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1 1 1 ECONOMIA AZIENDALE CORSO AVANZATO Prof. MAURO PAOLONI Modulo I Prof. MASSIMILIANO CELLI

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1 1 1

ECONOMIA AZIENDALE

CORSO AVANZATO

Prof. MAURO PAOLONI

Modulo I

Prof. MASSIMILIANO CELLI

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Indice

1) Azienda e sistemi aziendali

2) Definizioni di azienda

3) L’Economicità aziendale

4) Il governo dell’azienda

5) La politica aziendale

6) Le strategie aziendali

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3 3 3

Nozione di azienda

Requisiti necessari dell’azienda

Per qualificare una determinata entità produttiva in termini di azienda è

necessaria la contemporanea sussistenza dei seguenti requisiti:

2) un sistema produttivo adeguatamente strutturato e coordinato, costituito

da un insieme di elementi di natura eterogenea tra loro interagenti ed

unitariamente rivolti allo svolgimento dell’attività di produzione di beni e/o servizi;

3) un sistema di decisioni promanante dal sistema umano e volto a

combinare e coordinare i fattori produttivi per soddisfare gli obiettivi aziendali;

4) un sistema di operazioni orientato dal sistema delle decisioni, è costituito

dall’insieme delle operazioni simultanee e successive che dinamicamente si

dispiegano per il raggiungimento degli obiettivi aziendali;

5) un sistema del rischio eventualità di non riuscire a conseguire gli obiettivi

per i quali l’azienda è stata costituita ed avviata.

1) un sistema umano

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4 4 4

Nozione di azienda – Il sistema umano

Ragionando in funzione dei soggetti impegnati in modo esclusivo a “fare

azienda”, possiamo dare al sistema umano una configurazione in virtù

della quale l’azienda, soggettivamente intesa, viene distinta in tre aree

fondamentali:

l’area del soggetto economico

l’area del management

l’area della tecnostruttura

S.E.

management

tecnostruttura

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5 5 5

L’area del soggetto economico

L’area del soggetto economico è quella all’interno della quale si forma la

volontà aziendale, con apporti significativamente diversi a seconda dei

ruoli esercitati dai diversi soggetti coinvolti

La figura del soggetto economico di fatto non coincide né con il CdA, né

con altri organi societari è astratta e cangiante e non può essere

ricondotta né a schemi formali né a determinati ruoli, anche se, di volta in

volta, alcuni soggetti la incarnano con maggior vigore (normalmente, è il

soggetto che ha la maggioranza, assoluta o relativa, in assemblea

ordinaria; in caso di public companies, invece, tale figura è maggiormente

prossima all’organo amministrativo); nelle piccole e microimprese coincide

con la proprietà.

Nozione di azienda – Il sistema umano

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L’area del management

L’area del management è quella che determina la conversione della

volontà politica dell’azienda in volontà operativa.

E’ molto più ampia di quella del Soggetto economico con la quale spesso

interferisce e, in casi particolari, si integra.

Nozione di azienda – Il sistema umano

Il management è l'elemento di raccordo tra il "sistema delle decisioni" e le

"condizioni operative" dell'azienda, costituendo quindi la componente del

sistema umano cui spetta il compito di orientare la massa di fenomeni

"tecnici" verso il fine istituzionale dell'azienda (esso è quindi il perno di

tutta l'attività di governo slide specifiche).

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L’area della tecnostruttura

L’area della tecnostruttura è la più vasta delle tre che formano il sistema

umano ed è quella che determina il sistema delle operazioni (mentre il

sistema delle decisioni promana dal soggetto economico e dal

management) fornendo il maggiore contributo all’operatività aziendale.

La Tecnostruttura può considerarsi come il “braccio operativo del

management”.

Interagisce con l’area del management dalla quale dipende

funzionalmente, ma i relativi confini sono marcati in modo abbastanza

netto.

Nozione di azienda – Il sistema umano

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Nozione di azienda – Il sistema produttivo

Il sistema produttivo (Risorse e Competenze aziendali)

L’azienda è dunque un complesso di risorse e competenze idoneo ad

essere utilizzato in funzione strumentale per una determinata attività

produttiva, e al contempo prefigura un quid novi separato e distinto dai

singoli elementi, materiali e immateriali, che la costituiscono.

Questi ultimi, infatti, perdono la propria individualità ma restano collegati

funzionalmente tra loro in posizione di subordinazione e di coordinazione.

Lo svolgimento di qualsiasi funzione produttiva richiede la sussistenza di

specifiche ed adeguate condizioni di produzione, delle quali solo alcune

sono controllabili dal soggetto economico (cc.dd. risorse e competenze

aziendali) mentre altre, non meno rilevanti per il corretto svolgimento di

tali processi produttivi, sfuggono del tutto al suo dominio (c.d. condizioni

produttive di contesto).

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9 9 9

Azienda insieme eterogeneo di risorse e di competenze

eterogenee che costituiscono la base prioritaria per la

realizzazione di un congruo e duraturo vantaggio

competitivo (di costo oppure di differenziazione), nonché la

determinante principale della redditività.

Tale incremento di efficienza viene attribuito alla contemporanea presenza

in azienda di competenze e di risorse, che “fanno la differenza” rispetto ai

concorrenti diretti e indiretti.

Le risorse (tangibili e intangibili) costituiscono il substrato sul quale si

innesta il sistema delle competenze aziendali insieme delle capacità e

delle esperienze che consentono di combinare tra loro le risorse al fine di

utilizzarle in modo efficace ed efficiente.

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

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Sono le più semplici da valutare e spesso sono le uniche a figurare in

bilancio.

Sono facilmente riproducibili e quindi poco utili per il raggiungimento di un

congruo e duraturo vantaggio competitivo (almeno su un orizzonte di

medio-lungo periodo)

Tipologie di risorse aziendali (attuali e prospettiche)

1) Risorse tangibili

a) Finanziarie capacità di indebitamento e di autofinanziamento,

capacità di reperire capitale di rischio, ecc.

Le risorse tangibili si distinguono in:

b) Fisiche fattori produttivi immobilizzati o correnti

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

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2) Risorse intangibili

Contribuiscono in misura rilevante al conseguimento di un congruo e

duraturo vantaggio competitivo.

A differenza di quelle tangibili, non perdono valore con l’uso.

Le risorse intangibili si distinguono in:

a) Tecnologiche knowledge, brevetti, licenze, diritti d’autore, ecc.

b) Reputazionali (fiducia) percezione che l’ambiente esterno ha del

sistema aziendale:

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

b1) a livello di prodotto fedeltà al marchio (di prodotto o di fabbrica) derivante

da esperienze d’acquisto ormai consolidate;

b2) a livello di azienda fiducia nell’immagine globale dell’azienda (capacità di

innovazione, solidità dei risultati, eticità, ecc.)

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LE COMPETENZE AZIENDALI

Le risorse non creano da sole valore per l’impresa.

Affinché l’azienda consegua un congruo e duraturo vantaggio competitivo è

necessario che le risorse siano adeguatamente coordinate ed integrate in

grazia di adeguate competenze (differenti dalle competenze personali del

fattore umano).

Le competenze fanno riferimento a processi e routine (modi di lavorare

tipizzati che si sostanziano in sequenze di azioni coordinate) che utilizzano

risorse per intraprendere una particolare attività produttiva.

L’impresa è infatti il portato delle esperienze/competenze sedimentate nel

corso del tempo storia passata + processi di apprendimento evolutivi.

Ogni impresa è diversa da un’altra in quanto depositaria di uno stock di

conoscenze specifiche difficilmente trasferibile o replicabile.

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

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Le competenze interne all’impresa costituiscono una determinante del

vantaggio competitivo non osservabile separatamente dal contesto di

azione, né separabile dal medesimo contesto.

Le competenze non sono quindi cedibili in modo autonomo, isolatamente

dal restante coacervo di elementi materiali e immateriali costituenti

l’azienda.

Sinteticamente, le competenze si esplicano in:

• capacità di coordinamento interno;

• capacità nella gestione delle relazioni con l’ambiente esterno (clienti,

fornitori, ecc.);

• conoscenze tecnologiche ed operative consolidate attraverso investimenti

in ricerca e sviluppo e sedimentate nel tempo;

• capacità di integrare le proprie conoscenze con quelle dei propri partner

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

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Conclusivamente, il valore strategico che le risorse e le competenze

possono apportare all’azienda, e quindi la congruità nonché la

sostenibilità nel tempo del vantaggio competitivo, dipendono da:

a) la scarsa diffusione tra i concorrenti (c.d. scarsità)

b) la difficoltà di replicazione (c.d. replicabilità);

c) la capacità di non perdere valore nel tempo (c.d. durabilità);

d) il grado di controllo delle stesse da parte dell’organizzazione (c.d.

trasferibilità / appropriabilità da parte dei concorrenti);

e) la difficoltà di sostituzione (c.d. sostituibilità);

f) la superiorità rispetto a quelle possedute dai principali competitors,

diretti e indiretti (c.d. rilevanza).

