chi paga?...io di patrizia laurora

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Roberto Amodei, un uomo taccagno e con una grande passione per il calcio, esprime il desiderio, durane l'ultima ora di liceo, di voler avere cinque figli maschi e una sola bambina per accontentare la moglie. Ma cosa succede quando dopo una decina di anni i suoi piani vengono drasticamente travolti e rovesciati dall'arrivo di cinque bambine nell'arco di poco tempo? Grandi spese e grandi ansie lo attendono nel momento in cui tutte sono nella fase delicata e lunatica dell'adolescenza. Ma non sarà solo lo shopping sfrenato a farlo preoccupare e a costringerlo a nascondere portafoglio e carte di credito, ma soprattutto i fidanzati che lui si divertirà a far tremare al loro primo ingresso in casa Amodei! Infatti in questo caso lui saprà dimostrarsi un padre iperprotettivo, guai chi prova solo a far star male le sue preziose figlie, o come si suol dire “Sono cazzi”. Immancabili saranno i litigi tra lui e le figlie e le figlie tra di loro per  i ragazzi, ma questo non impedirà loro di rimanere una famiglia unita, in cui nessun esterno può offenderne un membro senza rimanere “illeso”.

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CHI PAGA?....io

scritto da

Patrizia Laurora

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Al mio fedele gatto, considerato come un amico e un fratello, Palmiro,

ispiratore dell'omonimo personaggio presente in questo romanzo

in suo ricordo e ringraziamento.

A mio fratello Massimiliano e ai miei genitori

che hanno ispirato molte pagine e soprattutto molte battute di questa storia.

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Giugno-Luglio 1975

Era giunta la fine della primavera e già si sentiva l'odore delle vacanze tanto attese. Gli alberi eranoin fiore, le giornate soleggiate e limpide. Ormai la pioggia era diventata solo un ricordo. Tutti glistudenti erano spensierati tranne ovviamente i maturandi e quelli che avevano ancora qualche votoincerto.

Roberto Amodei era uno di quei tanti studenti che proprio in quel periodo avrebbe concluso il suopercorso accademico al liceo classico. Lui era un promettente studente che aspirava alla carriera dinotaio, per seguire le orme del padre. Come la maggior parte dei suoi coetanei amava lo sport, inparticolar modo il calcio, di cui non si perdeva una partita di serie A da quando era nato. Quandoveniva trasmessa una partita in tv, trascurava tutti gli impegni: si sedeva sul suo comodo divano delsalotto con una bottiglia di birra in mano e una ciotola di pop corn. Spesso accadeva che siccometutti i ragazzi erano appassionati di calcio, si trovavano a casa di qualcuno e bevano tutti insiemeallegramente guardando alla tv i giocatori scalmanarsi con un pallone. Lui però non aveva maitifato per una squadra in particolare, non né sentiva la necessità, ogni tanto aveva nutrito qualchesimpatia per qualcuna, ma mai abbastanza per poter dire di essere un grande fan di questa.

Un altro elemento presente nella vita dei ragazzi sono le donne. Roberto aveva la ragazza da circadue mesi, Rebecca Giuliani. Trascorrevano molto tempo insieme, avevano la stessa età, quindicondividevano anche la paura per gli esami e il futuro.

Roberto era un ragazzo alto, con una leggera pancetta, occhi piccoli scuri e sopracciglia nere e foltee, come molti ragazzi di quegli anni, portava i capelli leggermente lunghi e voluminosi.

Rebecca era la tipica ragazza della porta accanto, alta, magra, dai capelli lunghi e rossi, occhi grandiazzurri e sopracciglia sottili. Non era una sportiva, ma stando accanto a Roberto aveva dovutoimparare a sopportare il calcio. Era molto raffinata ed elegante, vestiva sempre con una gonna lungafino al ginocchio larga e magliette semplici a volte attillate a volte più larghe. Nelle giornateparticolari invece indossava persino abiti interi specialmente in estate.

Era giugno. Faceva caldo. In alcune regioni d'Italia si erano raggiunti già i 35 gradi. Era l'ultimogiorno di scuola, ma per i maturandi era solo l'inizio dell' “inferno”. Non potevano concedersiperdite di tempo, anche con il caldo e con il ventilatore o il condizionatore a manetta studiavano,sudando e innervosendosi sui libri se non capivano qualcosa. Perdevano la testa, si irritavano, siconcedevano poche pause, forse solo per andare in bagno e a mangiare.

Alcuni si incontravano per studiare insieme le materie più ostiche: in special modo matematica, incui molti dopo soli cinque minuti già davano i numeri.

Roberto e Rebecca frequentavano lo stesso liceo classico, quello in centro Mestre, da tutticonsiderato il liceo più prestigioso della città, ma fortunatamente non erano nella stessa classe.

Comunque se Roberto aspirava a diventare notaio, Rebecca di certo non sognava di diventarecasalinga, voleva diventare medico. Le facoltà che avevano scelto di frequentare erano moltodifferenti, ma loro erano abbastanza convinti che l'amore potesse reggere anche a distanza. Per dipiù una diversa facoltà non significava avere imposto una distanza immensa, tanto entrambiavrebbero studiato alla stessa università.

Quell'ultimo giorno, all'ultima ora, la classe di Roberto aveva religione e il professore non aveva piùtanta voglia di spiegare e anche lui umanamente sentiva il caldo penetrargli nelle ossa.

-Bene ragazzi! Non ho voglia di tormentarvi ancora, spaziate nella vostra fantasia, concediamoci

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quest'ultima ora per divertirci tutti insieme. Dove vi vedete fra vent'anni?- chiese il professoreincuriosito di sentire i suoi frizzanti studenti con gli ormoni alle stelle.

Tutti ovviamente risposero ridacchiando e sbeffeggiando il professore, ma lui non si vollearrendere. -Su dai ragazzi, ci facciamo quattro risate tutti insieme e finiamo in bellezza l'ultimavostra ora di liceo-.

I ragazzi allora con qualche risata accettarono.

-Bé, se devo proprio essere sincero- iniziò Roberto con la sua solita aria scherzosa e con un velo distrafottenza – Mi vedo in una casa grande, pieno di soldi con una moglie che mi serve in tutto,cinque figli maschi che rigorosamente devono formare una squadra di calcetto, o comunque devonogiocare a calcio, non si accettano altri sport. E infine, per fare contenta la mia donna, mi andrebbebene anche una figlia femmina-.

Tutti allora si misero a ridere a crepapelle e alcuni presero persino a fischiare divertiti.

