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Presentazione
Antonia Pozzi nacque a Milano il 13 febbraio 1912. La sua vita fu moltobreve: si arrese a soli ventisei anni suicidandosi a Chiaravalle, il 3 dicembre1938. Nel tempo tumultuoso della sua esperienza umana convisserolâimmenso amore per la natura e la montagna, per lâanima delle cose, ildifficile e contrastato rapporto col mondo maschile e intellettuale dellapropria epoca, lâattenzione dolente per gli ultimi, i bambini, e per le nascentiperiferie milanesi. Alla base di tutta la sua attivitĂ (e probabilmente della suacosciente rinuncia alla vita) sono una ricchezza umana e una passionalitĂ prorompente mescolate a una timidezza estrema. Colta, viaggiatrice, sportiva,la sua poesia âvissuta tutta dal di dentroâ è testimonianza di una identitĂ femminile straordinariamente attuale.Elisabetta Vergani, attrice e drammaturga, ha fondato e dirige lâassociazioneteatrale Farneto Teatro dal 1992. Ha dedicato ad Antonia Pozzi gli spettacoliRadici profonde nel grembo di un monte e Lâinfinita speranza di un ritorno,da lei scritto e interpretato.Eugenio Borgna, uno dei piĂš grandi psichiatri italiani, è autore di moltissimisaggi. Tra gli ultimi ricordiamo: Le passioni fragili, Lâascolto gentile, Leparole che ci salvano, La nostalgia ferita.
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ISBN 978-88-9381-926-8
A Lorenzo,lâaltro capo di me
Illustrazione Olimpia ZagnoliDesign Bunker
Copyright Š 2018 Adriano Salani Editore s.u.r.l.
Gruppo editoriale Mauri SpagnolMilano
Prima edizione digitale novembre 2018
Questâopera è protetta dalla Legge sul diritto dâautore.
Ă vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
ANTONIA POZZI E LA POESIA FERITA
La malinconia, una malinconia leopardiana che si alternava a una malinconiadolorosa e profonda, si è accompagnata alla breve vita di Antonia Pozzi, e neha ispirato le poesie arcane e sommesse, luminose e fosforescenti, immersenella grazia e nel mistero di un fragile desiderio di morire che le sue relazionidâamore ogni volta franate e incomprese nei loro brucianti fulgori hannoconcorso nel farle scegliere la morte a ventisei anni. Di lei, delle sue poesie,che da questa antologia rinascono luminose e temerarie, ha scritto cose moltobelle Eugenio Montale (le si legge in Il secondo mestiere. Prose 1920-1979,vol. I, a cura di Giorgio Zampa, Mondadori, Milano 1996, pp. 635-637):âAnima di eccezionale purezza e sensibilitĂ , che non potĂŠ reggere al pesodella vita, Antonia Pozzi richiede una lettura che faccia vivere in noi glisviluppi châessa conteneva e non espresse che in parteâ; e ancora: âvoceleggera, pochissimo bisognosa di appoggi, essa tende a bruciare le sillabenello spazio bianco della paginaâ.
La fragilitĂ e la smarrita stanchezza di vivere, la solitudine e la nostalgiadella morte, che si sono accompagnate alla malinconia, sono state lepremesse emozionali alla genesi delle poesie di Antonia Pozzi. Sono poesieche ci consentono di cogliere i diversi modi di rivivere e di esprimere gliindicibili turbamenti dellâanima che hanno contrassegnato la sua vita, la suaadolescenza e la sua giovinezza, e che nella grazia straziata e nella tenerezzaferita delle sue poesie si sono rispecchiati con crudele evidenza. Sono poesieche ci immergono negli abissi di laceranti conflitti interiori, e ci avvicinanoagli enigmi di un dolore dellâanima che ha tematizzato la sua breve vita. Sonopoesie che ci dicono, o almeno ci fanno intravedere, qualcosa del male divivere che ne ha accompagnato la vita. Sono poesie bruciate dal fuoco deldesiderio di un amore e di un ascolto ininterrotto che Antonia Pozzi è andatainvano cercando. Sono poesie che si leggono, e si rileggono, scoprendoneogni volta orizzonti di senso diversi, ma sempre sfiorati, e anzi lacerati, dauna malinconia che anche in Leopardi si è accompagnata, come egli ci dicenello Zibaldone, a una febbrile nostalgia di una morte volontaria alla quale è
nondimeno riuscito a sfuggire. Sono poesie che, sulla scia di questa indocilemalinconia, non si ripetono mai nei loro contenuti, e si rinnovano nei loromodi espressivi a mano a mano che lâadolescenza sconfinava nellagiovinezza. Nelle sue poesie la stremata nostalgia della morte si è taloraaccompagnata nelle sue dolorose lacerazioni emozionali a una angosciafebbrile nella quale moriva ogni traccia di quella speranza, che Goethe nelleAffinitĂ elettive riconduceva alla splendida metafora di una stella cadente, eche Antonia Pozzi non ha ritrovato nelle persone amate: incapaci di cogliere,o almeno di intuire, la vertiginosa profonditĂ dei suoi affetti. Le alte mareedella malinconia e della stanchezza di vivere sono testimoniate dai suoi diarie dalle sue lettere, ma esse riemergono con icastica dolorosa bellezza nellesue poesie, che leggiamo ogni volta stregati dalla loro innocenza e dalla lorogentilezza, dalla loro magica fascinazione e dalla loro grazia, e nelle qualiintravediamo la corsa disperata di Antonia Pozzi alla ricerca di un amoreassoluto che si inaridiva nella indifferenza, o almeno nella inconsapevolezza,delle persone amate.
Le sue poesie, trasfigurate da una alta e luminosa climax lirica, sono infondo il diario di unâanima, e in esse mirabilmente si snodano le diversefigure tematiche della malinconia: quella di una sognante malinconia,intessuta di stupore del cuore e di tenerezza, quella di una malinconiadolcemente leopardiana, suscitatrice di immagini struggenti di indicibilebellezza, quella di una malinconia bruciante e dolorosa, immersanellâangoscia e nella stanchezza di vivere, che non sono state estranee alladecisione di scegliere di morire. La malinconia non è in ogni caso la solafigura tematica delle sue poesie che sono contrassegnate in altri momenti dauna struggente dolcezza, e da una sconsolata tenerezza, e anche da unastruggente nostalgia, sorella gemella della malinconia leopardiana, e di quellaschubertiana, immersa in un linguaggio morbido e acquatico che si sfalda inimmagini liquide e assorte.
Sono poesie che testimoniano di un destino di dolore e di solitudine,rivissuto da Antonia Pozzi con grande coraggio e con disperatadeterminazione, che la creazione lirica fa riemergere con una leggerezza euna profondità espressive sconvolgenti. Sono poesie che si rileggono nelcorso di una vita senza che nulla perdano della loro fragranza e della loromisteriosa fascinazione. Almeno per quanto mi riguarda, è dal tempolontanissimo del liceo che continuo a leggere e a meditare queste poesie:nelle ore liete e nelle ore dolorose della mia vita.
Eugenio Borgna
1929
Mascherata di peschi
Stanotte i peschisi son passati la parolaper mascherarsi capricciosamentee stamattina son sbucati da ogni muro,pavoneggiandosi,come bimbette che in un giorno di festasi fossero annodate le treccioline striminzitecon dei bei nastri rosa, sfarfallanti.
Sorrento, 2 aprile 1929
Cencio
Câera uno straccetto celestinosopra il murotutto sgualcito di ditate rosatenuto su da due borchie di stelleed io lĂŹ sottocome un cencio cinerinoin cui la gente incespicama che non val la pena di raccogliereâ lo si stiracchia un poâ di qua e di lĂ coi piedie poia calcilo si butta via â
Milano, 8 aprile 1929
Ripresa
Un cespuglietto di fiammelambisce a linguate scottantila bruna mucosa molliccia delle mie visceree sfrigge,solcando la bava viscida che le ricopre;sferza, rovente,la putrida vigliaccheria brulicante nel nero;avvince, con fili tenacissimi di spasimo,la volontĂ rannicchiatae la trascina,a stratte turbinose di purezza,verso lâalto.
Milano, 10 aprile 1929
Soste
a L.B.1
CosĂŹ,con la mia testa sul tuo gremboe le tue mani sopra i miei capelli.Sotto le palpebre, un fervore chiaroâ tutta la rena di una spiaggia, al sole â dentro,il silenzio che dondola a ondatecome acqua un poâ scura, senza schiuma,e lâanima che vibra allo sciacquiocome un mollusco gelatinosoche abbia dischiuso la conchigliaalla carezza del mare.
Milano, 11 aprile 1929
Cadenza esasperata
Rabbiosa e scema esasperazionedelle mie unghie rosicchiatee queste parole dannateche graffiano la carta con furiosa ostinazione invece del compito che lunedĂŹ dovrei portarerimaner qui a farneticarea dondolarmi sullâaltalena del passatoidiotamente con torpore assonnato stimolati certi sobbalzi di inquietudine stizzosada ogni ora che scoccaed una voglia scioccadi affrettarmi in melensaggine lacrimosa lâincubo della lezione che avrò fra un quarto dâoralâoppressione di questo giorno snocciolato ansiosamentela visione di me stessa che mi percuote desolatamente âuna bambina che bamboleggerĂ sempre â come ha fatto finora â
Milano, 13 aprile 1929
Presentimenti di azzurro
Stamattinasono rimasta tanto alla finestraa riguardare il cielo:non câera nessun velodi nebbia, ma una decisa tela grigiolina.Le nuvole parevan ritagliateed ingommatelâune sullâaltre, strette;carnose, a sfumature nette.E mi sembravache a saettar lĂ dentro a capofittocon un bel volo drittonon mi sarei dovuta sperdereper strade sinuosein nebulositĂ fumose,ma che sarei dovuta riusciredallâaltra parte, immediatamente,in un azzurro fresco, veemente.E poi me ne sarei tornatacon calma strascicatapalpeggiandomi guardinga e gelosalâanima rugiadosa.
Milano, 13 aprile 1929
Tramonto corrucciato
Il sole chino sul grembo della montagnacon tensionegrifagnasembrava un occhio stupefatto dâarancionecigliatodi raggi a lame vividesotto un sopracciglio corrucciatodi nubi livide.
Milano, 14 aprile 1929
Meriggio
a L.B.
In questa doratura di soleio sonouna gemma pelosalegata crudelmente con un filo di refeperchĂŠ non possa sbocciarea bagnarsi di luce.Accanto a me tu seiuna freschezza riposante dâerbain cui vorrei affondareperdutamenteper sfrangiarmi anchâioin un ebbro ciuffo di verde âper gettare in radici sottiliil mio piĂš acuto spasimoed immedesimarmi con la terra.
Milano, 19 aprile 1929
Unâaltra sosta
a L.B.
