corso di laurea specialistica in medicina e chirurgia · sono stati somministrati un totale di 301...
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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica
Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN MEDICINA E CHIRURGIA
Studio di fase II di chemioterapia neoadiuvante con
FOLFOXIRI in pazienti con carcinoma del pancreas
localmente avanzato
Candidato Relatore
Alessandra GONNELLI Chiar.mo Prof. Alfredo FALCONE
Anno Accademico 2012-2013
1
Indice
RIASSUNTO
3-5
Capitolo 1 INTRODUZIONE
1.1 Epidemiologia
1.2 Cenni anatomo-fisiologici
1.3 Fattori di rischio
1.4 Anatomia patologica
1.5 Genetica e biologia molecolare
1.6 Storia naturale
1.7 Quadro clinico, diagnosi e stadiazione
1.8 Trattamento
1.8.1 Criteri di resecabilità
1.8.2 Trattamento chirurgico
1.8.3 Trattamento medico
1.8.4 Trattamenti palliativi nella malattia localmente avanzata e metastatica
1.9 Prognosi
6-50
6
7
9
11
16
19
20
26
26
27
30
45
50
Capitolo 2 PAZIENTI E METODI
2.1 Razionale dello studio
2.2 Obiettivi dello studio
2.3 Criteri di selezione dei pazienti
2.4 Piano di trattamento dei pazienti e criteri di valutazione
2.4.1 Valutazione pre-trattamento
2.4.2 Trattamento neoadiuvante
2.4.3 Valutazione della tossicità
2.4.4 Rivalutazione di malattia
2.4.5 Trattamenti locali
2.4.6 Follow up dopo il trattamento
2.5 Criteri di valutazione dei pazienti
51-61
51
52
53
54
54
54
55
56
57
58
60
2
Capitolo 3 RISULTATI
3.1 Caratteristiche dei pazienti
3.2 Tossicità del trattamento
3.3 Risposte al trattamento chemioterapico
3.4 Trattamenti locali
3.5 Dati di sopravvivenza
3.5.1 Analisi della sopravvivenza libera da progressione
3.5.2 Analisi della sopravvivenza globale
62-73
62
64
65
67
70
71
73
Capitolo 4 DISCUSSIONE
74-76
Capitolo 5 CONCLUSIONI
77
BIBLIOGRAFIA
78-97
APPENDICI
98-105
3
Riassunto
Il carcinoma del pancreas rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia nei paesi
occidentali con una mortalità che approssima la sua incidenza.
La chirurgia rappresenta l’unico trattamento potenzialmente curativo per l’adenocarcinoma
pancreatico e la radicalità della resezione costituisce un importante fattore prognostico nei
pazienti resecati con un vantaggio, in termini di probabilità di sopravvivenza a lungo termine,
a favore dei pazienti con margini di resezione indenni (R0).
Tuttavia alla diagnosi, solo il 20% dei pazienti presenta una malattia resecabile a causa della
presenza di metastasi a distanza e/o della diffusione loco-regionale di malattia.
Circa il 20% dei pazienti mostra invece alla diagnosi, un quadro di malattia definita
localmente avanzata o a resecabilità borderline in base all’infiltrazione di segmenti di vasi
venosi (in particolare vena porta o vena mesenterica superiore) o arteriosi (arteria mesenterica
superiore o rami del tripode celiaco). Questi pazienti sono a maggior rischio di resezione
chirurgica non radicale e di presentare una malattia micrometastatica e, pertanto, sono
solitamente candidati a trattamenti medici.
Negli ultimi anni il trattamento medico del carcinoma del pancreas ha subito notevoli
miglioramenti grazie all’utilizzo di regimi polichemioterapici che hanno dimostrato una
maggiore attività ed efficacia rispetto al tradizionale trattamento con Gemcitabina. In
particolare un regime di combinazione di 5-Fluorouracile/Acido Folinico, Irinotecano e
Oxaliplatino, denominato FOLFIRINOX, ha recentemente dimostrato, in un ampio studio di
fase III, un aumento della sopravvivenza mediana a circa 11 mesi e un tasso di risposte
obiettive superiore al 30% in pazienti con malattia metastatica.
La disponibilità di regimi chemioterapici attivi ha portato a provare il loro utilizzo anche nella
malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline con l’obiettivo di selezionare meglio i
pazienti potenzialmente resecabili e di aumentare il tasso di resezioni radicali.
Con queste premesse, abbiamo deciso di effettuare uno studio di fase II in pazienti con
carcinoma del pancreas localmente avanzato o borderline per resecabilità per valutare
l’attività del FOLFOXIRI, un regime chemioterapico che prevede sempre la combinazione tra
4
5-Fluorouracile/Acido Folinico, Irinotecan e Oxaliplatino e in cui, rispetto al FOLFIRINOX,
il 5-Fluorouracile viene somministrato completamente in infusione continua e l’Irinotecan è
somministrato a dose lievemente ridotta. Questo regime è stato selezionato in quanto già
ampiamente utilizzato dal nostro gruppo nel trattamento di altri tumori gastrointestinali e
perché potrebbe comportare vantaggi in termini di tossicità rispetto al regime francese.
L’obiettivo principale dello studio è stata la valutazione delle resezioni chirurgiche radicali
dopo chemioterapia neoadiuvante con FOLFOXIRI, ipotizzando un aumento del tasso di
resezioni radicali dal 30% previsto al 50%.
Da settembre 2011 a settembre 2013, sono stati pertanto arruolati nello studio, e trattati con
FOLFOXIRI, 43 pazienti affetti da carcinoma del pancreas localmente avanzato o borderline
resectable, in buone condizioni generali e di età inferiore a 75 anni, che rispettavano tutti i
criteri di inclusione e di esclusione dello studio.
Sono stati somministrati un totale di 301 cicli di chemioterapia con una mediana di 6 cicli per
paziente. Durante il trattamento chemioterapico non son state osservate morti tossiche ma in
21 pazienti è stato necessario almeno un rinvio della somministrazione del trattamento e in 15
casi si è dovuto ridurre la dose dei chemioterapici. Ventuno pazienti hanno inoltre presentato
almeno un episodio di tossicità di grado 3-4.
Al momento dell’analisi dei dati, 40 pazienti sono risultati valutabili per risposta obiettiva: 15
pazienti (34,9%) hanno presentato una risposta parziale; una stabilità di malattia, come
migliore risposta al trattamento, si è presentata in 23 (53,5%) casi mentre 2 (4,6%) pazienti
sono andati incontro a progressione di malattia durante il trattamento.
I pazienti che, terminata la terapia neoadiuvante, hanno effettuato l’intervento chirurgico sono
stati 20: in 19 di questi l’intervento è stato radicale con margini di resezione chirurgica R0,
mentre in un caso i margini di resezione son risultati positivi (R1) e il paziente è stato
sottoposto a radioterapia adiuvante. Nove pazienti sono attualmente in attesa di valutazione
chirurgica, in 6 pazienti è stata effettuata, al termine della terapia neoadiuvante, una
chemioradioterapia e 4 pazienti sono stati sottoposti a un intervento di laparoscopia
esplorativa che ha evidenziato la presenza di metastasi.
La sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia (PFS) è risultata essere di 13,9
mesi, con una percentuale di pazienti liberi da progressione di malattia del 61% a un anno e
del 17% a 2 anni. La sopravvivenza mediana globale (OS) è risultata essere di 24,2 mesi con
una percentuale di pazienti in vita a un anno dell’ 80%, a 2 anni del 31% e a 3 anni del 26%.
5
Non sono state osservate differenze significative nei sottogruppi per sesso, performance
status, età, localizzazione e stadio del tumore, mentre è stata riscontrata una differenza
statisticamente significativa in termini di PFS tra i pazienti sottoposti a intervento chirurgico
rispetto a quelli che non sono stati operati.
In conclusione, la chemioterapia con il regime FOLFOXIRI sembra essere una strategia
interessante nel trattamento di pazienti con carcinoma del pancreas localmente avanzato in
termini di attività e possibilità di successiva resezione chirurgica radicale. Un più lungo
follow-up ed eventuali studi prospettici randomizzati sono necessari per valutare meglio
l’outcome a lungo termine di questa nuova strategia terapeutica.
.
6
1. Introduzione
1.1 Epidemiologia
L’adenocarcinoma del pancreas, neoplasia maligna che deriva dall’epitelio dei dotti
pancreatici, costituisce un importante problema sanitario a causa dell’elevata mortalità legata
soprattutto all’aggressività biologica della malattia, alle difficoltà di diagnosticare la malattia
in fase precoce e alla scarsa sensibilità ai trattamenti medici.
Negli Stati Uniti si stimano 45220 nuovi casi l’anno e 38460 morti l’anno per questa malattia1
che, pertanto, rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia sia nei maschi (dopo il
carcinoma del polmone, della prostata e del colon retto) che nelle femmine (dopo il carcinoma
del polmone, della mammella e del colon retto).1
Figura 1.1. Ten Leading Cancer Types for the Estimated New Cancer Cases and Deaths by Sex, United States,
2013. *Estimates are rounded to the nearest 10 and exclude basal cell and squamous cell skin cancers and in situ carcinoma except urinary bladder.
7
La neoplasia è rara prima dei 45 anni e, nell’80% dei casi, si sviluppa tra la sesta e l’ottava
decade di vita, con un’età media alla diagnosi di 70 anni.1
L’incidenza è pressoché uguale nei
due sessi e la malattia presenta una frequenza maggiore tra gli afro-americani rispetto alla
popolazione bianca.2,3
L’incidenza del cancro del pancreas negli Stati Uniti è aumentata dal
1999 al 2008, forse a causa di un aumento della prevalenza dell’obesità e di altri fattori
sconosciuti,3
mentre il tasso di mortalità è rimasto invariato.4
1.2 Cenni anatomo-fisiologici
Il pancreas dell’adulto è un organo retroperitoneale orientato in senso trasversale che si
estende dalla “C” duodenale fino all’ilo della milza. In media è lungo 11cm e pesa 90g negli
uomini e 85g nelle donne. Nonostante il pancreas non abbia una struttura anatomica ben
definita, i vasi adiacenti possono essere presi come riferimento per distinguere la ghiandola in
tre parti: la testa, il corpo e la coda.
Il pancreas riceve molte piccole arterie, arterie pancreatiche, da diverse sorgenti. Alla testa del
pancreas partecipano soprattutto due arcate arteriose pancreaticoduodenali, dorsale e ventrale,
che si costituiscono per l’unione a pieno canale fra i rami di divisione dell’a.
pancreaticoduodenale superiore (dalla gastroduodenale) e i rami di divisione della a.
pancreaticoduodenale inferiore (dalla mesenterica superiore). Il corpo del pancreas riceve
sangue da vasi che originano dalla arteria splenica e dalla a. pancreatica superiore. Questa può
nascere direttamente dal tronco celiaco oppure dalla a. mesenterica superiore; qualunque sia
l’origine essa decorre posteriormente al corpo del pancreas, diretta verso la faccia inferiore di
esso. Le vene pancreatiche sboccano prevalentemente nella v. splenica e nelle due vv.
mesenteriche. (Figura 1.2)
8
Figura 1.2.Vascolarizzazione pancreatica
Capillari linfatici son dimostrabili prevalentemente alla superficie dei lobuli; i tronchi ai quali
danno origine fanno capo ai gruppi linfonodali pancreaticoduodenali, pancreaticolienali,
retropilorici e celiaci.
Figura 1.3. Drenaggio linfatico pancreatico
Sebbene l’organo prenda il suo nome dal greco pankreas che letteralmente significa “tutto di
carne”, il pancreas è un complesso organo lobulato con due componenti distinte, esocrina ed
endocrina. La componente endocrina è composta da circa 1 milione di gruppi cellulari, detti
isole di Langherans, le cui cellule secernono ormoni importanti per il controllo glucidico. La
componente esocrina della ghiandola costituisce l’80-85%, del pancreas ed è composta da
9
cellule acinari, responsabili della produzione degli enzimi digestivi, e da una serie di duttili e
dotti che convogliano le secrezioni nel duodeno. Il sistema dei dotti pancreatici è
estremamente variabile. Il dotto pancreatico principale o maggiore, noto anche come dotto di
Wirsung, il più delle volte drena nel duodeno a livello della papilla di Vater, mentre il dotto
pancreatico accessorio, conosciuto anche come dotto del Santorini, generalmente si apre nel
duodeno a livello di una papilla più piccola, separata, posta circa 2 cm più in alto rispetto alla
papilla maggiore di Vater.
Sebbene la patologia tumorale del pancreas possa originare sia dalla componente esocrina che
da quella endocrina, l’adenocarcinoma pancreatico rappresenta il 90% delle neoplasie che
originano a questo livello.
1.3 Fattori di rischio
Diversi sono i fattori di rischio fino a ora evidenziati e, tra questi, il fumo di sigaretta è quello
più chiaramente associato all’insorgenza del cancro del pancreas.5 I fumatori presentano un
rischio di sviluppare la neoplasia da doppio a triplo rispetto ai non fumatori e ben
documentata inoltre, è la diminuzione del rischio in rapporto alla cessazione del fumo.6 La
somministrazione prolungata di nitroderivati presenti nel tabacco, attraverso interazioni con il
DNA, può provocare infatti alterazioni genetiche come la mutazione attivante dell’oncogene
K-ras. Attualmente si calcola che circa il 30% dei casi di carcinoma del pancreas possa essere
attribuito al fumo di sigaretta.7
Un altro fattore di rischio, che sembra correlato allo sviluppo del tumore del pancreas,
è rappresentato dalle abitudine dietetiche. Una diretta correlazione tra assunzione di grassi
alimentari, consumo di carne rossa ed insorgenza di carcinoma del pancreas è stata infatti
evidenziata in alcuni studi.8
Tali dati, tuttavia, non sono ancora stati confermati.9
L’incremento dell’indice di massa corporea si associa ad un rischio maggiore di sviluppo
della neoplasia.10
Numerosi studi, inoltre, hanno dimostrato un aumento dell’incidenza del
tumore negli alcolisti in quanto, il consumo di elevate quantità di alcol, costituisce un fattore
di rischio per lo sviluppo di pancreatite cronica.11
10
Anche l’esposizione professionale a sostanze chimiche, come la beta-naftilamina e la
benzidina, rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del tumore del pancreas,12
dato
ben noto già dalla fine degli anni 60.
Numerosi studi hanno dimostrato un’associazione tra insorgenza di diabete mellito di
tipo 2 e sviluppo del carcinoma pancreatico.13, 14
Una maggiore incidenza della neoplasia è stata riscontrata nei pazienti sottoposti a
pregressa gastrectomia15
e nei soggetti affetti da pancreatite cronica.16
In particolare in un
recente studio è stato dimostrato un incremento del rischio di sviluppo della neoplasia di 7,2
volte nei pazienti con anamnesi positiva per pancreatite cronica.17
I fattori genetici sono, insieme al fumo di sigaretta, i fattori più strettamente correlabili
con lo sviluppo di un carcinoma del pancreas. Il carcinoma pancreatico familiare è raro;
comunque una predisposizione genetica può essere presente dal 5 al 10% dei pazienti18-20
, e, i
familiari di persone affette, presentano un aumentato rischio di sviluppare la neoplasia.20
Tra
le condizioni strettamente correlate all’insorgenza di un carcinoma del pancreas vi sono:
Il carcinoma pancreatico familiare, che è associato ad una mutazione di BRCA2
riscontrata in circa il 15% dei casi di famiglie con carcinoma pancreatico ed anche in
una minoranza di casi sporadici21-23
La sindrome di Peutz-Jeghers: legata a mutazione germinale del gene SKT11, con
rischio aumentato di oltre 100 volte.24
La sindrome di Lynch causata da mutazioni germinali nei geni del mismatch repair
(MLH1 MSH2 MSH6)25
La sindrome del nevo displastico, caratterizzata da nevi atipici, melanomi multipli e
carcinoma del pancreas, e legata nel 35% dei casi alla mutazione germinale del gene
CDKN2A (p16)26-29
Recentemente sono state identificate mutazioni germinali nel gene ATM in
pazienti provenienti da famiglie con casi multipli di tumore al pancreas.30
Ulteriori
analisi hanno poi rilevato mutazioni del gene ATM in 4 di 166 individui con
carcinoma pancreatico familiare.
11
1.4 Anatomia patologica
Nel pancreas può insorgere un ampio spettro di neoplasie esocrine di natura solida o cistica.
(Tabella 1.1)
Tumori cistici Tumori solidi
Benigni
Cistoadenoma sieroso
Cistoadenoma mucinoso
IPMN (neoplasia papillare mucinosa
intraduttale)
Maligni
Cistoadenocarcinoma sieroso
Cistoadenocarcinoma mucinoso
Adenocarcinoma papillare mucinoso
Carcinoma solido psuedopapillare
Benigni
Adenoma duttale
Maligni
Adenocarcinoma duttale con le sue
varianti:
Carcinoma mucinoso non cistico
Carcinoma adenosquamoso
Carcinoma indifferenziato o
anaplastico
Carcinoma a cellule giganti osteoclast-
like
Carcinoma a cellule acinari
Pancreatoblastoma
Tabella 1.1. Classificazione delle neoplasie del pancreas esocrino
Le neoplasie cistiche del pancreas possono essere classificate in benigne, maligne e
borderline in base alla loro associazione o meno con il carcinoma invasivo. Pertanto il
termine carcinoma si riferisce alle varianti maligne, altrimenti si parla di cistoadenoma. Le
forme cistiche maligne sono rappresentate dal carcinoma mucinoso cistico, dal carcinoma
sieroso cistico, dal carcinoma mucinoso papillare e dal carcinoma solido pseudo papillare.31
Il cistoadenoma sieroso è una neoplasia cistica benigna costituita da cellule cuboidali
basse ricche di glicogeno che rivestono piccole cisti contenenti un liquido chiaro, acquoso,
color paglia.32
Queste forme rappresentano circa il 25% di tutte le neoplasie cistiche del
pancreas e sono due volte più frequenti nelle donne che negli uomini. Si manifestano
generalmente con sintomi aspecifici come il dolore addominale ma possono anche presentarsi
12
come masse addominali palpabili. I cistoadenomi sierosi son quasi sempre benigni e la
resezione chirurgica è risolutiva nella maggior parte dei casi.
