dinamica e controllo dei processi

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Dispense Del Prof. C. Scali

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  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. I: Introduzione

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa I,1

    Capitolo I: Introduzione al Controllo dei Processi

    I-1: Le problematiche di controllo

    Un processo industriale costituito da una serie di unit tra loro integrate in modo razionale con l'obiettivo globale di convertire, pi economicamente possibile, certe materie prime in un prodotto finito. Durante il suo funzionamento l'impianto deve soddisfare una serie di condizioni specificate al momento del progetto e imposte dalla situazione generale (economica, sociale, ambientale) nella quale 1'impianto si trova ad operare. Tra queste, in ordine di priorit decrescente, si possono elencare: - Sicurezza: Un processo deve essere gestito in modo da non costituire pericoli per le

    persone dell'impianto e delle vicinanze; questo implica il mantenimento delle variabili operative (temperature, pressioni, concentrazioni di sostanze chimiche) entro i limiti permessi dalle apparecchiature.

    - Regolamentazioni ambientali: Le emissioni dall'impianto (gli effluenti liquidi e gassosi, nonch i residui solidi scaricati) devono essere mantenute al di sotto dei limiti previsti dalle normative vigenti nella regione dove l'impianto installato.

    - Vincoli operativi: Le apparecchiature, e quindi le principali variabili operative dell'impianto, sono sottoposte a dei limiti oltre i quali il funzionamento non garantito o non possibile.

    - Specifiche di produzione: In uscita dall'impianto si devono ottenere dei prodotti finali aventi quantit e qualit assegnate, fissate dalla potenzialit dell'impianto e dalle specifiche di qualit richieste per il prodotto commerciale.

    - Economia dell'impianto: L'esistenza dell'impianto subordinata alla possibilit di ottenere un prodotto da collocare sul mercato; quindi il consumo di materie prime, energia, investimento di capitale e l'impiego di manodopera devono essere in qualche modo ottimizzati.

    Durante il funzionamento un impianto industriale si trova ad operare in condizioni dinamiche per effetto di ingressi che tendono a spostarlo dalle condizioni di stazionario. Questi sono: - Perturbazioni, non desiderate, ma inevitabili in un ambiente industriale; ad esempio:

    cambiamento materie prime, invecchiamento o sporcamento delle superfici, oscillazione di pressione e temperatura rete di raffreddamento o riscaldamento, escursioni termiche tra notte e giorno;

    - cambiamenti di condizioni operative, desiderate e stabilite dall'operatore o dal sistema di supervisione dell'impianto; ad esempio: cambio tipologia di prodotto, ottimizzazione funzionamento (minimizzazione consumi di energia, aumento o diminuzione della produzione).

    L'obiettivo del sistema di controllo, in senso stretto, quello di mantenere le variabili di processo sui valori desiderati; in senso pi generale, il sistema di automazione dellimpianto include le funzioni di: sicurezza, controllo e ottimizzazione, secondo lo schema di Figura I-1. La funzione sicurezza gestisce le condizioni di emergenza; si basa su dispositivi auto-azionanti (valvole di sicurezza, di blocco, dischi a rottura); ha la priorit pi elevata. La funzione controllo gestisce le condizioni ordinarie; si basa su regolatori, in genere di tipo standard (PID).

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. I: Introduzione

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    La funzione ottimizzazione ha lo scopo di mantenere il processo nelle condizioni operative ottimali; determina i valori di riferimento dei regolatori; si basa su sistemi di calcolo pi avanzati; non prioritaria, ma ha il livello tecnologicamente pi elevato.

    Fig.I-1: Le funzioni sicurezza, controllo e ottimizzazione

    I-2: Classificazione delle variabili di processo

    Una schematizzazione delle variabili di processo riportata nella Figura I-2; il processo pu essere visto come un sistema che sotto l'azione di certe variabili di ingresso (cause), genera certe variabili di uscita (effetti). Tra le variabili di ingresso si possono distinguere le variabili manipolabili, (che sono a disposizione dell'operatore per effettuare correzioni nella conduzione del processo), dai disturbi, (i quali dipendono dall'ambiente esterno e sfuggono al controllo dell'operatore). Mentre le variabili manipolabili sono anche misurabili facilmente, soltanto alcuni disturbi potranno essere misurati; la maggior parte invece da considerare non nota e non misurabile. Tra le variabili di uscita dal processo si possono distinguere essenzialmente due categorie: le variabili di prestazione e le variabili intermedie. Le prime sono le variabili controllate in senso lato, in genere non tutte misurabili direttamente, collegate agli obiettivi dell'ottimizzazione dell'impianto. Le seconde sono le variabili fisiche, misurabili in qualche modo, indice del funzionamento dell'impianto e quindi delle prestazioni attuali.

    Fig.I-2: Una classificazione delle variabili di processo

    OTTIMIZZAZIONE

    CONTROLLO

    SICUREZZA

    Priorit

    Gerarchia

    PROCESSO V. Prestazione

    V. Disturbo Misurabili Non Misurabili

    V. Manipolabili

    V. Intermedie OUT = Effetti

    IN = Cause

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    La schematizzazione del problema in questi termini essenziale ai fini della definizione degli obiettivi, per la scelta delle variabili misurate e manipolate, per la scelta della struttura del sistema di controllo. Nel caso pi semplice, ai fini del controllo, un processo pu essere schematizzato con una sola variabile controllata in uscita e una sola variabile manipolata in ingresso, oltre ai disturbi (sistema SISO: Single Input Single Ouput). Nella maggior parte dei casi i processi hanno molte variabili in ingresso e in uscita (sistemi MIMO: Multi Input Multi Output) e sono caratterizzati da interazione dei diversi ingressi sulle uscite. In casi particolari ancora possibile identificare variabili di ingresso aventi effetto predominante su certe uscite e ricondurre il sistema multivariabile ad una serie di sistemi di tipo SISO tra loro non interagenti.

    I-3: Alcuni esempi di processi controllati

    Livello di un serbatoio Si vuole controllare il livello (h) del serbatoio (V.Ctrl); sono presenti disturbi sulla portata di ingresso Fi (V.Dstr). La variabile controllata h anche misurabile (V.Msrt); un possibile schema di controllo di livello (LC) quello di intervenire mediante una valvola sulla portata di uscita Fu (V.Mnpl), per mantenere il livello h al valore desiderato ho. Lapertura fatta variare in funzione della differenza tra il valore desiderato (ho) e il valore attuale (h) del livello.

    Fig.I-3: Controllo di livello di un serbatoio

    Temperatura di un serbatoio Si vuole controllare la temperatura (T) del serbatoio (V.Ctrl), dove si ha un riscaldamento del liquido in ingresso dalla temperatura Ti alla temperatura T; sono presenti disturbi sulla portata Fi e sulla temperatura di ingresso Ti (V.Dstr). La variabile controllata T anche misurabile (V. Msrt); un possibile schema di controllo di temperatura (TC) quello di intervenire mediante una valvola sulla portata di vapore W (V.Mnpl), per mantenere la temperatura T al valore desiderato To. Lapertura fatta variare in funzione della differenza tra il valore desiderato (To) e il valore attuale (T) della temperatura.

    Fig.I-4: Controllo di temperatura di un serbatoio

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    Concentrazione in un serbatoio Si vuole controllare la concentrazione (C) di uscita dal serbatoio (V.Ctrl) dove avviene una reazione di neutralizzazione tra il reagente A e il reagente B (ad esempio un controllo di pH); sono presenti disturbi sulla portata Qb del reagente B (V.Dstr). La variabile controllata C anche misurabile (V. Msrt); un possibile schema di controllo di concentrazione (CC) quello di intervenire mediante una valvola sulla portata Qa di reagente A (V.Mnpl), per mantenere la Concentrazione C al valore desiderato Co. Lapertura fatta variare in funzione della differenza tra il valore desiderato (Co) e il valore attuale (C) della concentrazione.

    Fig.I-5: Controllo di concentrazione di un serbatoio

    I-4: Sistemi SISO e MIMO

    Livello, Concentrazione e Temperatura di un serbatoio Gli esempi precedenti rappresentavano sistemi con una sola variabile controllata e una sola variabile manipolata (sistemi SISO); il funzionamento del sistema di controllo immediato. In molti casi si hanno pi variabili di ingresso e di uscita (sistemi MIMO), con possibilit che ogni singolo ingressi influenzi alcune o tutte le uscite; il caso del serbatoio riportato in Figura I-6: si vuole mantenere sotto controllo il livello h, la temperatura T e la concentrazione C, che possono essere assunte misurabili. Sono previsti disturbi sul flusso B (portata Qb, temperatura Tb, Concentrazione Cb); si pu intervenire sulle portate del flusso A (Qa), del vapore (W) e del flusso in uscita (Q).

    Fig.I-6: Schema del processo con tre V.Ctrl e tre V. Mnpl

    In questo caso la scelta del sistema di controllo e il funzionamento possono non essere immediati. Si pu adottare un sistema di controllo di tipo SISO (FiguraI-7 con accoppiamenti tra singole variabili Mnpl in ingresso e Ctrl di uscita), con problemi di interazione e scelta degli accoppiamenti. Ad esempio, la portata Qa pu essere asservita alla concentrazione C (QaC), la portata di vapore W alla temperatura T (WT), la portata di uscita Q al livello h (Qh), come schematizzato in Figura I-7a a; evidente che una variazione di portata Qa, oltre che su C (effetto desiderato), influenza anche h (effetto non desiderato interazione); invece, una variazione di portata W ha effetto principalmente sulla temperatura T. Questo non lunico schema che pu funzionare: ad esempio possono essere scambiate tra loro le portate Q e Qa, con accoppiamenti Qah e QC. In generale, i processi industriali sono di tipo MIMO, ma in molti casi le relazioni tra le variabili pi importanti possono essere ricondotte a schemi di tipo SISO, che vengono

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    preferiti quando la loro efficacia risulta accettabile, dato che risultano pi semplici e immediati, anche se non ottimali. In alternativa, si pu adottare un sistema di controllo di tipo MIMO (Figura I-7b), in teoria ottimale, in quanto tutte le controllate sono influenzate da tutte le manipolate; esso presenta maggiori difficolt di progettazione e di realizzazione.

