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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN SCIENZE POLITICHE E DELLE
RELAZIONI INTERNAZIONALI
Classe L-36
CATTEDRA DI POLITICA ECONOMICA EUROPEA
LA SICUREZZA ENERGETICA NELL’UNIONE EUROPEA:
L’APPROVVIGIONAMENTO DI GAS DALLA RUSSIA
RELATORE CANDIDATO
Prof. Luciano Monti Eleonora Pintore
Matr. 070772
Anno Accademico 2014/2015
I
La sicurezza energetica nell’Unione Europea:
L’approvvigionamento di gas dalla Russia
INDICE
INTRODUZIONE ..................................................................................................................... 1
CAPITOLO I ............................................................................................................................ 4
Il gas in Europa: il problema della sicurezza energetica ............................................................ 4
1.1 La sicurezza energetica ...................................................................................................... 4
1.1.1 La definizione di sicurezza energetica in Europa ........................................................... 6
1.2 Il Mercato del gas in Europa ............................................................................................... 7
1.2.1 Il gas naturale ............................................................................................................. 7
1.2.2 Il trasporto: il ruolo delle infrastrutture ........................................................................ 8
1.2.3 Le caratteristiche del mercato internazionale del gas .................................................... 11
1.2.4 La specificità del mercato europeo rispetto al mercato nordamericano ........................... 18
1.2.5 L’andamento del mercato internazionale del gas: l’Europa nelle dinamiche globali ........ 21
1.3 L’approvvigionamento dalla Russia .................................................................................. 27
1.3.1 I numeri della dipendenza .......................................................................................... 27
1.3.2 I contratti a lungo termine e il prezzo del gas in Europa ............................................... 30
1.4 Il GNL: un mercato non abbastanza globale ....................................................................... 33
1.4.1. Le prospettive .......................................................................................................... 33
1.4.2 Gli Stati Uniti: il primo produttore al mondo che non può esportare in Europa ............... 35
CAPITOLO II......................................................................................................................... 39
II
La politica energetica interna dell’Unione Europea ................................................................. 39
2.1 Verso un mercato unico dell’Energia ................................................................................. 40
2.1.1 Pre-2008: La prima e la seconda direttiva sul gas e l’inchiesta della Commissione sul
settore energetico .............................................................................................................. 40
2.1.2 Post-2008: Il Terzo Pacchetto Energia ........................................................................ 43
2.1.3 La “clausola Gazprom” e l’esenzione dal TPA ............................................................ 46
2.2 Il quadro energia-clima dal 2020 al 2030: i limiti delle fonti energetiche rinnovabili nel breve
periodo ................................................................................................................................ 48
2.3 L’Unione Energetica ........................................................................................................ 54
CAPITOLO III ....................................................................................................................... 59
L’interdipendenza UE-Russia: quale cooperazione? ................................................................ 59
3.1 L’interdipendenza della relazione energetica euro-russa ...................................................... 59
3.1.1 Sensibilità e vulnerabilità dell’Unione Europea ........................................................... 60
3.1.2 Sensibilità e vulnerabilità della Russia ........................................................................ 62
3.2 La Russia e il “nazionalismo” energetico ........................................................................... 66
3.2.1 Putin e la politica energetica ...................................................................................... 68
3.2.2 Gazprom nell’era Putin: il rapporto con gli Stati di transito e lo sviluppo infrastrutturale 69
3.3 Unione Europea: quali linee di azione di politica energetica estera per meglio tutelare la sua
sicurezza? ............................................................................................................................ 78
3.3.1 Un approccio multilaterale ......................................................................................... 79
3.3.2 Parlare con una voce sola nella politica energetica estera .............................................. 81
3.3.3 Ridiscutere la cooperazione ....................................................................................... 84
3.3.4 Diversificare gli approvvigionamenti .......................................................................... 85
CONCLUSIONE ..................................................................................................................... 90
ABSTRACT ............................................................................................................................ 92
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................... 96
III
SITOGRAFIA ....................................................................................................................... 102
ATTI E DOCUMENTI.......................................................................................................... 103
1
INTRODUZIONE
La questione energetica è al centro del progetto europeo sin dalle sue origini.
L’intuizione di Jean Monnet di costruire la solidarietà e la pace europea sulla messa
in comune delle fonti energetiche è ancora oggi lo spunto di tutto il processo di
integrazione.
La politica energetica lega i Paesi e caratterizza le relazioni tra di essi, costituisce la
base dello sviluppo economico e sociale e la fonte del benessere di ogni cittadino.
Una base che, nel caso europeo, dipende dalla relazione che quest’ultima è in grado
di costruire con i Paesi vicini: circa il 50 per cento delle fonti energetiche fossili sono
infatti importate, e gli europei spendono, ogni giorno, circa un miliardo di euro nel
procurarsi fonti energetiche primarie dall’estero. Dalla Dichiarazione di Messina del
’55 l’Unione concentra tutti i suoi sforzi, sul piano interno ed esterno, per assicurarsi
un approvvigionamento stabile e sicuro delle fonti energetiche, da cui dipende
l’esistenza stessa della sua economia.
L’argomento di questa tesi vuole dunque essere l’analisi della sicurezza europea al
livello sovranazionale: a tale scopo, si esaminano le caratteristiche e le implicazione
dell’approvvigionamento del gas russo in Europa. La scelta del gas è motivata dalle
particolari caratteristiche che questa commodity presenta e che rendono il legame tra
Russia ed Europa così particolare e forte. La Russia, infatti, essendo non soltanto il
maggiore ma anche il più antico fornitore di gas in Europa, rappresenta un partner
imprescindibile dell’Unione Europea. Parlare di sicurezza energetica in Europa
significa dunque analizzare la sua dipendenza dal fornitore russo e le caratteristiche
della sua relazione con esso. Solo partendo da tale relazione è possibile delineare
2
quali possano essere le linee direttrici per una futura politica estera di sicurezza
energetica che tuteli al meglio gli interessi europei.
Infine, l’analisi della relazione esistente tra Russia ed Europa sul piano energetico
appare in questo momento di particolare interesse alla luce di due condizioni di
contesto che potrebbero condurre tale relazione ad un decisivo punto di svolta: un
quadro politico propizio ad una politica energetica più unitaria e la crisi Ucraina del
2014.
Il rapporto con la Russia, pur se mai slittato in secondo piano, è infatti ridiventato un
argomento di forte discussione in seguito alla crisi che dal 2014 investe l’Ucraina,
proprio in ragione di una diatriba energetica riconducibile alle tensioni tra UE e
Russia. La crisi suscita in Europa forti tensioni tra gli Stati membri, divisi
storicamente tra alleanze amichevoli con la Russia e paura delle sue mire
espansionistiche. D’altro canto, nonostante l’esistenza di tali forti tensioni, nessun
momento della storia dell’Unione Europea è apparso più propizio per lo sviluppo di
una più audace politica comunitaria dell’energia, sia sul piano interno che sul piano
esterno. Le ragioni sono due: da un lato la determinazione della Commissione Junker
nel raggiungimento del mercato interno unico dell’energia, e dall’altro la spinta di
molti leader europei, tra cui il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk al
raggiungimento di una più audace ed unitaria politica energetica sul piano estero.
Citando nuovamente Jean Monnet «L'Europe se fera dans les crises et elle sera la
somme des solutions apportées à ces crises».
L’obiettivo di questo elaborato è dunque quello di descrivere la natura legame tra
Unione Europea e Federazione Russa, la sua condizione attuale e le prospettive di
sviluppo futuri nel breve e nel medio periodo (l’arco temporale in cui si proietta
l’analisi non eccede generalmente la data limite del 2030). Sulla base di tale legame,
si vogliono indagare le linee direttrici della politica energetica interna ed esterna
dell’Unione Europea, e le azioni che possano migliorare la sicurezza energetica
europea nei confronti della Russia.
Il primo capitolo, partendo dalla definizione di sicurezza energetica e dall’analisi
delle caratteristiche principali del mercato energetico, vuole analizzare i termini della
3
dipendenza dalla Russia e l’eventuale possibilità di emancipazione in un mercato
reso sempre più globale dal GNL.
Partendo da tale quadro di contesto il secondo capitolo indaga i recenti sviluppi dei
tre pilastri della politica energetica europea: la definizione di un mercato interno
integrato e competitivo, la politica clima-energia e la sicurezza energetica nel
progetto dell’Unione Energetica, lanciato nel febbraio 2015.
Il terzo capitolo si concentra infine sull’analisi del legame di interdipendenza
esistente tra Russia ed Europa e le azioni che, data la natura della politica estera
energetica russa nell’era Putin, possano meglio consentire all’Europa di tutelare i
suoi interassi all’interno di un imprescindibile quadro cooperativo con la Russia.
Si specifica inoltre che, essendo l’analisi focalizzata sulla dipendenza europea dalle
importazioni di gas, il tasso di sostituibiltà di quest’ultimo con altre fonti energetiche
fossili appare esterno allo scopo di questa analisi. Pertanto la diversificazione degli
approvvigionamenti riferisce unicamente all’individuazione di fornitori alternativi
del solo gas. Allo stesso tempo la menzione alle fonti rinnovabili è giustificata in
quanto esse costituiscono un unicum nella politica energetica europea ed uno dei
pilastri stessi del suo sviluppo.
4
CAPITOLO I
Il gas in Europa: il problema della sicurezza energetica
1.1 La sicurezza energetica
Il concetto di sicurezza nelle relazioni internazionali è connaturato alla struttura
anarchica dei rapporti tra Stati, nei quali l’uso della violenza, della coercizione e
della minaccia sono strumenti finalizzati all’imposizione di un equilibrio altrimenti
assente. In questo senso, il realista Raymond Aron definì la sicurezza nelle relazioni
internazionali come il primo degli obiettivi immutabili di una unità politica: la
possibilità di soddisfare la sua fondamentale aspirazione alla sopravvivenza1. Con la
fine della Guerra Fredda, però, la definizione tradizionale di sicurezza in termini
realisti è stata messa definitivamente in discussione poiché ritenuta inadeguata e
riduttiva. Stefano Procacci, a questo proposito, individua due grandi assi di
problematicità del concetto di sicurezza «la questione dell’oggetto referente» e
«l’ampliamento e la diversificazione delle issues»2
. Le proposte di estensione
dell’oggetto referente sono emerse parallelamente alla critica di uno dei fondamenti
1 R. Aron, Paix et guerre entre les nations, Calmann-Levy, Parigi, 1962 (edizione 2004), pp.
82-83
2 S. Procacci, “Problematizzare la sicurezza in Europa: minacce, identità, istituzioni” in
L’Europa Sicura. Le politiche di sicurezza dell’Unione Europea, S. Giusti e A. Locatelli (a
cura di), Egea, Milano, 2008
5
stessi del paradigma realista, ovvero la centralità dello Stato3. Gli attori privati e
transnazionali hanno assunto un ruolo sempre più ampio, e spesso non secondario a
quello degli Stati, in numerosi settori legati alla sicurezza. Questa analisi non si
limiterà, di conseguenza, alla sola considerazione dello “Stato” quale unico soggetto
rilevante, ma comprenderà sia gli attori trans- e sovra- nazionali, Unione Europea in
primis, sia gli attori del mercato ritenuti determinanti sulla scena dell’energia
internazionale.
Riguardo il secondo asso di problematicità, si possono individuare due parametri di
inclusione circa le issue di riferimento, che possano supplire all’eccessiva ristrettezza
del concetto di sicurezza nella definizione realista tradizionale: il criterio
dell’ampiezza potenziale, ovvero l’«individuare questioni che, pure senza essere
immediatamente collegate alla coercizione, abbiano un legame diretto e certo con un
rischio di danno esistenziale per l’unità politica»4
e la brevità dell’orizzonte
temporale con cui possano verificarsi gli esiti temuti. Ai fini di questa analisi occorre
dunque domandarsi se la questione dell’approvvigionamento energetico in Europa
rientri all’interno di una definizione “estesa” di sicurezza, secondo i parametri
appena enunciati.
Poiché, come si approfondirà in seguito, la concentrazione geografica dell’offerta è
la principale caratteristica del mercato energetico, il problema
dell’approvvigionamento diventa una questione centrale per quegli Stati che non
dispongono di risorse sufficienti all’auto-sostentamento. I Paesi che appartengono
all’Unione Europea, si caratterizzano sulla scena globale principalmente come
importatori di risorse energetiche, con altissimi livelli di dipendenza energetica
dall’estero. In particolare, cruciale è la dipendenza dell’Europa
dall’approvvigionamento di gas naturale proveniente dalla Russia, che nel 2013
3 Sul paradigma realista si veda, tra gli altri F. Andreatta et al., Relazioni Internazionali,
Bologna, Il Mulino, 2012
4 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, Edizioni Epoké, Roma, 2012, p. 9
6
corrispondeva a più del 60% della quota totale di gas importato5. Un taglio agli
approvvigionamenti, costituisce, dunque, sia un «danno esistenziale per l’unità
politica», sia una issue che, se non tutelata, potrebbe dispiegare effetti negativi in un
lasso di tempo molto ridotto: in Europa si può, dunque, parlare a pieno titolo di un
problema di sicurezza energetica6.
1.1.1 La definizione di sicurezza energetica in Europa
L’esame dalla letteratura permette di rilevare due elementi comuni tra le diverse
definizioni di sicurezza energetica: la necessità della stabilità degli
approvvigionamenti (reliability) e la sostenibilità economica delle forniture
(affordability)7. Fattori non riducibili al mero approccio economico liberista, attento
ai soli principi delle regole di mercato, ma comprensivi di concetti che più si
avvicinano ad una tutela attiva dell’auto-sostentamento dello Stato, quali la necessità
di un intervento attivo in tutela di un accesso stabile alle forniture, con lo scopo di
evitare potenziali rischi macroeconomici associati a mutamenti repentini dal lato
dell’offerta8.
L’agenzia Internazionale dell’Energia (International Energy Agency - IEA) definisce
la sicurezza energetica come «the uninterrupted availability of energy sources at an
affordable price», laddove, nel breve periodo, l’obiettivo della sicurezza energetica
coincide con la capacità di pronta reazione in caso di cambi repentini nell’equilibro
della domanda e dell’offerta, e, nel lungo periodo, con la capacità di bilanciare
5 IEA, World Energy Outlook 2014, 2014, p. 160
6 M. Verda, Politica estera e sicurezza energetica,cit, p.14
7 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., pp. 17-18
8 Alfredo Macchiati, “sicurezza energetica”, Treccani online,
http://www.treccani.it/enciclopedia/sicurezza-energetica_%28Dizionario-di-Economia-e-
Finanza%29/ , ultimo accesso 16/04/2015
7
l’esigenza di un approvvigionamento sicuro con lo sviluppo economico e la tutela
dell’ambiente9
. Tale definizione recepisce quindi anche un riferimento alla
sostenibilità ecologica, che, peraltro, è ripreso con maggiore completezza nella
definizione della Commissione Europea. Questa identifica nella sicurezza energetica
la possibilità di «garantire, per il benessere dei cittadini e il buon funzionamento
dell’economia, la disponibilità fisica energetica continua dei prodotti energetici sul
mercato ad un prezzo accessibile a tutti i consumatori (privati ed industriali) nel
rispetto dell’ambiente e nella prospettiva dello sviluppo sostenibile»10
. Alla
dimensione ambientale ed a quella economica già contemplate dalla definizione
fornita dall’IEA, la Commissione aggiunge con esplicita menzione il concetto di
sviluppo sostenibile, in accordo con l’esigenza comunitaria di promuovere lo
sviluppo dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile, anche industriali
ragione della scarsa disponibilità di propri giacimenti di fonti fossili.
1.2 Il Mercato del gas in Europa
1.2.1 Il gas naturale
Per “gas naturale” si intende il gas combustibile che si trova in natura. In prima
approssimazione il termine è usato come sinonimo di metano, ma in realtà il gas
naturale è una miscela in forma gassosa di diversi idrocarburi: metano per il 90-95%
9 IEA, http://www.iea.org/topics/energysecurity/subtopics/whatisenergysecurity/ , ultimo
accesso 16/04/2015
10 Commissione Europea, Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento
energetico, Libro Verde, COM(2000) 769, Bruxelles, 2000
La scelta di fare riferimento a un documento relativamente datato è dovuta alla particolare
chiarezza con cui il concetto è stato espresso nel Libro Verde del 2000, a fronte della non
variazione di una successiva definizione proposta dalla Commissione.
8
circa, più etano, propano, butano e pentano in proporzioni variabili e tracce di altri
gas, che vengono talvolta eliminati prima della commercializzazione.
Il gas naturale è utilizzato per la generazione di energia elettrica, per la produzione di
calore all’interno di processi industriali, per il riscaldamento degli ambienti chiusi,
per la cottura dei cibi nelle abitazioni ed infine, in proporzione più modesta, anche
nella trazione di autoveicoli.
Mentre nella produzione industriale e nella generazione di energia elettrica la
domanda di gas è generalmente stabile nel tempo, subisce invece, ingenti variazioni
stagionali nel settore del riscaldamento degli spazi abitativi e non, ponendo
alternativamente sotto stress gli impianti destinati alla produzione e al trasporto di
questa commodity. Inoltre, la domanda di gas è influenzata dalle caratteristiche degli
impianti di produzione energetica di un Paese (che possono ad esempio essere basati
più sull’utilizzo di derivati del petrolio che sul gas), da variabili storiche (strutture di
produzione preesistenti, preferenza per la generazione nucleare o a carbone) ed è
infine sensibile agli indirizzi delle politiche pubbliche: il gas, grazie al suo minor
impatto sulle emissioni di gas a effetto serra, è preferito dalle politiche ambientali,
nell’intento di sostituirlo all’uso dell’olio combustibile e del carbone11
.
1.2.2 Il trasporto: il ruolo delle infrastrutture
Poiché il gas naturale viene estratto in forma gassosa, il suo trasporto è un processo
molto più complesso rispetto a quello delle altre fonti fossili.
Avviene principalmente attraverso due modalità: se il gas è in forma gassosa tramite
gasdotto, se invece viene liquefatto a bassissime temperature, tramite apposite navi
(metaniere).
11 A. Motz, “Il gas naturale”, in Economia dell’Energia, P. Ranci e M. Ferrari (a cura di), Il
Mulino, Bologna, 2011, pp. 107-137
9
Il trasporto del gas naturale in forma liquida (Gas Naturale Liquefatto - GNL)
necessita sia di un impianto di liquefazione al porto di origine, che di un impianto di
rigassificazione (detto terminale) nel porto di arrivo, necessario per la successiva
immissione nella rete locale.
L’indubbio vantaggio connaturato a questo tipo di trasporto è la flessibilità: se da una
parte una nave può essere dirottata in qualsiasi momento per approdare ad un
terminale dove il prezzo offerto per il gas sia maggiore, dall’altra il consumatore può
liberarsi delle rigidità imposte da un sistema di trasporto come quello via condotta,
avendo la possibilità di rivolgersi ad un più ampio numero di fornitori. Nonostante il
trasporto via metaniera sia in grande espansione, l’approvvigionamento via gasdotto
resta per il consumatore la modalità nettamente più economica: è possibile stimare
che il costo medio di trasporto via gasdotto12
, nel caso di un gasdotto di media
portata, sia minore di quello via nave gasiera fino ad una distanza di 3.000 km. La
convenienza del trasporto via gasdotto aumenta fino a 4.500 km di distanza in
presenza di un territorio in gran parte pianeggiante e scende a 2.500 km se il gasdotto
è sottomarino.13
La realizzazione di un gasdotto, comporta, d’altro canto:
- la necessità di investimenti ingenti connaturati agli alti costi infrastrutturali;
- le complesse trattative con i Paesi che la condotta deve attraversare e le
relative difficoltà geopolitiche che ne conseguono;
- Altissima rigidità dell’offerta, non dirottabile verso una destinazione diversa
da quella prefissata
12 Non si considerano nella stima eventuali costi aggiuntivi legati a questioni di stampo
geopolitico.
13 A. Motz, op.cit, p. 111
Ulteriori stime in: Dorigoni S. Il gas naturale liquefatto per l’Europa. Le ragioni, l’impatto
sul mercato e le prospettive, Franco Angeli, Milano, 2009
10
Nell’ottica dell’approvvigionamento via gasdotto, che, grazie alla sua maggiore
competitività economica, costituisce in Europa la modalità di trasporto dominante, la
realizzazione di infrastrutture di importazione aggiuntive costituisce uno degli
strumenti, tra quelli disponibili, determinanti per aumentare la sicurezza energetica.
Le infrastrutture sono valutate e talvolta anche finanziate dalle istituzioni
comunitarie, che predispongono, con cadenza annuale, piani di sviluppo delle reti e
dei rapporti di monitoraggio finalizzati ad evidenziare quali vie di trasporto si
prospettino maggiormente vantaggiose per la sicurezza del sistema.
Infine, le Autorità Pubbliche, siano esse nazionali o europee, hanno interesse alla
realizzazione delle infrastrutture di trasporto quando rappresentino delle essential
facilities.
Una infrastruttura è un essential facility se:
- è essenziale per lo sviluppo delle attività da esse dipendenti;
- può essere utilizzata da più soggetti in modo economicamente conveniente
senza che questo ne pregiudichi il buon funzionamento;
- può essere preclusa a uno o più richiedenti senza che il fornitore ne riceva un
danno insostenibile.14
Eventuali competitors interessati ad accedere al mercato dovrebbero quindi superare
due ordini di barriere all’accesso. Una prima barriera è costituita dall’investimento
iniziale necessario ad istituire una nuova capacità di trasporto, che è di tale entità da
scoraggiare l’eventuale duplicazione della struttura, almeno nel breve e medio
periodo. La seconda barriera è costituita dalla cosiddetta capacity holding
(trattenimento della capacità) del fornitore, in grado di osteggiare eventuali
concorrenti rifiutando loro l’accesso all’infrastruttura.
14 A. Motz, op.cit., pp. 107-137
11
Di conseguenza, spesso una essential facility è controllata da un operatore dominante
sul mercato, che per ragioni che spaziano dalla convenienza economica alla logica
geopolitica, può abusare della sua posizione di prelazione. La natura di essential
facilities dei gasdotti e dei terminali di rigassificazione ha indotto il legislatore
comunitario a incoraggiare lo sviluppo di un mercato del gas più concorrenziale,
introducendo una serie di norme per favorire l’accesso alle infrastrutture anche da
parte di operatori diversi da quelli che hanno sostenuto l’investimento per la loro
costruzione. Per l’analisi di queste norme si rimanda al capitolo successivo.
1.2.3 Le caratteristiche del mercato internazionale del gas
La concentrazione geografica delle riserve di gas naturale è la caratteristica
principale del mercato internazionale di questa risorsa primaria. Ne deriva un assetto
tendenzialmente non concorrenziale, all’interno del quale primeggiano imprese
produttrici verticalmente integrate in condizioni di monopolio naturale.
Tale assetto rende ragione dell’intervento statale nel mercato a sostegno del proprio
“campione nazionale”, al fine di una maggiore tutela dei consumatori e, quindi, dei
propri interessi strategici.