Appoggiami la testa sulla spalla:châio ti carezzi con un gesto lento,come se la mia mano accompagnasseuna lunga, invisibile gugliata.Non sul tuo capo solo: su ogni fronteche dolga di tormento e di stanchezzascendono queste mie carezze cieche,come foglie ingiallite dâautunnoin una pozza che riflette il cielo.
Milano, 23 aprile 1929
Amore di lontananza
Ricordo che, quandâero nella casadella mia mamma, in mezzo alla pianura,avevo una finestra che guardavasui prati; in fondo, lâargine boscosonascondeva il Ticino e, ancor piĂš in fondo,câera una striscia scura di colline.Io allora non avevo visto il mareche una sol volta, ma ne conservavounâaspra nostalgia da innamorata.Verso sera fissavo lâorizzonte;socchiudevo un poâ gli occhi; accarezzavoi contorni e i colori tra le ciglia:e la striscia dei colli si spianava,tremula, azzurra: a me pareva il maree mi piaceva piĂš del mare vero.
Milano, 24 aprile 1929
Distacco
a T.F.2
Tu, partita.Senza desiderare la parolache avevo in cuore e che non seppi dire.Nel vano della porta, il nostro bacio(lieve, chĂŠ ti eri appena incipriata)quasi spaccato in due da un gran barbagliodi luce, che veniva dalle scale.Io rimastalungamente al mio tavolo, dinnanzia un vecchio ritrattino della mamma,specchiando fissamente dentro il vetroi miei occhi febbrili, inariditi.
Milano, 9 maggio 1929
Sventatezza
Ricordo un pomeriggio di settembre,sul Montello. Io, ancora una bambina,col trecciolino smilzo ed un pruritodi pazze corse su per le ginocchia.Mio padre, rannicchiato dentro un anditoscavato in un rialzo del terreno,mi additava attraverso una fessurail Piave e le colline; mi parlavadella guerra, di sĂŠ, dei suoi soldati.Nellâombra, lâerba gelida e affilatami sfiorava i polpacci: sotto terra,le radici succhiavan forse ancoraqualche goccia di sangue. Ma io ardevodal desiderio di scattare fuori,nellâinvadente sole, per raccogliereun pugnetto di more da una siepe.
Milano, 22 maggio 1929
Vento
ad A.M.C.3
Il vento sâaccanisce a sgomberareuna via azzurra e madida pel sole:le nubi fanno ala, riluttanti,con occhiatacce livide. Qui in basso,lâerba folta si torce e si rovesciain brividi dâargento; io sono immersanellâerba sino alle ginocchia: vedoi brividi lanciarsi verso me; li sentofluire nel mio sangue, pazzi, insani;assottigliarsi tutti ansiosamentein un fremito solo che ha il tuo nome.
Milano, 28 maggio 1929
Vuoto
ad A.M.C.
Ieri sera le stelleerano fitte come i battiti del mio orologio.Questa sera sono cadute tutte nella strada:ingigantite dalla vicinanza, noi le chiamiamo lumi.Su non rimaneche qualche briciola rada,qualche minuzzolo smarritonella vastitĂ immota:il cielo è cieco e stupitocome una tazza vuota.Ed io guardo allâazzurro irraggiungibile,per non guardare a quello che ho compiuto,e mi allontano da tecome un pezzo di carne insensibile,senza piangere, senza gridare:io che non so neppur pregarepel tuo fratello caduto.
Milano, 30 maggio 1929
Solitudine
ad A.M.C.
Ho le braccia dolenti e illanguiditeper unâinsulsa brama di avvinghiarequalchecosa4 di vivo, che io sentapiĂš piccolo di me. Vorrei rapiredâun balzo e portarmi via, correndo,un mio fardello, quando si fa sera;avventarmi nel buio, per difenderlo,come si lancia il mare sugli scogli;lottar per lui, finchĂŠ mi rimanesseun brivido di vita; poi, caderenella piĂš fonda notte, sulla strada,sotto un tumido cielo inargentatodi luna e di betulle; ripiegarmisu quella vita che mi stringo al petto âe addormentarla â e anchâio dormire, infine...No: sono sola. Sola mi rannicchiosopra il mio magro corpo. Non mâaccorgoche, invece di una fronte indolenzita,io sto baciando come una dementela pelle tesa delle mie ginocchia.
Milano, 4 giugno 1929
Giacere
Ora lâannientamento blandodi nuotare riversa,col sole in visoâ il cervello penetrato di rossotraverso le palpebre chiuse â.Stasera, sopra il letto, nella stessa postura,il candore trasognatodi bere,con le pupille larghe,lâanima bianca della notte.
S. Margherita, 19 giugno 1929
Io, bambina sola
Quei duedavanti agli scoglia sbaciucchiarsie la barca a lasciarli farecoi remi abbandonati lungo i fianchicome braccia penzoloni. Io a fissarenel mio secchio arrugginitoi granchiolini e le stelle di mare. Ma non lontanoi rintocchi decisi delle campanea ripercuotersi sullâazzurroin triangoli bianchi di veleche mâaccennanolâalto.
S. Margherita, 21 giugno 1929
Lampi
Stanotte un sussultante cielomalato di nuvole nereacuisce a sprazzi vividiil mio desiderio insonnee lo fa duro e lucentecome una lama dâacciaio.
S. Margherita, 23 giugno 1929
Pace
ad A.M.C.
Ascolta:come sono vicine le campane!Vedi: i pioppi, nel viale, si protendonoper abbracciarne il suono. Ogni rintoccoè una carezza fonda, un vellutatomanto di pace, sceso dalla nottead avvolger la casa e la mia vita.Ogni cosa, dâintorno, è grande e ombrosacome tutti i ricordi dellâinfanzia.Dammi la mano: so quanto ha doluto,sotto i miei baci, la tua mano. Dammela.Questa sera non mâardono le labbra.Camminiamo cosĂŹ: la strada è lunga.Leggo per un gran tratto nel futurocome sul foglio che mi sta dinnanzi:poi, la visione cade bruscamentenel buio dellâignoto, come questapagina bianca, che si rompe, netta,sul panno scuro della scrivania.Ma vieni: camminiamo: anche lâignotonon mi spaventa, se ti son vicina.Tu mi fai buona e bianca come un bimboche dice le preghiere e sâaddormenta.
Carnisio, 3 luglio 1929
Visione
Ancora, per un anno, la scuolaa preservare la mia fanciullaggine cocciuta.Poi, la mia vita solain mare aperto â come una vela sperduta.
Carnisio, 9 luglio 1929
Lagrime
Bambina, ho visto che stasera hai pianto,mentre la mamma tua sonava: pochi,per questo pianto, i tuoi quindici anni.So che forse noi siamo creaturenate tutte da unâansia eterna: il mare;e che la vita, quando fruga e strazialâessere nostro, spreme dal profondoun poâ del sale da cui fummo tratte.Ma non sono per te le salse lagrime.Lascia châio sola pianga, se qualcunosuona, in un canto, qualche nenia triste.La musica: una cosa fonda e trepidacome una notte rorida di stelle,come lâanima sua. Lascia châio pianga.Perchâio non potrò mai avere â intendi? ânĂŠ le stelle,nĂŠ lui.
Varese-Milano, 11 luglio 1929
Canto selvaggio
Ho gridato di gioia, nel tramonto.Cercavo i ciclamini fra i rovai:ero salita ai piedi di una rocciagonfia e rugosa, rotta di cespugli.Sul prato crivellato di macigni,sul capo biondo delle margherite,sui miei capelli, sul mio collo nudo,dal cielo alto si sfaldava il vento.Ho gridato di gioia, nel discendere.Ho adorato la forza irta e selvaggiache fa le mie ginocchia avide al balzo;la forza ignota e vergine, che tendeme come un arco nella corsa certa.Tutta la via sapeva di ciclami;i prati illanguidivano nellâombra,frementi ancora di carezze dâoro.Lontano, in un triangolo di verde,il sole sâattardava. Avrei volutoscattare, in uno slancio, a quella luce;e sdraiarmi nel sole, e denudarmi,perchĂŠ il morente dio sâabbeverassedel mio sangue. Poi restare, a notte,stesa nel prato, con le vene vuote:le stelle â a lapidare imbestialitela mia carne disseccata, morta.
Pasturo, 17 luglio 1929
Canto rassegnato
ad A.M.C.
Vieni, mio dolce amico: sulla biancae soda strada noi seguiteremofinchĂŠ tutta la valle sâinazzurri.Vieni: è tanto soave camminarea te dâaccanto, anche se tu non mâami.Câè tanto verde, intorno, tanto odoredi timo câè, e sono cosĂŹ ariose,nellâindorato cielo, le montagne:è quasi come se anche tu mi amassi.Arriveremo giĂš, fino a quel pontesorretto dallo scroscio del torrente:lĂ tu continuerai pel tuo cammino.Io resterò sul greto, fra i cespugli,dove lâacqua non giunge, fra le pietrechiare, rotonde, immote, come dorsidi una gregge accosciata. Col mio piantovitreo, pari a lente che non pecca,io specchierò e raddoppierò le stelle.
Pasturo, 18 luglio 1929
Canto della mia nuditĂ
Guardami: sono nuda. Dallâinquietolanguore della mia capigliaturaalla tensione snella del mio piede,io sono tutta una magrezza acerbainguainata in un color dâavorio.Guarda: pallida è la carne mia.Si direbbe che il sangue non vi scorra.Rosso non ne traspare. Solo un languidopalpito azzurro sfuma in mezzo al petto.Vedi come incavato ho il ventre. Incertaè la curva dei fianchi, ma i ginocchie le caviglie e tutte le giunture,ho scarne e salde come un puro sangue.Oggi, mâinarco nuda, nel nitoredel bagno bianco e mâinarcherò nudadomani sopra un letto, se qualcunomi prenderĂ . E un giorno nuda, sola,stesa supina sotto troppa terra,starò, quando la morte avrĂ chiamato.
Palermo, 20 luglio 1929
Fuga
ad A.M.C.
Anima, andiamo. Non ti sgomentaredi tanto freddo, e non guardare il lago,sâesso ti fa pensare ad una piagalivida e brulicante. SĂŹ, le nubigravano sopra i pini ad incupirli.Ma noi ci porteremo ove lâintricodei rami è tanto folto, che la pioggianon giunge a inumidire il suolo: lieve,tamburellando sulla volta scura,essa accompagnerĂ il nostro cammino.E noi calpesteremo il molle stratodâaghi caduti e le ricciute macchiedi licheni e mirtilli; inciamperemonelle radici, disperate membrabrancicanti la terra; strettamenteci addosseremo ai tronchi, per sostegno;e fuggiremo. Con la piena forzadella carne e del cuore, fuggiremo:lungi da questo velenoso mondoche mi attira e respinge. E tu sarai,nella pineta, a sera, lâombra chinache custodisce: ed io per te soltanto,sopra la dolce strada senza meta,unâanima aggrappata al proprio amore.