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

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La disponibilità di risorse e competenze non è una condizione sufficiente a

garantire l’effettiva esplicazione della funzione produttiva, ma è necessario che

le medesime siano opportunamente integrate e coordinate, cioè impiegate

secondo particolari modalità quantitative e qualitative, spaziali e temporali.

Le risorse costituenti il sistema produttivo sono elementi tipologicamente

differenti ma complementari, sistematicamente e durevolmente interagenti

ciascuno di essi è collegato ai restanti e tutti sono congiuntamente rivolti alla

formazione di una struttura produttiva unitaria e coordinata

Tale congiunzione spazio-temporale amplifica e rafforza l’efficacia del singolo

elemento, facendo in modo che l’utilità totale prodotta dal complesso risulti

superiore alla somma delle singole utilità.

L’insieme ha una valenza economica superiore rispetto alla somma dei valori

dei singoli elementi che lo compongono.

Azienda in funzionamento

Nozione di azienda – Il sistema produttivo

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Nozione di azienda – Il sistema delle decisioni

Il sistema delle decisioni

La sussistenza di un insieme di fattori della produzione organizzato e

coordinato per lo svolgimento dell’attività operativa non è sufficiente, da

solo, a qualificare un’azienda, se poi risulta mancante un sistema di

decisioni (promanante dal fattore umano) volto a combinare, coordinare e

integrare i fattori medesimi per soddisfare gli obiettivi aziendali.

La condizione essenziale per l’esistenza dell’azienda in modo autonomo e

distinto dal citato complesso di risorse risiede, pertanto, nell’attribuzione a

quest’ultime di una comune destinazione economica da parte del sistema

delle decisioni quest’ultimo è costantemente volto a realizzare un

rapporto di complementarietà e contiguità strumentale tra le risorse

aziendali per l’assolvimento della comune ed unitaria funzione produttiva.

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L’azienda come universalità di cose nasce in virtù della destinazione

unitaria conferita alle singole risorse produttive costituenti il complesso, e

l’elemento coagulante di tale coacervo di elementi è costituito proprio

dall’organizzazione unitaria preordinazione e coordinazione delle

risorse aziendali in vista dell’esercizio della comune attività produttiva.

L’amministrazione aziendale, individuata come il momento più

propriamente cognitivo-decisionale dell’unitaria attività gestoria, è quindi

preordinata allo svolgimento dell’attività produttiva vera e propria, ed è la

sintesi di tutte le decisioni necessarie per il razionale governo dell’impresa.

L’attività amministrativa, in altre parole, è ispirata ad una logica operativa

unitaria dal fattore umano, e deve considerarsi un sistema finalizzato di

scelte complessivamente volto all’organizzazione e alla coordinazione del

complesso di fattori costituenti il sistema produttivo.

Nozione di azienda – Il sistema delle decisioni

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Il sistema delle decisioni, volto al conseguimento degli obiettivi aziendali e

da cui promana il sistema delle operazioni, è costituito dai seguenti

componenti, gerarchicamente integrati ma unitariamente coordinati

(l’economicità della gestione costituisce un fenomeno unitario che dipende

congiuntamente da tutte le componenti del sistema delle decisioni) :

1) decisioni imprenditoriali (c.d. decisioni guida) sono elaborate dal

soggetto economico e disegnano la missione dell’azienda (definendone il

sistema di obiettivi) e l’indirizzo della gestione (tracciando cioè la strada

entro cui debbono poi muoversi le decisioni manageriali ed esecutive);

2) decisioni manageriali sono volte alla realizzazione dei citati indirizzi,

orientando la struttura organizzativa al conseguimento di obiettivi gestionali

coerenti con il fine aziendale (valenza prevalentemente operativa);

3) decisioni esecutive collocate a ridosso del sistema delle operazioni, sono

volte ad ottenere la migliore qualità tecnico/economica delle operazioni (la

tecnostruttura ha una funzione determinante in questa fase)

Nozione di azienda – Il sistema delle decisioni

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Il sistema delle operazioni

Se dal processo decisionale dovesse derivare il compimento di una o più

operazioni, esse debbono venire riguardate nel più ampio contesto

dell’attività operativa, appunto articolata in un sistema di operazioni

simultanee e successive giustamente orientato dalle scelte decisionali, che

dinamicamente si dispiega per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

La singola operazione costituisce quindi l’unità economica elementare

dell’attività operativa.

Il complesso delle operazioni si caratterizza per la necessaria colleganza

di tutti gli atti gestionali tramite stretti vincoli, tanto nello spazio (per

l’armonia che deve sussistere tra le operazioni attuate simultaneamente

nelle diverse aree aziendali) quanto nel tempo (per la necessaria coerenza

tra le operazioni in essere e quelle passate e future).

Nozione di azienda – Il sistema delle operazioni

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20 20 20

Ciascuna operazione, in definitiva, è legata alle restanti da connessioni di

carattere tecnico, finanziario ed economico, dando quindi origine ad un

complesso di grado superiore avente carattere sistematico.

I singoli fatti di gestione non hanno dunque un autonomo significato

economico, ma lo acquisiscono correlativamente ai fatti di gestione anteriori,

simultanei e successivi che configurano il dinamico svolgimento del sistema.

Peraltro, neanche la presenza di un sistema di operazioni è di per sé

ancora sufficiente ad identificare in modo certo e univoco l’’azienda, dato

che l’attività operativa potrebbe essere il frutto di una collaborazione fra

una pluralità di soggetti o di una pluralità di aziende diverse.

Ciò che caratterizza l’azienda, distinguendola da altre forme organizzative,

va quindi oltre il coordinamento, oltre l’aggregazione e la continuità nel

tempo, e deve essere ricercato nel rischio di non riuscire a conseguire gli

obiettivi per i quali l’azienda medesima è stata avviata.

Nozione di azienda – Il sistema delle operazioni

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21 21 21

Il sistema del rischio e le finalità aziendali

Qualunque azienda operante nel sistema economico risulta

necessariamente immersa nel rischio caratteristica insopprimibile del

normale operare aziendale, stante il carattere limitato della conoscenza

degli accadimenti presenti e futuri a cui qualunque soggetto (e quindi

qualunque azienda) deve sottostare.

Rischio aziendale eventualità che le finalità aziendali non vengano

soddisfatte.

Mentre l’oggetto dell’azienda è l’attività di produzione di beni o servizi, i

relativi fini (cui sono associate le diverse tipologie di rischio) concernono la

soddisfazione dei bisogni dei soggetti interni ed esterni all’azienda, per il

cui raggiungimento la medesima è stata avviata e che costituiscono la

condizione necessaria per la sua perpetrazione nel tempo.

Nozione di azienda – Il sistema del rischio

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22 22 22

I predetti fini possono distinguersi in:

• fondamentali (primari), incentrati sull’obiettivo di sopravvivenza

dell’azienda nel lungo periodo, o meglio sul raggiungimento di un

equilibrio dinamico ed evolutivo attraverso il quale l’azienda è in

grado di creare valore e quindi di perdurare nel tempo.

• accessori (strumentali), volti al raggiungimento del fine principale, e

dunque al soddisfacimento dei soggetti ai quali è destinata la produzione

realizzata dall’azienda nonché (in modo inevitabilmente congiunto) di

coloro che l’hanno costituita e la mantengono in vita;

• collaterali, concernenti il soddisfacimento di quei soggetti che in via più

o meno diretta sono collegati all’azienda medesima (finanziatori,

dipendenti, ecc.).

Nozione di azienda – Il sistema del rischio

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23 23 23

Il fine dell’azienda (proprio – creare valore per sé stessa) non ha dunque

nulla a che vedere con le aspettative degli stakeholder*, ma il

soddisfacimento di queste aspettative è strumentale per il soddisfacimento

delle finalità primarie aziendali.

Questa indipendenza della gestione aziendale dalle aspettative degli

stakeholder sancisce il carattere universale dell’azienda (le aspettative

degli stakeholder sono molteplici, quella dell’azienda è unica) e fa superare

la distinzione tra aziende e imprese, tra aziende di produzione e aziende di

erogazione, ecc.

Stakeholder primari proprietà, management, dipendenti, fornitori, clienti

Stakeholder secondari amministrazione pubblica, media, ecc.

*

Nozione di azienda – Il sistema del rischio

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24 24 24

Ma se l’obiettivo primario di qualunque azienda è quello di perpetrare sé

stessa nel tempo, sostanzialmente differenti sono invece le finalità

strumentali (e secondariamente collaterali), che debbono essere

opportunamente declinate a seconda della natura dell’azienda

specificamente considerata.

