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Docente: prof. ing. GUIDO CAMPONESCHI IMP. ENERGETICI rev. 1 data: 03/03/2017 DISEGNO E PROGETTAZIONE Impianti Energetici Disegno e Progettazione COGENERAZIONE E TELERISCALDAMENTO Docente: prof. ing. GUIDO CAMPONESCHI

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 Docente:  prof.  ing.  GUIDO  CAMPONESCHI                                                                IMP.  ENERGETICI                                                                                                    rev.  1      data:  03/03/2017  

DISEGNO  E  PROGETTAZIONE    

   

Impianti  Energetici    Disegno  e  Progettazione  

   

 COGENERAZIONE    

E  TELERISCALDAMENTO  

Docente:      prof.  ing.  GUIDO  CAMPONESCHI

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Generalità

Gran parte dell’energia elettrica generata in Italia e nel mondo proviene da impianti motori termici, nei quali calore ad alta temperatura viene prima convertito in energia meccanica (Lavoro) e quindi in energia elettrica per mezzo di generatori elettrici. Il calore proviene, nel caso delle centrali nucleari da reazioni di fissione (si parla in questo caso di impianti termonucleari) e nel caso delle centrali termoelettriche dalla combustione del combustibile immesso (carbone, metano, olio combustibile, biomasse etc).

La conversione da calore ad energia meccanica, che è la trasformazione più complessa, avviene sfruttando un ciclo termodinamico. Esistono parecchi cicli termodinamici, ma i più diffusi, nei grossi impianti di potenza, sono i cicli a vapore (cicli Rankine e Hirn), il ciclo Brayton-Joule degli impianti turbogas, il ciclo Otto-Diesel dei motori endotermici a combustione interna.

In generale, indipendentemente dal ciclo termodinamico sfruttato, il secondo principio della termodinamica stabilisce che non tutto il calore fornito può essere trasformato in lavoro; il limite massimo teorico della quota di calore effettivamente convertibile in lavoro è fissato dal rendimento del ciclo di Carnot. Quello che accade in un generico impianto termoelettrico a combustibile, come quelli presenti in Italia, può dunque essere schematizzato come da Figura seguente:

Impianto motore a ciclo semplice – Impianto motore cogenerativo.

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La figura pone a confronto una produzione in cogenerazione con una produzione separata; mostra come, a parità di utilizzazione finale (38 “unità” di energia elettrica e 57 “unità” di energia termica), la cogenerazione consente un significativo risparmio di energia primaria rispetto alla produzione separata di energia elettrica e calore. Mentre in un impianto CHP “cogenerativo” l’energia primaria richiesta sottoforma di combustibile è pari a 100 “unità”, con un sistema di produzione separata (SHP, Separated Heat and Power) tale richiesta è assai superiore. In questo caso è infatti necessario fare funzionare una centrale termoelettrica per produrre l’elettricità, dissipando il calore da questa prodotto, ed è inoltre necessario ricorrere ad una caldaia per soddisfare la richiesta termica dell’utenza. Nel caso dunque di sistema SHP l’energia primaria richiesta è pari a 148 “unità”, evidentemente superiore a quella necessaria per soddisfare lo stesso fabbisogno di energia elettrica e termica con un impianto cogenerativo.

La cogenerazione può dunque notevolmente incrementare l'efficienza nell’utilizzo dei combustibili fossili consentendo da un lato di ridurre i costi della bolletta energetica, e dall’altro di determinare minori emissioni di sostanze inquinanti e di gas ad effetto serra.

Non va dimenticato infatti che ridurre l’utilizzo di combustibili fossili è un obiettivo prioritario per lo sviluppo sostenibile. Il processo di

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combustione che si realizza nelle centrali termoelettriche e nelle caldaie determina sempre emissioni di sostanze inquinati gassose (ossidi di azoto, ossidi di zolfo, monossido di carbonio, idrocarburi etc.) e non gassosi (particolato). Tra le altre emissioni di un combustibile fossile (come carbone, derivati del petrolio, gas naturale etc.) vi è anche il rilascio di anidride carbonica (CO2) che contribuisce in maniera determinante all’effetto serra. Riduzioni nell’utilizzo di combustibili fossili possono essere ottenute da un lato ricorrendo a sistemi capaci di sfruttare fonti rinnovabili di energia, dall’altro incrementando l’efficienza dei sistemi di utilizzazione e di generazione dell’energia. Tra questi interventi si inserisce certamente anche il ricorso alla cogenerazione.

