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Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA QUALITÀALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITADELLE REGOLE NELLA SOCIETACONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 209] 1 Sergio BINI DALLE REGOLE DELLA QUALITÀALLA QUALITÀ DELLE REGOLE Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nel vedere con occhi nuovi [Marcel Proust] 1. premesse. «Patti chiari, amicizia lunga!» così recita un noto detto popolare per ricordare, in modo sintetico e semplice, che un rapporto di amicizia duratura tra più persone deve basarsi sull’esistenza (e sul conseguente rispetto) di un sistema di regole chiare - intese, cioè, nell’accezione più ampia di “patti” - definite in modo facilmente ed univocamen- te interpretabili da ciascuna delle parti interessate. Con questo intervento si intende esaminare il tema più generale ed ampio delle “regole”, insieme con il processo di definizione e di produzionedelle stesse, utiliz- zando le teorie, le tecniche e le metodiche della gestione per la Qualità - che fondamen- talmente si rifanno ai requisiti degli standard internazionali UNI EN ISO della serie 9000 1 -. Questa materia viene sviluppata all’interno dellinsegnamento Funzioni e Ruolo delle Istituzioni Economiche inserito nel piano di studi dell’ultimo anno del Corso di Laurea in Scienze dell’Amministrazione nellUniversità LUMSA con un programma dedicato proprio all’approfondimento degli «strumenti e modelli per la gestione del mi- glioramento». Tra le premesse che è necessario formulare, sembra doveroso soffermarsi sulla scelta del taglio prescelto per affrontare l’argomento; l’angolazione dalla quale si inten- de esaminare la più ampia e complessa tematica della better regulatione le lenti me- todologiche con le quali si intende osservare l’intero processo potrebbero sembrare delle modalità “poco ortodosse” o comunque, relativamente distoniche rispetto alla forma- zione giuridica degli allievi del Dottorato di Ricerca. Infatti, la finalità principale dell’intervento è quella di introdurre degli stimoli e degli spunti di riflessioni esterni. La modalità innovativa di “vedere” e “gestirele singole attività - quasi rivolu- zionaria - introdotta con la cultura della Qualità porta a finalizzare ogni azione ed ogni relativo processo alla soddisfazione del destinatario del lavoro di ciascuno (questo qual- cuno viene normalmente etichettato come «cliente», che può essere interno e/o esterno); l’applicazione etica, puntuale ed a tutti i differenti livelli di responsabilità di questo in- (*) Sergio BINI è docente presso il Corso di Laurea in Scienze dell’Amministrazione dellUniversità LUMSA di Roma. 1 Gli standard della serie UNI EN ISO 9000 sono tre: ISO 9000:2005; UNI EN ISO 9001:2008; UNI EN ISO 9004:2009. I titoli in forma estesa sono riportati in bibliografia.

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Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

1

Sergio BINI

DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ”

ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE

Il vero viaggio di scoperta

non consiste nel cercare nuove terre,

ma nel vedere con occhi nuovi

[Marcel Proust]

1. premesse.

«Patti chiari, amicizia lunga!» così recita un noto detto popolare per ricordare,

in modo sintetico e semplice, che un rapporto di amicizia duratura tra più persone deve

basarsi sull’esistenza (e sul conseguente rispetto) di un sistema di regole chiare - intese,

cioè, nell’accezione più ampia di “patti” - definite in modo facilmente ed univocamen-

te interpretabili da ciascuna delle parti interessate.

Con questo intervento si intende esaminare il tema più generale ed ampio delle

“regole”, insieme con il “processo di definizione e di produzione” delle stesse, utiliz-

zando le teorie, le tecniche e le metodiche della gestione per la Qualità - che fondamen-

talmente si rifanno ai requisiti degli standard internazionali UNI EN ISO della serie

9000 1-.

Questa materia viene sviluppata all’interno dell’insegnamento Funzioni e Ruolo

delle Istituzioni Economiche inserito nel piano di studi dell’ultimo anno del Corso di

Laurea in Scienze dell’Amministrazione nell’Università LUMSA con un programma

dedicato proprio all’approfondimento degli «strumenti e modelli per la gestione del mi-

glioramento».

Tra le premesse che è necessario formulare, sembra doveroso soffermarsi sulla

scelta del taglio prescelto per affrontare l’argomento; l’angolazione dalla quale si inten-

de esaminare la più ampia e complessa tematica della “better regulation” e le lenti me-

todologiche con le quali si intende osservare l’intero processo potrebbero sembrare delle

modalità “poco ortodosse” o comunque, relativamente distoniche rispetto alla forma-

zione giuridica degli allievi del Dottorato di Ricerca. Infatti, la finalità principale

dell’intervento è quella di introdurre degli stimoli e degli spunti di riflessioni esterni.

La modalità innovativa di “vedere” e “gestire” le singole attività - quasi rivolu-

zionaria - introdotta con la cultura della Qualità porta a finalizzare ogni azione ed ogni

relativo processo alla soddisfazione del destinatario del lavoro di ciascuno (questo qual-

cuno viene normalmente etichettato come «cliente», che può essere interno e/o esterno);

l’applicazione etica, puntuale ed a tutti i differenti livelli di responsabilità di questo in-

(*)

Sergio BINI è docente presso il Corso di Laurea in Scienze dell’Amministrazione dell’Università

LUMSA di Roma. 1 Gli standard della serie UNI EN ISO 9000 sono tre: ISO 9000:2005; UNI EN ISO 9001:2008; UNI

EN ISO 9004:2009. I titoli in forma estesa sono riportati in bibliografia.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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sieme di metodiche e di sensibilità consentono alle organizzazioni2 di essere efficaci e

vincenti in modo durevole, cioè a lungo termine.

Si utilizzerà, quindi, la forma della conversazione strutturata per tentare di esa-

minare nel modo più stimolante possibile il tema della «better regulation» e degli aspet-

ti culturali e gestionali tipici delle teorie della Qualità anche al fine di poter imbastire

una ipotesi di “modello” da sviluppare e sperimentare per consentire la misurazione del

livello qualitativo sia della “regola” (intesa come “prodotto”), sia del processo di pro-

duzione che l’ha prodotta (inteso come “organizzazione”). Inoltre, per supportare le

differenti argomentazioni, le stesse verranno accompagnate da un’illustrazione pratica

di alcuni principi della fisica e della chimica che si ritiene possano risultare utili per vi-

sualizzare in modo più efficace alcuni fenomeni della vita quotidiana.

In poche parole, gli argomenti che verranno trattati sono costituiti da una serie di

riflessioni sulla «better regulation» viste con l’ottica sia di uno studioso della Qualità,

sia di un dirigente d’azienda “esperenziato”.

2. le regole ed il Sistema-Paese come “organizzazione”.

James Madison3, il padre del noto emendamento della Dichiarazione di Indipen-

denza americana che ha introdotto il riconoscimento del diritto alla felicità (o, forse,

meglio il diritto alla ricerca della felicità)4, teorizzava che «un buon governo implica

due cose:

primo la fedeltà allo scopo del governare, cioè la felicità della gente;

secondo, la conoscenza degli strumenti con cui tale fine può essere raggiunto …».

E’ interessante, al riguardo, evidenziare come è stato declinato questo concetto

complesso ed articolato nella legislazione nostrana; il Decreto Legislativo 9 aprile 2008,

n. 81 che ha riorganizzato, dopo quasi trent’anni di fiduciosa attesa, la normativa in ma-

teria di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, ha inserito

2 Nello standard internazionale UNI EN ISO 9000:2005, la norma dedicata alla “terminologia”,

l’organizzazione viene definita come un «insieme di persone e di mezzi, con definite responsabilità ed

interrelazioni». 3 James MADISON (16.03.1751- 28.06.1836) politico statunitense è stato il quarto presidente degli Sta-

ti Uniti d’America ed uno dei maggiori esponenti, insieme a Thomas Jefferson, del Republican Party,

poi ribattezzato dagli storici Partito Democratico-Repubblicano. Durante la presidenza USA di Jeffer-

son (1801-1809) è stato Segretario di Stato. E’ considerato come uno dei padri fondatori degli Stati

Uniti d’America ed uno dei principali autori della Costituzione USA.

In particolare merita ricordare che nella Dichiarazione di indipendenza americana del 4 luglio 1776,

(come è stata scritta da Thomas Jefferson) tra i diritti inalienabili dell'uomo, oltre alla tutela della vita

e della libertà, è evidenziato il diritto alla ricerca della felicità (the pursuit of Happiness). La felicità

diviene così un diritto naturale accanto alla vita ed alla libertà, suscitando grandi speranze in uno stato

nascente e ispirando fiducia alle classi più umili.

