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te e su più confini scelte di soft power che so- lo pochi anni or sono risultavano appannag- gio esclusivo di Stati Uniti e Russia. . di Alessandro Arduino 20 . east . europe and asia strategies numero 33 . dicembre 2010 . 21 S olo pochi anni or sono nel suo testo The End Of Na- tion States, l’economista Kenichi Ohmae, propo- neva una teoria largamente condivisa inerente la caduta dei confini nazionali a favore dell’imperante si- stema commerciale globalizzato. La teoria veniva porta- ta agli estremi definendo il ruolo dello Stato-nazione co- me quello di un fossile ancora in vita, di un dinosauro incapace di fronteggiare la propria imminente estinzio- ne. Alla base del pensiero di Ohmae, tutt’ora apprezzato da molti addetti ai lavori, vi era la constatazione che lo Stato è incapace di controllare energicamente, come in passato, i propri tassi di cambio, proteggendo la valuta e l’economia nazionale da sbalzi e pressioni esterne. L’attuale situazione del Giappone sembrerebbe avva- lorare questa tesi, laddove la stessa Bank of Japan risul- ta priva di mezzi efficaci ed effettivi per raffreddare lo yen, in controproducente ascesa da quindici anni sul dollaro americano. Questo punto di vista, in effetti, è confutato dalla realtà, dal momento che il Giappone è stato appena superato dalla Cina come seconda econo- mia mondiale. In questo contesto la Cina non solo si pre- senta alla luce dei riflettori mondiali quale modello eco- nomico di successo, che in sei lustri ha mantenuto uno sviluppo medio del 10% annuo, ma conferma lo Stato co- Cina, Russia e Giappone : il Teatro delle Ombre Mentre il Giappone sembra avviarsi sulla strada del declino, la Cina si trova a operare su sva- riati fronti, aperti a seguito delle scelte di investimenti diretti esteri o dovuti a fattori esoge- ni di instabilità politica. . Ne consegue che Pechino deve affrontare contemporaneamen- ESTREMORIENTE me soggetto centrale dell’economia e della geopolitica. L’accresciuta leva finanziaria cinese ha da tempo inizia- to a esercitare la propria pressione oltre confine, dal- l’Asia centrale fino all’Africa. Contestualmente alle opportunità economiche legate all’approvvigionamento di energia e materie prime, la Ci- na si trova oggi ad affrontare problematiche di carattere territoriale che necessitano una risposta diplomatica e di di soft power che solo pochi anni or sono risultavano ap- pannaggio esclusivo di Stati Uniti e Russia. Mentre la po- litica estera dell’amministrazione Obama punta il dito sul Mar Cinese meridionale e sui problemi strategici le- gati al controllo delle rotte marittime e ai confini ancora irrisolti, altri Paesi come il Kirghizistan e il Kazakistan pongono l’accento sulle imprevedibili evoluzioni della situazione politica in alcune regioni dell’Asia centrale e sulle spinte indipendentiste della provincia cinese a maggioranza mussulmana dello Xinjiang. Da monitora- re, anche il risorgere delle dispute territoriali con l’India nell’area dell’Arunachal Pradesh e la vacillante situazio- ne politica thailandese sui confini meridionali. artendo dalla necessità impellente per la Cina di rivedere la propria politica in quelle aree cusci- netto situate nelle zone di confine, è fondamen- tale analizzare i recenti disordini scoppiati nella provin- cia autonoma dello Xinjiang. A tal fine, sarebbe oppor- tuno includere la provincia all’interno di un puzzle più ampio, i cui tasselli sono composti dalle nascenti repub- soft power per cui non basta più la semplice dichiarazio- ne di appartenenza della Repubblica popolare al club dei Paesi in via di sviluppo. La nuova e accresciuta poten- zialità finanziaria dei Paesi del Bric, con la Cina in testa, ha decisamente riportato l’attenzione sul ruolo centrale dello Stato rispetto a una economia globalizzata legata ai confini virtuali di internet. Lo Stato è tornato, e con esso le problematiche e le dispute territoriali irrisolte. Pur ri- sultando indubbio che i destini delle nazioni siano lega- ti a filo doppio alle scelte economiche intraprese, è im- portante tener conto del ruolo dello Stato come attore pri- mario rispetto all’operato delle multinazionali o delle economie regionali. In questo contesto la Cina si trova ad operare su svaria- ti fronti, aperti a seguito delle scelte di investimenti di- retti esteri o dovuti a fattori esogeni di instabilità politi- ca. Ne consegue che la Repubblica popolare cinese deve affrontare contemporaneamente e su più confini scelte Alcuni appartenenti alla tribù dei Nyishi, presente nello stato indiano dell’Arunachal Pradesh. S Epa / Corbis P