Anche per questo motivo, il Parlamento Europeo ha riconosciuto la cogenerazione come una tecnologia tra quelle necessarie per soddisfare il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e ha pertanto incluso tra le proprie priorità la diffusione progressiva della produzione combinata di energia elettrica e calore.

Vantaggi e limiti della cogenerazione

Da quanto visto nel precedente capitolo è possibile sintetizzare i principali vantaggi legati all’utilizzo di un impianto cogenerativo in luogo di un sistema per la generazione separata di calore ed energia elettrica:

• Minor consumo di energia primaria grazie alla maggior efficienza del sistema: con impianti cogenerativi è possibile raggiungere indici di utilizzazione del combustibile (EUF) anche superiori a 0.8 (ovvero si riesce a sfruttare utilmente oltre l’80% dell’energia messa a disposizione dell’impianto), con conseguente minor consumo di combustibile a parità di servizio reso.

• Minori emissioni in atmosfera di gas climalteranti ed altre sostanze inquinanti: la migliore efficienza complessiva dei sistemi cogenerativi consente una riduzione nel consumo di combustibili e di conseguenza minori emissioni in atmosfera di gas climalteranti quali ad esempio la CO2 e di altre sostanze inquinanti che risultano dai processi di combustione.

• Riduzione delle perdite per trasmissione: l’applicazione della cogenerazione, essendo l’impianto di norma localizzato vicino

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all’utente finale, rende minime le perdite per la distribuzione e il trasporto dell’energia.

• Possibilità di diminuire i rischi di interruzione del servizio: i sistemi cogenerativi in grado di funzionare anche in modalità “Stand Alone” consentono di ridurre al minimo i rischi di interruzione dell’alimentazione dell’energia per disservizi di rete, condizione di importanza fondamentale in tutti quei contesti in cui sia importante la continuità dell’approvvigionamento dell’energia elettrica.

Principio di funzionamento della cogenerazione

In generale un sistema cogenerativo è costituito da un impianto motore primo, da un generatore elettrico che, mosso dall’impianto motore, è in grado di produrre elettricità, e da recuperatori di calore (scambiatori di calore). Per quanto riguarda i motori primi, le tecnologie di base ad oggi maggiormente impiegate sono:

• impianti turbogas (utilizzati in ciclo semplice con recupero di calore per la cogenerazione ���direttamente dai gas di scarico, o in ciclo combinato, recupero di calore per la cogenerazione dopo aver utilizzato i gas di scarico anche per la produzione di vapore di alimento per una turbina a vapore);

• impianti a vapore (possono essere a contropressione, se il calore è recuperato dal vapore scaricato dalla turbina, o a spillamento, se il calore è ottenuto da vapore estratto in uno stadio intermedio della turbina);

• motori alternativi a combustione interna (ciclo Diesel o ciclo Otto; in entrambi i casi il calore viene principalmente dai gas di scarico e dal liquido di raffreddamento del corpo motore).

E’ bene comunque sottolineare anche i principali limiti di cui è bene e doveroso tenere conto nella valutazione di un impianto cogenerativo. Il principio della cogenerazione, seppure valido in generale, talvolta non può essere applicato in maniera energeticamente ed economicamente conveniente, se non sono soddisfatte le seguente condizioni:

• 1. Presenza e vicinanza dell’utenza termica: perché un impianto

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cogenerativo possa essere realizzato è necessario che nelle vicinanze di questo sia presente una utenza termica, industriale o civile. Tale necessità di fatto si scontra con la tendenza di collocare in luoghi distanti dai centri urbani o di lavoro gli impianti termoelettrici per la generazione di energia, al fine di limitare l’esposizione della popolazione alle emissioni in atmosfera. L’esigenza dunque di avvicinare ai luoghi frequentati gli impianti cogenerazione, al fine di non estendere troppo le reti di distribuzione del calore, richiede pertanto che gli impianti cogenerativi siano perlopiù di taglia limitata e comunque dotati di sistemi di abbattimento degli inquinanti emessi allo scarico assai efficienti.

