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IL MENSILE DELL’EDUCAZIONE INTERCULTURALE 4|2014 aprile www.saverianibrescia.it ® Educazione bene comune Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM) dei Missionari Saveriani di Parma con sede a Brescia Poste Italiane S.p.A. - Sped. D.L. 353/03 (conv. L. 27/02/04 n. 46) Art. 1 - Comma 1 - DCB Brescia - Anno LIII - n. 4 - Aprile 2014 - Via Piamarta 9 - 25121 Brescia - Contiene IR .I.R. ADDIO A MARIO LODI ALBERTO MANZI IN TV IRA, ANATOMIA DI UNA PASSIONE

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ADDIO A MARIO LODI

ALBERTO MANZI IN TV

IRA, ANATOMIA DI UNA PASSIONE

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Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM)dei Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

DirettoreBrunetto [email protected]

Condirettori Antonio Nanni ([email protected]) Lucrezia Pedrali ([email protected])

SegreteriaMichela [email protected]

Redazione Federico Tagliaferri (caporedattore)[email protected]

Lubna Ammoune, Daniele Barbieri, Mas-simo Bonfatti, Silvio Boselli, Luciano Bosi,Gianni Caligaris, Chiara Colombo, StefanoCurci, Marco Dal Corso, p. Arnaldo De Vi-di, Fiorenzo Ferrari, Sara Ferrari, Lino Fer-racin, Antonella Fucecchi, Lorenzo Luatti,Rita Roberto, Nadia Savoldelli, Eugenio

Scardaccione, Elisabetta Sibilio, AlessioSurian, Aluisi Tosolini, Sebi Trovato, LauraTussi, Marco Valli-Osel Dorje

Collaboratori CEM dell’annata 2013-2014Lara Albanese, Lui Angelini, Mohamed Ba,Francesco Caligaris, Giacomo Caligaris, Pa-trizia Canova, Emanuela Colombi, AgneseDesideri, Francesco Marrella, Maria Maura,Clelia Minelli, Roberto Morselli, Maria Clau-dia Olivieri, Riccardo Olivieri, Roberto Pa-petti, Simona Polzot, Candelaria Romero,Roberto Varone, Martina Vultaggio

Ha collaborato a questo numeroAli Malganaabs

Direttore responsabileMarcello Storgato

Direzione e RedazioneVia Piamarta 9 - 25121 Brescia Telefono 030.3772780 - Fax [email protected]. n. 11815255

Amministrazione - abbonamentiCentro Saveriano Animazione MissionariaVia Piamarta 9 - 25121 Brescia Telefono 030.3772780 - Fax 030.3774965 [email protected]

Quote di abbonamento10 num. (gennaio-dicembre) € 30,00Abbonamento triennale € 80,00Abbonamento d’amicizia € 80,00Prezzo di un numero separato € 4,00

Abbonamento CEM / esteroEuropa € 60,00Extra Europa € 70,00

Grafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazioneDisegno di copertina: Silvio BoselliStampa: Tipografia Camuna - Brescia

[email protected]

www.saverianibrescia.it

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Educazione bene comuneR i v i s t a d e l C e n t r o E d u c a z i o n e a l l a M o n d i a l i t à ( C E M ) d e i M i s s i o n a r i S a v e r i a n i d i P a r m a c o n s e d e a B r e s c i a

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Registrazione Tribunale di Parma, n° 401 del 7/3/1967

Editore: Centro Saveriano Animazione Missio-naria - CSAM, Soc. Coop. a r.l., via Piamarta 9 -25121 Brescia, reg. Tribunale di Brescia n° 50127in data 19/02/1993.

La testata fruisce dei contributi statali diretti dicui alla legge 250 del 7 agosto 1990.

editorialeMario Lodi. Il «maestro» per eccellenza 1Patrizia Canova

questo numeroa cura di Federico Tagliaferri 3

l’altroeditoriale«Non è mai troppo tardi». L’idea geniale 4di un maestro specialeEugenio Scardaccione

rebusSenhoratge 6Gianni Caligaris

Sommarion. 4 / aprile 2014

Ira. Anatomia di una passione 23

ottava puntata

a cura di Antonella Fucecchi, Antonio Nanni

ascuolaeoltre

bambine e bambini

«Respect your parents, they passed 8school without Google» Sebi Trovato

ragazze e ragazzi

La scuola di oggi e di domani 10Sara Ferrari

generazione y

Educazione e memoria 12Stefano Curci

educazione degli adulti

Dall’uguaglianza alla differenza 14e oltre Rita Roberto

saggezza folle

Chi sono io? 16Marco Valli - Osel Dorje

agenda interculturale

Ponti sonori 35Alessio Surian

seconde generazioni

L’essere 2G mi perseguita anche 36in farmacia Lubna Ammoune

domani è accaduto

Tu, pallida Luna lassù 37a cura di Dibbì

spazio CEM

Campagna Caritas «Cibo per tutti» 38a cura della redazione

spazio CEM-SUD

Una vita senza documenti 39Ali Malganaabs

crea-azione

Treatre Sharing con Arte Transitiva 2014 40Nadia Savoldelli

mediamondo 41

nuovi suoni organizzati

Blowzabella. La tradizione 43continuamente rinnovataLuciano Bosi

saltafrontiera

Tante storie, tante lingue 44Lorenzo Luatti

cinema

Gli ultimi di Ken Loach 45Lino Ferracin

i paradossi 47Chi salverà il mondo del secolo XXI?Arnaldo De Vidi

la pagina dei girovaghi 48Massimo Bonfatti

Educazione 17bene comuneAluisi Tosolini

La geografia dell’iniquità 27ed il fallimento della scuola media in Italia(a.t.)

Educazione in prospettiva 32interreligiosaMarco Dal Corso

Le Cose

Stuffocation 33Elisabetta Sibilio

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Bernardini, interpretato nel film di Vittorio De Seta Diariodi un maestro, Don Lorenzo Milani e, ovviamente, MarioLodi. Ricordo che tornavo da quelle riunioni carica di sti-moli e affamata di conoscenza, divoravo libri, cercavo in-formazioni, non vedevo l’ora di correre in classe per spe-rimentare con i miei allievi le piste scoperte e suggerite.Molte volte i risultati erano sorprendenti e inaspettati e

brunetto salvarani | direttore [email protected]

Mario LodiIl «maestro» per eccellenza

editoriale patrizia [email protected]

«Un seme contiene il futuroe domani sarà ieri»Bruno Munari

I l 2 marzo 2014 è morto Mario Lodi, il maestro diVho. Il «maestro» per eccellenza, ma anche scrittore,pedagogista, artista e prima di tutto uomo innamorato

dei bambini e sempre in prima linea nel difenderne i di-ritti... Per me una guida pedagogica fondamentale, lucida,straordinaria. I sui insegnamenti preziosi sono stati e sono la mia bus-sola quotidiana, i suoi libri hanno fatto innamorare seigenerazioni di miei studenti. Mille ricordi ora affollanola mia mente...

Ho incominciato a insegnare che avevo appena diciottoanni compiuti da un paio di mesi. Di bambini sapevo benpoco, di pratiche educative quasi nulla. Ma ho avuto unafortuna grande e speciale che augurerei a tutte le giovaniinsegnanti all’inizio della loro carriera: sono arrivata inuna scuola, la Don Milani (e già il nome prometteva bene...)dove ho incontrato persone straordinarie che mi hannopreso per mano e guidato nel percorso, ancora oggi nonconcluso, di scoperta del mondo del bambino, di ricercadelle metodologie migliori per provare a stare tra le paretidell’aula in modo costruttivo. Tra questi colleghi, alcuniin particolare hanno segnato profondamente il mio per-corso: erano giovani donne e uomini che subito hannoiniziato a parlarmi dell’Mce (Movimento di cooperazioneeducativa) e dei Gap (Gruppi di autoaggiornamento per-manente) e mi hanno trascinato a singolari riunioni dovenon ci si stancava mai di discutere e ri-cercare insieme lemodalità migliori per pensare ai modi per costruire una«scuola a misura di bambino», una scuola capace di ac-cogliere i piccoli con tutto il loro bagaglio di sapere, leloro curiosità e i loro desideri di conoscenza... In quegliincontri rimbalzavano nomi di illustri pedagogisti, daFreinet a Freire, ma si prendevano a modello anche inse-gnanti «speciali» come il maestro Manzi, il maestro Albino

«Dobbiamo imparare a fare le cose difficili,come disse GianniRodari in una delle sueultime poesie: parlareal sordo, mostrare larosa al cieco, liberaregli schiavi che si credono liberi»Mario Lodi

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l’entusiasmo dei bambini contagioso. Ma la volta cheentrai in classe e iniziai a leggere Cipì ecco, quella nonla dimenticherò mai. I bimbi non erano solo curiosi... Qual-cosa di più era scattato in loro: erano incantati, affascinati,rapiti dal quel racconto delicato e magico e non avrebberomai voluto che smettessi. Da quel giorno, l’appuntamentocon Mario Lodi diventò un vero e proprio rito atteso e so-spirato e così - dopo aver finito di viaggiare con Cipì ePasserì - divorammo, uno dopo l’altro, La mongolfiera,Bandiera, Bambini e cannoni, Il permesso, Il soldatinodel pim pum pà...Ogni libro una sorpresa, un viaggio immaginario, unsogno... E il passo da lettori a scrittori è stato breve...

risposta, anche grazie alla collaborazione di un biblio-tecario intraprendente, abbiamo ricevuto la visita delgrande maestro. Ebbene sì, Mario Lodi è venuto a tro-varci, nella nostra piccola scuola di provincia e ci ha in-vitato a diventare parte della redazione di A&B, un gior-nale tutto scritto e illustrato dai bambini di diverse scuoleitaliane. È stato stupefacente vedere con quanto entu-siasmo tutti, ma proprio tutti gli alunni, si dedicasseroalla scrittura di poesie, filastrocche, racconti, stimolatidal fatto che quelle narrazioni sarebbero state pubblicatee lette da bambini di altre scuole. E con quanta ansia eimpazienza attendevano l’arrivo del giornale e se locontendevano a tal punto che la copia collettiva prestonon bastò più e molti bambini decisero di abbonarsiprivatamente alla rivista.Negli anni a venire, ho avuto la fortuna di conoscere me-glio il grande maestro e di ascoltare dalla sua viva voceindimenticabili lezioni sull’importanza di partire sempredai bambini per costruire l’apprendimento, sulla neces-sità di applicare una metodologia innovativa, capace diporli al centro del processo di insegnamento, di farecon loro ricerca anche a partire da piccoli oggetti dellaloro esperienza quotidiana. Grazie a lui ho capito cosavuol dire costruire un sapere collettivo, valorizzare lecompetenze di ciascuno, mettere in comune il «farsidella scoperta e della conoscenza». I suoi piccoli fascicolidella collana I Quaderni di Piadena. Biblioteca di lavorosono stati lo spunto per creare libretti monografici sullepiccole cose che interessano i bambini, sugli animali-compagni di gioco, sui nonni e altre persone importantinel percorso di crescita infantile... Per non parlare ditutti i suggerimenti tratti dai suoi testi sull’insegnamentodella scienza fatta di osservazioni dirette e di esperimentio sull’insegnamento della storia con la S maiuscola fattaraccogliendo testimonianze e piccole storie…Gli anni sono passati, e la scuola italiana purtroppo nonè più quel laboratorio creativo e vivace che avevo cono-sciuto all’inizio degli anni ’80, eppure... Eppure gli inse-gnamenti di Mario Lodi sono ancora miei inseparabilicompagni e le mie classi continuano, anche grazie a lui,a essere officine di pensiero dove passione, entusiasmo,ricerca sono di casa.Ciao Mario, grazie, e sappi che io e tanti altri maestri«resilienti» ti porteremo sempre nella nostra cartella, coninfinita gratitudine e riconoscenza. nnn

Grazie a Mario Lodi ho capitocosa vuol dire costruire un

sapere collettivo, valorizzare lecompetenze di ciascuno,

mettere in comune il «farsi dellascoperta e della conoscenza».

Mario Lodi, con i suoi libri, non ci aveva semplicementeinsegnato a farci incantare dalla musica delle parole, ciaveva anche suggerito quanto fosse bello scriverli ilibri. Ci aveva fatto capire che scrivere è «scoprire glialtri», che le parole possono essere anche suoni e colori.E così, con quell’alchimia strana che a volte si riesce acreare tra i banchi di scuola, la nostra aula si è trasfor-mata in un laboratorio di scrittura creativa e collettiva.Le idee fiorivano in una primavera di parole e, alloranon esistevano i computer, per diffonderle e condividerlecon altri abbiamo deciso di creare una vera tipografiascolastica: servendoci di una macchina da scrivere (cheancora conservo come oggetto della memoria) scrive-vamo le storie su matrici a inchiostro, e, grazie al ciclo-stile, le potevamo stampare in più copie. È nato così ilnostro primo libro della II B, Le avventure di reginetta,che, ovviamente, abbiamo spedito a Mario Lodi. In tutta

editoriale

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I l numero di aprile 2014 aggiunge un altro capitolo al discorso sui beni comuni, che caratterizza l’annata 2013-2014

della rivista, con un dossier a cura di Aluisi Tosolini dedicato all’educazione. «Il requiem per la scuola non è un dubbio,

ma una certezza - scrive l’autore -. Almeno per la scuola così come noi la conosciamo, ovvero quel sistema ottocentesco

che registra ovunque un duplice fallimento, in termini di efficienza e di equità: l’impossibilità di far acquisire a ognuno un

bagaglio minimo di conoscenze e competenze e quello di democratizzare la società, favorendo, mediante l’istruzione, la

mobilità sociale […]. Cosa significa dunque educazione come bene comune? […] La scuola, che per secoli è stata lo

strumento che ha garantito il diritto di

tutti ad accedere al bene comune

chiamato educazione, pare essere

giunta al termine delle sua corsa. Al-

meno nelle società ricche e tecnologi-

camente avanzate la scuola non è né

efficiente né equa. Anzi, da un lato pa-

re fatta apposta per riprodurre le di-

suguaglianze sociali e dall’altro non

garantisce neppure un livello minimo

di acquisizione di competenze di cit-

tadinanza (detto altrimenti pare au-

mentare - piuttosto che eliminarli -

l’ignoranza e l’analfabetismo)».

Il dossier è ricco di considerazioni in-

teressanti e di analisi approfondite,

corredate da tabelle che aiutano a vi-

sualizzare i dati a supporto degli argomenti presentati. Particolare attenzione è riservata alla scuola media, che più di altri

livelli scolastici soffre di criticità ormai di tutta evidenza.

L’inserto centrale del «dossier», dedicato nell’annata 2013-14 alla serie «I vizi collettivi, tra etica pubblica e nichilismo», curata

da Antonio Nanni e Antonella Fucecchi, è dedicato a «Ira. Anatomia di una passione».

Segnaliamo altresì, nella prima parte della rivista, per la rubrica «Generazione Y», l’articolo di Stefano Curci «Educazione e

memoria», che discute l’importanza della riscoperta della figura paterna, sulle orme del recente lavoro dello psicoanalista

Massimo Recalcati.

Nella terza parte, segnaliamo, nella rubrica «Cinema», l’articolo di Lino Ferracin dedicato all’opera di Ken Loach, il regista

inglese «che fa un cinema politico che dà voce alle periferie e che non permette indifferenza ai problemi». nnn

Cari lettori, consultate il sito www.cem.coop, vi troveretearticoli e documenti non disponibili sulla rivista!

aprile 2014 | cem mondialità | 3

Questo numero

a cura di Federico [email protected]

Francesca SacconiLe illustrazioni di questo numero sono state realizzate da Francesca Sacconi, che ringraziamo di cuore.

Mi chiamo Francesca Sacconi e sono nata a Milano il 7 settembre di un annoimprecisabile del secolo scorso. Ho compiuto i miei studi a Milano,diplomandomi al liceo artistico e all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel corso discultura. In seguito mi sono interessata di decorazione e pittura murale. Hofrequentato i corsi d’illustrazione della scuola del Castello. Per la casa editriceArcipelago ,ho illustrato «Luci e ombre» di Fiorenza Zoccatelli, «Zuccherino pienodi sonno» di Gabriella Brusa Zappelletti, «La ballata delle acciughe navigate» diEloisa Guarracino, «S. Giuliano ospitali ere» di Gustave Flaubert. Per la casaeditrice Babyguide ho illustrato «Babyfiabe» di Eloisa Guarracino.

[email protected]. 345.2386843

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eugenio [email protected]

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Non è mai troppo tardiL’idea geniale di un maestro speciale

persona come me, che ha compiuto varie esperienzesia fallimentari sia esaltanti all’interno del pianeta-scuola,19 da alunno, 15 da docente e 21 da preside, in tutto in-somma da 55 anni!

Alberto Manzi ha attribuito, nella sua pratica didatticaun’argomentata attenzione alla valutazione e relativa fun-zione dei voti numerici. Per questo motivo fu assurda-mente punito con la sospensione dello stipendio, perchési rifiutò di attribuire voti sulla pagella ad alunni/e dellasua classe elementare e con un timbro uguale per tuttiscrisse Fa quel che può, quello che non può non fa. Ivoti non possono essere enfatizzati in modo eccessivoed acritico per costruire steccati, che provocano com-

Quando Brunetto mi hainvitato a scrivere un «altroeditoriale» dedicato al celebremaestro Alberto Manzi, non hoavuto esitazioni di sorta.

La Rai di recente ha trasmesso lo sceneggiato indue puntate intitolato Non è mai troppo tardi, daltitolo di un’idea geniale, quella di alfabetizzare

molte persone che negli anni ’60 ancora non sapevanoleggere e scrivere. Il successo di quella trasmissionepopolare, animata con garbo, competenza e didatticaraffinata dal maestro Alberto fu clamoroso ed inaspettato.Nello sceneggiato, Claudio Santamaria ha interpretatobene il ruolo del «maestro», che non si montò la testaper il celebre volto televisivo che era diventato e che,dopo la faticosa, innovativa esperienza nel carcere mi-norile, decise di fare, dopo due lauree, una in pedagogiae una in biologia, solo per un anno l’assistente universi-tario, per poi essere, fare e diventare un appassionatomaestro elementare sino alla fine degli anni ’80. Feceinoltre numerosi viaggi estivi in America Latina per pro-getti di solidarietà. Infaticabile, negli anni ’90, ormai inpensione, non si fermò, collaborando con vari ministeried organizzazioni e offrendo il suo contributo a vantaggiodegli immigrati, non alfabetizzati nella lingua italiana. Per evitare il rischio della retorica del «senno di poi»,che santifica i profeti e gli innovatori, si deve far luogo auna riflessione sincera, scevra da ipocrisie. Operazioneche spesso si fa con don Milani e spero non si facciacon Mario Lodi, scomparso il 2 marzo 2014. Per ri-cordareun grande maestro come Manzi, scomparso nel 1997, èbene non porlo in una «nicchia», bensì valorizzarne lespiccate doti, unite al desiderio genuino di impegnarsia fondo nella costruzione di una scuola di qualità e diuna società più giusta ed aperta, capace veramente dirispondere ai bisogni e alle aspirazioni più genuine deibambini e dei cittadini. Scelgo tre aspetti, allora, per ri-cordarlo in modo sensato e significativo, dichiarandolealmente che adotterò un filtro personale, ideato da una

«Non rinunciate mai,per nessun motivo,

sotto qualsiasipressione, ad essere

voi stessi. Siatesempre padroni delvostro senso critico, e

niente potrà farvisottomettere»

Alberto Manzi ai suoi alunni, 1976

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l’altroeditoriale

aprile 2014 | cem mondialità | 5

petizione ed umiliazione. Come si arriva veramente adutilizzare anche i voti per una valutazione formativa e nonsolo sommativa? Bisogna rendersi conto che i voti sonostrumenti/mezzi di misurazione quantitativa e temporanea,dopo esercizi, compiti scritti, interrogazioni, compilazionedi pagelle e non i fini dell’educazione /istruzione, chesono rappresentati dall’osservazione attenta alla crescitaarmonica, ai diversi ritmi di apprendimento, all’acquisi-zione di competenze trasversali, quali la capacità di col-laborazione, di essere solidali, di aiutare chi è in difficoltà,di fare delle scelte, di mettercela tutta e di impegnarsiper imparare a diventare colto, giusto, leale, serio e de-mocratico.

In una famosa lettera del 1976, Manzi scrisse ad alunni/edopo la conclusione dei cinque anni del ciclo scolastico,esprimendosi così: «Spero che abbiate capito quel cheho cercato sempre di farvi comprendere: non rinunciatemai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione ad es-sere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso

critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro chenessuno mai possa plagiarvi o “addomesticarvi” comevorrebbe». Cos’altro aggiungere? Ho riportato fedelmentequesto accorato appello, ancora attualissimo; suggeriscodue esercizi, il primo è di riflettere e dare un’occhiata aimiei corsivi, il secondo concerne il rispondere con calmaad un interrogativo «Nella nostra storia scolastica quantidocenti e/o maestre/i ci hanno scritto queste parole?».

Resta attuale, con le dovute differenze di contesto e ditempo, l’innovativa pratica didattica realizzata dal maestroManzi nel non separare cultura umanistica e scientifico-sperimentale, cultura teorica riflessiva e prassi, del valorea largo raggio da attribuire all’incoraggiamento a chi nonce la fa, all’avere sottolineato in maniera instancabile chela fiducia nel miglioramento e nel progresso verso gli/lealunni/e da parte di chi insegna è un presupposto fon-damentale, imprescindibile per chi intraprende un per-corso di insegnamento/apprendimento. E poi la pazienza,la mitezza, l’ascolto, la comprensione, il rigore, la curiosità,l’impegno, l’aiutare a rialzarsi chi è caduto, sono tra gliattrezzi più utili e preziosi da maneggiare e da ricercarenella cassetta a nostra disposizione. Non solo a scuola.

Insomma, grazie di cuore al maestro Manzi, che ci hainsegnato che non è maitroppo tardi per fare del beneed innamorarsi della vita a scuola... ed oltre!

