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Corso di Meccanica delle Vibrazioni II (Laurea Specialistica in Ing. Meccanica) A.A. 2005/06 prof. Antonio Carcaterra

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Corso di Meccanica delle Vibrazioni II(Laurea Specialistica in Ing. Meccanica)

A.A. 2005/06

prof. Antonio Carcaterra

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Indice

I 4

1 Studio dei sistemi isolatori 5

1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Shock-Spectrum (sistemi 1-DOF) . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.2.1 Esempio di applicazione 1 . . . . . . . . . . . . . . . . 131.2.2 Esempio di applicazione 2 . . . . . . . . . . . . . . . . 16

2 Sospensioni degli autoveicoli 19

2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.2 Moti di beccheggio e rimbalzo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.3 Teoria del ‘monoperiodo’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232.4 Sospensioni coniugate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272.5 Studio di un sistema di sospensioni semiattivo . . . . . . . . . 29

3 Sospensioni pneumatiche 33

3.1 La sospensione a gas elementare . . . . . . . . . . . . . . . . . 333.1.1 Calcolo della rigidezza equivalente . . . . . . . . . . . . 333.1.2 Il problema dell’isocronismo . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.2 La sospensione a gas Firestone . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363.3 La sospensione a compensazione idraulica . . . . . . . . . . . . 393.4 La sospensione a compensazione idraulica Citroen . . . . . . . 40

1

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II 43

4 Fondamenti generali sulla teoria delle onde 44

4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 444.2 Mezzo limitato e mezzo illimitato: modi e onde . . . . . . . . 464.3 Mezzo illimitato: metodo di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . 504.4 Mezzo illimitato: metodo di D’Alembert . . . . . . . . . . . . 534.5 Confronto tra soluzione ondosa e soluzione modale . . . . . . . 57

5 Onde nelle strutture 60

5.1 Semplice laboratorio ‘sperimentale’ per le onde (parte I) . . . 605.2 Onde dispersive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 635.3 Semplice laboratorio ‘sperimentale’ per le onde (parte II) . . . 695.4 Onde flessionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 715.5 Onde in mezzi semilimitati: riflessione . . . . . . . . . . . . . 775.6 Onde in mezzi semilimitati: trasmissione-riflessione . . . . . . 895.7 Principio di chiusura della fase . . . . . . . . . . . . . . . . . . 925.8 Onde forzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100

6 Motore ad onde 104

6.1 Teoria elementare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 104

III 107

7 Vibrazioni random 108

7.1 Singola variabile aleatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1087.2 Sistema di variabili aleatorie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1137.3 Sistemi lineari soggetti ad ingresso aleatorio . . . . . . . . . . 1167.4 Risposta di un sistema elastico a forze aleatorie . . . . . . . . 1267.5 Vibrazioni random di sistemi N-DOF . . . . . . . . . . . . . . 131

8 Smorzamento 138

8.1 Smorzamento isteretico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

2

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8.2 Smorzamento derivativo frazionario . . . . . . . . . . . . . . . 142

9 Teorema di Shannon 147

9.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1479.2 Teorema di Shannon sul campionamento . . . . . . . . . . . . 1509.3 Teorema di ricostruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156

3

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Parte I

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Capitolo 1

Studio dei sistemi isolatori

1.1 Introduzione

Lo studio dei sistemi di isolamento delle vibrazioni è molto vasto. Gli appuntiche seguono pongono l’accento su alcuni argomenti che non sono frequente-mente trattati nei testi di meccanica delle vibrazioni elementari e che hannoinvece una rilevanza considerevole. Non verranno quindi menzionati proble-mi e sistemi che si rintracciano facilmente nella letteratura tecnica sulle vi-brazioni che vengono supposti noti. Vogliamo schematicamente sintetizzarel’argomento suddividendo le analisi nel modo che segue. Una prima classifi-cazione sullo studio la effettuiamo a seconda dell’azione che si vuole isolare.In particolare consideriamo: forzanti stazionarie (armoniche) e forzanti tran-sitorie o impulsive. Questi studi possono essere condotti su sistemi di isola-mento complessi quanto si crede. Procedendo per ordine è quindi naturalepartire dallo schema di isolatore più semplice possibile: quello massa-molla.Lo schema classico è quindi quello sotto riportato.Il caso A prevede che il sistema sospeso di massa m sia appoggiato su diuna sospensione elastica di rigidezza k (ed eventualmente smorzamento c).L’azione esterna Fe eccita il sistema e si studiano le forze trasmesse Ft dallasospensione al basamento. Il caso B prevede che il basamento sia animatoda un moto sismico che attraverso la sospensione si trasmette al sistema. In

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questo caso, noto u(t), si studia il moto della massa sospesa. Come primaanalisi riferita ai sistemi isolatori si può quindi considerare:

1. Sistema elementare sottoposto ad eccitazione armonica

2. Sistema elementare sottoposto ad eccitazione impulsiva

Il caso 1 è presentato in tutti i testi specializzati ed i risultati che si ottengonodallo studio della curva di trasmissibilità permettono di capire qual’è l’effettodei parametri k e c della sospensione sulle sue prestazioni. Quindi il caso 1si imposta attraverso lo studio della curva di trasmissibilità e attraverso lasua analisi si perviene ad una scelta ottimale dei parametri della sospensionestessa. I risultati generali sono così sintetizzabili: per frequenze di eccitazionesubcritiche (al disotto cioè della frequenza naturale del sistema moltiplicataper

√2) la forza trasmessa è più elevata che per eccitazioni supercritiche. La

forza trasmessa è massima per eccitazione risonante. Lo smorzamento ele-vato abbassa la forza trasmessa in condizioni subcritiche ma la aumenta incondizioni supercritiche. Lo studio che conduce a questi risultati non vienequi discusso.Il caso 2 può essere studiato con le stesse finalità: scegliere i parametri del-la sospensione in modo che l’effetto dell’azione di shock (impulsiva) sia ilmeno gravosa possibile per il sistrema in esame. Questa analisi è meno notarispetto a quella del caso 1 e spesso non è sviluppata in modo formale. Alproblema 2 verrà quindi dedicato un apposito studio attraverso la tecnicadello shock-spectrum con alcuni esempi di applicazione.

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I problemi 1 e 2 possono essere sviluppati per sistemi più complessi rispettoa quello prima visto. Infatti si può pensare di attenuare l’effetto di trasmis-sione complicando opportunamente la sospensione elementare. A tal fine sipossono introdurre dispositivi:

• passivi

• semiattivi

• attivi

Alla categoria dei sistemi passivi che migliorano la funzionalità della sospen-sione appartengono tutti quei sistemi che mediante masse, elementi elasti-ci e dissipatori addizionali modificano la risposta della sospensione in mo-do da soddisfare a particolari requisiti introdotti dal progettista. Detti si-stemi sono caratterizzati dal fatto che essi non richiedono una sorgente dienergia indipendente per il loro funzionamenteo. Esempi di sistemi passiviche migliorano le prestazioni dell’isolatore sono lo smorzatore dinamico el’attenuatore a massa interposta, sistemi largamente diffusi e discussi nellaletteratura tecnica.Sistemi non illustrati nella letteratura tecnica sono invece basati su cluster dirisonatori parelleli sia lineari che ad impatto il cui studio è molto recente edoggetto di ricerca. Su questi ultimi si forniranno alcune indicazioni di mas-sima.Alla categoria dei sistemi semiattivi appartengono i dispositivi che, in gene-rale, richiedono una debole sorgente di energia indipendente per attivare ilfunzionamento di dispositivi che con un’energia di attuazione modestissimasono in grado di modificare i parametri della sospensione elementare, di solitosmorzamento e rigidezza. Tali variazioni sono di regola autoadattative cioèsi portano automaticamente nella configurazione ottimale di lavoro ottimaleper le condizioni operative che la sospensione si trova a sperimentare. Di talisistemi verranno illustrati degli esmpi applicativi.Infine alla categoria dei sistemi attivi appartengono dispositivi che utilizzanouna sorgente di energia indipendente per il loro funzionamento. Si tratta di

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sistemi che prevedono attuatori che introducono nel sistema principale forzeassociate di norma a potenze non trascurabili rispetto a quelle messe in giocodal fenomeno vibratorio che si vuole controllare.Categoria a parte costituisce quell’insieme di dispositivi che, sottraendo unafrazione dell’enrgia messa in gioco dal fenomeno vibratorio, la utilizzano permodificare i parametri della sosppensione. Benchè questi dispositivi sianointegralmente passivi dal punto di vista energetico, la loro strategia di con-trollo è quella di un sistema semiattivo. Di questa classe di dispositivi verràdiscusso un esempio di applicazione.Negli appunti che seguono applicazioni delle tecniche discusse saranno pre-sentate nell’ambito delle sospensioni degli autoveicoli.

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1.2 Shock-Spectrum (sistemi 1-DOF)

Ci si propone di determinare una procedura sintetica per valutare, dato uncerto ingresso di forza ad un sistema meccanico 1-DOF di natura impulsiva,quale sia la risposta residua in ampiezza del sistema al variare della sua fre-quenza naturale di oscillazione.Supponiamo di aver studiato la forza di shock che un sistema meccanicoriceve. Tale studio potrebbe essere stato effettuato sperimentalmente o ana-liticamente o ancora numericamente. Esempi di questo tipo saranno dati nelseguito. Supponiamo dunque che la forza f(t) che eccita il sistema sia notaa priori e che essa sia impulsiva cioè tale che:

f(t) = 0 ∀t > t0 (e ∀t < 0)

Ora è chiaro che una tale forza imprime al sistema un moto forzato per0 < t < t0, mentre il motoè libero per t > t0. Assumiamo ancora che ilsistema 1-DOF che si sta analizzando abbia smorzamento nullo. La rispostache il sistema fornisce per t > t0 è allora sinusoidale e caratterizzato daun’ampiezza Ares, una frequenza ωn ed una fase φ; cioè:

t > t0, xres(t) = Ares sin(ωnt + φ) xres(t) moto residuo

Chiamiamo moto residuo la risposta del sistema xres(t) per t > t0.E’ chiaro che l’ampiezza Ares del moto residuo fornisce un’indicazione circal’effetto che la forza assegnata f(t) produce sul sistema oscillante. Potrem-mo dire che il sistema risponde tanto meglio (o tanto peggio) quanto più (o

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quanto meno) Ares è piccola.Impostiamo allora il problema di progetto della sospensione elastica di costanteelastica k, assegnata la massa m del sistema sottoposto allo shock e assegnataf(t). Ci si chiede come k abbia effetto sull’ampiezza della risposta residua,assegnata k. Laddove esistano valori di k per cui Ares fosse minimo questisarebbero dei valori di ottimo per il progetto della sospensione al fine di iso-lare il sistema dall’applicazione della forza impulsiva f(t). Oppure, laddovesi riscontrino dei massimi di Ares in corrispondenza di certi k, si individuanodelle condizioni critiche per la sospensione corrispondente. Questo mette inevidenza l’interesse applicativo di un’analisi di tal tipo.Il metodo dello shock-spectrum (soprattutto nella forma che viene di seguitodata) permette in modo sintetico di pervenire alla dipendenza tra l’ampiezzaAres e k (o ωn). Osserviamo che la risposta x(t) del sistema massa-molla allaforza f(t) è in generale del tipo:

x(t) =

∫ t

0

h(t− τ)f(τ)dτ

dove h(t) è la risposta impulsiva del sistema, ossia:

h(t) =1

mωn

sin ωnt

Per cui:x(t) =

∫ t

0

1

mωn

sin ωn(t− τ)f(τ)dτ

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Utilizziamo la proprietà di f(t) di annullarsi per t > t0; avremo che per t > t0

si ottiene: ∣∣∣∣ x(t) =

∫ t0

0

1

mωn

sin ωn(t− τ)f(τ)dτ , per t > t0

∣∣∣∣essendo nulli i contributi dell’integrale per τ > t0. Osserviamo ancora che,poichè si assume anche f(τ) = 0 per τ < 0 (cioè l’impulso di forza si sviluppanell’intervallo [0, t0]), l’integrale può essere anche scritto estendendo i limitidi integrazione tra −∞ e +∞ senza alterarne il valore (dal momento chef(τ) 6= 0 solo per t ∈ [0, t0]). Dunque:

x(t) =

∫ +∞

−∞

1

mωn

sin ωn(t− τ)f(τ)dτ o anche

x(t) =1

mωn

∫ +∞

−∞(sin ωnt cos ωnτ − cos ωnt sin ωnτ)f(τ)dτ

x(t) =1

mωn

sin ωnt

∫ +∞

−∞f(τ) cos ωnτdτ+

− 1

mωn

f(τ) cos ωnt

∫ +∞

−∞f(τ) sin ωnτdτ

Si osservi che gli integrali che appaiono altro non sono che la parte reale edimmaginaria della trasformata di Fourier di f(τ). Infatti:

F (ω) =

∫ +∞

−∞f(t)e−jωtdt =

∫ +∞

−∞f(t)(cos ωt + j sin ωt)dt

Dunque: ∫ +∞

−∞f(τ) cos ωndτ = ReF (ωn)∫ +∞

−∞f(τ) sin ωndτ = ImF (ωn)

ReF (ωn) è la parte reale della trasformata di Fourier di f(t) calcolata inωn, cioè è una funzione della frequenza naturale ωn del sistema. Dunque alrisposta per t > t0 è:

x(t) =1

mωn

ReF (ωn) sin ωn(t)− 1

mωn

ImF (ωn) cos ωn(t)

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Siccome la risposta così determinata è valida solo per t > t0 si tratta dellax(t)res. La sua ampiezza Ares vale allora:

Ares =1

mωn

√[ReF (ωn)]2 + [ImF (ωn)]2

cioè ∣∣∣∣ Ares =1

mωn

|F (ωn)|∣∣∣∣

Questa relazione risponde all’esigenza prima formulata: sono direttamentecorrelate ampiezza dell’oscillazione residua e frequenza naturale del sistema.Ciò significa che nota f(t) (in qualunque modo, sperimentale, analitico o nu-merico) se ne calcola la trasformata, quindi il modulo e si interpreta l’ascissacorrente della trasformata come ωn. Dividendo tale funzione per mωn (di cuim è nota) si ottiene la funzione Ares(ωn). Il suo andamento rivela eventualivalori di ottimo di ωn (laddove Ares è minima) o valori critici di ωn (laddoveAres sia massima). Frequentemente ha interesse l’analisi delle forze scaricatedall’elemento elastico sul basamento. La forza residua Fres = kAres porta adiscutere il grafico:

Fres =k

mωn

|F (ωn)|

cioè:| Fres(ωn) = ωn |F (ωn)| |

L’analisi di questa grandezza in funzione di ωn porta a determinare la sceltadella sospensione (cioè di ωn =

√km

dove m è assegnata) che megli (o peggio)isola il basamento dallo shock agente sulla massa sospesa. Il diagrammaFres(ωn) (o anche Ares(ωn)) si chiama shock-spectrum.

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1.2.1 Esempio di applicazione 1

Si consideri il problema in figura:

Si tratta di un macchinario industriale per la movimentazione di imballag-gi. Il nastro trasportatore preleva l’imballaggio di massa m dallo scivolo 1

che arriva sul nastro con una velocità verticale V0. Quindi l’imballaggio ètrasportato dal nastro verso lo scivolo 2 impiegando un tempo T0. Il nastro èmontato su un basamento di massa M che poggia su una sospensione elasticadi rigidezza k. Studiare le oscillazioni residue del nastro a fase di trasportoultimata in modo che la scelta della rigidezza k limiti le forze residue scari-cate dal basamento sul solaio.Effettuiamo preventivamente lo studio del carico.Esso si estrinseca in due azioni: la prima, dovuta all’urto dell’imballaggiosul nastro, a causa della velocità di caduta V0; la seconda dovuta invece allapresenza del peso mg sul nastro per un tempo T0. Il primo effetto può essereassimilato, come vedremo, ad una forza descritta da un Delta di Dirac; laseconda ad una forza rettangolare nel tempo di ampiezza costante mg per-sistente per un tempo T0. L’insieme delle due azioni è comunque una forzaimpulsiva nel senso che per t > T0 l’azione cessa.Per l’urto imballaggio-nastro vale la:

(m + M)v′ = mV0 → Mv′ ∼= mV0 se m << M

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v′ velocità del blocco (m + M) a seguito dell’urto.Se δ(t) rappresenta l’impulso unitario, o meglio la forza associata all’impulsounitario, la forza qui in gioco è quella associata all’impulso Mv′, cioè:

f1(t) = Mv′δ(t) = mV0δ(t)

La seconda forza è invece data da:

f2(t) = mgF0;T0(t)

dove F0;T0(t) è una finestra rettangolare nel tempo di ampiezza unitaria edurata T0. Dunque l’azione sul sistema é:

f(t) = f1(t) + f2(t) = mV0δ(t) + mgF0;T0(t)

Applichiamo la tecnica dello shock-spectrum:

F (ω) =

∫ +∞

−∞[f1(t) + f2(t)]e

−jωtdt = mV0 +

∫ +∞

−∞F0;T0(t)e

−jωtdt =

= mV0 + mg

∫ T0

0

e−jωtdt = mV0 + mg

[− 1

jωe−jωt

]T0

0

=

= mV0 + mg

(− 1

) [e−jωT0 − 1

]= mV0 + j

mg

ωe−jωT0 − j

mg

ω

|F (ω)| =√

(mV0)2 + 2

(mg

ω

)2

[1− cos ωT0]

Dunque la forza residua ha ampiezza pari a:

Fres = ωn

√(mV0)

2 + 2

(mg

ωn

)2

[1− cos ωnT0]

∣∣∣∣ Fres =

√(mωnV0)

2 + 2 (mg)2 [1− cos ωnT0]

∣∣∣∣La relazione trovata permette di discutere immediatamente la scelta di ωn,cioè di k, in relazione alle forze trasmesse alla fondazione.La funzione Fres(ωn) ha infatti un andamento del tipo illustrato nella figurache segue:

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Se infatti cos ωnT0 = 0 cioè ωnT0 = nπ → ωn = nπT0

la Fres è Fres = mV0ωn =

mV0nπT0

cui corrispondono approssimativamente i minimi della forza scaricatasul basamento. Questi sono i punti di ottimo per ωn suggeriti dall’analisi conlo shock-spectrum.Fissata la massa si ha:

ωnopt =nπ

T0

=

√knopt

m∣∣∣∣∣ knopt = m

(nπ

T0

)2∣∣∣∣∣

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1.2.2 Esempio di applicazione 2

Nello studio di un sistema sospensivo per autoveicolo si indaga sulla rigidez-za delle sospensioni anteriori e quelle posteriori al fine di ridurre i moti dibeccheggio del veicolo quando incontra un dosso.

Assumendo che la scelta delle distanze a e p dal baricentro G dagli assalianteriore e posteriore soddisfi la relazione:

kaa = kpp → ka

kp

=p

a

utilizzata per determinare il disaccoppiamento rimbalzo-beccheggio, le equazionidi beccheggio sono semplicemente:

Jθ + 2(kaa2 + kpp

2)θ = 2kaaya − 2kppyp

yp(t) = ya(t− T0) dove T0V0 = a + p

Per semplicità di calcolo assumiamo il dosso rettangolare di dimensioni d xh:

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Avremo:V0∆t = d

dove ∆t è l’estensione temporale del carico sulla sospensione che incontra ildosso. Le funzioni ya(t) e yp(t) sono allora:

L’azione forzante il beccheggio è dunque impulsiva nel senso che per t >

T0 + ∆t cessa. Dunque il momento di beccheggio é:

m(t) = 2kaaya − 2kppyp

Per applicare la tecnica dello shock-spectrum eseguiamo la trasformata diFourier di tale momento:

M(ω) = 2kaa

∫ ∆t

0

he−jωtdt− 2kpp

∫ T0+∆t

T0

he−jωtdt

si ha:

M(ω) = 2kaahe−jω∆t − 1

−jω− 2kpph

e−jω(T0+∆t) − e−jωT0

−jω=

=2kaah

ωj(e−jω∆t − 1

)− 2kpph

ωje−jωT0

(e−jω∆t − 1

)=

e poichè kaa = kpp si ha:

=2kaah

ωj(e−jω∆t − 1

)− 2kaah

ωje−jωT0

(e−jω∆t − 1

)M(ω) =

2kaah

ωj(e−jω∆t − 1

) (1− e−jωT0

)L’ampiezza delle oscillazioni residue, cioè quelle innescate dopo l’attraversa-mento del dosso da parte di entrambi gli assali, è data da:

Θres =1

Jωn

|M(ωn)|

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cioè:Θres =

2hkaa

Jω2n

∣∣e−jω∆t − 1∣∣ ∣∣1− e−jωT0

∣∣Osserviamo che:

ωn =

√2(kaa2 + kpp2)

Jcioè:

ωn =√

2

√(kaa2 + kaap)

Jpoichè kaa = kpp

Θres =h

a + p

∣∣e−jω∆t − 1∣∣ ∣∣1− e−jωT0

∣∣Supponiamo che l’interasse i = a + p sia assegnato.Allora:

Θres =h

i

∣∣e−jω∆t − 1∣∣ ∣∣1− e−jωT0

∣∣essendo

ωn =√

2i

√kaa

J∣∣∣∣ Θres =h

i

√(2− 2 cos ωn∆t) (2− 2 cos ωnT0)

∣∣∣∣Diagrammando Θres per ∆t = 0, 03 s e T0 = 0, 3 s si ottiene:

che permette di individuare la migliore sospensione per quell’assegnata con-dizione di esercizio.

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Capitolo 2

Sospensioni degli autoveicoli

2.1 Introduzione

La funzione del sistema sospensivo in un autoveicolo è duplice:

• filtrare le eccitazioni che a causa del profilo stradale irregolare si trasmet-tono alla struttura del veicolo;

• garantire che le forze di contatto tra pneumatico e superficie stradalesiano tali da consentire la desiderata direzionalità del veicolo e consen-tano alle ruote di esplicare le desiderate azioni motrici e frenanti.

Il secondo punto mette in evidenza quasi immediatamente come la sospen-sione debba essere un sistema elastico opportunamente progettato. Si osserviinfatti che veicoli con più di tre ruote sono sistemi iperstatici. E’ noto cometali sistemi abbiano reazioni vincolari dipendenti dalle loro caratteristicheelastiche. Allora le forze di reazione che si esplicano al contatto ruota-stradasono fondamentalmente dettate dalle caratteristiche elastiche della sospen-sione. Dunque da esse dipendono le caratteristiche di manovrabilità, tenutadi strada e motricità del veicolo. Il primo punto è invece legato alle esigenzedi comfort del veicolo. Spesso nel progetto di un sistema sospensivo le esigen-ze espresse precedentemente devono essere opportunamente dosate arrivandoad un disego di compromesso.

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Nel seguito di questi appunti verranno illustrati alcuni elementi fondamentalirelativi al disegno delle sospensioni al fine di garantire requisiti di comfortdel veicolo.

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2.2 Moti di beccheggio e rimbalzo

Le equazioni di moto del veicolo per i moti di beccheggio e rimbalzo accop-piati sono:

Mz = −ka (z + θa) + kp (θp− z)

Jθ = −ka (z + θa) a− kp (θp− z) p

cioè Mz + (ka + kp) z + (kaa− kpp) θ = 0

Jθ + (kaa2 + kpp

2) θ + (kaa− kpp) z = 0(2.1)

e scritte in forma matriciale[M 0

0 J

] z

θ

+

[ka + kp kaa− kpp

kaa− kpp kaa2 + kpp

2

] z

θ

=

0

0

In questo schema il sistema ha due gradi di libertà e corrispondentementeha due pulsazioni naturali ed associati modi. Le pulsazioni naturali sonoquella di rimbalzo ωz e quella di beccheggio ωθ associate a modi in cui lacomponente di rimbalzo e di beccheggio sono, rispettivamente, prevalenti.Si incontrano i seguenti problemi:

• le frequenze di oscillazione del veicolo sono ritenute comfortevoli dalpasseggero se sono comprese in una ristrettissima banda: 1− 1, 5Hz.