Il cistoadenoma mucinoso colpisce quasi sempre le donne e può essere benigno,
borderline o maligno.33,34
Il tumore cistico mucinoso origina abitualmente nel corpo o nella
coda del pancreas e si presenta come una massa non dolente a lento accrescimento. E’
composto da strutture cistiche contenenti mucina molto densa. Le cisti sono separate da spessi
setti e non sono comunicanti con il dotto pancreatico principale. Sono rivestite da cellule
epiteliali cilindriche che producono mucina, mentre lo stroma che circonda le cisti ha un
aspetto istologico simile allo stroma ovarico.34
L’unico modo per distinguere forma
completamente benigna (cistoadenoma) dalla sua controparte maligna (cistoadenocarcinoma)
è l’esame istopatologico dopo completa resezione chirurgica. Il cistoadenoma mucinoso
benigno è privo di significative atipie citologiche o architetturali, la forma borderline presenta
atipie citologiche e architetturali in assenza, però, di invasione tissutale, il
cistoadenocarcinoma mucinoso infine è un carcinoma invasivo. La sopravvivenza a 5 anni in
pazienti che hanno subito una resezione completa della neoplasia è del 50%. 31,35
Anche le neoplasie mucinose papillari intraduttali (IPMN) formano cisti contenenti
mucina ma, al contrario del carcinoma mucinoso cistico, coinvolgono il dotto pancreatico
principale, sono più frequenti negli uomini che nelle donne e interessano preferenzialmente la
testa rispetto alla coda del pancreas. Si descrivono forme benigne, borderline o maligne in
base alla presenza di invasione tissutale.36
Il trattamento delle IPMN è chirurgico e prevede la
resezione più o meno estesa del pancreas in relazione all’estensione del coinvolgimento
duttale pancreatico. Tuttavia nei soggetti asintomatici, anziani e/o ad alto rischio chirurgico o
quando è interessato solo il sistema duttale secondario, è possibile limitarsi a un accurato
follow-up clinico
Le neoplasie solide pseudopapillari colpiscono prevalentemente giovani donne37
e
sono costituite da aree solide miste ad aree cistiche con zone di emorragia e necrosi. In alcune
aree le cellule neoplastiche formano pseudopapille intorno a piccoli vasi sanguigni. Queste
neoplasie molto spesso causano disturbi addominali per le loro grandi dimensioni, e
guariscono con la semplice resezione chirurgica. In queste forme neoplastiche il pathway β-
catenina/APC è quasi sempre alterato.37
Tra le neoplasie solide del pancreas, riconosciamo il pancreatoblastoma e l’adenocarcinoma
duttale con le sue numerose varianti.
13
Il pancreatoblastoma è una neoplasia piuttosto rara che colpisce soprattutto bambini di
età compresa tra 1 e 15 anni. Queste neoplasie hanno un aspetto istologico caratteristico con
isole squamose miste a cellule indifferenziate. A livello genetico spesso il pancreatoblastoma
presenta perdita di eterozigosi del braccio corto del cromosoma 11.38
Si tratta di forme
altamente maligne, un terzo dei pazienti presenta metastasi alla diagnosi, la prognosi è
leggermente migliore nei bambini.
L’adenocarcinoma duttale del pancreas costituisce è l’istotipo più frequente,
rappresentando il 90% delle neoplasie pancreatiche. Di questi, circa il 60% origina a livello
della testa pancreatica, che comprende anche il processo uncinato, il 15% a livello del corpo e
il 5% a livello della coda; nel 20% dei casi il tumore interessa l’intero organo in maniera
diffusa.(Figura 1.4)
Figura 1.4. Sede di origine delle neoplasie pancreatiche
I carcinomi del pancreas sono in genere masse scarsamente definite, di consistenza
dura, di aspetto stellato e di colore bianco grigiastro.
Dal punto di vista microscopico la maggior parte degli adenocarcinomi è di tipo
duttale e rassomiglia fortemente alle strutture pancreatico-biliari normali.
Le componenti tumorali epiteliali, rappresentate generalmente da tubuli neoplastici, sono
classicamente immerse in uno stroma fibroso che, in alcuni casi, rappresenta più del 50%
dell’intera massa tumorale. I tubuli neoplastici sono delimitati da cellule cilindriche o cuboidi
con nuclei larghi e irregolari e citoplasma chiaro contenente quantità variabili di mucina. La
variante cistica dell’adenocarcinoma duttale, dovuta alla degenerazione cistica o alla
formazione di ectasie del dotto pancreatico, può mimare i carcinomi mucinoso-cistici e le
IPMN. Risulta pertanto fondamentale fare una corretta diagnosi differenziale in quanto gli
adenocarcinomi hanno una prognosi nettamente peggiore.
14
Oltre al classico aspetto tubulare, gli adenocarcinomi duttali possono assumere altri pattern
microscopici che hanno le stesse valenze prognostiche delle forme tubulari convenzionali.
Il carcinoma mucinoso non cistico è composto da ghiandole e cellule ben differenziate
immerse in abbondante quantità di mucina extracellulare. Le cellule ad anello con castone non
sono frequenti, nonostante l’abbondanza di mucina. Rappresenta l’1-3% di tutti i tumori del
pancreas. La diagnosi differenziale nei confronti del carcinoma mucinoso-cistico e di quello
papillifero intraduttale è effettuata mediante il riscontro di connessioni con il sistema duttale
pancreatico e dall’osservazione di uno stroma di tipo ovario. La prognosi di questi due istotipi
è migliore di quella dell’adenocarcinoma tipico.
Il carcinoma adenosquamoso è rappresentato da una mistura di due componenti: una
ghiandolare e una squamosa. Da un punto di vista microscopico la componente
adenocarcinomatosa in genere prevale su quella squamosa. Clinicamente è dotato di elevato
potenziale metastatico, che rende la prognosi peggiore rispetto alla forma tipica. Rappresenta
il 3-5% di tutti i tumori pancreatici.
Il carcinoma indifferenziato o anaplastico è composto da cellule neoplastiche ampie e
pleiomorfe, cellule giganti o cellule fusate. Microscopicamente può presentare alcune varianti
che vanno poste in diagnosi differenziale con sarcomi, carcinosarcomi e con le metastasi di
carcinomi indifferenziati di altra origine. La prognosi è peggiore rispetto alla forma tipica.
Rappresenta il 5-7% di tutte le neoplasie pancreatiche.
Il carcinoma a cellule giganti osteoclast-like è composto da cellule epiteliali
indifferenziate con morfologia fusata o rotondeggiante, associate a cellule giganti non
tumorali di tipo osteoclastico, con notevoli somiglianze al tumore a cellule giganti dell’osso.
Questo istotipo, estremamente aggressivo e raro, rappresenta solo l’1% dei tumori pancreatici.
La prognosi è particolarmente severa.
Il carcinoma a cellule acinari si presenta soprattutto negli adulti intorno alla sesta
decade ed è composto da cellule epiteliali maligne in grado di produrre enzimi pancreatici.
Molti pazienti presentano sintomi aspecifici legati alla presenza di una massa pancreatica, ma
un 15% circa presenta una sindrome caratterizzata da necrosi del grasso sottocutaneo,
eosinofilia e poliartralgie causata dall’aumentato rilascio di lipasi in circolo.35
15
Il grading istologico dell’adenocarcinoma del pancreas è un importante fattore indipendente di
prognosi e, secondo i criteri WHO, vengono riconosciuti tre gradi di differenziazione (tabella
1.2). Per valutare il grading del tumore vengono presi in considerazione: l’entità del
differenziamento in senso tubulare, la capacità produrre mucina, il numero di mitosi pcm (per
campo microscopico) e il grado di atipia nucleare.39-41
Grado
tumorale
Differenziazione
ghiandolare
Produzione di
mucina
Mitosi
(pcm) Atipie nucleari
Grado 1 Ben differenziato Intensa 5
Lieve
polimorfismo,
riarramgiamento
polare
Grado 2
Strutture tubulari
e duttali
moderatamente
differenziate
Irregolare 6-10 Polimorfismo
moderato
Grado 3
Strutture
ghiandolari
scarsamente
differenziate
Assente >10
Polimorfismo,
marcato
aumento delle
dimensioni
nucleari
Tabella 1.2. Grading istologico dei carcinomi del pancreas.
Il carcinoma pancreatico è spesso associato ad alterazioni microscopiche preneoplastiche a
livello dei dotti pancreatici site solitamente vicino alla sede del carcinoma. Queste lesioni
preneoplastiche sono chiamate “neoplasie pancreatiche intraepiteliali (Pancreatic
Intraepithelial Neoplasias, PanIN) e classificate come PanIN-1, PanIN-2, PanIN-3 in base al
grado di atipia cito-architettonica.
PanIN-1A: sono lesioni caratterizzate da epitelio colonnare con nucleo basale, privo di
evidente atipia, ed abbondante citoplasma producente mucina. I nuclei delle cellule
sono piccoli e di forma arrotondata od ovale.
16
PanIN-1B: sono lesioni simili a quelle descritte in PanIN-1A, ma sono caratterizzate
da un’architettura papillare, micropapillare o pseudostratificata.
PanIN-2: sono caratterizzate da una proliferazione epiteliale piatta o micropapillare, in
cui le lesioni sono legate a diverse anomalie nucleari, tra cui l’accrescimento del
nucleo, la pseudostratificazione nucleare e l’ipercromatismo. L’atipia citologica si
mantiene di grado moderato e le mitosi sono rare.
PanIN-3: caratterizzata da proliferazione frequentemente micropapillare (raramente
piatta), cribriforme, con necrosi intraluminale, atipia citologica di alto grado e con
frequenti mitosi.
All’aumento del grado di displasia corrisponde l’accumularsi progressivo e sequenziale di
alterazioni genetiche. Sulla base della comprensione dei profili genetici molecolari e
istologici, è stato scoperto un modello di progressione che descrive la carcinogenesi
pancreatica duttale: l’epitelio duttale pancreatico si trasforma da normale a gradi crescenti e
progressivi di neoplasia intraepiteliale pancreatica, per evolvere successivamente a tumore
invasivo.42
1.5 Genetica e biologia molecolare
Dall’identificazione della prima alterazione genetica degna di nota (mutazione dell’oncogene
K-ras), ci son stati notevoli progressi e si è acquisito un buon grado di conoscenze sulla
genetica di questa malattia.
K-ras (localizzato sul cromosoma 12p) è l’oncogene più frequentemente alterato nel
carcinoma dei pancreas; questo gene è infatti attivato da mutazioni puntiformi nell’80-90%
dei carcinomi pancreatici. Queste mutazioni puntiformi compromettono l’attività GTPasica
intrinseca del prodotto genico di K-ras, con produzione di una proteina costituzionalmente
attivata. Ras a sua volta attiva numerose vie intrecellulari di trasduzione del segnale che, tra
gli altri effetti culminano nella attivazione dei fattori di trascrizione fos e jun.43
Altro gene frequentemente coinvolto è il gene p16 (localizzato sul cromosoma 9p) che
risulta inattivato in circa il 95% dei tumori pancreatici.44-45
Tale mutazione si verifica in
genere tardivamente nella carcinogenesi pancreatica.46
17
L’inattivazione del gene p53, un’oncosoppressore localizzato sul braccio corto del
cromosoma 17, è presente nel 50-70% dei carcinomi pancreatici. 47
Il gene SMAD4 (DPC4 o MADH4), localizzato a livello del cromosoma 18q è
inattivato nel 55% degli adenocarcinomi pancreatici.48
SMAD4 codifica per una proteina che
gioca un ruolo importante nella trasduzione del segnale dei recettori della famiglia del TGF-β.
La normale funzione di SMAD4 è molto probabilmente quella di sopprimere la crescita
cellulare e di promuovere l’apoptosi. Come per p53, l’inattivazione di SMAD4 è un evento
tardivo nella genesi tumorale pancreatica.
Altre mutazioni genetiche (BRCA2), meno comuni, continuano ad essere descritte nel
tumore del pancreas.49-53
La figura 1.5 riassume il modello di progressione del tumore pancreatico, mettendo in
evidenza il rapporto tra le mutazioni genetiche significative, e l’evoluzione della neoplasia
intraepiteliale pancreatica (PanIN).
A livello genetico, il tumore del pancreas è una neoplasia ben caratterizzata mentre
rimangono poco chiari i meccanismi molecolari, connessi alle mutazioni genetiche. Diversi
studi hanno dimostrato che il tumore del pancreas umano iperesprime alcuni fattori di crescita
e i loro recettori, compresi la famiglia dell’epidermal growth factor (EGF),54
vascular
endothelial growth factor (VEGF),55,56
fibroblast growth factor (FGF),57
e molte citochine
quali transforming growth factor β (TGFβ),58
interleuchina 1 (IL-1),59
interleuchina 6 (IL-
6),60
tumor necrosis factor α (TNFα),61
interleuchina 8 (IL-8).62
L’abbondanza dei fattori
promuoventi la crescita e la riduzione dei fattori che inibiscono la crescita, portano alla
Figura 1.5: Modello di progressione del tumore pancreatico.
18
creazione di segnali anomali paracrini e autocrini che conferiscono alla cellula tumorale un
vantaggio proliferativo.
Alcuni meccanismi di secrezione aberrante di queste citochine e fattori di crescita sono già
stati identificati. Evidenze crescenti suggeriscono ad esempio che l’espressione di VEGF sia
regolata principalmente dall’ipossia, caratteristica comune di molti tumori solidi, incluso il
tumore del pancreas. L’espressione di VEGF può inoltre essere significativamente indotta da
un basso pH extracellulare, o acidosi, che si verifica di frequente all’interno della massa
tumorale in espansione, in particolare nelle regioni circostanti le zone necrotiche del tumore.
Inoltre l’acidosi attiva il gene dell’IL-8. VEGF e IL-8 sono le chiavi molecolari
angiogenetiche del tumore pancreatico.63
L’up-regulation di tali geni, stimolata dall’acidosi, è
mediata da due fattori di trascrizione: NF-kB e AP-1.64,65
In molti tipi di tumori l’aumentata
produzione di VEGF può essere rilevata alla periferia del tumore, in cui non vi è
apparentemente ipossia e acidosi. Queste osservazioni sono in linea con la constatazione che i
fattori come ormoni, citochine, e fattori di crescita modulano l’espressione di VEGF, che
promuove l’angiogenesi.66
Inoltre, si è visto che molte cellule tumorali possono esprimere
costitutivamente VEGF in vitro, senza apparenti stimoli, e ciò è coerente con la perdita o
l’inattivazione di geni oncosoppressori e l’attivazione di proto-oncogeni.67
In realtà, l’analisi
dei promotori del VEGF ha rilevato diversi potenziali siti di legame di fattori di trascrizione,
come HIF-1, AP-1, AP-2, Egr-1, Sp-1, e molti altri.68
Questo fa pensare che percorsi di
traduzione del segnale multipli sono coinvolti nella regolazione della trascrizione di questo
fattore di crescita. Inoltre, Stat3 costitutivamente attivato contribuisce direttamente
all’espressione di VEGF, nelle cellule tumorali pancreatiche umane.69
Tutti questi fattori
possono contribuire alla crescita aggressiva e alla resistenza ai farmaci, tipici
dell’adenocarcinoma pancreatico.
Per sintetizzare queste osservazioni, due potenziali percorsi sono proposti. Un meccanismo si
riferisce alla mutazione genetica di proto-oncogeni, geni oncosoppressori, o entrambe, come
K-ras e p53, risultanti in un attivazione costitutiva di fattori di trascrizione. Questo può essere
particolarmente vero nella fase iniziale di crescita del tumore. Nella fase tardiva dello
sviluppo tumorale, importanti fattori di stress cellulare, come l’ipossia e l’acidosi, che sono
frequentemente riscontrati nel microambiente tumorale, danno un ulteriore stimolo
all’espressione di proteine connesse al processo di metastatizzazione attraverso l’attivazione
19
di molti fattori di trascrizione. Pertanto, ad uno stadio avanzato, una crescita tumorale
incontrollata e il conseguente sviluppo di stress microambientali, possono incrementare
l’angiogenesi tumorale, crescita, e sviluppo di metastasi.
1.6 Storia naturale
L’evoluzione del carcinoma del pancreas passa attraverso diverse fasi:
Accrescimento loco-regionale con estensione oltre i confini dell’organo.
Precoce interessamento delle stazioni linfonodali satelliti.
Comparsa di metastasi a distanza.
La diffusione della neoplasia può coinvolgere, a seconda della localizzazione varie strutture.
Nelle localizzazioni cefaliche il tumore circonda, comprime e infiltra precocemente il
coledoco o l’ampolla di Vater e il duodeno, con riduzione del lume dell’organo e talvolta
ulcerazione della mucosa. Il tumore determina inoltre compressione o infiltrazione delle radici
nervose e dei grossi vasi retropancreatici quali la vena porta, il tronco celiaco, le arterie
mesenterica superiore ed epatica comune e le vene. Nelle localizzazioni del corpo e della coda
il tumore può rimanere silente più a lungo accrescendosi nello spazio retro peritoneale. A
causa delle grosse dimensioni, spesso vi è coinvolgimento per contiguità della milza,
stomaco, del surrene sinistro e del colon.
Le metastasi linfonodali, a causa della ricca rete linfatica intrapancreatica, sono precoci e
frequenti ed interessano circa il 40% dei pazienti al momento della diagnosi. I linfonodi più
frequentemente coinvolti sono i linfonodi peripancreatici, gastrici, mesenterici, omentali,
porto-cavali ed epatici.
Tra le metastasi ematogene, l’organo maggiormente colpito risulta il fegato. Circa il 30-50%
dei pazienti presenta metastasi epatiche alla diagnosi, mentre nel 50-70% dei casi è interessato
come sede di ricaduta dopo resezione del tumore primitivo. Altre sedi di possibili sedi di
metastasi ematogene sono i polmoni, il peritoneo e, meno frequentemente, reni, surreni, ossa e
cute. 70,71
20
1.7 Quadro clinico, diagnosi e stadiazione
Il tumore del pancreas tende a rimanere silente fino a che non coinvolge le strutture
anatomiche circostanti. La modalità di presentazione e la rapidità di progressione dei sintomi
e dei segni clinici variano in rapporto alla localizzazione del tumore (testa e processo
uncinato, corpo e coda). I tumori della testa pancreatica si manifestano, infatti, più
precocemente rispetto alle localizzazioni del corpo-coda e solitamente il sintomo più precoce
è la comparsa di ittero, rapidamente progressivo, ostruttivo legato alla compressione o alla
infiltrazione della via biliare. Spesso l’ittero si associa alla presenza di urine ipercromiche
(color marsala), feci ipocoliche e prurito. Altro sintomo caratteristico è il dolore, dovuto alla
distensione della via biliare o alla infiltrazione perineurale e della capsula pancreatica, che si
localizza a livello del mesogastrio e dell’ipocondrio destro, talvolta a barra o con irradiazione
posteriore, di maggiore intensità dopo i pasti. Nella localizzazione corpo-coda il dolore
insorge quando il tumore ha già raggiunto dimensioni notevoli o ha una diffusione
extraghiandolare. Inizialmente il dolore è vago, non specifico, di lunga durata (più di sei mesi)
per poi diventare più intenso. La comparsa di ittero ostruttivo nelle localizzazioni distali della
ghiandola è raro. Altro sintomo tipico del tumore del pancreas, anche se più tardivo, è il calo
ponderale, legato al ridotto introito calorico e al deficit della secrezione biliopancreatica con
conseguente malassorbimento e steatorrea. Nel 10% dei casi il primo sintomo è rappresentato
dalla insorgenza di un diabete mellito de novo, dallo scompenso di un diabete mellito già
noto, o dalla comparsa di una pancreatite acuta per ostruzione del dotto pancreatico. Non è
rara l’osservazione di una sindrome depressiva grave o ansietà ancora prima del riscontro di
un tumore pancreatico, probabilmente legata ad alterazioni del sistema neuroendocrino create
dalla neoplasia.72,73
Tra i segni clinici si osservano l’ittero, le lesioni da grattamento dovute alla presenza di
prurito inteso, il decadimento dello stato generale e la perdita di peso legata al
depauperamento della massa magra; nelle fasi avanzate si riscontrano epatomegalia, colecisti
palpabile (segno di Courvoisier), massa addominale e versamento ascitico.