• 2. Contemporaneità delle utenze: un’altra condizione perché un impianto cogenerativo possa essere sfruttato in maniera opportuna è che la richiesta di energia termica ed elettrica siano contemporanee. Un impianto di cogenerazione tipicamente è in grado di mettere a disposizione calore ed energia elettrica simultaneamente, pertanto è necessario che le utenze simultaneamente assorbano tale energia. Per questa ragione spesso gli impianti cogenerativi sono allacciati alla rete elettrica nazionale cedendo a questa l’energia elettrica prodotta in eccedenza e l’impianto viene fatto operare assecondando le richieste di energia termica delle utenze. Qualora poi l’impianto cogenerativo dovesse risultare insufficiente per soddisfare interamente le richieste termiche dell’utenza (carico di punta) un sistema termico ausiliario potrebbe essere introdotto

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Per un impianto cogenerativo è possibile definire una serie di indici prestazionali che danno informazioni oggettive circa la qualità dell’impianto e la sua capacità di sfruttamento dell’energia primaria introdotta (combustibile).

Il rendimento elettrico di cogenerazione ηel

indica quanta dell’energia del combustibile è effettivamente convertita in energia elettrica

𝜂!"!##$. =  𝐸!"!#$𝑄!"#$.

Il rendimento termico di cogenerazione ηt indica quanta dell’energia del combustibile è convertita in energia termica utile:

𝜂!"#$. =  𝑄!"#$.𝑄!"#$.

Il fattore di utilizzazione del combustibile EUF (Energy Utilization Factor - EUF) indica quanta dell’energia del

combustibile, è effettivamente sfruttata in forma elettrica o termica:  

E.U. F =  𝐸𝐸𝑒𝑡𝑡𝑟. +  𝑄𝑇𝑒𝑟𝑚.

𝑄𝑐𝑜𝑚𝑏.=   𝜂𝑒𝑙𝑒𝑡𝑡𝑟. +    𝜂𝑡𝑒𝑟𝑚.

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E’ possibile infine definire il rapporto di cogenerazione y come

il rapporto tra l’energia elettrica e l’energia termica utile messa a disposizione dall’impianto:

𝑦 =  𝐸!"!##$.𝑄!"#$.

 

Definizione di PES Primary Energy Saving ovvero Risparmio di Energia Primaria

La Direttiva 2004/8/CE, recepita dal Dlgs 20/07, ha stabilito che, a partire dal 2011, la condi- zione alla quale la produzione combinata di energia elettrica e calore può ottenere la qualifica di “cogenerazione ad alto rendimento” sia basata sul parametro PES, acronimo di Primary Energy Saving ovvero Risparmio di Energia Primaria. Il PES esprime, in realtà, il risparmio relativo di energia primaria realizzabile da un impianto di cogenerazione rispetto ad impianti separati per la produzione di energia termica ed energia elettrica e, quindi, si può calcolare come indicato nel seguito.

In primo luogo, dal punto di vista del risparmio di energia primaria nell’impianto cogenerativo, si può scrivere

∆𝐸! =  𝐸!𝜂!+  𝐸!𝜂!

−  𝐸!

���dove, su base annuale, Ec = mcHi è l’energia primaria immessa sotto forma di combustibili commerciali, mentre Et ed Ee sono, rispettivamente, l’energia termica e l’energia elettrica prodotte. Di conseguenza Et/ηt ed Ee/ηe, con ηt rendimento termico di un generatore convenzionale di calore ed ηe rendimento di conversione di un ciclo diretto convenzionale, si possono interpretare come energie primarie immesse negli impianti convenzionali per la produzione separata di calore e lavoro.

A questo punto si può notare che, nella (1), la quantità entro parentesi è l’energia primaria totale immessa negli impianti convenzionali. Pertanto,

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dividendo per tale quantità entrambi i membri della (1), si perviene alla definizione cercata

𝑃𝐸𝑆 =    ∆𝐸!

𝐸!𝜂!+  𝐸!𝜂!

= 1−  1

𝐸!𝜂!𝐸!