Negli Stati Uniti molte persone concepiscono ancora oggi la felicità come una sensazione di profondo

benessere che si prova quando si ottengono dei risultati che procurano vantaggi, soprattutto economi-

ci. Nelle moderne lingue anglosassoni “happiness” viene da “to happen” (accadere, capitare una buo-

na sorte) e, quindi, la felicità può coincidere con il raggiungimento di obiettivi economici e/o il conse-

guimento di un risultato. 4 Il passaggio è stato tratto da un interessante libro del sociologo Sabino ACQUAVIVA (1994), PRO-

GETTARE LA FELICITA’, Laterza Editori, Bari - Roma.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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tra i molteplici rischi che potenzialmente potrebbero interessare i lavoratori (da valutare

e gestire) anche lo “stress da lavoro correlato”; la formulazione costituisce, in realtà,

una traduzione infelice del concetto inglese “work related stress”5, che ricomprende i

rischi psicosociali sul lavoro. L’argomento viene gestito essenzialmente come una

“pratica” nella peggiore accezione burocratica.

Ma anche il benessere, come la felicità e la motivazione sono il risultato di un

processo di coinvolgimento anche emotivo delle persone e di messa in gioco di compe-

tenze ed in particolare delle reazioni alle risposte che ciascuno riceve rispetto al tratta-

mento delle aspettative e dei bisogni della persona; persona che, al di là delle valutazio-

ni etiche, andrebbe considerata come un “cliente interno” dell’organizzazione

(l’ambiente lavorativo per il lavoratore; il governo del Paese e la PA per il cittadino).

Chi ha posizioni di responsabilità nel governo delle organizzazioni - più o meno

complesse, a partire dal governo centrale di una nazione - deve sempre analizzare le ri-

cadute delle scelte che fa (prima di assumerle) quando vengono successivamente inseri-

te all’interno di scenari reali; gli scenari andrebbero preventivamente interpretati ed a-

nalizzati, secondo scale di complessità dimensionali e sistemiche.

Il nipponico italianizzato Nakamura - ultimo Amministratore Delegato del co-

losso siderurgico Finsider - già venti anni fa, in un suo accorato e malinconico libro in-

titolato “il paese del sol calante” 6

, analizzava quasi profeticamente tutte le criticità e le

carenze che avrebbero condotto il Sistema-Paese all’attuale declino. In particolare, Na-

kamura poneva l’attenzione su quella che riteneva fosse la criticità maggiore: «l’intero

Paese ha bisogno di regole! Ma non è facile, perché vi sono due problemi da risolvere:

quali siano le regole giuste e come applicarle correttamente senza mortificare le virtù

indisciplinate degli italiani. Sembra essere una contraddizione, è come “disegnare il

vestito con la gobba”».

Da una parte c’è il costume diffuso dei cittadini di cercare di esonerarsi dal ri-

spetto delle regole (o meglio di “smarcarsi”, utilizzando una metafora calcistica), in

quanto ciascuno si ritiene titolare di qualche deroga personale; dall’altra parte, la produ-

zione di regole non avviene tenendo conto di queste specificità.

Utilizzando il linguaggio della Qualità questa situazione potrebbe essere sinte-

tizzata nella affermazione: «non sempre vengono progettati i prodotti e/o i servizi in

modo tale da riuscire a rispondere alle aspettative ed ai requisiti del cittadino, inteso

come “cliente”».

Nakamura nella sua analisi lucida ed appassionata cerca di illustrare che il mo-

dello medievale/feudale è quello che meglio rappresenta il Sistema-Paese con tutte le

disfunzioni e le incomprensioni di tutti i tipi intercorrenti tra chi vive accanto al feudata-

rio nel castello (che oggi chiamiamo più semplicemente il “palazzo”) e quelli che vivo-

no nelle campagne, al di fuori della cinta muraria (che ancora oggi chiamiamo “popo-

lo”).

Abravanel e D’Agnese, dopo quasi venti anni dall’analisi di Nakamura, dedica-

no un proprio studio interamente al tema delle “”regole”7, evidenziando che: «l’Italia

5 Per un approfondimento dell’argomento si rinvia a Sergio BINI (2009), SICUREZZA SUL LAVORO

– organizzazione e cultura, Tecna Editrice, Roma (all. al n. 6/2009 della Rivisita DE QUALITATE). 6 Hayao NAKAMURA (1993), IL PAESE DEL SOL CALANTE, Sperling & Kupfer, Milano.

7 Roger ABRAVANEL, Luca D’AGNESE (2010), REGOLE, Garzanti Edizioni, Milano.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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ha due grandi problemi: regole sbagliate e cittadini che non le rispettano. E’ questa la

causa dell’immobilità economica e sociale del nostro Paese. Le regole giuste sono

sempre state alla base dello sviluppo e dell’innovazione. Bisogna rispettarle non solo

per ragioni morali, ma perché è un buon affare» .

Infatti, il mancato rispetto della “rule of law” costa all’Italia circa 400 milioni di

Euro l’anno: una cifra enorme, rispetto ad un PIL di 1.300 milioni di Euro. Questi costi

sono destinati ad aumentare, ma soprattutto cresceranno i rischi, perché l’Italia non è

preparata ad affrontare le sfide e sfruttare le opportunità dei settori del futuro. [Abrava-

nel, D’Agnese, 2010]. Tale costo che grava annualmente sulla collettività in conseguen-

za del mancato rispetto della legge si aggira, quindi, attorno al 31 % del PIL ed è in li-

nea con il valore che la letteratura tecnica della Qualità stima orientativamente per i co-

sti della non qualità delle organizzazioni erogatrici di servizi che hanno modalità di ge-

stione non efficaci e, quindi, non di Qualità8.

Se tutti i cittadini (governati e governanti) avessero una gestione più oculata del-

le “cose” che appartengono alla collettività si spenderebbe meno e meglio e verrebbe

assicurato un migliore livello della qualità della vita per tutti, ovviamente a costi più

contenuti!

Lo studioso della Qualità reputa come estremamente negativo - nel processo di

definizione delle regole - l’abitudine del legislatore italiano di intervenire con le “rego-

le” sugli epifenomeni (i cosiddetti “effetti”), senza introdurre nessuna azione correttiva

nei confronti delle “cause” che li hanno prodotti. E’ come se ci si limitasse ad assumere

un antipiretico per abbassare la temperatura corporea in presenza della febbre, senza

comprendere quali siano le vere cause che l’hanno prodotta. La ricerca delle “cause-

radice”9 - cioè le vere cause di un difetto - consentirebbe, invece, di poter intervenire a

monte del processo di erogazione del servizio e/o di produzione di un prodotto; la logi-

ca è sinteticamente racchiusa in un antico detto popolare inglese: «a stich in time save

nine» che è posto alla base del mantenimento sotto controllo dei “costi della non-

qualità”.

Uno spunto per poter dare un contributo alla elaborazione di una risposta alle

perplessità sopra evidenziate viene fornito da Sabino Cassese quando sottolinea che:

«in Italia, il diritto è un corpo di regole poste dal legislatore. E’ il legislatore (costitu-

ente e ordinario) che distribuisce poteri, attribuisce diritti e regola l’esercizio dei primi

tutelando i secondi.

E’ al legislatore che ci si rivolge per mutare la disciplina di un settore, innovare una

procedura, attribuire o sottrarre poteri o diritti.

Ma chi è il legislatore? Formalmente il Parlamento, nei fatti le burocrazie …

Quasi nessuna delle grandi leggi della storia italiana è un prodotto del solo Parlamen-

to …» [Cassese, 1998] .

8 I “costi della non Qualità” nelle organizzazioni di servizi vengono stimati approssimativamente dalla

letteratura tecnica in circa il 35 % del fatturato. [Bini, 2001] 9 Il concetto di “causa-radice” è stato introdotto dall’ingegnere giapponese Taiichi Ohno (1912 - 1990)

-il padre del “Just in Time” (metodica gestionale nota anche come “Sistema Toyota” o come “Lean

Production”)- per poter eliminare all’origine tutte le cause che producono difettosità e, quindi, costi

della non-qualità ed insoddisfazione dei clienti. La “causa-radice” si individua attraverso il “metodo

dei cinque perché” che prevede di porre, in successione, cinque volte la domanda «perché si è verifi-

cato l’evento negativo?» partendo dalla criticità finale riscontrata, andando all’indietro sequenzial-

mente. [Bini, 2001; pagina 179]

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

5

3. la “regolazione” e le indicazioni europee.

Uno dei pochi documenti europei nei quali si parla di “cittadini” è proprio quello

dedicato alla Better Regulation nel quale la “Regulation” viene definita come: «a tool

for delivering policies and meeting citizens’ expectations. In designing policies, laws

and regulations, governments are looing to do better - to make sure that they are using

the right tools to get job done; that benefits are maximised, while negative efects are

minimised; that the voices of those affected are being heard»10

.

