simboli per (a) il generatore di tensione e (b) per quello di corrente.

Qualche volta, specialmente se si tratta di un generatore di tensione continua, cioècostante nel tempo, si adotta anche il simbolo di Figura 3.25.

E

+ −

Figura 3.25: simbolo talvolta usato per un generatore di tensione costante.

Cominciamo col chiederci quale sia la caratteristica di un generatore ideale ditensione. In generale, un generatore ideale di tensione può imporre una tensionevariabile nel tempo con una forma d’onda nota ed indipendente dalla corrente chein esso circola, cioè

v(t) = e(t), ∀ i(t) .

Il fatto che questo generatore eroghi una forma d’onda assegnata quale che sia lacorrente che lo attraversa, implica che, a qualunque rete sia collegato, la tensione aisuoi capi assume sempre l’andamento temporale dettato dalla funzione e(t).Tentiamo di spiegare perché questo bipolo è attivo e, tanto per fissare le idee,immaginiamo che esso sia collegato ad una rete ed eroghi una tensione semprepositiva. L’energia elettrica assorbita in un certo intervallo è, allora, pari a

Uel-ass(t1 , t2) = e(t)t1

t2

i(t) dt .

La corrente ‘i(t)’ che attraversa il generatore di tensione dipende dalla rete cui ècollegato e può essere definitivamente positiva, negativa, oppure a segni alterni. Seessa è negativa, cosa che può accadere, e sul bipolo si è fatto la convenzione

Page 34: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

34 − I bipoli e le loro caratteristiche

dell’utilizzatore, l’energia elettrica assorbita risulta negativa e da ciò discende che ilgeneratore di tensione è un bipolo attivo.

+

+

e(t) v(t)

i(t)

R0

v(t) = e(t) - R0 i(t)

Figura 3.26: generatore reale di tensione.

La caratteristica di un generatore ideale di tensione può soltanto approssimarequella di un generatore reale. È infatti implicito nella caratteristica di un generatoreideale di tensione che esso possa erogare una potenza grande quanto si vuole, allimite infinita quando la corrente è infinita. Naturalmente un generatore reale nonpotrà avere una tale proprietà: se la corrente che circola nel generatore diventatroppo grande la tensione non si mantiene uguale al valore che assume quando lacorrente è zero (tensione a vuoto), ma diminuisce fino a tendere a zero e acambiare segno per un valore di corrente finito che prende il nome di corrente dicorto circuito del generatore. Il modo più semplice di rappresentare ungeneratore reale di tensione (Figura 3.26) è quello di considerare ungeneratore ideale di tensione con tensione uguale alla tensione a vuoto delgeneratore reale in serie con un resistore che porta in conto gli effetti dovuti alla‘resistenza interna’ del generatore reale. Questo modello di generatore reale ditensione tende a quello ideale quando la resistenza interna tende a zero.

In modo del tutto simile, si può introdurre un nuovo bipolo ideale in cui circola unacorrente con una forma d’onda assegnata e indipendente dalla tensione tra iterminali,

i(t) = i0(t), ∀ v(t) .

Un tale bipolo, per il quale si possono sviluppare considerazioni analoghe a quellerelative al generatore ideale di tensione, prende il nome di generatore ideale dicorrente ed è anch’esso un bipolo attivo, come è facile provare ripetendo leconsiderazioni presentate per il caso dei generatori di tensione. Invece, ungeneratore reale di corrente è mostrato in Figura 3.27.

Page 35: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

35 − I bipoli e le loro caratteristiche

+

i0(t)

i(t)

v(t)R0 i(t) = i0(t) - v(t)R0

Figura 3.27: generatore reale di corrente.

Spesso sui bipoli generatori può essere opportuno non utilizzare la convenzionenormale, quella dell’utilizzatore, ma l’altra, che, per questo motivo, viene appuntodetta convenzione del generatore. Comunque vi è sempre la massima libertà diadoperare la convenzione che si vuole; solo l’uso e l’abitudine ci fanno preferiretalvolta l’una all’altra.

• Collegamento di generatoriProviamo ora a prendere in considerazione i due tipi di collegamento, in serie eparallelo, che abbiamo già esaminato nel caso dei resistori, anche per i bipoligeneratori. In Figura 3.28 sono mostrati quattro diversi casi ottenuti combinandogeneratori ideali di corrente e di tensione.Per quanto riguarda i casi a) e b), è facile convincersi che i bipoli equivalenti,applicando la LKT in Figura 3.28a alla maglia segnata e la LKC al nodo A inFigura 3.28b, sono ancora un generatore ideale, rispettivamente di tensione pari ae1(t) + e2(t) , e di corrente pari a i1(t) + i2(t).

Page 36: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

36 − I bipoli e le loro caratteristiche

+

+

+

A

B

+

+

+

+

A

B

A

B

A

B

(a) (b)

(c)

(d)

+

I2

i(t)

i(t)

i(t)

i(t)

v(t)

v(t)

v(t)

v(t)

e2(t)

e2(t)

e1(t)

e1(t)

i1(t)

i1(t)

i2(t)

i2(t)

Figura 3.28: possibili collegamenti di generatori.

I casi c) e d) sono leggermente meno evidenti; per comprendere la natura del bipoloequivalente rappresentato nel caso c), per esempio, non basta considerare che, per ilmodo in cui il collegamento è realizzato, il generatore di tensione impone la suatensione ai morsetti del bipolo equivalente. Occorre ancora mostrare che talebipolo, deve essere in grado di erogare qualsiasi corrente mantenendo costante lasua tensione ai morsetti. Ciò è vero perché, essendo la corrente erogata dalgeneratore di tensione arbitraria, anche la corrente i(t) totale lo è, perché somma diuna corrente fissa i1(t) e di una arbitraria i2(t):

i(t) = i1(t) [fissa] + i2(t) [arbitraria] .

Analogamente, nel caso d), avremo un generatore equivalente ideale di corrente.Di proposito abbiamo lasciato per ultimi i due casi rappresentati in Figura 3.29,dato che tali collegamenti danno luogo a contraddizioni insanabili.

Page 37: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

37 − I bipoli e le loro caratteristiche

+

+

+

+

(a) (b)

e1(t) e2(t)

i(t)

v(t)v(t)

i(t)

i1(t)

i2(t)

Figura 3.29: collegamenti impossibili di generatori.

Cominciamo ad esaminare il caso a). I due generatori ideali di corrente sono inserie e ‘vorrebbero imporre’ la loro rispettiva corrente ai morsetti del generatoreequivalente, la quale d’altra parte non può che essere unica. Se le due correnti sonodiverse, ciò crea una situazione assurda, poiché ciò equivarrebbe a scrivere, peresempio, nel caso a) di Figura 3.29:

i(t) = i1(t) e i(t) = i2(t) , con i1(t) ≠ i2(t) !

Il caso b) si analizza in maniera analoga. Infatti, i due generatori ‘vorrebberoimporre’ la loro tensione ai morsetti del generatore equivalente. D’altra parte taletensione non può che essere unica, laddove deve essere v(t) = e1(t) e, allo stessotempo v(t) = e2(t), con e1(t) ≠ e2(t). Eccoci ancora una volta incappati in unainsanabile contraddizione.

Nelle situazioni reali, le cose si sanano, poiché non ci si trova mai di fronte ageneratori ideali. Per motivi che chiariremo in seguito, sono comunque da evitareper problemi pratici le situazioni schematizzate in Figura 3.29, come mostral’esempio che segue.

Esempio 4 - Due batterie’ sono collegate in parallelo come mostrato in figura.Determinare le correnti che attraversano le batterie ‘a vuoto’, quando, cioè, sonocollegate ad un circuito aperto. I due generatori erogano una tensione costante esono schematizzati come generatori reali. Si assuma che E1 = 40, E2 = 10, R1 = 0.2,R2 = 0.1.

Page 38: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

38 − I bipoli e le loro caratteristiche

R2

1 2

R1

+

+

3 4

E1 E2

A

Bi1(t) i2(t)

i(t) = 0

Dato che i due generatori sono collegati ad un circuito aperto, la corrente i(t) deveessere nulla (come suggerito in figura) e, per determinare le due correnti i1(t) e ,basta applicare le LK. Anche se i nodi 1 e 2 (3 e 4) sono del tutto equivalenti dalpunto di vista elettrico, abbiamo preferito riportarli per chiarezza nello schema.Dunque, applicando la LKC al nodo 2, otteniamo:

- i1(t) - i2(t) = 0 → i1(t) = - i2(t) .

Invece la LKT, applicata alla maglia formata dai due generatori, ci consente discrivere:

v31(t) + v24(t) = 0 → - E1 + R1 i1(t) + E2 - R2 i2(t) = 0 .

Riassumendo le due ultime equazioni trovate, otteniamo, allora, il sistema:

i1(t) = - i2(t) ,

R1 i1(t) - R2 i2(t) = E1 - E2 .

Risolvendo queste sistema, determiniamo le due correnti cercate:

i1(t) = E1 - E2

R1 + R2 = 100 , i2(t) = E2 - E1

R1 + R2 = - 100 .

Come potete constatare, le due correnti sono piuttosto elevate e lo diventano tantopiù, quanto più le due resistenze interne dei generatori sono piccole. È questo ilmotivo per cui due batterie non si collegano mai in parallelo: prima o poi, datal’elevata corrente che si instaura tra loro, le ritroveremo completamente scariche.

