dossier pane per tutti - centro missionario · diali di cereali sono stati del nord del mon-do come...

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Poste Italiane S.p.A. – sped. abb. post. – D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Roma Anno XIII - Ottobre 2010 - Numero 10 Pane per tutti DOSSIER Pane per tutti

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Anno XIII - Ottobre 2010 - Numero 10

Pane per tuttiDOSSIER

Pane per tutti

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C hi entra in una panetteria di unacittà italiana sa bene che c’è l’im-barazzo della scelta: pane casalin-

go, pane a rosetta, pane insipido, paneall’olio, pane integrale, pane rotondo,pane salato, pane a filone, pane baguette,pane di patate, pane con semi di giraso-le… e via a non finire.Eppure nella maggior parte dei Paesi delmondo, chi va da un fornaio cerca solo ilpane: non si trova di fronte a decine edecine di varietà, ma solo alla possibilità,o meno, di comprare il pane quotidiano.

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Dossier

In un mondo dove il cibo sarebbe suf-ficiente per tutti, se fosse equamentedistribuito e se l’egoismo dei Paesiricchi non generasse ingiustizia epovertà, risulta fondamentale la pre-senza dei tanti missionari che si ado-perano perché a nessuno manchi qual-cosa di cui cibarsi, ma anche perchécondivisione, carità, altruismo faccianoda collante tra i popoli. In ottobre,mese missionario per eccellenza, l’in-tera Chiesa cattolica celebra ovunquela Giornata Missionaria Mondiale, chequest’anno cade il 24 ottobre. Entraredentro la vita quotidiana dei missiona-ri, a fianco dei poveri e degli ultimi,insegna a condividere se stessi e afarsi “pane spezzato” per tutti.

Paneper tuttiPaneper tutti

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Si stima che a Milano vengano buttati viaquasi 180 quintali di pane al giorno, traquello avanzato a fine giornata nelle fami-glie e quello invenduto nelle varie panet-terie. Se nelle altre città d’Italia lo sprecoseguisse gli stessi numeri, l’intera peniso-la ogni giorno butterebbe nella spazzaturapiù di 800 tonnellate di pane. Un veropeccato!D’altro lato, la Fao (l’organizzazione delleNazioni Unite per l’alimentazione e l’agri-coltura) ricorda che nel mondo un miliardodi persone soffre la fame. Ciò accade nonperché manca il cibo necessario per tutti,ma perché tra i Paesi ricchi e quelli poveric’è una disparità di distribuzione di risor-se. Il problema principale sta nelle condi-zioni di accesso a questo cibo, che nonsono eque: nel Nord del mondo ce n’ètroppo, tanto da dover essere buttatonella spazzatura; nel Sud del mondomanca, tanto da non essere sufficienteper tutti.

Questione di egoismo

Nei Paesi in via di sviluppo c’è un altrograve problema: sin dall’inizio del colonia-lismo da parte dell’Europa, i continenti diAsia, Africa e America Latina furono subi-to sfruttati nelle loro risorse, sia naturali(miniere, coltivazioni) che umane (basti

pensare alla trattadegli schiavi). Anchese oggi il coloniali-smo non c’è più,situazioni di sfrutta-mento sono ancoramolto diffuse: i Paesipoveri producono peril Nord del mondo iprodotti più richiesti(come cotone, cauc-ciù, mais per i biocarburanti, ecc.)sottraendo terre allacoltivazione di ciboper il fabbisognolocale; così risultaimpossibile garantirea tutti un’alimenta-zione soddisfacente, visto che ciò che vie-ne prodotto non può essere consumato(nessuno può cibarsi di caucciù o coto-ne!). Ecco allora che i Paesi del Sud delmondo conoscono

Sono combu-stibili liquidiutilizzabili

per produrreenergia ed ottenuti a par-tire da prodotti agricoli,come canna da zuccheroo mais. Negli ultimi anni i Paesi industrializzatistanno investendo moltoin questa forma di ener-gia, per arrivare prima opoi a non dipendere piùdal petrolio. Il problema,però, è che più aumentala richiesta di biocarbu-ranti, più intere pianta-gioni in molte parti delmondo vengono sottrat-te alla produzione diprodotti alimentari.