+   𝐸!𝜂!𝐸!

cioè all’espressione adimensionale del risparmio di energia primaria realizzato con l’impianto cogenerativo rispetto agli impianti convenzionali separati. Un problema a parte è la valutazione dei valori dei rendimenti ηt ed ηe da utilizzare nella (2). A questo proposito, la Direttiva 2004/8/CE stabilisce di far riferimento allo stato dell’arte tecnologico tenendo conto del tipo di combustibile utilizzato e delle condizioni climatiche prevalenti nelle località in cui si realizzano gli impianti. Ovviamente, spetterà ai singoli Stati farsi carico di queste problematiche in regolamenti attuativi (che, in Italia, non erano ancora disponibili al momento della redazione di questo note).

Una volta calcolato il PES, le condizioni poste dalla Direttiva 2004/8/CE per ottenere la qualifica di “cogenerazione ad alto rendimento” (e godere degli incentivi e delle agevolazioni descritte più sotto) sono di semplice determinazione:

• PES ≥ 0 per potenze elettriche minori di 1 MW, e

• PES ≥ 0,1 per potenze elettriche maggiori od uguali ad 1 MW.

In pratica, la qualifica di impianti di cogenerazione ad alto rendimento può essere ottenuta dagli impianti di taglia inferiore ad 1 MW di potenza elettrica se non consumano più energia primaria dei più efficienti impianti separati che producono le stesse quantità di calore ed energia elettrica. Analogamente, la qualifica può essere ottenuta dagli impianti cogenerativi di taglia superiore ad 1 MW di potenza elettrica se garantiscono un risparmio di energia primaria non inferiore al 10% rispetto ai più efficienti impianti separati che producono le stesse quantità di calore ed energia elettrica.

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Incentivi ed agevolazioni In Italia, i benefici collegati alla qualifica di impianto di cogenerazione ad alto rendimento sono diversi. Tra essi, si hanno

• l’esonero dall’obbligo di acquisto dei Certificati Verdi per l’energia elettrica prodotta in cogenerazione;

• la possibilità di ottenere i Certificati Bianchi per la parte di energia primaria risparmiata;

• la precedenza nell’ambito del dispacciamento per l’energia elettrica prodotta in cogene ���razione;

• la riduzione del carico fiscale sull’accisa del gas naturale;

• la semplificazione delle condizioni tecnico-economiche per la connessione alla rete elettrica nazionale;

l’accesso, in alcuni casi precisati nella normativa, alle modalità di cessione dell’energia ���elettrica attraverso lo Scambio sul Posto ed il Ritiro Dedicato. ���

Principali tipologie impiantistiche In questa sezione viene dato spazio alla descrizione tecnica dei principali impianti motori utilizzati a fini cogenerativi, evidenziando anche le eventuali modifiche che è necessario introdurre per sfruttare anche il cascame termico.

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Impianti a Vapore

I cicli a vapore sono i più sfruttati per la generazione di energia elettrica. Il vantaggio di tale tecnologia sta nella possibilità di utilizzare combustibili di bassa qualità, quale carbone e oli combustibili pesanti. Questo è dovuto al fatto che gli impianti a vapore sono sistemi a combustione esterna, in cui dunque i prodotti della combustione cedono il loro calore ad un altro fluido anziché evolvere direttamente nelle macchine.

Alcune modifiche al ciclo termodinamico di base devono essere introdotte al fine di rendere l’impianto idoneo alla cogenerazione, così da fornire calore a temperature compatibili con quelle delle utenze. Si realizzano pertanto impianti a contropressione o a spillamento di vapore.

Impianto a contropressione – Impianto a spillamento.

Negli impianti a contropressione (Fig. 6-a) il condensatore di vapore viene by-passato ed il vapore in uscita dalla turbina è inviato ad uno scambiatore di calore dove condensa cedendo calore ad un altro mezzo termovettore che alimenta una utenza termica. La maggiore

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temperatura a cui avviene la condensazione in questo caso determina maggiori pressioni di condensazione, con perdita di lavoro meccanico e quindi di energia elettrica. Qualora non sia richiesto calore dall’utenza il vapore può condensare in un condensatore normale permettendo dunque al sistema di operare in sola generazione di energia elettrica.

Figura – Spaccato di una turbina a vapore monoalbero a tre corpi.

In Figura è mostrato lo spaccato di una tipica turbina a vapore per impianti di grande potenza con corpi di alta, media e bassa pressione; il corpo di bassa pressione è a doppio flusso.

