La bomba atomica
Con la realizzazione della bomba atomica l’umanità forse ha realizzato quello che era il sogno
proibito di Prometeo: riuscire a dominare l’energia vitale dell’universo, controllando le immense
energie nascoste nella natura, rubate agli dei prendendo direttamente una scintilla dal sole. La sua
costruzione durante la seconda guerra mondiale nell’ambito del progetto “Manhattan”, inoltre,
costituisce un esempio forse irripetibile, di collaborazione fra scienziati in cui i progressi scientifici
vennero utilizzati ed indirizzati esclusivamente a fini politico-militari, con evidenti ricadute morali
sui fisici coinvolti.
Da un punto di vista tecnico possiamo classificare le bombe atomiche in due tipologie:
- Bombe a “fissione”, denominate bombe “A”, basate sul fenomeno della fissione nucleare.
Un neutrone colpendo un nucleo di Uranio o Plutonio, i due materiali fissili comunemente
utilizzati, ne provocano la “fissione” in due parti, con emissione di due o tre neutroni che,
colpendo altri nuclei, innescano una reazione a catena. Perché la reazione a catena provochi
un effetto esplosivo occorre che il materiale fissile raggiunga una certa massa critica. Nelle
bombe a Uranio, come quella sganciata su Hiroshima, due masse inferiori alla massa critica
sono tenute separate; una piccola esplosione di una carica di esplosivo convenzionale fa si
che le due masse vengano riunite superando la massa critica ed innescando il processo
esplosivo di fissione a catena, con liberazione di enormi quantità di energia. Nelle bombe al
Plutonio, quale quella che colpì Nagasaki invece, la massa critica è raggiunta facendo
esplodere una carica di esplosivo convenzionale disposta su un guscio sferico; l’esplosione
comprime il Plutonio verso il centro, facendogli raggiungere la massa critica e provocando
l’esplosione. L'energia complessivamente liberata dalla fissione di 1 nucleo di 235
U è di circa
211 MeV, una quantità elevatissima data dalla formula
!"#""$%"&'()"*"+",-.
&"/"$0-.
&"
"dove la prima massa è la massa del nucleo di 235
U e del neutrone incidente, MP è la somma
delle masse dei nuclei e dei neutroni prodotti e c è la velocità della luce nel vuoto
(299.792.458 m/s). Questa energia deriva dal fatto che la somma delle masse finali è
inferiore alla massa iniziale, perciò in questo fenomeno parte della massa iniziale scompare
e si trasforma in energia secondo la notissima relazione di Einstein E=m*c2. L'energia
effettivamente sfruttabile come energia termica è di circa 200 MeV per ogni fissione. In un
comune processo di combustione, l'ossidazione di un atomo di carbonio fornisce un'energia
di circa 4 eV, un'energia che è meno di cinquanta milionesimi di quella prodotta nella
reazione nucleare di fissione.
- Bombe a “fusione”, denominate bombe “H”. Un nucleo di Deuterio ed uno di Trizio, due
isotopi dell’idrogeno con rispettivamente 2 e 3 neutroni nel nucleo, invece del solo
contenuto nell’idrogeno normale, fondono insieme generando !"!!
!!!! ed un neutrone.
!!!
! ! !!!! !"
!!!
!! !!
Il difetto di massa fra lo stato iniziale e quello finale, genera un’energia pari a circa 14,7
Mev. Perché il processo avvenga occorre che i due nuclei riescano ad avvicinarsi ad una
distanza di circa 10-13
metri, alla quale agisce il potenziale di Yukawa responsabile
dell’attrazione fra nucleoni (protoni e neutroni componenti il nucleo). Questo avviene nelle
bombe “H” sfruttando l’esplosione di una piccola bomba a fissione che scalda i nuclei a
temperature elevatissime creando lo stato di plasma ad alta temperatura che innesca il
processo di generazione di energia. Anche se l’energia liberata nel processo di fusione è
inferiore a quella liberata nel processo di fissione, bisogna tener conto che la massa degli
isotopi dell’Idrogeno è molto minore di quella dell’Uranio o del Plutonio, per cui a parità di
massa utilizzata, l’energia generata è maggiore nelle bombe “H” che nelle bomba “A”.