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Questa circostanza rende difficile disegnare le sospensioni in modo cheωz e ωθ cadano entrambe in un intervallo così stretto. Il tentativo ècomunque questo. La tecnica che si utilizza è quella del ‘monoperiodo’consistente nel collassare ωz e ωθ in un unico valore centrato nella banda1− 1, 5Hz. Seguono alcune considerazioni che esporranno i lineamentidi questa analisi.

• è difficile, per veicoli adatti ad un uso in condizioni di carico moltodiverse, mantenere ωz e ωθ nell’intervallo desiderato: se lo sono per uncerto carico di progetto, ne escono con facilità al variare del numero deipasseggeri, del bagaglio, del carburante. A tal fine viene illustrato l’usodi sospensioni pneumatiche quasi-isocrone nelle realizzazioni Firestone-General Motors e Citroen.

• l’assetto del veicolo cambia con il carico che il veicolo trasporta. Isistemi di sospensione che provvedono ad una compensazione d’assettoin funzione del carico vengono illustrati in seguito.

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2.3 Teoria del ‘monoperiodo’

Al fine di sistemare ωz e ωθ in un intervallo molto stretto, è ragionevole cercaredi realizzare la condizione per cui i parametri della sospensioni verificano larichiesta ωz = ωθ. Questo tentativo, seppure con alcune correzioni, orienta ilprogetto del sistema sospensivo.Raggiungiamo l’obiettivo in due passi:

• rendiamo indipendenti le equazioni di beccheggio e di rimbalzo cosicchèesse si disaccoppiano ed hanno frequenze di vibrazione indipendenti;

• rendiamo uguali, con un ulteriore posizione, ωz e ωθ.

A pag.21 si vede che il termine di accoppiamento è:

kaa− kpp

Azzeriamolo:kaa− kpp = 0

cioè| kaa = kpp | (2.2)

che indica che le sospensioni anteriore e posteriore hanno, sotto il caricostatico su di esse gravanti, ugual freccia di inflessione. Infatti l’equilibrio allarotazione della vettura in condizioni statiche impone:

kaδaa = kpδpp

dove δa e δp sono le inflessioni statiche delle due sospensioni. Richiedereδa = δp, come si vede, significa imporre kaa = kpp.Con tale assunzione si possono calcolare le frequenze naturali ωz e ωθ. Nonè difficile dimostrare che se si elimina l’accoppiamento (kaa = kpp) allora ωz

e ωθ diventano più vicine che nel caso di accoppiamento. Sulla base delleespressioni di ωz e ωθ si può poi imporre

| ωz = ωθ −→ ρ2 = ap | (2.3)

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dove J = Mρ2 e ρ è il raggio di girazione del corpo vettura. In tali condizioni:

ωz = ωθ =

√ka + kp

M

da cui nota M , imposte ωz = ωθ ≈ 1, 25Hz, si ricavano le rigidezze dellasospensione. Nota ka + kp, se dalla 2.3 si assegnano a e p in modo che la 2.3sia verificata (noto ρ), si passa alle 2.1 calcolando ka

kp. Con ciò si determinano

singolarmente ka e kp.Se tale procedimento è teoricamente corretto, la condizione 2.3 presentaqualche difficoltà. Si noti che se una vettura ha ruote molto lontane traloro, cioè gli sbalzi sugli assali sono piccoli, ρ2 < ap.

Infatti in tal caso tutta la massa del veicolo è contenuta tra gli assali po-steriore e anteriore cioè le masse distano da G in media meno di a e p. Ciòsignifica che verosimilmente ρ < a, ρ < p. Per cercare di realizzare la con-dizione ρ2 = ap si deve cercare di avvicinare le ruote diminuendo l’interassei (o passo). Con parti della vettura che ora sono a sbalzo sugli assali, particonsistenti della massa del veicolo sono collocate a distanza maggiore sia di a

che di p. In questi casi, cioè costruendo vetture a passo corto, la condizione2.3 è verificata, ossia la condizione di monoperiodo è soddisfatta.Si noti però che se si diminuisce il passo i dell’autovettura la sua tenuta distrada diminuisce. Infatti consideriamo una vettura che esegue una traietto-ria serpeggiante sicchè il corpo vettura sperimenta accelerazioni angolari ω.Le forze che agiscono sulle ruote sono quelle di reazione alla forza centrifuga

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e quelle di trazione (F5, F6). Dunque:

Jzω =∑

k

Fk(cki)

Tale equazione di equilibrio dice che le forze d’inerzia Jzω che non dipendonodal passo i sono equilibrate da un sistema di momenti generato dalle forzeFk i cui bracci sono proporzionali all’interasse i secondo dei coefficenti ck. Seil passo è il più piccolo, a parità di manovra effettuata, cioè a parità di ω,i bracci dei momenti cki sono più piccoli e per compensare questo, dovendo∑

k Fk(cki) restare uguale (la manovra e quindi ω, cioè Jzω, é assegnata),si richiede di avere Fk più grandi. Questo significa che più facilmente unavettura a passo corto arriva a saturare le reazioni esplicabili dal contattoruota-strada con l’effetto di una perdita di aderenza e conseguente sbanda-mento dell’autovettura.Una soluzione di compromesso consiste nel violare la condizione 2.3 ponendonella pratica costruttiva ρ2 < ap e più precisamente 1, 15÷ 1, 25ρ2 = ap cioèoptando per un passo maggiore a favore della tenuta di strada ma non allon-tanandosi molto dalla condizione di ‘monoperiodo’. Un’altra soluzione con-

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siste nel modificare lo schema delle sospensioni. Ciò viene fatto introducendouna variante che non modifica la rigidezza a rimbalzo ma diminuisce quel-la a beccheggio. In tal modo, stante ωz > ωθ, pur esistendo due frequenzedistinte si cerca di avvicinare ωθ lasciando ωz inalterata. La tecnica è quelladelle sospensioni coniugate attraverso le quali la sospensione posteriore vieneaccoppiata con quella anteriore.Illustriamo l’impiego di una sospensione coniugata di tipo moderno realizza-ta con elementi pneumatici (Citroen).Lo schema originale è quello descritto di seguito con due sospensioni pneu-matiche indipendenti.

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2.4 Sospensioni coniugate

La vettura in figura è equipaggiata da due sospensioni a gas (di tipoelementare) tra loro indipendenti. Il condotto che collega le due camere èinterdetto poichè la valvola V è chiusa. Se si apre la valvola e le due cameresi mettono in comunicazione si vede immediatamente che:

• per un moto di puro rimbalzo non si altera la rigidezza del sistemasospensivo;

• per un moto di puro beccheggio la rigidezza angolare può diventareanche nulla: se infatti le camere fossero uguali, una rotazione di bec-cheggio non produrrebbe nessuna compressione del gas ma solo il suotrasferimento da una camera all’altra. Se le camere sono diverse invecesi genera una compressione e quindi una coppia di reazione elastica.

Si capisce però che così facendo (ossia giocando sul rapporto geometrico tra lecamere) si può diminuire sensibilmente la frequenza di beccheggio portandolaal valore desiderato cioè prossimo ad ωz. Tutto ciò senza dover alterare ilpasso, cioè senza compromettere la tenuta di strada.La matrice di rigidezza della sospensione pneumatica così concepita si calcolasubito. Se la trasformazione nella camera è adiabatica:

pV γ = p0Vγ0

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Se la valvola V è aperta p è la pressione comune nelle due camere e V ilvolume totale delle due camere; p0 e V0 sono poi la pressione statica e ilvolume totale (tutte e due le camere). Dunque se la freccia dinamica è δA

per la sospensione anteriore e δP per quella posteriore allora:

V = V0 − δASA − δP SP

dove V0 = V0A +V0P ed SA e SP sono le sezione dei pistoni della sospensione.Sviluppando in serie p:

p =p0V

γ0

V γ

p = p0 + p0Vγ0 (−γ) V −γ−1

∣∣∣V =V0

(−SA) δA + p0Vγ0 (−γ) V −γ−1

∣∣∣V =V0

(−SP ) δP

p = p0 +γp0V

γ0

V γ+10

SAδA +γp0V

γ0

V γ+10

SP δP

p = p0 +γp0SA

V0

δA +γp0SP

V0

δP

In definitiva le forze esplicate dalla sospensione in A e P sono:

FA =pSA =γF0ASA

V0

δA +γF0P SA

V0

δP

FP =pSP =γF0ASP

V0

δA +γF0P SP

V0

δP

cioè

FA =kAAδA + kPAδP

FP =kAP δA + kPP δP

Pertanto le equazioni di moto in θ e z desiderate risultano da:Mz = FA + FP

Jθ = FAa− FP p

cioè Mz = (kAA + kAP ) δA + (kPA + kPP ) δP

Jθ = (kAAa− kAP p) δA + (kPAa− kPP p) δP

dove δA = −θa− z e δP = θp− z.

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2.5 Studio di un sistema di sospensioni semiat-

tivo

La sospensione semiattiva è una sospensione in cui il parametro di smorza-mento viene variato a seconda del funzionamento, ossia del moto, dei sistemicollegati ad i suoi estremi: da una parte il corpo vettura, dall’altra il mozzodella ruota. I sensori S1 e S2 prelevano un segnale di velocità della massa

sospesa mS così come un segnale di velocità della massa non sospesa mR.Tali segnali vengono inviati ad un controllore che, utilizzando un’opportunastrategia, pilota il valore dello smorzamento c da conferire allo smorzatore.Il sistema può essere realizzato disponendo di un attuatore di bassa potenzacapace di variare l’apertura di una valvola strozzatrice attraverso cui devetrafilare l’olio dell’ammortizzatore. La strategia del controllore viene qui il-lustrata sulla base di un semplice controllo on-off dello smorzamento. Inaltre parole il controllore, sulla base dei dati inviati dai sensori S1 e S2, puòdecidere se ‘aprire’ o ‘strozzare’ la valvola producendo conseguentemente unvalore coff e un valore con dello smorzamento. La legge di controllo quiillustrata è denominata sky-hook. L’idea è semplice. Premesso che:

• l’obiettivo è quello di smorzare, cioè frenare, il moto di oscillazione delcorpo vettura;

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• lo smorzatore idraulico può modificare il suo comportamento decidendose esplicare l’azione di interposizione tra mS e mR oppure no;

• l’azione smorzante dipende dalla velocità relativa tra mS e mR.

L’azione di controllo prevede di far intervenire lo smorzamento (con) laddovela sua azione risulti frenante per il moto della massa sospesa. Un confrontotra zS e (zS − zR) permette di individuare le condizioni che suggeriscono diattivare lo smorzatore e quelle che suggeriscono invece una sua disattivazione.Studiamo le possibili combinazioni di zS e (zS − zR):

| zS > 0 e zS − zR > 0 |

In tal caso se lo smorzatore è attivo (con) l’azione idraulilca frena il corpovettura; dunque lo smorzatore può essere chiamato in azione dal controllore.

| zS > 0 e zS − zR < 0 |

In tal caso l’attivazione dello smorzatore idraulico tende a forzare il motodi mS nella direzione ‘sbagliata’. In tal caso è preferibile che il controlloredisattivi lo smorzatore (coff ).

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Il criterio si ripete per zS < 0 con i due sottocasi zS−zR > 0 e zS−zR < 0:zS < 0 e zS − zR > 0 → coff

zS < 0 e zS − zR < 0 → con

In definitiva la legge di controllo è:∣∣∣∣∣ zS (zS − zR) > 0 → c = con

zS (zS − zR) < 0 → c = coff

∣∣∣∣∣ coff << con

Si osservi infine che la legge così formulata ha una semplice interpretazioneenergetica:

Se si considera che −c (zS − zR) è la forza frenante applicata a mS convelocità zS, allora: −zSc (zS − zR) = potenza fornita attraverso il dispositivosmorzatore a zS

• se −zSc (zS − zR) è positivo mS acquista energia;

• se −zSc (zS − zR) è negativo mS cede energia.

Si vuole progettare il sistema in modo che c sia controllato in modo ‘intel-ligente’ e che sia diverso da zero, cioè c = con, solo quando si realizza unacessione di potenza da mS al sistema idraulico e alla massa mR e non il con-trario. Se invece la potenza viaggia in direzione di mS il controllore interdicel’effetto dello smorzatore, cioè c = coff .Si possono dunque scrivere le equazioni del modello dell’autoveicolo dotatodi smorzatori semiattivi:

Mz + (ka + kp) z + (kaa− kpp) θ + caδA + cp˙δP = kaya + kpyp

Jθ + (kaa2 + kpp

2) θ + (kaa− kpp) z + caaδA − cpp ˙δP = kaaya − kppyp

dove δA = aθ + z − ya e ˙δP = −pθ + z − yp.

ca =

ca ON ⇒ (aθ + z − ya)(aθ + z) > 0

ca OFF ⇒ (aθ + z − ya)(aθ + z) < 0

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cp =

cp ON ⇒ (−pθ + z − yp)(−pθ + z) > 0

cp OFF ⇒ (−pθ + z − yp)(−pθ + z) < 0

I coefficienti ca e cp dipendono dallo stato del sistema in modo non lineare,sicchè il sistema di equazioni è di tipo non lineare.

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Capitolo 3

Sospensioni pneumatiche

3.1 La sospensione a gas elementare

3.1.1 Calcolo della rigidezza equivalente

Seguiamo lo schema in figura. Calcoliamo la rigidezza equivalente delsistema a gas. Determiniamo innannzitutto la relazione forza-spostamentoper l’elemento a gas. Supponiamo le vibrazioni di piccola ampiezza e moltorapide. Quest’ultima condizione ci permette di determinare la trasformazionedel gas nel modo:

pV γ = p0Vγ0

dove p0 e V0 sono la pressione ed il volume totale del gas (camera di lavoro+ serbatoio) in condizioni di equilibrio statico, ossia sotto il carico m0g. SeS è l’area della sezione del cilindro si ha:

p0Vγ0 = p (V0 − Sx)γ per cui:

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p(x) =p0V

γ0

(V0 − Sx)γ e quindi per le forze:

F (x) =p0SV γ

0

(V0 − Sx)γ =F0V

γ0

(V0 − Sx)γ

Poichè le vbrazioni sono in generale di piccola ampiezza, V0 >> Sx per cuiè lecito linearizzare la F (x) con x = 0:

F (x) ∼= F (0) +dF

dx

∣∣∣∣x=0

x

F (x) = F (0) +F0Sγ

V0

x = F0 +F0Sγ

V0

x

La rigidezza equivalente è allora:∣∣∣∣ keq =F0Sγ

V0

∣∣∣∣I vantaggi della sospensione pneumatica sono i seguenti:

• capacità isolante delle vibrazioni anche a bassissime frequenze, poichèsi riesce a realizzare una keq anche molto piccola (V0 grande) e quindisospensioni così soffici da determinare frequenze naturali per il sistemamassa-molla di valore molto basso (in tal modo la trasmissibilità siriesce a ridurre in modo molto efficace);

• si evitano in questo modo tutti i problemi presentati dalle molle solidequando si voglia una rigidezza molto bassa;

• capacità di isocronia, laddove si munisca il sistema di un dispositivo dicompensazione d’aria capace di mantenere V0 costante al variare dellamassa sospesa;

• capacità di compensazione d’assetto cioè possibilità di mantenere l’al-tezza della massa sospesa ad una quota costante pur variando la massasospesa. A tal fine si deve prevedere un dispositivo di compensazioned’aria;

• possibilità di semplice interconnessione tra diversi elementi a gas, par-ticolarmente utile nei sistemi di sospensione degli autoveicoli.

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3.1.2 Il problema dell’isocronismo

Nelle molle solide convenzionali la rigidezza è costante ossia non varia conla massa sospesa. Pertanto se una sospensione sopporta la massa m0 ed harigidezza k la frequenza propria è:

ω(0)n =

√k

m0

Se la massa sospesa varia da m0 a m1 (cosa frequente nei veicoli) la frequenzanaturale varia con m. Infatti:

ω(1)n =

√k

m1

=

√k

m0m1

m0

(0)n√λ

avendo indicato con λ il fattore di carico della sospensione (λ = m1

m0) pas-

sando dal carico m0g al carico m1g. Ciò significa semplicemente che più lasospensione è carica più la sua frequenza si abbassa:∣∣∣∣∣ ω

(1)n =

ω(0)n√λ

∣∣∣∣∣Tale circostanza non è ottimale nel funzionamento delle sospensioni degliautoveicoli. Un sistema di compensazione d’aria applicato ad una sospensionea gas risolve il problema.

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3.2 La sospensione a gas Firestone

La sospensione a gas studiata nel precedente paragrafo non garantisce l’isocro-nismo del sistema al variare del carico (massa) gravante sulla sospensione.Vediamo come infatti si modifica la frequenza naturale al variare del carico.

La rigidezza del sistema a gas è nei due casi:

k0eq =

F0Sγ

V0

k1eq =

F1Sγ

V1

Per valutare in che relazione stanno le keq e dunque le rispettive frequenzebisogna determinare la relazione esistente tra V0 e V1.Ora si può realisticamente assumere che le due condizioni designate con 0

e 1 siano caratterizzate dalla stessa temperatura del gas (temperatura parinei due casi a quella esterna). Infatti si tratta di condizioni che vengonomantenute per periodi in generale piuttosto lunghi dando la possibilità alsistema a gas di scambiare calore con l’ambiente esterno (contrariamente alprocesso vibratorio). Pertanto:

p0Vγ0 = p1V

γ1 , γ = 1 (trasf. isoterma)

Dunque:p0SV0 = p1SV1 → F0V0 = F1V1

Pertanto:k(1)

eq =F1SγF0

F1V0

=F1

F0

F0Sγ

V0F0

F1

Poichè λ = F1

F0, si ha:

k(1)eq = λ2F0Sγ

V0

= λ2k(0)eq

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Pertanto le frequenze naturali associate sono:

ω(1)n =

√k

(1)eq

m1

=

√λ2k

(0)eq

m1

m0m0

=

√λ2k

(0)eq

λm0∣∣∣ ω(1)n =

√λω

(0)n

∣∣∣Da ciò si conclude che la sospensione a gas elementare non è isocrona: al-l’aumentare del carico tende ad aumentare la propria frequenza.Una variante semplice allo schema elementare è quello della Firestone.

Si tratta di introdurre un compressore il cui scopo è quello di insufflarearia nel circuito ripristinando nel caso di carico m1g l’assetto iniziale (quellocorrispondente a m0g). Ciò produce un duplice vantaggio:

• compensazione dell’assetto: l’altezza della massa sospesa è costante;

• compensazione del volume perduto nel passaggio dal carico m0g alcarico m1g.

Quest’ultimo elemento fa si che la rigidezza con il carico m1g sia:

k(1)eq =

F1Sγ

V0

=F1

F0

F0Sγ

V0

= λk(0)eq

La frequenza propria è allora:

ω(1)n =

√λk

(0)eq

m1

=

√λk

(0)eq

m1

m0m0

=

√λk

(0)eq

λm0

= ω(0)n

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e dunque il sistema è isocrono.Lo svantaggio è legato al fatto che necessita di un compressore che, al-meno per veicoli di piccolisime dimensioni (autovetture), è improponibileper ingombri e pesi.

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3.3 La sospensione a compensazione idraulica

La sospensione elementare può essere modificata per consentire la compen-sazione d’assetto anche evitando l’introduzione del compressore. Lo schemaè quello sotto riportato.

Quando si passa dal carico m0g al carico m1g la pompa inietta olio nel serba-toio del gas (la valvola di ritorno è chiusa). Il gas viene quindi trasferito dalserbatoio al cilindro di lavoro sollevando la massa m1 fino a ripristinare un as-setto identico a quello che aveva la massa m0. In tal modo la compensazioned’assetto è ottenuta sostituendo il compressore con una pompa (molto piùpiccola e leggera). Poichè però il volume di gas non viene riportato al suovalore iniziale non si riesce ad ottenere l’isocronismo. In questo il sistema èidentico alla sospensione a gas elementare per cui:∣∣∣ ω

(1)n =

√λω

(0)n

∣∣∣

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3.4 La sospensione a compensazione idraulica

Citroen

Da quanto visto in precededenza si desume che:

• una sospensione solida convenzionale ha una frequenza che diminuiscecon il carico;

• una sospensione a gas elementare (cioè senza compensazione del volumed’aria perduto) ha una frequenza che aumenta con il carico.

Nasce allora l’idea che il parallelo di due sospensioni una a gas l’altra conven-zionale possano, sotto certe condizioni, dar luogo ad una sospensione vicinaall’isocronismo.Si considera allora lo schema sottostante.

Il sistema è concepito in modo che sotto il carico m0g la molla solida è ariposo (ossia esercita una forza nulla); inoltre la sua rigidezza ks è pari aquella della molla a gas sotto il carico m0g:

ks =F0Sγ

V0

Si vari ora il carico da m0g a m1g. La massa sospesa si abbassa comprimendoil gas e la molla solida. A questo punto la pompa entra in funzione ripristi-nando l’assetto. Vogliamo calcolare a questo punto la rigidezza dell’interasospensione.

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Si noti che una volta avvenuta la compensazione idraulica la molla solidaè nuovamente in condizioni di riposo. Quindi la massa m1 in condizionistatiche è sopportata dal solo sistema a gas. La sua rigidezza vale in questecondizioni:

kgas =F1Sγ

V1

essendo come già visto V1 = F0V0

F1. Dunque:

kgas =F1SγF0V0

F1

=F1

F0

F0Sγ

V0F0

F1

= λ2F0Sγ

V0

Poichè tale rigidezza è in parallelo con quella della molla solida si ha per larigidezza totale ktot:

ktot = kgas + ks = λ2F0Sγ

V0

+F0Sγ

V0

=(λ2 + 1

) F0Sγ

V0

Da cui la frequenza naturale sotto il carico m1g:

ω(1)n =

√ktot

m1

=

√(λ2 + 1)

F0Sγ

V0m1

=

√(λ2 + 1)

m1

m0

F0

m0

V0

=

√(λ +

1

λ

)gSγ

V0∣∣∣∣∣ ω(1)n =

√λ +

1

λω

(0)n

∣∣∣∣∣dove

√gSγV0

= ω(0)n è la frequenza propria della sospensione quando è presente

il solo elemento solido con massa sospesa m0. Vediamo come ω(1)n varia in

funzione del fattore di carico. Il diagramma di√

λ + 1λ

è illustrato nellapagina seguente. In corrispondenza di λ = 1 si ha un minimo cioè un puntodi stazionarietà: ω

(1)n varia poco al variare di λ. Si è allora ottenuto l’effetto

desiderato: variando il carico ω(1)n non varia sensibilmente, ossia la sospen-

sione è in buona sostanza isocrona.Esempio:

Un’autovettura di massa 1000kg viene ad accrescere la propria massa finoa 1500kg a pieno carico. Il fattore di carico è λ = 1, 5. Allora:√

λ +1

λ=

√1, 5 +

1

1, 5≈ 1, 472

41

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Dunque:

ω(1)n ≈ 1, 472

√gSγ

V0

Invece la frequenza naturale ω(0)n per λ = 1 è:

ω(0)n ≈ 1, 414

√gSγ

V0

La variazione percentuale è dell’ordine di 4 punti.Lo schema costruttivo della sospensione è molto compatto.

42

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Parte II

43

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Capitolo 4

Fondamenti generali sulla teoria

delle onde

4.1 Introduzione

Il metodo di soluzione visto per problemi strutturali basato sull’analisi modaleè intrinsecamente legato alla estensione finita del sistema studiato. Non deveessere sfuggito infatti che un ruolo fondamentale in detta tecnica è giocatodalle condizioni al contorno del problema. E’ l’imposizione delle condizionial contorno che porta alle equazioni lineari la cui condizione di solubilitàconduce all’equazione secolare delle frequenze.

E’ dunque chiaro che in problemi in cui le condizioni al contorno nontrovino posto, si deve ricorrere a tecniche risolutive diverse da quelle modali.E’ questo il caso che tipicamente si presenta in sistemi strutturali illimitatiche non richiedono di specificare opportune condizioni al contorno, ma sonocorredati di condizioni iniziali.

Con lo scopo di creare un immediato collegamento con il metodo delleautofunzioni, generato dalla ricerca di soluzioni in forma di variabili sepa-rate, illustriamo il metodo di Fourier per il problema a condizioni inizialidell’equazione delle onde per un mezzo illimitato.