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te e su più confini scelte di soft power che so-

lo pochi anni or sono risultavano appannag-

gio esclusivo di Stati Uniti e Russia. .di Alessandro Arduino

20 . east . europe and asia strategies numero 33 . dicembre 2010 . 21

Solo pochi anni or sono nel suo testo The End Of Na-tion States, l’economista Kenichi Ohmae, propo-neva una teoria largamente condivisa inerente la

caduta dei confini nazionali a favore dell’imperante si-stema commerciale globalizzato. La teoria veniva porta-ta agli estremi definendo il ruolo dello Stato-nazione co-me quello di un fossile ancora in vita, di un dinosauroincapace di fronteggiare la propria imminente estinzio-ne. Alla base del pensiero di Ohmae, tutt’ora apprezzatoda molti addetti ai lavori, vi era la constatazione che loStato è incapace di controllare energicamente, come inpassato, i propri tassi di cambio, proteggendo la valuta el’economia nazionale da sbalzi e pressioni esterne.

L’attuale situazione del Giappone sembrerebbe avva-lorare questa tesi, laddove la stessa Bank of Japan risul-ta priva di mezzi efficaci ed effettivi per raffreddare loyen, in controproducente ascesa da quindici anni suldollaro americano. Questo punto di vista, in effetti, èconfutato dalla realtà, dal momento che il Giappone èstato appena superato dalla Cina come seconda econo-mia mondiale. In questo contesto la Cina non solo si pre-senta alla luce dei riflettori mondiali quale modello eco-nomico di successo, che in sei lustri ha mantenuto unosviluppo medio del 10% annuo, ma conferma lo Stato co-

Cina, Russia e Giappone:il Teatro delle OmbreMentre il Giappone sembra avviarsi sulla strada del declino, la Cina si trova a operare su sva-

riati fronti, aperti a seguito delle scelte di investimenti diretti esteri o dovuti a fattori esoge-

ni di instabilità politica. . Ne consegue che Pechino deve affrontare contemporaneamen-

ESTREMORIENTE

me soggetto centrale dell’economia e della geopolitica.L’accresciuta leva finanziaria cinese ha da tempo inizia-to a esercitare la propria pressione oltre confine, dal-l’Asia centrale fino all’Africa.

Contestualmente alle opportunità economiche legateall’approvvigionamento di energia e materie prime, la Ci-na si trova oggi ad affrontare problematiche di carattereterritoriale che necessitano una risposta diplomatica e di

di soft power che solo pochi anni or sono risultavano ap-pannaggio esclusivo di Stati Uniti e Russia. Mentre la po-litica estera dell’amministrazione Obama punta il ditosul Mar Cinese meridionale e sui problemi strategici le-gati al controllo delle rotte marittime e ai confini ancorairrisolti, altri Paesi come il Kirghizistan e il Kazakistanpongono l’accento sulle imprevedibili evoluzioni dellasituazione politica in alcune regioni dell’Asia centrale esulle spinte indipendentiste della provincia cinese amaggioranza mussulmana dello Xinjiang. Da monitora-re, anche il risorgere delle dispute territoriali con l’Indianell’area dell’Arunachal Pradesh e la vacillante situazio-ne politica thailandese sui confini meridionali.

artendo dalla necessità impellente per la Cina dirivedere la propria politica in quelle aree cusci-netto situate nelle zone di confine, è fondamen-

tale analizzare i recenti disordini scoppiati nella provin-cia autonoma dello Xinjiang. A tal fine, sarebbe oppor-tuno includere la provincia all’interno di un puzzle piùampio, i cui tasselli sono composti dalle nascenti repub-

soft power per cui non basta più la semplice dichiarazio-ne di appartenenza della Repubblica popolare al club deiPaesi in via di sviluppo. La nuova e accresciuta poten-zialità finanziaria dei Paesi del Bric, con la Cina in testa,ha decisamente riportato l’attenzione sul ruolo centraledello Stato rispetto a una economia globalizzata legata aiconfini virtuali di internet. Lo Stato è tornato, e con essole problematiche e le dispute territoriali irrisolte. Pur ri-sultando indubbio che i destini delle nazioni siano lega-ti a filo doppio alle scelte economiche intraprese, è im-portante tener conto del ruolo dello Stato come attore pri-mario rispetto all’operato delle multinazionali o delleeconomie regionali.

