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Capitolo 7 Analisi dei dati sperimentali

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Capitolo 7

Analisi dei dati sperimentali

Università degli Studi di Pavia Facoltà di Ingegneria Analisi dei dati sperimentali

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Capitolo 7

7.1 Introduzione

A partire da test sperimentali, attraverso l’analisi modale è possibile identificare le

caratteristiche dinamiche di una struttura definite generalmente dalle frequenze proprie

e dai modi di vibrare. La conoscenza di questi parametri, ottenuti sottoponendo la

struttura a vibrazioni, consente di avere informazioni a livello globale o locale sul

comportamento (risposta alla sollecitazione) o sullo stato (livello di danneggiamento)

della struttura.

In questo capitolo è stata analizzata la metodica di come, partendo da acquisizioni

sperimentali, è possibile risalire alle caratteristiche dinamiche della struttura.

Grazie ad una collaborazione tra l’Università di Pavia e l’ELSA Laboratory (European

Laboratory for Structural Assestement) del JRC (Joint Research Centre) ad Ispra, è stato

possibile accedere, tramite una password, al loro database e analizzare dati sperimentali

relative alla prove DamDet Pavia (Steel Frame Plate, struttura danneggiata senza

controventi e Steel Frame struttura con i controventi) e Dispass ELSA (prove con Snap

Back e TMD).

I dati analizzati sono relativi alla struttura denominata Baby Frame realizzata e testata in

questo laboratorio, oggetto negli ultimi anni di numerose campagne di prove. Le

acquisizioni analizzate in questa tesi sono di tipo dinamico. Tuttavia all’ELSA

Laboratory, che si occupa della ricerca nel campo del patrimonio artistico e culturale,

vengono eseguite prove pseudodinamiche, dinamiche, cicliche, di carico e a fatica,

ovvero tutte quelle prove necessarie per la verifica di una struttura in ca, acciaio, mista e

in muratura. L’obiettivo principale di questo laboratorio è quello di contribuire alla

definizione di metodologie di intervento per il sistema diagnostico strutturale.

Per ogni prova presa in considerazione sono stati scaricati singolarmente i dati relativi

alle storie temporali di spostamento o accelerazione in formato testo.

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Figura 7.1: Database dell’ELSA da cui sono state scaricate le prove

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7.2 Descrizione del modello fisico

Il Baby Frame è costituito da un telaio in acciaio con solai in cemento e lamiera grecata

(con nervature in direzione trasversale). La struttura è formata da due campate

longitudinali di 4 m ciascuna (in direzione X) e da una campata trasversale di 2,5 m (in

direzione Y). L’altezza di ogni piano è di 2 m. Le colonne sono costituite da profilati in

acciaio Fe360 HEB140 e le travi longitudinali e trasversali sono costituite da IPE180

sempre in acciaio del tipo Fe360, saldate tra loro.

Figura 7.2: Visione generale del Baby Frame

Figura 7.3: Pianta dalla struttura Baby Frame

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Le solette in cemento sono state gettate in opera su lamiera grecata fissata con dei

chiodi alle flange superiori delle travi. La scala è 2/3 di una struttura reale ed è ancorata

alla base del pavimento di reazione.

Figura 7.4: Particolari costruttivi del Baby Frame

Figura 7.5: Altri particolari costruttivi del Baby Frame

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7.3 Prima campagna di prove

Le prove dinamiche sono state effettuate sulla struttura in due diverse condizioni:

struttura integra, simulata con il posizionamento di controventi al primo piano,

danneggiata ovvero senza controventi.

Figura 7.6: Schema della struttura integra

Figura 7.7: Schema della struttura danneggiata

Per caratterizzare dinamicamente la struttura, individuandone i modi di vibrare,

[Colabrese, 2001] è stato considerando un modello spaziale. Si è assunto un

comportamento rigido degli impalcati ed ogni piano è individuato da 3gdl: due

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traslazionali ed uno rotazionale. Calcolando lo spostamento in corrispondenza di

ciascuno di questi gdl, si individua lo spostamento di ogni punto del piano. Grazie al

teorema di Chasles, si ha:

OPOOPP ∧Θ+= '' (7.1)

Figura 7.8: Spostamento del piano rigido

Lo spostamento di un qualunque punto del piano è dato dalla seguente espressione.

a U yb V x= −Θ⎧

⎨ = + Θ⎩ (7.2)

Si è scelto di posizionare quattro accelerometri per piano: due in direzione longitudinale

e due in direzione trasversale in posizione contrapposta agli angoli dell’impalcato. In

corrispondenza del primo piano sono stati posizionati altri strumenti in modo da avere

altre misurazioni ridondanti. Il posizionamento degli accelerometri, identico sia per la

struttura integra che danneggiata, è mostrato nella figura seguente.