Schemi più semplici di impianti a contropressione sono a circuito aperto e prevedono l’eliminazione del condensatore; sono impiegati quando c’è un assorbimento continuo di vapore da parte dell’utenza.

Negli impianti a spillamento di vapore (Fig. 6-b) la cogenerazione viene fatta prelevando una certa quantità di vapore (ms) in uno stadio intermedio della turbina (il prelievo potrebbe essere effettuato anche a monte della turbina) per essere inviato ad una utenza termica. Tale configurazione è adottata in larga parte in contesti industriali dove, per necessità tecnologiche e produttive, sono necessari contestualmente energia elettrica e vapore. Variando la quota di portata spillata è dunque possibile variare il rapporto di cogenerazione dell’impianto. Se ms=0, l’impianto opera in ciclo semplice ed è in grado di fornire solo energia elettrica; aumentando ms certamente aumenta la quota di energia termica fornita all’utenza ma contestualmente diminuisce l’energia elettrica prodotta. La massa di vapore spillata infatti, dal momento in cui viene sottratta alla turbina, non contribuisce a fornire lavoro meccanico ed anche in questo caso dunque il prelievo di calore va a discapito della resa in energia elettrica.

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Da quanto detto si evince pertanto che la cogenerazione con impianti a vapore tradisce il principio di utilizzare unicamente calore che sarebbe scartato dall’impianto, ma il fluido che viene sottratto per alimentare le utenze termiche sarebbe ancora in grado di compier lavoro utile in turbina. L’applicazione di cogenerazione da impianti a vapore pertanto si limita perlopiù ad applicazioni industriali in cui sarebbe comunque necessario produrre in maniera continuativa vapore per finalità tecnologiche. Sistemi cogenerativi basati su impianti a vapore si collocano nelle taglie più grandi, con potenze dell’ordine delle decine di MW; a volte anche centinaia di MW.

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Impianti Turbogas

Sistemi turbogas (ciclo Brayton-Joule) sono oggi largamente utilizzati nella propulsione aeronauta in ragione della loro compattezza ma sono sempre più apprezzati per applicazioni stazionarie costituendo la base di impianti cogenerativi ed impianti a ciclo combinato.

Spaccato di un gruppo Turbogas (Fonte: ABB)

Lo schema di base di un impianto turbogas non rigenerato a circuito aperto è mostrato nella figura seguente.

Aria viene aspirata dall’ambiente a pressione e temperatura atmosferica (punto 1) da un compressore (C), e portata alle condizioni 2 con pressione e temperatura aumentate. Questo flusso di aria compressa raggiunge una camera di combustione (CC) dove è introdotta anche una certa massa di combustibile mc.

All’uscita della camera di combustione il flusso di gas compressi si trova ad elevata temperatura (spesso superiore ai 1000°C) ed è nelle condizioni per essere impiegata in una turbina dove espande fino alle condizioni di pressione ambiente (punto 4), giacché lo scarico è aperto all’atmosfera. Durante l’espansione il gas cede energia alla macchina che è dunque in grado di trascinare un generatore elettrico (G).

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Schema di impianto turbogas in ciclo semplice – Schema di impianto turbogas cogenerativo.

Va osservato come la temperatura dei gas scaricati dalla turbina sia ancora assai elevata (prossima o superiore ai 500°C), tale dunque da consentirne lo sfruttamento per fini termici.

Il flusso di gas caldi scaricati dalla turbina, la cui energia termica rappresenta il calore Q2 ceduto dal ciclo, può essere sfruttato direttamente per alimentare una utenza termica (in questo caso il sistema turbogas è in assetto cogenerativo) oppure per alimentare un ciclo a vapore, realizzando così un impianto a ciclo combinato, come descritto nella sezione seguente.

Il modo più semplice di recuperare il calore è quello di posizionare una caldaia a recupero (HRB, Heat Recovery Boiler) sul percorso fumi al fine di scaldare un fluido termovettore (ad esempio acqua) da inviare ad una utenza termica, come mostrato in Fig. 8-b.

La seguente Fig. 9 mostra un piccolo gruppo Turbogas da 25 MW di potenza elettrica utile e sono riconoscibili i principali componenti menzionati. Si noti anche il condotto di scarico che raccoglie i gas ancora caldi che abbandonano la turbina al termine dell’espansione e che possono essere sfruttati nelle caldaie a recupero di un impianto cogenerativo.

