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1 Mensile dell’Istituto Italiano di Cultura di Pechino Aprile 2010 Anno 1 No.4 意大利文化处月刊 2010年 四月 Cultura Italiana a Oriente

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意大利文化处月刊

2010年 四月

Cultura Italiana a Oriente

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UN VISIONARIO DI ALTRI TEMPI

Giuseppe Tucc i è s t a to un visionario come lo erano i santi e i profeti di una volta. Ma come questi avevano passato la loro vita a cercare gli dei, così Tucci aveva passato la sua ad evitarli, almeno quelli delle culture monoteistiche. Il buddhismo, questa forma suprema di laicismo scelta da anime religiose

che non si adattano ad avere un pantheon di padri padroni sopra di loro, l’aveva messo in guardia sulla vanità e sulla inadeguatezza

della mente inutilmente sovrana de l passa to e de l fu turo , de l prossimo e del remoto. E sulla necessità, imperiosa per gli uomini, di staccarsi dall’effimero tragitto che porta dalla nascita alla morte. Quando io l’ho conosciuto aveva passato gli ottant’anni e si era appena rotto una gamba salendo in montagna. “Sono stato per morire”,

disse, con una voce che sembrava provenire da quell’inferno tibetano che aveva così ben studiato: “è un’esper ienza s t raordinar ia” .

Quella che seguì non fu una vera e propr ia conversaz ione , ne l senso che Tucci professore non era minimamente interessato a quello che noi dicevamo, mentre chiedeva la massima attenzione a quelle poche frasi che ci rivolgeva. Ci informò che il re del Nepal era stato a Roma, aveva visto il papa e il presidente Pertini e infine era andato da lui: “Gli ho parlato in sanscrito, non lo sapeva”. Poi, soddisfatto della malizia contenuta nella sua affermazione, prese da dietro la poltrona dov’era seduto una stoffa con la quale si cinse la fronte immergendosi subito in una lettura di un mandala dipinto su un tangka. Sembrava partito per terre molto lontane e così rimase per un tempo che a noi sembrò interminabile. Risvegliatosi da quel torpore, che torpore non era, come ho imparato molti anni più tardi dai suoi scritti, ci sorrise e si avvicinò sussurrando come volesse finire un discorso che non aveva mai iniziato: “La vita personale dovrebbe tornare a immergersi nella vita cosmica, immortale, quella di tutte le cose e di tutti i mondi che sono e che saranno. Allora non avremmo più paura di morire perché la morte apparirà nel suo vero significato”.

Con Tucci bisognava tuttavia stare attenti a non dare interpretazioni di carattere basate su una conoscenza saltuaria e modesta. Era il tipo classico dell’uomo dai molti talenti e dai diversi aspetti di personalità che adoperava a seconda della convenienza e dell’utilità. L’aria svagata e assente di quel giorno non cor r i spondeva a ffa t to a l modo tranchant e spietato con cui liquidava all’università e all’Ismeo tutti quelli che lui riteneva inetti. Aveva immense capacità pratiche - chiunque avesse organizzato otto grandi spedizioni nel centro dell’Asia non poteva non averle - e

anche una robusta dose di cinismo e di disprezzo per la politica. Tutto questo gli aveva permesso una certa disinvoltura nel farsi finanziare le spedizioni prima dal fascismo e poi dai governi democristiani del dopoguerra. Ma l’abilità nel destreggiarsi era un’attitudine totalmente priva di fini bassamente utilitaristici o di carriera, a servizio di una fantasia senza limiti e di una fortissima tendenza visionaria che era solo in parte generazionale. Negli anni in cui ha insegnato in India, dal 1926 al 1930, avendo come collega Mircea Eliade, appena il caldo delle pianure indiane si faceva insopportabile, emigrava verso il più fresco nord, come il resto della colonia europea. E qui tra le montagne tra Simla e il Kashmir aveva incontrato quasi tutti i viaggiatori e gli esploratori più famosi dell’epoca, da Sven Hedin a Aurel Stein a Paul Pelliot. Uomini tosti, abituati alla rudezza dell’Asia centrale e alle fatiche e ai pericoli dei viaggi e poco portati a sognare ad occhi aperti. Eppure Tucci raccontava che questi traversatori di spaventosi deserti e scalatori di montagne considerate inaccessibili nascondevano tutti come un desiderio infantile: un giorno, al mattino, quando la nebbia si dirada e i 10 panorami tornano sconfinat i , avrebbero t rovato Shangrilà, quel paese dell’eterna giovinezza immerso nella luce e abitato da saggi vestiti di bianco e un sorriso ebete sulle labbra, come nel ridicolissimo film di Hollywood tratto da un famoso romanzo. L’Asia centrale è sempre stata una regione che ha stimolato questo genere di fantasie. Quando Marco Polo, sul letto di morte, venne invitato dai famigliari, con le lacrime agli occhi, a cancellare dal suo ormai famoso libro tutte le storie che sembravano inventate, rispose che lui aveva “dettato” solo una minima parte di tutte le magie di cui era stato testimone.

Tucci dimenticava di dire che

anche lui faceva parte del gruppo “bella Shangrilà” ed era in attesa dell’apparizione come i suoi amici. Era stato ipnotizzato, all’inizio, come molti, dall’enorme fascino d e l l ’ O r i e n t e c h e s e m b r a v a trasmettere verso alcuni individui delle onde di fascino che altri non avvertivano. Aveva cominciato da giovane a studiare il cinese, a tradurre dal sanscrito mentre l’iraniano antico lo lasciava per i giorni di festa. La sua componente seriosamente mistica 1o aveva portato a una notevole insofferenza verso quell’impasto di tradizioni geniali, magismo degradato e puro imbroglio che stava alla base del rapporto Oriente-Occidente di tipo turistico. Ma nello stesso tempo capiva che un’Asia religiosa senza misteri e senza enigmi non avrebbe avuto nessuna ragione d’essere. La sua visione sui compiti della scienza era simile a quella professata dal sociologo Edgar Morin molti anni più tardi: “Non si tratta di svelare un mistero, ma solo di riconoscerne l’esistenza”. Aveva una conoscenza s te rmina ta e approfondi ta d i tutto quanto riguardasse l’India anche nel periodo prebuddista. Ma l’insegnamento di Buddha rimase sempre come architrave delle complesse strutture della sua cultura che spaziavano per tutto il continente. Poi un giorno l’India fu sostituita dal Tibet nei suoi interessi primari.

Av e v a g i à i n c o m i n c i a t o a interessarsi del paese delle donne dai- molti mariti, come 1o aveva chiamato, andando alla ricerca d i scompars i tes t i buddis t ic i i n s a n s c r i t o c h e p e r ò e r a n o rintracciabil i nella tradizione t ibetana. Ma questa es igenza filologica ci dice pochissimo su quello che provò Tucci quando mise piede per la prima volta nel Tibet. Non fu solo un cambio o u n ’ a l t e r n an za d i s t u d i , f u un’attrazione fatale.

Chiunque sia arrivato per la prima volta nel Tibet, ha sempre avuto

l’impressione di stare su un altro pianeta. A differenza di altri, Tucci fece completamente suo quel mondo alieno come se stesse aspettando l’incontro da innumerevoli vite: qualcosa di traumatico che gli impedì di scriverne per anni prima che l’eccitazione si fosse depositata in una assoluta consapevolezza. Raccontava spesso che arrivato di fronte al Kailas, montagna sacra a tre religioni, gli era sembrato di trovarsi in presenza di un dio che faceva piegare le ginocchia. E il lago Manasarovar, il lago di Brahma, aveva il fulgore del simbolo, “dell’eterna essenza del cosmo”, e di quell’incognita energia che crea “l’infinite forme dell’essere”. Le sue descrizioni dei paesaggi partivano sempre dai modi occidentali, cioè l’individuazione dei particolari, accompagnati da uno stile coloristico, e finivano nella spiegazione mistica, nella ricerca di un significato più profondo. I1 Chomolai aveva pareti a picco inaccessibili su cui nemmeno le nevi e i ghiacci facevano presa e in cima nascondevano una dea. Nelle pianure immense in fondo alle quali, verso sud, si addormentava in uno sc in t i l l io rossas t ro la catena himalayana, gli uomini e le bestie apparivano minuscoli e i n s i g n i f i c a n t i , s c h i a c c i a t i dalla maestà delle rocce che li sovrastavano.

Era facile capire come questo paese dall’aspetto apocalittico fosse intriso di uno spirito religioso che aveva ragioni geologiche ancora prima che spirituali: sembrava naturale che la popolazione avesse quell’impronta spirituale che era stata la caratteristica dell’Europa medievale. In Asia a differenza dell’Europa le religioni non avevano avuto un’evoluzione, in senso laico, ed erano rimaste in piedi le strutture interne di un atteggiamento che nella vita di ogni giorno continuava a dare un enorme spazio al la meditazione e all’autoanalisi o chiamatela come vi pare. Per

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spiegare quelle che chiamava forme asiatiche della religione Tu c c i a n d ò m o l t o l o n t a n o rischiando un eccesso di difesa dell’essere tibetano. Disse infatti che questo aspetto vagamente catatonico, imbambolato che avevano i tibetani non dipendeva dalle fatiche di una vita trascorsa in uno dei paesi più inospitali del mondo come avevano sempre pensato i viaggiatori prima di lui: al clima tremendo, all’altitudine. Ma al rifiuto di accettare la realtà così come veniva e all’immergersi in profondità in una continua meditazione. Non si trattava di una prostrazione fisica, ma di un’assenza spirituale: i tibetani stavano sempre da un’altra parte. Per Tucci quest’attitudine aveva le qualifiche per essere chiamata la libertà, assoluta, differente dalla libertà relativa che avevano gli occidentali. In ogni momento della loro vita, i tibetani potevano partire con la fantasia verso i lidi più lontani senza che questo costituisse una debolezza e tanto più lontani erano questi viaggi da cui non si sapeva mai quando sarebbero tornati in quanto questa libertà era favorita da una diversa concezione del tempo. Nessuno seguiva lo scandire degli orologi che ti trascinavano a spezzare il flusso della vita in tanti segmenti separati gli uni dagli altri. La natura non era il concatenamento di leggi meccaniche, ma un organismo complesso in cui si muovevano forze coscienti e al cui capriccioso dominio l’umanità era soggetta. Molto spesso Tucci, soprattutto durante le prolusioni di tipo accademico, auspicava il riavvicinamento tra le due culture, quella orientale e quella occidentale. Eppure lui, meglio di chiunque altro, poteva vedere l’enorme distanza che esisteva t ra i due modi de l l ’essere : “Noi pensiamo che l’asceta dell’Oriente dissipi vanamente il tempo che passa in terra correndo

dietro a fantasmi e visioni. Loro hanno pietà di noi che andiamo alla ricerca di cose che non sono nostre e mai lo saranno”.

Quel lo con i l Tibet fu un amore che durò molto a lungo, anche se verso la fine della sua vita lo attiravano di più le avventure archeologiche: andare nell’Indukush sopra le valli abitate dai kafiri alla ricerca di templi buddhisti. Anche questi erano sempre viaggi faticosi, lunghi ed entusiasmanti con il professore che apriva la strada accanto alla guida indicando il percorso, pa r l ando in in te r ro t t amente con il suo assistente, dando spiegazioni di storia, di geografia, di religione. Da qualche parte Fosco Maraini ha raccontato che Tucci durante questi viaggi si faceva dare dell’Eccellenza d a i s u b o r d i n a t i i t a l i a n i i n quanto accademico d’Ital ia. Ogni carattere ha dell’asperità e il professore poteva essere sgradevolissimo, come in effetti lo fu con Fosco, che aveva osato corteggiare la stessa principessa tibetana su cui lui aveva messo gli occhi (la vera ragione della loro rottura sembra sia stata proprio questa, e non come si è cercato di dire, nobilitandone il motivo, per rivalità letterarie). Da quel momento Tucci cancellò Maraini dalla sua vita e nei suoi scritti sbagliò volontariamente sempre i l nome quando era costretto a citarlo. Eppure i due avevano molto in comune e tra l’altro anche l’amore per il viaggio in carovana che Tucci riteneva l’unico modo per entrare in intimo contatto con la natura. Quello spostarsi che assomigliava in mare all’andare per bordi era una delle vere ragioni dei suoi viaggi e qui si lasciava andare a un tono poetico che non gli era abituale.

Una vo l t a a Roma venne invitato a presenziare a un raduno nazionale dei campeggiatori. Non

sappiamo se Tucci avesse fatto in precedenza apparizioni di questo genere davanti a persone che, etichettate come campeggiatori, non potevano essere più lontani da lui come mentalità e come abitudini. Comunque dovette essere un incontro memorabile perché il professore con il suo eloquio passionale ed evocativo prese a parlare di case che erano come galere, di vite vissute da prigionieri e della necessità, prima o poi, di buttarsi alla macchia o di prendere una strada qualsiasi che portasse lontano dalla città dopo aver bruciato tutto quello che li costringeva a rimanere stanziali, appartamenti, letti, cucine. Non sappiamo quanto di tutto ciò sia stato compreso dai tranquilli uditori venuti al convegno con tutte le famiglie e che usciti da lì sarebbero andati a festeggiare con pranzi domenicali. Certamente l’episodio ci fa capire come il ritratto di Tucci tramandato da vent’anni, quasi una caricatura del dotto, sia pure a supremi livelli, dello studioso impegnato in problemi filologici e interpretativi inavvicinabi l i a un comune lettore, sia solo parziale. Una volta abbiamo scritto scherzando che Tucci aveva l’animo di un fricchettone che non aveva avuto il tempo di farsi molte sigarette d i m a r i j u a n a . R i l e g g e n d o quel l ’ in tervento a Roma c i sembra che forse scherzando c’eravamo avvicinati a una verità finora ignorata.

Stefano Malatesta (scrittore e giornalista)

(da Il paese delle donne dai molti mariti)

同从前的预言家或是圣人一样,朱塞佩·图齐也是一位幻想家。如果说预言家和圣人们终其一生去寻找神灵,图齐则是用毕生的精力避免接近神灵,至少是那些一神论文化的神灵。佛教,世俗主义的最高形式,信仰佛教的人不适应在他们之上有众神的存在。而正是佛教让图齐清楚地审视人主宰过去与未来的虚荣与不当,以及人要学会超越生死的必要。

当 我 认 识 图 齐 教 授 的 时候,他已年过八十,在不久前登山时又摔断了一只腿。他说:“我差点死了。”他的声音象是从遥远的西藏飘来,而对西藏,他的研究是如此深入。“那可是一段非凡的经历。”之后我们进行的也许算不上真正的谈话,因为图齐教授对我们的谈话内容根本不感兴趣,而只是要求对他个别的几句话予以关注。他告诉我们尼泊尔国王来罗马访问,见到了教皇和佩尔蒂尼总统,最后也看望了他。“我跟他说梵文,他听不懂。”他似乎对自己的“使坏”很满意,接着他从沙发后拿出一块布裹上额头,开始读唐卡上的一段话。他好象出发去了很远的地方,在那里停留了一段时间,而这段时间对我们来说似乎无穷无尽。从麻木中醒来后,也许麻木是不存在的,正如多年后我从他的书中得知,他向着我们微笑,向我们走来,嘴不停地动着,象是要把他要说的话说完,而这段话却从未开始。“人生应该回到宇宙中,宇宙是永恒的,是不死的,是一切事物的现在与未来。因此,我们将不再惧怕死亡,因为死亡将以它的真正意义而出现。”

和图齐在一起的时候要注意,如果你对某事知之甚少,最好不要说太多。他是那种典型的具有很多天赋,又极具个

性特点、注重实用性的人。你看着他那心不在焉的表情,你绝对想象不到在大学里、在远东研究学会里他毫不留情的开除不称职的人员时的那份果断与无情。他有着非凡的实践能力,任何一个能在亚洲进行过八次远征的人不可能没有这样的能力。图齐还有着相当的愤世嫉俗和对政治的鄙视。他的远征探险先是得到了法西斯政权的资助,后来又得到了战后天民党政府的资助。多亏了上述他的这些品质,当他面对这些不同的政权时,显得很从容,处理的也得当。但是他这种玲珑的处事完全不为个人利益,而是服务于那不受约束的想象,甚至是一种幻想。

他在印度教书的那几年,也就是1926年到1930年,他正和同事米尔切阿·埃力亚得一起,由于受不了印度平原的炎热,去了最凉爽的北方,像其他的欧洲殖民者一样。到北部山间后,他遇到了几乎所有的当世著名旅行家与探险家,象贺丁、斯坦、佩里奥等等。这群人习惯了中亚的艰苦环境和旅行的疲劳与危险,他们很现实,不会去做白日梦。图齐也称赞这些探险家实在了不起,他们曾穿越可怕的沙漠,攀登过在平常人眼里看来根本登不上的山,他们的心中都藏有一个童年的梦想,那就是有朝一日,在清晨时分,当雾气散开的时候,美丽的景色一望无垠,他们将找到香格里拉,这个梦想中的永恒国度。那里住的都是智者,穿着白色的衣服,嘴角挂着微笑,就象搞笑的好莱坞电影里描述的那样。中亚地区也一直是最能激发人的这种想像力的地区。当马可·波罗临死的时候,他的亲人们含着眼泪请他删去他那已名声在外的《马可·波罗游记》一书中编造的故事时,他回答说,他只不过口述了他亲眼所见的东方奇景的十分之一罢了。

图齐忘了说他本人也是美

丽的香格里拉的一部分,和他的朋友一样,他也期待着香格里拉的出现。开始的时候,同很多人一样,他似乎被催眠了,被东方的巨大魅力所吸引了。有意思的是这种巨大的魔力只会传递给一些人,而其他人则感觉不到。他从年轻的时候就开始学习中文,翻译梵文,而古伊朗文他则是留到休息的时候去学它。他知道,一个没有迷幻的亚洲是没有存在的必要的。他对科学之作用的观点与社会学家爱德加·莫兰在很多年后提出的观点很相似:“它并不是揭露秘密,而且是承认现有的存在。”他对印度的一切都有着广泛而深刻的了解,对佛前印度时代也十分了解。佛教的教益一直都是他深厚的亚洲文化底蕴的支架。直至有一天,他的最大兴趣从印度转向了西藏。

其实他早就对这个地方开始关注了,在这个特别的地方,女人可以有很多丈夫。他去找失落的梵文佛经,发现这佛经只有在西藏的传统中才能找到。但这些文献并没有告诉我们多少图齐首次踏上西藏土地时的感受。迷上西藏,不仅仅意味着图齐研究对象的改变,因为对他来说,西藏产生了无穷无尽的魅力。

跨越时代的幻想家

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任何人第一次到西藏的时候,都会有抵达了另一个星球的感觉。与其他人不同,图齐把西藏当作自己的世界,一个他似乎等了几生几世的终于等到的世界。最初的几年里,似乎有一些悲壮的情愫阻止着他,以致于他无法用笔来描述它。直到几年后,当他的感情平静下来的时候,他才拿起手中的笔。他常常说当他面对西藏的冈底斯圣山时,他觉得对面存在的是神,他不由自主地跪倒在地。玛旁雍措湖和梵天湖是永恒的象征,蕴藏着创造无数生灵的巨大力量。他对景物的描写总是以西方方式开始,也就是从细节处入手,色彩风格很浓,最后是对神秘予以解释,去寻找更深层次的意义。科莫莱山峰极为险峻陡峭,连冰雪都待不住,而山顶上住着一位女神。辽阔的平原深处,朝南的地方,静静地卧着喜玛拉雅山脉,在巨大的山石头的映衬下,人与牲畜显得十分渺小。

不难理解,这个如同世界末日的地方与宗教如此紧密地联系在一起,最初的原因应该归结到地质原因。当地人民具有宗教精神和特征也是很自然的,就象我们的中世纪一样。而亚洲与欧洲不同的地方是,亚洲的宗教没有一个世俗意义上的进化过程,宗教态度的内部架构一直存在,也就是日常生活里要留出大量的时间用于思考,用于自省。在解释图齐所称的“宗教的亚洲表现形式”,也许他有点过头了,对西藏特性的保护似乎也过分了。他认为,实际上,西藏人之所以有这种紧张的、呆滞的表情,并不是因为他们生活在世界上最不适宜居住的地方,因此生活非常艰苦而造成的,亦或是由于寒冷的气候和过高的纬度而造成的,图齐之前的旅行家们都这么认为。而图齐认为,这是因为他们拒绝接受如此而存在的现实,因此深深地沉浸于一种思辨之中。他们

这种表情并不代表他们体力不支,而是一种精神上的空灵:西藏人总是存在于与我们不一样的地方。对图齐来说,这种品质可以被称作是自由,一种绝对的自由,与西方人的那种相对自由完全是两回事。在他们生命的任何时候,西藏人都可以幻想着朝向最遥远的海边去出发,去游走,当然这绝不是他们的弱点,他们幻想要去的地方是如此遥远,远到不知何时才能归来,他们对时间有着不同的概念,更使这种驰骋的自由无边无际。在西藏,没有人会去听钟表走过的声音,钟表只会拖着你,把你的生命分割成一块一块。大自然不是自然规律的串联,而是一个复杂的机体,各种有意识的力量都存在于这个整体中,人类也不得不受到大自然的支配。图齐经常提到,希望东西方两种不同的文化能相互走近,当然他比任何人都明白这两种不同的存在之间有着多么大的差异。“我们认为东方的苦行僧在追求幻想中虚耗了光阴,而他们则可怜我们,认为我们追求着不是我们的,也永远不会属于我们的东西。”

图齐对西藏一直有着不一般的热爱,就算是在他生命的最后时期,他对考古十分感兴趣的时候,对西藏的爱也从未减弱,而且还曾去印度库什山里去寻找佛寺。这些旅行路途遥远、十分艰难,但图齐充满了激情,他跟着向导,一边指路,一边与助手不停的说话,给他们讲解历史、地理与宗教知识。马拉伊尼说,在这些探险途中,图齐作为领衔学者,让他随行的助手们也付出了极大的努力。图齐性格暴躁,令人很不愉快,他对马拉伊尼就这样。马竟敢追求图齐看中的一位西藏公主,这也是他们之间关系彻底决裂的真正原因,而并不是象平常说的那样他们是因为文学上的分歧才分道扬镳的。自那以后,图齐就把马拉伊尼从他的生活里删除了,

当他在书中不得不提到马拉伊尼时,图齐则故意写错名字。然而这两人还是有着很多相同的地方,其中之一就是两人都喜欢坐着大蓬车去旅行,图齐认为这是唯一的可以与自然亲密接触的方式,这也是他旅行的真正原因之一。后来,有人把他的这种旅行诗化了,其实他是不习惯这种诗化的。

有一次在罗马,图奇曾被邀请参加一个野营者全国集会。我们不知道图齐此前是否参加过类似的野营者集会。其实从思想观念和习惯上来说,野营者与图齐有着很大的不同。但不管怎样,这是一次难忘的相遇,因为在这次大会上,图齐做了极为精彩的发言,他谈到了他旅途中见到的监狱般的房子,谈到了看见有的人过着囚犯般的生活,谈到了有些人不得不躲在树林中遮风挡雨,谈到了有的人烧了自己的房子、床和枕头,烧了能够束缚他留在原地的一切,然后随便走上一条路而逃离家乡。我们不知道图齐的这番话有多少被听众们听懂了,也许他们在开完后会带着全家人去吃吃喝喝庆祝去了。当然,这件事让我们看清了二十年来图齐给我们留下的印象,就好象是一个层次极高的文化人的漫画像,而这位文化人研究的问题对普通的读者来说是很难弄懂。有一次,我们开玩笑地写道,在灵魂最深处,图齐就象是一个没有时间吸食大麻的怪人。当我重读他在罗马的那篇讲话时,我觉得,尽管是开玩笑,但我们似乎接近了他的本质,而此前这一本质却不为人知。

Stefano Malatesta (作家兼记者)

《在那一妻多夫的地方》

Vita nomadeUn’irrequietezza mai sazia mi ha condotto al

vagabondaggio fin dall’infanzia, in quella mia terra marchigiana conclusa fra il mare volubilissimo e la montagna aspra della Sibilla che commossero, ancor fanciullo, il poeta a me fra tutti carissimo.[...] E che pensieri immensi,che dolci sogni mi spirò la vistadi quel lontano mar, quei monti azzurri, che di qua scopro, e che varcare un giorno io mi pensava, arcani mondi, arcana felicità fingendo al viver mio! (Giuseppe Leopardi)

Da quando cominciai ad aver uso di ragione, appena mio padre me lo permise - e ricordo ancora l’attesa della prima evasione da solo compiuta - correvo senza meta fra l’intrico dei viottoli che solcano le nostre colline protese, come apparvero al Carducci, a congiungere quel mare e quei monti, quasi che in me si destasse o ravvivasse o raccogliesse la inquietudine nativa ed acuta nella mia gente, che congiuntasi poi a zelo apostolico la mosse a valicare gli oceani convogliandola soprattutto verso quelle terre d’Asia dove da Matteo Ricci a Beligatti, nella Cina e nel Tibet moltissimi mi precedettero.

E sempre mi è restato per questo amore dei luoghi aperti e dei vasti orizzonti un senso d’uggia e di fastidio per la casa; la quale a me è sempre apparsa come il punto di convergenza di tutte le limitazioni e fastidi e noie di cui quell’accidiosissima cosa che diciamo civiltà sempre più ci preme e intristisce: e più di una volta mi accadde di comprendere e quasi di giustificare quella subita esplosione di rabbia o di risentimento che non di rado induce i poco pazienti o i troppo violenti a tagliar corto e ad appiccar fuoco alla casa nella speranza o nell’illusione di riacquistare una libertà minacciata o perduta.

Voi vedete che con questa confessione vi ho già detto che se la scienza mi ha sospinto sulle ardue e faticose vie dell’Asia, non c’è tuttavia dubbio che 1o sprone della scienza secondava in me una nativa volontà d’evasione, un istintivo amore della libertà e dello spazio, il capriccio del fantasticare e del sognare che 1o si soddisfa lontano dall’umano consorzio, quando si è soli fra la terra e il cielo, oggi qui domani là in un paesaggio quotidianamente nuovo, tra gente nuova, ma radicata dappertutto su questa terra antica dove anche gli uomini d’oggi sono la creazione inconsapevole di una tradizione millenaria e le vestigie del passato narrano a chi sappia interrogarle, i drammi delle vicende trascorse, i sogni vani o le speranze eterne.

Detto questo non vi sorprenderà se la congiunta

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istigazione della scienza e della libertà mi abbia condotto per tener conto delle molte settimane all’addiaccio nella pianura dell’India, nei lenti pellegrinaggi ai luoghi santi della tradizione religiosa, il vagabondaggio nella calura tropicale seguendo il serpeggiare sinuoso degli argini delle risaie, e quando l’aria era troppo cocente, le peregrinazioni notturne al chiaro di luna e la sosta diurna sotto l’ombra larga degli alberi di mango, in quell’orizzontalità assoluta della terra indiana, levigata come un mare pietrificato, in un combaciamento liscio e perfetto della terra e del cielo.

Vi dico subito che non ho mai amato le spedizioni numerose: uno o due compagni al massimo; un medico ed un fotografo: un fotografo perché fra me e la macchina, anche una macchina così semplice come la fotografica, esiste una incompatibilità assoluta; un medico per il soccorso dei carovanieri e soprattutto perché il medico con i suoi interventi in luoghi deserti di ogni assistenza, attenua le innate diffidenze. Ma sono andato anche solo, anzi proprio in alcune delle più lunghe e pericolose spedizioni, e quando mi avvenne di cader malato nel deserto di More a circa 4800 metri, l’ufficio del medico che non c’era fu disimpegnato dallo stregone di un accampamento di nomadi, che o per caso o per perizia o per magico intervento in due giorni mi rimise in sesto. Per magico intervento, sospetto, perché egli raccoltosi in meditazione m’assicurò che io avevo piantato la tenda sopra la dimora di uno spirito sotterraneo e che pertanto questi corrucciato ed offeso per la violazione involontaria, mi aveva punito con la malattia; perché, secondo i tibetani, le malattie da due cause possono nascere: o da squilibrio degli umori o da interventi di demoni; e in noi in Occidente, perché l’uomo è povero d’idee e sempre sotto nuovi simboli o forme diverse se le presenta, diciamo la stessa cosa quando investighiamo e verifichiamo le vibrazioni del sottosuolo per accertare se ivi dimorando ne avremo vantaggio: com’è consuetudine dei Pendolisti che dalle oscillazioni del Pendolo si fanno certi delle virtù dei luoghi che è la traduzione nel simbolo della scienza di una intuizione ancestrale: dove i tibetani dicono spirito noi diciamo forza, diverso nome per 1o stesso mistero. Ma torniamo a noi: quella spedizione durò oltre un anno; percorsi più di quattromila chilometri solo. Voi sapete che a molti la solitudine, a lungo andare, riesce intollerabile e più d’un viaggiatore ho incontraro che s’affrettava a tornare indietro preso quasi da vertigine innanzi a quelle voragini di silenzio e di deserto. Non a me;

anzi vi dico subito che la solitudine mi è sempre apparsa la miglior consigliera ed amica: estingue le diffidenze, i sospetti, quello stato di allarme continuo che, nella vita consociata, per la necessità della difesa e della vigilanza, rendono l’uomo guardingo: la vita all’aria aperta, fra gli alberi o le rocce, sotto il sole o lo stupore freddo della luna, restituisce all’uomo una serenità innocente. Queste città, rimbombanti di rumori e stridori e scoppiettii, la corsa obbligata fra mura e rotaie, il necessario incedere a testa china nei lunghi corridoi delle strade che tagliano il cielo a fette, soprattutto il vivere inconsapevoli delle vicende della Gran Madre comune, privano l’uomo di resistenze fisiche necessarie, logorano i nervi, intossicano lo spirito, ingombrano la mente di cure vane.

Tutto questo non è posa letteraria, molto meno romanticismo. I1 romanticismo è sempre una contraddizione fra la realtà e la fantasia; il romantico sogna evasioni immaginarie restando seduto al tavolino: ma io questa vita l’ho vissuta e spero di viverla ancora finchè gli anni o il corpo più del mio volere potranno. E poi siamo sinceri: in noi tutti s’asconde sia pure inconsapevole, l’ansia di un ritorno alle origini.

L’uomo cominciò con l’essere un nomade; questo modo antico depositato in fondo al nostro subconscio monta spesso alla superficie con i suoi capricci archetipali e con la bramosia del viaggiare che sboccia in noi con il lume della ragione e ci accompagna per tutta la vita. E ne giova perché apre la mente.

“L’uomo che non viaggia per vedere tutta la terra”, diceva un poeta indiano, è come un ranocchio nella pozzanghera, e l’intelletto si restringe come una goccia di burro sull’acqua; ma a chi viaggia l’intelletto si allarga come una goccia d’olio sull’acqua”. Un altro più smaliziato aggiungeva: “Vis i tare i pel legr inaggi , aver conoscenze dappertutto, vedere varie e mirabili cose, allargare l’intelligenza, guadagnare in eloquenza, questi sono i pregi del viaggiare; il difetto è uno solo ma grande: di starsene lontani dall’ambrosia delle labbra della ragazza amata”.

Però stiamo attenti: il viaggiare con i mezzi meccanici che traduce in termini moderni il nomadismo ancestrale, se ben considerate, è soltanto illusione di libertà, soggetto com’è al vincolo degli orari, ai posti negli alberghi, ai programmi certi, onde diviene piuttosto prigionia dalla partenza all’arrivo, senza evasione di soste o divari; persino l’automobile ci incatena per l’incanto della corsa, perché occorre sempre uno sforzo per sottrarsi alla

malia della velocità ed ubbidire all’invito di una rovina o al richiamo di un orizzonte aperto. Ma quando avete una carovana tutto è diverso; vi sentite padroni del mondo: i padri antichi che vennero forse dall’Asia a popolare la squallida Europa, rivivono in voi, vi sentite parenti di conquistatori primordiali; oggi qui domani non sapete dove, dove c’è erba ed acqua o dove vi incanta la bellezza dei luoghi, la maggior delizia per il poeta che in fondo a noi, se non siarno divenuti come i bruti torpidi e sprovveduti, sempre vigila e sogna. Soltanto allora trovate e godete la libertà, non quella di cui tutti oggi concionano ed è sempre soggezione, perché libertà nel vivere consociato vuol dire soltanto piegarsi alle consuetudini o alla volontà della maggioranza e della forza, o quel consenso con l’opinione comune che significa di fatto non avere la propria: e non c’è nessun arzigogolo filosofico che mi abbia mai persuaso del contrario; perché libertà è quella dell’uomo che parla con le stelle e contempla le montagne che si aprono al sorriso dell’alba o del tramonto e allora rivelano le loro resistenze e debolezze, o ascolta quella musica della natura che già commosse i filosofi della Cina antica. Rileggiamo insieme una pagina celebre di Chuang tzu.

I1 grande respiro della natura è il vento: ora non soffia: ma quando soffia tutte le cavità gagliardamente risuonano. Non hai tu mai inteso questo strepito? Gli erti pendii sulle montagne boscose, le cavità e i fori degli alberi antichi sono come nasi, mascelle, orecchie, anelli, mortai, pozze, superfici di lago. E il vento sibila, stride, geme, soffia, schiamazza, scoppia; comincia con tono aspro, poi ansima, flebile armonia quando il vento è debole, ma quando la tempesta scoppia è tutto un crescendo. Non hai tu visto come allora tutto è scosso e mosso?

Ed è motivo ripreso con più sognante dolcezza da un poeta contemporaneo del Pakistan, Mohammad Iqbal, benissimo tradotto dal nostro Bausani (Alessandro, islamista) Vengo dal vasto mare, dalle cime de’ monti,ma non conosco il luogo lontano dove son nato.Al triste augello porto messaggi di primavera,in fondo al suo nido riverso gelsomini d’argento.Rotolo sopra l’erba, e allo stelo del tulipano m’avvinghio,e colori e profumi gli spremo nell’intimo seno;e, a che non si pieghi a mie carezze il suo gambo,soavissimo e lieve m’abbraccio al collo del fiore.E quando il poeta lamenta il dolor dell’amicaalitando a fiotti, mi mescolo ai suoi melodiosi

sospiri!Ecco perché i ricordi più belli della mia vita

sono quelli delle mie spedizioni, forse perché alla sorpresa delle scoperte è commisto questo ritorno alle origini: ed anche il ritrovarsi fra mezzo un’umanità più semplice, più dolce, meno disposta all’offesa o all’inganno se anche qualche volta, sulle prime, ostile, perché sospettosa dello straniero, dei suoi modi, delle sue intenzioni; delle sue stranezze e soprattutto della sua abituale mancanza di rispetto per le tradizioni, i culti, gli dei suoi. Ed è questo l’ostacolo più difficile a superare, perché mezzi adeguati e cuore saldo hanno ragione delle montagne, ma la diffidenza dell’uomo, le tortuose ed ascose vie delle sue idee e fantasie, delle speranze o dei timori suoi, si vincono soltanto con l’accorgimento cauteloso o l’adattamento ai costumi onde per la lenta consuetudine nasce poi la reciproca simpatia. Ma vi assicuro che, fatte le somme, è più facile farsi degli amici colà che fra noi, dove le conoscenze son molte e le amicizie scarse.

Qualcheduno di voi pensa certo che sto parlando molto di me e delle mie idee; ma voi, invitandomi a dire della vita nomade, dovevate pur attendervi questa mia confessione spontanea e necessaria innanzi a persone che immagino abbiano la mia stessa ansia d’evasione, agli stessi perduti amanti dello spazio e della campagna, di questa nostra campagna raccolta, serena, senza inganni e tranelli, come spesso in Asia, lieta di una sua familiare dolcezza che ci conforta e accoglie come persona amica e nota.