Questa importante definizione meriterebbe una nutrita serie di approfondimenti,

anche se in questa sede si ritiene opportuno limitarsi alle seguenti tre riflessioni:

- il processo che governa la “regolazione” deve essere, permanentemente e dina-

micamente, traguardato verso le aspettative dei cittadini, che sono i veri destina-

tari (i clienti) del prodotto “regola”; modello, questo, che può essere realizzato

solo applicando l’insieme dei requisiti previsti dagli standard ISO della serie

9000 per i sistemi di gestione per la Qualità;

- il verbo “to deliver”, che in italiano viene tradotto con “erogare”, nel mondo

della Qualità ha significati più impegnativi perché fa riferimento al concetto di

servizio che, come tale, riguarda le tre componenti-base del servizio stesso: gli

aspetti tangibili; gli aspetti intangibili; gli aspetti umani/relazionali. Coerente-

mente con le logiche dei sistemi di gestione per la Qualità, le organizzazione so-

no rappresentate come un insieme di processi interconnessi tra di loro; e, per

ciascun processo elementare, occorre mantenere sotto controllo gli “output” (gli

elementi in ingresso: spesso dei semi-lavorati); gli “input” (gli elementi in usci-

ta: il prodotto finale); gli “outcome” (i risultati, o meglio, le conseguenze e gli

effetti generati). La “regolazione”, quindi, andrebbe correttamente considerata

come un servizio che costituisca il prodotto ed il risultato dell’omonimo proces-

so di produzione/erogazione delle “regole”. Perché un processo risulti di quali-

tà11

, tra le tante altre cose, si devono prevedere una serie di interventi di “reco-

very” per poter intervenire tempestivamente nei caso in cui il “prodotto” non

riesca «ad incontrare completamente le aspettative dei cittadini»12

(intesi come

clienti)13

;

10

E.U., BETTER REGULATION – simply expained, 2006 (pag.3). 11

Perché un “processo” possa essere considerato di Qualità esso deve essere puntualmente orientato alle

esigenze ed alle aspettative del cliente; abbia ben definite le responsabilità delle differenti attività/fasi

e la leadership generale; sia in grado di generare un incremento del “valore” (non necessariamente e-

conomico) degli elementi in ingresso e che risulti possibile misurare l’accrescimento del valore, il li-

vello di performance ed il grado di efficacia rispetto agli obiettivi prefissati; sia interconnesso in modo

sistemico con gli altri processi in grado di rappresentare le attività di una organizzazione; sia supporta-

to da un insieme di attività finalizzate al miglioramento continuo; contribuisca a soddisfare anche i

fornitori (interni e/o esterni) dei semi-lavorati e/o degli elementi in ingresso. La gestione efficace di

ogni fase ed attività dei “processi di Qualità” si deve basare sul principio che tutte le scelte dovrebbero

essere assunte esclusivamente sulla base di analisi di dati di fatto e, comunque, mai in modo autorefe-

renziale. [Bini, 2001] 12

«La regolazione è uno strumento per realizzare (delivering) le politiche ed incontrare le aspettative del

cittadini (meeting citizens’ expectations)». 13

Il tema viene più accuratamente affrontato nello standard italiano UNI/TR 11346:2010 “Sistemi di

Gestione per la Qualità nelle organizzazioni che erogano servizi ” emesso dall’UNI-Ente Naziona-

le di Normazione; l’Autore ha collaborato direttamente e concretamente alle attività del Gruppo di

Lavoro UNI incaricato della elaborazione dello standard.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

6

- il processo è tacitamente finalizzato a far divenire “better” la regulation, attra-

verso la “massimizzazione dei benefici” e la “minimizzazione degli effetti nega-

tivi”. Questo significa che il processo della “regolazione” deve essere interessa-

to da un impegno quotidiano orientato al miglioramento continuativo, secondo

le metodiche e le teorie della Qualità. [Bini, 2001]

Il concetto di “better” indica che si tratta di un aggettivo comparativo di mag-

gioranza rispetto agli attuali processi di “produzione delle regole”. Ovviamente,

le regole possono diventare “migliori” o rispetto a delle regole già esistenti, op-

pure rispetto a dei modelli di riferimento più performanti, stabiliti anche al di

fuori dei Paesi, così come sta accadendo quotidianamente nell’Unione Europea

- nella quale gli Stati continuano a cedere silenziosamente progressive e signifi-

cative quote di sovranità -.

Questi concetti dovrebbero essere tenuti bene in evidenza da parte di chi è coin-

volto, a diverso titolo, nei processi legislativi e/o di elaborazione/emanazione di “rego-

le”.

Da un’analisi del numero dei documenti ufficiali emessi nel periodo 1993-2005

dalla Commissione Europea14

, emerge chiaramente che la UE produce mediamente cir-

ca 271 documenti regolatori l’anno.

“Documenti” ufficiali prodotti nel periodo 1993-2005 dalla Commissione Europea

REPORTS 1.723

COMMUNICATIONS 1.708

GREEN PAPERS 63

WHITE PAPERS 22

numero complessivo dei documenti 3.516

La Qualità, implementata secondo i requisiti dello standard ISO 9001, costitui-

sce la vera sfida per gestire dei processi di regolazione effettivamente e concretamente

orientati ai cittadini (e, quindi, di Qualità); però, la cosiddetta euro-burocrazia di Bru-

xelles sembra muoversi in altra direzione quando riesce a produrre volumi considerevoli

di carta. Nel periodo preso in considerazione (tredici anni) sono stati prodotti annual-

mente all’incirca 2710 pagine che sono state tradotte nelle numerose lingue parlate dai

diversi popoli della UE; scelta, questa, che ha comportato l’abbattimento di un conside-

revole il numero di alberi per poter produrre la carta utilizzata per stampare questa do-

cumentazione.

4. Le regole della fisica e l’applicazione delle regole.

Sono molti i principi che possono essere presi in prestito dalla fisica e dalla chi-

mica15

per poter rappresentare l’impatto - a volte problematico - generato da una qual-

siasi tipologia di “regola” nei confronti di tutte le persone (oppure organizzazioni idi

14

i dati sono tratti dal documento E.U., BETTER REGULATION – simply explained, 2006. 15

Michel Élie MARTIN (2002), LA NATURE EST UN LIVRE ÉCRIT EN LANGAGE MATHÉMA-

TIQUE, Éditions Pleins Feux, Nantes.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

7

persone) che sono chiamate a subirne gli effetti; tra tutti i principi, una particolare at-

tenzione la merita il principio di Le Chatelier (relativo all’equilibrio chimico) che recita:

«se si modifica un sistema in equilibrio è il sistema stesso che reagisce per potersi au-

toripristinare». Questo principio registra la sostanziale tendenza inerziale presente in

natura che porta i sistemi complessi - ovviamente non solo quelli appartenenti al mon-

do delle reazioni chimiche - ad autoripristinarsi, qualora si dovesse cercare di modifi-

carli forzosamente. E’ l’esempio dei corsi d’acqua che, sistematicamente (in occasione

di alluvioni), si riprendono il loro alveo cementificato nel tempo.

Sono ancora tanti altri i principi della fisica che meriterebbero di essere ricordati

per poter illustrare gli effetti della “regolazione”: i tre principi della meccanica classi-

ca16

; il principio di Archimede17

; il principio dei vasi comunicanti; l’isteresi e così via.

Merita spazio anche una ulteriore riflessione preliminare: una “regola” non può

essere pensata, elaborata ed emanata come se dovesse impattare in un ambiente asettico

e vuoto o, comunque, ideale; la “regola” dovrebbe essere considerata dall’organismo

che la produce come una «azione che modifica lo stato di quiete o di moto uniforme di

un corpo» (sociale) [1° principio della meccanica]. Oppure, andrebbe considerata come

un oggetto/organismo che viene immerso in un recipiente contente un fluido (costituito

dalla società nel suo insieme, con i suoi costumi, la sua cultura, i suoi riti e le sue abitu-

dini) il quale, secondo il principio di Archimede, «reagisce con una spinta, in direzione

inversa a quella della massa, pari al peso del volume di fluido spostato». Questa rea-

zione è, in qualche modo, correlata alla “portata innovativa” della regola stessa e, quin-

di, dell’impatto che la stessa potrebbe introdurre nella società civile e della conseguente

naturale reazione della stessa.

Nel dibattito popolare, spesso si schematizza il rapporto tra cittadini e le regole

da rispettare in rapporto alla latitudine: nel nord le leggi si applicano, mentre in Italia -

ed in genere nel sud del mondo - le leggi si interpretano; a tal proposito merita anche di

essere ricordato un altro detto popolare sufficientemente esaustivo del rapporto tra citta-

dini e regole: «fatta la legge, trovato l’inganno».