A tal proposito, è possibile distinguere i sistemi aziendali in:

• lucrativi

• non profit

Aziende di consumo (autoproduttrici)

Aziende di erogazione

Nozione di azienda – Il sistema del rischio

Aziende di produzione per il mercato (imprese)

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25 25 25

Le aziende di produzione per il mercato (c.d. imprese) destinano la

propria produzione allo scambio sul mercato al fine di ottenere un livello

adeguato di surplus, volto a garantire una remunerazione congrua e

tendenzialmente stabile ai soggetti che le hanno costituite e mantenute in

vita.

La produzione di beni e servizi per lo scambio sul mercato è dunque

necessaria per il raggiungimento del fine primario dell’impresa

(sopravvivenza) nonché del fine secondario/strumentale, che risiede

appunto nella remunerazione congrua dei fattori produttivi posti in

posizione residuale (segnatamente, il capitale di rischio apportato dai soci)

nonché nel soddisfacimento dei soggetti cui la produzione è destinata.

Nozione di azienda – Il sistema del rischio

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26 26 26

Posto che sia le aziende di erogazione che di consumo non realizzano

alcuno scambio sul mercato dei beni e servizi prodotti, la differenza tra tali

due tipologie deve ricercarsi nei diversi soggetti ai quali l’attività produttiva

è rivolta:

• le aziende di erogazione (fondazioni, enti assistenziali Caritas, ecc.)

destinano la propria produzione alla collettività o a ben individuate

categorie di essa, allo scopo di soddisfarne in termini quali-quantitativi i

bisogni ordinari e/o straordinari tramite atti di mera liberalità ovvero dietro

un compenso puramente simbolico (o comunque sproporzionatamente

inferiore al valore effettivo della prestazione resa);

• le aziende di consumo (c.d. autoproduttrici) destinano la produzione

realizzata esclusivamente ai soggetti che le hanno costituite e le

mantengono in vita (es. circoli sportivi), e che garantiscono una adeguata

copertura alle spese di produzione obiettivo è dunque soddisfare i

bisogni di tali soggetti

Nozione di azienda – Il sistema del rischio

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27 27 27

Definizione di azienda

Precedentemente, in luogo di pervenire ad una definizione di azienda si è

cercato di individuare quegli elementi la cui congiunta presenza, con

riferimento ad un certo “fenomeno sociale”, consente di qualificarlo in

termini di azienda rispetto ad altre forme organizzative.

Nel campo economico, infatti, le definizioni possono facilmente mutare nel

tempo perché mutano i fenomeni che costituiscono oggetto di studio, ed

inoltre «…la definizione stessa di azienda esprime non già un concetto

puro e universale che abbraccia ogni possibile rappresentazione

individuale, bensì un concetto empirico che, per sua natura, ha per

contenuto un gruppo di conoscenze legato a particolari rappresentazioni

ed è definibile solo per convenzione».

Peraltro elaborare una definizione di azienda, per quanto qualunque

definizione di fatto costringa il fenomeno considerato in un “perimetro”

prefissato di per sé inadeguato a coglierne l’evoluzione nel tempo, appare

opportuno.

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Definizione di azienda 1) Istituto economico atto a perdurare che, per il soddisfacimento dei bisogni

umani, compone e svolge in continua coordinazione, la produzione o

l’acquisizione e il consumo della ricchezza (Zappa, 1956)

Evidenzia il carattere sistemico e dinamico dell’azienda, i cui componenti

costituiscono una durevole coordinazione in forza di rapporti di reciproca

interrelazione e complementarietà ogni elemento del sistema, infatti,

interagisce continuamente con tutti gli altri e ne influenza il comportamento.

2) A nostro avviso, l’azienda è un complesso organismo socio-economico-

tecnico, all’interno del quale un sistema di persone e un sistema di beni

trovano unione ed estrinsecazione in un sistema di operazioni, la cui finalità

è consentire la sopravvivenza dell’organismo medesimo.

Organizzazione sistemica più o meno complessa, continuamente in contatto

con l’ambiente esterno e durevolmente articolata in sottosistemi (sistema della

produzione, delle decisioni, delle operazioni) coordinati e continuamente

interagenti, che ricerca la sopravvivenza soddisfacendo certi bisogni umani.

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29 29 29

Definizione di azienda

3) Sistema aperto, finalizzato, complesso e probabilistico, dotato di

particolari vie di regolazione e della prerogativa di influenzare

l’ambiente esterno nonché di farsi influenzare da esso (Zanda G.,

1974), nel cui ambito trovano realizzazione i fondamentali caratteri

dell’unità nella molteplicità e della permanenza nella mutabilità.

• Il carattere aperto del sistema aziendale si esplicita attraverso i continui

processi di scambio che esso instaura con l’ambiente esterno.

• La finalità del sistema aziendale risiede nella sua sopravvivenza del

tempo tramite la soddisfazione di certi bisogni umani.

• È un sistema complesso e probabilistico, dato che al suo interno operano

una pluralità di elementi tra loro interagenti nonchè con l’ambiente

esterno, che danno corso a rapporti ed interrelazioni sempre mutevoli e

determinabili solo in termini probabilistici.

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Definizione di azienda • Per il raggiungimento dei propri fini, inoltre, il sistema aziendale è dotato

di adeguati meccanismi di regolazione interna, la cui funzione è quella di

verificare che tutti i componenti del sistema siano in ogni momento

organizzati per il raggiungimento delle finalità aziendali.

• La caratteristica dell’unità nella molteplicità definisce la natura

dell’azienda e la differenzia da altre forme associative, dato che essa

“…costituisce un complesso esteso nello spazio e nel tempo, nel quale

elementi molteplici (materiali, immateriali, umani) operano avvinti da

relazioni di connessione e di interdipendenza (tali relazioni qualificano il

complesso al pari degli elementi costitutivi).

Le operazioni di gestione simultanee e successive attuate da un’azienda nel

corso della propria esistenza fanno di questa un unicum originale ed

irriproducibile: ogni operazione assume significato esclusivamente nell’ambito

del complesso nel quale ha trovato estrinsecazione, riflettendo in sé stessa

l’unità e l’unicità del sistema aziendale.

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31 31 31

Definizione di azienda

• Il carattere della permanenza nella mutabilità “…si realizza nell’azienda

similmente a quanto accade negli organismi viventi, che perdurano

nonostante l’assiduo mutare di ogni elemento costitutivo col

trascorrere del tempo tutto si rinnova o può rinnovarsi nell’azienda, ma la

vita di relazione fra gli elementi del complesso e fra il complesso e il

mondo esterno continua, finché il complesso non si dissolva”.

Lo stesso soggetto economico e il soggetto giuridico (o entrambi) possono

mutare nel tempo senza che ciò determini, in alcun modo, il venir meno

dell’azienda cui essi sottendono.

L’azienda si distingue dunque dai singoli fattori (umani, materiali e

immateriali) che la compongono il cambiamento totale o parziale di

questi ultimi non comporta il contemporaneo cambiamento dell’azienda,

che può continuare a perseguire i propri scopi con altre risorse produttive.

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32 32 32

Definizione di azienda

Caratteristica essenziale e fisiologica dell’azienda è quindi il suo essere

congiuntamente un’entità dinamica, in perenne trasformazione ed

evoluzione, e una struttura stabile e durevole nel tempo, certamente

mutevole nei suoi elementi costitutivi ma sempre operante in modo unitario

e coordinato con riguardo ad obiettivi anch’essi (ma in minor misura)

mutevoli.

Al dipanarsi dell’esistenza dell’istituto permane la sua essenza, ma la

congerie di elementi materiali e immateriali, umani e tecnici, che lo

compongono viene continuamente ed ininterrottamente a modificarsi,

combinarsi ed amalgamarsi con altri fattori interni ed esterni all’azienda

medesimo, seguendo percorsi e strategie ogni volta difformi.

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33 33 33

L’economicità aziendale L’azienda è un fenomeno “a carattere universale” si manifesta

attraverso una complessa attività organizzativa realizzata in un contesto

spaziale e temporale che non ha confini.

Il fondamento economico di qualsiasi azienda (impresa, erogazione,

consumo) è l’economicità, senza la quale vengono meno gli stessi

presupposti della sua esistenza

Essa scaturisce dalla gestione (diversa, nelle sue manifestazioni, da

azienda ad azienda) intesa in senso lato, e non da cosa si produce in

concreto.

Besta affermava che produrre cannoni è diverso da coltivare i campi: non è vero.

L’economicità esprime l’attitudine dell’azienda a perdurare nel tempo

soddisfacendo in modo congruo i fini per i quali è stata istituita ed avviata.