Il successo dellatrasmissione «Non è maitroppo tardi», animatacon garbo, competenzae didattica raffinata dalmaestro Alberto Manzi,fu clamoroso edinaspettato

Per approfondimenti www.centroalbertomanzi.it

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Senhoratge

Parola provenzale, derivata da seigneur, si-gnore, che in italiano ha generato il ter-

mine «signoraggio» per designare l’insiemedei redditi di un governo derivanti dall’emis-sione di moneta.Il premio Nobel Paul Krugman lo definisce co-me il flusso di «risorse reali che un governoguadagna quando stampa moneta che spendein beni e servizi». Da un po’ di tempo a questa parte, molti amicimi chiedono se è vero che in Italia la stampadi carta moneta procuri ingiustificati profittialla Banca d’Italia, incassati dai suoi azionisti,che sono banche private ed assicurazioni. Latesi è stata potenziata dalle idiozie di Grillo, lacui cultura in economia è coerente col suo re-troterra professionale: comica. Allora, cer-chiamo di mettere un po’ di ordine. Per farlo,dobbiamo sfiorare i territori della macro-eco-

nomia, terreno infido e paludoso, pieno di for-mule astruse infarcite di lettere dell’alfabetogreco, nel quale eviteremo di avventurarci piùdi tanto. Perché un governo deve stamparemoneta? I motivi possono essere tre:

n Sostituire i biglietti logori in circolazione,che poi saranno distrutti. In questo caso è evi-dente che il cambio è alla pari: tot banconote

CON L’AVVENTO DELL’EURO,

IL MONOPOLIO DELL’EMISSIONE DI

CARTA MONETA È STATO AFFIDATO

ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA,

CHE RETROCEDE I PROFITTI DA

SIGNORAGGIO ALLA VARIE BANCHE

CENTRALI NAZIONALI

entrano nel circuito (la c.d. «base monetaria»)ed un pari ammontare ne esce; ma sono im-porti relativamente scarsi.n Per mantenere il «circolante», rimpiazzan-do la carta moneta sottratta alla circolazione,

poiché distrutta, tesaurizzata o esportata.n Per autofinanziarsi e poter sostenere

nuove spese che non potrebbe affron-tare col ricorso al debito pubblico,che costa e che va prima o poi resti-

tuito e/o che non trova acquirenti.

E qui nascono i problemi. Chiunqueabbia non dico masticato, ma anche

solo annusato i rudimenti di macroeco-nomia sa che generare nuova moneta

(non importa se cartacea o virtuale) generainflazione, ovvero perdita del potere d’ac-

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febbraio 2014 | cem mondialità | 7

gianni [email protected]

E qui risplendono a luce meridiana l’ignoranzae la demagogia di Grillo che, in piazza a Roma,ragliava che «la Banca d’Italia deve tornarepubblica». Peccato, per il politico giullare, cheBankitalia non sia mai stata di proprietà dellamano pubblica ma, da sempre, una societàper azioni i cui azionisti sono banche ed assi-curazioni. È tuttavia un ente «di diritto pub-blico», il che significa che non funziona se-condo le regole del diritto privato, come tuttele spa, ma in base ad una particolare normativadefinita dallo Stato. Tanto per fare qualcheesempio, il governatore non è nominato dalconsiglio di amministrazione; i soci devonoavere sede legale in Italia; nessun socio puòdetenere più del 3% del capitale e se ciò ac-cade, ad esempio a causa di fusioni fra banche,la quota eccedente viene sterilizzata e nonproduce né dividendi né diritti di voto in as-semblea. Detto questo, i profitti dall’emissionedi carta moneta vanno per circa il 70% allo

Stato sotto forma di imposte, poi alloStato va anche una fetta degli utili,

in quanto azionista. Il restodell’utile va destinato in

misura elevata alle ri-serve ordinaria e

straordinaria e al-la fine ciò che re-sta va agli azio-

aprile 2014 | cem mondialità | 7

quisto dei salari reali. Questo perché la nuovamoneta spinge i consumi, il che a sua voltaspinge i prezzi, ma ad una velocità maggioredi quella a cui crescono i salari. Su questaanalisi, di matrice monetarista, tutte le teorieeconomiche sono abbastanza d’accordo, ancheperché è un postulato corredato da numeroseprove empiriche. I keynesiani vi affiancano altre concause, e ioconcordo, ma la sostanza resta, poiché in fondoanche la moneta è un bene, una cosa, ed ilsuo valore dipende dall’incrocio domanda/of-ferta.Uno degli esempi più celebri è quello dellaRepubblica di Weimar, nata sulle ceneri del-l’Impero tedesco a ridosso della prima guerramondiale, in cui l’abuso nel ricorso al signo-raggio da parte del governo (che doveva pagarei debiti di guerra) causò una drammatica spi-rale iperinflattiva nella Germania del 1922-1923: il conseguente collasso economico fu ilpreludio dell’ascesa al potere del nazismoe di Hitler; nella mia collezione ado-lescenziale di francobolli ho an-cora alcuni esemplari di bollitedeschi da pochi marchi conla sovra stampigliatura «1Milion» o «5 milionen».Ma ci sono esempi più re-centi o anche contempora-nei; molti stati latino-ameri-cani negli anni, ’80, lo Zimbabweancora oggi, la nostra stessa Italiain, cui, prima e durante i governi Craxi,l’inflazione galoppava su duecifre ed i titoli di Stato ar-rivavano a pagare dal 15al 18% (oggi viaggiano acavallo dell’1%, tanto perricordare a Grillo e Maroniquanto l’euro ci abbia «dan-neggiato»).E fin qui ci siamo (spero).Ora veniamo ai redditi da signoraggio.Se è vero, come è vero, che l’emissione in ec-cesso di carta moneta è attuata dai governiper finanziarsi, sarebbe strano che i relativiintroiti non confluissero nelle casse dello Stato.Negli Sati moderni, l’emissione di moneta car-tacea viene affidato, in regime di monopolio,alle rispettive banche centrali.

IN ITALIA, PRIMA E DURANTE

I GOVERNI CRAXI, L’INFLAZIONE

GALOPPAVA SU DUE CIFRE ED I

TITOLI DI STATO ARRIVAVANO A

PAGARE DAL 15 AL 18 PERCENTO

(OGGI VIAGGIANO A CAVALLO

DELL’1%, TANTO PER RICORDARE A

GRILLO E MARONI QUANTO L’EURO

CI ABBIA «DANNEGGIATO»)

POSSIAMO CONGEDARE GLI ECONOMISTI

DA BAR SPORT, PREGANDOLI

DI CONTINUARE AD OCCUPARSI DEL C.T.

DELLA NAZIONALE DI CALCIO, ATTIVITÀ

ASSAI SOCIALIZZANTE NELLA QUALE

FARANNO MENO DANNI

nisti. Ma questo utile non deriva tutto dal si-gnoraggio, ma dalle altre attività di Bankitaliae dagli interessi derivanti dagli investimentidelle riserve, solitamente in titoli pubblici(quindi altra liquidità che torna allo Stato). Conl’avvento dell’euro, il monopolio dell’emissionedi carta moneta è stato affidato alla BancaCentrale Europea, che retrocede i profitti dasignoraggio alla varie banche centrali nazio-nali, secondo parametri definiti all’epoca del-l’introduzione della moneta unica. Bankitaliasi prende la sua fetta e da qui ricomincia ilgiro dell’oca: imposte, utili a riserva, utili di-stribuiti, come sopra descritto. E così, detto da uno che non è economista eche non ama né la finanza né la macro-eco-nomia, possiamo congedare gli economisti daBar Sport, pregandoli di continuare ad occu-parsi del C.T. della Nazionale di calcio, attivitàassai socializzante nella quale faranno menodanni. nnn

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Page 10: cem aprile 2014 copertina · spirato e così - dopo aver finito di viaggiare con Cipì e Passerì - divorammo, uno dopo l’altro, La mongolfiera, Bandiera, Bambini e cannoniIl permesso,

Immaginate un ambiente virtuale da riempire solo con raccolte di immagini, ognuna delle qualirappresenta una passione, un tema, un personaggio…

Respect your parents, they passed school withoutGoogle

bambine e bambinisebi [email protected]

ascuolaeoltre

UviPinsoapgioesintvisutmeedOgbaboe crigrepdi paprsigricpeglidenapr(margesgiaesdatuintpol’adeboÈ ppinFaCoprutsi altOgnointrecsi

te buttato via un sacco ditempo nella dissennata ricer-ca d’ispirazione da cartelli ric-chi di massime riguardantiogni aspetto della vita, edu-cazione compresa. C’è un so-lo problema con le quote diPinterest: sono cartelli per lamaggior parte in inglese e,come scoprirete, anche quasitutti i siti da cui prendonoorigine le imma-gini lo sono. Im-prove your en-glish! (Miglio-rate il vostroinglese!).

Sebastiana di nome e difatto, nomen omen est,dunque Bastian contra-

ria per eccellenza, mi sonoinnamorata di Pinterest per ilmotivo più sbagliato per unsocial network di questo tipo.Un giorno la mia figlia mag-giore ha messo nell’icona del-la chat di famiglia la quote(immagine di un cartello con-tenente una citazione sagace)di cui al titolo qui sopra. Eratempo che mi lanciava mes-saggi subliminali per solleci-tare il mio interesse, ma iosono allergica ai social net-work e continuavo a snob-barla. Avevo già ricevuto unaquote di cartello che parlavadell’essere teacher (insegnan-te) e l’avevo persino trovatapoetica, nonché patetica, maquesta era davvero sensazio-nale: finalmente qualcunoche ricordi ai figli quante equali difficoltà abbiano do-vuto affrontare i genitori chehanno studiato senza poterfare copia incolla da Wikipe-dia. Ho dunque piacevolmen-

Pinterest ètraducibile come

«bacheca degliinteressi», o dellepassioni o delle

preferenze

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La «bacheca degli interessi»

Sono partita con il piede sba-gliato: mi ero innamorata del-l’unico aspetto di questo so-cial network che contenesseparole! A me ed al consortei cartelli sono sempre piaciuti,perché, eterni adolescenti, o,forse, solo eterni insegnanti,apprezziamo le pareti vario-pinte, ricche di moniti, di ap-punti, di battute, di fumetti,di magneti, di cartoline, dicolore intorno alla propria vi-ta... nella vita, come nellaclasse. Penso alla stanza di

quelle due che erano lemie adolescenti finoa pochi anni fa, conposter e foto piazzati

ovunque, o ai loro diariscolastici, quelli sulle cui

pagine attaccavano leimmagini dei pop-idoli, ilbiglietto dell’ultimo con-certo, o del cinema, le frasiestrapolate dalle prime let-ture impegnate, le foto del-la festa con gli amici o l’eti-

chetta della felpa più trendydel momento. Quante cosedicevano di loro, della loro vi-ta e dei loro gusti! Il diario ela loro stanza sono stati i pri-mi ambienti in cui hanno af-fermato la propria personali-tà, poi si sono aggiunti i ta-tuaggi e, probabilmente, undisegno nei i bagni delle loroscuole e da lì saranno passateanche alle panchine, ai sedilidell’autobus, chissà, forse an-che ai muri delle strade (una

Rispetta i tuoi genitori, sonoandati a scuola senza Google

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bambine e bambini

Una dimensionevisualePinterest.com, uno dei più recentisocial network, creato nel 2010,appena arrivato è esploso tra igiovani. Ha la peculiarità di nonessere fatto di parole: tutto ruotaintorno ad una dimensionevisuale, sfruttando il crescenteutilizzo delle immagini comemezzo di comunicazione direttoed emozionale. Res ipsa loquitur.Ognuno può farsi le propriebacheche tematiche (virtualboard) in cui pinnare, cioè inseriree condividere foto o videoriguardanti temi che si possonorepin-are da altre bacheche o sitidi altri utenti che hanno stessepassioni o interessi, oppure dalproprio pc. Navigare in Pinterestsignifica fare un viaggio allaricerca di un’ispirazione, perché lepersone si raccontano attraversogli oggetti che mostrano. All’attodell’iscrizione, che trasforma ilnavigante in un pinner, si crea unprofilo rispondendo ad un form(modulo) in cui si scelgono gliargomenti che appassionano, adesempio educazione egiardinaggio, che permettono diessere raggiunti settimanalmenteda una newsletter che notificatutte le pagine che può essereinteressante visitare, ma èpossibile visualizzare anchel’account di ogni utente edecidere di seguirne una o tutte leboard cliccando sul tasto follow.È possibile interagire con gli altripinner tramite un Like come suFacebook; oppure inserire unComment ; o ripubblicare su unapropria board il pin di un altroutente cliccando su Repin; infinesi può suggerire un pin a qualcunaltro inserendo un Mention.Ognuna di queste attività vienenotificata all’utente col quale siinteragisce tramite email o nel boxrecent activity. L’uso della parolasi ferma qui.

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Da quando sono nate le prime collabo-razioni con i più tecnologici insegnantidi alcune scuole, con piani di lezioni,idee per decorare le aule e tanti altri ar-gomenti, a quando Teachers on Pinterestè stato invaso da bacheche che trattanoargomenti educativi, il tempo intercorsoè stato quasi reale: immediato.

Una Intelligenza Collettiva per ispirare gli educatori

La sperimentazione è iniziata con lescuole materne, ma si è ben presto al-largata alla Primaria. Vedremo quali sa-ranno le altre novità, intanto possiamoapprezzare lo sforzo di integrare l’usodel social delle immagini con l’obiettivodi costruire una Intelligenza Collettivache ispiri gli educatori.Bacheche che riportano immagini suHappy Thoughts, Productivity, TeachingIdeas and Apps, Teaching Resources,Elementary Classrooms Ideas, ClassroomOrganization and Decoration, ecc. of-frono miriadi di spunti per migliorarela didattica, spesso attraverso l’utilizzodi materiali poveri eppure molto efficaci:maestre che usano resti di Lego o vecchipupazzetti al posto della famosa pizzaper insegnare le frazioni mi hanno am-maliata per la loro creatività, ma è soloun esempio: le immagini degli esperi-menti di scienze usando le caramellegommose sono imperdibili. L’unico pro-blema da affrontare è l’inglese nel titolo,perché il resto vi parla agli occhi ed alcuore, modalità accessibile a chiunque.Vi fornisco qualche indirizzo: per la mu-sica in classe, per le idee nuove con cuiaffrontare i concetti matematici, per vi-deo semplici con canzoncine sui numerie operazioni, gli affetti, o la geometria,la geografia, il comportamento, le infe-renze... ovviamente in inglese. Non spa-ventatevi, cliccate e ispiratevi! nnn

http://www.teachingblogaddict.com/2011/10/what-have-you-found.htmlhttp://pinterest.com/mikayladayd/math-time-math-ti-me-we-love-math/http://pinterest.com/havefunteaching/http://pinterest.com/apiary7/school-music-videos/

volta c’era il tronco d’albero), ma nonmi è dato saperlo. Ora prendete gliesempi di cui sopra, digitalizzateli e met-teteli in un contesto social virtuale: eccoPinterest. Immaginate un ambiente vir-tuale da riempire solo con raccolte diimmagini, ognuna delle quali rappre-senta una passione, un tema, un per-sonaggio… come fosse una parete dellavostra cameretta virtuale, che vi descrivee vi «racconta» a chi vuole conoscervi.D’altra parte il nome deriva dall’unionedi Pinboard ossia bacheca (da pin: ap-pendere) e Interest ossia interesse; eccoPinterest, traducibile come «bachecadegli interessi», o delle passioni o dellepreferenze.

Una risorsa eccezionale per la scuola

La prima domanda che ci si può fare è:che cos’è e a cosa serve? Dal punto divista dell’utilità, è ovvio che nulla di ciòche sta sul web è veramente necessario(lo testimoniano, appunto, i genitori chehanno superato gli esami scolastici senzaaccedere nemmeno ad un antenato diGoogle), che è per buona parte enter-tainment (divertimento), però se qual-cuno pensa che Pinterest e la scuola sianomondi lontani, è in errore. È una risorsaeccezionale, che si sta scoprendo pianopiano da noi, ma che all’estero è già am-piamente sfruttata, anche perché hannolanciato Teachers on Pinterest, un’inizia-tiva per gli insegnanti avente lo scopoiniziale di sostenere e stimolare la comu-nità educativa americana, ma non solo.

Pinterest è unarisorsaeccezionale,che si stascoprendopiano piano danoi, ma cheall’estero è giàampiamentesfruttata

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ragazze e ragazzisara [email protected]

ascuolaeoltre

ascuola

eoltre

Voglio pensare che non vivo in un regime e che, per quanto a corto di risorse, nella scuola ci sia ancora molto di buono per i ragazzi.

La scuola di oggie di domani

PRIMA PARTE

Tra sogno e incubo

L’edificio della mia scuolaè alto tre piani, non cisono corridoi, sono

transatlantici colorati con ve-trate che separano le aule dal-le zone comuni. Saluto la bi-della e la signora G., una delleospiti della casa protetta cheè inserita al piano terra e checon noi condivide la mensa ela palestra; la signora G. amamolto stare all’ingresso per sa-

lutare affettuosamente gli al-lievi e i docenti, resta nel gran-de atrio a gradinate, dove iragazzi, seduti, si intrattengo-no a parlare e giocare coibambini della scuola dell’in-fanzia e quelli della primaria.Nell’aula docenti lascio il cap-potto, saluto il collega di in-glese che è accomodato sulpuff e ascolta la musica, tirofuori dall’armadietto il mio ta-blet, invio alla piattaforma leverifiche di storia che i ragazzidi 1a dovranno svolgere alla

3a ora, dalle 10.00 alle 10.45,si rispettano i tempi massimi diattenzione. Saluto i miei colle-ghi che hanno fatto accoglienzaagli allievi, non era il mio turno,altrimenti sarei dovuta esser quialle 7.30. Uno di loro, il prof dimatematica, è stato assunto dadue mesi, si lamenta, garbata-mente, perché, con tutto il la-voro che fa (tutoraggio, lezioni,progetti di recupero, educazio-ne fisica e artistica) 2.400 euroal mese gli sembrano pochi, mail suo tutor gli spiega che il verodocente responsabile è senz’al-tro stanco alla fine della gior-nata e sa che la sua ricompensalo aspetta in cielo, è un princi-piante, tra poco capirà, se nefarà anche lui una ragione, di-vina. Si abbassa la musica, co-mincia l’inno della scuola, ognu-no si ferma e con grande tra-sporto fa da eco alla melodiosacanzonetta, poi una voce calmae serena annuncia che le lezionistanno per iniziare, gli allievi la-sciano gli spazi comuni e si di-rigono verso le aule. Nel frat-tempo mi sono recata in classe,non c’è la Lavagna InterattivaMultimediale, ma una grandeparete digitale, sulla quale faròscorrere le immagini, i suoni, leparole per la lezione di oggi. Itavoli sono disposti a piccoligruppi, 10 gruppi da 4 allievi,questa classe è di 40 allievi, trein meno rispetto alle altre in cuidirigo il lavoro.

Oggi sognola scuoladel futuro,se non sietepronti, nonleggete!

Oggi sogno la scuola del futuro, se nonsiete pronti, non leggete. Antefatti:convegni sulla scuola digitale, confrontitra sistemi scolastici nel mondo, incontricon tecnoevangelisti e tecnoscettici,dichiarazioni di ministri, chiacchiereinformali, architetti che tentano direcuperare spazi edificanti nelle scuole...Ho visto planimetrie e fotografie di scuole

simili al Beaubourg di Parigi, ho vistospazi inondati da luce naturale che passada immense vetrate, il sole che segue lascuola, spazi comuni ampi, in cui gli allievipossono parlare, fare i compiti,confrontarsi coi compagni o con glianziani (sì, c’è una scuola che funzionaper metà come scuola e per metà comecasa di riposo), ho visto e conosciutodocenti asiatici che dopo due mesi diassunzione prendono circa 2.400 euro di stipendio, ho visto scuole tedesche checon 110 classi e 100 docenti, hanno 2 bidelli, ho visto cose che voi umani...Avvertenza: considerazioni dovute permetà all’invidia e per metà all’ironia. Poi c’è un’altra metà, ma ho già sforato.

Se arrivare dopo glialtri può essere unvantaggio... forsedobbiamo impararedagli errori altrui.

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La lezioneOgni allievo estrae il proprio device (dispositivo), io presentoil problema da affrontare, do le indicazioni per eseguire illavoro, cominciano ad elaborare le loro proposte; poi micollego con la classe di Singapore, dove stanno svolgendo lostesso problema e i ragazzi, in inglese ovviamente, siconfrontano (il fuso orario non è un problema, l’orario èflessibile). I miei allievi si alzano dal posto sempreordinatamente, in silenzio o con moderato scricchiolio disuola di scarpa, di sedia no perché dotata di gomminiantirumore per non disturbare gli ospiti anziani del pianoterra; si alzano e vanno a cercare nelle varie aule di servizio ilmateriale che serve per costruire fisicamente le soluzioni

pensate, dal polistirolo all’elastico, dal legno al vetro. Simuovono liberamente per la scuola, solo per evidenti casi dimiopia sono aiutati dall’unico bidello che sta al piano.Hanno costruito un modellino di un ponte, cosa c’entra conlettere che dovrei insegnare io? Io non insegno solo lettere,non ci sono limiti alla professionalità, insegno ancheapplicazione creativa delle scienze tecnologiche, psicologia ecucina. Per i ragazzi che vogliono intrattenersi anche dopo icorsi di recupero delle 14, svolgo lezione di pasta all’uovo epiatti tradizionali tipici emiliani, nel vero rispetto dellatradizione: tante uova per etto di farina. Non sono tanti,perlopiù maschi che hanno intuito dalle compagne di classee dalle mamme che, se amano la pasta fatta in casa, devonoincominciare a farsela da soli.