Madonna di Campiglio, 11 agosto 1929
Dolomiti
Non monti, anime di monti sonoqueste pallide guglie, irrigiditein volontĂ dâascesa. E noi strisciamosullâignota fermezza: a palmo a palmo,con lâarcuata tensione delle dita,con la piatta aderenza delle membra,guadagnamo la roccia; con la famedei predatori, issiamo sulla pietrail nostro corpo molle; ebbri dâimmenso,inalberiamo sopra lâirta vettala nostra fragilezza ardente. In basso,la roccia dura piange. Dalle nere,profonde crepe, cola un freddo piantodi gocce chiare: e subito spariscesotto i massi franati. Ma, lĂŹ intorno,un azzurro fiorire di miosotiditradisce lâumidore ed un remotolamento sâode, châè come il singhiozzorattenuto, incessante, della terra.
Madonna di Campiglio, 13 agosto 1929
La discesa
ad A.M.C.
GiĂ , sulle crode, sono rifioritii perenni rosai crepuscolari.Lontana, ormai, la malga abbandonatafra i rododendri. Il vento delle golenon geme piĂš, mordendoci la nuca.Sale lâumida calma del pineto.I larici e gli abeti, con la vetta,ruban la prima oscuritĂ , su in cielo;con le ricurve frangie, lâaccompagnanofin presso a terra: lĂŹ, piano, la versanoa fare viola il muschio ed i mirtilli,a fare azzurri i sassi del sentiero. Nel mio ricordo stanco, disperato,tu ti frantumi dâombra e di silenzio.
Madonna di Campiglio, 14 agosto 1929
Vertigine
Afferrami alla vita,uomo. La cengia è stretta.E lâabisso è un risucchio spaventosoche ci vuole assorbire.Vedi: la falda erbosa, da cui balzaquesto zampillo estatico di rupi,somiglia a un camposanto sconfinato,con le sue pietre bianche.Io mi vorrei tuffare a capofittonella fluiditĂ vertiginosa;vorrei piombare sopra un duro massoe sradicarlo e stritolarlo, io,con le mie mani scarne;strappare gli vorrei, siccome a crocedi cimitero, una parola solache mi desse la luce. E poi berreia golate gioiose il sangue mio. Afferrami alla vita,uomo. Passa la nebbiae lambe e sperde lâincubo mio folle.Fra poco la vedremo dipanarsisopra le valli: e noi saremo in vetta. Afferrami alla vita. Oh, come dolcii tuoi occhi esitanti,i tuoi occhi di puro vetro azzurro!
Pasturo, 22 agosto 1929
Benedizione
a L.B.
Tempia contro tempiasi trasfondonole nostre febbri.Fuori, tremoli lunghi di stellee lâedera, con le sue palme protese,a trattenere un luccicore mite.Nella mia casa che riscalda,tu mi parli delle grandi coseche nessun altro sa.Lontano,una gran voce dâacquascroscia a parole incompresee forse a te benedice,dolce sorella,nel nome del mio amore e della tua tristezza,a te,ala biancadella mia esistenza.
Pasturo, 7 settembre 1929
Rigurgito di giovinezza
a L.B.
Umida stradacielo dâametistalacrime e lacrimesulle tue lunghe cigliasulle mie lunghe ditama la mia animacanora contro il ventocome un drappo di setaa sbandierarefrenetica di strappiper versare in uno squarciola sua giovinezzaed inondarne tenuvola biondaimpolverata dalla vita.
Pasturo, 15 settembre 1929
Le mani sulle piaghe
ad A.M.C.
E quando tu te ne sarai andato,fratello, io seguirò la bianca stradaovattata di nebbia.Lâacqua andrĂ remigando come unâalalanguida e nera: giĂš dai vecchi muri,qualche grido di verde e di scarlatto,vite, edera, veccia.Tanto silenzio ci sarĂ , lĂŹ presso:un silenzio dâattesa.Allora farò lieve la mia voce,farò lievi i miei passi:mâinoltrerò nel luogo dei malaticome il bimbo che entra in un suo sognodi paradiso, dove tutto è bianco.Non ci saran piĂš volti, nĂŠ capelli,nĂŠ etĂ , nĂŠ nomi: ci sarĂ un candoreinfinito, vorace.Ma, dal candore, mille urli rossastrisi leveranno: oh, manilivide, abbandonate sulle coltri;mani che vi portate come artiglisopra le piaghe aperteper difenderle a unghiate o per squarciarle;mani che avete in voi tutto il doloree il mistero dellâessere;io farò lievi, un giorno, le mie manisopra di voi. E lĂ dove il silenzioè unâattesa di morte o di salvezza,
il silenzio e la fede vestirannola mia esistenza nuda.Fratello, io farò lieve il mio respiro,lâanima mia farò lieve e sicurasopra il gran male umano:dentro i labbri di tutte le feriteio stagnerò il tuo sangue,fra le ciglia di ognuno che si straziaasciugherò il tuo pianto.
Milano, 2 novembre 1929
Vicenda dâacque
La mia vita era come una cascatainarcata nel vuoto;la mia vita era tutta incoronatadi schiumate e di spruzzi.Gridava la follia dâinabissarsiin profonditĂ cieca;rombava la tortura di donarsi,in veemente canto,in offerta ruggente,al vorace mistero del silenzio. Ed ora la mia vita è come un lagoscavato nella roccia;lâurlo della caduta è solo un vagomormorio, dal profondo.Oh, lascia châio mâallarghi in blandi cerchidi glauca dolcezza;lascia châio mi riposi dei soverchibalzi e châio taccia, infine:poi che una culla e unâecoho trovate nel vuoto e nel silenzio.
Milano, 28 novembre 1929
1930
Preghiera
Accettami cosĂŹ, ti prego. PrendimicosĂŹ come ora sono. Non mi chiederedi piĂš. Sei forte: sii pietoso. Tendimila tua mano tenace; fammi credere alla vita, Antonello. CosĂŹ ardentefu giĂ la vita mia: un fascio dâerbache sâincendia nel folto, di repente,e brucia il monte; una gran forza acerba, gonfia e ignara di sĂŠ, folle, sicura,che un alito di sogno respiravasopra le cose ed ogni loro oscuraombra con quel suo alito indorava. Ora non piĂš: ora il gran fuoco è spento.Lâanima mia somiglia un lago piano,un lago senza cielo, senza vento,senza vita. Somiglia essa uno strano monte, che mai non cangi il bianco voltoper passare di nubi; un molle fiorescialbo, incoloro, senza stelo, coltoin un altro paese. Odimi, amore: siimi tu il vento, siimi tu il cieloed io sarò una viva acqua frementeche cullerĂ il tuo male. Sii lo steloche regga il fiore morto e con possenteslancio esso rivivrĂ ; siimi il sole.
Sii la nube che gioca a mezzo il fiancodella montagna, ed io ti darò viole,timo, genziane e un molle fascio bianco di stelle alpine: siimi tu il sole,la fonte della vita, anima buona;daâ tu un nome al destino che mi vuole;anima buona, accettami: perdona.
Pasturo, 23 luglio 1930
Largo
O lasciate lasciate che io siauna cosa di nessunoper queste vecchie stradein cui la sera affonda â O lasciate lasciate châio mi perdaombra nellâombra âgli occhidue coppe alzateverso lâultima luce â E non chiedetemi â non chiedetemiquello che voglioe quello che sonose per me nella folla è il vuotoe nel vuoto lâarcana folladei miei fantasmi âe non cercate â non cercatequello châio cercose lâestremo pallore del cielomâillumina la porta di una chiesae mi sospinge a entrare â Non domandatemi se pregoe chi pregoe perchĂŠ prego â Io entro soltantoper avere un poâ di treguae una panca e il silenzio
in cui parlino le cose sorelle â Poi châio sono una cosa âuna cosa di nessunoche va per le vecchie vie del suo mondo âgli occhidue coppe alzateverso lâultima luce â
Milano, 18 ottobre 1930
Novembre
E poi â se accadrĂ châio me ne vada âresterĂ qualchecosadi menel mio mondo âresterĂ unâesile scia di silenzioin mezzo alle voci âun tenue fiato di biancoin cuore allâazzurro â Ed una sera di novembreuna bambina gracileallâangolo dâuna stradavenderĂ tanti crisantemie ci saranno le stellegelide verdi remote âQualcuno piangerĂ chissĂ dove â chissĂ dove âQualcuno cercherĂ i crisantemiper menel mondoquando accadrĂ che senza ritornoio me ne debba andare.
Milano, 29 ottobre 1930
Sorelle, a voi non dispiace...5
Sorelle, a voi non dispiacechâio segua anche staserala vostra via?CosĂŹ dolce è passaresenza paroleper le buie strade del mondo âper le bianche strade dei vostri pensieri âcosĂŹ dolce è sentirsiuna piccola ombrain riva alla luce âcosĂŹ dolce serrarsicontro il cuore il silenziocome la vita piĂš fondasolo ascoltando le vostre anime andare âsolo rubandocon gli occhi fissilâanima delle cose âSorelle, se a voi non dispiace âio seguirò ogni serala vostra viapensando ad un cielo notturnoper cui due bianche stelle conducanouna stellina ciecaverso il grembo del mare.
Milano, 6 dicembre 1930
1931
In riva alla vita
Ritorno per la strada consueta,alla solita ora,sotto un cielo invernale senza rondini,un cielo dâoro ancora senza stelle.Grava sopra le palpebre lâombracome una lunga mano velatae i passi in lento abbandono sâattardano,tanto nota è la viae desertae silente.Scattano due bambinida un buio anditoagitando le braccia:lâombra sobbalzastriata da un tremulo volodi chiare stelle filanti.Gridano le campane,gridano tutteper improvviso risveglio,gridano per arcana meraviglia,come a un annuncio divino:lâanima si spalancacon le pupillein un balzo di vita.Sostano i bimbicon le mani uniteed io sostoper non calpestarele pallide stelle filantiabbandonate in mezzo alla via.
Sostano i bimbi cantandocon la gracile voceil canto alto delle campane: ed io sostopensandomi ferma staserain riva alla vitacome un cespo di giunchiche tremipresso unâacqua in cammino.
Milano, 12 febbraio 1931
Sera dâaprile
Batte la luna soavementedi lĂ dai vetrisul mio vaso di primule:senza vederla la pensocome una grande primula anchâessa,stupita,sola,nel prato azzurro del cielo.