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34 34 34

L’economicità quindi finisce per conciliare le esigenze della gestione con

gli interessi generali o personali delle istituzioni o soggetti a qualsiasi

titolo interessati alla sua esistenza (proprietari, amministratori, dirigenti,

finanziatori, fornitori, clienti, ecc.).

EQUILIBRIO

ECONOMICO

Le determinanti dell’economicità aziendale sono:

ADEGUATA

POTENZA

FINANZIARIA

EFFICIENZA

ECONOMICO-

TECNICA

L’economicità aziendale

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35 35 35

EQUILIBRIO

ECONOMICO

L’impresa si trova in EQUILIBRIO ECONOMICO (o autosufficienza

economica) quando riesce ad ottenere entrate capaci di remunerare

congruamente sia i fattori in posizione contrattuale (ad es. i fornitori) sia i

fattori in posizione residuale (in particolare, il capitale di rischio).

Rischio ontologico: rischio di non veder congruamente remunerato il

capitale apportato dall’imprenditore o dai soci

(capitale di rischio).

Ricavi = Remunerazione

fattori in posizione contrattuale +

Congrua remunerazione

fattori in posizione residuale

L’economicità aziendale

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36 36 36

Il Test di congruità

La remunerazione del capitale investito risulta congrua se, tenuto

conto del rischio e dell’eventuale opera di lavoro apportata

dall’imprenditore, essa è in linea con quella ricavabile dai migliori

investimenti alternativi.

Il tasso “iC” che quantifica tale remunerazione (remunerazione

congrua) è scomponibile in 3 componenti fondamentali:

i1 rappresenta il compenso per il puro investimento di capitale

i2 rappresenta il compenso per lo specifico rischio sopportato

i3 rappresenta il lavoro imprenditoriale eventualmente prestato

L’economicità aziendale

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37 37 37

Il componente “i1”

Il componente “i1” non tiene conto né del rischio né del lavoro

eventualmente prestato dall’imprenditore (e non remunerato

contrattualmente).

Rappresenta pertanto il rendimento che si ottiene dal miglior investimento

alternativo privo di rischio.

Nella realtà non esistono investimenti completamente esenti da rischio.

Tuttavia, per calcolare tale componente, si è soliti assumere come termini

di paragone i rendimenti netti (al netto cioè dell’inflazione) degli

investimenti in titoli di Stato come CCT e BTP decennali.

L’economicità aziendale

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38 38 38

Il componente “i2”

Il componente “i2” deve tener conto della perdita media delle aziende

operanti nel settore e della probabilità che tale perdita si verifichi.

ESEMPIO

Se in un settore che conta 1000 aziende ve ne sono 100 (cioè il

10%) che registrano una perdita media pari al 20% del Capitale,

avremo che:

i2 = (perdita media) x (probabilità di perdita), quindi

(0,20) x (0,10) = 2%

L’economicità aziendale

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39 39 39

Il componente “i3”

Il componente “i3” è determinabile come rapporto tra il compenso medio

percepito da chi copre una carica direzionale e l’ammontare della somma

investita.

ESEMPIO

Se il compenso medio dei dirigenti è 50 e il capitale investito è

1.000 avremo che:

i3 = (compenso medio) / (capitale investito)

i3 = (50) / (1.000) = 5%

L’economicità aziendale

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40 40 40

ADEGUATA

POTENZA

FINANZIARIA

L’impresa ha un’ADEGUATA POTENZA FINANZIARIA quando ha la

capacità di reperire capitale di rischio o capitale di credito per coprire

continuamente, pienamente e convenientemente il fabbisogno

finanziario derivante dall’eccedenza delle Uscite rispetto alle Entrate di

gestione.

L’economicità aziendale

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41 41 41

Aspetto finanziario della gestione

La gestione aziendale può essere osservata sotto l’aspetto:

monetario economico

evidenzia le ENTRATE e le USCITE

per operazioni tipiche d’esercizio

(acquisto e vendita prodotti,

operazioni di finanziamento, ecc.)

evidenzia i RICAVI e i COSTI

derivanti dalla normale gestione

aziendale.

I due aspetti sono tra loro complementari:

L’alternanza delle

ENTRATE e delle USCITE

per operazioni di esercizio

crea

un disequilibrio

monetario e quindi un

fabbisogno finanziario

coperto

mediante ricorso al

capitale proprio e/o

capitale di credito

L’economicità aziendale

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42 42 42

Il Fabbisogno Finanziario (F.F.)

Il Fabbisogno Finanziario (F.F.) ad un certo tempo “TX” è calcolabile

come differenza tra le Uscite totali e le Entrate totali:

F.F. (TX ) = Uscite totali - Entrate totali

La potenza finanziaria è quindi adeguata se è superiore al fabbisogno

finanziario.

L’economicità aziendale

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43 43 43

EFFICIENZA

ECONOMICO-TECNICA

Q beni e servizi prodotti

Q fattori produttivi utilizzati Rdx =

Massimizzazione della quantità di output minimizzando le

quantità di input impiegati nel processo produttivo (Rdx -

rendimenti fisico-tecnici):

Produrre una determinata quantità di output al costo più basso

possibile (naturalmente con invarianza del livello qualitativo).

ovvero

L’economicità aziendale

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44 44 44

Economicità, sistematicità e fini aziendali

a) che l’azienda ha un fine proprio;

b) che crea valore;

c) che svolge una funzione socialmente utile;

d) che ha una valenza universale;

e) che fa leva sull’economicità per il raggiungimento dei propri fini;

f) che le sue finalità favoriscono il perseguimento dei fini di tutti i soggetti

comunque interessati alla sua attività;

g) che alla base della sua attività c’è un sistema umano che si integra

con un sistema di beni dando luogo ad un sistema di operazioni, e che

costituisce la causa prima del valore che l’azienda crea.

Riassuntivamente, cosa possiamo dire dell’azienda?

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45 45 45

Il governo dell’azienda

Governare significa:

Definire un insieme di obiettivi gestionali concreti e innovativi;

Provvedere alle risorse e alle competenze necessarie per la

realizzazione di tale insieme di obiettivi;

Promuovere un sistema di decisioni coerente con tale sistema di

obiettivi

Attivare un efficace ed efficiente sistema di operazioni;

Monitorare questo sistema di operazioni mediante un adeguato panel di

controlli;

coinvolgendo in tutti questi processi l’intero sistema umano.

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46 46 46

Il governo dell’azienda

Nel processo di governo sono coinvolti allo stesso tempo il soggetto

economico e il management, ma diversi sono i ruoli e le responsabilità:

o politiche, per il soggetto economico;

o operative, per il management.

o di supporto al management per la tecnostruttura

La tecnostruttura, nonostante il suo apporto

al sistema delle decisioni, è esclusivamente

di supporto a questo processo.

Il governo realizza un disegno unitario messo a punto dal soggetto

economico e attuato dal management con il supporto della tecnostruttura.

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47 47 47

Il governo dell’azienda

L'imprenditorialità è la principale forza di attivazione del sistema

aziendale, e trova il suo stimolo nel capitale investito nell’azienda a

titolo di rischio.

Imprenditorialità è: intuitività, innovatività, lungimiranza.

Gli elementi costitutivi del governo sono:

a) l’imprenditorialità;

b) la managerialità.

La managerialità garantisce l’operatività aziendale.

Managerialità è: competenza, conoscenza, esperienza, cultura aziendale.

La demarcazione tra imprenditorialità e managerialità può essere

evanescente, con il manager che invade la prima (come nel caso delle

public companies) o l’imprenditore che sussume la seconda (come nel

caso delle piccole imprese)

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48 48 48

Il governo dell’azienda Gli elementi che determinano il metodo di governo (con ciò intendendo il

modo in cui viene portata avanti l’azione di governo all’interno

dell’organizzazione aziendale) sono:

2) L’entità del capitale di rischio

3) Il grado di concentrazione/polverizzazione del capitale di rischio

5) La natura privata oppure pubblica del capitale di rischio

6) La dimensione e complessità dell’organizzazione

In relazione all’azione combinata degli elementi di cui sopra il carattere del

governo varia sensibilmente da azienda ad azienda

4) La vitalità del capitale di rischio

1) La lungimiranza e l’orizzonte temporale del soggetto economico

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49 49 49

Il successo dell’azienda

(1) La lungimiranza del soggetto economico, di concerto con

l'ampiezza dell'orizzonte temporale esercita un influsso rilevante sugli

obiettivi aziendali; sul modo di concepire i rapporti tra i diversi attori; sui

conflitti di avvicendamento alla guida dell'azienda; sulle interrelazioni tra

azienda ed ambiente.

Un'azienda di successo deve quindi essere costantemente proiettata al

futuro, in una prospettiva temporale realmente senza confini (del resto,

l’azienda medesima è un istituto economico per sua natura destinato a

perdurare nel tempo).