E non potevo non parlarvene perché questo vagabondaggio è il meglio della mia vita, onde a distanza di tempo, raccogliendomi spesso in me stesso, basta che io chiuda gli occhi e subito, fermando la mente ed i l r icordo sui luoghi attraversati, mai mi accade che essi non cedano alla evocazione e non mi appaiano innanzi lucidi e precisi; così viva ne restò l’impressione appunto per 1o stupore e l’attenzione congiunti e mai stanchi o lenti, e per quell’andare sempre a piedi e mai a cavallo, per modo che la terra incognita a passo mi si discopre e svela come sospirata amante. E credo di parlarvene per questo motivo e familiarità.

Vi ho già detto: otto spedizioni nell’Himalaya; sempre su luoghi nuovi dove 1o stimolo della ricerca e la necessità degli studi mi conducevano, onde i miei itinerari si sono svolti per migliaia di chilometri nel cuore del Tetto del Mondo oltre quelle cime himalayane splendenti nell’azzurro purissimo che apparvero ai poeti dell’India come i denti della Terra protesa a baciare amorosa il cielo che l’ammanta e

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riscalda.Non vi aspetterete da me che io ritorni su

questi viaggi e sulle loro vicende; vi rinuncio, ma a malincuore perché, se la tirannia del tempo e il ritegno che ogni persona ben nata prova nell’intrattenere altri sulle cose che egli ama non me ne facessero divieto, gioia per me sarebbe, prendendo pretesto dall’occasione, ripercorrere qui con voi i pellegrinaggi lunghi e riviverli nella chiarezza delle evocazioni. Ma come posso ora riassumere le vicende e nominare tutti i luoghi percorsi? Da Cherrapunjj a strapiombo sulla pianura dell’Assam dove cade la maggior precipitazione di pioggia che nel mondo si ricordi, con improvvisi, continui rovesci, una cataratta compatta e pesante contro cui non c’è protezione che valga, a Kohima fra i Naga, nel 1926 ancora cacciatori di teste umane, gelosamente custodite come trofeo nelle capanne, ed ora dopo le vicende dell’ultima guerra, con un balzo improvviso, dalla primordiale crudezza, passati alle schermaglie della politica per darsi una propria autonomia; dalla calura umida delle valli del Sicchim vigilate dallo scintillio del Cancenzonga e dai suoi seguaci minori, alla serenità dei laghi del Kashmir sulla cui lucentezza immota si rispecchiano i monti come per protezione del luogo incantato, dove, nel conforto di una natura gentile, sembrò acuirsi

la vivacissima genialità indiana; o dalla pietraia squallida del Ladac serrato fra le rupi che sembrano, commiste d’oro e diamante, all’insidia della giungla nepalese, dove torni alle origini, e nell’indifferenziato erompere delle forze opposte la vita e la morte coesistono e si sovrappongono nell’intrigo luttuoso; e poi i silenzi del Tibet occidentale, quel lago sacro del Manasarovar sul quale si rifrange di lontano la purezza intatta del Kailasa, venerato come il centro del mondo, la colonna del cielo, l’inviolata dimora degli dei.

Intorno, sui pianori immensi, a 4500 metri, bande di razziatori e briganti insidiano gli accampamenti di nomadi pingui di mandrie e di greggi, ma colonne di pellegrini convenuti da ogni parte dell’Asia trascinano sulle lande inospiti la propria stanchezza ed esaltano la propria fede desiderosi di lasciarvi il corpo vinto per dissolvere lo spirito nella immota, lucente, spersonificata immortalità, del nirvana. E poi le grandi città monacali, Sakya, Tascilumpo, Gyantzè ed infine Lhasa stessa a chiedere la benedizione e la protezione della presenza divina incarnatasi per trarre gli uomini dall’errore alla verità, nell’austera dimora del Potala sui cui tetti d’oro il sole sempre brilla e rimbalza. Poi valicato il fiume Tsanpò che gli indiani, quando scende dopo lunghissimo e tortuoso cammino nella loro terra,

chiamano Brahmaputra, anzi percorrendolo gran parte su barche fragili fatte con pelle di yak distese su una intelaiatura di rami di salice - e l’acqua da quella superficie trasparente trasuda da tutte le parti, - verrà la ricerca nel Tibet centro meridionale delle tombe dei re tibetani e la loro scoperta. Quando il Tibet si schiuse ancor più per le vicende politiche che sopravvennero, le esigenze delle ricerche mi condussero nuovamente nel Nepal: e nel 1952 e 1954 percorsi oltre duemila chilometri dai confini tibetani molto oltre quell’Annapurna e quel Daulaghiri che l’ardimento degli scalatori ha conteso al mistero della leggenda, fino agli estremi lembi del Tarai, la giungla malsana dove la morte è sempre in agguato nei miasmi e nell’umidore pernicioso e malato.

In tutte queste peregrinazioni la mia casa è stata la tenda, che per amore della libertà ho sempre preferito all’alloggio nelle case ospitali, anche quando i rigori del clima o il pericolo delle bande armate lo rendessero più agevole o sicuro. Nel Tibet occidentale mi è occorso nello stesso giorno di avere sbalzi di temperatura superiori ai sessanta gradi fra il colmo del giorno e della notte, ma non per questo ho tradito la tenda Moretti per l’ospitalità che l’abate di Toling mi aveva offerto; e quando cedetti all’invito gentile, come accadde a Yerpa, ad oriente di Lhasa, e fui accolto nell’appartamento riservato ai grandi dignitari mal me ne incolse, per quel frastuono di tamburi e di trombe che anche nel cuore della notte o nel primo incerto lucore dell’alba chiamano a raccolta nel tempio monaci e novizi e i tonfi dei tamburi giganteschi rintronano nelle sale deserte e si rincorrono e si moltiplicano nella valle stretta, sulle cui pareti s’aprono le celle degli eremiti murati volontariamente nel rifugio irraggiungibile per ivi meditare e morire. Né mai spiacevole avventura mi sorprese nella tenda, se non forse nel 1933 quando alle falde del Rotang, il passo, insieme con lo Zoji, tristemente famoso per le valanghe sterminatrici, accampatomi sulle rive del Bias, che lì è ancora poco più che languido torrente, per improvviso ed imprevisto temporale scatenatosi la notte, risvegliati dal fragore delle acque in tumulto, facemmo appena in tempo a trovar ricovero in una prossima altura, sotto il rovescio pauroso. E d’altro disagio non mi sovviene se non quello della innocente curiosità della gente che all’arrivo dell’inusitato forestiero, si raccoglie in cerchio intorno e assiste al montaggio delle tende, e vuol vedere come sono fatte, e studia i letti da campo, e si diverte un mondo la mattina, quando ci si lava e ci si insapona, per essi insolito e strano perditempo; e i più coraggiosi e spavaldi

entrano addirittura nella tenda, o quando voi volete star soli a fare i vostri comodi essi aprono un lembo della porta e spiano furtivi: non per rubare, ché non sanno e non vogliono, ma per vedere che cosa c’è o come si passa il tempo là dentro, perché i tibetani le tende le hanno anche loro: i ricchi quelle cinesi, colorate, gigantesche, sontuose che ci vuole tutta una carovana per trasportarle, e i poveri od i nomadi, quelle fatte con lana di yak nere con un buco al sommo per lasciar passare il fumo della cucina all’interno; mentre noi la cucina la facciamo, se il tempo lo permette, all’aria aperta, alimentandola con 1o sterco delle bestie raccolto lungo i sentieri ed i pianori nella squallida sassolaia del Tetto del Mondo, o, nella valle nepalese, con la ramaglia acquosa della giungla, che crepita e cigola e spande un fumo grigiastro e pesante sospeso ed inerte nell’aria immota.

Quella curiosità infantile, e qualche volta per l’insistenza o l’inopportunità molesta, mi ha consigliato sempre a piantare le tende lontano dall’abitato per aver più calma e raccoglimento; ma non c’è poi da farsene meraviglia perché anche in Italia non di rado mi è occorso di vedermi seguito, all’arrivo in qualche paese, da uno stuolo di ragazzi curiosi come se il camminare che non abbia altro scopo che lo starsene soli con la campagna sia stranezza in questi nostri tempi intesi al pratico che pure sempre più si abbandonano al caso e a tutte le lotterie e i totocalci e i quiz e paiono sospendere le fortune dell’uomo al capriccio e non alla volontà precisa e sicura. I1 vagabondaggio fra i monti, la passeggiata solitaria nel folto dei boschi, le camminate lunghe da paese a paese seguendo la traccia dei greggi sembrano a molti poco meno che estro o posa: e ben capisco come una volta scendendo d’inverno da Collarmele a Sulmona, ed era tutto coperto di neve e il cielo grigio e l’aria freddissima, passando vicino ad uno dei paeselli tutti raccolti come per farsi caldo intorno al castello antico, una vecchietta che tornava dal campo con un fascio di legna ci domandasse dove andavamo e lamentasse la nostra miseria che non permettendoci di prendere il treno ci costringeva a quel disagiato cammino.

E giacché sto aprendomi a voi, in questo amichevole colloquio, voglio dirvi che un’altra letizia io trovo in questo vagabondaggio. L’orologio cessa il suo impero: questo inesorabite distributore e padrone delle nostre ore più non serve; il tempo è scandito con altri ritmi, è segnato dal silenzioso corso del sole e della luna: le albe ed i tramonti sono i limiti necessari ed assoluti. E diciamo ancor maggior

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内心深处的那份永不停止的躁动使我从小就开始在故乡的土地上奔跑。这是一片位于亚得里亚海与亚平宁山之间的地带,它曾给青年时代的莱奥巴蒂---我最喜爱的诗人带来深深的震撼。

……看着这青青的山,望着那遥远的海,它们曾引起我无限的遐想,激起我心中甜蜜的希望。我憧憬着,有朝一日能翻山越海,找到山海之外的神秘世界,以及我个人的幸福生活。(贾科莫·莱奥巴蒂)

当我开始懂事的时候,只要父亲允许,我就在家乡绵延的丘陵上漫无目的奔跑于乡间小道。我至今还记得我对第一次独自漫游的期待。这些小路把山与海连接到了一起,在我幼小的心中唤起了家乡人那种与生俱来的不安分,这种不安分与虔诚的热情结合起来,激励着马尔凯人跨越四海、远走他乡,直到遥远的亚洲土地上,如中国内陆、西藏等地区。在我之前,利玛窦、布里加蒂等许许多多的前辈们就曾留下了这样的足迹。

后来,我对这种开阔天地的爱便一直长存心中,于是对家也就有了一种厌倦。对我来说,家成了各种桎梏和烦恼的集结地,那些所谓的文明不断的压制我们,让我们越来越沉闷。常常有一些不太有耐心的人或是过分暴力的人想快刀斩乱麻,于是将他们的家付之一炬,幻想着找寻失去的自由,对这些人的举动我非常理解,甚至可以说是认同。

你们可以看到,我的这番话是在说,如果科学推动了我去亚洲探险,那么也毫无疑问是科学顺应了我内心深处的对无拘无束的追求,对自由与空间的渴望,对梦想的追逐,只有远离人类社会的时候,只有独处于天地之间的时候,这种渴望才得以满足。今天在这儿,明天地那儿,每一天都会遇上新景象,每一天都会遇上新的面孔,新的人,这些人都深深扎根于这片古老的土地上,直至今日,今天的新新人类也依然传承着那久远的传统。如果你是个有心人,那么尘封的过去会与你对话,向你们讲述那过去的故事,那破灭的梦想,以及那永恒的希望。

说到这,你们就会明白,为什么我会在科学与自由的唆使下,会如此看重在印度平原上以及对宗教圣地一步步的朝拜途中度过的那些风餐露宿的日子,那炎炎烈日下在蜿蜒的田间小路上的奔波,朗朗明月下前行的步伐;以及在印度石海般的大地上,天地一色的空间里,在那巨大的芒果树下小憩的时光。

我从不喜欢人数众多的远征对伍,一、二位同行人足以。一个医生,一名照相师。需要一名照相师是因为我与机器之间有着不可调和的矛

盾,就算是一个简单的相机我也用不来。需要一名医生,是因为要给牵牲口的司机看病,更重要的是医生可以在荒野中给人治病,发挥作用,让人安心。但我也有过什么人都不带,独自前行的时候。可以说那些最漫长、最危险的远征都是我一人完成的。当我在海拔4800米的荒漠里生病的时候,没人医生,野营里的一位巫师给我看了看,也不知道是凑巧了,还是他真有点本事,还是有什么神奇的力量,过两天我就好了。我至今怀疑是什么神奇的力量起了作用,因为巫师打坐的时候,告诉我因为我把帐篷支在了某地下魂灵之上,所以他们对我无意中的冒犯生气了,便用疾病来惩罚我。西藏人认为,两种原因可以导致疾病:要么是人情绪的平衡遭到了破坏,要么便是有鬼从中作埂。我的那些远征时间超过一年,我一人独自行走了4000多公里。对很多人来说,长期的孤独是无法忍受的。我在途中遇到不止一个旅行家,他们迫不急待地想回头,因为陷入了无边无际的孤独与寂静当中,但我不是这样。可以说,孤独一直是我最好的朋友,最好的顾问。在群体生活中,出于保护和警惕的目的,人总是很谨慎。而孤独时则可以消除疑虑惊恐,以及群体生活时的谨慎。当生命在空气中、在树丛中、在岩石中、在太阳下和月亮下自由自在的时候,人们得到的是最原始、最真实的安宁。城市充斥着的各种各样的噪音,人们匆匆忙忙的奔波,街道把天空分割成一块一块,我们不得不低着脑袋在长长的巷子中行走,我们这样日复一日的活着,根本不了解大地母亲发生的一切。这如此种种消磨了人的意志和神经,毒化了人的灵魂。

所有这一切都不是无病呻吟,不是浪漫,而是真实存在。浪漫是现实与幻想间的矛盾。浪漫的人坐在桌边幻想着逃离。但我用一生来实践,我希望我能一直这样实践下去,直到我的年岁和身体都允许的时候。我们真诚地审视一下自我,在我们所有人的内心身处都有一种回归原始的渴望,但常常我们对此根本没有意识到。

人类开始的初期便是处于流浪状态的,这种古老方式存在于我们潜意识里,外化时则表现为对旅行的渴望,这种内心的想法在理智的光辉下伴随我们一生,对我们很有好处,因为它能开启人类的心灵。

有一位印度诗人曾这样说:“人不旅行,但如同井底之蛙,他的才智会退缩,象水上的一滴黄油;人如果旅行,他的才智就会增长,象是水里的一滴油。”还有一句更有意思的话:“旅行的好处有很多:增长见识,积累知识,扩大才智;不利之处只有一个,却关系重大:那就是远离了心爱的姑娘的嘴唇。”

我们要注意:乘坐机械交通工具旅行会把古时的流浪变得现代化,而实际上,这是一种虚假的自由,因为我们必须遵守有关时间的规定,在该住旅馆的时候要住旅馆,要按照既定的计划行进。于是,从旅行开始到结束,我们其实成为了囚犯,没有了停停走走的乐趣与消遣。甚至是连汽车也把我们给捆绑住了,我们得使劲才能把注

流浪生活fascino: la vita nomade è soggetta all’imprevisto; a dire il vero tutta la vita dell’uomo è sospesa all’imprevisto, per sua fortuna forse, perché così può evadere dalla noia del consueto e del certo che poco è più morte. Ma l’imprevisto della vita consociata è subdolo e malvagio, spesso irreparabile e sdegna e turba ed inasprisce, perché quasi sempre opera ad arte degli altri, quegli altri nei quali siamo pure noi, che dovrebbero amarsi o compatirsi, così si dice, ma in fatto si temono, si scontrano, si offendono, s’hanno in uggia o in dispregio. Ma l’imprevisto della vita nomade è l’imprevisto della natura, nella solennità e nella liberalità delle sue vie improvvise, delle sue magnificenze e delle sue ire e l’uomo risvegliatosi nella sua solitudine antica stupisce e trema dinnanzi alla Madre terribile e magnanima: lui e la natura, lei la onnipotente, la onnipresente; lui fugacissima ombra. Si ridestano allora, irrefrenabili nel cuore, certe indefinite meraviglie e paure che la coscienza afferra vagamente, tenebra e luce insieme, che conferiscono agli spazi nei quali erriamo sperduti un’animazione improvvisa: e quelli tutti si popolano di presenze e potenze invisibili ed audaci, come per ricordare all’uomo la sua umiltà e la sua fragilità effimera creatura per incomprensibile destino o caso venuta alla luce per presto tornare nel grande mistero della vicenda eterna che sempre mutando a se medesima sopravvive. E questo è l’ammonimento della metafisica trasparenza delle pitture cinesi dove l’uomo ascolta distaccato o dimenticato il dialogo dei monti e dei boschi, nell’indolenza delle brume come sospiri sospese che, velando, aprono meditazioni luminose.

Eppure nella prigione di quel piccolo corpo umano racchiusa, come gemma nelle scorie, una luce chiara e misteriosa nella quale soltanto la natura inerte e muta può contemplarsi, ammirarsi ed esaltarsi.

Invi t iamo dunque i giovani a l la vi ta del campeggio all’aria aperta, perché essi guadagnino quanto perdono nella vita cittadina: non dico in salute ma in spirito. Torniamo alla campagna e ritroveremo nella sua chiarità e sincerità l’uomo perduto; quell’uomo che mai dimentica la tradizione in cui fu nutrito perché l’ha quasi raccolta con il sangue dei suoi padri, e ne vive e se ne alimenta, ma si spoglia di tutto il caduco, delle labili architetture nelle quali la storia ed i tempi ci concludono ed imprigionano; riscattiamo quel fanciullo che trepido o stupito può ancora abbandonarsi nel grembo della Gran Madre, di quella Gran Madre Natura che gli indiani, gran maestri di vita, invocavano ed invocano ancora come la sorgente benigna e tremenda della vita e della morte.

Omaggio a te sostentatrice dell’Universo;di tutto sei tu il sostegnoe sei pure la cosa sostenuta.Tu sei la morte e l’energia che a tutto dà vita.Tu sei l’atomo nella sua elementare natura e nella sua combinazione.Tu sei materia sottile e materia estesa.Tu sei l’esistenza e la non esistenza, spazio e tempo.Signora del tempo e fuori del tempo,Tu sei il grande ostacolo e la grande spintala grande forza cosmica che a tutto dà nascimento.Tu sei oltre il nostro inttelletto,la matrice dell’Universo, la Grande Leggela splendida, Essenza di tutte le forze.

Io per conto mio questa vita nomade negli spazi aperti e luminosi tanto l’ho desiderata, sentita, goduta che son sicuro, qualora giungessi ai limiti della vecchiezza e non più mi fosse concesso per la debolezza delle membra di salire le cime pure sempre consolerebbero i sogni che nella tarda età rallegravano il maggior poeta della Cina:Sognai che di notte ascendevo le montagne, Solo, con il mio bastone cavo;Mille rupi, centinaia di valli,nel mio viaggio sognato tutte le percorrevoe le mie gambe non si stancavanoe il mio passo era gagliardo come nei giovani anni.Può forse accadere che quando la mente va indietro nel tempo, anche il corpo come prima ritorni?Può forse accadere, come succede per l’anima e il corpo,che il corpo languisca e l’anima sia salda?Anima e corpo - entrambi vacui; sonno e veglia - entrambi irreali.Di giorno le mie gambe barcollanodi notte io cammino sulle montagne.Come il giorno e la nostre sono divise in parti uguali, così fra i due io guadagno quanto ho perduto.

Giuseppe Tucci (Vita nomade, Club Campeggiatori Romani, 1956. da Il paese delle donne dai molti mariti)

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意力从行驶速度上转移出去,在车出现问题的时候停下来。

但坐牲口车旅行则完全是另外一回事了,它会让你感觉到自己是世界的主人。也许很久很久以前,祖先们正是利用这种交通工具从亚洲出发,来到了荒芜的欧洲大陆。那久远的一幕似乎又重演了,你们会觉得自己是原始征服者的亲友。今天在这里,明天不知去向何方,哪里有水,哪里有草,哪里有美丽的风景,一切都是未知数。我们都成了诗人,并象诗人一样的观察着,梦想着。只有在这种情况下,你们才能够找到自由,才能够享受自由,而不是那种今天所有人都在夸夸其谈的那种自由。其实群体生活中的自由只是意味着屈从于多数人的意志,或是服从于某种外力,亦或是一种人云亦云。自由是人与星星对话的自由,是人注视崇山峻岭的自由,是人倾听自然之声的自由。这种自然之声早在几千年前就感动了中国的哲学家们。

我一生中最美的记忆就是我探险远征的那些日子,也许这是因为通过探险,我有了很多新奇的发现。同时,我回归了自然,得以与最简单、最纯朴、最温和、最真诚的人相处。也许刚开始的时候,他们对我还有一些敌意,因为对我这个外国人的行为方式和企图总有点怀疑,或是对我的独特之处感到怀疑,亦或是对我这种对传统、对神的不敬心有疑虑。这是最难克服的障碍,因为靠着先进的工具和坚定的意志,人们可以克服很多难事,但是人的不信任感,人的希望,人的恐惧只有小心翼翼地发现,入乡随俗,渐渐熟悉,逐渐产生好感,之后才能克服。我可以向你们保证,如果你能做到以上所说,你在那里结交友谊要远比在西方容易。在我们西方世界里,认识的人不少,能做朋友的人不多。

也许你们中肯定会有人认为,我都是谈自己的经历,自己的想法,而你们请我谈流浪生活,但你们得听听我的这番自白,对象我一样渴望逃离的人,对象我一样热爱空间与乡间的人来说,听这番自白是必要的。

我必须说,流浪生活是我生活中最美丽的部分,无论时间过去多久,只要我闭上眼睛,脑子里想起我曾经走过的地方,它们便如此清晰地浮现在了我的眼前。我一路上的惊奇以及全神贯注也都清晰地浮现出来,我清楚地记得我总是徒步,从不骑马,那一片片未知的土地就象渴望中的情人一样出现在我的眼前。正是这种原因,这种熟悉,我才和你们谈今天这些话题。

我已说过,我在喜玛拉雅山区进行了八次远征,研究的兴趣和需要总是激励着探询新的地方,因此我在世界屋脊的心脏走过了几千公里的旅程。我记得,碧蓝天空下闪闪发亮的喜玛拉雅山峰,在印度诗人的眼前,这闪亮的山峰就好象是大地的牙齿,热情地亲吻着天空。

你们别指望着我再重回到这些旅行中,我已经放弃了,尽管我很不愿意。但如果时间允许,而且大家也愿意听我啰嗦一下我所喜爱的东西,我愿意借这样一个机会来和朋友们一起分享一下我所经历过的漫漫旅程,在记忆中把它重温一下。现在,我又如何能够做一个总结,把那些地名一一列举出来呢?阿萨姆平原上陡峭的乞拉朋齐镇,这里是世界上降雨量最大的地方,倾盆暴雨常常是说来就来,水流带着千钧之力,飞奔而下,势不可挡。还有那科希马,1926年的时候还存在着猎头部落,他们把人脑袋保存在草棚屋内。二战后,这个地区实现了飞跃,从原始的野蛮状态直接过渡到要求政治上的自主。还有那湿热的斯基山谷,到那喀什米尔美丽的湖区,光

洁的湖面上倒映着山峰的影子,这里的一切显得无比神圣。自然的和谐之中,更体现印度智慧的光芒。还有西藏西部的那份平和与宁静,玛旁雍措湖折射远处冈仁波齐峰的圣洁,西藏人将冈仁波齐峰视为世界的中心,是天的支柱,是神的住宅。

在4500米的高地上,游牧营地满是羊群与牲畜,他们被匪徒包围着,看守着。尽管如此,从亚洲各地来的朝圣者们依然骆驿不绝,一路上留下了他们的疲倦,信仰却更为坚定,以求达到涅磐的境界。在拉萨这样的大城市里,人们祈求神灵的佑护,正是这些神们把人从罪恶中引向光明与真理。在布达拉宫的金顶之上,太阳光芒万丈。

在这几千公里的辗转中,我的家就是帐篷,我热爱自由,我愿意住在帐篷里,而不是人家里,就算是在极为寒冷的时候、或是遇有武装匪徒的时候,住在屋内肯定更舒服和安全,我也坚持住在帐篷里。在西藏的西部,我曾经历过同一天之内,正午与夜间温差达到60度,但我放弃帐篷却不是因为这个原因,而是因为当地的僧侣邀请我住在寺里。于是,我接受了善意的邀请,他们把我安置在招待贵客的上等房里。这可是有点倒霉,因为你会在深夜或是黎明时分听到寺庙里突然响起的召集僧侣们集合的钟声。钟声响起,在空荡荡的庙宇中四处传播,并在山谷中回响,山谷中有一些洞穴,那是隐士们沉思与等待死亡的地方。

我的帐篷生活从未有过险情发生。只有一次,那是在1933年宗基山口,这里的雪崩世界闻名。我们在比亚斯河畔露宿。夜间突然下起了大雨,我们好不容易找到邻近的高地得以暂避风雨。其他也没什么不便之处了。唯一一个有点令人不悦的就是每到一个新地方,当地人总会或多或少有点好奇,他们会围观过来,看着你支帐篷,想看看帐篷是什么样的,并很好奇的研究野营床。当早晨你起来洗漱打肥皂的时候,你们更是觉得十分可笑,因为对他们来说,洗潄根本就是浪费时间。还有一些胆子更大的,干脆就待在帐篷里。当你们想静静一个人舒舒服服待着的时候,他们会把门推开一条缝,偷偷地看你。他们这样做绝不是为了偷窃,他们不懂什么是偷窃,也根本不想偷窃,他们只是想看看里面有什么东西,我们在里面是怎么打发时间。西藏人也有自己的帐篷。富人们的帐篷是彩色的,很大很漂亮,收起来可以装满整整一车。而穷人的帐篷是牦牛皮做的,顶端有一个洞,是帐篷内的厨房油烟的出口。如果时间允许的话,我们总是把厨房设在露天下,用一路捡的牲口粪便做柴火。在尼泊尔山谷里的时候,用灌木树枝当柴火,树枝燃烧后会生起浓黑厚重的烟。

我从小就好奇,有时候是也有点固执,我常常把帐篷支在远离人群的地方,这样我会更安静,更专心。但后来总会有一帮好奇的小孩子会围过来,这在意大利的时候也常常发生,也没什么奇怪。山间的流浪,树丛中孤独的旅行在很多

人看来有点诗意。还记得有一个冬日,到处是白雪皑皑,我经过一个小村庄,村里的人都围坐在一起,一位老妇人从田里归来,手里拿着一束柴,问我们要去向何方,她十分同情我们,可怜不能坐火车,只能够艰苦地长途跋涉。

我在向你们敞开心扉,在这友好的谈话中,我想告诉你们这种流浪生活的另一个好处。那就是,钟表的王国停滞了,变得不再有用了。时间变成了其他的节奏,变成了太阳与月亮之间的无声交替,清晨与黄昏成了绝对的界限。流浪还有一个更大的迷人之处,那是就生活中总是充满着意外,充满着不可预见性。其实,人一生是不可预见的,也许这是他的幸运,因为可以从人生的厌倦中逃离出来。但是群体生活的不可预见是阴险的,可怕的,只会给人带来困扰,因为一切都是被人操纵的,这些操纵的人中也包括我们自己。人们之间本应该是相互关爱,但事实情况却是我们之间总是相互惧怕,相互侵犯,相互冲突。而流浪生活中的不可预见则是自然的意外,自然的伟大或是愤怒时的表现。当人从孤独中醒来,面对大地母亲,他会惊异,会颤抖。人只不过是昙花一现的影子,而自然却无所不能,无所不在。

我请今天的青年们去尝试露天野营的生活,这样可以让他们重新获得城市生活中失去的东西,我指的不是身体,而是心灵。我们回到乡村,我们会找回迷失的人的单纯,迷失的人永远不会忘记他的传统,因为这些传统随着父辈的血液,已经进入了他们的身体,在身体中滋养。我们来看一首印度诗:

向你致敬,宇宙的支柱你是一切的支柱,同时你也被人支撑。你是死亡,你是给予一切生命的能量,你是最本质的原子,你是存在,又是非存在,你是空间与时间,你是时间女神,你又超越时间,你是最大的障碍,也是最大的动力,你是创造一切的伟大力量,你超跃我们的智慧,你是宇宙之母,是最伟大的法则,你是一切力量的源泉。

从我个人来说,我十分渴望游走于天地间的流浪生活,并感受着它,享受着它。我相信,如果有一天,我老的动弹不得,再也没有力气去登山的时候,这些梦想会一直让我欣慰。

朱塞佩·图齐流浪生活,罗马野营俱乐部,1956年

选自《在那一妻多夫的地方》

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LA PERSONALITà DI GIUSEPPE TUCCI

Giuseppe Tucci nacque a Macerata i l 5 giugno 1894. Marchigiano, continuò e portò a nuovi fecondi risultati quella s ingolare t radiz ione che da Matteo Ricci a Cassiano Beligatti, da Antelmo Severini di Arcevia a lui, fa delle Marche la regione italiana che più ha dato agli studi e alla conoscenza dei paesi dell’Asia Orientale.

Gl i s tudi del la sua pr ima giovinezza furono dedicati alla sua terra, all’antico Piceno e alle iscrizioni che numerose venivano a l l a l u c e n e l l a c a m p a g n a maceratese. Gli atti e memorie della Regia Deputazione di Storia Patria delle Marche ospitarono nel 1911 (era quindi giovanissimo, appena 17 anni!) le sue ricerche sul nome personale romano nel Piceno e contemporaneamente le Mitteilungen dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma pubbl icavano un suo saggio in latino sulle iscrizioni maceratesi da poco scoperte e non ancora conosciute. Una profonda trasformazione era in atto in quel tempo nelle campagne dell’Italia c e n t r a l e . D o p o l a g r a n d e emigrazione, che aveva avuto luogo a cavallo dei due secoli, l’introduzione di nuove tecniche agr icole permet teva un p iù intenso e fruttuoso sfruttamento del suolo; nuovi terreni venivano mess i a cul tura e g l i a ra t r i disseppellivano gli avanzi delle civiltà precedenti.

Le iscrizioni che venivano scoperte e che il giovanissimo studioso traduceva e pubblicava erano le voci dei progenitori, messaggi inviati dal passato al nostro presente, che finalmente t r o v a v a n o c h i l i r e n d e s s e espliciti. Fino da allora egli

comprese l’importanza di questo contatto con il passato per la comprensione del presente , ma accanto all’interesse per la storia dei propri luoghi, in una concezione unitaria dello sviluppo dello spirito umano, non volle concentrarsi unicamente sui resti, pure affascinanti, della civiltà picena e romana, ma da vero pioniere almeno in Italia, intraprese quello dello studio delle civiltà orientali che avrebbe portato la sua fama a dimensioni in ternazional i e addi r i t tura planetarie. Nel corso della sua lunga carriera di scienziato non dimenticò la terra nativa, come stanno a testimoniare i saggi sulle Marche e il Tibet, nonché quelli su Leopardi e l’India, ospitati molti anni dopo su quegli Atti e Rendiconti della Deputazione di Storia Patria delle Marche che avevano dato alle stampe la sua pr ima pubbl icazione scientifica. Così pure l’interesse archeologico, dimostrato nei primi lavori, tornerà a rivelarsi nelle opere della fecondissima maturità, anche se rivolto ad altri paesi ed ad altri popoli, ma l’uomo, egli scriveva in seguito, è sotto ogni cielo la medesima creatura, lo studio di civiltà e dottrine geograficamente e temporalmente lontane non rappresentava e non rappresentò mai per lui una fuga dai problemi contingenti e dalle necessità del presente. La tipografia Unione di Macerata stampò nel 1914 un saggio di Giuseppe Tucci dal titolo “Due filosofi pacifisti dell’estremo Oriente”. In quel momento terribile per l’Europa e per il mondo, quando scoppiava il primo conflitto mondiale, il messaggio di pace di Mozi, il

pensatore pacifista cinese del IV secolo a.C. teorico e assertore dell’amore universale, veniva fatto conoscere per la prima volta in Italia e mandava un messaggio chiaro e inequivocabile agli uomini che follemente correvano verso la guerra.

Questa lo vide combattente e al tempo stesso studente di lettere all’Università di Roma, mentre già si affermava come saggista insigne che concentrava i suoi studi sulla storia del pensiero cinese e indiano, e sui rapporti tra il pensiero orientale e quello greco e cristiano.

A Roma trovò maestri che ben presto, dopo che gli ebbero dato quanto avevano da dargli, furono superati dall’al!ievo. La Storia della Filosofia Cinese Antica, pubblicata a Bologna, nel 1922 e prima rielaborazione di studi che avevano già visto la luce negli anni della guerra, riporta in prima pagina i l doveroso omaggio dell’allievo ai maestri, a Giovanni Gentile, Carlo Formichi, Giovanni Vacca, che l’indirizzarono, i1 primo alla filosofia, gli altri all’orientalismo.

Seguivano subi to dopo le magistrali Linee di una Storia del materialismo Indiano, che l ’Accademia Nazionale de i Lincei pubblicava nel 1923 nei suoi Rendiconti. In queste Linee affrontava un filone di studi e ricerche erroneamente trascurato dagli studiosi che lo avevano preceduto, e giungeva a mostrare un interessante aspetto del pensiero indiano. L’India muoveva allora, i primi passi verso il rovesciamento del regime coloniale e verso l’indipendenza, 1’India voleva vivere la propria vita autonomamente e Giuseppe Tucci con i suoi studi sfatava il mito, il luogo comune tanto diffuso, anche tra le persone colte, per cui l’India sarebbe

stata, cito le sue parole, “un paese di sognatori e di asceti che in preda ai loro misitci entusiasmi hanno rinnegato il mondo e la vita”, opinioni, egli diceva, “false e convenzionali”, che solo uno studio severo e attento poteva contrastare, contribuendo alla reale comprensione dei problemi contingenti.

Se sul la sogl ia dei t renta anni Giuseppe Tucci poteva già sembrare, come era, uno studioso affermato, sia in Italia che a l l ’ e s t e ro , pe r numero e pubblicazioni e contributi sc ien t i f i c i , t an to da esse re considerato già allora uno dei maggiori espert i del mondo orientale, di questo mondo gli mancava l’esperienza diretta, quella che in seguito avrebbe raccomandato a tutti i suoi allievi e che consiste nella dimestichezza non solo con monumenti e con luoghi insigni dei paesi studiati, ma in particolare nell’esperienza di vita quotidiana, nel camminare pe r l e s t r ade misch iandos i t r a l e f o l l e , c h e s e p p u r e sembrano es t ranee a p r ima vista, partecipano; della nostra umanità, dei nostri ideali, dei nostri problemi. E l’esperienza venne e fu entusiasmante. Fu quel la de l l ’ insegnamento a Shantiniketan, in India, in quella università che Rabindranath Tagore aveva fondato come centro di incontro di mentalità diverse, di diversa formazione culturale, tutte tese insieme ad unico ideale di fratellanza umana.

Cinque anni di permanenza in India, a stretto contatto con lo stesso Tagore, e con numerosi pandithe guru, coi quali poter conversare in sanscr i to de i principi e dei problemi della fi losofia indiana, segnarono una profonda impronta sulla sua vita e sulla sua concezione del mondo. A Shantiniketan

p o t è m e g l i o c o m p r e n d e r e , vivendone l’esperienza, come i popoli potessero affratellarsi grazie alla reciproca conoscenza. Ivi insegnò italiano, cinese e tibetano quasi a simboleggiare che tutte le civil tà debbono scambievolmente comprendersi e conoscersi e che non ci si può esclusivamente racchiudersi in se stessi. Accademico d’Italia, professore ordinario prima di cinese a Napoli, poi di religione e di filosofia dell’estremo Oriente a Roma, egli non riposò sugli allori accademici, né si limitò

a impartire dalla cattedra un insegnamento da tavolino. Gli anni della maturità furono da lui dedicati alla ricerca attiva, alla scoperta di regioni fisicamente e spiritualmente ancora inesplorate, a l la raccol ta s is temat ica di materiale artistico e letterario, d i documentaz ione s tor ica . Furono gli anni delle memorabili spedizioni scientifiche nel Tibet Occidentale e Centrale, i cui r isul tat i segnano una pietra miliare nella nostra conoscenza di quel lontano e, grazie a lui, non più misterioso paese.