• La concentrazione geopolitica dell’offerta
In un mercato come quello del gas, in cui l’offerta è circoscritta ad alcune aree
geografiche specifiche, «la disponibilità di riserve e la capacità produttiva sul lato
dell’offerta e la sicurezza degli approvvigionamenti sul lato della domanda
rappresentano una questione strategica non solo interconnessa ma ormai
inseparabile»15
. Una tecnologia di stoccaggio poco flessibile e costosa acuisce la
15 G. Pireddu, Economia dell’energia. I fondamenti, Pavia University Press, Pavia, 2009,
p.191
12
vulnerabilità dei consumatori e favorisce il consolidamento di un mercato
oligopolistico e collusivo tra le imprese statali dei Paesi esportatori, impedendo la
formazione di un mercato competitivo sul lato dell’offerta. Una condizione
necessaria, ma non sufficiente, a limitare la connotazione anti-concorrenziale del
mercato internazionale del gas potrebbe essere un più ampio e integrato sistema di
trasporto che consenta ad un produttore di rivolgersi a più importatori diversi e
viceversa.16
Allo stato attuale, peraltro, la scena resta dominata da due principali attori dal lato
dell offerta: le imprese di Stato e le cosiddette “Gas Majors”, ovvero le
multinazionali dominanti nel settore degli idrocarburi. A differenza di quanto accade
nel mercato del petrolio, non esiste nel mercato del gas un cartello formato da una
pluralità di esportatori (Organization of the Petroleum Exporting Countries - OPEC),
ma si è piuttosto affermato un oligopolio bilaterale tra esportatore e importatore a
causa della suddetta rigidità negli scambi che caratterizzano questo mercato.
Specularmente, prima che si desse avvio ad un parziale processo di liberalizzazione,
la domanda nazionale di gas nei Paesi membri dell’Unione Europea era gestita da
società di approvvigionamento che agivano in condizioni di monopolio, legale o de
facto. Il processo di liberalizzazione (a partire dalla fine degli anni ’80) non ha inciso
significativamente sugli assetti preesistenti, caratterizzati dalla cosiddetta “politica
del campione nazionale”. Tale politica tutela il controllo che queste imprese
esercitano sulle infrastrutture di approvvigionamento, al fine di garantirgli un peso
negoziale maggiore sulla scena internazionale, e tutelando, di conseguenza, gli
interessi del proprio paese qualora l’impresa nazionale si trovasse ad affrontare
situazioni quali cartelli dell’offerta o tagli all’approvvigionamento. Non frazionando
la gestione interna della domanda e della distribuzione del gas, si preserva l’effetto
lock-in in favore dell’importatore, che potendo coordinare al meglio le attività
nazionali, rende la tutela della sicurezza energetica più efficace e meno onerosa per
l’autorità pubblica.
16 Ibidem
13
• La regionalizzazione dei mercati
Per spiegare il motivo peri il quale il mercato internazionale del gas è diviso in tre
grandi aree geografiche distinte è necessario fare appello alle modalità di trasporto di
questo bene.
Lo scambio di gas via condotta crea dei rapporti bilaterali rigidi tra produttore e
consumatore: una volta posata la condotta non è possibile cambiare fonte di
approvvigionamento o fonte di destinazione, come invece è possibile con il petrolio
o con il trasporto via metaniera. La diffusione di questa infrastruttura rigida di
distribuzione (anche grazie ai costi vantaggiosi che presenta su distanze di breve e
medio raggio), i contratti a lungo termine e la distribuzione disomogenea dei
giacimenti, hanno contribuito alla regionalizzazione dei mercati del gas naturale.
In tal senso è possibile distinguere tre grandi mercati “regionali” indipendenti:
Europa, Nord America e Asia Orientale.
Il mercato asiatico è caratterizzato principalmente da forniture di GNL trasportato su
lunghe distanze e venduto sulla base di contratti di lungo periodo: due caratteristiche
che rendono il prezzo del gas in questo mercato sensibilmente superiore rispetto a
quello Europeo e Nord Americano. La questione diviene di particolare interesse se si
considera lo spiccato aumento della domanda cinese di gas, e le incognite derivanti
dalla trattativa per la costruzione di un gasdotto che colleghi i giacimenti russi della
Siberia con la Cina.
Il mercato Nord Americano è caratterizzato da un alto livello di concorrenzialità e
liquidità; il trasporto viene effettuato principalmente via tubo, presenta prezzi
nettamente inferiori a quelli europei e una struttura sostanzialmente chiusa del
mercato, sopratutto in ragione del picco di produzione dovuto allo sviluppo delle
tecniche di estrazione del gas da giacimenti non convenzionali.
Il mercato regionale europeo, si trova in una posizione intermedia tra i due: il suo
approvvigionamento avviene principalmente via tubo dalla Russia, seguita dalla
14
Norvegia e dal Nord Africa17
, prevalentemente tramite contratti di lungo periodo.
Anche in riferimento ai prezzi, il mercato europeo si colloca a metà tra i prezzi
asiatici (intorno al doppio degli europei) e quello nordamericano (circa la meta di
quelli europei)18
.
• Un assetto non concorrenziale
Storicamente il modello di mercato prevalente nel settore del gas è caratterizzato
dalla coesistenza di tre elementi:
1. la presenza di un assetto verticalmente integrato fra la fase upstream e quella
downstream;
2. la fase di trasporto e distribuzione che combacia con le caratteristiche del
monopolio naturale;
3. la presenza del controllo pubblico sulle imprese del settore.19
A partire dalla seconda metà degli anni ottanta, le politiche europee di
liberalizzazione hanno cercato di contrastare proprio questi tre fattori. Gli attuali
regolamenti continuano infatti a modellarsi su due esigenze sostanzialmente
antitetiche: favorire la concorrenza e garantire la sicurezza.
Lo sfruttamento di gas presente in giacimenti anche distanti rispetto alla zona di
fruizione nasce con l’impiego nelle industrie di tale fonte energetica. L’esigenza di
17 Nel 2014 il gas importato in Europa dalla Russia è stato pari a 1435 TWh, 44% delle
importazioni totali. Da http://www.gasinfocus.com/en/ riferito a BP Statistical Review of
World Energy June 2014, (19/04/2015)
18 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., pp.48 -49
19 M. La Cognata,“ La liberalizzazione dell’energia elettrica e del gas naturale” , Economia
dell’Energia, P. Ranci e M. Ferrari (a cura di), Il Mulino, Bologna, 2011, pp. 79-105
15
costruire dei gasdotti diviene quindi primaria al fine di collegare il consumatore alla
fonte dell’offerta: le stesse grandi imprese produttrici si assumono il compito di
costruire le infrastrutture o di connettere la rete locale con il luogo di estrazione.
Inoltre le operazioni di “dispacciamento” (mantenere costante la pressione e la
composizione chimica del gas lungo i canali di trasporto) richiedono costanza e
coordinamento ed acuiscono la necessità di integrazione tra le varie fasi lungo la
filiera di produzione.
La nascita del mercato internazionale del gas è dunque legata fin dalle sue origini ad
una struttura verticalmente integrata, ossia ad uno schema in cui l’attività
infrastrutturale di trasporto è inscindibile dalla produzione alla vendita.20
Tale assetto verticalmente integrato si è consolidato in questo mercato, in quanto
costituisce un monopolio naturale. Un monopolio naturale è «un impresa in grado di
generare l’intera produzione del mercato ad un costo inferiore a quello che sarebbe
praticato in presenza di diverse imprese»21
. Un’impresa verticalmente integrata
beneficia in questa condizione degli effetti delle economie di scala. La funzione di
costo è in questi casi subadditiva, una condizione in cui «il costo sostenuto da una
singola impresa per produrre la quantità domandata è inferiore alla somma dei costi
di più imprese che intendano soddisfare congiuntamente la domanda»22
. Applicando
la definizione al caso pratico, appare evidente come le infrastrutture energetiche
presentino una percentuale di costi fissi altissimi, dovuti all’elevato contributo
finanziario iniziale necessario agli studi esplorativi e alla costruzione materiale della
struttura. La curva dei costi medi è di conseguenza decrescente, poiché il costo che
l’impresa deve sostenere per trasportare un’unità aggiuntiva di prodotto è quasi nulla
(sia in termini assoluti, che rispetto ai costi iniziali). In questo senso si spiega come,
anche quando un infrastruttura diventi obsoleta o richieda interventi di
20 Ibidem
21 S. Pindyck e D.L. Rubinfeld, Microeconomia, Pearson Paravia Bruno Mondadori, Milano,
2009, p.334
22 M. La Cognata, op.cit.,p.84
16
manutenzione, sia molto più conveniente investire per adeguarla alle nuove esigenze
piuttosto che costruirne una nuova.
Si configura quindi un caso di fallimento di mercato, in cui l’agire di un unico
monopolista è preferibile a quello di una pluralità di operatori. Sia per evitare che il
monopolista non abusi della sua posizione dominante a discapito dei consumatori, sia
per garantire che si impegni ad assicurare delle forniture stabili, interviene,
direttamente o indirettamente, lo Stato. Le Autorità Pubbliche considerano il
benessere del settore energetico una priorità: la fornitura di energia è considerata un
servizio essenziale per il mantenimento del benessere collettivo, alla stregua di un
servizio di pubblica utilità. Lo Stato tutela un servizio di pubblica utilità nei casi in
cui la logica di mercato ne mini l’efficienza e la fruizione collettiva da parte dei
consumatori23
.
In passato, peraltro, la tutela dei servizi di pubblica utilità è stata attuata attraverso la
circoscrizione protezionistica del mercato interno e la nazionalizzazione delle
imprese dell’energia, aggravando la concentrazione monopolistica del mercato.
Dal punto di vista di uno Stato esportatore di fonti di energia primaria, le ragioni
dell’ingerenza statale e la nazionalizzazione delle imprese produttrici sono motivate
da due ragioni differenti: coprire gli alti costi connaturati all’estrazione delle risorse
naturali e assicurarsi un profitto costante nel settore energetico, che costituisce una
porzione elevata dei proventi pubblici.
• La rigidità della domanda e dell’offerta
La rigidità della capacità produttiva e della domanda, almeno nel breve e medio
periodo, caratterizzano il mercato energetico. Nel breve periodo la domanda di una
23 Se, per esempio, il produttore non ritenesse redditizia la costruzione di una rete di fornitura
in una particolare zona del territorio, lo Stato può ne incoraggerà l’attuazione attraverso
degli incentivi finanziari.
17
fonte di energia primaria è difficilmente sostituibile a causa dei vincoli strutturali e
tecnologici propri dell’industria energetica.
Inoltre, in ragione dei lunghi periodi necessari per attuare variazioni nella capacità
estrattiva e alla costruzione delle infrastrutture di trasporto, nemmeno la produzione
si adatta immediatamente alla variazione della domanda, generando,
alternativamente, periodi di eccedenza e penuria dell’offerta (ciclicità). Ne
scaturiscono tensioni sul prezzo che minano l’equilibrio tra domanda e offerta.
Il produttore, in ragione di una produzione caratterizzata da costi fissi elevati, ha
interesse a mantenere la sua produzione ai massimi livelli possibili, almeno nel
periodo immediatamente successivo all’avviamento dell’attività. Tale incentivo
sostiene alti livelli di produzione anche in caso di prezzi in calo (la produzione
diminuisce solo se il prezzo decresce al di sotto del costo variabile unitario, ma non
se è inferiore al costo medio)24
.
Allo stesso modo, un aumento del prezzo non spinge i produttori ad aumentare
l’offerta: in ragione di un assetto di mercato oligopolistico, i produttori elevano o
mantengono il livello dei prezzi con l’ausilio di comportamenti di tipo collusivo25
.
Nel mercato del gas, gli effetti di tale ciclicità sono inoltre acuiti dalla particolare
complessità delle procedure di stoccaggio, che non permettono agli importatori di
detenere scorte paragonabili a quelle di petrolio. Un esempio che ben esplica le
dinamiche appena descritte è rappresentato dal caso dello scoppio della “bolla del
gas” (gas bubble) dopo il 2008: fino a quell’anno un trend della domanda mondiale
positivo26
aveva spinto in alto i prezzi del gas; il crollo è stato determinato dal
coincidere di due fattori: la riduzione della domanda europea in seguito alla crisi
24 G. Pireddu, op.cit., p. 194
25 Ibidem
26 Le cause sono molteplici, tra le quali la domanda crescente dei Paesi in via di sviluppo
quali Cina, India e Brasile, un mercato non ancora scalfito dalla crisi economica, e la
debolezza del dollaro.
18
economica e l’aumento della produzione statunitense di gas non convenzionale. La
diminuzione dei prezzi sui mercati spot americani ha spinto le navi gasiere a cercare
nuovi porti di attracco per le loro merci nel vecchio continente, dove si registravano
prezzi più alti. A partire dall’ottobre del 2009 , però, anche i prezzi europei hanno
risentito dello scoppio della bolla: dapprima attraverso i prezzi hub-based del Nord
Europa27
, e, in seguito, dalla discesa delle indicizzazioni mobili al prezzo del
petrolio28
.
Una grave conseguenza della caduta dei prezzi è l’effetto generato sugli investimenti.
Anche se, superata la fase recessiva, la domanda dovesse iniziare di nuovo a
crescere, occorrerebbe aspettare un periodo di transizione affinché gli investimenti
ricomincino ad esser adeguati alle nuove esigenze di capacità produttiva. Questo
sfasamento temporale tra l’aumento di domanda e l’attuazione degli investimenti
necessari a soddisfarla, può generare una scarsità di offerta tale da innescare fasi
recessive sull’economia, abbattendo il PIL dei Paesi importatori29
.
1.2.4 La specificità del mercato europeo rispetto al mercato nordamericano
Negli Stati Uniti, già a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, una forte propensione
alla liberalizzazione del mercato ha esercitato pressioni in favore della riduzione
dell’integrazione verticale delle attività di estrazione, produzione e distribuzione del
gas.
Dagli anni ‘90 è stato introdotto il principio di separazione della proprietà del gas e
dalle reti di trasporto: si è sviluppato così un sistema di trasporto del gas
relativamente indipendente rispetto al resto della filiera, che non può più essere
27 Si veda il paragrafo successivo
28 A. Motz, op.cit., pp. 119-121
29 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica,cit. , pp. 22-25
19
utilizzato dai grandi produttori come strumento per la creazione di barriere che
ostacolino l’ingresso di nuovi competitors. Queste condizioni hanno fatto sì che,
parallelamente allo sviluppo materiale di hubs del gas, si venisse a creare una
piattaforma virtuale per la facilitazione del trading. Quest’ultima fornisce garanzie
circa la regolazione dei pagamenti, oltre ad un confronto chiaro sul metodo di
formazione del prezzo: il prezzo a cui si scambia il gas presso gli hubs principali
(principalmente presso l’Henry Hub in Louisiana30
) diventa il maggiore indicatore
dei prezzi di tutto il mercato statunitense, che, grazie allo sviluppo di strumenti di
arbitraggio, rimane legato all’equilibrio domanda-offerta.
Il mercato del gas in Europa, di più recente formazione e con una storia di sviluppo
infrastrutturale più tumultuosa, presenta una modalità di realizzazione e gestione
delle infrastrutture completamente differente.
I primi gasdotti furono sviluppati per connettere i giacimenti olandesi alle reti locali
di Francia, Belgio, Germania e Italia, mentre i gasdotti dell’Est-Europa vennero
realizzati dall’Unione Sovietica a partire dagli anni ’60, in regime di totale
monopolio statale. In tale contesto, molti Paesi dell’Est-Europa che oggi
appartengono all’Unione Europea sono divenuti completamente dipendenti dalla
Russia, e lo sono tuttora.
Anche se dagli anni ’90 è stato avviato un processo di liberalizzazione che ha
progressivamente sviluppato norme sempre più stringenti in materia, l’Europa, con
l’eccezione del Regno Unito, è tuttora ben lontana dalla trasparenza e dalla
concorrenzialità del mercato americano. L’Europa, infatti, a differenza degli Stati
Uniti, almeno nella sua storia recente, non è mai stata autosufficiente dal punto di
30 Hub situato a Earth in Louisiana, ha conosciuto nel tempo una crescita notevole dei
volumi scambiati tanto da attirare l’attenzione di alcuni operatori specializzati nella gestione
di piattaforme di intermediazione (brokeraggio), così d a diventare un centro di riferimento
per la formazione del prezzo a livello nazionale.
A.Motz, op.cit., 2011, pp 115.
20
vista degli approvvigionamenti: la preoccupazione per la sicurezza ha dunque
oscurato gli incentivi alla tutela della concorrenza e l’interesse ad impedire situazioni
di abuso di posizione dominante. La posizione monopolistica del fornitore è stata
parzialmente controbilanciata dai sostegni statali a forti imprese nazionali capaci di
opporsi all’influenza delle grandi majors del gas e alle imprese statali degli Stati
esportatori. Inoltre, al fine di assicurare la stabilità degli approvvigionamenti, si è
acconsentito alla stipula di contratti a lungo termine coi Paesi produttori in grado di
assicurare forniture sicure nel lungo periodo.
Sono dunque tre i principali fattori che hanno impedito la formazione di un sistema
di hubs sul modello dell’Henry Hub statunitense: la relativa scarsità delle risorse, la
presenza di reti meno capillari gestite in maniera poco trasparente - e spesso soggette
a congestione - e la presenza di contratti a lungo termine con clausole di prezzo
indicizzato al petrolio.
Da questa tendenza si dissocia però il Regno Unito, che dal 1996, ha istituito un hub
virtuale di portata nazionale (National Balancing Point - NBP)31
, che, ispirandosi al
ruolo svolto dagli hubs fisici nel mercato statunitense, si è affermato sia come
indicatore dei prezzi del gas scambiato sul mercato spot, sia come referente per
contratti che utilizzano l’indicizzazione ai prezzi nazionali del gas e non al petrolio.
Nonostante gli altri Stati membri dell’Unione Europea desiderino seguire un modello
di liberalizzazione più vicino all’esempio britannico, la presenza di accordi bilaterali
di lungo periodo ancora lontani dalla scadenza, la disomogeneità della regolazione
tra i diversi Stati e la difficoltà ad affermare una vera e propria separazione della fasi
upstream e downstream della fornitura di gas; costituiscono un ostacolo ancora
troppo forte alla realizzazione di questa aspirazione, favorendo il potere di mercato
degli ex monopolisti (legali o de facto). L’Europa rimane dunque divisa in una zona
nord, dove l’affermazione dei due principali hubs, il TTF olandese e il Zeebrugge
belga, favoriscono un mercato più trasparente, e un’Europa del sud, con percentuali
31 Il prezzo non fa riferimento al gas scambiato in un punto geografico preciso ma ad un
punto astratto nella rete. Di conseguenza l’indicatore dei prezzi concerne tutto il gas che
scorre nella rete nazionale.
21
di dipendenza dall’estero (extra-UE) più elevata e con approvvigionamenti regolati
da contratti di lungo periodo.
1.2.5 L’andamento del mercato internazionale del gas: l’Europa nelle dinamiche globali
Come già anticipato, la crisi del 2008 ha comportato un crollo della domanda a
livello internazionale, che perdura nell’Unione Europea a tutt’oggi. Nel 2013 il
consumo di gas naturale nell’Unione Europea è precipitato a 476 miliardi di metri
cubi (bcm), un ribasso che la riporta ai livelli di inizio secolo32
. La crisi economica è
sicuramente una delle ragioni, ma sarebbe un errore omettere il ruolo che le politiche
a supporto dell’incremento dell’efficienza energetica e l’impiego di fonti di energia
rinnovabili possono aver avuto in questa riduzione.
Il mercato nordamericano invece, ha visto aumentare in maniera significativa la sua
produzione interna attraverso lo sfruttamento di giacimenti di gas non convenzionale,
fino al raggiungimento dell’autosufficienza33
. L’unico trend in spiccata crescita è
quello dell’Asia, soprattutto per quanto concerne Cina e India. Secondo Massimo
Nicolazzi, peraltro, tale crescita non sembra adeguata a riassorbire il potenziale
produttivo di gas a livello mondiale. L’Autore afferma che, se «Un mercato si
contrae. Un mercato si autoalimenta. E il mercato che più cresce non sembra crescere
abbastanza da assorbire l’esubero»34
, di conseguenza «il 2015 sarà anno di
concorrenza di produttori»35
, laddove nel prossimo decennio, al paradigma della
scarsità, succederà un paradigma dell’abbondanza. Tenendo presente la dinamica
32 IEA, World Energy Outlook 2014, cit., pp 136
33 M. Nicolazzi, “Geopolitica dell’abbondanza”, Energia e Geopolitica, M. Verda (a cura
di), ISPI, Milano, 2014
34 Ibidem p. 2
35 Ibidem p. 6
22
globale, è interessante, ai fini di questa analisi, individuare come l’Unione Europea
giochi il suo ruolo.
• La domanda
Secondo i principali analisti, i centri di maggiore crescita che domineranno la scena
nei prossimi trent’anni si localizzano nella Cina e nel Medio Oriente: la prima
soddisferà la sua domanda con gas importato, necessario a far fronte alle esigenze di
un’economia in forte espansione e cruciale per ridurre il tasso di emissioni inquinanti
(sostituendolo all’impiego del carbone, fonte con costi ambientali nettamente più
dannosi); Il Medio Oriente soddisferà la sua domanda principalmente grazie alla
crescita della produzione interna, al fine di sostituire il gas alla combustione del
petrolio nella produzione di energia, riducendone i costi. Questi due mercati da soli
sono sufficienti a superare e a più che duplicare la crescita della domanda prevista
nella intera area dei Paesi OECD.
Fig 1.1 Domanda di gas naturale per regione
Fonte: IEA, World Energy Outlook 2014
23
Nell’Unione Europea la domanda di gas rimarrà inferiore ai volumi del 2010 fino al
2030-35, per crescere con moderazione solo successivamente. Inoltre esistono delle
incertezze sia al riguardo dell’effetto al ribasso che una piena applicazione delle
misure del pacchetto energia 203036
potrebbero causare sulle previsioni, che
all’impatto delle misure mirate alla riduzione della dipendenza dalla Russia mediante
la diversificazione delle fonti di approvvigionamento.
Per l’Europa, mantenere un ruolo rilevante nella scena mondiale dell’energia sarà
una sfida sempre più ardua. L’incremento della domanda del gas nell’Unione
Europea sarà dovuto soprattutto alla generazione di energia elettrica, seguita dal
settore abitativo, principalmente nel riscaldamento, e dal trasporto stradale.
Nei principali mercati mondiali (con l’eccezione degli USA) l’ambito industriale è il
secondo settore di impiego del gas in ordine di importanza.
In Europa, al contrario, la previsione della variazione della domanda di gas per il
settore industriale tra il 2012 e il 2040 è addirittura in negativo.
36 Riduzione del gas effetto serra del 40% e il raggiungimento di utilizzo delle fonti di
energia rinnovabili pari al 27% del mix energetico.