Page 39: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

39 − I bipoli e le loro caratteristiche

3.4 Condensatori

Sin dai primi studi sull’elettricità, verso la metà del secolo XVIII, alcuni ricercatoriiniziarono a chiedersi se fosse possibile immagazzinare in un conduttore una certaquantità di carica elettrica, facendo in modo che questa non venisse dispersa. Ilprimo strumento costruito per questo scopo è la cosiddetta ‘bottiglia di Leida’, chedeve il suo nome alla città olandese nella quale lo studioso Pieter vanMusschenbroek la costruì nel 1745. La bottiglia di Leida era costruita da unabottiglia di vetro rivestita, sia internamente che esternamente, da un foglio di cartastagnola opportunamente caricato; una piccola catena di materiale conduttore incontatto con la stagnola veniva fatta fuoriuscire dal tappo (isolante) della bottiglia.Se si toccava la catenella, si avvertiva una forte scossa elettrica, a dimostrazione chela bottiglia era un accumulatore di cariche elettriche. La bottiglia di Leidarappresenta il primo esempio di condensatore, un mezzo molto semplice perimmagazzinare carica elettrica.

• La caratteristicaConsiderate con attenzione la Figura 3.30: in essa abbiamo disegnato due conduttoridi forma piana, isolati e posti, faccia a faccia, in un mezzo isolante. Questo sistemaviene detto condensatore e, da ora in poi, indipendentemente dalla loro geometria,chiameremo i due conduttori armature del condensatore.Per comprendere l’origine di questo nome, supponiamo che sulle armature, chesono isolate dagli oggetti che le circondano, vi siano cariche uguali ed opposte, + qe - q. Il campo elettrico sostenuto da questa distribuzione di cariche è costituito dalinee di forza che escono da un’armatura e terminano sull’altra, linee parallele edequispaziate nella regione centrale, compresa tra i due conduttori, e si diradanonella regione più esterna (non mostrata in figura). Questo fatto suggerisce l’idea dilinee che si condensano, che si accumulano, in una certa regione e supportanol’intuizione che gran parte dell’energia del campo si concentri tra le due armature.Spiegheremo rigorosamente nel seguito questi concetti, per il momento cominciamoad analizzare il caso in cui il dielettrico interposto sia il vuoto; più avantirimuoveremo questa ipotesi, ammettendo l’esistenza di un generico dielettrico.

Page 40: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

40 − I bipoli e le loro caratteristiche

E

+ q

- q

d

h

A

Figura 3.30: condensatore piano.

Il condensatore è, dunque, caratterizzato da due grandezze: il valore assoluto dellacarica q dei due conduttori e dalla differenza di potenziale V0 che si instaura traessi. Insistiamo sul fatto che q non è la carica totale del condensatore, che è nulla,ma è quella, considerata in valore assoluto, contenuta su ciascuna armatura e si puòpensare di depositare queste cariche sulle armature, semplicemente collegandole aidue elettrodi di una batteria. Queste due grandezze, che come detto caratterizzano icondensatori, sono legate tra loro dalla seguente relazione, che per il momento nondimostriamo

q = C V0 ,

dove la costante di proporzionalità C è chiamata capacità del condensatore. Lacapacità dipende dalla forma e dalla posizione relativa delle armature, nonché daldielettrico interposto tra esse. L’unità di misura della capacità è il farad, in onore aMichael Faraday che, tra le altre cose, sviluppò il concetto di capacità. Inparticolare si nota che

C = q

V0 = 1 C

1 V = 1 F .

Nella pratica vengono usati dei sottomultipli, quali il microfarad 1µ F = 10-6 F, ilpicofarad 1nF = 10-9 F ed il nanofarad 1pF = 10-12 F, in quanto il farad è un’unitàdi misura troppo grande.Nella Figura 3.30 abbiamo mostrato un condensatore piano i cui conduttori hannola forma di due armature parallele, di area A, separate da un distanza d: si tratta inultima analisi di due piatti piani e paralleli, abbastanza estesi e di formarettangolare. Abbiamo accennato in precedenza che, se colleghiamo ciascuna

Page 41: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

41 − I bipoli e le loro caratteristiche

armatura ai terminali di una batteria, una carica + q si deporrà su di una armatura,ed una di valore - q apparirà sull’altra. Notiamo ora che se d è piccolo rispetto alledimensioni delle armature, allora l’intensità del campo elettrico fra le armature èpressoché uniforme e le linee di forza saranno parallele ed ugualmente spaziate,partendo dall’armatura positiva e terminando su quella negativa. Per noncomplicare troppo la trattazione, supporremo che non vi sia campo elettricoall’esterno del condensatore; in effetti, ciò è a rigore falso dato che, se tale campofosse veramente assente, cioè se non ci fosse campo al di fuori delle armature, leequazioni dell’elettromagnetismo mostrerebbero una insanabile contraddizione.Poiché, in pratica, la distanza tra le armature è sufficientemente piccola, riterremotrascurabile il campo all’esterno.Per arrivare al calcolo della capacità, è necessario usare la legge di Gauss per ilcampo elettrico. In effetti, la dimostrazione andrebbe fatta nel caso più generale incui tra le armature del condensatore sia interposto un dielettrico generico e nonl’aria, ma vedremo che l’estensione al caso generico è immediata. Per raggiungereil nostro fine, consideriamo come superficie cui applicare il teorema di Gaussquella indicata con tratteggio in Figura 3.30, cioè una superficie a forma diparallelepipedo di altezza h e racchiusa tra superfici piane di area A, aventi lamedesima forma e dimensione delle armature del condensatore. Ricordiamo che lalegge di Gauss per il campo elettrico asserisce che il flusso del campo elettrico,attraverso una qualunque superficie chiusa Σ, è pari alla carica contenuta nelvolume racchiuso dalla superficie in esame, a meno della costante di proporzionalitàε0:

⋅ n dS = Qε0

.

A questo punto non ci rimane altro che applicare questa relazione alla nostrageometria. Diciamo subito che il flusso di E è nullo per la parte di superficie chegiace all’interno dell’armatura superiore del condensatore, perché il campo elettricodentro un conduttore è nullo. Similmente per quel che riguarda le superfici laterali,il flusso è nullo dal momento che, nell’ipotesi in cui ci siamo messi, assenza dieffetti di bordo, il campo elettrico è parallelo alla superficie, cioè perpendicolarealla sua normale; ciò vuol dire che il prodotto scalare presente nell’integrando nondà alcun contributo. Stesse considerazioni si possono ripetere per le due superficiterminali, le basi per così dire, che in figura non sono mostrate essendo questa indue dimensioni.Ciò che resta è soltanto la parte relativa alla superficie posta tra le due armature eparallela ad esse. Il campo elettrico e la normale alla superficie sono, in ogni punto

Page 42: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

42 − I bipoli e le loro caratteristiche

di questa superficie, paralleli e concordi; il campo elettrico assume, poi, lo stessovalore in tutti i punti e, pertanto, si ricava il suo valore all’interno delle armature

EA

⋅ n dS = E A = qε0

→ E = qA ε0

.

La conoscenza del campo ci consente di trovare la differenza di potenziale tra learmature. Sappiamo che essa non è altro che l’integrale di linea del campo elettricovalutato a partire da un qualunque punto PINF dell’armatura inferiore per arrivaread un punto PSUP qualsiasi dell’armatura superiore. Nessuno ci vieta di sceglierequesti due estremi di integrazione sulla stessa linea di campo elettrico e, quindi,

V0 = EPINF

PSUP

⋅ t dl = - qA ε0PINF

PSUP

t ⋅ t dl = q dA ε0

,

dove, lo ripetiamo ancora una volta, abbiamo scelto, come linea di integrazione,una linea perpendicolare alle armature, coincidente con una qualunque linea dicampo elettrico. Questo è stato possibile in quanto il campo elettrico nel casostazionario è conservativo rispetto alla circuitazione e non dipende, quindi, dalcammino scelto per congiungere i due punti estremi. Dall’ultima relazione scrittasegue immediatamente che la capacità C è pari a

C = qV0

= ε0 Ad

.

Questa formula, valida solo per i soli condensatori piani, mostra che la capacità èun parametro che dipende soltanto dalla forma e dalla geometria del condensatore,nonché dalle caratteristiche dielettriche del mezzo interposto tra le armature; inessa, in effetti, compaiono soltanto grandezze geometriche e la costante dielettricadel vuoto.Per condensatori di altre forme si hanno formule diverse che vi riportiamo senzadimostrazione. In particolare, ci interessa farvi conoscere almeno le formulerelative ai condensatori cilindrici ed ai condensatori sferici. Nel caso cilindrico,il condensatore è costituito da due cilindri coassiali, di raggi a e b e lunghezza L. Sipotrebbe dimostrare che, se il cilindro è sufficientemente lungo, la capacità vale

C = qV0

= 2 π ε0 Lln b

a

,

Page 43: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

43 − I bipoli e le loro caratteristiche

in cui il significato dei diversi parametri è stato già precisato. Se poi pensate a duesfere concentriche di raggi a e b, la capacità vale

C = qV0

= 4 π ε0 a bb - a

.