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Frutto di quelle spedizioni sono le opere maggiori di Giuseppe Tucci, che ne hanno aumentato e garantito la fama imperitura. S i t ra t ta d i se t te volumi d i I n d o - Ti b e t i c a , p u b b l i c a t i dall’Accademia d’Italia tra il 1932 e il 1942, e Tibetan Painted Scrolls, gioiello dell’editoria italiana pubblicato nel 1949 dalla Libreria dello Stato. Si tratta di tre volumi sulla storia, sulla cultura, sull’arte tibetana, opera fondamentale sull’argomento come afferma il consenso degli studiosi di tutto il mondo. La seconda guerra mondiale lo costrinse ad interrompere le spedizioni che vennero riprese, però, non appena le circostanze lo permisero.

Un’ul t ima spedizione nel Tibet, nel 1948, 1o portò fino a Lhasa, e gli dette la ventura di osservare per l’ultima volta un Tibet, che di 1ì a poco sarebbe scomparso. Tra il 1952 e il 1954 fu poi la volta del Nepal. È merito delle sue ricerche e scoperte se possiamo ora conoscere la storia di questo paese, racchiuso tra i monti dell’Himalaya, nel periodo corrispondente al nostro medioevo.

C o n l a m e t à d e g l i a n n i Cinquanta si apre un nuovo

p e r i o d o n e l l ’ a f f a s c i n a n t e avventura umana e culturale di Giuseppe Tucci. La pubblicazione proprio in questo tomo di tempo d e i M i n o r B u d d h i s t Te x t s , testi minori buddisti, e della b, grosso volume per l’editore Laterza, sembrò segnare un punto di demarcazione tra una fase e l’altra della sua vita di scienziato. Preclusa oramai ogni possibilità di nuove spedizioni scientifiche in Tibet, a causa degli avvenimenti politici che interessarono quella regione, la sua attenzione si rivolse alle grandi vie di comunicazione tra Oriente e Occidente, alle orme lasciate da Alessandro Magno nel suo cammino verso l’India; fu un ritorno alla scoperta delle tracce lasciate dagli uomini tra le pietre, che hanno visto le loro sofferenze e le loro gioie, i loro sogni realizzarsi o inf rangers i . Per capi re i l presente bisognava ancora una volta rivolgersi a interrogare il passato e, là dove mancava la documentazione scritta o questa era insoddisfacente, andare alla ricerca del dato archeologico.

F u c o s ì d a l u i f o n d a t o a l l ’ i n t e rno de l benemer i t o Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO),

che pres iedeva da c i rca un decennio, un Centro Scavi, che ha portato e porta avanti numerose campagne archeologiche che si ripetono annualmente dal 1956 in Pakistan, Afghanistan, Iran e Nepal; campagne che hanno subito interruzioni e vicissitudini, specie per l’instabilità politica delle regioni in cui operano, m a i c u i r i s u l t a t i p o s s o n o essere tangibilmente ammirati e riscontrati visitando il Museo Nazionale di Arte Orientale di Roma. Questo Museo - creato, praticamente dal nulla, nel 1957 – è assurto in un quarto di secolo a livello internazionale, e non sfigura per la qualità, se non per la quantità dei pezzi esposti, con altri musei stranieri di ben più, antica tradizione.

L’ISMEO, del quale egli fu presidente per trent’anni dal 1948 al 1978 per esserne poi Presidente onorario fino alla morte, è infine un’altra delle sue realizzazioni, anche questa destinata a durare. L’Istituto organizza corsi di lingue e di cultura orientali, possiede una biblioteca orientalistica di primo ordine, pubblica riviste di livello internazionale e collane di studi e ricerche che tengono alto il nome dell’orientalismo italiano nel mondo.

I n q u e s t a m u l t i f o r m e e d intensa attività egli tenne sempre per fermo che al centro di ogni interesse dovesse trovarsi l’uomo, quell’uomo che in ogni tempo e sotto ogni cielo riteneva che fosse sempre fondamentalmente uguale. E dalla dimensione umana non volle mai discostarsi.

Usò i mezzi moderni, ma non ne divenne schiavo. Fu l’ultimo d e i g r a n d i e s p l o r a t o r i c h e percorsero a piedi le immense foreste tropicali subhimalayane, gli sconfinati altipiani, le pendici del tetto del mondo, sempre alla ricerca della conoscenza

r ec ip roca t r a i popo l i . Ma questa conoscenza egli vedeva minacciata da certe storture della modernità che rischiano di ridurla ad una semplice larva, pur sotto specie baluginante ed illusoria.

T r a i t a n t i m e r i t i s u o i , i l m a g g i o r e , p e r ò , è s t a t o q u e l l o d i a v e r p o r t a t o u n profondo r innovamento nel campo degli studi orientali , indicando con l’insegnamento e con l’esempio quella che è l’unica strada che permette la rec iproca comprensione t ra i popoli: l’esperienza diretta di altri mondi e di altre genti, u n i t a c o n l ’ i n d i s p e n s a b i l e e accorta e puntuale analisi filologica delle fonti. I suoi allievi non dimenticheranno il suo insegnamento, e se cruccio avranno sarà quello di non essere capaci di eguagliare il maestro, di non sapere infondere nei propri discepoli tanta passione per gli studi e di non essere in grado di indirizzarli con altrettanta sapienza e sicurezza.

Varrà la pena, nel terminare questo ricordo, riportare qui le parole che egli dettava nel 1972, quando r iprendevano le pubblicazioni della serie di volumi dedicati alla Cina, da parte dell’ISMEO:

“Nel groviglio tormentoso delle macchine e nell’impero della tecnica dal quale siamo minacciati di essere travolti può redimerci solo la cultura. L’uomo colto deve, cioè, opporsi all’insidia che scava torbidi abissi di incomprensione tra i popoli, i nostri giudizi sono offuscati da preconcetti che cambiano come onde sul mare agitato dal vento. Nell’interesse di tutti l’uomo colto, ed è a lui che faccio appello, deve assumere il compito, arduo ad assolvere, ma non assurdo, di andare contro corrente, di far da ponte tra i popoli, di instaurare

amicizie valide e serene con lo scopo di cooperare ad una pace che salvi l’umanità dei pericoli che su di lei incombono. M a l g r a d o t a n t i d i s c o r s i e ripetute affermazioni insincere, anche se qualche volta ispirate da religioso pietismo, l’odio prevale sull’amore, l’interesse sull’amicizia, il privato, sia esso uomo o nazione, sull’universale. I1 dovere dell’uomo di cultura è proprio questo, di tentare di riuscire dove gli altri mentono o falliscono: l’uomo è sotto ogni cielo la medesima creatura, illusione breve tra due misteri: la vita può ancora sorridere se l ’animo è puro, aper ta a quell’amore che tutto accomuna, tutti i viandanti ardimentosi e spauriti nell’incerto cammino sotto l’angoscia del tempo. Noi - egli continuava - dalla Cina siamo lontani nello spazio, così pure dall’India, dal Nepal, ma possiamo spiritualmente essere ad essa più vicini. L’appartenere ad uno stesso continente, parlare lingue affini, non significa nulla; ci si può sentire più prossimi a chi è più lontano e – concludeva - così almeno accade a me che da più di cinquant’anni vado perigrinando per l’Asia”.

Questo grande marchigiano che stiamo oggi ricordando è stato onorato più nei paesi asiatici, che tanto contribuì a far conoscere che non in Italia. Numerose le lauree Honoris Causa che gli vennero conferite, tra cui spicca quella, voglio ricordarlo, essendo professore in quell’università, dell’Università di Macerata. Innumerevoli le Accademie e le società dotte delle quali fece parte e non dimenticheremo, e ci fa onore, quest’Istituto Marchigiano Accademia di Scienze Lettere e Arti, come ha ricordato poc’anzi il Presidente. Importanti premi ricevuti, e tra questi mi piace

ricordare il premio Nehru per la comprensione internazionale del ‘76, il premio Balzan per la storia del ‘79. Alla solenne commemoraz ione , t enu ta s i a Roma, nel trigesimo della d i p a r t i t a , i n t e r v e n n e r o i l Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, il Vice presidente del Consiglio Forlani, il ministro degli Affari Esteri Andreotti e gli ambasciatori di tutti i Paesi Asiatici. Così le nazioni che egli tanto aveva contribuito acché si comprendessero vicendevolmente gli rendevano l’estremo doveroso omaggio.

E cosi è bene che venga ancora ricordato, qui, nella regione natale e nel suo capoluogo, perché serva di esempio ai giovani, e perché i meno giovani traggano dalla sua memoria conforto alla continua battaglia per il farsi della scienza, in vista della comprensione e l’amore dei popoli, che solo lo studio e la pace potranno assicurare.

Piero Corradini

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朱塞佩·图齐其人

朱塞佩·图齐,1894年6月5日生于马切拉达。作为马尔凯人,他继承了利玛窦、贝利加蒂、塞维尔利尼的传统,并不断发扬光大,获得了新的成就。正是由于这些人的努力,马尔凯大区才得以成为意大利境内对东亚国家开展研究最多的大区。

年轻时候图齐学习的是马切拉达本土的一些文献,尤其是碑文。1911年的马尔凯地方文献中就收录了他研究文章,同年,罗马德意士考古研究会还出版了他用拉丁文写的文章,而这一年他才十七岁。当时,中部意大利的农村地区正在发生着深刻的变化。世纪之交时曾出现过大规模的移民潮,新的农业技术的引进使农民可以更有效的利用土地,土地与文化关联了起来,农民的犁头下经常能挖掘出前朝的遗物。

新发掘的碑文是祖先的声音,是古人给今世传递的信息,现在终于有人把它们翻译出来,让更多的人能够看明白。从那时起,图齐开始明白这种与过去的接触对理解现在是多么的重要。除了对生于斯长于斯的土地的关注与兴趣外,他不愿把目光仅仅放在比切诺和罗马文明的遗迹上,同时对东方文明也展开了研究。正是这些研究成就了他本人的声望,使他在全世界都享有盛名。在他漫长的治学生涯中,他从来没有忘记生他养他的土地,这一点我们可以在他写的关于马尔凯、西藏、以及莱奥巴蒂和印度的杂文中找到印证。其早年作品表现出的对考古的举趣在他后来丰产时期的作品中又一次体现出来,尽管这些考古研究是针对其他国家和其他人民的,他写道:“人,无论处在哪片天空下,都是同样的生物,一头连着生,一头连着死。他对遥远的文明与理论进行研究,并不表明他想逃离当今社会的现实问题。1914年,马切拉达印刷厂刊登了图齐的一篇杂文,题目

是“远东地区的两个和平主义哲学家”。1914年正是第一次世界大战的时候,在这个对欧洲以及世界来说都很可怕的年代里,墨子--公元前四世纪的中国思想家第一次介绍到意大利来,给当时疯狂陷入战争的人们带来了和平的信息。

图齐极具战斗力,当时,他正在罗马大学文学系学习,已经是一位著名的杂文家了,他把研究精力集中在中国与印度思想史、东方思想与希腊及基督教思想的关系上。

在罗马跟着老师们学习一段时间后,图齐很快就超过了他们。1922年,他在波罗尼亚出版了《中国古代哲学史》,其实在一战期间他便已开始了相关研究。在这部书的首页上,图齐表达了自己对老师们的敬意,他们是乔万尼·詹蒂勒、卡罗·佛尔米基、乔万尼·瓦卡,乔万尼·詹蒂勒教他哲学,其他几位传授的是东方学。

接下来,他又创作了一系作著作:《印度唯物主义史纲要》,意大利林琴国家科学院1923年出版。这部《纲要》里他列举了他之前学者们忽视的研究,向读者展示了印度思想很有意思的一个侧面。当时的印度,殖民体制正走向覆亡,国家要求独立,印度要求自主决定国家的命运,图齐通过他的研究驳斥了一些陈旧的观点,“这是一个充满梦想家与苦行僧的国度,他们空有一番热情,背叛着世界与生命。”图齐认为这些观点完全不正确,只有通过认真细致的研究才能够驳倒它们,使人们对有关问题有一个正确的理解和认识。

无论是从出版作品的数量来说,还是从他对科学的贡献来说,图齐已成为在意大利及国外都相当著名学者了,而此时他才三十岁左右,他被认作是世界上最有分量的东方学专家之一,但他本人却从未与东方有过直接接触。后来,他鼓励他的学生们去东方,去亲身体验另一个世界,不仅仅是熟悉书上学到的东方国家的名胜古迹,更是要对东方国家

的日常生活有所体验和了解,要走在小路上,混迹于人群之中,也许看第一眼的时候,这些人显得很奇怪,但他们也有着与我们一样的人性、理想和问题。后来,图齐完成了东方体验,而且是一段充满激情的经历。这段经历就是图齐在印度圣提尼克坦大学里的教学经历。圣提尼克坦大学是泰戈尔创办的,在这里,各种思想、文化背景相互交汇,并树立同一个理想---博爱。

在印度居住了五年,并与泰戈尔近距离接触,得以与很多大师交流印度哲学问题,这给他的生活以及他对世界的认识留下了深刻的印迹。在圣提尼克坦他通过直接体验,更好地理解了不同的人民可以通过相互了解,结下友谊,成为兄弟。图齐在那里教授意大利语、中文和藏文,似乎想说明所有的文明都应该相互了解、相互理解,而不能够隔绝在自己的天地里。图齐作为意大利学者,先在那波里大学教授中文,后又在罗马讲授远东哲学与宗教。他从不躺在荣誉的桂冠上,也不仅仅限于课堂教学,盛年的图齐花了很多年时间搞研究,去发现那些无论是在地理上、还是在精神上都未认识的地区,去系统地收集艺术与文学材料和历史文献。正是在这些年里头,他去西藏东部与中部探险和考察,对我们今天对那个遥远却已不再神秘的地方的了解与认识,他的努

力起到了里程碑的作用。那些考察的成果是图齐写

下了他一生中最重要的作品,这又进一步增添了他的名望。这些作品包括七部关于印度、西藏的书,于1934年到1942年间出版,以及《西藏画卷》,1949年由国家印书馆出版,这是意大利出版界一颗明珠。《西藏画卷》共分为三册,分别谈到了西藏的历史、文化和艺术,世界各国的学者都认为这本书是关于西藏的最重要作品。由于第二次世界大战的爆发,他不得不中断考察,直到后来条件刚刚允许,他又继续。

图 齐 最 后 一 次 去 西 藏 是1948年,他一直到了拉萨。这次考察是他最后一次得以近距离观察西藏,之后情况发生了变化。在1952年至1954年间,他去了尼泊尔。由于他的研究与发现,我们今天才得以了解这个闭塞于喜玛拉雅山中的国家的历史,当时的尼泊尔类似于中世纪的意大利。

50年代中期,图齐开始了新的、极有意义的文化之旅。关于印度历史哲学的《小乘佛经》的出版标志了他作为学者实现了阶段性的转变。后来由于西藏境内发生的政治运动,去西藏的可能性已不复存在,在前人成果的基础上,他把注意力转到东西方交流上来。于是,他开始寻找前人留下的足迹,追寻前人的欢喜悲忧,前人圆梦的欣喜和梦破碎时的忧伤。为了理解现在,就必须再次去探询过去,如果在探询过去时发现缺乏书面文献,那就得去考察,去发现。

就这样,他在自己主持的意大利中远东研究会的内部成立了一个“发掘中心”,自1956年以来,年年推动在巴基斯坦、阿富汗、伊朗和尼泊尔的考古活动。但由于当地的政治原因,这些活动有过中断和意外,只要我们参观一下罗马东方艺术博物馆,我们便能深刻领会到这些活动取得的非凡成果。罗马东方艺术博物馆于1957年成立,可以说是白手起家,靠着20多年的努力,这个博物馆跻身于世界优秀博物馆

之列,当然,如果算起展品的数量来,与那些历史悠久的博物馆相比,也许要少很多,但从质量上来说却一点不逊色。

1948年到1978年间,图齐担任意大利中远东研究会会长,后来一直是名誉会长,直至去世。意大利中远东研究会也是图齐的一项工作成果,会长期留存。研究会还组织东方语言及文化课程,拥有自己的东方博物馆,出版杂志和研究文章,这一切都使意大利的东方学研究在国际上赫赫有名。

在所有这些各类研究和活动中,他一直都坚持一点:这就是人是一切的中心,无论何时何地,从根本上来说,人是平等的。图齐一直坚持这一点。

图齐使用先进工具,却不成为现代化的奴隶。他是最后一个徒步穿行于喜马拉雅南部热带雨林、无边无际的高原和世界屋脊的人,他一步一个脚印地去寻求民族之间的相互认识与了解。他认为这些认识与了解正受着一些扭曲的现代化的威胁。

图齐一生最大的成就之一是深刻推动了东方学研究,他通过亲身经历教育人们实现不同民族间的相互理解的唯一道路是,要与不同的世界、不同的人民直接接触,并要对获得的信息进行认真细致的分析和研究。他的学生们没有忘记老师的教诲,如果他的弟子们要是有什么遗憾的话,那唯一的遗憾可能就是无法超越他们的老师,无法向他们自己的学生传递老师的那种对研究的热情,无法象图齐那样用智慧去引导学生。

在结束这篇文章的时候,我认为有必要引用图齐1972年说的一段话,这段话是图齐在东方研究会再次出版他关于中国的一些文章时说的:

“在科技与机器日益发达的今天,我们存在着被科技压制的危险,而唯一可以拯救我们的是文化。文化人应该坚决反对不同民族间的差距扩大。不断变化的偏见影响着我们的判断。为了所有人的利益,我文化人发出这样的号召,文化

人应该担当起这样的责任,它是很艰难的任务,但不荒谬,文化人就是要敢于逆流而上,要在不同民族间承担起桥梁的作用,为建立友谊与和平而努力,拯救人类于危险之中。尽管现在有这样那样的讲话和宣言,还带着宗教般的同情,但缺乏真诚,仇恨超越了爱,利益超越了友谊,个体超越了集体。文化人的义务是要千方百计做别人做不到的事情。无论身处何地,人都是一样的。如果精神纯洁,生命依然可以微笑,生命向包容一切的爱敞开怀抱,向所有来去匆匆的人敞开怀抱。在空间上,我们与中国、印度、尼泊尔相距离万里之遥,但在精神上,我们可以与它近在咫尺。同属一个大洲,说着相似的语言不说明任何问题。有些人,就算远在天边,也让我们感觉近在眼前。至少,在我对亚洲顶礼膜拜这50年里,我的感觉是这样。”

我们今天纪念的这位伟大的马尔凯人曾帮助我们更多地了解亚洲国家,他在那些国家里受到的尊敬比在意大利多得多。他曾被授予很多荣誉称号,其中一个重要称号便是马切拉达大学名誉教授。我要提到这一点,是因为我本人也是马切拉达大学教授。图齐还是很多著名学术组织的成员,如马尔凯文学艺术研究院。图齐获得许多奖,如1976年尼赫鲁国际理解奖,1979巴仁历史奖。意大利总统佩尔蒂尼、副部理佛尔拉尼、外交部长安德雷奥蒂和所有亚洲国家大使都出席了这次隆重的授奖大会。图齐为各国之间加强认识与了解作出了重大贡献,这些国家也给了他崇高的荣誉。

今天,在他的家乡纪念图齐是一件好事,有利于让青年朋友们以他为榜样,让那些不再年轻的人从对他的记忆中寻找安慰,克服治学道路上的种种困难,致力于不同民族间的理解与友谊,而只有研究与和平才能保证这一目的的实现。

Piero Carradini

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Confucio e Lao-tze, più che alla storia delle religioni – come è ormai consuetudine – dovrebbero appartenere alla storia della filosofia, perché essi, se furono grandi pensatori, non fondarono certo nessun nuovo credo religioso. Il Confucianesimo infatti è un sistema di morale e di scienza politica che, conformemente alle direttive del maestro, si è mantenuto intimamente areligioso e indifferente verso i valori dello spirito, che non siano quelli mediati e pratici. Con intima contraddizione, esso sanzionò bensì i riti e i culti tradizionali; ma ciò fece, soltanto per uno scopo pratico, riconoscendo nelle religioni un valore ed un contenuto sociale; d’altra parte, in un popolo già per se stesso estraneo a vive preoccupazioni religiose, e ignaro di quell’ansia del divino che contraddistingue a mo’ d’esempio l’indiano, contribuì potentemente, con il suo naturalismo razionalistico, a fare stagnare ogni possibile tentativo di rinascita religiosa, non solo impedendo che le antiche vaghe concezioni si incarnassero nei definiti contorni di divinità personali, o si spiritualizzassero in mistiche aspirazioni verso l’Assoluto e l’Eterno, ma addirittura dissolvendole in rapporti e leggi fisiche, o in astrazioni filosofiche.Il taoismo d’altra parte presto degenerò in un volgare, superstizioso sciamanesimo; e sperdutosi nei farneticamenti degli alchimisti, assetati d’immortalità e tutti dediti alla ricerca della pietra filosofale o alla fabbricazione della miracolosa bevanda capace di prolungare la vita, non fu più in grado di continuare, e forse nemmeno di comprendere, l’indagine speculativa iniziata da quel Lao-tse e da quel Chwang-tze, che pure erano stati i suoi più segnalati maestri. E se in seguito ebbe monasteri e papi, templi e riti, il taoismo sorse, come sistema di filosofia, affatto spoglio di contenuto religioso.Né basta. Confucio e Lao-tze, piuttosto che creatori ex novo di dottrine originali, debbono considerarsi come i più espressivi rappresentanti di due correnti di pensiero, già prima di loro venutesi elaborando sul suolo cinese, cui essi, integrandole e completandole, dettero un’impronta personale, ed una forma definitiva. Corrente razionalistica e pratica l’una, idealistica e mistica l’altra, tradiscono nel mondo del pensiero quello stesso dualismo che fu sempre

CONFUCIO E LAO-TZE

palese nella storia della Cina fra nord e sud.

NORD E SUD IN CINADifferenza di clima e di suolo e perciò diversità di condizioni di vita, infiltrazioni e contatti di altri gruppi etnici contribuirono a sviluppare attitudini e tendenze opposte fra i cinesi stanziati lungo le rive del Hwang-ho e quelli abitanti lungo lo Yang-tze Kiang, e a sud di esso. Pratici e positivi i primi, agricoltori laboriosi, pronti a mutarsi in guerrieri per difendere il paese dalla minaccia sempre incombente delle orde tartare e turche, indifferenti ed agnostici verso i massimi problemi, non seppero sviluppare che il contenuto sociale delle loro primitive intuizioni religiose; ma, se non avessero subìto la spinta del Taoismo e del Buddhismo non avrebbero mai superato l’etica e le scienze politiche. I meridionali, invece, disposti a concedere più alle esigenze dello spirito che ai bisogni della vita pratica, ebbero spiccate tendenze al panteismo in religione, all’individualismo in politica, al misticismo in filosofia. La poesia politica ed aulica prosperò nel nord, calcata più o meno volutamente sulle odi dello She-king, allegoriche, impersonali, si potrebbe dire, stilizzate.Nel sud, fra un popolo che alla collettività contrappone come unico e reale valore l’individuo, che nelle sue tendenze mistiche era più in grado di intendere le sublimi armonie dell’universo, fiorirono la lirica e l’elegia, personali, soggettive, espressione immediata di un commosso e sincero sentimento della natura, dai lamenti di Ch’u Yuen – il Pier della Vigne della Cina antica – alle odi di T’ao K’ien e Pao Chao.Confucio nacque nel nord ove si svolse tutto il rigoglio del pensiero confuciano e fiorirono i più grandi statisti e letterati della Cina; Lao-tze sortì i natali nel sud, in quello stato di C’hu, che sempre con sprezzante alterigia fu riguardato dalla scuola Confuciana, pronta a rinfacciargli i costumi strani e la lingua barbara, così come nel sud nacquero tutti i più segnalati maestri del Taoismo e più tardi si diffusero in prevalenza le scuole mistiche del Buddhismo.

CONFUCIOConfucio, come s’è detto, non fu un riformatore.

Egli non annunciò nuovi tempi, né aperse nuove vie, ma impersonando gli ideali del suo popolo, che in lui per la prima volta assursero a chiara coscienza di se medesimi, si rese modello di suprema perfezione agli occhi dei suoi connazionali, che in lui videro quasi simboleggiati i caratteri fondamentali della loro razza. «Il loro Confucio – dice giustamente il Voltaire con quella mirabile penetrazione che sempre lo distingue – non immaginò né nuove opinioni né nuovi riti: egli non fu né l’ispirato, né il profeta, ma un saggio magistrato che insegnava le antiche leggi. Noi diciamo qualche volta la religione di Confucio; egli non ne aveva affatto una diversa da quella di tutti gli imperatori e di tutti i tribunali, né da quella dei primi saggi».Egli non conobbe lotte né dubbi, ed ignorò forse quegli intimi travagli, quelle ansie spirituali che quasi tutti i sommi sperimentarono. Salvo alcuni disinganni subìti nella vita politica, e che egli doveva forse inevitabilmente incontrare perché, un po’ troppo utopista, s’imaginò che gli uomini realmente fossero quali avrebbero dovuto essere; e insieme incapace, nella sua rigidezza morale, di compromessi e d’accomodamenti, la sua vita trascorse tranquilla in dotti ed austeri conversari con i suoi discepoli, in ammonimenti a prìncipi e ministri, e infine nel raccogliere, nello studiare, nel commentare l’antica letteratura nazionale, storica, poetica, filosofica.Di propriamente suo nulla ci rimane, se non sparse sentenze e discorsi avuti con i suoi prediletti scolari, conversati in raccolte non prive di interpolazioni e rimaneggiamenti, e una arida cronaca della sua patria, lo Stato di Lu, in cui egli nacque nel 551 a.C. A questa cronaca egli credeva nientemeno perpetuamente legata la sua gloria; né sapremmo spiegarne il perché, se non seguendo l’opinione del Franke, il quale, recentemente, ha cercato di dimostrare che a quegli scheletrici annali doveva accompagnarsi un’interpretazione esoterica di politica e morale, verbalmente impartita dal maestro ai discepoli, e forse in parte conservataci, attraverso tutta una serie di scolarchi nel commento di Ku-liang.Confucio fu, dunque, anzitutto uno storico ed un erudito, che nelle memorie del passato vide fulgidi esempi di virtù da proporre come modello al suo popolo: ma se scrive di storia, egli è assolutamente privo di senso storico, perché anche lui ignora che la verità è figlia del tempo, che quanto più la civiltà invecchia, tanto più s’arricchisce di nuove esperienze e nuovi valori; laddove egli sogna senz’altro un ritorno all’antico, un ripristino delle antiche istituzioni e degli antichi costumi, non trascurando

di celebrare ad ogni occasione gli intemerati mores majorum a discapito dell’età sua, età che egli crede di decadenza e corruzione.

SISTEMA POLITICO.Spirito essenzialmente areligioso e pratico, non si occupò mai di indagini metafisiche. Iddio, la morte, le audaci speculazioni non interessano affatto; anzi, a giudicare da alcuni passi del Lun-yu, sui quali ritorneremo, egli assunse di fronte a tali problemi, una posizione agnostica. S’indugia invece, quasi esclusivamente, su questioni di morale e di politica, i due aspetti fondamentali di tutta la speculazione cinese. E il suo sistema di politica e di morale non è già una creazione originale della sua mente, non costituisce una innovazione, ma è strettamente connesso alle condizioni della società cinese a lui contemporanea, feudale nella sua costituzione politica, patriarcale in quella famigliare.

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L’individuo si annulla di fronte all’interesse della collettività, ma deve cooperare con tutte le sue energie alla vita sociale a seconda delle sue attitudini e delle sue capacità, regolando la sua condotta e le sue aspirazioni a secondo del grado o della funzione che è chiamato ad esplicare. Obbedienza e rispetto sono le doti essenziali dell’uomo come «animale politico»: obbedienza e rispetto che debbono attuarsi nella vita civile, «dopo essere divenute nelle singole coscienze abitudine» per via di un costante tirocinio esercitato nell’ambito famigliare. Poiché la famiglia è la prima base dell’organismo sociale, prima di essere buoni cittadini - Confucio lo ripete a sazietà - occorre essere buoni figliuoli; così come, per ben servire il proprio principe, bisogna prima aver imparato ad ubbidire ai propri genitori. Ecco come il Hiao, ubbidienza o pietà figliale, finisce col diventare, secondo la concezione cinese, la virtù fondamentale, e addirittura la base dell’umano consorzio.«La pietà figliale» - si legge nel 1° cap. del Hiao-King, attribuito a Confucio - «si divide in tre sfere: la prima consiste nelle cure e nell’obbedienza dovuta

ai propri genitori; la seconda comprende i doveri verso il principe e lo Stato, la terza, che è poi la più eletta, risiede nell’acquisto di quella virtù su cui poggia la nostra perfezione morale»

COSMOLOGIA ED ETICAMa questa virtù, che con minuta precettistica Confucio vuole inculcare negli animi, non è che l’esplicazione di tendenze innate nell’animo umano, le quali si predispongono al bene. A questo punto l’etica di lui si congiunge con quelle concezioni natural is t iche, che vantano in Cina origini antichissime e che Confucio, senza approfondirle, accolse, quale erano espresse in libri, al suo tempo famosi, come lo Yi-King. L’universo è, e diviene, in virtù di due energie cosmiche, che s’alternano e interferiscono con mutua vicenda, lo yin e lo yang, che astrattamente simboleggiano una serie di contrarii: il caldo e il freddo, la luce e la tenebra, il moto e la quiete, il maschio e la femmina, il dispari e il pari, la quale ha vaghe rassomiglianze con le dieci coppie pitagoriche di cui fa cenno Aristotele. Queste due modalità dell’energia cosmica, da cui deriva il succedersi delle stagioni, il corso determinato degli astri , l’armonia insomma dell’universo, e che nella loro stessa opposizione sono causa del mirabile equilibrio di tutto il creato, ubbidiscono ad una legge immanente, che fu chiamata presto tao - la via - e confusa spesso col T’ien («cielo»), che nel razionalismo confuciano, inteso nel senso vago di provvidenza, sostituisce lo Shan-ti o «imperatore supremo» delle Vecchie credenze religiose. Neppure l’uomo è fuori dal Tao;sicché questo ordine supremo è operante pure in lui e nel mondo che egli crea. C’è dunque un tao morale, che corrisponde al tao universale, che di questo è derivazione, e su questo si modella. E come quest’ultimo si esplica mediante le leggi naturali, così quello si manifesta come legge morale, la quale assume nell’animo umano tre aspetti fondamentali: a) un primo aspetto - che -, che possiamo tradurre per saggezza o prudenza, non dimenticando però che questa include l’atteggiamento pratico e l’atteggiamento teorico, non ancora differenziati, e che corrisponde a quell’equilibrio, morale e mentale, espresso, com’è noto, dalla φρόνησις della più antica filosofia greca; b) un secondo aspetto, - il jen - che, quantunque negli scritti confuciani sia adoperato in varie accezioni, è sopratutto l’ubbidienza a quella propensione morale innata in noi, quella socievolezza, che è la caratteristica più espressiva del nostro stesso essere, e che nel

Chung Yung diventa chen, tradotto di solito per rettitudine, ma che piuttosto corrisponde a sincerità, intendendo per sincerità la coerenza intima nella nostra vita, il seguire in tutto e per tutto quelle tendenze dell’animo nostro che sono poi l’aspetto morale, secondo cui si manifesta nell’uomo la legge universale; c) finalmente, il yu, la energia morale che ricorda, secondo la definizione che ne da lo stesso Confucio, l’αιδώς di Protagora, e può ben definirsi infatti una specie di timore morale in tutti insito. Uomini cattivi, dunque – secondo il Confucianesimo – e sopratutto dopo la nuova elaborazione della dottrina per parte di Mencio, che a buon diritto può chiamarsi il San Paolo del Confucianesimo – non esistono; ma esistono soltanto uomini non buoni, uomini cioè, che, soffocando la loro stessa natura, non hanno saputo o potuto dar pieno ed intero sviluppo a quelle tendenze al bene insite nell’animo di ogni persona. Il male infatti – di cui l’esperienza quotidiana ci offre continue e tangibili prove – non è altro che una violazione dell’ordine naturale, uno squilibrio nell’armonia dell’universo, e perciò, inevitabilmente, deve attirare sul trasgressore la punizione, che è il ristabilimento dell’equilibrio: una teoria questa, analoga all’altra dello Spencer, il quale vedeva anche lui nelle reazioni naturali, intese come puramente meccaniche, l’unico mezzo di disciplina morale; ma con questa differenza, che Confucio ha di mira soltanto la persona del principe e dei sommi, e non considera mai l’individuo singolo se non come volontà amorfa, che segue l’impulso che gli viene dall’alto. Per Confucio, tali sono i capi della cosa pubblica, e tali anche i sudditi, i quali di per sé sono incapaci di ogni determinazione morale; onde quelle tendenze al bene, che tutti, grandi e umili, hanno in sé innate, attendono per svilupparsi ed attuarsi l’esempio dei dirigenti lo Stato e le norme delle istituzioni politiche e sociali; senza il cui concorso resterebbero sopite, favorendo il trionfo dei più bassi istinti. Anche in ciò Confucio ci si dimostra quello che realmente è: non già banditore di nuovi verità e precursore di nuovi tempi, ma figlio della sua età e della società in cui visse, la quale ignorava il valore della personalità umana, come energia libera ed autonoma, soffocata, com’era, nella vita famigliare, dall’autorità del pater familias, e, nella civile, annullantesi di fronte al clan, alla Tribù , allo Stato, impersonato dal capo o dal principe.

ASSOLUTISMO POLITICOGli è perciò che tutta l’opera di Confucio è rivolta ai grandi: egli scrive per il principe, non per l’uomo del popolo il quale si muove nell’orbita in cui quello

lo trascina: «il popolo» - dice nel Lun-yu, (XII, 17), - «è come l’erba, e il principe come il vento: a seconda della direzione verso cui questo soffia, quella si piega».Muovendo infatti dalle concezione naturalistiche che aveva accettate, egli pensa che come la vicenda delle quattro stagioni serve di norma e guida alla varia ripartizione delle occupazioni umane, non altrimenti l’influsso morale del principe, che resta immobile e chiuso ad ogni contatto, nel suo territorio - il chung Kuo - , debba estendersi fino «ai quattro oceani», «come la stella polare fissa nel centro dei cieli regola il corso degli astri». Nel principe infatti si impersona il Tao cosmico o il volere del cielo, o la Provvidenza, come indifferentemente si trova scritto nelle opere confuciane. Onde, se esso si mostra indegno dell’alto incarico conferitogli, né rispetta il T’ièn-min («il mandato celeste»), come dice una formula tradizionale, nascono, quale inevitabile reazione allo squilibrio delle leggi universali da lui provocate, sciagure e calamità, che alla fine indurranno il popolo stanco, inconscio strumento di quell’ordine necessario che tende per forza inevitabile a ristabilirsi, a cacciare il sovrano inetto, per sostituirlo con persona più degna.Ecco quindi sanzionato da Confucio stesso un principio, che, come tutelava l’assolutismo più rigido e dispotico, poteva pure servire, come in fatto servì, a giustificare quelle rivolte e quei sollevamenti di popolo così frequenti nella storia cinese.