24
Fig 1.2 Variazione nella domanda di gas naturale per settore in regioni selezionate
Fonte: IEA, World Energy Outlook 2014
*Industry includes gas used as petrochemical feedstocks and energy consumption in coke ovens and
blast furnaces
**Other includes agriculture and any other non-energy use
• L’offerta
Anche per quanto concerne l’offerta, la variazione di produzione interna alla UE e al
suo maggiore fornitore NATO, la Norvegia, è negativa37
.
37 Per ulteriori approfondimenti si vedano i dati riguardanti il declino della produzione
europea in R. Dickel et al., Reducing European Dependence on Russian Gas: distinguishing
natural gas security from geopolitics, Oxford Institute for Energy Studies, OIES Paper NG
92, 2014, pp. 12-16
25
Fig 1.3 Produzione gas naturale per regione (bcm)
Fonte: IEA, World Energy Outlook 2014
2012 2040 2012-2040
Delta CAAGR*
Europe OECD 278 210 -68 -1%
Norway 115 101 -14 -0,5%
Europe non
OECD/Eurasia 873 1198 325 1.1%
World 3438 5378 1940 1.6%
European
Union 174 106 -68 -1.7%
*Compound average annual growth rate
Di conseguenza il principale produttore con cui un’Europa sempre più importatrice
dovrà fare i conti è la Russia, poiché - come si vedrà in seguito - ostacoli tecnici e
scarsa convenienza economica rendono ancora lontano un plausibile
approvvigionamento tramite GNL statunitense.
26
Fig. 1.4 I principali produttori di gas naturale
Fonte: ISPI38
; su elaborazione dati IEA, World Energy Outlook 2014
L’aumento di produzione negli Stati Uniti è principalmente finalizzato alla
soddisfazione della domanda interna, al contrario di quanto accada per Qatar e
Turkmenistan che producono soprattutto per l’esportazione.
In una posizione intermedia si colloca la Russia, la cui produzione soddisfa l’elevata
domanda interna (Fig 1.1) e le esportazioni verso il suo principale, e per lungo tempo
esclusivo, cliente europeo. La relazione tra i due partner, come si evince dalle
previsioni, sarà messa alla prova nei prossimi tre decenni da nuove dinamiche quali
la riduzione della domanda Europea, l’aumento vertiginoso di quella cinese (e gli
accordi Russia-Cina per lo sfruttamento dei giacimenti siberiani), e l’aumento della
38 M. Verda, “L’energia del futuro tra rivoluzione americana e boom asiatico”, Energia e
Geopolitica, M. Verda (a cura di) ISPI, Milano, 2014, p. 26; su elaborazione dati IEA, World
Energy Outlook 2014, 2014, p.149
27
produzione negli Stati Uniti. Se da una parte dunque, la riduzione della domanda
europea di gas apporterebbe benefici chiari alla sua sicurezza energetica,
rimetterebbe in discussione i rapporti con il suo principale fornitore, la Russia,
peraltro già tesi per altre innumerevoli questioni39
. D’altro canto, la Russia non
rimane indifferente al ridimensionamento delle sue esportazioni verso il suo
principale cliente, in un contesto di mercato in cui, vista la scarsa flessibilità offerta
dalle infrastrutture di trasporto, un rindirizzamento delle esportazioni non appare
praticabile, almeno nel breve e nel medio periodo.
Partendo dall’analisi dei trend globali, si possono ora analizzare più nello specifico le
attuali dinamiche Russia-Europa.
1.3 L’approvvigionamento dalla Russia
1.3.1 I numeri della dipendenza
Il più grande destinatario del commercio internazionale di gas naturale è ad oggi il
mercato Europeo40
.
L’Europa si rifornisce principalmente via gasdotto: la gran parte delle forniture
extraeuropee arriva dalla Russia (oltre il 60% delle importazioni nel 2013). Nel 2012
il 13% del gas proveniva dall’Algeria, mentre sul suolo europeo i principali
esportatori sono Norvegia (31%) e, in quantità minore, i Paesi Bassi. Il Regno Unito
ha goduto di una fase di alta produzione nell’ultimo quarto del XX secolo, ma i
39 Si veda l’ingerenza della Russia nella questione del debito Greco e il conflitto con
l’Ucraina.
40 Il secondo è il mercato dell’area Asia-Pacifico, dove la quota maggiore di importi è
raggiunta da Giappone e Korea, seguita da crescenti importi verso la Cina.
IEA,World Energy Outlook 2014, 2014
28
giacimenti sono in via di esaurimento e non riescono a coprire neppure la domanda
nazionale. Importanti rifornimenti giungono anche via nave dal Qatar, dall’Egitto,
dalla Nigeria, e, a seconda delle opportunità di profitto, da Trinidad e Tobago41
.
Fig 1.5 Importazione del gas in Europa per provenienza
Fonte: IEA, World Energy Outlook 2014
Dal 2010 l’Europa ha fatto sempre più affidamento sul gas via tubo della Russia,
riducendo le importazioni di GNL via nave e aumentando la sua dipendenza nei
confronti di un singolo fornitore, con conseguenze negative sulla sua sicurezza
energetica, soprattutto per quei Paesi dell’Unione che, a causa delle modalità di
approvvigionamento, delle scarse interconnessioni fra le reti internazionali, della
scarsa capacità di contro-flusso e delle formule contrattuali prevalentemente in uso,
sono dipendenti esclusivamente dal solo fornitore russo. Questa tendenza è una
funzione di aggiustamento rispetto al meccanismo dei prezzi, che ha reso il gas russo
più competitivo rispetto ad altre risorse. Il ruolo del GNL è stato infatti
41A. Motz,op.cit., p. 112
29
ridimensionato a causa della concorrenza dei prezzi asiatici, nettamente più alti di
quelli del mercato europeo.
I maggiori prezzi per il GNL in Asia sono stati una calamita verso oriente per le navi
di trasporto, creando allo stesso tempo una tensione al rialzo nel mercato europeo, e
rendendo di conseguenza il gas russo via tubo più competitivo. Non sono, inoltre, da
trascurare i problemi geopolitici che hanno ristretto le importazioni dal Nord Africa,
soprattutto se si considera che tali impedimenti sembrano, allo stato attuale,
aggravarsi più che stabilizzarsi42
.
Oltre a prezzi più concorrenziali, la quota delle importazioni russe è diventata
dominante in Europa grazie anche all’aumento e alla diversificazione delle vie di
trasporto, che ha reso l’approvvigionamento meno dipendente dal transito via
Ucraina, che, specialmente a partire dai conflitti del 2013, non sembra più una via
affidabile.
Ne deriva una reciproca dipendenza tra Russia ed Europa. La prima, infatti, necessita
di una domanda stabile da parte del suo cliente principale; quest’ultimo tende invece
sempre più a restringerla (principalmente a causa della crisi economica, ma anche
come esplicito intento delle politiche di sicurezza energetiche). La Russia basa infatti
gran parte del proprio budget statale sulla rendita di petrolio e gas: se la domanda
non aumentasse a sufficienza, il prezzo andrebbe in tensione, spingendo ad una
contrazione dell’offerta, che a sua volta determinerebbe una restrizione significativa
della spesa statale, ponendo a rischio taluni aspetti della pace sociale che ne
consegue.
Il progressivo affidamento, sempre più esclusivo, dell’Europa verso il più economico
approvvigionamento via tubo dalla russia, pone allo stesso tempo, due principali
questioni di sicurezza energetica: una che riguarda la dimensione esterna della
sicurezza, ossia la certezza dell’entità dei flussi e la possibilità di sostituire i
42 Al momento della redazione di questa analisi la zona è caratterizzata da instabilità politica
e incertezza. In particolare la condizione politica in Libia non consente l’interlocuzione
tramite un referente ufficialmente riconosciuto.
30
rifornimenti russi con fonti alternative in caso di crisi; una dimensione interna,
ovvero una capacità adeguata delle infrastrutture interne: una buona rete di
collegamento che possa garantire alle zone più a rischio in caso di taglio alle
forniture di ricevere gas dai Paesi in esubero all’interno del mercato europeo e un
buon sistema di stoccaggio delle riserve.
1.3.2 I contratti a lungo termine e il prezzo del gas in Europa
Appurato che il primo fornitore per importanza in Europa è la Russia, occorre
specificare in cosa consistano i contratti a lungo termine (Sale and Purchase
Agreement) che caratterizzano i rapporti energetici tra i due partners commerciali.
I contratti nascono dall’esigenza dei produttori di tutelarsi da due rischi principali: il
rischio minerario e il rischio legato al gap temporale tra avvio e conclusione della
costruzione degli impianti. I rischi legati a quest’ultimo sono classificabili come
economici (domanda non sufficiente a ripagare investimento iniziale, prezzi in calo,
evoluzione imposizione fiscale e norme societaria per i Paesi che operano all’estero),
geopolitici (alleanze e conflitti) e tecnologici (repentina obsolescenza)43
. Di
conseguenza questo tipo di contratti presentano particolari garanzie, oltre a quella di
essere stipulati per lunghi periodi:
Il prezzo è oil-indexed, si indicizza al prezzo del petrolio, una commodity molto più
flessibile e più adatta del gas a rispondere alla domanda. Tale indicizzazione è
peraltro suscettibile di variazioni qualora la formula alla sua base determinasse un
distacco eccessivo dal prezzo del gas scambiato sui mercati spot.
I contratti a lungo termine presentano una clausola take-or-pay (if not taken), che
impone al compratore un acquisto minimo e un eventuale penale nel caso in cui
43 G. Pireddu, “Economia dell’energia. I fondamenti”, Pavia University Press, Pavia, 2009
pp. 204-218
31
questa non sia stata rispettata; infine presentano una clausola di destinazione, ovvero
un limite alla possibilità di dirottare il gas importato verso altri Paesi o mercati.44
Nel mercato europeo del gas l’oil-index pricing resta il meccanismo principale nella
determinazione del prezzo, mentre i prezzi determinati negli hubs ricoprono ancora
un ruolo globalmente secondario. Tuttavia, gli hubs nordeuropei esercitano una
pressione competitiva che si ripercuote su tutto il mercato europeo, esercitando una
pressione alla rinegoziazione al ribasso dei più alti prezzi oil-indexed.
Secondo le previsioni del Agenzia Internazionale dell’energia (IEA) le aspettative
per il 2040 depongono per un mercato sempre più flessibile e maggiormente
sensibile alla domanda e all’offerta registrata negli hubs, con sempre minor
riferimento ai prezzi del petrolio.
Gazprom, il colosso del gas russo, peraltro, non si dichiara soddisfatta di tale sistema
tariffario. Sergei Komlev il responsabile dei contratti e dei prezzi per Gazprom
Export, ha sostenuto all’European Cross-Boarder Trading Forum del 2011 che
sarebbe un errore sabotare l’attuale sistema di prezzi misto dell’Europa continentale.
Il sistema di prezzi hub-based eliminerebbe qualsiasi tutela per il produttore, al
contrario di quello attuale, che, a parere di Komlev, consente di considerare tutte le
parti coinvolte nella produzione, up-, mid- e downstream, in un sistema più
equilibrato di quello americano. In tale prospettiva, il consumatore non è
danneggiato, per due principali ragioni: la certezza di essere stabilmente rifornito nel
tempo e la protezione da un prezzo hub-based europeo, non paragonabile
all’efficienza di quello americano. Gli hubs europei, infatti, scambiano molto meno
gas di quelli americani, e, a causa del loro ruolo secondario sul totale del marcato
continentale europeo, non sarebbero in grado di fornire uno rappresentazione
veritiera dello scambio tra domanda e offerta, favorendo al contrario, arbitraggi non
trasparenti e instabilità nella formazione dei prezzi, mettendo a rischio la sicurezza
44A. Motz,op.cit., p.126
32
del consumatore attraverso prezzi non affidabili45
. Aggiunge inoltre, che «A move to
overall gas indexation in long-term contracts is unacceptable to gas producers, and
not only because the low churn ratios at Continental European hubs raise doubts as
to the quality of their price signals. Turning to gas indexation would not change the
balancing nature of the spot gas market in Eu, but gas indexation would change the
balance of interest in favour of importers; it would create the opportunity for
predatory pricing a the hubs and devaluate the entire supply portfolio of producers”,
concludendo «There is no need to open a Pandora’s box of endless conflicts»46
.
Tale posizione rappresenta un netto divario nella visione di intenti considerando gli
sforzi europei per rendere il mercato più competitivo e liberalizzato, attraverso la
riduzione degli effetti non concorrenziali derivanti dall’utilizzo di contratti a lungo
termine oil-indexed.
45 “It is clear that supply and demand drive Continental hub prices only to a limited extent
and that arbitrage opportunities produce unexpected effects on prices”.
S. Komlev, The European Gas Pricing Model, A Choice to be Made, A View from Gazprom
Export,Gazprom Export, European Cross-Border Trading Forum, Amsterdam, 8 novembre
2011, p. 7
46 Sergei Komlev, op.cit., p. 14
33
1.4 Il GNL: un mercato non abbastanza globale
1.4.1. Le prospettive
Il GNL è una miscela simile al gas trasportato via tubo. E’ composta principalmente
da metano (80-90%) e in percentuale decrescente da etano, propano, azoto e
idrocarburi più pesanti. Un processo di raffreddamento a temperature criogeniche
(circa -162°C) a pressione atmosferica ne riduce il volume di circa 600 volte
rendendo possibile il suo trasporto via mare su speciali metaniere grazie allo
stoccaggio in serbatoi coibentati. Come già ricordato in precedenza, il trasporto via
mare, anche se vincolato da particolari impianti di liquefazione alla partenza e
rigassificazione all’arrivo, consente di ovviare alla rigidità del trasporto via condotta,
rendendo la prospettiva di un mercato globalizzato del gas un’opzione plausibile nel
lungo periodo. Nel breve e medio periodo però, nonostante il trasporto via nave
possa potenzialmente rendere più flessibile il mercato, la struttura del commercio
internazionale e dei prezzi rimane relativamente rigida. Nella maggior parte del
mondo, clausole di destinazione e obbligazioni take-or-pay47
limitano ancora le
opportunità di scelta dei consumatori e le possibilità di reindirizzo del carico per i
fornitori. Poiché nei mercati sud europei ed asiatici i contratti a lungo termine
influenzano un sistema di prezzo ancora orientato all’indicizzazione al petrolio più
che alle transazioni spot, il prezzo del gas non costituisce, almeno su scala mondiale,
un riflesso dell’equilibrio domanda-offerta ma continua ancora ad essere la risultante
di logiche oligopolistiche e geopolitiche.
In una prospettiva europea, l’approvvigionamento via nave potrebbe essere
considerato un importante elemento di diversificazione rispetto alle fonti di
47 Anche se meno rigidi del sistema pipeline, gli impianti di liquefazione e i terminali di
rigassificazione richiedono comunque investimenti ingenti che comportano l’utilizzo di
contratti a lungo termine anche nel commercio del GNL.
34
approvvigionamento extraeuropee. Anche se il GNL acquisisce sempre più
competitività rispetto al trasporto via condotta a livello globale, l’Europa sembra, al
contrario, destinata a rimanere legata al tubo ancora per molto tempo.
Il trasporto via condotta costituisce la soluzione ottimale nelle distanze inferiori a
2000-3000 Km, mentre il GNL lo è nelle distanze comprese tra i 5000-6000km.48
I
gasdotti che collegano l’Europa ai giacimenti russi sono compresi nel primo
intervallo49
. In seguito alla crisi economica50
e lo scoppio della bolla del gas51
, ma
48 F. Clô, “Il Gas Naturale Liquefatto: evoluzione di un mercato sempre più globale”,
Energia e Geopolitica, M. Verda (a cura di), ISPI, 2014
49 Lunghezza dei gasdotti che connettono la Russia all’Europa:
- il gasdotto Nord Stream, inaugurato nel 2011 e lungo 1.224 km con una capacità di
trasporto di 27,5 miliardi di metri cubi all'anno, raddoppiabili mediante
l'affiancamento di una ulteriore linea già programmata, collega la Russia alla
Germania attraverso il Mar Baltico, scavalcando l'Ucraina;
- il gasdotto Yamal, che dalla Russia percorre quasi 4.200 km attraverso Bielorussia e
Polonia per arrivare in Germania;
- il gasdotto Blue Stream (1213 km), che trasporta gas naturale alla Turchia attraverso
il Mar Nero;
- il gasdotto Brotherhood (4500 km);
Gas Connect, http://www.gasconnect.at/en/Unser-Netz/Leitungssystem/TAG (24/04/2015)
Gazprom Export, http://www.gazpromexport.ru/en/projects/1/ (24/04/2015)
Gruppo Hera,
http://www.gruppohera.it/gruppo/com_media/dossier_gas/articoli/pagina70.html
(24/04/2015)
Pipelines International,
http://pipelinesinternational.com/news/the_urengoy_pomary_uzhgorod_pipeline_a_cold_wa
r_pipeline/043753/ (24/04/2015)
50 I consumi di metano dell’Unione Europea si sono ridotti di circa 60 Gmc dal 2008 al 2013
per effetto combinato della crisi economica e degli incentivi per le fonti elettriche
rinnovabili. Si veda Iea, Medium Term Gas Market Report 2014 - Market Analysis and
Forecast to 2019, 2014
51 Vedi paragrafo 1.2.3
35
anche grazie agli incentivi che l’Unione Europea sostiene a favore dell’utilizzo di
fonti di energia elettrica rinnovabili52
, l’Europa, il secondo mercato regionale per il
gas dopo il mercato asiatico, sta assistendo ad un drastico crollo delle importazioni di
GNL, ridotte del 48% tra il 2011 e 2013, raggiungendo volumi inferiori a quelli del
2005, e portando la quota di mercato a dimezzarsi al 14%53
: una netta inversione
rispetto alle previsioni che un decennio fa vedevano un futuro di costante crescita per
il GNL. Fino al 2012 Regno Unito, Spagna e, in misura inferiore, Italia e Francia
assorbivano a livello aggregato una quota pari al 22% del mercato globale di GNL,
oggi dimezzatosi. Anche i produttori preferiscono assecondare questo trend,
reindirizzando i loro carichi verso l’Asia, dove i prezzi del mercato spot sono più
attraenti. A provare l’entità dei tagli all’approvvigionamento tramite GNL, il trend
negativo di utilizzo dei 22 impianti europei di rigassificazione: dal 37% del 2012 al
solo 24% nel 2013, a confronto con una media mondiale del 34%54
.
1.4.2 Gli Stati Uniti: il primo produttore al mondo che non può esportare in Europa
La principale incognita di breve e medio termine al riguardo dello sviluppo
dell’offerta di GNL concerne la capacità di liquefazione che verrà effettivamente
sviluppata dagli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti sono diventati il primo produttore di gas al mondo (Fig 1.4) sopratutto
grazie allo sfruttamento di giacimenti non convenzionali (shale gas), e il loro
primato dovrebbe rimanere ineguagliato fino al 2040. La produzione si espande a
partire dai 681bcm nel 2012 fino al picco dei 930 bcm tra il 2030 e il 2040, momento
52 Alle fonti elettriche rinnovabili viene accordata la priorità nell’immissione in rete, con
conseguente ridimensionamento del ruolo atteso del metano nella generazione elettrica.
53 F. Clô, op.cit., p.139
54 IEA, Medium Term Gas Market Report 2014 - Market Analysis and Forecast to 2019,
2014
36
a partire dal quale la produzione dovrebbe iniziare a decrescere55
. Lo shale gas infatti
è, nel lungo periodo, molto meno affidabile della produzione convenzionale, poiché i
giacimenti si esauriscono con molta più rapidità.
Affinché la produzione si protragga nel tempo, il valore del gas estratto in un pozzo
deve superare il costo di sfruttamento del pozzo stesso. Col crescere della produzione
gli operatori iniziano a trivellare al di fuori dei cosiddetti “sweet spots”, i giacimenti
più redditizi in termini di quantità estratta di gas. Con il progressivo esaurimento
degli “sweet spots” l’economicità dello sfruttamento decade fino al deterioramento,
poiché ci si sposta in zone via via meno redditizie, dove la presenza di gas shale
estraibile è progressivamente inferiore fino a quando si incontra una barriera di costi
superiori al profitto potenziale.
Questo è il motivo per cui è previsto un picco e un successivo declino nella
produzione di shale gas statunitense. Restano però troppo numerose le incertezze
riguardo a al momento in cui questo dovrebbe verificarsi. Se il mercato del gas
americano dovesse rimanere chiuso o caratterizzato da quote di importazione ed
esportazione moderate, all’aumento dei costi di produzione dovrebbe corrispondere
prima di tutto un aumento dei prezzi, seguito solo in un secondo momento da una
diminuzione della produzione: la produzione crolla, infatti, solo quando il prezzo non
è più competitivo né sul mercato internazionale né sul mercato interno (rispetto al
prezzo del gas importato). Nella proiezione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia
(IEA) il picco e successivamente il declino della produzione di shale gas negli Stati
Uniti si verificheranno, come anticipato, poco prima del 2040: l’andamento dei
prezzi, attualmente difficile da stimare, rende solo indicativo questo riferimento
temporale. Prima o dopo, «unlike diamonds, shale gas is not forever»56
. Un ulteriore
elemento di incertezza è costituito dall’eventuale decisione degli Stati Uniti di
diventare un paese esportatore: una volontà che al momento non appare chiara. Se da
una parte, data la natura dei giacimenti shale, potrebbe essere geopoliticamente più
55 IEA, World Energy Outlook 2014, 2014, p.148
56 Ibidem, p. 150
37
conforme agli interessi americani protrarre il più a lungo possibile la loro
autosufficienza interna piuttosto che esportare il loro gas, dall’altra è prevista
l’entrata in funzione di terminali di liquefazione per il trasporto via nave. L’entrata in
funzione del terminale Sabine Pass Lng, il primo nel Golfo del Messico è prevista
per il 2016-17, mentre sono oltre una trentina i progetti per cui è stato avviato l’iter
di approvazione per ottenere l’autorizzazione all’esportazione da parte della Federal
Energy Regulatory Commission (FERC). Tre di questi lo hanno già ottenuto57
,
lasciando presupporre un avviamento dell’attività entro la fine del decennio.