5. i concetti-base della Qualità per la gestione efficace del processo regolatorio.

Il processo di elaborazione delle “regole”18

dovrebbe essere, quindi, considerato

come un «processo» da progettare, sviluppare, gestire e riesaminare periodicamente,

16

primo principio: (detto anche principio di inerzia): «un corpo non sottoposto ad alcuna forza, man-

tiene il suo stato di moto rettilineo uniforme o di quiete finché non interviene una forza esterna a va-

riare tale moto»;

secondo principio: «una forza impressa ad un corpo produce una variazione della sua quantità di

moto nel verso della forza in maniera direttamente proporzionale alla forza applicata», cioè «l'acce-

lerazione di un corpo è direttamente proporzionale alla forza da esso subita». La costante di propor-

zionalità tra la forza e l’accelerazione è proprio la massa inerziale del corpo;

terzo principio: «ad ogni azione corrisponde una reazione, uguale e contraria, agente sulla stessa

retta di applicazione». 17

Il principio di Archimede stabilisce che «un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso

verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato»; ovviamente, la reazione all’immersione del

corpo in un fluido generata dallo stesso è legata sia al tipo ed alla forma del corpo, sia al tipo di fluido.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

8

coerentemente con i principi dello standard internazionale ISO 900119

che fissa i requi-

siti per l’implementazione e la gestione dei sistemi di gestione per la Qualità delle orga-

nizzazioni (figura n. 1).

La Qualità è fondamentalmente fare bene le cose giuste la prima volta in modo

tale da poter rispondere alle attese progettuali (efficacia) e conseguire la soddisfazione

delle aspettative del destinatario del prodotto (cliente interno e/o esterno).

Figura n. 1.

Il modello di Sistema di Gestione per la Qualità secondo lo standard ISO 9001.

Le teorie e le metodiche della gestione per la Qualità si basano sui seguenti otto

principi-base:

orientamento al cliente;

leadership;

coinvolgimento delle persone;

approccio per processi;

approccio sistemico alla gestione;

18

Studiando la Regula Benedicti -scritta da San Benedetto da Norcia 1.500 anni fa e sintetizzata egre-

giamente dallo slogan «ora et labora»- si scopre che la stessa è da considerare un “semplice” proget-

to di vita, un insieme di principi chiaramente più vicino al significato originario della parola latina

«regula», o guida, piuttosto che al termine «lex» o legge. Infatti, «Regula» -la parola che oggi viene

tradotta in modo affrettato con il termine “regola”- nell’accezione originaria significava, invece, “in-

dicatore stradale”, oppure “ringhiera”; cioè, qualcosa a cui aggrapparsi e sorreggersi nel buio e/o

nei momenti di stanchezza, qualcosa che indica la strada e che aiuta ad andare avanti verso una deter-

minata (corretta) direzione, nel “deserto della vita” quotidiana. Non è, quindi, solo una serie di istru-

zioni, ma costituisce una “guida” che aiuta concretamente e progressivamente a costruire uno stile di

vita! [Bini, 2012] 19

Lo standard internazionale ISO 9001 fissa i requisiti per l’implementazione e la gestione dei sistemi di

gestione per la Qualità delle organizzazioni.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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miglioramento continuo;

decisioni basate su dati di fatto;

rapporti di reciproco beneficio con i fornitori;

gli stessi sono meglio esplicitati, in forma sintetica, nella tabella di figura n. 2.

Figura n. 2.

Gli otto principi-base della gestione per la Qualità secondo gli standard ISO9000.

1 orientamento al cliente

Le organizzazioni dipendono dai propri clienti e, quindi, dovrebbero: capire le loro esigenze presenti e future, soddisfare i loro requisiti, mirare a superare le loro stesse aspettative.

2 leadership I capi stabiliscono unità di intenti e di indirizzo della organizzazione. Essi dovrebbero creare e mantenere un ambiente interno che riesca a coinvolgere pienamente tutto il personale nel perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione.

3 coinvolgimento delle persone

Le persone (a qualsiasi livello esse si trovino) costituiscono l’essenza di una organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento per-mette di porre le loro capacità al servizio dell’organizzazione stessa.

4 approccio basato sui processi

Un risultato desiderato si ottiene con maggiore efficienza quando le relative attività e risorse sono gestite come un processo.

5 approccio sistemico alla gestione

Identificare, capire e gestire -come se fossero un unico sistema- processi tra di loro correlati contribuisce all’efficacia ed all’efficienza dell’organizzazione nel conseguire i propri obiettivi.

6 miglioramento continuo

Il miglioramento continuo delle prestazioni complessive dovrebbe essere un obiettivo permanente dell’organizzazione.

7 decisioni basate su dati di fatto

Le decisioni efficaci si basano sulla analisi di dati e di informazioni.

8 rapporti di reciproco beneficio con i fornitori

Una organizzazione ed i suoi fornitori sono interdipendenti ed un rapporto di reciproco beneficio migliora, per entrambi, la capacità di creare valore.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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Un ruolo fondamentale per la gestione della Qualità è assicurato dall’azione co-

rale finalizzata al “miglioramento continuo”20

che segue metodologicamente il princi-

pio della “ruota di Deming” (denominata anche PDCA: l’acronimo di Plan, Do, Check,

Act)21

.

Il ciclo PDCA viene utilizzato permanentemente come un “modello dinamico”,

in quanto il completamento di un giro del ciclo coincide con la fase iniziale del ciclo

successivo.

Figura n. 3.

La rappresentazione grafica della “ruota di Deming” o “ciclo PDCA”.

Ed è proprio la logica della “ruota di Deming” che guida il ciclo che pone in re-

lazione i principali “passaggi chiave” nella produzione di una Analisi di Impatto della

Regolazione. (La figura n. 4 è tratta da “Better Regulation Executive, Impact Asses-

sment Guidance, may 2007) [Castaldo, 2007].

20

Nel testo originario, in inglese, degli standard ISO della serie 9000, viene utilizzata la forma “conti-

nual improvement” che sarebbe stato più opportuno tradurre nel più rappresentativo “miglioramento

continuativo ” che visualizza meglio le dinamiche del processo di miglioramento. [Bini, 2001] 21

Il ciclo PDCA -originariamente concepito da Walter Shewhart verso il 1930 è stato adottato e

valorizzato dal suo allievo W. Edwards Deming; per questo spesso viene frequentemente indicato con

il nome di Ciclo di Deming- si articola in quattro fasi che si ripetono ciclicamente e continuamente:

- PLAN, pianificare prima di iniziare, individuare obiettivi, strumenti e risorse;

- DO, fare puntualmente quello che si è deciso di realizzare;

- CHECK, verificare i risultati ottenuti nella fase realizzativa, confrontandoli con gli obiettivi

prefissati; quindi, valutare gli evenutali scostamenti e le loro motivazioni;

- ACT, assumere le decisioni conseguenti per rimuovere le cause che hanno prodotto gli even-

tuali scostamenti negativi; qualora, invece, fossero stati conseguiti gli obiettivi prefis-

sati gli stessi dovrebbero essere ragionevolmente incrementati (azione rappresentata

dalla metafora di “alzare l’asticella”) per essere più performanti ed utilizzare meglio

le risorse disponibili. Per alcuni aspetti-base, a volte può ritenersi più opportuno con-

solidare i livelli qualitativi raggiunti, attraverso una standardizzazione più spinta. Al

termine di questa fase che, gestionalmente, viene anche identificata con la formula

«riesame della direzione», si riparte con un altro ciclo PDCA.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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Figura n. 4.

Analisi di Impatto della Regolazione: i passaggi chiave della produzione.

[Castaldo, 2007]

6. misurare per migliorare.

Come illustrato nel paragrafo precedente, tra gli otto principi-base della gestione

per la Qualità, il settimo stabilisce che “le decisioni si devono basare su dati di fatti” in

quanto: «le decisioni efficaci si basano sull’analisi di dati e di informazioni», così come

normato con lo standard internazionale ISO 9004. Al riguardo, la letteratura tecnica e

l’esperienza quotidiana evidenziano che “si può migliorare solo quello che si può misu-

rare” [Bini, 2004].

Anche questo principio della Qualità, purtroppo, trova in Italia una limitata ap-

plicazione soprattutto nelle organizzazioni (e nei processi) gestite in maniera “autorefe-

renziale”.

In particolare, per il processo di regolazione - a prescindere dalla sede e dal li-

vello che lo gestisce - sarebbe estremamente opportuno mettere a punto un modello in

grado di monitorare e misurare il livello qualitativo della specifica “regola”, intesa sia

come “prodotto” [output] sia come “impatto” [outcome] del processo di regolazione.