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ragazzi e ragazze

Un’idea sul futuro degli studenti

Ho scelto di proseguire que-sta professione perché possofare carriera: sono stata as-sunta da un dirigente che miha scelta collegandosi al miocurriculum online, in formatoeuropeo e bilingue, dopoaver svolto un anno di provaa 2.300 euro al mese per 8ore giornaliere su 5 giorni asettimana, sono diventatadocente junior, poi esperta,mi occupo della formazionedei nuovi docenti, ma sto giàsostenendo l’esame per di-ventare responsabile del di-stretto e della valutazione del-le scuole della mia provincia;il mio stipendio è di 3.000euro, posso spenderlomoderatamente perchéle ferie sono solo 4 set-timane, ma due setti-mane all’anno frequen-to un corso di formazio-ne in uno Stato europeo,a carico della scuola.Per legge la scuola non puòavere più di 300 iscritti, nu-

Sfido il lettore

adindividuare

ciò che è sogno,

incubo o realtà:

scrivetemi!

È ora di svegliarsiDriiiiiiin!!! È ora disvegliarsi. Sfido il lettoread individuare ciò che èsogno, incubo o realtà,scrivetemi. Le soluzioninel prossimo numero.Ora mi alzo, sono giàstanca prima di iniziarela giornata,inevitabilmente pensoalla collega di Singaporeche dice «Un docenteresponsabile è undocente stanco». Se valeanche il contrario, oggiho già fatto la mia parte.Voglio pensare che nonvivo in un regime e che,per quanto a corto dirisorse, nella scuola ci siaancora molto di buonoper i ragazzi, compresala fojeda (sfoglia per i tortelli). Come sarà il docente di domani? Mi guardo allo specchioe vorrei accontentaremia figlia che mi chiededi aprire un’osteriatradizionale.

meri elevati non favorisconol’apprendimento e incentiva-no la dispersione. A tale pro-posito, in questo segmentodi scuola, abbiamo giàun’idea sul futuro degli stu-denti e, attraverso percorsiindividuali con tutor specia-lizzati, offriamo recupero epotenziamento, per accederealla scuola che meglio coltivii talenti, le inclinazioni, senzadistinzione sociale o di sesso(non si sottovalutano più leragazze in uscita). Qui non abbiamo casi difficilicome una volta, siamo unascuola pubblica: fin dallascuola dell’infanzia i docentihanno iniziato percorsi conassistenti sociali, educatori epsicologi per aiutare famiglieche vivono il disagio (sociale,genitoriale, economico, co-gnitivo); ci tengo a precisarlo,perché in altre scuole ancheprima non c’erano casi diffi-cili, erano normalmenteesclusi da certi percorsi edu-cativi, una naturale selezionetra pari. nnn

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Lopsicanalista

MassimoRecalcati harecuperato

dal nostropatrimonio

culturale lafigura di Telemaco

prietà»1. Telemaco esplo-ra l’altra via rispetto al piùfamoso Edipo: non la ri-

valità del figlio col pa-dre, non la competizio-ne: «se Edipo incarna la

tragedia della trasgres-sione della Legge, Tele-maco incarna quelladell’invocazione della

Legge; egli prega affinchéil padre ritorni dal mare

ponendo in questo ri-torno la speranza che

vi sia ancora giustiziagiusta per Itaca»2.

Se si può parlare di narci-sizzazione della condizio-ne adulta3, che condannai giovani a relazionarsi adadulti che non sono tali,

generazione ystefano [email protected]

ascuolaeoltre

L’emergenza educativa odierna è anche dovuta alla renitenza da parte degli adulti che rinunciano a fare la loro parte.

Educazionee memoria

Il recupero della figuradi Telemaco

L’emergenza educativa odier-na è anche dovuta alla reni-tenza presentata da adultiche rinunciano a fare la loroparte, per incapacità o permalinteso senso di prossimitàai propri figli. Lo psicanalistaMassimo Recalcati ha recu-perato dal nostro patrimonioculturale la figura di Telemacoche «guarda il mare, scrutal’orizzonte. Aspetta che la na-ve di suo padre - che non hamai conosciuto - ritorni perriportare la legge nella suaisola dominata dai proci chegli hanno occupato la casa eche godono impunemente esenza ritegno della sua pro-

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Forse sarà capitato an-che a voi di trovare suinternet quella vignetta

in cui, a sinistra, ci sono duegenitori di vent’anni fa chemostrano al figlio, a bruttomuso, un votaccio preso ascuola, chiedendo spiegazio-ni; e, a destra, due genitoridi oggi che con la stessagrinta mostrano il votaccioall’insegnante, sempre chie-dendo spiegazioni. È unarappresentazione semplice ecorretta della situazione chemolti docenti stanno viven-do, quella di confrontarsicon genitori che - invece diessere una sponda dialetticadell’educazione - sono ormaisindacalisti dei loro figli.Questo fenomeno rientra inun più vasto processo di crisid’identità degli adulti, spessomalati di giovanilismo e dinostalgia, di cui abbiamo ac-cennato su queste pagine, eche l’industria del benesserea tutte le età conosce e sfrut-ta molto bene.

ascuola

eoltre

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aprile 2014 | cem mondialità | 13

generazione y

perché troppo alle prese conse stessi, allora si deve pen-sare che in molti giovani cisia - più o meno esplicita -l’attesa di un adulto che pos-sa essere punto di riferimen-to. Anche in ragazzi ribelli, ap-parentemente restii ad ogniguida: del resto, ciascuno dinoi proviene da un orizzonteche non è stato scelto, e cherichiede comunque unaqualche forma di confronto:l’idea heideggeriana di «es-ser-gettato» (Geworfenheit),quella sartreana per cui nonesiste soggetto che si è fattoda sé, costringono il sogget-to - anche quello più auto-referenziale e narcisista - ariconoscere l’Altro dal qualeproviene (uso la maiuscolanonostante l’orizzonte di-chiaratamente ateo degli au-tori citati, senza entrare quinegli innumerevoli sviluppiche il discorso potrebbe ave-re con filosofi credenti): «sequesto sfondo non è assun-to, se il debito simbolico nonviene riconosciuto, la libertàsi riduce semplicemente al-l’assenza di vincoli correndoil rischio di precipitare in unnarcisismo senza avvenire»4.

Per non far scadere l’uomo a cosa tra le cose

L’educazione di un figlio,l’educazione di un alunno,implicano il racconto dellapropria storia, il collegamen-to di essa con la nostra iden-tità. Lo sforzo di chi insegnaè far vedere agli studenti che,senza una consapevolezzaidentitaria, siamo sempre nelrischio di disperderci dietrole tentazioni virtuali e ane-stetizzanti del divertissement

In moltigiovani c’è,più o meno

esplicita,l’attesa di un

adulto chepossa essere

punto diriferimento

continuo che l’industria delladistrazione ci propone. Allostudente che chiede che sen-so abbia studiare latino, gre-co o filosofia piuttosto cheeconomia e diritto, l’educa-tore risponde che solo ap-propriandosi delle chiavi(umanistiche) per decifrare larealtà si evita di far scaderel’uomo a cosa tra le cose. Algiovane che mostra tutta lasua approvazione per il mon-do patinato dell’effimero edel disimpegno, l’educatorerisponde cercando di far ve-dere che la coltivazione nar-

cisistica del proprio io, allafine, lascia più vuoto rispettoa quello che promette diriempire.

Non solo pessimismo

Concludo citando una recen-te ricerca che ci mette inguardia dal parlare dei gio-vani prevalentemente in ter-mini di pessimismo, come seil paradigma del nichilismofosse l’unico: «potremmoscoprire allora che si può es-sere al contempo individuali-sti ed altruisti, gelosi dellapropria autonomia e allo stes-so tempo interessati agli altri,come molti dei giovani cheabbiamo incontrato. Il desi-derio di autodeterminazionee di autorealizzazione non so-no di per sé in contrapposi-zione con la cura dell’altro.Quello che chiamiamo “pro-cesso di individualizzazione”rimane dunque aperto a esiticontrastanti: può essere indi-rizzato verso un esito che èquello proprio dell’individua-lismo egotico - Io e basta - epuò invece trovare compi-mento in uno stile che predi-spone l’individualità al rap-porto con l’altro - Io in rela-zione con”»5. nnn

1 M. Recalcati, Il complesso di Telemaco.Genitori e figli dopo il tramonto del pa-dre, Feltrinelli, Milano 2013, p. 12.2 Ibid. 3 Cfr. R. Sala, L’umano possibile. Esplo-razioni in uscita dalla modernità, Las,Roma 2012.4 M. Recalcati, Cosa resta del padre? Lapaternità nell’epoca ipermoderna, Raf-faello Cortina Editore, Milano 2011, p.102.5 A. Castegnaro, G. Dal Piaz, E. Biemmi,Fuori dal recinto. Giovani, fede, Chiesa:uno sguardo diverso, Ancora, Milano2013, p. 69.

Riscoprire la dimensionepaterna

Contro la realtà che constatiamo quotidianamente,quella del simile in cui il genitore cerca di essereequivalente al figlio, ed è il genitore che chiede diessere riconosciuto dal figlio e non viceversa, illacaniano Recalcati chiede di riscoprire la dimensionepaterna, che si collega alla funzione simbolica dellaLegge e che deve umanizzare il desiderio.Commentando queste analisi in un orizzonteeducativo, Giuseppe Savagnone scrive che «l’ulteriorepasso da compiere è quello di risvegliare nell’altro laconsapevolezza del dono che riceve da chi lo hapreceduto. Questo può accadere solo attraverso lavalorizzazione della memoria»1. Qui entrano in giocogli insegnanti e gli educatori, in una sorta di concettodi «paternità» allargato in senso spirituale ededucativo: «a livello educativo la memoria si deveesercitare nella narrazione. Solo grazie ad essa lediverse esperienze esistenziali cessano di essere flashpuntiformi, anche se abbaglianti, frammenti ditempo senza continuità, e diventano fasi di unpercorso che ci ha consentito di diventare noistessi»2.

1 G. Savagnone, Educare nel tempo della post-modernità, LDC,Torino 2013, p. 29.2 Ibid, p. 30.

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Dall’uguaglianzaalla differenza e oltre

educazione degli adultirita [email protected]

ascuolaeoltre

La violenza nasce da stereotipi culturali. La violenza di genere, che sempre più caratterizza lerelazioni tra maschile e femminile, s’impone in un periodo storico in cui la donne hanno conquistatomaggiore autonomia e consapevolezza di sé.

to ad una campagna pubbli-citaria di due anni, denomi-nata «Punto su di te», percontrastare la cultura maschi-lista basata su stereotipi cheriducono le donne ad oggetti.

Tutelare il bene relazionale tra maschilee femminile

La violenza nasce proprio dastereotipi culturali e quella digenere, che sempre più ca-ratterizza le relazioni tra ma-schile e femminile, s’imponein un periodo storico in cuile donne hanno conquistatomaggiore autonomia e con-sapevolezza di sé, grazie aduna lunga ricerca che, pas-sando dall’uguaglianza, è ap-prodata alla valorizzazionedelle differenze e ora si ap-presta ad andare oltre. Que-sto emergere della consape-volezza di genere, della suavalorizzazione e la messa inatto di un nuovi comporta-menti per modulare la fem-minilità mette in difficoltàparte del mondo maschileche, non trovando rispostaper una nuova relazione conse stesso e con il femminile,reagisce con prepotenza, riaf-fermando un antico modelloculturale basato sulla forza,sulla sottomissione, sull’esclu-sione e anche sull’eliminazio-ne delle donne. Tutelare il«bene relazionale tra maschi-le e femminile» è una prioritàdel nostro tempo, bisognascendere in campo con co-

A Monza e in alcunezone di Milano, unanotte di qualche me-

se fa, gli operai dell’ufficio af-fissioni hanno tappezzato lacittà di manifesti raffigurantimadri, mogli, studentesse,impiegate... senza alcunoslogan ma con un fumettobianco sulla testa. All’internosolo frasi lasciate a metà: «Allavoro vorrei...»; «Quandocammino per strada mi pia-cerebbe...»; «Quello che chie-do alle istituzioni...»; «Quelloche chiedo a mio marito...».La mattina seguente, buonaparte delle frasi dei manifestierano state completate, dagiovani maschi «armati» dipennarello, con frasi violentee oscene proprio come siaspettavano le ideatrici di unesperimento propedeutico al-la campagna di PubblicitàProgresso contro la discrimi-nazione di genere. Serena Izzo, ingegnere mul-timediale di Pubblicità Pro-gresso e Sandra Macasso,marketing director di Young& Rubicam, prima di avviareuna campagna per superarei pregiudizi e valorizzare le di-

14 | cem mondialità | aprile 2014

Quante voltein unagiornatascopriamo dimettere in attoatteggiamentidettati da stereotipi e pregiudizi su noi stessi e sugli altri?

versità, hanno voluto docu-mentare l’esperimento utiliz-zando microtelecamere na-scoste in prossimità dei ma-nifesti per osservare le rea-zioni della gente. In pochigiorni hanno filmato centina-ia di ragazzi che imbrattava-no i manifesti con disegni

osceni e completavano le frasicon insulti sessisti, parolaccee oscenità: «Vorrei che miomarito... menasse più forte»;«Quando cammino per stra-da mi piacerebbe... esseretrombata»; «Cosa chiedo alleistituzioni... un ferro da stiro»,tanto per citarne alcune. I ri-sultati di questo esperimentohanno talmente colpito il di-rigente di Pubblicità Progres-so, Alberto Contri e i suoi col-laboratori, che hanno pensa-

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raggio, senza deleghe, poichéognuno di noi appartiene adun genere e può interrogarsisu come lo vive, quali sono ipunti di forza e le fragilità, diquali stereotipi si sente pri-gioniero, cosa tenere e cosaabbandonare di modelli checonducono a disagio, soffe-renza o violenza. Partiamo daalcune domande fondamen-tali: «sono donna /uomo se-condo il mio sentire autenti-co, nel rispetto di me stessa/ooppure “faccio” la donna/uo-mo secondo un modello im-postomi dalla cultura fami-liare, sociale, economica, po-litica, religiosa...?».

Per una cultura dell’accoglienza

Tutta l’esperienza dell’essereumano è caratterizzata dallacontinua presenza e relazionecon l’altro, tra riconoscimen-to ed identità, nella consape-volezza che l’identità del sin-golo nasce e si sviluppa at-traverso l’interazione conl’«altro». L’incontro tra per-sone, lo scambio di opinioni,il dialogo creano le culture ecostituiscono la storia dei po-poli. L’educazione al «legamedi reciprocità» implica, a li-vello pedagogico, il ricono-scere un’importante polarità:da un lato l’importanza deiprocessi di individuazione edifferenziazione nella ricercaidentitaria e dall’altro il rico-noscimento della reciprocitàe quindi dell’importanza deilegami di solidarietà nei pro-cessi di crescita, perché nonsi può costruire la propriaidentità senza rapportarsiall’altro. Partire dalla differen-za più consueta e diffusa, ladifferenza di genere, consen-

te di esplorare differenze piùlontane, determina un’otticainterculturale, che è un chiaroesempio di democrazia. Edu-care alla differenza di generesignifica muoversi lungo unadirettrice, che è trasversale atutte le discipline e porta allaconsapevolezza del proprioesistere all’interno di un mon-do di rappresentazioni sim-boliche, dove nessuno trattaallo stesso modo tutti el’uguaglianza non significaomologazione, ma ugualeopportunità di esprimersi.Siamo uomini e donne inogni atto della nostra esisten-za, la storia invisibile che ciportiamo dentro diviene ri-

aprile 2014 | cem mondialità | 15

educazione degli adulti

sorsa pedagogica perché ciaiuta a riconoscere le storiedegli altri.

Educare ai concetti di pluralità e di alterità

A livello sociale si è tentati diannullare le differenze, comese esse fossero negative, sicerca di omologare ogni cosarispetto a costruzioni culturaliche risentono di stereotipi epregiudizi. Ne è un chiaroesempio la trasmissione deisaperi che avviene a scuola,definita «neutra», mentre inrealtà risente di una visione

maschilista, che si ritrova nellestesse discipline insegnate.Occorre invece percepire ladifferenza come un valore,una risorsa che consente dicreare una cultura dell’acco-glienza fondata sulla relazio-ne autentica io-tu, dove ele-menti centrali sono l’ascoltoe il dialogo. In una società che ha subito,in tempi brevi, rapidi cambia-menti, occorre educare aiconcetti di pluralità e di alte-rità per consentire la relazionetra microcosmo personale emacrocosmo universale, nellaconvinzione che i problemiche oggi toccano la nostra so-cietà non si risolvono nei con-fini nazionali ma solo nellapiù vasta comunità planetaria.Nell’istituzione scolastica oggisono presenti molteplici cul-ture che favoriscono l’apertu-ra, l’incontro, lo scambio, ilrispetto ed il dialogo. Educarealla differenza significa, quin-di, confrontarsi con una plu-ralità di punti di vista, per ar-rivare alla costruzione di unpensiero che dia voce alle dif-ferenze per migliorare il mon-do in cui viviamo. nnn

Sitografia

http://www.impariascuola.it/ http://www.puntosudite.it/ http://genereedintorni.wordpress.com/ http://www.kila.it/ http://www.pariopportunita.gov.it/ http://it.wikipedia.org/wiki/Diritti_LGBT_nel_mondo http://www.aboutgender.unige.it/ojs/index.php/generis/index http://www.storiaefuturo.com/it/numero_17/percorsi/7_sto-ria-studi-di-genere-~1169.html#2 http://www.diotimafilosofe.it/ http://maschileplurale.it/

La necessità di modellirispettosi delle differenzedi genere

Quante volte in una giornata scopriamo dimettere in atto su noi stessi e sugli altriatteggiamenti dettati da stereotipi epregiudizi? Cosa faccio per correggerequesti comportamenti? Che esempio didonna /uomo sono per i miei figli/allievi?Non è sufficiente conoscere teoricamente ivalori per agire in modo conforme ad essi.La ricerca dell’autenticità e della

congruenza passa, dunque, attraverso laconsapevolezza della realtà interiore, dellesue leggi e le buone prassi. La strada èlunga, sappiamo che non sono sufficientile leggi contro la violenza sulle donne permodificare assunti culturali così radicati,ma è necessario puntare sullaconsapevolezza delle persone. Comesempre, ma in particolare in questo caso,l’educazione degli adulti, volta a cambiarepensieri, azioni e comportamenti, ènecessaria per vivere nel rispetto etrasmettere a figli ed allievi modelli etici erispettosi delle differenze di genere.

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saggezza follemarco valli - osel [email protected]

ascuolaeoltre

Chi può definire se stesso una volta per tutte? Sarebbe un salto nel vuoto, una presunzione delirante.La necessità di definirsi è una richiesta sociale, ma non è un bisogno dell’anima.

Un ragazzo pochi gior-ni fa mi diceva: «sepenso a me stesso,

non riesco a definirmi... infondo io chi sono?». Chi puòdefinire se stesso una voltaper tutte? Sarebbe un saltonel vuoto, una presunzionedelirante. Credo che la do-manda giusta non sia: comeposso definirmi?, ma sem-mai: perché dovrei definirmi?Chi o cosa mi costringe a fis-sare la mia immagine una vol-ta per tutte?Se vogliamo essere onesti,dobbiamo riconoscere chequesta necessità di definirsi èuna richiesta sociale (sono ildott., prof., ecc.), ma non èun bisogno dell’anima, cheanzi in questi schematismi sof-foca. Sono davvero limitato almio status sociale, alla miaprofessione, al mio stato civile,al mio credo politico o religio-so? O sono molto altro?Ramana Maharshi diceva cheporsi seriamente la domanda:«chi sono io?» è l’inizio dellavita spirituale, ma è una do-manda da portare alle estre-me conseguenze, senza fer-marsi mai…

Chi sono io? Fintanto che rimaniamo le-gati al nostro Io, viviamo nellalimitatezza, nella separazioneda tutto, nel dualismo e con-seguentemente non possia-mo realizzare ed esperire l’as-soluto che è in noi.Uscire dal delirio dell’Io è po-ter accedere alla vera libertà,la libertà dello spirito.Una volta a Sogyal Rimpoche(un famoso lama tibetano ri-conosciuto come reincarnato)venne chiesto che cosa signi-ficava per lui essere un «rein-carnato», scoppiò in una risatae rispose: «proprio niente...dicono solo che facevo cosestrane da piccolo...», ecco, eralibero da ogni identificazionecol suo rango e col suo titolo(per i tibetani è un po’ comeessere un cardinale).Ogni titolo, ogni immaginedi noi stessi è un limite cheva superato, ogni idea va ri-conosciuta nella sua imper-manenza, ogni credo deveessere lasciato per accederealla nostra vera natura…Tanti anni fa, con non pocapresunzione giovanile, cercaidi commentare l’episodio del-la Samaritana dal Vangelo diGiovanni davanti a Lanza delVasto, che, dopo avermiascoltato sentenziò: «se solotu avessi assaporato un po’di quella libertà di cui cianci...solo quando non sarai più tu,capirai che cosa quel passoveramente significa!».Ecco, non essere più un Io...solo allora saprò veramentechi io sia! nnn

tomila e intuiva una tremen-da verità, crediamo di essereun Io, gli altri ci percepisconoin molti modi differenti, main fondo non siamo nulla ditutto ciò…La Bibbia dice che siamo fattiad immagine e somiglianzadi Dio, ma se Dio è l’Infinito,l’Assoluto allora anche noisiamo assoluti e infiniti, purnella nostra finitezza, la no-stra vera natura è quindi sen-za limiti, ha la stessa essenzadell’Essere.Il nostro attaccamento all’Io,cioè a quell’immagine super-ficiale costruita da famiglia,società, ecc., è limitante, ciblocca in una dimensione co-dificata che ci toglie il respiroe ci impedisce l’accesso all’Il-limitato; per questo tutte legrandi tradizioni spirituali emistiche hanno posto il su-peramento dell’identificazio-ne con l’Io come passo es-senziale sul cammino.