Origini storiche e scientifiche della bomba atomica.
Il processo scientifico che ha portato alla ideazione di una bomba che sfruttasse le energie celate nei
nuclei atomici può essere fatto risalire ai primi esperimenti sulla radioattività portati avanti da Henri
Becquerel a Parigi agli inizi del 1900. Egli aveva fortuitamente scoperto misteriose tracce su lastre
fotografiche, molto simili a quelle lasciate dai raggi X da poco scoperti, che lo stesso Becquerel
aveva chiamato raggi “uranici” in quanto provenienti dalla “uranite”. Il prof Becquerel aveva come
assistente una giovane di origine polacca Marie Sklodowska recente sposa di Pierre Curie. Furono
loro due ad intraprendere uno studio sistematico su alcuni materiali che presentavano la
caratteristica di emanare questi strani raggi, scoprendo che essi erano generati da elementi chimici
di numero atomico elevato. Ai nuovi elementi scoperti dai Curie vennero dati i nomi di “polonio”,
in onore delle origini di Marie, e di “radio”. E’ la nascita del termine “radioattività”.
- La radioattività.
La radioattività è appunto la capacità di alcuni elementi naturali di peso atomico superiore a Z=84,
instabili come struttura atomica, di trasformarsi in altri elementi più leggeri e di emettere energia
sotto varie forme. La legge di decadimento radioattivo è di tipo esponenziale del tipo
N0 rappresenta il numero di atomi iniziali ed N(t) il numero di atomi rimasti dopo un tempo t; λ è la
costante di decadimento e varia da sostanza a sostanza. Un parametro particolarmente importante è
il tempo di dimezzamento espresso da
Il tempo di dimezzamento è estremamente variabile e va all’incirca da 10
9 anni fino a 10
-6 secondi."
Le radiazioni emesse nel decadimento dei radionuclidi (elementi che emettono radiazioni simili a
quelle del radio) hanno diversi effetti, particolarmente dannosi per i sistemi biologici, e sono
classificate come:
• raggi α , cioè particelle di carica positive, costituite da atomi di Elio ionizzato !"!!
!!!! ,
fortemente interagenti per effetto della carica elettrica, ma poco penetranti a causa della loro
massa;
• raggi β , costituiti da elettroni. [Enrico Fermi avrebbe poi teorizzato che tali elettroni
provenivano dal decadimento dei neutroni n contenuti nel nucleo in protoni p ed elettroni e-,
con la contemporanea emissione di una particella fantomatica chiamata “neutrino” (in realtà
si tratta di un antineutrino elettronico), introdotta per spiegare lo spettro di energia di
emissione degli elettroni, secondo la legge del decadimento beta “β”]:
n = p + e- + neutrino
• raggi γ , costituiti da fotoni di alta energia, corrispondenti a radiazioni elettromagnetiche di
alta frequenza, secondo quanto indicato dalla relazione di Einstein che lega energia E e
frequenza ν alla costante di Planck h:
E = h ν
Marie Curie fu purtroppo vittima dei suoi stessi studi; non era ancora sufficientemente chiara la
pericolosità delle cosiddette “radiazioni” e lei, rimasta esposta per troppo tempo alle radiazioni,
morì nel 1934 quasi certamente di leucemia.
Ben presto però si passò ad altri tipi di indagine. Gli esperimenti di Rutherford del 1911 avevano
dimostrato che gli atomi erano costituiti da un nucleo atomico compatto di carica positiva formata
da protoni ed una nuvola elettronica formata da elettroni che riempivano lo spazio circostante. Egli
aveva anche ipotizzato l’esistenza di una particella neutra componente del nucleo, che
neutralizzava, secondo la sua idea, la repulsione coulombiana fra i protoni, il “neutrone”. Nasceva
una nuova tecnica di spettroscopia nucleare che consisteva nell’analizzare la composizione dei
nuclei sparandogli contro proiettili costituiti da elettroni, raggi gamma e soprattutto raggi alfa, ed
esaminando il risultato della deviazione subita da questi. Fu proprio lavorando con particelle alfa
che i coniugi Frederic Joliot ed Irene Curie, la figlia di Marie Curie, annunciarono la scoperta della
radioattività artificiale"provocata da particelle alfa in elementi leggeri (boro, alluminio e magnesio).