A volte possono associarsi al carcinoma del pancreas alcune sindromi paraneoplastiche come
la liponecrosi sottocutanea, diffusa al tronco e agli arti inferiori, l’ipercalcemia e la
tromboflebite migrante, nota come segno di Trousseau, che si verifica nel 10% circa dei
21
pazienti e può essere attribuita alla produzione di fattori ad azione aggregante piastrinica e
procoagulante da parte del tumore.
In caso di sospetto di cancro pancreatico, l’esame primario dovrebbe essere una TC
multistrato con mezzo di contrasto. Tale indagine è di scelta non solo per la diagnosi ma
anche per la stadiazione. 74,75
Numerosi studi hanno dimostrato che il 70-85% dei pazienti
considerati potenzialmente resecabili alle scansioni TC sono realmente suscettibili di
trattamento chirurgico radicale.74,76-78
Lo studio pre-contrastografico consente di escludere la
presenza di calcificazioni, contribuendo alla diagnosi differenziale con la pancreatite cronica.
La fase contrastografica consente generalmente di identificare il tumore, poiché in tale fase si
realizza la massima differenza di contrasto tra il parenchima sano iperdenso ed il tessuto
neoplastico ipodenso, e rende possibile studiare in modo ottimale le strutture vascolari
arteriose e venose, caratterizzare l’evoluzione delle lesioni più grandi e individuare lesioni di
piccole dimensioni. Le ricostruzioni secondo piani curvilinei permettono una dimostrazione
ottimale dei rapporti anatomici tra tumore e strutture adiacenti. La scansione del fegato
permette il rilevamento di eventuali metastasi. 74,77,79
La sensibilità della TC per le piccole
metastasi epatiche e peritoneali è però limitata. Nella fase di stadiazione sia della malattia
resecabile che avanzata è raccomandabile estendere la TC anche al torace, per evidenziare
l’eventuale presenza di micronoduli polmonari non rilevabili alla radiografia standard. Le
metastasi polmonari, infatti, nel 5% dei casi, possono essere presenti anche in assenza di
metastasi addominali.
La RM ha elevata sensibilità nella individuazione delle piccole lesioni tumorali, che
nelle sequenze T1-pesate appaiono ipointense. Si è inoltre dimostrata in alcuni studi
equivalente se non superiore ad altre metodiche di indagine per sensibilità, specificità ed
accuratezza nell’esprimere un giudizio di resecabilità. La valutazione dell’infiltrazione
peripancreatica, in virtù dell’elevata risoluzione di contrasto tra la ghiandola ed il tessuto
adiposo circostante, appare meglio definibile con RMN che con altre metodiche. La metodica,
inoltre, può essere di ausilio alla TC nell’individuare malattia extraepatica nei pazienti ad alto
rischio.80,81
Inoltre trova utilizzo nei pazienti con controindicazioni all’uso del MdC iodato.
L’ecografia addominale è di solito la metodica di imaging di primo impiego nello
studio del pancreas, soprattutto quando la malattia esordisce con la comparsa di ittero, per la
necessità di porre una diagnosi differenziale con altre patologie. Tuttavia, tale metodica ha la
forte limitazione di essere operatore-dipendente e pertanto poco oggettiva, il che pone forti
22
limiti nell’utilizzo di tale esame per la stadiazione e valutazione della resecabilità del tumore.
All’ecografia l’adenocarcinoma appare per lo più come una massa ipoecogena o ad
ecogenicità mista, a margini regolari e la valutazione dell’eventuale coinvolgimento dei
principali vasi può essere eseguita associando il controllo Doppler. L’accuratezza di questa
metodica è dell’84% nello studio dell’invasione dell’asse porto-mesenterico e dell’87% nella
valutazione dell’infiltrazione della parete arteriosa.82
L’ ecografia endoscopica, in mani esperte, ha una sensibilità diagnostica superiore alla
TC per tumori più piccoli. Si tratta di un’indagine altamente operatore dipendente e, ad oggi,
il suo impiego è ancora relativamente limitato. È una metodica complementare alla TC ed alla
RMN nella stadiazione del carcinoma del pancreas, fornendo informazioni aggiuntive circa il
coinvolgimento dei vasi o dei linfonodi, nei casi dubbi.83
Tuttavia, la metodica risulta
accurata soprattutto nell’individuare il coinvolgimento del sistema portale piuttosto che
dell’arteria mesenterica superiore.84
L’eco-endoscopia si è rivelata utile anche nella
diagnostica differenziale tra stenosi benigne e maligne, nella caratterizzazione cistiche
pancreatiche e delle lesioni periampollari invasive rispetto alle non invasive.85
Infine
l’ecografia endoscopica consente di eseguire in contemporanea un aspirato con ago sottile
(FNAB) utile per la diagnosi citologica.
La colangiopancreatografia endoscopica retrograda (ERCP) permette l’evidenziazione
di segni indiretti, riferibili alle alterazioni causate dal processo neoplastico, della morfologia
duttale, quale l’irrigidimento in toto, con dilatazione prestenotica e successiva amputazione,
del Wirsung. Se il tumore è molto piccolo, e non causa ancora alterazioni evidenti dell’albero
duttale, la ERCP può essere negativa. Per questo motivo è una tecnica che è generalmente
limitata ad interventi terapeutici e di palliazione.86
La PET non è una metodica routinaria in considerazione dell’alto numero di falsi
positivi e negativi che si riscontrano e non può essere impiegata per esprimere un corretto
giudizio di resecabilità. Trova invece indicazione nella conferma di una remissione completa
clinico-radiologica, nella diagnosi differenziale tra tessuto cicatriziale post chirurgico o post
radioterapia e ricorrenza di malattia e nel follow-up, qualora vi sia un sospetto di ripresa di
malattia con negatività alla TC o alla RMN.87
La laparoscopia è un altro esame che può essere usato per la corretta stadiazione della
malattia; può infatti evidenziare piccole lesioni epatiche o impianti peritoneali non visibili con
altre metodiche, 88,89
consentendo di selezionare i pazienti da sottoporre a chirurgia radicale
23
conservativa. La laparoscopia ha inoltre un ruolo nella stadiazione nei pazienti candidati alla
resezione radicale ma con alti livelli di Ca 19.9.90
La biopsia è necessaria per la diagnosi ed è fondamentale prima dell’inizio di una
terapia neoadiuvante e nei pazienti con malattia non resecabile o metastatica. La diagnosi
istologica del carcinoma del pancreas può essere fatta sotto guida eco-endoscopica o sotto
guida TC. L’approccio bioptico sotto guida eco-endoscopica è da preferire rispetto
all’approccio percutaneo TC-guidato in pazienti con malattia resecabile per il più basso
rischio di disseminazione tumorale,91
di sanguinamenti e di infezioni. In rari casi quando la
biopsia eco-endoscopica guidata non è fattibile, possono essere utilizzate altre metodiche,
come per esempio biopsie intraduttali ottenute tramite colangioscopia percutanea92
o biopsie
laparoscopiche93
o brushing del dotto pancreatico in corso di ERCP.
Tra gli esami di laboratorio, nessuno è specifico per il tumore del pancreas. Nel caso
di ittero ostruttivo tutti gli indici di colestasi saranno elevati (bilirubina totale e diretta, γ-GT,
fosfatasi alcalina) modesta sarà invece l’elevazione delle transaminasi (salvo nei casi di
sovvertimento epatico per diffusa metastatizzazione). Tra i vari marcatori tumorali studiati
(CEA, Ca 19.9, Ca 125, TPA) quello maggiormente sensibile è risultato il Ca 19.9, ma la
specificità rimane troppo bassa e non vi è univocità sul valore soglia dell’esame per porre
diagnosi di adenocarcinoma del pancreas. Esistono inoltre problemi legati a risultati
falsamente negativi (soggetti con antigene di Lewis negativo90
) e numerose sono le situazioni
di falsa positività (tutte le situazioni di colestasi e altre neoplasie del tratto digerente si
associano ad alti valori). I dati circa il valore predittivo del marcatore in pazienti con malattia
avanzata sono discordanti,94-96
mentre sembra avere valore come marker prognostico, in
quanto l’incremento del marcatore nel post-operatorio può precedere, anche di diversi mesi, la
comparsa di recidive o metastasi. Bassi livelli ematici del Ca 19.9 nel post-operatorio o un
decremento dello stesso correlano invece con una migliore prognosi.97,98
In uno studio
prospettico di pazienti sottoposti a chirurgia con intento curativo, la sopravvivenza mediana
dei soggetti con Ca 19.9 <180 U/ml post-chirurgia era significativamente più elevata rispetto
alla popolazione rimanente.97
Pertanto, si raccomanda il dosaggio del Ca 19.9 prima della
chirurgia (se i livelli di bilirubina sono nella norma), del trattamento adiuvante e durante il
follow-up.
La diagnosi differenziale va posta con tutte le patologie che possono causare ittero istruttivo,
dolore, perdita di peso. Tra le patologie non neoplastiche la diagnosi differenziale va posta
24
sostanzialmente con la litiasi delle vie biliari, le pseudocisti e la pancreatite cronica; tra quelle
neoplastiche con tumori delle vie biliari extraepatiche e della regione ampollare.
Come per altri tumori dell’apparato digerente, la stadiazione corretta del tumore è possibile
solo dopo resezione chirurgica, ma per l’80% circa dei pazienti l’opzione chirurgica non è
possibile al momento della diagnosi. La classificazione TNM distingue i tumori resecabili
(T1-T3) da quelli localmente avanzati (T4) non resecabili a causa mancato piano di clivaggio
tra il tumore e i vasi arteriosi (tripode celiaco e arteria mesenterica superiore). Oltre alla
classificazione TNM e poi possibile effettuare una suddivisione in stadi secondo l’American
Joint Commitee on Cancer (AJCC, VI edizione). Lo stadio I comprende i pazienti
potenzialmente resecabili, con malattia in stadio precoce, ancora confinata al pancreas.
Appartengono allo stadio II tutti i tumori resecabili, anche se con linfonodi positivi, mentre
fanno parte dello stadio III tutti i tumori non resecabili indipendentemente dallo stato
linfonodale. Lo stadio IV infine, comprende i pazienti con malattia metastatica.
25
Stadiazione del carcinoma pancreatico
Tumore primitivo (T)
Tx Il tumore primitivo non può essere definito
T0 Il tumore primitivo non è evidenziabile
Tis Carcinoma in situ, incluso PanIN-III
T1 Tumore limitato al pancreas, con dimensione massima < 2 cm
T2 Tumore limitato al pancreas, con dimensione massima > 2 cm
T3 Tumore che si estende oltre il pancreas senza invasione del tripode
celiaco e dell’arteria mesenterica superiore
T4 Tumore che interessa il tripode celiaco o l’arteria mesenterica
superiore
Linfonodi regionali (N)*
Nx I linfonodi regionali non possono essere definiti
N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1 Metastasi ai linfonodi regionali
Metastasi a distanza (M)
Mx La presenza di metastasi a distanza non è definibile
M0 Nessuna metastasi a distanza
M1 Presenza di metastasi a distanza
Raggruppamento in stadi
Stadio 0 Tis N0 M0
Stadio IA
Stadio IB
T1 N0 M0
T2 N0 M0
Stadio IIA
Stadio IIB
T3 N0 M0
T1-T3 N1 M0
Stadio III T4 ogni N M0
Stadio IV ogni T ogni N M1
*: Per una corretta stadiazione patologica e per definire la categoria pN0, devono essere individuati almeno 10 linfonodi
regionali. I linfonodi regionali peripancreatici comprendono anche quelli dell’arteria epatica, del tripode celiaco, i linfonodi
pilorici e gli splenici.
Tabella 1.3. Classificazione TNM e suddivisione in stadi secondo l'AJCC (VI edizione).
26
1.8 Trattamento
E’ indispensabile caratterizzare i pazienti in tre gruppi: quelli suscettibili di resezione
chirurgica da indirizzare all’intervento radicale, quelli con tumore localmente avanzato, non
candidabili, in prima istanza, alla chirurgia, e infine i soggetti con malattia metastatica.
1.8.1 Criteri di resecabilità
Per quanto riguarda il giudizio di resecabilità, per il tumore del pancreas, non vi sono criteri
universalmente accettati. È auspicabile che tale decisione coinvolga un team multidisciplinare
con la partecipazione di un radiologo per valutare l’estensione di malattia.
La presenza di metastasi a distanza (es. fegato, peritoneo, polmone/pleura), di metastasi
linfonodali in stazioni linfonodali distanti dal “campo chirurgico” (es. linfonodi mediastinici o
sovraclaveari, linfonodi interaortocavali/periaortici) e l’infiltrazione di visceri extrapancreatici
ad eccezione di via biliare principale e duodeno sono considerati criteri distintivi di uno stato
di non resecabilità.99
Anche in presenza di metastasi epatica singola o di metastasi ai linfonodi
interaortocavali, situazioni tecnicamente suscettibili di una asportazione chirurgica, non vi
sono benefici dalla resezione, in termini di sopravvivenza.100
Per quanto concerne l’infiltrazione dei vasi peripancreatici possono essere identificate tre
differenti situazioni.100-104
Si parla di malattia resecabile in caso di un tumore T3 per
coinvolgimento segmentale della vena porta (PV) e della vena mesenterica superiore (SMV),
in presenza o meno di metastasi a livello dei linfonodi regionali. Viene definita invece
malattia a resecabilità borderline quella caratterizzata da infiltrazione non segmentale o
trombosi della PV o della SMV, da infiltrazione di un breve tratto di arteria epatica comune
con risparmio del tronco celiaco o da coinvolgimento arterioso (tripode celiaco e arteria
mesenterica superiore) o arterovenoso per un tratto di circonferenza <180° con possibilità di
resezione tangenziale o resezione a pieno canale e ricostruzione del vaso. In caso di
infiltrazione arteriosa (tripode o AMS) o artero-venosa per un tratto di circonferenza >180°, di
coinvolgimento dell’aorta, oppure in caso di impossibilità di ricostruire la continuità
vascolare, si parla di malattia non resecabile.105
Dal momento che l’asportazione macroscopicamente e microscopicamente radicale del
tumore (resezione R0) è uno dei fattori prognostici più importanti dopo resezione chirurgica,
27
le neoplasie a resecabilità borderline rappresentano condizioni a più alto rischio di resezioni
R1 e R2.104
Pertanto, nei pazienti con tumore “borderline resectable” è raccomandabile una
strategia terapeutica con trattamento neoadiuvante seguito da ristadiazione ed eventuale
resezione chirurgica.
1.8.2 Trattamento chirurgico
La chirurgia rappresenta l’unico trattamento potenzialmente curativo per l’adenocarcinoma
pancreatico.106-109
Solo il 20% dei pazienti presenta però, al momento della diagnosi, una
malattia potenzialmente suscettibile di resezione chirurgica.110
In passato gli interventi di
resezione pancreatica erano gravati da un’alta mortalità111
ma studi recenti hanno evidenziato
come la mortalità associata a chirurgia pancreatica si sia progressivamente ridotta nel tempo
raggiungendo una percentuale inferiore al 5% qualora venga eseguita in centri “ad alto
volume” ad essa dedicati.112
Comunque, anche quando eseguita in centri specializzati, la
sopravvivenza mediana dopo intervento chirurgico varia da 15 a 19 mesi, e attualmente la
sopravvivenza a 5 anni dall’intervento è approssimativamente del 20%.113
Fattori prognostici
associati ad una migliore sopravvivenza dopo pancreasectomia sono: margine di resezione
negativi (R0), assenza di metastasi linfonodali, diametro del tumore < 2 cm o comunque
neoplasia confinata a livello pancreatico, tumore ben differenziato (G1).107,114-115
.
Il tipo e l’estensione della resezione dipendono dalla dimensione e dalla sede della neoplasia.
La Duodenocefalopancreasectomia è la procedura di scelta per il trattamento delle lesioni
della testa e del processo uncinato del pancreas e consiste nell’asportazione “en block” della
testa del pancreas fino al suo istmo, duodeno, terzo distale dello stomaco, tratto distale del
coledoco, colecisti, prima ansa digiunale e il maggior numero di linfonodi possibili. Il
pancreas viene sezionato all’istmo o al corpo prossimale (duodenocefalopancreasectomia
allargata) mentre la via biliare viene sezionata al di sopra dell’inserzione del cistico (dotto
epatico comune). Nei casi in cui la preservazione del piloro sembra appropriata, il duodeno è
resecato 2 cm sotto il piloro, metodica che è possibile effettuare in molti casi. Questa tecnica
permette la conservazione dell’integrità anatomo-funzionale dello stomaco, migliorando in
teoria la funzione gastrointestinale ed evitando gli effetti collaterali conseguenti alla
gastrectomia parziale. Una volta completato il tempo demolitivo deve essere effettuato
l’esame intraoperatorio dei margini di resezione biliare e pancreatico. In caso di positività la
28
resezione va allargata fino ad ottenere margini negativi, fino all’esecuzione di una
pancreasectomia totale.
Figura 1.6: Intervento di Whipple
L’estensione della linfoadenectomia, come nella duodeno-cefalopancreasectomia estesa o
allargata alle stazioni linfonodali attorno alle arterie celiaca, epatica e mesenterica superiore,
ai linfonodi inter-aortocavali e dell’ilo renale, determina un aumento del tasso di resecabilità
fino al 60% e purtroppo un aumento del tasso di morbilità peri-operatoria e di peggioramento
della qualità di vita. In termini di sopravvivenza non produce risultati significativamente
migliori rispetto alla tecnica classica.
La pancreasectomia distale è invece la procedura di scelta per il trattamento delle
neoplasie del corpo e della coda del pancreas. Viene routinariamente effettuata anche la
splenectomia per garantire una resezione oncologicamente radicale con linfoadenectomia
delle stazioni peripancreatiche, dell’arteria splenica fino all’origine del tripode celiaco e dei
29
linfonodi perisplenici.116-117
Anche in questo caso è necessario l’esame istologico
intraoperatorio della trancia di resezione pancreatica in modo da verificare che i margini di
resezione siano negativi (resezione R0).118-119
Con questo intervento, sebbene la mortalità
postoperatoria sia estremamente infrequente, l’incidenza di fistola pancreatica è
particolarmente significativa (anche del 30%). 116-120
La Pancreasectomia totale è da attuarsi nei casi di carcinoma multicentrico e consiste
nella rimozione di tutto il pancreas insieme a duodeno, via biliare, colecisti, prima ansa
digiunale e milza. L’indicazione ad effettuare una pancreasectomia totale per carcinoma
pancreatico è essenzialmente legata alla presenza di plurimi margini di resezione positivi per
carcinoma.121
Infatti se l’esame istologico intraoperatorio del margine di resezione depone per
carcinoma, è necessario un allargamento della resezione chirurgica fino ad ottenere un
margine negativo. Qualora non si riesca a raggiungere un margine negativo, trova indicazione
l’intervento di pancreasectomia totale.