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oggi una nuova forma di schiavismo, puressendo nel Terzo millennio.Un esempio per chiarire meglio: se unragazzino italiano pensa al pranzo che losta per attendere sulla tavola apparec-chiata, immagina lasagne, carne, verdure,formaggi, dolci. Ad un bambino africanoinvece viene in mente riso, grano, miglio,ecc. Il cibo per i ricchi è carne e formaggio,quello per i poveri sono i cereali. Eppure ipiù grandi produttori ed esportatori mon-diali di cereali sono Stati del Nord del mon-

do come Usa, Francia, Canada.Ecco che il Nord, ricco, detieneil primato della produzione dicibo per i poveri, mentre ilSud, povero, produce il super-fluo per i ricchi.Questa situazione conviene amolti, tra cui alcune grandiindustrie che dominano il

i [email protected]

A destra: Una tavola imbandita per i

ragazzi della parrocchia di Kalauna

(Papua Nuova Guinea).

A fianco:In un villaggio

della Siria cuoce

il pane in un

forno a legna

artigianale.

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commercio mondiale e alle qualifanno sempre più gola le terre deiPaesi del Sud: per gli abitanti rura-li di questi luoghi, infatti, l’unicomodo per sfamarsi è produrre sulleproprie terre il cibo che serve perloro. Invece succede che perdonosempre più terre perché, per esem-pio, nell’Amazzonia si distruggonole foreste e si creano pascoli per ilbestiame delle nostre industrie chericercano carne a basso costo perla produzione di scatolame e surge-lati da fast food.In altre parole: chi in Europa o nelNord America mangia un hambur-ger, mangia anche una fetta diforesta amazzonica e una parte dipasto che sta saltando un indio acui è stata tolta la sua unica risor-sa, la terra.

AL RISTORANTE DEL MONDO

ATTIVITÀ DA REALIZZARE

AL RISTORANTE DEL MONDOInsieme ai tuoi compagni e al tuo animatore/cate-

chista/insegnante (che avrà preparato tutto per

l’occasione), prova a lasciarti coinvolgere in questo

singolare invito.

L’ESTRAZIONEOggi sei ospite in un pranzo “speciale”. Da una sca-

tola estrai un biglietto (precedentemente prepara-

to dal tuo animatore secondo le percentuali sotto

riportate): troverai il nome del continente alla cui

tavola sei invitato. Non resta che accomodarti al

tuo posto e attendere l’inizio del pranzo.

IL CONTESTONella stessa sala sono disposte 5 tavole che devo-

no risultare ben visibili a tutti: quella nord ameri-

cana - alla quale siederà il 6% dei ragazzi – e quella

europea - alla quale siederà il 16% dei ragazzi -

saranno ben apparecchiate con tovaglia e tovaglio-

li, piatti, bicchieri e posate ben assortiti e piacevoli

centrotavola con fiori. Gli ospiti avranno tre porta-

te calde e abbondanti con possibilità di bis e des-

sert a volontà; la tavola asiatica - alla quale siederà

il 57% dei ragazzi - quella africana - alla quale sie-

derà il 12% dei ragazzi – e quella sud americana -

alla quale siederà l’8% dei ragazzi – saranno più

modeste: gli ospiti siederanno su sgabelli o pan-

che, non vi saranno decorazioni e il servizio sarà

ristretto al minimo indispensabile (una tazza, una

ciotola, un cucchiaio). La qualità e la quantità del

cibo dipenderanno dal continente: patate, fagioli e

una tazza di tè oppure una ciotola di riso, un frutto

e del caffè allungato.

BUON APPETITO!Quando tutti sono seduti alle rispettive tavole l’ani-

matore dà inizio al pranzo, senza nessun commen-

to... Cosa succede? C’è qualcosa che non va? Qual-

cosa che disturba?

LE CONCLUSIONIForse dalle reazioni spontanee nascerà una

discussione e – perché no? - anche una soluzione

per il vostro “pranzo” piuttosto bizzarro.

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C’è chi spezza il pane

Se è vero che l’egoismo del Nord del mon-do è alla base dell’ingiustizia che affama ilSud del mondo, è anche vero che la capil-lare presenza di uomini e donne (religiosie non) che si fanno in quattro per garanti-re il pane a tutti è preziosa. Sono i missio-nari che vivono negli angoli più sperdutidel pianeta, lontano dai riflettori, in mez-zo alla gente. Si adoperano perché a nes-suno manchi qualcosa di cui cibarsi, maanche perché la condivisione, la carità,l’altruismo vincano sul-l’egoismo e facciano dacollante tra i popoli delmondo.I missionari si trovano aspezzare il pane dell’ami-cizia, della speranza,della vita servendo ipoveri della terra, viven-do con e per loro. Sonomigliaia, silenziosi e sco-nosciuti. Si nutrono del-l’Eucaristia di Gesù, che èil loro pane quotidiano,la loro forza, e fanno del-la propria vita un paneda spezzare, perché pos-sa essere condiviso contutti coloro che incontra-no. Sono uomini, donne,giovani, laici, religiosi ereligiose, volontari evolontarie, fidei donum.Le esperienze raccontatenelle pagine che seguo-no sono un esempio dicome sia possibile “spez-zare pane per tutti”.