-Interessante- commentò il professore divertito -Qualcun altro?-.

-Io mi vedo pieno di soldi e pieno di donne- rispose Girolamo il migliore amico di Roberto. E tuttisi misero a ridere. Girolamo era conosciuto in tutto il liceo per essere un grande donnaiolo, benpoche ragazze non erano passate per le sue lenzuola.

Molti altri si fecero avanti. Le ragazze però furono le più timide e schizzinose. Tanto pettegole tra diloro, ma di parlare davanti a bei ragazzi corpulenti dei loro sogni futuri, era fuori discussione.

I ragazzi invece, si sa, a parte qualche caso eccezionale di estrema timidezza, sono più sfacciati epiù propensi allo scherzo. Loro non hanno peli sulla lingua. Al massimo si scannano subito, ma nonsi tengono mai nulla dentro.

Le ragazze, basta che una dica una cosa piuttosto che un'altra e subito ci si guarda in cagnesco e nonci si parla per minimo una settimana.

Delle ragazze infatti non parlò nessuna, poi c'era talmente tanto chiasso in classe che alla fine siriuscirono ad ascoltare solo poche rivelazioni.

Quando suonò la tanto attesa, venerata e sognata ultima campanella, si sentì un boato: urla, risate erincorse per tutti i corridoi. Si faceva persino fatica a camminare fuori dalle aule che si veniva urtatio spinti. Roberto cercò assiduamente Rebecca, le aveva promesso di portarla a casa da lui amangiare per poi mettersi subito a studiare.

Lei lo raggiunse davanti alla macchinetta del caffè della scuola e insieme si incamminarono verso lacasa del ragazzo.

Non sto qui a raccontarvi tutto nei minimi particolari sugli esami di stato di quell'anno perchésarebbe troppo noioso, ma dell'esame orale a luglio è divertente parlarne.

Rebecca aveva la prova un giorno prima rispetto a Roberto. Era pronta. Aveva studiato. Sapeva lecose e aveva un obbiettivo da raggiungere. Non si sarebbe fermata davanti a nessuno, neanchedavanti a professori che non aveva mai visto prima, tutti impomatati, vestiti con abiti gessati persinocon quaranta gradi all'ombra.

Quando entrò nell'aula d'esame, rimase seria. Vestiva con una gonna lunga fino al ginocchio azzurrae una maglietta elegante larga bianca e ai piedi calzava semplici sandali.

In mano portava solo la tesina. Non aveva paura. Era sicura di se. Non si perse d'animo.

Ad assistere al suo esame c'erano Roberto, Girolamo e alcuni loro amici.

I professori la fissarono attentamente, la fecero parlare per cinque minuti soltanto della sua lungatesina di quindici pagine sulle malattie gastro-intestinali, subito dopo partirono a tartassarla con

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domande di tutte le materie. Facili. Difficili. Lei non ci pensava. Rispondeva a macchinetta e basta.I concetti li sapeva, non serviva girarsi tanto intorno.

La pena durò neanche un'ora, dopo di che le dissero semplicemente che poteva andare.

Roberto la raggiunse, l'abbracciò ed uscirono insieme dall'aula seguiti dagli altri.

Il giorno dopo toccò a Roberto.

Quando lo chiamarono, lui entrò in aula sorridendo tranquillamente, come se non fosse affar suo. Siera addirittura costretto a vestirsi in giacca e cravatta con tanto di camicia bianca e scarpe in pelleeleganti.

I professori quando lo videro entrare, non rimasero infastiditi dal comportamento del ragazzo.Anche perché nelle loro menti confabulavano già qualcosa.

Roberto si sedette e iniziò a parlare della sua tesina sulle dodici tavole dell'antica Roma. I professoriperò lo fermarono dopo neanche tre minuti e subito presero a fargli domande a raffica che lo miseroin leggera confusione. Aveva pure un caldo infernale. Iniziò persino a sudare e i professori non gliconcedevano tregua. Ma lui non si perse d'animo, raccoglieva ogni volta qualche secondo poirispondeva. Non aveva fretta. Prendeva tutto con calma. Voleva stuzzicare un po' i professori chedopo averlo torchiato, avrebbero avuto la pausa caffè. Dopo mezz'ora di interrogatorio un docente,seduto alla destra del presidente di commissione fermò Roberto proprio mentre lui si stavapreparando per uscire.

-Tu sei quello che ha detto di volere una moglie servizievole, cinque figli maschi e una solafemmina per accontentare la tua donna?-.

Roberto ammutolì. Come faceva quel professore a sapere di quella battuta? Veniva da un'altrascuola e non era di religione. Roberto era nel panico, come doveva rispondere? Non era giusto. Iprofessori erano tenuti a fare solo domande di tipo curricolare non personale. Infatti gli altri docentilo guardarono con occhio torvo.

-Sai il tuo professore di religione è un mio caro amico e me lo ha raccontato. Non mi ha detto ilnome di chi l'ha detto. Così vedi siccome ti ho visto entrare con aria un po' strafottente e tropposicura di sé, mi sono chiesto se fossi tu colui che ha detto quella cosa. Anche perché essendo ilragazzo di mia figlia, devo sapere che intenzioni hai con lei-.

Roberto cadde nel panico più totale. Doveva dare un risposta. Davanti a lui si trovava il padre dellasua ragazza che lui prima d'ora non aveva mai incontrato, per giunta affiancato da docenti che nonaveva mai visto e dietro di lui la sua ragazza era sconvolta per quello che era appena venuta asapere riguardo le intenzioni del suo ragazzo.

-Professore, scusi ma non mi sembra il luogo per porre queste domande- rispose allora Roberto chenon aveva alcuna voglia di parlare della sua vita privata davanti ad una commissione d'esame.

-Bé allora? Ti costa tanto dire un monosillabo?- chiese irritato il padre di Rebecca.

-Si, l'ho detto io, ma era per ridere e per sciogliere la tensione- rispose Roberto senza perdere lestaffe.

-Puoi andare- lo congedò allora il professore.

Gli esami si conclusero a metà luglio, Rebecca uscì con un bel 57, Roberto con 55.

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Dieci anni dopo

Rebecca e Roberto hanno ormai conseguito la laurea e fortunatamente sono riusciti a trovareun posto di lavoro: lei come pediatra stagista all'ospedale, lui ovviamente come notaionell'ufficio con suo padre.