L’interazione delle particelle alfa con i nuclei provocava qualche trasmutazione nei nuclei che
provocava la emissione di raggi beta, gamma e altre particelle.
Proprio per spiegare le incongruenze rilevate in un loro esperimento, J. Chadwick nel 1932 aveva
dimostrato sperimentalmente l’esistenza del “neutrone”, la particella ipotizzata da Rutherford, ma
mai fino ad allora osservata. Fu ben presto noto che il neutrone era una particella instabile che
decadeva in un protone ed un neutrone con uno spettro continuo di energia. Fermi diede la
spiegazione teorica del fenomeno denominato decadimento beta, con la nascita della teoria dei
neutrini.
All'inizio di marzo del 1934, Fermi pensò che il modo migliore per produrre la radioattività
artificiale dovesse consistere nell'impiegare come proiettili proprio i neutroni che, essendo
elettricamente neutri, non subiscono la repulsione coulombiana del nucleo. Dopo alcuni tentativi
infruttuosi, egli ottenne prima della fine del mese un risultato positivo nel fluoro e nell'alluminio,
utilizzando una sorgente di neutroni del tipo radon-berillio (le particelle alfa emesse dal radon sono
assorbite dal berillio che si trasforma in carbonio con l'emissione di un neutrone veloce).
Rendendosi subito conto dell'ampiezza del nuovo fenomeno, Fermi ne iniziò uno studio sistematico
in collaborazione con F. Rasetti, E. Segré, E. Amaldi, il chimico O. D'Agostino, e il neolaureato B.
Pontecorvo presso l’ Università di Roma. Fu proprio durante questi studi che Fermi ed i ragazzi di
“Via Panisperna”, come vengono comunemente indicati, fecero una scoperta fondamentale :
contrariamente a quanto fino ad allora si credeva, riscontrarono che i neutroni lenti avevano
un’efficacia molto maggiore nel generare radioattività artificiale, in particolare nell’235
U, un isotopo
dell’238
U ma molto meno comune di quest’ultimo in rapporto di circa 1/150.
Il progetto Manhattan.
Le mire espansionistiche della Germania nazista; la alleanza dell’Asse, con il regime fascista di
Mussolini e l’imperialismo giapponese destavano viva preoccupazione. Le leggi razziste emanate
nel 1933 contro gli ebrei, provocarono poi un’ulteriore ondata di sdegno e preoccupazione, che
ebbero, però, un effetto determinante per l’avvio del progetto Manhattan che aveva come scopo
principale la realizzazione della prima bomba atomica. L’esodo forzato di molti scienziati ebrei
riunì negli Stati Uniti e in Inghilterra una grossa comunità scientifica formatasi in Germania. Già
nel 1933 Einstein aveva raggiunto Princeton. E’ all’interno di questa comunità, consapevole degli
sviluppi ottenuti in questo campo dai fisici tedeschi, che inizia a serpeggiare il timore che la
Germania Nazista possa per prima riuscire a realizzare la bomba atomica. Uno di questi fu il fisico
Leo Szilard un fuoriuscito ungherese fuggito a Londra nel 1933. Nel 1938 Szilard si trasferì negli
Stati Uniti dove entrò a far parte del famoso gruppo di scienziati ebrei di nascita ungherese,
cresciuti a Budapest all'inizio del XX secolo che erano stati costretti a trasferirsi negli USA
all'avvento del nazismo, gruppo comprendente Paul Erdős, Edward Teller, John von Neumann e
Eugene Wigner.
Negli Stati Uniti nel Dicembre 1938 era giunto anche Enrico Fermi, fuggito direttamente da
Stoccolma, dove si era recato per ricevere il Premio Nobel assegnatogli proprio per i suoi studi sui
neutroni. Il timore per la moglie ebrea gli aveva fatto maturare l’idea di abbandonare l’Italia per
recarsi negli Stati Uniti, dove era già stato in precedenza per una serie di contatti scientifici.