Se una simile eventualità si realizzasse, gli Stati Uniti diventerebbero il terzo
maggiore esportatore di GNL non più tardi del 2020, sfidando le posizioni di Qatar e
Australia sul mercato asiatico. L’Europa, però, non si candida come potenziale
acquirente, poiché la sua distanza geografica dal mercato statunitense rende lo shale
proveniente dall’altra sponda dell’atlantico molto meno competitivo rispetto a tutti i
fornitori attuali dell’Europa. Infatti, nonostante un importante accordo commerciale
(Transatlantic Trade and Investment Partnership - TTIP) sia attualmente in cantiere
tra UE e USA, trapela dalla segretezza delle trattative che non sia in corso alcuna
negoziazione per una sezione “dedicata” all’energia58
. Il commercio del gas «is not
not likely to be affected by the agreement» secondo la Direzione Generale per la
Politica Internazionale del Parlamento Europeo59
, poiché, anche in ragione delle
esistenti restrizioni statunitensi all’esportazione60
, le quote di gas esportato saranno
57 Freeport Lng, Cove Point e Cameron LNG, secondo F. Clô, op.cit.,p. 139
58 «During the TTIP negotiations, the US has been reluctant to engage in dialogue
concerning a chapter on energy and raw materials, indicating difficulties in agreeing on
these topics»
Consiglio Europeo, Non-paper on a Chapter on Energy and Raw Materials in TTIP, Note
for the attention of the Trade Policy Committee, 27 maggio 2015
59 Directorate-General for International Policies - Policy Department, TTIP Impacts on
European Energy Markets and Manufacturing Industries, European Parliament, 2015 p.27
60 Le restrizioni sono determinate sia da vincoli materiali relativi alle quote di produzione
statunitensi, che non raggiungono un’ampiezza tale da lasciar presagire l’esistenza di quote
che non siano destinate al mercato interno e possano essere destinate all’esportazione, sia da
regolamenti vigenti in materia.
38
ridotte e difficilmente indirizzate verso il mercato europeo: «The US has yet to
become self-sufficient in energy and it will not have the capacity to meet the EU’s
demand for resources for many years to come61
».
Secondo l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), dunque, «L’Europa
rimarrà dunque un mercato residuale per i commerci di GNL, in grado di attrarre i
carichi in eccedenza dal mercato asiatico o volontariamente destinatigli dai Paesi
fornitori come strategia di diversificazione dai grandi consumatori»62
, ma non un
fornitore maggioritario in grado di sostituire un competitor come la Russia, né nel
breve periodo (poiché non in grado di garantire un prezzo accessibile ai consumatori
europei), né sul lungo periodo (a causa dell’incertezze legate al calo della produzione
congenita ai giacimenti).
61 Directorate-General for International Policies - Policy Department, op.cit.,2015
62 Ibidem p.147
39
CAPITOLO II
La politica energetica interna dell’Unione Europea
La questione energetica è stata il motore dell’integrazione europea sin
dall’istituzione della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Le
profonde divergenze concernenti le diverse esigenze degli Stati membri hanno però
fatto sì che la politica energetica restasse una competenza esclusivamente nazionale
fino al 1992, quando, con la firma del Trattato di Maastricht, viene istituito,
all’interno del mercato comune, un regime di libera circolazione di beni, lavoro,
capitali e servizi, ivi compresi il gas e l’elettricità. Nondimeno, le difficoltà
riscontrate nell’attrarre la politica energetica nella sfera sovranazionale sono state
ingenti: la riluttanza degli Stati membri nel superare l’assetto di monopolio integrato
dei loro settori energetici nazionali e le carenze relative alle infrastrutture di
connessione hanno ostacolato considerevolmente il raggiungimento di un mercato
unico dell’energia elettrica e del gas. Inoltre, il Trattato non ha esplicitamente fornito
all’Unione la competenza necessarie per sviluppare una propria politica energetica.
Ogni azione legislativa, a rischio di illegittimità, è rimasta modesta, fino a quando il
Trattato di Lisbona, nel Novembre 2009, ha ufficialmente riconosciuto la politica
energetica come competenza concorrente63
, aprendo le porte a una vera e propria
liberalizzazione e uniformazione del mercato energetico europeo. Gli obiettivi della
politica energetica europea sono definiti dall’Art. 194 del TFUE quali: garantire il
funzionamento del mercato energetico, migliorare le interconnessioni tra le reti
nazionali, assicurare la sicurezza energetica e promuovere la politica ambientale
63 Art. 4, lett. i, TFUE
40
(risparmio di energia, efficienza energetica, sviluppo energia rinnovabile)64
. Questo
capitolo è pertanto dedicato all’analisi delle tre macro aree della politica energetica
europea: a) la politica di liberalizzazione e integrazione del mercato interno, b) la
politica del clima-energia, e c) la politica estera di sicurezza energetica.
2.1 Verso un mercato unico dell’Energia
Al fine di analizzare gli sviluppi del mercato del gas in Europa si utilizza la
scansione temporale definita dall’Oxford Institute for Energy Studies65
, che individua
il 2008 come punto di svolta nel processo di liberalizzazione e integrazione dei
mercati in ragione di due fattori principali: l’inizio di un vero e proprio sviluppo
degli hubs nell’Europa continentale e un impegno più radicale delle autorità europee
nella liberalizzazione del mercato. In ragione di tale assunto è possibile analizzate le
norme in materia classificandole in due raggruppamenti principali, un “pre” e un
“post” 2008.
2.1.1 Pre-2008: La prima e la seconda direttiva sul gas e l’inchiesta della Commissione sul
settore energetico
In un approccio diacronico la prima norma è la Direttiva 98/30/CE (la cosiddetta
Pima Direttiva sul gas) che introduce l’obbligo di unbundling delle strutture
verticalmente integrate e la regolazione del third party access (di seguito TPA),
ovvero la norma che impone ai proprietari delle infrastrutture di trasmissione di
garantire l’accesso ai soggetti terzi alla rete. Le due misure prevedono che in un
64 Art 194, TFUE
65J. Stern e H.V. Rogers, The Dynamics of a Liberalized European Gas Market: Key
determinants of hub prices, and roles and risks of major players, The Oxford Institute for
Energy Studies, 2014, pp. 50 - 55
41
mercato più concorrenziale, le strutture monopolistiche verticalmente integrate siano
“spacchettate”, separando le reti di trasporto dalla altre fasi della filiera e
permettendo, di conseguenza, l’accesso di soggetti terzi alla rete di trasporto
(negoziato tra l’operatore terzo e il gestore dell’infrastruttura o regolato dall’autorità
competente)66
.
Segue Direttiva 2003/55/CE (la cosiddetta Seconda Direttiva sul gas) adottata nel
giugno del 2003 che, perseguendo l’indirizzo della prima direttiva, ne accelera i
tempi e l’effettività di attuazione fissando due obiettivi temporali per il
raggiungimento della liberalizzazione degli accessi alle infrastrutture per le imprese
(2004) e per tutti i consumatori (2007). Essa dispone inoltre una maggiore
implementazione dell’unbundling e stabilisce che la regolamentazione sia
determinata da un’autorità indipendente67
.
Infine Reg. (CE) n. 1775/2005 si occupa della descrizione dettagliata dei meccanismi
di funzionamento del sistema, delle condizioni di accesso delle parti terze, dei
termini di allocazione della capacità disponibile nelle infrastrutture e delle misure da
attuare in caso di congestione della rete, senza omettere la definizione di precisi
standard di trasparenza.
L’attuazione di tali norme ha peraltro riscontrato la forte opposizione di molti Stati
Membri dell’Europa continentale. La scarsa disponibilità di risorse interne e l’alta
volatilità dei prezzi nel mercato americano e inglese nei primi anni del 2000 non ha
promosso la piena attuazione delle disposizioni, ostacolata inoltre dall’ampia
predominanza di utilizzo dei contratti a lungo termine indicizzati al petrolio e da una
liberalizzazione limitata all’interno dei mercati nazionali stessi, compromettendo una
gas-to gas competition a livello europeo.
66 Ibidem
67 Ibidem
42
Gli effetti positivi sono dunque riducibili, a partire dall’inizio del nuovo millennio, ai
seguenti punti68
:
- L’abolizione della vendita del gas tramite organizzazioni centralizzate: nel
giungo del 2011, in seguito a forti pressioni da parte dell’Autorità europea
Garante della Concorrenza, la Norvegia ha acconsentito all’abolizione della
vendita collettiva del suo gas tramite il GFU (comitato di negoziazione sul
gas), riconoscendolo discorde alle affermazioni dell’Unione in materia di
tutela della concorrenza.
- L’abolizione della clausola di destinazione, compresi i contratti dei produttori
norvegesi, Gazprom, Sonatracht e produttori di GNL.
- Implementazione progressivamente crescente della regola del third party
access (TPA), applicazione della regolamentazione in materia di concorrenza
in un numero sempre maggiore di Stati membri, con miglioramenti in
Francia, Austria, Germania e Italia.
Nel gennaio del 2007, dopo una anno e mezzo di investigazione, la Direzione
Generale (DG) Concorrenza della Commissione europea ha pubblicato i risultati
dell’Inchiesta sul Settore Energia. Attraverso l’analisi di ogni elemento prescritto
nella regolazione vigente e la rispettiva applicazione, la Commissione ha definito
inadeguato e insoddisfacente lo stato della competitività del settore energetico
dell’elettricità e del gas69
.
68 J. Stern e H.V. Rogers, op.cit., pp. 51-77
69 “In 2005,the DG COMP launched its Energy Sector Inquiry (ESI), which demonstrated
that the Second Gas Directive and Regulation 1775 did not provide the necessary framework
for achieving the objective of a competitive and transparent internal gas market, mostly
because the legacy transportation (capacity)contracts largely remained beyond their reach.
The inquiry also demonstrated that EU competition law did not provide sufficient means for
changing those clauses in the legacy contracts that were incompatible with new regulation.
In particularly it showed that access to transit pipelines, transit congestion, and
transparency of access to transit networks could not be tackled effectively solely trough
43
2.1.2 Post-2008: Il Terzo Pacchetto Energia
L’inchiesta sul Settore Energia del 2007 ha disposto le basi per un azione più
consapevole e decisa in ambito di liberalizzazione del mercato, realizzatasi con la
Terza direttiva del Gas (2009/73CE) e l’adozione, nel luglio del 2009, del
Regolamento 715. Questi due documenti fanno parte del più ampio insieme di
norme, detto “Terzo pacchetto Energia”, ideato nel 2009 al fine di istituire in Europa
un mercato unico e liberalizzato del gas (e dell’elettricità) entro la fine del 2014.
La terza direttiva del gas, rispetto alle due che la precedono, predispone obiettivi più
ambiziosi per quanto concerne l’unbundling della rete di infrastrutture verticalmente
integrate. Durante la fase di elaborazione del testo della Direttiva, la Commissione ha
ripetutamente sottolineato la sua preferenza per una completa separazione
proprietaria (OU - ownership unbundling), ritenuta l’unica soluzione adeguata per
eliminare totalmente i potenziali incentivi a comportamenti non competitivi da parte
degli ex monopolisti70
. Nel testo finale, tuttavia, le pressioni degli Stati membri, in
particolare Francia e Germania, hanno portato a una soluzione di compromesso, con
la quale si stabiliscono due diverse alternative: una soluzione di tipo ISO
(indipendent system operator) in cui la proprietà degli elementi patrimoniali della
rete resta in capo all’impresa verticalmente integrata, purché la gestione sia affidata
ad un gestore indipendente71
; una soluzione di tipo ITO (indipendent tansmission
operator), ovvero una separazione di tipo funzionale e non proprietario, nella quale
l’impresa integrata mantiene il controllo della società di trasporto a condizione che le
garantisca indipendenza decisionale e funzionale (cessione ad una compagnia
sussidiaria affiliata), debitamente sottoposta ad un complesso e stringente sistema di
application of competition law” K. Yafimava, The Eu Third Package for Gas and the Gas
Target Model: major contentious issues inside and outside the Eu, The Oxford Institute for
Energy Studies, 2013, p. 3
70 K. Yafimava, op.cit., p. 3
71 Direttiva 2009/73/CE, abroga la Direttiva 2003/55/CE
44
regolazione.72
Il sistema ITO è stato introdotto per soddisfare le richieste provenienti
dagli operatori del gas naturale, ai quali viene riconosciuta la possibilità di non
ricorrere alla separazione proprietaria (ISO o unbundling), anche in ragione del loro
importante ruolo nella garanzia della sicurezza energetica73
.
La direttiva, inoltre, predispone l’istituzione di una Agenzia per la Cooperazione
nella Regolazione dell’Energia (Agency for the Cooperation of Energy Regulators -
ACER) che si occupi della coordinazione a livello europeo dell’azione dei regolatori
nazionali al fine di giungere al completamento di un mercato unico dell’energia in
Europa sia per il gas che per l’elettricità, determinandone la relativa
regolamentazione.
Il Reg. (CE) n. 1775/2005 relativo al Gas rende invece obbligatoria una
certificazione di conformità alle norme di unbundling per gli operatori di
trasmissione e regola l’accesso in entrata e in uscita ai sistemi di trasmissione74
, oltre
a determinare l’implementazione di dodici network codes pan-europei che regolino le
attività di scambio alla frontiera, come per esempio l’accesso ai terzi, prevenendo la
congestione degli impianti e assicurando la resilienza dell’infrastruttura in casi di
emergenza.75
Rispetto allo scenario pre-2008, dove ogni mercato nazionale procedeva verso la
liberalizzazione alle proprie condizioni e al proprio ritmo, il Terzo pacchetto Energia
stabilisce un orizzonte preciso per il raggiungimento di un mercato unico e,
coadiuvato dal Gas Target Model (GTM) definito nel 2012 presso il XXI Forum di
72 Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico
http://www.autorita.energia.it/it/nota_stampa/11/111108.htm (05/05/2015)
73 M. La Cognata, “La liberalizzazione dell’energia elettrica e del gas naturale”, in Economia
dell’Energia, P. Ranci e M. Ferrari (a cura di), Il Mulino, Bologna, p. 99
74 Ad esempio, l’obbligo di prenotare, indipendentemente dall’uscita, la capacità di gas in
entrata e la regolazione di un sistema di prezzo alla soglia dell’estinzione di un contratto oil-
indexed.
75J. Stern e H.V. Rogers,op.cit., 2014 pp. 51-77
45
Madrid, stabilisce anche degli standard comuni per la sua messa in opera, cui tutti i
principali stakeholder del mercato hanno partecipato e aderito.
Il GTM prevede una progressiva riduzione del numero di scambi in entrata e uscita
(entry/exit zones) all’interno dell’Unione Europea, e di conseguenza una riduzione
dei punti ai quali i fornitori debbano riservarsi una determinata capacità di trasporto,
semplificando il processo di allocazione della capacità esistente e futura76
.
Nell’ottica del GTM è dunque la zona, e non la frontiera nazionale, a facilitare le
interconnessioni nel mercato unico del gas, e, di conseguenza, i punti di
interconnessione tra zone - e non tra nazioni - avranno un ruolo più importante nel
prossimo futuro77
. Grazie alla legislazione corrente e al GTM è dunque possibile che
le infrastrutture di rete siano controllate da compagnie localizzate in altri Stati
membri e che il gas sia commercializzato equamente da operatori non nazionali,
aumentando considerevolmente la spinta all’integrazione concorrenziale del mercato
interno. In tale prospettiva, l’auspicio della Commissione è che il gas non prescinda
più dallo smistamento in corrispondenza degli hubs all’interno delle differenti zone,
portando i prezzi hub-based a surclassare le indicizzazioni al petrolio.
Al momento attuale, si può affermare che questo scenario sia di più probabile
realizzazione nel nord dell’Europa, dove è già presente un più sviluppato sistema di
hubs, mentre si dovrà attendere la fine del decennio, e probabilmente ancor di più,
per la realizzazione di un’effettiva implementazione in tutta Europa78
.
76J. Stern e H.V. Rogers, op.cit., p. 57
77 Ibidem
78 Ibidem
46
2.1.3 La “clausola Gazprom” e l’esenzione dal TPA
Le misure relative all’unbundling e al TPA contenuti nella Terza Direttiva sul Gas,
minano gli assetti tradizionali sui quali lo sviluppo del settore del gas si è sviluppato.
Ai grandi produttori che si assumono l’onere della costruzione delle infrastrutture
viene infatti a mancare la certezza della redditività del loro investimento,
indispensabile alla realizzazione stessa di un progetto. Garantendo l’accesso alle loro
infrastrutture a una parte terza, e separandone l’assetto proprietario (o garantendo
l’indipendenza funzionale dell’operatore di trasmissione) i costi aumentano e lo
spazio per la fornitura del proprio gas diminuisce in favore della concorrenza. E’ in
ragione della necessità di garantire la redditività dell’investimento a quei produttori
da cui non sia possibile prescindere in un quadro di maggiore diversificazione delle
vie di approvvigionamento e sicurezza energetica, che la Terza Direttiva prevede una
clausola di esenzione temporanea delle disposizioni in materia di TPA qualora
l’investimento sia volto a “rafforzare la concorrenza nella fornitura di gas e la
sicurezza degli approvvigionamenti”79
, nei casi in cui il rischio sia di un entità tale da
compromettere la realizzazione dell’infrastruttura senza la concessione di tale
deroga80
e a condizione che l’infrastruttura rispetti il principio di unbundling81
.
Se l’esenzione all’obbligo di garantire la fruizione ai terzi delle infrastrutture di
trasmissione è volta a garantire il continuo sviluppo delle infrastrutture in vista di un
approvvigionamento sicuro e concorrenziale, anche a costo di favorire le grandi
compagnie straniere verticalmente integrate nella fase di costruzione delle
infrastrutture, la “third country clause” contenuta all’Art.1182
della direttiva mira, al
79 Art 36, comma 1, lett. a, Direttiva 2009/73/CE
80 Art 36, comma 1, lett. b, Direttiva 2009/73/CE
81 “l’infrastruttura deve essere di proprietà di una persona fisica o giuridica, separata quanto
meno sotto il profilo della forma giuridica dai gestori dei sistemi nei cui sistemi tale
infrastruttura sarà creata” Art 36, comma 1.c, Direttiva 2009/73/CE
82 Art 11, Direttiva 2009/73/CE
47
contrario, a ridurre un eventuale sproporzione di potere tra l’operatore estero e quello
europeo, tutelando quest’ultimo. L’art. 11 prevede infatti che uno Stato membro (la
relativa autorità di regolamentazione) si riservi il diritto di opporsi all’acquisto di reti
nazionali da parte di imprese estere qualora l’operazione abbia come risultato
l’acquisizione del controllo della rete stessa, al fine di proteggere la sicurezza
energetica dello stesso Stato membro e dell’Unione. Il rifiuto è sottoposto a due
vincoli: il mancato rispetto da parte dell’impresa estera delle norme di unbundling e
la presenza di rischio per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dello
Stato membro. Di conseguenza un’impresa estera, per poter operare nel mercato
energetico europeo, deve sottoporsi al regime previsto dalle norme di unbundling,
nonostante la norma non sia e non voglia essere in alcun caso paragonabile ad un
obbligo di reciprocità tra Stati, cui dovrebbe seguire una, appunto, reciproca apertura
dei mercati interni degli Stati interessati. La norma, infatti non si impone
direttamente agli Stati terzi, ma all’impresa estera che voglia operare in Europa83
.
La modalità in cui è stata formulata la norma le ha fatto guadagnare l’appellativo di
“clausola Gazprom”, sottintendendo l’intento di tutelare gli Stati membri e le loro
reti di connessione da un eventuale controllo proprio da parte del gigante del gas
russo.
Gazprom è la più grande compagnia russa per la produzione di gas e petrolio84
, e
contribuisce per circa un quarto alla totalità delle entrate statali della Russia, e, a
partire dalle crisi degli approvvigionamenti del 2006 e del 2009, il suo
comportamento è diventato una delle preoccupazioni principali nell’agenda
energetica europea. Poiché la Russia ha respinto i tentativi Europei di formalizzare la
loro reciproca relazione all’interno di organizzazioni e accordi internazionali (il
rifiuto di aderire alla Carta Energetica Europea in primis), l’Europa ha scelto la via di
83 T. Cottier, et al. “Third Country Relations in EU Unbundling of Natural Gas Markets: The
Gazprom Clause of Directive 2009/73/EC and WTO Law”, Working Paper no.6, University
of Bern,2010
84 Gazprom, “Gazprom in figures 2004-2008”, Factbook, 2009
48
una più stretta regolamentazione interna per tutelare la sua sicurezza interna e
tutelarsi dalle ingerenze di Gazprom.
2.2 Il quadro energia-clima dal 2020 al 2030: i limiti delle fonti energetiche rinnovabili
nel breve periodo
L’asse portante della politica europea del clima e della sostenibilità ambientale è il
pacchetto clima-energia 2020, approvato nel 2008. In ambito energetico, il pacchetto
si pone tre obiettivi da raggiungere entro la fine del 2020: una riduzione pari al 20%
delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ai livelli registrati nel 1990; una
riduzione pari al 20% del consumo di energia primaria al netto degli usi non
energetici rispetto alle previsioni sull’andamento tendenziale (stimato nel 2007) e
l’utilizzo di fonti rinnovabili per una quota pari ad almeno il 20% sui consumi finali
lordi di energia85
.
Per raggiungere questi tre target, tra i quali solo il primo costituisce un obbligo
vincolante per gli Stati, l’Unione Europea ha implementato il proprio sistema di
scambio dei diritti di emissione (EU Emission Trading System)86
e ha introdotto
misure volte ad incentivare la produzione di energia derivante da fonti rinnovabili e
ad aumentare l’efficienza energetica. I dati del 2012 confermano la buona riuscita di
queste misure: si registra una riduzione delle emissioni di gas serra pari al 18%
rispetto al 1990, e la previsione al 2020 prefigura la possibilità di spingersi fino ad
85 Commissione Europea, Europa 2020 una strategia per una crescita intelligente,
sostenibile e inclusiva, Comunicazione della Commissione, COM(2010) 2020 definitivo,
Bruxelles, 3.3.2010
86 Per approfondimenti si veda: Direttiva 2003/87/CE del Parlamento Europeo e del
Consiglio, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto
serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (Testo rilevante ai
fini del SEE)
49
una quota di -24%87
. Nondimeno, è necessario evidenziare, che risultati a tal punto
positivi siano stati determinati anche da un crollo significativo nell’attività produttiva
europea in seguito alla crisi economica e finanziaria iniziata nel 2008 e dal fenomeno
di progressiva de-industrializzazione che sta attraversando l’economia europea88
: non
è pertanto possibile stabilire con certezza se tali obiettivi sarebbero stati conseguibili
in condizioni di andamento positivo dell’economia. Meno incoraggianti, inoltre, sono
i dati relativi all’efficienza energetica, in cui si stima una riduzione dei consumi entro
il 2020 pari al solo 17-18%89
, a causa di una gestione principalmente nazionale delle
politiche atte al soddisfacimento dei target. E’ dunque evidente come il pacchetto
Europa 2020 abbia dunque presentato diverse lacune sia in termini di policies
(definizione degli obiettivi) che in termini di governance (attuazione di misure volte
al raggiungimento degli obiettivi). In particolare, nel dominio delle rinnovabili, gli
Stati hanno percepito come non necessaria l’imposizione di una quota minima di
sfruttamento delle fonti rinnovabili nel loro paniere energetico, a causa di una
normativa che non ha tenuto in debito conto le specifiche differenze e le particolarità
di ogni paese riguardo la disponibilità e il grado di sviluppo tecnologico nel settore
energetico. La crescita incontrollata e non armonica dell’uso delle rinnovabili, resa
possibile in primo luogo da cospicui incentivi pubblici, ha determinato delle
distorsioni del mercato energetico europeo90
: non è possibile al momento stabilire
quanto la loro implementazione sarebbe perseguita in assenza di sostegno delle
autorità pubbliche. La governance che soggiace al raggiungimento dei target 20-20-
20 si è dimostrata frammentaria e poco efficace, anche in ragione dell’assenza di un
87 European Environment Agency (EEA), Trend and Projection in Europe 2014. Tracking
progress toward’s Europe’s climate and energy targets for 2020, Publication office of the
European Union, Luxembourg, 2014 pp. 42-45
88 Si veda cap.1, fig 1.2 “variazione della domanda di gas naturale per settore nelle regioni
selezionate”
89 European Environment Agency (EEA),op.cit., pp 75-87
90 S. Penttinen, N. Sartori e K. Talus, Governance Challenges of the Eu’s 2030 Energy and
Climate Framework, IAI Working Papers, 2014
50
meccanismo che permetta alla Commissione di rivolgersi alla Corte qualora gli Stati
falliscano nel raggiungere gli obiettivi da lei fissati91
.