L’intervento chirurgico di pancreasectomia totale determina per definizione una
insufficienza esocrina e endocrina completa postoperatoria.121
A seguito di interventi
chirurgici di pancreasectomia parziale il rischio di sviluppare insufficienza esocrina e/o
endocrina dipende da una serie di fattori inclusi lo status funzionale preoperatorio, il tipo e
l’estensione della resezione, e l’eventuale presenza, nei tumori della testa del pancreas, di una
occlusione del dotto pancreatico principale con pancreatite cronica ostruttiva del corpo-
coda.122-124
L’insufficienza pancreatica endocrina si manifesta con l’insorgenza di diabete
postoperatorio che può essere trattato con l’insulina o con gli antidiabetici orali.
L’insufficienza pancreatica esocrina si manifesta con sintomi come diarrea, steatorrea,
difficoltà digestive, calo ponderale e deve essere trattata con supplementazioni
farmacologiche a base di enzimi pancreatici.126-127
I pazienti con carcinoma del pancreas radicalmente resecato dovrebbero essere sottoposti a
controllo clinico dopo 3 mesi con effettuazione dei marcatori tumorali (CEA, Ca 19.9) e di
ecografia addominale ogni 3-4 mesi per i primi due anni, quindi annualmente. Una TC spirale
torace-addome-pelvi o RMN dovrebbe essere effettuata ogni 6 mesi. Un’indicazione nel
follow-up trova la PET, in particolare nei casi in cui vi sia il sospetto di ripresa di malattia a
fronte di una TC/RMN negative o dubbie per esiti cicatriziali legati all’intervento chirurgico.
L’impiego della scintigrafia ossea è riservato ai casi in cui vi sia il sospetto di secondarismi
ossei.
30
1.8.3 Trattamento medico
Terapia adiuvante
La sopravvivenza mediana dei pazienti operati radicalmente è compresa tra i 15 e i 25 mesi.
La maggior parte delle recidive dopo intervento chirurgico radicale si verifica a livello epatico
e linfonodale. Pertanto, la terapia adiuvante (chemioterapia ± radioterapia) avendo dimostrato
efficacia nel prolungare la sopravvivenza rappresenta lo standard in questi pazienti.
Nell’1985, furono pubblicati i dati dello studio GITSG che dimostrarono un miglioramento
della sopravvivenza mediana nei pazienti che avevano effettuato un trattamento adiuvante
chemioradioterapico seguito da chemioterapia con solo 5FU per 2 anni versus i pazienti
trattati con la sola chirurgia.127
Lo studio EORTC 40891,128
condotto in pazienti con neoplasia ampollare e adenocarcinoma
pancreatico, ha randomizzato i pazienti a ricevere radioterapia + 5FU versus sola chirurgia ed
ha riportato un beneficio non significativo a favore del trattamento combinato nel subset di
pazienti con tumore pancreatico. Dopo un follow-up di 11,7 mesi, nessuna differenza
statisticamente significativa è stata osservata tra i due bracci in termini di sopravvivenza
libera da malattia (DFS) e sopravvivenza assoluta.
In Europa, lo studio ESPAC-1 ha valutato l’efficacia della chemioterapia sistemica post-
operatoria e del trattamento radioterapico con 5-FU come radio-sensibilizzante: i 4 bracci
dello studio ricevevano rispettivamente sola chirurgia, chirurgia + chemioterapia sistemica
adiuvante, chirurgia + chemio-radioterapia, chirurgia + chemio-radioterapia seguita da
chemioterapia sistemica.129
(Figura 1.7)
Figura 1.7: Modalità di randomizzazione studio studio ESPAC-1
31
I risultati, con un follow-up mediano di 47 mesi, hanno evidenziato un vantaggio
statisticamente significativo in termini di sopravvivenza assoluta (OS) nei bracci che hanno
ricevuto chemioterapia sistemica (20.1 vs 15.5 mesi, p=0.009).
Figura 1.8: risultati studio ESPAC 1. Chemioterapia vs nessun trattamento
Al contrario, la sopravvivenza dei pazienti che hanno ricevuto radioterapia in associazione a
5FU è risultata peggiore (15.9 vs 17.9 mesi, p=0.05). Occorre tuttavia precisare che il
trattamento radiante split course e la dose di 40 Gy sono attualmente da considerare
inappropriati e che l’attività del 5FU, utilizzato in bolo nello studio come radiosensibilizzante,
è inferiore a quella del 5FU somministrato in infusione continua.130-131
Figura 1.9: risultati studio ESPAC 1. Chemioradioterapia vs nessun trattamento
32
Di estremo interesse sono i risultati di un altro studio di fase III, il CONKO-001, nel quale
368 pazienti sono stati randomizzati a ricevere sola chirurgia versus gemcitabina per 6 mesi.
Un’analisi intetion-to-treat ha dimostrato che il gruppo trattato con chemioterapia ha ottenuto
una sopravvivenza libera da recidiva statisticamente superiore (13.4 vs 6.9 mesi, p<0.001).132
I risultati finali dello studio hanno dimostrato una sopravvivenza assoluta mediana superiore
nel braccio con gemcitabina (22,8 versus 20,2 mesi; p=0.06) con un 12% di differenza in
sopravvivenza assoluta a 5 anni di follow-up.133
Lo studio di fase III RTOG 9704 ha valutato, dopo resezione chirurgica, la terapia con
gemcitabina o 5FU per tre settimane prima e per 12 settimane dopo radioterapia (con 5FU
radiosensibilizzante).134
Gli autori hanno dimostrato come, nei pazienti con carcinoma della
testa del pancreas (che erano388 dei 451 pazienti arruolati), era evidente una differenza non
statisticamente significativa in termini di sopravvivenza assoluta tra i due bracci (OS mediana
e sopravvivenza a 3 anni: 20.5 mesi e 31% versus 16.9 mesi e 22%, rispettivamente). Lo
schema di trattamento RTOG 9704 prevede gemcitabina settimanale per tre settimane, poi
radioterapia con dose di 50,4 Gy (1,8 Gy frazione) concomitante al 5-FU 250 mg/mq die in
infusione continua e successivamente gemcitabina settimanale per tre settimane. Un
aggiornamento dei dati del RTOG 9704 a 5 anni conferma l’assenza di differenza
statisticamente significativa tra i due gruppi, sebbene i pazienti con neoplasie della regione
cefalopancreatica mostrino un trend positivo in termini di sopravvivenza assoluta nel braccio
con gemcitabina (p=0.08).135
Tuttavia, ESPAC-3, un vasto studio randomizzato condotto in
oltre 1000 pazienti che non prevedeva l’utilizzo della radioterapia associata a 5FU ma
randomizzava i pazienti a ricevere un trattamento chemioterapico sistemico con 5FU versus
gemcitabina, ha mostrato che non c’è differenza tra l’impiego di 5FU e gemcitabina dopo
intervento di resezione chirurgica (mOS: 23 vs 23,6 mesi) per i tumori della testa del
pancreas.136
Tenendo conto di questi dati, ad oggi sono seguite queste indicazioni:
Il trattamento adiuvante standard nei pazienti resecati è la chemioterapia sistemica con
schedule opportune di 5-FU o gemcitabina per 6 mesi. La gemcitabina è da preferire
nella maggior parte dei pazienti per la minore tossicità. Non indicata è invece la
combinazione di doppiette di farmaci.
33
Il trattamento deve essere iniziato entro 8-10 settimane dall’intervento chirurgico
La radioterapia adiuvante quando eseguita, prevede la somministrazione di 45-46 Gy
(1,8-2,0 Gy/day) a livello del letto tumorale, sulle anastomosi chirurgiche e sulle
adiacenti stazioni linfonodali regionali con una dose aggiuntiva di 5-15 Gy a livello
del letto tumorale. La radioterapia è usualmente associata a chemioterapia
radiosensibilizzante con 5-FU, capecitabina o gemcitabina e può essere somministrata
prima o dopo la chemioterapia sistemica adiuvante. Nei casi con margini positivi R1,
la chemioradioterapia va associata alla chemioterapia sistemica.137,138
Terapia neoadiuvante nei pazienti con malattia resecabile
Alcuni studi hanno valutato la chemioradioterapia neoadiuvante nel paziente con malattia
resecabile. Una revisione retrospettiva del 2001 dell’MD Anderson riporta che l’uso della
chemioradioterapia preoperatoria ha un impatto positivo in termini di outcome nei pazienti
resecabili tenuto conto in particolar modo del dato relativo al 25% di pazienti la cui malattia,
al restaging pre-operatorio, era in progressione e che pertanto non avrebbe beneficiato di una
chirurgia d’emblèe.139
In uno studio randomizzato di fase II che valutava efficacia e tossicità di regimi contenenti
gemcitabina, come terapia neoadiuvante in pazienti con malattia resecabile, una maggiore
percentuale di resecabilità è stata osservata nei pazienti trattati con combinazioni di
gemcitabina e cisplatino versus la sola gemcitabina.140
Uno studio prospettico che ha valutato la radioterapia preoperatoria associata a gemcitabina
su 86 pazienti con malattia resecabile, ha dimostrato, alla ristadiazione eseguita tra la quarta e
la sesta settimana dal termine del trattamento, che tutti i pazienti avevano terminato il
trattamento e che solo 73 pazienti (85%) era candidabile alla chirurgia mentre la maggior
parte dei rimanenti pazienti erano esclusi dalla chirurgia per presenza di malattia avanzata.141
Risultati simili sono stati osservati in un altro studio di fase II che prevedeva la
somministrazione preoperatoria di gemcitabina/cisplatino seguita da chemioradioterapia con
gemcitabina. Dei 90 pazienti coinvolti, 79 sono stati in grado di completare la terapia
neoadiuvante e in 52 son andati all’intervento chirurgico. I rimanenti pazienti son risultati non
operabili per presenza di malattia avanzata alla ristadiazione eseguita alla fine del trattamento
34
neoadiuvante.142
Questi dati sottolineano la necessità di eseguire il restaging in maniera molto
accurata nei pazienti sottoposti a terapia neoadiuvante prima della chirurgia.
Anche se sembra che dopo terapia neoadiuvante, i pazienti sottoposti a terapia chirurgica
hanno una più alta percentuale di margini chirurgici indenni,143
i risutati devono ancora essere
confermati. Attualmente è in corso uno studio di fase III avente l’obiettivo di confrontare la
terapia perioperatoria (neoadiuvante + adiuvante) versus la sola terapia adiuvante
(Clinicaltrials.gov NCT01314027).144
Al momento comunque la terapia neoadiuvante non è raccomandata nella maggior parte dei
pazienti con neoplasia resecabile. Può essere considerato il trattamento preoperatorio in
pazienti selezionati che presentano malattia resecabile ma hanno cattivi fattori prognostici.
Terapia della malattia localmente avanzata potenzialmente resecabile
Il tumore a resecabilità borderline è caratterizzato dall’infiltrazione non segmentale o dalla
trombosi della PV o della SMV, dalla infiltrazione di un breve tratto dell’arteria epatica
comune con risparmio del tronco celiaco o dal coinvolgimento arterioso (tripode celiaco e
arteria mesenterica superiore) o arterovenoso per un tratto di circonferenza <180° con
possibilità di resezione tangenziale o resezione a pieno canale e ricostruzione del vaso. In
aggiunta a questi criteri radiologici, Katz et al. inizialmente considerarono anche fattori clinici
e divisero il gruppo dei borderline resectable in tre sottogruppi:
Gruppo A: che racchiudeva tumori infiltranti un breve tratto di VMS o coinvolgenti le
arterie viscerali.
Gruppo B: in cui i pazienti avevano caratteristiche cliniche suggestive per la presenza
di metastasi.
Gruppo C: in cui i pazienti erano caratterizzati da importanti comorbilità e scarso
performance status.
L’attribuzione dei pazienti a questi gruppi era importante al fine di decidere la corretta durata
del trattamento neoadiuvante che, nel gruppo C doveva essere minore (4 settimane) rispetto al
gruppo A (16 settimane) e B (15 settimane). Più recentemente questa divisione in sottogruppi
è stata abbandonata a favore del solo criterio radiologico per la definizione dei tumori
borderline resectable.
35
L’impiego di terapia neoadiuvante nei pazienti con malattia a resecabilità borderline è
altamente dibattuto. Anche se non ci sono ancora dati che supportano il suo utilizzo, sono in
molti a preferire un approccio iniziale con chemioterapia neoadiuvante piuttosto che con la
chirurgia, con l’obiettivo di rendere la malattia resecabile riducendo il rischio di un intervento
microscopicamente non radicale. Il tipo di terapia neoadiuvante può essere o solo medico
oppure di tipo combinato.
Uno studio del 2008 ha preso in esame 160 pazienti con malattia a resecabilità borderline. Di
questi, il 78% ha completato il trattamento chemioterapico preoperatorio e, dopo
ristadiazione, il 41% è stato sottoposto a intervento chirurgico.145
Numerosi trials hanno dimostrato che il trattamento preoperatorio in pazienti con malattia
borderline può essere efficace e ben tollerato. In uno studio di fase I/II i pazienti erano trattati
inizialmente con una polichemioterapia con gemcitabina e cisplatino e, a seguire, era
somministrata radio-chemioterapia concomitante con gli stessi farmaci usati nella prima fase.
Alla fine di questi trattamenti i pazienti venivano ristudiati e, per 4 dei 26 pazienti dello
studio, è stato possibile accedere alla resezione della malattia
Uno studio randomizzato di fase II, prematuramente concluso per gravi difficoltà di
arruolamento, ha comparato due diversi regimi neoadiuvanti in questo tipo di malattia. Il
primo gruppo di pazienti era trattato con chemio-radioterapia concomitante con gemcitabina,
mentre il secondo gruppo era trattato inizialmente con polichemioterapia a base di
gemcitabina, cisplatino e 5FU e, a seguire, con RT associata all’infusione di 5FU. Lo studio
ha mostrato che 5 (3 pazienti del primo gruppo e 2 del secondo) dei 21 pazienti arruolati è
potuto accedere all’intervento chirurgico.147
In due recenti studi retrospettivi, dal 31% al 35% dei pazienti con malattia a resecabilità
borderline, dopo aver terminato la terapia neoadiuvante, hanno beneficiato di un intervento
chirurgico radicale con margini di resezione liberi da malattia.148-149
E’ inoltre importante
notare come la sopravvivenza a 1 anno di questi pazienti sia similare a quella dei pazienti che
presentavano fin dall’inizio una malattia resecabile.150
Dopo l’intervento chirurgico è indicato effettuare una chemioterapia adiuvante per ottenere
una maggiore PFS e un maggiore OS. (Figura 1.10)
36
Terapia della malattia localmente avanzata
La chemioterapia sistemica è la terapia di scelta nei pazienti con malattia localmente
avanzata. Gli obiettivi primari del trattamento medico nel tumore localmente avanzato sono il
controllo locale della malattia e la prevenzione dello sviluppo di metastasi a distanza.
In quattro studi randomizzati, la sopravvivenza mediana dei pazienti con malattia localmente
avanzata trattati solamente con chemioterapia era di 9-12 mesi. L’uso di combinazioni di
farmaci contenenti gemcitabina ha indotto un maggior numero di risposte (27%) rispetto
all’utilizzo della sola gemcitabina (15%). Inoltre, a parità di schema terapeutico
somministrato, il tasso di risposte ottenute nei soggetti con malattia localmente avanzata era
maggiore di quello osservato nei soggetti con malattia metastatica. Questi risultati sono in
accordo con la meta-analisi condotta da Gillen et al. su pazienti con neoplasia localmente
avanzata non operabile. Tale studio ha dimostrato come il trattamento neoadiuvante con una
combinazione di farmaci in pazienti inizialmente non resecabili sia superiore rispetto alla
somministrazione di un singolo agente chemioterapico (33% vs 27%).151
L’utilizzo della chemioradioterapia nella malattia localmente avanzata è controverso.152
Il
ruolo della chemioradioterapia è stato inizialmente valutato in un trial del GITSG, dove la
combinazione di 5FU e una radioterapia split-course (dose totale 4000 cGy) era comparata
con radioterapia da sola o con l’associazione di 5FU e una radioterapia con dose totale di
6000 cGy. L’associazione delle chemioterapia con la radioterapia split-course ha ottenuto un
raddoppio della sopravvivenza assoluta mediana rispetto alla radioterapia da sola (42,2 vs
22,9 mesi).153
Studi successivi hanno valutato l’utilizzo del 5FU e della gemcitabina come
radiosensibilizzanti, abbandonando progressivamente l’uso della radioterapia split-course.153
Studi recenti hanno dimostrato che la gemcitabina dà migliori risultati rispetto al 5FU quando
utilizzata come radiosensibilizzante.154-158
Anche la capecitabina può essere usata come
farmaco radiosensibilizzante.160
Nei pazienti con scarso PS, la chemioterapia esclusiva è l’opzione di scelta. Gli studi
randomizzati in questo setting di pazienti hanno dato risultati contraddittori.162,163
Lo studio di
fase III ECOG E4201, che valutava gemcitabina versus l’associazione di radioterapia +
gemcitabina seguita da gemcitabina da sola, è stato chiuso per gravi difficoltà di arruolamento.
Tuttavia, l’analisi dei 74 pazienti arruolati ha dimostrato una sopravvivenza assoluta mediana
37
più lunga nel braccio di combinazione (11,1 mesi vs 9,2 mesi; p=0.017).164
Naturalmente, il
campione ridotto determinava una scarsa potenza dello studio che dunque non permetteva di
trarre evidenze conclusive.165
Lo studio di fase III FFCD-SFRO randomizzava pazienti affetti da malattia localmente
avanzata non resecabile a ricevere gemcitabina da sola verso chemio radioterapia con 5-FU e
cisplatino seguito da mantenimento con gemcitabina. La gemcitabina da sola ha dimostrato un
aumento del tasso di sopravvivenza a 1 anno verso la terapia combinata (53% vs 32%;
HR=0.54, 0,31-0,96; p=0,006). Lo studio è stato interrotto all’interim analysis che ha
dimostrato la superiorità del braccio con sola gemcitabina. Il peggioramento della
sopravvivenza è ascrivibile alla tossicità estrema evidenziata nel braccio di combinazione.166
Questa tossicità grave è imputabile alla dose elevata di radioterapia (60 Gy), non standard e
chiaramente superiore alla tolleranza degli organi peripancreatici.