Milano, 1Âş aprile 1931
Rossori
Ă lâora di tornare. La seradiscende quieta in grembo alla valle.Passa sotto le nude volte dei castaniuna muta brezza e ne tremanoil morto fogliame dellâinverno,il verde gracile che si rinnovasulle prode scoperte. Le cose,fatte piĂš grigie, sembrano raccogliersiin un silenzio assorto.Attutisce il suo cantopersino la bianca acqua, che scendeda lontano, dallâalto e che stamanecon tanta furia gridavala sua gioia dâesser sfuggitaagli artigli del ghiaccio.Ă lâora di tornare. Compongoin una mano, strettamente, i miei fiorie nella penombra incupitaripercorro il sentiero.Oggi è il giorno dellâAngelo.Nessuna donna, a ginocchi, risciacqualungo il fossato i suoi panni:gli sgabelli spostati, capovoltiimpediscono il passo.Câè unâaria dâabbandono, oggi, pei campi,unâaria di solitudine festivache fa piĂš triste la tristezza dellâora.Ma davanti al cancellodel mio giardinoun grappolo di bimbi
attende il mio ritorno.Per guardarmi,per guardarmi bene da vicino,per vedere comâè fattaquesta cosa curiosa che son io.Me li trovo davanti allâimprovviso,che mi fissano, dritti,senza scomporsi:e di colpo sentoche ho io di loro assai piĂš vergognache non essi di me.Vergogna del mio mazzodi bucaneve troppo sempliciche a loro paiono brutti,vergogna del mio passo,del mio corpo, troppo pesanti,che a me sembrano goffi...Ed ecco, vorrei essere come loro,piccina, povera, oscura,piĂš vicina alla loro piccolezza,e non aver da direla paroletta benevolache suona male,non aver da sorriderecon le labbra dureche si aprono male...Mi rifugio dietro il cancellocome dietro una porta impenetrabile.Ma quando devo infilarela chiave nella toppae chiuderecon armeggĂŹo sgarbato,mi sento morire, mi sento morire di vergognadavanti ai loro occhi tondi di passeriche mi guardano di lĂ dalle sbarre;davanti alle loro animettedi passeri liberi, avvezzi
ad entrare, ad usciredagli uscioni sgangheratidelle vecchie cascine,senza smuovere mailâenorme catenaccio arrugginito...
Pasturo, 6 aprile 1931
Esempi
Anima, sii come il pino:che tutto lâinverno distendenella bianca aria vuotale sue braccia fiorentie non cede, non cede,nemmeno se il vento,recandogli da tutti i boschiil suono di tutte le foglie cadute,gli sussurra parole dâabbandono;nemmeno se la neve,gravandolo con tutto il pesodel suo freddo candore,immolla le fronde e le traeviolentementeverso il nero suolo.Anima, sii come il pino:e poi arriverĂ la primaverae tu la sentirai venire da lontano,col gemito di tutti i rami nudiche soffriranno, per rinverdire.Ma nei tuoi rami vivila divina primavera avrĂ la vocedi tutti i piĂš canori uccellied ai tuoi piedi fiorirĂ di primulee di giacinti azzurrila zolla a cui tâaggrappinei giorni della pacecome nei giorni del pianto. Anima, sii come la montagna:
che quando tutta la valleè un grande lago di violae i tocchi delle campane vi affioranocome bianche ninfee di suono,lei sola, in alto, si tendead un muto colloquio col sole.La fascia lâombrasempre piĂš da pressoe pare, intorno alla nivea fronte,una capigliatura greveche la rovesci,che la trattengadal balzare aereaverso il suo amore.Ma lâamore del soleappassionatamente la cingedâuno splendore supremo,appassionatamente baciacon i suoi raggi le nubiche salgono da lei.Salgono libere, lentesvincolate dallâombra,sovraneal di lĂ dâogni tenebra,come pensieri dellâanima eternaverso lâeterna luce.
Pasturo, 10 aprile 1931
Rivelazione
Câerano tutte le luci accese,tutte le porte aperte,nella mia casa ricca, freddae noi due câeravamoa toccarci per la prima voltacon mani ciechee nel vuoto le nostre labbraignare, inerti,congiunte.
Milano, 15 novembre 1931
Prati
Forse non è nemmeno veroquel che a volte ti senti urlare in cuore:che questa vita è,dentro il tuo essere,un nullae che ciò che chiamavi la luceè un abbaglio,lâabbaglio estremodei tuoi occhi malati âe che ciò che fingevi la metaè un sogno,il sogno infamedella tua debolezza. Forse la vita è davveroquale la scopri nei giorni giovani:un soffio eterno che cercadi cielo in cielochissĂ che altezza. Ma noi siamo come lâerba dei pratiche sente sopra sĂŠ passare il ventoe tutta canta nel ventoe sempre vive nel vento,eppure non sa cosĂŹ crescereda fermare quel volo supremonĂŠ balzare su dalla terraper annegarsi in lui.
Milano, 31 dicembre 1931
1932
Grido
Non avere un Dionon avere una tombanon avere nulla di fermoma solo cose vive che sfuggono âessere senza ieriessere senza domanied acciecarsi nel nulla ââ aiuto âper la miseriache non ha fine â
10 febbraio 1932
Gioia
Lo splendore del soleti abbacinava ieridolendocome la piaganelle pupille del cieco.Ma oggilo splendore del solenon è abbastanza lucenteper la lucentezza tua:nellâinfinito mondo non câèche questo tuo splendorevero.
6 marzo 1932
Limiti
Tante volte ripensoalla mia cinghia di scuolagrigia, imbrattata,che tutta me coi miei libri serravain un unico nodosicuro âNĂŠ câera alloraquesto trascendere ansantequesto sconfinamento senza tracciaquesto perdersiche non è ancora morire âTante volte piango, pensandoalla mia cinghia di scuola â
Milano, 16 aprile 1932
1933
Tramonto
Fili neri di pioppi âfili neri di nubisul cielo rosso âe questa prima erbalibera dalla nevechiarache fa pensare alla primaverae guardarese ad una svoltanascano le primule âMa il ghiaccio inazzurra i sentieri âla nebbia addormenta i fossati âun lento pallore devastai colori del cielo âScende la notte ânessun fiore è nato âè inverno â anima âè inverno.
S. Martino-Milano, 10 gennaio 1933
Sogno nel bosco
Sotto un abeteper tutto un giornodormiree lâultimo cielo vedutosia in fondo allâintrico dei ramilontano. A seraun capriolosbucando dal foltodisegnidi piccole ormela nevee allâalbagli uccelliimpazzitiinfiorino di canti il vento. Iosotto lâabetein pacecome una cosa della terra,come un ciuffo di erichearso dal gelo.
16 gennaio 1933
Pudore
Se qualcuna delle mie povere paroleti piacee tu me lo dicisia pur solo con gli occhiio mi spalancoin un riso beatoma tremocome una mamma piccola giovaneche perfino arrossiscese un passante le diceche il suo bambino è bello.
1Âş febbraio 1933
Il porto
Io vengo da mari lontani âio sono una nave sferzatadai fluttidai venti âcorrosa dal sole âmaceratadagli uragani â io vengo da mari lontanie carica dâinnumeri cosedisfattedi frutti stranicorrottidi sete vermigliespaccate âstrematele braccia lucenti dei mozzie sradicate le antennespente le veleammollite le cordefracidigli assi dei ponti â io sono una naveuna nave che portain sĂŠ lâorma di tutti i tramontisolcati sofferti âio sono una nave che cercaper tutte le riveun approdo â
Risogna la nave feritail primissimo porto âche valese sopra la sciadel suo viaggioricadelâondata sfinita? Oh, il cuore ben sala sua sciaritrovaredentro tutte le onde!Oh, il cuore ben saritornareal suo lido! O tu, lido eterno âtu, nidoultimo della mia anima migrante âo tu, terra âtu, patria âtu, radice profondadel mio cammino sulle acque âo tu, quietedella mia errabondapena âoh, accoglimi tufra i tuoi moli âtu, porto âe in te sia il caderedâogni carico morto ânel tuo grembo il calarelento dellâĂ ncora ânel tuo cuore il sognaredi una sera velata âquando per troppa vecchiezza
per troppa stanchezzanaufragherĂ nelle tue muteacquela greve navesfasciata â
20 febbraio 1933
Stelle sul mare
Piccole buone stelle âtutte mie âtutte mie âche passatecon il moto del maresul mio guanciale bianco â piccole buone stelleche impigliatei vostri chiari ragginella mia manosâio â ecco â la tendaverso di voicome un arbusto spoglio â piccole buone stelleche cadetegiĂš dalla manosâio â ecco â la scuotacome fa il vento di un ramo fiorito âstelle âgrandine dâoro âche piovetea scrosci lunghisopra il nudo cuore...
Napoli-Palermo, 9-10 aprile 1933
Solitudine
BenchĂŠ lâodore delle foglie nuove ti destiad una voglia di umano sole ed il tramonto non trascolorato ancora in serati spingaper vie di terraâ remotele soglie spente del cielo â tu cerchi invano chi possain questâora per un tuo voto giungerepresso il tuo cuore â vero è che nessunopiĂš giunge presso il tuo cuoreinaccessibile â châesso è fatto solo âdannato ai grididelle suerondini â
4 maggio 1933
Acqua alpina
Gioia di cantare come te, torrente;gioia di rideresentendo nella bocca i dentibianchi come il tuo greto;gioia dâessere natasoltanto in un mattino di soletra le violedi un pascolo;dâaver scordato la notteed il morso dei ghiacci.
(Breil)-Pasturo, 12 agosto 1933
Il volto nuovo
Che un giorno io avessiun risodi primavera â è certo;e non soltanto lo vedevi tu, lo specchiavinella tua gioia:anchâio, senza vederlo, sentivoquel riso miocome un lume caldosul volto. Poi fu la nottee mi toccò esser fuorinella bufera:il lume del mio risomorĂŹ. Mi trovò lâalbacome una lampada spenta:stupirono le cosescoprendoin mezzo a loroil mio volto freddato. Mi vollero donareun volto nuovo. Come davanti a un quadro di chiesache è stato mutatonessuna vecchia piĂš vuoleinginocchiarsi a pregare
perchĂŠ non ravvisa le caresembianze della Madonnae questa le parequasi una donnaperduta â cosĂŹ oggi il mio cuoredavanti alla mia mascherasconosciuta.
20 agosto 1933
Notturno
Curva tu suonied il tuo canto è un albero dâargentonel silenzio oscuro â Limpido nascedal tuo labbro â il profilodelle vette â nel buio â Muoiono le tue notecome gocce assorbite dalla terra â Le nebbie sopra gli abissipercorse dal ventosollevano il suono spentonel cielo â
(Breil, luglio 1933)-Pasturo, 22 agosto 1933
Lâallodola
Dopo il bacio â dallâombra degli olmisulla strada uscivamoper ritornare:sorridevamo al domanicome bimbi tranquilli.Le nostre manicongiuntecomponevano una tenaceconchigliache custodivala pace.Ed io ero pianaquasi tu fossi un santoche placa la vanatempestae cammina sul lago.Io ero un immensocielo dâestateallâalbasu sconfinatedistese di grano.Ed il mio cuoreuna trillante allodolache misuravala serenitĂ .