In questo contesto la Cina si trova ad operare su svaria-ti fronti, aperti a seguito delle scelte di investimenti di-retti esteri o dovuti a fattori esogeni di instabilità politi-ca. Ne consegue che la Repubblica popolare cinese deveaffrontare contemporaneamente e su più confini scelte

Alcuni appartenenti alla tribù dei Nyishi,

presente nello stato indiano dell’Arunachal Pradesh.

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dislocate sui confini. Questo fattore non ha solo innervo-sito i vicini coreani e giapponesi a oriente, ma ha anchecondotto l’India a potenziare nell’area le proprie truppeche ammontano a più di 100mila unità, secondo fontidell’Economist Intelligence Unit. Al contrario della de-finizione di Ohmae, che descrive i confini odierni tra na-zioni come mera rappresentazione grafica, la questionesino-indiana dell’Arunachal Pradesh è tutt’altro che ri-solta. Nel 1962 l’area è stata il sanguinoso teatro di unbreve ma intenso confronto tra gli eserciti di Pechino eDelhi, culminato con migliaia di morti da entrambe leparti. Attualmente tutti i 900 chilometri della linea diconfine risultano ancora un limbo che lascia numerosezone in aperta contesa tra gli eserciti di due potenze nu-cleari. La bilancia commerciale tra i due Paesi, superio-re ai 50 miliardi di dollari, ha sino ad ora congelato ognipretesa e rivendicazione, ma la futura competizione perl’accaparramento di risorse naturali, non solo nelle areelimitrofe ma soprattutto nel continente africano, nonché

l’influenza cinese sulla politica estera pakistana, posso-no in breve tempo minare quanto costruito esclusiva-mente sui pilastri della diplomazia economica.

iuttosto che alle mire espansioniste di Pechinoverso l’Asia centrale, la politica estera america-na guarda con relativa preoccupazione al cre-

scente peso geopolitico della Cina in relazione ai proble-mi di sovranità nel Mar Cinese meridionale. Il crescentepeso economico della Cina in ambito Asean è apprezza-bile non solo attraverso i numerosi investimenti direttitramite il proprio fondo sovrano e le aziende di Stato, masoprattutto prendendo in considerazione i recenti swapvalutari che stanno portando lo yuan a divenire la valu-ta di riferimento per tutta l’area. Parallelamente al dis-solversi del ruolo dello yen e al progressivo ritiro delGiappone dai progetti di cooperazione internazionale inEstremo Oriente, Pechino ha visto nell’ultimo decennioaccrescere il proprio ruolo e la propria influenza. Sia il

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te complesso in cui Pechino si è inserita con celerità sulpiano economico-commerciale, rinviando ad un secon-do momento il confronto politico con il vicino russo.

Passando da quello che i russi definiscono il “Teatrodelle Ombre” sino ai confini con l’India, si pone attual-mente per Pechino il problema irrisolto della demarca-zione dei confini dell’area himalayana della valle di Ta-wang. Una novità, in questo contesto, risulta essere l’au-mento in termini qualitativi dell’Esercito di liberazionepopolare che ha migliorato le proprie capacità di coordi-namento aereo e di risposta rapida delle truppe di terra

bliche centroasiatiche. Oltre ai problemi di stabilità so-ciale e sicurezza nazionale dovuti alle spinte autonomi-ste uigure, la Cina si trova a dover affrontare nuove situa-zioni di instabilità politica e focolai di conflitti etnici aldi là delle proprie frontiere occidentali. Prodromo di fu-turi disordini, la crisi in Kirghizistan dell’aprile scorsoche è sfociata nella pulizia etnica contro la locale mino-ranza uzbeka e un esodo di profughi che si è riversato an-che sul vicino cinese. L’area che si estende dai confini ci-nesi occidentali sino all’Afghanistan e al Pakistan attua-li, nel XIX secolo corrispondeva allo scacchiere su cui sifronteggiavano nel “Grande Gioco”, nome coniato perdescrivere la lotta per la conquista di territori e rotte com-merciali, l’Inghilterra della Compagnia delle Indie e laRussia in progressiva espansione dello zar Alessandro I.Lo stesso territorio che fu area di scontro nel conflitto rus-so-afghano degli anni Settanta, nonché teatro dell’odier-na lotta al terrorismo, registra dunque l’entrata in scenadi un nuovo attore, la Cina. Da quel che è dato conosce-re, si può immaginare che Pechino percepisca la regionequale fertile terreno per i propri investimenti esteri, non-ché come bacino preferenziale di approvvigionamentodi materie prime, dall’uranio del Kazakistan al gas natu-rale dell’Azerbaigian. Seguendo il modello già sperimen-tato con successo in Africa, la Cina persegue la penetra-zione all’interno del tessuto sociale ed economico del-l’Asia centrale, sia con investimenti da parte delle azien-de di Stato, sia con flussi di lavoratori migranti.