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Figura 7.9: Schema del posizionamento della strumentazione identico per le due strutture analizzate

Uno shaker elettrodinamico, di massa pari a 30 kg, è stato posizionato al terzo piano in

posizione eccentrica in modo da conferire alla struttura una forza d’eccitazione nelle

due direzioni longitudinali.

Figura 7.10: Shaker elettrodinamico

Il segnale dato allo shaker è un segnale casuale con frequenze da 1 a 100 Hz. Ogni

eccitazione è intervallata da un periodo di 20 secondi. È stato usato un sistema di

acquisizione, configurato in modo da avere un tempo di campionamento di ∆t= 0,005 s,

ovvero fs= 200 Hz: così facendo si possono andare a valutare segnali con una frequenza

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massima fino a 100 Hz, largamente superiore alle frequenze di interesse (si veda a tal

proposito il Capitolo 2). Per conoscere la forza conferita dallo shaker alla struttura, è

necessario applicare un accelerometro sulla massa dell’eccitatore.

Figura 7.11: Eccitazione fornita dallo shaker elettrodinamico (a sinistra) e segnale acquisito

dall’accelerometro posizionato sullo shaker (a destra)

Generalmente per la caratterizzazione dinamica di una struttura si parte da una

descrizione attraverso caratteristiche fisiche in termini di massa, rigidezza e

smorzamento riferendosi ad un modello spaziale; poi si prende in considerazione

l’analisi modale della struttura che la caratterizza dinamicamente attraverso le frequenze

naturali, i modi di vibrare e i fattori di smorzamento modali. La risposta della struttura

soggetta a determinate condizione di eccitazione non dipende solo dalle caratteristiche

intrinseche della struttura stessa, ma anche dalla natura e dalle ampiezza della

sollecitazioni. Attraverso l’uso delle funzioni di risposta in frequenza (FRFs) è possibile

ricostruire un modello di risposta.

Figura 7.12: Procedimento per l’analisi delle vibrazioni

Descrizione della struttura

Modi di vibrare

Livelli di risposta

Modello spaziale Modello modale Modello di risposta

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La funzione di risposta in frequenza permette di conoscere il valore dell’uscita note

l’ampiezza e la pulsazione ω dell’ingresso. Si può procedere anche in senso inverso:

attraverso le FRF (che sono ricavabili in via sperimentale) è possibile ricavare le

frequenze proprie e i modi di vibrare della struttura. Quest’ultimo è l’approccio seguito

in questa tesi.

Per l’individuazione dei modi di vibrare di una struttura sono state ricavate le FRFs dei

segnali provenienti dai segnali di accelerometri tutti posizionati in direzione X e

successivamente di quelli posizionati in direzione Y.

Ulteriori considerazioni possono essere fatte andando a valutare la coerenza di ciascun

segnale: è evidente come in corrispondenza di ciascun modo di vibrare la coerenza

tenda ad uno. Questo perché essendo un indice che valuta l’influenza del rumore sulla

misura, in corrispondenza del modo di vibrare, la struttura ha una risposta più

importante e quindi meno soggetta alle aleatorietà dovute al rumore.

Si riportano qui di seguito le FRFs e i diagrammi di coerenza dei segnali registrati per la

struttura senza controventi, ma il procedimento di individuazione dei modi è lo stesso

anche per la struttura con i controventi.