Facendo in modo che il raggio esterno sia molto più grande di quello interno, dallarelazione precedente si deduce pure la capacità di una sfera isolata, o, se preferite,la capacità di un condensatore sferico costituito da un’armatura di raggio a edun’altra armatura di raggio talmente grande da poter essere considerato all’infinito.In formule, risulta:

C = 4 π ε0 a bb - a

≅ 4 π ε0 abb

= 4 π ε0 a , se b » a .

Le equazioni appena scritte mostrano, come avevamo anticipato, che la capacitàdipende dai parametri geometrici della struttura e dal dielettrico interposto tra learmature. Nel caso in cui tra le armature non vi fosse il vuoto, ma un diversodielettrico, a patto che questo abbia ancora un comportamento lineare ed isotropo,basta sostituire, nelle formule precedenti, ad ε0 la quantità ε = ε0 εr, con εr costantedielettrica relativa.

Va fatta anche menzione dei condensatori a capacità variabile, costituiti da uninsieme di dischi metallici fissi alternato con un altro insieme di dischi metallicigirevoli (mediante una manopola). I dischi fissi e quelli girevoli rappresentano learmature; il dielettrico interposto può essere semplicemente l’aria oppure un altroisolante, come ad esempio la mica. Spostando, mediante la manopola, i dischigirevoli rispetto a quelli fissi si può far variare, entro certi limiti, la superficiedelle armature e, di conseguenza, la capacità del condensatore.

Comunque, a parte l’effetto di bordo, la corrente che circola in un condensatore,alla luce della definizione della capacità, si collega facilmente alla tensione ai suoicapi per mezzo della relazione

q(t) = C v(t) → i(t) = ddt

q(t) = C ddt

v(t) .

È utile fare alcune osservazioni per comprendere come avvenga il passaggio dicorrente attraverso un condensatore che, come suggerisce la Figura 3.31, in qualchemaniera si interrompe in corrispondenza delle armature. La corrente di conduzione

Page 44: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

44 − I bipoli e le loro caratteristiche

i(t) passa attraverso un conduttore su quale è interposto un condensatore, adesempio piano.

i(t) i(t)

nn

S1

S2

+ −v(t)

Γ

Figura 3.31: passaggio di corrente attraverso un condensatore.

Quando il flusso di cariche arriva in corrispondenza dell’armaturaconvenzionalmente ritenuta positiva, la corrente di conduzione cessa ed un altromeccanismo deve innescarsi per trasmettere da un’armatura all’altra l’informazionelegata al campo elettromagnetico. Per comprendere di cosa si tratti, consideriamol’equazione di Ampère - Maxwell

⋅ t dl = JLIB + ∂D∂t

⋅ n dS .

Adoperando la curva chiusa Γ di Figura 3.31, scriviamo questa equazione una voltacon riferimento alla superficie S1, un’altra con riferimento all’altra superficie S2.Entrambe queste superfici si appoggiano sullo stesso orlo, rappresentato propriodalla curva Γ. Risulta, allora:

⋅ t dl = JLIB

S1

⋅ n dS = ∂D∂t

S2

⋅ n dS .

Il primo integrale superficiale rappresenta proprio la corrente di conduzione, dalmomento che, per definizione, è

i(t) = JLIB

S1

⋅ n dS ;

Page 45: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

45 − I bipoli e le loro caratteristiche

il secondo integrale, che in forza della legge di Ampère - Maxwell deve essereuguale al primo, rappresenta il flusso della corrente di spostamento attraverso lasuperficie S2. È chiaro, allora, che al di fuori del condensatore la corrente èrappresentata dalla normale corrente di conduzione che, una volta entrata nelcondensatore, si trasforma in corrente di spostamento. Questa affermazione provapure che, per studiare il comportamento elettrico di un condensatore, non possiamotrascurare la corrente di spostamento e dobbiamo usare il modello quasi stazionarioelettrico delle equazioni di campo, in cui la densità di corrente di spostamento nonviene trascurata, ma viene trascurata la derivata temporale del campo di induzionemagnetica.

Possiamo allora definire un nuovo vettore densità di corrente totale

J = JLIB + ∂D∂t

,

costituito sia dalla densità di corrente di conduzione, sia dalla densità di corrente dispostamento e si riconosce, in tutta generalità, che la corrente totale attraversoqualsiasi superficie chiusa è zero. Ciò vuol dire che, come prescrivono le equazionidi Maxwell, il nuovo vettore è solenoidale

⋅ n dS = JLIB + ∂D∂t

Σ

⋅ n dS = 0 , quale che sia Σ chiusa .

Quest’ultima relazione rappresenta l’equazione di continuità della corrente applicataal vettore densità di corrente totale.

In definitiva, il condensatore ideale, schematizzato solitamente nei circuiti come inFigura 3.32, è un bipolo la cui caratteristica è, per definizione

i(t) = ± C ddt

v(t) , con C ≥ 0 ,

nella quale C è un numero (non negativo) che caratterizza il condensatore, prende ilnome di capacità del condensatore, e si misura, come già detto, in farad (F). Ilsegno presente è ‘+’ se si è fatta la convenzione dell’utilizzatore (come in Figura3.32); altrimenti, se cioè si è fatta la convenzione del generatore, il segno è ‘-’.

Page 46: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

46 − I bipoli e le loro caratteristiche

+ −

C

v(t)

i(t)

Figura 3.32: simbolo del condensatore ideale.

Come si vede, in questo caso siamo in presenza di una caratteristica dinamica‘vera’, poiché la variabile t vi figura in maniera sostanziale attraverso l’operazionedi derivazione proprio rispetto alla variabile t.Dal punto di vista circuitale, il condensatore si comporta in maniera tale che, inogni istante, il valore della corrente circolante nel condensatore è indipendente dalvalore della tensione applicata in quello stesso istante al condensatore, ma è inveceproporzionale alla derivata nel tempo di questa tensione. Le cariche positivepossono, nel condensatore, tanto migrare dai punti a potenziale più alto a quelli apotenziale più basso, quanto risalire in senso inverso, a seconda del segno delladerivata nel tempo della tensione. Per fare un paragone automobilistico, possiamodire che il condensatore è come un’auto con ‘scarsa ripresa’ (tanto peggiore, quantomaggiore è la capacità): un brusco aumento della corrente non determina unaltrettanto brusco aumento della tensione.In regime stazionario, il condensatore si riduce a un semplice circuito aperto, datoche, se la tensione è costante nel tempo, si ha

i(t) = ± C ddt

v(t) = 0 .

Per questo, non sarà presente quando studieremo i circuiti in regime stazionario.

• Energia immagazzinataIl condensatore è un perfetto serbatoio di energia elettrica, senza buchi. L’energiaimmagazzinata in un condensatore, in ogni istante e sulla quale è stata fatta laconvenzione dell’utilizzatore, dipende soltanto dalla tensione applicata ai suoimorsetti, e vale

UC(t) = v(τ)0

t

i(τ) dτ = C v(τ)0

t

ddτ

v(τ) dτ = 12

C v(t) 2 .

Page 47: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

47 − I bipoli e le loro caratteristiche

Nello scrivere la precedente relazione, si è supposto che, all’istante convenzionalet = 0, il condensatore fosse scarico e si è, pertanto, assunto v(0) = 0.Il condensatore ideale è considerato, evidentemente, un bipolo ‘dotato di memoria’,dato che la tensione ai suoi capi rappresenta una variabile che tiene in conto lo statoenergetico del bipolo, istante per istante.È ovvio, infatti, che componenti destinati a immagazzinare energia dell’ordine diqualche joule dovranno avere dimensioni ben diverse da quelli destinati aimmagazzinare energia migliaia di volte (o, addirittura, milioni di volte) piùgrandi. Per rendere più concrete le cose dette, discutiamo un esempio.

Esempio 5 - Un condensatore, supposto scarico all’istante t = 0 e di capacitàC = 2, viene alimentato dalla tensione

v(t) = 6 t .

Determinare la potenza e l’energia assorbite nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 10.

0

10

20

30

40

50

60

70

0 2 4 6 8 10

t

+ −

C = 2i(t)

v(t) v(t)

i(t)

Cominciamo col fare per il condensatore la convenzione dell’utilizzatore comemostrato nella figura precedente. Si ha, allora:

i(t) = C ddt

v(t) = 2 ddt

(6 t) = 12 .

Venendo alla potenza e all’energia assorbite, non è difficile concludere che

Page 48: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

48 − I bipoli e le loro caratteristiche

p(t) = v(t) i(t) = 72 t .

L’energia immagazzinata, invece, vale

UC(t) = 12

C v(t) 2 = 36 t2 .

Queste due grandezze sono rappresentate nella figura che segue (i valori dellapotenza sono espressi, come al solito, in watt, quelli dell’energia in joule). Vale lapena notare che, come già sappiamo, tra esse sussiste la relazione generale:

p(t) = ddt

UC(t) .

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

4000

0 2 4 6 8 10

t

p(t)

UC(t)

• Condensatori in serie e paralleloSpesso è utile usare, anziché un solo condensatore, più condensatoriopportunamente collegati tra loro. Molti problemi tecnici vengono risolti tramitequesto accorgimento e se il nostro obiettivo è innalzare la capacità complessiva,allora dobbiamo collegare due (o più) condensatori in parallelo, mentre se licolleghiamo in serie, vuol dire cha abbiamo intenzione di ridurre la capacità.Cominciamo dai condensatori in parallelo. La Figura 3.33 mostra trecondensatori di capacità C1, C2 e C3, collegati in parallelo.Quanto vale la capacità del bipolo equivalente al collegamento in parallelo?

