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ShqiptOr tOrinesi d’Albania

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Catalogo della mostra ShqiptOr

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Page 1: Catalogo Mostra ShqiptOr

ShqiptOr tOrinesi d’Albania

Page 2: Catalogo Mostra ShqiptOr

ShqiptTor – tOrinesi d’Albania 28 Settembre – 23 Ottobre 2009 Bagni Pubblici di Via Aglié

! Groshgrup 2009 Testi: Groshgrup Foto: Silva Ferretti

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L’origine. Il grosh. Intorno a un piatto caldo di grosh (fagiolata albanese), sette persone molto diverse tra loro (per età, cultura, nazionalità, classe, sesso, credo religioso, stile e prospettive di vita) hanno fatto crescere un’amicizia profonda, un confronto costante sulle questioni più disparate, una condivisione solidale di spazi, averi, pensieri, divertimenti e confidenze. Grosh. Piatto ricco di proteine di pace e di unità. E mentre il mondo si alimenta di intolleranza, di odio e bellicismo, questo piccolo gruppo di diversi diventa spontaneamente comunità anomala e controcorrente.

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L’input artistico Nel 2008, dinanzi a un’installazione di fronte Gran Madre, alcuni di noi sobbalzarono stupiti e inorriditi… E’ possibile considerare “arte” un cinese isolato per un mese dentro una sobria ma accogliente baracca? E’ “arte” il suo confrontarsi con un contesto urbano a lui totalmente sconosciuto? Sono davvero “arte” la sua situazione alloggiativa e i suoi schizzi minimali? Ci si chiese allora se anche degli immigrati come alcuni tra noi, giunti clandestinamente in una città sconosciuta … come dei piccoli (in quanto minorenni) pionieri, senza conoscere la lingua… dormendo all’addiaccio sotto i ponti e negli edifici abbandonati (altro che la baracca riscaldata, pulita e ben attrezzata dell’istallazione artistica!)… mangiando nelle mense dei senza fissa dimora… e cercando disperatamente di capire come ottenere pronta regolarizzazione, casa, lavoro e dignità… ebbene, ci si chiese appunto se anche noi fossimo “arte”.

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Giungemmo alla conclusione che forse arte non siamo, ma che per lo meno potevamo imparare a usare questo strumento per esprimere ciò che viviamo, ciò che sentiamo e ciò che vorremmo comunicare alla società a cui di fatto apparteniamo, nonostante lei faccia fatica a riconoscerlo e quindi ad ascoltarci. Da qui l’idea di realizzare un laboratorio creativo sperimentale che provi a dimostrare che la multiculturalità è una ricchezza, non un’inaccettabile condanna. La differenza e persino il conflitto sono diventate la materia grezza con cui provare a raccontare storie, con cui provare a “fare arte”. Ci interessa la quotidianità, la routine che non fa notizia, ma che giorno dopo giorno riempie le nostre vite. Vogliamo misurarci con linguaggi espressivi nuovi. E cercheremo di capire se anche un gruppo di muratori, di idraulici e di idealisti anticonformisti, può diventare avanguardia di contenuti, nonché elemento di contaminazione stilistica antirazzista e proletario. Il grosh è in preparazione… in cucina si lavora, si scherza e si ride… chissà se Torino sarà curiosa di assaggiarlo…

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I quadri

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10 volti di ragazzi albanesi che hanno tentato la difficile strada dell’integrazione a Torino (non sempre con successo), in un territorio non sempre disposto a integrare. 10 storie molto diverse tra loro. La dimostrazione di quanto insensata sia la bieca logica del “fare di tutta l’erba un fascio”, giacché gli esseri umani, nonostante provengano da contesti simili, reagiscono in maniera dissimile alle esperienze della vita, per via delle differenze caratteriali, del diverso sistema di valori personale (non necessariamente indotto dalla famiglia, dalla cultura e dalla società di riferimento) e della diversa sensibilità individuale. Tutti parametri poco utilizzati dai severi scienziati padani. 10 persone che mi hanno aiutato a capire molti meccanismi legati alla realtà dell’immigrazione albanese e che mi hanno accolto in maniera fraterna nella loro cultura, nella loro famiglia, nel loro vissuto quotidiano.