Furono però le scoperte fatte verso la fine degli anni 30, che prospettarono la possibilità di ricavare
energia direttamente dagli atomi, in misura impensabile."Alla fine del dicembre 1938, due chimici
nucleari tedeschi, Otto Hahn e il suo assistente Fritz Strassmann, furono i primi a dimostrare
sperimentalmente che un nucleo di Uranio 235, qualora assorba un neutrone, può dividersi in due o
più frammenti dando luogo così alla “fissione” del nucleo, termine mutuato dalla biologia.
La scoperta della “fissione” nucleare fu portata da Bohr ad un convegno presso la Columbia
University negli Stati Uniti, prima ancora che l’articolo fosse pubblicato, grazie alle notizie avute
dallo stesso Bohr da parte di un fisico tedesco fuoriuscito Otto Frisch; l’articolo arrivò proprio
durante il convegno. Frisch era nipote di Lise Meitner, una collaboratrice di Hahn, insieme alla
quale aveva scritto un articolo per spiegare il fenomeno della fissione nucleare in termini del
modello a gocce del nucleo atomico, ipotizzato da Niels Bohr. Era stato osservato che il processo
di fissione non avveniva come un fenomeno di rottura del nucleo per urto con il neutrone, ma era un
fenomeno più complesso: l’energia di interazione con il neutrone incidente veniva catturata dal
nucleo che la ridistribuiva su tutti i componenti, proprio come avviene in una goccia d’acqua,
provocandone l’allungamento e l’oscillazione. Tale energia poteva dopo un certo tempo provocare
la rottura del nucleo, con emissione di grandi quantità di energia. Fra i teorici del modello a goccia
figurava anche Weizsacker, un fisico tedesco. Inizialmente fu proprio questo aspetto che interessò i
fisici nucleari, in particolare Fermi, che capì immediatamente come questo processo potesse essere
sfruttato per generare energia, se ci fosse stata emissione di altri neutroni che potessero innescare un
processo a catena. La conferma arrivò ben presto da un esperimento condotto da Joliot, Halban e
Kowarski a Parigi, ricevendone conferma da altri esperimenti condotti da Fermi e dal suo
collaboratore Szilard.
E’ l’altro mattone definitivo verso lo sfruttamento dell’energia liberata durante questo processo,
innescata da una reazione a catena. Il vaso di Pandora dell’energia era oramai scoperchiato e in
molti laboratori si avviarono ricerche in questo campo. Fu subito evidente che il fenomeno della
fissione poteva essere utilizzato per la realizzazione di bombe di nuova concezione dalla potenza
spaventosa. Si credeva comunque che ci volessero quantità molto grandi di materiale fissile;
Heisenberg era tra questi. Heisenberg, che si era fatta una fama mondiale come uno dei primi teorici
della fisica quantistica, e ancora giovanissimo, a soli 23 anni aveva teorizzato il suo celeberrimo
principio di indeterminazione che è alla base della natura stessa della fisica quantistica, era rimasto
in Germania e anche se non aveva aderito al movimento nazista, per spirito patriottico continuava i
suoi studi nel suo paese. In Germania gli studi sul nucleare erano affidati allo stesso Weizsacker,
che aveva calcolato con precisione i parametri relativi al modello a gocce. Ciò portò ad una corsa
per il reperimento di materiale fissile per separazione degli isotopi mediante processi chimici, in
modo da ricavare Uranio235
dall’Uranio238
.
Insieme al reperimento del materiale fissile erano condotte anche ricerche sui cosiddetti materiali
“moderatori”. Erano necessari materiali che rallentassero i neutroni per aumentare la probabilità
della fissione. Uno di questi era l’acqua pesante, nella quale gli atomi di idrogeno sono sostituiti
dal Deuterio, isotopo dello stesso idrogeno con peso atomico di 1/3 più grande.(nel deuterio
all’interno del nucleo ci sono due neutroni e un solo protone, al contrario dell’idrogeno normale che
conteneva un solo neutrone). Furono avviati centri di ricerca per il reperimento di questi materiali.