44

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L’equazione oggetto delle prossime considerazioni è:

∂2u

∂x2− 1

c2

∂2u

∂t2= 0 (4.1)

45

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4.2 Mezzo limitato e mezzo illimitato: modi e

onde

Seguiamo, almeno inizialmente, la strada che abbiamo illustrato per i dominiilimitati, cioè ricerchiamo soluzioni nella forma:

u(x, t) = φ(x)q(t)

Sostituendo abbiamo per l’equazione del moto 4.1:

φ′′(x)q(t)− 1

c2φ(x)q(t) = 0 → φ′′(x)

φ(x)− 1

c2

q(t)

q(t)= 0

che usualmente conduce alla coppia di equazioni ordinarie:φ′′(x)

φ(x)= − λ

c2

q(t)

q(t)= −λ (λ > 0)

λ = ω2

che ammettono soluzioni del tipo:

q(t) + ω2q(t) = 0 → q(t) = A cos ωt + B sin ωt

φ′′(x) +ω2

c2φ(x) = 0 → φ(x) = C cos

c

)x + D sin

c

)x

Pertanto:

u(x, t) =(C cos

ω

cx + D sin

ω

cx)

(A cos ωt + B sin ωt) (4.2)

Qui l’analogia di soluzione con unsistema finito (del quale sia assegnato ilcontorno) termina. Nel caso di sitema finito si procedeva seguendo infatti ipassi seguenti:

a). imposizione di 2 condizioni al contorno su φ(x);

b). determinazione di un sistema di equazioni omogenee al quale si imponevadi ammettere soluzioni non identicamente nulle per le costanti C e D.Ciò avviene imponendo che il determinante dei coefficienti sia nullo,determinante che dipende da ω. L’equazione trascendente ottenutaammette infinite soluzioni:

ω1, ω2, . . .

46

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Quindi la u(x, t) = φ(x)q(t) non è soluzione del problema per qualunquevalore di ω figurante in φ(x) e q(t) ma solo per gli ‘speciali’ valori ω1, ω2, . . ..

La mancanza di condizioni al contorno per il sistema illimitato cambiatotalmente la natura del problema. Possiamo dire che, non essendo costrettia soddisfare particolari condizioni su φ(x), la forma:

u(x, t) =(C cos

ω

cx + D sin

ω

cx)

(A cos ωt + B sin ωt)

per qualunque valore di ω è soluzione del nostro problema. La differenzatra i due problemi considerati, sistema limitato e sistema illimitato, risiedesolo nei diversi valori di frequenza ω ‘accettati’ dal sistema: il sistema finitoè selettivo ed ammette solo a certe particolari frequenze di instaurarsi alsuo interno; al contrario un sistema illimitato è non selettivo ed ammettel’instaurarsi di qualunque frequenza ω al suo interno.

Capita questa differenza, il modo di costruire la soluzione nei due casi èidentico: per sovrapposizione di soluzioni elementari.

Prima di procedere alla costruzione della soluzione, diamo forma diversaalla soluzione 4.2 (k = ω/c):

u(x, t) = AC cos kx cos ωt + BC cos kx sin ωt+

+ AD sin kx cos ωt + BD sin kx sin ωt

che può essere riscritta nel modo:

u(x, t) = a1 sin(kx + ωt) + a2 sin(kx− ωt)+

+ a3 cos(kx + ωt) + a4 sin(kx− ωt)(4.3)

(i coefficienti a1, . . . , a4 sono semplicemente legati ad A, B, C,D).E’ chiaro che ogni termine a secondo membro corrisponde ad una pertur-bazione viaggiante, cioè ad onde di forma armonica traslanti a velocità ±ω

k=

±c. Riconsiderando allora la differenza tra sistema limitato ed illimitato, pos-siamo anche dire che un sistema limitato permette solo l’instaurarsi di ondearmoniche a frequenze particolari, mentre il sistema illimitato consente lapropagazione di onde armoniche di frequenza qualunque.

47

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Vediamo allora le implicazioni di questa differenza nel costruire la soluzionegenerale dell’equazione 4.1. Per il sistema limitato abbiamo che in cor-rispondenza di ω1, ω2, . . . esistono le soluzioni φ1(x)q1(t), φ2(x)q2(t), . . .

e quindi:

u(x, t) =∞∑

n=1

φn(x)qn(t)

cioè la soluzione si costruisce per sovrapposizione della infinità numerabile disoluzioni particolari φn(x)qn(t).

E per il sistema illimitato? Anche in questo caso possiamo sovrapporresoluzioni particolari di tipo 4.3, dove però ogni valore di ω è ammesso.Sovrapporre soluzioni di tipo 4.3 significa integrare la 4.3 stessa in ω. Alloraosservato che una soluzione tipo 4.3 può essere scritta nel modo:

u(x, t) = ReAej(kx−ωt) + Be−j(kx+ωt)

(4.4)

o anche:u(x, t) = Im

Aej(kx−ωt) + Bej(kx+ωt)

(4.5)

e sia 4.4 che 4.5 sono soluzioni di 4.1; quindi anche:

u(x, t) = Aej(kx−ωt) + Be−j(kx+ωt) (4.6)

è soluzione (è comoda per quello che segue). Per quanto detto allora inte-griamo onde viaggianti di tipo 4.6 e otteniamo:

u(x, t) =

∫ +∞

−∞

Aej(kx−ωt) + Bej(kx+ωt)

dω (4.7)

che è la soluzione generale ottenuta per sovrapposizione di tutte le ondearmoniche possibili. Alla 4.7 chiediamo di soddisfare le condizioni inizialiche seguono:

u(x, 0) = u0(x) =

∫ +∞

−∞

Aejkx + Bejkx

dω (4.8)

∂u

∂t(x, 0) = u(x, 0) = v0(x) =

∫ +∞

−∞

−jωAejkx + jωBejkx

dω (4.9)

48

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che permettono di calcolare A e B (funzioni della frequenza ω):

u0(x) = c

∫ +∞

−∞[A(k) + B(k)] ejkxdω

v0(x) = c2

∫ +∞

−∞jk [B(k)− A(k)] ejkxdω

che significano:1

2πu0(x) = cF−1 A(k) + B(k)

1

2πv0(x) = c2F−1 jk (B(k)− A(k))

da cui le funzioni di ampiezza A(k) e B(k):

A(k) + B(k) =1

2πcF u0 =

1

2πcU0

B(k)− A(k) =1

2πc2F v0 =

1

2πc2

1

jkV0

2B(k) =

1

2πcU0 +

1

2πc2

1

jkV0 =

1

2πc

(U0 − j

V0

kc

)2A(k) =

1

2πcU0 −

1

2πc2

1

jkV0 =

1

2πc

(U0 + j

V0

kc

)∣∣∣∣ A(k) =

1

4πc

(U0(k) + j

V0(k)

kc

)∣∣∣∣∣∣∣∣ B(k) =1

4πc

(U0(k)− j

V0(k)

kc

)∣∣∣∣con queste espressioni la 4.7 è la soluzione del nostro problema. La soluzionefisica (reale) è fornita poi da 4.4 oppure da 4.5. Quello illustrato è chiamatometodo di Fourier (vedi dopo).

Si osservi che che tale metodo decompone una qualunque forma d’ondasul sistema studiato in sovrapposizione di armoniche. Tale espediente si rivelautile in molti problemi di propagazione ondosa, specialmente nello studio deifenomeni di riflessione.

49

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4.3 Mezzo illimitato: metodo di Fourier

Il metodo di Fourier può essere esposto senza far alcun riferimento allesoluzioni modali come fatto nel precedente paragrafo. Di seguito illustriamoil metodo di Fourier per mezzo illimitato.

Il problema da risolvere è il seguente:

∂2u

∂x2− 1

c2

∂2u

∂t2= 0

con le sole condizioni iniziali:

u(x, 0) = u0(x) u(x, 0) = v0(x)

Consideriamo la soluzione nella solita forma:

u(x, t) = φ(x)q(t)

cosicchè:φ′′(x)q(t)− 1

c2φ(x)q(t) = 0 e al solito

q(t) + ω2q(t) = 0 φ′′(x) +(ω

c

)2

φ(x) = 0(k =

ω

c

)Scriviamo (per comodità) le soluzioni delle due equazioni in forma complessa:

q(t) = Aejωt + Be−jωt, φ(x) = Cejkx + De−jkx

dunque:u(x, t) =

(Aejωt + Be−jωt

) (Cejkx + De−jkx

)Poichè in mezzo illimitato non ci sono condizioni da imporre, si possonoscegliere C e D in modo arbitrario (e tale da semplificare l’espressione).Scegliamo allora:

C = 1, D = 0

ottenendosiu(x, t) =

(Aejωt + Be−jωt

)ejkx (4.10)

La 4.10 è certamente una soluzione particolare dell’equazione di moto mada sola non riesce a verificare le assegnate condizioni iniziali. Nella 4.10 ω

50

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è arbitraria, ossia la 4.10 è soluzione della 4.1 per qualunque ω. Si possonosommare soluzioni del tipo 4.10 ottenute per diverse ω variando in ciascunai coefficienti A e B. Poichè ω può essere variata con continuità possiamoottenere una soluzione in forma integrale:

u(x, t) =

∫ +∞

−∞

[A(ω)ejωt + B(ω)e−jωt

]ejkxdω (4.11)

dove A(ω) e B(ω) sono funzioni arbitrarie di ω. Scegliendo opportunamenteA(ω) e B(ω) la 4.11 riesce non solo a verificare l’equazione del moto ma anchele condizioni iniziali. Abbiamo infatti:

u(x, 0) =

∫ +∞

−∞[A(ω) + B(ω)] ejkxdω

u(x, 0) =

∫ +∞

−∞[jωA(ω)− jωB(ω)] ejkxdω

ed esprimendo ω in funzione di k(k = ω

c

)si ha:

u0(x) = c

∫ +∞

−∞[A(k) + B(k)] ejkxdk = cF−1 A(k) + B(k) 2π

v0(x) = c2

∫ +∞

−∞jk [A(k)−B(k)] ejkxdk = c2F−1 jk [A(k)−B(k)] 2π

essendo F • la trasformata di Fourier. Invertendo le relazioni precedenti:A(k) + B(k) =

1

2πcF u0 =

1

2πcU0

A(k)−B(k) =1

2πc2F v0

1

jk=

1

2πc2

V0

jk= −j

V0

2πc2k

Dunque le funzioni A(k) e B(k):A(k) =

1

2c

[U0(k)− j

V0(k)

ck

]1

B(k) =1

2c

[U0(k) + j

V0(k)

ck

]1

Dunque la 4.11 diventa:

u(x, t) =1

2c

∫ +∞

−∞

[U0(k)− j

V0(k)

ck

]ejωt +

[U0(k) + j

V0(k)

ck

]e−jωt

ejkxdω

1

2π(4.12)

51

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u(x, t) =1

c

∫ +∞

−∞Re

(U0(k) + j

V0(k)

ck

)e−jωt

ejkxdω

1

2π(4.13)

Vale la pena di osservare che al u(x, t) così ottenuta è reale. Per mostrarequesto basta far vedere che:

u∗(x, t) = u(x, t)

u∗(x, t) =1

c

∫ +∞

−∞Re . . . e−jkxdω

1

2π(4.14)

Ora poichè(U0(k) + j V0(k)

ck

)e−jωt è a simmetria hermitiana (U0 e V0 sono

trasformate di funzioni reali) abbiamo:

g(ω) =

(U0(k) + j

V0(k)

ck

)e−jωt ⇒ g(ω) = g∗(−ω)

Re g(ω) = Re g(−ω) = Re g∗(−ω)

cioè Re . . . non cambia invertendo il segno di ω.Riprendendo la 4.14 e posto −ω = ω si ha:

u∗(x, t) = − 1

2πc

∫ −∞

+∞Re . . . ej ω

cxdω =

1

2πc

∫ +∞

−∞Re . . . ej ω

cxdω (4.15)

dove è evidente che l’integrale 4.15 è identico al 4.13. Dunque u∗(x, t) =

u(x, t) e u(x, t) è reale.

Il significato fisico della soluzione 4.11 è immediato poichè riscritta nellaforma:

u(x, t) =

∫ +∞

−∞

[A(ω)ej(ωt+kx) + B(ω)ej(−ωt+kx)

]dω

cioè la soluzione è ottenuta per sovrapposizione di onde viaggianti nelladirezione −x e +x.

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4.4 Mezzo illimitato: metodo di D’Alembert

Illustriamo il metodo di D’Alembert per la soluzione dell’equazione delle ondein mezzo illimitato:

∂2u

∂x2− 1

c2

∂2u

∂t2= 0

Introduciamo il cambiamento di variabili:

ξ = x− ct η = x + ct

Ora:

∂u

∂x=

∂u

∂ξ

∂ξ

∂x+

∂u

∂η

∂η

∂x=

∂u

∂ξ+

∂u

∂η

∂u

∂t=

∂u

∂ξ

∂ξ

∂t+

∂u

∂η

∂η

∂t= −∂u

∂ξc +

∂u

∂ηc

∂2u

∂x2=

∂x

(∂u

∂ξ+

∂u

∂η

)=

∂x

(∂u

∂ξ

)+

∂x

(∂u

∂η

)=

=∂2u

∂ξ2

∂ξ

∂x+

∂2u

∂η∂ξ

∂η

∂x+

∂2u

∂ξ∂η

∂ξ

∂x+

∂2u

∂η2

∂η

∂x=

=∂2u

∂ξ2+

∂2u

∂η∂ξ+

∂2u

∂ξ∂η+

∂2u

∂η2=

∂2u

∂ξ2+ 2

∂2u

∂ξ∂η+

∂2u

∂η2

∂2u

∂t2=

∂t

(−∂u

∂ξc +

∂u

∂ηc

)=

∂t

(−∂u

∂ξc

)+

∂t

(∂u

∂ηc

)=

=− c∂2u

∂ξ2

∂ξ

∂t− c

∂2u

∂η∂ξ

∂η

∂t+ c

∂2u

∂ξ∂η

∂ξ

∂t+ c

∂2u

∂η2

∂η

∂t=

=c2∂2u

∂ξ2− c2 ∂2u

∂η∂ξ− c2 ∂2u

∂ξ∂η+ c2∂2u

∂η2=

=c2

(∂2u

∂ξ2− 2

∂2u

∂ξ∂η+

∂2u

∂η2

)

53

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Sostituendo nell’equazione delle onde si ha:

∂2u

∂ξ2+ 2

∂2u

∂ξ∂η+

∂2u

∂η2− 1

c2c2

(∂2u

∂ξ2− 2

∂2u

∂ξ∂η+

∂2u

∂η2

)= 0

∂2u

∂ξ∂η= 0

Integriamo quest’ultima equazione differenziale alle derivate parziali:

. integrando in ξ → ∂u∂η

= f(η)

. integrando in η → u = F (η) + G(ξ)

(essendo dFdη

= f). F e G sono funzioni arbitrarie.Ritornando alle variabili originarie ξ = x− ct e η = x + ct si ha:∣∣∣ u(x, t) = G(x− ct) + F (x + ct)

∣∣∣ (4.16)

La soluzione dell’equazione contiene le due funzioni F e G arbitrarie cherappresentano, visti gli argomenti x− ct e x + ct, perturbazioni viaggianti avelocità c in direzione x, G, e −x, F . Alla 4.16 richiediamo di soddisfare lecondizsioni iniziali:

u(x, 0) = u0(x) = G(x) + F (x)

u(x, 0) = v0(x) =∂

∂t(G(x− ct) + F (x + ct))

∣∣∣∣t=0

Indicando con ’ la derivata rispetto agli argomenti x± ct si ha:

u(x, 0) = v0(x) = −G′(x)c + F ′(x)c

da cui il sistema di condizioni sulle incognite F e G:G(x) + F (x) =u0(x)

F ′(x)−G′(x) =v0(x)

c

Integrando la seconda:

F (x)−G(x) =1

c

∫ x

x0

v0(ν)dν

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da cui il sistema: G(x) + F (x) =u0(x)

F (x)−G(x) =1

c

∫ x

x0

v0(ν)dν

che permette di determinare F e G:F (x) =

u0(x)

2+

1

2c

∫ x

x0

v0(ν)dν

G(x) =u0(x)

2− 1

2c

∫ x

x0

v0(ν)dν

e per la 4.16 si ha:

u(x, t) =u0(x + ct) + u0(x− ct)

2+

1

2c

∫ x+ct

x0

v0(ν)dν − 1

2c

∫ x−ct

x0

v0(ν)dν

∣∣∣∣ u(x, t) =u0(x + ct) + u0(x− ct)

2+

1

2c

∫ x+ct

x−ct

v0(ν)dν

∣∣∣∣ (4.17)

La 4.17 è la famosa formula di D’Alembert per la soluzione della equazionedelle onde a condizioni iniziali su dominio illimitato.Osservazioni fisiche:

a) dato il campo di spostamento iniziale u0(x), questo si propaga a destrae a sinistra semplicemente traslando la forma u0(x).

b) derivando la 4.17 si ha per il campo di velocità1:v(x, t) = 1

2[v0(x + ct) + v0(x− ct)]

cioè anche il campo di velocità iniziale si propaga a destra e a sinistrasemplicemente traslando la forma v0(x).

Pertanto i campi di deformazione viaggiano sulle guide senza deformazioni(traslando rigidamente) ad una velocità pari a c.

1

v(x, t) = c v0(x+ct)−c v0(x−ct)2 + 1

2c∂∂t [W (x + ct)−W (x− ct)]

dove W è la primitiva di v0.Pertanto: v(x, t) = 1

2cc [v0(x + ct)− v0(x− ct)]

e quindi: v(x, t) = 12 [v0(x + ct) + v0(x− ct)]

55

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Questa proprietà, tipica dei fenomeni ondosi descritti dall’equazione 4.1,non è necessariamente verificata in fenomeni di propagazione descritti daequazioni non coincidenti con la 4.1. E’ il caso di fenomeni propagatoridispersivi.

Concludiamo mostrando la sostanziale identità tra la rappresentazione4.17 di D’Alembert e la rappresentazione di Fourier. Infatti trasformando dax → k secondo Fourier la 4.17 si ha:

F u =F

u0+

+ F

u0−

2

+1

2c

[F

v0+

jk

−F

v0−

jk

]

Ora si ha che:

Fu0+

= F u0(x + ct) =

∫ +∞

−∞u0(x + ct)e−jkxdx

posto ξ = x + ct:

Fu0+

=

∫ +∞

−∞u0(ξ)e

−jk(ξ−ct)dk = ejkct

∫ +∞

−∞u0(ξ)e

−jkξdk

Fu0+

= ejkctF u0 = F u0 ejωt = U0e

jωt

analogamente

Fu0−

= U0e

−jωt

Fv0+

= V0e

jωt

Fv0−

= V0e

−jωt

F u =U0e

jωt + U0e−jωt

2+

1

2c

[V0

jkejωt − V0

jke−jωt

]F u =

1

2

[U0 − j

V0

ck

]ejωt +

1

2

[U0 + j

V0

ck

]e−jωt

che comparata con i risultati di pag. 51 dimostra l’asserto.

56

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4.5 Confronto tra soluzione ondosa e soluzione

modale

Si studia la risposta di una trave longitudinale ad un ingresso impulsivo divelocità in mezzeria, ossia alle seguenti condizioni iniziali:

u(x, 0) = 0 , u(x, 0) = δ

(x− L

2

)La trave in questione ha lunghezza finita L ed è incastrata agli estremi.

Il problema si può risolvere sia con il metodo dell’espansione modale sia con ilmetodo di D’Alembert, limitatamente all’intervallo di tempo in cui i contornix = 0 e x = L non influenzano il problema, cioè per:

tMAX <

(L/2

c

)dove c =

√Eρ

è la velocità di propagazione delle onde longitudinali nellatrave. Durante tale intervallo di tempo non ha rilevanza che il sistema siafinito o meno. Allora per t < tMAX possiamo seguire l’evoluzione del disturboanche con il metodo di D’Alembert (o Fourier).La soluzione alla D’Alembert è:

u(x, t) =u0(x + ct) + u0(x− ct)

2+

1

2c

∫ x+ct

x−ct

δ

(ξ − L

2

)dξ

e poichè u0(x) ≡ 0 si ha:

u(x, t) =1

2cH

(ξ − L

2

)∣∣∣∣x+ct

x−ct

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dove H(ξ) è la funzione di Heaviside. Dunque:

u(x, t) =1

2c

[H

(x + ct− L

2

)−H

(x− ct− L

2

)]

Ciò mostra che il disturbo di spostamento u(x, t), inizialmente nullo, si aprecome una finestra rettangolare centrata in x = L

2con due fronti di disconti-

nuità che si propagano in direzioni opposte verso i bordi. I fronti separano lazona non ancora raggiunta dal disturbo (u = 0) da quella in cui il disturboè già stato percepito.

58

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Vediamo invece la soluzione modale:

u(x, t) =∞∑

n=1

φn(x)qn(t) =∞∑

n=1

φn(x) [An cos ωnt + Bn sin ωnt]

con φn(x) =√

2ρAL

sin nπxL

e ωn = πncL

.Determinando le costanti An e Bn sulla base delle condizioni iniziali:

u(x, 0) =∞∑

n=1

φn(x)An

u(x, 0) =∞∑

n=1

φn(x)Bnωn = δ

(x− L

2

)ossia:

∞∑n=1

∫ L

0

ρAφn(x)φm(x)dxAn = 0

∞∑n=1

∫ L

0

ρAφn(x)φm(x)dxBnωn =

∫ L

0

φm(x)δ

(x− L

2

)dx = φm

(L

2

)

Da cui: An ≡ 0 , Bm = 1ωm

√2

ρALsin mπL

2L.

Dunque:

u(x, t) =∞∑

n=1

2

ρAL

1

ωm

sinnπ

2sin ωnt sin

nπx

L

Utilizzando per questa un numero finito di modi l’andamento caratteristicodella soluzione è dato nella figura sottostante:

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Capitolo 5

Onde nelle strutture

5.1 Semplice laboratorio ‘sperimentale’ per le

onde (parte I)

(effetto dispersivo)

Consideriamo una trave longitudinale a contatto con un letto elastico chefornisce reazioni longitudinali che si oppongono agli spostamenti. Sistemidi questo tipo sono realizzati da travi ricoperte di gomma alloggiate in unacavità.

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L’equazione che regge il moto di una struttura simile è data da:

EA∂2u

∂x2− ρA

∂2u

∂t2− γu = 0

E, ρ, A, γ sono il modulo di Young, la densità, l’area della sezione, la costanteelastica del letto.Effettuiamo una simulazione numerica diretta del comportamento del sis-tema. Utiliziamo una tecnica di discretizzazione dell’equazione1:

u(x, t) → u(xi, tj) i = 1, 2, . . . , N x1 = 0, . . . , xN = L

EAu(xi+1, tj)− 2u(xi, tj) + u(xi−1, tj)

∆x2−

+ ρAu(xi, tj+1)− 2u(xi, tj) + u(xi, tj−1)

∆t2− γu(xi, tj) = 0 (5.1)

Risolvendo al passo:

u(xi, tj+1) = 2u(xi, tj)− u(xi, tj−1)+

+E

ρ

∆t2

∆x2[u(xi+1, tj)− 2u(xi, tj) + u(xi−1, tj)]−

γ

ρA∆t2u(xi, tj) (5.2)

per ogni i = 2, . . . , N − 1, note u(x1, tj) e u(xN , tj) ∀tj.Le simulazioni numeriche, semplicissime, possono essere discusse al variaredi γ, a partire da γ = 0.Si nota che per γ = 0 la soluzione di D’Alembert emerge in modo chiaro:disturbi propaganti a velocità costante. I fronti d’onda sono netti e separa-no due zone viaggianti: quella non ancora raggiunta dalla perturbazione equella in cui questa è già stata percepita. Se γ 6= 0, invece il disturbo si ‘es-pande’, cioè si disperde con più piccole perturbazioni che ‘ritardano’ rispettoalla perturbazione principale e ad altre che ‘anticipano’. E’ il fenomeno delladispersione d’onda.