Nonostante alcune divergenze durante gli anni di università la loro è rimasta una coppiastabile. Anche seguendo corsi completamente diversi, non si sono lasciati. Cosa accaduta amolti loro compagni del liceo.

Ora sono entrati insieme nel mondo del lavoro, non possono più dipendere dalla famiglia.Sono diventati indipendenti e sono pronti per il grande passo.

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3

La prima gravidanza

Roberto e Rebecca partirono per la luna di miele in Scozia il giorno dopo il matrimonio.

Alloggiarono in un albergo a tre stelle, dove venivano organizzate anche gite nei castelli antichiper la caccia ai fantasmi.

La nuova coppia una sera accettò la sfida e con un gruppo di turisti dell'albergo partirono allavolta di un grande castello, poco distante dal famoso lago di Loch Ness.

Roberto era tutto eccitato. Era appassionato di mostri e fantasmi. Mentre Rebecca si dimostròpiuttosto titubante. Lei era una tipa più razionale per pensare che esistessero dei fantasmi.Accettò quell'avventura per suo marito anche se però non era del tutto convinta. Pensava diaver perso solo tempo e denaro.

Invece qualcosa accadde. Quando entrarono, sentirono degli strani rumori come voci chefluttuavano inconsistenti nell'aria senza avere un senso preciso. Roberto era talmente curiosoche andò proprio nella direzione dei rumori. Rebecca aveva paura. Credeva di essere finita inuna di quelle case dell'orrore dei film Thriller. Così si aggrappò più saldamente al braccio delmarito.

Lui camminava lesto lungo i corridoi, finché trovò la porta da dove provenivano tutti i rumori.Era intenzionato ad aprirla, quando la guida li chiamò e disse loro che era ora di rientrare inalbergo.

Lui ci rimase deluso, a lei non fece alcuna differenza.

Quando tornarono in camera, si buttarono subito a letto. Erano molto stanchi.

A parte quell'escursione serale, la giovane coppia trascorreva le giornate del viaggio di nozze apasseggiare per la città, visitando le parti più interessanti e di grande rilievo storico.Visitarono anche Edimburgo con le sue librerie e i suoi parchi.

Poi alla sera in albergo se avevano ancora forza, facevano quello che si divertono a fare tutte lecoppiette, ovvero sesso sfrenato.

Quando fecero ritorno in Italia, nella loro nuova casa trovarono una sorpresa. Il padre diRebecca era là. Teneva tra le mani un piccolo gattino nero senza coda e con gli occhi gialli.

Rebecca gli corse subito incontro.

-E' un Manx e come tutti i gatti di questa razza è senza coda- spiegò.

-Grazie- gli disse la figlia prendendo il gattino in mano -E' un maschietto-.

-Che nome gli volete dare?- chiese il padre.

-Palmiro- rispose Roberto -Come nome suona bene per un gatto-.

-Ma come mai questo regalo inaspettato?- chiese Rebecca.

-Bé perché un gatto vi può insegnare molte cose- rispose il padre -Bene devo andare-.

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Rebecca e Roberto rimasero soli con Palmiro nella nuova casa, un appartamento da duecamere in centro Mestre.

Palmiro si dimostrò fin dai primi giorni un gatto pulito, educato e intelligente, tanto che nonsporcò mai la casa con bisognini nei posti sbagliati.

Roberto e Rebecca adoravano quel gatto, era sempre presente quando uno di loro stava maleed era di grande compagnia, a differenza di alcuni gatti che preferiscono farsi vedere soloquando il padrone tira fuori la ciotola con la pappa.

Fu proprio con Palmiro che ad entrambi cominciò a balenare l'idea di mettere finalmente sufamiglia.

Rebecca tempestivamente calcolava il periodo dell'ovulazione e durante quei giorni ci davanodentro, finché quando ormai Palmiro raggiunse gli otto mesi, i primi di giugno , sicominciarono ad avere i primi segnali: Rebecca prese ad avere nausee e mal di testa continui,senza contare la fame, mangiava addirittura più di Roberto, e ce ne voleva per superarlo!

Così si sottopose ai primi test. Erano eccitati. Anche Palmiro si accorse del cambiamento e nesentì pure lui le palpitazioni e le ansie. Così si fece ancora più vicino ai padroni. Robertospesso si fermava a parlare con lui. Sembra una cosa da pazzi, ma Roberto era felice di parlarecon il gatto, anche perché sembrava capire i discorsi: miagolava, muoveva la testa e gli occhiquasi come fanno gli esseri umani quando devono ascoltare un amico.

Era consolante avere un gatto del genere. Roberto era talmente fiero di lui che se lo portavapersino al bar a bere con Fra Girolamo, che seppur ora portava l'abito da ecclesiastico, avevaben poco di religioso, visto che comunque con le donne continuava a darci dentro, possedevauna moto e suonava la chitarra elettrica.

-Ah, non sai ieri che donna fantastica ho visto!- disse quando si sedette al tavolo insieme aRoberto e Palmiro era in procinto di acciambellarsi sulla sedia rimasta libera.

-Racconta, racconta!- battuta classica che gli porgeva Roberto ogni volta che lui tirava fuoril'argomento.

-I capelli li aveva neri. Un nero acceso che profumava di vaniglia. E sai quanto adoro lavaniglia!- iniziò a raccontare proiettandosi nella mente il ricordo della donna che il soloparlarne lo faceva eccitare di gioia -Gli occhi li aveva azzurri, come... come, non mi viene inmente, comunque erano molto chiari. E indossava un abito... - si fermò assaporandoquell'immagine divina -Attillato e corto che le metteva i risalto quelle dolci e formose curveche il solo guardarle mi veniva voglia di prenotare una camera d'albergo-.

-Ah, capisco. E'... che potere hanno le donne?- rispose Roberto pensando alla sua Rebecca indolce attesa -Sai che Rebecca è incinta?- .

-No, davvero? Speriamo che sia un bel maschietto, così vedrai quanto cose gli potremmoinsegnare. Meglio cominciare già da subito con i buoni insegnamenti, se non vuoi che tuo figliodiventi uno sfigato-.

-Hai perfettamente ragione. E come tu credo ricorda, già alle superiori avevo espresso un mioparere: cinque figli maschi è il numero perfetto. Inoltre bisognerà farli crescere con lapassione rigorosamente per il calcio-.

-Giusto, giusto- concordò Fra Girolamo voltando lo sguardo verso Palmiro che durante tutta laconversazione lo aveva guardato con disappunto -Che ha il tuo gatto da guardarmi male?-.