Gli alleati scopriranno ben presto, dopo lo scoppio della II Guerra Mondiale un centro per la
produzione di acqua pesante a Rjukan nella regione del Telemark in Norvegia, occupata dai
tedeschi .
Fu Szilard per primo a proporre ad Albert Einstein di inviare al presidente americano Franklin D.
Roosevelt una lettera confidenziale (forse redatta dallo stesso Szilard) che spiegasse la possibilità di
sviluppo di un'arma nucleare a fissione e che incoraggiasse la creazione di un programma per lo
sviluppo di tale arma, prima che lo facessero i nazisti in Germania.
Il I° settembre 1939 ebbe inizio la II Guerra Mondiale e gli Stati Uniti cominciarono ad interessarsi
al progetto “Uranio” come venne inizialmente chiamato, con un finanziamento destinato alla
Columbia University perché si portassero avanti gli studi in campo nucleare.
La situazione mondiale divenne ancora più preoccupante nel 1940 quando Weiszacker""che portava
avanti gli studi in campo atomico nella Germania Nazista, dimostrò che si poteva produrre di
Plutonio, materiale fissile al pari dell’Uranio, secondo le reazioni:
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Nella prima reazione la cattura di un neutrone crea un isotopo dell’Uranio, nelle reazioni seguenti il
neutrone si trasforma in protone, secondo le leggi del decadimento !!, trasformando l’Uranio prima
in Nettunio e quindi in Plutonio. Egli aveva anche scoperto che neutroni veloci erano catturati
dall’U238
, mentre neutroni lenti causavano la fissione nucleare nell’U235
, come dimostrato da Fermi.
Erano gli stessi esperimenti portati avanti da Fermi e Szilard negli Stati Uniti.
Ma fu un memorandum di Frisch e Peierls del marzo 1940 che sconvolse il mondo scientifico e
politico-militare. In esso i due fisici tedeschi che si erano rifugiati in Inghilterra, perfezionando i
calcoli fatti da Francis Perrin in Francia nel 1939, calcolarono la massa necessaria per avviare una
reazione a catena di tipo esplosivo, scoprendo che tale evento avrebbe avuto bisogno di una massa
critica di pochi chili di materiale. Così si esprimono nel memorandum: “…omissis…L’uranio
consiste essenzialmente di due isotopi, l’uranio 238 (99,3 %) e l’uranio 235 (0,7 %). Se un nucleo
di uranio è colpito da un neutrone, tre sono i processi possibili: (1) lo scattering, a causa del quale
il neutrone cambia direzione e, se la sua energia è superiore a circa 0,1 Mev, perde energia; (2) la
cattura, quando il neutrone è intrappolato nel nucleo; e (3) la fissione cioè, il nucleo si rompe in
due parti di massa comparabile, con la liberazione di un’energia di circa 200 Mev.
La possibilità di innescare una reazione a catena è data dal fatto che altri neutroni sono emessi nel
processo di fissione e che il numero di tali neutroni per fissione è maggiore di 1. Il valore più
probabile per essi sembra essere 2,3 derivante da due determinazioni indipendenti…….omissis……
Bohr ha fornito forti argomenti per suggerire che la fissione osservata con neutroni lenti è da
ascrivere al raro isotopo dell’uranio 235, e che questo isotopo, nel complesso, ha una probabilità
di fissione molto più grande del comune isotopo di uranio 238. Metodi effettivi per la separazione
degli isotopi sono stati sviluppati di recente, tra questi il metodo della diffusione termica sembra
essere abbastanza semplice da permetterne la separazione su abbastanza larga scala…..”
Nello stesso memorandum essi illustravano le potenzialità di tale bomba e la sua pericolosità in
termini di radiazioni emesse: “ …..Sommato all’effetto distruttivo della esplosione stessa, l’intero
materiale della bomba verrà trasformato in uno stato altamente radioattivo. L’energia irradiata da
tali sostanze radioattive ammonta a circa il 20% dell’energia liberata nell’esplosione, e le
radiazioni potranno essere fatali per gli esseri viventi per lungo tempo dopo l’esplosione……”
La bomba atomica, almeno a livello teorico era nata.