NATURALISMO RAZIONALISMO.A tutto questo si limita il pensiero di Confucio che non seppe né volle superare il ristretto campo dell’etica e della sociologia per sollevarsi alle altezze della speculazione metafisica. I massimi problemi gli sono indifferenti, il suo senso religioso è scarso. Neppure una volta nei suoi discorsi e nelle sue sentenze troviamo menzione dello Shan-ti, il dio supremo delle vecchie credenze nazionali, al quale egli sostituisce il Cielo o tao, intesi come simboli di quell’ordine cosmico, che la più antica speculazione cinese aveva scoperto nell’eterno divenire e mutarsi delle cose. E il Confucianesimo, più tardi, sempre fedele interprete di questo indirizzo razionalistico, non permise che mai si assurgesse al concetto di Dio personale dai caratteri ben definiti: «L’azzurro che incessantemente gira sopra di noi» - dice Chu hi, il grande interprete della rinascita confuciana sotto i Sung -, «è il cielo ; sostenere che nel cielo vi sia, come alcuni credono, un essere che punisca il male è assurdo».Confucio non prega, ma alla preghiera sostituisce

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l’ininterrotta pratica del bene; ed è cosi che, gravemente malato, ad uno scolaro che voleva sapere perché mai non pregasse, rispose: «è da tempo che io prego...», (Lun-yu, VII, 34) intendendo con queste parole che, avendo informato tutta la sua vita ai supremi principi morali, non aveva nulla da chiedere a dubbie divinità, alle quali del resto egli non mostra di credere. Ed allo stesso discepolo che l’interroga sulla morte, rispose essere vano studiare il problema della morte se prima non si conosce quello della vita (Ibid., VII, 16); come altrove affermava che meglio ancora del venerare gli spiriti è sapere servire e convenientemente trattare gli uomini (Ibid., XI, 11). Perfetto simbolo dell’anima cinese che non sa rinunciare a sicure certezze per perdersi dietro a dubbiosi fantasmi, egli sanzionò con la sua stessa autorità e con la sua dottrina, quel razionalismo e quel naturalismo intellettualistico che sono i caratteri segnalati della mentalità cinese.

FORMALISMO.Questo concetto immanente della vita è certo uno dei lati più notevoli del pensiero Confuciano; al quale spetta pure il merito di aver inteso umanisticamente la virtù, come la lotta, come continua affermazione della volontà, un’αvδρεìα, che è nostro obbligo e dovere attuare a costo di avversità e jatture. Ma non va però taciuto che troppo spesso egli confuse la morale con precetti che assolutamente esorbitano dal campo di ogni valutazione etica; e che, propenso a dare maggior valore alle manifestazioni esteriori, che alla sincerità interna, minacciò di sostituire, alla rettitudine e alla coerenza morale, l’osservanza del «Li» ossia una complicata serie di regole e norme, dal nostro punto di vista, assolutamente amorali, le quali non solo vincolano e comprimono ogni libera espansione individuale, ma, favorendo il formalismo e il convenzionalismo tendono a degenerare in finzione.E difatti il Confucianesimo, mentre da un lato, con questo suo culto della forma e dell’esteriorità, finì col soffocare, sotto il grave peso di un costume tradizionale, ogni libera affermazione della personalità umana, e fu non ultima causa di quella diffidenza e di quella doppiezza che gli occidentali spesso lamentarono nei Cinesi, dall’altro, per quella venerazione che rigidamente inculcò verso il passato e per quel rispetto della tradizione che sempre predicò, costituì uno degli ostacoli più gravi al rapido sviluppo della civiltà sinica.

LAO-TZE E SUA DOTTRINA COSMOLOGICA.

Mentre Confucio, trascurando i problemi di metafisica, s’affannava a raccogliere le memorie del passato da proporre come modello ai contemporanei, e sognando una riforma dei costumi, spronava alla pratica coscienziosa delle virtù civili, un solitario pensatore, nato nel Sud, nello stato di Chu, qualche anno prima di lui, schivando, al dire della leggenda, che presto ne velò la personalità storica, prìncipi e Corti, per misteriosi viaggi in ignoti paesi, confidava il frutto delle sue meditazioni ad un breve volumetto il Tao-te-King, alla cui interpretazione hanno faticato, e tutt’oggi faticano, i sinologi dell’Occidente europeo ed americano. Cinquemila caratteri in tutto; eppure il libriccino è talmente oscuro, che le traduzioni esistenti differiscono tra loro in misura tale, da giustificare la poco confortevole osservazione del Grube, che cioè un lettore, ignaro di sinologia, potrebbe spesso dubitare, di fronte a quelle, di aver fra mano traduzioni di opere diverse. Ma la difficoltà non è tanto nell’interpretazione dei singoli ideogrammi, o nella struttura sintattica, quanto nella stessa oscurità del pensiero, che s’esprime – come presso tutti i mistici – per simboli ed allegorie. Difatti Lao-tze fu, come vedremo, un mistico. Dal dualismo delle vecchie concezioni naturalistiche dello yin e della yang, egli assurge al concetto monistico del tao, che non è più, come il Confucio, ordine cosmico soltanto, o legge che governa l’alterna vicenda e l’interferire di due principi contrarii, ma sostanza ed energia al tempo istesso, quella materia, da cui risulta l’universo intero ed insieme quell’attività, originaria ed intima a ciascun essere, in virtù della quale l’essere è ciò che è e fa quello che fa.Ma Lao-tze, come tutti i mistici, è incapace di meglio definire questo tao, del quale il nostro, è un sapere che non sa – un nicht wissendes Wissen, per esprimersi con la frase dello Jacobi – perché esso tao trascende i dati dell’esperienza, e può essere solo oggetto di intuizione immediata ma non di conoscenza razionale.Il tao, dunque, come l’ŏν di Parmenida, il Brahman upanishadico, o l’ens di Spinoza è un concetto negativo: «Un tao che potesse definirsi – così egli comincia il suo libro – non sarebbe il tao assoluto; un’idea che si esprime non è l’idea assoluta. L’innominabile fu il principio del cielo e della terra; il nominabile (cioè il cielo e la terra stesso) fu la madre di tutte le cose. Chi è costantemente spoglio di passione ne intuisce l’essenza misteriosa; chi è dominato dalla passione ne vede solo le apparenze».Incapaci dunque di definirlo, possiamo solo

conoscere la «natura naturata», le manifestazioni sensibi l i d i questo assoluto pr incipio, che universalmente è, ed è universalmente operante, così nel mondo esterno, come in noi medesimi. Il mondo non è altro che la realizzazione di alcuni paradigmi o prototipi esistenti ab eterno nel tao, il quale, ubbidendo ad una intrinseca necessità – detta pure tao, con una anfibologia che nuoce alla intelligenza del sistema-, crea e riassorbe in sé la varietà infinita della realtà contingente.In fatto, quindi, non esiste né morte né vita, ma un perenne divenire che trasmuta e trascina gli esseri e le cose di forma in forma e di stato in stato, senza soluzione di continuità. Quando gli esseri hanno raggiunto il loro pieno sviluppo, ed esaurito il loro compito, si dissolvono per subito assumere nuove forme. Vana adunque e stolta è la paura della morte e fuor di luogo il dolore che la comune degli uomini sente al trapasso dei propri cari – perché nulla ci appartiene, in questo mondo ch’è governato dal fatale operare del tao. Sogno è la vita e sogno è la morte perché nell’onnipresenza del tao non c’è posto né per l’una né per l’altra, solo esistendo una perenne trasformazione, di cui non si conosce né principio né fine. «Tutti gli esseri» - dice Lao-tze nel cap. XVI - «dopo essere stati, io li veggo ritornare (là, da dove derivarono). Ogni cosa sboccia e fiorisce per ritornare alla sua radice. Il ritorno alla radice è quiete, la quiete è una nuova sorgente di vita. Così per l’eternità...»«Come posso io esser sicuro – dice Chwang-tze – che l’amore per la vita non sia in fondo un illusione e il timore della morte uno smarrimento o l’ignoranza del ritorno? Li chi era la figlia di Ai fung. Quando il principe di Tsi la condusse seco, pianse tanto che con le sue lacrime inzuppò tutta la veste. Ma appena giunse a Corte e divise con lo sposo letto e cibi, si pentì del suo passato dolore. Come possiamo noi sapere che i morti non rimpiangano di essere stati un giorno attaccati alla vita? Chi sognò di bere, all’alba si rattrista e geme; chi sognò angosce e lacrime, all’alba va ad una partita di caccia. Alcuni sognano e non sanno di sognare; altri, pur seguitando a sognare, ragionano sul loro stesso sogno, e solo una volta desti, riconoscono di aver sognato. Unicamente dopo il gran risveglio potremo sapere se questa vita non fu che un gran sogno. Ma gli stolti credono di essere sempre desti, e nella loro insania si credono davvero re od uomini del volgo...».

MISTICISMO E ANTINTELLETTUALISMO.Date queste premesse, riuscirà chiara la posizione

antintellettualistica che Lao-tze assume, diretta derivazione di quell’atteggiamento mistico, che caratterizza tutto il suo pensiero.Egli nega la scienza confuciana, nega quella vita civile, quelle istituzioni sociali, che Confucio aveva fatto principale oggetto dei suoi studi: la vita e le funzioni vitali sono di per sé spontanee; ogni norma che voglia regolarne lo sviluppo od infrenarne l’espansione apporta uno squilibrio nell’ordine cosmico. La società, così com’è oggi costituita, è un carcere, una rete d’illusioni e d’artifici dannosi, che, creando un mondo in aperto contrasto con quella schiettezza di natura, a cui il tao universale destina, ci fa vivere una vita che non è la vera vita, la quale dovrebbe consistere in una irriflessa e spontanea ubbidienza a quelle leggi cosmiche, che regolano il divenire e il trasformarsi incessante dell’universo, e che, essendo noi parte del tutto, agiscono e sono immanenti in noi stessi. L’ideale politico, universalmente accolto dai suoi contemporanei, ed in forma definitiva elaborata da Confucio, è per Lao-tze un non senso, che egli si propone di combattere.«Chi governa un piccolo stato e uno scarso popolo» - così dice nel cap. 80 - «non deve chiamare a pubblici

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uffici gli uomini di talento; ma, inculcando la paura della morte, evitare che la gente si assoggetti a viaggi; se pure vi siano carri e barche, non se ne faccia uso; se vi siano corazze e armi, non si adoperino. Si procuri che gli uomini tornino all’uso delle cordicelle annodate. Allora dolci saranno i cibi, belli gli abiti, tranquilla la casa, dilettevoli i costumi. Anche se due villaggi siano tanto prossimi che dall’uno si scorga l’altro, e che dall’uno si odano abbaiare i cani o cantare i galli dell’altro, si ponga cura perchè gli abitanti di tutti e due invecchino e muoiano senza mai visitarsi... »

SCETTICISMO;QUIETISMO; EVANGELISMO.Da questa posizione anti-intellettualistica è breve il passo allo scetticismo, che, già accennato nel Tao-te-king, pervade tutta l’opera del più tardo discepolo Chwang-tze! Nella pluralità infatti delle opinioni soggettive, che costituiscono la scienza, e che, per quanto opposte ed antitetiche, trovano sempre convinti ed accaniti sostenitori, mai a corto d’argomenti, manca, fino a che si resta nel campo della scienza stessa, un arbitro che risolva il dubbio e distingua chi ha torto da chi ha ragione. Per superare tutti i dissensi individuali occorre dunque superare la scienza e nell’immediatezza dell’intuizione, del tao, trovare quel criterio di assoluta ed indimostrabile certezza che nessun sapere potrà mai darci. «Immaginiamo che io discuta con te» - scrive Chwang-tze nel cap.II: - «Se tu vinci me, è soltanto segno che io non ho vinto: ma è proprio vero che tu abbia realmente ragione ed io torto? Se io vinco te, è segno soltanto che tu non hai vinto; ma è forse vero che io abbia realmente ragione e tu torto? O abbiamo forse tutt’e due in parte ragione ed in parte torto, o abbiamo tutti e due torto e tutti e due ragione? Ne io né tu lo possiamo sapere con certezza: e perciò noi uomini siamo dannati a vivere nell’ignoranza. Se poi cerchiamo un arbitro, che risolva la questione, se ha le stesse tue idee, la risolverà in tuo favore; se ha le mie, nel mio. Nell’un caso e nell’altro che diritto si ha d’affermare ch’egli abbia risolto la questione? Se poi scegliamo uno che la pensi in modo diverso e da me e da te, o che la pensi insieme come me o come te, come mai sarà a sua volta capace di risolverle? Così né io, né tu, né nessuno al mondo è capace di conoscere. Occorre dunque affidarsi ad un arbitro estraneo a tutti noi...» E questo è ciò che Chwang-tze chiama la norma celeste (il tao), in cui si armonizzano e si unificano tutti i contrari: come, anticipando di secoli il Cardinal di Cusa e Giordano Bruno, egli afferma, in

alcune pagine mirabili del suo Nan-hua-king.Non faccia maraviglia, dunque, se alla morale pratica ed alla virtù attiva del Confucio, mal conciliabili del resto con l’innatismo dei principi etici cui pure questi credeva, Lao-tze sostituisce un quietismo mistico ed ascetico, il quale tende a spogliare il nostro io di ogni perniciosa illusione di «io» e «mio», come direbbero i filosofi dell’India, per attuare il wei-wu-wei, il principio cioè dell’agire come se non si agisse, senza passioni, senza desideri, senza volontà insomma, asakta, per esprimersi nuovamente con termine indiano, lasciando sorgere ed operare in noi medesimi, nella loro spontanea attività, le leggi di quel tao immanente nell’universo tutto, che nel tao esiste, dal tao scaturisce, e nel tao ritorna con un incessante processo. All’ideale del saggio confuciano, modello di politiche virtù scrupoloso osservatore dei minuziosi precetti di un complicato cerimoniale, Lao-tze sostituisce l’ideale del santo, dell’uomo puro e perfetto - come egli stesso e i suoi epigoni si compiacciono chiamarlo -, dell’uomo cioè che ha realizzato in sé medesimo questa perfetta fusione con il Tutto.Il santo è ormai al di là del bene e del male, oltre e superiore a tutti i contrarii, come lo è anche lo Yogin dell’ India. Ma chi non è ancora giunto a tanto, deve praticare quelle virtù che contribuiscono a vuotare il nostro animo di ogni passione, di ogni ambizione, di ogni illusione. Non già la virtù confuciana, che è volontà attiva, Lao-tze raccomanda, ma bensì quella virtù che è rassegnazione, sottomissione, modestia, che ci umilia, ma non ci esalta:«Conoscere gli altri è saggezza, conoscere se medesimi è illuminazione; dominare altrui è forza bruta, dominare se medesimi è tenacia; sapersi moderare è ricchezza; operare con tenacia significare volere...». (Cap. 33).«Io ho tre gemme di cui sono geloso custode: la prima è la carità, la seconda la moderazione, la terza la modestia. Il caritatevole è forte; chi sa moderarsi è liberale; il modesto primeggia». (Cap. 67).«Al mondo non c’è cosa più duttile e lieve dell’acqua; eppure non si conosce essere, per compatto e robusto che sia, che possa resisterle. La duttilità vince la rigidità, la debolezza vince la forza. Principio questo che nessuno sa e nessuno pratica». (Cap. 78).Sicché, mentre Confucio, aveva riconosciuto nell’offeso il diritto di restituire con equanimità l’ingiuria subita, come leggiamo in vari luoghi del Lun-yu, Lao-tze proclama senz’altro, nel cap. 63, che, male o bene che si riceva da altri, deve essere

ugualmente contraccambiato col bene.

LOTTA TRA CONFUCIANESIMO E TAOISMO. Egli dunque annuncia un nuovo credo morale che doveva suonare strano ed incomprensibile ai più, in quella società rigidamente patriarcale, in cui vigeva ancora la pena del taglione; ma congiunto inoltre a quell’ascetismo che tutto lo informa e che è così alieno dallo spirito cinese, il suo sistema non era destinato a larga diffusione. Ed infatti, nella lotta presto ingaggiata col Confucianismo, il taoismo soccombette. Esso portava del resto in se stesso gli elementi della sua dissoluzione. Le altezze speculative, a cui s’era sollevato, l’avevano troppo distaccato dalla realtà, presupponendo una forza d’astrazione, un ardore mistico, un disinteressamento dalla vita pratica che repugnavano allo spirito cinese.Esso era inevitabilmente condannato o a divenire il rifugio di anime solitarie e penose, di temperamenti mistici, che, fuggendo il mondo per la pace degli eremi, fossero in grado di cogliere nell’armonia dell’universo, più che l’astratto ordine cosmico dei Confuciani, da togliere a guida e modello della vita, l’opera immanente di un principio ineffabile – e perciò divino – o a scendere a compromessi o a subire adattamenti, come infatti avviene. Da un lato quel senso dell’infinito, che lo distingue dal freddo e aristocratico razionalismo Confuciano favorì l’alleanza del taoismo con i culti popolari; dall’altro promettendo ai propri seguaci la realizzazione in sé medesimi, della diretta fusione col tao e quindi l’immortalità o l’acquisto di miracolosi poteri, la nuova dottrina dette ansa alle credenze e alle pratiche alchimistiche più strane, che in appreso, malamente amalgamate con i suoi presupposti religiosi, finirono col soffocarla e col sostituirvisi.Il confucianesimo, presto accolto come dottrina ufficiale, perché simbolo ed espressione più adeguata dall’anima cinese, trionfò con la sua visione della vita, intellettualistica e pratica; mentre il taoismo, come sistema filosofico, presto degenerò e si tramutò in magia, in alchimia, in esoterismo, né dette più pensatori degni di stare alla pari di Lao-tze e di Chwang-tze.

IL TAOISMO E L’ARTE. Ma, come suole accadere, i semi che esso sparse fruttificarono, ed il taoismo, conculcato od aberrante, diede nuovo impulso alle ricerche speculative, influendo potentemente sullo stesso Confucianesimo, che si vide costretto ad accoglierne molte delle dottrine fondamentali: di che è prova eloquente, ad

esempio, il movimento Confuciano dell’età dei Han, fortemente imbevuto di idee e concezioni taoiste. Né basta: il taoismo, così come aveva osato scuotere il giogo della tradizione, che minacciava d’appesantirsi sempre più sugli animi, suonando aperta ribellione al cerimonialismo confuciano e lasciando libero corso alle ispirazioni individuali, seppe tracciare nuove vie all’arte: un’arte spontanea, senza maniera e senza schemi prestabili, che fosse immediata e diretta espressione degl’interni fantasmi. Al taoismo, infatti, capace di comprendere più del razionalismo confuciano le ineffabili armonie dell’universo e di intendere quelle mistiche voci, con cui la natura parla ad anime che vivono con lei in simpatica fusione, spetta il vanto di aver ispirato quelle delicate pitture, che col solo gioco delle ombre e la morbidezza inarrivabile delle linee e delle curve, seppero riprodurre con una grazia suggestiva a tutti nota, paesaggi, scene campestri, visioni di celesti consessi, e che, nell’evanescenza dei loro contorni, nella vaporosità in cui sembrano avvolti, testimoniano di un fecondo e vivo senso animatore della natura. Lo stesso è a dire della poesia. Non più canti impersonali, che, modellati sulle vecchie canzoni popolari, vincolati da uno schematismo obbligatorio, si proponevano, quasi sempre in stentate allegorie, avvertimenti morali; ma il lirismo di tutta una scuola, che culmina nei nomi di Li-T’ai-Po e Tu-fu.Nè basta; il taoismo apre la via al trionfo del Buddhismo che presto, valicate le nevose giogaie dell’Himâlaya, avvicinerà e cercherà fondere in fratellanza spirituale le più grandi civiltà asiane e, anche a prezzo di lotte, compromessi ed adattamenti, insinuerà nell’anima cinese nuove tendenze e nuove aspirazioni, le quali, armonicamente congiunte con i precipui caratteri tradizionali della razza, non sono forse, oggi, lontane dal fruttificare.

Giuseppe TucciEstratto dalla Nuova Rivista Storica, Anno VI - Fasc.

III-IV, 1922

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正如目前公认的那样,孔子与老子应该属于哲学史而不是宗教史的范畴。因为他们尽管是伟大的思想家,却没有创造任何新的宗教信仰。儒家学说事实上是一种道德和政治科学的体系,与这位大师的教导一样没有宗教性,而且对于不具备实用性的精神价值漠不关心。孔子的思想本身存在着矛盾。一方面,仅仅是出于实用的目的,他接受传统的礼仪和崇拜,并且承认宗教中包含了一种社会价值和内容。另一方面,对于一个本身既没有宗教信仰,又没有像印度人那样对神的崇拜的民族来说,孔子以一种理智的自然主义有力地阻止了任何宗教的复兴。他不只是阻止了那些古老而模糊的概念以神灵崇拜的面目出现,或者变成绝对、永恒之类的神秘思想,而且还把它们 分解为自然的关系和法则,或者抽象的 哲学概念。此外,道家很 快蜕化为一种大众化 而 且 迷 信 的萨满教,并且堕落为炼丹师 的胡言论语。他们渴望长生 不老,并且全力以 赴 寻 找 点 金 石 , 或者 制 造能够延年益寿的 神 奇 饮 料 。因 而,后世的 道家弟子 没 有

能够继续发展这种思

想 ,或 许 甚

至无法理解老 子 和 庄子 开 始 的

那 些 纯理论性

孔子与老子

的探讨,尽管他们是道家最杰出的大师。后来,虽然出现了道观和道士,庙宇和礼仪,但是,道家作为一种哲学体系完全没有宗教的内涵。不仅如此。孔子和老子并不是一种特有的学说的缔造者,而是两种思想体系最突出的代表。这些思想在他们之前就已经在中国大地上诞生,通过这两位大师变得更加完备,加上了个人的烙印,并且最终成型。这两种思想体系,一种理智而实用,另一种则理想化并且带有神秘色彩。它们违背了中国历史上明显存在的南北之间的思想二元化。

中国的北方和南方

不同的气候和水土,由此产生的生活条件的差异,以及与其它民族之间的相互渗透和接触,促成了居住在黄河流域以及长江流域的中国人之间截然不同的才能与性格。前者务实而积极。他们勤恳务农,同时又随时准备披上战袍,抗击来自鞑靼和突厥人越来越逼近的威胁。对于纲领性的问题他们漠不关心,或者不予表态,只知道发展原始宗教直觉中的社会内涵。假如没有道家和佛教的推动,他们永远也不会超越道德和政治科学的界限。中国的南方人则更倾向于听从自身的精神需求,而非实际生活的需要。于是,在那里诞生了宗教的多神论,政治上的个人主义,以及哲学上的神秘主义。政治和宫廷的诗歌在北方得到蓬勃发展。它们几乎是在主动地模仿诗经中那种充满比喻但缺乏个性的赋的写作风格。南方人认为个人主义是唯一而现实的价值观,并且用它与集体主义相抗衡。这种价值观从神秘主义倾向出发,更能理解宇宙的至高和谐。因此,个性化和具有主观特色的抒情诗与挽歌在南方得到了发展。这些诗歌直接表达了对于自然的感动以及真实的情感。屈原的《离骚》——中国古代的皮耶迪拉维吉纳,以及陶潜和鲍照所写的赋就是很好的例子。孔子出生在北方。在那里,儒家思想得到蓬勃发展,同时汇集了中国最伟大的政治家和文学家。老子出生在南方的楚国,这个诸侯国经常会遭到儒家的轻蔑,认为他们拥有奇怪的习俗和野蛮的语言。道家所有最著名的大师都出生在南方。随后,佛教的那些神秘流派又在这里占据了优势。

孔子

正如上面所提到的,孔子并非一位改良者。他既

没有宣布新纪元的开始,也没有开创新的生活方式,而是使本国国民的理想个性化。这些理想通过他第一次具有了明显的个人意识,孔子也因此成为国人眼里绝对完美的模范,人们在他的身上看到了那个种族最基本的性格象征。“他们的孔子,”伏尔泰以他所特有的深邃说道,“他既没有发展出新的观点,也没有创造新的礼仪;他既不是启示者,也不是先知,而是一位传授古老法律的智慧的法官。我们有时候会谈到“儒教”,但是,他与所有皇帝和法院,以及先前智者们的信仰都毫无两样。》孔子对于斗争、怀疑、内心的苦痛,总之几乎所有伟大的思想家都品尝过的精神焦虑置若罔闻。除了政治生活中一些令人失望的经历以外——那些经历对于他恐怕是难以避免的,因为他也有些空想家的倾向——孔子把人类想象成他认为应该的那个样子。孔子所奉行的严格的道德准则,使他不能接受让步和妥协。孔子的一生是平静的,他与弟子们进行严肃的学术上的探讨;向君王或者大臣提出忠告;收集、学习、评价本国古代的文学,历史,诗歌,哲学著作。除了与最亲近的弟子交谈中使用的一些零散的句子和对话——即使是这些对话,在编辑成册时也被添加和修改,以及孔子为自己的祖国(鲁国,孔子于公元前551年在那里出生)撰写的一本枯燥的大事年纪之外,完全属于孔子个人的作品并没有流传于世。孔子却认为自己的荣誉与这部大事年纪紧紧联系在一起。假如不是福兰阁最近提出的看法,我们永远也无从解释其中的缘由。后者试图表明,在那些枯燥的年代记中包含了孔子对政治和道德的一种神秘的诠释。这种诠释由老师直接口授给他的弟子,或许还有一部分保存在《谷梁传》的评论中。所以,孔子首先是一位历史学家和学识渊博的人。在尘封的记忆中,他发掘出许多值得向国民推荐的光辉典范。尽管孔子撰写了这部历史著作,他却是一个绝对没有历史意识的人,因为即使是他也并不理解事实是时间之子的道理,也就是说,文明越古老,就越会汲取新的经验与价值。在这部著作中,他毫无疑问梦想着回到古代,并且恢复古代的机构和习俗。同时,他也没有忘记在任何可能的情况下赞颂先人的习俗,以此贬低自己所生活的社会,因为他认为那是一个颓废和腐朽的时代。

政治体系

儒家学说从根本上说是一种没有宗教内涵的思想,具有实用性,却没有进行过形而上学方面的研究。它对上帝,死亡,以及那些大胆的思辨毫无兴趣。从《论语》的某些段落上看——下面我们会谈到这些内容——孔子对这些问题甚至没有表态。孔子的研究几乎只涉及道德和政治问题,

这两个方面是中国思想家探讨的根本问题。孔子的政治和道德体系并非他所创造出来的,也不是一种革新,而是与他所生存的中国社会——政治上采用封建制度,家庭里实行家长制——紧密联系在一起。在集体利益面前,个人变得微不足道,要按照他自己的天赋和能力,将全部的能量投入社会生活,并根据等级和行使的功能来调整自己的行为和抱负。顺从与尊敬是人类作为“政治动物”的根本天赋:顺从与尊重经过家庭范围内的不懈演练,“成为个人有意识的习惯”,随后被应用到社会生活中。孔子不厌其烦地说,家庭是社会结构的基础,在成为好公民以前,首先要作好儿女。同样,要想侍奉好国君,首先要学会顺从自己的父母。所以,“孝”,也就是顺从或者子爱,是中国人的思想中基本的美德,甚至是人类社会的基础。在被认为是孔子所著的《孝经》的第一章里说道:“所谓孝,最初是首先从侍奉父母开始,然后效力於国君,最终建功立业,功成名就。”

宇宙学和伦理学 不过,多年以来孔子希望通过谆谆教诲灌输给弟子们的这种美德,只不过是人类的天性,也就是向善的本能。到此为止,孔子的伦理学与自然主义观念合二为一。这些观念在中国具有悠久的历史,并收录在当时著名的书籍中,比如《易经》。孔子只是接受了这些观念,但是并没有将它们深化。依照两种相互交替和渗透的宇宙能量,宇宙是,并且变成了阴与阳。二者象征着一系列抽象的对立:热与冷,光与暗,动与静,男与女,基于偶,这与亚里士多德提到的毕达哥拉斯的十组对立范畴有些相似。 从这两种宇宙能量中,孕育出季节的更迭,星宿的运行,总之是宇宙的和谐。它们之间的对立又导致了所有创造物之间神奇的平衡。同时,它们都遵循一种内在的法则,被称作道,这个概念又经常会与天混为一谈。在儒家的唯理论中,天笼统地被认为是天意,取代了古老的宗教信仰中的上帝,或者说“最高皇帝”。既然这种至高无上的秩序不只作用于人类本身,也作用于它所创造的世界,那么人类也不能脱离道。因此,就有了一个道德的道,它与宇宙的道相呼应,因它而生,并且以它为榜样。后者的实现借助于自然的法则,表现为一种道德法则。这种道德法则在人类精神中体现为三种基本形式:a) 第一种形式是che(智)。我们可以把它解释为智慧或者谨慎。但是不要忘记,它还包含实用和理论两种方面的因素,二者密不可分。这个概念所代表的道德与思想之间的平衡,正如我们所知道的,和最古老的希腊哲学中φρόνησις(智慧) 一词具有

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相同的含义;b) 第二种形式是jen(仁)。尽管在孔子的著作中这个字具有几种不同的含义,但它主要是指顺从我们天生的道德倾向,那种社会性,它是我们人类最明显的特征。在《中庸》一书中,它变成了chen,这个字通常解释为正直,不过,它的意思相当于诚实,此处诚实的意思是我们生命内部的连贯性,也就是完全顺从于我们精神中那些天性,因为它们代表了道德的层面,宇宙法则通过它得以在人类身上体现; c) 最后是yu(勇),一种道德能量。孔子本人对它的定义令我们联想到普罗泰戈拉的智者派。事实上,可以把它定义为某种整个人类所天生的道德畏惧。按照根据儒家的说法,尤其是按照孟子对这一思想新的诠释——我们可以把他称为儒家学说的圣保罗——恶人并不存在。只存在不好的人,也就是压抑自己天性的人,他们不知道或者没有能力使每个人灵魂中好的才能得到完全的发展。事实上,日常生活中的种种现象表明,恶只不过是对自然法则的违背,是宇宙和谐的一种失衡。所以,无可避免地要对违背者进行惩罚,因为这样有助于恢复原有的平衡。这个原理与斯宾塞的思想相似,后者同样认为纯机械的自然反应是道德学研究的唯一方法。两种思想的不同在于,孔子的思想只涉及君王和智者,而从来不去关注个人,除非这个反应并非出于他本身的意愿,而是在君王的敦促下完成的。在孔子看来,他们是公共事务的领袖,也是臣民的领袖,后者本身没有能力做出任何道德方面的决定。因此,所有的人——无论伟大还是渺小——都天生向善。这种倾向希望能够得到发展,并且在国家和政治与社会机构的规则上采用领导人所提供的模式。反之,下层人民的率性而为就会最终获胜。这一点同样是孔子本人的真实写照:他既不是独特而真实的观点的鼓吹者,也不是新时代的前驱,而是他所生存的那个时代和社会的产物。在那个时代,人类个性作为一种自由和自主的能量的价值尚未被发现,因此在家庭生活中和家长的权威下遭到压抑;而在团体、部族或者国家的社会生活中,首领和君王的统治又使它本身的个性荡然无存。

政治绝对主义 所以,孔子的所有著作都是为大人物们写的:他为君王撰写著作,而不是为了人民,后者只能在他画出的轨迹中行动。“平民百姓,”《论语》中写道,“其言行表现像草,上层的道德好比风,风吹在草上,草一定顺着风的方向倒。”孔子从他所领悟到的自然概念出发,认为四季中的各个节气是指导人类的劳作的法则,君王的道德影响也是一样:它应该是一成不变的,而且不进行任何接触;它不仅作用在自己的领土——中国——上,还应该延伸到“四海”,“就如同北极星固定在天空的中央,规定其它星宿的轨

道。”事实上,正如孔子著作中所写的那样,君王成为了宇宙的道,上天的法则,或者说天意的化身。所以,假如君王的行为表明他并不胜任赋予自己的这个至高无上的使命,也不尊重天命,那么就会无可避免地导致宇宙法则的失衡,以及灾难和不幸。这就迫使作为疲惫和无意识工具的平民百姓赶走这个无能的君主,让更加胜任的人来接替他,以便恢复应有的秩序。写到此处,孔子本人也对作为严厉与专制化身的君主本身做出了审判,同时也说明了为什么中国历史上的平民起义和叛乱是如此频繁。

自然主义与理智主义

孔子的思想仅限于此,因为他不知道,也不愿意超越道德和社会学的狭窄领域,以便将自己的思想提升到形而上学的高度。他对纲领性的问题置若罔闻,同时缺乏宗教意识。尽管如此,在他的对话录中竟然有一次提到了上帝,也就是这个国家古老信仰中的最高神。他用天和道来代替它,因为两个概念象征着宇宙秩序。中国最古老的思想认为,这种秩序就是事物始终处于永恒的发展和变化中。随后的儒家思想始终遵循这种理智主义的倾向,以至于阻碍了个人化和具有鲜明个性的上帝概念的产生:“在我们周围不停息地运转的蓝色,”作为宋代对孔子思想复兴最杰出代表的《周礼》中说道:“是天。所以,一些人认为天上存在着一个惩治邪恶的东西,这种想法是荒唐的。”孔子从不祷告,而是不停地行善。在他病入膏肓的时候,有一个学生问他可不可以为他祈祷,他回答说:“我已经祷告很久了。” 这句话的意思是说,他毕生努力都在培养最为崇高的道德原则,所以再没有什么要向那些令人怀疑的神仙询问的,而且他也并不相信那些。这个弟子又向他问起死亡,他回答说,假如不了解生,去探讨死也是枉然;正如他在书中的另一处所说的那样,比起侍奉鬼神来说,更重要的是了解如何侍奉人。孔子是中国思想的完美象征,这就意味着他不会迷失于对鬼神的信仰而放弃毋庸质疑的现实。孔子利用他的权威和教条,提倡理智主义和理智的自然主义。这些同样也是中国人思想的典型特征。

形式主义

这种生命本身所固有的理念,毫无疑问是孔子思想最重要的元素之一。孔子从人文主义的角度对这种品德进行了诠释,认为它是一种斗争,是意愿的不断肯定,是一种勇气,而冒着遭受灾难和不幸的风险去实现它是我们的责任。但是,需要指出的是,在很多情况下,孔子把道

德和那些绝对超出了任何伦理评价范畴的准则混为一谈。他倾向于认为外在的表象是最重要的,而不是内在的诚实;他几乎要用礼仪,也就是一系列复杂的标准和规则,来代替正直和道德的一贯性;在我们看来,那些标准和规则绝对是非道德的,它们不仅制约和压抑了所有个性的自由发展,而且有利于形式主义和因循守旧,而这些都可能蜕化为虚伪。事实上,儒家学说一方面通过这种对于形式和外表的迷信,以及沉重的传统习俗,压抑了各种人类个性的形成,而且导致了那种西方人经常抱怨的,中国人的那种怀疑与双重性。另外,对于过去与传统的僵硬崇拜,也成为中国文化快速发展的一大障碍。

老子与他的宇宙学说 孔子忽视形而上学的问题而忙碌于收集古代的思想,并且将它们作为榜样提供给同时代的人,梦想能够改革当时的习俗,激励人们有意识地积德行善。与此同时,在南方的楚国,诞生了一位孤独的思想家。他比孔子年长几岁。在传说中(历史上对于这个人物的记载很快被传说所取代),为了躲避各国的君主和宫廷,老子在不为人知的国度秘密旅行,并且将他冥思苦想的成果倾注在一本薄薄的著作中,那就是《道德经》。欧洲和美国的汉学家们曾经,而且如今仍旧在为解释这部书而辛勤工作。这本区区五千字的小书非常晦涩,现存的各种译本也各不相同。按照顾路柏的说法,面对这些译本,一位对汉学一无所知的读者甚至会怀疑它们是几部不同的作品。不过,真正的困难并不在于个别汉字的翻译,或者是句子的结构,而是思想本身的玄奥。就像所有的神秘主义一样,该书在表达上采用了象征和比喻的方法。事实上,正像我们下面将要看到的那样,老子是一个神秘主义者。从古老的自然主义概念中的阴、阳二元论中,升华出了他的一元论概念,也就是道。这个概念不再像孔子的学说那样只是一种宇宙的秩序,或者是规定世事变迁的法则,亦或两种相互矛盾的原则之间的碰撞。老子所说的道既是物质,又是能量,以及从而演变出整个宇宙,以及世间万物独特而内在的活动。根据这种法则,世间万物都能保持它的本性,并且依照它的本性行事。不过,与所有神秘主义者一样,老子没有能够更好地定义这个道。它是一种未知的知识——一种不知道的知识,就像雅可比所说的——因为道来源于经历。它只能是瞬间的直觉,而不是理智的认识。所以,道就像巴门尼德所说的“是”(ŏν),奥义书所说的“梵”(Brahman), 或者斯宾诺莎的“存在”(ens)一样,是一个消极的概

念。老子在这本著作的开篇处写道:《可以用语言说出来的“道”不是永恒的“道”。可以用言词说出来的“名”不是永恒的“名”。“无”是天地的本始,“有”是万物的根;从“无”中去观察“道”的奥妙;从“有”中去认识“道”的端倪。》由此,我们不可能给它下一个定义,只能认识“自然化的自然”,也就是这个绝对原则的敏感表象。它存在并作用于宇宙当中,不论在外部世界还是在我们的内心都是一样。世界只不过是存在于道内部的一些范例或者原型的实现。它遵从一种内在的需要——姑且把它称为道,不过这种模棱两可的说法会对这个思想体系造成破坏——并且使得偶然发生的事物具有了无穷的变化。所以,即不存在死,也不存在生,而是一个周而复始的变化。这种变化使得各种存在和事物从一种形式变成另外一种形式,从一种状态发展为另一种状态,而不存在一种恒久不变的形式。当各种形式到达了发展的终点,就完成了它的使命,随即立刻分裂为一些新的形式。于是,对于死亡的恐惧是无谓和错误的,也不要为失去亲人而感到痛苦。因为任何东西都不属于我们,这个世界上的一切都在道的控制之下,并任凭它来处置。梦就是生,梦就是死,因为道无处不在,所以生与死也并不存在。唯有变化是永恒的,而我们既不知道它的规则,也不知道它的结果。老子在第十六章中说道:

《因此,世间万物虽然林林总总,最后还是要回归到生命的根源;万物回归到自己生命的根源叫做静,也就是回复到自己真我的生命。回复到真我的生命,才是真正的长生……》 庄子也曾说过:《我难道能够肯定对生命的爱事实上不是一种幻想,对于死亡的恐惧不是一种迷失,或者对回归的无知?丽姬是艾地封疆守土之人的女儿。被晋国掳去的时候,她痛哭流涕,泪水浸湿了衣裳。然而,一旦进入了宫廷,与夫君同床共枕,共同进餐,才后悔当初不该哭泣。我们又如何知道,逝者不会因为曾经那样依恋尘世而后悔?梦中饮酒的人,清晨会忧伤和呻吟;梦中忧伤和哭泣的人,清晨会和别人一起去打猎游玩。有些人在做梦却全然不知,另外一些人即使在做梦,仍然按照梦中的逻辑思考,清醒以后才发觉自己是做了一个梦。只有大梦醒来,我们才能够明白人生不过是一场梦。不过,有一些人错误地认为自己永远清醒,而且贪婪地认为自己真的是君王,或者是平民的统治者……》

神秘主义与反理智主义

以上实例说明,老子对理智主义持反对的态度,

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而他的这种立场直接来源于神秘主义。这也是道家思想的特点。老子否定儒家学说,否定儒家关于文明生活的想法,以及作为儒家研究的主要对象的社会机构。生命与生命的功能本身是自发的;任何一种妄图规范或者阻止它们发展的方法都会造成宇宙秩序的失衡。如今的社会是一座监狱,一个由幻想和有害的方法编织的网。它制造了一个与淳朴的自然——那是宇宙的道所存在的世界——明显对立的世界。在这样的世界里,我们不能拥有真正的生活,因为真正的生活应该不假思索和自发地顺从自然法则。这些法则决定了宇宙的未来以及不断的变化。我们是宇宙的一部分,所以这些法则也存在并作用于我们身体的内部。最终由孔子确立下来,并且得到同代人普遍接受的政治理想,对于老子来说是个毫无意义的东西,并且与这种思想展开了斗争。

老子在著作的第八十章中写道:《使国家变小,使人民稀少。即使有各种各样的器具,却并不使用;使人民重视死亡,而不向远方迁徙;虽然有船只车辆,却不必每次坐它;虽然有武器装备,却没有地方去布阵打仗;使人民再回复到远古结绳记事的自然状态之中。国家治理得井井有条,人民吃得香甜,穿得漂亮,住得安适,过得快乐。国与国之间能够彼此遥望,也可以听到对方鸡犬的叫声,但人民从生到死也不互相往来。》

神秘主义;清净主义;福音传道

这种反理智主义的立场,距离神秘主义仅仅一步之遥。这种思想在老子的《道德经》中已有提及,而后又充斥了后世的弟子庄子的整部作品!事实上,构成这种思想体系的各种论断,虽然彼此之间相互对立,却不乏虔诚和狂热信徒。但是,这其中缺乏一个消除怀疑和分辨是非的裁判。要超越所有个人之间的意见分歧,就要超越科学;同时,还要在直觉和道中找到任何人都无法为我们提供的,那种绝对肯定却又无法名状的标准。《倘使我和你展开辩论,》庄子在著作的第二章中写道:《你胜了我,我没有胜你,那么,你果真对,我果真错吗?我胜了你,你没有胜我,我果真对,你果真错吗?难道我们两人有谁是正确的,有谁是不正确的吗?难道我们两人都是正确的,或都是不正确的吗?我和你都无从知道,而世人原本也都承受着蒙昧与晦暗,我们又能让谁作出正确的裁定?让观点跟你相同的人来判定吗?既然看法跟你相同,怎么能作出公正的评判!让观点跟我相同的人来判定吗?既然看法跟我相同,怎么能作出公正的评判!让观点不同于我和你的人来判定吗?