-Credo che voglia conoscere anche lui qualche bella femmina, insomma ha dieci mesi soltantoe vedessi che giochetti fa con i peluche di mia moglie, quindi figuriamoci quando avrà un annoe sentirà le gatte in calore. Vero bel micione?- disse Roberto accarezzando Palmiro.

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-Oh... Anche il gatto sa quale sia la giusta strada, mi piace, così si fa. E bravo Palmiro!- sicongratulò Fra Girolamo con il gatto e lo accarezzò. Il gatto rispose facendo fusa. Ormaistavano diventando amici.

-Urca, come è tardi! Devo tornare subito a casa, oggi Rebecca ha l'ecografia- esclamò ad uncerto punto Roberto guardando l'orologio.

-Ah, allora buona fortuna mandrillone- lo salutò Fra Girolamo andando verso il banco a pagare-Lascia stare offro io, conserva i soldi per i pargoli che cominciano ad arrivare-.

-Grazie, ciao- lo salutò Roberto con Palmiro che lo seguiva.

Ecco un altro punto che mostrava la perfezione di quel gatto: Palmiro era straordinariamenteattaccato al padrone, lo si poteva portare fuori tranquillamente anche senza guinzaglio chetanto seguiva sempre Roberto o Rebecca.

Rebecca era appena tornata a casa da lavoro ed era già pronta a partire. Era curiosa di saperecome stava il suo bambino. Non era mai stata così emozionata. Quella era una cosa diversa dalsolito. Come il matrimonio dopo tutto. Sono scelte e avvenimenti che cambiano la vita. E poi leiadorava i bambini, per questo aveva scelto di fare la pediatra. L'idea di avere un bambino tuttosuo, per lei era una delle emozioni più grandi.

Mentre aspettava che Roberto e Palmiro tornassero a casa, camminò avanti e indietro pertutto l'appartamento.

Quando Roberto arrivò, non gli diede neanche il tempo di entrare che lo spinse fuori, fecepassare solo il gatto che non poteva seguirli, poi chiuse a chiave la porta.

Si diressero verso l'ospedale ansiosi e nervosi, maledicendo ogni semaforo rosso. Poi via atutta birra.

Arrivati in ospedale, nel reparto ginecologia fortunatamente erano gli unici, così il dottore lifece accomodare subito.

Rebecca si sdraiò sul lettino e si tirò su la maglietta. Ormai aveva un bel panciotto, era già alsecondo mese.

Roberto si sedette su una sedia vicino al lettino e le strinse la mano, mentre il ginecologopassava sopra la pancia di Rebecca la sonda per l'ecografia, collegata alla macchina doveveniva proiettato l'interno dell'utero.

-Vi comunico che non ne aspettate solo uno- disse il ginecologo.

Rebecca e Roberto si zittirono subito, non avevano mai pensato al caso che avrebbero potutoavere dei gemelli, insomma non avevano mai avuto parenti gemelli nelle loro famiglie. Robertosi sentì un uomo potente e virile, allora. I suoi spermatozoi erano combattivi e determinaticome lui.

Pregò mentalmente quindi che fossero rigorosamente due maschi.

-E di che sesso sono?- chiese curioso.

-Bisogna aspettare almeno il quinto mese- rispose il ginecologo continuando a muovere lasonda sulla pancia di Rebecca.

-Che peccato!- ci rimase male Roberto.

-Comunque questo non significa che bisogna mangiare per tre persone, signora- disse ilginecologo rivolgendosi a Rebecca -So che ora avrà molta fame, ma veda di non esagerare. Esoprattutto è meglio se comincia a praticare un po' di attività fisica in preparazione al parto.

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Le consiglierei vivamente di fare un po' di nuoto-.

-Ok- rispose debolmente Rebecca.

Era molto preoccupata all'idea di avere due gemelli. Pensava che già era faticoso e duropartorirne uno, figurarsi due. Sarebbe stato doloroso, se lo sentiva.

Inoltre il loro appartamento non sarebbe bastato più per quattro persone. Si presentavanograndi spese. Fortuna che ormai avevano un buon lavoro entrambi, altrimenti sarebbe statoancora più difficile.

Durante il viaggio di ritorno, Rebecca rimase in silenzio. Aveva paura. Roberto dal canto suonon vedeva l'ora di scoprire il sesso dei nascituri. Due maschi per lui sarebbero stati perfetti,ma anche un maschio e una femmina non era una brutta prospettiva.

-Allora che nome possiamo dargli?- chiese alla moglie tutto allegro.

-Intanto vediamo come va la gravidanza, poi avremo tempo di pensare ai nomi- risposeRebecca continuando a guardare fuori dal finestrino. Il tempo era brutto, iniziò persino apiovere. Sembrava quasi che il cielo volesse trasmettere gli stessi stati d'animo di Rebecca.

Quando tornarono a casa si misero a preparare la cena.

Rebecca continuò a rimanere in silenzio, mentre Roberto dalla felicità, canticchiava perfino.

-Che succede, tesoro? Qualcosa non va?- le chiese dopo averla osservata attentamente mentrepreparava l'insalata.

-Prova a metterti per la prima volta nei miei panni. Due gemelli. Ma ti rendi conto?- gli risposeRebecca bruscamente mettendo la ciotola dell'insalata in tavola.

-E allora? Non sei mica l'unica al mondo a dover partorire due gemelli. E poi, con le cure e lediagnosi che ci sono adesso, non ti devi preoccupare. Inoltre tu sei sanissima. Sta tranquilla enon ti preoccupare- provò a consolarla lui.

-Non voglio diventare una botte di ciccia- cercò di essere un po' ironica Rebecca sedendosi atavola.

-Chi se ne frega! Poi ci penserò io a farti smaltire tutto-.

-Proprio tu, che da quando ti sei laureato hai messo su cinque chili e ora sarai pureaumentato?- gli rispose scherzosamente accarezzandogli le guance.

-Bè ho delle virtù nascoste. Sai secondo alcuni studi fare sesso sfrenato è come fare ginnastica,quindi per dimagrire si può usare-.

-Vuoi dimagrire facendo sesso? - .

-E' un'opzione da non trascurare-.

-Sai quanto sesso ci vorrebbe?-.

-No, ma scusa che importa? Alimentazione adeguata e sesso sfrenato fatti entrambi,porteranno a risultati più che ottimi-.

-Certo che voi uomini non sapete pensare ad altro?-.

-E' una prerogativa degli uomini. Che c'è di male? Voi donne non siete tanto meglio-.