    Fig.I-7: Schema di controllo SISO (a) e MIMO (b) del processo con tre V.Ctrl e tre V. Mnpl

    I-5: Elementi e variabili in un processo controllato

    Negli esempi precedenti possono essere individuati gli elementi essenziali costituenti il processo controllato, schematizzati in termini di diagramma a blocchi nella Figura 1.8.

    Figura 1.8: Elementi e variabili in un processo controllato in retroazione (CL)

    Ciascun blocco rappresenta in modo pittorico il rapporto causa - effetto tra variabili di ingresso e variabili di uscita. Introducendo nel blocco il modello matematico dell'elemento possibile una valutazione quantitativa dell'evoluzione del sistema nel tempo. Di seguito riportata una descrizione qualitativa dei diversi elementi e del loro funzionamento nell'anello di regolazione in retroazione. - Il Processo: rappresenta l'operazione (la variabile) che si vuole controllare, ovvero

    l'effetto e della variabile manipolata m e del disturbo d sull'uscita y; normalmente questi due effetti sono diversi tra loro.

    - L'Attuatore: rappresenta il dispositivo che trasforma le correzioni s, decise dal regolatore, in variazioni sulla variabile manipolata X. Nella maggior parte dei casi, una valvola di regolazione che agisce su una portata di fluido.

    - Il Regolatore: stabilisce l'azione di controllo da effettuare affinch la variabile di uscita y, che nota attraverso la sua misura Ym, sia uguale al valore desiderato r=Y (set-point); la variabile e = Ym - r definita errore. Lazione di controllo dipende dallerrore (retroazione); lentit dellazione correttiva [s=f(e)], dipende dalla legge di controllo (algoritmo del regolatore).

    PPRROOCCEESSSSOO ATTUATORE RREEGGOOLLAATTOORREE

    Disturbi

    MMIISSUURRAATTOORREE

    S: dipende da YY--YY

    S X Y

    Ym

    Y

    (a) (b)

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    - Il Misuratore: trasferisce al sistema di controllo il valore Ym della variabile controllata Y. Il blocco M ingloba l'elemento sensibile, il trasduttore, la linea di trasmissione. In parallelo la variabile misurata generalmente registrata per avere una traccia del suo andamento nel tempo.

    I-6: Azione di controllo OL e CL

    Si distinguono due tipi di azione di controllo fondamentali: in anello aperto (Open Loop, OL) e in anello chiuso (Closed Loop, CL), a seconda che lazione di controllo risenta o meno della variabile di uscita. Nel controllo OL, lazione di controllo stabilita dallesterno e non dipende dagli effetti sulluscita (Figura I-9). tipica dei dispositivi temporizzati (costanti nel tempo o con logica programmata); caratterizzato da maggiore semplicit, bassi costi dei dispositivi, minore accuratezza nelle prestazioni, che dipendono dalla calibrazione. Esempi di controllo OL: cellula fotoelettrica, tostapane, forno, lavatrice; elementi OL si ritrovano in schemi pi complessi (controllo in avanti).

    Fig.I-9: Schema di un processo controllato anello aperto (OL)

    Nel controllo CL, che il sistema pi comune, lazione di controllo dipende dagli effetti sulluscita (Figura I-8). Questo tipo di azione si ritrova nei sistemi naturali (regolazione temperatura corporea), manuali (uomo che guida automobile), automatici (schemi pi comuni di controllo processo). La retroazione (Feedback) la propriet per la quale linformazione sullo stato del processo viene trasferita al regolatore per mezzo di un misuratore. Come principale caratteristica, in grado di permettere prestazioni pi elevate; la risposta pu divenire oscillante, a causa dei continui aggiustamenti dellazione di controllo, con possibilit di portare a instabilit, se non correttamente progettato.

    I-7: Tipi di strutture di controllo

    La struttura del sistema di controllo rappresenta il modo con cui le informazioni sul processo, ottenute attraverso le misure, vengono usate per effettuare le correzioni nelle variabili manipolate in ingresso al processo.

    La struttura pi comune, come gi illustrato in precedenza, quella in retroazione, (Figura I-10a). Sono utilizzate direttamente le misure delle variabili controllate in uscita per intervenire sulle variabili manipolate; l'entit dell'azione correttiva dipende proprio dallo scostamento della variabile di uscita rispetto ai valori desiderati.

    Un'altra struttura di controllo base quella in avanti (Feed-Forward), che in Anello Aperto, (Figura I-10b). In questo caso sono utilizzate le misure di alcune variabili di ingresso (disturbi misurabili) per effettuare le correzioni sulle variabili manipolate. Al vantaggio di una maggiore velocit di intervento rispetto allo schema in retroazione, corrisponde lo svantaggio

    PPRROOCCEESSSSOO ATTUATORE RREEGGOOLLAATTOORREE

    Disturbi

    X

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    della mancanza di una verifica sugli effetti ottenuti sulle variabili in uscita dal processo. Per questa ragione lo schema in avanti si usa raramente da solo; pi comunemente, accoppiato allo schema in retroazione, al fine di avere i vantaggi delle due configurazioni.

    Nel caso in cui siano disponibili altre misure, oltre che delle variabili di uscita, anche di alcune variabili intermedie che possono risentire degli effetti dei disturbi pi prontamente delle uscite, le misure intermedie possono essere usate in schemi di controllo in cascata (Figura I-10c). In questo caso si hanno pi regolatori in serie con obiettivi di controllo specifici e stabiliti, dal regolatore pi esterno (primario), per ogni regolatore interno (secondario).

    In tutti gli esempi visti sopra le variabili controllate erano anche considerate direttamente misurabili; in molti casi di rilevante interesse industriale le misure non sono possibili, oppure i sistemi di misura sono costosi o scarsamente affidabili o hanno propriet dinamiche sfavorevoli (ritardi); ad esempio misure di propriet finali, richieste nel controllo di qualit (grammatura della carta, resistenza meccanica di una fibra), ma anche misure di variabili intermedie (pesi molecolari o loro distribuzione, viscosit, composizione di una miscela a molti componenti) . In questi casi necessario ricorrere a schemi pi complessi nei quali la grandezza non misurabile direttamente viene ricostruita per mezzo di uno stimatore, il quale si basa sui misurati delle variabili intermedie disponibili e su un modello del processo. Queste stime sono usate in uno schema di controllo inferenziale (Figura I-10d), per effettuare le correzioni sulle variabili di ingresso al processo.

    Fig.I-10a: controllo in retroazione Fig. I-10b: controllo in avanti

    Fig.I-10c: controllo in cascata Fig.I-10d: controllo inferenziale (con stimatori)

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    I-8: Evoluzione dei sistemi di controllo

    Il sistema di controllo svolge la funzione pi evoluta tra gli elementi che costituiscono la catena di regolazione, dato che valuta lentit dellazione correttiva da apportare sulle variabili di ingresso per mantenere il sistema nelle condizioni di funzionamento desiderato. Questo ruolo pu essere svolto dalluomo (controllo manuale), con riferimento alla propria esperienza oppure sulla base di procedure codificate. questo il caso di tutti i sistemi di guida (automobile, treno, aereo, anche se in molti casi il sistema di controllo misto, avvalendosi anche di dispositivi automatici). Questo anche la situazione di processi industriali relativamente semplici, o della prima fase della industrializzazione (specifiche di controllo meno restrittive, controllo limitato alle variabili pi importanti). Attualmente il controllo manuale riservato a operazioni particolari, non troppo complesse, o difficili da inquadrare in una procedura (ad esempio operazioni discontinue, formulazione di composti, procedure particolari di stagionatura o invecchiamento di prodotti alimentari); in ogni caso la tendenza verso lautomazione anche di questi processi. Il controllo automatico quello pi diffuso oggi e ha rappresentato la naturale evoluzione nel controllo di processo, motivata dal passaggio da processi discontinui a continui di crescente complessit, dalla necessit di mantenere specifiche pi ristrette sui prodotti, dallesigenza di affrancare luomo da operazioni ripetitive. Il compito delloperatore manuale quello di impostare i valori desiderati delle principali variabili sul sistema di controllo che poi provvede a mantenerli. Il regolatore allinizio era di tipo analogico (pneumatico, elettrico); attualmente i regolatori pi diffusi sono di tipo digitale, con possibilit di realizzare algoritmi di controllo pi sofisticati e svariate funzionalit accessorie. In ogni caso, a livello di controllo di base, i regolatori pi diffusi sono ancora quelli di tipo standard (convenzionale o PID), per i quali la relazione tra azione di controllo ed errore [s=f(e)] di tipo Proporzionale Integrale Derivativo. Controllo con Calcolatore. Il grande sviluppo tecnologico degli ultimi anni, rendendo disponibili calcolatori di potenzialit crescente a prezzi sempre pi bassi, ha avuto un impatto profondo nel controllo dei processi.

    Le possibili applicazioni sono molto diversificate, ma i due modi base di impiego sono: Controllo Digitale Diretto (DDC, Figura I-11a): in questo caso il calcolatore sostituisce il regolatore, nel senso che riceve direttamente le misure dal processo e calcola l'azione di controllo. In principale vantaggio che possono essere realizzate leggi di controllo pi sofisticate di quelle possibili con i tradizionali regolatori di tipo standard. Non molto diffuso nel controllo dei processi industriali, mentre le principali applicazioni sono nel campo delle tecnologie meccaniche (macchine a controllo numerico). Controllo con Calcolatore in Supervisione (DCS, Figura 1-11b): in questo caso il calcolatore acquisisce i dati dall'impianto, li elabora in modo da perseguire una strategia di ottimizzazione e stabilisce i valori di set-point per i regolatori che agiscono sulle singole unit del processo. Questi possono essere controllati ancora da calcolatori pi piccoli, ma nei casi pi comuni regolatori che agiscono sul processo sono ancora di tipo convenzionale. I dati d'impianto vengono registrati, presentati in grafici e quadri sinottici dell'impianto ed elaborati a fini statistici e di confronto. Loperatore supervisiona il funzionamento di pi unit dellimpianto dalla sala controllo, ha indicazioni immediate delle variabili fuori specifica e delle eventuali emergenze e pu effettuare valutazioni storiche sullandamento del controllo (monitoraggio delle prestazioni, in gran parte automatizzato). Le modifiche da effettuare sulle variabili di processo, possono essere attuate automaticamente, oppure dopo consenso da parte delloperatore (Figura I-12).