25 agosto 1933
Settembre
Boschi mieiche le nuvole del settembrelente percorronomentre le prime fogliecrollano giĂš dai ramie adunano umidore per i sentieriintanto che nel cielogli alberi si denudano âcosĂŹ come di seraquando cadono le ombregiĂš dalle cimesâincupisce la terrae in alto si rivelanoi disegni dei montie delle stelle âmiei boschivi è tanta pacein questa vostra mutarovinache in pace ora alla miarovina pensoe sono come chistia sulla riva di un lagoe guardi miti le coserispecchiate dallâacqua â
8 settembre 1933
Per un cane
Sei stato con noi per undici anni.Una sera siamo tornati:eri disteso davanti al cancello,il muso nella polvere della strada,le zampe giĂ fredde, il dorsotepido ancora.Ora sei tuttonella buca che ti abbiamo scavata.Ma gli undici annidella tua umile vita,il gemereper ognuno che partiva,il soffrire di gioiaper ognuno che ritornavaâ e verso serase qualcunoper una sua tristezzapiangevatu gli leccavi le mani:lo guardavie gli leccavi le mani âoh, gli undici annidel tuo muto amoretutti quisotto questa terrasotto questa pioggiacrudele?Esitavisulla ghiaia umida:sollevavi
una zampa â tremando.Ora nessuno ti difendedal freddo.Non ti si può piĂš chiamare.Non ti si può piĂš dareniente.Solo le foglie fradice mortecadono su questo pezzodi prato.E pensare che altro rimangadi teè vietato:di questo il nostro assurdopianto si accresce.
14 settembre 1933
Ricongiungimento
Se io capissiquel che vuole direâ non vederti piĂš âcredo che la mia vitaqui â finirebbe. Ma per me la terraè soltanto la zolla che calpestoe lâaltrache calpesti tu:il restoè ariain cui â zattere sciolte â navighiamoa incontrarci. Nel cielo limpido infattisorgono a volte piccole nubifili di lanao piume â distanti âe chi guarda di lĂŹ a pochi istantivede una nuvola solache si allontana.
17 settembre 1933
Attacco
Comechi avanti lâalbada un rifugio montano escanellâombra fredda â e si metta per lâertacullando col passo il penososonno â fin che in cima alle ghiaiela guida sciolgadalla spalla la corda ed additisulla roccia â lâattacco â gioia e sgomentoallora â ed il sole che sorgelo colgono insieme â cosĂŹquando sul tuocammino sâaprauna siepe â ed al cuore sâaffaccila strada nuova.
26 settembre 1933
La gioia
Domandavo a occhi chiusiâ che cosasarĂ domani la Pupa? â CosĂŹ ti facevo ridirein un sorriso le dolci paroleâ la sposa,la mamma â Fiabadel tempo dâamore âprofondo sorso â vitacompiuta âgioia ferma nel cuorecome un coltello nel pane.
26 settembre 1933
In sogno
Silenzio â grottedi bianco cristalloscavoalle fiabe â sul pianto il cuore trascorre âsul lago celestecon occhi grandi â cigliatidi glicine â
28 settembre 1933
BontĂ inesausta
Chi ti dicebontĂ della mia montagna? âcosĂŹ biancasui boschi giĂ biondidâautunno â e qui nebbie leggere alitanoin cui sospesaè la luce dei ragnateli âdella rugiadasulle foglie morte â mentre il terriccio accogliepetali stanchi di ciclaminie crochi, velatidi uno stesso palloreroseo â tu sana, venata di sole,porti sul gremboil cielo tutto azzurro âchiami voli dâuccellialle tue manicolme di vento â BontĂ a cui beve il suo cantoil cuoree di cantare non può piĂš finire â
perchĂŠ sei la sorgente che rifĂ il sorso bevutoed il suo fondonon si tocca mai.
Pasturo, 1Âş ottobre 1933
Non so
Io penso che il tuo modo di sorridereè piĂš dolce del solesu questo vaso di fiorigiĂ un pocoappassiti â penso che forse è buonoche cadano da metutti gli alberi â châio sia un piazzale bianco desertoalla tua voce â che forsedisegna i vialiper il nuovogiardino.
4 ottobre 1933
Sfiducia
Tristezza di queste mie manitroppo pesantiper non aprire piaghe,troppo leggèreper lasciare unâimpronta â tristezza di questa mia boccache dice le stesseparole tueâ altre cose intendendo âe questo è il mododella piĂš disperatalontananza.
16 ottobre 1933
Ritorno serale
Giungere qui â tu lo vedi âdopo un qualunque doloreè veramentetornare al nido, trovarele ginocchia materne,appoggiarvi la fronte â mentre le rocce, in alto,sui grandi libri rosei del tramontoleggono ai boschi e alle casele parole della pace â mentre le stanche campane discordiinterrogano il silenzio â sui misteridella sera, dei cimiteridischiusi, dellâinvernoche si avvicina â ed il silenzio allarga,impallidendo, le braccia âtrae nel suo manto le cosee persuadela quiete â
18 ottobre 1933
Sole dâottobre
Felci grandie garofani selvaggisotto i castani â mentre il vento scioglielâun dopo lâaltroi nodi rossi e biondialla veste di fogliedel sole â e il sole in quellabruciadella sua biancabellezzacome un fragile corponudo â
20 ottobre 1933
Ammonimento
Dunque, io non vedrò mai piĂš i tuoi occhipuri come li vidila prima sera, biondicome capelli â e chiaricome lampade lievi.Io so quale sabbia li intorbidiora â quale tristezzache fu giĂ mia.Sgomenta guardonascere in te la vitachâio giĂ vissi e scontai e spogliaidâogni velo. Vorreiaver ora la voce di tua madreper poterti parlaresenza parlarti di me.Vorrei dirti: â oh, non fermiamoci qui, dove il ventosvelse un albero sulla nostra stradache stramazzòin forma di croce.Oh, non pensiamo che basti il piantoad accender la lampada dei morti.Olio vuole la lampadae legno il fuoco:fiamma non nasce dal nostro alito solo.Ma immensa foresta è la vitacon alberi e sentieriinfiniti. Bisognaguardare a fondo, troncare
i rami morti con la nostra scure:alto sarĂ nella radura ultima â il fuoco,piĂš alto se piĂš grandesarĂ stata la pena. Dolce sarĂ al boscaiolo stancostendersi allora â presso la catastada lui accesae con quel lume caldoaffondare nel sonno.
28 ottobre 1933
Riconciliazione
La luna è vitrea e lieveancora, nel vasto tramonto.PerchĂŠ non usciredi qui? PerchĂŠ non portarelaggiĂš, nelle strade, la mianostalgia dei monti perduti,tradurla in amorepel mondoche amai? GiĂ troppo sofferserodel mio rancorele cose: e vivere non si puòa lungose silenziosamente piangonole cose, su noi. Stasera, stasera,quando i volti degli uominisaran macchie dâombra e non piĂš âquando le caseal sommosole vivranno di luce âio troverò me stessanel vecchio mondoe profondosarĂ lâabbracciodelle cose con me. Riconteremo i fili
che legano i miei occhiagli occhi illuminati delle vie,riconteremo i passiper cui lâanima versala sua sete di stradesopra la buia terra â Forse le coseperdoneranno ancora âforse, facendodelle gran braccia arcosu me,pergolati di sogni stenderannodomani sovra il miosolitario meriggio.
3 novembre 1933
Allâamato
Tu sei tornato in mecome la vocedâuno che giunge,châempie a un tratto la stanza,quando è giĂ sera. Qui câerasoltanto il pesodelle ore irrigiditein grigiore di pietra,il passo lentodei fossati in pianurasotto nudi archi di pioppi. Câeranoal termine delle casele povere stradedi novembre, straziate di solchi... E câera questo mio vivereche ripete ogni giornoil gesto di una mano di carnecalata giĂš nel profondoa chiudere la bocca di Dio.Câera la sabbiache giĂš si rovesciasullâincendio di Dio.Câera la falceche mordele erbe di Dio. La pietra
che cade sui cani,sugli uccelli di Dio. Allora sei tornatotu â in me âcome la vocedâuno che giunge,che nessuno piĂš attendeperchĂŠ è giĂ sera. Sei ritornato in mecome un fedelestormo di rondiniche riappendon nidial tetto oscuro del cuore.Sei ritornato come uno sciamedâapi che cercanoi loro fiori â e indoranolâorto nativo. Ora nellâorto io sentocrescere i nuovimiei fiori per te. Sento spuntaresui pascoli, dovela neve si è sciolta,gli anemoni gialli e dal suolo del cielole stelle â che a quelli somigliano âle stelle â dopo che il gelodel vespro è scomparso e la notte è la terra feconda âil monteprimaveriledi Dio.
6 novembre 1933
Il cielo in me
Io non devo scordareche il cielofu in me. Tueri il cielo in me,che non parlavimai del mio volto, ma soloquandâio parlavo di Diomi toccavi la frontecon lievi dita e dicevi:â Sei piĂš bella cosĂŹ, quando pensile cose buone â Tueri il cielo in me,che non mi amavi per la mia personama per quel semedi beneche dormiva in me. E se lâangoscia delle cose a un lungopianto mi costringeva,tu con forti ditami asciugavi le lacrime e dicevi:â Come potrai domani esser la mammadel nostro bimbo, se ora piangi cosĂŹ? â Tueri il cielo in me,
che non mi amaviper la mia vitama per lâaltra vitache poteva destarsiin me. Tueri il cielo in meil gran sole che mutain foglie trasparenti le zolle e chi volle colpirtivide uscirsi di manouccellianzi che pietreâ uccelli âe le lor piume scrivevano nel cielovivo il tuo nomecome nei miracoliantichi. Io non devo scordareche il cielofu in me. E quando per le strade â avantiche sia sera â mâaggiroancora voglioessere una finestra che cammina,aperta, col suo lembodi azzurro che la colma. Ancora voglioche sâoda a stormo battere il mio cuorein altocome un nido di campane.E che le cose oscure della terra
non abbiano poterealtro â su me,che quello di martelli lievia scanderesulla nuditĂ cerula dellâanimasoloil tuo nome.
11 novembre 1933
La voce
Aveva voce in telâuniversodelle cose mute,la speranzache sta senzâali nei nidi,che sta sotterranon fiorita. Aveva voce in teil misterodi tutto che presso una mortevuol diventare vita,il filo dâerbasotto le putride foglie,il primo riso del bimbo salvatoa fianco di unâagoniain una corsiadâospedale. Or quando cade dagli altirami notturnidei campanili â un rintocco âe in cuore affonda comeil frutto dentro il campo arato â allora hai vocetu in me âcon quella notaampia e solache dice i sogni sepolti
del mondo, lâoppressanostalgia della luce.