Quando invece prevale un approccio di corto respiro, tutto tende ad

esasperarsi (la ricerca dell'"utile quotidiano" sacrifica future occasioni di

profitto; i conflitti di interesse tra i diversi protagonisti sono dominati dalla

ricerca di un immediato ed egoistico soddisfacimento) e,

conseguentemente, viene messo in crisi lo stesso equilibrio del sistema

nonché il tema dominante della continuità e della crescita aziendale.

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50 50 50

Il governo dell’azienda

(2) L’entità del capitale di rischio gioca un ruolo fondamentale nel

processo di governo, in quanto delimita lo sviluppo dell’azienda e

circoscrive gli obiettivi della gestione.

Ad esempio un capitale di rischio di elevata entità favorisce l’espansione e

riduce il ricorso al credito.

(3) Il grado di concentrazione/polverizzazione del capitale di rischio si

riflette direttamente sull’imprenditorialità e sulla managerialità.

Un capitale concentrato aumenta l’incidenza della proprietà sulla gestione

e determina una imprenditorialità molto forte (impresa familiare); per

contro, un capitale polverizzato riduce la spinta imprenditoriale e

determina una managerialità molto forte (public company).

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51 51 51

Il successo dell’azienda

(4) La "vitalità" del capitale di rischio è espressione della capacità

dell'azienda di adeguarsi rapidamente e congruamente a qualsiasi ipotesi di

cambiamento che richieda non soltanto nuovi apporti di mezzi propri ma

anche nuove idee imprenditoriali.

La "vitalità del capitale di rischio" è una espressione quali-quantitativa che

esprime sia la capacità di potenziare il patrimonio dell’azienda mediante

aumenti di capitale, sia la capacità di rinnovare il sistema organizzativo

mediante nuovi "ingressi" nell'area del soggetto economico (conseguenti

alle variazioni dimensionali e strutturali del capitale).

L'azienda di successo deve infatti essere sempre in grado di sfruttare le

opportunità offerte dal mercato mediante un costante adeguamento del

capitale di rischio agli emergenti fabbisogni finanziari (rinnovando parimenti

il proprio sistema umano), con nuovi apporti di idee imprenditoriali di

provenienza sia interna che esterna.

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52 52 52

Il governo dell’azienda

(5) La natura pubblica o privata del capitale di rischio influisce sulla

qualità sia dell’imprenditorialità che della managerialità.

Il capitale di una azienda privata ha piena consapevolezza del rischio

d’impresa e ciò si traduce in una maggiore forza imprenditoriale; il capitale

di una azienda pubblica, invece, generalmente è privo di questa

consapevolezza molto spesso la proprietà (enti pubblici in genere) è

assente o latitante.

(6) La dimensione e la complessità dell’organizzazione condizionano il

governo aziendale in virtù del peso esercitato dalla tecnostruttura sul

sistema delle operazioni.

Un organizzazione di grandi dimensioni, infatti, è generalmente (ma non

necessariamente) più complessa da gestire.

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53 53 53

Il governo dell’azienda

Le tipologie di governo più significative sono:

1) Il governo della micro-impresa

2) Il governo della piccola impresa evoluta

3) Il governo delle aziende medio-grandi

4) Il governo delle aziende internazionali (multinazionali e transnazionali)

5) Il governo delle aziende pubbliche

6) Il governo delle aziende a partecipazione statale

7) Il governo delle aziende non-profit

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54 54 54

Numero

dipendenti

Fatturato Totale attività

Medie imprese < 250 < 50.000.000 € < 43.000.000 €

Piccole imprese < 50 < 10.000.000 € < 10.000.000 €

Microimprese < 10 < 2.000.000 € < 2.000.000 €

Italia: 4.300.000 Microimprese; 200.000 PMI; 3.000 Grandi imprese.

Germania: 2.650.000 Microimprese; 350.000 PMI; 11.000 Grandi imprese.

Francia: 2.350.000 Microimprese; 170.000 PMI; 6.000 Grandi imprese.

La Commissione Europea (2005) stabilisce i seguenti parametri

dimensionali compositi al fine di definire le dimensioni aziendali:

Il governo dell’azienda

(In Francia le grandi imprese occupano il 47% dei lavoratori attivi; in Germania il 60%)

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55 55 55

Il governo dell’azienda 1) Peculiarità del governo della microimpresa (imprenditore artigiano)

Imprenditorialità autentica ma poco evoluta con apertura assai limitata al ruolo

del management (identificazione totale tra l’imprenditore e l’azienda da lui

creata e gestita), e poco orientata alla crescita (soddisfa fondamentalmente

bisogni di autorealizzazione e autonomia).

Struttura organizzativa poco articolata e con modesto grado di sistematicità, in

cui i processi decisionali sono attuati sulla base di un approccio di tipo intuitivo

con scarso ricorso a fonti informative interne ed esterne all’azienda;

L’imprenditore è l’unico punto di forza della gestione, ma è spesso incapace di

gestire i cambiamenti e carente di cultura economico-gestionale, rifiutando

l’affiancamento di soggetti dotati di competenze più specialistiche.

La gestione è fortemente accentrata e di tipo paternalistico, e risulta focalizzata

su specifici settori (tipicamente, l’area della produzione e quella delle vendite,

giammai quelle della finanza e dell’amministrazione).

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Il governo dell’azienda 2) Peculiarità del governo della piccola impresa evoluta

(imprenditore professionista)

Imprenditorialità più moderna ed evoluta, aperta agli influssi provenienti dal

management (il rapporto tra imprenditore e azienda è meno simbiotico) e con

spiccato orientamento alla crescita.

L’imprenditore possiede competenze di tipo amministrativo-manageriale

decisamente più elevate rispetto all’imprenditore-artigiano e la complessiva

gestione è più scientifica e meno intuitiva.

Stile gestionale meno accentrato ed autoritario, con struttura organizzativa

maggiormente sistematizzata e coordinata.

Managerialità non ancora adeguatamente qualificata.

La linea di demarcazione tra le competenze imprenditoriali e quelle

manageriali è marcata nettamente (talvolta in modo conflittuale).

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57 57 57

Il governo dell’azienda

3) Peculiarità del governo dell’azienda medio-grande

Imprenditorialità di elevata cultura e di stampo manageriale (non

accentrativa e delegante).

Management molto qualificato e professionale (dotato cioè di adeguate

competenze distintive) e con grande apertura verso i problemi

imprenditoriali.

Struttura organizzativa molto articolata e con elevato grado di

sistematicità.

Possibilità di spinte egemoniche del management laddove la proprietà

risulti poco presente.

Incremento del grado di sindacalizzazione della tecnostruttura.

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58 58 58

Il governo dell’azienda

4) Peculiarità del governo dell’azienda internazionale

Qualificata imprenditorialità di forte stampo manageriale.

Managerialità dall’ampio orizzonte culturale.

Elevata sistematicità imposta dalla complessità dell’organizzazione.

Difficoltà di gestione unitaria dei diversi “rami” nazionali.

Possibilità di intrecci politici con i governi dei singoli Paesi.

Impresa multinazionale Impresa che ha stabilimenti produttivi e

strutture distributive di proprietà nei Paesi in cui opera.

Impresa internazionale tout court azienda che si limita ad esportare in

altri Paesi i propri beni/servizi (normalmente tramite importatori e/o

rappresentanti locali, più raramente con propri uffici/agenti/filiali).

Impresa transnazionale Impresa che è presente in Paesi esteri tramite

il controllo di società (subsidiares) residenti in loco

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59 59 59

Il governo dell’azienda

5) Peculiarità del governo dell’azienda pubblica

Il capitale di rischio è “fittizio”: non può quindi avere gli stessi requisiti di

governabilità del capitale di rischio delle aziende private

L’imprenditorialità, teoricamente sempre di stampo manageriale, non

sempre è adeguata alle esigenze gestionali dell’azienda.

Le spinte “eversive” provenienti dalla politica e dai partiti, che entrano con

forza nell’area del soggetto economico e talvolta anche di quella del

management, possono condizionare incisivamente la gestione, togliendo

all’azienda autonomia anche sul piano tecnico-operativo.

La struttura organizzativa è, di solito, burocratizzata e sostanzialmente

statica (poco flessibile e reattiva)

Difficoltà nel valutare l’efficacia e l’efficienza della gestione

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60 60 60

Il governo dell’azienda

6) Peculiarità del governo delle aziende a partecipazione statale

Il conseguimento degli obiettivi gestionali è agevolato dalla presenza di un

partner pubblico che mette a disposizione dell’azienda (formalmente di

diritto privato) la forza della sua presenza attiva sul territorio (ad es.

finanza agevolata) per una azione più incisiva e socialmente utile.