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10 persone a cui devo molto in termini di crescita umana. Per alcuni ho vestito i panni del tutore civile, negli anni in cui Torino si era trovata impreparata “all’invasione” dei minori extracomunitari non accompagnati. Anch’io ero impreparato, per questo ringrazio di aver avuto l’opportunità di crescere così tanto insieme a loro, condividendo gomito a gomito quel caotico periodo di lotta e gli anni seguenti. Sono trascorsi più di 10 anni da allora. Questi ragazzi sono diventati uomini adulti. Quelli che hanno deciso di non scendere a compromessi con la malavita accettando un impegnativo percorso di formazione finalizzato all’apprendimento di un mestiere riconosciuto dallo Stato, ora sono diventati piccoli imprenditori, operai, artigiani… popolo delle fabbriche e dei cantieri. Cittadini stranieri facenti parte integrante della nostra società al cui sviluppo contribuiscono attivamente, ma che restano invisibili – agli occhi di istituzioni che non concedono pieni diritti (solo pieni doveri),

che offendono la multiculturalità e la multietnicità del paese in cui viviamo e che criminalizzano l’immigrazione.

– agli occhi dei media, interessati a sottolineare ossessivamente gli errori commessi dagli “extracomunitari” x dirottare su noi immigrati la responsabilità dei mali di questa società.

– agli occhi di una popolazione conseguentemente sempre più intollerante e xenofoba.

Questi quadri, questi volti vogliono simbolicamente permettere a Torino di guardare in faccia questa realtà sommersa e invisibile, fatta di lavoro, di sacrifici, ma anche di sogni e di speranze. Qualcuno di questi ragazzi non ce l’ha fatta e si è perso per strada. Per loro questa mostra vuole esprimere l’augurio sincero di un rientro in carreggiata, insieme a tutti gli altri.

Javier Scordato

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Cirillico

L’uso di codici numerico cirillici vuole evidenziare la difficoltà a identificare lo straniero per nome, per identità effettiva. Gli immigrati provenienti dai paesi dell’est europeo restano indistintamente alieni incomprensibili, in questo sì tutti uguali, siano essi albanesi, romeni, bosniaci, moldavi, polacchi, ukraini, russi… In un caso questi codici, che sono anche i codici altrettanto incomprensibili della burocrazia nostrana, sono un po’ velati, rovinati. Si tratta di una storia di prolungata e ingiustificata clandestinità voluta dallo Stato. Un grave errore costato caro a quel ragazzo, che però è riuscito a tenere duro tanto da essere diventato oggi titolare di un’impresa di successo. In altri casi questi codici non compaiono, perché quei ritratti sono precedenti agli altri e non erano stati pensati per la presente mostra.

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Chiodi

Questi chiodi vogliono essere innanzitutto un omaggio a Gloria Rinaldi, artista di Barriera recentemente scomparsa, che amava associare questi oggetti al gesto dell’appendere i quadri per esporli. Vogliono altresì dare risalto al lavoro nelle carpenterie, nei cantieri, nelle officine, nonché al bisogno di non lasciarsi facilmente inquadrare da una civiltà dominante poco rispettosa e spesso incivile. L’intermittente puntellamento che incornicia le tele rappresenta la ritmica regolarità del vivere quotidiano di questi ragazzi. Infine, si sa, molto banalmente, che i ritratti inchiodano un momento, un’espressione.

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Groshgrup è: Flamur FERATI, immigrato albanese Sokol FERATI , immigrato albanese Ylber FERATI, immigrato albanese Silva FERRETTI, migrante italiana Javier SCORDATO, immigrato argentino e migrante italiano Perparim SELMANALLARI, immigrato albanese Shpetim SELMANALLARI, immigrato Albanese

Ringraziamenti Ufficio Spazi per le idee / Assessorato per l’integrazione del Comune di Torino - Consorzio Kairos / Bagni pubblici di Via Aglié - Associazione Vatra - Fausto Sorino (Ufficio Minori del Comune di Torino) - Karunamayi Dasi e tutti coloro che hanno collaborato alla riuscita dell’evento. La mostra ShqiptOr è patrocinata dal Comune di Torino. E’ dedicata a Gloria Rinaldi, artista di Barriera, recentemente scomparsa.

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www.groshgrup.net [email protected]