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Motori a Combustione Interna

Motori a Combustione Interna (MCI) si prestano alla cogenerazione in un campo di potenze piuttosto ampio, con le più piccole unità da poche decine di kWe a motori capaci di qualche MW di potenza elettrica. I motori a combustione interna mettono a disposizione calore a due livelli di temperatura. In un motore diesel ad esempio i gas di scarico vengono rilasciati a temperature dell’ordine dei 450°C, mentre calore a temperature comprese tra 80 e i 100°C può essere recuperato dal liquido del circuito di raffreddamento delle camicie del motore, dal circuito raffreddamento dell’olio motore o sfruttando l’intercooler se il motore è sovralimentato.

In Fig. 11-a è mostrato il diagramma indicato (piano pressione-volume) del ciclo teorico Sabathè, che si può ridurre ad un ciclo Diesel e ad un ciclo Otto teorici se la combustione avviene a pressione costante ed a volume costante rispettivamente. In un motore a ciclo Otto una miscela di aria e combustibile viene compressa in un cilindro e l’accensione avviene tramite un dispositivo azionato dall’esterno (candela); si parla in questo caso di accensione comandata. In un motore Diesel solo l’aria è compressa nel cilindro, mentre il combustibile è iniettato al termine della fase di compressione e, causa l’elevata temperatura dell’aria compressa, la combustione si avvia in maniera spontanea (accensione spontanea o accensione per compressione).

Motori a ciclo Diesel vengono utilizzatati per la cogenerazione quando sono disponibili combustibili idonei all’accensione per compressione, quali gasolio ed oli di vario genere, tra cui anche quelli vegetali. Motori cogenerativi a ciclo Otto utilizzano invece combustibili idonei al funzionamento ad accensione comandata, quale ad esempio il gas naturale, assai impiegato in Italia in quanto largamente disoponibile grazie alla rete di distribuzione capillare. Esistono anche versioni dual fuel in cui un motore a ciclo Diesel aspira una miscela di aria-metano ma esegue anche una piccola iniezione di gasolio per avviare la combustione.

In Fig. 11-b, dove sono mostrate le quattro fasi di un motore a ciclo Otto, si nota come la fase di espansione sia quella utile, ovvero quella che fornisce lavoro meccanico all’albero che a sua volta è in grado di trascinare il generatore elettrico, mentre nella fase di scarico, con il rilascio dei gas ancora caldi, viene messa a disposizione energia termica ad alta temperatura. Ponendo una caldaia a recupero sul

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collettore di scarico, dove confluiscono i gas esausti di tutti i cilindri, tale energia termica può essere recuperata. Osservando con attenzione la stessa figura si possono notare le cavità realizzate nel blocco motore e nella testata dedicate alla circolazione del fluido refrigerante, al fine di limitare la temperatura massima delle componenti meccaniche durante il funzionamento. Il liquido refrigerante che circola in tali condotti costituisce la seconda sorgente principale da cui è possibile estrarre calore in un motore a combustione interna cogenerativo.

Quanto detto circa il recupero termico di un generico motore a combustione interna impiegato per usi cogenerativi è rappresentato nello schema di Fig. 12. Si osserva come una portata d’acqua paria a 53.7 m3/h viene riscaldata, da una temperatura inziale di 70°C ad una finale di 90°C, sfruttando i cascami termici di un motore a combustione interna. L’acqua viene scaldata attraversando dapprima uno scambiatore da cui riceve calore raffreddando l’aria compresa all’uscita del turbocompressore (intercooler), quindi ricevendo calore dall’olio motore, poi dal circuito di raffreddamento motore ed infine raffreddando i gas di scarico.

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viene mostrato un motore da circa 3 MWe alimentato a gas naturale a ciclo Otto sovralimentato

Motore a combustione interna sovralimentato cogenerativo

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Scelta della tipologia impiantistica

Prima di procedere alla definizione della tipologia di impianto, bisogna effettuare una scelta preliminare sull’input energetico che si utilizzerà. Effettuata la scelta sulla fonte, le tecnologie disponibile per le centrali sono svariate (per una panoramica più ampia si rimanda all'allegato I), ma sicuramente la tipologia più adatta, e per questo anche la più diffusa, è la cogenerazione a gas.