Page 49: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

49 − I bipoli e le loro caratteristiche

A

B

C3C2C1

+

−v(t)

i1(t) i2(t) i3(t)i(t)

Figura 3.33: condensatori in parallelo.

Per ciascun condensatore si può scrivere che

i1(t) = C1 ddt

v(t) , i2(t) = C2 ddt

v(t) , i3(t) = C3 ddt

v(t) .

D’altra parte, in forza della LKC, deve essere

i(t) = i1(t) + i2(t) + i3(t) = (C1 + C2 + C3) ddt

v(t) = C ddt

v(t) ,

essendo C la capacità totale, pari a

C = C1 + C2 + C3 .

Questa formula, dedotta nel caso di tre capacità, può essere facilmente estesa al casodi N condensatori in parallelo, mostrando che la capacità equivalente di Ncondensatori in parallelo è pari alla somma delle singole capacità

C = C1 + C2 + C3 + ... + CN .

Allora si evince chiaramente che il collegamento in parallelo può essere usato perinnalzare la capacità di un dispositivo.

Esempio 6 - Un condensatore piano, di area A e distanza tra le armature d, èriempito con due dielettrici, come mostrato in figura. Determinare la capacità.

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50 − I bipoli e le loro caratteristiche

+ − εr1

εr2

A/2

A/2

Il condensatore si può immaginare come il parallelo di due condensatori di capacità

C1 = ε0 εr1 A2 d

, C2 = ε0 εr2 A2 d

.

+ −

C1

C2

La capacità complessiva vale

C = C1 + C2 = ε0 A2 d

εr1 + εr2 .

Passiamo ora al caso dei condensatori in serie. La Figura 3.34 mostra trecondensatori di capacità C1, C2 e C3, collegati in serie.

A B+ −

C2C1 C3

i(t) i(t)

v(t)

v1(t) v2(t) v3(t)

+ − + − + −

Figura 3.34: condensatori in serie.

Page 51: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

51 − I bipoli e le loro caratteristiche

Questo tipo di collegamento si ottiene, come si evince dalla figura, collegando traloro armature contigue di segno opposto. Anche per questa configurazione siamointeressati a stabilire quale sia la capacità complessiva equivalente. A tal finenotiamo che i tre condensatori, essendo collegati in serie, sono percorsi dalla stessacorrente, per cui

i(t) = C1 ddt

v1(t) = C2 ddt

v2(t) = C3 ddt

v3(t) ,

essendo v1(t), v2(t) e v3(t) le tensioni presenti ai loro capi. La tensione totale v(t)del sistema complessivo è data dalla somma di queste tensioni e, pertanto,

i(t) = C ddt

v(t) = C ddt

v1(t) + ddt

v2(t) + ddt

v3(t) = C 1C1

+ 1C2

+ 1C3

i(t) ,

dove con C abbiamo indicato la capacità totale del sistema

C = 11

C1 + 1

C2 + 1

C3

.

Questa formula può essere facilmente estesa al caso di N condensatori in serie,affermando che la capacità equivalente ad N condensatori in serie è pari all’inversodella somma degli inversi delle singole capacità

C = 11

C1 + 1

C2 + 1

C3 + ... + 1

CN

.

Nel caso di due soli condensatori collegati in serie, la capacità equivalente è pari a

C = 11

C1 + 1

C2

= C1 C2

C1 + C2 .

Da quest’ultima relazione è facile convincersi che questo tipo di collegamento vieneusato per abbassare la capacità di un dispositivo. Immaginiamo di connettere duecondensatori di stessa capacità C0 in serie; allora, la capacità equivalente risulta

C = C0 C0

C0 + C0 = C0

2 ,

Page 52: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

52 − I bipoli e le loro caratteristiche

cioè la metà del valore della capacità di ciascuno dei due condensatori. In generale,la capacità equivalente di un collegamento in serie è sempre minore, al più uguale,della più piccola capacità della catena.

Esempio 7 - Determinare la capacità del condensatore mostrato in figura.

+ − εr2 εr1

d2d1

A

A

Il condensatore è costituito da due dielettrici e si può immaginare come la serie didue condensatori di capacità

C1 = ε0 εr1 Ad1

, C2 = ε0 εr2 Ad2

.

+ −

C2C1

La capacità complessiva, allora, vale

C = C1 C2

C1 + C2 =

ε0 εr1 Ad1

ε0 εr2 Ad2

ε0 εr1 Ad1

+ ε0 εr2 Ad2

= ε0 εr1 εr2 Ad1 εr2 + d2 εr1

.

Notiamo, infine, che le regole per il calcolo delle capacità equivalenti percondensatori in serie ed in parallelo sono duali rispetto a quelle delle resistenze: ciòvuol dire che la formula per il calcolo della serie di resistenze è formalmenteanaloga a quella del parallelo di capacità, e viceversa per le resistenze in parallelo.

• Realizzazione dei condensatori

Page 53: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

53 − I bipoli e le loro caratteristiche

Vediamo ora come si possono realizzare i condensatori. Diciamo subito che aicondensatori fissi, gli unici che tratteremo, viene associato un nome dato daldielettrico interposto tra le armature. I condensatori fissi vengono classificatisecondo lo schema che segue.I condensatori con dielettrico di carta vengono realizzati con due armaturemetalliche e due strisce di carta. Le armature possono essere di alluminio, distagnola, oppure di rame, e vengono avvolte insieme alle strisce stesse in modo daformare un cilindro. Solitamente per ridurre le dimensioni dei condensatori, questivengono realizzati con carte metallizzate, in cui il dielettrico di carta ha una facciametallizzata che quando sarà arrotolata costituirà l’armatura.I condensatori con dielettrico di plastica hanno alto valore di resistenza diisolamento, bassi valori del fattore di potenza e del coefficiente di temperatura,basse perdite ed elevata stabilità. Il dielettrico, in buona sostanza, è costituito da unasottile pellicola di materiale plastico, tipicamente realizzato in poliestere,polipropilene, polistirene, polietilene, policarbonato, teflon o mylar.I condensatori con dielettrico di mica sono realizzati in due modi diversi: adarmature sovrapposte o a mica metallizzata. Nel primo caso, le lamelle di mica sonointercalate alle armature metalliche ed il tutto viene pressato ed impregnato concere sintetiche, per evitare l’infiltrazione di umidità, e, poi, viene posto sotto vuotoin contenitori di plastica, per proteggerlo da agenti esterni. In quelli a micametallizzata le armature vengono realizzate spruzzando una vernice metallica,generalmente a base di ossido di argento, su una o entrambe le facce della lamina dimica; il vantaggio di questa procedura è assicurare maggiore stabilità della capacitàal variare della temperatura.I condensatori con dielettrico di vetro si realizzano alternando lamine diconduttori con lamine di vetro. Hanno la caratteristica di essere poco sensibili allevariazioni di temperatura e di essere realizzati con una elevata precisione. Grazie aquesta ultima caratteristica vengono spesso usati in circuiti a banda stretta confrequenze di lavoro molto elevate.Nei condensatori ceramici, il dielettrico è formato da miscele di ceramiche chevengono trattate con processi di vetrificazione. In qualunque forma venganorealizzati, le armature sono ottenute per deposizione di argento sulle superficidielettriche. A seconda del tipo adottato di ceramica, si individuano tre differenticategorie di questi condensatori: la prima, a basso valore di εr e con basse perdite,grazie al loro buon comportamento alle variazioni di temperatura e frequenza,vengono usate nella costruzione di oscillatori; la seconda, ad elevato valore di εr ead elevate perdite, vengono usati in circuiti di accoppiamento; la terza categoria,infine, detta a coefficiente controllato di temperatura, viene utilizzata in queicircuiti in cui è necessario rendere la struttura pressoché indipendente dalla

Page 54: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

54 − I bipoli e le loro caratteristiche

temperatura dato che questo tipo di condensatori è capace di compensare leeventuali variazioni di temperatura.I condensatori elettrolitici sono costruiti in modo che tra l’anodo ed il catodotrovi posto l’elettrolita conduttore; inoltre, tra l’anodo e l’elettrolita vi è unapellicola di ossido di metallo. La distanza tra le armature è di qualche micron, ilche consente di avere elevate capacità (dell’ordine del farad) ed al tempo stessodimensioni ridotte. Le principali limitazioni sono le elevate perdite e le ampieescursioni della capacità con la temperatura. I condensatori elettrolitici ad alluminiohanno l’armatura metallica fatta di alluminio. L’elettrolita può essere liquido osolido; per quello liquido, si usa generalmente del dimetilacetammide, per quellosolido, invece, si utilizza del biossido di manganese. I condensatori elettrolitici altantalio hanno l’armatura metallica fatta di tantalio. Rispetto a quelli di alluminiohanno dimensioni ridotte, a parità di capacità ovviamente, migliore stabilità edurata maggiore. Anche i condensatori elettrolitici al tantalio vengono realizzati,come quelli ad alluminio, con elettrolita liquido, che può essere acido borico consolfato di sodio oppure acido solforico, e solido, tipicamente biossido di manganese.