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. I: Introduzione

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    Fig.I-11a: controllo digitale diretto Fig.I-11b: controllo con calcolatore in supevisione

    Fig.I-12a: Registrazioni di variabili controllate Fig.I-12b: supervisione da sala controllo

    I-9: Fasi della progettazione del sistema di controllo

    Per progettare il sistema di controllo necessario conoscere le caratteristiche del processo e dei diversi elementi che costituiscono la catena di regolazione. Uno stesso sistema di controllo non pu essere ottimale per tutte le situazione: processo continuo o discontinuo, fasi di avviamento o fermata, neutralizzazione dei disturbi o cambiamento delle condizioni operative. Le fasi della progettazione del sistema di controllo possono essere schematizzate nelle seguenti: - Definizione degli obiettivi di controllo (quali e quante variabili?, a quali sono assegnate le

    priorit?). - Individuazione delle fonti di perturbazioni (quali disturbi sono pi frequenti?, quali

    misurabili e quali no ?, quali possono essere eliminati con interventi di progetto o di controllo a monte?).

    - Scelta delle variabili misurate (le variabili controllate sono misurabili direttamente? ci sono variabili intermedie? quali sono le caratteristiche (precisione, affidabilit) delle misure possibili?).

    - Scelta delle variabili manipolate (quali sono a disposizione e quali sono fissate da vincoli a monte? quale efficacia sulle variabili controllate?).

    - scelta della configurazione di controllo (il processo MIMO o SISO? se MIMO, come devono essere accoppiate tra loro variabili manipolate e controllate? sufficiente un semplice controllo in retroazione o serve uno schema pi complesso (in avanti in cascata?).

    - Scelta della legge di controllo, cio entit dell'azione correttiva, in funzione delle deviazioni rispetto al valore desiderato per le uscite (controllo SISO o MIMO? algoritmo di controllo: regolatore standard o avanzato?).

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. I: Introduzione

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    I-10: Rilevanza del controllo di processo

    Lincidenza della parte Strumentazione e Controllo, che include strumenti di misura, trasmettitori, sistemi di controllo e attuatori (valvole di regolazione), sul costo totale di un impianto pu essere stimata intorno al 30%, ma pu essere anche molto superiore, dipendendo fortemente dal grado di automazione dello stesso. Inoltre negli ultimi decenni, in molti casi si assistito ad interventi di innovazione su impianti di antica progettazione, per permettere ladeguamento alle nuove esigenze produttive, di rispetto delle normative di sicurezza ed ambientale, interventi che hanno riguardato essenzialmente la parte relativa allautomazione. Anche nel caso di progettazione di impianti nuovi, una esigenza che si affermata quella della interazione tra le fasi di progettazione dellimpianto e del sistema di controllo, per far s che la possibilit di garantire certe specifiche (controllabilit dellimpianto) sia affrontata direttamente fin dalle prime fasi e non lasciate alla fase finale. In tal modo, si cerca di limitare i rischi dovuti alla impossibilit (o estrema difficolt) di controllare un impianto la cui progettazione, ottimale dal punto di vista di processo, non ha tenuto conto delle caratteristiche del sistema di controllo.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. II: Modelli Dinamici

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,1

    II - Dinamica dei Sistemi e Modelli

    II-1: Introduzione

    Le problematiche di controllo di processo hanno origine dal fatto che i processi operano in condizioni dinamiche (presenza di perturbazioni o variazioni di condizioni operative). Da qui linteresse verso strumenti che permettano di analizzare in modo quantitativo levoluzione del processo nel tempo: i modelli dinamici.

    Il modello una rappresentazione del processo in termini matematici, ovvero fornisce le relazioni tra le principali variabili in gioco. Nei modelli ingresso uscita la rappresentazione limitata alle relazioni tra variabili di ingresso e di uscita; nei modelli a variabili di stato, oltre alle variabili di uscita, compaiono anche variabili interne al processo e questo permette una descrizione pi completa del processo.

    Fig.2-1: Schema variabili di ingresso, di uscita e di stato

    A seconda del dominio di rappresentazione si possono avere modelli diversi: - nel dominio tempo (t), i modelli sono costituiti da equazioni differenziali che, a

    seconda dei casi, possono essere Ordinarie / alle Derivate Parziali, Lineari / Non Lineari, a coefficienti costanti / tempo-varianti,

    - nel dominio di Laplace (s), i modelli sono dati in termini di Funzione di Trasferimento,

    - nel dominio della frequenza (), i modelli sono dati in termini di Funzione Armonica.

    Lo sviluppo di un modello pu essere considerato avvenire concettualmente attraverso 4 fasi: - Definizione del problema e degli obiettivi, - Formulazione del modello, - Stima dei parametri - Convalida del modello.

    I modelli possono essere utilizzati con scopi molto diversi: progettazione di apparecchiature, sintesi di un processo, progetto del sistema di controllo, tuning dei regolatori, ottimizzazione dellintero processo, analisi di sicurezza, valutazione di impatto ambientale, formazione degli operatori. evidente che le caratteristiche, la complessit e i limiti di validit saranno molto diversi, a seconda degli scopi per cui il modello stato costituito. La definizione degli obiettivi molto importante: nessun modello va sempre bene; in generale va trovato un compromesso tra complessit e rappresentativit. In genere per il controllo si utilizzano modelli non particolarmente complessi, con lambizione che riescano a comprendere gli aspetti essenziali della dinamica del processo.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. II: Modelli Dinamici

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,2

    II-2: Classificazione dei modelli

    I modelli possono essere classificati in modo diverso. I modelli strutturati (a principi primi, meccanicistici, fenomenologici) si basano sui fenomeni chimico fisici che regolano il comportamento del processo. Fanno riferimento a leggi fisiche ben precise e sono rappresentati da equazioni di conservazione (materia, energia, quantit di moto), equazioni costitutive (di stato, di equilibrio, cinetiche, di scambio, stechiometriche). Hanno alla loro base ipotesi semplificatrici che consentono la schematizzazione dei compessi fenomeni reali: ipotesi diverse portano a modelli diversi per lo stesso processo fisico. Hanno lo svantaggio di richiedere una conoscenza a priori sul processo; hanno il vantaggio di poter essere usati in un campo pi esteso di condizioni operative (estrapolazione) e di richiedere meno dati per la calibrazione dei parametri. I modelli non strutturati (parametrici, empirici, a scatola nera) si basano sullesperienza acquisita o sulla sperimentazione effettuata sullimpianto (data driven). In genere sono limitati a relazioni ingresso uscita relativamente semplici. Hanno il vantaggio di non richiedere conoscenza sul processo, anche se una conoscenza parziale sempre desiderabile; gli svantaggi risiedono nella minore estrapolabilit e nella necessit di avere numerosi dati dimpianto per la calibrazione. Da sviluppare quando lapproccio strutturato porta a modelli troppo complessi. I modelli ibridi cercano di integrare i due approcci.

    In termini pi generali disporre di un modello matematico del processo ottenuto per via analitica presenta degli indubbi vantaggi rispetto ad una sperimentazione condotta sullimpianto:

    - permette di caratterizzare processi non esistenti (fase di progetto) - evita sperimentazioni che possono essere non fattibili sullimpianto reale (troppo

    lunghe, complicate o pericolose), - permette di mettere a fuoco comportamenti tipici che poi si ritrovano nei processi

    reali, comportamenti che in molti casi sono difficili da estrarre dalla sperimentazione stessa, a causa della presenza di rumori, disturbi sovrapposti e altro.

    In ogni caso non si deve dimenticare che un modello, per quanto possa essere accurato, rappresenta sempre una idealizzazione del comportamento reale e quindi una approssimazione della realt; di questo fatto si deve tenere conto per comprendere le limitazioni della progettazione (dellimpianto, del sistema di controllo) che si basa sul modello.

    II-3: Alcune definizione dei sistemi

    Nei sistemi dinamici le condizioni variano nel tempo, ovvero nelle equazioni di bilancio compare un termine di accumulo non nullo; questo termine nullo per i sistemi stazionari. Nei sistemi continui le variabili (di ingresso, di stato, di uscita) sono funzioni continue della variabile tempo. I sistemi discreti sono originati dallacquisizione dei valori delle variabili ad intervalli di tempo predefiniti (campionamento). Nei sistemi a parametri concentrati le grandezze non variano secondo coordinate spaziali mentre lunica variabile indipendente il tempo; viceversa, nei sistemi a parametri distribuiti le grandezze variano anche in funzione di variabili spaziali.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. II: Modelli Dinamici

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,3

    La condizione di realizzabilit fisica (causalit) di un sistema implica lovvia condizione che luscita dipenda soltanto dai valori passati e presenti dellingresso; matematicamente:

    tXftY = )],([)(

    Stabilit Un sistema si trova in un punto di equilibrio se tutte le variabili di ingresso e di uscita sono costanti nel tempo; lequilibrio pu essere diverso, se levoluzione del sistema (risposta) per un ingresso limitato : Instabile: la risposta diverge (non limitata) Stabile: la risposta limitata Asintoticamente stabile: la risposta, oltre che limitata, tende a zero Globalmente stabile: se la stabilit verificata per ogni entit di perturbazione. Per un sistema lineare, il comportamento non dipende dal punto di equilibrio e dallentit della perturbazione, mentre per un sistema non lineare dipende da entrambi.

    Linearit e linearizzazione Definizione: Un sistema P lineare se e solo se (Figura 2-2):

    Dato un input X1(t) a cui corrisponde unuscita Y1(t) Dato un input X2(t) a cui corrisponde unuscita Y2(t)

    per ogni costante a1, a2 si ha che: ( ) ( ) ( ) ( )tYatYatXatXa 22112211 ++

    Fig.2-2: Definizione di sistema lineare

    Principio di Sovrapposizione degli Effetti (Figura 2-3): Leffetto Y(t) risultante di pi ingressi Xi(t) agenti contemporaneamente pari alla sommatoria degli effetti Yi(t) di ciascun ingresso considerato agire separatamente, ovvero luscita risultante vale:

    ( ) ( )=

    =

    n

    ii tYtY

    1

    Fig.2-3:Principio di sovrapposizione degli effetti

    La definizione di linearit e il principio di sovrapposizione degli effetti sono equivalenti nel caratterizzare il comportamento di un sistema lineare.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. II: Modelli Dinamici

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    Linearizzazione I sistemi reali sono in genere non lineari; la linearizzazione permette di applicare tecniche lineari; la teoria classica del controllo vale per sistemi lineari. Lapprossimazione introdotta causa di errore, accettabile nel caso di piccoli scostamenti rispetto al punto di riferimento. La tecnica di linearizzazione prevede unespansione in serie di Taylor intorno al punto di stazionario, trascurando i termini di ordine superiore al 1:

    Nel caso di due variabili indipendenti (x,y) si ha:

    ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )

    ( ) ( ) ( )

    +==

    +

    +

    +==

    =

    =

    =

    yKxKyxfyxfyxf

    sotyyx

    yxfxx

    x

    yxfyxfyxfyyxx

    yyxx

    2100

    0

    00

    0

    00

    00

    ,,,

    ......