Sono chiamati così imissionari che dallapropria diocesi ven-gono inviati a svolgereun servizio tempora-neo in un’altra diocesidi una Chiesa sorellain territorio di missio-ne. Essi possono es-sere sia sacerdoti chelaici. Prendono il no-me dall’enciclica diPapa Pio XII, scritta nel1957 per invitare laChiesa occidentale al-l’impegno missiona-rio. Letteralmente “fi-dei donum” significa“dono della fede”.

FIDEI

DO

NUM

Tutti i fedeliin Cristo for-mano la Chiesa diDio. Tra questi ci sonosacerdoti e religiosi,ma anche uomini edonne che fanno partedella moltitudine deifedeli e non apparten-gono a nessuna di que-ste categorie. Questisono chiamati laici.

LAIC

I

IL MIRACOLO DI SANTA ZITANel Medioevo una giovane di nome Zita vive-va a servizio di una nobile famiglia di Lucca.Spesso dai ricchi banchetti avanzava cibo inabbondanza e anche allora non mancavanopersone povere che bussavano alle porte del-le case in cerca di qualcosa da mettere sottoi denti. Zita era solita riempire il suo grembiu-le di pani avanzati e donarli ai bisognosi.Quando i ricchi padroni si accorsero di quelloche Zita era solita fare, glielo vietarono, penail licenziamento. I banchetti continuavano eil cibo avanzava puntualmente, così comepuntualmente bussavano al portone delpalazzo tanti poveri alla ricerca di cibo. Zitasapeva bene quale fosse la cosa più giusta dafare. Così un giorno, mentre stava scendendole scale di fretta con il grembiule pieno dipani, incappò nel suo padrone che sospettan-do qualcosa le chiese: “Cosa porti nel tuogrembiule?”. Zita sapeva che era in gioco ilsuo lavoro ma non aveva più scampo. Rispo-se: “Rose e fiori”… Alla richiesta del suopadrone di mostrargli il contenuto, ecco che

apparvero proprio rose e fiori! La suagrande carità verso il prossimo si eratrasformata in un miracolo profumatodell’amore di Dio.

Una delle cause per cui nel mon-do non c’è cibo a sufficienzaper tutti, sta proprio nel-l’egoismo del Nord del mon-do che pensa solo ai propriinteressi senza prendereminimamente in conside-

razione le conse-guenze che si

ripercuoto-no suiPaesi delSud delpianeta.

(Segue a pagina 19)i [email protected]

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Dossier

P er i missionari sca-labriniani è normale

essere in giro per il mon-do con i migranti. Lospecifico di questa con-gregazione, secondo ilfondatore Giovanni Bat-tista Scalabrini, consisteproprio nel prendersi curadi chi lascia la propria terra per emigrarealtrove. Un tempo gli scalabriniani segui-vano solo le comunità italiane all’estero.Ora, invece, la loro vita è un pane da spez-zare con chiunque nel mondo si trovi nellacondizione di migrante, di rifugiato o disolitudine in una terra diversa da quella diorigine. A Cape Town, in Sudafrica, missio-nari e volontari laici hanno avviato lo Sca-labrini Centre, un’efficiente organizzazioneche si preoccupa soprattutto di sostenerechi arriva in Sudafrica nella speranza diuna nuova vita che riscatti le sofferenze

patite nella terra lasciataalle spalle. Ma nel Sudafri-ca del dopo apartheid gliimmigrati non sono benvisti: la popolazione loca-le accusa chi arriva dafuori di rubare il lavoro aisudafricani e il clima èmolto teso. Giulia, dopodiverse esperienze divolontariato in Colombia,è arrivata in Sudafricadove si è messa al serviziodegli ultimi insieme agli

scalabriniani. Anche Romina è una giova-ne volontaria laica: “C’è sempre qualcunoda aiutare. Non voglio essere quella cheaspetta dagli altri qualcosa: è ciò che lanostra fede ci dice di fare”.

La parola in-dica la se-parazione a

cui i sudafricanineri erano costrettiper volontà deibianchi. Dal dopo-guerra al 1990c’era l’obbligo peri neri di starsenelontano dai “visipallidi”: tutto eraseparato, persinole panchine per lestrade erano inparte riservate aibianchi e in parteai neri.