3.5 Induttori

Immaginiamo di avvicinare due spire metalliche, fino a portarle ad una prefissatadistanza; la prima, che supponiamo percorsa da una corrente, genererà un flusso delcampo di induzione magnetica nell’altra. Dalla legge di Faraday - Neumannsappiamo che, se questo flusso varia, ad esempio cambiando la corrente della spirainducente, nella seconda spira si produrrà una f.e.m. indotta legata alla variazionenel tempo del flusso concatenato.

• La caratteristicaIn effetti, non è necessario che vi siano due spire per avere un fenomeno diinduzione; affinché in una spira appaia una f.e.m. indotta, o meglio autoindotta, ènecessario far variare la corrente nella spira stessa. Se invece di una spiraconsideriamo una bobina con le spire molto vicine tra loro, realizzando, adesempio, un lungo solenoide come quello di Figura 3.35, il flusso ΦB associato adogni singola spira è lo stesso, se siamo nel caso quasi - stazionario magnetico, equindi la legge di Faraday - Neumann si può scrivere come

v(t) = ddt

NΦB(t) = - N ddt

ΦB(t) ,

dove con N abbiamo indicato il numero di spire totali e con v(t) la tensione delsolenoide, ai capi del quale immaginiamo sia stata fatta la convenzione

Page 55: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

55 − I bipoli e le loro caratteristiche

dell’utilizzatore. È chiaro allora che la grandezza fondamentale è il flussoconcatenato.Per una data bobina si può dimostrare che il flusso concatenato è proporzionale allacorrente che circola nell’avvolgimento, per mezzo di una costante diproporzionalità L nota come induttanza del sistema, che come nel caso dellacapacità dipende solo dalla geometria del sistema.

i(t) i(t)

B

B

Figura 3.35: induttore solenoidale.

Quanto appena detto viene così formalizzato

N ΦB(t) = L i(t) ,

ed è vera solo nel caso in cui consideriamo mezzi a comportamento lineare, nondevono, cioè, essere presenti materiali magnetici. Sostituendo nella relazione chefornisce la tensione, otteniamo la relazione che lega questa alla corrente circolantenel solenoide:

v(t) = ddt

N ΦB(t) = L ddt

i(t) .

L’unità di misura dell’induttanza, come avevamo già anticipato nel secondocapitolo, è l’henry, in onore a Joseph Henry, fisico americano contemporaneo diFaraday. In particolare si nota che

L = v

didt

= 1 V

1 A1 s

= 1 V sA

= 1 H .

Notiamo che la caratteristica più importante di questi componenti, che da ora in poichiameremo induttori, è la presenza di un campo magnetico al loro interno, così

Page 56: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

56 − I bipoli e le loro caratteristiche

come la presenza di un campo elettrico caratterizzava un condensatore: cominciacosì ad intravvedersi una certa la dualità tra questi due componenti.Come abbiamo fatto per i condensatori, calcoleremo il coefficiente di autoinduzione L per alcuni tipi di induttori di uso frequente. Partiamo dal caso di uninduttore solenoidale molto compatto, cioè con le spire molto vicine le une allealtre, supposto in aria, schematicamente rappresentato in Figura 3.36. In questocaso la definizione data di induttanza stabilisce che

L = N ΦB

i .

× × × × × ×

A B

CDΓ

h

B

Figura 3.36: rappresentazione schematica della sezione di un lungo solenoide.

Usiamo questa espressione con l’intento di calcolare l’induttanza del tratto centraledi un lungo solenoide di lunghezza h. Come anticipato in precedenza, e come èmesso in evidenza dalla relazione precedente, per fare questo occorre stabilire qualesia il flusso del campo magnetico concatenato con l’induttore. Se supponiamo che lasezione trasversale abbia una superficie pari ad S, avremo, assumendo uniformel’induzione magnetica sulla sezione,

ΦB = B S ,

che, sostituito nella definizione, fornisce il notevole risultato

L = N B Si

.

Se indichiamo con n il numero di spire per unità di lunghezza del solenoide, cioè

Page 57: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

57 − I bipoli e le loro caratteristiche

n = Nh

,

ed assumiamo che il campo magnetico all’interno di un solenoide sia uniforme epari a (come tra un momento mostreremo)

B = µ n i ,

si verifica agevolmente che

L = N µ n i Si

= N µ Nh

S = µ N2 Sh

= µ n2 S h ,

cioè l’induttanza di un tratto di solenoide di lunghezza h è proporzionale al suovolume S h ed al quadrato del numero di spire per unità di lunghezza, attraverso lacostante µ, che, come sappiamo, è la permeabilità magnetica del mezzo di cui èriempito il solenoide. Che vi fosse una dipendenza dal quadrato del numero di spireera da aspettarselo, visto che, se raddoppia il numero di spire per unità dilunghezza, raddoppia anche il flusso dell’induzione magnetica. Quindi la quantitàN ΦB diventa quattro volte più grande e, di conseguenza, anche l’induttanza.Passiamo, ora, al calcolo del campo magnetico generato da un solenoide. Unsolenoide è nient’altro che un filo avvolto a forma di elica a passo corto, nel qualecircola una corrente i, ed il cui sviluppo longitudinale è predominante rispetto aquello trasversale. In queste ipotesi possiamo supporre, senza commettere un grossoerrore, che il campo magnetico all’interno del solenoide sia uniforme e direttolungo la direzione del cilindro, mentre all’esterno sia zero. In effetti, comevedremo dopo, affinché le equazioni di Maxwell siano verificate, è essenziale che visia un campo all’esterno, ma nella nostra trattazione non lo considereremo (propriocome abbiamo detto per il condensatore). Siamo giunti finalmente al calcolo delcampo del campo di induzione magnetica all’interno del solenoide e, per questoscopo, utilizzeremo la legge di Ampère - Maxwell alla curva Γ rappresentata inFigura 3.36. La suddetta legge, nel limite quasi - stazionario magnetico in cui citroviamo, si riduce a

⋅ t dl = µ0 i ,

dove la circuitazione a primo membro può essere scomposta in quattro integrali,uno per ciascuno dei segmenti che compongono la curva Γ:

Page 58: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

58 − I bipoli e le loro caratteristiche

⋅ t dl = BA

B

⋅ t dl + BB

C

⋅ t dl + BC

D

⋅ t dl + BD

A

⋅ t dl .

Il primo integrale, nelle ipotesi di campo uniforme e di tratto di solenoide dilunghezza h, vale B h. Gli altri tre integrali sono tutti nulli; il secondo ed il quartosono eseguiti su cammini ortogonali alla direzione del campo, e per le noteproprietà del prodotto scalare sono zero, il terzo è invece nullo, essendo l’integraleeseguito su di un cammino che si sviluppa all’esterno del solenoide, dove, per leipotesi fatte, il campo B è nullo. In conclusione la circuizione di B alla curva Γ siriduce al solo termine B h.Passiamo al secondo membro dell’equazione di Ampère - Maxwell: esso, a parte lacostante µ, non rappresenta la corrente che circola nell’avvolgimento, ma lacorrente che circola nell’avvolgimento moltiplicata per il numero di spire che siconcatenano con la curva Γ nel tratto h. Indicato con n il numero di spire per unitàdi lunghezza, non è difficile convincersi che questa corrente vale i n h, dove n h èesattamente il numero di spire incontrate in un tratto h. La legge di Ampère -Maxwell si ridurrà, dunque, a

B h = µ n h i ,

da cui segue l’espressione finale del campo magnetico (uniforme) all’interno di unsolenoide

B = µ n i .

Questa relazione mostra che il campo di induzione magnetica non dipende né daldiametro, né dalla lunghezza del solenoide, ma solo dalla corrente che in essocircola e da quanto è fitto l’avvolgimento. Per quel che riguarda l’effetto del campoesterno si potrebbero fare considerazioni del tutto analoghe a quelle fatte neicondensatori e concludere che, affinché siano verificate le equazioni di Maxwell, ilcampo esterno ad un induttore non può essere rigorosamente zero.

Esempio 8 - Un solenoide in aria di 10000 spire è lungo 10 cm ed ha una sezionemedia di 10 cm2. Calcolare l’induttanza.

Posto

N = 104 , µ0 = 4π ⋅ 10-7 H/m , S = 10-3 m2 , h = 0.1 m ,

Page 59: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

59 − I bipoli e le loro caratteristiche

si ha:

L = µ0 N2 Sh

= 25

π H .

Prima di passare oltre, riportiamo il valore dell’induttanza di un cavo coassiale,presente in moltissime applicazioni tecnologiche, di raggio interno (anima) a,raggio esterno (calza) b e lunghezza h:

L = µ h2 π

ln ba .

In definitiva la caratteristica di un induttore è

v(t) = ± L ddt

i(t) , con L ≥ 0 .