    ,,

    ,,

    Per gli scopi del controllo gli scostamenti devono essere piccoli; se la funzione fortemente non lineare, allora la linearizzazione vale soltanto nellintorno del punto di espansione; migliori risultati possono essere ottenuti linearizzando in punti distinti, ottenendo diversi valori dei parametri (modelli multipli).

    Fig.2-4: Linearizzazione in punti diversi

    Variabili scostamento conveniente rappresentare il modello dinamico del processo in termini di variabili scostamento (deviazione), rispetto allo stato stazionario di riferimento (uguale a zero o f(t)); questo permette di ottenere espressioni pi compatte e, nel caso si parta da un punto iniziale di equilibrio, il contributo delle condizioni iniziali alla risposta totale nullo:

    ( ) ( ) 0ytyty =

    II-4: Tipi di modelli ed Equazioni Differenziali

    I modelli strutturati si basano su equazioni di bilancio scritte sul volume elementare per la variabile in oggetto Y; nel caso generale assumono lespressione: Ingresso + Generazione = Uscita + Accumulo, ovvero:

    ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )

    ==

    +++==

    =

    xKxfxfxf

    .....xxdx

    xfd21

    xxdx

    xdfxfxf

    10

    20

    xx

    2

    2

    0xx

    0

    00

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,5

    dtdYYYY OUTGENIN +=+

    Se il volume elementare pu essere assunto invariante con lo spazio il sistema si definisce a parametri concentrati (esempio classico il reattore perfettamente miscelato, CSTR), mentre se varia con lo spazio si definisce a parametri distribuiti (esempio classico il reattore tubolare, PFTR). I tipi di equazione che si ottengono nei due casi sono diversi come illustrato nei due esempi che seguono, dove viene messo in evidenza il ruolo delle ipotesi assunte nello sviluppo del modello.

    Reattore CSTR:

    Ipotesi: - Volume costante, propriet fisiche (densit, calore specifico costanti) Fi=F - Perfetto miscelamento (volume del reattore caratterizzato da un unico valore delle

    grandezze interne (T, C), valori uguali a quelli in uscita. - Cinetica di reazione esprimibile con una legge di potenza rispetto alla concentrazione

    del reagente A e con una dipendenza dalla temperatura secondo la legge di Arrhenius. - Reazione esotermica con calore di reazione (H)

    ( )

    =

    =

    RTEexpAkckr nA

    Bilancio di Massa [Kg/s]:

    An

    AAAi

    AAAi

    cdtdVckVcFcF

    cdtdVVrcFcF

    ++=

    =

    ( )

    ( )

    =

    ==+

    +

    00

    ][;0

    AA

    nA

    AiAA

    cc

    sF

    Vckccc

    dtd

    Bilancio di Energia [W]: T

    dtdCVTCFVckHTCF pp

    n

    Aip +=+

    ( ) ( )( )

    =

    =

    +

    0

    p

    n

    Ai

    T0TC

    ckHTTTdtd

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,6

    Osservazioni: il BM rappresentato da una ED Ordinaria (variabile indipendente: il tempo t), lineare soltanto nel caso di cinetica del primo ordine (n=1) e di reattore isotermo (k= costante); allo stazionario si ha una equazione algebrica. Il BE e rappresentato da EDO non lineare anche nel caso n=1, dato che k=k(T). I coefficienti sono costanti nelle ipotesi assunte per V, , Cp. Il problema definito, note le condizioni iniziali al tempo t=0 (IC), per CA(0) e T(0).

    Reattore PFTR:

    Bilancio di Massa sullelemento dx:

    ( ) ( )( ) ( )

    =

    =

    ==+

    +

    ++

    +=

    tctcCBxcxcCI

    SF

    vckct

    vct

    ct

    dxSckdxSdxcx

    cFcF

    AA

    AA

    nAAA

    An

    AAAA

    0

    0

    0,:..,0:..

    0

    Bilancio di Energia:

    ( ) ( )( ) ( )

    =

    =

    =+

    +

    tT0,tT:.C.B

    xTx,0T:.C.I

    0ckC

    HTx

    vTt

    0

    0

    nA

    p

    Osservazioni: BM e BE sono in questo caso rappresentati da ED alle Derivate Parziali (variabili indipendenti t, x); allo stazionario si ottengono EDO (C=C(x), T=T(x)); i coefficienti sono costanti nelle ipotesi assunte. Per la definizione del problema servono le condizioni iniziali (IC) al tempo t=0: T(0,x), C(0,x) e le condizioni al contorno (BC) allascissa x=0: T(t,0), C(t,0).

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    II-5: Ingressi Tipici

    Per lo studio della dinamica dei sistemi ha interesse la loro risposta a ingressi tipici; le tecniche stimolo-risposta servono per caratterizzare un sistema del quale stato costruito un modello (simulazione), oppure possono anche essere usate sperimentalmente per ricavare il modello di un sistema dallanalisi della risposta (identificazione). Rimanendo nel campo di ingressi di tipo deterministico, gli ingressi pi comuni sono: il gradino, limpulso, la sinusoide, la rampa; definizioni e propriet sono riportate di seguito.

    Gradino

    ( )

    =

    =

    ==

    tAtYttY

    eAYY

    t

    t

    )(,;lim

    0110;00

    Landamento della risposta riportato in figura: si osserva che a tempi lunghi luscita segue lingresso traslata di un tempo pari alla costante .

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    II-7.3: Ingresso a impulso La formulazione matematica del problema diviene:

    ( ) ( ) ( )( )( )

    =

    =

    =

    =+

    0t0t0

    t

    00Y

    tXtYtYdtd

    ( ) ( ) ( )

    ( )

    =

    =+

    00Y

    ttYtYdtd

    La soluzione pu essere ottenuta immediatamente applicando la propriet:

    ( ) ( )[ ]00 ][ ttuYdtd

    ttY = e risulta (per la risoluzione dettagliata vedi appendice):

    risposta al gradino unitario: t

    etY

    =1)(

    risposta allimpulso unitario: ( )

    t

    etY

    =1

    Da uno studio sommario i punti notevoli risultano:

    ( ) ( ) 22 10;0;1)0(

    ====

    t

    eYYY

    Landamento della risposta riportato nelle figure che seguono; si osserva che: - il sistema si sposta dalle condizioni di equilibrio per la sollecitazione al tempo t=0 e

    poi ritorna nella condizione iniziale - lo scostamento iniziale e la velocit di risposta sono inversamente proporzionali alla

    costante di tempo del sistema - la costante di tempo pu anche essere definita come il tempo al quale la risposta

    raggiungerebbe il valore di equilibrio se mantenesse la velocit iniziale:

    === tt

    tY 01)( 2

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,17

    II-7.4: Ingresso sinusoidale La formulazione matematica del problema diviene:

    ( ) ( ) ( )( )( ) ( )

    =

    =

    =+

    tAtXY

    tXtYtYdtd

    sin00

    ( ) ( ) ( )( )

    =

    =+

    00

    sin

    Y

    tAtYtYdtd

    La soluzione risulta (vedi appendice per i dettagli):

    ( ) ( )

    ( )( )

    22

    22

    22

    11

    arctan

    sin1

    cossin1

    1

    +=

    =

    +++

    =

    +

    +=

    AB

    tAB

    eAY

    tteAY

    t

    t

    Con riferimento alle figure riportate di seguito, si osserva che il primo termine tende a zero per t ; il secondo termine rappresenta la risposta allo stazionario, che una sinusoide avente la stessa frequenza (pulsazione ), ampiezza minore dellingresso (B

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    II-8: Modelli dinamici di sistemi del secondo ordine

    II-8.1: Miscelatori in serie Il caso pi immediato di sistema del secondo ordine originato dal sistema di due miscelatori in serie, nel quale si vuole conoscere come la concentrazione z(t) del flusso in uscita dal secondo varia in funzione della concentrazione x(t) del flusso in ingresso al primo.

    Ipotesi:

    Perfetto miscelamento; Assenza di reazione chimica; Volumi e densit costanti (quindi qi=q1=qu=q); Stazionario iniziale di equilibrio: ( ) ( ) ( ) 0tztytx,0t ===

    Bilancio materiale su 1 e 2 serbatoio, rispettivamente:

    ( ) ( )( ) ( )

    +=

    +=

    zdtdVtzqtyq

    ydtdVtyqtxq

    2

    1

    ( ) ( ) ( )( ) ( ) ( )

    ( ) ( )

    ==

    ==+

    ==+

    00z0y

    qVtytztzdtd

    qVtxtytydtd

    222

    111

    Si ottiene quindi un sistema di 2 E.D.O del 1ordine: per sostituzione pu essere ridotto ad una E.D.O del 2ordine:

    ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( )( )

    =

    =

    =+++

    00z00z

    txtztzdtd

    tzdtd

    212

    2

    21

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,19

    La risposta di un sistema del 2ordine ad un input a gradino assume quindi la seguente forma:

    ( ) ( ) ( ) ( ) ( )( )( )( )

    =

    =

    =

    =+++

    Atx00z00z

    txtztzdtd

    tzdtd

    212

    2

    21

    ( ) ( ) ( ) ( )

    ( ) ( )

    ==

    =+++

    00z0z

    Atztzdtd

    tzdtd

    212

    2

    21

    Le radici dellE.C. (p1=-1/1, p2=-1/ 2) determinano la seguente soluzione dellequazione

    omogenea: ( ) 21t

    2

    t

    1omo ecectz

    +=

    la soluzione particolare ovviamente ( ) Atz part = , per cui la soluzione completa risulta: ( ) Aecectz 21

    t

    2

    t

    1 ++=

    Quindi imponendo le condizioni iniziali, si ha: 21

    22

    21

    11 ;

    =

    =

    Ac

    Ac e quindi:

    ( )

    ( )

    +=

    +

    +

    =

    12

    21

    t

    1

    t

    221

    t

    21

    2t

    21

    1

    ee11Atz

    AeAeAtz

    Da uno studio sommario i punti notevoli risultano: ( ) ( )

    =

    =

    =

    =

    0

    0000z

    z

    Azz

    La curva presenta anche un punto di flesso al tempo: 2

    1

    21

    21* ln

    =t

    Andamenti qualitativi della risposta al gradino sono riportati nelle figure che seguono; la risposta diviene pi lenta allaumentare di valori delle costanti di tempo. Dettagli ed ulteriori esempi sono riportati in Appendice 2.