In qualitatese, il processo viene definito come: «un insieme di attività correlate

ed interagenti che trasformano elementi in ingresso in elementi in uscita» [punto 3.4.1.

standard ISO 9000:2005].

L’organizzazione - che viene definita come: «insieme di persone e di mezzi, con

definite responsabilità, autorità ed interrelazioni» [punto 3.3.1 standard ISO 9000:

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2005] - può essere rappresentata logicamente attraverso un “sistema interconnesso di

processi” come graficamente sintetizzata nel modello riportato nella figura n. 5.

Figura n. 5.

L’organizzazione secondo una rappresentazione per “processi”.

Di conseguenza, il modello di funzionamento dell’organizzazione che “produce

le regole” potrebbe essere rappresentato graficamente come riportato nella figura n. 6,

tenendo conto che:

gli elementi in ingresso (gli input) sono costituiti dai problemi che devono essere ri-

solti dalla “regola”, insieme con i dati in grado di rappresentare i fenomeni e le rela-

tive analisi/valutazioni;

gli elementi in uscita (l’output) sono costituiti dalla “regola” e dall’insieme di stru-

menti applicativi e di comunicazione/informazione verso i destinatari della stessa.

Quasi mai la “regola” si presenta come un “prodotto finito”; essa è spesso un “semi-

lavorato” -o meglio un prodotto “in progress”- suscettibile di essere interessato da

successivi aggiornamenti e modificazioni;

l’impatto (l’outcome) prodotto riguarda soprattutto il contesto sociale, individuale

e/o collettivo .

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Figura n. 6.

La schematizzazione del processo/organizzazione che “produce” le regole.

7. le “traiettorie” di diffusione delle politiche comunita-rie/nazionali.

Le realtà gestionali della governance sono policentriche e multilivello in quanto

il governo dei cittadini avviene attraverso una molteplicità di provvedimenti prodotti da

tanti soggetti, molto spesso autonomi tra di loro e collocati a differenti livelli nella “stra-

tificazione” verticale dell’esercizio del potere (Unione Europea; Stato; Regioni, Provin-

cia; Comune; Municipio/Circoscrizione; e così via).

Come è naturale, ciascuno desidera poter apportare il proprio contributo di per-

sonalizzazione delle “politiche” fissate ai massimi livelli; di conseguenza, quindi, questi

interventi intermedi, possono introdurre degli “scostamenti” rifrattivi che impediscono

una diffusione lineare (in linea retta) degli indirizzi iniziali (le cosiddette “policy”); la

sommatoria degli effetti rifrattivi comporta degli scostamenti considerevoli, sia nei con-

fronti degli effetti attesi all’origine, sia per quanto riguarda la tempestività di attuazione

del progetto iniziale ideato.

Come si può vedere nella figura n. 7, potrebbe accadere persino che la somma

degli effetti rifrattivi possa produrre un angolo di inclinazione al “raggio di luce” (co-

stituito dalla visualizzazione del processo implementativo delle politiche centrali) tale

da comportare la “riflessione” del provvedimento, quando arriva all’ultimo strato della

società piramidale, che è quello dei cittadini che dovrebbero attuare le “regole” e le

amministrazioni locali che dovrebbero farle rispettare; in questo caso il “provvedimen-

to normativo” perde la carica di attuabilità, scendendo per li rami dell’organizzazione

statuale.

Come si può governare il processo della regolazione per evitare che si pervenga

a quelle condizioni che favoriscano questo fenomeno che porta alla riflessione della

“regola” (che, in parole povere, è un vero e proprio rigetto)?

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E’ questo, soprattutto, un problema di corretta e completa comunicazione, a par-

tire dall’individuazione dei veri destinatari della “regola”, sino alla definizione del lin-

guaggio più idoneo da utilizzare per rivolgersi ai cittadini destinatari.

Purtroppo, però, nei documenti pubblici - a partire da quelli della UE delle con-

seguenti “regole” nazionali - si parla quasi sempre di mercati, di merci, di finanza, di

servizi e di consumatori, quasi mai di cittadini e di cose concrete; è, ormai, diffusa tra i

cittadini la convinzione che gli stessi abbiano meno valore delle merci, dei servizi, dei

flussi finanziari e delle decisioni centrali posizionate quasi sempre altrove.

Al di là di tutte le valutazioni tecniche che si possono sviluppare, risulta dovero-

so evidenziare che effettivamente il linguaggio corrente - a livello continentale - ricono-

sce al cittadino una sua dignità soprattutto quando è chiamato ad interpretare il ruolo di

consumatore; questo approccio è chiaramente “non sostenibile” perché premia il con-

sumo delle risorse, piuttosto che la loro utilizzazione.

Figura n. 7.

L’effetto “rifrazione” e “riflessione” nell’applicazione delle politiche centrali.

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8. un “modello” per la valutazione della qualità della regola-zione.

8.1. le logiche ed il funzionamento del “modello”.

Applicando le teorie, le metodologie e gli strumenti di gestione per la Qualità

delle organizzazioni22

secondo un percorso logico, si può pervenire alla definizione di

un’ipotesi di «modello di valutazione della qualità della regolazione» che si propone di

chiamare “modello B.R.I.O.” 23

.

Il “modello” proposto è impostato in modo tale da risultare utile per poter moni-

torare e valutare oggettivamente sia i livelli di efficacia e di efficienza raggiunti dal pro-

cesso regolativo, sia il grado di accessibilità da parte delle categorie di cittadini alle qua-

li si rivolge il provvedimento emanato, nonché l’entità dei risultati conseguiti.

Lo sviluppo e la sperimentazione sul campo del “modello BRIO”, ovviamente,

potrà, a sua volta, essere gestito come un “processo” con le logiche del miglioramento

continuo apportando ad esso progressivamente gli opportuni eventuali aggiustamenti.

Perché un modello sia in grado di misurare e tenere sotto controllo un fenomeno

(rappresentato come un servizio) è indispensabile scomporre lo stesso in tutte le com-

ponenti stimate come significative, insieme con il sistema delle aspettative espresse dal-

le famiglie dei destinatari/utilizzatori (i cosiddetti “clienti”).

Per definire questo primo “modello”, si è voluto partire dalle componenti ele-

mentari e, successivamente, dalle famiglie di “indicatori” che sono state valutate come

le più idonee alla migliore rappresentazione degli “item”.

Nel “modello BRIO” (figura n. 8) si ipotizzano cinque famiglie di “item”:

l’efficacia: realizzare quei risultati che ci si è prefissi di conseguire;

l’efficienza: realizzare risultati sempre migliori, utilizzando minori risorse;

l’eccellenza: riuscire a soddisfare tutte le parti interessate (i cosiddetti “stakehol-

der”) in maniera bilanciata, senza produrre degli squilibri;

la sostenibilità: la capacità di rappresentare la durevolezza delle iniziative e la loro

capacità di poterle traguardare verso il futuro;

il benessere e la felicità: la capacità della “regola” di migliorare la qualità della vita

dei destinatari e, ove possibile, di creare condizioni di benessere

per i cittadini.

22

In questa sede volutamente si omette di approfondire le teorie, le metodologie e gli strumenti di ge-

stione per la Qualità delle organizzazioni al fine di poter assicurare la snellezza e l’efficacia del pre-

sente scritto. Per gli eventuali necessari approfondimenti si rinvia ai testi riportati in bibliografia. 23

Per l’ipotesi di modello proposto nel presente studio si è individuato il nome di « B.R.I.O. » che è co-

stituito dall’acronimo di Better Regulation Index Overall-, che sarebbe un “indice sintetico di mi-

sura della bontà (efficacia ed efficienza) del processo regolatorio”.

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Figura n. 8.

Il “modello B.R.I.O.”.

Utilizzando un opportuno sistemi di pesi da abbinare alle differenti famiglie di

“item”, i punteggi attribuiti vengono resi omogenei per poterli sommare, prima di poter

applicare un ulteriore fattore di penalizzazione che tenga conto della presenza di even-

tuali “negatività intrinseche”; in questo modo si ha la possibilità di pervenire ad un

punteggio sintetico complessivo (il cosiddetto “overall”) da assegnare alla “regola”

prodotta ed implementata.

La formula che si propone è la seguente:

Dove.

- E1 rappresenta la misura dell’ EFFICACIA;

- E2 rappresenta la misura dell’EFFICIENZA;

- E3 rappresenta la misura dell’ECCELLENZA;

- SO rappresenta la misura della SOSTENIBILITA’;

- B&F rappresenta la misura del BENESSERE e della FELICITA’;

- (1-ɸ) rappresenta la misura delle “NEGATIVITA’”;

- α è il peso del fattore “efficacia”, che è pari al 20 %;

- β è il peso del fattore “efficienza”, che è pari al 20 %;

- γ è il peso del fattore “eccellenza” che è pari al 25 %;

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- δ è il peso del fattore “sostenibilità” pari al 25 %;

- ε è il peso del fattore “benessere e felicità” pari al 10 %.