L’ambiguità nel segno dipende, come al solito, dalla convenzione fatta ai capi delbipolo. In ogni istante di tempo, per un fissato valore di corrente, la tensione puòassumere qualsiasi valore nello stesso istante. Il punto centrale da capire è che,nell’induttore, un brusco aumento della tensione applicata non provoca un aumentoaltrettanto brusco della corrente (come avviene, invece, nel resistore), ma soltantouna accelerazione nella crescita della corrente. Da questo punto di vista, l’induttoreè come un’auto dotata di scarsa ‘ripresa’ (e la ripresa è tanto peggiore quantomaggiore è l’induttanza L). Quando ‘schiacciamo l’acceleratore’ della tensioneapplicata, la corrente aumenta, sì, ma con gradualità, non istantaneamente: èproprio come se l’induttore conservasse una certa memoria della condizione in cuifunzionava prima. Per questo, lo consideriamo dotato di memoria.

t0

i2(t)

i1(t)

I0

t0

Figura 3.37: intersezione tra due correnti.

Page 60: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

60 − I bipoli e le loro caratteristiche

Per rendere il fenomeno ancora più evidente, osserviamo esplicitamente che diversecorrenti possono avere, nello stesso istante, lo stesso valore, ma diversi valori delladerivata rispetto al tempo, come suggerisce la Figura 3.37. All’istante t0, le duecorrenti assumono lo stesso valore, ma la derivata di i1(t) è positiva (la curva èinclinata verso l’alto), mentre la derivata di i2(t) è negativa (la curva è inclinataverso il basso).Il segno della tensione non dipende da quello della corrente, perché dipende dalsegno della derivata temporale della corrente. Ne deriva che le cariche positive, inun induttore, possono sia ‘cadere’ dai punti a potenziale più alto, sia fare ilcontrario, cioè ‘risalire’ dai punti a potenziale più basso a quelli a potenziale piùalto.

• Energia immagazzinataLa potenza elettrica assorbita da esso è, in ogni istante, immagazzinata e neppureuna piccola parte viene trasformata in calore. L’induttore è come un serbatoio dienergia privo completamente di buchi. L’energia, detta magnetica in questo caso,accumulata in un induttore è data, in ogni istante da

UL(t) = 12

L i(t) 2 .

Questa relazione si ottiene, come mostrato per il condensatore, integrando lapotenza istantanea. L’energia dipende, quindi, soltanto dal valore della corrente checircola nell’induttore in quell’istante (e non dalla tensione applicata ai suoimorsetti).In regime stazionario, l’induttore si riduce a un semplice corto circuito, poiché, sela corrente è costante nel tempo, la sua derivata è nulla:

v(t) = L ddt

i(t) = L ⋅ 0 = 0 .

Ecco perché, quando studieremo il regime stazionario, gli induttori noncompariranno.

Esempio 9 - Un induttore, supposto scarico all’istante t = 0 e di induttanza L = 1,viene alimentato dalla corrente (il cui grafico è riportato nella figura che segue):

i(t) =

2 t , per 0 ≤ t ≤ 2 ;

8 - 2 t , per 2 ≤ t ≤ 4 ;

0 altrove .

Page 61: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

61 − I bipoli e le loro caratteristiche

Determinare l’andamento della potenza e dell’energia istantanea assorbita.

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

5

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

t

i(t)

v(t)+ −

i(t)

v(t)

L = 1

L’esempio richiede la determinazione della potenza e dell’energia assorbitedall’induttore. Fatta la convenzione dell’utilizzatore, cominciamo a calcolare latensione sostenuta dalla corrente di alimentazione:

v(t) = L ddt

i(t) .

Adoperando questa relazione e ricordando le principali regole di derivazione, non èdifficile concludere che

v(t) =

2 , per 0 ≤ t ≤ 2 ;

- 2 , per 2 ≤ t ≤ 4 ;

0 altrove .

Nella figura precedente sono rappresentate le due funzioni, corrente e tensione,nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 4; al di fuori di questo intervallo, esse sono nulle.Per determinate le potenza, basta eseguire il prodotto

Page 62: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

62 − I bipoli e le loro caratteristiche

p(t) = v(t) i(t) =

4 t , per 0 ≤ t ≤ 2 ,

4 t - 16 , per 2 ≤ t ≤ 4 ,

0 , altrove ,

mentre l’energia magnetica immagazzinata è data dalla formula

UL(t) = 12

L i(t) 2 =

2 t2 , per 0 ≤ t ≤ 2 ,

32 + 2 t2 - 16 t , per 2 ≤ t ≤ 4 ,

0 , altrove .

La potenza e l’energia sono rappresentate, sempre nell’intervallo 0 ≤ t ≤ 4, nellafigura che segue.

-20

-15

-10

-5

0

5

10

15

20

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

t

p(t)

UL(t)

• Induttori in serie e paralleloSpesso è utile usare, anziché un solo induttore, più induttori opportunamentecollegati tra loro. Molti problemi tecnici vengono risolti tramite questoaccorgimento e, se il nostro obiettivo è innalzare l’induttanza complessiva, alloradobbiamo collegare due (o più) induttori in serie, mentre se li collegheremo inparallelo, vuol dire cha abbiamo intenzione di ridurre l’induttanza complessiva, ilcontrario di quanto accadeva per i condensatori.

Page 63: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

63 − I bipoli e le loro caratteristiche

Cominciamo dagli induttori in parallelo. La Figura 3.38 mostra tre induttori, ilcui simbolo avete gia avuto modo di incontrare durante lo studio delle retielettriche, di induttanza L1, L2 e L3, collegati in parallelo.Quanto vale l’induttanza del bipolo equivalente al collegamento in parallelo?

i(t)

i1(t) i2(t) i3(t)

L3L2L1

+

v(t)

A

B

Figura 3.38: induttori in parallelo.

Se applichiamo ad ogni induttore la relazione caratteristica, otteniamo

v(t) = L1 ddt

i1(t) = L2 ddt

i2(t) = L3 ddt

i3(t) .

La corrente totale del sistema costituito dai tre induttori è data dalla somma dellesingole correnti e, quindi,

v(t)L

= ddt

i(t) = ddt

i1(t) + i2(t) + i3(t) = v(t)L1

+ v(t)L2

+ v(t)L3

,

essendo L l’induttanza totale, definita dalla relazione

1L

= 1L1

+ 1L2

+ 1L3

.

Questa formula, dedotta nel caso di tre induttori, può essere facilmente estesa alcaso di N induttori in parallelo, mostrando che l’induttanza equivalente al parallelodi N induttori è pari all’inverso della somma degli inversi delle singole induttanze

L = 11

L1 + 1

L2 + 1

L3 + ... + 1

LN

.

Dalla questa formula si evince chiaramente che il collegamento in parallelo vieneusato per abbassare la capacità di una struttura. Immaginiamo, allo scopo, di

Page 64: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

64 − I bipoli e le loro caratteristiche

collegare in parallelo due induttori di stessa induttanza L0; l’induttanza equivalente,allora, risulta

L = L0 L0

L0 + L0 = L0

2 ,

cioè la metà del valore dell’induttanza di ciascuno dei due induttori. In generale,l’induttanza equivalente di un collegamento in parallelo è sempre minore della piùpiccola induttanza della catena.

Passiamo ora al caso degli induttori in serie. La Figura 3.39 mostra tre induttoridi induttanza L1, L2 e L3, collegati in serie.

i(t) L3L2L1

+ −v(t)

A B

i(t)

+ − + − + −v1(t) v2(t) v3(t)

Figura 3.39: induttori in serie.

Anche per questa configurazione siamo interessati a stabilire quale sia l’induttanzacomplessiva equivalente. A tal fine notiamo che, per gli induttori collegati in serie,la corrente che attraversa ciascun induttore è la stessa. Ora, applicando ad ogniinduttore la definizione di induttanza, abbiamo che

v1(t) = L1 ddt

i(t) , v2(t) = L2 ddt

i(t) , v3(t) = L3 ddt

i(t) ,

essendo v1(t), v2(t) e v3(t) le tensioni ai capi dei tre induttori. La tensione del bipoloequivalente è data dalla somma di questi tre contributi e, pertanto,

v(t) = v1(t) + v2(t) + v3(t) = (L1 + L2 + L3) ddt

i(t) = L ddt

i(t) ,

dove con L abbiamo indicato l’induttanza totale del sistema

L = L1 + L2 + L3 .

Page 65: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

65 − I bipoli e le loro caratteristiche

Questa formula può essere facilmente estesa al caso di N induttori in serie,affermando che l’induttanza equivalente di una serie di induttori è pari alla sommadelle singole induttanze componenti

L = L1 + L2 + L3 + ... + LN .

Da quest’ultima relazione è facile convincersi che questo tipo di collegamento vieneusato per aumentare l’induttanza di una struttura.

• Realizzazione degli induttoriVeniamo alle caratteristiche costruttive degli induttori. Cominciamo dagliinduttori senza nucleo ferromagnetico. Esistono varie formule per il calcolodegli induttori, tutte empiricamente ricavate, quindi approssimate. Con riferimentoagli induttori senza nucleo, la formula approssimata di uso più generale per ilcalcolo delle dimensioni di un induttore, ad un solo strato, è

L = 987 ⋅ 10-6 K D2 N2

H ,

dove, come mostrato in Figura 3.40, con L abbiamo indicato l’induttanza inmicroherny, D il diametro dell’induttore in centimetri, H la lunghezza incentimetri, N il numero di spire, K il fattore di correzione, detto costante diNagaoka, il cui andamento al variare del rapporto di aspetto è riportato in Figura3.40.