10 dicembre 1933
Cose
Questo pugno di terrache raccolseper me â sul Palatinola tua mano pura io verserò nellâurnadi smorta argillache sul rosso lido di Selinunteun pescatore mi donò, sporgendoil braccio fra i cespugli di lentischio. E tu non direchâio perdo il senso e il tempodella mia vita âse cerco nella sabbiail sole e il piantodei mondi âse getto nelle cose la mia animapiĂš grande â e credoad immense magie...
10 dicembre 1933
1934
Desiderio di cose leggere
Giuncheto lieve biondocome un campo di spighepresso il lago celeste e le case di unâisola lontanacolor di velapronte a salpare â Desiderio di cose leggerenel cuore che pesacome pietradentro una barca â Ma giungerĂ una seraa queste rivelâanima liberata:senza piegare i giunchisenza muovere lâacqua o lâariasalperĂ â con le casedellâisola lontana,per unâalta scoglieradi stelle â
1Âş febbraio 1934
Nevai
Io fui nel giorno alto che viveoltre gli abeti,io camminai su campi e montidi luce âTraversai laghi morti â ed un segretocanto mi sussurravano le ondeprigioniere âpassai su bianche rive, chiamandoa nome le genzianesopite âIo sognai nella neve di unâimmensacittĂ di fiorisepolta â io fui sui monticome un irto fiore âe guardavo le rocce,gli alti scogliper i mari del vento âe cantavo fra me di una remotaestate, che coi suoi amarirododendrimâavvampava nel sangue â
1Âş febbraio 1934
Pensiero
Avere due lunghe alidâombrae piegarle su questo tuo male;essere ombra, paceseraleintorno al tuo spentosorriso.
maggio 1934
Sentiero
Ă bello camminare lungo il torrente:non si sentono i passi, non sembradi andare via.Dallâalto del sentiero si vede la vallee cime lontane ai marginidella pianura, come pallidi scogliin riva a una rada â Si pensacomâè bella, comâè dolce la terraquando sâattarda a sognareil suo tramontocon lunghe ombre azzurre di montia lato â Si cammina lungo il torrente:câè un gran canto che assordala malinconia â
Breil, 9 agosto 1934
Rifugio
Nebbie. E il tonfo dei sassidentro i canali. Voci dâacquagiĂš dai nevai nella notte. Tu stendi una coperta per mesul pagliericcio:con le tue mani dureme lâavvolgi alle spalle, lievemente,che non mi prendail freddo. Io pensoal grande mistero che vivein te, oltre il tuo pianogesto; al sensodi questa nostra fratellanza umanasenza parole, tra le immense roccedei monti.E forse ci sono piĂš stellee segreti e insondabili vietra noi, nel silenzio,che in tutto il cielo distesoal di lĂ della nebbia.
Breil, 9 agosto 1934
Preghiera alla poesia
Oh, tu bene mi pesilâanima, poesia:tu sai se io manco e mi perdo,tu che allora ti neghie taci. Poesia, mi confesso con teche sei la mia voce profonda:tu lo sai,tu lo sai che ho tradito,ho camminato sul prato dâoroche fu mio cuore,ho rotto lâerba,rovinata la terra âpoesia â quella terradove tu mi dicesti il piĂš dolcedi tutti i tuoi canti,dove un mattino per la prima voltavidi volar nel sereno lâallodolae con gli occhi cercai di salire âPoesia, poesia che rimaniil mio profondo rimorso,oh aiutami tu a ritrovareil mio alto paese abbandonato âPoesia che ti doni soltantoa chi con occhi di piantosi cerca âoh rifammi tu degna di te,poesia che mi guardi.
Pasturo, 23 agosto 1934
Odor di verde
Odor di verde âmia infanzia perduta âquando mâinorgoglivodei miei ginocchi segnati âstrappavo inutilmentei fiori, lâerba in riva ai sentieri,poi li buttavo âmâingombran le mani â odor di boschi dâagosto â al meriggio âquando si rompono col viso accesole ragnatele âguadando i ruscelli il sasso schizzail piede affondapenetra il gelo fin dentro i polsi âil sole, il solesul collo nudo âla luce che imbiondisce i capelli â odor di terra,mia infanzia perduta.
Pasturo, agosto 1934
Tre sere
La prima sera ci fu la pioggia,nera assordante âed io al crocicchio,a decifrare nomidi strade sconosciute âsola alle sogliedi una cittĂ nuova,sola con la mia predadi felicitĂ â con lâecodella tua voce. Poi, sopra i monti, fu la limpidezzabruciante della notte âe sulla neve riflessele innumeri stelleed adagiate nellâargenteo sonnolâesili ombredei rami âIo sola, io limpida tutta,nel vento lieve di settentrione,io in pacecon la chiarezza del cielo,con il diffuso ricordodel tuo sguardo. Stasera la nebbia, candore sordo,intorno al tremito della miaattesa â velosulla parola non detta,difesa â per la paura del tempo,
per la frettadi vivere. Pausa â Di nebbia sâavvolgeil cuorecolmo e sospeso,per non udirei suoi battiti.
1Âş dicembre 1934
Funerale senza tristezza
Questo non è esser morti,questo è tornareal paese, alla culla:chiaro è il giornocome il sorriso di una madreche aspettava.Campi brinati, alberi dâargento, crisantemibiondi: le bimbevestite di bianco,col velo color della brina,la voce colore dellâacquaancora vivafra terrose prode.Le fiammelle dei ceri, naufragatenello splendore del mattino,dicono quel che siaquesto vaniredelle terrene coseâ dolce â,questo tornare degli umani,per aerei pontidi cielo,per candide creste di montisognati,allâaltra riva, ai pratidel sole.
3 dicembre 1934
Secondo amore
Piansi bambina, per un mondopiĂš grande del mio cuore,dentro il mio cuorerinchiuso â morto;piansi con occhi giovani,penosamente arsi arrossati âe sola vicina alla terradomandavo agli oggetti muti,alle radici dei fiori divelti,alle ali degli insetti caduti,il perchĂŠdel morire. Mi rispondeva la terra, fedele,prima ancora che fosseprimavera colma,da anni e secoli â sotto un arbustocon una pallida primularifiorita.E in essa era la linfa,era il respiro â di tuttele primavere perdute,in ogni fiore vivo la bellezzadegli innumeri fiorispenti. Oh grazia â ora dico âdel secondo amore,giovinezza profonda intessutadi vinte vecchiezze, di esistenze percorse â
â ed ogni esistenza, una ricchezzaconquisa, ogni pianto detersoun sorriso piĂš lungo imparato,ogni percossa, una carezza piĂš lieveche si vorrebbe donare âoh benedetto il mio piantoâ ora dico âbenedetti i miei occhidi bimba, arrossati riarsi âbenedetto il soffrire, il moriredi tutti i mondi che portai nel cuore âse dalla morte si rinasceun giorno,se dalla morte io rinascooggi â per te,me stessa offrendoalle tue mani â comeuna corolladi dissepolte vite.
4 dicembre 1934
Bellezza
Ti do me stessa,le mie notti insonni,i lunghi sorsidi cielo e stelle â bevutisulle montagne,la brezza dei mari percorsiverso albe remote. Ti do me stessa,il sole vergine dei miei mattinisu favolose rivetra superstiti colonnee ulivi e spighe. Ti do me stessa,i meriggisul ciglio delle cascate,i tramontiai piedi delle statue, sulle colline,fra tronchi di cipressi animatidi nidi â E tu accogli la mia meravigliadi creatura,il mio tremito di stelovivo nel cerchiodegli orizzonti,piegato al ventolimpido â della bellezza:e tu lascia châio guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,cosĂŹ densi di cielo âprofondi come secoli di luceinabissati al di lĂ delle vette â
4 dicembre 1934
Lieve offerta
Vorrei che la mia anima ti fosseleggeracome le estreme fogliedei pioppi, che sâaccendono di solein cima ai tronchi fasciatidi nebbia â Vorrei condurti con le mie paroleper un deserto viale, segnatodâesili ombre âfino a una valle dâerboso silenzio,al lago âove tinnisce per un fiato dâariail cannetoe le libellule si trastullanocon lâacqua non profonda â Vorrei che la mia anima ti fosseleggera,che la mia poesia ti fosse un ponte,sottile e saldo,bianco âsulle oscure voraginidella terra.
5 dicembre 1934
Le mani
Quando ti ho preso le maniho capitocome sei giovane. Le mie dita sono sottili:si plasmano alle cosee a lungo ne conservanolâimpronta âper uno spino sanguinano,per una piuma tremanodi dolcezza.Le mie mani son cosĂŹ pallide:attraversate dalla vitain ogni senso â comeda lunghe veneazzurre.Forse la loro paceè fra i tenui ricciolidi un bimbo. Le tue dita sono rudi:afferrano le coseper esserne padrone,non si scalfiscono a nessunapietra.Mani di colore vivo,che hanno toccato soloquel che hanno scelto âmani che sanno scavarenella ghiaia dei fiumi,
nel fango delle grotte,per estrarne tesori. Non tu,ma le tue mani giovanidicono alle mie mani,a me: Come sietevecchie.
6 dicembre 1934
Pausa
Mi pareva che questa giornatasenza tedovesse essere inquieta,oscura. Invece è colmadi una strana dolcezza, che sâallargaattraverso le ore âforse comâè la terradopo uno scroscio,che resta sola nel silenzio a bersilâacqua cadutae a poco a poconelle piĂš fonde vene se ne sentepenetrata. La gioia che ieri fu angoscia,tempesta âora ritorna a brevitonfi sul cuore,come un mare placato:al mite sole riapparso brillano,candidi doni,le conchiglie che lâondalasciò sul lido.
7 dicembre 1934
Confidare
Ho tanta fede in te. Mi sembrache saprei aspettare la tua vocein silenzio, per secolidi oscuritĂ . Tu sai tutti i segreti,come il sole:potresti far fiorirei gerani e la zĂ gara selvaggiasul fondo delle cavedi pietra, delle prigionileggendarie. Ho tanta fede in te. Son quietacome lâarabo avvoltonel barracano bianco,che ascolta Dio maturarglilâorzo intorno alla casa.
8 dicembre 1934
1935
Evasione
La strada porta tra case oscure âma in altosalpo dal braccio candidodel valico, come da un molo âlascio nella terrena ombrai faticosi lumi degli uomini,il loro fioco alonesulla neve. Via â negli occhi raccoltala gioia dura dâesserecreatura in sĂŠ conchiusa,unica nel freddo cieloinvernale âdiritta ai piedidâinvisibili antenne,sulla nave che ha vele di nubie fari di stelle,a prora un voltodâattesa.