Col proposito di implementare le norme europeo in materia di prevenzione del
cambiamento climatico, la Commissione ha presentato il 22 gennaio del 2014 una
Comunicazione dal titolo “A policy framework for climate and energy in the period
from 2020 up to 203092
”, approvata dal Consiglio il 24 ottobre dello stesso anno. Nel
documento sono fissati tre nuovi obiettivi da raggiungere entro la fine del 2030:
ridurre le emissioni del 40% rispetto al 1990, raggiungere una quota di impiego di
fonti rinnovabili nella produzioni energetica pari al 27% del mix totale e aumentare
l’efficienza energetica pari al 30%93
. Le rinnovabili ottengono in questo scenario una
peso inferiore rispetto a quanto auspicassero gli Stati più ambiziosi: per loro si
prevede una quota di produzione sul totale del paniere energetico europeo pari al
solo 27%, una cautela che riflette le grande preoccupazioni al riguardo della
competitività dell’economia europea. Come è possibile notare dal grafico il costo
medio delle fonti rinnovabili resta, infatti, almeno nel breve periodo (a parità di
tecnologia), meno competitivo (solare termico, eolico, cella a combustibile,
fotovoltaico).
91 La Commissione riferisce alla Corte solo situazioni nelle quali uno Stato membro
commetta irregolarità o omissioni nella trasposizione delle regole fissate dalla Commissione
in termini di norme in materia di energia.
92 Commissione Europea, A policy framework for climate and energy in the period from
2020 up to 2030, COM(2014) 15 final, Bruxelles, 22.1.2014
93 Commissione Europea, A policy framework for climate and energy in the period from
2020 to 2030, cit.
51
Fig 2.1 Costi medi della produzione di energia
Fonte: Elaborazione US DOE/EIA, Annual Energy Outlook 2014
Un ulteriore fattore che detrae efficacia alla politica di sviluppo delle fonti
rinnovabili è la dimensione sovranazionale cui riferisce il relativo obiettivo, che non
specifica alcun vincolo a livello di singoli Stati membri: ogni stato sarà dunque
libero di determinare il proprio mix energetico e di sostenerlo con politiche coerenti
col proprio mercato interno. Viene in questo modo limitata sia la capacità
dell’Unione Europea di potenziare la legislazione più ambiziosa in materia sia la sua
capacità di rendere pienamente effettiva quella esistente, in quanto non sarà per lei
possibile imporre delle ammende agli Stati per inottemperanza degli obiettivi stabiliti
dal framework 203094
. L’imposizione di un limite alle emissioni di gas serra (GHG
40), al contrario, potrebbe essere il fattore che eserciterà un ruolo maggior nella
94 S. Penttinen, N. Sartori e K. Talus, op. cit.
USD0,00
USD0,05
USD0,10
USD0,15
USD0,20
USD0,25
USD0,30
USD0,35
USD0,40
Coal Natural Gas Nuclear Wind Solar PV Solar Therm. GeoTherm. Biomass Hydro
Co
st $
/kW
-hr
Power Plan Type
52
determinazione delle caratteristica della futura domanda energetica europea. In
questo scenario i combustibili fossili mantengono un ruolo cruciale e non
comparabile a quello previsto dalla Commissione per le fonti rinnovabili
nell’orizzonte 203095
, poiché i trasporti continuano ad essere alimentati
sostanzialmente attraverso derivati del petrolio e il riscaldamento degli ambienti
dipenderà principalmente dal gas naturale96
. Di conseguenza, a fronte di un
complessivo calo delle importazioni nel settore energetico97
(per il 2030 è previsto
un calo del 7% rispetto ai valori del 2010), le importazioni di gas dovrebbero
rimanere stabili, se non aumentare del 1-2 punti percentuali98
. L’indice di dipendenza
europeo resta, in questo scenario99
, elevato, assestandosi attorno al 55%100
.
L’Oxford Institute for Energy Studies101
, pur riconoscendo alle fonti rinnovabili un
peso crescente nel futuro, ne evidenzia allo stesso tempo i punti di incertezza. In
95 M. Verda, “L’energia del futuro tra rivoluzione americana e boom asiatico”, cit. , pp. 9-27
96 N. Rossetto, “L’energia in Europa al 2030: ambiente vs competitività”, Energia e
Geopolitica, ISPI, 2014, p.51
97 Nonostante le fonti fossili restino in questo scenario cruciali, le prospettive si inseriscono
in un quadro di progressivo calo della domanda energetica in Europa, dovuta ad una
progressiva de-industrializzazione, maggiore efficienza energetica e, anche se con dinamiche
di sviluppo instabili e al momento poche chiare, grazie a ingenti investimenti pubblici nel
settore delle fonti rinnovabili.
98 Commissione Europea, A policy framework for climate and energy in the period from
2020 up to 2030, cit.
99 Da questo scenario è escluso l’effetto di una serie di condizioni che la Commissione
definisce abilitanti: tra di esse è possibile citare lo sviluppo su larga scala delle reti
intelligenti che possano sfruttare la produzione di energia derivano e da fonti rinnovabili
distribuite sul territorio (anche aree remote), l’accettazione da parte dell’opinione pubblica di
impianti di cattura e sequestro di CO2, lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo di una terza
generazione di biocarburanti sostenibili, la diffusione della batteria elettrica
nell’alimentazione dei trasporti, ulteriori finanziamenti e un’attuazione completa e convinta
della direttiva sull’efficienza energetica. In questo caso il livello di importazioni di gas non
aumenterebbe, e il livello di dipendenza delle importazioni rimarrebbe sui livelli attuali
(53,6%).
N. Rossetto, op. cit., p. 52
100 N. Rossetto, op. cit. p. 52
101 R. Dickel et al., op.cit., pp. 46-49
53
primo luogo l’intermittenza e l’imprevedibilità di questo tipo di fonti che, nel settore
eolico e solare, ovvero i due settori con maggiori prospettive di crescita, non
assicurano stabilità alla fornitura o prontezza in caso di emergenza, e di conseguenza
non possono essere direttamente sostituite agli attuali impianti di generazione di
energia102
. In secondo luogo, si evidenzia il limitato impatto di queste statistiche in
termini geopolitici di sicurezza dell’offerta: sebbene siano in grado di sostenere che
le fonti di energia rinnovabile assumeranno un ruolo centrale nel mix energetico,
relegando il gas ad una fonte di supporto aggiuntivo (negli ultimi cinque anni questo
genere di fonti si sono espanse soprattutto a spese del gas, che è stato meno
competitivo di carbone103
e energia nucleare), nulla sono in grado di dirci
sull’affidabilità di un obiettivo “eroico” quale la riduzione delle emissione del gas
del 40% e non determinano l’indipendenza europea dal giogo russo, poiché la quota
europea di importazioni russe continuerà ad essere determinata dalla competitività
delle differenti risorse di gas104
e non solo dallo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Anche uno sviluppo crescente per quel che concerne le fonti rinnovabili, non
surclassa la centralità della relazione con la Russia.
A causa di un sistema di governance ancora fallace, i costi elevati di produzione e la
relativa bassa competitività nel breve periodo delle fonti di energia rinnovabile, si
può quindi sostenere che, almeno nel prossimo decennio (orizzonte 2030), le fonti
fossili avranno ancora un ruolo dominante imprescindibile105
, nonostante
l’ambizione europea di assumere il ruolo di leader nello sviluppo delle fonti
energetiche rinnovabili.
102 Ibidem
103 Il carbone è diventato più competitivo del gas sul mercato europeo in seguito al crollo
della domanda statunitense, mercato ormai saturo di fonti fossili interne.
104 R. Dickel e al., op. cit., pp. 46-49
105 Al contrario, in un orizzonte di lungo periodo, è possibile ipotizzare uno sviluppo sempre
più marcato di queste fonti.
54
2.3 L’Unione Energetica
La sicurezza energetica costituisce l’ultimo pilastro portante della politica energetica
europea, nonché il focus della presente analisi.
Con l’emergere dei Paesi in via di sviluppo quali nuovi importatori principali nel
mercato del gas ed in seguito alle crisi di approvvigionamento via Ucraina del 2006 e
del 2009, gli Stati Membri hanno acquisito consapevolezza riguardo la necessità di
raggiungere un approccio comune alle questioni di sicurezza energetica. Nel 2011 gli
Stati membri hanno richiesto che la “dimensione della sicurezza energetica”
rientrasse tra le competenze dell’Altro Rappresentante dell’Unione per gli affari
esteri e la politica di sicurezza106
. L’Unione Europea ha ricevuto mandato dagli Stati
Membri di negoziare con Paesi terzi progetti che siano volti a garantire e migliorare
la sicurezza energetica. Con l’elezione di Jean-Claude Junker alla presidenza della
Commissione Europea nel 2014 le sorti della politica energetica europea subiscono
un ulteriore svolta positiva: al secondo punto delle “dieci priorità” del programma
del Presidente della Commissione vi è l’istituzione di una Unione Energetica, un
mercato unico dell’energia che consenta agli Stati Membri maggiore sicurezza e
forza nei negoziati. Il 25 febbraio del 2015 la Commissione emette una
comunicazione ufficiale, la “Energy Union Package”, al fine di promuovere
«un’Unione dell'energia resiliente, articolata intorno a una politica ambiziosa per il
clima» che «consentirebbe di fornire ai consumatori dell'UE - famiglie e imprese -
energia sicura, sostenibile e competitiva a prezzi accessibili». Il documento individua
cinque aree di azione “mutualmente rinforzanti” che assicurino una migliore
stabilità, sostenibilità e competitività107
.
Una prima dimensione di “sicurezza, solidarietà e fiducia” prevede lo sviluppo di
una maggiore diversificazione dell’approvvigionamento, attraverso la costruzione di
106 I. Dreyer e G.Stang, Energy Moves and Power Shifts, ISSUE Reports n°18, 2014 p. 11
107 Commissione Europea, Energy Union Package, COM(2015) 80 final, Bruxelles,
25.2.2015
55
nuove vie e infrastrutture di approvvigionamento, l’istituzione di piani di emergenza
sia a livello regionale che europeo e, nel rispetto delle norme di competenza e del
quadro normativo del WTO, la possibilità di esercitare un’aggregazione volontaria
della domanda qualora si presentino condizioni di crisi o particolare debolezza. Una
azione che riconoscerebbe priorità alla competitività ma che ammetterebbe eccezioni
qualora gli Stati membri si trovino in una posizione di eccessiva debolezza108
.
Inoltre, L’ambizione ad una maggiore diversificazione degli approvvigionamenti,
che comporta costi particolarmente ingenti che necessitano di un’azione europea
maggiormente risoluta ed unificata, incoraggerebbe maggiore coesione all’interno
dell’Unione, conferendole un ruolo più incisivo nel mercato globale dell’energia.
In un contesto globale in cui l’Unione Europea non può più contare su un fronte
occidentale unito e democratico nell’opporsi agli abusi dei Paesi produttori109
, che
possono dunque sviluppare a loro volta una politica “nazionalista” di gestione delle
risorse110
(Russia in primo luogo), è indispensabile per il futuro dell’Europa che la
Commissione intervenga nelle negoziazioni delle provvigioni più sensibili e che
rafforzi i suoi rapporti con i più importanti Paesi di transito, tra i quali sono compresi
la Turchia, l’Azerbaijian e il Turkmenistan111
, partner strategici al momento contesi
da Russia e Europa attraverso una diplomazia energetica sempre più stringente112
.
Infine, è importante che gli accordi relativi all’acquisto di energia siano pienamente
conformi al diritto dell’Unione Europea. Attualmente una fase di verifica degli
accordi tra Stati Membri e Paesi terzi da parte della Commissione avviene
unicamente dopo l’avvenuta negoziazione dei contratti, anche se in questi casi è
108 Ibidem
109 Gli Stati Uniti sono ormai autosufficienti dal punto di vista dell’approvvigionamento
energetico e non costituiscono più un alleato nella contrattazione energetica con i Paesi
produttori e sono emersi dei nuovi importatori “Orientali”, quali Cina e India
I. Dreyer e G. Stang, op. cit. pp. 15-20
110 Si veda il successivo capitolo
111Commissione Europea, Energy Union Package, COM(2015) 80 final, 25.2.2015
112 Si veda capitolo successivo
56
molto improbabile un’eventuale modifica di tali documenti dopo che i negoziati si
siano conclusi. Nel progetto dell’Unione Energetica la Commissione avrà la
possibilità di intervenire ex ante, evitando indebite pressione da parte dei fornitori e
proponendo alternative coerenti alla normativa europea113
.
L’insieme di queste disposizioni mira ad aumentare l’unità e la compattezza
dell’Unione di fronte ai Paesi terzi, caratteristiche che diventano tanto più rilevanti
quanto più la domanda europea tende ad assumere un trend negativo, riducendo
potenzialmente il peso dell’Unione agli occhi dei Paesi esportatori.
In secondo luogo, è importante perseguire una maggiore integrazione del mercato
interno, che nonostante i recenti progressi, resta eccessivamente frammentato. E’
pertanto necessario promuovere maggiori infrastrutture di interconnessione. I
progetti, sopratutto transfrontalieri, necessari all’effettiva realizzazione di un’area
comune di scambio che sia capillarmente rifornita dal gas, saranno sostenuti sia dagli
investimenti privati che la Commissione si fa carico di incoraggiare e regolamentare,
sia da sovvenzioni dirette della Commissione stessa. Nel quadro di una migliore
interconnessione interna è inoltre importante rafforzare la cooperazione tra e regioni
interne: ne è un esempio il piano d'interconnessione del mercato energetico del
Baltico (BEMIP — Baltic Energy Market Interconnection Plan), che ha posto
termine alla condizione di isolamento di questa regione dagli altri Stati membri e ha
ridimensionato la precedente condizione di totale dipendenza
dall’approvvigionamento russo. La Commissione si è posta come fine la tutela delle
aree affette da “povertà energetica” e di quei Paesi che, per ragioni storiche,
dipendono da un unico fornitore, ovvero le regioni dell’Est Europa che sono ancora
profondamente legate al solo fornitore russo.
113Commissione Europea, Energy Union Package, cit.
57
In terzo luogo, l’efficienza energetica è considerata uno strumento cruciale per
garantire la sicurezza energetica, e specifici obiettivi sono stati stilati nel quadro
clima energia 2030. Secondo il piano dell’Energy Union Package, particolare
attenzione sarà riservata in questo ambito al settore edilizio.
In quarto luogo, L’Unione Energetica promuoverà una politica di de-carbonizzazione
dell’economia. Nonostante le difficoltà attuali, le fonti energetiche rinnovabili
possono costituire un’ottima prospettiva di lungo periodo, soprattutto in un contesto
di continua innovazione e ricerca tecnologica al fine di ridurne i costi di produzione e
aumentarne l’efficienza.
L’ultimo punto citato dal documento è infatti quello della promozione della ricerca e
dell’innovazione, con la prospettiva di rendere più competitivo il settore delle fonti
energetiche rinnovabili.
Appare opportuno sottolineare che la politica di de-carbonizzazione - di cui al quarto
punto - possa beneficiare in termini di efficacia di un eventuale dialogo attivo con le
economie emergenti, ed in particolare con la Cina. Attraverso tale dialogo sarebbe
possibile esercitare maggiori pressioni affinché le economie a più alto tasso di
emissione di gas a effetto serra adottino degli standard di riduzione
dell’inquinamento prodotto e contengano il loro consumo di fonti fossili. Una
riduzione globale del consumo di tali fonti, oltre ad avere un impatto estremamente
positivo sulla salute del pianeta, incoraggerebbe un aumento di liquidità nel mercato
globale dell’energia, che, a sua volta, riducendo il potere di mercato dei Paesi
esportatori, avrebbe un effetto positivo sulla sicurezza degli importatori. Si può
ipotizzare in questa sede che un eventuale ridimensionamento dei consumi della Cina
(rispetto alle attuali previsioni), unitamente alla netta riduzione già in atto nel
continente europeo, potrebbe ridimensionare gli arbitrii delle multinazionali statali
russe, che dovrebbero eventualmente conformarsi ad un’azione maggiormente
58
condizionata dalle controparti, poiché il suo principale mercato del passato, l’Europa,
e quello del futuro, la Cina, ridurrebbero il peso delle importazioni russe nel loro
paniere114
. Ovviamente, una tale ipotesi concerne un’incerta prospettiva di lungo
termine correlata alla variabilità degli sviluppi futuri dell’offerta mondiale, allo stato
ancora iniziale delle negoziazioni per la regolamentazione dell’approvvigionamento
sino-russo e alla presenza di forti incognite riguardanti il futuro della tecnologia
legata al GNL e all’implementazione dello sfruttamento dei giacimenti di shale gas a
livello mondiale.
In definitiva, l’Unione Europea ha tentato di sviluppare un sistema sempre più
sovranazionale nella gestione della sicurezza energetica che, stante la sua domanda
in calo, le conferisca maggiore potere negoziale nei confronti dell’attore russo. La
Russia, nondimeno, continua a rappresentare un partner imprescindibile. Nonostante
il mercato europeo si avvii verso una sempre maggiore resilienza e integrazione,
sviluppando una legislazione più adeguata a gestire gli abusi di potere e la posizione
dominante del fornitore (come si è visto la norma di esenzione alla regola di TPA per
favorire la diversificazione degli approvvigionamenti e la “Gazprom clause”),
l’Europa resta ancora sensibile alle scelte russe, dalle quali, per motivi strutturali
(contratti a lungo termine ancora lontani dalla scadenza) ed economici (maggiore
competitività dell’approvvigionamento di gas via condotta e assenza di un alternativa
nel breve periodo) non è in grado di prescindere .
114 I. Dreyer e G. Stang, op.cit., p.67
59
CAPITOLO III
L’interdipendenza UE-Russia: quale cooperazione?
Nei capitoli precedenti sono stati analizzati i fattori che determinano l’esistenza di
una necessaria relazione energetica tra gli Stati membri dell’Unione Europea e la
Russia; in questo capitolo ci si pone l’obiettivo di identificare la natura di questa
legame e di indagare le azioni che l’Unione Europea potrebbe perseguire per
consolidare la sua sicurezza energetica.
3.1 L’interdipendenza della relazione energetica euro-russa
Al fine di determinare la natura del legame energetico esistente tra Unione Europea e
Russia è necessario adottare un approccio che non si limiti unicamente all’analisi di
elementi strettamente legati al campo energetico, ma allargare la prospettiva ad
un’ottica inclusiva di elementi economici e politici. A tal fine, si mette in relazione il
concetto di interdipendenza asimmetrica nelle relazioni internazionali alle dinamiche
di politica e commercio energetico115
. Tale concetto è preferibile ad una semplice
definizione di dipendenza del Paese importatore da quello esportatore poiché, come
emerso dall’analisi della struttura stessa del mercato energetico del gas, i produttori
sono rigidamente legati ai loro mercati di esportazione a causa dell’inflessibilità delle
infrastrutture di trasporto. Il termine “asimmetrico” si riferisce al disequilibrio (ossia
115 Ø. Harsem, D. H. Claes, “The Interdependence of European-Russian energy relations”, in
Energy Policy, n° 59, Elsevier, 2013, pp.784-791
60
la non specularità) della dipendenza reciproca dei due attori. All’interno dell’Unione
Europea, il grado di asimmetricità della relazione con la Russia varia tra i Paesi
dell’Europa dell’Ovest, maggiormente resilienti, e i Paesi dell’Europa dell’Est, che
dipendono dalle forniture russe con percentuali che raggiungono anche il 100%116
.
Al fine di meglio comprendere il legame di interdipendenza che intercorre tra Russia
ed Europa, è necessario adoperare le definizioni di “sensibilità” e “vulnerabilità”,
concetti chiave della teoria dell’interdipendenza di Robert Keohane e Joseph Nye117
.
In termini di costi implicati dall’interdipendenza, la sensibilità costituisce la
«liability to costly effects imposed from outside before policies are altere to try to
change the situation»118
e la vulnerabilità la «liability to suffer costs imposed by
external events even after policies have been altered»119
. Applicati al contesto della
sicurezza energetica dal punto di vista di uno Stato importatore, la sensibilità
corrisponde al volume di importazioni rispetto alla domanda totale di energia; la
vulnerabilità coincide con la presenza o meno di fonti alternative all’importazione e
con i costi di una eventuale riconversione.
3.1.1 Sensibilità e vulnerabilità dell’Unione Europea
Per definire i fattori di sensibilità dell’Unione Europea rispetto alla Russia si
analizzano i seguenti elementi: la diversificazione del paniere di fonti di energia
primaria, la dipendenza dalle importazione, la sostituibilità delle fonti di
116 Ibidem
117 R. O. Keohane, J.S. Nye, Power and Interdependence, Terza Edizione, Longman, New
York, 2001, p.10
118 N. Esakova. European Energy Security: Analysing the EU-Russia Energy Security in
Terms of Interdependence Theory, Springer VS, Colonia, 2012, p.54
119 Ibidem
61
approvvigionamento, la concentrazione del mercato e la stabilità delle regioni da cui
provengono le importazioni.
I principali fattori di sensibilità dell’Europa sono dunque definiti come segue120
:
- la percentuale di gas e petrolio nel mix energetico è correntemente
dominante121
, accompagnata da un’elevata percentuale di importazione e da
un tasso di sostituibilità delle fonti fossili non sufficiente;
- La percentuale delle importazioni di gas russo nel paniere energetico europeo
è molto elevata122
;
- Il potenziale di crescita di GNL sullo share totale è limitato e si escludono
rifornimenti provenienti dagli Stati Uniti nel breve periodo123
;
- L’instabilità dei principali Paesi di transito mette a rischio la resilienza
dell’approvvigionamento;
I fattori concernenti la vulnerabilità sono invece determinati in base ai seguenti
fattori: presenza di trattati di lungo periodo che impediscono una diversificazione
degli approvvigionamenti nel lungo termine, ammontare degli investimenti destinati
all’efficienza energetica, caratteristiche della tecnologia a disposizione e grado di
liberalizzazione presente nel mercato interno. Gli elementi di vulnerabilità
dell’Europa rispetto alla Russia sono dunque definiti come segue124
:
120 Ibidem, pp. 171 - 175
121 M. Verda, “L’energia del futuro tra rivoluzione americana e boom asiatico”,
cit., p. 21
122 Cap.1, fig 1.5
123 P. Natali, “The Unknown Knowns” of Global Gas Market, CEPS Essay, n°16, 2014
124 N. Esakova, op.cit., p.176
62
- La diversificazione delle fonti di approvvigionamento è ostacolata dalla
localizzazione geograficamente remota o geopoliticamente instabile dei
giacimenti alternativi. In tal senso Russia è considerata il fornitore più
affidabile nei prossimi anni a venire125
.