Gli obiettivi gestionali dovrebbero essere di tipo specialistico avvio di

nuove iniziative, ristrutturazioni, programmi particolarmente impegnativi

che richiedono ingenti investimenti, settori strategici per il Paese.

Il governo è generalmente in mani private, mentre il controllo (e le

relazioni sociali) sono in mano pubblica.

L’imprenditorialità e la managerialità molto spesso sono costruite ad hoc.

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61 61 61

Il governo dell’azienda

7) Peculiarità del governo delle aziende non profit

La socialità del fine istituzionale si riflette sul governo e sulla gestione

aziendale.

La condivisione da parte dell’organizzazione degli scopi sociali favorisce

(in teoria) una gestione più etica, ma spesso non anche economica.

Imprenditorialità e managerialità sono sensibili al problema della

“destinazione dell’utile”.

Teorica maggiore coesione all’interno del sistema umano.

Difficoltà nel valutare l’efficacia e l’efficienza della gestione

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62 62 62

La politica aziendale

La politica aziendale non è altro che il prodotto dell’azione di governo

(in termini di proposte gestionali, soluzioni tecniche, operazioni e risultati),

costituendone al contempo il principale elemento di qualificazione è

infatti la politica che conduce ai risultati del governo.

Il termine “politica” indica l’insieme concertato di decisioni, di obiettivi e di

azioni che in singole aree funzionali dell’azienda si manifestano e si

attuano in coerenza con un obiettivo di ordine superiore.

Nella sua più ampia accezione la politica aziendale è dunque

comprensiva delle strategie (di mercato, di prodotto, finanziarie, di

comunicazione, ecc.), che si presentano perciò come espressioni

particolari della politica medesima.

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63 63 63

La politica aziendale

A seconda dei diversi momenti della vita aziendale, è possibile

individuare le seguenti politiche:

Politiche di fase istituzionale;

Politiche di fase gestionale;

Politiche di fase terminale.

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64 64 64

La politica aziendale

Le politiche di fase istituzionale definiscono quell’insieme di processi

decisionali e gestionali posti in essere al fine di creare le condizioni

operative di base della gestione.

Relativamente alla fase istituzionale, le politiche più significative sono

quelle di conferimento (formazione del capitale proprio), di finanziamento

(formazione del capitale di credito), di investimento (realizzazione delle

produttive di base), di localizzazione, di forma giuridica, di forma

contrattuale, di governance.

Le politiche di fase istituzionale includono nei loro obiettivi il fine

dell’azienda, hanno elevati contenuti progettuali, si sviluppano su un arco

temporale medio-lungo.

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65 65 65

La politica aziendale

Le politiche di fase gestionale (che costituiscono il corpo della politica

aziendale) sono volte a promuovere il funzionamento dell’azienda, e sono

pertanto di grande rilevanza per i loro contenuti operativi.

Relativamente alla fase gestionale, le politiche più significative sono

quelle tecnico-produttive (di prodotto, di processo, di diversificazione, di

approvvigionamento, ecc.), commerciali (di vendita, dei prezzi, della

distribuzione, di marketing, di promozione, ecc.), finanziarie (di tesoreria,

di ricorso al credito, ecc.), del personale, di amministrazione e controllo (di

contabilità, di bilancio, di controllo dei rischi, ecc.), di ricerca e sviluppo,

informatiche, ecc.

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66 66 66

La politica aziendale

Le politiche di fase terminale sono invece finalizzate alla ricerca delle

condizioni migliori per la cessazione del sistema aziendale o anche solo di

alcune sue parti rami d’azienda, divisioni produttive, ecc.).

Relativamente alla fase terminale le politiche più significative sono quelle

di liquidazione, di cessione (d’azienda o di rami d’azienda) e di fusione

/ scissione.

Le politiche di fase terminale, fatta eccezione per le politiche di

liquidazione totale a cui consegue l’estinzione dell’azienda (possono

essere liquidati anche singoli rami d’azienda), presentano problematiche

comuni alle politiche di fase gestionale, così come quest’ultime

presentano problematiche comuni alle politiche di fase istituzionale.

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67 67 67

La strategia aziendale

La strategia aziendale costituisce il prodotto particolare della politica

aziendale (quest’ultima, come anzidetto, è il prodotto del governo, ed

entrambe discendono dallo stesso sistema delle decisioni), e il concetto di

gestione strategica sottende l’insieme dei processi decisionali elaborati

dall’azienda in un dato tempo.

Non esiste una strategia aziendale a tutto tondo: esistono piuttosto tante

strategie che si innestano sulla politica aziendale in modo più o meno

incisivo fino a caratterizzarla con la loro impronta particolare.

Tale carattere non è destinato a perdurare in quanto è limitato nel tempo e

nello spazio (una strategia, diversamente dalla politica aziendale, non è

mai “a valere nel tempo”).

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68 68 68

La strategia aziendale

Obiettivo della strategia sviluppare l’azienda e conseguire

competenze distintive da far valere nei

confronti delle aziende concorrenti sul

mercato (dunque incrementare la redditività

- se impresa - nel medio-lungo periodo)

Ogni strategia, indipendentemente dalla sua natura, deve pertanto

apportare alla gestione dell’azienda vantaggi significativi sul piano

competitivo (sviluppo in senso qualitativo dell’azienda) difficilmente

riproducibili dai concorrenti e di lunga durata (tali da creare una “barriera

protettiva” intorno all’azienda volta ad annullare la concorrenza).

Le caratteristiche del settore di appartenenza (maturo/giovane,

tradizionale/innovativo), e l’elasticità/rigidità della domanda di mercato,

sono elementi che influiscono sulla conquista e il conseguente

mantenimento del vantaggio competitivo.

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69 69 69

Le fonti della redditività aziendale (determinanti fondamentali della

strategia competitiva, che appunto mira a stabilire una posizione

redditizia e sostenibile in contrapposizione alle forze concorrenziali)

possono di seguito individuarsi:

1) Acquisizione di una posizione competitiva nel settore di riferimento

stabile e duratura nel tempo, superiore a quella detenuta dai

concorrenti diretti e indiretti VANTAGGIO COMPETITIVO

Fattori determinanti la strategia competitiva

2) Collocazione in un settore di attività economica che offra condizioni

di lungo periodo favorevoli alla permanenza e allo sviluppo

dell’azienda ATTRATTIVITÀ DEL SETTORE

La strategia aziendale

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1) Vantaggio competitivo

Un’impresa detiene un vantaggio competitivo sui concorrenti quando

consegue una redditività più elevata (oppure ha le potenzialità per

conseguirla).

Il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che

un’azienda è in grado di creare per i suoi acquirenti (effettivo o anche solo

psicologico) e deve essere sostenibile nel tempo.

(Risorse e competenze)

Fonti del vantaggio competitivo

Vantaggio di costo (maggiore

efficienza produttiva rispetto ai

concorrenti Economie di scala, di

scopo, ecc.)

Vantaggio di differenziazione

capacità di isolarsi dalla concorrenza

riducendo così l’importanza del

fattore prezzo (premium price)

La strategia aziendale

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71 71 71

2) Attrattività di settore

L’ambiente in cui opera un’impresa è composto da tutte quelle variabili

esterne che ne influenzano le decisioni e i risultati. Esse concernono fattori

e tendenze di natura macroeconomica, ma soprattutto il contesto di

mercato.

Settore (industry) insieme di imprese che producono beni o servizi in

concorrenza diretta tra loro, ovvero percepiti dalla

domanda di mercato come sostituti:

- sostituibilità completa (prodotti identici)

- sostituibilità parziale (differenziazione di prodotto)

La strategia aziendale

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72 72 72

Il grado di attrattività di un settore industriale dipende dall’intensità di 5

forze competitive (schema di Porter):

• concentrazione;

• economie di scala;

• barriere all’entrata ed all’uscita;

• differenziazione di prodotto;

a loro volta funzione di variabili strutturali tipiche del settore.

Le 5 forze competitive determinano la redditività di un settore influenzando

i prezzi dei prodotti e servizi ivi commercializzati, nonché i costi e gli

investimenti che le imprese appartenenti al settore medesimo (o ivi

entranti) devono sostenere.

La strategia aziendale

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73 73 73

Concentrazione Concerne il grado di influenza (potere di

mercato) che un’impresa riesce ad esercitare

sulla domanda (e sull’offerta) del settore

Economie di scala Riduzione dei costi unitari di produzione

all’aumentare della capacità produttiva

Barriere all’entrata

e all’uscita

Costi addizionali che il potenziale concorrente

dovrebbe sostenere per entrare o uscire dal

settore rispetto alle imprese concorrenti

Differenziazione di

prodotto

I beni offerti dai produttori sono atti a soddisfare il

medesimo bisogno, ma le differenze tra i prodotti

sono individuabili dai consumatori (orientando

così l’acquisto)

Informazione L’informazione è distribuita in modo differente tra

venditori e acquirenti

La strategia aziendale

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74 74 74

Sulla base del campo d’azione, le strategie possono essere distinte

nei seguenti livelli (a):

Strategie di area funzionale

Strategie di area d’affari

Strategie d’azienda o di sistema

Strategie di gruppo

Nel loro insieme, e per i rapporti

intercorrenti, tali strategie sono tutte

compatibili tra di loro, tanto da poter

essere ordinate gerarchicamente e

accomunate nello stesso sistema di

obiettivi.