11 gennaio 1935
Sgorgo
Per troppa vita che ho nel sanguetremonel vasto inverno. E allâimprovviso,come per una fonte che si scioglienella steppa,una ferita che nel sonnosi riapre, perdutamente nascono pensierinel deserto castello della notte. Creatura di fiaba, per le mutestanze, dove si struggono le lampadedimenticate,lieve trascorre una parola bianca:si levano colombe sullâaltanacome alla vista del mare. BontĂ , tu mi ritorni:si stempera lâinverno nello sgorgodel mio piĂš puro sangue,ancora il pianto ha dolcemente nomeperdono.
12 gennaio 1935
Il sentiero
Sperarementre il domani intatto sconfinae tostodimenticare il voltodelle speranze, nel tempo vero. Viali sognavi per la vitae un esilesentiero ti rimane. Una serala tua montagna si ricorderĂ di averti avutabambinasul suo grembo dâerba;e lontana vedendotia cercaresu perse rive le ombredelle tue cose sepolte,ti chiamerĂ coi cenniantichi â delle campane. Il tuo sentiero ti ricondurrĂ lungo la valle,per la conca prativa â al muro candido,al cancello socchiuso. LassĂš, nel breve orto distesoai ritorni delle stagioni, ai cielidella neve e dei venti
primaverili,verranno bocchedi bambini sconosciutia cantaresulla tua solitudine.
30 gennaio 1935
Un destino
Lumi e capanneai bivichiamarono i compagni. A te restaquesta che il vento ti disvelapallida strada nella notte:alla tua setela precipite acqua dei torrenti,alla persona stancalâerba dei pascoli che si rinnovanello spazio di un sonno. In un suo fuoco assortociascuno degli umaniad unâunica vita si abbandona. Ma sul lentotuo andar di fiume che non trova foce,lâargenteo lume di infinitevite â delle libere stelleora trema: e se nessuna portasâapre alla tua fatica,se ridatotâè ad ogni passo il peso del tuo volto,se è tuaquesta che è piĂš di un doloregioia di continuare sola
nel limpido deserto dei tuoi monti ora accettidâesser poeta.
13 febbraio 1935
Smarrimento
Novembrenon è tornato:ma i passeria mezzo giorno gridanosugli alberi bagnaticome fosse per venir sera. Qualcuno si è scordatodi rialzare i pesidellâorologio:lâuccellino dice cucĂšdue volte soltanto,poi resta sulla porticinaa guardareil pendolo che a piccole scossesi ferma. Adessonon so piĂšle ore.
21 febbraio 1935
Tempo
I Mentre tu dormile stagioni passanosulla montagna. La neve in altostruggendosi dĂ vitaal vento:dietro la casa il prato parla,la lucebeve orme di pioggia sui sentieri. Mentre tu dormianni di sole passanofra le cime dei lĂ ricie le nubi.
28 maggio 1935 II Io posso cogliere i mughettimentre tu dormiperchĂŠ so dove crescono.E la mia vera casacon le sue porte e le sue pietresia lontana,
nĂŠ io piĂš la ritrovi,ma vada errandopei boschieternamente âmentre tu dormied i mughetti cresconosenza tregua.
28 maggio 1935
Convegno
Nellâaria della stanzanon teguardoma giĂ il ricordo del tuo visocome mi nascerĂ nel vuotoed i tuoi occhicome si fermaronoora â in lontani istanti âsul mio volto.
29 maggio 1935
Brezza
Mi ritrovonellâaria che si levapuntuale al meriggioe volge foglie e ramialla montagna. Potessero cosĂŹsollevarsii miei pensieri un poco ogni giorno:non credessi maispenti gli anelitinel mio cuore.
8 giugno 1935
La vita
Alle soglie dâautunnoin un tramontomuto scopri lâonda del tempoe la tua resasegreta come di ramo in ramoleggeroun cadere dâuccellicui le ali non reggono piĂš.
18 agosto 1935
1936
A Emilio Comici
Mille metridi vuoto:ed un pollice di pietraper una delle tuesuole di corda. Ti ha inchiodato il tramonto allo strapiombo. A questâora la tua cittĂ coi vetri in fiamme abbacina le barche.Dove hai lasciato le tue vesti,i voltidelle ragazze, i remi? Questa notte al bivacconubi bianchesi frangeranno sulla pietramute:cosĂŹ lontano il tonfo dei marosisul molo di Trieste. NĂŠ la lunadisvelerĂ giardini, chiaro risodi donne intorno ad un fanale,o tepidosciogliersi di capelli, ma te solovedrĂ alla tua fune
gelida avvolto âed il tuo duro cuoretra le pallide guglie.
16 gennaio 1936
Rifugio
I Mentre di fuori il sole sgelapelli di focaai cardini dellâuscio scostate queste tazze di vin caldoe il pane sbriciolato,fate posto:ora voglio dormire. Se ridie scuoti il ciuffo del mio berretto rossocome a un bambino insonnolito,io cadoin golfi oscuri e caldidi sogno. Ma perchĂŠuna canzone marinarescafra strapiombi neri? II Dimmi che non possiamoandare oltre:questa pista finisce alla forcella,alta e intatta è la nevesul versante
dellâombra.Qui crediamoeterna luce sovra campi splendenti:potrĂ maivenir sera ai nostri vetridâargento? III Noi,quando grigie fascie di tormentastrapperanno da terrail nostro rossonido di pietra,guarderemo nudi âcome da un celesteWalhalla âi laghi spenti in fondo ai pini,le fiochelampade erranti dei pastori.
19 gennaio 1936
In campagne di ventourlano i canisul sonno delle mandrie allâaddiaccio.Or sulle manimi respiri tusolitudinelenta fatica dâamore.
8 ottobre 1936
1937
Periferia in aprile
Intorno aioledove ragazzo tâaffannavi al calcio:ed or fra coccisâapron fiori terrosi al secco fiatodei muri a primavera.Ma nella voce e nello sguardohai acqua,tu profonda frescura, radicataoltre le zolle e le stagioni, in quellache ancor resta alle cimeumida neve:cosĂŹ correndo in ogni venae diciancora quella strada remotissimaed il ventoleggero sopra enormibaratri azzurri.
24 aprile 1937
Lâava6
Tâabbraccio per sentire la tua carnepregna di pace e vicina a morire âfresca e tetra cosĂŹpresso il mio fiato.Di lĂ dalle parole: ed ascoltiamoal polso uguali battiti â ed un soloultimo abbeverarsi della vita.A riva di neri laghitorna a prender lucequestâocchio da te sola fatto azzurro;cosĂŹ premendomi al tuo gremboe chiusa nel tuo alvoprofondo, una divengoal tuo peso mortale che vanisce:tanto che non ci stacchi piĂš la terra âma ad entrambe si faccia buia e lieve.
1Âş maggio 1937
Fine di una domenica
Rotta da un fischioallâultimo tumultosâè scomposta la mischia: sulle laceremaglie e sui volti in furia â vedoil cielo dello stadio bianco, quasisoffice lana. Calmi greggi dormonoa fronte dâalte case,in rozze stradedilaganti per lâerba: e non ha un sensoquestâavviarsi di treni verso incertepianure... Ormai il fiumeè un lago fermo tra muraglie, in fondoad un bosco serale: lenti vialiin cerchio ci trascinano â ove imbarcacoppie dâamanti la corrente... E a noiforse sovviene di un istante, quandoqualchecosa si persead un crocicchio:che non sappiamo.SĂŹ che vuoteora â e disgiuntesenza amore ci pendono le mani.
Torino, 2 maggio 1937
Le montagne
Occupano come immense donnela sera:sul petto raccolte le mani di pietrafissan sbocchi di strade, tacendolâinfinita speranza di un ritorno. Mute in grembo maturano figliallâassente. (Lo chiamaron velelaggiĂš â o battaglie. Indi azzurra e rossaparve loro la terra). Ora a un franaredi passi sulle ghiaiegrandi trasalgon nelle spalle. Il cielobatte in sussulto le sue ciglia bianche. Madri. E sâerigon nella fronte, scostanodai vasti occhi i rami delle stelle:se allâorlo estremo dellâattesanasca unâaurora e al brullo ventre fiorisca rosai.
Pasturo, 9 settembre 1937
Voce di donna
Io nacqui sposa di te soldato.So che a marce e a guerrelunghe stagioni ti divelgon da me. Curva sul focolare aduno bragi,sopra il tuo letto ho disteso un vessillo âma se ti penso allâaddiacciopiove sul mio corpo autunnalecome su un bosco tagliato. Quando balena il cielo di settembree pare unâarma gigantesca sui monti,salvie rosse mi sbocciano sul cuore:che tu mi chiami,che tu mi usicon la fiducia che dai alle cose,come acqua che versi sulle manio lana che ti avvolgi intorno al petto. Sono la scarna siepe del tuo ortoche sta muta a fioriresotto convogli di zingare stelle.
18 settembre 1937
Nebbia
Se câincontrassimo questa serapel viale oppresso di nebbiasi asciugherebbero le pozzanghereintorno al nostro scoglio caldo di terra:e la mia guancia sopra le tue vestisarebbe dolce salvezza della vita.Ma fronti lisce di fanciullea me rimproverano gli anni: un alberosolo ho compagno nella tenebra piovosae lumi lenti di carri mi fanno temere,temere e chiamare la morte.
27 novembre 1937
1938
Capodanno
Se le parole sapessero di nevestasera, che canti âe le stelleche non potrò mai dire... Volti immoti sâintrecciano fra i raminel mio turchino nero:osano ancora,morti ai lumi di case lontane,lâindistrutto sorriso dei miei anni.
Madonna di Campiglio, 31 dicembre 1937; 1Âş gennaio 1938
Certezza
Tu sei lâerba e la terra, il sensoquando uno cammina a piedi scalziper un campo arato.Per te annodavo il mio grembiule rossoe ora piego a questa fontanamuta immersa in un grembo di monti:so che a un trattoâ il mezzogiorno sciamerĂ coi grididei suoi fringuelli âsgorgherĂ il tuo voltonello specchio sereno, accanto al mio.
9 gennaio 1938
Periferia
Sento lâantico spasimoâ è la terrache sotto coperte di gelosolleva le sue braccia nere âe ho pauradei tuoi passi fangosi, cara vita,che mi cammini a fianco, mi conducivicino a vecchi dai lunghi mantelli,a ragazziveloci in groppa a opache biciclette,a donne,che nello scialle si premono i seni â E giĂ sentiamoa bordo di betulle spaesateil fumo dei comignoli morireroseo sui pantani. Nel tramonto le fabbriche incendiateululano per il cupo avvio dei treni... Ma pezzo muto di carne io ti seguoe ho paura âpezzo di carne che la primaverapercorre con ridenti dolori.