1Le considerazioni che seguono possono essere comprese solo se si hanno presenti irisultati numerici esposti durante il corso

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Qualunque perturbazione può essere espressa in serie di Fourier:

Se ciascuna delle componenti di Fourier ha la stessa velocità di propagazioneallora la sovrapposizione si propaga alla velocità comune alle diverse com-ponenti. Se così non è allora la forma dovuta alla sovrapposizione dellearmoniche cambia in continuazione. E’ il fenomeno dispersivo. Analiziamoallora il fenomeno dal punto di vista teorico.

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5.2 Onde dispersive

Ci siamo occupati fino ad ora dell’equazione classica delle onde:

∂2u

∂x2− 1

c2

∂2u

∂t2= 0

la cui proprietà di maggiore rilievo è espressa dalla tipica forma delle suesoluzioni:

u(x, t) = F (x− ct) + G(x + ct)

Pertanto questi sistemi ammettono soluzioni tali che una qualunque pertur-bazione di forma arbitraria F è trasportata lungo x senza distorsioni. Questacircostanza non è sempre presente nei sistemi fisici attraversati da onde. In-fatti esistono sistemi governati da equazioni simili alla 4.1 che ammettono an-cora soluzioni di tipo propagatorio (generalmente di tipo armonico ej(kx−ωt))ma che producono distorsioni della forma d’onda viaggiante.Per comprendere il punto si consideri una trave longitudinale descritta dal-l’equazione solita:

EA∂2u

∂x2− ρA

∂2u

∂t2= 0

Si consideri un’onda monocromatica ej(kx−ωt). Vediamo che relazione deveesistere tra k ed ω affinchè questa sia soluzione dell’equazione di moto;sostituendo si ha:

−EAk2 + ρAω2 = 0

Quest’ultima relazione fornisce

k2 =ρ

Eω2

Poichè la velocità di propagazione è c = ωk, abbiamo:

c =ω

k=

ω(ρE

) 12

=

√E

ρ= costante

Questo significa che qualunque onda monocromatica si propaga con la stessavelocità c =

√Eρ

indipendentemente dalla sua frequenza.

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Consideriamo invece il caso di una trave longitudinale a contatto con unletto elastico che fornisce reazioni che si oppongono agli spostamenti del tipoγu(x, t). La sua equazione sarà:

EA∂2u

∂x2− ρA

∂2u

∂t2− γu = 0

Procediamo come nel caso precedente. Data l’onda monocromatica ej(kx−ωt)

vediamo che relazione deve sussistere tra k ed ω perchè questa sia soluzionedell’equazione di moto. Sostituendo:

EAk2 + ρAω2 − γ = 0

da cuik2 =

ρ

Eω2 − γ

EA→ k =

√ρ

Eω2 − γ

EA(5.3)

La relazione 5.3 è chiamata relazione di dispersione.Poichè la velocità di propagazione di ej(kx−ωt) è:

c =ω

k→ ω = ck

Sostituendo nella 5.3 otteniamo(c20 = E

ρ

):

k2 =ρ

E(ck)2 − γ

EA→ c2k2

c20

= k2 +γ

EA

c2 = c20 +

γc20

k2EA→ c(k) =

√c20 +

γc20

k2EA

(5.4)

La 5.3 è stata ottenuta cercando soluzioni armoniche ed il risultato è chequeste sono possibili solo se il numero d’onda k (cioè 2π

λ, λ = lunghezza d’on-

da) è legato ad ω dalla 5.3. Inoltre la velocità di propagazione di un disturbo

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armonico di frequenza ω (e numero d’onda dato dalla 5.3) viaggia a veloc-ità che dipende da ω attraverso la 5.4. Questo risultato è diverso da quelloottenuto per la usuale equazione delle onde per la quale, qualunque sia lafrequenza ω dell’onda armonica, la velocità di propagazione è costante e paria c =

√Eρ. Questo fatto ha una diretta conseguenza sulla distorsione delle

forme d’onda. Con il metodo di Fourier ogni forma d’onda si può pensare de-composta in onde armoniche viaggianti. Se tutte queste viaggiano alla stessavelocità la forma creata dalla loro interferenza (somma) trasla rigidamente.Se invece ciascuna armonica ha velocità diversa la figura d’interferenza cam-bia da istante ad istante e la forma d’onda viene distorta. Dunque se abbiamouna forma d’onda in mezzo per cui c = costante, questa trasla mantenendosiinalterata, al contrario se c = c(ω), allora le diverse componenti armonichesi disperdono perchè alcune saranno più lente altre più veloci.

Nonostante le onde tendono a disperdersi, c’è, nel caso in esame, ancorala possibilità di rintracciare una perturbazione viaggiante ad una velocitàfissa detta velocità di gruppo. Non si tratta di una perturbazione di formafissa traslante, ma della perturbazione dominante nel sistema.

In altri termini quando andiamo a sovrapporre onde armoniche a velocità dipropagazione diverse, non tutto l’asse x è perturbato con la stessa ampiezza.Infatti le onde interferiscono in modo costruttivo solo in una parte del campo.La zona in cui tale interferenza è costruttiva si sposta lungo l’asse x con unavelocità Vg. Mostriamo questa proprietà in modo semplice.Consideriamo la sovrapposizione di onde viaggianti

u(x, t) =

∫ +∞

−∞A(ω)ej(ωt−kx)dω (5.5)

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Se il mezzo è dispersivo, si può in generale ritenere che k è funzione nonlineare di ω, k = k(ω). Consideriamo un gruppo di onde costruite attornoad una frequenza centrale ω0. Supponiamo che tutte le frequenze delle ondecomponenti si trovino nella banda B ≡ [ω0 −∆ω/2; ω0 + ∆ω/2] e che siaanche ω0 >> ∆ω.In queste ipotesi la relazione di dispersione k = k(ω) si può scrivere nellaforma:

k(ω) = k(ω0) +dk

∣∣∣∣ω0

(ω − ω0) + . . .

che rappresenta la k(ω) in tutto l’intervallo B (infatti siccome ∆ω << ω0,segue che ω − ω0 è sempre piccolo). Analogamente

A(ω) = A(ω0) +dA

∣∣∣∣ω0

(ω − ω0) + . . .

Sostituendo nella 5.5 si ha:

u(x, t) ≈∫ ω0+∆ω/2

ω0−∆ω/2

[A0 + A′0(ω − ω0)] e

j[ωt−k0+k′0(ω−ω0)x]dω

e riordinando:

u(x, t) ≈∫ ω0+∆ω/2

ω0−∆ω/2

[(A0 − A′0ω0) + A′

0ω)] e−jk0xe+jk′0ω0xejω(t−k′0x)dω

e posto f(x) = ej(k′0ω0−k0)x, R(ω) = (A0 − A′0ω0) + A′

0ω) abbiamo:

u(x, t) ≈ f(x)

∫ ω0+∆ω/2

ω0−∆ω/2

R(ω)ejω(t−k′0x)dω (5.6)

Il significato fisico della 5.6 è immediato. Il gruppo di onde rappresentatodalla 5.5, sovrapposizione di onde armoniche propaganti a velocità diverse(k = k(ω)), sotto l’ipotesi che il gruppo abbia banda stretta, si può ap-prossimativamente rappresentare come sovrapposizione di onde armonichepropaganti tutte alla stessa velocità cg0 = 1

k′0= dω

dk

∣∣ω0

. La velocità cg è dettavelocità di gruppo.Per fissare le idee sviluppiamo ulteriormente 5.5 nel caso semplice A(ω) = A0,cioè di gruppo di onde di uguale ampiezza (e fase):

u(x, t) ≈ A0f(x)

∫ ω0+∆ω/2

ω0−∆ω/2

ejω(t−k′0x)dω , abbiamo:

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u(x, t) ≈ A0f(x)ejω(t−k′0x)

j (t− k′0x)

∣∣∣∣∣ω0+∆ω/2

ω0−∆ω/2

u(x, t) ≈ A0f(x)ejω0(t−k′0x)ej ∆ω

2 (t−k′0x) − ejω0(t−k′0x)e−j ∆ω2 (t−k′0x)

j (t− k′0x)

u(x, t) ≈ A0f(x)ejω0(t−k′0x) 2j sin ∆ω2

(t− k′0x)

j (t− k′0x) ∆ω2

· ∆ω

2

u(x, t) ≈ A0f(x)∆ωejω0(t−k′0x) sin ∆ω2

(t− k′0x)∆ω2

(t− k′0x)

cioè l’inviluppo del disturbo (modulo):

A(x, t) = A0∆ω

∣∣∣∣∣sin ∆ω2

(t− k′0x)∆ω2

(t− k′0x)

∣∣∣∣∣

Dunque l’inviluppo del disturbo viaggia con velocità cg(ω0). C’è dunque,come già detto, una regione del campo interessata da una perturbazione do-minante. Tale regione si muove nel campo con la velocità di gruppo. Poichèle onde armoniche componenti si estendono a tutto l’asse x, se ne deduce chela loro interferenza è costruttiva limitatamente alla zona menzionata, mentre

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all’esterno di questa le onde tendono a cancellarsi mutuamente.

Accenniamo infine ad un fenomeno particolare detto cut-off che si può ma-nifestare in sistemi descritti da equazioni delle onde modificate.Riprendiamo l’esempio della trave longitudinale sul letto elastico. L’equazioneammette soluzioni del tipo ej(kx−ωt) purchè la 5.3 sia verificata, cioè:

k =

√ω2

E/ρ− γ

EA

Si osservi che k è reale solo per ω2

E/ρ≥ γ

EA. Al contrario per ω2

E/ρ≤ γ

EAdiventa

immaginaria. Questo significa che:

ej(kx−ωt) = e−kxe−jωt se ω2 ≤ γ

EA

E

ρ,

essendo il numero d’onda k pari a k =√

γEA

− ω2

E/ρ. Ora e−kxe−jωt non è

più un’onda (l’argomento non è del tipo αx − βt) cioè non rappresenta piùuna perturbazione viaggiante ma una perturbazione evanescente nello spaziomodulata armonicamente nel tempo.In un sistema di questo tipo si possono avere fenomeni propagatori solo afrequenze maggiori della cosiddetta frequenza di taglio ω = γ

Aρ(cut-off fre-

quency).

A conclusione del paragrafo possiamo dire che sistemi dispersivi non si puòpiù impiegare la soluzione di D’Alembert perchè l’equazione modificata nonammette soluzioni del tipo F (x− ct), G(x+ ct) per F e G arbitrarie, ma solosoluzioni per F e G molto particolari: armoniche. Allora volendo risolvereil problema a condizioni iniziali, come fatto per l’equazione standard delleonde, si può pensare di impiegare un metododi Fourier. In realtà la presenzadi effetti dispersivi complica notevolmente la procedura che, comunque, inlinea di principio è applicabile anche in questo caso.

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5.3 Semplice laboratorio ‘sperimentale’ per le

onde (parte II)

(effetto cut-off)

E’ interessante utilizzare ancora la simulazione numerica diretta descrit-ta nel paragrafo 5.1 per mettere in evidenza il fenomeno del cut-off. Con-sideriamo sempre la trave longitudianle alloggiata nella cavità attraverso laguarnizione in gomma.

Consideriamo il problema forzato con forza armonica in mezzeria. Seguen-do le simulazioni numeriche al variare di ω, si nota un cambiamento moltorilevante della soluzione a cavallo del valore critico ω = γ

Aρ. Per ω < γ

l’andamento della soluzione è del tipo sotto mostrato e si mantiene (a partela modulazione nel tempo) grosso modo questa forma al crescere di t.

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Per ω > γAρ

l’andamento della soluzione subisce una evoluzione al crescere dit secondo l’andamento sotto riportato.

L’energia si propaga dal punto di applicazione della forza a tutto il sistemacontrariamente al caso precedente. Per ω < γ

Aρsi innesca il cut-off.

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5.4 Onde flessionali

Tutto quello che finora è stato detto si riferiva all’equazione delle onde pro-priamente detta, cioè la 4.1, con eccezione per gli effetti dispersivi introdottisu u’equazione simile alla 4.1.

Quando si vogliono studiare fenomeni di propagazione in sistemi flessionali(quali travi e piastre) si deve studiare un’equazione del quart’ordine. Per latrave di Eulero si ha:

EI∂4w

∂x4+ ρA

∂2w

∂t2= 0 (5.7)

Accenniamo solo al fatto che quest’equazione differisce in modo sostanzialedall’equazione delle onde del secondo ordine (dal punto di vista della naturamatematica delle soluzioni la 4.1 è equazione iperbolica, la 5.7 è parabolica).Iniziamo lo studio della 5.7 su una struttura infinita cercando soluzioni delw(x, t) in forma φ(x)q(t). Al solito:

EIφIV (x)q(t) + ρAφ(x)q(t) = 0 → EIφIV (x) + ρAφ(x)q(t)

q(t)= 0

che sappiamo conduce alla coppia di equazioni:

q(t) + ω2q(t) = 0 → q(t) = Aejωt + Be−jωt

φIV (x)− ρA

EI= 0 → φ(x) = Cejkx + De−jkx + Eekx + Fe−kx

dove

k =√

ω4

√ρA

EI(5.8)

La relazione 5.8 è una relazione di dispersione poichè correla k(= 2π

λ

)alla

frequenza ω. Torneremo dopo su questo punto. La soluzione è allora:

w(x, t) =(Aejωt + Be−jωt

) (Cejkx + De−jkx + Eekx + Fe−kx

)dove k(ω) è dato dalla 5.8 e w(x, t) è soluzione in questa forma di 5.7 perqualunque valore di ω. Notiamo che esistono quattro termini a controllare ilcomportamento in x della soluzione. Solo i termini Cejkx, De−jkx, combinaticon i termini temporali, conducono a perturbazioni viaggianti, cioè a soluzioni

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ondose. Gli altri producono campi evanescenti (o crescenti) modulati in modoarmonico dai termini temporali. Poichè non si devono verificare condizionial contorno per la trave infinita possiamo scegliere arbitrariamente C, D, E,F . Cercando soluzioni ondose E = F = 0 ed in aggiunta eliminiamo ancheDe−jkx perchè non necessario. Per semplicità assumiamo C = 1. Pertanto:

w(x, t) = Aekx+jωt + Bekx−jωt (5.9)

che è una soluzione rappresentata da due onde armoniche (propaganti indirezioni opposte).Premesso che rinunciamo ad affrontare il problema della soluzione nel casodi condizioni iniziali assegnate (notevolmente più complesso rispetto a quellodella trave longitudinale), passiamo all’esame delle caratteristiche delle ondedescritte dalla 5.9.La relazione 5.8 è la caratteristica di dispersione della trave di Eulero. Lavelocità di propagazione è calcolata nel modo:

| k = k(ω) | ma k =ω

c→ | ω = ck |

Pertanto:

k =√

ω4

√ρA

EI→ k =

√ck

4

√ρA

EI

k2 = ck

√ρA

EI→ c = k

√EI

ρA

o anche in funzione di ω:

c =ω

c

√EI

ρA→ c2(ω) = ω

√EI

ρAper cui :

∣∣∣∣∣ c(ω) =√

ω 4

√EI

ρA

∣∣∣∣∣ (5.10)

Dunque la velocità di propagazione varia con la frequenza.Si tratta dunque di onde dispersive. Resta dunque associata anche unavelocità di gruppo calcolabile dalla 5.8:

dk

dω=

1

2

1√ω

4

√ρA

EI→ dω

dk= 2

√ω 4

√EI

ρA

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Pertanto la velocità di gruppo cg = 2c è sempre doppia della velocità di fase.La relazione 5.10 denuncia un’anomalia. Infatti la velocità di fase cresceindefinitamente con la frequenza ω. Questo fatto ha una immediata con-seguenza fisica sulla natura propagatoria delle onde flessionali della trave diEulero. Richiamando ancora una volta il metodo di Fourier la 5.9 può esserevista come componente elementare di una sovrapposizine di onde contenentetutte le possibili frequenze. Quando si considerino onde armoniche, in talesviluppo, di frequenza illimitata (integrando in ω tra −∞ e +∞) segue cheesistono onde che si propagano a velocità infinita (se ω → ∞, c → ∞ usan-do la 5.10). Dunque la trave di Eulero presenta la caratteristica di propagaredisturbi in modo ‘istantaneo’. Una variante dell’equazione di Eulero è quel-la di Rayleigh. In questo caso vegono portati in conto nell’equazione dellatrave gli effetti di inerzia rotazionale. L’inserimento di questo effetto sanal’anomalia menzionata. Vediamo come.

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Considerato il conco elementare scriviamo le usuali equazioni di equilibrioalla rotazione e alla rotazione verticale:

M + dM −M + (T + dT )dx = ρIθdx (5.11)

Essendo:I =

∫A

(ρdAdx)︸ ︷︷ ︸dm

z2 = ρdx

∫A

z2dA = ρIdx

T + dT − T = ρAwdx (5.12)

Dalla 5.11 si ottiene:∂M

∂x+ T = ρI

∂3w

∂x∂2t

Dalla 5.12 si ottiene:∂T

∂x= ρA

∂2w

∂t2

Derivando la 5.11 rispetto a x:

∂2M

∂x2+

∂T

∂x= ρI

∂4w

∂2x∂2t

e sostituendo la 5.12 in quest’ultima:

∂2M

∂x2+ ρA

∂2w

∂t2− ρI

∂4w

∂2x∂2t= 0

Considerato poi che: M = EI ∂2w∂x2 si ottiene l’equazione di Rayleigh:

EI∂4w

∂x4+ ρA

∂2w

∂t2− ρI

∂4w

∂2x∂2t= 0

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Vediamo qual’è il nuovo carattere dispersivo dell’onda. Poniamo nell’e-quazione ej(kx−ωt):

EIk4 − ρAω2 − ρIω2k2 = 0

che è la relazione di dispersione. Inoltre k = ωc

dove c è la velocità dipropagazione. Pertanto:

EIω4

c4− ρAω2 − ρIω2

(ω2

c2

)= 0

dalla quale dividendo per ω2:

EIω2

c4− ρA− ρI

ω2

c2= 0 → EIω2 − ρAc4 − ρIω2c2 = 0

ρAc4 + ρIω2c2 − EIω2 = 0 → c4 +I

Aω2c2 − I

Aω2c2

0 = 0

che fornisce l’andamento di c in funzione di ω. Se ω → ∞ il terzo ed ilsecondo addendo diventano dominanti e allora:

limω→∞

⇒ I

Aω2c2 − I

Aω2c2

0 = 0 → c = c0

Cioè in questo caso esiste una velocità di propagazione limite che è uguale aquella delle onde longitudinali. L’anomalia presente nella teoria di Eulero ècosì superata.Accanto all’equazione di Rayleigh si considera l’equazione di Timoshenko. Inquesto caso viene portata in conto anche la deformazione a taglio della trave:

EI∂4w

∂x4+ ρA

∂2w

∂t2−

[ρI +

EIρ

Gk

]∂4w

∂2x∂2t= 0

nella quale k è il parametro della sezione.L’equazione di Timoshenko rappresenta la teoria più sofisticata per la trave.Anche in questo caso viene confermata l’esistenza di una velocità limite perω → ∞ e dunque il superamento dell’anomalia dell’equazione di Eulero. Ilvalore di c∞ è in questo caso considerevolmente più basso di quello ottenutocon il modello di Rayleigh e più aderente alla realtà.

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Un’ultima osservazione sulla forma di soluzione completa della trave (Eulero).Si ha:

w(x, t) =(Aejωt + Be−jωt

) (Cejkx + De−jkx + Eekx + Fe−kx

)Si potrebbe osservare che in una trave infinita i coefficienti E ed F devonoessere necessariamente nulli. Infatti se non esistono contorni ekx, e−kx diver-gono rispettivamente per x → ∞ e x → −∞. Quindi, perchè la soluzioneabbia senso fisico, E = F = 0. Sono dunque possibili solo termini dipropagazione su una trave infinita. Questa osservazione denuncia la naturadei termini ekx, e−kx. Questi sono presenti solo in presenza di contorni (odiscontinuità sulla trave), dove oltretutto svolgono la necessaria funzione disoddisfare le condizioni al contorno. Poichè ekx, e−kx sono presenti solo alcontorno vengono detti termini di campo vicino (dove ‘vicino’ si riferisce alcontorno). Al contrario ejkx e e−jkx che sono di tipo propagatorio e si allon-tanano dal contorno vengono detti termini di campo lontano. Dei primi sirisente solo in prossimità del contorno, dei secondi anche molto lontani daquesti.

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5.5 Onde in mezzi semilimitati: riflessione

Abbiamo fino a qui analizzato disturbi che si propagano in un mezzo infinito.Per questo caso abbiamo dato due metodologie generali di analisi del proble-ma a condizioni iniziali (quello più generale formulabile per mezzo illimitato):il metodo di Fourier e quello di D’Alembert.Passiamo ora all’analisi di mezzi semilimitati, cioè a sistemi monodimensio-nali che presentano un solo confine (vedi figura).

Anche in questi casi si può ovviamente impostare il problema generale: deter-minare una soluzione dell’equazione di moto che soddisfi alla sola condizioneal contorno sull’estremità E e ad assegnate condizioni iniziali. Anche inquesto caso si può aplicare, in linea di principio, il metodo di Fourier e, conqualche accorgimento in più, il metodo di D’Alembert. La complicazioneformale di tali problemi cresce però enormemente. Rinunciamo quindi adesporre la trattazione generale del problema a condizioni iniziali in presenzadi un confine.In molti problemi, anche di interesse ingegneristico, ci si può limitare aconsiderare disturbi armonici stazionari. In altri termini la forma d’ondaè monocromatica e non si risolve il problema a condizioni iniziali ma interes-sa la sola risposta stazionaria del sistema. L’apparato matematico richiestoè molto più semplice, pur conservandosi simile l’impostazione fisica del pro-blema: pensando al metodo di Fourier potremmo dire che rinunciamo adintegrare la nostra soluzione armonica nel dominio delle frequenze.Consideriamo inizialmente onde longitudinali. Abbiamo già visto che ricer-cando soluzioni in forma di variabili separate si approda alla forma:

u(x, t) =(Aejωt + Be−jωt

) (Cejkx + De−jkx

)

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come già visto in precedenza questa soluzione fornisce termini propagan-ti inentrambe le direzioni +x e −x. Discutiamo preliminarmente i terminirealmente necessari per studiare il probelma della propagazione di onde ar-moniche stazionarie. Poichè non siamo interessati alle condizioni iniziali,potenzialmente controllate da A e B, non necessitiamo sia di A che di B.Scegliamo allora ad arbitrio A = 1, B = 0. Conserviamo al contrario com-pleti i termini spaziali in C e D poichè di loro avremo bisogno per soddisfarecondizioni al contorno (anche se non di entrambe). Dunque avremo:

u(x, t) = Cej(kx+ωt) + De−j(kx−ωt)

o ancheu(x, t) = Cej(ωt+kx) + Dej(ωt−kx)

Soffermiamoci un istante sull’interpretazione fisica della soluzione scritta.Questa corrisponde a due onde di propagazione dirette in verso opposto.Con riferimento alla figura sotto (c’è un generico confine a x = 0), questeonde sono dirette una verso il confine

(ej(ωt+kx)

), l’altra dal confine verso la

trave(ej(ωt−kx)

).

Queste hanno allora diretta interpretazione fisica: Cej(ωt+kx) è l’onda inci-dente sul confine, Dej(ωt−kx) è quella riflessa dal confine. Si noti che le costantia disposizione sulla parte spaziale della soluzione sono due, ma una sola è alcondizione che possiamo imporre al contorno. C’è dunque arbitrarietà sullascelta di una delle due. Anche questo fatto ha la sua controparte fisica: l’on-da incidente è di ampiezza arbitraria, ma una volta assegnata questa, graziealla condizione al contorno, l’altra è vincolata. In altre parole l’onda riflessaviene determinata in funzione dell’onda incidente.

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Con queste considerazioni in mente, scriviamo allora per u(x, t):

u(x, t) = Aiej(ωt+kx) + ARej(ωt−kx)

dove Ai ed AR sono i fasori dell’onda incidente e riflessa. Poichè tutte leconsiderazioni ch faremo d’ora in avanti non coinvolgono la parte temporale(salvo contrario avviso) omettiamo per brevità di scrivere il fattor comuneejωt, riducendo la soluzione (coppia di onde) alla forma più semplice:

u(x, t) = Aiejkx + ARe−jkx

Dunque si suppone Ai nota ed il problema consiste nel fornire AR. Prima didare forma generale alla soluzione studiamo alcuni esempi.