«Sali sullapertica e

quando finiscecontinua

a salire...»detto Zen

ascuolaeoltre

16 | cem mondialità | aprile 2014

Chi sono io al di là di ognidefinizione, di ogni schema?Il salto al di là di tutti i puntidi riferimento, in quella pro-fonda realtà spirituale chenon ha forma né nome, cheè al fondo del nostro essere,è al contempo terrificante eliberatorio; solo facendo quelsalto possiamo giungere inquel libero spazio che è la no-stra vera natura. Un detto Zen ci ricorda: «salisulla pertica e quando finiscecontinua a salire...». Conti-nuare a salire quando non viè più un punto di appoggio,salire fino all’assoluto, al-l’ignoto. Pirandello diceva chesiamo Uno, Nessuno e Cen-

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TROVARE L’ALBA DENTRO L’IMBRUNIRE. ARTE PASSIONE INTERCULTURA

EDUCAZIONEALUISI TOSOLINI

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18 | cem mondialità | aprile 2014

ALUISI TOSOLINI

dossierEDUCARE AI BENI COMUNI

Norberto Bottani è un grande esperto di sistemi scolastici.Nel 2013 ha pubblicato un piccolo ma densissimo vo-lume per Il Mulino dal titolo Requiem per la scuola?

Con un punto interrogativo finale che, in realtà, è solo un piodesiderio o una speranza che sarà facilmente delusa. Il requiemper la scuola, infatti, non è un dubbio, ma una certezza.Almeno per la scuola così come noi la conosciamo, ovveroquel sistema ottocentesco che registra ovunque un duplicefallimento, in termini di efficienza e di equità: l’impossibilitàdi far acquisire a ognuno un bagaglio minimo di conoscenzee competenze e quello di democratizzare la società, favorendo,mediante l’istruzione, la mobilità sociale (gli approfondimentisulla scuola media e sull’OCSE-PISA 2012 permettono di toc-care con mano questo doppio fallimento).

L’EDUCAZIONE COME BENE COMUNE

L’educazione, si dice, è un bene comune. Come l’acqua, comel’aria. E lo è almeno in due sensi:n è un bene comune nel senso che è diritto di tutti ricevereun’educazione ed una formazione che metta ogni persona

nella condizione di poter vivere da attore il proprio tempo e lapropria società in maniera partecipe e critica;n è un bene comune nel senso che essa implica necessaria-mente il «mettere in comune» (tra generazione e generazione,tra maestri e discepoli, tra chi sa e chi non sa, ecc.) le cono-scenze, i valori, i saperi, gli stili, le concezioni del mondo.Educare implica sempre una inter-azione tra soggetti diversi(ovvero un’interazione che parte da una dimensione asimme-trica per età, o per conoscenze, o per competenze, o per po-tere…) che mettono in comune qualcosa, che negoziano edanche che costruiscono una cultura nuova e diversa.

I due sensi del concetto di educazione come bene comunesono ben presenti sin dall’introduzione del volume DidacticaMagna del fondatore della pedagogia moderna, Amos Co-menius (v. box a pag. 19).Ovviamente gli strumenti, le modalità e gli stessi contenutidell’educazione come bene comune sono variati e varianonei secoli. Per fare un semplice esempio, è del tutto evidenteche nel ’700 sarebbe stato impensabile richiedere processiformativi per tutti riferiti alle tecnologie della comunicazione,alla radio, alla tv, a internet.

L’EDUCAZIONECOME BENE COMUNE

«I SISTEMI SCOLASTICI ATTUALI SONO PARAGONABILI A UN PLOTONE DI CICLISTI IN CORSA: QUANDO UNO DI ESSI

CAPITOMBOLA, LE BICICLETTE VOLANO PER ARIA E SI VERIFICANO CADUTE IMPRESSIONANTI SULL’ASFALTO. ALCUNI

SI RIALZANO, ALTRI RESTANO A TERRA CON FERITE PIÙ O MENO GRAVI E DOLOROSE. TALUNI NON POSSONO PRO-

SEGUIRE, ALCUNI DEVONO ABBANDONARE LA CORSA» NORBERTO BOTTANI

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aprile 2014 | cem mondialità | 19

dossierEDUCAZIONE

Al contrario oggi la media education e l’alfabetizzazione digitalecostituiscono un elemento cruciale per garantire l’accessoalla cittadinanza piena dei soggetti. Al contrario, oggi assi-stiamo ad un crescente divario tra mondo scolastico e nuovetecnologie. I «nativi digitali» sperimentano ormai molteplicispazi aperti di apprendimento e modalità di accesso alla co-noscenza, molto lontani dai riti scolastici. Ce n’è abbastanzaper chiedersi che cosa giustifichi oggi tali sistemi e se cosìcome sono abbiano ancora un senso.

EDUCARE IMPLICA SEMPRE UNA

INTER-AZIONE TRA SOGGETTI DIVERSI

CHE METTONO IN COMUNE

QUALCOSA, CHE NEGOZIANO ED

ANCHE CHE COSTRUISCONO UNA

CULTURA NUOVA E DIVERSA

AMOS COMENIUSDIDACTICA MAGNALA «DIDACTICA MAGNA» È, SECONDO IL SUO STESSO AU-TORE, UN «TRATTATO DELL’ARTE UNIVERSALE D’INSE-GNARE TUTTO A TUTTI». COMENIUS È IL PADRE INSUPE-RATO DELLA PEDAGOGIA MODERNA E NELLA SUA POSI-ZIONE BEN RIASSUME I DUE DIVERSI MODI DI INTENDEREIL CONCETTO DI EDUCAZIONE COME BENE COMUNE.

«MODO SICURO ED ECCELLENTE DI FONDARE IN TUTTI I

COMUNI, CITTÀ E VILLAGGI D’UN REGNO CRISTIANO SCUO-

LE TALI, CHE TUTTA LA GIOVENTÙ DELL’UNO E DELL’ALTRO

SESSO, NESSUNO ECCETTUATO IN ALCUN LUOGO, POSSA

ESSERE FORMATA AGLI STUDI, INGENTILITA NEI COSTUMI

E IMBEVUTA DI DEVOZIONE, E IN QUESTA MANIERA, NEGLI

ANNI DELLA PRIMA GIOVINEZZA, ISTRUITA IN TUTTO CIÒ,

CHE SERVE ALLA VITA DI QUESTO MONDO E DELL’ALTRO,

CON RISPARMIO DI TEMPO E DI FATICA, CON DILETTO E

SOLIDITÀ. [...]

BISOGNA ORAMAI DIMOSTRARE CHE NELLE SCUOLE SI

DEVE INSEGNAR TUTTO A TUTTI: SI BADI PERÒ CHE NON

INTENDIAMO DIRE CHE TUTTI DEVONO ACQUISTAR CONO-

SCENZA DI TUTTE LE SCIENZE E DI TUTTE LE ARTI (E MOLTO

MENO CONOSCENZA ESATTA E PROFONDA), POICHÉ QUE-

STO DI SUA NATURA NON È UTILE, E PER LA BREVITÀ DELLA

NOSTRA VITA NON È POSSIBILE A NESSUNO. VEDIAMO IN-

VERO CHE OGNI SCIENZA È COSÌ AMPIA E COSÌ SOTTIL-

MENTE SUDDIVISA [...] CHE PUÒ PRENDERE TUTTA LA VITA

D’UN UOMO ANCHE DOTATO DELL’INGEGNO PIÙ ALTO, SE

VUOLE DEDICARSI ALLA TEORICA E ALLA PRATICA. [...]

TUTTI PERÒ DEVONO IMPARARE A CONOSCERE IL FONDA-

MENTO, LA RAGIONE E IL FINE DI TUTTE LE COSE PRINCI-

PALI, NATURALI E ARTIFIZIALI, PERCHÉ CHIUNQUE È MES-

SO AL MONDO, VI È MESSO NON SOLO PERCHÉ FACCIA DA

SPETTATORE, MA ANCHE DA ATTORE. E BISOGNA PROVVE-

DERE E ANCHE PRESTARSI IN OGNI MODO A QUESTO, CHE

CIOÈ NESSUNO, MENTRE STA IN QUESTO MONDO, NON IN-

CONTRI NESSUNA COSA A LUI TANTO SCONOSCIUTA, CHE

NON NE POSSA DARE MODESTAMENTE GIUDIZIO E SER-

VIRSENE PRUDENTEMENTE A UN DATO USO, SENZA CA-

DERE IN DANNOSI ERRORI.

G. A. Comenius, Didattica Magna, trad. it. di V. Gualtieri, Remo

Sandron editore, Milano 1911, pp. 5 e 100-101.

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dossierEDUCARE AI BENI COMUNI

LA SCUOLA È ANCORA UNO STRUMENTO EFFICACE PER GARANTIRE IL BENE COMUNE EDUCAZIONE?

Si tratta di una domanda chiave. La scuola, intesacome l’istituzione e l’organizzazione che noi tutticonosciamo per averla frequentata (ovveroquell’edificio con aule, banchi, cattedre, sedie,lavagne, insegnanti, presidi, orari rigidi, ecc.),è davvero ancora lo strumento adatto a garantireil «bene comune educazione» oppure è neces-sario iniziare a pensare a strumenti, modalità,organizzazioni differenti?In realtà stiamo oggi assistendo ad una crisiglobale dell’apprendimento. Nel mondo sono650 milioni i bambini e le bambine in età dascuola elementare. Di questi, 250 milioni nonotterranno alcun significativo apprendimento inlettura e in matematica: 120 milioni non avrannoalcuna esperienza di scuola elementare, mentrei restanti 130 milioni, pur parzialmente frequen-tanti non raggiungeranno un livello accettabiledi apprendimento. Essi non arriveranno a com-prendere semplici testi e si muoveranno condifficoltà nel fare facili conti. Non accederannoad alcuna scuola superiore e saranno tagliatifuori da ogni altro apprendimento.

EFA 2014

Il recentissimo rapporto Unesco Teaching and learning:achieving quality for all1 è dedicato all’analisi di progressi alivello mondiale rispetto all’obiettivo del millennio (Millenniumgoal) riferito all’educazione. Il rapporto conferma che pur-troppo l’educazione per tutti (da cui l’acronimo Educationfor all, EFA) è un obiettivo lontanissimo.Vediamo solo alcuni dati, riprendendo pochi grafici dalla ric-chissima pubblicazione dell’Unesco. Il primo grafico (quisotto) visualizza il numero dei bambini (in milioni) esclusidalla frequenza di una scuola elementare. Come si può notare il trend dal 1999 è decisamente in discesasino al 2008 dove si blocca, il 2008 è il momento in cui si avviala crisi economica globale.

120

100

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2330

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*Data not available for 1985

Source: Annex, Statistical Table 2.

Ind

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150

200

250

300

1985–1994

287287

183

2005–2011

aprile 2014 | cem mondialità | 21

dossierEDUCAZIONE

Il grafico sotto riportato è dedicato ai 10 paesi in cui è concentratoil 72% degli adulti analfabeti del mondo e permette di visualizzarela differenza tra due diversi periodi. Come si può vedere il numerodegli analfabeti diminuisce in termini assoluti solo in Cina e Indo-nesia mentre resta invariato o aumenta negli altri paesi. Ovviamenteil dato va correlato con l’aumento della popolazione (è il caso del-l’India) o con il verificarsi di gravi crisi politico sociali (è il casodel Congo).

Public education spending

% of GNP% of government expenditure

on educationPer capita (primary education)

(PPP constant 2010 US$)

1999 2011 1999 2011 1999 2011

World

Low income

Lower middle income

Upper middle income

High income

Sub-Saharan Africa

Arab States

Central Asia ... ...

East Asia and the Pacific

South and West Asia

Latin America and the Caribbean

Central and Eastern Europe

North America and Western Europe

Note: World, regional and income values are means for countries with data in both 1999 and 2011, and may therefore not match what is reported in Statistical Table 9.

Source: EFA Global Monitoring Report team calculations (2013), based on UIS database.

La tabella sotto riguarda invece la spesa per educazione (in percentuale del Pil, in percentualedel bilancio statale ed in dollari pro capite) in due diversi anni: 1999 e 2011.I dati parlano, e molto, da soli. Evidenziano ad esempio che in percentuale le spese perl’istruzione sono aumentate ma, ovviamente, i dati in termini assoluti segnalano davverouna grande disparità rispetto alla media mondiale di 3089 dollari. Si va così dai 115 dollaridei paesi a basso sviluppo agli 8039 dollari del nord America e dell’Europa Occidentale.

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Poorest female

Richest female

Year of achievement of universal youth literacy

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20

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0

213

0

Bolivia, P. S.

Thailand

Honduras

Tajikistan

TYFR Macedonia

Swaziland

Montenegro

Indonesia

Albania

Viet Nam

Mongolia

Lesotho

Namibia

Zimbabwe

Peru

Guyana

Kenya

Timor-Leste

Malawi

Congo

Cambodia

Haiti

Ghana

Zambia

Djibouti

Togo

Uganda

Gambia

Sierra Leone

Ethiopia

Côte d’Ivoire

Senegal

Mozambique

Pakistan

Mali

Guinea

Dominican Rep.

Belize

Suriname

S. Tome/Principe

Rwanda

Nepal

Burundi

Bangladesh

Madagascar

Egypt

India

Iraq

Bhutan

Lao PDR

Mauritania

Nigeria

Liberia

Cameroon

Benin

Yemen

Guinea-Bissau

Burkina Faso

Somalia

C. A. R.

Niger

dossierEDUCARE AI BENI COMUNI

22 | cem mondialità | aprile 2014

La conseguenza è ovvia ed immediata: la figura 1.74 mo-stra come – con l’impegno attuale – l’alfabetizzazione del97% delle donne del Niger avverrà nel…2130!!!

L’EDUCAZIONE TRASFORMA LA VITA?Il rapporto EFA evidenzia con chiarezza come l’educazione per-metta un significativo mutamento della qualità della vita:

n Riduce la povertà n Favorisce l’accesso a un lavoro migliore e quindi alla crescitaeconomican Migliora la qualità della vita e della saluten Promuove lo sviluppo sociale

Questo nei paesi «poveri» ed a bassa alfabetizzazione. Nei paesipiù ricchi e teoricamente ad alta alfabetizzazione, invece, gli esitisembrano contro intuitivi: a fronte di una spesa procapite deci-samente significativa gli esiti non corrispondono in alcun modoa quanto ipotizzato. Da qui la domanda sul senso e sul futurodella scuola come strumento capace di garantire il bene comunechiamato educazione.

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Page 25: cem aprile 2014 copertina · spirato e così - dopo aver finito di viaggiare con Cipì e Passerì - divorammo, uno dopo l’altro, La mongolfiera, Bandiera, Bambini e cannoniIl permesso,

a cura di ANTONELLA FUCECCHI - ANTONIO NANNI58

aprile 2014 | cem mondialità | 23

BENI COMUNI E... VIZI CAPITALI

LA SUPERBIA

Considerato radice e culmine di ogni male moraleda sant’Agostino e san Tommaso, la superbia ènel canone dei sette vizi la violazione principale,

perché contiene e p

Infatti è collegata con lo sdegno e l’indignazione che

originano da una radice simile: cioè l’impossibilità di

protrarre ulteriormente e di sopportare una situazione

ritenuta intollerabile. L’ira rappresenta la deflagrazione

di un campo minato, la materializzazione di una scintilla

in un ambiente saturo di gas, pertanto esce allo scoperto

liberando tumultuosamente rabbia repressa, collera e

bile. Sono noti anche alla letteratura antica gli effetti

psicosomatici prodotti dal montare di tale passione fu-

rente: aumento del battito cardiaco, respirazione rapida,

tono della voce incalzante e acuto, impaccio linguistico

dovuto al ribollire delle emozioni. Lo sguardo si fa stra-

lunato ed acceso, aumenta il cipiglio, la bocca si deforma,

tutto il volto subisce una metamorfosi espressiva mirante

ad incutere terrore in chi viene investito dalla scarica.

Può essere anche di breve durata, ma produce effetti

devastanti di varia gravità perché il suo scopo è rista-

bilire un ordine che si ritiene violato. Tra i vizi è quello

la cui connotazione fisica è più evidente, come confer-

mano alcuni modi di dire che colgono, in modo pittoresco

e vivace, le trasformazioni somatiche che l’irruzione

dell’ira produce: non ci ho visto più, mi è salito il sangue

agli occhi, ho avuto un travaso di bile.

a cura di ANTONELLA FUCECCHI - ANTONIO NANNI2932

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IRAANATOMIA DI UNA PASSIONE

Tra tutti i vizi capitali, l’ira è quello che ha unagenesi più interessante e articolata: non è unapassione dell’avere o dell’essere, né ha come

finalità il possesso o la fruizione di un bene o la conquistadi un vantaggio; Remo Bodei la definisce la passionefurente: allo stato puro, acceca, non è premeditata,scoppia e basta. In realtà, la situazione è più complessa:l’ira si scava un percorso segreto ed esplode per uncorto circuito che coinvolge percezioni, sentimenti,emozioni collegate con i sistemi di valori, con il sensodella giustizia, con le ferite e le prevaricazioni. Emergeimprovvisa perché segue un percorso carsico e sotter-raneo, ma non ristagna come il rancore o l’odio, non siraffredda e non si condensa.

L’IRA RAPPRESENTA LADEFLAGRAZIONE DI UN CAMPOMINATO, LA MATERIALIZZAZIONE DIUNA SCINTILLA IN UN AMBIENTESATURO DI GAS, PERTANTO ESCEALLO SCOPERTO LIBERANDOTUMULTUOSAMENTE RABBIAREPRESSA, COLLERA E BILE

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In tali espressioni colloquiali si sedimentano anche at-tribuzioni popolari delle passioni per analogia ad alcuniorgani del corpo. Nel caso dell’ira è coinvolto il fegato:è interessante notare che il termine collera deriva dallatermine greco cholè, appunto bile.

LA PASSIONE ESPLOSIVA

Lo scatto d’ira nasce da presupposti non sempre scon-siderati o dissennati, spesso le motivazioni hanno unacerta consistenza ed una parziale giustificazione: rap-presenta un picco di esasperazione incontrollata i cuieffetti dirompenti possono essere anche mortali.Da un lato rappresenta una risposta esacerbata ad un’in-giustizia subita, ad un’offesa percepita come un’intol-lerabile aggressione, dall’altra potrebbe essere l’espres-sione dell’orgoglio ferito e dell’incapacità di fare frontead un attacco reale o immaginato. Infatti, come moltivizi, l’ira porta il segno dell’eccesso e della dismisura:non casualmente il suo volto virtuoso rovesciato è co-stituito dalla temperanza, dalla mitezza, dal perdono,dalla pazienza. L’ira è un vizio reattivo, non creativo:chi ne è preda cede alla travolgente sensazione di on-nipotenza che supera il giusto mezzo ed inebria offu-scando momentaneamente le facoltà di giudizio, macontempla, poi ad impeto esaurito, le macerie dellafuria devastatrice. L’ira esprime un’aggressività com-pressa e sviluppa un’energia vitale che erompe senzaargini e senza controllo, lasciando spossato chi ne èposseduto.Sotto l’impulso dell’ira tutte le azioni si accavallano esi susseguono concitate, senza essere sottoposte ad al-cun vaglio critico. Il comportamento della persona inpreda all’ira è caratterizzato da un alto grado di sinceritàe da una scarsa propensione alla finzione. Le paroleche si pronunciano nel cuore di un attacco sono l’im-provviso denudamento di una verità che il soggetto halungamente represso. Alla base dell’ira può essercil’esacerbazione lenta ma incessante provocata da unesercizio della pazienza intesa come mera sopportazione.«Non ne posso più» è la premessa esplicita o sottintesache scatena lo sconfinamento. Chi è accecato dall’irapuò uccidere senza alcun freno, letteralmente rapitoda un raptus implacabile.

Linguisticamente il sostantivo ira genera una grandequantità di termini derivati, ognuno dei quali esprimeun atteggiamento diverso: irato, irascibile, iracondo.Nel primo caso si indica chi è momentaneamente vittimad questa passione e non è schiavo di un vizio radicato;nel primo dei due aggettivi successivi si sottolinea latendenza a lasciarsi facilmente accendere e a prenderefuoco, mentre l’iracondo ha scelto questa modalità pre-valente per esprimere tutta una gamma di sentimenticontrari, dall’avversione all’odio, che potrebbero ancheusare altri linguaggi ed essere agiti in modo diverso.L’ira è una risposta arcaica ad una sollecitazione ritenutapericolosa o lesiva della propria dignità: è la reazionemossa dalla zona più remota dal nostro cervello e quellapiù antica: il cervello rettiliano.

IL CONTROLLO DELL’IRA E LA SUAFUNZIONE POLITICA

È Aristotele nelle sue opere ad illustrare in modo siste-matico la collocazione che l’ira può avere in un contesto

politico e come essa possa, se ben gestita, avere unafunzione utile; secondo il filosofo, infatti, l’ira è «un de-siderio di aperta vendetta accompagnata da un dolore,per una palese offesa rivolta alla nostra persona o aqualcuno a noi legato, quando l’offesa non è meritata»(Retorica II, 2, 1378 a) l’intento dell’ira è quella di de-nunciare l’offesa manifesta, infliggendo a chi l’ha sca-tenata un trattamento pari per intensità a quello che siè ricevuto, a differenza dell’odio che punta all’annien-tamento, nell’ira prevale la volontà di restaurare un or-dine violato; sopportare in silenzio una palese ingiustizia,

NELLA SUA FUNZIONE POLITICA L’IRANON È QUELLA DEGLI EROI OMERICI,MA QUELLA DEL CITTADINOESACERBATO DALLEDISEGUAGLIANZE, AVVILITO DAISOPRUSI, DALL’ESCLUSIONE

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grande filosofo scaturiscono anche indimenticabili ri-tratti tipologici dei soggetti dominati da tale passionevissuta in tutte le sue declinazioni: l’iracondo si adirasubito e spesso con le persone sbagliate, il collericoreagisce stizzito di fronte a quasi tutte le sollecitazioni,il rancoroso, invece, amareggiato non si placa e stentaa ritrovare la calma, il tipo odioso si adira eccessiva-mente e fomenta il malessere. Nella sua funzione political’ira non è quella degli eroi omerici, ma quella del cit-tadino esacerbato dalle diseguaglianze, avvilito dai so-prusi, dall’esclusione. In questo caso le tragedie grechedescrivono come terribile ed implacabile l’ira delle don-ne, le grandi emarginate dalla polis democratica cheriserva pieno godimento dei diritti civili e politici soltantoai maschi, adulti, liberi. L’ira delle donne è perciò lapremessa di una grande rivoluzione.