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    II-8.2: Sistema viscoelastico Il caso pi generale di dinamica del secondo ordine rappresentato dal sistema riportato in figura, costituito da una massa M sottoposta ad una forza esterna F(t), a cui si oppone una molla e uno smorzatore.

    Dal bilancio di forze sulla massa (2 principio della dinamica):

    ( )( )( ) ( )

    ==

    =

    =++

    =

    0002

    2

    yy

    ydtdMy

    dtd

    cyktF

    aMFFtFaMF

    sm

    i

    Con le ipotesi che la forza della molla sia proporzionale allo spostamento (Fm=- k y) e la forza dello smorzatore sia proporzionale alla velocit (Fs=- c dy/dt), lequazione diventa, con le dovute sostituzioni:

    ( ) ( )

    ==

    =++

    000

    222

    2

    yy

    xKyydtdy

    dtd

    ( ) ( )

    =

    =

    =

    kMc

    kM

    txKktF

    4

    2

    I parametri caratteristici risultano il guadagno K, la costante di tempo e il fattore di smorzamento (adimensionale). La risposta allingresso a gradino ( ( ) Atx = ) si ottiene dalla soluzione della EDO di ordine 2:

    ( ) ( )

    ==

    =++

    000

    222

    2

    yy

    AKyydtdy

    dtd

    le soluzioni dellE.C. sono:

    1;012:..2

    2,122

    ==++m

    pppCE

    La risposta ha una espressione generale del tipo: ( ) tptp

    eCeCAKty

    21211 ++=

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,21

    Al variare di , la risposta assume espressioni diverse (dettagli in Appendice-Cap.II):

    >1: radici reali e distinte, sistema sovrasmorzato (risposta non oscillante). 1:;, 221 =

    =

    +=

    postopp ( )

    2)sinh(,

    2)cosh(:;sinhcosh1

    xxxxt eex

    eexpostotte

    AKty

    =+

    =

    +

    =

    =1: radici reali e coincidenti, sistema criticamente smorzato (risposta non oscillante); la soluzione uguale a quella del caso di due miscelatori in serie con volumi uguali (e quindi costanti di tempo uguali).

    ( )

    t

    et

    AKtypp

    +=

    == 11;121

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,22

    La risposta sottosmorzata importante perch la tipica risposta di sistemi controllati in retroazione; pu essere caratterizzata in termini di alcuni parametri:

    1. r: tempo di risalita 2. a: tempo di assestamento 3. Se: sovraelongazione (Se= |1-Ymax|; overshoot: punto A, in figura) 4. Se / Se : rapporto di decadimento (decay ratio; C/A, in figura)

    I valori dei parametri critici sono ottenuti dalla equazione risolvente per il caso

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    II-9: Sistemi con ritardo

    Il ritardo una componente tipica che caratterizza la dinamica dei processi industriali ed associato al concetto di trasferimento di una variazione attraverso una distanza L finita, con velocit v finita (tipico di apparecchiature a tubi o analizzatori). Per questa ragione, molto spesso una variazione in ingresso non si risente in uscita istantaneamente. Ad esempio, tutte le variazioni di grandezze associate ad una portata q (es. temperatura, concentrazione) si risentono in uscita dopo un certo tempo di ritardo, a causa del volume V del sistema; (nota: per, le variazioni di portata in un fluido non comprimibile sono istantanee). evidente che il controllo di questi sistemi presenta difficolt particolari perch il sistema non si accorge di una perturbazione o degli effetti dellazione di controllo per tutto il tempo di ritardo.

    Quindi il ritardo definito come il tempo fino al quale non si hanno variazioni in uscita (A indica la sezione dellapparecchiatura):

    v

    LvALA

    qV

    ===

    Il ritardo pu essere visto come il tempo necessario per la propagazione di una variazione in un sistema con flusso a pistone, che pu anche ottenersi come una serie di n sistemi in serie a perfetto miscelamento (per n); ovvero un ritardo pu essere visto matematicamente come un sistema di ordine infinito.

    Quando un elemento di ritardo si trova in serie ad un altro sistema, la risposta viene quindi traslata di un tempo pari a , rispetto al caso senza ritardo. Ad esempio nel caso di sistema del primo ordine la risposta complessiva diviene quella di un

    primo ordine pi ritardo (FOPTD), con dinamica data da: ( ) =+ txyydtd

    Nel caso di sistema del secondo ordine la risposta complessiva diviene quella di un secondo

    ordine pi ritardo (SOPTD), con dinamica data da: )(222

    2 =++ txyydtdy

    dtd

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,24

    II-10: Sistemi con risposta inversa

    Per definizione, si ha risposta inversa quando la risposta nel transitorio ha segno diverso rispetto allo stazionario. Concettualmente, il sistema pi semplice costituito da due sistemi del 1 ordine in parallelo:

    Il sistema (lineare) ha quindi globalmente come risposta: 21 yyy = , quindi:

    ( ) ( ) ( ) ( )

    +==

    ==+

    ==+

    22

    112121

    2222222

    1111111

    expexp;

    )exp1(

    )exp1(

    tktkkktytytyty

    tkyxkyydtd

    tkyxkyydtd

    Analizzando la risposta si vede che, nellipotesi che k1>k2, al nuovo stazionario: ( ) 021 >= kky , mentre al tempo iniziale, nellipotesi che:

    2

    2

    1

    1

    kk< si ha: 0)0('

    2

    2

    1

    1

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    II-11: Sistemi di ordine elevato

    Sistemi di ordine elevato possono essere costituiti da elementi del 1ordine in serie (es.: miscelatori o reattori in serie, piatti di una colonna di distillazione, ecc..).

    La dinamica descritta da equazioni differenziali ordinarie del tipo:

    ( )

    ( )

    ====

    =+++

    ==

    00yydtd

    ..ydtd

    txyaydtd

    a..ydtd

    a

    0t0t1n

    1n

    01n

    n

    n

    La risposta dipende dalle radici della Equazione Caratteristica: nel caso dei sistemi riportati in figura, le radici sono reali e negative (p1,p2,..pn

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa II,26

    II-12: Sistemi Instabili

    Quelli illustrati precedentemente sono i pi comuni elementi che caratterizzano la dinamica di un processo: analiticamente in questi casi, tutte le radici della Equazione Caratteristica sono reali negative, oppure complesse coniugate con parte reale negativa. Nel caso pi generale alcune radici della Equazione Caratteristica possono essere reali positive oppure complesse coniugate con parte reale positiva; in questo caso nella risposta compaiono termini che divergono per t (risposta non limitata) dando luogo a un comportamento instabile; evidente che basta la presenza di un solo polo pj> 0, perch ci sia un termine divergente Yj=Cj exp(pj t), determinando instabilit. Landamento di tipo monotono, oppure oscillante, per radici reali o complesse coniugate, rispettivamente; i relativi andamenti qualitativi sono riportati nella figura sottostante (n.5 e 6).

    II-13: Panoramica risposte dinamiche Una panoramica riassuntiva delle risposte al gradino di sistemi diversi riportata di seguito, mettendo in evidenza il contributo del polo del sistema e la corrispondenza tra le radici dellEquazione Caratteristica (poli del sistema) e il tipo di risposta.

    N Tipo di Radice EC Polo pj Componente Yj Tipo di risposta 1 Reale negativa p1=a1< 0 Y1=C1exp(a1t) Monotona; stabile 2 Complessa,

    parte reale negativa p2,p2*=a2ib2; a2< 0

    Y2=C2exp(a2t) sin(b2t+)

    Oscillante; Stabile

    3 Complessa, parte reale nulla

    p3,p3*=ib3; Y3=C3sin(b3t+) Oscillante; Stabilit Marginale

    4 Reale nulla P4= 0 Y4=C4 t Monotona; instabile 5 Reale positiva P5=a5> 0 Y5=C5exp(p5t) Monotona; instabile 6 Complessa,

    parte reale positiva P6,p6*=a6ib6; a6> 0

    Y6=C6exp(a6t) sin(b6t+)

    Oscillante; Instabile

    Si osserva che nel caso 4, la risposta riportata in tabella la risposta complessiva per ingresso

    a gradino:Y(t)= tAdt

    0=A t (presenza di un polo doppio nellorigine: p1, p1=0, vedi oltre).

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-1

    App.Cap.II: Dettagli e sviluppi per il capitolo 2

    App.Cap.II-1: Risposta di un sistema del primo ordine con ingresso a impulso.

    ( ) ( ) ( )( )

    =

    =+

    00Y

    ttYtYdtd

    Per la soluzione conviene suddividere lasse dei tempi in due parti e risolvere due diverse E.D.O

    i. Per 0

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-2

    App.Cap.II-2: Risposta di un sistema del primo ordine con ingresso sinusoidale

    ( ) ( ) ( )( )( ) ( )

    =

    =

    =+

    tsintX00Y

    tXtYtYdtd

    ( ) ( ) ( )

    ( )

    =

    =+

    00Y

    tsintYtYdtd

    La soluzione della equazione omogenea risulta Yomo:

    ( ) ( )

    t

    omoecY

    zzCE

    tYtYdtd

    =

    ==+

    =+

    1

    101:..