È pertanto raccomandabile una strategia terapeutica con una chemioterapia di induzione per 3
mesi e poi il trattamento chemioradioterapico per i pazienti con un buon performance status e
che non sono andati in progressione.167-168
Se invece i pazienti hanno scarso performance
status con sintomi ostruttivi e dolore non controllato può essere una scelta iniziare
direttamente con chemioradioterapia usando come farmaci radio-sensibilizzanti il 5-FU in
infusione continua o la gemcitabina.155,157
Lo studio GERCOR è un esempio di compromesso
terapeutico dove pazienti con malattia localmente avanzata non resecabile vengono avviati a
terapia con gemcitabina per tre mesi e, se mantengono un buon performance status e non ci
sono segni di progressione, sono avviati a chemioradioterapia.
Al termine del trattamento neoadiuvante è poi possibile effettuare una rivalutazione chirurgica
al fine di selezionare i pazienti che possono beneficiare dell’intervento chirurgico. (Figura
1.9). Una review del 2010 ha evidenziato come dall’8.3 al 64.2% dei soggetti trattati con
chemioterapia neoadiuvante ha potuto effettuare la resezione della neoplasia. Nei pazienti
operati, dal 57% al 100% (con una mediana 87.5%) aveva margini di resezioni negativi e il
tasso di sopravvivenza dopo intervento chirurgico era sovrapponibile a quello dei soggetti che
fin dall’inizio presentavano malattia resecabile.169
Attualmente sono in fase di studio nuovi regimi chemioterapici, ad esempio FOLFIRINOX o
l’uso concomitante di gemcitabina e nab-paclitaxel, al fine di migliorare l’efficacia del
38
trattamento delle neoplasie localmente avanzate. L’efficacia della combinazione della
gemcitabina con il nab-paclitaxel, è già stata dimostrata nei pazienti con malattia metastatica.
In un recente studio di fase III, che randomizzava i pazienti con carcinoma del pancreas
metastatico a ricevere gemcitabina verso gemcitabina più nab-paclitaxel, si è riportato un
incremento, statisticamente significativo, della PFS (3,7 mesi versus 5,5 mesi) e un
incremento del tasso di risposte (7% verso 23%) e, questi dati, hanno fatto ipotizzare che tale
regime di combinazione possa avere un ruolo nella terapia neoadiuvante della neoplasia del
pancreas localmente avanzata. L’efficacia del FOLFIRINOX come terapia neoadiuvante nei
tumori del pancreas localmente avanzati è stata dimostrata in numerosi studi retrospettivi. In
particolare Hoinsen et al. hanno effettuato una analisi retrospettiva su 18 pazienti con malattia
localmente avanzata a resecabilità borderline o non resecabile, e hanno rilevato che, in 5 dei
18 pazienti trattati con FOLFIRINOX neoadiuvante, i margini di resezione chirurgica sono
risultati R0. Gunturu ha riportato che in 16 pazienti con neoplasia localmente avanzata è stata
ottenuta una risposta globale del 50% e un controllo di malattia nel 94% dei casi. Fari et al.
hanno valutato 12 pazienti con malattia localmente avanzata e hanno osservato un tasso di
risposta del 42%. Peddi et al. hanno trattato 23 pazienti con malattia localmente avanzata, a
resecabilità borderline o non resecabile, con FOLFIRINOX. Nonostante il regime
chemioterapico fosse stato modificato in circa la metà dei pazienti (ad esempio era stato
ridotta la dose di CPT-11, o era stata eliminata la somministrazione di 5FU in bolo) l’efficacia
nell’indurre una parziale remissione della malattia o nel mantenere la malattia stabile si è
mantenuta inalterata. L’ultima analisi sul ruolo di FOLFIRINOX nei pazienti con malattia
localmente avanzata è uno studio prospettico condotto su 53 pazienti. I dati preliminari hanno
mostrato un tasso di risposta del 30% con una percentuale di controllo di malattia dell’83%.151
39
Figura 1.10. Schema riassuntivo delle opzioni terapeutiche nei pazienti con malattia localmente avanzata
Terapia della malattia sistemica
Nella maggior parte dei pazienti la diagnosi viene posta quando la malattia è metastatica con
una sopravvivenza mediana che oscilla tra i 4-6 mesi. Inoltre, la maggior parte dei pazienti
presenta un ricco corteo sintomatologico che accompagna l’evoluzione della malattia e che
comprende dolore, nausea e vomito, astenia, anoressia, dimagrimento, ittero, disturbi
dell’alvo, anemia, malessere generale. Gli obiettivi primari del trattamento sono pertanto
rappresentati dal prolungamento della sopravvivenza e dal controllo dei sintomi correlati alla
malattia. Due studi randomizzati hanno dimostrato che il trattamento chemioterapico migliora
significativamente la sopravvivenza quando confrontata con la migliore terapia di
supporto.170,171
Per quanto riguarda il tipo di farmaci da impiegare, pochi sono i chemioterapici che si sono
dimostrati attivi. La gemcitabina rappresenta ancora oggi il farmaco di riferimento. Quando
impiegata da sola, ha dimostrato di poter indurre una risposta obiettiva in circa il 10% dei
casi, con una stabilizzazione di malattia nel 20-40% dei trattati. Confrontata in un trial di fase
III su 126 pazienti con malattia localmente avanzata o metastatica con il 5-fluorouracile in
bolo, considerato in passato il farmaco di riferimento, è stata in grado di ottenere un modesto
ma significativo miglioramento della sopravvivenza (5.65 vs 4.42 mesi) con un significativo
40
vantaggio sul beneficio clinico valutato attraverso la variazione di 3 parametri: dolore,
performance status e incremento ponderale.172
Infatti un miglioramento significativo e
duraturo del dolore, del consumo di analgesici, e/o del Karnofsky performance status, è stato
osservato nel 23,8% dei pazienti trattati con gemcitabina verso il 4,8% dei pazienti trattati con
5-FU (P=0,0022). L’insorgenza del beneficio clinico è stato relativamente rapido (7 settimane
per gemcitabina verso 3 settimane per 5-FU) e la durata di tale beneficio è stata di 18
settimane per i pazienti trattati con gemcitabina e di 13 settimane per quelli trattati con 5-FU.
Figura 1.11: Curve di OS in pazienti trattati con gemcitabina o con 5-FU. (Burris et al.)
Riguardo migliore modalità di somministrazione della gemcitabina, di recente si è osservato
che la somministrazione ad un tasso di infusione fissa (10mg/mq/min) potrebbe essere più
efficace. La gemcitabina è infatti un profarmaco che deve essere fosforilato, dall’enzima
deossicitidina chinasi, per svolgere la sua azione antitumorale. La somministrazione a un
tasso di infusione fissa sembra massimizzare la quota di gemcitabina fosforilata, e quindi
attiva, all’interno della cellula.173
In uno studio randomizzato di fase II si è visto che
l’infusione di gemcitabina alla dose fissa di 10 mg/mq/min si accompagnava a una migliore
sopravvivenza rispetto alla somministrazione di gemcitabina 1000mg/mq in 30 minuti.174
In
un recente studio randomizzato di fase III, la somministrazione di gemcitabina alla dose fissa
di 10 mg/mq/min non ha ottenuto, rispetto alla somministrazione alla dose di 1000 mg/mq,
alcun vantaggio significativo in termini di sopravvivenza.175
Per quanto concerne l’utilizzo in associazione, diversi studi hanno impiegato la gemcitabina
insieme ad altri farmaci. In molti casi non c’è stato alcun beneficio come nella combinazione
41
con 5-FU,176,177
in altri, un miglioramento moderato delle risposte ma nessun reale impatto
sulla sopravvivenza, come nel caso delle combinazioni con cisplatino,178-180
o con
oxaliplatino.181
Figura 1.12. Metanalisi dei diversi regimi chemioterapici basati su combinazioni di gemcitabina verso sola
gemcitabina, nel tumore del pancreas.
Uno studio italiano randomizzato di fase III ha mostrato la possibilità di ottenere un vantaggio
dall’impiego di uno schema con quattro farmaci.182
In questo studio, 99 pazienti sono stati
randomizzati a ricevere o una associazione di cisplatino, gemcitabina, epirubicina e 5-FU o la
sola gemcitabina: una maggiore percentuale di pazienti nel braccio di combinazione ha avuto
una sopravvivenza libera da progressione a 4 mesi (60% vs 28%), con una sopravvivenza ad
un anno del 38.5% vs il 21.3%. La tossicità osservata, in particolare quella midollare, è stata
più elevata nel braccio di combinazione anche se non ha dimostrato ripercussioni sulla qualità
di vita dei pazienti.183
Per quanto riguarda il ruolo dei farmaci biologici i risultati dello studio NCIC-CTG hanno
evidenziato che l’aggiunta dell’Erlotinib, inibitore di EGFr tirosino-chinasi, alla Gemcitabina
42
incrementa la sopravvivenza mediana rispetto al solo antimetabolita, di circa 10 giorni e la
PFS mediana di circa 6 giorni, a fronte di un incremento degli effetti collaterali come diarrea e
rash cutaneo ma di grado 1-2. Tuttavia la riduzione del rischio di morte (HR 0.82) non è
rilevante dal punto di vista clinico e pertanto non è raccomandato l’utilizzo routinario di
Erlotinib nel trattamento della malattia.184
Figura 1.13. Curve di OS in pazienti affetti da carcinoma pancreas, trattati con gemcitabina o con gemcitabina
associata a erlotinib. (Moore et al.)
Più recentemente, sono stati ottenuti risultati promettenti con il nab-paclitaxel, un taxano
coniugato ad albumina che interferirebbe anche con il microambiente, sia in pazienti refrattari
alla gemcitabina, sia in combinazione con quest’ultima.185,186
Infine in uno studio di fase III randomizzato lo schema FOLFIRINOX ha ottenuto un
vantaggio significativo in termini di PFS ( 6.4 mesi versus 3.3 mesi; p<0.0001) e di OS (11.1
mesi versus 6.8 mesi; 1-y OS 48.4% versus 20.6% p<0.0001) rispetto alla gemcitabina in
pazienti con tumore metastatico.187
43
Figura 1.14. Curve di OS e PFS in pazienti affetti da carcinoma pancreas, trattati con gemcitabina o con
FOLFIRINOX. (Conroy T et al., NEJM 2011)
Il beneficio sembra superiore nei pazienti con tumori di corpo e coda rispetto alla testa ed è
gravato da una tossicità significativamente superiore rispetto a quella della sola gemcitabina
(neutropenia 45,7%, diarrea 12,7%, trombocitopenia 9,1%, neuropatia periferica 9%).
44
Figura 1.15: confronto tra le tossicità in pazienti trattati con gemcitabina o con FOLFIRINOX. (Conroy T et al.,
NEJM 2011)
Nonostante il maggior numero di tossicità, una analisi della qualità della vita dei pazienti dei
pazienti di questo studio, ha mostrato che il FOLFIRINOX migliora la qualità di vita più della
gemcitabina.188
45
Terapia di seconda linea
Un subset di pazienti in progressione dopo una prima linea di terapia, si presenta con un
performance status sufficientemente buono da poter ricevere un trattamento di seconda linea il
cui obiettivo rimane il prolungamento della sopravvivenza e il controllo dei sintomi.189
I pazienti in progressione dopo una prima linea, dovrebbero essere trattati o con monoterapia
(capecitabina, fluorouracile) o con una combinazione di 2 o più farmaci (capecitabina,
oxaliplatino, irinotecan, 5FU) qualora le condizioni cliniche lo permettessero. I risultati di uno
studio di fase III (CONKO-003), che confrontava il trattamento chemioterapico con
oxaliplatino più fluoro-folato con la migliore terapia di supporto, hanno infatti evidenziato un
vantaggio significativo per il trattamento chemioterapico, sia sulla sopravvivenza media libera
da progressione (13 settimane vs 9 settimane; P=0.012) sia sulla sopravvivenza globale ( 20
settimane vs 13 settimane P=0,014).190,191
1.8.4 Trattamenti palliativi nella malattia localmente avanzata e metastatica
La maggior parte di pazienti con carcinoma pancreatico presenta una malattia non resecabile,
localmente avanzata o metastatica alla diagnosi. In questi pazienti la gestione
multidisciplinare di sintomi dovuti a ostruzione biliare ed a occlusione digestiva “alta” da
infiltrazione neoplastica del duodeno o dell’angolo duodeno-digiunale di Treitz è di
fondamentale importanza non solo per il mantenimento di una accettabile qualità di vita, ma
anche per poter effettuare un eventuale trattamento chemioterapico o chemioradioterapico
nelle migliori condizioni cliniche.
La moderna medicina offre ai pazienti con carcinoma pancreatico avanzato e sintomi da
ostruzione biliare e/o digestiva diversi approcci terapeutici, chirurgici ed endoscopici. In
generale le procedure palliative chirurgiche sono principalmente riservate ai pazienti con
aspettativa di vita più lunga.
46
Ostruzione biliare
Dal 65% al 75% circa dei pazienti con carcinoma pancreatico sviluppa sintomi dovuti ad
ostruzione biliare nel corso della malattia.192
Per i pazienti affetti da malattia avanzata, non
resecabile con ittero ostruttivo alla diagnosi la migliore palliazione è rappresentata dal
posizionamento di uno stent biliare per via endoscopica, soprattutto se l’aspettativa di vita è
limitata (malattia metastatica). Esistono diversi tipi di stent biliari, plastici e metallici,
totalmente o parzialmente coperti, rigidi o auto-espandibili. La complicanza più frequente
degli stent biliari è rappresentata dall’ostruzione dello stent che provoca ricorrenti episodi di
colangite. Diversi studi, retrospettici e prospettici, e una meta-analisi hanno dimostrato che gli
stent biliari metallici sono associati ad un rischio ridotto di occlusione. Il rischio di occlusione
di uno stent plastico aumenta significativamente dopo tre mesi dal suo posizionamento. Va
ricordato, inoltre, che mentre gli stent plastici possono essere facilmente sostituiti, la
sostituzione di uno stent metallico è estremamente più problematica. Pertanto in linea
generale è consigliabile il posizionamento di uno stent biliare endoscopico di tipo metallico
nei pazienti con malattia avanzata non suscettibili di alcun trattamento chirurgico. Nei
pazienti con malattia metastatica, in scadute condizioni generali, che verranno sottoposti a
terapia palliativa e in cui l’aspettativa di vita è di pochi mesi, trova indicazione anche il
posizionamento di uno stent plastico che dovrebbe essere posizionato anche in quei pazienti
con malattia localmente avanzata in cui si ritiene teoricamente possibile un eventuale
intervento chirurgico nel caso di down-staging dopo chemioterapia/chemioradioterapia.193,194
Se lo stent non può essere posizionato per via endoscopica (per la presenza di una
infiltrazione neoplastica del duodeno o per pregressi interventi sul tratto digestivo superiore,
es. gastroresezione o per difficoltà di accesso alla papilla di Vater), allora vi è indicazione al
posizionamento di uno stent percutaneo transepatico che in un secondo tempo può essere
internalizzato.195
Nei pazienti con occlusione digestiva da stenosi neoplastica duodenale, indipendentemente
dallo stadio di malattia, deve essere considerato un intervento chirurgico di duplice derivativa
bilio-digestiva.196,197
47
Altre indicazioni alla palliazione chirurgica dell’ostruzione biliare sono rappresentate da:
riscontro intraoperatorio di carcinoma metastatico o localmente avanzato in pazienti
sottoposti a laparotomia esplorativa per malattia giudicata inizialmente resecabile;
colangiti ricorrenti in pazienti con ostruzione duodenale già sottoposti a plurimi
posizionamenti/sostituzioni di stent biliari.
Diverse sono le procedure chirurgiche che possono essere considerate.192
Si possono effettuare
interventi di direvazione delle vie biliari (coledoco-duodenostomia o coledoco-digiunostomia)
per ovviare all’ittero crescente, o il bypass digestivo in caso di stenosi duodenale o con effetto
preventivo rispetto alla stenosi stessa.
Il bypass chirurgico bilio-digestivo ha il vantaggio di offrire una soluzione durevole al
problema dell’ostruzione biliare e di poter essere associata ad altre procedure palliative
(bypass gastrico e/o blocco del plesso celiaco).
Figura1.16: intervento di triplice bypass
48
Va ricordato che tale chirurgia non è priva da complicanze, soprattutto in pazienti con
malattia avanzata e cattivo stato nutrizionale, ed è inoltre associata ad una mortalità
postoperatoria non trascurabile.198
Pertanto tale chirurgia dovrebbe essere evitata nei pazienti
con aspettativa di vita limitata, nei pazienti con carcinosi peritoneale ed in pazienti con
cachessia neoplastica/scadute condizioni generali.
Infine nelle fasi avanzate di malattia un paziente inizialmente non itterico può sviluppare
ostruzione biliare. In questa fase di malattia non solo la progressione neoplastica locale, ma
anche metastasi epatiche e metastasi linfonodali possono determinare una stenosi biliare.
L’identificazione della sede dell’ostruzione è di fondamentale importanza per valutare la
strategia terapeutica più appropriata. In questa condizione è pertanto raccomandabile sempre
l’esecuzione di una colangiowirsung risonanza (MRCP) che fornisca l’esatto livello della
stenosi ed identifichi esattamente la causa della ostruzione.
Ostruzione gastrica
Una ostruzione del tratto digestivo superiore (antro/regione pilorica, duodeno, passaggio
duodeno-digiunale) si sviluppa in circa il 15-25% dei pazienti con carcinoma pancreatico nel
corso della malattia.192
I pazienti con malattia metastatica associata a scadute condizioni generali e ridotta aspettativa
di vita (< 3 mesi) possono essere sottoposti ad un tentativo di palliazione endoscopica
mediante posizionamento di stent duodenale o, alternativamente, al posizionamento di una
gastrostomia percutanea (PEG).195
Negli altri casi l’opzione chirurgica viene preferita dal momento che garantisce una migliore e
più efficace palliazione rispetto allo stent duodenale.199-201
L’intervento di scelta è
rappresentato da una gastroenteroanastomosi sulla parete posteriore dello stomaco.