-Si ma voi sapete pensare principalmente a quello, noi donne invece abbiamo molte più coseper la testa-.

-Si ma almeno fare sesso non implica spese spropositate, come il vostro fare shopping- si

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difese Roberto che pur di tirare sempre in ballo il discorso che lui non voleva spendere soldi,avrebbe fatto qualsiasi cosa.

-Noi lo facciamo anche per fare un piacere alle persone che ci stanno intorno-.

-Voi donne? Ma se basta avere idee opposte che vi scannate e vi fate tante di quelle cattiverieche neanche gli dei riescono a tenervi al guinzaglio-.

-Bé io non sono così- si difese prontamente Rebecca che non voleva essere considerata unadonna piena di cattiveria che pensa solo a spendere soldi come molte sue coetanee.

-Mangiamo?- cercò di chiudere il discorso Roberto, che come al solito aveva una fame da lupi.

-Si, dai sto svenendo dalla fame. Domani andrò ad iscrivermi in piscina- disse Rebeccainiziando a servirsi.

Nei mesi che seguirono per Rebecca fu dura lavorare. Aveva sempre una gran fame, se nonfaceva almeno due piccoli spuntini tra i pasti principali, si sentiva svenire. Inoltre il mal ditesta e la nausea non erano trascurabili e capitavano all'improvviso, alcune rare volte anchementre stava visitando un bambino.

Prese a farle male pure il seno ad un certo punto. Andare a nuotare, come le aveva consigliatoil ginecologo, la aiutava a non sentire i dolori, che sfortunatamente dopo poco tornavano dinuovo tutti all'attacco.

Al quinto mese di gravidanza andò a fare un'altra ecografia per scoprire il sesso dei bambini.

Era emozionata come circa tre mesi prima. Per un momento almeno non pensò ai dolori cheaveva.

Roberto come sempre l'accompagnò, sia perché era curioso anche lui di scoprire il sesso deifigli, sia perché la pancia di Rebecca aveva ormai raggiunto dimensioni tali che sarebbe statodifficile stare al volante.

Quando entrarono nell'ambulatorio del ginecologo, il ginecologo la fece accomodare sullettino. Per distendersi Roberto le diede una mano, perché spesso per il peso della pancia leveniva mal di schiena ad alzarsi e a distendersi.

Il ginecologo come al solito le fece alzare la maglietta e le mise sopra la pancia la sonda perl'ecografia.

-Uhm!- bofonchiò il ginecologo mentre muoveva il marchingegno sopra la pancia di Rebecca.

-Uhm, cosa?- si spaventò Roberto.

-Volete sapere il sesso dei bambini o preferite non saperlo? Comunque godono entrambi diottima salute- gli rispose il ginecologo con calma.

-Si, si dica pure il sesso dei due piccoli- diede il consenso Roberto dopo aver ricevutoun'espressione di assenso da parte della moglie.

-Sono due belle femminucce monozigoti- rispose il medico.

“Dio non esiste, o se esiste vuole farmi impazzire!” pensò tra sé e sé Roberto. Non è che odiavale figlie femmine, solo che loro non avrebbero di certo giocato a calcio, sicuramente nonavrebbero nemmeno avuto l'interesse di guardare una partita e magari gli avrebbero fattospendere fior di quattrini per vestiti e gingilli. Gli bastava Rebecca che spesso e volentieri (unavolta l'anno) spendeva almeno cento mila lire solo di intimo. Roba da matti! Con tre donnesarebbero diventate trecento mila lire!

Rebecca invece si rasserenò. Non sarebbero stati costretti a traslocare subito. Due bambini

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dello stesso sesso potevano tranquillamente condividere la medesima camera. Quindi avevanotempo per affrontare anche quella, comunque doverosa, spesa.

Poi era felice di avere due femmine perché quando sarebbero state più grande, avrebberopotuto andare a fare shopping insieme, parlare di argomenti che non riguardassero sempre ilsesso, i bilanci economici della famiglia, ma soprattutto del calcio. Era stufa di dovertrascorrere le domeniche chiusa in casa e alcune sere a guardare la partita di calcio. Con dellefiglie femmine si parla anche di altro, insomma.

Quando tornarono, a casa li aspettavano i genitori di Rebecca. Roberto che non sopportava ilsuo terribile suocero, si recò al bar con Palmiro per parlare con Fra Girolamo.

-Allora?- gli chiese Fra Girolamo, quando furono tutti seduti al solito tavolo.

-Due femmine- rispose tristemente Roberto.

-O Dio!!! O non hai pregato abbastanza o Dio ti sta punendo- continuò il frate -Rebecca comesta?-.

-E' felice di avere due bambine, ma sta soffrendo per la gravidanza. Ha paura di doverpartorire due gemelle e inoltre ha sempre fame, mal di testa, nausea e dolori al seno. Mi fatristezza-.

-E' normale. Avete già deciso i nomi?- cercò di tirare un po' su il discorso il frate.

-No. In macchina nessuno ha parlato e quando siamo arrivati a casa, mi sono ritrovato i mieisuoceri, così sono scappato-.

-Sono così tremendi? Insomma conosco lui, ma pure lei?-.

-Sono fatti l'uno per l'altra. Anche mia suocera è una grandissima donna acida, perfida,schizzinosa ed è sempre pronta a giudicarmi male-.

-Accidenti! Che gente! Comunque cerca di fermarli se loro provano a prendersi troppeconfidenze. Il fatto che non ti sopportino, mostra che loro saranno sempre più presenti nellavita delle bambine. Poi tuo suocero si ricorderà perfettamente di quello che avevi dettol'ultimo anno di liceo, ovvero che avresti voluto avere al massimo una sola figlia femmina.Questo complicherà ancora di più le cose- disse saggiamente il frate.

-Hai ragione. Saranno pur femmine, ma restano le mie bambine. Non permetterò mai ai queidue viscidi di intromettersi troppo, a costo di cacciarli fuori di casa a pedate nel sedere-rispose con convinzione Roberto. L'idea che i suoi suoceri potessero ostacolarlo con le suefiglie, non gli andava molto a genio. Anche se non avessero avuto la passione per il calcio,rimanevano sue e nessuno aveva il diritto di far loro del male. Lui era il padre e lui comandava.Per avere figli maschi avrebbe anche aspettato, ma ora la realtà era che avrebbe avuto duebambine e avrebbe voluto loro bene quanto ne avrebbe voluto per un qualsiasi figlio maschio.