    0

    ;

    Una soluzione particolare della equazione completa risulta Ypart: ( ) ( )( ) ( )

    ( ) ( )( ) ( )( ) ( ) ( ) ( )

    ( ) ( )( ) ( )

    ( ) ( )tcos1

    tsin1

    1Y

    11K

    1K

    1KKtsin0KKtcos

    tsintcosKtsinKtsinKtcosK

    tsinKtcosKYdd

    tcosKtsinKYtsintX

    2222part

    221

    222

    21

    21

    2121

    21part

    21part

    +

    +=

    +=

    +=

    =

    =+

    ++

    =

    +=

    =

    ( ) ( )

    221

    2222

    t

    1partomo

    1c:.I.C

    tcos1

    tsin1

    1ecYYY

    +=

    +

    ++=+=

    ( ) ( )

    ( )

    ++

    ++

    =

    +

    +=

    sin1

    1e

    1Y

    cossine1

    1Y

    22

    t

    22

    t

    22

    avendo utilizzato le seguenti relazioni trigonometriche:

    ( )

    =

    +=

    +=

    +=

    qp

    arctan

    qpr

    sinrYsinqcospY

    22

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-3

    App.Cap.II-3: Risposta di un sistema del secondo ordine ad un ingresso a gradino

    Calcolo del punto di flesso:

    2

    1

    21

    21*2

    2

    12

    2212

    2

    12

    21

    ln0

    111

    1

    ==

    =

    +

    =

    tzdtd

    eeA

    zdtd

    eeAzdtd

    tt

    tt

    Caso di volumi uguali Se i volumi sono uguali, anche le costanti di tempo sono uguali (=), quindi otteniamo:

    ( ) ( ) ( )( ) ( )

    ==

    =++

    00z0z

    Atztzdtd2tz

    dtd

    2

    22

    Le soluzioni dellE.C. ((p1= p2=-1/) determinano la seguente parte omogenea:

    ( ) t

    2

    t

    1omo ecectz

    +=

    mentre la soluzione particolare ovviamente ( ) Atz part = , per cui ( ) Aecectz

    t

    2

    t

    1 ++=

    Quindi imponendo le condizioni iniziali, abbiamo:

    =

    =

    Ac

    Ac

    2

    1

    quindi: ( )

    +=

    t

    et11Atz

    Punti notevoli: ( ) ( )

    =

    =

    =

    =

    0z

    00zAz00z

    Il punto di flesso:

    ==

    =

    =

    =

    *

    2

    2

    2322

    2

    0

    11

    1

    tzdtd

    te

    Ae

    teAz

    dtd

    et

    eAzdtd

    ttt

    tt

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-4

    App.Cap.II-4: Serbatoi in serie Non Interagenti Un processo costituito da due miscelatori in serie, nel quale luscita dal primo non influenzato dalla presenza del secondo.

    Le equazioni di bilancio materiale sotto le ipotesi: Densit del liquido costante

    ( )i

    iivii R

    hhChfq == , (inglobando in Ri i termini dovuti alla linearizzazione)

    Utilizzo di variabili di scostamento

    =

    =

    0,iii

    0,iii

    hhhqqq

    Bilancio materiale su entrambi i serbatoi:

    =

    =

    +=

    +=

    2

    22

    1

    11

    2221

    111

    Rhq

    Rhq

    hdtdAqq

    hdtdAqq

    da cui:

    ( ) ( )

    ==

    =

    =

    00h0h

    hdtdA

    Rh

    Rh

    hdtdA

    Rhq

    21

    222

    2

    1

    1

    111

    1

    Sostituendo le equazioni per esplicitare h2 in funzione di q

    ( ) 12222211222

    2121 qRhhdtdRARAh

    dtdRRAA =+++

    Posto:

    ( )

    =

    =

    >=+

    =

    yhxqR

    12RARARRAA

    2

    2

    2211

    22121

    ( ) ( )

    ==

    =++

    00y0y

    xyydtd2y

    dtd

    2

    22

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-5

    App.Cap.II-5: Serbatoi in serie Interagenti In questo caso luscita dal primo influenzata dalla presenza del secondo.

    Le equazioni di bilancio materiale portano a:

    =

    =

    +=

    +=

    2

    22

    1

    211

    2221

    111

    Rhq

    Rhhq

    hdtdAqq

    hdtdAqq

    Gli sviluppi seguono quelli del caso dei miscelatori non interagenti, con qualche differenza nella espressione risolvente.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-6

    App.Cap.II-6: Sviluppo calcoli per sistema del secondo ordine (viscoelastico)

    ( ) ( )

    ==

    =++

    00y0y

    Ayydtd2y

    dtd

    2

    22

    le soluzioni dellE.C. sono:

    1,1

    012:..

    22

    2,1

    22

    ===

    =++

    mmp

    ppCE

    Al variare del valore di abbiamo:

    >1: radici reali e distinte, sistema sovrasmorzato (risposta non oscillatoria)

    Soluzione:

    Atexpctexpcyyy 21partom +

    +

    +=+=

    +

    =

    =++

    =

    =+

    =++

    =

    ++

    =

    =++==

    =

    21

    21

    21

    21

    210t

    21

    cc

    0Acc

    0cc

    0Acc

    0ccdtdy

    0Acc)0t(y

    +=

    =

    2Ac

    2Ac

    2

    1

    Sostituiamo i valori delle costanti nellespressione della soluzione completa:

    +

    ++=

    ++

    ++=

    +

    +

    +

    =

    texptexptexp2

    1Ay

    texp12

    texp2

    1Ay

    Atexp2

    Atexp2

    Ay

    Sapendo che dalla definizione di seno e coseno iperbolico:

    2

    texptexptsinh

    =

    e

    2

    texptexptcosh

    +

    =

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-7

    riaggiustando e semplificando si ottiene:

    ( )

    +

    =

    tsinhtcoshe1

    Aty t

    =1: radici reali e coincidenti, sistema criticamente smorzato (risposta non oscillatoria)

    La soluzione uguale a quella del caso di due miscelatori in serie con volumi uguali (e quindi costanti di tempo uguali)

    ( )

    t

    et11

    Aty

    +=

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-8

    +

    +

    =

    +

    =

    +

    =

    +

    =

    +

    =

    =+

    +

    +

    =

    =+

    +

    ii

    iiAc

    iiAc

    ii

    cc

    iiAc

    ii

    cc

    Ai

    ic

    ii

    cc

    Aii

    c

    2

    22

    0201

    1

    2

    21

    2

    21

    2

    21

    2

    +

    =

    =

    iiAc

    iiAc

    2

    2

    2

    1

    Sostituiamo i valori delle costanti nellespressione della soluzione completa:

    +

    ++=

    ++

    ++=

    +

    +

    +

    =

    ti

    exptiexptiexpi2i1Ay

    ti

    exp1i2i

    ti

    expi2i1Ay

    Atiexpi2iAtiexp

    i2iAy

    +

    +

    =

    ++=

    ti

    expi2

    iiexpiiexpi

    texp1Ay

    ti

    exptexptiexptiexptexpi2i1Ay

    Dato che dalle relazioni di Eulero si ha:

    i

    ti

    ti

    t2

    expexpsin

    =

    e 2

    expexpcos

    +

    =

    t

    it

    i

    t

    quindi:

    =

    titti

    sincosexp e

    +

    =

    titti

    sincosexp

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-9

    ( )

    +

    +

    = ti

    tit

    Ay

    expsinexp

    1

    Sostituendo:

    ( )

    +

    =

    +

    +

    =

    ttt

    Ay

    tittit

    Ay

    cossinexp

    1

    sincossinexp

    1

    In virt della relazione trigonometrica che permette di esprimere la somma di due funzioni seno e coseno aventi la stessa pulsazione e ampiezza diversa come:

    )sin()cos()sin( +=+ xrxbxa , con 22 bar += e

    =

    a

    barctg

    si ottiene:

    ++

    =

    tsin

    texp1Ay 22

    ed essendo 21 = , quindi 122 =+ , si ha:

    +

    =

    tsin

    texp1A)t(y

    =

    =

    21arctgarctg

    La pulsazione e il periodo T risultano:

    pi

    pi

    21

    2;

    1 22 ==

    = T

    per =0, sono detti pulsazione e periodo naturale:

    pipi

    21

    2;

    1=== NN T

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-10

    Espressioni per alcuni parametri caratteristici della risposta sottosmorzata

    a: tempo di assestamento

    Dalla definizione : a : |1-y(a )| 5%

    %5'sin'

    exp11||)(1|

    +

    =

    a

    a

    ay

    Nei dintorni dello stazionario (ta) la y(t) pu essere approssimata come:

    3

    3|]1[1|%5exp)(

    =

    =

    a

    aaaay

  • Dinamica e Controllo dei Processi Appendice Cap.II

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa App.Cap.II-11

    App.Cap.II-7: Luogo delle radici di un sistema di ordine 2, al variare di

    Le radici della Equazione Caratteristica sono:

    =

    =mm 12

    2,1z

    Per il caso di radici complesse ( 21 = ), il modulo |z| e lo sfasamento sono pari a:

    ( ) ( )( )

    =

    =

    =

    =

    +=+=

    )arccos(/arccosRearccos

    1)1(ImRe 222

    22

    z

    z

    zzz

    Si ha quindi la seguente situazione, riportata nella figura che segue:

    =0: 2 radici reali e coincidenti; p1 p2=-1/:

    >1: 2 radici reali e distinte p1, p2

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-1

    Capitolo III: I Regolatori

    III-1: Introduzione

    Il regolatore ha il compito di stabilire lazione correttiva da apportare in ingresso al processo, per mezzo dellattuatore; il segnale in uscita dal regolatore (s) funzione dellingresso (e) [s=f(e)], secondo la legge di controllo del regolatore. Si hanno due tipi fondamentali di regolatori: ad algoritmo standard (PID) e ad algoritmo avanzato. I regolatori PID sono di fatto i pi usati nei processi industriali (oltre il 95% dei casi, con prestazioni che sono considerate in genere accettabili), mentre le applicazioni degli altri sono riservati a pochi casi di processi relativamente complessi e difficili da controllare. Nei regolatori avanzati, la legge di controllo pu essere estremamente sofisticata e questo, in teoria, permette di ottenere prestazioni molto superiori; dettagli sul progetto e il confronto di prestazioni, verranno dati nella seconda parte del corso. Nei primi la legge di controllo relativamente semplice con tre componenti fondamentali (Proporzionale, Integrale, Derivativa) e sar illustrata di seguito, con riferimento al loro funzionamento nelle condizioni di:

    - Anello Aperto, (OL Figura 3-1a): lingresso (e) al regolatore la variabile indipendente,

    - Anello Chiuso, (CL: Figura 3-1b): lingresso (e) dipende dallazione di controllo, dato che luscita (y) risente del disturbo (d), dellazione di controllo (s), o della variabile manipolata (u) ad essa direttamente collegata; si assume attuatore perfetto (u=s) e misuratore perfetto (Ym=Y).

    a) b) Fig.3-1: Schema di controllo in anello aperto (OL: a) e in anello chiuso (CL: b)

    III-2: Il regolatore On-Off

    Questo un caso particolare di regolatore standard, con una legge di controllo estremamente semplice; luscita varia tra due valori, a seconda del segno dellerrore: s(t)=0, per e < 0; s(t)=1, per e > 0, (o viceversa).