La strategia aziendale

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75 75 75

Le strategie di area funzionale sono relative a processi decisionali che

riguardano una determinata funzione aziendale (dagli approvvigionamenti

alla distribuzione, dalla produzione alla vendita, dal marketing

all’organizzazione, dal controllo alla gestione delle risorse umane,

dall’informatica alla finanza, ecc.).

Nonostante il campo d’azione limitato, possono avere un impatto

strategico molto forte, ma non offrono una visione d’insieme capace di far

apprezzare l’azione del governo nel suo complesso.

Presentano una elevata valenza operativa ma hanno sempre un ruolo

strumentale rispetto alle strategie di livello superiore.

La strategia aziendale

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76 76 76

Le strategie di area d’affari sono relative a processi decisionali che

riguardano unitariamente e organicamente tutte le fasi di un “ciclo di

prodotto” dalle modalità di produzione alle caratteristiche dei prodotti,

dalle politiche di vendita a quelle di distribuzione, ecc.

Hanno un orizzonte operativo più ampio delle strategie di area funzionale

e si caratterizzano per la sussistenza di speculari rapporti interattivi,

consentendo di apprezzare l’azione di governo nel suo complesso seppur

limitatamente ad un determinato ciclo di prodotto.

Le strategie di area d’affari possono venire elaborate da aziende mono-

business ovvero multi-business (nel caso di aziende mono-business

queste strategie coincidono con la complessiva strategia d’azienda).

La strategia aziendale

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77 77 77

Le strategie d’azienda o di sistema sono relative a processi decisionali

che riguardano unitariamente l’attività dell’azienda (e quindi tutte le diverse

aree d’affari valutate in un’ottica sistemica), consentendo così di

apprezzare il contributo di ciascun “business” alla crescita dell’azienda

anche mediante le sinergie ottenibili per un miglior funzionamento del

sistema.

Le strategie di gruppo sono relative a processi decisionali volti a

rafforzare e articolare in modo più funzionale l’insieme di attività strategico-

operative che fanno capo allo stesso soggetto economico, pur se

riconducibili a diversi soggetti giuridici.

Tali strategie riguardano le organizzazioni più complesse, costituite da più

aziende operanti nello stesso settore o in settori diversi, delle quali mirano

ad esaltare il rapporto sistemico.

La strategia aziendale

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78 78 78

Sulla base delle caratteristiche di operatività, le strategie aziendali

sono classificabili nelle seguenti categorie (b):

1) Strategie di sviluppo

2) Strategie di collaborazione

3) Strategie di ristrutturazione

Dei tre tipi di strategie, solo le prime sono orientate direttamente alla

crescita dell’azienda; gli altri due tipi di strategie perseguono invece

obiettivi che sono strumentali a tale scopo.

La strategia aziendale

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79 79 79

Le strategie di sviluppo

Le (1) strategie di sviluppo (c.d. “competitive”) si caratterizzano per

la presenza di una forte spinta concorrenziale rivolta ai mercati di afferenza

dell’azienda, sia di sbocco che di acquisizione dei fattori produttivi.

Esse coinvolgono tutti gli attori del sistema aziendale, tanto interni quanto

esterni (clienti, fornitori, concorrenti attuali e potenziali), e possono

riguardare una o più aree d’affari ovvero il sistema nel suo complesso .

Le strategie di sviluppo possono essere, in sintesi, ricondotte alle seguenti

classi:

a) strategie di penetrazione;

b) strategie di integrazione;

c) strategie di diversificazione

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80 80 80

Le strategie di sviluppo

Nelle (a) strategie di penetrazione sono volte all’incremento

quantitativo delle produzioni esistenti nell’ambito degli stessi mercati in cui

l’azienda è già operante.

Le condizioni perché

tali strategie si

realizzino sono:

che sia possibile un incremento

quantitativo delle produzioni esistenti

(a tal fine facendo ricorso a vantaggi

competitivi di costo o di differenziazione)

che tale incremento possa venire

assorbito dai mercati in cui l’azienda è

già operante.

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81 81 81

Vantaggio competitivo

Un’impresa detiene un vantaggio competitivo sui concorrenti quando

consegue una redditività più elevata (oppure ha le potenzialità per

conseguirla).

Il vantaggio competitivo nasce fondamentalmente dal valore che

un’azienda è in grado di creare per i suoi acquirenti.

Il vantaggio competitivo deve essere sostenibile nel tempo contro le forze

che determinano la concorrenza.

(Risorse e competenze)

Fonti del vantaggio competitivo

Vantaggio di costo

Vantaggio di differenziazione

(Premium price)

Le strategie di sviluppo

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82 82 82

Le strategie di sviluppo

Le (b) strategie di integrazione concernono processi di sviluppo più

articolati e complessi, in cui la gamma dei prodotti di nuova fabbricazione

si estende al di fuori della “famiglia” preesistente.

Peraltro, è rinvenibile uno stretto rapporto tecnico-funzionale (c.d. “grado

di parentela”) tra la nuova gamma di prodotti e quelli già esistenti, che può

basarsi su:

- gli impianti di produzione e le tecnologie di lavorazione;

- i canali di distribuzione e la rete di vendita;

- i mercati di incetta dei fattori produttivi e i relativi rischi di

approvvigionamento;

- i mercati di sbocco dei prodotti finiti.

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83 83 83

Le strategie di sviluppo

Premesso che il processo di integrazione può svilupparsi nel contesto

dell’organizzazione produttiva esistente oppure al di fuori di essa,

all’interno della stessa filiera a monte oppure a valle dei processi produttivi

già in essere, le strategie di integrazione si esplicano nelle seguenti

forme:

Strategie di integrazione orizzontale

Strategie di integrazione verticale

Strategie di integrazione laterale

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84 84 84

Le strategie di sviluppo

Le strategie di integrazione orizzontale si concretizzano nello

svolgimento di nuove tipologie produttive atte a sfruttare il potenziale

tecnologico e di mercato già detenuto dall’azienda, consentendo quindi di

massimizzare le sinergie operative e di avvantaggiarsi di precedenti

esperienze produttive. (es. settore automobilistico gruppo Volkswagen).

Convenienze economie di scala, saturazione del mercato di riferimento

con conseguente riduzione del livello concorrenziale, differenziazione del

prodotto

Le strategie di integrazione verticale sono volte a realizzare una

riduzione dei costi di approvvigionamento (integrazione ascendente)

ovvero un incremento del valore aggiunto associato al processo produttivo

(integrazione discendente).

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Le strategie di sviluppo L’azienda attua quindi fasi successive del processo di produzione in

relazione ad una linea ideale di svolgimento dell’attività produttiva

medesima, allo scopo di ottimizzare le fasi di approvvigionamento dei

fattori e di commercializzazione dei prodotti finiti.

Convenienze controllo dei mercati di acquisizione dei fattori produttivi e

di sbocco dei prodotti finiti; migliore pianificazione del processo produttivo;

customizzazione delle forniture.

Le strategie di integrazione laterale = diversificazione laterale sono

relative a processi di sviluppo incentrati su nuove produzioni facenti leva

sul loro ruolo sussidiario o ausiliario rispetto alle produzioni esistenti

considerate come “principali” (es. Audi/Ducati).

Convenienze contiguità produttive (economie di scopo), sfruttamento

dei medesimi canali distributivi, comuni strategie di marketing, economie di

scala negli approvvigionamenti o nella distribuzione.

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86 86 86

Le strategie di sviluppo

Le (c) strategie di diversificazione sono relative a processi di sviluppo

in cui la gamma dei nuovi prodotti presenta gradi di parentela assai ridotti

con quelli esistenti (l’azienda si allontana quindi dai prodotti e dai mercati

che le sono familiari), e le possibilità di interrelazioni produttive sono

progressivamente minori (se non del tutto assenti).

Convenienze generiche diversificazione del complessivo rischio

imprenditoriale; sfruttamento di un comune know-how (finanziario,

commerciale, ecc.); sfruttamento del marchio e dell’immagine di marca.