IL GIUSTO SDEGNO

Se intesa come reazione ad uno squilibrio, ad un’ingiu-stizia, l’ira ha una sua santità, una sua ragione e si tra-sforma in sdegno, in indignazione di fronte ad un so-pruso intollerabile, ad una violazione clamorosa che ri-chiede una denuncia vibrante. In questo caso è l’unicocomportamento possibile per richiamare l’attenzionesull’errore: è il caso della cacciata dei mercanti dal tem-pio documentata nei Vangeli: con la forza e la certezzadella verità, Gesù rovescia i banchi dei cambiavalute edevasta l’immondo suq che si era creato all’ingressodel Tempio trasformato in una «casa di mercato» (Gv2,13-16) o in una «spelonca di ladri». La reazione di Gesù sembra in contrasto con la pazienzae la mitezza dimostrata in tante altre circostanze, ma èalimentata dalla consapevolezza della malizia, dell’in-ganno, della frode perpetrata ai danni della buona fededei fedeli. Il contrasto tra la santità del luogo, la purezzadei molti pii che lo frequentano e la sfrontatezza arro-gante dei mercanti giustifica il comportamento di Gesù,umanissimo: afferrate alcune cordicelle, inizia a sferzarechi gli capita a tiro, disperde le monete, rovescia i banchidi pegno rivelandosi dotato, da buon falegname, di unanotevole forza fisica messa al servizio della verità, delladenuncia, della protesta per un’offesa. In questo casola mitezza sarebbe stata complicità, pusillanimità, ras-

I SETTE PECCATI CAPITALI: L’IRA

un sopruso, equivale a farsi schiavi, a rinunciare allapropria dignità, con ricadute negative sull’onore dellafamiglia, ma anche sulla tenuta morale della polis stessa;in tale accezione l’ira rappresenta la valvola di sfogo,ma anche la spia di una disfunzione che è cura di tutticorreggere. Tuttavia tale ira per essere efficace ha bi-sogno di essere corretta e contenuta nell’intensità, nellacarica libidica di piacere allucinatorio che comporta,nella sua durata; nel mondo greco infatti, la moraledelfica prescrive la regola d’oro del «nulla di troppo»,dell’equilibrio e della misura che richiede per essereraggiunta e mantenuta un esercizio attento e vigiledella facoltà razionali, del giudizio, della prudenza, dellafortezza che «non tagliano i nervi dell’anima», ma neindirizzano e governano il corso. Nell’Etica Nicomacheadi Aristotele, il mite equilibrato dà prova di grandi qua-lità: padronanza di sé, senso della misura, autocontrollo,saggezza; al contrario gli iracondi appaiono insicuri,sempre eccessivamente all’erta, pronti a reagire inmodo spropositato. Anzi, dall’acuta osservazione del

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segnazione avvilita al prevalere del male. Il messaggioè chiaro. Di fronte alle ingiustizie occorre reagire, farsitestimoni, non subire passivamente: la mitezza, quinon è più una virtù. Del resto il messaggio evangeliconon propone un anestetico, né suggerisce la ricercadell’imperturbabilità o dell’atarassia: essere il sale dellaterra, il lievito che fa fermentare la pasta, significaesporsi, prendere posizione ed agire quando è neces-sario, essendo semplici come colombe, ma astuti comei serpenti.Anche in altre circostanze Gesù manifesta la sua im-pazienza usando un linguaggio tagliente mosso da unprofondo senso di giustizia: guarda i Farisei «con ira,contristato dalla durezza del loro cuore» (Mc 3,5) edirato è l’atteggiamento nei confronti del cattivo servoche non vuole condonare il suo debito pur avendo ot-tenuto dal padrone la remissione del proprio. L’ira inquesto caso è il pungolo positivo verso il cambiamento,verso la conversione: ha una funzione pedagogica, dibrusco risveglio dal tepore dell’indifferenza, giusta-mente, osserva Bodei, si tratta di una «santa ira»: il suoscopo è correggere, destare dal torpore, innescare unprocesso di mutamento positivo, per sospingere la vo-lontà impigrita verso una più determinata scelta delbene. In questa dinamica si inserisce il perdono perspezzare il circolo vizioso delle ritorsioni e delle vendettee per cicatrizzare le ferite che l’ira ha provocato ed evi-tare che il ristagno produca l’infezione dell’odio, moltopiù lenta, ma implacabile e logorante. All’ira di Dio,scatenata dalla gravità delle colpe, si contrappone lasua misericordia che impedisce una completa attuazionedella giustizia, visto che solo la clemenza divina puòconsentire la salvezza dell’animo umano consumato ecorroso dal vizio.

VERITÀ E RICONCILIAZIONE

Sul piano privato spirituale e personale molti sono i ri-medi studiati e prescritti per arginare e convogliare ilpotente flusso di passioni che la galassie dell’ira com-porta. Dai filosofi del mondo classico l’invito alla tem-peranza, nelle sue varie tonalità: dalla pazienza, allamitezza, alla gentilezza fino ad arrivare all’impertur-babilità, anche i padri della Chiesa, i grandi confessori

suggeriscono antidoti ed esercizi per evitare di farsitravolgere dal furore e dal piacere fisico che cedereall’ira può produrre. Più interessante è invece conside-rare, sulla scorta di Aristotele, che uso fare dell’ira inambito politico, visto che nel corso dei secoli la giustaira ha fomentato liberazioni, guerre d’indipendenza,emancipazioni da sistemi oppressivi. È una passionepertanto ineliminabile e necessaria che ha bisogno diessere indirizzata verso il bene della comunità quando,esplodendo, produce effetti positivi, come, nel caso delSudafrica, l’abolizione dell’apartheid. La grande inno-vazione politica prodotta da Nelson Mandela e da De-smond Tutu con l’istituzione dei tribunali di verità e ri-conciliazione ha generato un caso unico mai verificatosiprima nella storia dell’umanità, in base alle documen-tazioni disponibili: a conclusione del regime di sopraf-fazione e di prevaricazione che aveva dilaniato la societàsudafricana, la geniale intuizione di due uomini e laloro carismatica autorevolezza ottiene il sorprendentefenomeno di disinnescare la spirale delle vendette cheavrebbe potuto insanguinare il loro paese ancora perdecenni. L’istituzione dei tribunali, la cui operatività siè protratta per tre anni, ispirati alla volontà di restituiredignità alle vittime mediante il riconoscimento dellesofferenze patite, ha evitato un processo di Norimberga,sostituendo all’idea della punizione delle colpe, la con-fessione delle colpe e l’ammissione del reato da partedi chi se ne era macchiato. Chi avesse accettato volon-tariamente di sottoporsi a tale tipo di processo avrebbeottenuto l’amnistia. Un’amnistia, appunto, senza am-nesia. La riconciliazione passa attraverso il riconosci-mento dei torti subiti ed inflitti, che, restituendo dignitàalle vittime, mitigando le ferite dell’ira, spezza il circuitodelle vendette e delle ritorsioni.

BIBLIOGRAFIA

M. Benasayag, G. Schmit, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli,Milano 2004

R. Bodei, Ira. La passione furente, Il Mulino, Bologna 201

C. Casagrande, S.Vecchio, I sette peccati capitali. Storia dei peccatinel Medioevo, Einaudi, Torino 2000

C. Catenacci, Il tiranno e l’eroe. Per un’archeologia del potere nellaGrecia antica, Bruno Mondadori, Milano 1996

M. C. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, Il Mulino, Bologna 2004

G. Ravasi, Le porte del peccato. I sette vizi capitali, Mondadori,Milano 2007

A. Semeraro, Omero a Baghdad. Miti di riconoscimento, Meltemi,Roma 2005

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GEOGRAFIA DELL’INIQUITÀ: IL «TRACKING»

Elaborando i dati Invalsi (1a media a.s. 2009-10), lo studio evidenziacome la formazione delle classi per gruppi omogenei in base al-l’estrazione socio-culturale (tracking informale) sia più accentuatanel Centro-Sud, ma il fenomeno è presente in modo rilevante anchein alcune province del Nord. La mancata applicazione del principiodella equi-eterogeneità può essere associata a due diversi tracking:

n un social tracking: ovvero la tendenza delle scuole a soddisfaremaggiormente le pressioni dei genitori (tipicamente quelli di estra-zione socio-culturale più elevata) con una conseguente costituzionedel gruppo classe in base all’estrazione socio-economica deglistudenti;n un ability tracking: ovvero la deliberata scelta pedagogica diformare classi più omogenee in base alla bravura dei ragazzi.Questa tipologia di tracking si adotta quando si ritiene che uniregli stessi vantaggi o gli stessi ritardi cognitivi faciliti l’approcciodidattico degli insegnanti che può essere omogeneo per l’interogruppo classe. Un ragionamento che si è spesso sentito, ad esem-pio, per quanto riguarda gli studenti stranieri per i quali crearenon solo gruppi di lavoro e momenti specifici di apprendimentodelle lingua italiana ma persino classi ad hoc composte prevalen-temente da stranieri.

Ferrer Esteban sostiene che al momento è impossibile distinguereil social tracking dall’ability tracking perché esiste un forte gradodi correlazione tra rendimenti scolastici e origine sociale. Nellostesso tempo è dimostrato che esiste una forte associazione negativafra tracking informale e risultati degli studenti delle medie. Il rapportodella Fondazione Giovanni Agnelli giunge così a sostenere che iltracking informale non paga né in termini di efficacia né in terminidi equità. La spirale negativa «iniquità-inefficacia» colpisce mag-giormente le aree svantaggiate del sud Italia ma permane ancheal Nord dove, ad esempio, una maggiore omogeneità nei gruppi-classe comporta livelli d’apprendimento inferiori anche quando siconfrontano due territori del Nord.

I DANNI DEL «TRACKING» INFORMALE

Sostiene il rapporto che i danni derivanti dalla composizione delleclassi utilizzando il tracking socio-economico o di abilità sono si-gnificativi ed importanti sia sul versante dell’equità sia su quello

dossierEDUCAZIONE

LA GEOGRAFIA DELL’INIQUITA’ ED IL FALLIMENTODELLA SCUOLA MEDIAIN ITALIA

ALUISI TOSOLINI

I l rapporto sulla scuola in Italia 2011 della FondazioneGiovanni Agnelli2 traccia un ritratto impietoso dellascuola «media». Sostiene infatti il rapporto che al mo-

mento dell’istituzione, nel 1962, la scuola media unicaaveva tre obiettivi: far crescere il tasso di scolarità e dicompletamento dell’obbligo, orientare le scelte future erealizzare un’effettiva uguaglianza delle opportunità sco-lastiche. Il primo è evidentemente stato raggiunto ma glialtri due, sostiene il rapporto con dati alla mano, decisa-mente no. L’obiettivo dell’equità è fallito perché questanon si misura più con il numero di anni d’istruzione fre-quentati e con il titolo di studio raggiunto, ma con la qualitàdegli apprendimenti. Proprio nelle scuole medie esplo-dono in modo drammatico i divari di apprendimento de-terminati dall’origine socio-culturale degli studenti, cheinvece le scuole elementari riescono a contenere con suc-cesso. La probabilità di essere in ritardo alla fine dellemedie da parte di uno studente figlio di genitori con licenzamedia è quattro volte superiore a quella del compagno fi-glio di genitori laureati, mentre quella di uno studentestraniero nato all’estero e scolarizzato in Italia è addiritturaventi volte superiore a quella di un italiano. Si tratta diritardi e divari che difficilmente saranno colmati alle su-periori, per cui la scuola rischia di ridursi ad un mecca-nismo di selezione sociale che porterà a confermare l’im-possibilità della mobilità nella società italiana. Societàsempre più bloccata in una sorta di ritorno al medioevosociale, dove era la nascita a determinare la classe socialedi appartenenza e quindi anche il successivo percorsoesistenziale. Da dispositivo esaltato come ascensore so-ciale la scuola - e la scuola media in particolare - potrebbedunque ridursi a dispositivo biopolitico - direbbe Foucault- del controllo e della selezione sociale.

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dossierEDUCARE AI BENI COMUNI

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TAB. 2 - ALUNNI IN RITARDO SCOLASTICO PER CITTADINANZA E LIVELLO DI SCUOLA. A.S. 2010/2011

ORDINE DI SCUOLAALUNNI ITALIANI ALUNNI NON ITALIANI

% IN RITARDO A.S. 2010/2011

% IN RITARDO A.S. 2011/2012

% IN RITARDO A.S. 2010/2011

% IN RITARDO A.S.2011/2012

PRIMARIA 2,0 0,8 18,2 17,4

SEC. DI I GRADO 8,5 4,8 47,9 46,0

SEC. DI II GRADO 25,1 24,6 70,6 68,9

TOTALE 12,2 10,7 40,7 39,5

Fonte: elaborazioni Ismu su dati Miur

TAB. 3 - PUNTI DI DIFFERENZA NELLE PROVE DI ITALIANO E MATEMATICA TRA ALUNNI CON CITTADINANZANON ITALIANA E ALUNNI ITALIANI AI VARI LIVELLI SCOLASTICI. A.S. 2011/2012

ORDINE DI SCUOLAE CLASSE

ITALIANO MATEMATICASTRANIERI

I GENERAZIONEITALIANI

STRANIERIII GENERAZIONE

ITALIANI

STRANIERII GENERAZIONE

ITALIANI

STRANIERIII GENERAZIONE

ITALIANI

PRIMARIA-CLASSE II -23 -16 -16 -12

PRIMARIA-CLASSE V -28 -16 -18 -11

SEC. DI I GRADO-CLASSE I -35 -16 -20 -7

SEC. DI I GRADO-CLASSE III -20 -7 -11 -3

SEC. DI II GRADO-CLASSE II -28 -10 -16 -7

Fonte: elaborazioni Ismu su dati Invalsi, Rilevazioni nazionali sugli apprendimenti 2011-2012

NELLE SCUOLE MEDIE

ESPLODONO IN MODO

DRAMMATICO I DIVARI DI

APPRENDIMENTO DETERMINATI

DALL’ORIGINE SOCIO-CULTURALE

DEGLI STUDENTI, CHE INVECE LE

SCUOLE ELEMENTARI RIESCONO

A CONTENERE CON SUCCESSO.

LA PROBABILITÀ DI ESSERE IN

RITARDO ALLA FINE DELLE

MEDIE DA PARTE DI UNO

STUDENTE FIGLIO DI GENITORI

CON LICENZA MEDIA È QUATTRO

VOLTE SUPERIORE A QUELLA DEL

COMPAGNO FIGLIO DI GENITORI

LAUREATI, MENTRE QUELLA DI

UNO STUDENTE STRANIERO

NATO ALL’ESTERO E

SCOLARIZZATO IN ITALIA È

ADDIRITTURA VENTI VOLTE

SUPERIORE A QUELLA DI UN

ITALIANO

TAB. I - PUNTEGGI TIMSS E PISA PER LIVELLO DI ISTRUZIONE DEI GENITORI

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dossierEDUCAZIONE

I DATI DELLA RICERCA OCSE PISA 2012LA SCUOLA E LA POVERTÀ DI CONOSCENZA

ALUISI TOSOLINI

dell’efficacia. Si tratta di un aspetto che può apparirecontrointuitivo: in sostanza il rapporto sostiene che a ri-metterci sono anche i bravi. Vediamo perché, ricorrendoalle stesse parole della ricerca:

1) i peer effects positivi e negativi possono produrre ri-sultati di intensità asimmetrica: i danni causati da un cir-colo vizioso in una classe con un basso livello di partenzapossono essere maggiori dei benefici causati da un cir-colo virtuoso in una classe con livello iniziale già elevato,che quindi ha margini di miglioramento ridotti;2) raggruppare tutti gli studenti bravi in una classe si-gnifica rinunciare all’effetto benefico che questi potreb-bero avere sui compagni con ritardi;3) in contesti troppo selezionati gli atteggiamenti com-petitivi prendono il sopravvento sugli atteggiamenticooperativi, finendo con lo svantaggiare gli studentimeno bravi e rafforzando una competizione deleterianegli altri;4) inserire gli studenti svantaggiati in gruppi-classeomogenei tende a indurre gli insegnanti ad avere scarseaspettative di successo e a rivedere al ribasso gli obiettivicurriculari, limitando ulteriormente le opportunità edu-cative degli studenti svantaggiati.

Certo non sarà colpa solo della composizione delle classise l’80% dei divari sociali si genera nelle medie, ma certola tabella 1 risulta particolarmente istruttiva, segnalandoda un lato la stretta correlazione tra esiti di apprendimentoe livello d’istruzione (e quindi di estrazione socio culturale)dei genitori. Il dato eclatante è che a fronte di un signifi-cativo peggioramento degli esiti dei figli di genitori conla terza media (ed anche con il diploma), i figli dei laureatinon ottengono un commisurabile miglioramento. Anzi,sembra che per essi la scuola non faccia sostanzialmentealtro che mantenere o confermare il dato riferito all’uscitadelle elementari. Senza alcun picco.Come a dire che la cura dell’eccellenza non può esseredisgiunta dall’equità e dall’efficacia per tutti.Se poi alla tabella 1 (che non considera la variabile deifigli di cittadini non italiani) aggiungiamo le tabelle 2 e3 (nella pagina a fianco) riprese dal rapporto Miur-Ismu20133 sugli studenti non italiani, possiamo verificare, an-che solo con riferimento alla riuscita scolastica, come ilcammino della formazione sia un percorso ad ostacolidove proprio coloro che dalla scuola dovrebbero trarreelementi per un migliore inserimento nella società sonodalla stessa «respinti». Bocciati.Nel dubbio di essere non compreso bene, il rapporto(p. 149) precisa che non esiste un trade-off tra efficaciaed equità: a dispetto di chi sostiene che siano in alterna-tiva e che promuovere l’una significhi sacrificare l’altra,garantire maggiore equità è oggi la condizione neces-saria per far crescere l’efficacia della scuola.

PROGRAMMEFOR INTERNATIONAL STUDENTASSESSMENT - PISA

IL PISA È UN’INDAGINE INTERNAZIONALE PROMOSSA

DALL’ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE E LO

SVILUPPO ECONOMICO (OCSE) PER ACCERTARE CON

PERIODICITÀ TRIENNALE I RISULTATI DEI SISTEMI SCO-

LASTICI IN UN QUADRO COMPARATO. IL SUO OBIETTIVO

DI VERIFICARE IN CHE MISURA I GIOVANI PROSSIMI AL-

LA FINE DELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO ABBIANO AC-

QUISITO ALCUNE COMPETENZE GIUDICATE ESSENZIALI

PER SVOLGERE UN RUOLO CONSAPEVOLE E ATTIVO

NELLA SOCIETÀ E PER CONTINUARE AD APPRENDERE

PER TUTTA LA VITA. L’INDAGINE ACCERTA IL POSSESSO

DI COMPETENZE FUNZIONALI NEGLI AMBITI DELLA

LETTURA, DELLA MATEMATICA E DELLE SCIENZE E DI

ALCUNE COMPETENZE TRASVERSALI IN GIOCO NEL

RAGIONAMENTO ANALITICO E NELL’APPRENDIMENTO.

L’ATTENZIONE NON SI FOCALIZZA TANTO SULLA PA-

DRONANZA DI DETERMINATI CONTENUTI CURRICOLARI,

MA PIUTTOSTO SULLA MISURA IN CUI GLI STUDENTI

SONO IN GRADO DI UTILIZZARE CONOSCENZE E CAPA-

CITÀ APPRESE ANCHE E PRINCIPALMENTE A SCUOLA

PER AFFRONTARE E RISOLVERE PROBLEMI E COMPITI

CHE S’INCONTRANO NELLA VITA REALE. LA POPOLA-

ZIONE DI RIFERIMENTO È COSTITUITA DAI QUINDICENNI

SCOLARIZZATI,DAL MOMENTO CHE TALE ETÀ PRECEDE,

NELLA QUASI TOTALITÀ DEI PAESI DELL’OCSE, IL TER-

MINE DELL’OBBLIGO SCOLASTICO. (A.T.)

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dossierEDUCARE AI BENI COMUNI

G li esiti PISA per quanto riguarda la lettura si prestanoad una pluralità di considerazioni. Partendo dal datogenerale valori dell’Italia in Lettura (490) segnalano un

piccolo miglioramento rispetto alle precedenti edizioni dellaricerca, collocandosi comunque sotto la media OCSE di 496.Fra i paesi OCSE, ottengono un punteggio inferiore all’Italiasolo Cile, Grecia, Islanda e Messico; sono invece statistica-mente equiparabili all’Italia, Danimarca, Repubblica Ceca,Ungheria, Lussemburgo e Israele.È tuttavia disaggregando i dati che si conferma l’immaginedi una scuola che sul territorio italiano ha velocità diversissimee che fatica a garantire un servizio equo ai quindicenni italiani.A livello di singole regioni, i valori più elevati (con risultatisopra la media OCSE) li hanno la Provincia autonoma di Tren-to, il Friuli-Venezia Giulia, il Veneto e la Lombardia, mentre irisultati peggiori si hanno in Calabria, Sicilia, Campania eSardegna. È cioè nel Mezzogiorno che si concentrano gli studenti «poveridi conoscenze», definiti come quelli che non superano il primolivello di competenze (in una scala a sei livelli). Per non direpoi delle quattro regioni dell’Obiettivo Convergenza (Puglia,Calabria, Sicilia, Campania), per le quali l’indicatore dellapercentuale di studenti poveri di conoscenze è tra quelli checostituiscono l’obiettivo delle politiche connesse con l’uso deifondi strutturali europei.Alla divisione geografica va poi aggiunta la disaggregazioneper tipologie di scuole. La tabella 11 della ricerca OCSE-PISA permette una doppia lettura: quella per macro area ter-ritoriale e quella riferita alla tipologia di scuola. Tenendo presente che la media generale OCSE per Letturaè 496, la visione della tabella 11 è devastante e non richiedetroppi commenti: i tecnici, i professionali e la formazione pro-fessionale del centro, del sud e delle isole sono sempre sottola media OCSE. Nel nord est i licei e i tecnici sono decisamentesopra la media mentre i tecnici del nord ovest sono pocosopra la media. Ma sostanziali differenze esistono anche al-l’interno della stessa tipologia di scuola: licei del nord esthanno una media di 569, quelli delle isole di 502. Una differenzaradicale.Il 12,7% degli studenti quindicenni si ferma così al livello dicompetenza 1 A che secondo il PISA richiede le seguenticompetenze in lettura: «individuare una o più informazioni di-chiarate esplicitamente; di riconoscere il tema principale ol’intenzione dell’autore relativamente a un argomento familiare;oppure di fare semplici connessioni tra l’informazione neltesto e conoscenze comuni di tutti i giorni. Tipicamente, l’in-formazione richiesta nel testo è evidente e ci sono nessuna opoche informazioni in concorrenza con essa. Il lettore è espli-citamente guidato nel considerare i fattori rilevanti nel compitoe nel testo». Siamo, come si vede, appena oltre l’analfabetismoed in questa condizione si trovano coloro che sono collocatinel punteggio compreso tra 335 (limite inferiore) e 407. Ovvero,per stare alla tabella 11, la totalità dei centri di formazione edei professionali delle isole e del sud.