Onda su estremo incastrato

La condizione geometrica impone u(0, t) = 0. Allora:

u(0, t) = Ai + AR = 0 → | AR = −Ai | (5.13)

che risolve il problema. Dunque sarà:

u(x, t) = Aiejkx − Aie

−jkx = Ai

(ejkx − e−jkx

)

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Onda su estremo libero

La condizione naturale impone N(0, t) = 0. Allora:

N(0, t) = EA∂u(x, t)

∂x

∣∣∣∣x=0

→ EAjk(Aie

jk0 − Aie−jk0

)= 0 (5.14)

cioè| AR = Ai |

(omettiamo d’ora in poi di riscrivere la soluzione).

Onda su estremo elasticamente appoggiato

EAjk(Ai − AR)− km(Ai + AR) = 0

EAjkAi − EAjkAR − kmAi − kmAR) = 0

Ai(EAjk − km) = AR(EAjk + km)

(5.15)

∣∣∣∣ AR =(EAjk − km)

(EAjk + km)Ai

∣∣∣∣Si osservi che mentre nei due esempi prima considerati le caratteristiche del-l’onda riflessa erano indipendenti dalla frequenza, qui AR dipende invece dallaω dell’onda incidente; infatti k = ω

cdove c può, nel caso di onde dispersive,

dipendere anch’essa dalla frequenza ω. Per onda generica (non monocratica)si ha distorsione di forma.

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Onda su estremo collegato ad un risonatore

In questo caso il sistema d’estremità è costituito da un sistema massa-molla (risonatore). La condizione al contorno è:

M∂2u

∂t2(0, t) + kmu(0, t) = N(0, t)

cioèM

∂2u

∂t2(0, t) + kmu(0, t) = EA

∂u(0, t)

∂x

Poichè (qui il tempo è coinvolto):

u(x, t) =(Aie

jkx + ARe−jkx)ejωt si ha:

∂2u

∂t2(0, t) =− ω2 (Ai + AR) ejωt

∂u

∂x(0, t) =jk (Ai − AR) ejωt

u(0, t) = (Ai + AR) ejωt

Sostituendo si ha:

−Mω2 (Ai + AR) + km (Ai + AR) = jEAk (Ai − AR)(km −Mω2

)Ai +

(km −Mω2

)AR − jEAk Ai + jEAk AR = 0[(

km −Mω2)− jEAk

]Ai = −

[(km −Mω2

)+ jEAk

]AR∣∣∣∣∣ AR = −

(km −Mω2

)− jEAk(

km −Mω2)

+ jEAkAi

∣∣∣∣∣Anche n questo caso l’onda riflessa dipende dalla frequenza. Si osservi chese la ω coincide con la frequenza di risonanza del risonatore, AR = Ai poichèkm−Mω2 = 0. In questo caso l’onda viene riflessa come nel caso di estremolibero.

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Il problema ora analizzato, cioè quello di determinare l’onda riflessa daun confine assegnato, può essere risolto in tutta generalità.

Supponiamo di aver collegato alla trave longitudinale un sistema meccanicodi qualsivoglia natura (ovviamente lineare) caratterizzato da un’impedenzaZc(jω). Z(jω) è definita come:

F (ω) = Z(jω)V (ω)

cioè caratterizza in frequenza la relazione forza-velocità: F (ω) è il fasore del-la forza applicata (o la sua trasformata di Fourier) e V (ω) è il fasore dellavelocità prodotta (o la sua trasformata di Fourier). Quindi Z(jω) è una fun-zione di trasferimento tra forza applicata e velocità prodotta. Per esempio,nel caso del sistema massa-molla:

m ¨x(t) + kx(t) = f(t)

da cui trasformando secondo Fourier:

−mω2X(ω) + kX(ω) = F (ω)

cioèF (ω) =

(−mω2 + k

)X(ω) =

(−mω2 + k)

jωjωX(ω)

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F (ω) =k −mω2

jωV (ω)

per cui l’impedenza è:

Z(jω) =k −mω2

Analogamente Z(jω) può essere definita per qualunque sistema meccanico(lineare) di interesse.Supponiamo quindi che Zc(jω) sia l’impedenza dell’estremo della trave cioèdel sistema ad essa connesso al bordo.

F (ω) = Zc(jω)V (ω) (5.16)

Ora la forza F (ω) applicata al sistema è proprio lo sforzo normale, per cui siha:

EA∂u

∂x(0, t)− Zc(jω)

∂u

∂t(0, t) = 0

cioè:EAjk (Ai − AR) ejωt − Zc(jω)jω (Ai + AR) ejωt = 0

che esprime la condizione al contorno nella sua forma più generale. Si haallora:

Ai [EAjk − jωZc(jω)]− AR [EAjk + jωZc(jω)] = 0∣∣∣∣ AR =EAjk − jωZc(jω)

EAjk + jωZc(jω)Ai

∣∣∣∣dove risulta chiaramente come l’onda riflessa dipenda in generale dalla fre-quenza dell’onda incidente.Si osservi che se il contorno non presenta effetti dissipativi la sua impedenzaZc(jω) è immaginaria. In tali condizioni segue immediatamente per i fasoriAR e Ai.

|AR| = |Ai|

cioè le ampiezze sono uguali. Questo è coerente con la circostanza fisicache se non c’è dissipazione al bordo l’energia dell’onda incidente viene in-tegralmente restituita. In queste condizioni il bordo svolge un’azione di

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cambiamento di fase nell’onda riflessa. Avremo seguendo la relazione gene-rale:

Ai

AR

=EAk + ωZc(jω)

EAk − ωZc(jω)da cui (5.17)∣∣∣∣ ∠Ai − ∠AR = 2 arctan

ωIm Zc(jω)EAk(ω)

∣∣∣∣ (5.18)

che caratterizza il salto di fase al contorno.

Passiamo ora ad analizzare, con una tecnica analoga, le onde di flessione.

Al generico confine E potremo selezionare nella soluzione genrale i soli ter-mini che ci occorrono per studiare la riflessione di onde monocromatiche(armoniche) stazionarie.Sappiamo infatti che:

w(x, t) =(Aejωt + Be−jωt

) (Cejkx + De−jkx + Eekx + Fe−kx

)Abbiamo allora:

A = 1, B = 0 poichè non dobbiamo verificare condizioni iniziali

E = 0 altrimenti la soluzione diverge in campo illimitato

restano C, D, F che servono a soddisfare 2 condizioni al contorno al bordo.Sicome le costanti sono 3 e 2 sole le condizioni, resterà da fissare ad arbitriouna di queste costanti: come già visto per le onde longitudinali, questo cor-risponde fisicamente ad assegnare l’ampiezza dell’onda incidente sul bordo.Avremo dunque:

w(x, t) =(Cejkx + De−jkx + Fe−kx

)ejωt

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Si osservi che i tre termini rappresentano fisicamente:

Cej(kx+ωt) onda viaggiante verso il confine;

Dej(ωt−kx) onda viaggiante dal confine verso la trave;

Fe−kxejωt perturbazione non viaggiante che si sviluppa in prossimità

del bordo per estinguersi rapidamente al crescere di x.

Dunque siamo in presenza di un’onda incidente, di un’onda riflessa e di unaperturbazione locale che si manifesta in prossimità del bordo: due campilontani e un campo vicino (vedi figura).

Sinteticamente abbiamo:

w(x, t) = Aiejkx + ARe−jkx + ANF e−kx

Ai fasore onda incidente;

AR fasore onda riflessa;

ANF fasore di campo vicino (NF ≡ near field).

Il problema consiste nel determinare AR e ANF nota l’ampiezza dell’ondaincidente Ai. Esaminiamo alcuni esempi.

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Estremo appoggiato

w(0, t) = 0

EI∂2w

∂x2(0, t) = 0

Ai + AR + ANF = 0

− k2Ai − k2AR + k2ANF = 0

moltiplicando la prima per k2 ed eseguendo la differenza:

2k2Ai + k2AR = 0 → | AR = −Ai | (5.19)

si ricava poi

ANF = −Ai − AR = −Ai − (−Ai) = 0 → | ANF = 0 |

Dunque per estremo appoggiato il campo vicino è assente mentre l’ondariflessa viene sfasata di 180 (cambio di segno, AR = −Ai).

Estremo incastrato

w(0, t) = 0

∂w

∂x(0, t) = 0

Ai + AR + ANF = 0

jkAi − jkAR − kANF = 0

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eliminando k dalla seconda e sommando:

Ai(1 + j) + AR(1− j) = 0 → AR = −1 + j

1− jAi (5.20)

cioè ∣∣∣∣ AR =j + 1

j − 1Ai

∣∣∣∣mentre per ANF :

ANF =− Ai − AR = −Ai −(

j + 1

j − 1

)Ai = −Ai

(1 +

j + 1

j − 1

)=

=− Ai

(j − 1 + j + 1

j − 1

)= −Ai

2j

j − 1∣∣∣∣ ANF = − 2j

j − 1Ai

∣∣∣∣Riducendo la prima relazione si ha: AR = −jAi, cioè l’onda riflessa ha lastessa ampiezza dell’incidente ma fase −π

2. La seconda relazione fornisce:

ANF = (j − 1)Ai, cioè il campo vicino ha ampiezza doppia rispetto all’ondaincidente e fase +3

4π.

Estremo su appoggio elastico

EI

∂3w

∂x3(0, t) = −kmw(0, t)

EI∂2w

∂x2(0, t) = 0

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da cui: − jAi + jAR − ANF = − km

EIk3(Ai + AR + ANF )

− k2Ai − k2AR + k2ANF = 0 → ANF = Ai + AR

sostituendo nella prima:

−(1 + j)Ai − (1− j)AR =− 2km

EIk3(Ai + AR)

Ai

[2km

EIk3− (1 + j)

]=− AR

[2km

EIk3+ (1− j)

] (5.21)

∣∣∣∣∣ AR = −Ai

2km

EIk3 − (1 + j)2km

EIk3 + (1− j)

∣∣∣∣∣dove si vede che AR dipende dalla frequenza tramite k(ω)

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5.6 Onde in mezzi semilimitati: trasmissione-

riflessione

Consideriamo qui il caso di due sistemi semilimitati accoppiati attraversouna giunzione.

Da −∞ nel sistema 1 proviene un’onda armonica

Aiej(k1x1+ωt)

Quando raggiunge la giunzione si genera, nel caso di onde longitudinali,un’onda riflessa ARej(−k1x1+ωt) che si sposta verso sinistra nel sistema 1. Alcontempo un’onda viene trasmessa nel sistema 2: Ate

j(k2x2−ωt). L’obiettivo èquello di determinare AR e At nota Ai.

con la solita notazione abbiamo:

u1(x1, t) = Aiejk1x1 + ARe−jk1x1 ; u2(x2, t) = Ate

−jk2x2

Poichè le condizioni al contorno sulla giunzione sono sempre 2, queste sonosufficienti a determinare AR e At nota Ai. Esaminiamo due esempi:

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Giunzione rigida: caso longitudinale

Al giunto abbiamo le due condizioni di continuità: u1(x1, t) = −u2(x2, t)

E1A1∂u1

∂x(0, t) = E2A2

∂u2

∂x(0, t)

da cui: Ai + AR = −At

E1A1jk1(Ai − AR) = −E2A2jk2At

Sostituendo nella seconda:

Ai + AR = −At

E1A1jk1(Ai − AR)−E2A2jk2(Ai + AR) = 0

Ai [E1A1jk1 − E2A2jk2] =AR [E1A1jk1 + E2A2jk2]

AR =AiE1A1jk1 − E2A2jk2

E1A1jk1 + E2A2jk2∣∣∣∣ AR = AiE1A1k1 − E2A2k2

E1A1k1 + E2A2k2

∣∣∣∣se le travi sono uguali AR ≡ 0 e non c’è (ovviamente) onda riflessa. L’ondatrasmessa è invece:

At = −Ai − AR = −Ai − AiE1A1jk1 − E2A2jk2

E1A1jk1 + E2A2jk2∣∣∣∣ At = −Ai

(1 +

E1A1jk1 − E2A2jk2

E1A1jk1 + E2A2jk2

) ∣∣∣∣Se le travi sono uguali At = −Ai, cioè l’onda trasmessa è uguale a quellaincidente (il segno ‘meno’ è dovuto all’orientazione degli assi x1 ed x2).

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Giunzione rigida: caso flessionale

I campi generati sono dati in figura:

Il campo incidente Aiejk1x1 si suppone, al solito, dato. Bisogna determinare

AR, A(1)NF , A

(2)NF , At utilizzando 4 condizioni di continuità al giunto:

w1(0, t) = w2(0, t)

∂w1

∂x(0, t) = −∂w2

∂x(0, t)

E1I1∂2w1

∂x2(0, t) = E2I2

∂2w2

∂x2(0, t)

E1I1∂3w1

∂x3(0, t) = −E2I2

∂3w2

∂x3(0, t)

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5.7 Principio di chiusura della fase

Tutto quello che è stato visto in precedenza è stato mirato ad analizzareproblemi in sistemi illimitati o semilimitati, laddove l’analisi modale si rivelastrumento intrinsecamente inadeguato. L’obiettivo del presente paragrafoè però quello di mostrare come le tecniche dimanalisi delle onde possonoarrivare a trattare anche problemi in domini finiti che sono in generale di‘competenza’ modale. Vediamo come.Iniziamo a considerare sistemi longitudianali, descritti al solito dall’equazione4.1. Riprendiamo la relazione generale dimostrata in precedenza circa ilfasore dell’nda riflessa ad un confine (pag. 84)∣∣∣∣ AR = Ai

EAk − ωZc(ω)

EAk + ωZc(ω)

∣∣∣∣Riscriviamo in modo più sintetico la relazione nel modo

AR = Aiejϕc

poichè, in assenza di effetti dissipativi al bordo, |AR| = |Ai|. Consideriamoa questo punto un sistema limitato:

connesso con le impedenze di bordo Z0 e ZL.Questo problema si può risolvere con l’analisi modale visto che si hanno 2condizioni al contorno. Proviamo invece ad estendere la trattazione ondosaanche a questo problema.Consideriamo inizialmente il confino ad x = 0. Trattiamo il problema comese si trattasse di un sistema semilimitato.Descriviamo la coppia di onde incedente e riflessa nel modo

u = Aiejkx + ARe−jkx

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L’imposizione della condizione al contorno in x = 0 conduce alla determi-nazione di AR. Infatti:

AR = Aiejϕ0

Dunque:u = (Ai)e

jkx +(Aie

jϕ0)e−jkx

ha le seguenti proprietà:

p1 soddisfa l’equazione di moto;

p2 soddisfa la condizione al contorno in x = 0.

Fin qui non abbiamo fatto nulla di nuovo. Osserviamo che la soluzione cosìtrovata vale per qualunque k o equivalemtemente per qualunque ω (cosa giàvista). Poichè u soddisfa alle proprietà p1 e p2, si potrebbe pensare che sesolo si riuscisse ad aggiungere la proprietà p3 di soddisfare la condizione alcontorno in x = L, questa u sarebbe proprio la soluzione del problema ailimiti in esame. E’ possibile?. Proviamo ad imporre ad u di soddisfare alcondizione al contorno in x = L. Procediamo come già visto in precedenza(pag. 83) abbiamo:

FL = ZL · VL inx = L

Pertanto:FL = EA

∂u

∂x(L, t) VL =

∂u

∂t(L, t)

dove u(x, t) è:

u(x, t) =[(Ai)e

jkx +(Aie

jϕ0)e−jkx

]ejωt

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Per cui:FL =EAjk

[(Ai)e

jkL −(Aie

jϕ0)e−jkL

]ejωt

VL =jω[(Ai)e

jkL +(Aie

jϕ0)e−jkL

]ejωt

e dunque:

EAjk[(Ai)−

(Aie

jϕ0)e−2jkL

]ejkLejωt+

− ZLjω[(Ai) +

(Aie

jϕ0)e−2jkL

]ejkLejωt = 0

(Ai) [EAk − ZLω]−(Aie

jϕ0)[EAk + ZLω] e−2jkL = 0

che è la condizione al contorno in x = L. Se ora guardiamo alla situazionein x = L vediamo che u = (Ai)e

jkx + (Aiejϕ0) e−jkx rappresenta un’onda

incidente, (Aiejϕ0) e−jkx, ed un’onda riflessa, (Ai)e

jkx.

La condizione al contorno, come è logico, lega per l’appunto i due fasori nelmodo:

(Ai)︸︷︷︸fasore riflesso

=(Aie

jϕ0)︸ ︷︷ ︸

fasore incidente

EAk − ωZL(ω)

EAk + ωZL(ω)e−2jkL

Usando la stessa notazione sintetica usata in x = 0, avremo:

(Ai) =(Aie

jϕ0)ejϕLe−2jkL

Per cuie−jϕ0e−jϕLe2jkL = 1

che significa:ej(−ϕ0−ϕL+2kL) = 1

94

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Questa condizione è verificata solo se l’argomento della fase è:

| −ϕ0 − ϕL + 2kL = 2πn | n = 1, 2, . . . (5.22)

Si osserva allora che:

• nella relazione di fase trovata ϕ0, ϕL, L sono quantità assegnate;

• per verificare la relazione di fase k non può essere più arbitrario ma ècostretto ad assumere solo certi ‘speciali’ valori k1, k2, . . . al variare din, cioè:

2kL = ϕ0 + ϕL − 2πn → kn =ϕ0 + ϕL − 2πn

2L

Poichè poi k = ωc

→ ω = ck → ωn = ckn, si ha che solo onde ar-moniche di particolare frequenza sono ‘ammesse’ nel sistema ω1, ω2, . . .: sonole frequenze naturali del sistema finito. Le corrispondenti soluzioni di campo:

un = Aiejknx + Aie

jϕ0e−jknx

sono i modi di vibrazione. Si osservi che Ai è arbitraria e quindi i modi, comenoto, restano definiti a meno di una costante moltiplicativa arbitraria.L’equazione 5.22 è chiamata anche principio di chiusura della fase o principiodi chiusura del treno d’onda.Questa fornisce un criterio semplice per calcolare le frequenze naturali di unsistema longitudinale con condizioni di vincolo qualunque. Basta calcolareil salto di fase in x = 0, ϕ0, ed il salto di fase in x = L, ϕL. Si risolvepoi l’equazione 5.22. Si osservi che in generale l’equazione 5.22 è equazionetrascendente poichè ϕ0 e ϕL dipendono in generale da k.

Vediamo alcuni esempi di applicazione della 5.22.

95

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Trave longitudinale incastrata ai bordi

Il salto di fase segue da pag. 79:

Ai + AR =0

AR = −Ai =ejπAi

Dunque ϕ0 = π, ϕL = π. Applicando la 5.22

−π − π + 2knL =2πn

2knL = 2πn + 2π =2π(n + 1)

kn =π(n + 1)

L→

∣∣∣ ωn =πc

L(n + 1)

∣∣∣ cioè:

ω0 =πc

L, ω1 =

2πc

L, . . .

Trave longitudinale incastrata-libera

Guardando il procedimento di pag. 80:

all’incastro AR = −Ai = Aie−jπ

all’estremo libero AR = Ai = Aiej0

Dunque ϕ0 = −π, ϕL = 0. Dalla 5.22:

−π + 2knL =2πn

2knL = 2πn + π =π(2n + 1)

96

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∣∣∣∣ ωn = c(2n + 1)π

2L

∣∣∣∣

Il procedimento visto per le onde longitudinali porta ad un risultato esatto.Infatti nessuna approssimazione è stata richiesta per calcolare kn. Questaanalisi può essere estesa, seppure in via approssimata, al caso delle ondeflesionali. Si osservi infatti che, come visto a pagg. 86, 87, 88, si determinaanche nel caso flessionale un salto di vincolo:

AR = Aiejϕc

Questo salto di fase è calcolato considerando però solo il campo vicino alvincolo. Se questa assunzione è lecita, anzi dovuta, nel caso di sistema semi-infinito (il termine ekx è giustamente eliminato), quando si tratti un sistemafinito, poichè esiste un secondo contorno a distanza finita dal primo, a rigoreesistono, su ciascun confine, 2 campi vicini (vedi figura).

Dunque il salto di fase così come calcolato a pagg. 86, 87, 88 è da riguardare,nel caso di travi finite, come approssimato: si è trascurato il campo vicinoprodotto dal confine opposto. Ora però, siccome il tipico andamento delcampo vicino e e−kx (misurato a partire da x = 0, dove ha ampiezze mas-sima), questo decade con k = 2π

λ= ω

c: più ω è grande (o più λ è piccola)

più veloce è il decadimento, cioè a frequenze abbastanza alte, o a lunghezzed’onda abbastanza piccole, questa semplificazione è legittima. Per essere piùprecisi e−kL è l’effetto del campo vicino del confine C0 (vedi figura) quando èvalutato sul confine opposto CL. Dunque e−

2πλ

L, che mostra come e−2πλ

L sia

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trascurabile se L >> λ.In defnitiva avremo:

Dove l’analisi dei salti di fase viene fatta trascurando alternativamente A(0)NF

e A(L)NF . Così facendo le condizioni al contorno sono ‘quasi’ soddisfatte. Se

ad esempio in x = 0 abbiamo un incastro, con la nostra approssimazione ditrascurare A

(L)NF ekx avremo:

Ai + AR + A(0)NF = 0

Se dopo aver fatto le determinazioni di Ai, AR, A(0)NF , A

(L)NF , usando anche le

condizioni al contorno sull’altro confine, andiamo a verificare se u = Aiejkx +

ARe−jkx + A(0)NF e−kx + A

(L)NF ekx sia nullo in x = 0 troveremo che c’è un errore:

infatti non è u = 0 ma u = A(L)NF ekL; l’errore è piccolo se L >> λ.

Fatta questa precisazione il metodo si può mostrare che si applica in mododel tutto analogo al caso flessionale. Vediamo un esempio.

Trave flessionale incastrata-appoggiata

Guardando i calcoli di pagg. 86, 87:

AR = −Ai in x = L, cioè AR = Aiejπ → | ϕL = π |

in x = 0 invece AR = −jAi, cioè AR = Aie−j π

2

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Pertanto:−π +

π

2+ 2kL =2πn

2kL = 2πn +π

2=

4πn + π

2=

π(4n + 1)

2∣∣∣∣ kn =π(4n + 1)

4L

∣∣∣∣

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5.8 Onde forzate

Per concludere il capitolo sulle onde illustriamo alcuni fenomeni che hannoluogo sulle guide d’onda in presenza di carichi. Non tratteremo il problemanella sua generalità, cioè qualunque sia la forma del carico e la sua storiatemporale. Ci limitiamo a studiare alcuni casi notevoli per le applicazioniingegneristiche. In particolare:

• carichi puntuali armonici;

• carichi viaggianti armonici;

• carichi viaggianti di natura qualunque.