Il poter disporre di una misura “overall” più verosimile per monitorare la “ better

regulation” può consentire all’autorità regolatoria - e ad un possibile soggetto terzo di

garanzia - di valutare oggettivamente l’effetto complessivo sia nei confronti dei cittadi-

ni attuali e futuri, sia nei confronti della società nel suo complesso; altro aspetto positi-

vo potrebbe essere costituito dalla possibilità di realizzare un ranking delle “regole pro-

dotte” e di monitorare la capacità di miglioramento propria del soggetto produttore di

regole.

Il “modello BRIO”, con opportuni filtri, potrebbe risultare utile anche per misu-

rare il grado di sintonia raggiunto dal soggetto produttore di regole con il mondo dei de-

stinatari/utilizzatori (fatto di aspettative, complessità, desideri, bisogni e così via).

Concretamente, visto che la Qualità è la capacità di realizzare “prodotti” in gra-

do di rispondere dinamicamente e tempestivamente alle mutevoli esigenze dei cittadi-

ni/clienti, il modello è necessariamente di tipo “cittadino-centrico” in quanto cerca di

porre le persone al primo posto, perché le stesse devono sentirsi destinatarie di tutte le

attenzioni possibili. La persona, cioè, dovrebbe sentirsi rassicurata dalle attenzioni dei

governi e delle autorità per poter essere sempre di più un vero cittadino-protagonista e

non una semplice pedina chiamata ad alimentare i processi di consumo.

Il funzionamento del “modello” prevede la logica dei “demeriti” da sottrarre al

punteggio massimo di 1.000 punti preso come livello di riferimento per le situazioni di

eccellenza; in relazione ai demeriti collezionati, rispetto alla situazione eccellente, si

sottraggono i punti negativi (il modello dovrebbe funzionare in modo analogo alla gra-

duatoria sulla Qualità della Vita in Italia, che viene annualmente elaborata dagli esperti

del quotidiano il Sole 24 Ore).

8.2. l’efficacia.

L’efficacia è la capacità di realizzare gli obiettivi che l’organizzazione si era

prefissata di conseguire. Grazie alla introduzione dei requisiti previsti dallo standard

ISO 9001 - riguardante i sistemi di gestione per la Qualità- il “cliente” (cioè il destina-

tario dei prodotti e/o dei servizi) viene portato al centro dell’attenzione di tutte le perso-

ne e dei processi dell’organizzazione produttrice; quest’ultima, nel contempo, deve

funzionare ed essere rappresentata in modo sistemico “per processi”, in modo tale da

poter concretamente e puntualmente soddisfare tutte le aspettative dei cosiddetti “mer-

cati di riferimento”. Questo risultato ipotizzato può essere caratterizzato da;

il linguaggio utilizzato;

la leggibilità dell’intero testo;

la snellezza e la lunghezza del testo;

la semplice applicabilità delle regole introdotte;

il quantitativo di rinvii o riferimenti ad altre “Regole” e/o disposizioni eventualmente

esistenti;

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la chiarezza delle procedure applicative del provvedimento emanato (è necessario ve-

rificare se viene specificato con chiarezza il chi fa, che cosa, come, quando, con quali

risorse, in che tempi, quali obiettivi ci si prefigge di raggiungere, e così via);

la “regola” dovrebbe disporre di elementi utili per realizzare un sistema di misura-

zione periodica dei risultati conseguiti e del grado di implementazione, compreso un

set di indicatori necessari per il monitoraggio puntuale;

l’agevolezza nella applicazione;

l’adeguatezza e l’idoneità del processo di comunicazione attivato nei confronti dei

destinatari.

8.3. l’efficienza.

L’efficienza è la capacità di migliorare progressivamente e con continuità

l’utilizzazione delle risorse disponibili e, nel contempo, di migliorare i livelli qualitativi

dei risultati. Con una corretta introduzione dei requisiti previsti dallo standard ISO

9004 diventa possibile radicare all’interno dell’organizzazione la cultura del migliora-

mento continuo in modo tale da poter accrescere la totalità dei risultati finali (perfor-

mance; risultati economici; soddisfazione dei clienti; capacità innovativa delle persone

coinvolte e così via). Gli elementi chiave che possono rappresentare questo “item” so-

no:

l’analisi costi/benefici del provvedimento;

la capacità di intervenire sulle “cause-vere” che si devono rimuovere, piuttosto che

sugli “effetti” (come accade troppo spesso);

la carica innovativa del provvedimento;

la capacità di efficientare le persone, le attività ed i processi interessati dal provve-

dimento;

la possibilità di sostituire altre “regole”, più obsolete e meno leggibili (con la ridu-

zione del numero complessivo e, ove possibile, con l’introduzione di “testi-unici”);

la migliore utilizzazione delle risorse disponibili e/o l’ottimizzazione delle stesse.

8.4. l’eccellenza

Secondo il modello europeo per l’eccellenza sostenibile curato dall’European

Foundation for Quality Management (EFQM): «le organizzazioni “eccellenti” rag-giungono e mantengono livelli superiori di prestazioni, tali da soddisfare e superare le

aspettative di tutti i loro stakeholder». Il Modello per l’eccellenza di EFQM si basa su un fondamentale principio-guida: «la soddisfazione del cliente, la soddisfazione del personale e l’impatto sulla società si ottengono attraverso la Leadership, espressa in

politiche e strategie, gestione del personale, risorse e processi, comportando infine

l’eccellenza dei risultati aziendali».

La corretta implementazione del Modello EFQM consente ad un’organizzazione

di poter governare in modo eccezionale tutte le sue attività al fine di conseguire la piena

e stabile soddisfazione di tutte le parti interessate (i clienti, i dipendenti, i fornitori;

l’ambiente; la collettività e la società esterna; la “proprietà” i cui interessi, che nel caso

della P.A., incidono direttamente e pesantemente sul debito pubblico).

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Nel modello che si propone questo aspetto dovrebbe essere monitorato attraver-

so queste famiglie di sub-item:

il livello di rispetto nel riconoscere e valutare i bisogni delle persone coinvolte e dei

destinatari;

la capacità di perseguire risultati equilibrati per tutte le parti interessate (i cosiddetti

“stakeholder”);

il grado di sintonia con il livello culturale medio radicato delle persone destinatarie

del provvedimento;

il grado di sintonia con i popoli di riferimento;

la semplicità multidimensionale introdotta per l’implementazione;

la presenza di quadri e/o di schemi sinottici (se allegati al provvedimento) destinati

ad accrescere il grado di coinvolgimento e di comprensione da parte delle persone in-

teressate;

la possibilità che il provvedimento sia attuabile direttamente dai cittadini senza

l’intervento di sostituzione e/o di intermediazione da parte di esperti e/o di organiz-

zazioni di specialisti all'uopo dedicate.

8.5. la sostenibilità

La “sostenibilità” è in letteratura un concetto ben più ampio rispetto al ristretto

ambito semantico nel quale viene quotidianamente relegato dai movimenti; anche per

questo concetto la confusione deriva essenzialmente dalla traduzione comune data al

termine inglese che rappresenta il concetto di “sustained” che, invece, fa riferimento ad

un respiro “durevole” di una azione intrapresa all’interno di contesti complessi ed in

continuo mutamento. Al riguardo merita di essere richiamato un passaggio tratto

dall’introduzione allo standard internazionale ISO 9004:2009 che recita testualmente:

«il successo durevole di un’organizzazione è conseguito mediante la sua capacità di

soddisfare le esigenze e le aspettative dei suoi clienti e di altre parti interessate, nel

lungo periodo ed in modo bilanciato. Il successo durevole può essere conseguito attra-

verso la gestione efficace dell’organizzazione, la consapevolezza del contesto

dell’organizzazione l’apprendimento e l’applicazione appropriata di miglioramenti e/o

innovazioni». Nell’ambito del processo di produzione delle regole, l’item “sostenibili-

tà” si ritiene possa inizialmente essere disaggregato nelle seguenti principali componen-

ti:

l’impatto sociale;

l’impatto culturale;

l’impatto economico;

la facile manutenibilità del provvedimento e della strumentazione prevista e progetta-

ta per il funzionamento;

il livello di complessità del processo di gestione nel tempo (gestibilità) delle disposi-

zioni contenute nel provvedimento;

la capacità di ottimizzare l’utilizzazione delle risorse (di tutte le tipologie) disponibi-

li. Ovviamente si dovrà parlare di “utilizzazione” delle differenti famiglie di risorse,

piuttosto che di loro semplice “consumo”;

la continua e tangibile attenzione alle esigenze ed ai bisogni delle generazioni future,

in continuità con quelle presenti e con quelle passate.