Nei pazienti senza sintomi di digestione occlusiva “alta” sottoposti a laparotomia e in cui si
evidenzia una malattia metastatica o localmente avanzata bisogna valutare l’opportunità di
eseguire una gastroenteroanastomosi profilattica. Due studi prospettici randomizzati hanno
dimostrato che circa il 20% dei pazienti non sottoposti a gastroenteronastomosi profilattica
hanno successivamente sviluppato un quadro clinico di occlusione digestiva da ostruzione
gastrica con necessità d’intervento chirurgico in condizioni generali più scadute. In entrambi
49
gli studi la gastroenteroanastomosi profilattica ha ridotto l’incidenza di occlusione digestiva
tardiva senza determinare un incremento dell’incidenza di complicanze.202
Complicanze tromboemboliche
Il rischio di sviluppare un evento tromboembolico è sostanzialmente aumentato nei pazienti
affetti da carcinoma pancreatico.203,204
Pertanto, le linee guida internazionali raccomandano
l’impiego profilattico di eparina a basso peso molecolare (EBPM), preferibile all’uso di
anticoagulanti, nel gruppo di pazienti affetti da neoplasia del pancreas che presentano un
episodio di tromboembolismo venoso (TEV). Le evidenze scientifiche che supportano queste
raccomandazioni sono rappresentate dai 2 studi clinici randomizzati e prospettici: lo studio
CLOT232 e lo studio CONKO 004233. Nel primo studio, nei pazienti sottoposti a profilassi
con dalteparina dopo un primo episodio di TEV si osservava a sei mesi una riduzione
d’incidenza di 2 volte di sviluppare un secondo episodio tromboembolico rispetto al braccio
dei pazienti trattati con warfarin.205
Nello studio CONKO 004, i pazienti con tumore del
pancreas avanzato venivano randomizzati a ricevere chemioterapia palliativa in associazione
o meno a trattamento profilattico con EBPM (enoxaparina): il rischio di sviluppare un
episodio sintomatico di TEV era significativamente più basso nei pazienti del braccio trattato
con l’anticoagulante, mentre il rischio di emorragia risultava sovrapponibile in entrambi i
gruppi.206
Dolore addominale severo associato al tumore
La maggior parte dei pazienti con tumore localmente avanzato o metastatico riferisce dolore
addominale,207
che può essere dovuto all’infiltrazione neoplastica dei plessi nervosi
retroperitoneali. Per questo motivo la neurolisi con etanolo del plesso celiaco può essere una
soluzione. In due studi randomizzati la neurolisi del plesso celiaco si è associata a
miglioramento della sintomatologia dolorosa e questi dati son stati confermati in un recente
studio su 96 pazienti con adenocarcinoma non operabile.207-209
In pazienti selezionati con dolore irradiato posteriormente refrattario agli antidolorifici, può
essere considerata una RT (tipicamente 25-36 Gy in frazioni di 2,4-5 Gy)
50
1.9 Prognosi
La maggior parte dei pazienti con carcinoma pancreatico va incontro a decesso entro il primo
anno dalla diagnosi. Mentre alcuni pazienti con carcinoma della testa sottoposti a resezione
chirurgica radicale sopravvivono fino a 5 anni (intorno al 5-6%), ciò avviene più raramente
nei portatori del carcinoma del corpo-coda. La prognosi è ovviamente peggiore nei pazienti in
cui la neoplasia è, già al momento della diagnosi ad uno stadio avanzato ma anche nei pazienti
che al momento della diagnosi sono a uno a stadio iniziale, solo il 40% vive per 6 mesi, il
20% per 1 anno e il 2% a 5 anni.
51
2. Pazienti e metodi
2.1 Razionale dello studio
Il carcinoma del pancreas rappresenta una neoplasia ad elevata letalità.
Solo il 15-20% circa dei pazienti presenta alla diagnosi una malattia localizzata suscettibile di
resezione chirurgica radicale. La radicalità della chirurgia rappresenta un fattore prognostico
di grande rilievo con un netto incremento della probabilità di sopravvivenza a lungo termine a
favore dei pazienti sottoposti a chirurgia resettiva radicale con margini di resezione indenni
(R0).210,211
Circa il 20% dei pazienti hanno alla diagnosi un quadro di malattia localmente avanzato o
borderline resectable secondo le classificazioni attuali in seguito all’infiltrazione di segmenti
di vasi venosi (in particolare vena porta o vena mesenterica superiore) o arteriosi (arteria
mesenterica superiore o rami del tripode celiaco). Questi pazienti sono a maggior rischio di
resezione chirurgica non radicale e quindi sarebbero candidati a trattamenti alternativi alla
chirurgia (chemioterapia con o senza radioterapia).151
Negli ultimi anni il trattamento medico del carcinoma del pancreas ha subito notevoli
miglioramenti con l’utilizzo di regimi polichemioterapici che hanno dimostrato una maggiore
attività ed efficacia rispetto al tradizionale trattamento con Gemcitabina. In particolare un
regime di combinazione di 5-Fluorouracile + Acido Folinico, Irinotecan e Oxaliplatino
denominato FOLFIRINOX sviluppato da oncologi francesi ha dimostrato un aumento della
sopravvivenza mediana a circa 11 mesi e un tasso di risposte obiettive superiore al 30%.187
La disponibilità di regime chemioterapici attivi ha portato a provare il loro utilizzo anche
nella malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline con l’obiettivo di selezionare
meglio i pazienti potenzialmente resecabili e di aumentare il tasso di resezioni radicali.
Alla luce di queste premesse, abbiamo deciso di effettuare uno studio di fase II in pazienti con
carcinoma del pancreas localmente avanzato o borderline resecabile per valutare l’attività del
FOLFOXIRI, un regime chemioterapico che prevede sempre la combinazione di 5-
Fluorouracile/Acido Folinico, Irinotecan e Oxaliplatino, e in cui, rispetto al FOLFIRINOX il
5-Fluorouracile viene somministrato completamente in infusione senza una parte in bolo e
52
l’Irinotecan è somministrato a dose lievemente ridotta. Questo regime è stato selezionato in
quanto il nostro gruppo ha un’ampia esperienza con esso nel trattamento dei tumori
gastrointestinali e perché potrebbe comportare vantaggi in termini di tossicità rispetto al
regime francese.212
2.2 Obiettivi dello studio
L’obiettivo principale dello studio è quello di valutare la percentuale di pazienti sottoposti a
resezione chirurgica radicale del tumore (R0) dopo trattamento neoadiuvante.
In recenti metanalisi è stato dimostrato come un trattamento chemioterapico preoperatorio
possa consentire una resezione chirurgica secondaria in circa il 30% dei pazienti trattati.213
Il nostro obiettivo è quello di dimostrare che il trattamento oggetto di studio vista la sua
elevata attività possa consentire una resezione radicale nel 50% dei casi.
Obiettivi secondari dello studio sono:
la sopravvivenza libera da progressione di malattia valutata a partire dall’inizio del
trattamento chemioterapico
le risposte obiettive al trattamento chemioterapico neoadiuvante
la tossicità riportata durante il trattamento neoadiuvante e le complicanze relative
all’intervento chirurgico o altri trattamenti locali
la sopravvivenza globale dei pazienti.
53
2.3. Criteri di selezione dei pazienti
Sono stati selezionati per lo studio ed inclusi i pazienti che rispettavano i seguenti criteri di
selezione:
Età compresa tra 18 e 75 anni.
Performance status (PS), valutato secondo la scala ECOG, 0-1.
Diagnosi istologica o citologica di carcinoma del pancreas; pazienti risultati non
tipizzabili dopo almeno 1 tentativo bioptico sono stati giudicati includibili nello studio
purché avessero una diagnosi radiologica ed umorale tipica per un carcinoma duttale
del pancreas.
Quadro di malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline definita secondo i
criteri del National Comprehensive Cancer Network (NCCN).105
Assenza di metastasi a distanza.
Buona funzionalità d’organo, in particolare midollare, epatica e renale. È consentita la
possibilità di un trattamento palliativo in caso di ittero ostruttivo mediante
posizionamento di endoprotesi biliare o confezionamento di epatico-digiunostomia
purché vi sia una normalizzazione dei valori di bilirubina prima dell’inizio del
trattamento chemioterapico.
Assenza di segni e sintomi di ostruzione intestinale.
Assenza di neuropatia cronica di grado >1 o di diarrea cronica o sindrome da
malassorbimento.
Assenza di comorbidità cardiache o di altre malattia che potessero compromettere la
sicurezza del paziente con il trattamento previsto.
Assenza di seconde neoplasie ad eccezione dei carcinomi squamosi della cute o di
carcinoma in situ della cervice uterina.
Per pazienti di sesso femminile, assenza di gravidanza in atto o allattamento.
Buona compliance e disponibilità ad aderire allo studio e alle sue procedure; presenza
di consenso informato scritto.
54
2.4. Piano di trattamento e criteri di valutazione
2.4.1 Valutazione pre-trattamento
Prima dell’inizio del trattamento chemioterapico neoadiuvante i pazienti arruolati nello studio
sono stati sottoposti ai seguenti esami:
Anamnesi ed esame obiettivo completo comprensivo di valutazione del peso, altezza e
parametri vitali
Esami ematochimici completi
Valutazione dei marcatori tumorali CEA e CA19.9
TAC total body con mdc
2.4.2 Trattamento neoadiuvante
I pazienti sono stati quindi trattati con il regime chemioterapico FOLFOXIRI ripetuto ogni 14
giorni per un massimo di 12 cicli.
Il trattamento è stato somministrato mediante infusione attraverso catetere venoso centrale e
consiste in:
Irinotecan 165 mg/mq in infusione ev di 90 minuti
Oxaliplatino 85 mg/mq in infusione ev di 120 minuti (in doppia via con Acido
Folinico)
Acido Folinico 200 mg/mq in infusione ev di 120 minuti (in doppia via con
Oxaliplatino)
5-Fluorouracile 3200 mg/mq in infusione continua ev di 48 ore mediante pompa
elastomerica.
Per i primi 20 pazienti le dosi iniziali di Irinotecan e 5-Fluorouracile sono state ridotte ai
primi 2 cicli rispettivamente a 150 mg/mq e 2800 mg/mq per migliore valutazione della
tossicità del regime ed incrementate a dosaggio pieno a partire dal terzo ciclo in assenza di
tossicità di grado superiore a 1.
55
Figura 2.1: Schema di trattamento con FOLFOXIRI
2.4.3 Valutazione della tossicità
Prima della somministrazione di ogni ciclo di terapia, i pazienti hanno eseguito le seguenti
valutazioni:
Esami ematochimici di valutazione dell’emocromo e della funzionalità renale ed
epatica
Controllo del peso
Valutazione della tossicità
La tossicità è stata valutata mediante i criteri Common Terminalogy Criteria for Adverse
Events (CTCAE) del National Cancer Institute (NCI) versione 4.0.214
Non è stato previsto l’utilizzo del fattore di crescita granulocitario in profilassi primaria;
tuttavia ne è stato consentito l’uso successivo per trattare episodi di neutropenia complicata o
di lunga durata e come profilassi secondaria dopo un precedente episodio.
I cicli di chemioterapia sono stati somministrati in assenza di tossicità residua di grado >1 al
giorno 1 di ogni ciclo; in caso invece di tossicità, il riciclo è stato rimandato fino a recupero
della tossicità a grado ≤ 1.
In caso di tossicità sono stati applicati i criteri di riduzione della dose ai cicli successivi in
caso di tossicità riportati nella tabella 3.1.
56
TOSSICITA’ RIPORTATA GRADO IRI OXA 5-FU
Neutropenia (durata maggiore di 5
giorni) 4 75% 75% 100%
Neutropenia febbrile 4 75% 75% 75%
Piastrinopenia 3 - 4 75% 75% 75%
Diarrea 3 75% 100% 75%
Diarrea 4 50% 100% 50%
Stomatite 3 100% 100% 75%
Stomatite 4 100% 100% 50%
Infarto del miocardio -- 100% 100% STOP
Tabella 2.1. Criteri di riduzione delle dosi dei 3 chemioterapici in base alla tossicità
In caso di tossicità ematologica o non-ematologica di grado 3-4 con un farmaco
somministrato a dosaggio ridotto del 75% è stata applicata una nuova riduzione della dose al
50%; in caso di tossicità anche dopo riduzione al 50% il farmaco è stato interrotto.
2.4.4 Rivalutazioni di malattia
Ogni 2 mesi durante il trattamento chemioterapico è stata programmata una rivalutazione del
quadro di malattia con:
Esame obiettivo
Esami ematochimici completi
Valutazione dei marcatori tumorali CEA e CA19.9
TAC total body con mdc
Rivalutazione multidisciplinare della resecabilità
Le risposte al trattamento sono state valutate secondo i criteri RECIST versione 1.1.215
57
2.4.5 Trattamenti locali
In caso di giudizio di resecabilità, dopo i primi 4 cicli di terapia, i pazienti hanno interrotto il
trattamento chemioterapico e sono stati sottoposti ad intervento chirurgico resettivo dopo 4-6
settimane dall’ultimo ciclo di chemioterapia.
L’intervento programmato, previa conferma intraoperatoria dell’assenza di metastasi a
distanza, è stata la duodenocefalopancreasectomia con o senza resezione dell’antro gastrico
per le neoplasia della testa o processo uncinato e la splenopancreasectomia sinistra per le
lesioni del corpo-coda; tuttavia, in caso di margini chirurgici non ritenuti adeguati o per
necessità tecniche legate alla vascolarizzazione del pancreas residuo, è stata considerata anche
la necessità di una splenopancreasectomia totale. I segmenti vascolari interessati dalla
neoplasia sono stati asportati in blocco con il pezzo operatorio e la continuità vascolare è stata
ricostruita mediante anastomosi diretta o con interposizione di un segmento di vaso autologo
o eterologo. È stata prevista un’adeguata linfoadenectomia loco-regionale in tutti i pazienti.
Tutti i pezzi operatori sono stati valutati per analisi istopatologica da parte di un patologo
esperto con analisi estemporanea della trancia di resezione pancreatica e della via biliare.
L’esame istologico definitivo ha valutato le caratteristiche della neoplasia residua, la sua
estensione e il suo grado di differenziazione, la corretta stadiazione anatomo-patologica
locale, l’eventuale interessamento linfonodale, l’eventuale infiltrazione vascolare e
perineurale, e lo stato dei margini chirurgici campionati in modo sistematico.
Dopo trattamento chirurgico i pazienti con adeguato recupero postoperatorio hanno ricevuto
un trattamento chemioterapico adiuvante con Gemcitabina 1000 mg/mq in infusione ev di 30
minuti ai giorni 1, 8, 15 ogni 28 per 6 mesi. In caso di margini di resezione chirurgica con
infiltrazione microscopica (R1) il trattamento adiuvante è stato completato con radioterapia
con dose di 50.4 Gy.
In caso di giudizio di non resecabilità dopo i primi 4 cicli di chemioterapia, in assenza di
progressione di malattia, i pazienti hanno proseguito il trattamento con FOLFOXIRI per altri
4 cicli fino a nuova rivalutazione o comunque a un massimo di 12 cicli.
Dopo 8 o 12 cicli, in caso di giudizio confermato di non resecabilità, i pazienti sono stati
valutati per un possibile trattamento radioterapico sul tumore e i linfonodi loco-regionali con
dose somministrata di 50.4 Gy in concomitanza a chemioterapia con 5-Fluorouracile
infusionale alla dose di 200 mg/mq/die ev oppure con Gemcitabina 300 mg/mq ev
settimanale.
58
2.4.6 Follow up dopo il trattamento
Dopo trattamento locale (chirurgico o radioterapico) e comunque dopo il termine dei 12 cicli
di trattamento chemioterapico, i pazienti sono stati seguiti con controlli clinico-strumentali
periodici effettuati ogni 4 mesi nei primi 2 anni e poi ogni 6 mesi fino ad almeno 5 anni dal
termine dei trattamenti con:
Esame obiettivo
Esami ematochimici completi
Valutazione dei marcatori tumorali CEA e CA19.9
TAC total body con mdc (alternabile con ecografia dell’addome completo)
Valutazione della tossicità residua
Successivamente i pazienti sono stati seguiti fino al decesso con contatti almeno annuali.
Figura 2.2: Schema dello studio
59
Periodo di
screening
Periodo di
trattamento
(ogni 14 giorni,
prima di ogni
somministrazione
di chemioterapia)
Follow up
durante il
trattamento
(ogni 2 mesi)
Follow up dopo
il trattamento
(ogni 4 mesi
per i primi 2
anni, poi ogni 6
mesi per
almeno 5 anni)
Consenso informato X
Anamnesi, PS, Esame
obiettivo X X X X
Esami ematochimici X X X X
CEA, CA19.9 X X X
TAC total body X X X1
Valutazione
multidisciplinare X X
Valutazione eventi
avversi X X
Tabella 2.2. Flow chart dello studio
1E’ stato consentito durante il follow up dopo trattamento locale di alternare la TAC total body con l’ecografia
dell’addome completo. Ulteriori esami (PET, RMN, Scintigrafie, ecc.) sono stati utilizzati secondo indicazione
clinica in caso di dubbi diagnostici.
60
2.5 Considerazioni statistiche
L’obiettivo primario dello studio è quello di valutare la percentuale di pazienti sottoposti a
resezione chirurgica radicale R0 dopo trattamento chemioterapico neoadiuvante con
FOLFOXIRI. Si intende R0 una resezione chirurgica che consente l’asportazione
macroscopica completa della neoplasia e in cui i margini di resezione adeguatamente valutati
risultino tutti microscopicamente indenni da infiltrazione neoplastica.
Obiettivi secondari dello studio sono la valutazione della tossicità, delle risposte alla
chemioterapia, e della sopravvivenza libera da progressione e globale; la sopravvivenza libera
da progressione è stata valutata come l’intervallo di tempo tra l’inizio del trattamento
chemioterapico neoadiuvante e la prima evidenza clinico-radiologica di progressione di
malattia o morte; la sopravvivenza globale è stata valutata come l’intervallo di tempo
compreso tra l’inizio del trattamento chemioterapico neoadiuvante e la data del decesso del
paziente. I pazienti non progrediti o vivi sono stati considerati “censored” alla data dell’ultimo
follow up disponibile.
Le analisi di attività ed efficacia sono state condotte su tutta la popolazione di pazienti
arruolati (popolazione intention to treat); le analisi di tossicità sono state eseguite solo sui
pazienti che hanno ricevuto il trattamento specifico di cui ci valuta la tollerabilità
(chemioterapia, chirurgia o radioterapia).
Recente metanalisi evidenziano una probabilità del 20-30% di resezione chirurgica radicale
dopo trattamento chemioterapico o chemio-radioterapico preoperatorio in pazienti con
carcinoma del pancreas localmente avanzato o a resecabilità borderline.213
Negli studi al
momento disponibili però i trattamenti chemioterapici utilizzati erano prevalentemente con
gemcitabina o doppiette contenenti platino.
Sulla base di questa premessa e considerando che con il regime FOLFOXIRI è prevista una
maggiore probabilità di risposte obiettive 187
e quindi la possibilità di ottenere un downsizing
ed eventualmente un downstaging della neoplasia, si auspica una percentuale di resezioni
chirurgiche radicali R0 dopo chemioterapia con FOLFOXIRI del 50%.
Lo studio è stato progettato come trial prospettico di fase II, a singolo braccio, monocentrico,
disegnato secondo il modello di Fleming a singolo stadio.
Considerando quindi un p0 (tasso minimo di resezioni radicali attesa) del 30% e un p1 (tasso
di resezioni radicali auspicabile per ritenere attiva la strategia in studio) del 50%, stabilendo
un errore α dello 0.05 e β del 0.10, con una potenza del 90%, è previsto un arruolamento di 37
61
pazienti. Stabilendo una percentuale di pazienti non valutabili del 15%, è stata prevista la
possibilità di arruolare fino a 43 pazienti totali.
Il trattamento con FOLFOXIRI sarà considerato attivo e meritevole di ulteriori valutazioni se
almeno 17 pazienti su 37 valutabili saranno sottoposti a una resezione chirurgica radicale
dopo terapia medica.
Le analisi di sopravvivenza sono state effettuate mediante il metodo di Kaplan-Meier; i
confronti tra diversi gruppi sono stati analizzati mediante log-rank test. È stata fissato un
livello di significatività con p<0.05.