- Gli Stati membri dell’Unione Europea sono soggetti al rispetto di contratti di
lungo periodo, la maggior parte dei quali si estinguerà nel 2025 (i restanti nel
2030).
- Il potere contrattuale dell’Europa nei confronti della Russia è minacciato
dall’esistenza di una politica estera incoerente, che non consente
all’importatore di energia fossile più grande del mondo di agire in maniera
compatta di fronte ad un fornitore che tragga beneficio da rapporti bilaterali
con i singoli Stati.
3.1.2 Sensibilità e vulnerabilità della Russia
Se gli sviluppi strutturali126
e l’utilizzo di contratti a lungo termine riducono la
vulnerabilità e la sensibilità della Russia in termini energetici, quest’ultima resta
comunque dipendente dalla controparte europea. L’economia russa ricava beneficio
dall’esportazione europea del gas e del petrolio poiché da essa deriva una porzione
consistente delle entrate statali, essenziali per il mantenimento della stabilità politica
e della pace sociale del Paese. Inoltre l’economia Russa dipende molto più dagli
scambi economici e dagli investimenti stranieri diretti provenienti dall’Unione
Europea di quanto possa dipenderne quest’ultima. Al fine di determinare il grado di
125 J. Stern, Oxford Energy Comment: Security of European gas supplies - a survey of gas
industry opinion from the FLAME conference, Oxford Institute for Energy Studies,
Amsterdam, 4 Marzo 2008
126 Si veda più avanti nel capitolo
63
sensibilità e vulnerabilità della Russia nei confronti dell’Europa è necessario
menzionare i seguenti fattori:
- La Russia è considerevolmente dipendente dai proventi delle esportazioni, in
particolare da quelle verso l’Europa, suo primo acquirente. Per questa
ragione, eventuali riduzioni o tagli dell’approvvigionamento comportano un
costo elevato per il Paese127
;
- Servendosi del trasporto via condotta, la Russia non gode della flessibilità
necessaria per reindirizzare i flussi di gas verso destinazioni diverse da quelle
prefissate. La Russia inoltre dipende dagli Stati sul cui suolo transitano le
condotte di trasporto del suo gas128
;
- Nel lungo periodo la redditività e l’espansione delle esportazioni russe è
minata dall’attuale ribasso dei prezzi del petrolio e del gas, del quale è
difficile prevedere un rialzo in ragione del decremento della domanda
mondiale e del potenziale sfruttamento dei giacimenti shale129
.
- L’utilizzo crescente del riferimento ai prezzi hub-based nei mercati spot
mette a rischio il sistema dei contratti di lungo periodo;
- La Russia necessita di investimenti esteri e supporto tecnologico proveniente
dall’Europa per l’implementazione e lo sviluppo delle infrastrutture di
estrazione e trasporto130
;
Infine, ai fini di una completa comprensione dei legami energetici tra i due attori,
appare opportuno menzionare due fattori che, nonostante appartengano a domini che
127 N. Esakova, op.cit., pp. 176
128 Ibidem
129 G.P. Castelli, “Affossare l’economia russa? Ci perdiamo tutti”, in Limes, n° 12/2014,
Roma, 2014, p. 103
130 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit, pp. 110-117
64
eccedono il proposito di analisi di questa tesi, sono necessari al fine di esaminare
adeguatamente le odierne dinamiche relazionali tra Europa e Russia. Il primo è
l’attuale crisi economica che attraversa il Paese e che ha azzerato i miracolosi tassi di
crescita raggiunti tra il 2000 e il 2007131
: il Fondo monetario internazionale ha infatti
previsto un tasso di crescita dello 0,3% per il 2015, e la Banca Centrale Russa stima,
per lo stesso anno, una crescite dello 0%132
. L’aspetto più inconfutabile di tale crisi è
il continuo deprezzamento del rublo, iniziato con l’annessione della Crimea nel
febbraio del 2014, e la conseguente fuga di capitali esteri che il governo russo fatica
a trattenere. Tale svalutazione è sicuramente stata favorita dal ribasso del prezzo del
petrolio, iniziato tra l’estate e l’autunno del 2014133
, che ha inciso fortemente sulla
riduzione delle entrate del bilancio statale, che dipendono dall’esportazione di
petrolio e gas per quasi la metà dell’ammontare totale134
. Il secondo fattore è
costituito dalle sanzioni imposte dall’Unione Europea135
al fine di indurre la Russia a
ripristinare lo status quo ante l’annessione della Crimea136
. Le sanzioni, anche se non
colpiscono direttamente l’export energetico russo, danneggiano il settore
indirizzandosi sui beni, i servizi e le tecnologie per l’offshore profondo e progetti di
ricerca e sviluppo137
, restringendo l’accesso ai mercati dei capitali europei da parte
131 G.P. Castelli, op.cit, p. 101
132 Ibidem
133 S. Mufson, “Oil prices are falling — and that’s good for the U.S. and bad for Russia”,
The Washington Post, 2 ottobre 2014
134 G.P Castelli, op.cit, p. 102
135 Le sanzioni sono state imposte in seguito all’abbattimento del volo Malaysia Airlines 17,
abbattuto il 17 luglio 2014 da un missile presumibilmente riconducibile alla fazione filo-
russa che combatte nel territorio dell’est dell’Ucraina.
La Reppublica, “Aereo abbattuto, verso sanzioni Ue alla Russia”, La Repubblica, 22 luglio
2014 http://www.repubblica.it/esteri/2014/07/22/news/ucraina_aereo_22_luglio-92121782/
(07/06/2015)
136 G.P. Castelli, op.cit., p.105
137 M.Paolini, “Nella guerra del gas Mosca riparte da Ankara”, Limes, n° 12/2014, Roma,
2014, p.183
65
delle grandi società energetiche russe138
. Profondamente colpita da questi due fattori,
anche se non meno determinata e inflessibile nella sua politica estera, la Russia si
trova in un contesto di congiunturale difficoltà: per l’Unione Europea si aprono
scenari favorevoli alla contrattazioni, anche se, a quasi un anno di distanza
dall’approvazione del pacchetto delle sanzioni, tra gli Stati membri trapelano
dissenso139
e posizioni dissonanti verso un suo rinnovamento (in vista della riunione
del Consiglio prevista per la fine di giugno del 2015). Lo smorzamento della “linea
dura” tenuta fino ad ora, potrebbe infatti costituire un utile strumento per aumentare
il potere contrattuale di un’Europa che, se si presentasse compatta, potrebbe
profittare di un contesto positivo per far valere le sue ragioni.
138 F. Gerosa, “Ue-Russia, nuove sanzioni in vigore domani”, Milano Finanza online, 8
settembre 2014 http://www.milanofinanza.it/news/ue-russia-nuove-sanzioni-in-vigore-
domani-201409081528065840, (07/06/2015)
139«To the north, Italy is leading calls for a more measured, some say dovish, approach on
Russia that is testing Europe's unity on economic sanctions. To the south, Rome faces
arguably its biggest security threat since the Balkan wars of the 1990s», Ministro degli
Affari Esteri Paolo Gentiloni, in J.Politi e A. Barker., “EU’s southern flank is exposed,
Italy’s foreign minister warns”, Financial Times, 29 Marzo 2015,
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/dd5d68ee-d49e-11e4-a87e-
00144feab7de.html#axzz3cMaD0iMn (07/06/2015)
«Tra i meno favorevoli a un prolungamento delle sanzioni anche il ministro degli Esteri
italiano, Paolo Gentiloni che intervistato pochi giorni fa dal Financial Times, apre anzi ad un
possibile alleggerimento: “Non credo che l’Europa possa cancellare tutte le sanzioni entro
giugno, ma se si parla di rimuoverle in parte, a fronte di una situazione migliorata, credo che
sia possibile”. Sul fronte “amico” di Mosca anche la Slovacchia con il premier, Robert Fico
che ha definito le sanzioni “senza senso e contro produttive”, e la Spagna, per cui le misure
restrittive “non sono salutari per nessuno”, come ha sottolineato il ministro degli Esteri Jose
Manuel Garcia-Margallo. Poco inclini a proseguire con il pugno duro anche Austria, Cipro e
l’Ungheria di Viktor Orban, particolarmente vicino a Vladimir Putin. Dall’altro lato della
barricata soprattutto i Paesi dell’Est, Polonia e Repubbliche baltiche in testa», L. Pascale,
Ucraina, “Stati Ue sempre più divisi su prolungamento sanzioni contro Mosca”, Eunews, 3
aprile 2015, http://www.eunews.it/2015/04/03/ucraina-stati-ue-sempre-piu-divisi-su-
prolungamento-sanzioni-contro-mosca/33074 (07/06/2015)
66
3.2 La Russia e il “nazionalismo” energetico
Appare opportuno effettuare una digressione sulle linee direttrici della politica
energetica russa, al fine di meglio comprendere il contesto in cui potrebbero inserirsi
le future direttrici della politica energetica europea di sicurezza energetica.
Alla fine del secolo scorso il mercato internazionale dell’energia ha subito una
grande modifica della sua struttura: gli Stati produttori di risorse fossili, riformando
il quadro legislativo interno, hanno favorito una crescente acquisizione pubblica
delle quote private nazionali e internazionali delle imprese che operano nel settore
energetico, spinti dalla convinzione che un tale assetto proprietario avrebbe meglio
tutelato gli interessi nazionali. Un “rinascimento” delle compagnie di Stato nel
settore del petrolio e del gas, cui si fa comunemente riferimento con l’appellativo
“nazionalismo energetico”140
. Il Financial Times, in un articolo del 2007141
,
apostrofava le compagnie del settore energetico protagoniste di tale
nazionalizzazione come le “new seven sisters”142
: «They have consolidated their
power as aggressive resource holders and seekers and pushed the world’s biggest
(…) energy groups, which emerged out of the original seven sisters (…) on to the
sidelines and into an existential crisis»143
. Tra queste figura Gazprom, che nel 2013
ha prodotto il 72,9% del gas in Russia144
(la Russia è stata il primo esportatore al
140 N.Esakova, op.cit , p.146
141 C. Hoyos, “The new Seven Sisters: oil and gas giants dwarf western rivals”, Financial
Times, 12 Marzo 2007,
http://www.ft.com/intl/cms/s/2/471ae1b8-d001-11db-94cb-
000b5df10621.html#axzz3cT4BSaLF (08/06/2015)
142 L’appellativo “sette sorelle” è stato coniato da Enrico Mattei in riferimento alle sette
grandi compagnie anglo-sassoni che controllavano i giacimenti medio-orientali nel secondo
dopo guerra
143 C. Hoyos, op.cit.
144 Gazprom, Gazprom in Figures 2009–2013, Factbook, 2014
67
mondo nel 2013, con una quota di 211.3 bcm trasportati via pipeline e 14,2 bcm
come GNL145
).
L’azione delle compagnie nazionali è strettamente veicolata agli interessi del
governo al potere, e ai relativi obiettivi strategici e geopolitici.
Lo Stato russo controlla Gazprom per il 51%, proibendo alle compagnie
internazionali di accedere a quote che eccedano il 49%146
del totale. Gazprom,
conseguentemente, è soggetto ad una pressione statale significativa, esercitata
attraverso l’azione degli stessi membri del Consiglio di Amministrazione di nomina
politica147
. Pertanto i suoi fini eccedono il mero conseguimento di obiettivi
commerciali e assicurano al mercato interno forniture ad un prezzo sussidiato148
.
Secondo l’IEA tali azioni esterne alla logica di mercato ostacolano una produzione
efficiente e compromettono la massimizzazione del valore potenziale complessivo149
.
L’Oxford Institute for Energy Studies afferma che le imprese statali, rispetto alle
compagnie private internazionali, non abbiano accesso a «risk capital, technical
expertise, an ability to build relationships with costumers worldwide through their
refining and marketing activities and strong brands that trascend national
boundaries»150
. Le compagnie di questo tipo devono compiere uno sforzo ulteriore
per assicurarsi l’accesso ai mercati, valorizzare al massimo la loro produzione ed
145 BP, BP Statistical Review of World Energy June 2014, 2014, p.29
146 Ø. Harsem, D. H. Claes, op.cit., p. 788
147 IEA, World Energy Outlook 2008, 2008, p.337
148 Ibidem, p.338
149 Comparando Gazprom alle grandi imprese petrolifere si nota come le imprese statali che
vendono tali prodotti a prezzi sussidiati raggiungano un’efficienza tecnologica pari al solo
35% rispetto allo stesso dato delle compagnie internazionali che non sono sottoposte a
vincoli di tale tipo.
N.Esakova, op.cit., p.151
150 T. Howard in G. Chazan, “Algeria oil tie‐up thrives”, The Wall Street Journal, 28
gennaio 2008, p. 36
68
accedere al capitale tecnologico necessario a questo fine. Una condizione che le
rende dipendenti dagli investimenti e dal capitale tecnologico provenienti dalle
compagnie occidentali attive nel settore.
3.2.1 Putin e la politica energetica
Dopo un decennio di mesto ripiegamento nella politica estera rispetto all’epoca
dell’URSS, l’elezione di Vladimir Putin a presidente della Repubblica Federale
Russa ha determinato un’inversione di tendenza. A partire dal 2000 la Russia ha
attraversato un periodo di forte mutamento, una riorganizzazione interna degli
apparati statali e un riposizionamento nel nuovo e mutato scenario globale, in
coincidenza con una condizione economica favorevole alle esportazioni151
. Il primo
mandato presidenziale di Putin (2000-2004) si si è mantenuto su una linea di
riavvicinamento con l’Occidente, in nome della cosiddetta “European choice”,
motivata sopratutto dall’obbiettivo di rafforzare l’economia, cui l’apertura con
l’Occidente pareva indispensabile, al fine di riacquistare maggior peso sulla scena
internazionale152
: sono stati anni in cui la crescita delle esportazioni verso l’Europa
ha favorito l’ingresso dei capitali necessari allo sviluppo dell’economia russa153
. Tale
approccio è cambiato radicalmente durante il secondo mandato di Putin in seguito
all’allargamento della NATO e dell’Unione Europea ai Paesi dell’Est Europa, cui
hanno fatto seguito le “coloured revolutions” in Ucraina e Georgia. Sostenuto dagli
alti prezzi del petrolio e dalla solidità del settore energetico, Putin ha perseguito una
politica estera progressivamente più indipendente, aggressiva e riluttante nei
151 M.Verda, “La politica estera di sicurezza”, I BRICs e noi: l’ascesa di Brasile, Russia,
India e Cina e le conseguenze per l’Occidente, P. Quercia e P. Magri (a cura di), ISPI, 2011,
p.123
152 Ibidem
153 Ibidem
69
confronti dell’Occidente154
. Nel suo discorso di Monaco del 2007, Putin si è
indirizzato agli Stati Uniti e all’Europa con queste parole: «accept us as we are, treat
us as equals, and establish cooperation based on mutual interests»155
.
La strategia energetica di questi anni è delineata nel documento “Strategia energetica
2003-2020” che individua nella ricchezza delle risorse la base dell’economia russa,
lo strumento principale della politica interna ed estera e il vettore di una
riconsiderazione del ruolo della Russia sul mercato energetico internazionale156
. La
sicurezza nazionale e il soddisfacimento delle ambizioni nazionali sulla scena
globale diventano così l’obiettivo principale della politica energetica russa.
3.2.2 Gazprom nell’era Putin: il rapporto con gli Stati di transito e lo sviluppo
infrastrutturale
Nel 1991, con il disciogliemmo dell’URSS, Russa è stata privata del controllo sulle
condotte di trasporto giacenti sui suoi ex territori. Tale assenza di controllo ha
costituito un elemento di forte instabilità e vulnerabilità tanto per la Russia quanto
per gli Stati importatori europei. La sicurezza europea dipende dunque, non solo dal
rapporto con il fornitore ma anche dall’affidabilità degli Stati di transito. Tra gli
Stati di transito, l’Ucraina assume un ruolo di particolare importanza: attraverso i
suoi territori transita la quasi totalità delle esportazioni dirette in Europa. Si sono così
delineate le condizioni favorevoli per una convergenza di interessi russo-europei, al
fine di garantire l’affidabilità dei flussi e il contenimento dei costi nel breve e nel
lungo periodo157
. In tale contesto, la strategia di Gazprom è stata orientata sopratutto
a garantire la stabilità dei flussi attraverso la riduzione del potere geopolitico dei
154 N. Esakova, op.cit., p.221
155 Ibidem
156 N. Esakova, op.cit., p.222
157 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p.108
70
Paesi di transito. Gli strumenti atti a perseguire tale strategia furono principalmente
due: potenziare e consolidare il controllo sulle infrastrutture esistenti e diversificare
le rotte mediante la costruzione di nuove infrastrutture158
. Ad essi venne affiancata,
al fine di aumentare l’influenza e la penetrazione Russa in Europa, una strategia di
azione estera improntata al “bilateralismo” delle relazioni con gli Stati membri.
• Consolidare il controllo sulle infrastrutture esistenti
Al fine di assicurarsi il controllo dei gasdotti che transitano sui territori di Ucraina e
Bielorussia, i decisori politici russi hanno perseguito due diverse linee di azione: da
una parte hanno assicurato a tali Paesi forniture a prezzi notevolmente inferiori a
quelli di mercato (in alcuni casi ci si trova al cospetto di una vera e propria
estensione delle tariffe regolate interne159
), dall’altra il tentativo di ottenere il
controllo delle quote di Beltrangaz e Naftogaz160
, rispettivamente i monopolisti
nazionali del gas di Bielorussia e Ucraina. Quest’ultima strategia ha portato risultati
positivi in Bielorussia, ma non in Ucraina161
. Nel caso dell’Ucraina, la politica dei
prezzi agevolati si è dimostrata negli anni un fattore coadiuvante degli attriti tra
Mosca e Kiev. L’Ucraina, possedendo legalmente il 90% delle condotte di trasporto
attraversate dal gas russo162
, ha sfruttato la sua posizione di forza per mantenere
condizioni agevolate per le proprie forniture. Tuttavia con il progressivo aumento
delle esportazioni verso occidente, il costo dei prezzi sussidiati concessi nel mercato
Ucraino, si è dimostrato sempre meno redditizio: ogni metro cubo di gas ceduto agli
Stati di transito costituiva una perdita del potenziale profitto garantito dagli elevati
prezzi europei. Una perdita diventata inaccettabile agli occhi del governo russo,
158 Ibidem, p.109
159 Ibidem, p.91
160 Fondata con il nome di Ukrgazprom
161 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p. 109
162 Ibidem, p.94
71
soprattutto a fronte di divergenze sempre più marcate con l’Ucraina su molteplici
questioni, non ultima quella delle alleanze militari163
. E’ scoppiata così la prima
disputa energetica del 2006: nel luglio del 2005 la Duma varava una legge che
dispone per l’Ucraina e le altre ex Repubbliche Sovietiche il livellamento alle cifre
occidentali dei prezzi del gas164
. Alla fine del 2005 Gazprom lanciava un ultimatum
al governo ucraino: accettare l’aumento dei prezzi o concederle la partecipazione
azionaria alle infrastrutture di transito. Dal rifiuto dell’Ucraina scaturiva un taglio
degli approvvigionamenti, la cosiddetta “crisi ucraina del 2006”. I Paesi europei a
valle subivano una conseguente riduzione delle loro forniture, nonostante Gazprom
sostenesse di aver fornito il quantitativo di gas pattuito con i consumatori europei: la
responsabilità dei tagli ad occidente fu presto imputata agli indebiti prelevamenti di
Kiev165
, screditata a livello internazionale sia ad est che ad ovest. Di simile origine è
stata la crisi del 2009, sviluppatasi in seguito al fallimento della negoziazione di un
nuovo quadro tariffario allo scadere166
dei precedenti accordi167
.
Le tensioni però si aggravano definitivamente tra il 2013 e il 2014. Cenni di apertura
verso l’Occidente da parte dell’Ucraina scatenano l’aggressività russa: in seguito
all’esautoramento del Presidente ucraino filo-russo Yanukovic nel febbraio 2014, la
Russia occupa e annette la Crimea tramite referendum (di cui l’Europa mette in
163 «Kiev dapprima rifiutò (…) di sottoscrivere il Trattato di Sicurezza Collettiva della CSI
(1992), poi diede vita a un forum di consultazione economica con Georgia, Azerbaijan e
Moldavia che riguardava anche questioni di sicurezza(il cosiddetto GUAM 1997) e che
aveva una chiara impostazione antirussa e mirava a contenere l’influenza di Mosca
nell’aerea ex-sovietica»
M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit, p.96
164 IEA, Ukraine: Energy Policy Review 2006, Parigi, 2006, p.225
165 J.Stern, “Natural Gas Security Problems in Europe: The Russian-Ukrainian crisis of
2006”, Asia Pacific Review, Volume 13, n°1, 2006, p.43
166 31 dicembre 2008
167 N. Esakova, op.cit. p.242
72
questione la legittimità168
) il 16 Marzo 2014. Gli scontri dilagano nell’est
dell’Ucraina, ove sono ancora in corso169
nonostante la firma degli accordi di cessate
il fuoco di Minsk170
.