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8.6. il benessere e la felicità.

Il benessere e la felicità dei cittadini dovrebbero costituire l’obiettivo più impor-

tante da conseguire da parte di chi governa il destino di altri e che lo voglia fare seguen-

do un approccio etico e lungimirante [SS. Benedetto XVI, 2009]. Il poter lavorare per

la realizzazione del benessere degli altri va ben oltre il semplice altruismo; questa mo-

dalità potrebbe consentire ai cittadini di potersi sentire effettivamente destinatari di

quell’attenzione paterna che genera partecipazione, fiducia e coinvolgimento proattivo.

In prima approssimazione questo aspetto potrebbe essere rappresentato dai se-

guenti “sotto-item”:

la capacità di realizzare la felicità delle persone (intese sia come cittadini sia come

lavoratori);

la capacità di creare le condizioni che favoriscano lo sviluppo del benessere delle

persone e delle famiglie;

i livelli di Qualità della vita per le varie componenti nelle quali è possibile segmenta-

re l’esperienza quotidiana dei cittadini e le risposte attese dal Sistema-Paese;

l’attenzione etica ai modelli di riferimento sociale, culturale ed ambientale.

8.7. le “negatività”

Di contro, molte regole presentano, invece, diverse “negatività” intrinseche che

riescono a zavorrarne pesantemente la loro applicabilità e quindi ne accelerano il falli-

mento, con un aggravio per i costi - diretti e indiretti - a carico dello Stato e della col-

lettività e, quindi, accrescono la diffidenza del cittadino nei confronti dell’autorità.

Queste “negatività”, in prima approssimazione, potrebbero essere rappresentate dalle

seguenti componenti:

una connotazione fortemente ideologica del provvedimento;

una visione non sistemica della regola;

il dare risposte solo ad interessi localistici;

il dare risposte solo ad interessi corporativi;

il dare spazio solo a dei particolarismi, a danno di altre categorie di cittadini;

l’adozione di metodiche che cercano di individuare e/o di privilegiare solo soluzioni

“a somma zero”, piuttosto che “soluzioni di tipo win-win”.

8.8. la leggibilità del testo utilizzato nella elaborazione della regola è un modo

per selezionare i potenziali destinatari.

I destinatari delle regole e/o dei provvedimenti possono essere essenzialmente: i

cittadini; i consumatori; i lavoratori; le imprese e le organizzazioni in genere; le asso-

ciazioni; l’ambiente, la collettività e la società; i popoli e/o i mercati di riferimento; gli

stakeholder (parti interessate); le lobby di interessi; le semplici corporazioni o le catego-

rie; e così via.

La scelta di un linguaggio accessibile e di una strutturazione semplice della re-

gola ne facilita l’attuazione e, quindi, garanzia per l’efficacia del provvedimento stesso.

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21

Il regolatore opera in qualità quando correttamente (cioè in modo etico e traspa-

rente) orienta il proprio “prodotto” (la “regola”) in modo tale che lo stesso sia in grado

di rispondere alle aspettative dei “clienti” destinatari e, che nella fattispecie utilizzi un

livello di comprensione tale da risultare accessibile alla stragrande maggioranza delle

persone interessate; l’efficacia del provvedimento è assicurata se sono assicurate:

- la massima leggibilità del testo della “regola”;

- la presenza di un corredo di procedure applicative chiare che contengano al loro

interno set di indicatori occorrenti per la misurazione sia dei risultati, sia del

grado di implementazione, nonché le modalità di acquisizione delle risorse e de-

gli strumenti occorrenti per la puntuale implementazione ;

- le modalità e le azioni da intraprendere per gestire le perturbazioni che potrebbe-

ro insorgere durante le fasi transitorie di attuazione;

- le azioni concrete per assicurare la comunicazione e le informazioni nei confron-

ti dei cittadini-clienti-utilizzatori, quasi fossero delle vere e proprie “istruzioni

per l’uso”.

Non di rado la puntuale applicazione della “regola”, all’indomani della sua ema-

nazione, risulta estremamente difficile perché poco chiara o troppo bizantina; a volte,

invece, si pensa di poter introdurre ambiziosissime rivoluzioni innovative senza effettu-

are una attenta progettazione esecutiva, simulando con attenzione tutte le possibili ecce-

zioni24

. Le teorie della Qualità, che hanno recepito alcuni principi della cultura giap-

ponese, consigliano di togliere a piccoli passi le difficoltà, le criticità e le cause che pro-

ducono disservizi e/o inefficienze e, quindi, di stabilizzare/standardizzare i risultati con-

seguiti. Infatti, i giapponesi hanno un meccanismo progressivo di rimozione delle cau-

se come il semplicissimo metodo “dei cinque perché” che alimenta semplici progetti

per l’individuazione dei problemi e per la successiva risoluzione delle cause che li gene-

rano. La metodologia del miglioramento continuo - che in Giappone coincide con la

filosofia del “kaizen”- consente di rimuovere le cause-radice di un problema per evitare

che lo stesso si possa ripresentare [Bini, 2001].

* * * * *

Tutto, comunque, parte dalla leggibilità del testo che costituisce una delle scelte

più importanti effettuate dal soggetto che ha prodotto ed emanato la “regola”. Infatti, il

linguaggio utilizzato e le modalità utilizzate per esplicitare un provvedimento potrebbe-

ro realizzare una cesura concreta tra il soggetto estensore della regola ed una parte del

“popolo di riferimento”; cioè, nella comunicazione simbolica, l’estensore della “rego-

la”, attraverso il linguaggio prescelto, opera di fatto una selezione della popolazione che

deve rimanere esclusa dal provvedimento.

Al riguardo meriterebbe di essere ricordata un’importante iniziativa promossa

agli inizi degli anni novanta dall’allora Ministro per la Funzione Pubblica Sabino Cas-

24

per evitare di tralasciarne qualcuna, si ritiene più opportuno evitare di richiamare la moltitudine di

“importanti” leggi repubblicane che, secondo il legislatore dell’epoca, avrebbero dovuto introdurre ri-

voluzioni epocali e che invece hanno prodotto e producono quotidianamente effetti diametralmente

opposti che sono sotto gli occhi di tutti e sono riportati puntualmente dai media.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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sese, quando volle far predisporre un manuale di scrittura accessibile a tutti, le cui rego-

le avrebbero dovuto essere utilizzate sia per la elaborazione dei provvedimenti legislati-

vi, sia per le comunicazioni P.A./cittadino25

; purtroppo, anche questa pregevole iniziati-

va si è persa nella palude comportamentale della Pubblica Amministrazione, in attua-

zione del Principio di Le Chatelier richiamato in precedenza.

L’analisi della “leggibilità” della regola costituisce, quindi, una delle componen-

ti essenziali del processo di valutazione della qualità della regola stessa.

Un utile strumento è costituito dall’INDICE GULPEASE, un indice di leggibili-

tà di un testo tarato sulla lingua italiana, che è stato definito nel 1988 nell’ambito delle

ricerche del Gruppo Universitario Linguistico Pedagogico [GULP] insediato presso

l’Università di Roma La Sapienza.

Rispetto ad altri indici presenti in letteratura, Gulpease ha il vantaggio di utiliz-

zare la lunghezza delle parole in lettere anziché in sillabe, semplificandone il calcolo

automatico. L’Indice Gulpease considera due variabili linguistiche: la lunghezza della

parole; la lunghezza della frase rispetto al numero delle lettere.

La formula messa a punto per il suo calcolo è:

Per l’Indice Gulpease i risultati possibili possono oscillare tra i valori 0 e 100;

come meglio illustrato nella figura n. 9, si ha che:

il valore “100” indica la leggibilità PIU’ ALTA;

il valore “0” indica la leggibilità PIU’ BASSA.

Il livello di leggibilità di un testo andrebbe opportunamente integrato anche da

altri aspetti come:

la “valutazione del vocabolo comune” utilizzato nel testo,

la “notorietà” dei singoli termini impiegati26

.

25

Dipartimento per la Funzione Pubblica (1993), Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso

della pubblica amministrazione; Progetto di semplificazione del linguaggio – Manuale di stile. 26

Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai siti: http://labs.translated.nei/leggibilita-testo/;

http://www.pacchiarotti.biz/leggibilita.html.

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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Figura n. 9.

“Indice Gulpease” e leggibilità di un testo.

9. alcune riflessioni su un caso concreto.

Quotidianamente, un cittadino medio deve districarsi in una giungla di leggi,

provvedimenti e regole di ogni tipo e livello (europeo, nazionale, regionale, locale, e co-

sì via), che gli condizionano la vita e che si ergono, troppo spesso in modo ostile, come

una sorta di barriera nel suo rapporto con lo Stato.