Il confronto tra parametri di frequenza è stato effettuato quando necessario mediante test di
Fisher.
L’analisi della dimensione campionaria è stata eseguita con il software NCSS PASS versione
11. Le analisi statistiche sono state effettuate mediante i software GraphPad Prism versione
5.0 e SPSS Statistics versione 19.0.
62
3. Risultati
3.1 Caratteristiche dei pazienti
Da settembre 2011 a settembre 2013, sono stati arruolati nello studio e trattati secondo lo
schema FOLFOXIRI 43 pazienti, 32 dei quali con diagnosi cito-istologica di adenocarcinoma
pancreatico e 11 dei quali con diagnosi ottenuta solo con metodi strumentali e umorali
(dosaggio Ca19.9) in quanto non è stato possibile effettuare una biopsia.
L’età mediana dei pazienti arruolati è risultata essere 62 anni, con una range compreso tra 34
e 75.
Il rapporto maschi/femmine è risultato di circa 0,7 in quanto in questa parte dello studio sono
stati arruolati 18 (42%) maschi e 25 (58%) femmine.
La distribuzione del performance status (PS) è stata omogenea nei primi due gradi secondo
criteri ECOG, considerato che 22 pazienti (51%) presentavano un PS pari a 0 e 21 (49%) pari
a 1.
Per quanto riguarda la sede di malattia, in 32 casi (74%) era interessata la testa o il processo
uncinato del pancreas mentre in 11 casi (26%) il tumore era localizzato a livello del corpo o
della coda dell’organo.
Al momento della diagnosi 3 (7%) pazienti avevano una estensione locale della neoplasia cT3
e 40 (93%) cT4 e, in base all’interessamento linfonodale, 13 (30%) erano cN0 e 30 (70%)
cN1.
Al momento dell’inizio della terapia solo 29 pazienti sono stati valutati per l’espressione del
Ca19.9 e di questi solo 9 avevano un valore normale, mentre in 20 pazienti il marcatore era
aumentato con una mediana di 900 e un range compreso tra 61 e 8600.
Infine 21 pazienti erano stati sottoposti prima dell’inizio della terapia a intervento per
posizionamento stent biliare e 3 avevano subito un epatico-digiunostomia per il trattamento
dell’ittero.
Le caratteristiche dei pazienti sono riassunte nella tabella 3.1.
63
Caratteristiche cliniche Pancreas
Totale pazienti 43
Età mediana 62 (range 34-75)
Sesso:
maschi
femmine
18 (42%)
25 (58%)
Performance status:
0
1
22 (51%)
21 (49%)
Sede di malattia:
Testa/processo uncinato
Corpo/coda
32 (74%)
11 (26%)
Stadio di malattia:
cT3
cT4
3 (7%)
40 (93%)
Interessamento linfonodale:
cN0
cN1
13 (30%)
30 (70%)
Stent biliare:
si
no
12 (28%)
31 (72%)
Epatico-digiunostomia:
si
no
3 (7%)
40 (93%)
Tabella 3.1: caratteristiche cliniche dei pazienti arruolati nello studio.
64
3.2 Tossicità del trattamento
Sono stati somministrati un totale di 301 cicli di chemioterapia nei 43 pazienti affetti da
carcinoma del pancreas localmente avanzato; la mediana è stata di 6 cicli per paziente, con un
range compreso tra 2 e 14 cicli. Al momento 8 pazienti risultano ancora in fase di trattamento
chemioterapico.
Durante lo studio non si sono registrate morti tossiche, in 21 (49%) pazienti è stato necessario
rinviare almeno una volta la somministrazione del trattamento mentre in 15 (35%) casi è stato
necessario ridurre la dose dei chemioterapici.
I pazienti che, a causa di neutropenia febbrile o di neutropenia di grado 4 di durata maggiore a
5 giorni, hanno dovuto ricorrere all’uso di fattori di crescita G-CSF sono 9 (21%)
Dei 43 pazienti 21 hanno riportato una o più tossicità di grado 3 o 4: in particolare, per quanto
riguarda le tossicità ematologiche, sono stati osservati 7 casi (16%) di neutropenia di grado 4,
12 casi (28%) di neutropenia di grado 3 e 1 caso di piastrinopenia di grado 4 (2%).
Le tossicità non ematologiche di grado 3-4 osservate sono state la diarrea in 5 pazienti (11%),
la nausea in 2 pazienti (5%), il vomito in un paziente (2%), la stomatite in 3 pazienti (7%). In
3 casi (7%) sono stati rilevati fenomeni di tossicità epatica (rialzo della bilirubina o delle
transaminasi). In 7 casi (16%) si è inoltre avuto astenia di grado 3 e in 6 (14%) pazienti si son
registrati episodi di anoressia di grado 3.
Molto più frequenti sono state le tossicità di grado 1 e 2; in particolare, per le tossicità
ematologiche sono stati registrati: 11 casi (26%) di neutropenia, 17 casi (40%) di
piastrinopenia, 7 casi (17%) di anemia.
Tra le tossicità non ematologiche sono stati registrati molti casi di nausea, riferita dal 70% dei
pazienti, diarrea, in 19 (44%) pazienti, vomito, in 17 pazienti (40%). Frequenti anche gli
episodi di astenia (27 casi), anoressia (17 casi) e neurotossicità che ha interessato 26 pazienti
(60%). La tossicità epatica infine si è registrata in 17 casi (40%).
Da segnalare inoltre che in due pazienti si son avuti fenomeni tromboembolici (in particolare
si è avuto un caso di embolia polmonare e un caso di trombosi venosa profonda)
Le tossicità registrate in pazienti con malattia pancreatica sono riportate in tabella 3.2
65
Tossicità Grado 1 Grado 2 Grado 3 Grado 4
Neutropenia 7 (16%) 5 (12%) 12 (28%) 7 (16%)
Anemia 10 (23%) 7 (16%) 6 (14%) -
Piastrinopenia 12 (28%) 5 (12%) - 1 (2%)
Neurotossicità 19 (44%) 7 (16%) 1 (2%) -
Nausea 24 (56%) 6 (14%) 2 (5%) -
Vomito 12 (28%) 5 (12%) 1 (2%) -
Diarrea 18 (42%) 3 (7%) 4 (9%) 1 (2%)
Stomatite 14 (33%) 5 (12%) 3 (7%) -
Tossicità epatica 14 (33%) 3 (7%) 3 (7%) -
Astenia 19 (44%) 8 (19%) 7 (16%) -
Anoressia 10 (23%) 7 (16%) 6 (14%) -
Tabella 3.2. Tossicità registrate nei pazienti con malattia del pancreas.
3.3 Risposte al trattamento chemioterapico
Al momento dell’analisi dei dati, effettuata a settembre 2013, 3 pazienti (7%) non sono ancora
stati rivalutati, mentre i restanti 40 pazienti son risultati valutabili per risposta obiettiva. In
particolare 15 pazienti (34,9%) hanno presentato una risposta parziale, una stabilità di
malattia come miglior risposta al trattamento si è presentata in 23 pazienti (53,5%), mentre 2
pazienti (4,6%) sono andati incontro a progressione di malattia. (Tabella 3.3)
Si è inoltre analizzata la risposta del marcatore Ca19.9 alla terapia. Dei 29 pazienti
inizialmente valutabili per questa analisi, in 12 casi si è avuto un aumento o una riduzione
inferiore al 20% rispetto ai valori basali, in 3 casi la riduzione è risultata compresa tra il 20%
e il 50%, in 6 casi il Ca19.9 si è ridotto tra il 50% e il 90% e infine in 8 pazienti si è avuto un
diminuzione maggiore del 90%. (tabella 3.4)
66
Risposta obiettiva al trattamento
RC -
RP 15 (34.9%)
SD 23 (53,5%)
PD 2 (4,6%)
NV 3 (7%)
Tabella 3.3: attività del trattamento in tutti i pazienti
Risposta umorale al trattamento
NV 14 (32,5%)
diminuzione <20% o aumento 12 (27.9%)
diminuzione 20%-50% 3 (7%)
diminuzione 50%-90% 6 (14%)
diminuzione ≥ 90% 8 (18.6%)
Tabella 3.4: risposta del Ca19.9 al trattemento
67
3.4 Trattamenti locali
Terminata la chemioterapia i pazienti sono stati rivalutati da un team multidisciplinare al fine
di scegliere il trattamento loco regionale più adatto. (Tabella 3.5)
Al momento dell’analisi dei dati 9 pazienti sono ancora in attesa di valutazione chirurgica e 4
pazienti non hanno effettuato nessun trattamento locale (1 paziente ha rifiutato la chirurgia, 2
pazienti sono progrediti durante la chemioterapia neoadiuvante e un paziente è invece
progredito nell’attesa tra la fine del trattamento chemioterapico e l’inizio della radioterapia).
In 4 pazienti è stata effettuata una chirurgia esplorativa, che ha evidenziato la presenza di
metastasi localizzate in 3 pazienti al peritoneo e in un paziente al fegato, mentre 6 pazienti
hanno ricevuto un trattamento chemioradioterapico.
I pazienti che hanno subito un intervento chirurgico di pancreasectomia sono stati invece 20.
La durata mediana dell’intervento chirurgico è stata di 9,3 ore. Il tipo di intervento è stato
scelto in base alla sede e all’ estensione della malattia, in particolare: in 14 casi è stata
effettuata una splenopancreasectomia totale, in 5 pazienti è stata eseguita una
duodenocefalopancreasectomia e in un solo caso una pancreasectomia distale. In 17 casi è
stato necessario resecare un tratto di vena porta e/o di vena mesenterica superiore; in 7 casi
perte dell’arteria epatica e/o del tripode celiaco e in 8 casi è stato asportato anche un tratto di
arteria mesenterica superiore.
All’esame istologico sul pezzo operatorio in 19 casi i margini di resezione sono risultati
negativi per infiltrazione neoplastica (R0), mentre in un caso i margini di resezione erano
interessati dalla malattia e pertanto il paziente è stato successivamente trattato con
radioterapia adiuvante.
All’esame istologico inoltre risultava che in 5 pazienti l’adenocarcinoma era insorto nel
contesto di una IPMN mentre in 15 casi si trattava di adenocarcinoma duttale. I tumori son
risultati in 17 casi di grado G2 e in 3 casi di grado G3; non si è osservata in nessun paziente
una risposta patologica completa, ma in due casi sono stati osservati nidi sparse di cellule
neoplastiche nei tessuti circostanti la vena mesenterica superiore nel contesto di ampia
necrosi, come unico residuo tumorale
Alla stadiazione sul pezzo operatorio in 16 casi si trattava di un carcinoma T3 e in 4 casi di un
carcinoma T4. Solo in due casi non c’era nessun linfonodo interessato (N0), mentre in 18 casi
c’era coinvolgimento dei linfonodi regionali (N1).
68
La durata mediana della degenza è stata di 19 giorni. Undici pazienti hanno avuto
complicanze infettive durante il periodo postoperatorio: 10 a livello addominale e 1 a livello
polmonare. Tutte le complicanze sono state trattate e risolte con terapia antibiotica tranne in
un caso in cui una paziente è deceduta, 40 giorni dopo l’intervento chirurgico, a causa di una
sepsi polimicrobica pluriresistente successiva a perforazione del tenue.
Le complicanze chirurgiche postoperatorie sono state: 1 perforazione di tenue, 1 perforazione
di colon, 1 deiscenza di esofago-digiunoanastomosi, 1 fistola pancreatica di grado A trattata
con terapia medica.
Quattordici pazienti sono stati trattati con chemioterapia adiuvante con gemcitabina e, un solo
paziente, in cui l’intervento non era stato radicale per la presenza di margini di resezione
positivi, è stato trattato anche con radioterapia. (Tabella 3.6)
Tipo di trattamento locale ricevuto
In attesa di rivalutazione 9 (21%)
Nessun trattamento:
progrediti durante il trattamento neoadiuvante
progrediti al termine del trattamento neoadiuvante
rifiuto intervento chirurgico
4 (9,3%)
2
1
1
Trattamento radioterapico 6 (13,9%)
Chirurgia esplorativa 4 (9,3%)
Intervento chirurgico 20 (46,5%)
Tabella 3.5: Trattamenti locali ricevuti
69
Caratteristiche dei pazienti operati
Totale pazienti operati 20
Durata mediana della degenza 19 giorni
Tipo di intervento chirurgico:
DCP
Pancreasectomia distale
Splenopancreasectomia totale
5
1
14
Complicanze:
Infettive
Chirurgiche
11
4
Margini di resezione:
R0
R1
19
1
Istotipo:
Adenocarcinoma duttale
Adenocarcinoma su IPMN
15
5
Grading:
G2
G3
3
17
Stadio di malattia:
pT3
pT4
16
4
Interessamento linfonodale:
pN0
pN1
2
18
Trattamento adiuvante:
CT adiuvante
RT adiuvante
14
1
Tabella 3.6: caratteristiche dei pazienti operati
70
3.5 Dati di sopravvivenza
I pazienti sono stati seguiti per un follow up mediano di 14 mesi All’ultima analisi dei dati nel
mese di settembre 2013, 20 pazienti (47%) risultavano non ancora progrediti, mentre i
rimanenti 23 pazienti (53%) avevano presentato una progressione di malattia. Di questi 12
pazienti sono andati incontro a decesso e 15 hanno iniziato un trattamento chemioterapico per
la malattia metastatica. Le terapie somministrate per la malattia metastatica sono riassunte in
tabella 3.7
Terapia Pazienti trattati
Gemcitabina 7
Gemcitabina+Oxaliplatino 2
Gemcitabina+Capecitabina 2
Gemcitabina+Nab-paclitaxel 1
FOLFOXIRI 3
Tabella 3.7: trattamenti ricevuti per la malattia metastatica
71
3.5.1. Analisi della sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS)
La sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia (PFS) è risultata essere di 13,9
mesi, con una percentuale di pazienti liberi da progressione di malattia del 61% a un anno, e
del 17% a due anni. (figura 3.4.1).
Figura 3.1. Curva di PFS per tutti i pazienti
Nell’analisi per sottogruppo non sono state riscontrate differenze significative in termini di
PFS in relazione alle caratteristiche cliniche dei pazienti, ovvero per sesso e performance
status, e in relazione alla sede della neoplasia, allo stadio di malattia e all’interessamento
linfonodale.
Una differenza statisticamente significativa (P=0,002) è stata riscontrata nei pazienti che sono
stati sottoposti a intervento chirurgico rispetto a chi non è stato operato, infatti la PFS
mediana è stata di 17,8 mesi nel primo gruppo verso 13,8 mesi del secondo gruppo (figura
3.4.2).
La sopravvivenza libera da progressione mediana dall’intervento chirurgico è 9,7 mesi e nel
sottogruppo dei resecati la percentuale di pazienti liberi da progressione di malattia è del 61%
a un anno e del 17% a due anni.
72
Figura 3.2: Curve di PFS in pazienti che sono stati operati e in pazienti non operati
Statisticamente significativa (P=0,03) è risultata anche essere la differenza tra la PFS dei
soggetti che dopo trattamento chemioterapico neoadiuvante hanno presentato una
diminuzione del marcatore Ca19.9 ≥ 90% (PFS mediana di 19,5) rispetto ai pazienti che non
hanno presentato tale diminuzione del marcatore (PFS mediana 13,9 mesi)
Figura 3.3: curve di PFS sulla base della riduzione del Ca19.9
73
3.5.2. Analisi della sopravvivenza globale (OS)
Al momento dell’analisi dei dati, 12 (28%) pazienti erano deceduti mentre e i rimanenti 31
risultavano in vita.
La sopravvivenza mediana globale (OS) è risultata essere di 24,2 mesi (figura 3.4.4); la
percentuale di pazienti ancora in vita a un anno è pari all’ 80%, a 2 anni al 55%, e a 3 anni al
26%.
Figura 3.4. Curva di OS per tutti i pazienti
Nell’analisi per sottogruppo non sono state riscontrate differenze significative in termini di
OS in relazione alle caratteristiche cliniche dei pazienti, ovvero per sesso, performance status,
età, e per sede e stadio di malattia.
Come per la PFS, una differenza statisticamente significativa (P=0,01) è stata riscontrata nei
pazienti che hanno risposto al trattamento con un calo del marcatore Ca 19.9≥ 90% rispetto al
resto dei pazienti. L’OS mediana nei pazienti che hanno riportato una riduzione del marcatore
maggiore o uguale al 90% è stata di 31,2 mesi.
Infine l’OS mediana dei soggetti operati è risultata sovrapponibile (24,2 mesi) alla OS
mediana globale. La percentuale di pazienti operati ancora in vita a un anno è dell’ 88%, a 2
anni del 53% e a 3 anni del 26%.
74
4. Discussione
Il carcinoma del pancreas rappresenta la quarta causa di morte per neoplasia nei paesi
occidentali causando oltre 35000 decessi all’anno negli USA e circa 8000 in Italia.1
Sebbene la chirurgia rappresenti l’unica terapia potenzialmente curativa per questa malattia,
solo il 20% dei pazienti è resecabile alla diagnosi
Attualmente, grazie ad un miglioramento delle tecniche diagnostiche e alla tempestività della
diagnosi circa il 20% dei pazienti con carcinoma del pancreas presenta alla diagnosi un
quadro di malattia localmente avanzata o a resecabilità borderline. storicamente questi
pazienti sono stati trattati con chemioterapia o chemioradioterapia ottenendo sopravvivenze
mediane raramente superiori ad un anno. Il recente miglioramento degli schemi
chemioterapici per questa malattia, ha permesso di poter disporre attualmente di regimi con
buona attività che ottengono una regressione delle lesioni tumorali in oltre il 30% dei casi
trattati e un controllo della malattia superiore al 90% dei pazienti. Pertanto l’impiego di
strategie neoadiuvanti nei pazienti con malattia localmente avanzata potrebbe consentire il
downsizing e il downstaging della malattia con l’obiettivo di rendere la malattia resecabile e
potrebbe inoltre permettere di trattare precocemente una malattia micrometastatica garantendo
una migliore sopravvivenza.
Nel nostro studio l’impiego del FOLFOXIRI come trattamento neoadiuvante si è dimostrato
molto attivo producendo una risposta parziale in circa il 35% dei pazienti e un controllo della
malattia nella quasi totalità dei casi, con solo 2 pazienti andati incontro a progressione di
malattia durante il trattamento neoadiuvante.
L’elevata attività del trattamento ha consentito a 20 dei 34 pazienti rivalutati in ambito
multidisciplinare (al momento della analisi dei dati 3 pazienti erano in attesa di ristadiazione
post chemioterapia e 6 in attesa di chirurgia) di accedere all’intervento chirurgico. Tra i
pazienti resecati in un solo caso i margini di resezione erano interessati microscopicamente da
malattia mentre in 19 casi l’intervento è stato radicale con margini di resezione R0.