21 gennaio 1938
Luci libere
Ă un sole bianco che inteneriscesui monumenti le donne di bronzo. Vorresti sparire alle case, destartiove trascinano lenti carrisbarre di ferro verso la campagna â chĂŠ lĂ pei fossi infuriano bambininellâacqua, allâaurorae vi crollano immagini di pioppi. Noi, per seguir la danzadi un vecchio organocorreremmo nel vento gli stradali... A cuore scalzoe con laceri pesidi gioia.
27 gennaio 1938
Via dei Cinquecento7
Pesano fra noi duetroppe parole non dette e la fame non appagata,gli urli dei bimbi non placati,il petto delle mamme tisichee lâodore âodor di cenci, dâescrementi, di morti âserpeggiante per tetri corridoi sono una siepe che geme nel ventofra me e te. Ma fuori,due grandi lumi fermi sotto stelle nebbiosedicono larghi sbocchied acquache va alla campagna; e ogni lama di luce, ogni chiesanera sul cielo, ogni passodi povere scarpe sfasciate porta per strade dâariareligiosamenteme a te.
27 febbraio 1938
Mattino
In riva al lago azzurro della vitason corpi le nuvole bianchedei figli carnosi del sole: giĂ lâombra è alle spalle, catenadi monti sommersi. E a noi petali freschi di rosainfioran la mensa e son boschiinteri e verdi di castani smossinel vento delle chiome: odi giunger gli uccelli? Essi non hanno pauradei nostri volti e delle nostre vestiperchĂŠ come polpa di fruttosiamo nati dallâumida terra.
Pasturo, 10 luglio 1938
Per Emilio Comici
Si spalancano laghi di stuporea sera nei tuoi occhifra lumi e suoni: sâaprono lenti fiori di folliasullâacqua dellâanima, a specchiodella gran cima coronata di nuvole... Il tuo sangue che sogna le pietreè nella stanzaun favoloso silenzio.
Misurina, sera dâagosto 1938
ANTONIA POZZI POETESSA MILANESE
Quello di Antonia Pozzi è uno dei casi letterari piĂš rilevanti degli ultimidecenni. La giovane poetessa milanese, nata a Milano il 13 febbraio 1912 emorta suicida a 26 anni, il 3 dicembre del 1938, senza aver mai pubblicatouna sola poesia, è oggi ormai unanimemente riconosciuta come una dellevoci piĂš alte della poesia italiana del Novecento. Ma la sua opera è solorecentemente uscita da un cono dâombra grazie allâattenzione nel dopoguerradi Montale, Barile, Parronchi, poi con la progressiva pubblicazione degliinediti.
Di Antonia Pozzi, nonostante la brevissima vita, si conoscono piĂš ditrecento composizioni e circa tremila immagini fotografiche, ormai oggetto diinteresse nella loro autonomia.
Figlia unica di una famiglia dellâalta borghesia milanese discendente daTommaso Grossi, era colta, sportiva, viaggiatrice, ma il suo breve tragittoesistenziale muoveva oltre lâemancipazione e lâagio, verso lâaccettazionedellâesser poeta. Per lei significava la ricerca di una vera libertĂ , che leconsentisse di esprimere il suo autentico sentire di donna e il grande amoreper il mondo, che la portarono ad approdare alla scoperta di unâattenzionesolidale verso le nascenti periferie milanesi. Nella sua esperienza umanaconvissero lâimmenso amore per la natura e la montagna e il difficile rapportocol mondo maschile e intellettuale della propria epoca.
Venne profondamente segnata dalle tormentate vicende affettive conAntonio Maria Cervi, il suo professore di greco al Liceo Manzoni di Milano,con Remo Cantoni e Dino Formaggio e dalle profonde amicizie con VittorioSereni e la famiglia Treves.
Nellâambito della vita culturale milanese degli anni Trenta, era inseritanellâambiente dellâUniversitĂ Statale che faceva riferimento al professorAntonio Banfi, uno dei piĂš innovatori filosofi dellâepoca; e in quel contestoespresse, purtroppo non capita nĂŠ valorizzata, un proprio originale pensiero.
La sua poesia âvissuta tutta dal di dentroâ è testimonianza di una identitĂ femminile straordinariamente attuale. La sua vita âirrimediabileâ per la
tragedia esistenziale e âimperdonabileâ in quanto eccentrica rispetto al propriotempo, senza legami con saperi costituiti o ideologie, ha fatto sĂŹ che ilNovecento a lungo lâabbia destinata al catalogo delle rimozioni.
Negli ultimi anni la sua alta, vibrante e appassionata voce poetica è stataconosciuta e riconosciuta anche grazie ai numerosi studi a lei dedicati, alletraduzioni in inglese, tedesco, francese, portoghese e russo della sua opera, aifilm, alle mostre fotografiche e agli spettacoli teatrali ispirati alla sua figura,tra cui Lâinfinita speranza di un ritorno â vita e poesia di Antonia Pozzi,prodotto da Farneto Teatro nel 2012 e da allora in tournĂŠe, scritto einterpretato da Elisabetta Vergani con la regia di Maurizio Schmidt. In scenadi nuovo a Milano, tra novembre e dicembre 2018, per gli ottantâanni dallamorte di Antonia.
BIBLIOGRAFIA
Antonia Pozzi, Mi sento in un destino. Diari e altri scritti, a cura di G.Bernabò e O. Dino, Ăncora Editrice, Milano, 2018
Dino Formaggio, Amo la tua anima. Lettere ad Antonia Pozzi, a cura di G.
Sandrini, Alba Pratalia, Verona, 2016 Antonia Pozzi, Parole. Tutte le poesie, a cura di G. Bernabò e O. Dino,
Ăncora Editrice, Milano, 2015 Antonia Pozzi, Ti scrivo dal mio vecchio tavolo. Lettere 1919-1938, a cura di
G. Bernabò e O. Dino, Ăncora Editrice, Milano, 2014 Antonia Pozzi, Guardami, sono nuda, a cura di E. Pellegrini, Edizioni Clichy,
Firenze, 2014 Antonia Pozzi, Flaubert negli anni della sua formazione letteraria (1830-
1856), premessa di A. Banfi, a cura di M.M. Vecchio, Ananke, Torino,2013
Antonia Pozzi, âNove cartolettere di Antonia Pozzi per Alba Bindaâ, in Nel
sorriso banfiano. Scritti, cartolettere e foto inedite per Alba Binda, a curadi F. Minazzi, Mimesis, Milano, 2013
Antonia Pozzi, Lieve offerta. Poesie e prose, a cura di A. Cenni e S. Raffo,
Bietti, Milano, 2012 Antonia Pozzi, Soltanto in sogno. Lettere e fotografie per Dino Formaggio, a
cura di G. Sandrini, Alba Pratalia, Verona, 2011
Per tutte le edizioni non piĂš in commercio, i testi, le traduzioni, gli articoli ele biografie si rimanda al sito: www.antoniapozzi.it
Note
1.
Soste
La sigla L.B., presente anche in altre dediche, indica lâamica Lucia Bozzi.
2.
Distacco
A Teresita Foschi, compagna di scuola.
3.
Vento
Grafia conforme a quella del quaderno autografo.
4.
Solitudine
Antonia Pozzi si rivolge alle amiche Lucia Bozzi ed Elvira Gandini.
5.
Sorelle, a voi non dispiace...
Antonia Pozzi si rivolge alle amiche Lucia Bozzi ed Elvira Gandini.
6.
Lâava
âLâavaâ è la nonna materna, lâamatissima âNenaâ.
7.
Via dei Cinquecento
Una strada del quartiere operaio di piazza Corvetto, dove si trovava la âcasadegli sfrattatiâ.
Indice
Presentazione
Frontespizio
Pagina di copyright
Al lettore
Antonia Pozzi e la poesia ferita
1929
Mascherata di peschi
Cencio
Ripresa
Soste
Cadenza esasperata
Presentimenti di azzurro
Tramonto corrucciato
Meriggio
Unâaltra sosta
Amore di lontananza
Distacco
Sventatezza
Vento
Vuoto
Solitudine
Giacere
Io, bambina sola
Lampi
Pace
Visione
Lagrime
Canto selvaggio
Canto rassegnato
Canto della mia nuditĂ
Fuga
Dolomiti
La discesa
Vertigine
Benedizione
Rigurgito di giovinezza
Le mani sulle piaghe
Vicenda dâacque
1930
Preghiera
Largo
Novembre
Sorelle, a voi non dispiace...
1931
In riva alla vita
Sera dâaprile
Rossori
Esempi
Rivelazione
Prati
1932
Grido
Gioia
Limiti
1933
Tramonto
Sogno nel bosco
Pudore
Il porto
Stelle sul mare
Solitudine
Acqua alpina
Il volto nuovo
Notturno
Lâallodola
Settembre
Per un cane
Ricongiungimento
Attacco
La gioia
In sogno
BontĂ inesausta
Non so
Sfiducia
Ritorno serale
Sole dâottobre
Ammonimento
Riconciliazione
Allâamato
Il cielo in me
La voce
Cose
1934
Desiderio di cose leggere
Nevai
Pensiero
Sentiero
Rifugio
Preghiera alla poesia
Odor di verde
Tre sere
Funerale senza tristezza
Secondo amore
Bellezza
Lieve offerta
Le mani
Pausa
Confidare
1935
Evasione
Sgorgo
Il sentiero
Un destino
Smarrimento
Tempo
Convegno
Brezza
La vita
1936
A Emilio Comici
Rifugio
In campagne di vento
1937
Periferia in aprile
Lâava
Fine di una domenica
Le montagne
Voce di donna
Nebbia
1938
Capodanno
Certezza
Periferia
Luci libere
Via dei Cinquecento
Mattino
Per Emilio Comici
Antonia Pozzi poetessa milanese
Bibliografia
Note
Soste
Distacco
Vento
Solitudine
Sorelle, a voi non dispiace...
Lâava
Via dei Cinquecento
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ÂŤLa vita di un libro non finisce con lâultima pagina.Âť
Cara lettrice, caro lettore,
questo libro ti è offerto dalle biblioteche del Comune di Milano nellâambitodi Milano da Leggere, lâiniziativa di promozione della lettura realizzata incollaborazione con ATM â Azienda Trasporti Milanesi S.p.A.
Ogni anno un tema, un genere o una prospettiva diventano la lente con cui"leggere Milano". E ogni anno si rinnova la generosa partecipazione di chidetiene i diritti nel mettere gratuitamente a disposizione i libri dello scaffaledigitale.
Questa edizione 2020 è dedicata ai talenti delle donne e assume lo sguardofemminile sulla realtà , che sia intima o sociale, storica o attuale, concreta ofantastica.
Si ringrazia lâeditore per la gentile concessione dellâopera. Il suo utilizzo èstrettamente personale e non è consentita la riproduzione o la diffusione adaltri sotto nessuna forma.
Buona lettura