Non sono rari i casi in cui le “regole” risultano poco accessibili e, comunque,

difficili da interpretare senza l’intermediazione dei cosiddetti esperti e/o specialisti (un

caso esemplare - che vale per tutti - è dato dal modello utilizzato per la dichiarazione

dei redditi - che oggi si chiama “Unico” - ma che rimane da decenni una inutile e stres-

sante azione ostile nei confronti dei cittadini, nonostante ci sia stato negli anni passati

anche l’intervento di un presidente della Repubblica che utilizzò addirittura l’aggettivo

“lunare” per qualificare il linguaggio adottato nel documento).

In questa sede, invece, si vuole sviluppare qualche epidermica riflessione su un

provvedimento legislativo importantissimo e di una portata incredibile, perché condi-

ziona la vita lavorativa di milioni di persone e la loro integrità fisica: il decreto legislati-

vo 9 aprile 2008, n. 81 riguardante “la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di

lavoro”. Avrebbe dovuto costituire il “testo unico” che si attendeva da quasi trenta anni

ed invece si è ridotto ad essere un “unico testo” di ben 349 pagine (cioè un intero sup-

plemento della Gazzetta Ufficiale), con 306 articoli organizzati su 13 Titoli e con rinvii

a 53 Allegati.

E’ oggettivamente un testo difficilmente accessibile per i lavoratori e per il citta-

dino qualunque, perché in esse sono stati utilizzati un linguaggio non semplice, innume-

revoli rinvii ad altre norme e dei caratteri tipografici aventi un corpo eccessivamente

piccolo. Inoltre, si è scelto di utilizzare una formulazione sufficientemente vaga con

grandi indeterminatezze, con un testo farcito di termini “vaghi” come: idoneo (termine

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presente 159 volte); sufficiente (98 volte); adeguato (229 volte); rischio (267 volte); op-

portuno (36 volte); sicuro (44 volte); stabile/stabilmente (23 volte); formazione (168

volte); informazione (41 volte); valutazione (223 volte) e valutare (7 volte).

La chiarezza e la snellezza che il legislatore non è risuscito a realizzare vengono,

invece, richieste ai Datori di Lavoro nelle prescrizioni di cui alla lettera a) comma 2 ar-

ticolo 28 del D. Lgs n. 81/2008 modificato e integrato con il D. Lgs n. 106/2009, quan-

do viene precisato che: «… la scelta dei criteri di redazione del documento (il Docu-

mento di Valutazione dei Rischi) è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con cri-

teri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e

l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di

prevenzione .. ».

L’argomento - per la delicatezza e la complessità - avrebbe meritato un maggio-

re e più articolato approfondimento; in questa sede, invece, si vuole solo sottolineare

che se si applicassero i canoni della letteratura tecnica questo prodotto sarebbe di Quali-

tà solo se lo si considerasse destinato solo ed esclusivamente ad una platea di tecnici

della sicurezza e di avvocati.

Il “prodotto” non è di qualità perché i clienti dello stesso sono soprattutto ed in

particolare:

- i datori di lavoro (in quanto sono i titolari della stragrande maggioranza delle re-

sponsabilità penali) che in Italia, per il 95 % delle aziende è il “padrone-

imprenditore” di realtà lavorative molto piccole con una forza lavoro inferiore a

quindici lavoratori. Di conseguenza l’imprenditore è esso stesso un lavoratore

che ha percorso tutti i gradini della “gavetta”;

- i lavoratori che mettono in gioco quotidianamente la propria integrità fisica e

psicologica durante le attività lavorative; pertanto dovrebbero poter leggere e

studiare facilmente il contenuto della norma, a prescindere dai processi formativi

che dovrebbero vederli coinvolti.

10. conclusioni.

La Gestione Totale per la Qualità (la cosiddetta “Qualità Totale” nota anche co-

me Total Quality Management) viene definita come: «il modo di governo di una orga-

nizzazione incentrato sulla Qualità, basato sulla partecipazione di tutti i suoi membri,

che mira al successo a lungo termine ottenuto attraverso la soddisfazione del cliente, e

comporta benefici per tutti i membri della organizzazione e per la collettività» [Bini,

2001]. Inoltre, i requisiti stabiliti dallo standard internazionale ISO 9001 (che costitui-

sce la norma posta a base per la cosiddetta “Certificazione” dei sistemi di gestione per la

Qualità) individuano un percorso metodologico scandito dalla seguente sequenza di ma-

cro-passaggi gestionali:

ascoltare i clienti (punto 5.2 dello standard);

individuare gli obiettivi (punto 5.4.1);

pianificare un sistema in grado di realizzarli (punti 4.1 e 5.4.2);

definire i processi che compongono il sistema (punto 4.1);

assegnare le responsabilità (punto 5.5.1);

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valutare l’efficacia dei processi e dell’intero sistema (punto 5.6.1);

migliorare con continuità i processi (punto 8.5.1).

Da questi passaggi si evince chiaramente che la semplicità, la chiarezza e

l’univocità delle responsabilità costituiscono gli elementi-base che devono presidiare il

governo quotidiano delle attività gestionali di una organizzazione che voglia essere o-

rientata al conseguimento dei risultati di Qualità che in sintesi si possono concretizzare

con le seguenti componenti:

attenzione al cliente finale “esterno”,

attenzione al cliente “interno”;

attenzione al fornitore “esterno”;

attenzione al fornitore “esterno”;

attenzione ai processi;

attenzione al corretto svolgimento delle singole attività;

e quindi

fare bene le cose giuste la prima volta ed al momento giusto.

Tutte le attività che non riescono a tradursi puntualmente e concretamente in ri-

sultati di qualità, si possono solo trasformare in “costi della non-qualità” che raccolgono

sprechi diretti e indiretti; onerose ripetizioni di operazioni; procedure inutili e farragino-

se; processi fuori controllo; inefficienze e scarsi livelli di performance; demotivazione e

frustrazione delle persone coinvolte nei processi operativi; e così via.

Secondo la letteratura tecnica, nel mondo dei servizi, i costi della non-qualità si

aggirano attorno al 35 % del fatturato; per un Sistema-Paese, inteso come una organiz-

zazione nel suo insieme, i “costi della non-qualità” faranno riferimento al PIL.

E’ da ritenersi che un significativo contributo al bilancio negativo del Paese pos-

sa essere addebitata anche ad una gestione del processo regolatorio non sempre adegua-

ta e quasi mai “di qualità”; la non-qualità alimenta: il debito pubblico; le inefficienze

della Pubblica Amministrazione; le rilavorazioni; i lavori inutili; gli sprechi; e così via.

A questi maggiori costi di gestione occorrerebbe aggiungere anche i costi latenti

che sono generati dall’insofferenza, dal disamore, dallo stress e dall’indifferenza dei cit-

tadini-lavoratori, dai cittadini-utenti e dai cittadini-persone; sono quei comportamenti

reattivi negativi (infantilmente reattivi) che vengono messi in atto quando si ha la perce-

zione di vedersi sistematicamente esclusi da ogni processo decisionale, senza riuscire a

registrare nessun beneficio per sé e per le generazioni future.

Se si riuscisse ad avviare un cambio di paradigma culturale “verso la Qualità”

tra gli operatori che governano le differenti fasi del processo regolatorio, si potrebbe re-

gistrare una positiva e tangibile inversione di tendenza, con un innalzamento progressi-

vo del livello qualitativo del prodotto; della soddisfazione dei cittadini (clienti) e, quin-

di, di un conseguente accrescimento dei principali risultati positivi per il Paese.

Alla base di tutto ciò ci deve essere una puntuale declinazione dell’etica della

cittadinanza e dei principi dell’altruismo che, supportati dai principi e dagli strumenti

della Qualità, andranno utilizzati per guidare in maniera duratura (cioè sostenibile) lo

sviluppo delle attività del Paese [Alberoni, Veca, 1988].

Sergio BINI, DALLE REGOLE DELLA “QUALITÀ” ALLA QUALITÀ DELLE REGOLE in Domenico GALLI e Monica CAPPELLETTI (a cura di), LA QUALITA’ DELLE REGOLE NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA una prospettiva multilivello, CAROCCI Editore, Roma, 2014 [pagine 186 – 209]

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NOTE SULL’AUTORE:

Sergio BINI [Vasto (Chieti), 18 luglio 1953],

ingegnere e dirigente d’azienda; [email protected];

docente di Funzioni e Ruolo delle Istituzioni Economiche presso il Corso di Laurea in

Scienze dell’Amministrazione dell’Università LUMSA di Roma;

presidente dell’Associazione Italiana Cultura per la Qualità centro insulare AICQ-CI di

Roma [www.aicqci.it];