Quando arrivò a casa, sperò tanto che i due suoceri se ne fossero andati, invece tanto percambiare rimanevano a cena. Che disgrazia! Pensò immediatamente Roberto quando sentì lavoce di suo suocero.

-Dove sei stato? Dovresti dare una mano a tua moglie, ora che è incinta- lo sgridò la suocera.

-Ho visto che c'eravate già voi, così ho pensato di portare Palmiro a fare un giro fuori- risposeRoberto raggiungendo la moglie.

-Questa non è una scusa. Hai dei doveri- continuò la suocera. Era una grassa e impomatatadonna, tutto gioielli e lustrini. Inoltre quando parlava sputava. Aveva persino i baffi e il doppio

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mento!

-Bé voi potevate almeno avvertire, invece di presentarvi qui all'improvviso. L'unica cosa chesapete fare è rimproverarmi, cavolo è meglio se ve ne andate, questa è casa mia e decido io-rispose con cattiveria Roberto.

-Calmi, calmi- cercò di calmare le acque Rebecca -Questa è anche casa mia, quindi decido pureio. Adesso vi sedete tutti a tavola e con calma mangiamo. Non ho voglia di sentire bisticci. Hogià mal di testa. Non peggiorate ancora di più le cose-.

-Tuo marito dovrebbe darti una mano in casa, invece che andare in giro a gozzovigliareinsieme al gatto e a quel finto frate- continuò i rimproveri il suocero.

-Basta!- urlò ancora Rebecca -Fatela finita, o vi caccio fuori veramente-.

-E questo sarebbe il ringraziamento?- disse il padre di Rebecca alzandosi e facendo segno allamoglie di seguirlo -Andiamocene-.

-La prossima volta che tornate, non voglio più sentirvi rimproverare mio marito, o non mivedrete mai più- disse Rebecca chiudendo la porta di casa lasciando fuori i suoi genitori.

-Grazie. Finalmente un po' di silenzio- disse Roberto sollevato.

-Con te non ho finito- lo aggredì Rebecca -Senti capisco che tu e i miei genitori non visopportate, ma quando ci sono comportati normalmente, altrimenti loro ne vanno a nozze-.

-Ok, scusa cara. Possiamo mangiare, ho fame?- chiuse il discorso Roberto sedendosi a tavola.

Rebecca si sedette al suo posto e iniziarono a mangiare.

-Che nome possiamo dare alle bambine?- chiese Rebecca, quando andarono a letto.

-Non lo so. Ci sono tanti bei nomi. L'importante è che non siano troppo comuni. Mi darebbefastidio, le mie piccole devono essere uniche- rispose Roberto.

-Allora facciamo una cosa: pensiamo a dei nomi che ci piacciono, li scriviamo su dei biglietti efacciamo estrazione. Ti va l'idea?- propose Rebecca.

-Certo. A quando la data di scadenza?-.

-Il giorno della loro nascita-.

-Tu sei matta! E' troppo tardi- non era d'accordo Roberto.

-Assisterai al parto e poi quando la situazione si sarà acquietata, estrarrai i biglietti- cercò diconvincerlo Rebecca.

-D'accordo, basta che non siano i tuoi genitori a farlo. Non sopporto la loro invadenza-.

-Non sono tanto invadenti-.

-No, no!!! Si sono solo presentati qui senza avvertire per scoprire il sesso dei gemelli- disseRoberto con indignazione -Sta sicura, vorranno pure intervenire sull'assegnazione dei nomi.Mi raccomando non diciamo loro come abbiamo deciso di darli-.

-Perché? Hai paura che loro possano ostacolare l'estrazione?-.

-Si, ne sono sicuro. Altrimenti perché tanta impazienza per conoscere il sesso? Non potevanosemplicemente attendere una nostra telefonata?-.

-Magari erano semplicemente emozionati quanto noi. Insomma saranno i nonni!-.

-E' questo che mi preoccupa!-.

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-Senti, sei stato tu all'ultimo anno di liceo a dire quella frase, che volevi cinque figli maschi euna sola femmina per accontentare la moglie. Te la sei andata a cercare. E' ovvio che mio padresia preoccupato-.

-Si, ma fino a quel giorno non sapevo che il mio professore di religione fosse sfortunatamenteamico di tuo padre. E poi l'avevo detto solo per scherzare e per fare il figo. Si magari era anchevero, ma in quella situazione l'avevo detto tanto per dire. Insomma era il liceo. Eravamo tuttiun po' cretini. Ora sono cresciuto. Tuo padre è il cretino se continua a fare affidamento suquelle parole-.

-Hai ragione. Casomai per sicurezza diglielo, magari lui vedrà di capire-.

-Non credo. Anche perché lui gode a farmi soffrire. Scommetto che farà di tutto pur di mettersiin mezzo nell'educazione delle nostre figlie-.

-Bé a questo ci penserò io, voglio che siamo noi due a occuparci della crescita delle piccole,loro dovranno solo fare da baby - sitter quando ce ne sarà bisogno-.

-Ecco appunto-.

Allora spensero le luci e iniziarono a dormire.

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6

Cinquina perfetta

A differenza delle prime due gemelline, Ginevra e Diana erano un po' più calme. Anche se solo dipoco. La cosa positiva era che almeno loro dormivano tutta la notte, mentre Maddalena e Veronicaerano sempre in movimento.

Roberto aveva finalmente deciso quale casa comprare, così quando le più piccole ebbero compiutosette mesi, si trasferirono in una villa di almeno trecento metri quadrati con quattro camere di cui trematrimoniali, tre bagni, una cucina, una sala da pranzo, un salotto, un garage a due porte e ungrande giardino a Marghera.

Era una casa piuttosto costosa, ma con i guadagni di Roberto, se lo potevano anche permettere.

Così Roberto rimaneva comodo con il lavoro, il cui ufficio, in centro Mestre, era a poca distanza.Senza contare che pochi metri più in là c'era pure la casa di Guido, il quale aveva toccato anche luila soglia dei tre figli, solo che i suoi erano tutti maschi e il più grande era già che girava per la cittàcon la divisa di qualche squadra di calcio. Roberto un po' lo invidiava. Lui aveva provato a faravvicinare le sue figlie al calcio, somministrando loro delle partite registrate in cassetta, ma loronon ci vedevano. O prendevano sonno subito o, nel peggiore dei casi, urlavano a squarcia gola.