Dalla pubblicazione del memorandum le cose cambiano radicalmente. Su sollecitazione degli stessi
Frisch e Peierls il governo inglese raccoglie il grido di allarme e affida alla sottocommissione
MAUD, dipendente dalla commissione per la sorveglianza scientifica, il compito di svolgere
esperimenti teorici e pratici sull’energia nucleare. Le scoperte da quel momento in poi non
circolano più all’interno delle comunità scientifiche, ma vengono tenute nel segreto più assoluto.
Membri della commissione MAUD verso la fine del 1940 prendono contatti con il governo
americano, e segnatamente con quello canadese, per avviare una possibile collaborazione nel campo
delle ricerche nucleari che permettesse di battere sul tempo la Germania, che aveva anch’essa
affidato a Weizsacker una Commissione per l’uranio.
Il bombardamento di Pearl Harbour del 7 Dicembre 1941, convinse gli americani ad entrare in
guerra e a dare maggiore importanza alle ricerche in campo nucleare. Nasceva il progetto “Uranio”,
affidato alla direzione del prof. Compton, che poteva contare su notevoli risorse economiche per lo
studio delle reazioni a catena nei nuclei. Nel gennaio del 1942 Compton chiama Enrico Fermi,
Szilard ed altri scienziati della Columbia University a costituire un gruppo di ricerca segreto, e per
nascondere i veri obiettivi della ricerca il loro centro fu chiamato Laboratorio di metallurgia. Gli
sforzi degli scienziati portarono ben presto a risultati clamorosi.
Il reattore venne costruito, all’interno di una palestra situata sotto lo stadio di football di Chicago di
proprietà dell’Università, utilizzando polvere di ossido di Uranio alternato a strati di Grafite usato
come moderatore; esso venne avviato da Fermi e dai suoi collaboratori tra i quali erano anche Teller
e Wigner, ungheresi al pari di Szilard, il 2 Dicembre del 1942
Il sistema era controllato da sbarre di Cadmio inserite all’interno della struttura. Il Cadmio aveva la
proprietà di catturare i neutroni; quando le sbarre erano inserite il processo a catena non poteva
avere luogo, anche se era raggiunta la massa critica. Sollevando lentamente le sbarre di cadmio il
processo poteva essere avviato e rallentato o fermato all’occorrenza. C’erano anche altri sistemi di
sicurezza per evitare di perdere il controllo della reazione. Quando la lampadina collegata al
generatore di energia elettrica si accese e fu chiaro che il sistema funzionava, partì il messaggio
segreto: “Il navigatore italiano è sbarcato nel nuovo mondo” che annunciava ai responsabili la
riuscita dell’esperimento. Fu durante i festeggiamenti per la riuscita dell’esperimento con vino
Chianti, che Szilard stringendogli la mano si rivolse a Fermi dicendo “ …questo è un triste giorno
per l’umanità.”
I successi ottenuti da Fermi con la sua “ Pila atomica”, e le conquiste scientifiche ottenute in campo
atomico, convinsero il Presidente Roosevelt, probabilmente sotto la pressione dei militari, a lanciare
un programma di priorità assoluta, per lo sfruttamento della energia nucleare per scopi militari, con
la costruzione di una bomba atomica a fissione. Gli studi teorici ne facevano prevedere le capacità
devastanti; chi ne fosse entrato in possesso poteva avere un prevalenza militare assoluta. E c’era
sempre il timore che la Germania potesse arrivarci per prima. Nasce il Manhattan District of the
Army Engineers: il progetto “Manhattan”.
Nel settembre del 1942 la direzione militare del progetto “Manhattan” fu affidata al generale di
brigata Leslie Grooves; questi chiamò alla direzione delle parti scientifiche a tre scienziati civili:
Harold Urey, Ernest Lawrence e Arthur Compton. Il primo problema che dovettero affrontare questi
scienziati fu quello della separazione degli isotopi, in particolare di Uranio 235, e della produzione
di Plutonio 239, teoricamente più efficace per la realizzazione di una “bomba atomica”.