APAR

THEI

D

ABBASSO IL RAZZISMO!Il Sudafrica è un Paese che per quasi 50anni ha vissuto in un sistema di apartheid,cioè di forte discriminazione della popola-zione nera. Nonostante che il razzismo siastato cancellato dalle leggi dello Stato nel1994, tuttora permangono forti squilibrisociali tra le condizioni di vita della mino-ranza bianca e quelle della maggioranzanera, a cui si aggiungono anche forti tensio-ni con i numerosi immigrati. Economica-mente è il Paese più avanzato del continen-te africano, con ricchi giacimenti d’oro ediamanti. La maggioranza della popolazio-ne è cristiana, con netta prevalenza dellaconfessione protestante. Tuttavia, laminoranza cattolica è impegnata su varifronti, con attività di annuncio e sostegnoagli ultimi.

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Pane della vitaSUDAFRICA

Sopra: La celebrazione della Messa nella chiesa della

missione di Kofale (Etiopia).

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denza tra la popolazione, poi ha saputofarsi apprezzare trasformando la sua pre-senza in un banchetto del pane dell’amici-zia che gli abitanti assaporano in diversimodi: attraverso i corsi di formazione pro-fessionale per preparare i giovani al futurocon un mestiere e attraverso cammini dieducazione umana e spirituale per plasma-re nuove persone. “Il nostro lavoro – dicedon Patrizio - ha permesso di creare ponti

e di far nascere una verae propria amicizia, nonsolo tra noi e loro, maanche tra loro e loro”.

“S ono arrivato a Bathore nel 2004”racconta don Patrizio. “All’epoca

c’erano solo poche ore di elettricità al gior-no e l’acqua me la portavano i ragazzi condei bidoni. Abbiamo iniziato una condivi-sione quotidiana fatta di vita normale”.Don Patrizio è un sacerdote fidei donumdella diocesi di Macerata. Dopo alcuni anninel nord dell’Albania, è arrivato a Bathore,un quartiere alla periferia di Tirana con60mila persone che vivono in case abusi-ve. Qui ha contribuito a creare un centrod’incontro intitolato alla Madonna delRosario. All’inizio ha trovato molta diffi-

IL BOOM DELLA RINASCITA

Pane dell’amiciziaALBANIA

Il comunismo èun sistema digoverno e un

insieme di ideeche ripudiano il pro-fitto economico e laproprietà privata, conla convinzione che ilpopolo sia sovrano intutto. Ma in realtà ilpotere è nelle mani dipochi, che in nomedel popolo detengo-no tutti i privilegi e leimmunità. In Albaniac’è stato uno dei peg-giori regimi comunistidel dopoguerra, cheha tenuto il Paese in untotale isolamento edha cancellato le liber-tà personali, comequella religiosa, vie-tando qualunqueprofessione di fede.

REGI

ME

COM

UNIS

TA

L’Albania è stata dal 1944 al 1990 sotto

un duro regime comunista che ha spento un

intero popolo dal punto di vista sia culturale

che spirituale (ogni forma di culto era vieta-

ta). Negli ultimi anni si registrano chiari

segnali di sviluppo economico, che dovrebbero

portare ad una riduzione del fenomeno del-

l ’emigrazione, oggi particolarmente signifi-

cativo, sia verso l’estero, sia dalle zone mon-

tuose alla capitale. All ’ inizio degli anni ‘90 a

Bathore, nei pressi di Tirana, c’erano solo

stalle. Oggi un ammasso di case abusive rac-

coglie immigrati dal nord dell ’Albania.

Dal 1967 fino alla caduta del regime comuni-

sta, molti albanesi sono cresciuti senza alcu-

na istruzione religiosa. Oggi si riscontra una

maggioranza di musulmani e una minoranza

di cristiani, sia ortodossi che cattolici.

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L e poverissime condizioni di vita incui la popolazione di Haiti è abitua-

ta a vivere si sono ulteriormente aggra-vate dopo il terremoto dello scorso gen-naio. Qui osservare i missionari all’operarende stupefatti.Ogni giorno le Piccole Sorelle del Vange-lo a Port-au-Prince scivolano silenziosetra i maleodoranti vicoli della città perportare aiuti e consolazione. Quando si

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HAITI

Pane della speranza

Haiti, spesso colpita da uragani violen-ti, vive in uno stato quasi perenne diemergenza umanitaria, aggravata dalterribile evento sismico che il 12 gen-naio scorso ha causato migliaia di vit-time, distruggendo gran parte dellestrutture pubbliche e delle abitazioni.La popolazione è composta principal-mente da discendenti degli schiavi afri-cani deportati in America Latina e ilPaese è uno dei più poveri al mondo,anche a causa di un governo che curasolo i propri interessi. La Chiesa catto-lica è impegnata ad aiutare la popola-zione nelle aree più povere.