In un’intervista del 6 giugno 2015 al Corriere della Sera, Putin, al riguardo delle
responsabilità delle azioni russe in Ucraina all’origine delle tensioni con l’Occidente,
ha affermato: «L’ex-presidente Yanukovic disse che aveva bisogno di riflettere sulla
firma dell’Accordo d’associazione Ucraina-Ue, forse ottenere dei cambiamenti e
confrontarsi con la Russia. Sotto questo pretesto sono cominciati i disordini a Kiev,
appoggiati attivamente dai nostri partner sia europei che americani. Poi è venuto il
colpo di stato, un’azione assolutamente anti costituzionale»171
. L’accordo
menzionato è l’ Accordo di associazione e libero scambio, la cui mancata
sottoscrizione a Vilnius ha determinato il rovesciamento del governo di Yanukovic, e
che ha costituito il tentativo europeo, tra gli altri obiettivi, di coinvolgere l’Ucraina in
una cooperazione energetica regionale con l’Unione Europea172
. Gli eventi successivi
168 La Repubblica, “Ucraina, la Crimea sceglie la Russia. Usa e Ue: "Referendum illegale”,
La Repubblica, 16 marzo 2014,
http://www.repubblica.it/esteri/2014/03/16/news/al_via_il_referendum_in_crimea_risultati_a
ttesi_gi_per_questa_sera-81112278/ (09/06/2015)
A. De Guttry, “Crimea: quel referendum è illegittimo”, ISPI, 7 aprile 2014,
http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/crimea-quel-referendum-e-illegittimo-10164
(09/06/2015)
169 A. Scott, “Riesplode la guerra in Ucraina: 24 morti in 24 ore. L’Europa verso la proroga
delle sanzioni alla Russia di Putin”, Il Sole 24 Ore, 4 giugno 2015,
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-06-03/riesplode-guerra-ucraina-
214801.shtml?uuid=ABdRE4rD (09/06/2015)
170La Stampa, “Crisi Ucraina, c’è l’accordo per il cessate il fuoco. Ma Kiev: entrati 50 tank
russi. Putin: arrendetevi”, La Stampa, 12/02/2015,
http://www.lastampa.it/2015/02/12/esteri/minsk-accordo-dopo-una-maratona-di-ore-pronto-
un-documento-in-dodici-punti-Qkp2EW0R4h2q0no7qLbtjJ/pagina.html, (09/06/2015)
171 Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin in P.Valentino, “Intervista con
Vladimir Putin: «Non sono un aggressore, patto con l’Europa»”, Il Corriere della Sera, 6
giugno 2015, n°133, 2015, pp. 1-3
172 L. Monti, “Il debole abbraccio economico dell’Unione Europea all’Ucraina”, in La crisi
ucraina e i problemi di sicurezza europea, E. Sciso (a cura di), Luiss University Press, Roma
2014, p.57
73
e la necessità di risorse finanziarie ben superiori a quelle che l’Europa possa
stanziare nell’attuazione di una tale cooperazione173
, lascia intendere come «per il
bene dell’economia ucraina (…) la collaborazione trilaterale (estesa cioè alla Russia)
continua a essere la via obbligata e promuoverla rappresenta forse la missione più
impegnativa per l’Unione Europea nei prossimi mesi»174
come sostenuto da Luciano
Monti.
Una collaborazione euro-russa già svoltasi in passato, e che ha portato Gazprom a
sviluppare infrastrutture che evitassero il transito sul territorio ucraino, e che alcuni
Stati europei hanno accolto con favore al fine di garantire maggiore stabilità al loro
approvvigionamento.
• Diversificare le rotte di approvvigionamento
Raggiungere un numero maggiore di clienti e ridimensionare l’influenza ucraina:
questi sono i due principali obiettivi che hanno spinto Gazprom a costruire nuove
infrastrutture che transitassero attraverso territori più stabili e accomodanti rispetto
all’Ucraina. Uno sviluppo infrastrutturale reso possibile grazie all’imprescindibile
supporto Europeo, accondiscendente nei confronti di un ridimensionamento ucraino.
I tre principali gasdotti di epoca post-sovietica sono lo Yamal-Europa, il Blue Stream
e il Nord Stream. E’ invece stato abbandonato il progetto della costruzione del South
Stream, come dichiarato dal governo russo nel dicembre 2014175
.
173 Il Presidente Yanukovic chiese in sede di contrattazione 167 miliardi di euro al fine di
promuovere una maggiore integrazione europea e finanziare i progetti necessari d ottenerla,
una somma che eccede considerevolmente i fondi che l’unione Europea mette a disposizioni
alle azioni estere, il cui budget complessivo si arresta 66 miliardi di euro.
L. Monti, op.cit., p.63
174 L.Monti, op.cit, p.63
175 M.C. Aoun, European Energy Security Challenges and Global Energy Trends: Old Wine
in New Bottle?, IAI Working Papers, IAI, 2015, p.12
74
Il gasdotto Yamal-Europa, la cui costruzione si è protratta dal 1994 al 2006,
attraversa quattro Paesi: Russia, Bielorussia, Polonia e Germania. Fino all’ingresso
nell’UE, Gazprom è il solo proprietario delle infrastrutture. Il tratto del gasdotto che
attraversa la Polonia è invece proprietà di un EuRoPol Gas, una joint-venture tra
Gazprom e PGNiG176
. Nel 2011, in seguito a pressioni da parte della Commissione,
la gestione dell’infrastruttura è stata affidata a Gaz-system, controllata da PGNiG177
.
La quasi totalità del gas russo che attraversa tale gasdotto è destinato al mercato
polacco.
L’Unione Europea ha qualificato la costruzione del gasdotto quale priorità assoluta,
inserendola all’interno della politica dei Trans-European Network (TEN)178
.
Il Blue Stream, il cui progetto risale al 1997, ma la cui realizzazione fu completata
solo nel 2003, trasporta il gas russo dalle coste meridionali della Russia alle coste
turche attraversando il Mar Nero, eliminando così non solo il problema del transito
attraverso l’Ucraina, ma la stessa questione del transito in Paesi terzi, collegando
direttamente produttore e consumatore. Per tale ragione il progetto costituì un
importante ampliamento delle attività di Gazprom. Tuttavia, questo risultato fu
possibile solo grazie al supporto degli Stati europei importatori e al supporto
occidentale, che fornirono alla compagnia russa i capitali e la tecnologia179
necessarie alla realizzazione180
.
176M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p.112
177 Ibidem
178 Gazprom, Yamal-Europe,
http://www.gazprom.com/about/production/projects/pipelines/yamal-evropa/ (09/06/2015)
179 La realizzazione fu possibile grazie al coinvolgimento di Eni, che possiede il 50% del
gasdotto.
M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p.113
180 M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p.113
75
La strategia di diversificazione di Gazprom prevedeva inoltre la realizzazione di un
ulteriore gasdotto, il South Stream, che, evitando il transito attraverso l’Ucraina,
avrebbe dovuto collegare il territorio russo alla Bulgaria passando sotto il Mar Nero.
La Russia ha annunciato l’abbandono del progetto nel dicembre 2014 in seguito allo
scoppio del conflitto in Ucraina ed in ragione delle obiezioni della Commissione
Europea al riguardo della sua conformità alle leggi in materia di concorrenza e
liberalizzazione vigenti in Europa. La Commissione si è infatti mostrata riluttante a
concedere l’esenzioni alla regole di TPA e unbundling, ponendole al contrario quali
condizioni stesse della realizzazione181
.
I bassi prezzi del petrolio, da cui gli indici del gas dipendono, e le previsioni di un
aumento esiguo o addirittura nullo della domanda Europea non hanno d’altra parte
costituito un incentivo alla realizzazione del progetto182
.
Infine, il Nord Stream, diventato operativo nel 2012183
, è il più lungo gasdotto
offshore al mondo184
, collegando direttamente la costa russa di Vyoborg alla costa
tedesca, attraverso il Mar Baltico. Anche in questo caso, il gasdotto ha eliminato le
vulnerabilità e i costi connessi alla presenza di Stati di transito, a discapito, però, di
una maggiore dipendenza e di un ulteriore indebolimento degli Stati membri dell’Est
Europa. Questi ultimi infatti hanno osteggiato il progetto, che era vivamente
supportato, al contrario, da Germania e Regno Unito. Il progetto ha minato
l’armonia, peraltro già fragile, della politica energetica europea, resa frammentaria
dal rapporto bilaterale russo-tedesco, che, benché abbia portato alla costruzione di un
181 Euractiv, “South Stream bilateral deals breach EU law, Commission says”, Euractiv.com,
4 marzo 2013, http://www.euractiv.com/energy/commission-south-stream-agreemen-news-
532120 (10/06/2015)
182 Niccolò Sartori, intervista a IAI, 2 dicembre 2014, http://www.iai.it/it/video/nicolo-
sartori-putin-affossa-south-stream-quali-opzioni-litalia (10/06/2015)
183 Nord Stream, https://www.nord-stream.com/the-project/pipeline/ (09/06/2015)
184 Ibidem
76
gasdotto che non dipenda dalle diatribe russo-ucraine, peggiora la sicurezza
energetica complessiva del Vecchio Continente, rendendo più vulnerabili i Paesi
della sua parte orientale. La Russia al contrario ne ha tratto esclusivamente benefici:
da una parte non è stata soggetta ad interferenze da parte degli Stati di transito,
dall’altra ha ricevuto il supporto tecnologico necessario alla realizzazione di un
progetto ingegneristico altamente complesso.
Alcuni analisti arrivano a sostenere che l’intera crisi del 2006 sia derivata da una
manovra intenzionale volta al discredito nei confronti dell’Ucraina ed abbia
costituito un ulteriore incentivo alla decisione europea di sostenere la costruzione del
Nord Stream: in contemporanea ad essa, infatti, l’ex Cancelliere tedesco Gerhard
Schröder - peraltro amico personale di Putin185
- venne nominato presidente della
compagnia responsabile della costruzione del gasdotto, con piena noncuranza delle
critiche che ne sono scaturite186
. Con questa nomina venne suggellato il
coinvolgimento diretto e favorevole dei decisori politici tedeschi verso l’azione
“aggressiva” di Gazprom e la sua strategia del “Divide et impera”.
• Gazprom: “Divide et impera”
Al fine di consolidare la sua influenza e difendere i propri interessi nei rapporti con
l’Unione Europea, Gazprom ha fatto della bilateralizzazione delle relazioni, delle
dispute e dei successivi accordi accordi la sua linea conduttrice, concordemente alla
tradizione di impronta realista delle diplomazia russa. Tale concezione è
perfettamente riassunta da Konstantin Kosachev, presidente della Commissione
Affari Internazionali della Duma: « We are sick and tired of dealing with Brussels
bureaucrats. In Germany, Italy, France, we can achieve much more. The EU is not
185 O. Moscatelli, e M. De Bonis, “Il gemello diverso, appunti per un ritratto di Vladimir
Vladimirovic Putin”, in Limes, n° 12/2014, Roma, 2014, p. 53
186 W. Penjuschkin, M. Sygar, Gazprom: Das Geschäft mit der Macht, Dryerem Verlag,
2008, p.241
77
an institution that contributes to our relationship, but an institution that slows down
progress.»187
.
La Russia ha rafforzato le sue relazioni politiche tessendo stretti rapporti
commerciali con le grandi compagnie energetiche dell’Europa, al fine di farne le sue
“lobbiste” in quelli che la Russia reputa essere i Paesi più importanti dell’Unione
Europea. Tra tali compagnie, le tedesche E.ON e BASF e l’Italiana ENI in testa,
seguite dalle francesi GDF e Total e dall’olandese Gasuine188
. Tali imprese non sono
necessarie alla Russia unicamente da un punto di vista tecnico e finanziario, ma
anche in guisa di sostegno e leva di pressione politica nei Paesi cui appartengono.
Tuttavia, oltre alle ragioni di natura strettamente politica, tali rapporti hanno
costituito la base di una duratura cooperazione che sopravvive perfino nell’attuale
situazione di crisi189
. Una cooperazione che, dall’integrazione nelle varie fasi della
filiera del gas, pone le basi per l’estensione delle relazioni ad altri settori
economici190
. Uno studio del CERA191
conclude a questo proposito che il legame di
interdipendenza esistente tra l’Unione Europea e la Russia sia di preferibile gestione
attraverso un rapporto cooperativo piuttosto che mediante una drastica riduzione
drastica della dipendenza dell’Europa dalla Russia.
La cooperazione è dunque necessaria ed auspicabile per entrambe le parti, i cui
mercati sono complementari ed inseparabili. Tuttavia, il perseguimento di una
cooperazione basata unicamente su rapporti bilaterali pare una strategia più
vantaggiosa per gli interessi russi e, solo secondariamente quelli europei.
187 M. Leonard e N. Popescu, A Power Audit of EU-Russia Relations, European Council of
Foreign Relations, Londra, 2007, p.14
188 Ibidem
189 A tal proposito, si è visto come gli Stati siano sempre più riluttanti a perseguire la “linea
dura” delle sanzioni economiche verso la Russia
190 M. Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p.118
191 Cambridge Energy Research Associates, “Crisis of Confidence” afflicts Russian, Press
release, 2007
78
3.3 Unione Europea: quali linee di azione di politica energetica estera per meglio
tutelare la sua sicurezza?
Alla luce dell’esistenza di un inscindibile legame di interdipendenza tra Russia ed
Europa, vengono di seguito elencate le azioni che paiono più consone al
conseguimento di una migliore sicurezza energetica sul piano estero e una migliore
difesa degli interessi dell’Unione Europea nel rapporto cooperativo con la Russia.
In primo luogo, assodato che la strategia “divide et impera” di Gazprom danneggi la
sicurezza energetica dell’Unione da un punto di vista globale, un approccio
multilaterale che imbrigli la realpolitik russa potrebbe consentire una migliore tutela
degli interessi europei in un contesto che agevoli l’azione coesa di un’Unione di
Stati.
E’ auspicabile pertanto un approccio più trasparente che renda meno agevole per la
Russia lo sfruttamento degli interessi particolari dei singoli Stati nell’ambito di
negoziati bilaterali che alimentano l’attrito trai membri dell’Unione, come è successo
nel caso degli accordi per il Nord Stream.
In secondo luogo, ad un approccio multilaterale appare necessario affiancare una
politica estera energetica comune volta ad affrontare le sfide globali dell’energia.
Tali linee d’azione abbinate all’attuale congiuntura internazionale, costituiscono, in
terzo luogo, le basi per una buona riuscita di una rinegoziazione della cooperazione
tra Russia e Europa, al fine del raggiungimento di una migliore tutela degli interessi
europei.
Infine, allo scopo di porre le basi per una cooperazione più equilibrata, appaiono
evidenti i benefici di una coscienziosa politica di diversificazione degli
approvvigionamenti di gas.
Le linee guida appena citate possono costituire quindi la traccia per una proficua
cooperazione tra i due attori.
79
3.3.1 Un approccio multilaterale
L’esistente contesto di cooperazione multilaterale in tema di energia appare
attualmente frammentario. Da tale condizione scaturiscono limiti consistenti nella
gestione delle questione energetiche internazionali.
L’International Energy Agency (IEA) è stata fondata in seguito allo shock petrolifero
del 1973 e si occupa di rappresentare a livello mondiale gli interessi dei principali
Stati importatori di risorse fossili, opponendosi all’OPEC, la principale
organizzazione mondiale degli Stati esportatori di petrolio192
. Dette organizzazione
sono tuttavia sotto-rappresentative delle categorie interessate: alla prima appartiene
solo un sottoinsieme dei Paesi OECD, escludendo pertanto i mercati in via di
sviluppo, mentre la seconda annovera tra i suoi membri solo alcuni dei principali
esportatori, tra i quali, peraltro, quali non figura la Russia.
L’International Energy Forum, nato nel 2003, costituisce una tribuna di dialogo
internazionale inclusiva di entrambe le categorie, ma, in quanto caratterizzata da un
alto grado di informalità non consente di giungere ad accordi internazionali
vincolanti193
.
Le vicende legate allo sviluppo della Carta dell’Energia Energy Charter Treaty -
ECT sono invece esemplificative delle divergenze tra Stati importatori ed esportatori
e delle loro difficoltà ad impegnarsi sulla scena internazionale in un contesto di
negoziazione multilaterale. Lo scopo dell’ECT è la messa in sicurezza della
produzione, del commercio e del transito dell’energia conformemente alle regole del
WTO. Il principale limite della Carta dell’Energia è la sua scarsa inclusività:
nonostante le aspettative di respiro globale, il trattato è rimasto altamente euro-
centrico. Il rifiuto della Russia194
di ratificarlo nel 2009, ha posto la sua stessa
192I. Dreyer e G.Stang, op.cit., p. 29
193 Ibidem
194 ECT, http://www.encharter.org/index.php?id=414#c1338 (10/06/2015)
80
esistenza in questione195
. Il trattato costituisce comunque un importante strumento
che rende possibile imporre degli standard normativi minimi nel mercato energetico
e a tutela degli investimenti.
Infine196
il WTO, la cui competenza include tutti i settori del commercio
internazionale, esercita, anche se solo marginalmente la sua giurisdizione anche sul
settore energetico. Coerentemente alla sua linea di azione, i suoi principali interventi
si focalizzano sull’eliminazione delle barriere all’importazione e all’esportazione, al
fine di promuovere una maggiore competitività del commercio a livello
internazionale197
.
Considerato tale contesto, l’Unione Europea dovrebbe rafforzare la sua posizione in
seno a tali organizzazioni, potenziandone e ripristinandone gli intenti. Tra le opzioni,
in un report del febbraio 2015 l’EU Institute for Security Studies individua le
seguenti possibili linee di azione198
:
- Incoraggiare la partecipazione al WTO degli Stati esportatori che non vi hanno
ancora aderito;
- sostenere la creazione di un “accordo plurilaterale” concernente l’energia e lo
sviluppo sostenibile che includa: la definizione di regole inerenti i sussidi agli
investimenti nel settore dell’energia (rinnovabile e convenzionale); la
liberalizzazione dei servizi energetici finalizzata a stimolare l’innovazione che, a
sua volta, incrementi la competitività dell’offerta e l’efficienza energetica
dell’industria; la promozione di regole in materia di limitazione delle emissione e
195 I. Dreyer e G.Stang, op.cit, p. 30
196 Altre organizzazioni internazionali operano nel settore energetico internazionale,
soprattutto nel campo delle energie rinnovabili, ma appaiono fuori dal proposito di questa
analisi.
197I. Dreyer e G.Stang, op.cit., p.30
198 Ibidem, p. 63
81
la detassazione della produzione derivante da energie rinnovabili, una maggiore
regolazione del commercio e degli investimenti nel settore dell’energia
rinnovabile e l’ingresso dei Paesi in via di sviluppo;
- sostenere la modernizzazione e l’allargamento delle adesioni all’ECT
- diventare un membro formale dell’IEA, nonostante non tutti i membri dell’Unione
ne facciano singolarmente parte: una rappresentazione unitaria dell’UE
agevolerebbe lo sviluppo di una voce comune e incisiva nella più importante
organizzazione internazionale che si occupa di sicurezza energetica. Allo stesso
tempo viene considerata auspicabile una rappresentazione più formale dell’Unione
Europea presso l’International Energy Forum.
- Assicurarsi che i nuovi importatori di energia sulla scena internazionale, le
economie in via di sviluppo, siano adeguatamente rappresentate nel foro
internazionale, al fine di sviluppare con essi un approccio cooperativo nella
gestione della dipendenza dalle importazioni da fonti energetiche fossili.
3.3.2 Parlare con una voce sola nella politica energetica estera
Un’azione comune e unitaria sul piano estero appare uno strumento imprescindibile
in un contesto di promozione delle relazioni con i partner energetici attraverso un
dialogo multilaterale. Nonostante gli Stati membri si siano dimostrati, in passato,
riluttanti a cedere la loro sovranità sia nell’ambito della politica estera che della
politica energetica, l’attuale contesto internazionale potrebbe rappresentare il
momento ideale per superare tali resistenze e giungere ad un’azione unitaria. Come
afferma Simone Tagliapietra, la riluttanza degli Stati a cedere sovranità, in vista di
un’azione estera comune nella sicurezza energetica, può essere superata solo in un
contesto di profonda urgenza politica, quale, ad esempio, la presenza di un forte
82
mutamento nello scenario internazionale199
. Tale situazione pare essersi verificata
con la crisi Ucraina del 2014200
.
In questa occasione, numerosi leader europei hanno sollecitato lo sviluppo di una
comune politica energetica sul piano internazionale, e la Commissione, su esplicita
richiesta del Consiglio Europeo, ha adottato il 28 maggio 2014 la “Strategia Europea
di sicurezza energetica”201
. Tra gli otto pilastri in cui si articola la strategia europea
di sicurezza energetica figura esplicitamente «migliorare il coordinamento delle
politiche energetiche nazionali e parlare con una voce sola nella politica energetica
esterna». A tal proposito si afferma: «Un settore di particolare interesse è quello del
gas, in cui il rafforzamento del dialogo politico dell'Unione con i possibili Paesi
fornitori potrebbe aprire la strada ad accordi commerciali senza mettere in pericolo
l'ulteriore sviluppo di un mercato interno competitivo dell'UE. Inoltre, in alcuni casi,
l'aggregazione della domanda potrebbe aumentare il potere negoziale
dell’Unione»202
. Viene inoltre sottolineata la necessità di un ricorso sistematico agli
strumenti di politica estera, includendo le tematiche energetiche «nei processi di
dialogo politico e in particolare nei vertici coi partner strategici»203
. A tal fine la
Commissione si impegna a «promuovere con il SEAE un uso più sistematico degli
strumenti di politica estera al fine di sostenere gli obiettivi di politica energetica
esterna e di rafforzare la coerenza tra gli obiettivi di politica energetica e di politica
estera»204
. Nella Comunicazione viene inoltre citato il “meccanismo di acquisto
collettivo” dell’Agenzia di approvvigionamento dell’EURATOM che, cofirmando i
contratti liberamente negoziati dalle parti, si assicura che non sussistano rischi per la
199 S. Tagliapietra, “Towards a European Energy Union The Need to Focus on Security of
Energy Supply”, Nota di lavoro, n° 95.2014, Fondazione Eni Enrico Mattei, 2014, pp. 9-10
200 Ibidem
201 Commissione Europea, Strategia Europea di sicurezza energetica, Comunicazione della
Commissione al Parlamento e al Consiglio, COM(2014) 330 final, Bruxelles, 28.5.2014
202 Ibidem, p.20
203 Ibidem
204 Ibidem, p.21
83
sicurezza dell’approvvigionamento, riservandosi il diritto di obiezione qualora tale
requisito non sia rispettato. Al riguardo, si apre un cauto spiraglio verso l’estensione
di tale procedura anche nel mercato del gas: «La Commissione, in stretta
collaborazione con gli Stati membri, valuterà l'opportunità di sviluppare una
procedura per il gas che contribuisca ad aumentare la trasparenza del mercato e che
tenga conto delle esigenze di sicurezza energetica. Inoltre, si potrebbero valutare
meccanismi facoltativi di aggregazione della domanda che consentirebbero di
rafforzare il potere negoziale degli acquirenti europei. Tali opzioni dovranno essere
progettate ed applicate con particolare attenzione per assicurarne la compatibilità con
la normativa dell'UE e con il diritto commerciale»205
.
L’esistenza di un contesto politico che appare particolarmente favorevole allo
sviluppo di una politica energetica comunitaria più audace rendono plausibile la
prospettiva di un’effettiva attuazione delle linee guida contenute in tale
comunicazione. Il Presidente della Commissione Jean Claude-Junker nominato nel
2014, ha infatti deciso di inserire un nuova carica all’interno della sua Commissione,
il Vice Presidente206
dell’Unione Energetica207
(in aggiunta al già esistente
commissario per la politica energetica e il clima), rendendo l’energia un punto
centrale della sua agenda. Una decisione sostenuta da Donald Tusk, l’attuale
Presidente del Consiglio Europeo ed ex Primo Ministro della Polonia, che sottolinea
l’esigenza di un’effettiva politica comune in materia di energia sia sul piano interno
(appoggiando la realizzazione dell’Unione Energetica208
) che sul piano esterno
(rivendicando l’urgenza di un’azione comune). Dalle colonne del Financial Times209
afferma infatti: «A dominant supplier has the power to raise prices and reduce
205 Ibidem
206 Maroš Šefčovič
207 Unione Energetica, vedi cap. 2.4
208 S. Tagliapietra, op.cit., p.10
209 D. Tusk, “A united Europe can end Russia’s energy stranglehold”, Financial Times, 21
aprile 2014, http://www.ft.com/intl/cms/s/0/91508464-c661-11e3-ba0e-
00144feabdc0.html#axzz3cgmEH14w (10/06/2015)
84
supply. The way to correct this market distortion is simple. Europe should confront
Russia’s monopolistic position with a single European body charged with buying its
gas» attraverso «a mechanism for jointly negotiating energy contracts with Russia. It
would be created in stages. Initially, bilateral agreements would be stripped of any
secret and market-distorting clauses; then, a template contract would be created for
all new gas contracts; finally, the European Commission would be required to take a
role in all new negotiations»210
.