L’IMPORTANZA DEI CONTESTI TERRITORIALI

A confermare tutte le precedenti ipotesi arriva poi uno studiodella FLC-CGIL che, partendo dal rapporto OCSE-PISA 2012,mette in luce il profondo rapporto che lega il successo e ilbuon funzionamento scolastico ai contesti territoriali, i quali aloro volta rimandano complessivamente ai retroterra socio-culturali dominanti nelle diverse aree, aspetto per il qualel’OCSE ha mostrato particolare attenzione. In particolarealcuni paesi, tra cui quelli riportati nella tabella seguente, cheriguarda le competenze in matematica, hanno sottoposto avalutazione non solo il loro risultato nazionale ma anche quelloregionale. In questi casi emerge anche lo sventagliamento dirisultati, che come si può vedere può essere determinantenel punteggio nazionale di ciascun paese.Qui sono stati presi in considerazione per un confronto «omo-geneo» solo i paesi sviluppati che si sono sottoposti a questavalutazione regionale (quattro paesi europei più l’Australia).Altri dati riguardavano anche alcuni paesi «in via di sviluppo»

TAB. 11 - DISTRIBUZIONE DELLE PERFORMANCE IN LETTURA MACROAREA PER TIPOLOGIA DI SCUOLA

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dossierEDUCAZIONE

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o di recente sviluppo (Messico, Brasile, Colombia, EAU).Come si può vedere nella tabella sopra, per l’Italia lo sven-tagliamento è più ampio che per gli altri paesi: 94 punti trala provincia di Trento e la Calabria. Al contrario il RegnoUnito registra la differenza più bassa: 30 punti tra Scozia eGalles. Persino i paesi latino americani, a un livello più bassodella classifica (si collocano fra i 437 e i 342 punti), registranodifferenze interne più contenute, intorno ai 60 punti.In altre parole abbiamo le nostre regioni del Nord-Est a livellodei Paesi Bassi e la Calabria al livello del Kazakhstan o dellostato messicano di Colima e la Sicilia a un livello intermediotra Turchia e Romania. E si tenga conto che 40 punti corri-spondono all’incirca a un anno scolastico: in altre parole, dalmomento che si tratta di alunni quindicenni, cioè regolarmente

al secondo anno di secondaria superiore, potremmo diretranquillamente che nel nostro paese c’è uno scarto che variatra la seconda media e la seconda superiore.

1 «Insegnare e imparare: raggiungere la qualità per tutti», Unesco, 2014. Pre-sentato il 29 gennaio 2014 a Parigi. Il rapporto (quasi 500 pagine) è integral-mente scaricabile al seguente link: http://unesdoc.unesco.org/images/0022/002256/225660e.pdf2 Aa. Vv., Rapporto sulla Scuola in Italia 2011, Laterza, Roma-Bari 2011. Alcunisaggi contenuti nel rapporto sono scaricabili gratuitamente dal sito della Fon-dazione Giovanni Agnelli all’indirizzo www.fga.it3 V. Ongini, M. Santagati, Alunni con cittadinanza non italiana. Approfondimentie analisi. Rapporto nazionale a.s. 2011-2012, Quaderni Ismu 1/2013, FondazioneIsmu, Milano 2013.

REGIONI A CONFRONTOPUNTI ITALIA (485)* SPAGNA (484)* BELGIO (515)* REGNO UNITO (495)* AUSTRALIA (504)*531 C. FIAMMINGA524 TRENTINO523 FRIULI VG, VENETO518 TERR. DELLA CAPITALE517 LOMBARDIA NAVARRA516 AUSTRALIA OCCIDENTALE511 C. GERMANOFONA509 CASTIGLIA-LEON N. GALLES DEL SUD506 ALTOADIGE-S.TIROL505 PAESE BASCO504 MADRID503 LA RIOJA QUEENSLAND501 VICTORIA500 EMILIA-ROMAGNA ASTURIE499 PIEMONTE498 SCOZIA496 MARCHE ARAGONA495 TOSCANA INGHILTERRA494 MEDIA OCSE493 UMBRIA CATALOGNA C. FRANCOFONA492 VALLE D’AOSTA491 CANTABRIA489 GALIZIA AUSTRALIA MERIDIONALE488 LIGURIA487 IRLANDA D. NORD478 PUGLIA TASMANIA476 ABRUZZO475 LAZIO BALEARI472 ANDALUSIA468 GALLES466 MOLISE, BASILICATA462 MURCIA461 ESTREMADURA458 SARDEGNA453 CAMPANIA452 NORTHERNTERRITORY447 SICILIA430 CALABRIAFonte: FLC-CGIL 2013 su dati OCSE-PISA 2012 (*) punteggio medio nazionale

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ALUISI TOSOLINIFILOSOFO E PEDAGOGISTA, È

ESPERTO DI EDUCAZIONE INTER-

CULTURALE E PROCESSI EDUCATIVI

NEL TEMPO DELLE NUOVE TECNO-

LOGIE. DIRIGE UN LICEO SCIENTI-

FICO E MUSICALE.

[email protected]

MARCO DAL CORSOINSEGNANTE, LEGATO PER AFFET-

TO E PER CURIOSITÀ ALL’AMERICA

LATINA, SI OCCUPA DI DIALOGO IN-

TERRELIGIOSO ANCHE ATTRAVER-

SO UNA PICCOLA COLLANA CHE DI-

RIGE PER L’EDITORE PAZZINI.

[email protected]

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dossierEDUCARE AI BENI COMUNI

EDUCAZIONE INPROSPETTIVA INTERRELIGIOSAMARCO DAL CORSO

Davanti alla crisi educativa. Non da oggi è consapevo-lezza diffusa che ci troviamo davanti ad una vera e propria«emergenza educativa» che riconosce, tra altre cose, lacrisi di un modello educativo non più «funzionante». Ecome tutte le crisi, anche quella educativa può insegnare:se, però, siamo disposti a cambiare paradigma educativo.Non più il paradigma identitario, dove educare significatrasmettere la logica dell’identità e dell’appartenenza, maquello dell’accoglienza dell’altro, dove educare è ospitarel’altro. Qui, ci sembra, le religioni possono aiutare a ripen-sare un nuovo modello educativo: esse sanno, infatti, chenon «penso dunque sono», ma «sono stato pensato, dunquesono».Educazione e testimonianza. Se il pensiero occidentaleha imparato dalla filosofia socratica che educare è primadi tutto educare al senso critico, le religioni aggiungono aquesto che educare è sempre anche testimoniare. I valori,gli ideali non solo si dicono, ma si praticano. Per le religionisi educa sempre con ciò che siamo; in questo senso ognieducazione è incarnazione.Educazione come relazione. Altro tratto caratterizzantela visione educativa delle religioni è quello della centralitàdella relazione con l’altro. Molto oltre la tolleranza e laconvivenza, il linguaggio religioso per eccellenza è la pro-esistenza. Educare, come ci insegna la sensibilità ebraicadi un pensatore come Martin Buber, non è insegnare allapersona ad annullarsi nella comunità (come predica certocomunitarismo), come non è diventare autoreferenziale(come propone l’individualismo), ma è essere per l’altro:non l’io parte del tutto, non l’io per sé, ma l’io per l’altro. Educazione a partire dal bisogno. Le religioni, poi,sanno che la persona non si definisce a partire dall’«es-sere-in potenza», ma dal suo «essere-di-bisogno». Per cuiprima che «potere e sapere», la persona umana è «biso-gnosa e desiderante». Questo libera l’educazione comeeducazione intellettualistica (educare al sapere fine a sestesso) e come educazione elitaria (educare i migliori, ipotenti), ed invece ricorda che educare è insegnare, te-stimoniare la responsabilità nei confronti dell’altro in quantopovero e bisognoso. Per le religioni l’educazione non puòche essere «intelligenza che ama».

UNA SVOLTA EPOCALE DI CUI NESSUNO PARLACosa significa dunque educazione come bene comune? I dati e leriflessioni che abbiamo fornito evidenziano almeno un aspetto con-trointuitivo: la scuola, che per secoli è stata lo strumento che ha ga-rantito il diritto di tutti ad accedere al bene comune chiamato edu-cazione, pare essere giunta al termine delle sua corsa. Almenonelle società ricche e tecnologicamente avanzate la scuola non èné efficiente né equa. Anzi, da un lato pare fatta apposta per ripro-durre le disuguaglianze sociali e dall’altro non garantisce neppureun livello minimo di acquisizione di competenze di cittadinanza(detto altrimenti pare aumentare - piuttosto che eliminarli - l’ignoranzae l’analfabetismo). Siamo così di fronte a due questioni cruciali:

a) garantire il diritto all’educazione a quanti non vi hanno accessoperché non vi sono scuole, non vi sono insegnanti qualificati, nonvi sono sufficienti risorse;b) sperimentare nuove modalità di accesso all’educazione ed al-l’istruzione superando il modello ottocentesco della scuola cosìcome la conosciamo.

Un sfida immane ed inedita, come quella vissuta ai tempi di Lutero,con la nascita dell’istruzione pubblica nel mondo evangelico epoi con la rivoluzione industriale e la nascita delle scuole finalizzatealla formazione obbligatoria e di massa. Una svolta epocale di cuiprima o poi sarà il caso di parlare. (a.t.)

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elisabetta sibilio [email protected] CURA DI ELISABETTA SIBILIO [email protected]

Stuffocation

QUESTO TITOLO (E NON SOLO QUELLO) È RUBATO A UNLIBRO RECENTE1 CHE MI È CAPITATO SOTTO GLI OCCHI(NELLA VERSIONE DIGITALE) IN QUESTI GIORNI. LA PAROLA È UN NEOLOGISMO CONIATO DALL’AUTOREMETTENDO INSIEME DUE PAROLE: STUFF CHE SIPOTREBBE TRADURRE ROBA, IN UN SENSO ABBASTANZASIMILE, COME VEDREMO, A QUELLO IN CUI LA INTENDEVAGIOVANNI VERGA, E SUFFOCATION, «SOFFOCAMENTO».IL NEOLOGISMO È, INSOMMA, MOLTO EFFICACE E ILCONTENUTO DEL LIBRO RIENTRA IN PIENO NELLANOSTRA RIFLESSIONE SULLE «COSE» E SUL NOSTRORAPPORTO CON ESSE.

Stuffocation è classificato in quella amplissima categoria,la non-fiction che, come tutte le non-categorie, è perfetta

per contenere tutto quello che non si riesce a classificare. Perdi più non è nemmeno esatto che il libro non contenga dellafiction, in quanto il suo autore, James Wallman ricorre abil-mente a una modalità discorsiva che, da sempre usata in let-teratura, ormai da qualche anno è adottata massicciamentein politica, per esempio, e soprattutto in pubblicità. Si trattadello story-telling, tecnica ben conosciuta fin dall’antichitàsotto il nome di «apologo» o «parabola» e cioè: per farti capireun concetto astratto, o per indurti a un determinato compor-tamento, ti racconto una storia. Wallman, che in un’intervistasi definisce uno studioso di tendenze e dei loro possibili sviluppifuturi, dichiara nella prefazione che il libro ha funzionatoproprio così: le persone che lo hanno letto si sono rese contodell’esistenza di una certa situazione e hanno cominciato adorientare i loro comportamenti nel tentativo di cambiarla. Esecondo le sue previsioni il cambiamento, che è già cominciato,si vedrà tra una decina di anni. Il libro non contiene teorie odiscorsi astratti: in ogni capitolo c’è una storia sul nostro rap-porto con le cose. Quando dico «nostro» intendo più o meno«di un membro di una moderna società capitalistica occiden-tale», senza distinzioni di genere.

L’EQUAZIONE DELLA FELICITÀ

E proprio una di queste storie vi voglio a mia volta raccontare.Due giovani americani di provincia, Nicodemus e Field, appresaquand’erano adolescenti, dai loro padri L’equazione della felicità,crescono, studiano, si inseriscono nel mondo del lavoro e fa-

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1 J. Wallman, Stuffocation, 2013. Il primo capitolo dellibro è disponibile gratuitamente su Internet, il librointero è acquistabile in tutte le maggiori librerie on-line.

ticano un bel po’ per raggiungere la soglia in-dicata dall’equazione, 50 mila dollari l’anno,per avere una casa loro, una bella macchina,vestiti, firmati e ogni sorta di comfort. Ma nonsono felici. Si dicono «beh, non abbiamo tenutoin considerazione l’inflazione» e vanno avantiaumentando di 10 mila dollari la soglia di annoin anno. Finché, sempre più stanchi, oberatidai debiti e depressi, si rendono conto chetutte quelle «cose» che possiedono non hannodato loro la felicità. L’equazione era sbagliata,metteva sullo stesso piano un sentimento, unostato d’animo, e delle cose, degli oggetti, ildenaro.

UNA NOVELLA DI GIOVANNI VERGA

Sono molto diversi, quindi, dal Mazzarò pro-tagonista della novella La roba di Giovanni Ver-ga, che trova una gran felicità, e solo in quello,nel possedere tutte le sue cose, tanto che vor-rebbe portarsele dietro all’altro mondo anchese su questa terra, agli occhi di tutti, conducevauna vita misera, solitaria e priva di gioie. Iocredo che La roba vada letta come una ferocecritica della borghesia in ascesa nel periodotra diciannovesimo e ventesimo secolo. Maz-zarò trova la felicità non solo nelle cose chepossiede ma nel fatto che le ha strappate contenacia e applicazione: “[…] quanti pensieri,quante fatiche, quante menzogne, quanti pe-ricoli di andare in galera, e come quella testache era un brillante avesse lavorato giorno enotte, meglio di una macina del mulino, perfare la roba”, prendendosi una spettacolarerivincita su una nobiltà ormai più che decaduta:In tal modo a poco a poco Mazzarò divenne ilpadrone di tutta la roba del barone; e costuiuscì prima dall’uliveto, e poi dalle vigne, e poidai pascoli, e poi dalle fattorie e infine dal suopalazzo istesso, che non passava giorno chenon firmasse delle carte bollate, e Mazzarò cimetteva sotto la sua brava croce. Al barone

non era rimasto altro che lo scudo di pietrach’era prima sul portone, ed era la sola cosache non avesse voluto vendere, dicendo a Maz-zarò: - Questo solo, di tutta la mia roba, nonfa per te -. Ed era vero; Mazzarò non sapevache farsene, e non l’avrebbe pagato due ba-iocchi. Il barone gli dava ancora del tu, ma nongli dava più calci nel di dietro.

USARE LE COSE PER VIVERE E NON VIVEREPER POSSEDERE LE COSE

Nicodemus e Field non sono invece spinti daalcun ideale né da alcuno spirito di rivincitasociale, cercano solo (!) la felicità. Decidonoquindi di fare a meno delle cose, ma senza,appunto, implicazioni morali, ideologiche epolitiche. Non fanno nessun voto francescanodi povertà, non diventano mormoni, non met-tono i loro beni in comune, non predicano con-tro il consumismo ma inventano una semplicestrategia per liberarsi dal peso delle cose (ne-cessità di lavorare 18 ore al giorno, debiti,

JAMES WALLMAN RICORREABILMENTE A UNA MODALITÀDISCORSIVA CHE, DA SEMPRE

USATA IN LETTERATURA,ORMAI DA QUALCHE ANNO ÈADOTTATA MASSICCIAMENTEIN POLITICA, PER ESEMPIO, E

SOPRATTUTTO IN PUBBLICITÀ.SI TRATTA DELLO

STORY-TELLING, TECNICA BEN CONOSCIUTA

FIN DALL’ANTICHITÀ SOTTO IL NOME DI «APOLOGO»

O «PARABOLA»

«OGNI OGGETTO AMATO

È IL CENTRO

DI UN PARADISO» Novalis

cambiali, ecc.). Decidono di imballare tutte leloro cose come se dovessero traslocare, la-sciando nella casa vuota solo il letto con le(preziose) lenzuola (firmate), e di tirare fuoridalle casse ammucchiate in una stanza soloquello di cui hanno bisogno o anche sempli-cemente voglia, senza porsi alcun limite. Dopouna decina di giorni il recupero di cose dallecasse comincia a diradarsi fino a scomparireben presto del tutto, lasciando intonso circa il90% della loro «roba». E presto si accorgonoanche di essere felici! Abbronzati, rilassati,hanno trascorso più tempo all’aria aperta, incompagnia degli amici e delle fidanzate e han-no investito (ebbene sì!) in libri, musica, spet-tacoli. La decisione è presto presa: vendonoalcune delle loro cose per liberarsi dei debiti,altre le regalano ai poveri della città, alle scuo-le pubbliche e a istituzioni benefiche. Si tra-sferiscono in case più piccole riducendo dimolto le spese, lavorano con ritmi molto piùvivibili e, è proprio il caso di dirlo “vivono felicie contenti”.Se si trattasse di un apologo ora ci vorrebbela morale ma Wallman giustamente ce la ri-sparmia e spiega invece come questa tenden-za, anche se in maniera meno plateale chenella story sull’Equazione della felicità, si stiaaffermando nelle società occidentali, soprat-tutto negli ultimi anni, in ragione anche dellacrisi economica. Non si tratta però di un pau-perismo di maniera che nasconde quell’atteg-giamento che un altro celebre apologo descrivecome quello della volpe con l’uva. Migliaia diNicodemus e Field si sarebbero resi conto chel’esperienza della vita, esperienza che Wal-lman descrive come l’usare le cose per viveree non vivere per possedere le cose, può avvi-cinarsi alla felicità per ottenere la quale, pe-raltro, non c’è formula che tenga. Si tratta diuna trasformazione lenta, non di una rivolu-zione. Meditiamo gente, meditiamo.

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agenda interculturalePonti sonoriAlessio [email protected]

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agenda interculturale

Una trentina di anni fa, mentre punk e new wave fa-cevano «saltare» le etichette che le case discografi-che appiccicano ai generi musicali, alcuni musici-

sti-viaggiatori eleggevano Londra a loro base operativa,inventandosi un gruppo con una propria mitologia worldmusic ante litteram: la frequentazione del bar di zio Patrela Szegerely, da qualche parte nei Balcani, i viaggi oltremare,il ricorso a qualsiasi strumento, la passione per le collabo-razioni fra Africa e Medio Oriente. In una manciata di dischie in un vortice di concerti, i 3 Mustaphas 3 hanno attraver-sato ogni possibile latitudine per poi dar vita ad una dia-spora che, coerentemente, copre oggi mestieri, stili e geo-grafie fra le più diverse, dalla Russia, all’Indonesia, all’im-mancabile Londra. Primo fra tutti quello in cui ospitarono la nascente stelladella musica israeliana Ofra Haza, ma senza alcuna con-cessione alla consistente parte del pubblico che avrebbevoluto sentirla cantare in lingua ebraica e che cominciò adabbandonare la sala dopo una serie di canzoni in arabo,prima di spaziare nella seconda parte del concerto fra araboyemenita, ebraico ed aramaico: «There’s no pleasing somefolks. It was a fantastic night» (Non si tratta di accontentarequalcuno se vuoi una notte fantastica) fu il commento diHijaz Mustapha, alias il polistrumentista Ben Mandelson. Proprio da quell’episodio è ripartito Ian Anderson, direttoredella rivista musicale fRoots per presentare il concerto cheil 14 marzo scorso, alla Queen Elizabeth Hall del SouthBank Centre di Londra, ha celebrato i primi trentacinqueanni della rivista.

Dal 1979 fRoots accoglie e promuove le più diverse musichedel mondo: naturale, quindi, ripartire proprio da Mandelsonper aprire la festa di compleanno in forma di concerto. Masul palco Mandelson non è salito da solo: la sua chitarra eil suo mandolino si sono intrecciati alla voce e alla chitarradi Chris Wood e alle percussioni del brasiliano AdrianoAdewale. Un dialogo a tre, molto riuscito, che ha eviden-ziato il senso del concerto: Bridges, ponti, una serie di seicollaborazioni inedite fra musicisti di provenienze diverse.Il secondo set è stato affidato alla cantante Lisa Knapp, re-cente vincitrice del Bbc Folk Award 2014 con la canzoneTwo Ravens (Due corvi): alla Queen Elizabeth Hall la suavoce ha percorso sentieri mediterranei, in compagnia delrebetiko dei Mavrika con la voce cristallina di Katina Kangarisin evidenza. Qualche ottava più inbasso, il terzo set ha visto protago-nista il canto sciamanico del croatoMojmir Novakovic. Se tutti gli altri incontri avevano ca-rattere inedito o quasi, il cuore dellaserata ha riproposto un duo giàconsolidato dalla registrazione diClychau Dibon, disco uscito ad ot-tobre e subito consacrato albumdell’anno dai giornalisti di fRoots.Anche dal vivo, l’arpa classica dellagallese Catrin Finch si fonde con lakora del maestro senegalese Seckou Keita. Un set specialefRoots ha voluto regalarlo all’artista più giovane della serata,la cantautrice Olivia Chaney: al suo piano e alle sue chitarreha offerto nuovi incastri sonori la chitarra slide a pedaledel veterano B.J. Cole. E come ad ogni festa che si rispetti,non sono mancati i fuochi d’artificio proprio in fondo allaserata quando sul palco sono salite, dalla Grecia, MarthaMavroidi - al suo debutto in Inghilterra, ma senza alcunaesitazione, sia che si tratti di offrire la propria voce, siaquando in primo piano è il suo liuto/lafta - e l’indiscussasolista (voce e violino) del folk inglese, Eliza Carthy. nnn

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Flavio Briatore ha espresso in dueragionamenti quanto io ho maturatonegli anni di studi e in prospettiva delpercorso post-universitario. La materia è delicata e riguarda ilbinomio giovani e lavoro (il terminecrisi qui è sottinteso). Ospite infebbraio del programma «Tv talk»,Briatore, rivolgendosi a un gruppo diragazzi, ha posto l’accento su dueaspetti che ci riguardano.

