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AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA DIGITAL ADV LAB
Pubblicità online e violazioni di Chiara Mandelli
^ F ) Percorso di lettura: www.largoconsumo.info/Marke tìngMulticanale
T empi rapidissimi, reazioni immediate a fenomeni virali, tendenze preziose che vanno
intercettate senza esitazioni per ottenere il massimo risultato in termini pubblicitari e di brand reputation. Queste sono oggi le caratteristiche della comunicazione digitale, sul web in generale e sui social network in particolare.
Una grande sfida per le aziende che si trovano spesso impreparate nell'usare al meglio strumenti potenzialmente molto preziosi per promuovere il marketing, ma che nascondono insidie, a cominciare dai rischi legali. Da una parte, infatti, c'è la necessità di rispondere in tempi stretti alle richieste dell'opinione pubblica che si esprime sui social, dall'altra il rispetto delle normative (spesso complesse) è fondamentale.
Il mercato della comunicazione e dell'advertising si sta quindi aprendo a nuove iniziative e realtà che possano aiutare le aziende a orientarsi nella comunicazione commerciale digitai. Ne è un esempio Digital adv lab, think tank di confronto e analisi sulle problematiche legali legate alla diffusione della comunicazione commerciale online, il cui obiettivo è un dialogo continuo tra gli addetti ai lavori del mercato pubblicitario, le aziende e il comparto legale. Il tutto con io scopo di recepire le tendenze, delineare best practice e individuare il nuovo ruolo dei legali in questo oltremodo dinamico settore. Il laboratorio è nato a giugno su iniziativa degli avvocati Elena Carpani, Gianluca Fucci e Marco Lucchini, soci di Crea avvocati associati.
«Nella nostra quotidiana attività riscontriamo come le imprese necessitino di essere supportate nella valutazione dei liscili che possono sorgere attraverso la diffusione sui social di comunicazioni e informazioni attinenti la propria attività e i propri prodotti» spiega Carpani. «L'arricchimento che la rivoluzione digitale porta nella comunicazione e nella pubblicità è fondamentale. Occorre tuttavia saperlo governare e gestire nei momenti in cui sorgono criticità», aggiunge Lucchini. Per dotare le imprese e gli operatori di maggiori competenze specifiche sulla dimensione giuridica dei social nella comunicazione commerciale, Digital adv lab, la cui sede è a Milano, opera confrontandosi con i principali sistemi e organismi di autodisciplina pubblicitaria e con le autorità europee e americane, creando un network che si propone, attraverso il confronto, di studiare i fenomeni esistenti e quelli che nasceranno in futuro, anche attraverso seminari e convegni.
Presidio legale al passo coi tempi «Cresce l'esigenza di im
prontare la comunicazione a fenomeni virali (notizie, temi
di attualità) - aggiunge Fucci - , con una conscguente rapidità nella creazione e divulgazione del contenuto pubblicitario. Proprio la natura immediata dello strumento digitale ha accresciuto l'importanza della misurazione del suo successo attraverso riscontri legati all'esperienza social (condivisione, numero di impressioni). Non si può ignorare questi fenomeni. Da qui la decisione di lavorare per approfondire tutte le nuove forme di comunicazione pubblicitaria del mercato digitale e stabilire un canale di comunicazione permanente con gli operatori, recependo le tendenze in atto e le loro evoluzioni. Lo scopo è quello di offrire un presidio legale adeguato ai tempi e alla tipologia di azione pubblicitaria, anticipando dette tendenze ed evoluzioni, e di diffondere la conoscenza del diritto pubblicitario anche presso i soggetti protagonisti del mondo digitai». Per tale ragione l'offerta di servizi richiede il continuo studio dei fenomeni e deve evolversi per mezzo di uno stretto dialogo con i principali stakeholder del mercato pubblicitario digitale.
Aree di intervento in cui opera Digital adv lab sono la comunicazione pubblicitaria sui social network e in rete (per esempio Rtm - Real li
me marketing), le degenerazioni e il contrasto delle pra-tiche scorrette in tema di commercio elettronico e la pubblicità-attualità (messaggi, anche diffusi con mezzi tradizionali, incentrati su fatti o personaggi), con un focus specifico sul problema dell'endorsement e la riconoscibilità della natura commerciale di commenti e giudizi diffusi soprattutto dalle celebrity.
Il comitato scientifico A settembre è stato nomi
nato il comitato scientifico di cui fanno parte professionisti del mondo italiano dell'advertising e dei social, con l'obiettivo di identificare temi di frontiera per lo sviluppo di una cultura digitale avanzata. Vi entrano Federico Capeci, chicf digitai offì-cer e Ceo Italy di Kantar Tns e Kantar Insights; Valeria Surico, head of media, digitai, e-commerce, Crm and Pr, Danone Spa; Massimo Guastini, executive partner e socio fondatore di Cookies & partners; Edoardo Fleischner, consulente per la crossmedialilà di aziende pubbliche e private, crossmedia designer nonché docente presso l'Università degli Studi di Milano; Pierre Polonelli, digitai marketing manager; Maura Franchi, docente di Sociologia dei consumi all'Università degli Studi di Parma, Facoltà di Economia; Lara Ampollini, fondatrice dell'agenzia di comunicazione Lampi.
«Siamo molto onorati dell 'adesione di importanti esponenti del mondo dell'adv e della comunicazione italiana. Questo conferma l'interesse trasversale sul
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modo di comunicare delle imprese e di quali siano i rischi che occorre assolutamente prevenire» ricordano Carpani, Fucci e Lucchini, anch'essi componenti del comitato.