Nel marzo del 1943 vengono creati nel deserto del New Mexico, a Los Alamos i laboratori segreti
nei quali realizzare il prototipo della bomba atomica. Alla direzione del progetto fu chiamato Robert
Oppenheimer, Il progetto Manhattan era anche articolato su diversi centri di ricerca sparsi negli
Stati Uniti. In particolare a Fermi e Szilard venne affidata la realizzazione del reattore nucleare: non
solo per gli sviluppi come fonte di energia di grande potenzialità, ma soprattutto come reattore per
la generazione di Plutonio per la realizzazione delle bombe. Il metodo della separazione degli
isotopi di Uranio era piuttosto lento e complesso.
I primi tentativi di realizzazione della bomba, tramite il cosiddetto metodo a cannone, cioè sparare
una certa quantità di materiale fissile contro un altro blocco dello stesso materiale per raggiungere
la massa critica, furono fallimentari. Nel 1944 Oppenheimer decide di applicare le idee di Seth
Neddermeyer per la realizzazione dell’ordigno nucleare. Il giovane fisico del California Institute of
Technology (il famoso CalTech) suggeriva di far implodere parti di materiale fissile separati tra loro
in una sfera, verso il centro, tramite esplosivo convenzionale, facendo raggiungere così al nucleo
cantrale la massa critica necessaria per avviare la violenta ed esplosiva reazione a catena.
Tra l’autunno e l’inverno del 1944/1945 comincia l’assemblaggio dei primi prototipi.
Il 12 Aprile 1945 muore il Presidente Roosevelt e subentra il suo Vicepresidente Harry Truman che
eredita il progetto Manhattan di cui era completamente all’oscuro. Il 30 Aprile 1945 Hitler muore
suicida nel suo bunker insieme alla compagna Eva Brown e l’8 Maggio 1945 c’è la resa
incondizionata della Germania agli alleati. Ma la guerra tra gli Sati Uniti e il Giappone continua.
Truman vuole che il progetto continui e la prima esplosione atomica avviene il 16 Luglio 1945, nel
deserto vicino ad Alamogordo, nel New Mexico. L’esplosione libera un’energia pari a circa 13.000
tonnellate di tritolo.
Soldati assistono alla esplosione della bomba atomica nel deserto di Alamogordo.
La bomba atomica è una realtà ma nasce il problema morale della sua utilizzazione. Molti scienziati
che avevano partecipato alla sua realizzazione si convincono che sarebbe un errore grave farla
esplodere, suggerendone un utilizzo solo dimostrativo, ma altri sono convinti che il suo utilizzo
possa por fine alla guerra, evitando ulteriori e numerose vittime, salvo quelle interessate dalla
bomba. Le conclusioni della comunità scientifica vengono affidate ad un rapporto Franck che
porterà alle seguenti e controverse conclusioni:
1) La bomba sarà utilizzata appena possibile contro il Giappone.
2) Essa sarà utilizzata su un duplice obiettivo, cioè installazioni militari circondate da
abitazioni civili ad esse adiacenti.
3) Essa sarà utilizzata senza alcun preavviso.
Come appare evidente le ragioni prettamente militari ebbero il sopravvento su qualsiasi
considerazione di carattere umanitario. Il 6 Agosto 1945 l’Enola Gay sgancia su Hiroshima una
bomba ad Uranio, chiamata affettuosamente “Little Boy”, che libera un’energia equivalente a
12.000 tonnellate di tritolo.
“Little boy” “Fat man”
Hiroshima dopo l’esplosione della bomba. L’ombra di un uomo con il bastone
vaporizzato dall’esplosione.
Dopo solo tre giorni, il 9 Agosto, una seconda bomba, però al Plutonio, dal nome in codice “Fat
Man”, viene sganciata su Nagasaki. La sua potenza è equivalente a 22.000 tonnellate di tritolo. Le
due esplosioni provocarono 120.000 morti sul colpo e 110.000 feriti, moltissimi dei quali non
sopravviveranno alle bruciature e all’effetto delle radiazioni.