Primo. I giovani, oggi, data la situazionedi precarietà, non possono pretenderedi fare il lavoro che a loro piace, ma de-vono accettare di svolgere l’attività cheil mercato del lavoro offre. In praticaprendere ciò che capita.Secondo. I giovani, oggi, hanno pocospirito pratico rispetto alle generazioniche li hanno preceduti. È vero che spessohanno una cultura ben più ampia rispet-to ai padri e ai nonni, ma sul posto dilavoro mostrano difficoltà quando af-frontano concretamente la profes-sione.

Queste parole mi hanno rimandato almio tirocinio in farmacia, appena con-cluso. Tra tutti coloro che si sono rivoltia noi giovani circa il problema dell’im-piego, Briatore è l’unico che ha per-fettamente descritto la nostra si-tuazione. Ne ho la conferma dal-l’esperienza vissuta in prima per-sona e da quella di amiciche frequentano altrefacoltà (scientifiche eumanistiche, non c’èdifferenza). I dati sull’occupazionegiovanile sono dram-

Lubna [email protected]

durre le mie nozioni in manualità e ciò,di fronte ad un paziente o ad un cliente,rende talvolta insicuri e dall’altra partedel banco lo si percepisce. Non me lasento di condividere l’affermazione se-condo cui «l’università italiana non pre-para al lavoro», perché non toglierei nes-suno dei tasselli universitari che ci per-mettono di avere una cultura di base,ma dovremmo piuttosto metterci nellaprospettiva di trovare la nostra stradatraducendo al meglio le imprescindibiliconoscenze che costruiamo grazie aiprofessori. Non solo. Avere l’umiltà, co-me nel mio caso della fornitura di unfarmaco, di spiegare in maniera semplicee chiara quanto richiesto dal pazientesenza tirar fuori nozioni incomprensibiliper l’utente per dimostrare che siamobravi e colti citando la farmacocinetica,per esempio. Saper tradurre con naturalezza la teorianella pratica (capacità che si acquisiscecon l’esperienza) significa essere utili achi ne ha bisogno. La cultura di baseserve a infonderci e a infondere sicurezzaa chi ci richiede un servizio e non deveostacolare il nostro senso pratico. Perl’esperienza da me vissuta, devo peròammettere che c’è un aspetto in cui hosaputo gestire situazioni pratiche senzadover ripensare a quanto studiato. Es-sendo la mia farmacia frequentata damolti immigrati arabofoni, presumendole mie origini, molti si sono rivolti a medirettamente in arabo e per loro l’accessoal servizio farmaceutico è stato più sem-plice. L’essere utile è stato profondamen-te gratificante. Ed io che credevo chel’essere 2g non mi avrebbe perseguitatoanche in farmacia… e invece! nnn

da www.yallaitalia.it

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Saper tradurrecon naturalezza

la teoria nellapratica significaessere utili a chi

ne ha bisogno

seconde generazioniqueste sconosciute

L’essere 2g mi perseguitaanche in farmacia

matici: mi rendo conto di essere unavoce fuori dal coro, ma devo ammettereche alcuni di noi (non tutti) dopo laureaed eventualmente master, dottorato edesperienza all’estero, non sono dispostia occupare una posizione lavorativa incui non possono esprimere quanto ap-preso durante il loro percorso, nell’attesadi una proposta più remunerativa e pre-stigiosa. Oppure non sono disposti a ini-ziare con un part-time verticale od oriz-zontale perché il week-end dev’essereinesorabilmente libero. Nell’attesa? Ri-mangono a casa.Anche sul secondo punto confermo tut-to. In farmacia inizialmente ho avvertitochiaramente la mia incertezza nel tra-

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Tu, pallida Luna lassù

Un saggio sulla Luna scritto da un filoso-fo? Molti penseranno: che palle! Inveceè fra i libri più divertenti (oltre che intel-

ligenti) degli ultimi tempi. Un romanzo di fan-tascienza intitolato I figli della Luna scritto nel1971, cioè due anni dopo l’allunaggio. Moltipenseranno: inevitabilmente datato, invece... Partiamo dal mondo reale. Nell’indifferenzadei media occidentali, il 13 dicembre i cinesisono sbarcati sulla Luna o meglio ci è arrivatoil rover (robot, se preferite) «Coniglio di giada».Anche se dopo pochi giorni il rover si è guastatol’evento è memorabile. La breve esplorazionedel «coniglio-robot» è seguita praticamente indiretta dai media (vecchi e in parte, cioè perquel che è concesso, nuovi) cinesi e in primapersona, cioè come se fosse «Coniglio di giada»a raccontare. E quando il rover si è guastatonon è scattata la censura, ma gli ultimi mo-menti dell’esplorazione sono stati narrati quasicome fosse un coraggioso eroe che muore perla patria. Un capolavoro di propaganda nazio-nalista.Perché il nostro satellite continua ad attirarci?È solo un trampolino per Marte e oltre? C’èmolto di più e lo spiega Stefano Catucci in Im-parare dalla Luna (Quodlibet). Fra i progettianche l’imminente trasformazione della Lunain un museo e Catucci chiarisce: non è solo tu-rismo ma anche il nostro rapporto feticisticocon il passato, la confusione fra testimonianzastorica e spettacolo. Un salto nella fantascienza. Come accennato,nel marzo scorso Urania ha rimandato in edi-cola I figli della Luna di Jack Williamson. Eredità.Diversità. Iniquità. Perplessità. Fatalità. Posterità.Sono i titoli dei sei capitoli nei quali si divide.Qualcosa di strano accade sulla Luna a treastronauti. Allucinazioni, forse. La spiegazione

«Chi non spera quello che non sembra sperabile nonpotrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare,con il suo non sperarlo, qualcosa che non può esseretrovato, e a cui non porta nessuna strada».Eraclito

a cura di Dibbì[email protected]

domani è accaduto

Se volete leggermi sul mio blog: http://danielebarbieri.

wordpress.com

è in una «ghiaia nera»? I tre tornano sulla terrae si sposano. Ma i primi due figli, Nick e Kyrie,non sono bimbi normali. Il terzo poi - il gigan-tesco Guy che all’inizio sembra morto - è deci-samente «un mostro» secondo gli standardterrestri. Qualcuno teme, persino odia quei tre«figli della Luna». Come spiega Marko: «tuttinoi andiamo alla ricerca di demoni all’esternoquando non riusciamo a sopportare quelli cheabbiamo dentro di noi». Il sospetto è che queitre bimbi strani siano cuculi: «qualcosa li hapiantati dentro di noi perché nascessero in uncorpo umano. Ma non sono dei nostri». Al dilà della storia (fantascienza certo) il messaggioè chiaro: se andiamo nello spazio con i para-occhi forse non vedremo quel che c’è. Più omeno consciamente Williamson ha volutosmentire, a due anni dall’allunaggio, gli idiotiche avevano proclamato «ora la fantascienzaè morta». Sino alla fine di una vita quasi cen-tenaria ha usato la science fiction non solo allaricerca del «meraviglioso», ma anche come te-rapia personale e collettiva.Nel futuro prossimo del mondo reale i cinesi siapprestano a mandare esseri umani sulla Luna(si arrabbierà la Nasa se non pagheranno il bi-glietto nel loro museo?) e gli Usa a costruireuna stazione robotica su Marte. Questione dipochi anni e di... moltissimi soldi. Non potrem-mo spenderli meglio? Certo ma forse la do-manda è mal posta. Le nuove avventure spazialicostano assai meno delle guerre che stiamofacendo qui, sulla Terra. nnn

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a cura della redazione

Csam/CEM partecipa alla campagna«Cibo per tutti»

Il Centro Saveriano Animazione Missionaria (CSAM) e il CentroEducazione alla Mondialità (CEM) prendono parte alla Campagnanazionale di sensibilizzazione messa a punto dagli organismi cattoliciitaliani per rispondere all’appello del Papa «a dare voce a tutte lepersone che soffrono silenziosamente la fame, affinché questa vocediventi un ruggito in grado di scuotere il mondo». Un appello chePapa Francesco aveva lanciato in un videomessaggio lo scorso 10dicembre per l’avvio della campagna internazionale sul diritto alcibo promossa da Caritas Internationalis.

I promotori e gli aderenti

Punto di forza dell’iniziativa è la dimensione locale dell’azionegrazie al coinvolgimento di organismi, associazioni, gruppi e scuoleche nei singoli territori si renderanno protagonisti di iniziative perapprofondire la conoscenza delle questioni della fame e dellacrisi e per tradurla in impegno sociale e politico.La campagna è promossa da Caritas Italiana, Federazione Orga-nismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario, Azione CattolicaItaliana, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, Associazione Co-munità Papa Giovanni XXIII, Associazione Italiana Maestri Cattolici,Cinecircoli Giovanili Socioculturali, Centro Saveriano AnimazioneMissionaria/Centro Educazione alla Mondialità, Centro TuristicoStudentesco e Giovanile, Comunità di Vita Cristiana Italiana/LegaMissionaria Studenti, Fondazione Campagna Amica, MovimentoAdulti Scout Cattolici Italiani, Movimento Cristiano Lavoratori, Pax

Christi Italia, Salesiani per il Sociale/Federazione Servizi Civili eSociali-Centro Nazionale Opere Salesiane, Unione Cristiana Im-prenditori Dirigenti.Aderiscono Centro Turistico Giovanile, Confederazione CooperativeItaliane, Federcasse, Movimento Giovanile Salesiano, MovimentoRinascita Cristiana.

Gli strumenti

Documento base per affrontare la tematica centrale del diritto alcibo in una prospettiva più ampia, attraverso i diversi elementi chela legano ai temi della buona finanza e della costruzione di unmondo di pace. Toolkit di formazione per attivare la riflessione neiterritori indirizzandosi proprio verso il mondo ecclesiale, il mondodegli imprenditori ed il mondo giovanile e della scuola. In ogni kitsono affrontati i tre temi portanti della campagna: cibo giusto pertutti, una finanza a misura d’uomo, relazioni di pace. Sito internetper diffondere i contenuti della campagna edare visibilità alle diverse iniziative locali fa-vorendo la creazione di reti tra territori e conil livello nazionale. www.cibopertutti.it

Le pagine di CEM Mondialità se-guiranno le attività della campagnaper tutta l’annata 2014-2015.

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di Ali Malganaabs

Caro lettore, ecco lamia esperienza.

Dopo aver letto del mio viaggioe della mia vita in Italia, com-

prenderai la situazione in cui mitrovo. In breve, dopo essere scap-pato dalla mia città, Bauiku, in Gha-na, a piedi attraverso la boscaglia,ho raggiunto un villaggio in BurkinaFaso. Per fortuna avevo abbastanzadenaro. Dal Burkina, con un piccolofuoristrada siamo arrivati in Libia.Eravamo una ventina di persone.Il tragitto ha presentato enormi dif-ficoltà e rischi: rapinatori armati (neabbiamo incontrati tre gruppi), gua-sti al fuoristrada, animali selvatici,un clima torrido, esaurimento di ci-bo e acqua. In Libia c’erano moltistranieri senza documenti, ma la-

voravano e vivevano come gli altricittadini. Lì la vita era migliore; ilcosto della vita ridotto. Abbiamovissuto liberamente fino a quandogli americani e i loro alleati hannobombardato il paese per sfruttarloper i loro interessi e per quelli deiloro alleati. Mentre scappavamoda quella guerra molte persone so-no morte durante la traversata ver-so l’Italia. Per fortuna siamo arrivatia Lampedusa, ma la nostra felicitàera mista a tristezza a causa deitanti morti in mare. Ora siamo in un centro di acco-glienza per richiedenti asilo a Bari.Ci sono state varie manifestazionidi protesta per ottenere condizionimigliori, fino a quella del 1° agosto2011, quando ci sono state delleviolenze. Suhal, un ragazzo del Ban-gladesh, è morto in carcere dopoessere stato arrestato, insieme adaltri cinquanta rifugiati, in seguitoa quella manifestazione. Grazie adun’associazione, «Sinistra critica»,e ad altri movimenti antirazzisti, sia-mo riusciti a far rilasciare provvi-soriamente gli arrestati. Ma tuttoratra gli arrestati ci sono alcuni di cuinon abbiamo notizie. Questo è il

mondo! Coloro a cui hai affidato latua sicurezza ti pugnalano. Questosignifica che la migliore sicurezzaè affidata a se stessi. Nel centromolte persone soffrono di problemimentali. È successo a Kharfalla,del Mali, morto il 29 agosto scorso,investito da un’automobile. Si eranorifiutati di accompagnarlo all’ospe-dale per essere curato. Questo in-cidente deve richiamare l’attenzio-ne sul trattamento riservato ai mi-granti. Corruzione, disattenzione,irresponsabilità caratterizzano l’in-tero sistema che gestisce il welfareper i rifugiati, in cui sono presentianche varie forme di razzismo. Questa è la vita in Europa senzadocumenti, dove non possiamo fa-re nulla. È altissima la percentualedi migranti a cui non viene rilasciatoil documento e che non hanno lapossibilità di avere un alloggio. Nonsi riesce ad ottenere il documentosenza l’intervento di un avvocato.Per avere i documenti è necessarioil contratto di lavoro, e il datore dilavoro ha bisogno del documentoper farci lavorare. È un sistema pro-gettato per creare manodopera abasso costo, sfruttando rifugiati ecittadini. Il datore di lavoro offre unlavoro in nero, con una paga bassa.E se un lavoratore italiano rifiuta ilsalario basso, perde il posto di la-voro a favore di un migrante. Que-sto sistema crea tensioni tra stra-nieri e cittadini. La soluzione è so-stenere sia i cittadini sia i migrantiperché nessuno sia costretto a la-vorare in nero. Qui a Bari i rapporti sociali solita-mente sono cordiali, i baresi sonoamichevoli. Desidero ringraziareAngelica, un’assistente sociale chelavora nel centro e che ha promos-so la frequenza scolastica. Io fre-quento la scuola statale Marconi.Gli insegnanti sono bravi, gentili ecalorosi. Ringrazio anche tutti gliinsegnanti del centro, specialmen-te Ibrahim. Adesso posso leggeree scrivere e, grazie a tutti e a tuttele mie insegnanti, farmi compren-dere! nnn

Per avere i documenti

è necessario il contratto

di lavoro, e il datore

di lavoro ha bisogno

deldocumento

per farcilavorare.

a cura di Eugenio Scardaccione | [email protected]

Una vita senza documenti

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Theatre SharingArte Transitiva 2014

a cura di Nadia [email protected]

crea-azione

A lle Officine CAOS di Torino si èaperta la stagione di eventi eprogetti Arte Transitiva 2014,

ideata da Stalker Teatro. Ad inaugurarlaè stata Tanztheater Experience con ladanzatrice e coreografa Marigia Maggi-pinto, che ha portato la sua esperienzaal fianco dell’indimenticata Pina Bausch.Quest’anno la stagione si presenta rivo-luzionata nelle modalità di organizza-zione e progettazione. I tagli alle risorsepubbliche per la cultura e il pericolo dichiusura della struttura di piazza Mon-tale, che nel 2013 avevano portato imembri di Stalker Teatro a salire sul tettodelle Officine CAOS durante un happe-ning di protesta intitolato Teatro DisOc-cupato, hanno indotto la compagnia auna riflessione sulla programmazionedelle stagioni teatrali. Così, se è vero cheil programma di Arte Transitiva si è sem-pre distinto per la sua vocazione versoun teatro partecipato, per il 2014 ci si èspinti un po’ più in là, allargando la par-tecipazione non solo ai momenti di crea-zione artistica e di fruizione, ma anchealla fase di progettazione. Stalker Teatro inaugura allora un esperi-mento di theatre sharing, le cui parolechiave sono collaborazione e sostenibi-lità. Collaborazione, anzitutto, perché lastagione 2014 è composta da una seriedi focus tematici (con spettacoli, labo-ratori, seminari, incontri e conferenze),

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Per la segnalazione di eventi interculturali

scrivere [email protected]

ognuno dei quali progettato insieme auno o più artisti, compagnie o collettivi,che appartengono al mondo del teatro,della danza, della musica, della perfor-mance e delle arti visive e che riempionocon le loro visioni il contenitore spazio-temporale di Arte Transitiva. Artisti e re-altà come Riccardo Caporossi, l’Institutde Danse du Val d’Aoste, Grimaco Mo-vimenti Umani, Erika Di Crescenzo/Cie

OFFICINE CAOS - STALKER TEATRO tel. [email protected]

La Bagarre, il Collettivo C.A.N.I., Tecno-logia Filosofica, Rebecca Rossetti, MauraDessì, Riccardo Ruggeri e i Lomè, LucaSigurtà, OzMotic, le compagnie torinesidi Masnada Teatri e altri ancora. Tanteteste, tanti mondi e tante idee di artenon potevano ovviamente generare un«cartellone» chiuso e definito una voltaper tutte: hanno dato vita invece a unprogramma in continua ebollizione, unastagione in progress la cui struttura siarricchirà nel corso dell’anno, assorben-do suggerimenti e contributi di tutti isoggetti coinvolti. A tutto ciò si aggiungono spettacoli aprogetto che aprono le porte a eteroge-nei gruppi di «spett’attori», riuscendo acoinvolgere fasce di pubblico spesso la-sciate ai margini o ignorate dall’offertateatrale di qualità. Ed è proprio l’atten-zione al territorio, insieme costante e in-novativa nelle forme e nei metodi, adaver guadagnato a Stalker Teatro e alleOfficine CAOS il riconoscimento inter-nazionale dato da network europei diteatri e centri culturali come Banlieuesd’Europe e In Situ. Questa rete di artistisensibili, come li definisce il direttore ar-tistico Gabriele Boccacini, e di pubblicopartecipe, è il fondamento su cui poggiala nuova struttura aperta di Arte Transi-tiva 2014 ed è il modo migliore che unteatro come Officine CAOS, da sempreorientato alla ricerca e alla sperimenta-zione, ha trovato per rendere sostenibileuna programmazione di qualità, inno-vativa e «vissuta» da una comunità al-largata di artisti e spettatori. Tra gli eventiin calendario segnalo la sezione Il corpourbano che nell’ultima settimana di mag-gio vedrà le opere di progetti molto in-teressanti: Senza Confini di Pelle, Volvon,BlucinQue, Add. nnn

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Daniele NovaraLitigare fa bene. Insegnare ai propri figli a gestire i conflittiRizzoli, Milano 2013, pp. 270, euro 9.90

Il volume si propone di demolire una serie di pregiudiziali rispetto al significato di conflittualità neirapporti tra bambini. Il conflitto non equivale alla «guerra», ma è l’esatto contrario della violenza,perché comprende l’altro nel proprio orizzonte. Occorre superare il paradosso negativo checonsidera il conflitto un male assoluto. La conflittualità, il rapporto litigioso, la contrarietà, costi-tuiscono fattori che presentano una grande opportunità educativa, di crescita e autoconoscenza,in quanto sussistono esclusivamente dove si verifica relazione, dove sono impliciti i presuppostidello «stare insieme». Il conflitto, il litigio, la contrarietà costituiscono un presupposto relazionale

della condivisione, nello stare insieme, nella conoscenza, nella reciprocità delle dinamiche com-portamentali tipiche del mondo infantile, nei rapporti microsociali della relazione, che caratterizzanoanche il contesto adulto. Il fattore fondante di un percorso pedagogico creativo e proficuo consistenell’affrontare con consapevolezza gli inevitabili conflitti per tentare di trasformarli in occasioni dicrescita arricchenti e di conoscenza reciproca. Come pedagogisti crediamo nell’intima creativitàdel fanciullo, fin dai primi anni di vita, e nell’importanza di attivare, a partire dal litigio e dalla con-flittualità, dinamiche comportamentali che conducano alla gestione dei conflitti e a contesti dipace, a livello microrelazionale, che stimolino, successivamente, il mondo adulto a favorire e crearepresupposti di dialogo e gestione delle contrarietà e ad attivare processi di pace tra persone,popoli, genti e minoranze, a livello macrosociale, globale e universale, così da attivare percorsi checomportino lo scambio, il confronto esperienziale per superare il conflitto e i disagi impliciti in varicontesti relazionali e nella civiltà contemporanea. (Laura Tussi - Peacelink)

Kader Abdolah Il corvoIperborea, Milano 2013, pp. 128, euro 9.50

Un giovane iraniano parte dal suo piccolo paese per approdare a Teheran, dove si unisce dapprimaalla lotta contro il regime dello Scià, poi contro quello degli ayatollah, deve quindi fuggire dall’Iranin un campo profughi in Turchia. Da qui, con un viaggio avventuroso e pericoloso, arriva in Olanda,terra della libertà. La nascita della vocazione letteraria e la scelta di scrivere nella nuova lingua, su-perando limiti e difficoltà in una continua ricerca di sé e delle proprie radici. Un breve, intensissimo,romanzo che ci porta al cuore di questa Europa e dei suoi migranti in cerca di identità, sospesi tradue mondi. Abdolah si conferma autore maturo e fecondo che permette di penetrare nell’animadel popolo migrante con intelligenza e sensibilità. (Marco Valli)

mediamondo

Il conflitto, il litigio, la contrarietà costituiscono

un presuppostorelazionale della

condivisione, nello stare insieme, nella conoscenza,

nella reciprocità delle dinamiche

comportamentali tipichedel mondo infantile

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Michele DottiSbagliando non s’imparaEmi, Bologna 2013, pp. 64 (su carta paglia), euro 4.50

Se fosse vero che sbagliando s’impara, dovremmo essere tutti perfetti! Invece continuiamo a ripeteregli stessi errori. Il fatto è che solo dai successi nasce il cambiamento, a tutti i livelli: personale,sociale, culturale... Questo libretto ci mostra come imparare a riconoscere i successi, a crearli ereplicarli. Come farne, insomma, una regola nella nostra vita, anziché un’eccezione.