Trave longitudinale eccitata all’estremo (semilimitata)

La trave sia forzata in x = 0 da un carico armonico di ampiezza F0.Assumiamo che si propaghi lungo una trave una singola onda di propagazione:Ate

j(kx−ωt). Il problema è determinare la forma del disturbo Atej(kx−ωt), cioè

in definitiva il fasore At.Poichè la condizione in x = 0 è:

EA∂u

∂x(0, t) = F0e

−jωt si ha:

EAjkAt = F0 →∣∣∣∣ At =

F0

EAjk

∣∣∣∣

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Trave longitudinale eccitata da carico puntuale

La configurazione è rappresentata in figura

In x = 0 si può scrivere una coppia di relazioni di continuitàu1(0, t) = −u2(0, t)

− EA∂u1

∂x1

(0, t) + EA∂u2

∂x2

(0, t) = F0e−jωt

Verranno irradiate due onde At1ej(kx1−ωt) e At2e

j(kx2−ωt). Il problema è cal-colare i fasori At1 e At2. Si ha: At1 = −At2

At2jk − At1jk =F0

EA

At1 = −At2

At2 + At2 = −jF0

EAk

Trave longitudinale eccitata da carico armonico viaggiante

Si suppone di avere un carico di forza la cui distribuzione spaziale sia datada una sinusoide di lunghezza d’onda λp. Tale carico trasla lungo il sistema

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con velocità cp. Vogliamo determinare la risposta stazionaria della trave. Siha:

p(x, t) = p0ej(kpx−ωpt) = p0e

jkp(x−cpt)

Si studia allora l’equazione forzata:

EA∂2u

∂x2(x, t)− ρA

∂2u

∂t2(x, t) = p0e

jkp(x−cpt)

Cerchiamo soluzioni in termini di onda viaggiante di spostamento:

w(x, t) = W0ejkp(x−cpt)

Sostituendo si ha:W0

[−EAk2

p + ρA(kpcp)2]

= p0

W0 è il fasore della risposta d’onda. Questo vale:∣∣∣∣ W0 =p0

−EAk2p + ρA(kpcp)2

∣∣∣∣che risolve il problema posto. Si noti che se il denominatore tende a zero,W0 → ∞. Analiziamo il manifestarsi di questa condizione critica. Questaoccorre quando:

ρ(kpcp)2 − Ek2

p = 0 → ρc2p − E = 0

c2p =

E

ρ

L’ampiezza della risposta diverge se il carico viaggia ad una velocità cp checoincide con la velocità di propagazione

√Eρ

delle onde nel mezzo. Questofenomeno piuttosto importante prende il nome di effetto di coincidenza.

Trave longitudinale eccitata da carico viaggiante di forma qualsiasi

Risolviamo il problema di determinare la risposta della trave usando unatecnica alla Fourier. Per p(x) è possibile scrivere:

p(x) =1

∫ +∞

−∞P (k)ejkxdk

102

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che descrive la forma del carico. Avremo per il carico traslante:

p(x− cpt) =1

∫ +∞

−∞P (k)ejk(x−cpt)dk

Cioè il carico viaggiante è decomposto in sovrapposizione di carichi armoniciviaggianti. Siccome sappiamo calcolare la risposta della trave ad un singolocarico armonico viaggiante P (k)ejk(x−cpt) che è:

uk =P (k)

ρA(kcp)2 − EAk2

sovrapponendo le soluzioni:

u(x, t) =1

∫ +∞

−∞u(k)ejk(x−cpt)dk∣∣∣∣ u(x, t) =

1

∫ +∞

−∞

P (k)

ρA(kcp)2 − EAk2ejk(x−cpt)dk

∣∣∣∣che è la soluzione cercata. Oltre a questo tipo di soluzione alla Fourier, se nepuò studiare una alla D’Alembert. Infatti sia:

EA∂2u

∂x2(x, t)− ρA

∂2u

∂t2(x, t) = p(x− cpt)

Cerchiamo soluzioni u(x− cpt) in forma viaggiante. Poniamo ξ = x− cpt. Siha:

∂2u

∂x2=

∂2u

∂ξ2,

∂2u

∂t2=

∂2u

∂ξ2c2p per cui

EA∂2u

∂ξ2− ρA

∂2u

∂ξ2c2p = p(ξ) cioè:∣∣∣∣ ∂2u

∂ξ2

(EA− c2

pρA)

= p(ξ)

∣∣∣∣che può essere integrata in ξ nota la forma p(ξ). Calcolata la soluzione bastareintrodurre ξ = x − cpt. Le due soluzioni trovate sono una la trasformatadell’altra.

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Capitolo 6

Motore ad onde

6.1 Teoria elementare

Una struttura flessionale attraversata da una particolare perturbazione on-dosa produce un campo di moto della struttura piuttosto particolare. Sia:

EI∂4w

∂x4+ ρA

∂2w

∂t2= 0

cui associamo l’onda w(x, t) = W 0ej(kx−ωt) con k e ω legate dalla relazionedi dispersione:

k =√

ω4

√ρA

EI

Studiamo il moto delle particelle solide situate sulla superficie della trave.

Lo spostamento è w =[−h∂w

∂x, 0, w

]T . Pertanto (utilizzando notazione reale):

u(x, t) =−W0hk cos(kx− ωt)

w(x, t) =W0 sin(kx− ωt)

104

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da cui (u(x, t)

W0hk

)2

+

(w(x, t)

W0

)2

= 1

ossia le componenti di spostamento descrivono un’ellisse di assi W0 e W0hk

con frequenza ω.

Tale moto può essere utilizzato per fornire un effetto di trascinamento accop-piando la trave attraversata dall’onda ad una opportuna superficie mobile acontatto trave.

Se le superfici affacciate hanno estensione L, i punti di contatto sono

Nc ≈L

λ=

L2π

2πλ=

Lk(ω)

cioè dipendono dalla frequenza del moto (k(ω) è dettata dalla relazione didispersione). La velocità relativa di contatto tra punti della trave e superficiemobile è:

u− VR = W0hkω sin(kx− ωt)− VR

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assumiamo che il contatto avviene solo per u massima:

u− VR = W0hkω − VR

Assumiamo che la forza did trascinamento sia proporzionale a tale scorri-mento, cioè:

Ftu = µ(W0hkω − VR)

Tale forza si esplica su tutti gli Nc punti di contatto. Dunque:

Ft = NcFtu =Lk(ω)

2πµ(W0hkω − VR)

è la forza motrice generata sull’elemento traslante.

Ft =µL

2πk(ω) [W0hkω − VR]

Se la trave flessionale è anulare e così la superficie mobile con raggio medioR, il momento motore è:

Mt =µLR

2πk(ω) [W0hkω − ΩR]

dove Ω è la velocità di rotazione del motore.Dunque è stata ricavata la curva di coppia del motore a onde. A parità diW0 tale curva di coppia dipende dalla frequenza di alimentazione ω e dallavelocità di rotazione Ω.

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Parte III

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Capitolo 7

Vibrazioni random

7.1 Singola variabile aleatoria

L’approccio frequentistico fa uso del concetto di frequenza di un evento E

relativo ad una serie di prove ripetute in cui l’evento E può manifestarsi omeno. Se Ne è il numero delle prove effettuato, la frequenza dell’evento è:

fe =Ne

N

E’ dato di fatto comprovato dall’esperienza che tale grandezza si stabilizzaal crescere di N , cioè il suo valore, all’aumentare di N , ha fluttuazioni semprepiù basse. Sulla base di questa considerazione si chiama probabilità di E ilvalore assunto da fe per N grande. E’ usuale la scrittura1:

Pe = limN→∞

Ne

N

Sulla base di questa posizione possiamo introdurre il concetto di densità diprobabilità per una variabile aleatoria x (reale). Costruiamo tale grandezzacome segue: suddividiamo il campo dei valori che x assume in intervalli diampiezza ∆x. Effettuiamo poi N prove registrando per ciascuna di esse ilvalore assunto da x.

1Si osserva che la convergenza del rapporto Ne

N al crescere di N non può essere in alcunmodo dimostrato, per cui nell’approccio frequentistico la definizione così posta di Pe ha illimite di essere empirica.

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Per ciascun intervallo Ij possiamo valutare il numero di prove in cui x ∈ Ij,sia esso nj. Ovviamente: ∑

j

nj = N

Ad ogni intervallo possiamo associare la frequenza fj:

fj =nj

N

con cui i valori di x cadono nell’intervallo Ij. Chiamiamo Pj la quantità(densità di frequenza):

pj =nj

N· 1

∆x

Se si considera un numero grande di prove (N →∞) allora

pj ·∆x =nj

N= P x ∈ Ij

dove P x ∈ Ij è la probabilità che x ∈ Ij (ossia la frequenza osservata nj

N

per N → ∞). Se ∆x è piccolo, cioè tende a zero per N → ∞, chiamiamodensità di probabilità:

p(x) = limN→∞

nj

N· 1

∆x

Si ha allora:p(x)dx = P x ∈ dx

In generale la probabilità che x ∈ [xmin, xmax] è:

P x ∈ [xmin, xmax] =

∫ xmax

xmin

p(x)dx

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Inoltre vale la ovvia proprietà di chiusura:∫ +∞

−∞p(x)dx = 1

(derivante dalla∑

j nj = N →∑

jnj

N= 1 →

∑j

nj

N∆x·∆x = 1).

La funzione densità di probabilità p(x) è la descrizione probabilistica piùcompleta che si può introdurre per caratterizzare la variabile aleatoria x.Pur non permettendo di assegnare il valore di x, come succede nelle analisisu variabile deterministica, consente di predire con quale probabilità (ovverofrequenza) la variabile x apparterrà ad un assegnato intervallo.

Resta comunque aperto il problema di determinare la p(x) associata allavariabile data. La p(x) può essere costruita sulla base di prove ripetute, comeprima mostrato, ma, almeno in certi casi, può essere assunta sulla bese diconsiderazioni teoriche relative al problema analizzato. Vedremo più avantiche sotto ipotesi piuttosto generali molti fenomeni possono essere trattatiattraverso la distribuzione di Gauss (teorema del limite centrale).

Frequentemente ci si accontenta di descrivere la variabile statistica at-traverso non la p(x) ma più semplicemente mediante le caratteristiche nu-meriche ad essa associate (media, varianza ed in generale momenti statisticifino ad un certo ordine). Il vantaggio sta nel fatto che le caratteristiche nu-meriche della distribuzione si determinano in modo più semplice e fornisconoin molti casi informazioni utili e sufficienti a risolvere il problema. In alcunicasi poi, come per la distribuzione di Gauss, i momenti statistici del primoe secondo ordine sono sufficienti a ricostruire completamente la densità diprobabilità p(x).

Si definiscono momenti della variabile x le seuenti quantità:

m(n)x =

∫ +∞

−∞p(x)xndx

o ancheE xn =

∫ +∞

−∞p(x)xndx

dove E • =∫ +∞−∞ p(x)(•)dx è l’operatore ’valore atteso’ o ’valore medio’.

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E’ facile mostrare che se xi , i = 1, 2, . . . , N sono i valori assunti dallavariabile x nelle N prove, allora le definizioni poste implicano:

E xn =N∑

i=1

xni

N

(per n = 1 la usuale media, per n = 2 media quadratica).Infatti scrivendo per esteso la somma:

Accorpando nella somma tutti i termini che cadono nell’intervallo I1, I2, . . . , IM

avremo:N∑

i=1

xni

N=

1

N(S1 + S2 + . . . + SM)

dove S1 + S2 + . . . + SM sono le somme relative a I1, I2, . . . , IM .La generica somma Sj contiene valori di x ∈ Ij. Se N è grande e ∆x

piccolo i valori all’interno di Ij possono essere tutti presi uguali tra loro.Indicando con xIj

il comune valore e considerando che in Ij cadono nj valoridi x, abbiamo:

Sj = njxnIj

Pertanto:N∑

i=1

xni

N=

1

N

∑j

Sj =1

N

∑j

njxnIj

e quindi:N∑

i=1

xni

N=

1

N

∑j

njxnIj

∆x∆x =

∑j

( nj

N∆x

)xn

Ij∆x

111

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cioè per N grande, ∆x piccolo:

N∑i=1

xni

N=

∫ +∞

−∞p(x)xndx

che è quanto si voleva mostrare.Nel seguito assumeremo che la variabile abbia valore medio nullo E x =

0, cosa che si realizza effettivamente in molti casi [Qualora non accadesseassumeremo come nuova variabile x = x−E x che prende nome di variabilecentrata che ha valor medio nullo]. Nel caso di valor medio nullo il momentod’ordine immediatamente superiore è E x2 cioè il valore quadratico medio.Tutte le analisi che effettueremo in seguito sono realizzate arrestandosi almomento di ordine 2 che, per variabile a media nulla, resta dunque la solacaratteristica numerica a rappresentare x. Per variabili la cui distribuzionesia lecito assumere come Gaussiana (ed è caso frequente) la E x2 è poisufficiente (se E x = 0) a risalire alla densità di probabilità. Infatti la p(x)

Gaussiana è:p(x) =

1√2πσ2

x

e− (x−x)2

2σ2x

(avendo usato le notazioni compatte x = E x, σ2x = E x2). Dove si vede

che x e σ2x sono sufficienti a determinare p(x). Se poi x = 0:

p(x) =1√2πσ2

x

e− x2

2σ2x

cioè p(x) dipende dalla sola σ2x. Dunque, in tal caso, la sola predizione di

σ2x vale a descrivere x nel modo probabilisticamente più completo, ovvero

attraverso p(x). Comunque anche dove non fosse possibile risalire alla p(x),la σ2

x da un’informazione importante sulla variabile x. Infatti σ2x =

∑Ni=1

x2i

N

rappresenta il valore quadratico medio di x e allora σx =

√∑Ni=1

x2i

Nne rap-

presenta il valore efficace cioè contiene un’informazione sulla ’intensità’ dix.

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7.2 Sistema di variabili aleatorie

Se si considerano n variabili aleatorie x1, x2, . . . , xn queste vanno descritteattraverso una probabilità (densità) congiunta p(x1, x2, . . . , xn) analoga aquella definita per la variabile semplice. Si ha:

p(x1, x2, . . . , xn)dx1, dx2, . . . , dxn = P x1 ∈ dx1, x2 ∈ dx2, . . . , xn ∈ dxn

Anche in questo caso p(x1, x2, . . . , xn) fornisce l’informazione probabilistica-mente più completa sul processo aleatorio.

La p(x1, x2, . . . , xn) si può definire in modo analogo a quanto visto peril sistema ad unica variabile introducendo frequenze osservate in opportuniintervalli.

Anche qui si è soliti considerare i momenti statistici associati alle variabilix1, x2, . . . , xn. Il momento statistico m

(k1,k2,...,kn)x1,x2,...,xn di ordine k1, k2, . . . , kn è:

m(k1,k2,...,kn)x =

∫ +∞

−∞. . .

∫ +∞

−∞p(x)xk1

1 xk22 . . . xkn

n dx1dx2 . . . dxn

Come già visto hanno particolare importanza i momenti di ordine 1 e 2:

E xj = m(0,0,...,1,...,0)xj

=

∫ +∞

−∞. . .

∫ +∞

−∞p(x)xjdx1dx2 . . . dxn , ∀j

E xixj = m(...)xij

=

∫ +∞

−∞. . .

∫ +∞

−∞p(x)xixjdx1dx2 . . . dxn , ∀i, j

Frequentemente si considerano variabili a valor medio nullo mxij= 0.

Cosicchè i momenti statistici del secondo ordine vengono a rappresentarel’informazione statistica sulla x1, x2, . . . , xn. In particolare E xixj da luogoad una matrice di covarianza al variare di i, j.

E xixj =

E x1x1 E x1x2 . . . E x1xnE x2x1 E x2x2 . . . E x2xn

...... . . . ...

E xnx1 E xnx2 . . . E xnxn

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Sulla diagonale principale troviamo i valori quadratici medi σ2x1

, σ2x2

, . . . , σ2xn

che forniscono informazioni sulla intensità delle variabili random. Fuori dia-gonale troviamo termini E xixj , i 6= j che danno invece informazionisul ’grado di dipendenza’ tra xi e xj, cioè sul grado di correlazione tra loroesistente. Mostriamo in modo più chiaro questo fatto.

Supponiamo di aver effettuato N prove da cui sono state prodotte lerealizzazioni:

x1, x2, . . . , xn(1) 1a prova

x1, x2, . . . , xn(2) 2a prova...

x1, x2, . . . , xn(N) Na prova

Estraiamo le realizzazioni di x(p)i e x

(p)j per ogni prova p (p = 1, 2, . . . , N)

e collochiamo nel piano xi, xj i punti rappresentativi delle realizzazioni.

Costruiamo allora la retta (di regressione) che approssima nel miglior modopossibile la nuvola di punti nel piano.

La sua equazione sarà:xj = mxi

Comunque si scelga m la retta (che passa per l’origine) potrà al massimopassare per un solo punto della nuvola. Le coordinate del generico punto

114

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P della nuvola non possono soddisfare l’equazione x(p)j 6= mx

(p)i , per cui per

ogni punto si può definire l’errore commesso come:

ε(p) = x(p)j −mx

(p)i

L’errore totale nell’interpolare i punti della nuvola con la retta xj = mxi sipotrà introdurre come:

εtot =∑

p

ε(p)2 =∑

p

(x(p)j −mx

(p)i )2

Si chiede di determinare m in modo che εtot sia minimo:

∂εtot

∂m= 0 −→

∑p

2(x(p)j −mx

(p)i )(−x

(p)i ) = 0

∑p

x(p)i x

(p)j −m

∑p

x(p)2

i

cioè

m =

∑p x

(p)i x

(p)j∑

p x(p)2

i

=

∑p x

(p)i x

(p)j

N∑p x

(p)2

i

N

m =E xixjE x2

i =

E xixjσ2

xi

Se E xixj ≈ 0 vuol dire m ≈ 0. Questo significa che la retta di regres-sione ha tangente orizzontale: cioè la correlazione tra xi e xj è statisticamentenulla, poichè xj = mxi con m ≈ 0 implica che anche grandi variazioni di xi

producono ∆xj ≈ 0. Cioè xi non influenza statisticamente xj.Si vede quindi che gli elementi fuori diagonale nella matrice di covarianza

contengono informazioni sul grado di dipendenza tra le variabili.Qualora si verifichi che:

E xixj = 0 , i 6= j

le variabili aleatorie xi, xj si dicono statisticamente indipendenti.

115

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7.3 Sistemi lineari soggetti ad ingresso aleato-

rio

Si presenta a questo punto un problema analogo a quello affrontato per isistemi lineari soggetti ad ingresso deterministico ossia quello di fornire lerelazioni ingresso-uscita.

Abbiamo già visto che esistono due possibili rappresentazioni di dette cor-relazioni: nel dominio del tempo ed in quello della frequenza. Precisamenteabbiamo: x(t) = h ∗ f

X(ω) = H(jω)F (ω)(7.1)

Si potrebbe pensare di impiegare queste relazioni anche per forze (e quindiper risposte) di tipo aleatorio. Sulla base di quanto abbiamo già esposto perle variabili e le funzioni aleatorie è più significativo utilizzare diversa rappre-sentazione per gli ingressi e le uscite. Infatti f(t), così come x(t) nel dominiodel tempo, o F (ω) ed X(ω) quali controparti nel dominio della frequenza,rappresentano, singolarmente prese, semplici campioni di un processo stoca-stico. Questo significa che, quand’anche disponibile una evoluzione temporalef(t) del fenomeno che descrive la forza, la risposta calcolata sulla base delle7.1 non sarebbe altro che una singola realizzazione di un processo stocastico,dalla quale non si avrebbero informazioni significative generali, ossia estrapo-labili per l’analisi di altre realizzazioni. Infatti, per loro natura, f(t) ed x(t)

avrebbero un andamento diverso, quali funzioni del tempo, per ogni realiz-zazione considerata, ossia per ogni esperimento effettuato. Questa estrema

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irregolarità dei campioni del processo suggerisce di descrivere le variabili es-senziali del nostro problema meccanico, cioè f(t) ed x(t), attraverso nuovevariabili che presentino maggiore regolarità e stabilità e siano rappresenta-tive dell’intero processo, ossia di un numero molto elevato di realizzazionio esperimenti. Tutto quanto detto non differisce da quanto si è esposto ingenerale sulle variabili e le funzioni stocastiche. Dunque si intende descri-vere f(t) e x(t) non attraverso le loro evoluzioni temporali, ma piuttostoattraverso grandezze statisticamente significative. Il legame ingresso-uscitasarà dunque espresso in funzione di queste ultime. Più precisamente seguire-mo l’idea, già esposta, di ridurre una funzione aleatoria ad un insieme di va-riabili aleatorie attraverso la decomposizione canonica. Descriveremo quindif(t) ed x(t) attraverso le caratteristiche numeriche (matrice di covarianza)di queste variabili. Vediamo in che modo.

Consideriamo di seguire la storia temporale del segnale x(t) (sia casoindifferente la forza o la risposta, essendo le considerazioni che seguono deltutto generali) per un tempo T .

Questa è l’osservazione di un singolo campione del processo.

Eseguiamo della x(t) osservata uno sviluppo in serie di Fourier nell’intervalloT . Usando la notazione complessa avremo:

x(t) =+∞∑

k=−∞

Ckejωkt =

+∞∑k=−∞

Ckej 2πk

Tt (7.2)

Le Ck le determineremo con l’usuale formula. Al termine di questa os-servazione, esperimento, avremo determinato dunque un insieme di numeri

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(complessi): C1, C2, C3, . . . , C−1, C−2, C−3 (in numero infinito o, arrestandoad un certo N lo sviluppo, in numero finito). Possiamo pensare di ripeterel’esperimento, osservando nuovamente la grandezza x(t) sempre nell’interval-lo T . Ovviamente otteremo una diversa realizzazione di x(t) e ad essa resteràassociato un diverso insieme di coefficienti Ck. Possiamo ripetere indefini-tamente esperimenti del tipo descritto determinando ogni volta una nuovarealizzazione di x(t) a cui resta associato un nuovo insieme di coefficienti Ck.In definitiva si ottiene il risultato di associare al processo stocastico x(t), cheè una funzione aleatoria, un insieme di variabili aleatorie Ck. Limitiamoci aconsiderare il caso in cui x(t) è stazionario e a valor medio nullo, che significa:

E x(t) = x , STAZIONARIETA’ (x non dipende da t)

x = 0 , VALORE MEDIO NULLO

Torniamo alla 7.2. Fornire una descrizione statisticamente significativa dix(t) equivale a dare una descrizione stastisticamente significativa dei Ck.Diciamo subito che tale descrizione non passa attraverso la funzione densitàdi probabilità ma si limita alle caratteristiche numeriche dell’insieme Ck. Piùlimitatamente ancora al valore medio delle Ck e alla matrice di covarianza

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(momenti del primo e del secondo ordine). Riguardo al valore medio delleCk osserviamo subito che:

E x(t) =+∞∑

k=−∞

E Ck ej 2πkT

t = 0

che, essendo le funzioni esponenziali linearmente indipendenti, significa:

E Ck = 0 , ∀k

Quindi il segnale x(t) può essere descritto dalla sola matrice di covarianzaE CkCh in termini statistici.

Riconsiderando la 7.2 cerchiamo allora di estrapolare da essa una relazionein cui figuri E CkCh. Abbiamo:

x(t) =+∞∑

k=−∞

Ckej 2πk

Tt

e anche

x(t + τ) =+∞∑

k=−∞

Ckej 2πk

T(t+τ)

la seconda potendosi anche riscrivere (poichè x è reale):

x(t + τ) =+∞∑

k=−∞

Cke−j 2πk

T(t+τ)

Pertanto:

E x(t)x(t + τ) =+∞∑

h,k=−∞

E CkCh ej 2πT

(k−h)te−j 2πhT

τ (7.3)

Che corrisponde all’obiettivo prefissato: figura la matrice di covarianza. Se-parando nella sommatoria i termini che contengono k 6= h da quelli per cuik = h, si ha:

E x(t)x(t + τ) =+∞∑

h,k=−∞ , h6=k

E CkChej 2πT

(k−h)te−j 2πhT

τ+

++∞∑

h,k=−∞

E CkCk e−j 2πkT

τ

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Ora poichè il processo è stazionario E x(t)x(t + τ) non può dipendereda t ma solo da τ . Ne segue la prima somma deve essere nulla, cosa cheavviene se:

E CkCh = 0 , k 6= h

Pertanto le Ck vengono ad essere descritte dalla matrice di covarianzadiagonale:

E CkCh = σ2Ck

δhk

i cui termini di diagonale sono le varianze dei coefficienti Ck. L’equazione 7.3diventa allora:

E x(t)x(t + τ) =+∞∑

k=−∞

σ2Ck

ej 2πkT

t (7.4)

o anche, poichè il primo membro non dipende da t:

R(τ) =+∞∑

k=−∞

σ2Ck

ej 2πkT

t (7.5)

Le equazioni 7.4 e 7.5 meritano un commento. Confrontiamo la 7.5 conla 7.2. La rappresentazione 7.2 è inadeguata, si è detto a fini statistici, os-sia non riesce a dare informazioni sull’intero processo, essendo x(t) e le Ck

dipendenti dalla particolare realizzazione considerata. Se però si osserva la7.5 questa ha una struttura molto simile alla 7.2. Più precisamente anchela 7.5 è possibile riguardarla come sviluppo in serie di Fourier. Ma se nel-la 7.2 lo sviluppo in serie è fatto con i coefficienti Ck, nella 7.5 è fatto conle varianze dei coefficienti Ck. Le σ2

Cksono le caratteristiche numeriche del

secondo ordine dei Ck e, ricordato che i valori medi dei Ck sono nulli, rappre-sentano la desiderata rappresentazione statistica del processo dato. Questaosservazione rende chiaro oltretutto che mentre il secondo membro di 7.2 èespressione aleatoria, al contrario il secondo membro di 7.5 è deterministico.Dunque la 7.5 è la naturale estensione della serie di Fourier ad un segnalealeatorio. E’ interessante notare dalla 7.4 qual’è poi la funzione associata atale sviluppo. Questa è:

R(τ) = E x(t)x(t + τ)

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Questa funzione, anch’essa non più aleatoria ma deterministica, prendeil posto di x(t) nella descrizione dei segnali aleatori.