Non c'era verso: il calcio non faceva per loro! Anche se erano piccole, avevano già dei gustiparticolari. Per il cibo e per i vestiti, poi! Erano battaglie tutti i giorni. Ad ognuna piacevano cosediverse e ogni volta Rebecca diventava matta per dar loro da mangiare. Se qualcosa non era di lorogusto, sputavano a mitraglia. Con i vestiti invece ad ognuna piaceva un colore diverso, quindi ognivolta Rebecca doveva perdere almeno un'ora per cercare tutto, altrimenti loro urlavano epiangevano in negozio.

Almeno a due anni Maddalena e Veronica presero a dormire alla notte. Ora facevano tutto un dritto.Inoltre iniziarono a parlare e con loro anche le altre due.

Roberto e Rebecca ne furono davvero entusiasti, sentire le prime parole che sembravano così dolcida far scaldare il cuore, fecero commuovere e preoccupare Roberto al tempo stesso.

Dissero più o meno nello stesso periodo le parole: mamma, papà e pappa. Maddalena e Ginevrapronunciarono prima papà, mentre Veronica e Diana mamma.

Solo però alla quarta parola Roberto si fece agitato.

Una mattina Rebecca, nella camera di Maddalena e Veronica, chiese a Roberto dei soldi per andarea fare la spesa, mentre alle piccole ci badava sua madre.

Siccome però Roberto per perdere tempo faceva finta di aver perso il portafoglio, Rebecca agitò lamano destra verso la sua direzione e continuò a ripetere.

-Roberto dammi i soldi!-.

Roberto allora ad un certo punto si convinse, estrasse il portafoglio dalla tasca dei pantaloni ele consegnò delle banconote.

Rebecca allora uscì dalla stanza per prepararsi. Roberto si girò per guardare cosa stavano facendo lesue figlie. Maddalena e Veronica erano in piedi sul materasso delle loro culle mute. Ad un tratto:

-Dam...mi.. i sol..di!- disse Maddalena scuotendo la mano come vide fare a sua madre.

Subito dopo Veronica la imitò.

Roberto le guardò con malcelata frustrazione.

-Cara!- urlò.

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-Si!?- gli rispose Rebecca urlando dalla loro camera.

-Credo che dovremmo prepararci ad aprire un nuovo mutuo!- disse Roberto e uscì dalla stanzalasciando Maddalena e Veronica interdette e titubanti.

-Mu...ttu..o- ripeté la prima.

Per le altre due la storia fu più o meno la stessa solo che la parola fu diversa. Stavano giocandonella loro cameretta, quando fuori in corridoio sentirono che Rebecca diceva a Roberto.

-Amore, devo fare delle spese, spese, capito- disse lei.

Lui, come al solito, faceva finta di non capire per far perdere la pazienza a Rebecca e farla quindismettere, ma non fu così e Rebecca alzò la voce, urlando sempre la stessa frase.

-Ok, ok- l'assecondò allora Roberto e le diede delle banconote.

Rebecca si allontanò per andare in camera di Maddalena e Veronica che in quel momento stavanodormendo, mentre Roberto passò a controllare Diana e Ginevra.

Le due quando lo videro passare lo osservarono attentamente e dopo pochi secondi Ginevra disse:

-Papà, spese!-.

Roberto non capiva, fu Diana a continuare -Papà, devo spese!-.

Roberto si tirò uno schiaffo in testa ed esclamò: -Mamma, ma che ho fatto di male!-. E raggiunsesua moglie.

Ma nonostante l'incubo per queste parole, di cui Roberto cominciava ad intuire il senso, tutto infamiglia procedeva regolarmente e con calma, tanto che fu in questo periodo che Rebecca concepìun altro bambino.

Non se ne accorse quasi. A parte le mestruazioni che non venivano, lei non aveva nient'altro. Nonaveva tutti i dolori che aveva avuto con le precedenti quattro bambine.

All'inizio infatti pensò che fosse solo un semplice ritardo, ma quando passarono già sette settimanedal ciclo precedente cominciò ad avere dei dubbi.

Andò dal ginecologo. Roberto era con lei come sempre mentre le bambine erano a casa con lenonne e Palmiro.

-Signori Amodei- iniziò il ginecologo. Roberto cominciò ad aver paura. Rebecca invece per laprima volta dalle gravidanze si sentì più sicura.

-Avrete un altro bambino- continuò il ginecologo.

-E' uno soltanto vero?- chiese Roberto che si augurava vivamente di non avere altri gemelli,soprattutto altre femmine. Aveva un'ultima opportunità per un figlio maschio, un sano maschio conla passione per il calcio!!!

-Si, si-.

-Oh, bene!- esclamarono Roberto e Rebecca rilassati. Nemmeno Rebecca aveva tanta voglia diaffrontare l'ennesima gravidanza gemellare.

A differenza delle due precedenti gravidanze, Roberto e Rebecca tornarono a casa dall'ecografia unpo' più calmi e soprattutto parlarono. Presero a fare ipotesi su come poteva essere il nuovo bambino.Entrambi in fine dei conti speravano in un maschio. Quattro femmine erano più che sufficienti.

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Come se si fossero organizzate, anche Giulia era di nuovo incinta. E sia lei che Rebecca siritrovarono a fare piscina insieme. Spesso capitava anche che si trovavano a casa di una con ibambini.

Erano sette bambini che nonostante fossero ancora molto piccoli andavano d'accordo. Qualche voltatra di loro si prendevano per i capelli e si riempivano di sberle, ma dopo pochi minuti ritornavano agiocare insieme.

Roberto non era del tutto contento che sua moglie e Giulia fossero così tanto amiche, perché a luinon andava tanto a genio il comportamento di Guido.

Spesso appunto per questi incontri tra le due donne si ritrovava a doverselo sopportare per qualcheora. Era straziante. Guido sapeva parlare solo dei suoi successi familiari, negli affari della fabbricatessile che gestiva insieme ai due fratelli e del suo incarico di sindaco. Godeva al fatto di vedere ilsogno di Roberto, quello di avere cinque figli maschi, infrangersi. Erano stati compagni di classealle superiori e quindi aveva sentito la battuta di Roberto l'ultimo giorno di quinta liceo.

Roberto dal canto suo provava a difendersi, ma Guido trovava sempre le parole più imbarazzanti eirritanti da appioppargli e Roberto non sapeva quasi mai controbattere. Non sapeva che argomentiutilizzare. Guido lo scherniva ogni volta.