Nel caso della cogenerazione i fattori che influenzano la scelta sono:

• la taglia del sistema di teleriscaldamento, • il livello di temperatura richiesto nella distribuzione del calore, • il livello di priorità economica che si vuole attribuire alla vendita di energia elettrica.

La taglia del sistema è determinata in base al diagramma orario della domanda di calore e alle dispersioni della rete che vanno sommate per ottenere la domanda termica in centrale.

In maniera del tutto approssimativa, si può dire che la potenza termica dell’impianto cogenerativo viene posizionata al 50% del picco di domanda di riscaldamento.

Ottenuto il valore di potenza termica, si ottiene il valore di potenza elettrica in base al rapporto termico/elettrico della tecnologie disponibili.

In base al valore della potenza elettrica (Pe), è possibile definire quali sono le scelte tecnologiche disponibili, che, sempre in modo puramente indicativo, sono:

• Pe < 5 MW - motori alternativi • 5 MW < Pe < 10 MW - motori alternativi o turbine a gas; • 10 MW < Pe < 20 MW - turbine a gas o cicli combinati gas/vapore; • Pe > 20 MW - cicli combinati gas/vapore.

Va tenuto presente che la situazione tecnologica è in continuo miglioramento soprattutto per quanto riguarda le potenze medie e piccole, grazie all’utilizzo di microturbine, celle a combustibile e turbine a gas derivate dai motori aerei.

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Anche la scelta del livello di temperatura influisce sulla scelta della tecnologia cogenerativa, dal momento che un alto livello porta ad escludere i motori alternativi e nei cicli combinati vi è una diminuzione del rendimento elettrico all’aumentare della temperatura di recupero del calore.

Questi problemi non si hanno, invece, per le turbine a gas, che infatti rappresentano la scelta più diffusa in questi casi.

Una volta effettuata la scelta tecnologica, si passa al dimensionamento dei componenti della centrale e alla eventuale suddivisione del modulo cogenerativo in più unità. Un sistema modulare consente, infatti, di dilazionare nel tempo gli investimenti in base agli allacciamenti effettivi e di migliorare la capacità di adattamento alle variazioni del carico.

La centrale di produzione può essere poi integrata con l’apporto di energia termica proveniente da pozzi geotermici, caldaie alimentate da scarti di legname o biomassa agricola/forestale, altre centrali termoelettriche, ecc.

 

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TELERISCALDAMENTO

Le dimensioni di un sistema di teleriscaldamento possono essere molto variabili, dal piccolo quartiere ad una intera città.

Il sistema di trasporto e distribuzione, è sempre costituito da due tubazioni affiancate di uguale diametro per la mandata e per il ritorno.

Generalmente si utilizza come fluido termovettore acqua calda o acqua surriscaldata; le tubazioni devono essere isolate termicamente al fine di limitare quanto più possibile le dissipazioni termiche.

Le perdite di calore lungo la rete sono estremamente ridotte, utilizzando i moderni tubi preisolati, pari tipicamente al 3% della potenza trasporata dalla rete (0,1°C al chilometro, se la differenza di temperatura tra mandata e ritorno è di 15°C in una rete da 5 km).

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Nel caso di utilizzo di acqua calda si hanno generalmente temperature di mandata/ritorno di 90/60°C, quindi salti termici dell'ordine di 30°C, mentre con l’utilizzo di acqua surriscaldata si hanno tipicamente temperature di mandata/ritorno 120 / 60°C, quindi salti termici dell'ordine di 60°C.

Alle reti viene associato un complesso di sottocentrali, una per ogni utenza o gruppo di utenze, ove viene regolato e misurato il trasferimento di calore dalla rete di distribuzione del calore all’impianto di riscaldamento interno all’edificio. Nei sistemi di teleriscaldamento, la rete di trasporto e di distribuzione del calore è la parte più costosa dell’impianto, con una incidenza sul costo di investimento totale quantificato fra il 50% e l’80%.

Tracciato e dimensionamento della rete

Il tracciato dalla rete è divisibile in:

• rete primaria (la dorsale, posata in suolo pubblico sotto la sede stradale); • rete secondaria (allacciamenti alle singole utenze e tratti correnti in proprietà

private).