Bruno Segre Israele la paura la speranza. Dal progetto sionista al sionismo realizzato Wingsbert House, Correggio (Re) 2014, pp. 253, euro 18.00

Il volume raccoglie una scelta di scritti di Bruno Segre composti fra il 1970 e il 2013. Il lungo arcotemporale e la lucidità di analisi dell’autore offrono al lettore una testimonianza preziosa dei cam-biamenti radicali intervenuti nel corso degli anni nella «multi-cultura» degli israeliani, nei rapporti traIsraele e la diaspora ebraica (in particolare la grande diaspora nordamericana) e tra Israele e il mondo.

«Mentre seguivo con partecipazione le vicendepolitiche e culturali di Israele e del MedioOriente - scrive Segre -, mi sono reso contoche nella cultura politica coagulatasi attornoal progetto sionista erano presenti ab origine,e ancora oggi continuano a fronteggiarsi, duelinee di pensiero e di azione ben distinte. Unadi esse fa leva prevalentemente sulla speranza,l’altra sulla paura. (…) Israele riuscirà ad assi-curarsi un futuro soltanto se saprà mettere lasordina alla paura e restituire voce e dignitàalla speranza». Bruno Segre ha lavorato nelMovimento Comunità fondato da Adriano

Olivetti; ha insegnato in Svizzera dal 1964 al 1969. Già membro del Consiglio del Centro di docu-mentazione ebraica contemporanea di Milano, ha presieduto l’associazione italiana Amici di NeveShalom/Wahat as- Salam e diretto la rivista di vita e cultura ebraica Keshet. Tra le sue opere, Gli ebreiin Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore, Milano 2003.

mediamondo

I libri possono essere richiesti alla Libreria dei Popoli che fa servizio di spedizione postale, con sconto del 10% per i possessori della CEM Card.

Via Piamarta 9 - 25121 Brescia - tel. 030.3772780 - fax 030.3772781www.saveriani.bs.it/libreria - [email protected]

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Nella cultura politicacoagulatasi attorno al

progetto sionista eranopresenti due linee di

pensiero e di azione bendistinte. Una di esse fa leva

prevalentemente sullasperanza, l’altra sulla paura

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nuovi suoniorganizzati

Qui ed ora... ma non solo

Electro Bamako è undisco per tutti, ma inparticolare è consigliatoagli appassionati dimiscellanee sonorefortemente caratterizzatedall’elettronica e da unossessivo pulsare drum &bass significativamentedance, dal sapore etno-rock, con sfumaturetrance e psichedeliche. Iltiro e l’energia sonoassicurati in questa nuovaproduzione di MarcMinelli, chitarrista,arrangiatore e direttoredel progetto, coadiuvatoin questo viaggio sonorodal maliano Paul Sidibè,virtuoso di kamelen’goni, un liuto del Malisimile alla kora, e daldjembe del percussionistaDamien Traini, nonché dauna marea dimanipolazioni sonore. Idieci brani proposti sonotutti legati alla tradizionemaliana, ad eccezionedella splendidarivisitazione afro di TheGreat Curve dei TalkingHeads.

Il discoElectro BamakoCelluloid, 2012

«Nulla è immutabiletranne il cambiamento»proverbio zen

Ben ritrovate e ben ritrovati. L’uscita diStrange News, l’ultimo lavoro dei Blow-zabella, mi dà l’occasione di raccontare

di questo gruppo inglese attivo da 35 anniche ha tracciato fin dall’inizio, nel susseguirsidi diverse formazioni, una nuova strada per lamusica tradizionale da ballo inglese e francese.Ma non solo; possiamo affermare che in Eu-ropa non c’è un solo gruppo appartenente alcosiddetto nuovo folk che non debba più diun ringraziamento a questa strepitosa band. La caratteristica più innovativa dei Blowzabellaè quella di elaborare rondò, schottishe (schot-tische), bourées, mazurche, valzer o altre danzedella tradizione nordica e mitteleuropea, mi-scelando le sonorità filologiche di cornamuse,organetti diatonici, ghironde e violini con isuoni inusuali dei sassofoni, del basso elettrico,del bouzouki ed altri ancora. Questa fusioneha generato tessiture melodiche audaci e unichema sempre coinvolgenti, al punto di provocarenell’ascoltatore una gran gioia e voglia di bal-lare. La band è stata fondata nel 1978 dall’au-traliano Bill O’Toole e dall’inglese Jon Swayne,l’unico superstite della formazione originale. Strange News è un disco fresco, energico econtiene alcune chicche come Le PetitChien/The Long Drive, due splendide schotti-shes fuse in un unico brano; Falco, il cui ritmoè sostenuto da articolato fraseggio di un trian-golo o Nelly was a milkmaid, una canzonesostenuta da un basso elettrico davvero trai-nante e dal sapore quasi funky. Prima di congedarmi vorrei invitarvi ad ascol-tare, e ancora meglio ad acquistare, tre cdstorici dei nostri scatenati anglosassoni ancorareperibili: The Blowzabella Wall of Sound, unvero capolavoro di meticciamenti sonori, dove

Blowzabella la tradizione continuamenterinnovata

oltre allo sconvolgimento e al geniale riassem-blaggio delle sonorità europee, la ricerca siestende fino alla Bulgaria con Kopenitsa, unfunambolico brano basato su un ritmo di 11/8.A Richer Dust, un vero e proprio concept albumdedicato alla battaglia di Stoke Field (Guerradelle Rose). Le musiche hanno qui un saporeed una struttura più tradizionali, ma non perquesto prive di elementi fortemente innovativi.E infine Compilation, una favolosa selezionedi composizioni del periodo forse più prolificodel gruppo. Concludo ringraziando l’amicoPaolo Simonazzi, grande musicista e compe-tente ricercatore delle tradizioni popolari eu-ropee nonché abile liutaio, per avermi fattoconoscere diversi anni fa i Blowzabella e peravermi fornito preziose indicazioni sulla loromusica. Buon ascolto a tutte e a tutti. nnn

Luciano Bosi

Selezione discografica

The Blowzabella Wall of Sound(1986), ripubblicato da OsmosysRecord, 1996A Richer Dust (1988), ripubblicatoda Osmosys Record, 1996Compilation (1982-1990), ripub-blicato da Osmosys Record, 1995Strange News, Blowzabella3, 2013

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saltafrontieraTante storie,tante lingue

Lorenzo [email protected]

sono illustrate anche nelle recenti «Lineeguida per l’accoglienza e l’integrazionedegli alunni stranieri» (Miur, febbraio2014) e su questa direttrice si colloca lasperimentazione ministeriale (Miur) giun-ta al terzo anno denominata Lingua discolarizzazione e curricolo plurilingue einterculturale (Lscpi)1, che coinvolge invia sperimentale le prime classi dellescuole primarie.

Ma perché «far posto» alle lingue altre?Molte le ragioni: far assumere consape-volezza della varietà linguistica nel mon-do, allargando gli orizzonti di tutti i bam-bini e ragazzi; stimolare la curiosità deglialunni verso le lingue; dare ai bambinibilingui o plurilingui l’occasione di dimo-strare le loro abilità linguistiche; superareatteggiamenti negativi o di vergogna versolingue e culture; offrire opportunità ai ge-nitori di partecipare attivamente ad alcunimomenti della vita scolastica coinvolgen-doli nelle attività linguistiche; esplorareaspetti ed elementi circoscritti delle linguee delle forme di scrittura in modo da fa-vorire la riflessione linguistica medianteun approccio ludico (e attività cognitiva-mente ricche) che faciliti confronti, rileva-zione di somiglianze e differenze e unasempre maggiore consapevolezza delladimensione linguistica.In un percorso, per quanto breve, di co-noscenza delle altre lingue, un momentoimportante è l’ascolto di storie e fiabedal mondo che consente di far conoscerea tutti gli alunni esempi di un patrimonioampio e intrecciato. La narrazione e ladrammatizzazione di storie e fiabe, il ri-corso a codici linguistico-espressivi (te-stuali, iconici, sonori, del corpo…) e a«spezzoni» linguistici differenti, rafforzanole capacità di ascolto dei nostri alunni estimolano la loro curiosità nel fare con-fronti tra le lingue conosciute: a vantaggiodella motivazione, delle dinamiche inter-personali e del clima di classe. La produ-zione di fiabe del mondo in versione bi-lingue o plurilingue ha avuto negli ultimianni una diffusione di «nicchia», sebbenecon testi di buona qualità. Si pensi allefiabe bilingui apparse nelle collane «Zefi-ro» e «Storie sconfinate», rispettivamentedegli editori Sinnos e Carthusia. nnn

1 http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/lscpi

È tempo di dare visibilità ecittadinanza alle lingue altre portatedall’immigrazione, attingendoall’esempio di altri paesi che,riconoscendo i mutamenti demograficie socio-culturali intervenuti al propriointerno, hanno costruito (anche) sulplurilinguismo e sulle politiche disviluppo del plurilinguismo la società,la propria identità e il proprio futuro.Finalmente qualcosa si sta muovendoanche nella scuola italiana!

Nelle «Indicazioni nazionali per ilcurricolo della scuola dell’infan-zia e del primo ciclo d’istruzio-

ne» (Miur, 2012) si sottolinea il compitodella scuola nel rendere sensibili gli alunnialla «pluralità di culture, lingue, espe-rienze», di «valorizzare gli idiomi nativie le lingue comunitarie», garantendo ov-viamente un «adeguato livello di uso edi controllo della lingua italiana». È que-sta la prospettiva educativa proposta neldocumento del Consiglio d’Europa «Gui-da per lo sviluppo e l’attuazione di cur-ricoli per una educazione plurilingue einterculturale» (2010) e nel testo «Unasfida salutare. Come la molteplicità dellelingue potrebbe rafforzare l’unità del-l’Europa» (Commissione Europea, 2008),dai quali si evincono le ragioni personali,sociali, cognitive e meta cognitive a fa-vore dello sviluppo del bilinguismo e plu-rilinguismo. Le ragioni del plurilinguismo

In un percorso di conoscenza

delle altrelingue,

un momentoimportante è

l’ascolto di storiee fiabe

dal mondo

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LE PAROLE DEL REGISTA«Fare un film è esporre delmateriale sensibile alla luce. La zonadi sensibilità che trovoparticolarmente interessante è ilrapporto tra le persone e il loroambiente: la famiglia, il lavoro, laclasse sociale. Elementi drammaticiche mi attirano sono: la forza dibattersi per difendersi, la lotta perdar voce a ciò che è represso e ilcalore dell’amicizia, della solidarietàe della compassione». (1975)

Regia Ken Loach

InterpretiP. Brannigan (Robbie), S. Reilly (Leonie),J. Henshaw (Harry), G. Maitland(Albert), W. Ruane (Rhino).

GB./Fr., 2012. 101min. BIM Distribuzione.

LA PARTE DEGLI ANGELI THE ANGELS’ SHARE

La storia. Dopo l’ennesima condanna,Robbie, per evitare la prigione e restareaccanto al figlio appena nato, partecipaad un gruppo di recupero che svolge la-vori socialmente utili. Il loro animatoree responsabile è l’attento e sensibile Har-

Gli ultimidi Ken Loach

ry. In una giornata di svago il gruppo visitauna distilleria di whisky, dove Robbie riveladi possedere un «naso» davvero fine nelladegustazione. Per allontanarsi da una situa-zione personale e familiare di pericolo e vio-lenza e potersi così ricostruire una vita degnadel figlio, Robbie progetta un colpo ad unabotte di preziosissimo whisky. A colpo «riu-scito», dopo aver diviso il bottino con gliamici del gruppo, Robbie si allontana con lasua famigliola verso un futuro diverso.Ricco di possibili significati e chiavi di letturail titolo, questa volta fedele traduzione dal-l’originale: in una botte di whisky «la partedegli angeli» è quella che si trasforma in «spi-rito» e sale al cielo, ma nel film potrebbe es-sere ciò che tocca ai quattro ragazzi o, sevolete, è tra i quattro la parte di vita cheRobbie si mette a ricostruire.

Lino [email protected]

cinema

Il regista

Il quasi ottantenne regista ingleseè nato nel 1936 nel Warwickshire,Inghilterra, in una famigliaoperaia. Dopo la laurea in legge,inizia a lavorare alla televisionecome assistente alla regia e dopoalcuni lavori televisivi edocumentari di precisa denunciasociale e politica realizza nel 1976Poor Cow, il primolungometraggio. Il suo lavoro,spesso osteggiato e penalizzatodal potere politico, si affermacomunque nei festivalinternazionali dove ottieneimportanti riconoscimenti. Con ilsuo Leone d’Oro alla carriera del1994 a Venezia, la Palma d’Oro aCannes nel 1996 e l’Orso d’Oroonorario nell’ultimo festival diBerlino, Ken Loach è certamenteoggi uno dei grandi registieuropei, pur rimanendo unautore schierato, duro, che fa uncinema politico che dà voce alleperiferie e che non permetteindifferenza ai problemi.Ricordiamo il suo recente rifiutodi ritirare il premio al festival2012 di Torino, per solidarietàcon un gruppo di precari delMuseo del Cinema.

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I SUOI FILMQuelli che fin dall’inizio interessano Ken Loachsono gentaglia, robaccia, Riff Raff (1991) ininglese. La prima è stata Joy di Poor Cow(1967), giovane madre sposa di un ladro vio-lento; poi Billy Casper di Kes (1969) adole-scente solo in una periferia inglese; e ancoraJanice (Family Life, 1971) rinchiusa dal per-benismo familiare nella sua schizofrenia... Viè come un filo rosso nei film di Ken Loachche lega storie di deprivazioni e solitudini af-fettive e sociali; di respinti ai margini della ric-chezza dal capitalismo tatcheriano (Paul, Micke gli altri, 2001); di fragili vite sprofondateper troppi facili errori, come Liam, di SweetSixteen (2002), e incapaci di riprendersi inmano e di ritrovare speranza o senso; di scon-fitti dalla droga e dall’alcool che tentano co-munque di essere e vivere. E accanto a questipoveri, stanno uomini e donne che dedicanoattenzione e tempo per essere vicino, per aiu-tare, per dare fiducia, per aprire piccoli spiraglidi un nuovo principio come Larry in Riff Raff,Joe in My name is Joe (1998), il fantasma diCantona in Il mio amico Eric o per ultimo Harryin La parte degli angeli.E poi c’è l’altro filo rosso ed è quello che at-traversa la Storia (con la maiuscola), della lottacontro il potere e contro la violenza del capi-talismo; una lotta rossa che Loach ricorda at-traverso vicende singole come in Bread andRoses (2000) sull’immigrazione negli Usa, Ter-ra e libertà (1995) sulla guerra di Spagna, Lacanzone di Carla (1996), sulle vicende del Ni-caragua; Il vento che accarezza l’erba (2006)sulla guerra Irlanda-Inghilterra ed infine L’altraverità sull’Iraq.Sono due costanti chiavi di lettura della realtàche partono da una comune radice di comu-nista e marxista che urge nel denunciare leradici sociali e politiche della sofferenza umanae nel credere che altre strade siano possibiliper un mondo migliore nella solidarietà e nellacondivisione. Anche se la denuncia a voltesembra prevalere sul racconto, il suo sguardodi regista rimane caldo e vicino ai suoi prota-gonisti che segue senza fronzoli estetici, conun realismo pieno ma mai distaccato o neu-trale, con uno sguardo che non è solo fisicoma anche personale attento alla realtà e al-l’uomo che ci vive dentro.Tutte comunque sempre storie di ultimi, diferiti, di normali, di «eroi»/non eroi.

cinema

Regia Ken Loach

Interpreti: S. Evets (Eric Bishop), Eric Cantona (se stesso), S. Bishop (Lily), G. Kearns (Ryan).

GB./Fr./Bl./It., 2009. 116min. BIMDistribuzione.

Regia Ken Loach

Interpreti: M. Womack (Fergus), A. Lowe (Rachel), J. Bishop (Frankie).

GB./Fr./Bl./It./Sp., 2010. 109min. BIM Distribuzione

IL MIO AMICO ERIC LOOKING FOR ERIC

La storia. Eric è un uomo finito, che nonsa più tenere la vita, che ha perso il rapportocon la moglie, la figlia, i figli, il lavoro. Sologli amici lo cercano e credono ancora in lui.E per tirarlo fuori uno di loro, Ryan, proponeuna casalinga seduta psicoterapeutica.«Guardati con gli occhi del tuo eroe» è ilconsiglio che più colpisce Eric. Ed il suo eroeè il grande giocatore del Manchester United,Eric Cantona, che gli appare e dialoga conlui tra i fumi degli spinelli rubati al figlio.Giorno dopo giorno, con i consigli dell’amicofantasma, Eric si riprende in mano e si af-fronta riuscendo a ricostruire la vita per sé eper chi gli sta attorno. Un film positivo suuna rinascita, non secondo il mito americanodel self made man, ma con la solidarietà ela collaborazione degli amici, con l’atten-zione dell’altro e all’altro e con l’ascolto delpositivo che ognuno si porta dentro.

L’ALTRA VERITÀROUTE IRISH

La storia. Route Irish è la strada che col-lega Bagdad all’aeroporto ed è consideratala più pericolosa al mondo. In quella realtàsi muovono Fergus e Frankie come con-tractor, guardie di difesa personali private.Fergus è tornato a Liverpool, mentre Fran-kie è rimasto a Bagdad dove ha trovato lamorte dopo uno oscuro episodio di attaccoad un taxi con conseguente massacro diuna famiglia innocente. Fergus non è con-vinto della versione ufficiale sulla morte diFrankie e si mette alla ricerca della veritàcon rabbia e determinazione, senza fer-marsi di fronte alla tortura e all’uccisionedi chi ritiene colpevole. Ma si è sbagliato... e si uccide. La guerra è un massacro per tutti e tutto:umano, civile, politico e sociale, e non ge-nera che morte.

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Chi salverà il mondo nel secolo XXI?

R ingrazio Bertolt Brecht per la poesia e gli chiedoperdono per non trascriverla intera. Dice Brecht:la filantropia è meglio che niente... ma non appaga

le esigenze della giustizia e dei diritti umani. Sant’Ago-stino diceva: «Meglio sarà quando non ci sarà nessunocui dare le elemosine che ora diamo». In altre parole, èbene dar pane agli affamati, ma è meglio riuscire ad eli-minare la fame. E io dico: quanti giovani ci sono nel rinnovamento delloSpirito, o hanno partecipato alla Giornata Mondiale dellaGioventù, o al giubileo come «sentinelle»! La droga de-

stinata a loro non arriverà a colpirli. Ma la piovra delladroga continua a catturare la maggioranza dei giovani;le banche lavano i miliardi di dollari del narcotraffico; ilMoloch della ricchezza e del potere condanna interepopolazioni a una vita miserabile. Dico questo perché molte persone di Chiesa vedono ilpentecostalismo come la soluzione per la Chiesa e per

l’umanità nel secolo XXI.Si pensa che la conver-sione alla civiltà del-l’amore sia possibile,chissà, con una proces-sione, senza colpo ferire.Allora diciamolo a pienavoce che bisogna lottareper la giustizia del regnodi Dio. È la lotta buona di

e con Gesù Cristo. Il cristiano dev’essere un irrequieto:il suo impegno per strutture giuste non è un opcional,ma un essencial. nnn

arnaldo de [email protected]

i paradossi

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Se quisiera tocar todas las puertas,y preguntar por no sé quién; y luegover a los pobres, y, llorando quedos,dar pedacitos de pan fresco a todos.Y saquear a los ricos sus viñedoscon las dos manos santasque a un golpe de luzvolaron desclavadas de la Cruz! Cézar Vallejo

Vorremmo battere a tutte le porte,e chiedere per non so chi; e subitovedere i poveri, e, piangendo quieti,dar bocconi di pane fresco a tutti.E saccheggiare ai ricchi le vignecon le due mani santeche a un colpo di lucevolarono schiodate dalla Croce.Cézar Vallejo

Un giaciglio per la notteBertolt Brecht

Ho sentito dire che a New Yorkall’angolo della 26a strada e di Broadwaynei mesi invernali ogni sera c’è un uomoe ai senzatetto che si radunano,pregando i passanti, procura un giaciglio per la notte.Con questo il mondo non cambia ....Ma a qualcuno non manca un giaciglio per la notte.

Non deporre il libro tu che leggi, uomo.A qualcuno non manca un giaciglio per la notte,il vento viene tenuto lontano da loro per una notte,la neve destinata a loro cade sopra la strada.Ma con questo il mondo non cambia,le relazioni fra gli uomini per questo non migliorano,l’epoca dello sfruttamento non è per questo più vicina alla fine.

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dei girovaghila pagina Massimo Bonfatti è il creatore della serie dei Girovaghi,

una strampalata famiglia agli antipodi della famiglia modello:

una vera riflessione sul tema della diversità.www.massimobonfatti.it - [email protected]

dei girovaghila pagina Massimo Bonfatti è il creatore della serie dei Girovaghi,

una strampalata famiglia agli antipodi della famiglia modello:

una vera riflessione sul tema della diversità.www.massimobonfatti.it - [email protected]

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INFO: tel. 030.3772780 | [email protected] | www.saverianibrescia.it

NEL TEMPO DELL’INCERTEZZA

Missionari Saveriani

INTERVERRANNO

ERMES RONCHILUCIANO MONARI

EMILIO DEL BONO SALVATORE NATOLI

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TIZIANO TOSOLINIMARIA LUISA DAMINI

PAOLO BOSCHINI

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