既然看法不同于我和你,怎么能作出公正的评判!让观点跟我和你都相同的人来判定吗?既然看法跟我和你都相同,又怎么能作出公正的评判!如此,那么我和你跟大家都无从知道这一点,还等待别的什么人呢?》这就是庄子所谓的上天法则(道)。在它的作用下,所有相互对立的事物都变得和谐统一。这种说法在《南华经》的某些章节中得到了绝妙的诠释,比尼古拉斯和布鲁诺的学说早了几个世纪。所以,老子将孔子倡导的实用而积极的态度——它实际上与孔子本人所秉承的伦理原则源于天然的学说并不协调——转换成一种神秘而禁欲的清净主义,就不足为奇了。老子的思想清除了我们所有有害的关于“我”和“我的”的幻想。就像印度那些哲学家所说的那样。下一步就是要实行无为,也就是通过不作为而作为的原则。没有激情,没有欲望,总之没有愿望。用一个印度词解释就是不执著(asakta):我们要按照自身的情况发生和发展,和根据本能行事。道的这些法存在于整个宇宙中,一切存在于道,来源于道,又不断地回归道。那位儒家学者是政治品德的典范,是复杂礼仪中各种琐碎规则的观察者。他的理想被老子以圣人的理想所取代。后者是一个纯粹而完美的男人,正如他本人以及他的弟子们习惯称呼他的一样。在他的身上实现了与宇宙万物完美融合。圣人已经超越善与恶的范畴,超越所有的对立,就如同瑜珈行者(Yogin)一样。还没有达到这个境界的人则需要使自己具备那些品德,以便摒弃我们精神中的所有激情、野心、幻想。不仅仅是孔子的积极人生态度,老子同样要求服从。服从在道家看来就是要顺从和谦虚,要谦卑而不张扬:《能够了解、认识别人叫做智慧,而能够认识、了解自己才算是聪明。能战胜别人是有力量,能克制自己的弱点才算是刚强。知道满足的人才是富有的人。坚持不懈,持之以恒的人才是有志。不离失本分的人才能长久不衰。身虽死而道仍存的人,才算真正的长寿。》《我有三件法宝,我执守而且保全它们;第一件叫做慈爱;第二件就做俭啬;第三件叫做不敢居于天下人之先。有了慈爱,所以能勇武;有了俭啬,所以能大方;不敢居于天下人之先,所以能成为万物之首。》 《普天之下再没有什么东西比水更柔弱了,而攻坚克强却没有什么东西可以胜过水。弱胜过强,柔胜过刚,遍天下没有人不知道,但是没有人能实行。》孔子认为人之所以愠怒,是因为他拥有用公正来对待所受到的不公正待遇的权利。正如我们在《论语》中多次读到的那样。而老子却在著作的63章中声称,无论别人用善或者恶对待我们,我们应该一律用善去对待他们。

儒道之争

所以, 老子创造了一种新的道德信仰,而这种思想在那个家长制的社会里应该显得奇怪而又无法理解。另外,他所创立的思想体系又加入了禁欲主义,而这种思想是中国的思想所不能容忍的,因此并没有得到广泛传播。事实上,随即开始的儒道之争以道家的失败告终。道家本身就包含着那些令它分解的因素。老子思想的高度使他过分脱离现实,因为他认为存在着一种抽象的力量,一种神秘的热情,一种为中国思想所反感的对现实生活的冷漠。道家不可避免地成为孤独和痛苦的灵魂,以及具有神秘主义倾向的性格的避难所。这些人为了获得安宁而离群索居,如此便能够洞察和谐的宇宙中——而不是儒家思想中那种抽象的宇宙秩序

——一种无法捕捉的原则的内在活动(所以说是神圣的);或者退而选择妥协或者适应,就如同事实中所发生的那样。从一方面来看,这种无限的意识使道家区别于儒家那种冷漠而贵族式的理智主义,同时有利于道家与其他民间信仰的融合;另一方面,也使得这种学说的追随者们能够达到自我实现,以及与道的直接融合,继而获得永生或者一种神奇的力量。这种新的教条,导致了一些信仰与最为奇特的炼丹术的产生。所有这些又与道家的某些宗教假想纠缠在一起,结果使得这种思想遭到窒息,甚至被取而代之。儒家很快成为官方学说,因为它是中国思想的象征和最好体现。儒家的生活态度,理智主义和实用精神都获得了胜利。作为一种哲学体系的道家却很快衰退,变成了巫术,炼丹术,神秘主义,再没有出现能够与老子和庄子相媲美的思想家。

道家与艺术

不过,道家播下的种子结出了丰硕的果实。它的思想尽管遭到压制和扭曲,却对思想领域的研究起到了促进作用,也对儒家产生了很大的影响,迫使后者接受了很多道家的基本思想。汉代的儒家运动就是一个很有说服力的例子,那次运动充满了道家的思想和理念。不仅如此,道家敢于挣脱传统的枷锁——这种枷锁会使灵魂变得更加沉重——并且向儒家的形式主义宣战,从而为个人思想提供自由的空间。道家还描绘出了新的艺术之路:这是一种自然的艺术,没有事先规定的方法和格式,是内心感受的迅速而直接的表现。事实上,道家比儒家的理智主义更能理解宇宙之间那种难以捕捉的和谐,那些神秘的声音——自然的声音,以及与自然和谐统一的灵魂。借助明暗变化,以及无比柔软的线条和曲线,为那些细致的绘画作品提供了灵感。另外,还以一种众所周知的优雅手法创造了风景画,尤其是乡间的景色。边缘的消失使画面仿佛笼罩在四周的烟雾中,体现出一种丰饶而活跃的自然场景。诗歌方面也是如此。在此之前,诗歌总是遵循古代民间歌曲的模式,并且受到一定格式的局限。这些诗歌几乎总是使用比喻或者道德方面的警示,因此没有个性。在道家的影响下,产生了一种全新的抒情流派。这种流派最杰出的代表就是李太白和杜甫。不仅如此,道家还为佛家的胜利开辟了道路。随后不久,佛教翻越了喜马拉雅山脉,并尝试着与亚洲的伟大文明建立友好的关系。同时,它还冒着斗争、妥协和变异的危险,将新的思想和灵感渗透到中国人的思想中。佛教与这个种族特有的性格和谐地融合,其成果或许已经指日可待。

摘自《新历史杂志》1922

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L’opera dei missionari sotto la dinastia mancese

Ricordiamoci un momento di quello che s’è detto sopra di Matteo Ricci e i suoi collaboratori. Avevano diffuso fra i Cinesi la prima conoscenza della pittura occidentale, sia distribuendo, per scopo di propaganda religiosa, copie o stampe di quadri, sia fondando a Nagasaki una scuola di pittura nella quale conversi giapponesi e cinesi erano stati educati alla maniera europea. La scuola ebbe breve durata, e non sopravvisse alle persecuzioni che dovevano in poco volgere d’anni mettere a dura prova la missione giapponese; né i Cinesi, pur curiosi di quello stile forestiero, furono invogliati a imitarlo, con la sola eccezione di qualche pittore nella cui tecnica pare di

scorgere un debole influsso dello stile occidentale e che forse vi si provò per curiosità di nuovi cimenti piuttosto che per cosciente desiderio di uscire dalla tradizione.Intanto i Mancesi erano succeduti alla dinastia M i n g ( 1 3 6 8 - 1 6 4 4 ) ; s o f f o c a t i g l i u l t i m i d i s o r d i n i c h e h a n n o sempre accompagnato il crollo di un sistema politico e l’avvento del

nuovo, distesa la dura pax sinica su gran parte del Turchestan e del Tibet, gli imperatori Ch’ing (1644-1911) potevano pensare alle serene opere della pace. K’ang hsi (1662-1723) e Ch’ien lung (1736-1796) non amavano gli stranieri, li vedevano diversi di maniere, venuti nella loro terra per trafficare e far guadagno, privi quasi sempre di quelle forme che valgono in Oriente più della sostanza. Ne avevano sospetto e li temevano; quelli non erano gente da pigliarsi alla leggera; capitavano dall’estremo confine del mondo di là dai mari sterminati e, sfidando insidie di tempeste e di uomini, fondavano imperi coloniali che a poco a poco si stendevano con paurosi sviluppi e serravano i paesi d’Oriente con un cerchio che sempre più si stringeva.C’erano tuttavia i missionari e bisognava averne rispetto perché non si occupavano delle cose di questo mondo: erano dotti come i migliori letterati cinesi, anzi di più, perché, quando bisognò correggere il calendario che non tornava, furono proprio loro a rimetterlo a punto, con grande smacco per gli astronomi di corte. Meritavano dunque ogni riguardo; erano bene educati, amavano la Cina e

vivevano in povertà; perciò li trattarono bene come avevano fatto anche i Ming nel tempo del Ricci, il quale fu mantenuto diversi anni insieme con i suoi compagni a spese dell’imperatore; cosa che non era mai successa. Quando morì donarono per lui la tomba come si sarebbe fatto per l’ambasciatore di un principe tributario, e così seguitarono a fare fino a che non ebbero il sospetto che anche i missionari cominciassero a occuparsi delle cose interne della Cina ed a preparare la strada ai mercanti o ai soldati. Come da noi nel secolo XVIII viene di moda lo stile cinese, nelle porcellane, nei mobili e nelle decorazioni, così la Cina comincia nella stessa epoca ad avere vaghezza delle cose europee: erano i primi segni che la terra tornava ad aprirsi, l’albeggiare di nuovi commerci, la prima confusa curiosità per i luoghi lontani. Intanto, per parecchi decenni, religiosi di ogni ordine continuarono ad affluire alle cose cinesi; non dimentichi dell’insegnamento del Ricci, insieme con la fede, essi diffondevano il pensiero dell’Occidente, venendo incontro alla sollecita curiosità dei Cinesi. I quali, seguendo i pur illuminati monarchi della dinastia Ch’ing oltre che dalle scienze si lasciavano fascinare – più che non fosse accaduto per il passato – dall’arte dell’Occidente: che non riesce naturalmente a mutare le tradizioni antiche, ancora rigogliose, anzi animatrici di nuove rinascite, ma suggerisce ispirazioni e motivi all’artigianato e imprime certe sue lievi modulazioni anche a quadri di alcuni fra i più vivaci pittori dell’epoca.

Artisti italiani alla corte di Pechino. Giuseppe Castiglione

Avvenne dunque che alla corte di Pechino si raccolsero non pochi artisti e artigiani italiani: una piccola e assidua comunità che lavorava agli ordini dell’imperatore, e così introduceva con varia fortuna il gusto dell’arte occidentale. Il milanese Giuseppe Castiglione aveva studiato pittura in Italia e nel 1715 giungeva a Pechino pieno di zelo e d’ardore; presentato alla corte fu protetto nientemeno che dai due più grandi imperatori della dinastia mancese: K’ang hsi e Ch’ien lung. Così poté soccorrere i suoi compagni di fede che sentivano aumentare intorno a loro l’ostilità diffidente dell’aristocrazia confuciana e poi diffondere dallo stesso palazzo imperiale una nuova maniera d’arte, proprio quando la pittura cinese illanguidita e stanca cercava di ravvivarsi in quella rinascita e fioritura d’eleganze e preziosità che coincidono col regno di principi da annoverarsi fra i più grandi della Cina.

ARTISTI ITALIANI IN CINA NEL XVIII SECOLO Ch’ien lung, che in una sua iscrizione lo chiama ritrattista insuperabile, passava le ore a vederlo lavorare: gli fece fare il ritratto della favorita Hsiang fei, raffigurata in veste di guerriera con armatura europea e poi anche il suo cavallo, un bel cavallo mongolo, che corre veloce con quel galoppo volante che non aveva ancora fatto la sua comparsa nell’arte occidentale e che il Castiglione è quasi certamente il primo Europeo a riprodurre nei suoi quadri. In lui due stili s’incontrano: la levità della pittura cinese e lo studio del volume e delle ombre proprio dell’Occidente. Trovi in lui lo sforzo, non sempre felice, di adattare la tecnica dell’arte occidentale alla tradizione cinese; usò l’inchiostro più del colore, ma introdusse la prospettiva lineare. Ma non puoi fare a meno di ammirare il suo nobile tentativo di piegarsi al gusto cinese; lasciò stare le grandi composizioni religiose alle quali era stato educato in Italia; il mondo nel quale ora si muove è quello dei pittori cinesi, e se i suoi quadri ci sembrano freddi e stanchi e non producono quella commozione interiore che spesso proviamo ammirando una pittura cinese di buona scuola, la ragione è tutta nel diverso spirito che lo animava.Egl i vedeva i l mondo con g l i occhi d i un occidentale, ne palpava la corporeità concreta e il Cinese invece ne scopriva le arcane armonie con l’universo, mettendosi quasi al centro delle cose, unificandosi con la ragione cosmica che tutto trae da sé a nascimento con la stessa fatale indifferenza. Perciò appunto il suo pennello isola le figure, mentre quello cinese è quasi un segno fatto nell’aria che scolpisce il vuoto, e dà fuggevole parvenza a ombre ed immagini che hanno la effimera durata di un sogno; ogni figura sembra ritornare a sparire nel vuoto o riconfondersi con lo spazio da cui è stata per miracolo evocata. Pittore di corte e stipendiato dagli imperatori, il Castiglione doveva piegarsi alla volontà dei suoi patroni: ed ecco che per loro comando passa alle grandi composizioni destinate a ricordare ai posteri le glorie militari di Ch’ien lung. Questi, che aveva sconfitto in una guerra fortunata certe tribù tartare, volle eternare nell’arte gli episodi più memorabili della vittoria e ordinò ai suoi pittori di riprodurre in grandi disegni le battaglie ed il trionfo. Essi si misero al lavoro e composero 26 quadri che l’imperatore ammirò e spedì in Europa perché fossero incisi su rame e stampati. Così nacque la famosa raccolta delle Conquiste dell’imperatore in Cina incisa a Parigi sotto la direzione del Cochin dal 1769 al 1774; delle quali due sono tratte dai disegni originali del Castiglione e sei da quelli del romano Damasceno.

Influsso occidentale sull’arte cinese

La scuola italiana alla corte cinese tornava per lungo

giro in Europa inaugurando una fortunata, sebbene breve collaborazione fra i centri artistici dell’Asia e quelli dell’Occidente e non senza lasciare tracce sulla terra d’Oriente. Non solo fascinava gli artisti cinesi la maniera insolita, la rappresentazione viva delle cose, la precisione del disegno e la potenza dei colori, ma li stimolava il desiderio di provarsi in quello stile nuovo in un momento particolarmente curioso di cose forestiere. Nell’Oriente la tradizione ha radici così salde e profonde che nessun vento di nuove costumanze può scuoterla e toccarla nel fondo: non si poteva sperare in un mutamento radicale; eppure tracce di quell’incontro restarono e non poche. Non è luogo questo di discutere se così l’arte cinese si impoverisse o si arricchisse; io penso che in ogni modo si adulterò mettendosi per vie che, essendole estranee per inconciliabile opposizione spi r i tuale , non le sarebbero mai d iventa te familiari. E difatti da allora comincia ad albeggiare l’occidentalismo della p i t t u r a c i n e s e c h e , facendosi con l’andare degli anni sempre più vivo, arriva alla esagerazione dei tempi nostri, quando non sono pochi i pittori c inesi che vengono in Europa a copiare la nostra maniera. La prospettiva lineare era già entrata in Cina dal tempo dei primi missionari , i quali dal Sambiaso (1582-1649) al Buglio (1606-1682) ne avevano discusso pure in trattati teorici che furono studiati e meditati dagli artisti cinesi: ne trovi l’eco nelle illustrazioni di un famoso libro di agricoltura e sericoltura, il Keng chih t’u, disegnato da un pittore di corte, Chiao Ping-chen che fa del suo meglio per seguire le regole della prospettiva apprese alla scuola europea. In altri suoi quadri lo stesso pittore rappresenta una dama a colloquio con un’ancella: l’orizzonte si abbassa, il cielo assume colorazioni ispirate alla pittura occidentale ed il padiglione è costruito in prospettiva. Pochi anni dopo, Tsou I-Kuei abbandona la sognante levità della pittura cinese, quel suo impressionismo che coglieva l’anima delle cose, e disegna fiori con una meticolosa fedeltà che arriva fino a dare, con artificio di tecnica, un plastico rilievo alle figure. L’Occidente cominciava ad allontanare i Cinesi dalla contemplante partecipazione allo spirito della vita universale e apriva i loro occhi alle labili forme delle cose. L’arte della Cina era allora ad una svolta: stanca di una tradizione che non riusciva a rinnovarsi, cercava di uscire dal torpore di un bizantinismo che, facendola ripiegare su se

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medesimo, sembrava a poco a poco consumarne l’ispirazione. Un tentativo di rinnovamento ci fu, ed a questo non furono estranei i quattro pittori italiani e i loro compagni che zelo missionario e spirito d’avventura avevano raccolto alla corte del più potente monarca d’Oriente. Il Castiglione non era infatti solo; la colonia di artisti italiani non era esigua allora in Cina. La curiosità di cose nuove e un vago interesse per l’arte d’Occidente conducevano i grandi imperatori Ch’ing a favorire, spesso addirittura ad invitare alla corte, artisti ed artigiani; non tutti, si capisce, di merito uguale e nessuno forse che stesse alla pari del Castiglione, ma da ricordare tutti perché collaborarono a questo ravvicinamento di cultura che l’amore dell’arte stabiliva fra Cina e Italia.C’erano dunque con il Castiglione, o poco dopo, quell’agostiniano scalzo di cui si s’è fatto più sopra parola, Giovanni Damasceno Sallustri, romano, il Gherardini modenese e il Panzi cremonese, per

non par lare di Matteo Ripa che si trovò a fare il pittore contro sua voglia. Purtroppo, all’infuori del Damasceno non si può che farne i nomi: poiché le loro opere sono andate perdute o se ne è smarrita la traccia. Di Giovanni Gherardini si sa soltanto che nacque i l 17 febbra io 1654 a Modena e che fu scolaro del Colonna; trasferito in Francia ove pare lavorasse presso il Duca di Nevers

il 1698, lo troviamo a bordo dell’Anfitrite che salpava alla volta della Cina. Ve lo conduceva il padre Bouvet che aveva ammirato la sua pittura e che gli prospettava buone speranze di successo nella Cina. Quale sorte egli avesse colà non sappiamo; consta solo che l’imperatore gli dette lavoro e lo stipendiò; sotto la sua protezione restò certo a lungo, fino a quando per ragioni non conosciute ed in data imprecisata ritornò in Francia. Sapeva dipingere a fresco e ad olio e sebbene mediocre pittore sembra che fosse soprattutto esperto nella prospettiva che allora, come abbiamo visto, attirava l’attenzione degli artisti cinesi.Il Panzi, che non si sa bene se nascesse a Cremona come scrisse il Sommervogel, o a Firenze nel 1733, come potrebbe trarsi da una lettera di lui medesimo nella quale si dice oriundo di quella città, fu aggregato come frate coadiutore alla missione dei gesuiti francesi di Pechino. Vi arrivò nel 1771 e vi restò fino alla morte che avvenne dopo il 1792. Qualche segno delle sue opere resta: per esempio il ritratto del padre Amiot che egli

mandò a Parigi e che inciso dall’Helman venne pubblicato nei Mémoires concernant les Chinois, e quello dell’imperatore Ch’ien lung nel primo tomo della stessa opera. Come egli stesso ammette, seguì la maniera del Castiglione, cercò cioè fin dove possibile di adattarsi allo stile cinese: «Il fondo color d’aria, che ora io faccio ne’ ritratti, so bene che non si consuma fare, ho sia raramente da nostri celebri Pittori Europei, ma lo faccio per adattarmi al costume cinese, non ributtante che pur questo costume l’usarono qui i bravissimi e di buon gusto, Pittori Attiretto e Castiglione».Di tutti questi artisti radunati alla corte cinese nel XVIII secolo il più importante fu dunque il Castiglione: il cui nome va anche congiunto ad un’altra opera nella quale più che in ogni altra avvenne un felice accostamento del genio artistico italiano e cinese e che rappresentò il momento più notevole della fortunata collaborazione inaugurata e favorita dall’illuminato mecenatismo dei grandi imperatori cinesi. Ch’ien lung nel 1747 decise di costruire un palazzo di stile europeo e ne commette il disegno al Castiglione, sorge così il Hsi Yang lou che per la prima volta rivela ai Cinesi la solenne magnificenza dell’architettura europea, con naturali compromessi, perché nessun imperatore cinese, malgrado il suo amore delle cose nuove, avrebbe apprezzato uno di quei palazzi massicci, che allora erano di moda in Occidente; in mezzo alle pagode e a quelle case ove il bello è tutto nella modestia delle proporzioni e nella rifinitura dei particolari, sarebbe stata una stonatura. Fu dunque anche in questo caso un adattamento, ma che parlava chiaro e non lasciava dubbio sull’italianità del disegno; e restò lì a testimoniare questo felice incontro dell’Occidente e dell’Oriente che il talento italiano aveva provocato, fino a che la soldataglia inglese e francese non lo incendiò e rase al suolo sul principio del secolo. Lo conosciamo attraverso alcune incisioni eseguite nel 1783 dai discepoli del Castiglione stesso, le prime fatte dai Cinesi dopo gli antichi tentativi al tempo di Matteo Ricci. La mole del palazzo s’ispirava al barocco provinciale italiano trapiantato nell’Estremo Oriente e perciò fuori posto, ma nell’insieme opera di pregio e soprattutto insigne monumento della intelligente laboriosità di un’esigua colonia di artisti che s’era raccolta intorno al Castiglione, e nella quale oltre quelli sopra ricordati figuravano altri Italiani, come quel fratello Moggi fiorentino che già nel 1727 aveva disegnato il Tung T’ang, come si chiamava la chiesa di S.Giuseppe.

Giuseppe Tucci(da Italia e Oriente)

清朝时期传教士们的贡献

让我们来重温一段历史,一段超越利玛窦及其同伴的历史。是这群人最初在中国传播西方绘画知识,同时出于传教的目的,散发画作复制品,而且在长崎创办了一所绘画学校。在这所学校里,信仰天主教的日本人和中国人接受欧洲式的教育。可惜学校经历时间不长,成立后不久,其在日本的传教就受到了严重困难和迫害。在中国的情况也差不多。尽管中国人对这种异国风格很好奇,但并未出现中国现家大量模仿的局面。个别情况除外:在一些中国画家的画作中似乎能看出一点点微弱的西方风格的影子,也许是因为他们感到好奇,想做一点尝试,而并非有意识地要从传统技法中走出来。

清朝取代了明朝(1368年--1644年), 朝代更替的时候总会出现许多的社会动荡。清朝皇帝们平息了最后的动荡,在突厥和西藏地区又推出了和平协议,后来才得以考虑更宏大的和平前景。康熙皇帝(1662年—1723年)和乾隆皇帝(1736—1796年)不喜欢外国人,他们认为外国人行事异样,来到中国的目的只是为了经营与挣钱。因此,他们缺乏形式上的一点东西,在东方国家,形式有时比实质要更实用。皇帝们对外国人心存疑虑,认为不能同外国人轻易相处。这些洋人们们漂洋过海,历经各种险阻,建立自己的殖民王国,并迅速发展,紧紧地包围东方国家。

然而还是有传教士的到了中国,对他们应该尊重,因为他们为世界服务。他们同中国文人一样有文化、有修养,甚至比他们更有知识,因为有时候历法会出现错误,而只有这些洋传教士们才会调整,这让中国宫廷的天文学家很没面子。因此,他们值得受到尊敬。这些传教士们很有修养,热爱中国,过着清苦的生活,中国人都善待他们,就象利玛窦在明朝受到很好的待遇一样。很多年里,利玛窦以及他的同事都是由明朝皇帝供养的,这可是前所未有的事。当利玛窦去世的时候,皇帝还赐地安葬,这是只有进贡国的使节们才能享受的殊荣。此后,中国人一直继续着对传教士的这种好感与善待,直到他们开始怀疑传教士干涉中国内部事务,并为外国商人与军人进入中国而铺路。

如同14世纪的意大利把家具、瓷器、和装饰中的中国风格视为时尚一样,中国也开始引进欧洲的物件。这是中国最初的开放标志。于是,新的贸易开始出现,中国人对遥远的国家感到好奇。在几十年的时间里,国外的各种传教士陆续踏上中国的土地。在传教的同时,他们顺应着中国人的好奇心,带来了西方的思想。此时,如明朝一样,清朝对西方科学感兴趣,而且对西方艺术也产生了浓厚的兴趣,这一点在前朝是未有发生的。当时的西方艺术还未改变其传统,仍处在

蓬勃发展的阶段,但已开始引入一些新的元素,在当时的最活跃的画家作品中已能看到一些微小的变化。

在北京朝廷里的意大利艺术家 郎世宁

北京的清朝宫廷中有不少意大利的画家和工匠。这个勤劳的小团队遵照着皇帝的命令进行创作,就这样把西方艺术的风格引入到了中国。郎世宁,米兰人,曾在意大利学习艺术,1715年抵达北京,他浑身上下充满了艺术的热情。他被介绍到皇宫,受到康熙与乾隆两位皇帝的喜爱。当他的同事觉察到朝廷里中国大臣们对他们不信任或是有敌意时,郎世宁帮助了他们,他在皇宫中推广一种新的艺术创作方法。此时也正是中国绘画的迷茫期,它急需再度辉煌,以符合当时的时代特征,因为当时统治中国的皇帝可以算的上是中国历史上最伟大的几位帝王。

乾隆在他的一篇文章中称郎世宁是不可超跃的肖像画家。他亲自看郎世宁作画,而且一看就是好几个小时。他让郎世宁画最他宠爱的香妃的肖像。画中香妃身着战袍,拿着欧式武器 , 骑 着 蒙 古 骏 马 驰骋。之前的西方绘画中没有出现过马,郎世宁可以说是第一位把马引入画中的欧洲人。他的画中两种风格交相辉映:即中国画的灵巧、西方画的宏大以及对阴影的使用。在他的画中,人们能看得出他努力使西方画技能够适应中国传统,当然结果并非总是让人满意。他更多地使用墨而不是颜料,引入了线条透视。但你不能不佩服他这些为适应中国品味的而做出的高贵尝试。他放弃了西方画的宏大,顺应中国画师的习惯。如果说他的画作让我们看上去有点冷或累,激不起内心的感动,原因是指导他创作的思想不同。

他以西方人的眼睛来观察世界,触摸着这个世界。而中国人则发现了宇宙间的和谐,把自己放在中心的位置,一切都从“大道”中来。郎世宁的画笔很实,而中国人的画笔则显得更为空灵,一切都似乎是昙花一现。每一个形象似乎注定要消失在无边无际的空间里。郎世宁是宫廷画师,受皇家供养,因此不得不服从于主人的意志,正是这个原因,他开始创作巨幅画作。乾隆皇帝要求画师创作巨幅作品的目的是为了让后世铭记他一生的赫赫战功。乾隆曾打败过北方一些

十八世纪在中国的意大利艺术家

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部落,想让这一战绩永垂青史,于是下令他的画师们以此为主题作画。画师们遵照皇帝的旨意,共画了26幅图,乾隆皇帝十分喜爱,并派人将它们送到欧洲刻成铜画。这就有了《乾隆平定西域战图》的诞生,并于1769年到1774年间在巴黎被制成铜版组画,其中有两幅是郎世宁画的,六幅为达玛西诺所作。

西方对中国艺术的影响

中国宫廷内的意大利画派后来回到欧洲,开始了一段亚洲艺术与西方艺术合作的蜜月期。很可惜,这段蜜月时间不是很长,但依然在东方的土地上留下了印迹。这种不同的画技,这种对事物活生生的表现方式,这种绘画的精确,以及颜色所表现的力量深深吸引了中国艺术家,刺激着他们想亲自尝试这种技法,而且当时的大背景正是中国对西洋东西存在普遍好奇。而东方的传统是如此深厚,以致于任何新东西、新事物都不可能去撼动它,因此不可能发生根本性的改变。但尽管如此,东西方艺术交汇的时候,还是留下了不少印迹。在这里,我们不想讨论中国艺术因此是变得更丰厚了还是更薄弱了。从那时开始,中国绘画中出现了西方元素,而且随着时间的流逝,西方的影响愈大,直到出现今天这种状况,很多的中国画家到欧洲来学习我们的技艺。线条透视法在出现第一批传教士的年代里就已引入中国,比如山比亚索(1582年-1649年),布伊奥(1606年-1682年)在他们的文章中就曾有过探讨。后来,中国画家还认真研究了这些文章。一些宫廷画师在他们的创作中开始使用学到的透视技法。有这么一幅画,画的是一位贵妇与其婢女聊天,画中的天空色彩与西方画十分近似,身后的楼台均采取了透视法。在往后几年,有一位中国画家放弃中国画的写意与虚幻,以写实的手法来展现事物的面貌,他笔下的花甚至有立体的感觉,呼之欲出。

受西方的影响,中国人也开始把注意力从万物的精神层面转移到放在事物的外在形式上来。中国艺术进入了一个转折:中国艺术已厌倦了旧传统,这种旧传统使它不能自我更新,使它陷入一种麻木状态,渐渐失去所有的灵感。中国绘画界曾尝试革新,而且有四位意大利画师参与了这种尝试。郎世宁并非独自一人,当时在中国的意大利画师不乏其人。清朝皇帝们对新事物很好奇,对西方艺术有着很广的兴趣,因此常常把艺术家和工匠们请到皇宫里来。当然,他们的功绩有大有小,但也许没有人能超过郎世宁。皇帝之所以把他们都请来,是因为正是这群人的共同努力,中意两国文化上的距离才得以被拉近。

与郎世宁一道的还有其他画家:我们上面提到过的乔万尼·达玛西诺,杰拉尔迪尼和潘西。还有一位叫里帕,他是被迫在那里做画师的。很可惜,除了达玛西诺外,关于其他几位画师,我们今天能知道的只是他们的名字了。在漫长的岁

月中,他们的作品或是遗失,或是没有留下任何记载。关于杰拉尔迪尼,我们只知道他1654年2月17日生于摩登那,曾移居法国,1698年从法国出发乘船来到中国。博维神父十分欣赏他的画作,认为他会在中国取得巨大成功,并予以引见。后来他命运如何,我们也不得而知,只知道清朝皇帝给了他份工作,并给他俸禄。在皇帝的关照下,他在中国待了很长时间,直至某一天,不知什么原因,也不知具体什么时候,他打道回府,重回法兰西。他会作壁画,会作油画,虽画艺平平,但却精于透视法,而透视法正是最吸引中国艺术家的地方。

潘西,1733年生,其出生地是克莱摩纳还是佛罗伦萨,今天也不得而知。他作为法国耶稣会士的助手来到北京。抵京时间是1771年,一直待到他去世,去世时间是1792年以后。他的作品只留传下一点印迹,如阿米奥神父的画像,他曾将该画送到巴黎,后被印刷;以及乾隆皇帝的画像。他自己也承认,他沿用了郎世宁的方法,尽一切可能适应中国风格。“我现在的画法,欧洲的画师们根本不用,我这样做是为了迎合中国画的风格。我知道,一些杰出的艺术家如郎世宁就曾这样做过。”

在所有这些为清朝宫廷作画的画师中,最重要的一位当之无愧的是郎世宁。郎世宁的名字还与另一件事联系在一起,这可以算是中国艺术与意大利艺术相结合的典范,代表了清朝皇帝资助下的艺术的最幸福时期。1747年,乾隆皇帝决定建一座西式园林,交由郎世宁来设计,于是便有了西洋楼,它让中国人第一次见识了西方建筑的宏伟。当然,在这之中,他也不得也迎合中国风格。因为就算是皇帝们喜欢新鲜事物,也没有一个皇帝会欣赏一个完完全全的西方风格的巨大宫殿。因此,这些亭台楼阁内部装饰便突出精、小、巧的特点。这座园林的设计让人一眼就能看出其意大利风格,它一直是东西方艺术交汇的最好例证。直到有一天,英法军队将之付之一炬。我们从郎世宁弟子们1783年所作的版画中可以看出来(这也是第一次由中国人制作的版画,虽然早在利玛窦时期便已开始最初的尝试)。宫殿的宏伟体现了巴洛克风格,是移植到东方的巴洛克。总体说来,这是身在中国的一群意大利艺术家们集体智慧的结晶。他们以郎世宁为首,除了上述提到的几位,还有一位名叫莫基,佛罗伦萨人,他于1727年创作了画作“教堂”。

Giuseppe Tucci (意大利与东方)

Inizi della penetrazione cattolica

Poco dopo che i Portoghesi s ’ e r a n o s t a b i l i t i a M a c a o , comincia la lenta e faticosa penetrazione del Cattolicesimo in Cina, soprattutto per l’opera dei gesuiti; la strada aperta da San Francesco Saverio menò a buon porto con l’arrivo di due figure che giganteggiano nella storia missionaria: il padre Valignano da Chieti e Matteo Ricci da Macerata. Da quella testa di ponte dell’espansione portoghese, c h ’ e r a M a c a o , c e d u t a a i portoghesi dai Ming a condizione che quelli guerreggiassero i pirati, invano i missionari e i mercanti tentarono di spingersi nelle terre vietate del Celeste Impero; i Cinesi giustamente diffidavano di quei pionieri senza scrupoli che avevano fondato uno dei più grandi imperi coloniali che la storia ricordi, ma in così breve volgere d’anni che sulla celebrità del l’ impresa già incombeva l’ombra del crollo non lontano.