D H

K

2

4

68

10

0.1 1 10DH

Figura 3.40: realizzazione di un induttore in aria.

Page 66: Capitolo 3 I bipoli e le loro caratteristiche

66 − I bipoli e le loro caratteristiche

La relazione riportata viene risolta generalmente imponendo tutti i parametritranne uno. Determinati tutti i valori dei parametri, si realizza l’induttanza e siverifica il progetto mediante ponti di misura, per mostrare che l’induttanzarealizzata corrisponde a quella progettata.Generalmente la bontà di un induttore dipende dal tipo di supporto impiegato, daltipo di avvolgimento e dal tipo di filo. Per ridurre la capacità propriadell’induttore, al fine di migliorarne le prestazioni, si eseguono avvolgimentiparticolari che riducono questo effetto indesiderato. Gli avvolgimenti tipici sonodue: quello ad induttori cilindrici e quello a nido d’ape. Per i primi, la formulautilizzata per il calcolo dell’induttanza è la stessa che abbiamo mostrato inprecedenza. Per quelli a nido d’ape la formula empirica è

L = 10-3 K N2 r ,

dove r è il raggio medio dell’induttore in centimetri.

Passiamo, ora, agli induttori con nuclei ferromagnetici, che vengonorealizzati al fine di ottenere elevati valori di induttanza con ingombro modesto. Conquesti induttori è possibile variare, entro un certo intervallo, mediante spostamentodel nucleo rispetto agli avvolgimenti, la permeabilità magnetica e, quindi,l’induttanza. Se l’induttore con nucleo è attraversato da una corrente costituita dallasomma di una continua più una alternata, occorre dotare il nucleo di un traferro,per evitare che la componente continua della corrente determini unamagnetizzazione troppo elevata del nucleo. Nel caso in cui ci siamo messi, cioè dicorrente somma di due contributi, continua ed alternata, se da un lato la presenzadel nucleo aumenta il valore dell’induttanza, dall’altro introduce delle perdite dienergia dovute all’isteresi ed alle correnti parassite, che si vanno ad aggiungere aquelle, già presenti, di tipo ohmico. Infine, per concludere, riportiamo la formulache ci consente di calcolare, in via approssimata, l’induttanza di un induttore connucleo magnetico

L = 1.256 N2

LF

µr SF + LA

SA

10-6 ,

dove abbiamo indicato con N numero delle spire, LF la lunghezza del circuitomagnetico del nucleo, LA la lunghezza del circuito magnetico del traferro, µr lapermeabilità magnetica relativa del nucleo, SF la sezione trasversale effettiva delnucleo; SA la sezione equivalente del traferro (SA > SF).

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67 − I bipoli e le loro caratteristiche

Al fine di eliminare gli effetti di eventuali campi elettromagnetici esterni, o perlimitare, almeno in una data zona, il campo magnetico prodotto da un induttore, si èsoliti racchiudere l’induttore stesso in un involucro, chiamato schermo. La tecnicache consente di realizzare ciò viene detta schermatura e si differenzia a secondadella frequenza dei campi sostenuti dall’induttore. Infatti, per campi magneticicontinui o a bassa frequenza, si realizzano schermature con materiali magnetici adelevata permeabilità iniziale, mentre si usano materiali metallici ad elevataconducibilità, per campi magnetici ad elevata frequenza. In conclusione, facciamonotare esplicitamente che la schermatura introduce una diminuzione della induttanzastessa.

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Appendice: altri fenomeni di conduzione

La conduzione nei metalli è essenzialmente affidata agli elettroni che, abbandonandol’atomo o la molecola di appartenenza, migrano più o meno liberamente attraversoil reticolo cristallino, costituendo quello che viene detto mare di Fermi. Glielettroni sono particelle molto leggere e, pertanto, dotate di grande mobilità.In questa appendice vogliamo esaminare altri fenomeni di conduzione elettrica,legati alle soluzioni ed ai gas. La principale differenza con la conduzione nei metalliè dovuta alla diversa mobilità delle particelle cariche che costituiscono la corrente,dato che, sia nei liquidi che nei gas, partecipa al processo conduttivo non solo ilpiccolo ed agile elettrone, ma anche il più pesante ione, ottenuto per estrazione dielettroni dagli atomi e dalle molecole. Si intuisce, allora, come la mobilità deidiversi portatori di carica determini le dinamiche dei processi conduttivi e, diconseguenza, le caratteristiche del conduttore in esame.

• Definizione di mobilitàLe considerazioni fatte sulla mobilità dei vari tipi di ioni possono, in qualchemisura, essere rese più quantitative introducendo il concetto di mobilità.Immaginiamo di avere una particella carica (che può essere anche un elettrone), dimassa M e carica q, che si muova con velocità (media) v sotto l’azione di un campoelettrico E. Definiamo mobilità della particella, indicata simbolicamente con µ, lacostante dimensionale che lega la velocità al campo elettrico, cioè

v = µ E .

Le dimensioni della mobilità sono

µ = vE

= msVm

= m2

V s .

Se, nello stesso campo elettrico accelerante, consideriamo due tipi di particelle, unapesante (indicata con una P ad apice) ed una leggera (indicata con una L ad apice),risulta che

vP = µP E , vL = µL E .

Dividendo membro a membro le due ultime relazioni, possiamo facilmenteconcludere che

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vPvL

= µPµL

< 1 ,

cioè che la mobilità della particella più pesante è più piccola, come è ovvio, diquella della particella più leggera µP < µL. Ciò comporta che un elettrone possiedeuna mobilità molto più grande di quella di qualsiasi altro ione.

• Conduzione nei liquidiNei conduttori elettrolitici la corrente elettrica è costituita dal movimento ordinatodi ioni: gli ioni positivi migrano verso il catodo, mentre quelli negativi si muovonoverso l’anodo, come mostrato in Figura A.1.Studiando il passaggio della corrente elettrica nei liquidi, M. Faraday, nel 1833,osservò che l’acqua pura è praticamente isolante, mentre diventa conduttrice se siscioglie in essa una piccola quantità di un sale, o di un acido, o di una base.Soluzioni in acqua, invece, della maggior parte dei composti organici, come adesempio lo zucchero, non sono conduttrici. Chiameremo elettrolita qualsiasisostanza che, disciolta nell’acqua, la rende conduttrice ed elettrolisi il passaggiodella corrente elettrica nelle soluzioni elettrolitiche.

E

Anodo Catodo

Figura A.1: conduzione in un elettrolita.

La proprietà di un elettrolita, di lasciarsi attraversare dalla corrente, proviene dalfatto che una parte delle sue molecole è dissociata. Ad esempio, in una soluzione dicloruro di sodio Na Cl, una parte delle molecole è dissociata in ioni sodio, portantiuna carica elementare positiva, un’altra parte in ioni cloro, portanti una caricauguale negativa. La carica di questi ioni monovalenti è ancora, in valore assoluto,quella dell’elettrone.L’esperienza mostra che per soluzioni elettrolitiche vale la legge di Ohm, cioèl’intensità della corrente che passa è proporzionale alla differenza di potenziale. Ciòvale finché la temperatura della soluzione non diventa troppo alta, a causadell’effetto Joule, che ha luogo nei liquidi attraverso un meccanismo simile a quello

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che si manifesta nei solidi; se la temperatura è così elevata che il liquido bolle,avvengono in esso fenomeni complicati e la legge di Ohm non è più rispettata.Comunque, la conduzione nei liquidi è particolarmente interessante per tutti gliaspetti legati allo studio di batterie ed accumulatori.

• Conduzione nei gasCominciamo a notare che gli ioni gassosi si formano per cessione oppure acquistodi uno o più elettroni, e non per scissione delle molecole costituenti la soluzione,come invece accade per le soluzioni. Quello che accade è che un elettrone, o più diuno, posto nella parte più esterna della molecola di gas acquista una energia tale dadistaccarsi dalla molecola che, inizialmente neutra, diventerà ora uno ione positivo;l’elettrone liberatosi si legherà ad un’altra molecola, facendola diventare uno ionenegativo, oppure rimarrà da solo comportandosi, ovviamente, come uno ionenegativo. Ciò che rimane da chiarire è cosa renda possibile questa ionizzazione. Atal proposito si definisce agente ionizzante un qualunque fattore esterno, capacedi fornire ad uno o più elettroni l’energia di ionizzazione, cioè l’energia checonsente la fuoriuscita dell’elettrone dalla molecola. I più comuni agenti ionizzantisono: la temperatura, la radiazione elettromagnetica e quella nucleare, i raggicosmici.L’entità del fenomeno della ionizzazione è, per un certo campo di valori,direttamente proporzionale all’agente ionizzante. C’è da dire, però, che si riscontrauna situazione di saturazione in cui l’effetto non aumenta più, anche aumentandol’agente ionizzante, in quanto ad un certo punto il numero di ioni che si formano inun certo intervallo di tempo risulta pari al numero di molecole che, nello stessointervallo di tempo, ritornano allo stato neutro. La ionizzazione non è l’unicofenomeno al quale sono soggetti i gas: quando un gas, in cui siano presenti alcuniioni, è immerso in un campo elettrico esso subisce quella che comunemente vienechiamata ionizzazione secondaria che consiste nel fatto che gli ioni presenti,positivi e negativi, vengono attratti o respinti dagli elettrodi che generano il campo.In questo modo acquistano una energia cinetica tale che urtando contro le altremolecole provocano un’ulteriore ionizzazione (da cui l’attributo secondaria).I gas non ionizzati si comportano dal punto di vista elettrico come dei perfettiisolanti, ma, dato che non si riesce mai ad eliminare tutti gli agenti ionizzanti, unacerta qual conducibilità si riscontra sempre. Ad esempio, la sola radiazione cosmicaè talmente penetrante da attraversare qualunque schermo posto a protezione del gased è capace di produrre una, sia pur piccola, ionizzazione. Si conclude, allora, che igas presentano sempre una certa conducibilità.Illustriamo, ora, un esperimento che ci consente di comprendere in che modo simanifesti il fenomeno della conduzione nei gas. Soffermiamoci, per il momento, alcaso di un gas mantenuto a pressione costante e supponiamo di eseguire

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l’esperimento, mostrato in Figura A.2, in cui consideriamo come gas l’aria secca, abassa pressione. Come si nota, nel circuito di misura sono inseriti un generatore E,capace di raggiungere anche elevati valori di tensione, ed un amperometro A, ingrado di segnalare la presenza di correnti, anche di debolissima entità. Quando ilcursore C si trova a coincidere con il punto N, la tensione ai capi del condensatoreche contiene il gas in esame è nulla e l’amperometro non segnala alcuna corrente.