3.3.3 Ridiscutere la cooperazione
L’implementazione di norme che tutelino la concorrenza nel mercato europeo211
, il
calo della domanda interna, la riduzione del prezzo del petrolio e la consapevolezza
che la Russia verta in condizioni economiche non favorevoli: tali elementi
concedono all’Europa una posizione di relativa forza negoziale nel suo rapporto con
la Russia. La terza linea direttrice per raggiungere una profittevole cooperazione con
la Russia è dunque la negoziazione di nuove regole sugli investimenti, sul
commercio e sulle forniture, sfruttando l’attuale congiuntura economica ed
internazionale. Secondo l’EU Institute for Security Studies, tale congiuntura
internazionale potrebbe permettere all’Europa di ridiscutere e ridefinire a suo favore
tre principali questioni212
: in primo luogo affrontare gli argomenti lasciati in sospeso
dalla “Eu-Russia Energy Roadmap to 2050”213
, ed in particolare l’ampio spazio
ancora concesso alle contrattazioni bilaterali (per molti decenni a venire). In secondo
luogo, un’azione più risoluta nella piena applicazione delle norme in materia di TPA,
di unbundling e di tutte le norme a tutela della concorrenza: l’Unione Europea non
210 Ibidem
211 The Economist, “Margrethe and the bear”, The Economist, n°8935, 25 aprile-1 maggio
2015, p.53-54
212 I. Dreyer e G.Stang, op.cit., p.64
213 Unione Europea, Roadmap Eu-Russia Cooperation until 2050, marzo 2013
85
dovrebbe più mostrarsi incline a giustificare la presenza di imprecisate clausole di
“sicurezza della fornitura” nei contratti, attraverso le quale si perpetuino azioni
discriminatorie a danno dei Paesi maggiormente dipendenti dalla Russia. Una linea
d’azione più risoluta che è stata, peraltro, già perseguita dall’attuale Commissario per
la Concorrenza Margrethe Vestager nella gestione del caso antitrust contro Gazprom
lanciato nel 2011 dal suo predecessore, il Commissario Joaquín Almunia. Il 22
Aprile 2015 viene infatti inviato a Gazprom uno “statement of objections” nel quale
si riconosce l’esistenza di un abuso di posizione dominante nella gestione del
gasdotto Yamal214
:un documento pronto fin dal 2013 ma su cui il Commissario
Almunia non aveva preso effettiva posizione, rimandandone la notificazione a
Gazprom fino allo scadere del suo mandato215
.
Infine, l’Europa potrebbe sfruttare le condizioni di contesto a lei favorevoli per
promuovere con maggiore effettività il dislocamento del dialogo euro-russo nei fori
multilaterali, di cui si è discusso in precedenza. L’Unione Europea potrebbe, per
esempio, esercitare la sua influenza per spingere la Russia a riconsiderare la sua
posizione nei confronti dell’ETC: anche se pare improbabile una sua ratifica del
trattato, non si può escludere che, grazie ai necessari compromessi, la Russia si
dimostri più flessibile nell’accettare norme più stringenti.
3.3.4 Diversificare gli approvvigionamenti
Nonostante la mera riduzione della dipendenza venga in questa sede considerata
poco auspicabile, la cooperazione con la Russia richiede un equo bilanciamento delle
parti. Tale bilanciamento non può prescindere da una maggiore diversificazione delle
214 Si recrimina una strategia globale di frammentazione del mercato tra l’Europa centrale e
orientale, che gli consenta di praticare prezzi ingiustificati in cinque Paesi, quali Bulgaria,
Polonia, Estonia, Latvia e Lituania.
The Economist,“Margrethe and the bear”, cit.
215 The Economist,“Margrethe and the bear”, cit.
86
vie di approvvigionamento, sopratutto in quegli Stati membri che maggiormente
dipendono dalla Russia. In una prospettiva 2020-2030 l’unica alternativa plausibile
appare quella del gas azero216
, al vaglio delle condizioni politiche ed economiche
proprie degli altri potenziali concorrenti.
I produttori di gas del Nord Africa (Algeria, Egitto e Libia) posseggano comprovate
riserve di gas convenzionale pari a 7.8 tcm, 8.7 tcm stimate e 26 tcm di shale gas
(stima), che li rendono potenziali fornitori nel lungo periodo. Tuttavia, nel breve e
nel medio periodo, non appaiono in grado di esercitare tale ruolo: in ragione del
deterioramento del clima degli investimenti che ha seguito gli squilibri post
Primavera Araba, e della progressiva espansione del mercato e della domanda interna
di questi Paesi, le stime determinano un’assenza di crescita nei volumi di
esportazioni verso l’Europa fino al 2020 ed una crescita esigua nell’orizzonte 2030217
(previsione altamente incerta a causa dei disordini politici che affliggono l’area).
Allo stesso modo, il gas proveniente dai giacimenti offshore di Israele e Cipro non
rappresentano un’opzione plausibile. Le incoraggianti scoperte dei giacimenti
ciprioti non hanno corrisposto buoni risultati nella fase di esplorazione, lasciando
irrisolti i quesiti relativi all’effettiva portata di eventuali esportazioni che, oltre a
soddisfare i Paesi vicini più prossimi, raggiungano anche le coste europee218
. Al
contempo, le incertezze sul piano economico e geopolitico che caratterizzano l’area,
rendono anche il gas israeliano un candidato inadatto per l’approvvigionamento
europeo. L’Iran, nonostante possieda un quantitativo di riserve di prim’ordine, verte
in una complicata situazione internazionale e il suo riavvicinamento all’Occidente è
talmente recente219
che il clima degli investimenti non presenta ancora la stabilità
216 R. Dickel e al., op. cit., pp. 24-29
217 Ibidem, pp. 17-21
218 Ibidem, p. 22
219 A. Scott, “Iran Obama difende la svolta”, Il Sole 24 Ore, 5 Aprile 2015,
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-04-05/iran-obama-difende-svolta-
081301.shtml?uuid=ABwM9nKD&fromSearch (11/06/2015)
87
necessaria a sviluppare una cooperazione con l’Europa, nonostante l’attuale
presidente H. Rohani abbia mostrato il suo interesse in tale direzione. A causa della
grave situazione militare e politica in cui verte, anche l’Iraq non rappresenta un
candidato potenziale220
.
Al contrario, buone prospettive si aprono per lo sviluppo del commercio di gas con
l’Azerbaijan. L’idea di costruire un gasdotto che, attraverso la Turchia, giungesse in
Europa, infatti, anima la discussione europea fin dagli anni ’90221
. Nel 2002 l’Unione
Europea decideva di sostenere il progetto “Nabucco”, un gasdotto destinato a
collegare l’Europa dell’est al gas turkmeno attraverso Azerbaijan, Georgia e Turchia.
Nel 2008 tale progetto evolveva nel cosiddetto “Southern Corridor”, ufficialmente
appoggiato dalla Commissione nella Second Strategy Energy Review222
. Nonostante
I’ex Presidente della Commissione José Manuel Barroso affermasse che il progetto
Nabucco costituiva «the truly European Project»223
rispetto alle altre proposte, la
firma di un accordo con il Turkmenistan non venne mai raggiunto e le compagnie
che costituiscono lo Shah Deniz224
2 Consortium (BP, Total, SOCAR, Lukoil, NICO
e TPAO) preferirono optare per un ridimensionamento del corridoio e abbandonare il
gasdotto Nabucco, concentrandosi esclusivamente nell’espansione della South
Caucasus Pipeline, nella costruzione della Trans Anatolian Pipeline (TANAP)
attraverso la Turchia e nella costruzione della Trans Adriatic Pipeline (TAP), che
giungerà fino alle coste italiane225
. Una scelta influenzata dalla concessione di una
220 Ibidem, p.28
221 Ibidem
222 Commissione Europea, EU Energy Security and Solidarity Action Plan: 2nd
Strategic Energy Review, MEMO 08/703, Press release Database, Bruxelles, 13 novembre
2008
223 J.M. Barroso in Commissione Europea, Remarks by Commission President José Manuel
Barroso upon the signature of the Nabucco intergovernamental agreement
(SPEECH/09/339), Ankara, 13 luglio 2009
224 giacimento azero offshore situato nel Mar Caspio
225 R.Dickel e al.,op.cit, pp. 24-26
88
esenzione alla regola del TPA alla TAP (non sussistente nel caso Nabucco), che
permetterà allo Shah Deniz II consortium di godere di una esclusiva capacita iniziale
di 10 bcm per un periodo di 25 anni, e, come sostenuto da Bp, in ragione di una
differenza di vantaggio commerciale significativa tra i due progetti226
(costi legati
all’utilizzo del gas azero, previsioni della domanda nei rispettivi mercati di arrivo
TAP e Nabucco, eventuale accesso al sistema di trasmissione nei Balcani nel caso di
una implementazione della TAP nell’area227
). Il gasdotto TAP, nonostante aumenti la
sicurezza dell’approvvigionamento nel Sud Europa, e costituisca un importante
stimolo per lo sviluppo infrastrutturale delle reti di trasmissione dei Balcani,228
non
apporta alcun miglioramento alla diversificazione dell’approvvigionamento
nell’Europa orientale e centrale come, invece, sarebbe stato possibile con la
costruzione del gasdotto Nabucco. L’Europa deve dunque continuare a lavorare in
tale direzione, convogliando i suoi sforzi di politica energetica interna ed esterna
nella riduzione di tale disequilibrio .
La diversificazione di approvvigionamento fornita dal Southern Corridor non è
dunque una panacea della sicurezza energetica Europea e non elimina (ammesso che
questo sia desiderabile e da tale analisi emerge che non lo sia) la necessità di
cooperare con il fornitore russo. Tuttavia il progetto apre la strada ad una partnership
di lungo periodo con il fornitore azero, l’unico che entro l’orizzonte 2030, e
plausibilmente oltre, lascia intravedere una prospettiva di diversificazione marginale
ma concreta dell’approvvigionamento via condotta. Nella precedente citata
“Strategia europea di sicurezza energetica” si afferma infatti: «Oltre a rafforzare i
rapporti con i fornitori attuali, la politica energetica dell'Unione dovrebbe altresì
perseguire l'obiettivo di aprire la strada a nuove fonti. La realizzazione del corridoio
meridionale e i progetti di interesse comune identificati rappresentano un elemento
226 S. Aliyev, “BP: TAP and Nabucco had big commercial difference”, in Trend, 28 giugno
2013, http://en.trend.az/business/energy/2165695.html (11/06/2015)
227 N. Sartori, Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP Competition, IAI
Working Papers, 13/27, 2013
228 I. Dreyer e G.Stang, op.cit, p.60
89
importante in quest'ottica giacché preparano il terreno alle forniture dalla regione del
Caspio e oltre. È di importanza essenziale perseguire un'agenda commerciale attiva
in questa regione per assicurare l'accesso ai mercati ma anche per sviluppare
infrastrutture di importanza strategica la cui fattibilità dipende dall'accesso a volumi
di esportazioni sufficienti. In una fase iniziale si prevede che entro il 2020, 10
miliardi di m
3
/anno di gas naturale prodotti in Azerbaijan raggiungeranno il mercato
europeo attraverso il corridoio meridionale del gas.»229
rimandando ad una
prospettiva di lungo periodo l’ulteriore estensione del corridoio ai Paesi e i
giacimenti limitrofi.
Infine occorre precisare che, solo in una prospettiva di lungo periodo,
l’approvvigionamento via GNL potrebbe costituire l’asse portante della
diversificazione degli approvvigionamenti di gas in Europa. Tale ipotesi sottostà,
come è evidente, alla eliminazione, nel lungo periodo, degli impedimenti esistenti
(evidenziati nel primo capitolo) che, nel breve periodo, non permettono di
considerare il GNL un’alternativa immediata in grado di competere con
l’approvvigionamento russo via condotta (le difficoltà tecniche, la ripresa degli
investimenti nel settore dopo la crisi economica globale230
, le dinamiche di
domanda/offerta mondiali, l’attrattività dei prezzi asiatici, e, soprattutto, la sua
competitività con il gas russo in Europa).
229 Commissione Europea, Strategia Europea di sicurezza energetica, cit., p.17
230 «Il rallentamento dei consumi ha infatti bloccato quasi tutti i progetti di nuovi
rigassificatori, mentre nel caso dei gasdotti (…) le attività relative alla produzione
(upstream) erano già avviate al momento dello scoppio della crisi. Di conseguenza, gli
operatori coinvolti non avevano altra scelta per recuperare gli investimenti che andare avanti
in ogni caso con la realizzazione della capacità di trasporto.
M.Verda, Politica estera e sicurezza energetica, cit., p. 74
90
CONCLUSIONE
Alla luce dell’analisi effettuata in questa trattazione è possibile individuare una serie
di elementi chiave che permettano di comprendere la particolare relazione
intercorrente tra la Russia e l’Unione Europea. Da tali elementi è stato possibile
dedurre una risposta all’iniziale quesito circa la definizione della natura del legame
tra i due attori e le linee direttrici che, nel quadro di tale legame, consentissero
all’Unione Europea di perseguire una politica energetica tale da tutelare al meglio la
propria sicurezza energetica.
Innanzitutto si è visto come l’ancora spiccata regionalità del mercato energetico
europeo del gas non renda possibile per l’Europa ovviare alle forniture di
provenienza Russa e prescindere da una stretta relazione con essa.
Sul piano interno l’Europa ha cercato di sviluppare la sua politica energetica al fine
di rendere gli Stati membri più resilienti rispetto a tale dipendenza. Tale azione si è
sviluppata su tre principali direttive: il rafforzamento delle norme in tema di
liberalizzazione del mercato, ovvero la regola di TPA, le norme di unbundling e la
tutela degli operatori europei nei confronti degli operatori esteri attraverso la
“clausola Gazprom” contenuta nella Terza direttiva sul gas; l’implementazione di
una politica clima-energia che miri ad uno sviluppo consistente del settore delle
energia rinnovabile; l’istituzione di un mercato unico più resiliente quale strumento
di tutela della sicurezza energetica. Tuttavia, appare chiaro come tali azioni non
siano in grado di sostituirsi all’esigenza di un dialogo costante con la Russia, benché
riducano la vulnerabilità europea e ne rinforzino la sicurezza energetica. La relazione
UE-Russia, rivelatasi imprescindibile per entrambi, è dunque definita in termini di
interdipendenza.
91
In questo contesto la politica energetica russa è diventato un utile strumento al
servizio della politica estera negli anni di governo di Putin. Tale politica, che si basa
sulla sottomissione dell’azione di Gazprom agli interessi nazionali, sulla riduzione
del potere negoziale degli Stati di transito e sulla bilateralizzazione delle relazioni
con gli Stati membri dell’Unione, ha favorito l’espansione dell’influenza della
Russia sul Vecchio Continente alimentando le tensioni al suo interno.
L’analisi mette in luce, di conseguenza, come sia necessario per l’Europa ridefinire
la sua politica energetica sul piano estero per contrastare la strategia “divide et
impera” di Gazprom.
Poste le reciproche condizioni di sensibilità e vulnerabilità, viene appurato che la
cooperazione tra i due sia l’unica via perseguibile al fine di soddisfare l’interesse di
entrambi a importare ed esportare il gas proveniente dai giacimenti russi: tale
cooperazione necessita però di un riequilibrio che ridimensioni l’eccessiva influenza
della Russia sulle politiche energetiche degli Stati membri, al fine di permettere
all’Europa di tutelare la sua sicurezza energetica a livello globale. Il raggiungimento
di tale obiettivo è inoltre agevolato dall’attuale congiuntura internazionale, che vede
la Russia particolarmente provata sul piano economico interno ed isolata a livello
internazionale a causa della crisi Ucraina del 2014. In questo scenario l’Europa
potrebbe sfruttare il suo potere negoziale per spostare il dialogo con la Russia
all’interno di fori multilaterali di discussione, nei quali sia per lei più facile gestire
con trasparenza una linea unitaria. Tale azione appare priva di scopo, però, senza il
perseguimento di una coerente politica energetica estera comune. Sfruttando tale
dialogo unitario e coerente in un contesto internazionale a lei favorevole, l’Unione
Europea potrebbe ridiscutere i termini della cooperazione e rafforzare la sua politica
di liberalizzazione del mercato, ridimensionando il ruolo di Gazprom sia sul piano
interno (sottomettendola al rispetto delle regole in materia di concorrenza) sia sul
piano internazionale (imbrigliando il dialogo in accordi più vincolanti e favorevoli
agli interessi europei). Infine, per aumentare ulteriormente il suo potere negoziale e
la sua resilienza, l’Europa potrebbe impegnarsi nel perseguimento di una più stretta
relazione con l’Azerbaijan, l’unico fornitore che nel breve e nel medio periodo può
garantire all’Europa una marginale, ma concreta, alternativa al gas russo.
92
ABSTRACT
Energy has been at the heart of the European project since its foundation and it still is. Jean
Monnet's intuition of building a united Europe by pooling and sharing energy resources
continues to be an inspiration in the integration process. Energy is what binds us behind
borders. However, in Europe we import more then half of our energy. For these imports
Europe pays at least 1 billion euro everyday.
Due to its lack of energy resources, the European Union has always been concerned about
providing energy to its citizens and enterprises. Since the Messina declaration in 1955 the
European Union put its effort in boosting its energy security at a national and supranational
level.
In order to preserve a stable and sufficient supply, the European Union has been working on
developing an efficient internal and external energy policy in order to boost the efficiency of
its internal energy market and ensure strong ties with its suppliers.
Among the international suppliers the European Union has worked with, the longest lasting
and controversial relationship has been with Russia, the biggest gas-supplier in Europe. For
this reason this thesis aims to explore european energy security through the analysis of the
existing relations between EU and Russia. The reason for choosing gas as the focus of the
analysis is due to its particular characteristic. Gas is hard and expensive to transport: it
obligates States to collaborate in order to build transport infrastructure which make relations
extremely rigid. Regarding the security concerns surrounding fossil fuels, gas proves to be
the most problematic: it is not possible to speak about energy policy and security in Europe
without analyzing European dependence on Russian gas.
The objective of the thesis is to analyze the European energy policy and security at a
supranational level considering the existing relations between the EU and Russia. Given the
93
global and regional gas trends in a short-medium term (2020-2030), I aim to explore the
terms of the European dependence on Russia and the resulting internal and external energy
policy. Lastly, based on the analysis and considering the pillars of Russian foreign policy,
four courses of action will be underlined in order to define a new frame of EU-Russia
cooperation suitable for the imposition of the European interests.
My motivation to study this particular subject was inspired by the fact that the European
Union currently finds itself in a favorable position to finally implement a more concrete and
ambitious European energy policy due to two principal reasons. Firstly the current political
and institutional framework of the Eu is particularly favorable and determined to take action
in this Field: The President of the Commission Jean-Claude Junker has put energy at the top
of his agenda, appointing a new special Vice President (beside the already existent
Commissioner for climate action and energy), Maroš Šefčovič, for the implementation of the
project of the achievement of an Energy Union in Europe. Secondly, the Ukrainian crisis,
alongside the crisis of the Russian economy and the drop in oil prices, has put Russia in a
weaker position in the international arena. The European Union has the chance to boost its
energy policy and reconsider the conditions of cooperation with Russia in a favorable
international context. Moreover, the Ukrainian crisis re-stated previous concerns on energy
security pushing European leaders to reconsider their hesitation to develop a common energy
policy. A position particularly supported by the President of the European Council, Donald
Tusk, who advocates for a stronger European common external policy on energy.
Starting from the definition of energy security, the first chapter analyses European
dependence on Russian gas in the context of the general global trend, the specificity of the
European supply and future development of GNL. As a result, the ways in which Europe
will still be very dependent on Russian gas due to the regionality of the gas market and the
uncompetitiveness of GNL supply compared to Russian gas via pipeline is conveyed.
Particularly, the possibility to receive US supply in the short and medium term has been
deemed unlikely.
From this starting point the second chapter analyses the three pillars of the European energy
policy: a competitive and integrated internal market, the climate action and GHG emissions
94
reduction and the energy security policy. Particular attention is placed on the role that the
Junker Commission has given to the prospective establishment of an Energy Union in an
energy security perspective. Thanks to the European energy policy, the European Union has
improved the liberalization, the competitiveness and the interconnection of its internal
market which is now more resilient on energy disruption and external abuses. However, in
spite of all the support that the EU has given to the development of renewable energy, they
have not yet become a competitive alternative to fossil fuels. Effectively, the high cost of
renewable energy compared to the cost of other resources has limited their implementation,
especially in an economic-crisis affected environment where the desire to reach the pre-2008
production level has scorned the climate target. As a result, the 2030 targets on GHG
emissions reduction, energy efficiency and implementation of renewables are less ambitious
than had been expected.
As a consequence Europe is still dependent on Russian gas which remains the most cost
effective.
The third chapter, therefore, aims to analyze the EU-Russia relations. Considering their
reciprocal sensitivity and vulnerability in terms of the interdependence theory, the
cooperation between these two players seems to be the most suitable relationship in order to
promote mutual benefits. However, in the current framework, Russia has been able to
develop an energy policy that has increased its influence in Europe while using Gazprom
and the bilateral agreement in order to boost the existing tensions between Member States.
As the North Stream pipeline shows, Europe is frequently divided when it comes to Russia.
The Gazprom “divide and rule” strategy has enhanced its power in the European scenario.
Therefore, from a European interests perspective this cooperation has to be redefined and the
present moment is the most opportune time in the international arena to do so.
Russia is affected by a deep economic crisis and more isolated because of the Ukrainian
crisis. In this scenario, Europe could have the chance to balance the relations with Russia. To
do so, four courses of action have been proposed.
Firstly, a move from a bilateral to a multilateral energy dialogue could prompt Europe to act
coherently and unitarily against Russia. In turn, this would prevent Russia from taking
advantage of internal disagreements between Member States in this framework. Secondly,
95
Europe could achieve a more coordinated and united external energy policy which can
ensure more global energy security to the whole Union.
Thirdly, Europe could use its lead position to establish a more regulated and binding energy
dialogue framework with Russia. The situation is suitable for the implementation of the
existing legal framework on the internal side and to achieve more favorable agreements for
Europe on the external side. Finally, Europe could enhance its energy security engaging
deeply with other suppliers. In the actual framework the most likely option in a 2020-2030
perspective is Azerbaijan.
96
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