L’opera dei gesuiti

I Ming declinanti resistettero: le barriere di Macao restarono per più anni inviolabili; si apersero solo agli Italiani e, prima di tutti, al Ruggieri e al Ricci, al Ricci soprattutto che, dopo varie vicende di speranze e di delusioni, riuscì a porre piede nella stessa Pechino e ad essere ricevuto dall’Imperatore. Il migrare d’una religione coincide col migrare d’una cultura e schiude nuove vie all’intelletto. L’introduzione del Cristianesimo in Cina, avvenuta questa volta con altri mezzi che non al tempo dei Mongoli,

segna non solo l’ingresso di una nuova religione, ma il primo diffondersi di un pensiero maturo che coscientemente si misurava con quello cinese, così valutando la propria superiorità e le proprie debolezze; mentre la fede operava sulle coscienze, esso penetrava a poco a poco nell’intelletto aprendolo a nuovi orizzonti.I gesuiti che furono mandati in Cina erano tutta gente scelta, di ingegno versatile e di buoni studi: venivano da un’Europa nella quale la scienza delle cose naturali, puntellata sull’esattezza del metodo galileiano, s’era ormai liberata dal giogo dei dogmi e andava per la sua strada confidente e spedita. In Italia le scienze positive, prosperando e raccogliendo intorno a sé i l favore e l’ interesse degli i n g e g n i , c o m p e n s a v a n o i l generale languore degli spiriti che sembravano riposare dopo il fervore del Rinascimento; accademie e società scientifiche e rano so r t e ne l l e magg io r i c i t t à d ’ I t a l i a , r i c e r c h e e d esperienze dappertutto promosse e incoraggiate. I gesuiti che approdavano a Macao sapevano di matematica e d’astronomia, di filosofia e d’arte. Così avvenne che i Cinesi, i quali per tanti secoli s’erano sentiti gli eletti su l la ter ra e consideravano gli altri popoli come barbari, dovettero finalmente ammettere che anche essi avevano qualche cosa da apprendere. Altre genti tenevano in così alto onore, come essi si gloriavano di fare, le lettere e il sapere; fra esse Matteo Ricci metteva in primo luogo l’Italia, che alla Cina dunque si rivelava maestra di vivere civile.

«Con queste cose e col parlare de’ Padri delle nostre scientie, assai più fondate delle loro, vennero a puoco a puoco tutti a far concetto della nostra terra (l’Italia) e de’ nostri letterati e gente esser assai diversa da quello che loro sino a questo tempo avevano pensato di tutti i regni forestieri essere barbari, e che in nessuna cosa si potevano comparare con loro».I primi missionari che posero piede in Cina ebbero grandissima idea dei Cinesi e della loro civiltà. Naturalmente in molte cose li vedevano più addietro d e l l ’ E u r o p a ; t u t t a v i a n e ammirarono l’industria, la nobiltà e la dignità del vivere; quando cominciarono a leggere i libri classici riconobbero il pregio di quelle scritture e non esitarono ad ammettere che gli insegnamenti morali in esse contenuti avevano cristiana chiarezza e semplicità. Credevano dunque meno arduo il loro compito e s’immaginavano fac i le la convers ione d i un popolo arrivato a così nobili e sagge visioni della vita. Era tutt’altra cosa che con l’India. L’India li aveva turbati con il caos delle sette, i deliri della sua architettura, le sottigliezze della metafisica, che dissolveva il mondo e i valori morali in una luce incolore, inafferrabile al loro spirito educato alla simmetria e chiara concretezza del pensiero classico. In Cina si trovavano più a casa loro: l’arte era sobria e la filosofia meno astratta; vi alitava un saggio razionalismo moraleggiante che a intelletti già all’alba dell’Illuminismo non dispiaceva. In Cina, sulla scorta del grande maestro Confucio, più che a speculare s’educavano a

INTRODUZIONE DELLA SCIENZA EUROPEA IN CINA

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vivere in solidale armonia con il prossimo, a rispettare i superiori, a venerare la età e la virtù, ad esser buoni figli di famiglia, e poi devoti sudditi dell’Imperatore. L’etica prevaleva sulla metafisica. «Fecero sempre molto caso di seguire in tutte le loro opere il dettame della ragione che dicevano avere ricevuta dal cielo, mai credettero del re del cielo e degli altri spiriti suoi ministri cose tanto sconce quanto credettero i nostri Romani, Greci, gli Egittij e altre nazioni».

Matteo Ricci (1551-1610)

Con i Cinesi dunque sarebbe stato possibile intendersi; Matteo Ricci (nato a Macerata nel 1552, arrivato a Macao nel 1582, nel Kuang t’ung nel 1583, morto a Pechino l’11 maggio 1610) capì l ’ importanza di questa cosa, ed era incline, non senza ostilità d’altri Ordini religiosi, a una illuminata tolleranza. La ragione del suo successo fu la comprensione, la dolcezza, quella ingenua determinazione che è propria degli animi semplici. La sua forza è nella docilità, in una pieghevolezza che vince cedendo, in una adattabilità maliziosa che

accondiscendendo suade, in una umiltà che umilia ogni alterigia: e soprattutto nella superiorità e nella certezza del suo sapere. «Io qua con questi mappamondi, horiuoli, sphere e astrolabii ed altre opere – così scriveva – che ho fatte ed insegnate venni a guadagnar nome del maggior matematico che ha nel mondo, e sebbene non ho qua nessun libro d’astrologia, con certe efemeridi e repertorij portoghesi, alle volte predìco le eclissi assai più puntuali che loro: e così quando dico che non ho libri e non mi voglio mettere a emendare le loro regole, puochi sono che me lo credano». L’urto provocato dall’ incontro con l’Occidente impersonato dal Ricci avvenne proprio dove la resistenza cinese era fatalmente minore: intendo in quelle scienze matematiche ed astronomiche ove il Ricci, uscito dalla scuola severa del Clavio, poteva aprire ai Cinesi orizzonti nuovi e mostrare la fallacia della loro presunzione. Le scienze esatte hanno il privilegio della certezza: sulle intuizioni religiose e sulle architetture metafisiche si può ragionare all’infinito mancando nell’un caso e nell’altro le decisive prove del fatto. Ma quella scienza

matematica era inoppugnabile, sbaragliava tutte le fallacie e approssimazioni: dal missionario maceratese comincia quel lungo cammino non ancora concluso che portò l’Asia contemplante a l l a s c u o l a d e l l ’ E u r o p a indagatrice. In pochi anni suoi scolari autorevolissimi nel mondo ufficiale e letterati insieme, Paolo Hsu e Li Chih-tsao, tradussero con lui Euclide, i manuali del Clavio, Aristotele e perfino la logica di Coimbra. Il pensiero matematico dell’Occidente arriva così per la prima volta nel Celeste Impero , e necessa r i amen te per la sua maggior chiarezza e precis ione s i sost i tuì a l le speculazioni matematiche cinesi, che per quanto progredite non po tevano compra r s i con l a ben costrutta profondità delle nostre. S’introduceva con quei trattati non solo una più precisa e adeguata esposizione delle dottrine matematiche, ma si arricchiva la lingua cinese della terminologia adatta. La stessa parola «geometria» compariva nel vocabolario cinese e con essa molte espressioni tecniche.C o s ì a v v e n n e p u r e p e r l a geografia e la cartografia. I Cinesi avevano raccolte buone notizie

sul mondo asiatico e sui paesi con i quali s’erano trovati in rapporto per ragioni di guerra, di politica o di commercio; anzi , poco prima dell’arrivo dei missionari le loro cognizioni si erano di molto allargate e precisate dopo le sette spedizioni marittime che Yung-lo aveva inviato sotto il comando dell’eunuco Cheng ho a cominciare dal 1405 nei mari delle Indie fino alle coste de l l ’Afr ica . Ma sebbene c i fossero già atlanti particolari del territorio cinese, la cartografia era nel l’ insieme inferiore a quella occidentale; nacque così nel Ricci l’idea di disegnare quel mappamondo da pochi anni ripubblicato dal P. D’Elia – che suscitò tanta ammirazione e negli ambienti ortodossi anche aperte ostilità.La Cina conobbe allora con una nuova tecnica cartografica la teoria dei paralleli e dei meridiani e il metodo di segnarli sulle carte; la terminologia geografica, sia pure nei suoi primi e più semplici elementi, comparve per la pima volta nel vocabolario cinese. Conviene lasciar parlare lo stesso Ricci poiché nessuno potrebbe meglio di lui darci un’idea di quello che aveva trovato in Cina e di quello che in pochi anni riuscì a fare. «Una delle cose che fece il Padre Matteo admirare i letterati e grandi della Cina fu con la novità delle nostre scientie, mai udita a loro. Percioché questa fu la prima volta che si uditte questa terra: esser la terra ritonda, avendo loro per primo principio e detto antico essere il cielo rotondo e la terra quadrata; che stava nel centro dell’universo e di tutte le parti di sotto e di sopra era habitata, essendo gli uni antipodi degli altri, cosa che sino adesso non possono totalmente molti credere; che l’eclisse della luna era fatta per interposizione della terra fra

il sole e la luna con l’ombra sua, avendo fino adesso i loro letterati f inte mil le chimere per dar ragione di questa oscurità della luna, sino a dire che la luna posta ex diametro dirimpetto del sole, spaurita perdeva il lume, altri che nel mezzo del sole v’era un buco vacuo, all’incontro del quale, posta la luna, non poteva esser illuminata; che il sole era molto maggior che la terra, e questo creddero alcuni più facilmente, pe rché avevano de t to ce r t i letterati che lo volsero misurare con instromenti, essere grande più di mille miglia; ma esservi stelle maggiori e molto maggiori della terra, parve maggior paradosso; che il cielo era cosa solida e le stelle stavano fisse in esso e erano dieci globi l’uno sopra l’altro con diversi movimenti […]; che l’altezza dei poli era diversa secondo varji climi e l’istesso de’ giorni e notti, nascere e ponere del sole. Questa anco fu la prima volta che videro la Descrittione Universale di tutta la terra in globo et in mappa; con le terre poste con distinzione di meridiani, paralleli e gradi; con la linea equinoziale tropici e poli artico e antartico; con le sue cinque zone. Delle quali cose, se bene avevano avuta qualche notitia nel cielo o globo celeste, pure mai avevano visto queste cose nella terra. Videro anco astrolabio con sue lamine, sfera con la terra nel mezzo, e due diversità de’ poli, uno mobile e fisso (l’altro), con che hebbero grande lume per intendere il movimento dei planeti, a loro inintelleggibile. Videro l’horiolo solare in plano all’orizzonte et anco in ogni muro che volessino, oltre altri sorti di horologij: e, quel che più gli fece stupire in questa materia, gli segni celesti o gli ventiquattro tempi degli anni, di che loro più usano, posti negli horiuoli, con le sue

parabole et hiperbole e linee rette, dalle quali l’ombra dello stilo non discrepava né un punto il giorno che in esso stava scritto in loro lettera. Videro anco quadranti et altri modi di misurare le altezze de’ torri, profondità de’ pozzi e de’ valli e longhezze de’ viaggi con molta facilità».Le no t i z i e che g iungevano traverso i viaggi e le navigazioni confermavano le teorie del Ricci. I l mappamondo accolto con favorevole giudizio da alti ufficiali ebbe a poco a poco assicurato un pieno successo. Non diversamente accadeva pe r l ’ a s t ronomia che l en tamente cor resse l e i n e s a t t e z z e d e l c a l e n d a r i o c inese acqu i s t ando sempre maggior favore: anche dopo la morte del Ricci, - malgrado le insinuazioni, le accuse e le denunzie e le confutazioni di Yang Koang sien – il Buglio ed il Verbiest confermavano l’assoluta superiorità della matematica e dell’astronomia europea che restarono le discipline più gradite dei Cinesi; per lo meno quelle che essi non ricusarono di farsi insegnare dai maestri occidentali; anzi furono in molta parte proprio esse la ragione della privilegiata to l le ranza che i miss ionar i g o d e t t e r o , p u r i n m e z z o a molte esitazioni, reticenze e persecuzioni. Anche nel 1766 Hallerstein scriveva: «Le arti possono piacere alla corte e sono utili, ma l’astronomia e la matematica sono qui la cosa più necessaria di cui non si può fare a meno».L’ o p e r a d u n q u e d e l R i c c i non rappresenta un episodio passeggero nella storia della cultura cinese; continuata dai missionari che vennero dopo di lui – fra i quali c’erano scienziati insigni, matematici e naturalisti – essa apre in quella un nuovo capitolo. I Cinesi, ho detto sopra,

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avevano anch’essi coltivato la matematica e la geografia da tempi antichissimi: ma quella loro scienza s’era faticosamente svi luppata per elaborazione interiore, sul suolo cinese, senza contatt i con altr i paesi, ove se ne tolga l’India, quando il Buddhismo penetrò nel Celeste Impero. Ma nel l ’ insieme la scienza, rispetto alla nostra, era rimasta in uno stato embrionale. Perché la scienza si formi bisogna guardare le cose con altri occhi che non abbia fatto l’introspettiva serenità dell’Oriente; il quale si lasciò per lungo tempo trascinare dalla natura senza resistenze e opposizioni.Nel XVI secolo in virtù dello zelo missionario i Cinesi subiscono il fascino della scienza occidentale. I gesuiti in primo luogo, anche dopo il Ricci, seguitarono a tradurre e divulgare opere di matematica e di astronomia, a malgrado dell’opposizione da parte dei rappresentanti ufficiali della cultura cinese. Alla fine trionfarono riuscendo ad imporre la riforma del calendario che fu posto sotto il loro controllo, t u t t a u n a s c h i e r a : d a l D e Ursis, i l quale determinò la longitudine di Pechino e costruì ingegnose macchine idrauliche, e da Giacomo Rho, entrambi collaboratori dello Schall e del Verbiest, su su fino al Grimaldi che succede t t e a l Ve rb i e s t nella presidenza del Tribunale del l ’as t ro logia , scr isse una sfera celeste in cinese e godette tanta stima ed autorità da esser mandato ambasciatore di Kang hsi alla corte di Russia. L’Aleni non solo aveva pubblicato in Cina una geografia dei paesi stranieri che era la continuazione e i l completamento di certe tavole trovate su navi straniere e fatte tradurre da Wan li ai padri De Ursis e Pantoja, ma aveva

scritto anch’egli sui principi d i geometr ia e su i cos tumi europei e sulle scienze europee; il Longobardi aveva parlato dei terremoti e il Vagnoni dissertato sulle meteore: traverso l’opera loro e dei loro confratelli i l pensiero galileano si faceva strada nella Cina, la quale già fin dal tempo dei primi missionari era stata commossa e meravigliata dalla notizia dello strumento che Galileo aveva inventato per esplorare le vie del cielo. Dalle ricerche del più profondo conoscitore delle missioni in Cina risulta che il primo a parlare del cannocchiale in Cina fu il P. Emanuele Dias iuniore che in un suo opuscolo stampato nel 1615 scrive: «Ultimamente un famoso scienziato occidentale, versato in astronomia, il quale ha preso ad osservare le cose misteriose del sole della luna e delle stelle, dolente della debolezza dei suoi occhi, ha costruito uno strumento meraviglioso per venire in loro aiuto […] La lunga guardata con questo strumento appariva mille volte più grande, Venere grande come la luna». Seguiva nel 1626 un trattato sul telescopio del padre Schall, nel quale se ne attribuiva ancora l’invenzione genericamente ad un «astronomo occidentale», il cui vero nome, supera ta la d i ff ico l tà de l la trascrizione, compare nella Storia degli astronomi occidentali , scritta dal P. Schall nel 1640: «Dopo la morte di Ticone fu inventato il telescopio, per mezzo del quale le più piccole stelle del cielo furono rese visibili. Trenta anni fa Chia-li-le-o fece una nuova carta del cielo e rese noto in una pubblicazione ciò a cui non era arrivato nessun astronomo da varie migliaia di anni».I l R i c c i d u n q u e n o n s ’ e r a sbagliato quando aveva intuito che la fortuna della propagazione

della fede era strettamente legata alla diffusione della cultura occidentale e alla stima che di questa i Cinesi fossero per fare. Con l’opera guidata da questo principio egli non solo facilitava i l compi to d i que l l i che lo avrebbero seguito, ma rendeva giusto omaggio al popolo cinese e insieme indicava la sola via che l’Occidente potesse percorrere per farsi comprendere dall’Asia; la quale sopra tutte le umane attività rispetta e venera la cultura, che è insieme scienza e saggezza, e non fa conto di nessuna umana potenza che su quelle non si fondi e poggi. Accorto nel predisporre i mezzi che gli permettessero di tradurre in atto i suoi propositi, nel volgere di pochi anni il Ricci inaugura una stamperia che fu strumento glorioso di diffusione non solo della religione, ma del pensiero europeo. Il catalogo dei libri pubblicati in questa stamperia nel corso di pochi decenni ne documenta l’attività. Sono soprattutto traduzioni di libri sacri, catechismi, scritti apologetici e vite di santi; ma insieme vedevano la luce alcune p ie t r e mi l i a r i de l pens ie ro occidentale, come la Summa Theo log ica d i S . Tommaso tradotta per intero dal padre Buglio, la quale r ivelava ai Cinesi le basi dottr inali del Cattolicesimo, e ad un popolo, sul quale era passata l’esperienza f i l o s o f i c a d e l B u d d h i s m o , mostrava la saldezza logica della nuova religione. Del resto l’immediato scolaro del Ricci, Leone o Li Chih tsao, aveva già cominciato per questa via traducendo, come ho detto, il t rat tato De Coelo et Mundo d i A r i s t o t e l e e l a L o g i c a del l’Universi tà di Coimbra. Poi seguì la Theologia di un altro successore del Ricci, il padre Gerolamo Gravina di

Caltanisset ta . Naturalmente un’opera di così vasta mole e continuata per tant’anni ha dovuto lasciare qualche traccia: non c’è dubbio che uno studio accurato che si facesse dei pensatori cinesi dal XVII secolo in poi non mancherebbe di mostrarne l’influsso negli scrit tori del Seicento cinese, a cominciare da Wang Yang ming e dai suoi epigoni.Venne ro po i l e r acco l t e d i sentenze morali, che rientrano nella letteratura precettistica diventata di moda nel XVI secolo e che secondava il gusto letterario dei Cinesi, i quali di tutte le filosofie hanno specialmente coltivato la filosofia morale; essi si compiacevano di raffrontare quegli aforismi con i propri, e così trovare non increscioso il passaggio dalle loro credenze alle nuove, siccome s’accorgevano che le une e le altre si fondavano sugli stessi universali principî. Aveva cominciato anche in questo campo Matteo Ricci. Egli aveva veduto l’Europa cristiana e la Cina di Confucio, che così largo, quasi incolmabile abisso di tradizioni divideva, incontrarsi nel sicuro terreno dell’etica: l’una e l’altra basavano la consistenza della

civiltà sull’incontrollabile volta delle stesse regole morali: valori reali, positivi, intessuti quasi nel ricamo dell’armonia cosmica, luminoso riflesso nella vita umana di leggi arcane operanti per entro le cose. Ammirava Matteo Ricci e traduceva la rigida solennità dei precetti confuciani e i letterati cinesi plaudivano al suo trattato sull’amicizia scritto in cinese classico, che riassumeva tutto quanto l’antichità greco-romana e la spiritualità cristiana avevano su quell’argomento dissertato. In questo libro che s’intitolava I Dieci Paradossi, egli «adunò molti esempi, comparazioni, sententie e detti dei nostri filosofi e dottori, insieme con autorità della nostra Sacra Scrittura». Sicché i Cinesi restarono «tutti così contenti di questo libro, che nessuno vi era che non confessasse essere cosa di molto profitto alla vita umana et aver imparato più in dieci capitoli di questo libro che in molti altri libri insieme».Differivano le istituzioni, variava la concezione che l’una e l’altra gente si faceva di Dio, difetti, vizi e manchevolezze s’infilavano nella caduca collana della storia, in Europa e in Asia, ma nessun

peccato, crudeltà o perfidia po tevano o ffuscare l a luce spirituale che sotto ogni cielo fa guida all’uomo nel suo orgoglioso cammino. La Cina partecipava alla stessa umanità dell’Europa: l’alterigia del Regno di Mezzo e la presunzione dell’Occidente dileguavano in quella superiore comprensione ideale, nella quale l’uomo sotto ogni cielo si trova faccia a faccia col suo destino per ripetere cruccioso e smarrito la stessa domanda senza risposta. Matteo Ricci è assai più che un missionario od un erudito: è un apostolo di cultura e un ravvicinatore di mondi.

Giuseppe Tucci(da Italia e Oriente)

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天主教传入初期当葡萄牙人在澳门定居后

不久,天主教就开始了其在中国缓慢而艰难的传播过程,传播工作主要由耶稣会士来担任。这条传播之路由萨维里奥神父开启,他的后继人当中,有两个名字将永远地镌刻在传教史册上,这就是瓦里亚诺神父和利玛窦神父。澳门在明朝时被让给葡萄牙人,条件是他们与海盗作斗争。于是从葡萄牙扩张的桥头—澳门开始,传教士和商贾们想进一步深入中国内陆,但未能成功,因为那是“禁地”。中国人对这些洋先锋们十分不信任,他们曾建立史上最强大的殖民帝国,而没过多久,在帝国威严风生水起的时候,衰落的阴影就笼罩过来。

耶稣会士的努力明朝坚持闭关政策,很多

年里,澳门的边界是不可逾越的。它们只向意大利人开放了,最初进入中国内陆的两位意大利人是鲁杰里神父和利玛窦神父。尤其值得一提的是利玛窦,在多少次的失望与希望后,他成功地踏进了北京的土地,而且进入了皇宫。于是,一种宗教的传播便与文化传播结合起来了,为知识的传播打开了大门。此时的天主教向中国的传入借助了与元朝时不一样的手段,不仅仅是一种新宗教的进入,更是一种新的和成熟的思想的进入,并与中国传统思想进行比照,发现各自的长短。信仰作用于人的内心,天主教逐渐地随着知识一同传播开来,并扩展了新的天地。

被派往中国的耶稣会士都是精挑细选的,个个多才多艺,知识渊博。他们从欧洲来,欧洲的自然科学建立在伽利略科学的精准之上,它已从教条主义的束缚中走了出来,

走上了自信与发展的道路。在意大利,科学得到了广泛关注与热情,补偿了精神上的总体衰弱,尤其是在文艺复兴的光浑消散之后。各种科学组织在意大利的重要城市中兴起,各种研究与实验也受到广泛支持。抵达澳门的耶稣会士精通数学、天文学、哲学和艺术。很久以来,中国人一直自高自大,认为其他民族是蛮夷之族,这时他们终于认识到自己也有不会的东西,自己也有很多东西要向他人学习。这些国家也象中国一样是如此地重视文学与知识。这些国家中,利玛窦把意大利放在首位,和中国一样,意大利也是文明的大师。“我们介绍了这些知识,介绍了我们科学上的大师,中国人逐渐了解了意大利,了解我们的文人和我们的民族,与他们有很大的不同。而此前,中国人认为一切外族皆为蛮夷,无法与他们相提并论。”

抵达中国的第一批传教士对中国人和中国文明无比钦佩。当然,传教士们看到中国人在很多方面落后于欧洲,但是他们仍然十分钦佩中国的生产,尊贵以及生活的尊严。传教士们开始阅读中国的经典,他们赞叹这些经典的优秀,承认书中包含的道德教育同天主教教义一样明确而简单。他们认为他们的任务不再那么艰难,觉得让已具备如此睿智而体面的生活观的中国人信奉天主教不是难事。

而印度则完全是另外一回事。在印度,各种纷乱的异教、膜拜以及玄学的神秘扰乱了这些传教士,世界与道德观被解构得十分虚幻,让这些习惯于具体思维的传教士无法理解。他们觉得中国更象自己的家。中国的艺术非常朴素,哲学也没那么抽象,对理性主义传教士们也不陌生,在启蒙

主义的早期就已受到欧洲人的喜爱。由于至圣先师孔子的教诲,中国人更多的是学如何与周围的人和事和谐相处,去尊师敬长,弘扬美德,做家中的孝子贤孙,做国家的忠臣良将,而不是象印度那样花很多时间在思辨上。中国的情况是美德超跃玄学。

利玛窦(1551年-1610年)与中国人应该是可以很好

的相互理解的。利玛窦,1551年生于马切拉达,1582年抵达澳门,1583年抵达广州,1610年5月11日在北京逝世。尽管他对一些宗教也有着敌意,利玛窦倾向于采取一种包容的态度。理解、温和与坚定是他成功的原因。他的力量在于顺从,他会在让步中获得胜利,在同意中说服别人。而且他无比谦卑,在这种谦卑的面前,任何傲慢都抬不起头。而且还有尤为重要的一点,那就是他对知识的推崇和自信。利玛窦这样写道:“通过我的努力,我给他们传授了知识,自己也逐渐获得了名声。他们认为我是世界上最伟大的数学家。我手头上没有任何的天文学书籍,但我却能比中国人更准地预测月食。”与西方接触时的冲突发生在中国最弱的地方,也就是在数学与天文学等科学上。利玛窦从克拉维奥那里接受了严格的培训,然后把这些知识传授给中国人,并指出中国人原有的错误。精确科学有着其不可比拟的确定性,而宗教直觉与玄学则没有任何的实证。数学科学是颠扑不破的,一切的错误与虚假在它面前是站不住脚的。利玛窦开始了这一条漫漫长路,推动亚洲去观注欧洲的学理。不久,他的学生--中国文官徐光启与李之藻与利玛窦共同翻译欧几里德的几何学,以及克拉维奥、亚里士多德、科英布拉的逻辑学。

西方数学思想就这样第一次在中国登陆,由于它更明白、更准确,于是便取代了中国数学。尽管中国数学很先进,但西方数学的根基更深,因此中国数学还是无法与西方数学相提并论的。那些翻译著作不仅把精确的数学理论引进到中国,同时丰富了中文的有关术语。“几何学”开始出现在中文词汇中,以及许多相关表达。

地理学与地图学也同样如此。对于亚洲国家,以及其他一些因战争、政治或是贸易关系有过交往的国家,中国人掌握了比较翔实的信息。在传教士抵达中国之前,自1402年起,明成祖派郑和七次下西洋,抵达印度洋和非洲海岸,收集到了很多地理信息,丰富了中国人的地理知识。尽管中国已有了地图,但总体来说,这些地图质量不及西方。于是利玛窦便考虑再绘制一幅地图,引起了中国文人的钦佩,同时也招来了公开的反对。

当时的中国已了解纬线和子午线的理论以及其绘制方

法。地理学名词也出现在中文词汇中,尽管不过是些最基础的词汇。我们还是看看利玛窦自己是怎么说的吧,没有人比他更清楚他本人在中国的发现,以及在较短时间内他做成的事情。“我受到中国文人钦佩的原因之一便是带来了西方的科学,这些知识是中国人此前闻所未闻的。他们第一次听说地球是圆的,而他们的一贯认识是天圆地方,大地是一切的中心。对于这些新的理论,他们至今还不能完全相信。他们第一次听说,月食产生的原因是因为地球处在太阳与月亮的中间,造成了阴影,而中国人对这种现象有着各种各样的解释。有的说是月亮转到了太阳的正对面,受到了惊吓,失去了光芒;有的说是太阳中有一个巨大的黑洞,月亮进去了,就发不了光了。中国人还第一次听说,太阳比地球要大许多,这一点中国人比较容易相信,因为曾有人说他们曾用工具进行测量,太阳要比地球大一千里;而他们很难相信星星会比地球大很多。他们还第

一次听说,天空是恒定的,星星悬在天空上,它们都在运动中……”

旅行与航海的发现证明利玛窦的理论是正确的。他绘制的地图受到了中国文人的高度赞赏,渐渐地获得了巨大成功。天文学方面的情况也是如此。利玛窦逐渐地修正了中国历法的错误,受到了更多的欢迎。在利玛窦死后,尽管存在着很多反对和指责的声音,但事实还是证明欧洲的数学与天文要更加优越,它们成为中国人最喜爱的西方科学。至少在这些学科上,他们不拒绝西方学者的传授。甚至可以说,正是这些科学知识起到的作用,传教士们才得到了中国人的接纳和尊重,当然也不乏犹豫的态度甚至是迫害。1766年,哈勒斯汀这样写道:“对于艺术和绘画,中国朝廷可以喜欢,也可以不喜欢,它们可能有用,也可能无用。但是天文与数学则是中国人不可缺少的东西。”

利玛窦所做的一切在中国文化史上并非是昙化一现,在

欧洲科学在中国的传入

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他之后,其他传教士把他开启的事业继续推向前进。他们中有科学家、数学家和自然学家,构成历史中的新篇章。我上文已经说过,中国人也有自己的数学与地理学,而且历史悠久。但它们都是在自己的土壤上孕育生长的,从未与别的国家进行过交流。只是后来佛教进入中国的时候,才开始与印度有所交流。但总体来说,中国人的科学相对我们来说,只是停止在最初的发展阶段。为了要科学成长起来,必须要学会用别的眼光来看待事物,而不是东方人的自省的眼光。东方在很长时间里只是顺应自然的发展,没有任何的反抗和抵抗。

十九世纪,由于传教士的努力工作,中国人得以认识到西方科学的魅力。耶稣会士(即便是在利玛窦之后)开始翻译和传播天文学和数学著作,尽管遇到了中国文人界内的一些反对。最终,传教士们胜利了,成功地修改了历法。很多人为此做出了努力,他们中有:德·乌尔思,他确定了北京的经度,建造了先进的水利机械;贾科莫·罗,他与德·乌尔思都是维尔比斯特的同事;还有格里马第,他接替维尔比斯特担任了天文院院长,德高望重,曾被康熙皇帝派到沙俄当大使。阿莱尼在中国出版了外国国家地图,而且就欧洲的几何学理、习俗和科学写了很多著作。隆哥巴第论述了地震理论,瓦尼奥尼论述了流星。通过这些理论和著作,伽俐略思想得以传入中国,早在第一批传教士入中国的时候,中国人就对伽俐略发明的观测天文的仪器叹为观止了。最权威的中国问题专家的研究证明,中国境内第一位谈到望远镜的人名叫埃马努埃莱·迪亚斯,在他1615年出版的书中这样写道:“最近,一位著名的西方天文学家,在观测太阳、月亮与星星时,苦于肉眼所限,遂发明了一种神奇的仪

器。利用这种仪器进行观测,人们可以看得更远,而且物体被放得很大,星星象月亮一样大。”1626年,斯科神父在另一篇文章里还只把望远镜的发明不明确地归功于某西方科学家。直到他1640年写《西方天文史》一书时,才出现了这位科学家的名字:“第科内死后,望远镜被发明出来,它可以让我们看到天空里最小的星星。三十年前,伽俐略制作了一张星空图,并将之出版,使人们看到了几千年来没有一位天文学家能看到的东西。”

利玛窦正确地认识到传教与西方文化的传播以及中国人对西方文化的欣赏是密切相关的。他帮助追随他的人,同时对中国人民表示崇高的敬意,指出了西方想得到亚洲理解的唯一途径:这就是要尊重文化,要把文化放在一切的首位,文化包含科学与智慧,而不能依靠任何其他力量,因为是站不住脚的。他意识到要具备手段来实现他的意图,几年之内他搞了一个小的印刷作坊,这使他能更好地在中国传播天主教以及欧洲思想。这些印刷书目是利玛窦开展活动的最好证明。主要是天主教义、宗教十诫、圣人生平等翻译,但综合在一起,可以了解到西方思想发展的主要阶段。如由布里奥神父翻译托马索的《最高神学》介绍了天主教理论基础,并向已有了佛教体验的中国人展示了新宗教扎实的逻辑基础。另外还有利玛窦的亲密合作伙伴--李之藻翻译了亚里士多德的作品,利玛窦的后继者--格拉维那翻译了《神学》等等。利玛窦在三十年里付出了极大的努力,也必然留下了其历史的印迹。一项关于17世纪后中国思想家的研究里就提到了利玛窦对中国文人的影响,如王阳明及其及弟子们。

还有一些伦理学著作,16世纪后,伦理学是中国必读作品,也符合中国文人的品味,因为在所有哲学当中,中国文

Yunnan. Nel Nord Ovest della provincia, terra di diverse etnie e religioni, di altrettanti usi e costumi, tre grandi fiumi - Saluen, Lancang (Mekong) e Yangzijiang - scorrono paralleli fra cate-ne montane alte fino a 6.000 metri, lo Hengduanshanmai, l’altopiano tibetano Meilixueshan, e il Baimangxueshan.

Nei vent’anni tra il 1933 e il 1952, i canonici del Gran San Bernardo inviarono quattro spe-dizioni nella terra dei Tre Fiumi. La mostra vuole essere la testimonianza unica di quest’espe-rienza di valore documentario ma anche antropologico. Le numerose fotografie e i due filmati, sepolti per più di mezzo secolo nell’Archivio dei Canonici del Gran San Bernardo di Martigny e riscoperti solo di recente, si propongono il compito di restituirci le vicende umane di un’epoca, tanto affascinanti quanto inesplorate.