L ’ ISOLA PIU POVERA DEL MONDO

PROVERBIO HAITIANOQuando si ridistribuisce, il cibo non manca mai.

A fianco:Port-au-Prince (Haiti) -

Mercato della capitale.

Sotto:Una chiesa nel villaggio

di Laja, ad ovest

della capitale

La Paz (Bolivia).

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PER APPROFONDIREPER APPROFONDIRE

Le testimonianze raccolte in Sudafrica,

Albania, Haiti si trovano nel video “Spez-

zare pane per tutti i popoli”, realizzato

da TV2000 per conto della Fondazione

Missio in occasione della 84esima Gior-

nata Missionaria Mondiale. Per approfon-

dimenti vedi pag. 33.

chiede a suor Luisa se ci si abitua ai cat-tivi odori, risponde: “No, non ci si abi-tua. Ma non importa. Quello che conta èessere ogni giorno come l’Eucarestia: unpane che si spezza per dare speranza aquesta gente, diventata la nostra gente”.Anche al Foyer San Camillo si incontranoreligiosi che spalancano le braccia a chiha bisogno: qui arrivano circa 300 mala-ti al giorno. Padre Gianfranco confessa:“Non ci si abitua ai poveri, anche se sivedono arrivare a centinaia, come massache non finisce. Per me ogni giorno è ungiorno nuovo, ogni creatura è una crea-tura nuova. Non ci si può abituare allasofferenza, né all’amore. Ogni giorno èun mistero, perché c’è qualcosa di nuovo

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che nasce”. Dopo il sisma, l’ospedale nonha mai smesso di funzionare: feriti ditutti i tipi, braccia e gambe amputate,odore di sangue. “È stata dura” dicepadre Gianfranco che da sette anni è adHaiti e da 31 lavora negli ospedali. Ciòche ha visto nei giorni del terremoto nonl’aveva mai visto. “Ciò che più mi ha col-pito – dice - è stato un gruppo diferiti lievi, stipati nel cor-tile dell’ospedale, chea un certo punto

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hanno innalzato un canto al Dio dellavita, benedicendo il Signore perchéloro erano rimasti vivi. Una grandissi-ma testimonianza di fede. Ecco cosavuol dire essere pane di speranza inogni momento della giornata. Il panedella speranza si cuoce al forno dellacarità fraterna. Qui si cerca di cuoce-re il pane buono del servizio, con tut-ti i nostri limiti e la pochezza. Chi èsenza gambe e senza braccia devesentirti che gli sei vicino, deve senti-re il tuo amore, la tua presenza. Lasperanza nasce così”.

A sinistra:In una chiesa della città di Shenyang (Cina).

Sotto:Un sacerdote cattolico indiano benedice una donna durante

la Messa nella cattedrale del Sacro Cuore a New Delhi.

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MANI IN PASTA PER

LA SOLIDARIETÀ

Ecco la ricetta per fare il pane. Rimboccati lemaniche, lavati le mani con cura, impasta e cuoci lepagnotte. Una volta pronte, d’accordo con il par-roco, puoi organizzarne la vendita con i tuoi com-pagni, animatori, catechisti sul sagrato della chiesaa fine Messa. Dopo aver allestito un tavolino edaver esposto i pani della solidarietà, offri ai fedeli“un pane per sfamare il mondo”: il ricavato potràessere utilizzato per contribuire ad un progetto disostegno verso un Paese del Sud del mondo.

INGREDIENTI

4 etti di farina25 grammi di lievito di birra1 tazza di acqua tiepidasaleun pizzico di zucchero(tutti gli ingredienti devono essere usati a temperatura ambiente)

1. Sbriciola il lievito e scioglilo nell’acqua con lozucchero. Attendi 5-10 minuti.

2. Impasta la farina con quest’acqua, aggiungen-done altra tiepida - se occorre - e il sale.3. Continua ad impastare fino a quando la pastanon è ben liscia e si stacca dalle mani.4. Metti l’impasto in una terrina, coprilo con uncanovaccio pulito e lascialo lievitare per circadue ore in un luogo caldo.

5. Impasta brevemente e dai al pane la formadesiderata, quindi lascialo lievitare ancoraper circa un’ora.

6. Una volta che il pane è lievitato, accendi il for-no (con l’aiuto di un adulto) e scaldalo ad unatemperatura molto alta, quindi inforna.7. Tieni la temperatura molto alta per circa 10minuti, poi abbassala a circa 200°C e lasciacuocere ancora per circa un’ora.8. Infila uno stuzzicadenti nella pagnotta: è cot-ta se, una volta sfilato, rimane asciutto.