Figura 7.13: FRFs dei segnali in direzione X

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Figura 7.14: Coerenza dei segnali in direzione X

Figura 7.15: FRFs dei segnali in direzione Y

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Figura 7.16: Coerenza dei segnali in direzione Y

Partendo dalle basse frequenze si nota un picco di risposta intorno ai 3 Hz evidente nelle

FRFs degli accelerometri in direzione X e con la forza di eccitazione dello shaker nella

stessa direzione. Da queste osservazioni si può ipotizzare che in quell’intorno ci sia un

modo traslatorio in X. Stesso discorso può essere fatto per i picchi a 10 Hz e 18 Hz

prevalenti in direzione X. Il picco intorno a 7 Hz può essere attribuito ad un modo

traslazionale in direzione Y, mentre quello intorno a 11 Hz essendo presente quasi con

la stessa ampiezza nelle FRFs delle due direzioni può essere considerato un modo

torsionale. Procedendo con queste considerazioni preliminari si è però riscontrata una

certa difficoltà ad individuare gli altri modi flessionali nella direzione trasversale e

torsionali per la struttura.

Un indagine visiva e approssimativa di questo genere delle FRFs permette solo di fare

delle considerazioni sui possibili modi di vibrare .

Ulteriori, ma analoghe supposizioni, possono essere fatte andando a visionare le PSD

dei segnali nelle due diverse direzioni di acquisizione. Di seguito si riportano le PSD

relative ai segnali sempre per la struttura senza controventi.

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Figura 7.17: PSDs dei segnali in direzione X

Figura 7.18: PSDs dei segnali in direzione Y

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Dall’analisi visiva delle PSD si può ipotizzare per le frequenze intorno a 3 Hz, 10 Hz e

18 Hz modi traslatori in X; 7 Hz e 12 Hz modi traslatori in direzione Y; al picco di 18

Hz potrebbe essere attribuito un modo torsionale. Ci sono alcune difficoltà ad

individuare i modi mancanti soprattutto quelli flessionali in Y: ciò è dovuto al fatto che

lo shaker al terzo piano eccita la struttura solo in direzione longitudinale e la visione

quindi dei modi in direzione Y risulta complicata.

Tuttavia dai segnali provenienti da accelerometri posti nello stesso piano della struttura

e che misurano le eccitazioni nella stessa direzione, possono essere fatte altre

considerazioni. Prendendo la somma dei segnali aventi le caratteristiche sopraindicate,

vengono amplificate le frequenze proprie nella direzione di acquisizione, prendendone

la differenza vengono amplificati i modi torsionali. Si riporta qui di seguito un esempio.

Figura 7.19: PSDs in scala logaritmica della differenza di due segnali in direzione X

La differenza tra due segnali evidenzia dei picchi intorno alle frequenze 3 Hz, 12 Hz e

17 Hz. Si può supporre che nel loro intorno siano presenti dei modi torsionali.

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Figura 7.20: PSDs in scala logaritmica della somma di due segnali in direzione X

La somma tra due segnali evidenzia dei picchi intorno alle frequenze 3 Hz, 10 Hz e 18

Hz. Si può supporre che nel loro intorno siano presenti dei modi traslazionali in

direzione X.

Tali confronti sono stati effettuati con tutte le coppie di segnali disponibili evidenziando

gli stessi risultati e giungendo quindi alle stesse conclusioni.

Per ottenere i modi di vibrare, è stato utilizzato da [Colabrese, 2001] un programma di

analisi modale: Structural Dynamics ToolBox for Matlab. E’ stata analizzata la stessa

struttura senza controventi. Tramite questo ToolBox dalle FRFs dei segnali si risale ai

modi propri di vibrare della struttura. Si riporta qui di seguito una descrizione della

metodologia adottata e i risultati ottenuti.

È necessario definire innanzitutto un modello della struttura, contenente i nodi misurati,

i nodi eccitati e i nodi inerti con le loro coordinate all’interno di un sistema di

riferimento.

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Figura 7.21: Modello della struttura da inserire nel Structural Dynamics ToolBox for Matlab

È stata inserita una matrice con le seguenti caratteristiche che descrive la struttura

rispetto al sistema di riferimento:

Node =

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

242424

111

.........

.........

zyx

zyx

zyx

iii

°

°

24...