I diversi scenari di acquisizione dell’utenza, definiti in fase di stima della domanda termica teleriscaldabile, si ripercuotono sull’estensione della rete secondaria (ad esempio, l’offerta di condizioni agevolate per l’allacciamento può far crescere la rete secondaria).

Il corretto dimensionamento della rete primaria (diametro delle tubazioni) è molto importante perché incide in maniera significativa sul costo totale dell’impianto.

Il dimensionamento della rete dipende dai seguenti parametri:

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• la potenza termica, derivante dal dimensionamento dei carichi termici esistenti e dalle previsioni di futura espansione;

• la differenza di temperatura tra mandata e ritorno del fluido termovettore (che può essere acqua calda, acqua surriscaldata, vapore, liquidi diatermici);

La portata di fluido termovettore (G), anch’essa fondamentale per il il dimensionamento delle tubazioni, si determina come rapporto fra la potenza termica che occorre fornire alle utenze (P)ed il prodotto del calore specifico del fluido (c) per la differenza di temperatura mandata-ritorno (∆T):

𝐺 =  𝑃𝑜𝑡𝑐 ∗ ∆𝑇

Nel caso più comune, in cui il fluido termovettore è acqua calda, la sua velocità nelle reti di teleriscaldamento viene scelta nel range 1-2,5 m/s (velocità troppo basse implicano l’adozione di tubazioni di grosso diametro con conseguente aumento delle dispersioni termiche mentre velocità troppo alte producono maggiori perdite di carico). Normalmente come velocità di primo tentativo si sceglie quella più bassa del range, 1 m/s, e poi si prende un diametro commerciale della tubazione che si avvicina per difetto a quello calcolato: così la velocità effettiva nella tubazione sarà sicuramente contenuta nel range stabilito.

Impostando come costante la velocità del fluido termovettore, la sezione dei tubi diviene via via decrescente man mano che si distribuisce la portata lungo i rami della rete, dai tronchi principali alle diramazioni più periferiche. Si rende poi necessaria la posa di sistemi di compensazione delle dilatazioni termiche, che aumentano all’aumentare della temperatura.

Tutte le variabili indicate influiscono sul diametro delle tubazioni (una maggiore potenza o una minor differenza di temperatura comportano una maggior portata e quindi maggior diametro), e ciò si ripercuote sui costi del sistema. Infatti, i costi di impianto aumentano all’aumentare del diametro delle tubazioni, mentre i costi di esercizio aumentano all’aumentare delle perdite di carico, cioè con il diminuire del diametro delle tubazioni a parità di portata termica.

Influiscono, inoltre, sulla scelta del dimensionamento ottimale, ipotesi su eventuali estensioni future della rete e la scelta della tecnologia nella

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centrale di produzione, che definisce il livello entalpico massimo (prodotto del calore specifico per la differenza di temperatura) del calore recuperabile.  

Per quanto riguarda la costruzione della rete secondaria questa, invece, può anche avere un orizzonte temporale più lungo, sincronizzato con i piani di acquisizione delle utenze.

Sottocentrale di scambio termico

La sottostazione per teleriscaldamento è un’unità completamente assemblata e cablata per la trasmissione del calore ad alto rendimento e massima sicurezza di esercizio.

La sottocentrale di scambio termico è in genere ubicata in un’apposita “centrale termica di edificio” all’interno della quale si trovano: ���

o Scambiatori di calore a piastre ispezionabili (piastre corrugate o lisce) o saldobrasati

o Accessori di sicurezza:

• Valvole di sicurezza certificate I.S.P.E.S.L. (PED)

• Vaso di espansione

o Accessori di osservazione:

• Manometri

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• Termometri

• Sonde ad immersione

o Accessori di protezione:

• Termostati di sicurezza

• Termostato di regolazione (per acqua calda o bitermostati di regolazione e sicurezza per acqua surriscaldata)

o Accessori di regolazione:

• Valvole a sede e otturatore a due vie

• Servocomandi elettrici per le valvole sopra citate

o Accessori di regolazione automatica:

• Centralina di termoregolazione, con rilievo delle varie temperature, programmazione e parametrizzazione delle grandezze fisiche ed elettriche da gestire

o Quadro elettrico generale di comando

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