    Con riferimento alla Figura 3-2, il funzionamento OL immediato; in condizioni CL, nellipotesi che lazione di controllo disponibile sia sufficientemente grande da far cambiare di segno lerrore, si osserva che luscita del processo ha un andamento oscillante (caratteristica di questo tipo di regolatore). Le prestazioni sono piuttosto scarse; in compenso molto semplice ed economico; utilizzato in applicazioni di basso livello (es: controllo temperatura scaldabagno), quando accettabile un intervallo di errore intorno al valore desiderato.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-2

    Una variante di questo regolatore, il Rel che trova applicazioni nella identificazione del processo, portandolo in condizioni di oscillazione controllata (stabilit marginale).

    Fig.3-2: Andamenti nel tempo di errore (e) e segnale (s) per il regolatore On-Off in schemi OL e CL

    III-3: Il regolatore Proporzionale (P)

    Il proporzionale costituisce la componente base dellazione di controllo; la variazione del segnale (s) direttamente proporzionale a quelle dellerrore (e): s(t) = Kc e(t). caratterizzato da un unico parametro Kc (costante di azione proporzionale o guadagno). Nei regolatori industriali a volte si parla di banda di proporzionalit (BP), definita come: BP= 100% / Kc

    Con riferimento alla Figura 3-3, il funzionamento OL immediato anche in questo caso; landamento del segnale di controllo proporzionale allerrore in uscita: a errore costante corrisponde segnale costante, a errore crescente segnale crescente. Nel caso CL, si osserva che luscita (y) dal processo risente dellazione di controllo (s) e di conseguenza anche lerrore (e=r-y) diminuisce, rispetto al caso Senza Controllo (SC). Nellipotesi che per un certo periodo di tempo lerrore sia costante, anche lazione di controllo rimane costante: si raggiunge cos una situazione nella quale il sistema si mantiene bloccato su una posizione distante da quella desiderata, con uno scostamento residuo (offset), che la peculiarit dellazione di controllo P (nella risposta ad un ingresso di tipo gradino). Un esempio di calcolo e la dimostrazione analitica verranno effettuati pi avanti. Per eliminare questo scostamento necessario che lazione di controllo aumenti nel caso di errore costante: questo porta alla introduzione della componente Integrale.

    Fig.3-3: Andamenti nel tempo di errore (e) e segnale (s) per il regolatore P in schemi OL e CL (SC: Senza Controllo, P: con Controllo Proporzionale)

    e1=A

    s1=Kc A S2=Kc A t

    e2= A t

    SC

    P

    P

    SC

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-3

    III-4: Il regolatore Proporzionale Integrale (PI)

    Il regolatore Proporzionale Integrale il tipo pi diffuso nelle applicazioni industriali. In questo caso nella variazione del segnale (s), alla componente proporzionale allerrore, si aggiunge la componente proporzionale allintegrale dellerrore (e) nel tempo:

    +=t

    i

    c

    cdtteKteKts

    0)()()(

    Oltre al guadagno Kc, caratterizzato da un altro parametro, la costante di azione integrale i, che si misura in unit di tempo e rappresenta il tempo al quale la componente integrale diviene uguale alla componente proporzionale, nel caso di errore costante. Il funzionamento OL del regolatore PI riportato in Figura 3-4, evidenziando il contributo delle due componenti; in particolare la componente Integrale determina un aumento del segnale di controllo a errore costante. Nella risposta in CL viene illustrato come la componente Integrale permette di eliminare loffset (nel caso di ingresso a gradino); viene messo in evidenza anche landamento oscillante nella risposta, dovuto allintegrale.

    Fig.3-4: Andamenti nel tempo di errore (e) e segnale (s) per il regolatore PI in schemi OL e CL

    III-5: Il regolatore Proporzionale Derivativo (PD)

    La componente derivativa introduce nellazione di controllo un elemento proporzionale alla derivata dellerrore:

    dttdeKteKts dcc)()()( +=

    Oltre al guadagno Kc, caratterizzato da un altro parametro, la costante di azione derivativa d, anchessa misurata in unit di tempo. Il vantaggio della componente derivativa che la risposta pi pronta rispetto al regolatore P o al PI, i quali danno un contributo iniziale piccolo nel caso di errore piccolo; lo svantaggio costituito dalla sensibilit ai rumori (disturbi con media nulla e distribuzione causale, i quali spesso hanno una derivata che cambia di segno nel tempo con frequenza elevata): luscita dal regolatore varia bruscamente, sollecitando inutilmente il sistema di attuazione. In particolare in presenza di un segnale in ingresso di tipo sinusoidale: x(t)=A sin (t), la componente derivativa genera un segnale in uscita: y(t)=A cos(t); lampiezza risulta amplificata di un fattore pari a e quindi pu risultare notevolmente pi alta nel caso di segnale ad alta

    PI

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-4

    frequenza. Nel caso di ingresso a gradino, la componente derivativa darebbe un valore tendente a infinito, in corrispondenza della discontinuit nellorigine. Inoltre, per il regolatore PD (Figura 3-5), rimane il problema dello scostamento residuo (offset), perch a errore costante la componente derivativa d un contributo nullo; per queste ragioni, il PD non si usa quasi mai da solo; la componente derivativa aggiunta al PI per dare il regolatore PID.

    Fig.3-5: Andamenti nel tempo di errore (e) e segnale (s) in schemi OL e CL per il regolatore PD; a) risposta ad un segnale a gradino in OL, b) risposta a una rampa in OL, c) risposta a un gradino in CL

    III-6: Il regolatore Proporzionale Integrale Derivativo (PID)

    In questo caso lalgoritmo diviene:

    dttdeKdtteKteKts dc

    t

    i

    c

    c

    )()()()(0

    ++=

    Il regolatore caratterizzato da tre parametri (Kc,i,d), i quali, con una opportuna sintonizzazione, permettono di realizzare i vantaggi delle tre componenti; spesso possibile ricondurre anche algoritmi pi avanzati a una struttura base di tipo PI o PID, con aggiunta di ulteriori componenti (filtri) o compensatori.

    A titolo di esempio si riportano in Figura 3-6 le risposte in anello chiuso di regolatori di tipo diverso P, PI, PID a ingressi a gradino: a) variazioni del riferimento, b) abbattimento del disturbo. In estrema sintesi, per ribadire le caratteristiche fondamentali: il regolatore P presenta offset, il PI permette di eliminare loffset e introduce oscillazioni nella risposta, il PID risulta pi rapido del PI (ma pu amplificare i rumori).

    Fig.3-6: Risposte qualitative di regolatori P, PI, PID per variazione del riferimento (a) e soppressione del disturbo (b).

    a) b) c)

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-5

    Nella Figura 3-7 sono anche riportati gli andamenti della risposta di un regolatore PI al variare del guadagno; si osserva come un aumento del guadagno porta a risposte pi veloci e oscillanti, fino a determinare instabilit oltre un certo valore del guadagno massimo.

    Fig.3-7: Risposte qualitative di un regolatore PI allaumentare del guadagno Kc

    III-7: Studio della Risposta di un Sistema con Regolatori diversi

    III-7.1: Impostazione del problema

    Si fa riferimento al sistema schematizzato in Figura 3-8; una portata di liquido in ingresso Fi, a temperatura Ti, viene riscaldata ad una temperatura Tu per mezzo di un serpentino percorso da vapore. Sono previsti disturbi sulla Ti; si adotta uno schema di controllo in retroazione: la misura di temperatura trasmessa al regolatore, dove confrontata con il valore desiderato T0 in funzione dellerrore viene stabilita lentit dellazione correttiva che si attua per mezzo della valvola di regolazione della portata di vapore. Si vuole modellare il sistema e valutare quantitativamente landamento della temperatura nel tempo con diversi tipi di regolatore.

    Fig.3-8: Il serbatoio riscaldato e lo schema di controllo in retroazione della temperatura

    Ipotesi: 1. Perfetto miscelamento Tu=T 2. Propriet TD costanti: , Cp; Volume costante: Fi=Fu=F 3. Misuratore perfetto Tm=T 4. Attuatore e scambiatore ideali; il calore trasferito al processo pu essere espresso

    direttamente come una funzione dellerrore: Q=f(e)

    Bilancio energetico sul serbatoio riscaldato:

    Allo Stato Stazionario Iniziale: ( ) 00000000

    ==+

    WTTCFQTCFQTCF

    iP

    PiP

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-6

    In regime dinamico: ( )

    =

    +=+

    00

    1

    TTCF

    TdtdCVTCFQTCF

    PpPiP

    qTTdtdT i +=+ : con

    pFCQq

    FV

    == ;

    In termini di variabile di scostamento si ha:

    qTTTdtd

    i +=+

    dove T, Ti, q, sono le variabili di deviazione dallo stato stazionario T0, Ti0, q0.

    Dopo le ipotesi 3) e 4) e lintroduzione delle variabili scostamento, lo schema a blocchi si riduce a quello riportato in Figura 3-8bis, con evidenziata la corrispondenza delle variabili.

    Figura 3-8bis: Diagramma a Blocchi del sistema semplificato

    La formulazione del problema in termini generali per tenere conto di ingressi diversi (disturbi Ti e azioni di controllo q) la seguente:

    ( )( )

    ( )

    ==

    =

    =+=+

    )(0);()0(':00

    21 tfqtfTiconT

    tfqTTTdtd

    i

    III-7.2: Risposte per ingressi e azioni di controllo diverse

    Disturbo su Ti, senza controllo In questo caso lunica variazione nel tempo rispetto allo stazionario iniziale sulla temperatura di ingresso, mentre lazione di controllo (e quindi il calore fornito non variano); si ha:

    ===+=

    tqqqTTTTT iiiii

    000

    Lequazione risolvente diviene allora:

    ( )

    =

    =+=+

    00T

    TqTTTdtd

    ii

    La cui soluzione :

    =

    t

    i eTT 1

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-7

    Si ottiene la solita risposta di tipo esponenziale del sistema del primo ordine (Figura 3-9): una perturbazione a gradino di ampiezza Ti sulla temperatura di ingresso Ti si risente (nelle ipotesi assunte) come una perturbazione di uguale ampiezza sulla T al nuovo stazionario (per t ).