LaR(τ) è detta funzione di autocorrelazione. Questa gode delle proprietàdi simmetriaR(τ) = R(−τ). E’ facile poi dimostrare dalla 7.5 che il massimodiR(τ) si ha per τ = 0, doveR(0) =

∑k σ2

Ck. Il tipico andamento dellaR(τ)

per un segnale aleatorio è del tipo sotto rappresentato.

Dunque quando τ aumenta la correlazione tra x(t) e x(t+τ) diminuisce, cioèE x(t)x(t + τ) diventa piccola.

Concludiamo dunque che se x(t) rappresenta una determinazione parti-colare del processo aleatorio, la funzione di autocorrelazione è la naturale de-scrizione statistica di detto processo. Infatti lo sviluppo in serie della funzionedi autocorrelazione (vedi 7.4 e 7.5) ha come coefficienti proprio le varianzeσ2

Ckdei coefficienti dello sviluppo x(t). Dunque questa operazione, cioè la

sostituzione di x(t) con R(τ) è naturale quanto rappresentare la statitica diuna variabile aleatoria a valor medio nullo con la sua varianza.

Proseguiamo la nostre osservazioni sulla 7.5. Sappiamo che in generale losviluppo in serie complessa di Fourier può generare la trasformata di Fourierquando T → ∞, cioè nel nostro caso quando si faccia tendere all’infinitoil tempo di osservazione. Ricordando semplicemente che i coefficienti dellosviluppo sono:

σ2Ck

=1

T

∫ T/2

−T/2

R(τ)e−j 2πkT

τdτ

Si ha:

Tσ2Ck

=

∫ T/2

−T/2

R(τ)e−j 2πkT

τdτ

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se T →∞, 2πkT

= ωk → ω con ω variabile continua, con che:

S(ω) =

∫ +∞

−∞R(τ)e−jωτdτ (7.6)

avendo posto limT→∞ Tσ2Ck

= S(ω) che rappresenta una distribuzione divarianza in frequenza, cioè la distribuzione di varianza per ciascuna rigaspettrale. Sempre per T →∞ la 7.5 diventa:

R(τ) =+∞∑

k=−∞

Tσ2Ck

ej 2πkT

t 1

T

cioèR(τ) =

1

∫ +∞

−∞S(ω)ejωτdω (7.7)

La coppia di trasformazioni 7.6 e 7.7 conduce all’ovvia deduzione:

se nel tempo x(t) è sostituito da R(τ)

in frequenza X(ω) è sostituita da S(ω)

Dunque in luogo dell’evoluzione temporale x(t) si prende la funzione diautocorrelazione R(τ) ed in luogo di X(ω), trasformata di x(t), si prendeS(ω), trasformata di R(τ). Inoltre S(ω) è associata alla varianza delle righespettrali di X(ω).

La relazione ingresso-uscita nel tempo si calcola in modo diretto sulla basedella definizione di R(τ). E’ più frequentemente utilizzata però la relazioneingresso-uscita nel dominio della frequenza, che sarà la sola su cui lavoreremo.

Sia S(ω) che X(ω) possono essere scritte nel modo:

S(ω) = limT→∞

(Tσ2Ck

)

X(ω) = limT→∞

(TCk) = limT→∞

XT (ω)

avendo indicato con XT (ω) lo spettro ottenuto per un intervallo finito pari aT. Allora:

σ2Ck

= E CkCk = E

TCkTCk

T 2

da cui:

122

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Tσ2Ck

= E

TCkTCk

T

e ancora:

limT→∞

(Tσ2Ck

) = E

lim

T→∞

XT (ω)XT (ω)

T

S(ω) = E

lim

T→∞

XT (ω)XT (ω)

T

Consideriamo allora un sistema meccanico che abbia funzione di trasferi-

mento H(jω). In corrispondenza di ogni realizzazione osservata pre un tempoT abbiamo:

XT (ω) =H(jω)FT (ω) e anche

XT (ω) =H (jω)FT (ω)

Moltiplicando membro a membro si ha:

XT (ω)XT (ω) = |H(jω)|2 FT (ω)FT (ω) e passando al limite:

limT→∞

XT (ω)XT (ω)

T= |H(jω)|2 lim

T→∞

FT (ω)FT (ω)

T

Collezionando queste relazioni per ogni realizzazione particolare e me-diando sull’insieme:

E

lim

T→∞

XT (ω)XT (ω)

T

= |H(jω)|2

lim

T→∞

FT (ω)FT (ω)

T

cioè

SX(ω) = |H(jω)|2 SF (ω)

che è la cercata relazione ingresso-uscita per i sistemi lineari (tempoinvarian-ti) soggetti a forza aleatoria stazionaria.

Completiamo le considerazioni fin qui svolte fornendo un procedimentoper una pratica utilizzazione delle relazioni ingresso-uscita per sistemi coningresso aleatorio.

Poichè:

R(τ) = E x(t)x(t + τ) processo stazionario

123

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se τ = 0 otteniamo:

R(τ) = Ex2(t)

= σ2

x processo stazionario

In termini allora di densità spettrale di potenza si ha:

R(τ) =1

∫ +∞

−∞S(ω)ejωτdω per cui

R(0) =1

∫ +∞

−∞S(ω)dω = σ2

x

Pertanto nota la densità spettrale di potenza il suo integrale ci fornisce lavarianza di x per qualunque sezione (istante) del processo; questa è costante,cioè non varia con t, perchè il processo si è supposto stazionario. Nel casopoi in cui il processo sia gaussiano, nota σx ricaviamo addirittura la densitàdi probabilità di x:

p(x) =1√2πσ2

x

e− x2

2σ2x

σ2x =

1

∫ +∞

−∞S(ω)dω

Dunque siamo nella condizione, in qust’ultimo caso, di effettuare stimeprobabilistiche sui valori di x nel modo più completo possibile. La situazioneè descritta nella figura sottostante dove i valori assunti da x in ogni istante t

danno luogo alla variabile aleatoria x(t) distribuita secondo la gaussiana in-dicata. Poichè il processo è stazionario la gaussiana è la stessa per qualunqueistante considerato.

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Se il processo è ergodico, le medie di insieme E • possono essere sostituitedalla media temporale, pertanto:

R(0) = Ex2(t)

= lim

T→∞

∫ +∞

−∞x2(t)dt = σ2

x

e quindi in questo caso σx rappresenta anche il valore efficace della grandezzax o il σ2

x il valore quadratico medio nel tempo.La relazione trovata nel caso di processo gaussiano ha una immediata

applicazione nella progettazione dei sistemi meccanici. Infatti è di fonda-mentale importanza poter predire se il sistema in esame supera i livelli dirisposta considerati al limite di sicurezza. La risposta vienne fornita ovvia-mente in termini probabilistici. Se ±xlim sono le risposte massime accettabiliper non compromettere la sicurezza del sistema, la probabilità Psup che questivengano superati è valutata dall’integrale:

Psup = 2

∫ ∞

xlim

p(x)dx =2√

2πσx

∫ ∞

xlim

e− x2

2σ2x dx

A fini pratici ricordiamo la regola dei tre sigma per cui la probabilità disuperare l’escursione di x pari a 3σx è solo dell’1%, cioè il 99% dei casicade nell’intervallo [−3σx; +3σx]. Poichè σx è stimata attraverso la densitàspettrale SX(ω) di x (una volta nota SF (ω), densità spettrale della forza)usando la SX(ω) = |H(jω)|2 SF (ω), si deduce l’utilità pratica del metodoesposto.

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7.4 Risposta di un sistema elastico a forze aleato-

rie

Mostriamo un esempio di utilizzazione della precedente teoria in ambito au-toveicolistico. Consideriamo un’autovettura che viaggi su una strada random(come è nella realtà). Fissiamo l’attenzione sulla singola sospensione e mo-delliamo quest’ultima come un semplice sistema massa-molla-smorzatore.

Nonostante le semplificazioni introdotte, seguiamo un approccio che è quelloeffettivamente impiegato nell’analisi e nella progettazione delle sospensionidegli autoveicoli. Il problema da risolvere è quello di:

• fornire la risposta della massa sospesa, in termini di accelerazione,dovuta al moto della ruota sulla strada di profilo y(x) random.

• supposte note m e k, scegliere il valore di c in modo ottimale; cioè lecaratteristiche dell’ammortizzatore in modo da ridurre le accelerazionidella massa sospesa nonchè le fluttuazioni di carico dinamico al contattoruota-strada.

Premettiamo che l’accelerazione della massa sospesa è la grandezza diinteresse primario per il comfort di marcia. Riguardo la forza di contattoruota-strada, che in condizioni statiche è semplicemente Fc = mg, è beneche questa in condizioni dinamiche (Fc = mg + kδ(t)) non sia fortementeperturbata altrimenti, in alcuni istanti, la forza di contatto potrebbe ridursi

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eccessivamente compromettendo l’aderenza della ruota. In questo model-lo massa-molla-smorzatore queste due richieste (come si vedrà subito dalleequazioni del moto) sono soddisfatte simultaneamente: quando si ottimizzal’accelerazione della massa m, si ottimizza anche l’aderenza:

L’equazione del moto è:

mz + kδ + cδ = 0(Fc = mg + kδ + cδ

)z = spostamento assoluto, δ = spostamento relativo, δ = z − y

mz + kz + cz = ky + cy

dove y = y(x) è la cartesiana del profilo stradale che, posto x = V0t, diventay(V0t) funzione del tempo. In ambito automobilistico è usuale riferirsi alleseguenti variabili di ingresso e uscita:

• ingresso: velocità verticale della ruota y(vR)

• uscita: accelerazione verticale della massa sospesa z(am)

Se trasformiamo l’equazione del moto secondo Fourier abbiamo:

m(−ω2Z(ω)) + kZ(ω) + jωcZ(ω) = kY (ω) + jωcY (ω)

Volendo far apparire Am(ω) e VR(ω), cioè l’accelerazione e la velocità primadette, basta considerare che:

Am(ω) = −ω2Z(ω) ,Am(ω)

jω= jωZ(ω) , −Am(ω)

ω2= Z(ω)

VR(ω) = jωY (ω) ,VR(ω)

jω= Y (ω)

Sostituendo nell’equazione del moto si ha:

mAm −Am

ω2k +

Am

jωc = k

VR

jω+ cVR (7.8)

mAm −k

ω2Am − j

c

ωAm = −j

k

ωVR + cVR (7.9)

Am

(m− k

ω2− j

c

ω

)= VR

(c− j

k

ω

)(7.10)

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Pertanto la relazione in frequenza tra Am e VR è:

Am(ω) =

(c− j k

ω

)(m− k

ω2 − j cω

)VR(ω)

cioè Am e VR sono legate attraverso la funzione di trasferimento:

H(jω) =

(c− j k

ω

)(m− k

ω2 − j cω

)Se, come dovuto, in un modello in cui la variabile di ingresso VR(ω) è aleatoriae descritta mediante la densità spettrale di potenza SvR

(ω) e analogamenteAm(ω) attraverso Sam(ω), la relazione ingresso-uscita è:

Sam(ω) = |H(jω)|2 SvR(ω)

Al fine di valutare σ2am

eseguiamo l’integrale della precedente:∫ +∞

−∞Sam(ω) =

∫ +∞

−∞|H(jω)|2 SvR

(ω)dω

e dunque, per quanto visto nel paragrafo precedente, si ha:

2πσ2am

=

∫ +∞

−∞|H(jω)|2 SvR

(ω)dω (7.11)

σ2am

=1

∫ +∞

−∞|H(jω)|2 SvR

(ω)dω (7.12)

Come detto σam da una diretta indicazione sulle escursioni prevedibili del-la grandezza o, nel caso di processo ergodico, sul valore efficace dell’accel-erazione. Al fine di minimizzare σam ed ottimizzare la sospensione, bastaconsiderare che H(jω) è una funzione di c e dunque:

σ2am

=1

∫ +∞

−∞HHSvR

dω → 2σam

dσam

dc=

∫ +∞

−∞2Re

dH

dcH

SvR

e cercando l’ottimo di σam (minimo):

dσam

dc= 0 →

∫ +∞

−∞Re

dH

dcH

SvR

dω = 0

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L’equazione scritta è un’equazione in c che può essere risolta una volta notem e k nonchè SvR

, che sono dati del problema. Una considerazione a partemerita comunque SVR

(ω) che non è ovviamente un dato del problema, maviene determinata tecnicamente a partire dal dato originale del problema: lafunzione aleatoria y(x). In quanto funzione aleatoria questa viene descrittanel dominio dello spazio dalla funzione di autocorrelazione:

Ry(ξ) = E y(x)y(x + ξ)

o nel dominio dei numeri d’onda (trasf. di Fourier dallo spazio) da:

Sy(k) =

∫ +∞

−∞Ry(ξ)e

−jkξdξ

Ora poichè a x sostituiamo V0t, cioè y(x) → y(V0t), abbiamo:

Ry(V0τ) = E y(V0t)y(V0t + V0τ)

essendo τ il ritardo temporale associato alla distanza spaziale ξ.

E quindi anche (posto ξ = V0τ):

Sy(k) =

∫ +∞

−∞Ry(V0τ)e−j(kV0)τd(V0τ) , ω = kV0 (7.13)

Sy(k) = V0

∫ +∞

−∞Ry(τ)e−jωτdτ = V0 Sy(ω) (7.14)

cioèSy(ω) =

1

V0

Sy(k) , ω = V0k

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In letteratura sono di fatto disponibili curve sperimentali in termini diSy(k). Queste presentano sempre un tipico andamento decrescente con k:tanto più piccola è la lunghezza d’onda delle ondulazioni stradali tanto piùpiccole sono le loro ampiezze.

La loro forma risponde grosso modo all’equazione Sy(k) = αk−2 (secondo lanormativa ISO). Di qui si ricava allora:

Sy(ω) =1

V0

αk−2 ma ω = V0k → k =ω

V0

(7.15)

Sy(ω) =1

V0

αV −2

0

ω2= α

V0

ω2(7.16)

Questa è la densità spettrale dello spostamento della ruota. Poichè:

Sy(ω) = limT→∞

|YT (ω)|2 → SvR(ω) = lim

T→∞|jωYT (ω)|2 (7.17)

cioè SvR(ω) = ω2Sy(ω) cosicchè (7.18)

SvR(ω) = αV0 = costante (7.19)

cioè l’eccitazione in velocità della ruota è un rumore bianco.

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7.5 Vibrazioni random di sistemi N-DOF

Supponiamo di avere a che fare con un sistema a 2 gradi di libertà. Perquanto visto relativamente alla teoria dei sistemi N-DOF, anche per vi-brazioni random è estremamente utile ricorrere all’analisi modale disaccop-piando le equazioni di moto. Supponiamo per semplicità che gli effetti dissi-pativi siano inclusi attraverso una matrice di smorzamento viscoso C di tipoproporzionale. Sia F il vettore delle forze random. L’equazione di moto è:

M x + C x + K x = F

Le equazioni disaccoppiate portano a:

qj + 2δjωnj qj + ω2njqj = gj

avendo usato x = A q , g = AT F . Riferendoci per semplicità al caso 2-DOF,avremo che in coordinate modali l’uscita del sistema è descritta da q1(t),q2(t), mentre l’ingresso da g1(t), g2(t). Tutte le funzioni descriventi ingressie uscite sono random. Sappiamo dalla teoria dei sistemi ad un grado dilibertà che il modo di decrivere nel dominio del tempo una funzione randomè quello di introdurre la funzione di autocorrelazione. Ricordiamo che talefunzione nasce in modo naturale a partire dalla decomposizione canonicadella funzione considerata. Nel caso in cui l’ingresso e l’uscita siano funzionirandom in numero superiore ad uno la descrizione dell’ingresso e l’uscitadel sistema richiede l’introduzione di un descrittore ulteriore: la funzionedi cross-correlazione. Introduciamo questa nuova funzione a partire dalladecomposizione canonica degli ingressi e delle uscite.

Consideriamo la decomposizione canonica di q1(t) e q2(t):

q1(t) =+∞∑

k=−∞

ckejωkt

q2(t) =+∞∑

k=−∞

dkejωkt

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Se q1(t) e q2(t) sono funzioni random allora anche i coefficienti dello sviluppock e dk sono random. In questo modo, almeno limitatamente ad un intervallodi tempo T , le funzioni q1(t) e q2(t) sono sostituite dall’insieme dei coefficientick, dk. La descrizione statistica di q1(t) e q2(t) è affidata allora a questicoefficienti cioè ad un insieme di semplici variabili aleatorie. Come al solito,rinunciato a scrivere per esse la densità di probabilità congiunta, limitiamocialla valutazione dei momenti statistici di ordine 2, avendo supposto nulliquelli di ordine 1, ossia i valori medi di ck e dk (e conseguentemente di q1(t)

e q2(t)). I momenti di ordine 2 del sistema di variabili ck e dk danno originead una matrice di covarianza (come già visto per i sistemi 1-DOF). Solo perfissare le idee supponiamo di sviluppare q1(t) e q2(t) con due soli terminic1, c2 e d1, d2. La matrice di covarianza che si può introdurre è relativa alsistema di variabili random c1, c2,d1, d2. Pertanto:

E c1c1 E c1c2... E c1d1 E c1d2

E c2c1 E c2c2... E c2d1 E c2d2

· · · · · · · · · · · · · · · · · · ... · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

E d1c1 E d1c2... E d1d1 E d1d2

E d2c1 E d2c2... E d2d1 E d2d2

Si riconosce allora che per studiare il problema di covarianza relativo a duesegnali random decomposti canonicamente, si deve ‘arricchire’ la matrice dicovarianza. Si noti infatti la struttura della matrice scritta sopra: questa èpartizionabile in quattro sottomatrici:

Ec cT

... Ec dT

· · · · · · ... · · · · · ·

Ed cT

... Ed dT

in cui c =

c1

c2

, d =

d1

d2

Si osservi che Ec cT

e E

d dT

sono le matrici di covarianza associate alle

variabili c e d separatamente considerate: queste sono associate rispettiva-mente a q1(t) e q2(t) come se queste fossero indipendenti. Fin qui dunqueabbiamo gli stessi descrittori statistici utlizzati per sistemi ad un grado di

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libertà. La matrice però contiene anche l’informazione Ec dT

(equivalente

a Ed cT

) che si riferisce alla correlazione statistica tra i coefficienti di q1(t)

e quelli di q2(t). Questi termini di covarianza incrociata sono ‘nuovi’ e rap-presentano il descrittore ulteriore da introdurre per il fatto che il sistemaha ora due gradi di libertà anzichè uno. Anticipiamo allora che se E

c cT

e E

d dT

sono associati a funzioni di autocorrelazione per q1(t) e q2(t)

rispettivamente, analogamente a quanto visto per sistemi 1-DOF, Ec dT

è invece associato ad una nuova funzione che prende nome di funzione dicross-correlazione.

Consideriamo a questo punto il problema nella sua generalità. Conside-riamo in generale un sistema N-DOF le cui coordinate principali (disaccop-piate) siano qr(t). Espandiamo le qr(t) secondo le decomposizioni canoniche:

qr(t) =+∞∑

k=−∞

c(r)k ejωkt

e procediamo come già visto per i sistemi 1-DOF. Allora:

qr(t + τ) =+∞∑

k=−∞

c(r)k ejωk(t+τ)

qs(t) =+∞∑

k=−∞

c(s)k e−jωk(t) = qs(t)

Dunque:

E qr(t + τ)qs(t) =+∞∑

h,k=−∞

E

c(r)k c

(s)h

ejωk(t+τ)e−jωht

E qr(t + τ)qs(t) =+∞∑

h,k=−∞

E

c(r)k c

(s)h

ejωkτej(ωk−ωh)t

Come già visto per i sistemi 1-DOF se il processo è stazionario la mediaa primo membro è indipendente da t cosicchè segue che deve essere:

E

c(r)k c

(s)h

= 0 se k 6= h

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In questo modo scompaiono i termini dipendenti da t a secondo membro.Infatti restano solo i termini per k = h:

E qr(t + τ)qs(t) =+∞∑

h,k=−∞

E

c(r)k c

(s)h

ejωkτ

La funzione a primo membro definisce una matrice di funzioni: la matrice dicorrelazione tra le funzioni qr(t):

Rqrqs(τ) = E qr(t + τ)qs(t)

o anche in forma matriciale: [Rqrqs ] = Rq .La funzione trovata è espressa, secondo la relazione precedente, in serie

di Fourier di coefficienti E

c(r)k c

(s)h

. Esiste dunque una relazione inversa

rispetto alla precedente che fornisce tali coefficienti in funzione delleRqrqs(τ).Infatti:

E

c(r)k c

(s)h

=

1

T

∫ +T/2

−T/2

Rqrqs(τ)e−jωkτdτ

Se ora faccimo tendere l’intervallo di osservazione delle funzioni ad infinito(T →∞), abbiamo:

limT→∞

T E

c(r)k c

(s)h

=

∫ +∞

−∞Rqrqs(τ)e−jωτdτ

e allora:

Rqrqs(τ) = limT→∞

k=−∞∑+∞

E

c(r)k c

(s)h

ejωkτ

T

e ripetendo considerazioni già viste per i sistemi 1-DOF:Rqrqs(τ) =

1

∫ +∞

−∞Sqrqs(ω)ejωτdω

Sqrqs(ω) =

∫ +∞

−∞Rqrqs(τ)e−jωτdτ

doveSqrqs(ω) = lim

T→∞T E

c(r)k c

(s)h

Quindi in frequenza la descrizione statistica attraverso i momenti di ordine

2 del sistema delle coordinate modali qr(t) avviene attraverso la matrice delle

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densità spettrali di potenza Sq = [Sqrqs ]. I termini sulla diagonale sono ledensità spettrali di tipo già visto per sistemi 1-DOF e prendono nome di autodensità spettrali di potenza, mentre quelli fuori diagonale prendono nome didensità spettrali di potenza incrociate.