+

+

V

A+

I

+

−E

M

N

CA

B

VAB

Figura A.2: circuito di misura della corrente circolante in un gas.

Man mano che il cursore si sposta da N verso M, la tensione ai capi della capacitàcomincia ad aumentare e si rileva una corrente sempre più grandesull’amperometro. Il processo procede in questa maniera fino a quando la correntenon raggiunge il valore di saturazione IS, corrispondente alla tensione disaturazione VS; in questa situazione, il valore di corrente rimane pressochéinalterato anche se la tensione aumenta (Figura A.3).

0 VS VD VE

IS

IE

i

vAB

Figura A.3: la corrente che attraversa una gas.

Questo fenomeno è detto di scarica oscura perché non è accompagnato damanifestazioni luminose, né acustiche. Se tra gli elettrodi A e B esiste una piccolatensione, gli ioni formati dagli agenti ionizzanti esterni si muovono verso gli

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elettrodi di segno opposto, analogamente a quanto accade in una cella elettrolitica;però, finché la tensione è debole, soltanto pochi ioni giungono agli elettrodi, datoche, lungo il cammino, molti di essi vengono neutralizzati da ioni di segno opposto:si ha, quindi, che la corrente assume valori modesti. Aumentando la tensione, cresceil numero di ioni che sono in grado di raggiungere gli elettrodi, cioè aumental’intensità di corrente. Quando si arriva al valore VS accade che praticamente tuttigli ioni, man mano che si formano, vengono raccolti dagli elettrodi, per cui, puraumentando la tensione del generatore, non si rileva alcun aumento significativodella corrente, che rimane bloccata al valore IS. Notiamo che questo valorepotrebbe aumentare solo se aumentasse l’intensità degli agenti ionizzanti.Se si continua ad aumentare la tensione tra A e B, accade che dopo la fase dicorrente costante, in corrispondenza della tensione VD, l’intensità di correnteriprende ad aumentare, prima lentamente, poi più rapidamente. Quando la tensioneraggiunge il valore VE, detto potenziale esplosivo, l’intensità di corrente risultatalmente elevata dà dar luogo ad una scarica a scintilla, caratterizzata da unacerta intensità luminosa e da un crepitio. L’elevatissimo campo elettrico presente tragli elettrodi accelera gli ioni primari a tal punto da renderli capaci di innescare unaionizzazione secondaria per urto, dando origine a nuovi ioni, che a loro volta neproducono altri, e così via, fino ad avere un vero e proprio effetto di valanga ionicache si manifesta con una scarica a scintilla.Per avere un’idea degli ordini di grandezza delle quantità in gioco, diciamo che, sela distanza tra gli elettrodi è circa 1 cm e se tra di essi è interposta dell’aria secca, ilpotenziale esplosivo è di circa 30 kV.Al fine di capire le cause in grado di cambiare il potenziale esplosivo, riportiamo lalegge di Paschen, secondo cui il potenziale esplosivo VE è direttamenteproporzionale alla pressione del gas (p) ed alla distanza (d) tra gli elettrodi.L’espressione matematica di questa legge è, ovviamente,

VE = k p d .

La giustificazione di questa legge è da ricercarsi nel fatto che la scarica a scintilla èuna conseguenza della ionizzazione secondaria, la quale ha luogo se gli ioni, primadi urtare le molecole neutre, hanno possibilità di percorrere un sufficiente camminoe di acquistare una sufficiente energia cinetica. È evidente allora che questapossibilità si realizza tanto più facilmente, quanto più piccolo è il numero dellemolecole del gas per unità di volume, cioè quanto più bassa è la pressione del gas.In sostanza, diminuendo la pressione diminuisce anche il valore del potenzialeesplosivo. Per quanto riguarda la distanza tra gli elettrodi, la relazione tra ilmodulo del campo elettrico ed il potenziale tra le placche di un condensatore pianoE = V/d, evidenzia che, diminuendo la distanza tra gli elettrodi, diminuisce anche la

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tensione necessaria per avere tra gli elettrodi stessi un campo elettricosufficientemente intenso da accelerare gli ioni primari e farli diventare a loro voltaagenti ionizzanti (ionizzazione secondaria). Quindi il potenziale esplosivo è tantopiù piccolo, quanto minore è la distanza tra gli elettrodi.Vale la pena sottolineare che scariche a scintilla naturali sono i fulmini, che nonsono altro che scintille tra due nubi o scintille tra nube e suolo, con tensionidell’ordine dei milioni e perfino dei miliardi di volt. L’elettrizzazione delle nubi èprobabilmente dovuta all’attrito tra le goccioline d’acqua che le costituiscono e lecorrenti atmosferiche.

Anodo

Catodo Anodo

Catodo

→ all’inizio

→ dopo un certo tempo

Figura A.4: evoluzione degli elettrodi di un arco voltaico.

Se si usano degli elettrodi fatti di particolari sostanze, per esempio di carbonio, èpossibile realizzare scariche a scintilla continue e molto intense, generando quelparticolarissimo fenomeno che prende il nome di arco voltaico. Mettendo, in unprimo momento, i due elettrodi a contatto in modo da far passare corrente nelcircuito, dopo un po’ di tempo le estremità degli elettrodi diventano incandescenti,per effetto Joule. A questo punto allontanandoli l’uno dall’altro di qualchemillimetro, la corrente continua a passare, nonostante il distacco dei due elettrodi, etra le estremità si osserva un bagliore assai luminoso, detto scarica ad arco. Il gastra gli elettrodi è incandescente e fortemente ionizzato; in esso sono presenti anchevapori e particelle provenienti dalla sublimazione degli elettrodi, i quali vengonomantenuti incandescenti dagli urti violenti degli ioni. Gli elettrodi si consumano(Figura A.4) rapidamente: l’anodo si incava, mentre il catodo si appuntisce ed, inquesta fase, la temperatura è circa 4000 °C. La tensione necessaria all’instaurarsidel fenomeno è di circa (40 ÷ 50) V. Le applicazioni dell’arco voltaico sonosvariate: esso viene usato sia come sorgente luminosa, dato che sprigiona una lucebianca vivissima, sia come sorgente di calore ad elevata temperatura per la fusionedi materiali refrattari, per la saldatura elettrica, nei forni ad arco.Quanto finora detto, si riferiva al caso di gas a pressione standard, non troppobassa. Per eseguire le esperienze a pressioni molto basse è necessario racchiuderegli elettrodi entro un tubo di vetro collegato con una macchina pneumatica, in modo

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che sia possibile diminuire progressivamente la pressione del gas. Nell’intervallo tra(300 ÷ 760) mm di Hg, il gas si comporta conformemente alla legge di Paschen,cioè si riduce progressivamente il valore del potenziale esplosivo, ma la scarica ascintilla conserva pressoché inalterate le caratteristiche. Diminuendo ulteriormentela pressione, la scintilla cambia progressivamente aspetto, diventando dapprimaregolare e silenziosa, finché al di sotto dei 100 mm di Hg, si trasforma in unacolonna luminosa uniforme, che occupa tutto lo spazio tra gli elettrodi e prende ilnome di scarica a bagliore. La scarica a bagliore è molto usata perl’illuminazione e per le insegne luminose; il colore della luce emessa dipende dallanatura del gas contenuto nel tubo: il neon puro produce un colore rosso, l’argonemette un colore violaceo, mentre il colore della scarica a bagliore dell’anidridecarbonica è bianco. Al di sotto dei 10 mm di Hg, la colonna luminosa comincia adessere interrotta da zone oscure che diventano sempre più estese, finché laluminosità non cessa del tutto. Questo sembrerebbe in disaccordo con quanto dettoin precedenza; in effetti, è vero che i pochi ioni presenti hanno un elevatissimopotere ionizzante, ma è pur vero che la probabilità che essi incontrino una molecolaè piccolissima a causa della pressione estremamente bassa e, pertanto, non sono ingrado di ionizzarne alcuna.