    Disturbo su Ti e controllo proporzionale P In questo caso le variazioni nel tempo rispetto allo stazionario iniziale si hanno sia sulla temperatura di ingresso che sullazione di controllo, che varia con legge P; quindi:

    ==+=+=

    =+=')( 0000

    0

    TKqqqTTKqeKqqTTTTT

    ccc

    iiiii

    Lequazione risolvente diviene allora:

    ( )

    =

    =+=+

    00

    '

    T

    TKTqTTTdtd

    cii

    La cui soluzione :

    +

    =

    +

    tcK

    c

    i eKTT

    )1(1

    1

    La risposta ancora di tipo esponenziale (Figura 3-9), con alcune differenze: - la derivata nellorigine vale T(0)= Ti/ non cambia, dato che al tempo zero il

    sistema non risente dellazione di controllo; - al nuovo stazionario (per t ), lo scostamento della temperatura tende al valore:

    Ti/(1+Kc); resta quindi uno scostamento residuo (offset) rispetto al valore desiderato T=0 (ovvero T=T0).

    - Il valore delloffset pu essere diminuito aumentando il guadagno del regolatore, cio lazione di controllo; questo vero (matematicamente) per sistemi di ordine basso (n

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. III: Regolatori

    III-8

    Disturbo su Ti e controllo Proporzionale-Integrale (PI) In questo caso le variazioni nel tempo rispetto allo stazionario iniziale si hanno sia sulla temperatura di ingresso che sullazione di controllo, che varia con legge PI; quindi:

    ( )

    += ++=++=

    =+=t

    I

    cc

    t

    I

    cc

    t

    I

    cc

    iiiii

    dtTKTKqdtTTKTTKqdteKeKqq

    TTTTT

    00000

    00

    0,

    )''()(

    Lequazione risolvente diviene allora:

    ( )

    =

    +=+=+

    00

    )''('0

    T

    dtTKTKTqTTTdtd t

    I

    ccii

    In questo caso abbiamo unequazione integro-differenziale, la cui soluzione non immediata, nei casi pi generali, operando nel dominio tempo. Questa una delle motivazioni per riformulare il problema nel dominio s, attraverso la Trasformata di Laplace.

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa IV-1

    Capitolo IV: Valvole di Regolazione (Attuatori)

    IV-1: Introduzione

    Lattuatore ha il compito di realizzare sul processo lazione correttiva stabilita dal regolatore; nello schema a blocchi di Figura 4-1 riceve in ingresso il segnale in uscita dal regolatore e ha in uscita la variazione della variabile manipolata.

    Fig.4-1: Regolatore, Attuatore e Processo

    Nella maggior parte dei casi la variabile manipolata una portata e di conseguenza lattuatore una valvola di regolazione; in altri casi lattuatore pu essere una resistenza elettrica, attraverso la quale si varia la potenza immessa nel processo, un qualsiasi dispositivo di intervento sul processo (martinetto, volante, pressa,..).

    IV-2: Tipi di Valvole di regolazione

    Le valvole di regolazione possono essere di tipo Elettrico o Pneumatico, cio comandate da un segnale e un motore elettrico o pneumatico, rispettivamente. desiderabile che le modifiche vengano effettuate sullimpianto nel pi breve tempo possibile; si deve avere che tra le costanti di tempo di valvola e processo si abbia: v

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. IV: Valvole

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa IV-2

    Il principio di funzionamento resta lo stesso anche in valvole aventi aspetti costruttivi diversi: a farfalla (Figura 4-3a), a membrana (Figura 4-3b), a doppia sede bilanciata (Figura 4-3c).

    Fig.4-3: Schemi illustrativi di valvole di tipo diverso

    Per quanto riguarda il funzionamento in condizioni di sicurezza, le valvole si distinguono in due tipi fondamentali, a seconda di quello che il loro comportamento in caso di mancanza di alimentazione (aria compressa). Si parla di valvola Aria-Chiude (in mancanza di aria: Apre, Figura 4-4a), tipicamente usata per i fluidi di raffreddamento e di valvola Aria-Apre (in mancanza di aria: Chiude, Figura 4-4b), usata per i fluidi di riscaldamento.

    Fig.4-4: Schema di valvola Aria-Chiude (a) e Aria-Apre (b)

    IV-3: Curve Caratteristiche delle valvole di regolazione

    La Curva Caratteristica della valvola rappresenta landamento della portata (Q) in funzione della corsa dello stelo (X): Q = Q(X). I tipi pi comuni sono riportati nella Figura 4-5. - La valvola a Rapida Apertura tale che a una piccola apertura corrisponde una grossa variazione di portata: una valvola poco adatta alla regolazione, con caratteristiche tipiche delle valvola manuali; ad essa si fa riferimento per indicare comportamenti non auspicabili delle valvole di regolazione, ad esempio sovradimensionate e quindi costrette ad operare vicino alla chiusura per poter regolare la portata; succede anche che a questo tipo di curva caratteristica si avvicinano le valvole operanti in linea, quando la perdita di carico della linea diviene molto superiore rispetto a quella della valvola stessa.

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa IV-3

    - La Valvola Lineare presenta una relazione lineare in tutto il campo di funzionamento: dQ/dX= K; il guadagno della valvola si mantiene costante. - La Valvola Esponenziale (o Equipercentuale) ha una curva caratteristica tale che il guadagno varia proporzionalmente alla portata: dQ/dX= KQ; questo aspetto favorevole in quanto permette di compensare localmente il fatto che il guadagno del processo non costante ma varia in modo inversamente proporzionale al variare della portata (per i dettagli, vedere pi avanti).

    Fig.4-5: Esempi di Curve Caratteristiche delle valvole

    IV-4: Dimensionamento delle valvole di regolazione

    La relazione alla base del funzionamento delle valvole quella che regola la portata e la perdita di carico attraverso la valvola: VV PCQ = Dove:

    - Q: portata (volumetrica) attraverso la valvola - VP : perdita di carico - Cv: coefficiente di efflusso della valvola.

    Il coefficiente Cv ha il significato di portata scaricata dalla valvola per VP unitario e in condizioni di riferimento (condizioni standard: Pressione atmosferica e Temperatura ambiente, T=25C). La relazione deriva dalla equazione generale che rappresenta la perdita di carico concentrata di un fluido in regime turbolento attraverso una ostruzione:

    VVVV PCPkAQ

    AQk

    AkGkuP ===== 2

    2

    22

    22

    Si osserva che la portata risulta una funzione crescente: - della caduta di pressione VP , che deve essere una parte consistente della perdita di

    carico complessiva, data dalla valvola e dalla linea (PL); in generale si assume: ( )LVTTV PPPPP +== %30 - del coefficiente di efflusso ( )ACC VV = , che risulta proporzionale alla sezione di

    passaggio attraverso la valvole e rappresenta quindi il parametro base per il dimensionamento della valvola.

  • Dinamica e Controllo dei Processi Cap. IV: Valvole

    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa IV-4

    Un primo criterio di dimensionamento (di massima) quello di fare riferimento ad una portata massima pari al doppio della portata di esercizio: Qmax= 2 Qo e di assegnare una perdita di carico massima ammissibile alla valvola in queste condizioni (

    maxVP ). Si calcola cos il coefficiente di efflusso in queste condizioni (Cv,max) che risulta:

    max,

    maxmax,

    VV P

    QC

    =

    In base ad esso si determina il diametro nominale della valvola.

    Un secondo criterio di dimensionamento (pi accurato) permette di imporre un profilo di valori di portata e di perdita di carico in funzione della corsa dello stelo:

    e di determinare cosi un valore di Coefficiente di efflusso Cv= Cv(X):

    Facendo riferimento alle tabelle per diversi tipi di valvola, possibile determinare la valvola aventi le caratteristiche desiderate.

    La relazione base e le considerazioni che sono state fatte sopra si applicano direttamente al caso pi semplice dei fluidi che costituiscono il riferimento standard: acqua (per i liquidi), aria (per gli aeriformi). possibile estendere queste relazioni per tenere conto di:

    - fluidi diversi da acqua e aria (le propriet fisiche pi importanti sono densit e viscosit),

    - condizioni di flusso locale anomalo, quali: liquidi vaporizzanti (per flash o cavitazione), moti ad alte velocit (moti sonici, condizioni di flusso critico), condizioni che per si verificano abbastanza frequentemente nelle valvole di processi industriali.

    - Effetto delle perdite di carico di linea rispetto a quelle della valvola ( VL PP / )

    Questi aspetti sono illustrati nei manuali di riferimento per il dimensionamento delle valvole (ad esempio manuali del GISI).

    IV-5: Non linearit nelle valvole.

    IV-5.1: Non linearit della relazione base Con riferimento alle Figure 4-6a e 4-6b, si osserva che una variazione del segnale (s) in uscita dal regolatore provoca variazioni, in successione della corsa dello stelo (X), della sezione di passaggio (A) e quindi del coefficiente di efflusso (Cv); le diverse trasformazioni possono essere viste come fenomeni in serie:

    1. corsa dello stelo (X); processo V1: X=V1(s); questa relazione pu essere considerata lineare: sKX = 1

    2. sezione di passaggio (A) e coefficiente di scarico (Cv); processo V2: Cv= V2(X); questa relazione dipende dalla curva caratteristica della valvola: XKCv = 2 (valvola Lineare), XQKCv = 2 (valvola Equipercentuale),

    ( )( )

    ==

    xPPxQQ

    VV

    ( ) ( )( )xPxQ

    xCV

    V =

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    Prof. Claudio Scali Universit di Pisa IV-5

    3. portata (Q); processo V3: Q= f(Cv); in generale: vv PCQ = , cio la portata risulta una relazione non lineare delle due variabili vv PC , . La relazione pu essere linearizzata come:

    0,

    0

    0,

    0,2,3

    0,

    00,1,3

    21

    22;