Brand safety e reputation Tn effetti, come spiega
un'analisi di Digital adv lab, in un mercato che a livello mondiale tocca oggi quasi il 20% degli investimenti totali, con proiezioni di crescita fino al 23% nel 2020, dominato progressivamente da utenti che si connettono e accedono a internet attraverso uno smartphone o device portatile (in Italia su oltre 50 milioni di utenti mobile quasi 33 milioni ne utilizzano uno), il fenomeno della comunicazione e informazione attraverso i social cresce di importanza, ponendo problematiche circa la corretta diffusione e fruizione.
Esistono i contenuti social creati dalle imprese secondo il concetto del low-latency marketing o real time marketing, ossia messaggi pubblicitari veicolati quasi quotidianamente in risposta a eventi ad alta risonanza me-diatica, al solo scopo di coinvolgere gh utenti, generare like e condivisioni (si pensi alla separazione tra Brad Pitt e Angelina Jolie e alle campagne pubblicitarie di diverse compagnie aeree).
Questi messaggi hanno una genesi talmente rapida da sovvertire tutti i principi di controllo e validazione legale cui normalmente sono sottoposte le campagne pubblicitarie: frequentemente violano in maniera plateale i diritti di terzi (marchi, diritti di immagine, d'autore, reputazione) e rischiano di contrastare con le politiche istituzionali per la comunicazione. È certamente un nuovo modo di fare pubblicità, ma colhde spesso con il diritto.
Continua la disamina di Digital adv lab: «Esistono poi i problemi legati al legame più o meno dichiarato di blogger/youtuber e influen-cer: negli Usa, la Federai trade commission ha sanzionato pesantemente una nota catena di negozi di abbigliamento. Nonostante ai fashion blogger ingaggiati su Instagram fosse richiesto di dichiarare la natura pubblicitaria dei post, gli accorgimenti utilizzati non sono stati ritenuti sufficienti a rivelare in maniera chiara e percepibile dal consumatore il contenuto sponsorizzato. In Europa e in Italia le imprese sono molto indietro e le autorità garanti si stanno muovendo. Fra i rischi figurano quelli connessi alla pubblicità occulta, una fattispecie molto grave sanzionata fino a 5 milioni di euro».
Vi è poi il tema della brand safety: le aziende stanno sperimentando sempre più un senso di impotenza nel vedere i propri messaggi pubblicitari, specie quelli acquisiti con il meccanismo del real time bidding (asta di spazi pubblicitari on line in tempo reale), pubblicati di fianco a contenuti sconvenienti, violenti o comunque altamente inopportuni, quali fake news o simili. Questi diventano così non solo inutili per la promozione della marca, ma dannosi per l'immagine del brand e dell'azienda. Ulteriori aspetti critici del mercato pubblicitario digitale ri
guardano l'effettiva misurabilità dell'audience digitale: il traffico non umano (non human traffic) costa ogni anno molti soldi alle imprese (l'Ana, associazione degli inserzionisti Usa, ha stimato 7,2 miliardi di dollari nei solo 2016) e non sempre vi sono idonei meccanismi per prevenirlo. Per fronteggiare queste nuove tendenze in atto occorre conoscere il lato tecnico del mercato pubblicitario digitale, le esigenze del marketing digitale e le norme di diritto: allo stesso modo è necessario diffondere la cultura della prevenzione e del rispetto delle regole già oggi presenti nel nostro Paese.
Gli organismi di controllo In Italia abbiamo l'Istituto
dell'autodisciplina pubblicitaria che vigila sul rispetto del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale da parte delle aziende che fanno advertising. In particolare, per quanto riguarda le campagne commerciali sul web, Iap ha varato la Digital chart, uno strumento che vuole orientare il comportamento di chi usa le piattaforme digitai e social e si prefigge anche di creare maggiore consapevolezza tra i consumatori su questi temi. «Negli ultimi anni - spiega l'Istituto - si è assistito a una notevole crescita degli investimenti nell'on line adverti
sing, passati dal 3% nel 2007 al 26,6% nel 2015. La comunicazione commerciale digitale adotta varie tipologie di format: dal display ai video, dai social al search, solo per citarne alcune, che vengono fruite dagli utenti attraverso una molteplicità di device: dallo smartphone al tablet, dal Pc alla smart Tv».
In Europa, inoltre, esiste dal 2012 la European inte-ractive digitai advertising alliance, organismo che si occupa del controllo della conformità delle pubblicità on Une rispetto a codici etici e deontologici condivisi. L Alliance e stata fondata da una coalizione industriale europea che rappresenta inserzionisti, agenzie pubblicitarie, marketing diretto, reti pubblicitarie e media. In particolare, questo organismo si occupa dei cosiddetti Oba (on line behavioural advertising), ovvero la pubblicità comportamentale on line.
Come spiega Iap: «L'Oba è uno strumento che, basandosi sull'attività di navigazione in rete di un dispositivo, permette di inviare all'utente messaggi pubblicitari in funzione degli interessi manifestati attraverso il web. Per esempio, se un device si collega a siti di case automobilistiche, nelle successive attività di navigazione potranno comparire messaggi pubblicitari relativi ad automobili, in quanto lo si ritiene un possibile ambito di interesse. In questo modo la pubblicità è più mirata perché si basa sui percorsi di navigazione precedenti, nei quali sono stati manifestati degli specifici interessi. Nella maggior parte dei casi, le informazioni utilizzate per gli annunci Oba non identificano l 'utente quale persona fisica».
In base alle normative vigenti, l'utente che naviga on line deve dare il proprio consenso infoniiato e preventivo a ricevere gli Oba, acconsentendo ai cookie di profilazionc.
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