...1

esimoi

nodo

nodo

nodo

(7.3)

In seguito viene definita una matrice Πxf ℜ∈ contenente tutte le FRFs, nella forma:

(7.4)

Oltre a queste due matrici è necessario definire una matrice di corrispondenza tra la

localizzazione della forza e la misura dell’accelerazione, definita come segue:

TEST Accel.num. 2 … 18

… … … 1… … … …

Πxf … … … …… … … …… … … Punti analizzati

1 … 17

Damdet: Steel frame plate

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[ ]ne.de na.da nc 0 0 0 0=XFdof (7.5)

dove:

ne = numero del nodo d’eccitazione;

de = direzione dell’eccitazione;

na = numero del nodo dove si misura l’accelerazione;

da = direzione di misura dell’accelerazione;

nc = numero colonna della FRF corrispondente nella matrice IIxf.

Inoltre si definisce un vettore colonna dove sono indicate le frequenze corrispondenti a

ciascuna riga della matrice IIxf . Attraverso un’interfaccia grafica, che permette di

visualizzare le funzioni di risposta in frequenza, si ha la possibilità di selezionare i vari

picchi in modo da permettere al programma di individuare il modello teorico che meglio

approssima la curva sperimentale in quel range di frequenze.

Figura 7.22: Individuazione dei poli attraverso Matlab

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Nella Figura 7.22 viene evidenziata la curva verde corrispondente al modello teorico

che meglio approssima la FRF in quel polo, dove per polo si intende uno degli zeri del

denominatore della funzione di trasferimento. Una volta identificati tutti i poli, abbiamo

a disposizione una matrice IIpo costituita da:

IIpo =

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

99

11

......

......

ς

ς

ς

f

f

f

ii

°

°

9...

...1

esimoi

Modo

Modo

Modo

...

... (7.6)

dove le frequenze sono espresse in Hz. A questo punto il programma ottimizza il

modello trovato in modo da minimizzare i valori dei residui delle frazioni dei polinomi

individuati. Risultato di questa operazione è una nuova matrice delle frequenze IIpo.

Una volta individuato il modello che più approssima i dati sperimentali, si conoscono le

deformate modali dei punti dove sono state prese le misure. Per conoscere gli

spostamenti degli altri punti (inerti) della struttura, si deve utilizzare una matrice

=Node_Dof A che relaziona lo spostamento di qualunque nodo in funzione dello

spostamento di un gdl (ovvero di un nodo misurato).

d u= A% %

⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢

=

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

14

2

24

24

1

1

...

.........

u

u

A

dd

dd

y

x

y

x

(7.7)

dove id è lo spostamento del nodo i-esimo, iu è lo spostamento del nodo (in direzione

di misura dell’accelerazione) in cui è presente l’accelerometro i-esimo. Una volta

completata la matrice Node_Dof si conoscono gli spostamenti di tutti i nodi della

struttura in corrispondenza di ciascun modo di vibrare, per cui è possibile disegnare le

deformate modali:

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Figura 7.23: Individuazione dei modi di vibrare attraverso il ToolBox di Matlab

Sulla base di questi risultati è stato fatto un modello col programma di calcolo agli

elementi finiti SAP2000. La struttura è di tre piani, le colonne sono costituite da

profilati in acciaio Fe 360 del tipo HEB 140 saldati a profili IPE 180 che costituiscono

le travi di piano.

I piani, modellati con elementi shell, hanno ognuno una massa di 5000 kg. Per ogni

piano è stato definito il materiale e uno spessore equivalente della piastra.

massa per piano: 5000 kg

peso per unità di volume del cls non armato: 23,5631 kN/m3

area del solaio: 2,5 m · 8 m = 20 m2

altezza equivalente della piastra del primo e del secondo piano 106 mm

Questo modello è stato realizzato per comparare i risultati derivanti dalle successive

prove sperimentali.

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Figura 7.24: Modello numerico

I risultati ottenuti dalla modellazione sono:

N° Modo Modi Frequenze (Hz) Periodi (s)1 traslazione y 2,5679 0,38942 traslazione x 3,1715 0,31533 torsione 3,7357 0,26774 traslazione y 7,7581 0,12895 traslazione x 10,4000 0,09626 torsione 11,4990 0,08707 traslazione y 12,3260 0,0811

12 traslazione x 18,6070 0,053714 torsione 18,7440 0,0534

Tabella 7.1: Risultati dall’analisi modale dal Sap