Il trattamento neoadiuvante è però stato gravato da rilevanti tossicità benché non siano state
riportate morti tossiche. Infatti durante il trattamento è stato necessario ridurre le dosi dei
75
chemioterapici nel 35% dei pazienti e rinviare almeno un ciclo di terapia nel 49% dei casi.
Inoltre 21 dei 43 pazienti trattati hanno riportato una o più tossicità di grado 3 o 4,
principalmente di tipo ematologico, e nel 21 % dei casi si è dovuto ricorrere alla
somministrazione di fattori di crescita granulocitari.
Anche il periodo postoperatorio è stato gravato da complicanze: undici pazienti hanno
presentato infatti complicanze infettive, in 10 casi a livello addominale e in un caso a livello
polmonare. Tutte le complicanze sono state trattate e risolte con terapia antibiotica tranne in
un caso in cui una paziente è deceduta, 40 giorni dopo l’intervento chirurgico, a causa di una
sepsi polimicrobica pluriresistente successiva a perforazione del tenue. Un solo paziente ha
presentato una fistola pancreatica postoperatoria di grado A, sebbene la maggior parte dei
pazienti (14 su 20) abbia ricevuto un intervento di pancreasectomia totale.
Il trattamento chemioterapico con FOLFOXIRI ha confermato quindi una buona attività anche
come trattamento neoadiuvante e questo ha avvalorato la possibilità di poter utilizzare questa
strategia per incrementare il numero di interventi radicali in pazienti con malattia localmente
avanzata. Il tasso di resezioni radicali ottenute (19 pazienti su 34, circa il 55%), ha confermato
l’ipotesi dello studio e superato i dati ottenuti da studi precedenti in cui, con trattamenti a
base di gemcitabina o composti del platino, solo il 30% circa dei pazienti aveva potuto
accedere a chirurgia radicale.
Certamente, viste le tossicità e l’impegno legato al trattamento, questa strategia può essere
proposta solo a pazienti selezionati con buon performance status, età non avanzata e adeguata
funzionalità d’organo, ma potrebbe rappresentare per questi pazienti una potenziale strategia
curativa.
Il follow up mediano dei pazienti arruolati è al momento limitato a 14 mesi con PFS di 13,9
mesi e un OS di 24,2 mesi con una percentuale di pazienti in vita ad un anno pari all’88% e a
due anni del 55%.
I dati di sopravvivenza dopo intervento chirurgico sono paragonabili a quelli dei pazienti che
fin dall’inizio presentano malattia resecabile, ma visto il breve follow up è necessario
attendere tempi maggiori per poter verificare il reale beneficio, sulla sopravvivenza globale,
della terapia neoadiuvante e della resezione radicale.
Sarebbe inoltre auspicabile l’organizzazione di studi randomizzati per il confronto tra le
diverse strategie terapeutiche nei pazienti trattati con terapia neoadiuvante.
76
Un possibile campo di ricerca in questo ambito potrebbe essere quello della selezione di
pazienti che potrebbero maggiormente beneficiare di una terapia neoadiuvante in base a
parametri biologici del tumore. Studi interessanti a questo riguardo sono stati fatti sulla
valutazione di parametri predittivi di efficacia dei farmaci chemioterapici. Inoltre potrebbe
risultare stimolante lo studio di alterazioni biomolecolari della neoplasia correlate alla sua
tendenza di metastatizzare a distanza. Ad esempio si è visto in recenti studi autoptici come la
perdita di espressione del gene Smad4/DPC4 sia presente in solo il 22% dei pazienti con
malattia localmente avanzata rispetto al 73% dei pazienti con malattia metastatica. Questo
dato è stato confermato in uno studio di fase II del 2011 in cui 69 pazienti con malattia
localmente avanzata erano trattati con polichemioterapia neoadiuvante a base di gemcitabina e
oxaliplatino seguita da chemioradioterapia concomitante più cetuximab. In questo studio si è
visto come l’espressione di Smad4 sia correlata con uno sviluppo locale, piuttosto che a
distanza, della malattia. Sono comunque necessari ulteriori studi prospettici per confermare il
ruolo della espressione di Smad4 o di altri marcatori in quanto, qualora fosse confermato il
loro ruolo nella diffusione metastatica di malattia, essi potrebbero rappresentare parametri di
selezione al fine di scegliere la migliore strategia terapeutica per il singolo paziente.151
77
5. Conclusioni
Il nostro studio dimostra che il trattamento chemioterapico con FOLFOXIRI, pur richiedendo
una attenta gestione e una corretta selezione dei pazienti per limitare le tossicità, è attivo nel
carcinoma del pancreas localmente avanzato. Il trattamento neoadiuvante ha infatti consentito
una resezione chirurgica radicale in oltre il 50% dei pazienti e ha prodotta una PFS e un OS
rispettivamente di 14 e 24 mesi circa.
Pertanto questa strategia terapeutica può essere proposta a pazienti selezionati con carcinoma
del pancreas localmente avanzato ed è meritevole di ulteriori approfondimenti.
Un periodo di follow up più lungo è comunque necessario per una migliore valutazione del
reale effetto a lungo termine del trattamento sulla sopravvivenza.
78
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98
Appendice I: Scala per la valutazione del Performance Status
Scale di valutazione delle condizioni generali (Performance Status) Karnofsky ed ECOG.
ECOG Karnofsky
0 In grado di svolgere le attività normali senza
restrizioni
100% Normale nessun disturbo né evidenza
di malattia 90% In grado di svolgere le attività normali;
modesti segni e sintomi di malattia 1 Presenta restrizioni alle attività fisiche
strenue, ma deambula ed è in grado di svolgere attività lievi o sedentarie, quali lavori domestici
80% Attività normale con sforzo; alcuni
segni o sintomi di malattia
2 Deambula, è autosufficiente, ma non può
svolgere attività lavorative; in piedi per più del 50% del tempo
60% Richiede assistenza saltuaria ma può
soddisfare la maggior parte delle sue esigenze
50% Richiede notevole assistenza e
frequenti cure mediche
3 Appena autosufficiente, allettato o seduto
per più del 50% del tempo
40% Disabile; richiede particolari cure e
assistenza
30% Gravemente disabile, sono opportuni il
ricovero ospedaliero e un trattamento di sostegno efficace; il decesso non è imminente
4 Completamente disabile; non
autosufficiente; sempre allettato o seduto
20% Molto ammalato; sono necessari il
ricovero ospedaliero e un trattamento di sostegno efficace 10% Moribondo, i processi fatali
progrediscono rapidamente
5 Deceduto 0% Deceduto
Appendice II: Criteri per la valutazione della risposta RECIST (Response
Evaluation Criteria in Solid Tumors)
Eleggibilità
99
Solamente pazienti con malattia misurabile al momento della valutazione basale sono stati inseriti nello studio, il
cui obiettivo primario è la valutazione della risposta obiettiva del tumore.
Malattia misurabile: si ha quando è presente almeno una lesione misurabile. Se la malattia misurabile
è ristretta ad una lesione solitaria, la sua natura neoplastica deve essere confermata con una indagine
istologica/citologica.
Lesioni misurabili: sono quelle lesioni che possono essere misurate accuratamente in almeno una
dimensione e il cui diametro maggiore sia > 20 mm se valutate con le metodiche radiologiche
tradizionali o > 10 mm se valutate con la TAC spirale.
Lesioni non-misurabili: sono tutte le lesioni che non rientrano nel criterio suddetto: lesioni aventi
diametro maggiore inferiore a 20 mm se valutate con le metodiche radiologiche tradizionali o inferiore
a 10 mm se valutate con la TC spirale, lesioni scheletriche, lesioni meningee, ascite, versamento
pleurico, versamento pericardico, carcinoma infiammatorio della mammella, linfangite carcinomatosa
(cutanea o polmonare), lesioni cistiche ed anche masse addominali che non siano state confermate da
metodiche di diagnostica per immagini.
La valutazione delle lesioni deve essere effettuata utilizzando regoli o calibri e le misurazioni devono essere
riportate utilizzando il sistema metrico decimale.
La valutazione basale delle dimensioni di una lesione deve essere fatta entro 4 settimane prima dell’inizio del
trattamento chemioterapico.
Le lesioni dovrebbero essere sempre valutate con la stessa metodica diagnostica durante tutto il trattamento.
Le lesioni apprezzabili all’esame clinico sono considerate misurabili solo se superficiali (ad es. noduli cutanei e
linfonodi palpabili).
Metodi di Misurazione
TC e RMN sono attualmente le migliori metodiche disponibili e riproducibili per misurare le lesioni target
selezionate per la valutazione della risposta. TC convenzionale e RMN dovrebbero essere effettuate con
scansioni contigue < 10 mm. La TC spirale dovrebbe essere eseguita utilizzando un algoritmo di ricostruzione
contigua a 5 mm.
100
Le lesioni valutate con Rx torace sono accettabili come lesioni misurabili quando sono chiaramente definite e
circondate da parenchima polmonare aerato. Comunque la TC è preferibile.
I marcatori tumorali non possono essere usati da soli per valutare la risposta. Se i marcatori sono inizialmente
superiori al limite di normalità devono normalizzare perché un paziente possa essere considerato in risposta
clinica completa quando tutte le lesioni siano scomparse.
La valutazione citologica ed istologica in alcuni casi possono essere usate per distinguere una RP da una RC.
Valutazione Basale: lesioni Target e non Target
Tutte le lesioni misurabili fino ad massimo di 5 per organo ed un totale di 10, rappresentative di tutti gli organi
interessati dalla malattia vengono identificate come lesioni “target” e quindi registrate e misurate nel corso della
valutazione basale.
Le lesioni “target” devono essere selezionate in base alla dimensione del diametro maggiore (privilegiare le
lesioni con diametro più lungo) e alla possibilità di poterle rivalutare nel corso del trattamento (con tecniche di
immagine o clinicamente).
La somma dei diametri maggiori di tutte le lesioni target deve essere calcolata e registrata al momento della
valutazione basale ed utilizzata in seguito come riferimento per la valutazione della risposta obiettiva del tumore.
Tutte le altre lesioni (o sedi di malattia) dovrebbero essere definite come lesioni “non target” e possono essere
registrate durante la valutazione basale. La loro misurazione non è necessaria ma la loro presenza o scomparsa
può essere valutata nel corso del follow-up.
Valutazione delle lesioni Target
Risposta Completa (RC): si osserva la scomparsa di tutte le lesioni “target”
Risposta Parziale (RP): si osserva una diminuzione del 30% della somma dei diametri maggiori delle lesioni
“target” prendendo come riferimento la somma dei diametri maggiori calcolata al momento della valutazione
basale
101
Progressione (PD): si osserva un aumento del 20% della somma dei diametri maggiori delle lesioni “target”
prendendo come riferimento la somma più piccola dei diametri maggiori osservata dall’inizio del trattamento
oppure si osserva la comparsa di una o più nuove lesioni
Stabilità (SD): non si osserva ne’ una diminuzione del 30% della somma dei diametri maggiori delle lesioni
“target” ne’ un aumento del 20% della somma dei diametri maggiori delle lesioni “target”.
Valutazione delle lesioni Non-Target
Risposta completa (CR): si osserva la scomparsa di tutte le lesioni “non target” e la normalizzazione dei livelli
sierici dei markers tumorali
Stabilità (SD): rimangono una o più lesioni “non target” e/o i livelli sierici dei markers tumorali restano sopra i
valori normali
Progressione (PD): si osservano una o più nuove lesioni e/o un inequivocabile progressione delle pre-esistenti
lesioni “non target”*.
*: sebbene una chiara progressione delle lesioni “non target” soltanto sia un evento raro, in alcune circostanze
l’opinione del medico può prevalere e la progressione deve poi essere confermata dal comitato revisore o dal
coordinatore dello studio.
Valutazione della migliore risposta globale
La migliore risposta globale è la migliore risposta osservata dall'inizio del trattamento fino a quando non si ha
progressione o ripresa della malattia (prendendo come riferimento la somma più piccola dei diametri maggiori
osservata dall’inizio del trattamento).
102
Lesioni Target Lesioni Non Target Nuove Lesioni Risposta Globale
RC RC NO RC
RC SD NO RP
RP Non PD NO RP
SD Non PD NO SD
PD Qualsiasi risposta SI – NO PD
Qualsiasi risposta PD SI – NO PD
Qualsiasi risposta Qualsiasi risposta SI PD
I pazienti che a causa di peggioramento globale dello status di salute devono interrompere il trattamento senza
che si osservi l’evidenza obiettiva di una progressione di malattia dovrebbero essere classificati come pazienti
con "deterioramento sintomatico" e dovrà essere fatto ogni sforzo per documentarne la progressione dopo la
sospensione del trattamento
In alcune circostanze può essere difficile distinguere la malattia residua dal tessuto sano. Pertanto quando la
valutazione della risposta completa dipende da questa determinazione si raccomanda di indagare la lesione
residua con agoaspirato o biopsia per confermare la risposta completa.
Conferma
L’obiettivo principale della conferma della risposta obiettiva è quello di evitare un sovrastima della percentuale
di risposte osservate. Nel caso in cui non sia possibile confermare la risposta ciò deve essere chiaramente
riportato nei risultati dello studio.
La risposta parziale (PR) o completa (CR) devono essere confermate eseguendo una rivalutazione delle lesioni
non prima di 4 settimane dopo la prima osservazione. Intervalli superiori, se previsti dal protocollo dello studio,
possono essere ugualmente appropriati.
Nel caso di SD questa deve essere confermata almeno in una successiva misurazione da eseguire dopo
l’intervallo minimo previsto nel protocollo dello studio (generalmente, non inferiore a 6-8 settimane).
103
Appendice III: criteri NCI-CTC per la valutazione della tossicità
Tossicità ematologica
Tossicità 0 1 2 3 4
Leucociti > 4,0 3,0-3,9 2,0-2,9 1,0-1,9 <1,0
Piastrine NLN 75,0-normale 50,0-74,9 25,0-49,9 <25,0
Emoglobina NLN 10,0-normale 8,0-10,0 6,5-7,9 <6,5
Granulociti Neutrofili > 2,0 1,5-1,9 1,0-1,4 0,5-0,9 <0,5
Linfociti > 2,0 1,5-1,9 1,0-1,4 0,5-0,9 <0,5
Tossicità gastrointestinale
Tossicità 0 1 2 3 4
Nausea Assente Alimentazione in
quantità adeguata
Alimentazione
possibile ma con
rilevante riduzione
Alimentazione
non rilevante -
Vomito Assente 1 episodio in 24h 2-5 episodi in 24h 6-10 episodi in
24h
>10 episodi nelle
24h, o richiede
terapia parenterale
Diarrea Assente Aumento di 2-3
scariche/die
Aumento di 4-6
scariche/die o
scariche notturne o
crampi moderati
aumento di 7-9
scariche/die o
incontinenza o
crampi intensi
Aumento > 10
scariche/die, o
enterorragia, o
richiede terapia
parenterale
Stomatite Assente
Ulcere non
dolorose, eritema
o dolore lieve
Eritema doloroso,
edema o ulcere ma
può mangiare
Eritema
doloroso,
edema o ulcere
e non può
mangiare
Richiede terapia
parenterale o
supporto enterale
Tossicità epatica
Tossicità 0 1 2 3 4
Bilirubina NLN - < 1,5xVN > 1,5-3,0xVN > 3,0xVN
Transaminasi
(SGOT, SGPT) NLN < 2,5xVN 2,6-5,0xVN 5,1-20,0xVN >20,0xVN
Fosfatasi Alcalina o
5’-nucleotidasi NLN < 2,5xVN 2,6-5,0xVN 5,1-20,0xVN >20,0xVN
104
Alopecia
Tossicità 0 1 2 3 4
Alopecia Asssente Lieve Perdita di
Capelli
Perdita di Capelli
cospicua o totale - -
Tossicità renale
Tossicità 0 1 2 3 4
Creatinina NLN < 1,5xVN > 1,5-3,0xVN 3,1-6,0xVN > 6,0xVN
Proteinuria Nessuna
Alterazione
1+ o < 0,3
g/dl o <3 g/l
2-3+ o 0,3-1,0
g/dl o 3-10 g/l
4+o > 1,0 g/dl o
>10 g/l
Sindrome
Nefrosica
Ematuria Assente Solo
Microscopica
Macroscopica
senza coaguli
Macroscopica
con Coaguli
Richiede
Trasfusione
Tossicità polmonare
Tossicità 0 1 2 3 4
Polmonare Assente o
Nessun
cambiamento
Assenza di
sintomi
Alterazione delle
PFR
Dispnea
all’esercizi
o rilevante
Dispnea
con attività
normale
Dispnea a
Riposo
Tossicità allergica
Tossicità 0 1 2 3 4
Allergia Assente
Eruzione cutanea
transitoria, febbre
da farmaci <38°C
Orticaria, febbre
da farmaci di
38°C lieve
broncospasmo
Malattia da siero,
broncospasmo,
richiede terapia
parenterale
Anafilassi
Tossicità cutanea
Tossicità 0 1 2 3 4
Cutanea Assente o
nessun
cambiamento
Eruzione
maculare o
papuale isolata o
eritema
asintomatica
Eruzione
maculare o
papuale isolata o
eritema con
prurito o altri
sintomi
Eruzione
maculare
papulare o
vescicolare
generalizzata
Dermatite
esfoliativa o
ulcerativa
105
Tossicità cardiaca
Tossicità 0 1 2 3 4
Aritmie Assenti
Asintomatiche,
transitorie non
richiedono
terapia
Ricorrenti o
persistenti,
non
richiedono
terapia
E’
necessaria
terapia
Richiedono
monitoraggio;
ipotensione,
tachicardia
ventricolare o
fibrillazione
Funzione Normale
Assenza di
sintomi,
riduzione della
frazione di
eiezione a riposo
<20% valore
iniziale
Asenza di
sintomi,
riduzione
della frazione
di eiezione a
riposo >20%
valore iniziale
SCC lieve
che
risponde
alla terapia
SCC grave e
refrattario
Ischemia Assente
Appiattimento
non specifico
delle onde T
Assenza di
sintomi,
alterazioni
dell’onda T e
del Tratto ST
che
suggeriscono
ischemia
Angina
senza
evidenza di
infarto
Infarto miocardio
acuto
Pericardica Assente
Versamento
asintomatico,
non richiede
terapia
Pericardite
(sfregamento,
dolore
toracico,
alterazione
dell’ECG)
Versament
o
sintomatico
; è
necessario
il
drenaggio
Tamponamento, è
necessario il
drenaggio
tempestivo
Tossicità neurologica
Tossicità 0 1 2 3 4
Sensoriale Assente o
nessun
cambiamento
Lievi parestesie,
perdita dei
riflessi tendinei
profondi
Deficit sensitivo
obiettivo lieve o
moderato;
parestesie
moderate
Deficit sensitivo
obiettivo grave o
parestesie che
interferiscono con
la funzione
_
Motoria Assente o
nessun
cambiamento
Debolezza
soggettiva;
nessun reperto
obiettivo
Lieve debolezza
obiettiva senza
alterazione
significativa
della funzione
Debolezza
obiettiva con
alterazione della
funzione
Paralisi