Se lui era così, probabilmente avrebbe educato i suoi figli allo stesso modo. Motivo in più perchéRoberto non volesse che Rebecca facesse incontrare le loro figlie con i suoi. Non voleva che anche isuoi potessero un giorno o l'altro far soffrire le sue figlie. No, non glielo avrebbe di certo permesso.

Le sue figlie erano e rimanevano intoccabili.

La gravidanza procedette tranquillamente. Rebecca cominciò lentamente ad avere i soliti dolori, cheaveva riscontrato anche nelle due gravidanze precedenti, ma ora erano meno acuti, quindi piùsopportabili.

Riusciva a badare alla casa e alle bambine senza problemi. Naturalmente contava sempresull'appoggio della famiglia, perché quattro appena nate richiedevano tanta pazienza e dedizione,ma nonostante tutto era calma.

Sebbene le piacesse il suo lavoro di pediatra, neanche con quella gravidanza poté tornare inambulatorio. Non solo non poteva, ma sentiva anche che era meglio non farlo proprio. Le suebambine avevano bisogno di lei e lei non doveva mancare.

Arrivò il giorno dell'ecografia per sapere il sesso del nascituro. Roberto e Rebecca eranoemozionati. Lasciarono le bambine a casa con i nonni paterni e Palmiro, mentre loro se la preserocomoda.

Arrivati in ambulatorio dovettero aspettare pochi minuti prima che Rebecca venisse visitata. Primadi loro infatti, c'era una giovane ragazza di circa quindici anni che era già arrivata al quinto mese digravidanza. Roberto e Rebecca furono piuttosto scossi e turbati al vederla. Si immaginarono diavere anche loro una delle loro figlie incinta così prematuramente. Dovrebbe essere stato difficilesopportarlo! Pensò Rebecca tra sé e sé.

Appena la ragazza uscì, il ginecologo fece accomodare loro.

Svolse le solite procedure e iniziò l'ecografia.

Il ginecologo era sempre lo stesso, quindi conosceva perfettamente la composizione della lorofamiglia. Per questo motivo infatti, tardò a dare il verdetto.

-Allora?- si faceva insistente Roberto che stava in piedi vicino al ginecologo.

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-Signor Amodei devo comunicarle che rimarrà l'unico uomo della famiglia. Avrà un'altra bellabambina!- gli rispose il ginecologo.

A quel punto si sentì un corpo cadere. Roberto era svenuto. I suoi sogni di avere almeno un figliomaschio erano svaniti. Ora non avrebbe più potuto avere altri figli. Cinque bastavano. Senza contareche le bambine avevano pochi anni di differenza e quindi le esigenze di comprare abiti e trucchiavvenivano contemporaneamente a tutte e cinque. Per questo si sentì male. Appena seppe di avereun'altra figlia si proiettò nella mente le cifre del suo conto corrente. Già sua moglie e le sue primequattro bambine lo facevano impazzire per fare le spese, figurarsi quando sarebbero diventategrandi.

Roberto non riusciva a trovare la forza di affrontare quella realtà. Inoltre sua moglie forse nonsarebbe più potuta tornare a lavorare almeno per un bel periodo. Lui forniva le uniche entrate allafamiglia. E con ben sei donne per casa diventava sempre più difficile gestirlo.

Il ginecologo gli sentì il polso: non c'era arresto cardiaco. Controllò gli occhi: Roberto non avevaavuto neanche una carenza di zuccheri.

-Lo capisco!- concluse il ginecologo -Io ho solo due figlie femmine e già quelle sono moltoimpegnative figurarsi averne cinque nell'arco di pochi anni. Vi faccio tanti cari auguri-.

Concluse mentre Roberto rinvenne e si rialzava in piedi barcollante.

-Signora Amodei, continui con l'attività fisica. Vedo che l'aiuta molto, quindi non molli- proseguì ilginecologo.

Alla fine li congedò e Roberto e Rebecca tornarono a casa silenziosamente.

-Cinque femmine!!! Cavolo, l'opposto di quello che sognavi. Credo che Dio ti voglia punire- disseFra Girolamo, una sera mentre, in convento, si guardavano una partita di serie A registrata invideocassetta.

-Dio mi vuole punire per una bravata detta ormai tredici anni fa?- non si riusciva a capacitareRoberto.

-Oppure semplicemente Dio vuole farti capire, che puoi amare dei figli indipendentemente dalsesso-.

-Spero vivamente sia così- rispose demoralizzato Roberto fissando lo schermo del televisore. -Laproposta della scorsa gravidanza è ancora valida, comunque-.

-Quale? Quella di badare a Palmiro? Certo-.

-Sai che conto su di te-.

-A cosa servono gli amici se no?- rispose Fra Girolamo comprensivo.

-Ma gli altri frati per quale squadra tifano?- chiese Roberto che durante quella serata aveva solovisto dei frati di passaggio ma nessuno che si fermasse a guardare la partita.

-Ah il loro unico amore è Dio. Il calcio non lo seguono tanto!- rispose Fra Girolamo.

-Anche per te l'unico amore dovrebbe essere Dio- gli fece notare Roberto.

-Sono dettagli. Insomma il frate è obbligato a rimanere celibe, ma questo non significa che debbarinnegare il suo essere uomo. A me piace guardare le donne piacenti e seguire il calcio. Non è unpeccato mortale-.

Roberto tirò uno sbuffo di rassegnazione.

Il giorno del parto non fu poi tanto improvviso. Accadde di pomeriggio e giusto dopo nove mesi dal

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concepimento. Inoltre non successe nulla di particolare. La bambina venne alla luce nell'arco dineanche dieci minuti da quando Rebecca aveva iniziato a spingere.

Quel pomeriggio domenicale poi Fra Girolamo era a casa loro, così rimase lui a badare alle duebambine più grandi, mentre Roberto si era portato le due più piccole e Palmiro.

Infatti questa volta si era deciso che per scegliere il nome le due bambine avrebbero dovutopescarne uno dal solito sacchettino dei nomi e Palmiro avrebbe dovuto scegliere mettendo unazampa sopra al foglietto che lo ispirava di più.

-Sabrina!- annunciò Roberto quando prese il biglietto sotto le zampe di Palmiro.

Quel giorno era il 15 febbraio. Anche l'ultima loro figlia era nata a febbraio e aveva tre anni menodelle sorelle più grandi.

Pure lei era una bambina piuttosto tranquilla, come Ginevra e Diana, solo che lei aveva uno sguardopiù introverso e distaccato, meno vivace e malizioso delle altre sue sorelle. Sembrava molto diversada loro.