云南西北部,一个信仰、习俗和文化不一的多民族的聚居地。这一地区高山峻岭,平均海拔高达6000米的横断山脉、梅里雪山和白芒雪山自西向东,成为三条平行南下的大河——怒江、澜沧江、金沙江——的天然屏障。

1933年至1952年,圣伯纳德修会派出四批传教士来到三江流域,这一展览正是这段历史的记载,但它不只是史料,而更拥有人类学的价值。展出的大量图片和两部影像素材在阿尔卑斯山瑞士境内的圣伯纳德修会档案馆尘封了半个多世纪,只是最近才得到发掘和整理,它们旨在向我们展示人的经历和故事,它们引人入胜、又鲜为人知。

Alla ricerca di altre neviuna missione nella terra dei Tre Fiumi (1933-1952)

a cura di Lea Glarey

他乡雪山云南三江流域老照片(1933-1952)

策展:Lea Glarey

World Art Museum, Millennium Monument24 aprile - 16 maggio

中华世纪坛世界艺术馆4月24日─5月16日

人最在意的就是道德哲学。他们很高兴地将中西伦理进行比较,发现从一种信仰转向另一种信仰并不是一件尴尬为难的事,因为两种思想体系都建立在一些共通的原则之上。利玛窦也早就这样做了。他看到基督文明主导的西方与儒家文明主导的东方在各自传统中有着巨大的鸿沟,似乎不可逾越,却能在道德的范畴里找到相同之处,两者都将文明的共生建立在同样的道德规范之上:真实、积极的价值观,交织于世界大的和谐之中。利玛窦对中国古代经典十分崇拜,他翻译孔子的思想,并用中文写了《交友论》,包含了古希腊、古罗马以及基督文明内所有对相关问题的论述,得到中国文人的极大推崇。在另一部书《畸人十篇》中,他收集了许多西方哲学家、天主教经典中的言论,中国人非常喜爱这本书,都认为此书对人生有很重要的指导作用,他们从这十篇文章里学到的东西比很多书里学到的都要多。

尽管不同的民族对神、缺点、恶习、匮乏等的理解和感知有所不同,但这些都是欧洲和亚洲的历史的真实存在。但任何的罪恶、残酷都挡不住指导人类生存的精神和思想散发光芒。中国与欧洲在人性根本问题上是一样的,在相识相知的过程中,天朝上国傲慢与欧洲的自负都渐渐消散,不同天空下的人们的命运得以有了面对面的接触,一次又一次地或紧张或惶恐地提出同样一个没有答案的问题。利玛窦不仅仅是一个传教士,不仅仅是一个学贯中西的大家,更是一位文化的圣徒,架起了构通不同世界的桥梁。

朱塞佩·图齐(选自《意大利与东方》)

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Ciclo di conferenze di Isaia Iannaccone以撒亚·亚纳科内系列研讨会

“L’Europa in Cina, la Cina in Europa: storia di un incontro”欧洲在中国,中国在欧洲:一部交流融合史

Le vie della seta prima, le navigazioni oceaniche poi, consentirono alle due civi l tà di incontrarsi e a volte di scontrarsi . Ripercor rendo la storia del le situazioni e tratteggiando quella dei personaggi fondamentali, la conferenza rivisiterà le tappe nelle quali l’Europa e la Cina sono state capaci di costruire un rappor to che dura s ino ai giorni nostr i con legami sempre più strett i .

从丝绸之路,到海上航行,使中欧两大文明得以相遇和交融。讲座将向听众总体介绍中欧交流历史,就其中重要的阶段和代表人物进行深入探讨。

Tianjin, 6 aprile 天津,4月6日

Pechino, 6 – 9 aprile 北京,4月6日- 9日

Xian, 12 aprile 西安,4月12日

Chongqing, 14 aprile 重庆,4月14日

Laureato in lingua e letteratura cinese all’Istituto Universitario Orientale di Napoli; Professore ordinario in Matematica, Scienza e Chimica presso l’European School Bruxelles II, a Bruxelles, e membro del International Academy of History of Science. Ha pubblicato “L’amico di Galileo” (Rizzoli ) e “Il sipario di Giada” (Sonzogno).

Auditorium del Popolo - ChongqingData: 9/4/2010, ore 19.30Biglietto: 100RMB (studenti), 200, 300, 400, 700, 1200 (VIP)Hotline: 023 - 63624249, 023 - 86527617

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XIAN SAN

La percezione costituisce la scintilla, l’impulso, necessario per far apparire alla superficie del pensiero la possibilità di una azione creativa.

Nella ricerca artistica la percezione svolge il ruolo fondamentale di ponte tra intuizione estetica e consapevolezza intellettuale, creando le condizioni da cui scaturisce un’opera finita. Ma cosa può accadere se invece che per un’opera finita utilizzassimo la percezione per creare un’esperienza, un sistema aperto di segni e simboli capace di interagire con lo spettatore su livelli differenti, senza mai fissare nulla troppo a lungo e lasciando ad ogni sguardo individuale la libertà e la possibilità di continuare l’opera-esperienza come meglio crede?

Circa tre anni fa cominciai a girovagare per le strade di Pechino senza motivo, registrando con la fotocamera del mio telefono cellulare alcune immagini in maniera del tutto spontanea, senza alcun fine ultimo se non quello di reagire all’ambiente circostante che da alcuni anni era diventato il luogo a cui la mia vita ed il mio lavoro appartenevano. L’unico spunto vagamente “ideologico” dietro la mia iniziativa era quello di sfuggire alla “velocità della Cina moderna ma anche e soprattutto a quella della vita moderna”; in questo senso la mie passeggiate erano una “azione per promuovere l’ozio”, (in senso latino), che praticavo, soddisfatto dell’inerente contraddizione della frase stessa, la cui natura mi avvicinava in maniera interessante alla filosofia taoista non come dialettica dei contrari, ma appunto come “azione dei contrari”. In un mondo di segno +, di presenza costante e aggressione, ero alla ricerca di uno spazio vuoto, di silenzio interiore, un’area di segno - negativo: una certa Cina, con la sua estraneità ed impenetrabilità, me lo ha offerto tra le pieghe delle sue contraddizioni.

Spesi molte ore con le immagini, lasciando che agissero su di me, riportando alla luce le associazioni di idee, le esperienze, le connessioni che di nascosto erano state attivate dalle passeggiate. Ad un certo punto, il linguaggio, sottoforma di testo iniziò a diventare altrettanto vivo ed importante quanto la componente visuale, rendendo sfumata la gerarchia del loro rapporto. Immagini e testo erano diventate un’unica cosa, il cui potere andava al di là della somma di entrambi e apriva un nuovo ventaglio di possibilità. Arte e vita, soggettività e oggettività, esperienza diretta e intellettualmente mediata sembravano giocare una partita di equilibri instabili e mutevoli, che sentivo affine a ciò che il mio lavoro ha sempre cercato di comunicare: quella fragilità intrinseca alla vita, che, se liberata attraverso un meccanismo in equilibrio tra spontaneità e precisione, può riuscire a riportare gli esseri umani in un territorio sensibile comune in cui le differenze scompaiono. Il passo successivo fu quello di riunire i collages di foto e testo in una forma appropriata; la soluzione per mantenere il senso di intimità e introspezione del progetto divenne quella del libro. Le immagini ed il testo sono quindi raccolti in due volumi dal titolo SOMETHING. La scelta dell’inglese al di là della praticità, riporta alla neutralità e vuole garantire il carattere trans-nazionale del lavoro. Nei volumi appaiono testi in italiano, inglese, francese e cinese, lingue in cui da molti anni sono abituato ad esprimermi ed a cui sono esposto ogni giorno. Nel rapporto col libro, lo spettatore è portato a partecipare all’esperienza in maniera privilegiata, scoprendo l’opera in una situazione di concentrazione più favorevole che non nel caso a volte, di una mostra di arte plastica tradizionale. Allo stesso modo, però, l’azione di aprire un libro non rappresenta di per sé, nulla di nuovo o estraneo per nessuno. Nel momento di organizzare una mostra, benché la tentazione di esporre soltanto i libri fosse forte, ho deciso di aggiungere altre due parti, per evitare che l’atmosfera necessaria per questo lavoro fosse disturbata da un ambiente caotico come quello di una fiera d’arte. Alcuni montaggi saranno esposti singolarmente, come introduzione ai volumi ed un’ulteriore componente sensoriale sarà messa in atto: lo spazio sarà avvolto da un’installazione sonora ottenuta dalle registrazioni del silenzio e dei rumori degli hutong, commentati a loro volta, da una serie di piccoli disegni astratti che cercano appunto di “catturare” i movimenti di questo silenzio rotto dal vento, dalle voci e dai rumori. Per alcuni anni, leggendo i testi di filosofia tradizionale cinese, ho cercato di stabilire un ponte tra la tradizione pre-socratica occidentale e appunto, il taosimo. Dopo molti sforzi, spesso terminati con risultati semplicemente didattici o derivativi, ho deciso di concentrarmi sul fatto che, sia in Eraclito, che in Lao Tze, l’oralità definiva dottrine che anziché “imparate”, andavano piuttosto “vissute”, praticate. XIAN SAN è il frutto di un tentativo fatto in questo senso. Questa espressione cinese, impossibile da tradurre, descrive uno stato di ozio in cui non si è “impegnati” in nulla ed i pensieri, anziché essere tenuti assieme e concentrati, sono invece liberi di vagare. Spesso sinonimo di inoperosità, questo atteggiamento si può tradurre in immagini pensando alle posture silenziose e fisse che i cinesi di qualsiasi età sono soliti prendere di volta in volta, in alcuni momenti della

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giornata, specialmente negli hutong. Seduti, accovacciati, appoggiati ad un muro, il grande potere emotivo con cui simili gesti sfidano la realtà frenetica degli spietati ritmi di vita e di lavoro cinesi, la loro “resistenza” silenziosa, sono stati il punto di partenza della mia riflessione. In alcuni momenti un certo carattere di Pechino sornione e indifferente come i grossi gatti bianchi che si aggirano per i tetti delle corti, appare per qualche minuto, qualche ora, diventando quello spazio vuoto da cui tutto può nascere; poi il caos ritorna. Se il tao, una volta pronunciato, sfugge già a se stesso, allora forse, un’immagine adatta si può ritrovare nella tradizione greca, nel termine kairos, la cui origine è quella dell’arte della tessitura. Kairos è il “passo” in cui la navetta inserisce il filo di trama, cioè il varco creatosi dividendo le due serie dei fili dell’ordito, una in alto ed una in basso. Kairos è un foro nella trama di un tessuto, nella trama del tempo e nella trama del destino.

È attraverso queste aperture che scivola via l’oro nascosto, la tartaruga che cammina ciondolando, il canto di uno storno: incontri casuali e preziosi che non accadono all’interno delle strutture che ci circondano. Contro le reti della reciprocità, le griglie dell’etica, i grovigli del caso, possiamo cercare una apertura fortunata, un varo nel manto che ci circonda e che trasforma un disegno chiuso in uno aperto e mutevole. XIAN SAN riguarda questo stato d’animo, capace di trasformare l’opera d’arte in una sorta di membrana permeabile che rende possibili scambi sottili, e speciali, svelando mondi di cui altrimenti non conosceremmo nemmeno l’esistenza. Il fatto che ciò sia reso possibile da un atteggiamento “non produttivo” e provocatorio nella sua passività apparente, si riallaccia alla tradizione popolare dell’ironia come arma di difesa e sopravvivenza. In questo senso, mi piacerebbe che XIAN SAN funzionasse un po’ come un filo rosso che lega forme come la Commedia dell’Arte al teatro popolare cinese e che, attraverso Chaplin e Totò, su un tappeto afghano di Alighiero Boetti, arriva fino a Monkey King, in un viaggio costante nelle due direzioni, Oriente e Occidente.

Alessandro Rolandi

XIAN SAN 闲散

三年前,我开始在北京的街道中漫无目的地行走,用我的手机凭直觉随意拍摄,没有任何企图,不去在意周围的环境。那时,我已经在这里生活和工作了好几年。

与影像度过许多时光,让它们自行作用于我,我很多隐藏的想法、经验、联系都被这种行走激活了。在某一时刻,文字开始变得与视觉元素同等活跃和重要,他们之间的等级关系变得模糊了。影像和文字开始变成同一事物,其力量超越了这两种手段的总合,开启了新的可能性。

下一步就是把照片和文字以一种适当的方式拼接起来;为了保持作品的私密性,我的解决方案是把它们放到书中。于是影像和文字被收录到名为“Something”的书中,共两册。之所以选择英文标题,除了通用性,也能体现其中性特质,并保证作品的多国合作特性。

组织展览的时候,为了避免展品被艺术展般的嘈杂气氛影响,我决定另外增加两个部分。一些作品将作为图集的介绍单独展出,感应部分的空间中将安装一个音响装置,录制了胡同的安静和嘈杂,同时展出一系列小抽象画,试图捕捉被风声、人声和噪音打破的寂静的状态。

闲散就是由此得来的成果。这个中国词语,是无法翻译的,描述了一种慵懒的状态,无需做任何事,而思想可以自由地翱翔。它几乎是游手好闲的同义词,可以解释为静止固定的姿态,也许每个年龄的中国人都或多或少做出过的姿态,在一天中的某些时刻,特别是在胡同里,可以看到坐着,蹲着,靠着墙的人们。这种姿态就像中国人生活和工作残酷节奏的挑战,而他们依然沉默地“坚持”着,这些是我思考的起点。有时,北京具有一种阴险和冷漠的性格,就像在屋顶上徘徊的白猫,偶尔出现几分钟,几小时,变成一种可以诞生一切的空洞;然后混乱回归。

因此,我希望“闲散”可以成为一条红线,通过在东方和西方之间不断的旅行,把意大利艺术喜剧和中国戏剧联系起来,从卓别林到托托,从阿里杰罗·伯艾迪的阿富汗地毯到美猴王。

Alessandro Rolandi, Pechino, 2010

一个来自意大利的优秀艺术家——Alessandro Rolandi

自然观赵诣/文(根据录音整理)

在“第六届中艺博国际画廊博览会”上,有一个引人注目的展位,就是意大利艺术家Alessandro Rolandi(中国名李山)的作品展示。在整个艺博展览会上,作为艺术亮点的Alessandro Rolandi始终保持着活跃的位置。首先是他作品的品质打动着观众,另外是他又以独特的人文思想和创造活力在开幕现场时策划和演示了《问道于盲》的行为艺术,且以参与众多、声势之大及于作品特色的奇异、丰富或象征、诙谐的手法抨击了当前由“经济全球化”所带来的多种危机和“消费至上”所引起的一些社会问题。用他自己的话说就是:“对‘经济全球化’世界所代表的肤浅”以及由此产生

的“愤世嫉俗的价值观发出一声怒吼”。趣味豁达,寓意深刻,效果甚佳,构成了此次艺博会上新闻媒体采风的一大亮点。Alessandro Rolandi的展览分前后两个展室,前室以展示油画为主,后室以展示雕塑、装置、实物、绘画及“行为实施”为主,偕同前室地面摆放的较大的装置实物,构成为颇具人文情结、姿态和善、视野广阔、思想锐利与深邃,且手法倒又简单奇特,绕有点石成金之趣,品味非凡,作品可谓抽象艺术之精粹了。当然,也打动了我。我们约了续后的时间而进行了对话。就有关他的创作思想和艺术手法以及我们彼此艺术观上的互为交流,构成为这篇采访文稿,籍以发布。我尚认为,在这个经济全球化即将互融贯通呈现后的特别调整和转型期的时段里,即是说从这次金融危机后人们将被促进(跨越)理性消费阶段的时间中,就艺术的创作问题、审美取向问题、价值规纂问题、以及艺术创作中反顾于历史主义批判与再继承的问题,都是一个最好的介思、探寻、证例及认知的好参考。或及在当代艺术如林的状况里,在何为艺术的纯粹性的认知界面上,可谓提供一面异类的镜鉴。

下面就以采访对话的方式进行阐述:采访人:赵诣被采访人:Alessandro Rolandi(后简称为A.R.)采访时间:2009年4月20日下午

赵诣:你好,很高兴与你对话!这次在“中艺博国际画廊博览会“上,虽然有许多古今中外的优秀艺术作品,但我觉得,就你作品所具备的艺术特质、人文气息、感觉方式、思维方法以及你艺术的价值取向等都不一样。就一些方面,想问你几个问题。A.R:好的。赵诣:你是意大利艺术家,来北京多少年了?现在的状况怎么样?A.R:我来北京居住了五年,首先不是特意想来北京居住的,而是一个偶然的机会就来了北京。我在北京生活挺快乐,有很多朋友,精神上很充实,生活上很满足。赵诣:在这次“中博会”上,我觉得你的绘画,特别是你的雕塑、装置、实物以及“行为绘画”等

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都很突出,从艺术自律看都属纯粹性的一类。在处理的手法上,或者说你已到了“点石成金”的程度,或说你以“化腐朽为神奇”,能将一个陈旧、简朴或随意拈来之物,通过巧妙构思与实施,即可达到奇异的艺术效果,令我钦佩。A.R:谢谢!我的艺术不一定很时尚,我只是要表达自己的想法。我做艺术,不是为了要创造艺术而去做艺术,而是在有了想法或有了要做的冲动后才去实施于艺术行为的。赵诣:当前艺术创作的趋势,都在向着一个“世欲”方向涌进,艺术作品都不同程度的染上了时代特征、现实状态以及迎合市场导向与功利追求的时候,而你却在独自潜入你的纯粹艺术的状态里,以至你的艺术为纯粹。这种状态,也是当前艺术群体中少有的。A.R:谢谢!赵诣:艺术的纯粹性亦在它自身演绎的呈式上,这就要上溯到艺术的本源性了,我认为艺术的本源最早就是情欲范畴中的游戏和娱乐,是少有社会功用性、利欲目的性、并以奇、巧、乐、慰为价值归属的实施行为(因为奇与巧才能烘得乐与慰)。而艺术形式却随着人类智能经验史或社会凝聚式的发展而发展,艺术就变成了利欲目的性、社会功能性或政治手段性的实施行为。那么,如果从艺术纯粹的自律性上看,我们就可以说:艺术在逐渐脱离艺术自律的纯粹性了。A.R:我很赞同你的观点,至现在为此,我的艺术观都很明确,我不是为了追求时尚、功利等一些表浅的东西去搞艺术,而是寻求一种心灵的知喻、慰籍和探索。当前的许多艺术家,很少是为了真正的艺术而去做艺术的,恰在他们的艺术观里,总夹杂着利欲目的、社会功能等一些“非纯粹”的东西,这样,他们所做的艺术,就会自然的、不同程度的滑入到不纯粹的艺术边沿。赵诣:相对来看,艺术的意义可以从两个方面来定义:一是艺术的纯粹性。如前所说,艺术自律的纯粹性意义,这是艺术的原本状态以及又发自于艺术家内心世界的即情欲感性状态的原律冲动的行为反映,其价值定义尚在艺术本身的发展形式:即绘画原始性的记录形式。古典艺术的完美形式。印象派技术的探索形式。和诸种现代派艺术的自在、自律形式的表现呈式等,均属唯美或唯情范畴的价值类型。所以我们将这类艺术就定义为了纯粹性的艺术类型;二是艺术的功能性。它伴随着人类的抽象记忆和理性思维的发展,以及社会集团的不断运筹与庞大,艺术发展的形式就成为了意识形态里的另一支流,它更多的向着如前所说的社会价值性、公众利益性、或于社会形式里牟获自利性的方面发展。这类艺术便衍生于社会的功能形态中的如商业艺术、政治艺术、教育艺术等等。这类艺术价值的去向或定义,主要是在其文献性的价值定义上。它更直接的记载了社会动态以及人类思想潮流或文化动态等,是多具社会意义或更具历史意义的艺术种类。当然,这一角度,还是从了艺术形态的相对性来看待艺术的类型或品质了。A.R:就艺术本身的意义来看,即拿两个作品的面貌或形式进行比较来认其意义是比较困难的。但将其比较作品中的内在含义,即由作品特殊的外形而引申出的抽象意义与之比较,其价值的差异就明显了,所以说,所谓艺术的“纯粹性价值”就在这里。赵诣:我们再来看看艺术的纯粹性。相对的说,即“情欲”范畴的自律性艺术就比“利欲”范畴的功能性艺术要纯粹,(在我的著作《意识学 生命 欲望 意识 文化与教育——自然主义生命观》里,我将人的欲望定义为利欲、情欲、性欲、权欲四种类型,从而构成了我对人之行为看法的基本点)。如果将其艺术的类型进行比较,那么音乐艺术就比绘画艺术要纯粹,因为音乐的纯粹性也就在了其形式的抽象性与意态的情绪化面上。在当前经济全球化趋势的影响下,人欲膨发,艺术家也作为时代物欲趋势的载体,其表现的意态追求就更多的在了、或驱动于功利性的艺术属类。同时,艺术又作为一种公众泛读形式,即所呈现的意态虽是给予了大众赏誉,但毕竟它是出自“它利”与“唯己”的不悦的呈现样式,那么,这类艺术的结果,最终就会是不被多数的人或长时间的人所喜爱,但所喜爱的群体更多的只是连接了再度牟利的因素所致,(即看重于利,而不是看重于艺术),由利驱使才构成为对艺术的喜好,我们将这类艺术形式的定义,还得就以此概率的将它就“于内”、“于外”的条件反映,便定义为非纯粹性的艺术形态好了。A.R:是的。音乐是更抽象的艺术,当然也就更具有着艺术的纯粹性。赵诣:对!艺术的纯粹性意义是可以比较的,而艺术涉及到了功能性意义后,将其比较起来就很困难。因为,它的比率就介为获利或间接获利的诸种社会层面的因素上,这样就构成于复杂。就像人迹关系一样,当彼此参杂了利欲因素后,那么其关系也就变的复杂起来了。A.R:很对!赵诣:你这次展览设施为前后两个展室,前室以油画为主,后室以装置实物为主。两个展室的作品在表现形式或理念上都有着明显区别,但仔细看来,其两类作品的意念贯穿还是为“不谋而合”的意境归一状态。A.R:我的两个展室在大体上设计为一黑一白,“黑”的前室背景上挂的主要是写实油画,表现了现实世界中的生活形态以及战争或性的因素现象,但油画呈现的意蕴尚是一种梦的意境,虽然表现方

式有其现实中的暴力等等,但在最终遂引的意念里,尚是温和与梦幻的。“白”的后室主要运用抽象的形式来表现一种无形的状态或意念。通过“抽象”或“无形”来感受超越现实的意境或状态。这一前一后的展室筹划的整体对比,即寓意了这个世界无论是现实物质的、还是虚拟精神的,最终都呈现为一种虚极缥缈的存在形式。赵诣:你前面的绘画到后面的装置在理念上和表现手法上都有着很大的跨度,虽然同样都是你的精神产物。请你谈谈这个问题?A.R:我的绘画和装置的两个不同的部分,在绘画或制作过程中,我的实施行为和表现状态的区别是很大的。在前者油画时,我是完全的把自己封闭起来,没有跟外界的任何事件接触,使自己在独立的状态里呈现出纯粹的意念。另一部分的装置制作时,就是我在开放的现实中寻找到实物来制造我的作品时,我的行为状态就非常自由。并以复合的心态、丰富的联想、立体的思维以及愉悦的心情来构成我现在的装置、实物和雕塑艺术。关于艺术的抽象性问题,即是说我在面对一个具象图像时,往往会被对象的具体形态、事件所干扰和限制,那就会构成让我们忽略对象中内部要呈现的语境含义,阻隔我们即可遂引的意念状态,那种被阻隔的意念状态也就正好是艺术的纯粹性语义性质。艺术的表现可以从两种状态来做,一是虽然艺术家作为一个社会人,但完全可以在自我状态里寻求到属于个人感觉的艺术样式,构成为艺术家个体风格的载现体。这就像我们居住在一个孤立的小岛上,其所为都与大社会的整体影响无关,所制造出的作品必然会是很个性化的;另一方面,就是在大社会背景下的实施状态里,即艺术家的一切行为都受社会、环境、人事以及整体文化的熏染,那么,你所体现的艺术,就会是这个整体社会文化形态的“取样”式,这类艺术最后就呈现为社会性的大同和“流行”艺术。即如一个艺术家将视点始终放在社会性的整体面上,那么其最终演绎的作品,就会雷同于整体社会的文化趋势而流俗样式,这种不利于创造真正的多元化艺术的“生态”环境,对当代艺术多元化发展或艺术本体价值演绎的趋势,是很不利的。赵诣:我很赞同你的意见。请问你后室的装置系列与你前室的绘画系列,在意念的方式上有很大的区别。后室的作品更呈现了艺术的抽象性,我看它更是表现了你自我的意念状态和特殊的精神夙求,即此,你是怎样看待这两类作品的?A.R:我研究装置艺术有一个特别长的时期,在来北京之前我就研究多年了,所以对抽象的装置艺术我能随心所欲的表现。油画是我最新的作品,它就像我对于一件新的东西的触摸一样,我对它有感情,有认识,有把握,也有探索。当然,于后一段里我仍会对它们彼此双管齐下的。赵诣:从你两类作品表现的意蕴来看,你的油画意蕴更有其现实性,而你的装置意蕴却更有其抽象性,或说,依我对你的理解,后者更能表现出你的一种自我呈式或状态,即你的更具潜在特性的意念程式。A.R:是的。我的装置艺术的取材形式与我的抽象意念的连贯,理解起来可能会比较困难,但我在对一些“无名”的东西进行探索时,将其实物特色的呈现与我抽象理喻的对接,以特定的作品内蕴将人的经验秩序牵连至遥远的存在边沿,其实是我们人类在超越物质现实后的即潜入于我们觉悟中的经验底层,那才是生命形式的最慰籍或最安全的状态。而我的油画虽然乍看起来似为现实,但我还是将它们梦幻与虚化。赵诣:我对形式很敏感,能读懂你的艺术。有一个问题想与你探讨,就是你曾说你的艺术不是新的艺术,尚且觉得有些过时,我倒不这么认为。从美学发展的自律性看,当前尚有一种新的美学理念叫“批判地域主义”或可谓“新历史主义”,这种理念的产生我想更多的是在经济全球化的自前至后的融通后,即人们便开始构成了紧促压抑的心理负面,从而产生出一种尊重本我维护状态,继而演绎出回窥历史价值与挣脱压抑中的重寻本土文化的姿态,即认识地域文化价值的一种理性批判和辨析选择,这一现人类思想的意识反映可谓理智的回缩式了,是人类明智和“希望”的可喜趋向啊!而你的作品我认为就正落在了这个位置,也因此而引起了我的共鸣。所以我认为你的作品,从世俗利欲价值的艺术观念看,看似陈旧,但却新意!这个新意就在我们如前所说的新的美学理念的对接与应承,我们印同前面的话题,即从艺术自律发展的层面上比较,你的艺术可为非常现代的了。这里又触及一个问题,即我认为所谓艺术的现代性,并不能只看谁符合了现实现象及谁的作品反映了现实社会形态和社会功能形态而定义,而也应该从艺术美学发展的自律程式来定义,这样就有了批评概率中的相对性或公正性。亦像在我们这个男权世界里,女性的地位也要尊重一样,然而从某种意义来看,我认为女性倒是更具有自然人性中的本质阈及纯粹性。那么,籍此道理,艺术的本质阈或纯粹性是否也可以这样来看呢?!A.R:这个问题很有趣!我认为现代主义艺术主要有“直舒己见”和直接表现的一面;后现代主义有其隐含、潜显与消解、重构的意义成分;而批判地域主义则体现了人的重新审视的态度,这一态度的呈现,又是首先要对自我批判观之返敛批判的自理程式,以此批判观而重建或演绎的形式结果是——艺术自律性的新生。在当前专注于现实的状态下,人人都受现实物欲、快频争取或忘我行为

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的社会形态影响,作为艺术创作,如果不与现实状态保持相对距离,那么对艺术创作的独立性就会是不利的。现在是一个多元信息的时代,信息的多频会让人眼花缭乱。然而,这些信息的许多方面又是缺乏质量的。那么信息负面的影响,就会对一个少消化、吸收或少判断、主见的艺术家构成俗套,最后让其作品流于泛泛或浅薄。但是,就影视艺术来看,这些泛泛的信息对他们倒是非常有用的,因为他们的艺术表现以及衍生的环境条件,就是这些更具商业趣味的社会或大众。关于你谈到的就艺术理论中的“批判地域主义”或“新历史主义”的提法,我觉得非常重要,其作用是:它可贯穿于艺术本体且规纂于一种艺术创作的轴线形式,以此来发现或尊崇一种人文理念的创作方法、即含复合层面与意味的艺术创作的新导式。赵诣:将历史与现代相结合,就像风筝飞得再高其根线仍要紧固一样,以此才能构成为风筝行为的完整或全部,文化的断裂只是一种放纵疯狂的欲力体现。在艺术哲学的意义上,或许此一提倡,即通过这一特定的预案或实施,使艺术回归到纯粹的本体性位置上,应当是有建设意义的。A.R:现在许多艺术家,受到“现实”意义的影响,往往易于丢弃历史中许多优秀的东西,这样顾此失彼的态度行为不好,它会使自己的创作过于浮躁,即少了风筝的根固性。这类艺术的问题,就像患了慢性病一样,即使现在未被发觉,后续也会呈现。赵诣:因为,文化贯穿的“根固性”,不是“一个”时代所凑成或也可以抵消的。尽管当前物欲纵横,人性如炽,但历史会有结论,正如商鞅的遂利最终也导致秦王朝的灭亡一样。因为规律是存在的而必然也为——不可否定式。很好,我们现在就针对你具体的作品来提一些问题:你的“有瓦砾和不锈钢”的作品,我觉得非常好,它给我的感受首先是一个颇具人文情结的意态反映,体现出了人性中的柔善、道德、秩序与智慧。并通过实物与实施,你将存在概率里的时间与空间的定义,现在与历史的定义,价值规导与认同的意义,以及又各种现实中的矛盾因素的概念寓意等等,如此如真如幻的意境渲染,蕴涵了一个现代人的特殊深厚的人文情结与安全美好的寄望心理。基于我的解读,你持如何看法?A.R:这是你对我作品的意蕴挖掘,丰富潜在,我认同!谢谢!当然,这种文化意蕴于我心理情态的把控及我艺术创作的实践,都是我孜孜以求和不断实践的。赵诣:你很关注中国的古老文化,从而来了北京,请问古老的中国文化对你的艺术创作产生了什么作用?A.R:我在欧洲的时候就开始了解了一些东方的古代哲学,来北京生活以后,我的接触面就更广了,如鱼得水,当然对我的创作影响是很大的。我非常喜欢中国的古代文化,去年我在美术馆看到一些中国的古代书法,我很感动,我觉得中国书法特别是草书却体现了人的意念状态,其意念与行为当是紧密相连的,这正是中国人的特色。这种意念行为与西方的思维模式正好不一样,西方的思维模式更在于具体、实证与相对的比较,或为唯利性的趋导式。最近我发现元代的古文化也很有趣,在元始祖忽必烈时代,元朝的疆域非常大,当时就有许多的画被流传到欧洲去,对欧洲的绘画或及宗教题材的表现其影响都是很大的,而后朝代的更替与割切,就形成了文化的滞流与隔离,以至绘画艺术的交流就像一条不能跨越的红线一样被隔开了。 赵诣:的确,在元朝时代,东、西方文化的交流上是较为频繁的,当时成吉思汗西征时,他为了表现自己的“功德”,就挑选了西方优秀的画师为自己描画了战绩或“抚爱”,并且被挑选的画师当属当时所在辖地的最好的画师之列了,我们可以从《各国藩王臣服在成吉思汗面前》一画来证实。另外请问:你怎么看待艺术的抽象性?A.R:我认为艺术的抽象性就是在对实物呈现的相关关系的运用上,虽然“抽象”显得非常模糊,但在运用中又会显得很具体,并且“抽象”是艺术创作中的一种高级的层次。赵诣:我认为所谓抽象性,就是在现实具象的物质条件中构成的即深度理喻后的概念总结,即凭着经验理喻将最好的意念汇合,再将其“是似而非”的以及认为是最有经验象征的、最美好的和最恰当的意象方式表现出来。再以通俗的比喻就是:抽象就像我们用嗅觉感受一桌丰盛菜肴的喷喷香气,在喜悦中用心灵或意念品尝,但这个品尝的味觉又是一定要建立在严格的经验秩序或认知体验于理喻条件之上的。A.R:很好!我也这么认为。赵诣:我对你的装置艺术的看法是,一种很具有抽象意义的现代装置艺术。而在你装置、实物的作品中,流露出了一种明显的时间关系,你怎样看待这个问题?A.R:我的装置、实物中的时间关系,即通过我的材料实施,就像我突然把时间关系冻结在我的作品里面了,但同时这种时间关系又是延续的和运动的,你又很难将它定义为“冻结”或是“延续”。也正是这样,才构成为艺术效应的延展性及抽象性含义。比如我的其它作品如“猎枪”和“不锈钢竹竿”之类,我亦将其投影用实墨描画了一次,这就构成了好像我们从实物的背后来看这些东西,用一种反时空的角度来看待,转换了空间和时间的关系,这就构成了于视觉反映中的哲学概念的意

义和呈现。赵诣:我看到你的“投影反画”后,很是乐观或兴奋,认为手法奇妙,在艺术的陈述或及抽象理喻的意义上,这是一种非常宝贵的既简单又巧妙或“四两拨千斤”的艺术手法,它能将人的思维概念以简单的视觉形式转达出迷蒙或玄幻的意蕴效应。当然,作为观者,对这种抽象形式的感受和领悟,也是需要在平时生活的意念中不断进行加工和“剪辑”的,其实,在觉悟认知的概率上,这也是一种超然的智慧表呈式,否则,你就很难感受到这些微妙的东西。你作品中的运用时间性关系是很巧妙的,比如你的“瓦砾”作品。其瓦砾本身作为历史符号,在我们的意念里,即构成了既成演绎实事的时间性关系,然后将它们放在一个特定的环境中,与其不陪环境的相互交错,它就展开了要“特别叙说”的语义成分。更是在你又将一旁放上以同样仿造样式的不锈钢瓦砾,这便将历史实事与现实存在进行了时空融合与交替,从而达到意境泛泛又似呈凝固的意念复合体。总体来说,你通过这些物体视觉效应,即能勾起人的潜在的、即个体经验和社会意义的特殊思绪状态,这就是你这个作品的艺术感染力的主要效果之所在。A.R:你的理解很准确。比如我的瓦砾作为古老的成分,旁置不锈钢的仿制品,这两种形式的融合便构成了历史与现实的延续值,且交融并置,就形成了人的复杂思念的反映态。赵诣:你的作品的信息量很大,且信息质又新巧。之所以我认为,你的艺术的现代性主要就在这些方面。从你的油画来看,虽然你也表现了现实与梦幻意态,但在其中的另一意蕴,我尚感觉到里面有一种宗教气息在流动,你怎样看待这个问题?A.R:对的,我确实深受一些宗教文化的影响,画中也呈现出了这一“姿态”。宗教意识与当前的物欲主义价值观是截然不同的,也固然,我的画面有了一种反物欲主义追求,具体呈现的方式是,不将物欲嗜好介入我的画面。赵诣:在你的装置展室中,你有一块较大的黑色画布,其上涂了一些白色的色块,并且你在黑色画布的顶端和下方各撕了一个口子,请问,这一手法的语言象征为何? A.R:两个口子表现了存在中的诗意境况,这幅“画”中涂抹的白色,就像夜空中的繁星一样,也如一个非常可爱的孩子。而“撕”的行为反倒像是给了这个可爱的孩子的一种触摸,或为触摸之爱吧!赵诣:哈哈!好情绪和爱悯的艺术家!对于一幅绘画,如果愈是具象,当然就会愈好理解,因为其具象的形态易让我们的认知理喻对号入座;如果是抽象的艺术形式,亦会让我们在它的上面有意识的寻找“适合”位置;但就一种行为方式,其理喻的条件就更抽象或难的了,那就需要我们于游离的意识,对应于行为形式本身,将其行为事件的程式、条件、环境、以及行为与其行为者的文化状态等一同联系起来解读,便呈现出丰富意蕴的象征语义,最后便是作者的学识修养或即时呈现的“善恶”心理的鉴别与体现。我们又即生存于一种“大同”的生活形式里,其获利行为从生命类型的角度来看,是“完全”一致的。那么又返照于我们自己的感觉方式来细看,即一个行为方式,就仍是印同了我们彼此的生活经验和语义。但又由于地域特色所导致的文化形态的差异性,所以在面对一种行为方式的时候,东、西方的理喻形式也就不乏会出现一些小小的差异(当然,或许也是个体意识记忆的疏忽所致)。即如,作为东方意识“营造”的我,当我看到你的“撕”的行为时,首先,我就不认为是一种爱的触摸,我倒认为是带着一种稍许放纵性的或稍加破坏性的意识反映。当然,就“破坏”而言,在国内也有喜欢对象时用以“破坏”动机予以对待的,例如,我好几次看到男性喜欢女性时他就说了:“真想咬你一口”。从艺术直接的表达形式看,这一撕开的口子更多的还是表现为“行动谋图”或“情态反映”。如果再从艺术哲学的理喻上看,“撕”的痕迹当就体现了存在中的行为寓意了。然而,从在你整个画布呈现的状态中,加上“撕”的痕迹,我亦觉得你的作品隐含了一种空旷的、苍凉的、或具悲剧性质的意境。A.R:对的!在其间我也表现了一些如你所说的悲剧和肃穆性意念,但同时也含有着一些开阔的气氛或因素等等。然而,有时对美的感受,并不一定就是漂亮,或为在美的形式里,携带一种凄凉之美会觉更美。赵诣:啊,你的审美取向有悲观主义情结,或许正是意大利的人文传统有了悲观情结,才促成了意大利民族伟大的人文主义思想的演绎和发展。从你的意识结构和作品形式来看,与其说你对一个遥远异国的古文明思想的追寻,不如说是你本土文化的人文情结的演绎与拓展。A.R:哈哈……谢谢! 赵诣:哈哈……开心!