Il sistema delle forze gj si descrive ovviamente allo stesso modo cioè at-traverso una matrice SG. Come per i sistemi 1-DOF si apre allora il problemadi legare Sq e SG. Osserviamo che:

Sqrqs = limT→∞

T E

c(r)k c

(s)h

mentre le trasformate di Fourier di qr(t) e qs(t) sono:

Qr = limT→∞

T c(r)k Qs = lim

T→∞T c

(s)k

Allora:

Sqrqs = limT→∞

E

Tc(r)k Tc

(s)h

T

= limT→∞

E QrTQsT

T

Sqrqs = limT→∞

EQrT

QsT

T

Analogamente per le forzanti modali:

Sgrgs = limT→∞

EGrT

GsT

T

Poichè le relazioni ingresso-uscita sono (vedi equazioni disaccoppiate delmoto):

QrT= HrGrT

, QsT= HsGsT

Si ha:

Sgrgs = limT→∞

EHrGrT

HsGsT

T

Sgrgs = limT→∞

EGrT

GsT

T

HrHs

cioèSqrqs = SgrgsHrHs

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dove la generica Hr si trova da:

qr + 2δrωnrqr + ω2nrqr = gr

e trasformando secondo Fourier:

Qr

[−ω2 + 2δrωnrjω + ω2

nr

]= Gr dunque:

Hr =1

ω2nr − ω2 + 2jδrωnrω

Qr = HrGr

L’equazione che lega Sq e Sg non risponde ancora al problema fisicodi partenza descritto attraverso x ed F . Conosciamo però le relazioni ditrasformazione:

x = A q e g = AT F

Allora si osservi che

x(t) = A q(t) e x(t + τ) = A q(t + τ)

La matrice delle funzioni di correlazione di x è:

Rx = Ex(t)xT (t + τ)

e la matrice delle funzioni di correlazione di q compare con la sostituzionex = A q:

Rx = EA q(t)qT (t + τ)AT

= A E

q(t)qT (t + τ)

AT

cioèRx = A Rq AT

In modo perfettamente analogo abbiamo:

Rg = AT RF A

Se effettuiamo la trasformata di Fourier delle due ultime relazioni si ha:

Sx = A Sq AT Sg = AT SF A

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che risolvono completamente il problema. Infatti:a) SF è il dato del problemab) si effettua l’analisi modale del problema M x + C x + K x = 0 pervenendoalla matrice degli autovettori A e alle risposte in frequenza modali

Hr =1

ω2nr − ω2 + 2jδrωnrω

c) si determina la matrice delle densità spettrali di potenza delle forze modali(forze generalizzate):

Sg = AT SF A

d) Si determinano le risposte modali del sistema nel modo:

Sqrqs(ω) = Hr(ω)Hs(ω)Sgrgs(ω)

e) Si determina l’uscita fisica x del sistema attraverso l’associata matrice Sx:

Sx = A Sq AT

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Capitolo 8

Smorzamento

8.1 Smorzamento isteretico

Consideriamo la caratteristica della forza di reazione visco-elastica F infunzione di x. Abbiamo:

F = kx + cx

Se ad x si impone una legge sinusoidale:

x = X0 sin ωt

la forza risultante è:

F = kX0 sin ωt + X0cω cos ωt

Osserviamo che(F − kX0 sin ωt) = X0cω cos ωt

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cioè(F − kx)2 = X2

0c2ω2 cos2 ωt

ed essendox2 = X2

0 sin2 ωt −→ x2c2ω2 = X20c

2ω2 sin2 ωt

Si ha:(F − kx)2 + x2c2ω2 = X2

0c2ω2

Nel piano (F, x) questa è una curva chiusa

L’area interna alla curva rappresenta il lavoro perduto nel ciclo di periodo2πω

. L’area è di immediata valutazione, infatti posto F ′ = F − kx

F ′2 + x2c2ω2 = X20c

2ω2

è un’ellisse

di semiassi X0cω e X0 e quindi di area πX20cω:∮

F ′dx = πX20cω

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Poichè ∮F ′dx =

∮Fdx−

∮kxdx︸ ︷︷ ︸

nullo

si ha anche ∮Fdx = πX2

0cω

La relazione trovata mostra che l’area del ciclo dovrebbe essere crescentecon ω. Per sistemi strutturali questo risultato è in contrasto con l’espe-rienza dove gli esperimenti mostrano, per materiali metallici, che

∮Fdx è

sostanzialmente indipedente da ω. Una semplice correzione del modello dismorzamento porta all’introduzione dello smorzamento isteretico. Poichè sivuole

∮Fdx indipendente da ω assumiamo c = c(ω) = h

ω. Avremo allora che

la forza visco-elastica é:F = kx +

h

ωx

E’ chiaro che scritta in questa forma in F compare sia il tempo che ω che rendescusata l’espressione solo se (come nelle ipotesi di partenza) x è armonica.Seppure con tale limitazione scriviamo allora:

mx +h

ωx + kx = F0e

jωt con x = X0ejωt

[−mω2 + j

ωh

ω+ k

]X0 =F0[

−mω2 + jh + k]X0 =F0[

−mω2 + k(1 + jh

k)

]X0 =F0

dove η = hk

si chiama fattore di perdita. In definitiva il modello isteretico siintroduce nelle equazioni di moto nella forma:

mx + k(1 + jη)x = F0ejωt

cioè attraverso un coefficiente complesso di rigidezza. Si ribadisce che il mo-dello (per l’ovvia ragione di presentare un coefficiente complesso) non ha sen-so nel dominio del tempo, ma solo laddove si considerino forzanti armoniche

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in notazione complessa e, per naturale estensione, nell’analisi nel dominiodella frequenza.

Come ultima osservazione si noti che la funzione di trasferimento basatasulla rigidezza complessa porta a:

H =1

−mω2 + k(1 + jη)x⇒ |H| = 1√

(k −mω2) + k2η2

il cui valore massimo in modulo cade ad una frequenza indipendente dallosmorzamento η (cosa non vera per smorzamento viscoso).

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8.2 Smorzamento derivativo frazionario

Abbiamo visto che lo smorzamento isteretico è stato introdotto per ragionilegate all’evidenza sperimentale nel caso di materiali metallici. In realtà moltialtri materiali non verificano nè la dipendenza lineare di

∮Fdx da ω nè la

sua costanza al variare di ω, come previsto dai modelli viscoso e isteretico.Se si riporta l’andamento di

∮Fdx in funzione di ω si ha:

dove nuove dipendenze da ω possono essere scoperte. Molto recentemente sistanno studiando nuovi modelli di smorzamento capaci di rispondere all’e-sigenza di una più realistica dipendenza del lavoro perduto dalla frequenza.Forniamo alcuni cenni relativamente al modello derivativo frazionario.

La forza di reazione visco-elastica è ottenuta nel modello più elementarecome combinazione lineare di x e dx

dt:

F =

derivata di ordine 0︷︸︸︷kx + c

dx

dt︸︷︷︸derivata di ordine 1

Dunque la forza contiene informazioni sulla derivata di ordine 0(x) e su quelladi ordine 1(x). Nasce allora la seguente idea: si può introdurre uno smorza-mento che sia proporzionale ad una derivata ‘intermedia’ tra 0 e 1. Larisposta è positiva se si ragiona come segue. Bisogna attribuire senso aduna derivata frazionaria, ossia al simbolo:

dαx

dtαcon α ∈ R

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dove α non sia ristretta al solo campo dei numeri naturali. Ad esempioper descrivere una forza visco-elastica ‘intermedia’ tra quella viscosa e quel-la elastica si potrebbe scegliere 0 < α < 1. La definizione operativa del-la derivazione frazionaria nasce dall’esame di alcune proprietà formali dellatrasformata di Fourier. Vediamo.

In generale la funzione derivata n-esima di x(t) ha come immagine nel do-minio delle frequenze la funzione (jω)nX(ω), dove n ∈ N . Ora possiamoimmaginare di estendere questa proprietà a n non solo naturale ma reale.Allora definiamo:

dαx

dtαderivata di ordine α di x(t)

quella funzione la cui rappresenatazione nel dominio della frequenza è (jω)αX(ω)

essendo X(ω) la trasformata di x(t). Dunque:

dαx

dtα= F−1 (jω)αX(ω)

Possiamo allora definire l’equazione di moto con forze a carattere derivativofrazionario nel modo:

mx + kx + µdαx

dtα= f (µ, α, reali)

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Si noti per inciso che questa espressione ha senso anche nel dominio deltempo. Infatti F−1 (jω)αX(ω) è funzione reale se X(ω) è la trasformatadi una funzione reale (come nel nostro caso).

Dimostrazionex(t) =

1

∫ +∞

−∞X(ω)ejωtdω

essendo x(t) reale:

x(t) = x(t) =1

∫ +∞

−∞X (ω)e−jωtdω

posto ω = −ζ:

x(t) = − 1

∫ −∞

+∞X (−ζ)ejζtdζ =

1

∫ +∞

−∞X (−ζ)ejζtdζ

e cambiando il nome di ζ in ω:

x(t) =1

∫ +∞

−∞X (−ω)ejωtdω

Confrontando con la prima relazione scritta segue:

X (−ω) = X(ω) simmetria Hermitiana

Ora se un segnale è reale allora la sua trasformata gode della proprietà di sim-metria Hermitiana e viceversa. Dunque per dimostrare che F−1 (jω)αX(ω)è reale basta dimostrare che:

[(−jω)αX(−ω)] = [(jω)αX(ω)]

Ricordando che per Z complesso:

Zα = eα ln Z ln Z = ln |Z|+ j∠Z

Abbiamo:(jω)α = eα ln(jω) ln(jω) = ln ω + j

π

2

(jω)α = eα(ln ω+j π2) = eα ln ωejα π

2 = (eln ω)αejα π2 = ωαejα π

2

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Ora[(−jω)α] =

[ωαe−jα π

2

]= ωαejα π

2 = (jω)α

dunque, poichè X (−ω) = X(ω) è anche:

[(−jω)αX(−ω)] = [(jω)αX(ω)] c.v.d.

Per confronto con lo smorzamento viscoso, si supponga di studiare la forzaelastica kx + µdαx

dtαcon ingresso x = X0 sin ωt. Bisogna calcolare

dα(sin ωt)

dtα⇒ dα(ejωt)

dtα= (jω)αejωt ma allora

dα(ejωt)

dtα= ωαejα π

2tejωt cioè

dα(sin ωt)

dtα= ωα sin(ωt + α

π

2)

F =kx + µdαx

dtα, x = X0 sin ωt

F =kX0 sin ωt + µωαX0 sin(ωt + απ

2) cioè

F =kX0 sin ωt + µωαX0(sin ωt cos απ

2+ cos ωt sin α

π

2)[

F − (kX0 + µωαX0 cos απ

2) sin ωt

]= µωαX0 cos ωt sin α

π

2

posto F ′ = F − (k + µωαX0 cos απ

2) sin ωt

x = X0 sin ωt ,x

X0

= sin ωt

F ′ =F − (k + µωαX0 cos απ

2

X0

)x

F ′2 =µ2ω2αX20 cos2 ωt sin2 α

π

2

x2 = X20 sin2 ωt −→ x2µ2ω2α sin2 α

π

2= X2

0µ2ω2α sin2 α

π

2sin2 ωt

F ′2 + x2µ2ω2α sin2 απ

2= X2

0µ2ω2α sin2 α

π

2, cioè

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ed essendo∮

F ′dx =

∮Fdx si ha:∮

Fdx = πX20µωα sin α

π

2

Si vede dunque che con lo smorzamento frazionario derivativo si apre unagamma molto più vasta di possibilità per esprimere la dipendenza di

∮Fdx

da ω.

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Capitolo 9

Teorema di Shannon

9.1 Introduzione

Teorema sviluppato da Shannon durante il lavoro svolto per oltre venti an-ni alla Bell Company nell’intento di determinare la ‘minima’ informazionenecessaria per ricostruire un segnale. Necessità di economicità di immagaz-zinamento dei dati e di digitalizzazione suggeriscono di sostituire il segnaleanalogico costituito da infiniti (ed infinitamente densi) campioni, con un nu-mero di campioni finito opportunamente estratti dal segnale. Si pone allora ilproblema di determinare quale sia il minimo numero di campioni per avere lostesso contenuto informativo del segnale. Appare chiaro che l’operazione dicampionamento produce in generale una perdita di informazione sul segnale,poichè si perde definitivamente l’andamento del segnale tra due campionisuccessivi. Senza ipotesi particolari si può affermare che un segnale campio-nato non è più in grado di riprodurre tali andamenti.Nell’ipotesi però che il segnale sia limitato in banda si può affermare cheun segnale opportunamente campionato può contenere tutta l’informazioneoriginale contenuta nel segnale. In particolare sussiste la proprietà:

Se x(t) è limitato in banda, cioè X(f) = 0 per |f | < Fmax allora ilsegnale xc(t) campionato a frequenza fc > 2Fmax permette di ricostruire in-tegralmente il segnale d’origine x(t).

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Diamo una giustificazione intuitiva dell’asserzione.Poichè un segnale x(t) è rappresentabile in modo spettrale quale sovrappo-sizione di componenti armoniche, fissiamo l’attenzione sul campionamento diuna funzione armonica.

Poichè il segnale è periodico basterà considerare un periodo per svilupparela nostra analisi.

Domanda: quanti campioni per periodo dobbiamo usare per non incorrere in‘gravi’ perdite di informazione sul segnale. Osserviamo che bisogna evitaredi poter campionare solo ‘zeri’. Se così accadesse il segnale non potrebbe cer-tamente essere ricostruito. Per evitare con certezza di campionare solo zeribisogna usare più di tre punti per periodo. Questo non implica che così facen-do riesca a ricostruire il corretto andamento della funzione armonica. Ma secosì non facessi potrei perdere tutta l’informazione sul segnale. Il campiona-mento con tre punti per periodo corrisponde ad una frequenza di campiona-mento doppia rispetto alla frequenza della sinusoide. Concludiamo:

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INTUIZIONE:

Se si campiona sin 2πf0t con fc > 2f0 si può sperare (ma non sappiamo ancorain che modo) di ricostruire il segnale armonico. Al contrario se fc < 2f0 sipuò perdere tutta l’informazione sul segnale.

Consideriamo un segnale qualunque cioè costituito di infinite armoniche(infinitamente dense). In generale il suo spettro sarà illimitato in frequen-za. Consideriamo che allora esistono armoniche di periodo tendente a zero,secondo il criterio precedente, non saremmo in grado di descrivere dette si-nusoidi con segnali campionati, perchè fc > 2f0 se f0 →∞ implica fc →∞cioè descrizione continua del segnale.Se però il segnale è limitato in banda allora, se ‘l’ultima’ armonica (cioè quel-la a frequenza più alta) è campionata con più di tre campioni si può speraredi ricostruire ‘bene’ lultima armonica e a maggior ragione tutte le precedenti.Allora se Fmax è la massima frequenza del segnale il limite fc > 2f0 per il cam-pionamento separa due regioni: quella in cui tutta l’informazione sul segnalepuò essere perduta (fc ≤ 2f0) e quella in cui questo non accade (fc > 2f0).

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9.2 Teorema di Shannon sul campionamento

Passiamo alla dimostrazione rigorosa del teorema; la sua filosofia si basa suquello che segue:

• descrivere xc(t) mediante la sua rappresentazione continua x(t);

• calcolare Xc(f) e X(f), loro rappresentazioni in frequenza;

• confrontare gli spettri Xc(f) e X(f);

• conclusione: se da Xc(f) è ricavabile X(f), questo vuol dire che xc(t)

è ricavabile da x(t), cioè il campionamento non ha fatto perdere con-tenuto informativo sul segnale.

+∞∑i=−∞

δ(t− iT ) treno di impulsi

Ogni impulso è presente solo per t = iT , cioè il treno è sempre zero trannenei punti iT .Se moltiplichiamo

∑+∞i=−∞ δ(t− iT ) per x(t) otteniamo una rappresentazione

matematica del segnale campionato

xc(t) =+∞∑

i=−∞

δ(t− iT )x(t)

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moltiplichiamo anche per T per avere verificata la proprietà che se T → 0

allora xc(t) → x(t). Infatti:

xc(t) =+∞∑

i=−∞

x(iT )δ(t− iT )T

per T → 0 è pari a (se T → 0 iT diventa variabile continua τ e T = dτ)

xc(t) =

∫ +∞

−∞x(τ)δ(t− τ)dτ posto

t− τ = ξ dξ = −dτ τ = t− ξ t− τ = ξ

xc(t) = −∫ −∞

+∞x(t− ξ)δ(ξ)dξ =

∫ +∞

−∞x(t− ξ)δ(ξ)dξ = x(t)

pertanto assumiamo a rappresentare il segnale campionato l’espressione

xc(t) = T+∞∑

i=−∞

x(t)δ(t− iT ) (9.1)

(si è risolto il primo punto).Passiamo a calcolare la trasformata Xc(f).

Premettiamo una proprietà dei segnali periodici nelle rappresentazioni in fre-quenza.Un segnale periodico è decomponibile in serie di Fourier, in serie di compo-nenti armoniche:

g(t) =+∞∑

i=−∞

Cnej 2π

Tnt , Cn =

1

T

∫ T

0

g(t)e−j 2πT

ntdt

E’ intuitivo che lo spettro di tali segnali sia costituito da righe spettraliseparate: una per ogni componente armonica. Poichè abbiamo dimostratorigorosamente che ad ogni armonica ej 2π

Tnt corrisponde in frequenza un Delta:

segnali periodici nel tempo ⇐⇒ sequenza di Delta in frequenza

Ricordiamo infatti che:

x(t) =

∫ +∞

i=−∞δ(f − f0)e

j2πftdf = ej2πf0t

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TEMPO FREQUENZA

ej 2πT

nt ⇐⇒ δ(f − n

T)

Dalla 9.1 possiamo dire che xc(t) è prodotto di Tx(t) per un segnale perio-dico iT (t) =

∑+∞i=−∞ δ(t − iT ). In quanto periodico questo però può essere

espresso mediante serie di Fourier:

iT (t) =+∞∑

i=−∞

Cnej 2π

Tnt con Cn =

1

T

∫ T

0

iT (t)ej 2πT

ntdt

e calcolando effettivamente i coefficienti Cn:

Cn =1

T

∫ T

0

+∞∑i=−∞

δ(t− iT )ej 2πT

ntdt =1

T

∫ T/2

−T/2

δ(t)dt =1

T

Cn =1

T

Allora:

iT (t) =+∞∑

i=−∞

δ(t− iT ) =+∞∑

n=−∞

1

Tej 2π

Tnt

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Dunque:

IT (f) =+∞∑

n=−∞

1

TF

ej 2π

Tnt

=

+∞∑n=−∞

1

Tδ(f − n

T)

Passiamo allora al punto del problema: calcolare Xc(f)

Xc(f) =TF

+∞∑

i=−∞

δ(t− iT )

∗X(f) =

=TIT (f) ∗X(f) = TX(f) ∗ (+∞∑

n=−∞

1

Tδ(f − n

T)) =

=T+∞∑

n=−∞

1

T

∫ +∞

−∞X(f − σ)δ(σ − n

T)dσ =

=T+∞∑

n=−∞

1

TX(f − n

T) =

+∞∑n=−∞

X(f − n

T)

Xc(f) =+∞∑

n=−∞

X(f − n

T)

Conclusioni:

• Lo spettro di Xc(f) è la somma delle repliche di X(f) traslate di nT;

• Rispondiamo allora alla domanda originale: se conosco Xc(f) possorisalire a X(f)? Se si, allora non ho perduto informazione sul segnale.

Questo, si vede subito, accade solo se X(f) è limitato in banda (vedi figuranella pagina seguente). Nel primo caso da Xc(f) posso risalire a X(f): bastaeliminare tutto il segnale fuori della finestra [−Fmax, Fmax] e non ho persoinformazione. Nel secondo caso non posso risalire a X(f) perchè la sovrap-posizione ha generato distorsioni dello spettro: ho definitivamnte alterato ilsegnale e non posso tornare indietro.Il fattore discriminante tra i due casi è la traslazione dello spettro:

se ∆f > 2Fmax posso ricostruire, altrimenti NO!

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siccome ∆f = 1T

= fc frequenza di campionamento.

Concludiamo:Se la frequenza di campionamento fc è più che doppia rispetto alla bandaFmax del segnale, allora il segnale campionato contiene tutta l’informazioneche in origine era presente nel segnale continuo. In altre parole i soli campioniacquisiti permettono di ricostruire tutto il segnale continuo.

Il teorema ora fornito si completa con la tecnica di ricostruzione del segnalecontinuo a partire dai soli campioni disponibili. L’operazione di campiona-mento ha infatti ‘cancellato’ l’andamento del segnale x(t) tra due campioniconsecutivi. Nondimeno per quanto dimostrato nel teorema precedente, se

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fc > 2Fmax non si è di fatto persa informazione e deve essere possibile sullabase dei soli campioni, riottenere l’andamento del segnale continuo. Vediamocome nel prossimo paragrafo.

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9.3 Teorema di ricostruzione

Fissiamo innanzi tutto le idee pensando alla corrispondenza tempo-frequenzadei segnali cui siamo interessati.

Nello schema abbiamo sulla destra il dominio della frequenza, sulla sinistrail dominio del tempo. Vogliamo, partendo dalla situazione (b), segnale cam-pionato nel tempo, pervenire alla situazione (a), segnale continuo nel tempo.L’operazione che ci porta da (b) ad (a) può essere riguardata come operazioneinversa rispetto a quella di campionamento, operazione detta appunto di ri-costruzione. Ora seguiamo sullo schema l’iter che ci permette di approdaread (a) partendo da (b).

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Come prima operazione portiamoci da (b) in (c), cioè dalla rappresentazionedel segnale campionato nel dominio del tempo alla rappresentazione cor-rispondente nel dominio della frequenza. Dal precedente teorema sappiamoche, se l’operazione di campoinamento è stata effettuata secondo la pre-scrizione di Shannon, cioè fc > 2Fmax, allora Xc(f) è somma di replichenon sovrapposte di X(f). La situazione è allora quella indicata nello schemasul lato frequenza. Per portarci da (c) in (d) ed ottenere nel dominio dellafrequenza il segnale continuo, è evidente che bisogna solo operare un filtrag-gio del segnale Xc(f): salviamo solo la parte di Xc(f) compresa nella banda[−Fmax, Fmax] azzerando tutto ciò che è fuori banda. A questo punto l’ultimaoperazione è quella di ritornare nel dominio del tempo seguendo la trasfor-mazione (d) → (a). Il segnale così ottenuto è quello ricostruito. Tenutopresente questo schema, non resta che effettuare tecnicamente le operazionia ‘ferro di cavallo’ (b) → (c) → (d) → (a). Allora:

Punto di partenza (b):

xc(t) = T+∞∑

n=−∞

x(nT )δ(t− nT )

Trasformazione (b) → (c)

Si tratta solo di passare dal dominio del tempo a quello della frequenza, cosache si effettua con la trasformata di Fourier. Dunque:

Xc(f) = F xc(t) . Pertanto:

Xc(f) = T

+∞∑n=−∞

x(nT )

∫ +∞

−∞δ(t− nT )e−j2πftdt

per la proprietà di selezione del Delta:

Xc(f) = T

+∞∑n=−∞

x(nT )e−j2πnfT (9.2)

Trasformazione (c) → (d) (filtraggio)

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Si tratta di epurare il segnale precedente di tutti i contributi esterni allabanda [−Fmax, Fmax]. Corrisponde a moltiplicare Xc(f) per una finestrarettangolare WFmax(f) così definita:

WFmax(f) =

1 se |f | ≤ Fmax

0 se |f | > Fmax

Dunque il filtraggio è semplicemtente fornito dall’operazione

X(f) = Xc(f)WFmax(f)

Trasformazione (d) → (a) (ricostruzione)Si tratta di rientrare nel dominio del tempo, ovviamente a mezzo dell’anti-trasformata di Fourier.

x(t) =

∫ +∞

−∞X(f)ej2πftdf =

∫ +∞

−∞Xc(f)WFmax(f)ej2πftdf

che tenuto conto della definizione di WFmax(f), è semplicemente

x(t) =

∫ Fmax

−Fmax

Xc(f)ej2πftdf

Siccome Xc(f) è stata calcolata a pag.157, abbiamo

x(t) = T

+∞∑n=−∞

x(nT )

∫ Fmax

−Fmax

e−j2πnfT ej2πftdf

e ancora:

x(t) = T

+∞∑n=−∞

x(nT )ej2πf(t−nT )

j2π(t− nT )

Fmax

−Fmax

x(t) = T+∞∑

n=−∞

x(nT )ej2πFmax(t−nT ) − e−j2πFmax(t−nT )

j2π(t− nT )

e passando dagli esponenziali complessi alla forma trigonometrica

x(t) = 2TFmax

+∞∑n=−∞

x(nT )sin 2πFmax(t− nT )

2πFmax(t− nT )

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o anche:

x(t) =2Fmax

fc

+∞∑n=−∞

x(nT )sin 2πFmax(t− nT )

2πFmax(t− nT )

La formula di ricostruzione precedente è più usualmente riportata in lettera-tura con fc = 2Fmax, cioè con il minimo numero di campioni necessario perricostruire il segnale. Dunque:

x(t) =+∞∑

n=−∞

x(nT )sin πfc(t− nT )

πfc(t− nT )

che è il richiesto segnale continuo (è funzione continua di t) disponibile apartire dai soli campioni x(nT ) del segnale originale.

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