Nagasaki dopo l’esplosione della seconda bomba atomica.
Il dottor Michihiko Hachiya, sopravvissuto alla bomba di Hiroshima, nel suo libro “Diario di
Hiroshima” (pubblicato in Italia per la casa editrice Adelphi nella collana “Testi e documenti”), nel
quale racconta giorno per giorno gli eventi successivi all’esplosione, così racconta: “…omissis..All’improvviso fui abbagliato da un lampo di luce, seguito immediatamente da un altro. A volte,
di un evento, si ricordano i più minuti particolari: rammento perfettamente che una lanterna di pietra nel
giardino si illuminò di una luce vivida, e io mi chiesi se fosse prodotta da una vampa di magnesio, o non
piuttosto dalle scintille di un tram di passaggio.
Le ombre del giardino sparirono. La scena, che un istante prima mi era apparsa così luminosa e gaia di
sole, si oscurò, gli oggetti si fecero indistinti. Fra i nembi di polvere riuscivo a stento a distinguere una
colonna di legno che era servita di sostegno a un angolo della casa. Ora la colonna era contorta e il tetto
pareva in procinto di rovinare.
Istintivamente mi alzai per fuggire, ma mi trovai il passo sbarrato da detriti e travi crollate. Con mille
precauzioni riuscii a farmi strada fino al roka (porticato delle case giapponesi. Annotazione di chi scrive) e
scesi in giardino. Mi sentivo straordinariamente debole, e dovetti fermarmi per riprender fiato. Con mio
grande stupore, mi accorsi che ero completamente nudo. Stranissimo, pensai. Dov’erano andate a finire
mutande e maglietta?
Cos’era accaduto?
Lungo tutto il fianco destro ero escoriato e sanguinante. Da una ferita aperta sulla coscia spuntava una
grossa scheggia, e in bocca mi sentivo qualcosa di caldo. Avevo un taglio sulla guancia, me ne accorsi
passandoci con cautela la mano, e il labbro inferiore era spaccato. Un frammento di vetro piuttosto grosso
mi si era infilato nel collo; riuscii a estrarlo e, reggendolo sulla mano insanguinata, rimasi a fissarlo con il
distacco di chi è ancora intontito da uno shock nervoso.
…..”
Il progetto Manhattan venne alla fine smantellato, ma non terminò la ricerca sulle armi nucleari.
Nel 1946 Robert Oppenheimer e altri scienziati, tra i quali Enrico Fermi, avevano redatto il “Piano
Baruch” che venne presentato alle Nazioni Unite, da poco costituite, perché il nucleare fosse posto
sotto un controllo internazionale, permettendone l’utilizzo solo a fini pacifici e vietando l’uso delle
armi nucleari. Il ministro degli esteri dell’Unione Sovietica, Andrei Gromyko rifiutò nettamente tale
proposta. Il 29 Agosto 1949 l’Unione Sovietica fece esplodere la sua prima boma atomica.
Nasce la “Guerra Fredda”, e la corsa agli armamenti atomici.
Anche se il progetto Manhattan non esisteva più, un piccolo gruppo di ricercatori, sotto la direzione
di Edward Teller, continuò le ricerche per la realizzazione della bomba a Idrogeno a fusione
nucleare, avviate già dal 1942. Essa era capace di liberare, con una certa quantità di isotopi
dell’Idrogeno (Deuterio e Trizio), una quantità di energia di molto superiore ad una equivalente
massa di Uranio. La prima bomba H della storia esploderà nel novembre 1951, con una potenza
mille volte superiore a quella di Hiroshima.
Esplosione della prima bomba H presso l’atollo di Bikini, nelle isole Marshall, nel Pacifico.
Seguirà l’8 Agosto del 1953 l’esplosione della prima bomba ad Idrogeno dell’Unione Sovietica.
Il resto è storia recente.
Domenico Di Bucchianico
Articolo ispirato da: Les genies de la science - Fermi: un physicien dans la tourment. n. 6/2001