自然观赵诣/文 2009-5-13

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Giuseppe TucciAPOLOGIA DEL TAOISMOLuni editore, 2006pp. 71, RMB-Yuan 140

In questo breve saggio pubblicato nel 1924, l’orientalista Giuseppe Tucci si propone di fornire una chiave di lettura corretta del Taoismo, evitando le trappole contrapposte dell’identificarlo ora con la religiosità popolare cinese, intrisa di superstizioni e di rituali magici, ora con un sistema speculativo astratto da ogni esigenza etica ora con un’interpretazione esoterica (tipica degli ambienti teosofici) che travisa Lao-tze mettendogli addosso i panni della mistica occidentale cristiana rispetto alla quale il Taoismo presenta “differenze irriducibili”. Così, per intendere Lao-tze “occorre senza dubbio come prima cosa una certa affinità spirituale con il grande pensatore cinese, che renda possibile quella perfetta fusione coll’autore che nessun mezzo estrinseco e puramente filologico potrà mai provocare; ma è pure indispensabile non soltanto esser padroni della lingua in cui il Daodejing è scritto, bensì anche non ignorarne le interpretazioni che gli indigeni ne hanno dato, avere una certa dimestichezza con la folla dei commentatori, e un’idea almeno delle forme assunte dal pensiero di Lao-tze e degli influssi da questo esercitati attraverso i secoli, sulla letteratura, sull’arte, sull’anima cinese insomma”.

Giuseppe TucciIL PAESE DELLE DONNE DAI MOLTI MARITINeri Pozza editore, 2005pp. 285, RMB-Yuan 175

Colui che è stato il più grande studioso del Tibet, un poliglotta che parlava tutte le maggiori lingue e i dialetti asiatici, un sapiente venuto da Ovest che conosceva i segreti delle culture indiane e tibetane e si muoveva tra queste con la stessa disinvoltura dei santoni che oggi richiamano folle deliranti al Kumbamela, non ci ha lasciato soltanto una vasta ed erudita opera oggetto di studi nelle università di tutto il mondo, ma anche racconti di viaggio che narrano di vicende avvincenti e articoli corposi, accompagnati da fotografie stupende. Il paese delle donne dai molti mariti, raccoglie alcuni di questi articoli e note ed è quasi un diario segreto di questo imprevedibile e smagato viaggiatore che con cinquanta muli, una tenda e i Canti di Leopardi in tasca si avventurava nei luoghi più sperduti dell’Asia centrale.

Giuseppe TucciDEI, DEMONI E ORACOLI. LA LEGGENDARIA SPEDIZIONE IN TIBET DEL 1933Neri Pozza editore, 2006pp. 189, RMB-Yuan 155

Con cinquanta muli, sherpa, guide, cuochi, fotografi, tra frane e tempeste di neve, Tucci si addentra nella regione più impervia, pericolosa e meno conosciuta di tutto il Tibet occidentale, lo Shang Shung, la zona in cui nacque la cultura tibetana prebuddhista, tantrica, magica e sciamanica. I paesaggi sono da sogno e da incubo, i personaggi inquietanti e affascinanti, le arti e le pratiche tantriche di culto (Dzog Chen) di cui si parla terribili e attraenti. Tucci, che univa alle qualità di studioso e instancabile viaggiatore, la curiosità di un avventuriero tenace e certamente privo di inutili scrupoli, non esita davanti alle divinità feroci, ai riti spesso cruenti e al profumo di magia e tecniche legate al soprannaturale.

Giuseppe TucciSTORIA DELLA FILOSOFIA INDIANALaterza editore, 2005pp. 449, RMB-Yuan 220

Il volume è diviso in due parti: nella prima sono collocate cronologicamente le varie correnti filosofiche, facendo anche riferimento alle rispettive produzioni letterarie; nella seconda sono invece discussi i problemi filosofici e teologici, in maniera più trasversale. Dal Jainismo al Buddhismo, dallo Yoga al Vedanta, i principali momenti della spiritualità indiana ricevono una precisa caratterizzazione. Ma, più che soffermarsi su ciascuno di essi, lo studioso preferisce aprire una porta di comunicazione con l’Oriente, che troppo spesso è rimasta socchiusa. Egli constata con rammarico che, mentre in Asia è frequentissimo lo studio della cultura occidentale, il reciproco non avviene quasi per nulla in Europa.Uno strumento nuovo e completo su molte questioni, come l’io, la parola, l’arte, il determinismo, la conoscenza: ecco il testo di Tucci, consigliabile a chiunque voglia intraprendere un viaggio nell’universo unitario e multiforme del pensiero dell’India.

Giuseppe TucciSAGGEZZA CINESE:CONFUCIO, MENCIO, MO-TI, LAO-TZE, YANG-CHU, LIEH-TZE, CHUANG-TZE, WANG CH’UNGAstrolabio Ubaldini editore, 1999pp. 160, RMB-Yuan 90

Dai dialoghi di Confucio incentrati sul buon governo e sulla ricerca di una saggezza volta al benessere dello stato e del popolo, agli aforismi di Lao-tze e Chuang-tze sul Tao e sulla saggezza innata dell’individuo, storpiata da leggi e istituzioni, questa antologia di testi, scelti e tradotti dal grande orientalista italiano Giuseppe Tucci, offre un quadro suggestivo dei due principali indirizzi di pensiero su cui s’incardina la visione della vita cinese: il confucianesimo e il taoismo, la via della correttezza e la via della spontaneità.

Giuseppe TucciITALIA E ORIENTEIsiao editore, 2005pp. 211, RMB-Yuan 190

Alla nostra cultura, agli inizi del Terzo millennio, Italia e Oriente può presentarsi quasi come una scoperta. Si è stati poco abituati, infatti, dopo l’ultimo conflitto mondiale, ad apprezzare il posto che all’Italia storicamente spetta in questo incontro.Giuseppe Tucci, in queste pagine vivaci e appassionate, ricche di dati, di notizie e ancor più di pensiero, illustra in modo esemplare come gli Italiani, missionari, viaggiatori e poi studiosi, abbiano avuto prima e più di altri un ruolo antico e centrale nell’incontro tra l’Europa e l’Asia, da mediatori pacifici e spesso eroici, non condizionati da interessi di potere o meramente mondani, ma sorretti o dalla forza di una fede da propagare o da quella di una volontà alla ricerca di sempre nuove conoscenze.

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L’evento culturale piu’ atteso dell’anno: la XII Settimana della Cultura.

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali apre gratuitamente, per dieci giorni, tutti i luoghi statali dell’arte: monumenti, musei, aree archeologiche, archivi, biblioteche con dei grandi eventi diffusi su tutto il territorio. Migliaia di appuntamenti: mostre, convegni, aperture straordinarie, laboratori didattici, visite guidate e concerti che renderanno ancora più speciale l’esperienza di tutti i visi-tatori.Un’occasione imperdibile per avvicinarsi alla più grande ricchezza dell’Italia: il patri-monio artistico e culturale.

本书所展现的是意大利著名藏学家图齐的生命和学术,以及他求索西藏心灵的藏学研究活动。图齐不仅是个学养深厚的学者,更是一位融学术研究于性灵陶冶之中的行者。鉴于国内学界对图齐了解的有限性,于是将介绍图齐生平和学术活动的相关文章汇集成册并译为中文出版,以飧国内同好之举。

魏正中 萨尔吉 编译

探寻西藏的心灵图齐及其西藏行迹出版社:上海古籍页数:176定价:¥48.00元

本书原稿由意大利著名东方学、上世纪国际上最著名的藏学家图齐所著。现由北京大学考古文博学院意大利籍教授魏正中(Vignato Giu-seppe)、北京大学外国语学院萨尔吉博士组织专家翻译。本书在国际上有意文、英文等版本,而通行的英文本错误很多。此次翻译初稿以英文本为基础,再参阅意大利逐句核校,保证了原著的准确性;本书译者到西藏多处实地考察,重新核对了全部文字,并作了大量补充和更正,澄清了资料的原始性;本书译者还对藏语、梵语和藏传佛教词汇增加了注释,扩充了图表和译名对照等,既符合国际学术规范,也加强了本书的可读性。

[意]图齐 著 / 魏正中 萨尔吉 主编梵天佛地(全八册)出版社: 上海古籍出版社 2009-12页数: 2384定价: 580.00

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In Italia

“Una rosa per un libro” Il prossimo 23 aprile regala un libro. Ti doneremo una rosa.

花语书香4月23日世界读书日

In occasione del 23 aprile, proclamata dall’Unesco Giornata Mondiale del Libro, la festa di San Giorgio, i libri e le rose, nata in Catalogna, durante la quale gli uomini regalano alle donne una rosa e le donne contrac-cambiano con un libro. Un grande evento che coinvolge in quel giorno centinaia di migliaia di persone unite dall’amore per il libro.Vienici a trovare, regala un libro e ti daremo una rosa.

Venerdì 23 aprile a partire dalle ore 10, Libreria Italiana Istituto Italiano di Cultura di Pechino Grandi sconti su molti libri.

根据西班牙加泰罗尼亚的传统,在4月23日圣乔治日,男士们将送给女士一支玫瑰,而女士们会回赠一本书.为此联合国教科文组织宣布该日为世界读书日,这天,成千上万爱书的人相聚在一起.

4月23日周五10:00

在意大利书屋购书者均可获赠玫瑰一支 大量书籍特价意大利文化处,北京

本年度最受期待的文化活动:第十二届文化周

意大利文化遗产活动部将连续十天免费开放国立艺术机构,包括古迹、博物馆、考古区域、档案、图书馆等,并在全国范围内举行多项文化活动。上千场的展览、会议、教学活动和音乐会等将带给所有参观者非同一般的感受。了解意大利丰富的文化艺术遗产,这是最不容错过的良机。

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Direttore responsabile 主编: Barbara Alighiero 巴尔巴拉

Caporedattore 责任编辑: Ombretta Melli 梅礼

Redazione 编辑:

Patrizia Liberati 李莎

Tiziana Carcich 卡琪

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Luo Rui 罗睿

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A questo numero ha collaborato 本期合作者:

Paolo Schipani

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DA NON PERDERE

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Roma: Scuderie del QuirinaleMostra: CaravaggioDal 20 febbraio 2010 al 13 giugno 2010

Roma: Musei CapitoliniMostra: I Giorni di Roma: l’età della Conquista, Roma e il mondo grecoDal 5 marzo 2010 al 29 giugno 2010

Roma: Museo Nazionale di Castel Sant’AngeloMostra: L’Ispirazione Artistica della Terra d’OrfeoDal 10 marzo 2010 al 18 aprile 2010

Roma: Complesso del VittorianoMostra: Da Corot a Monet. La sinfonia della naturaDal 5 marzo 2010 al 29 giugno 2010

Roma: Musei CapitoliniMostra: L’Età della Conquista. Il fascino dell’arte greca a RomaDal 13 marzo 2010 al 5 settembre 2010

Roma: Complesso del Vittoriano – Sala del GiubileoMostra: Concerto-Sconcerto Dal 17 marzo 2010 al 5 aprile 2010

Roma: Museo Nazionale Romano in Palazzo MassimoMostra: Il tesoro di Morgantina – Argenti del III sec. a.C. da New York alla Sicilia, passando per RomaDal 20 marzo 2010 al 23 maggio 2010

Roma: Galleria Nazionale d’Arte ModernaMostra: Donna. Avanguardia femminista negli anni ’70 dalla Sammlung Verbund di ViennaDal 19 febbraio 2010 al 16 maggio 2010

Roma: Museo M. PrazMostra: Al Museo Praz con mamma e papàDal 24 marzo 2010 al 24 aprile 2010

Roma: Istituto nazionale per la Grafica – CalcografiaMostra: Storie d’arte e di misfatti. Sei indagini sull’archeomafia raccontate a fumettiDal 21 aprile 2010 al 16 maggio 2010

Roma: Museo Hendrik C. AndersenMostra: La traduzione del nuovo. Il museo del Pane e altri progettiDal 25 febbraio 2010 al 2 maggio 2010

Roma: Istituto Nazionale per la GraficaMostra: La Persia Qajar. Fotografi italiani in Itan 1848-1864Dal 12 febbraio 2010 al 5 aprile 2010

Roma: Museo Nazionale di Castel Sant’AngeloMostra: Sacra Mirabilia. Tesori da Castiglion FiorentinoDal 18 febbraio 2010 al 11 aprile 2010

Roma: Museo NapoleonicoMostra: Charlotte Bonaparte Dama di molto spirito. La romantica vita di una principessa artistaDal 5 febbraio 2010 al 18 aprile 2010

Roma: Museo della Civiltà RomanaMostra: Machina. Tecnologia dell’antica RomaDal 23 dicembre 2009 al 5 aprile 2010

Roma: Museo Nazionale Romano in Palazzo MassimoMostra: Il Segreto di Marmo. “I marmi policromi di Ascolti Satriano”Dal 16 dicembre 2009 al 18 aprile 2010

Firenze: Museo degli Argenti di Palazzo PittiMostra: Pregio e bellezza. Cammei e intagli dei MediciDal 25 marzo 2010 al 27 giugno 2010

Firenze: Galleria degli UffiziMostra: Filippo Lippi torna a risplendere agli UffiziDal 26 aprile 2010 al 30 maggio 2010

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Firenze: Museo Nazionale del BargelloMostra: Il metodo e il talento. Igino Benvenuto Supino primo Direttore del Bargello (1896-1906)Dal 5 marzo 2010 al 6 giugno 2010

Firenze: Galleria PalatinaMostra: L’arma per l’arte. Aspetti del sacro ritrovatiDal 21 novembre 2009 al 6 aprile 2010

Venezia: Ca’ GiustinianMostra: La Biennale di Venezia 1979-1980. Il Teatro del Mondo “edificio singolare”. Omaggio ad Aldo Rossi Dal 10 febbraio 2010 al 31 luglio 2010

Venezia: Collezione Peggy GuggenheimMostra: La Collezione Peggy Guggenheim compie trent’anniDal 1 gennaio 2010 al 31 dicembre 2010

Venezia: Galleria d’arte ContiniMostra: Gente del circoDal 24 ottobre 2009 al 5 aprile 2010

Milano: Palazzo RealeMostra: Goya e il mondo modernoDal 17 marzo 2010 al 27 giugno 2010

Milano: Palazzo RealeMostra: Fuoco. Da Eraclito a Tiziano da Previati a PlessiDal 6 marzo 2010 al 6 giugno 2010

Torino: Palazzo RealeMostra: Dal Tesoro della Sindone alla Collezione Sindonica di Umberto II di SavoiaDal 17 aprile 2010 al 23 maggio 2010

Torino: Galleria SabaudaMostra: Meraviglie della Galleria Sabauda. Dieci restauri dalle collezioni dei fiamminghi e di Riccardo Gualino. Dal 23 febbraio 2010 al 23 maggio 2010

Torino: Museo di Arti Decorative Pietro AccorsiMostra: Da Carracci a De Chirico. Capolavori della collezione Croff di IvreaDal 29 gennaio 2010 al 30 maggio 2010

Napoli: vari sedi musealiMostra: Ritorno al Barocco. Da Caravaggio a VanvitelliDal 12 dicembre 2009 al 11 aprile 2010

Forlì: Museo San DomenicoMostra: Fiori. Natura e simbolo dal Seicento a Van GoghDal 24 gennaio 2010 al 20 giugno 2010

Gallarate: Museo d’Arte di Gallarate MAGaInaugurazione: Modigliani inaugura la nuova sede del MAGa Museo d’Arte di Gallarate. Dal 19 marzo 2010 al 19 giugno 2010

Vigevano (Pavia): Castello VisconteoMostra: Il laboratorio di Leonardo. I codici, le macchine e i disegniDal 12 settembre 2009 al 5 aprile 2010

Rovigo: Pinacoteca di Palazzo RoverellaMostra: Bortoloni Piazzetta Tiepolo: il ‘700 VenetoDal 30 gennaio 2010 al 13 giugno 2010

Castelfranco Veneto: Museo Casa Giorgione Mostra: Giorgione 1510-2010Dal 12 dicembre 2009 al 11 aprile 2010

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Caravaggio

Caravaggio non dipinse molto in vita sua. Perché la vita prese spesso il sopravvento sull’arte. E nonostante ciò, nel corso dei secoli sono state attribuite a Michelangelo Merisi molte opere. Per alcuni troppe, per altri semplicemente dubbie.La mostra alle Scuderie del Quirinale vuole offrire al pubblico solo e soltanto la produzione certa, la summa indiscutibile del Maestro. Una carrellata di quadri straordinari, perché straordinaria è la tecnica, la visione e l’innovazione di Caravaggio nell’arte che ne hanno fatto un pittore unico, perché nessuno prima e dopo di lui ha saputo “dare luce al buio”.L’esposizione è sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, organizzata dall’Azienda Spe-ciale Palaexpo in coproduzione con MondoMostre, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale di Roma, con il supporto di Cariparma.L’intera carriera artistica di Caravaggio sarà rappresentata lungo i due piani espositivi delle Scuderie in un percorso che non sarà strettamente cronologico, ma teso ad esaltare il confronto tra tematiche e soggetti uguali. Così accanto a Ragazzo con il canestro di frutta, una delle più importanti opere giovanili, si vedrà il Bacco degli Uffizi, dove Caravaggio dipinse un’altra eccelsa natura morta, due opere che mai sono state mes-se prima a confronto diretto, senza contare l’eccezionale presenza della Canestro di frutta della Pinacoteca Ambrosiana, mai uscita prima dalla sua sede.Questo confronto diretto tra soggetti caravaggeschi vuole essere il fil rouge della mostra. E quindi ancora, in ambito sacro, si vedranno, messe a confronto alcune delle grandi pale d’altare romane e altre del periodo siciliano, tra cui il Seppellimento di Santa Lucia, quasi dipinta in articulo mortis, e che rappresenta il punto estremo della tragica parabola esistenziale del Merisi.E poi accanto a opere conosciutissime e ben visibili – come le due versioni della Cena in Emmaus rispettiva-mente dalla National Gallery di Londra e dalla Pinacoteca di Brera o ancora i Musici dal Metropolitan Mu-seum di New York con il Suonatore di liuto dall’Ermitage e l’Amore vincitore dalla Gemaldegalerie di Berli-no o le tre versioni del San Giovanni Battista rispettivamente dai Musei Capitolini e dalla Galleria Corsini di Roma, e dal Nelson-Atkins Museum di Kansas City - altre più rare e di difficoltosa visione, perché raramente concesse per mostre a carattere temporaneo, come la Deposizione dai Musei Vaticani, l’Annunciazione dal Museo di Nancy, restaurata per l’occasione in un progetto congiunto Italia-Francia o anche l’Incoronazione di Spine dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.Una carrellata composta unicamente di capolavori assoluti e storicamente accreditati come autografi del Ca-ravaggio e mai visti assieme, riuniti alle Scuderie del Quirinale, per celebrare il quattrocentesimo anniversa-rio della morte di Michelangelo Merisi.Ma anche Roma come sede ideale della antologica quasi completa delle opere di Caravaggio: le opere scelte per la mostra, infatti, provengono quasi tutte da musei fuori città per permettere al pubblico di ammirare, oltre che alle Scuderie, le opere in situ, nelle varie chiese per le quali furono commissionate, radunando a Roma la quasi totalità della produzione artistica del Caravaggio ed i percorsi caravaggeschi.Dal punto di vista degli studi scientifici, l’esposizione, con i commissari Rossella Vodret, Soprintendente Speciale per il Polo Museale Romano, e Francesco Buranelli, intende fare il punto sulla messe di scritti filo-logici, documentari e tecnico-scientifici degli ultimi vent’anni.Il catalogo, edito da Skira, nasce quindi dal confronto con gli studiosi del Caravaggio e con i membri del Comitato Nazionale per le celebrazioni caravaggesche – ricordiamo che il 2010 è anno del quarto centenario della morte di Michelangelo Merisi – presieduto da Maurizio Calvesi. Al suo interno si troveranno le schede dettagliate di ogni opera esposta, ciascuna a cura di un eminente studioso, e con il respiro ampio del saggio.

Informazioni Evento: Data Inizio: 20 febbraio 2010 Data Fine: 13 giugno 2010 Costo del biglietto: 10,00 euro Luogo: Roma, Scuderie del Quirinale Orario: da domenica a giovedì 10.00-20.00; venerdì e sabato 10.00-22.30. Telefono: 06.39967500

卡拉瓦乔

卡拉瓦乔一生中致力于绘画的时间并不多,因为在他看来生活总是要比艺术来得更重要。尽管如此,几个世纪以来署名为米开朗基罗·梅里西的作品仍有很多。为此也有人对这些作品的真实性表示怀疑。

为纪念卡拉瓦乔逝世四百周年,罗马斯库德列展厅特别举办此次展览。展览中的展品经确认全部出自卡拉瓦乔之手,一系列精美的画作展现出画家超凡的技巧、观察力和创新性,他“赐黑暗予光明”的能力更是无与伦比。

本次展览是在意大利共和国总统的惠许下,由Palaexpo公司和MondoMostre展览公司共同主办,意大利文化遗产与活动部和罗马博物馆特别署协办,并得到了Cariparma集团的大力支持。

展厅用两层的面积讲述着卡拉瓦乔的艺术生涯。作品的安排并没有遵循编年的形式,而是强调主题的对比。比如,在其早期最重要的画作之一的《捧果篮男孩》的旁边,就是《酒神巴克斯》,这两幅作品此前从未被摆放在一起进行直接对比。此外,作品《水果篮》也是第一次在安布罗西亚纳画廊之外的地方展出。

在宗教题材方面,卡拉瓦乔在罗马时期和西西里时期创作的圣坛装饰屏被对比摆放在一起,其中就包括卡拉瓦乔几乎是在垂死期间完成的《埋葬圣露琪亚》,也是其悲惨一生的极致写照。

展览中自然不会缺少卡拉瓦乔最为人熟知的作品,如分别由伦敦国家美术馆和意大利布雷拉画廊收藏的两个版本的《以马忤斯晚餐》;收藏于纽约大都会博物馆的《音乐家们》;收藏于柏林国家绘画博物馆的《鲁特琴师》和《胜利的爱神》;分别由罗马卡皮托里尼博物馆、科尔西尼画廊和堪萨斯城尼尔森-阿特金斯博物馆收藏的三个版本的《圣约翰》等。此外还有一些作品由于很少被出借用于临时性展览,更是难得一见,例如来自梵蒂冈博物馆的《从十字架卸下圣体》,收藏于南锡博物馆并由意大利和法国合作修复的《圣告图》等。

活动信息:

日期:2010年2月20日 – 6月13日 票价:10欧元 地址:罗马,斯库德列展厅 开放时间:周一至周四10点-20点;周五、周六10点-22点30 联系电话:06.39967500

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“Cronache italiane” Partecipazione all’International Documentary Film Festival, che si svolgerà in

trenta Università della Cina dal 20 aprile alla fine di maggio

In questa occasione, l’Istituto Italiano di Cultura di Pechino propone una selezione tra ventuno documentari, girati tra il 2000 e il 2009, messi a disposizione dal Festival dei Popoli (www.festivaldeipopoli.org) per il suo Cinquantenario.

PROGRAMMA DELLE PROIEZIONI NEL TEATRO DELL’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA (ingresso libero)

- 20 aprile (martedì), ore 19:30Collage di Piazza del Popolo, di Sandro Franchina (Italia, 1960 12’)Quijote, di Mimmo Paladino (Italia, 2006, 75’)

- 21 aprile (mercoledì), ore 17:00 Registi a confronto – incontro tra Paolo Pisanelli e registi cinesiUna famiglia cubana, di Tong Weijun e Yang Bo (Cina, 2009, 29’)Il sibilo lungo della Taranta, di Paolo Pisanelli (Italia, 2005, 88’)

- 22 aprile (giovedì), ore 19:30“Sono incinta”, di Fabiana Sargentini (Italia, 2003, 44’)

- 24 aprile (sabato), ore 20:00Napoli Piazza Municipio, di Bruno Oliviero (Italia/Francia, 2008, 55’)

- 25 aprile (domenica), ore 19:30In un altro paese, di Marco Turco (Italia/Francia, 2005, 92’)

- 26 aprile (lunedì), ore 19:30 Un’ora sola ti vorrei, di Alina Marazzi (Italia, 2002, 55’)

- 27 aprile (martedì), ore 19:30Hair India, di Raffaele Brunetti e Marco Leopardi (Italia, 2008, 75’)

In collaborazione con il Festival dei Popoli e UCCA (Ullens Center for Contemporary Arts).

“意大利现实”意大利参加北京国际大学生电影节国际纪录片展

(2010年4月20日 - 5月底在中国三十所高校中举行)

意大利文化处特意从参加电影节的21部短片中精选出几部在文化处剧场进行展映。这些纪录片拍摄于2000至2009年间,是在意大利Popoli电影节(www.festivaldeipopoli.org)五十周年庆典期间展映的作品。

意大利文化处剧场放映计划(免费入场)

- 4月20日(周二),19:30《人民广场拼贴画》, 导演Sandro Franchina (意大利,1960年,12分钟)《堂吉诃德》,导演Mimmo Paladino(意大利,2006年,75分钟)

- 4月21日(周三),17:00 导演座谈会 –Paolo Pisanelli与中国导演《古巴一家人》,导演佟卫军,杨波 (中国,2009年,29分钟)《塔兰图拉毒蛛长久的嘶嘶声》,导演Paolo Pisanelli (意大利,2005年,88分钟)

- 4月22日(周四),19:30《“我怀孕了”》,导演Fabiana Sargentini(意大利,2003年,44分钟)

- 4月24日(周六),20:00《那不勒斯市政广场》,导演Bruno Oliviero (意大利/法国,2008年,55分钟)

- 4月25日(周日),19:30《优秀的尸体》,导演Marco Turco (意大利/法国,2005年,92分钟)

- 4月26日(周一),19:30 《再和你多待一小时》,导演Alina Marazzi (意大利,2002年,55分钟)

- 4月27日(周二),19:30《印度头发》,导演Raffaele Brunetti 与Marco Leopardi(意大利,2008年,75分钟)

合作者:意大利Popoli电影节;尤伦斯当代艺术中心

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APRILE – ogni venerdì ore 19.30, ingresso libero Istituto Italiano di Cultura di Pechino

VEN 2 – Le rose del deserto

L’esercito italiano in Libia, abbandonato a se stesso in un paese straniero; un’intensa e ironica riflessione sulla follia della guerra per il ritorno di un gigante del cinema italiano.

Regista: Mario MonicelliCast: Michele Placido, Giorgio Pasotti, Alessandro HaberSott. Italiano, 100’, 2006

意大利在利比亚的军队,被独自遗弃在异国他乡;这部影片表达了关于战争狂深刻而讽刺的反思。

导演:马里奥·莫尼切利主演:米凯莱·普拉奇多,乔尔乔·帕索蒂,阿莱桑德罗·哈伯字幕:意大利文,100’,2006

2010年4月2日--《沙漠玫瑰》

四月--每周五19:30,免费入场北京意大利文化处

VEN 9 – Il vento fa il suo giro

Quando si incontrano sul proprio cammino pellicole simili, vien da gridare che il cinema italiano non solo non è morto, ma si ha voglia di abbassare la testa e volgere lo sguardo altrove, vergognandosi persino di averlo pensato. Girato interamente nelle valli occitane del Piemonte, un ex professore decide di trasferirsi con tutta la sua famiglia – una moglie e tre figli - in un paesino di poche anime, sulle montagne, per poter vivere secondo natura. Nella diffidenza generale, Philippe e sua moglie vivono di pastorizia, cercando di raggiungere quel difficile equilibrio con le cose del mondo e con gli anziani abitanti del posto.

Regista: Giorgio DirittiCast: Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giovanni ForestiSott. inglese, 110’, 2005

一个曾经是教授的法国人决定和他的妻子及三个孩子举家搬迁到意大利皮埃蒙特山区的一个小村庄中,在那里,菲利普和他的妻子牧羊为生,在与当地人的相处中,他们也在不断地寻找着生活的平衡。

导演:乔尔乔·迪里蒂主演:齐里·托斯堪,阿莱桑德拉·安格斯迪,达里奥·安吉郎德,乔瓦尼·佛莱斯蒂字幕:英文,110’,2005

2010年4月9日--《环绕的风》

VEN 16 – Arrivederci amore, ciaoGiorgio è un terrorista di sinistra condannato all’ergastolo e rifugiato in un avamposto guerrigliero nel Centro America. Nel 1989, decide di rientrare in Italia e tornare ad essere un uomo normale, ma la strada verso la reintegra-zione sociale abbatterà vite colpevoli e innocenti. Giorgio non ripara, non risarcisce, non si pone interrogativi morali e i suoi delitti restano senza casti-go.Tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto.

Regia: Michele SoaviCast: Alessio Boni, Isabella Ferrari, Michele Placido, Carlo CecchiSott. cinese, 107’, 2006

乔尔桥是一个极左恐怖分子,被判终身监禁,他设法越狱并逃到了中美洲的一个军事前哨。1989年,他决定回到意大利,过正常人的生活,但重返平凡的道路却 不平坦,一些人因此而失去了生命。乔尔乔没有弥补和赎罪,没有对自己的道德拷问,他的罪行也没有受到任何追究。根据马西莫·卡尔罗多的同名小说改编。

导演:米凯莱·索昂维主演:阿莱西奥·波尼,伊莎贝拉·费拉里,米凯莱·普拉奇多,卡尔洛·切吉字幕:中文,107’,2006

2010年4月16日--《永别我爱,再见》

VEN 23 – Cemento armatoDiego col motorino colpisce una serie di specchietti di automobili ferme nel traffico. Una bravata. Ma tra quelle automobili c’è quella di un terribile criminale detto il “Primario”. Gli uomini del Primario, criminali spietati e poliziotti corrotti cominciano a braccarlo per avere vendetta.

Regia: Marco MartaniCast: Nicolas Vaporidis, Giorgio Faletti, Carolina CrescentiniSott. inglese, 100’, 2008

迪亚戈在一次交通堵塞中开着摩托车制造了一系列的交通事故,很多车辆受到牵连。在这些车中有一辆属于一个可怕的犯罪分子“主任医生”。“主任医生”有一群冷酷无情的手下,他们和腐败的警察为了报复,一起追杀迪亚戈。

导演:马可·马尔塔尼主演:尼古拉斯·瓦波利迪斯,乔尔乔·法莱蒂字幕:英文,100’,2008

2010年4月23日--《武装堡垒》

VEN 30 - PA-RA-DA

Parada racconta la storia del clown francese Miloud Oukili (Jalil Lespert), il suo arrivo in Romania tre anni dopo la fine della dittatura di Ceaucescu ed il suo incontro con Cristi, Tea, Oshu e gli altri bambini di strada. Miloud con-quisterà la fiducia di questi ragazzi fortemente induriti dalla vita e riuscirà con loro a mettere in scena uno spettacolo nella piazza principale di Buca-rest. Il film è basato sulla vera storia di Parada, il nome dell’associazione fondata da Miloud che continua l’opera di strada portando in giro per l’Europa i propri spettacoli.

Regista: Marco PontecorvoCast: Jalil LespertSott. inglese, 95’, 2008

2010年4月30日--《帕拉达》

帕拉达是关于法国小丑米罗·欧吉利的故事,齐奥塞斯库的独裁统治结束三年后,欧吉利来到罗马尼亚,在这里他遇到了克里斯蒂、戴阿和其他在以下水道为家的流浪儿。他很快赢得了这些少年坚定的信任,他们共同努力,在布加勒斯特的中心广场成功的举办了一场演出。他们的未来因此而变得不同。电影改编自帕拉达的真实经历。

导演:马可·彭特科沃主演:雅里尔·莱斯珀特字幕:英文,95’,2008

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orpresa e ammirazione a Pechino per le due opere prime, Dieci inverni di Valerio Mieli e Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli, che sono state proiettate con grande successo in occasione della rassegna ‘La Primavera del cinema italiano’, organizzata dal 16 al 21 marzo dall’Istituto Italiano di Cultura di Pechino e dalla Biennale di Venezia. Centinaia di studenti all’Accademia del cinema, alla Cineteca nazionale, all’Istituto Italiano di Cultura di Pechino e agli Studi cinematografici di Tianjin sono rimasti affascinati dal racconto in Cosmonauta di un’Italia dei primi anni Sessanta ignorata dai più. Mentre la delicata storia d’amore di Dieci inverni ha conquistato con il suo carattere universale i ragazzi - i cui nonni erano ancora costretti a matrimoni arrangiati - che non riescono a capacitarsi degli ostacoli tutto sommato “inconsistenti” tra i due protagonisti. La

cur ios i tà e i l modo diverso d i vedere

la vita sono stati evidenti nelle

decine

di domande, più sull’amore che su altro, alle quali hanno risposto i registi e la protagonista di Dieci inverni, Isabella Ragonese. Alla rassegna ha partecipato anche il direttore della Mostra internazionale del cinema di Venezia, Marco Müller e l’amministratore delegato di RAI cinema Caterina d’Amico.

3月16日-21日,在由意大利文化处(北京)和威尼斯双年展共同举办的“春意 -- 意大利电影春季展映”活动期间,瓦莱里奥·密埃里的《十个冬天》和苏珊娜·尼嘉莱莉的《宇航员》这两部来自意大利年轻影人的电影放映取得了空前成功,在带给观众惊喜的同时,也赢得了中国朋友的赞赏与喜爱。来自北京电影学院、中国电影资料馆、意大利文化处和天津电影界的学生和影迷朋友被《宇航员》中所展现的那个几乎已被人遗忘的六十年代的意大利所深深吸引。主打温情路线的《十个冬天》则用“爱情”这个全世界通用的语言征服了中国的年轻人。这些年轻人的祖辈接受的是协议婚姻,他们很难理解发生在两位主角之间那长达十年的感情羁绊。在好奇心与不同生活观的驱使下,中国观众向影片的主创人员提出了很多问题,内容既涉及电影本身,也涉及爱情和其它话题。对此,两部影片的导演和《十个冬天》的女主演伊莎贝拉·拉格内塞都一一作答。威尼斯电影节主席马可·穆勒先生和RAI电影公司总经理卡特琳娜·达米科也出席了本次电影放映活动。

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