Nel contempo la Russia si trova in una posizione dipresunta debolezza nella gestione di quella che è da duesecoli la propria area cuscinetto, tenendo presente chel’esercito russo, provato dal recente conflitto ceceno, de-ve comunque mantenere una forza efficiente nel Cauca-so per contenere le spinte del separatismo islamico. Inol-tre Mosca conserva un canale di controllo indiretto nel-la regione, tramite i funzionari di Stato delle neonate re-pubbliche, la cui formazione si è svolta sui banchi dellemaggiori università russe. Il fatto che interi ranghi di fun-zionari parlino russo e abbiano una conoscenza solamen-te sommaria delle lingue locali, appare più la norma chenon un caso fortuito. Per quanto riguarda gli Usa, vi è unapresenza militare radicata sul territorio con l’obbiettivodi coordinare la proiezione delle truppe nelle aree caldedell’Afghanistan e dei confini pakistani, ma non è bendelineata una linea d’azione tesa a un maggiore radica-mento a lungo termine. È questo il contesto estremamen-

SOPRA Kenichi Ohmae, definito dall’FT

il guru giapponese del management.

A FRONTE Karim Massimov, primo ministro kazako.

Il Kazakistan ha invitato alcuni miliardari cinesi,

Li Ka-shing, Larry Young and Chen Yu Tung a creare

un fondo di private equity per aiutare le aziende kazake.

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Giappone che gli Stati Uniti risultano impossibilitati acontrapporsi direttamente sul piano economico e finan-ziario all’espansione della macchina statale cinese. Cio-nonostante, dal punto di vista geopolitico la linea di con-dotta della presidenza Obama risulta molto chiara: sindallo scorso luglio, durante la visita di Hillary Clinton inVietnam, gli Stati Uniti hanno sottolineato come le di-spute territoriali inerenti l’area del Mar Cinese meridio-nale debbano risolversi in ambito multilaterale compren-dendo tutti i Paesi interessati, dalle Filippine alla Male-sia, al fine di evitare che la Cina si imponga unilateral-mente sui vicini più deboli. Dal canto suo, Pechino pro-segue sulla strada degli accordi bilaterali, in un’area cheha già apertamente dichiarato essere di interesse nazio-nale e nella quale ha dislocato una marina militare incontinuo aggiornamento e crescita.

l ritorno dello Stato nella gestione diretta del-l’economia ripropone quindi una serie di temiche si presumeva fossero oramai relegati ai libri

di storia, dalla rettifica dei confini territoriali all’influen-za sulle acque internazionali, lasciando così intenderecome i legami dell’economia con la politica e la geogra-fia siano tutt’altro che virtuali. Di conseguenza l’atten-zione internazionale si dovrà esercitare non solo sul mo-dello cinese del cosiddetto “socialismo di mercato”, eti-chettato come capitalismo autoritario o addirittura bru-tale, come recentemente ha scritto il NY Times, ma an-che su come investimenti esteri da parte di aziende diStato e strategie politiche a lungo termine possano trova-re punti di convergenza anziché essere causa di attrito.

Per concludere: la Cina, che ha rivelato non poche ati-picità nel proprio percorso, sia storico che economico,rispetto alle teorie prevalenti, dovrà essere osservata conattenzione per verificare se l’ipotesi sostenuta da Ohmaepossa ancora ritenersi valida.

Oggi gli Stati-nazione appaiono ancora estremamentevitali: ma se a Washington i tea parties chiedono assen-za dello Stato nell’economia, in Cina lo Stato ha un ruo-lo centrale nello sviluppo, nella creazione di infrastrut-ture, nella corsa alle materie prime. Due modelli diver-genti e che albergano forti rischi di conflittualità, acco-munati tuttavia, per ora, dall’assenza di uno Stato socia-le, prerogativa e vanto dei Paesi europei. .

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A SINISTRA I presidenti kazako Nursultan Nazarbayev,

russo Dmitry Medvedev, uzbeko Islam Karimov, cinese Hu Jintao,

Tagiko Emomali Rakhmon posano per una foto di gruppo

durante lo Shanghai Cooperation Organization Summit.

SOPRA Un pastore dell’etnia kirgiza si riposa

dopo aver fatto attraversare all’ultima capra del gregge

il Toxkan, fiume al confine con il Kyrgyzstan.

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