Le strategie di diversificazione possono distinguersi nella seguenti classi:

Strategie di diversificazione concentrica

Strategie di diversificazione conglomerata

Strategie di diversificazione (integrazione) laterale

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Le strategie di sviluppo Le strategie di diversificazione concentrica concernono nuove

produzioni atte a sfruttare il potenziale tecnologico e di mercato già

detenuto dall’azienda (tecnologia dei processi produttivi, organizzazione

delle vendite, marchi e immagine di prodotto) es. dalle auto ai trattori; dai

computer ai cellulari.

Le nuove produzioni hanno qualche affinità con le vecchie (consentendo

quindi di massimizzare le sinergie operative e godere di precedenti

esperienze di mercato), ma il loro vincolo è meno forte rispetto alle

strategie di integrazione orizzontale (pur presentando punti in comune).

Le strategie di diversificazione conglomerata afferiscono nuove

produzioni che non presentano alcun nesso tecnico-organizzativo con

quelle esistenti produzioni completamente disomogenee.

Vantaggi: completa diversificazione del complessivo rischio imprenditoriale

Svantaggi: mancanza di focalizzazione su specifiche attività operative

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88 88 88

Le strategie di sviluppo

Definite le “forme” dello sviluppo, veniamo ora a considerare le “ vie”

attraverso le quali tale sviluppo può essere realizzato:

per vie interne, mediante “realizzazione” (make);

per vie esterne, mediante “acquisto” (buy).

Lo sviluppo per linee interne (endogeno) offre maggiori garanzie di

mantenimento del vantaggio competitivo, ma è più lento e spesso anche

più dispendioso.

Lo sviluppo per linee esterne (esogeno) è più rapido ma anche (a volte)

più rischioso.

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Le strategie di sviluppo

L’elemento caratterizzante lo sviluppo per vie esterne è l’acquisizione: di

partecipazioni (volte alla formazione di un gruppo aziendale), di aziende,

di rami d’azienda, di organizzazioni distributive, di marchi, licenze, ecc.

Mediante una strategia acquisitiva si ottengono immediatamente 2 risultati:

• si aumenta il peso specifico dell’azienda nei mercati di riferimento;

• si riduce il grado di concorrenza effettivo esistente in detti mercati

(quando addirittura non si eliminano dei concorrenti).

Nei casi di acquisizione del controllo, in particolare se “ostili”, si originano

nuovi assetti di governance e probabili, rilevanti modifiche (talvolta anche

radicali) della struttura e del sistema di obiettivi dell’azienda

Talvolta le strategie di sviluppo si innestano con altri tipi di strategie come

le strategie di collaborazione e le strategie di ristrutturazione.

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Le strategie di collaborazione

Le (2) strategie di collaborazione sono finalizzate al conseguimento

di obiettivi strategici che un’azienda, da sola, non è in grado (in termini

finanziari od economici) o non ha interesse a perseguire, pervenendo

quindi al conseguimento di un vantaggio competitivo “condiviso”.

I vantaggi competitivi

originabili da tali strategie sono

tutti riconducibili alla conquista

di posizioni esclusive:

Nel campo della ricerca scientifica e

tecnologica, per la possibilità di

sfruttamento dei risultati ottenuti

attraverso gli accordi e/o le

collaborazioni;

Nell’acquisizione di informazioni

privilegiate con riguardo ai processi,

ai prodotti ovvero ai mercati

(nazionali e internazionali).

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91 91 91

Le strategie di collaborazione

Rientrano in tale ambito di strategie:

a) gli accordi interaziendali

b) I contratti di franchising

d) le joint-ventures

Gli (a) accordi interaziendali concernono aspetti specifici delle diverse

funzioni aziendali (ricerca, sviluppo, informatica, distribuzione, marketing,

finanza), e sono ispirati dalla necessità di accrescere la flessibilità della

struttura organizzativa in specie con riguardo ai fenomeni della

globalizzazione e internazionalizzazione dell’economia.

c) I contratti di merchandising

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92 92 92

Le strategie di collaborazione

(b) Franchising (c.d. “affiliazione commerciale”)

Costituisce una particolare tipologia di contratto di licenza, in virtù del quale

un soggetto (c.d. franchisor) concede ad un altro soggetto (c.d. franchisee)

il diritto allo sfruttamento esclusivo di una serie di diritti della proprietà

industriale o intellettuale, finalizzato alla produzione e/o

commercializzazione degli stessi beni e/o servizi originariamente trattati

dall’affiliante.

Il rapporto contrattuale che si instaura tra le parti ha quindi il compito, in

primo luogo, di identificare analiticamente i singoli componenti di tale

insieme di diritti (c.d. franchising package), tra i quali sono normalmente

ricompresi i segni distintivi dell’impresa concedente nonché i brevetti

industriali e il know-how, come pure i beni prodotti da quest’ultima e oggetto

di vendita da parte dell’affiliato, mentre all’affiliante può essere richiesta

contrattualmente un’azione di supporto e assistenza all’attività condotta dal

franchisee.

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93 93 93

La controprestazione alla quale risulta tenuto il franchisee a fronte di tali

benefici si sostanzia, da una parte, nell’obbligo di uniformarsi alle direttive

impartite dal franchisor in tema, ad esempio, di politiche di prezzo, di

arredamento dei punti vendita e di quant’altro fosse contrattualmente

previsto, dall’altra, nel corrispondere all’affiliante un compenso monetario

solitamente, ma non necessariamente, costituito da un ammontare fisso

iniziale (c.d. “diritto di entrata” o initial fee), indipendente dal successo

dell’iniziativa, e da un canone periodico (c.d. royalty) commisurato

percentualmente al fatturato realizzato nel periodo.

Il fine economico del contratto di franchising, pertanto, è favorire la

penetrazione di beni (o servizi) in mercati diversi rispetto a quelli

originariamente serviti dal titolare del regime di tutela, allo scopo

autorizzando altri imprenditori ad immettervi prodotti uguali, o tutt’al più

simili, a quelli fabbricati dal concedente, in tal modo consentendogli di

rafforzare la sua privativa e sfruttare il relativo potere di mercato.

Le strategie di collaborazione

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Le strategie di collaborazione (c) Merchandising

È un contratto atipico con cui un soggetto titolare di diritti esclusivi di

sfruttamento di un marchio (di fabbrica oppure di prodotto), concede dietro

corrispettivo ad uno o più soggetti terzi, definiti licenziatari, il diritto di

sfruttare il marchio in ambiti merceologici differenti da quelli in cui il

medesimo è stato originariamente utilizzato e reso celebre al pubblico in

si massimizza in tal modo il valore economico e attrattivo di un marchio in

settori commerciali non ancora penetrati dal titolare.

L’affiliato si impegna a corrispondere al licenziatario un compenso

monetario solitamente, ma non necessariamente, costituito da un

ammontare fisso iniziale (c.d. “diritto di entrata” o initial fee), indipendente

dal successo dell’iniziativa, e da un canone periodico (c.d. royalty)

commisurato percentualmente al fatturato realizzato nel periodo.

Es. «allargamento» del marchio Ferrari: dalle auto a profumi, occhiali,

abbigliamento, oggetti d’arredamento, computer, ecc.

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Le strategie di collaborazione

Le (d) joint-ventures prevedono la partecipazione di due o più aziende

a nuove iniziative imprenditoriali concepite per il perseguimento di obiettivi

strategici di interesse comune rappresentano quindi una alternativa

strategica sia allo sviluppo endogeno che a quello esogeno

Si considerano “aziende a termine” quando vengono realizzate per il

perseguimento di uno specifico obiettivo in un determinato arco temporale,

ma è anche possibile che la gestione comune non abbia «scadenze».

Le Joint-ventures trovano

la loro giustificazione nella

necessità di intraprendere

nuove iniziative che

richiedono:

Investimenti elevati in settori ad alta

tecnologia e a alto rischio (es. industria

aeronautica)

Competenze specialistiche in particolari

settori

Presenze significative sul territorio

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In altre parole, si tratta di forme di aggregazione aziendale realizzate su

base contrattuale volte al conseguimento di obiettivi comuni alle aziende

aggregande, di natura produttiva, commerciale ovvero di ricerca e sviluppo,

normalmente espressi su un orizzonte temporale di breve-medio periodo.

Si distinguono le Contractual joint ventures, di breve termine e in cui il

contratto si limita a disciplinare le condizioni e le modalità di realizzazione

dell’attività in comune senza prevedere il pieno coinvolgimento di ciascuna

azienda partecipante (che quindi mantengono la propria autonomia giuridica

ed economica), e la Joint venture corporation, realizzata tramite la

costituzione di una società ad hoc giuridicamente autonoma rispetto alle

aziende partecipanti al contratto, con cui si perseguono obiettivi comuni di

medio-lungo termine e le cui strategie operative possono essere più o meno

indipendenti dalle strategie perseguite dalle aziende aggregate (che

quest’ultime, in ogni caso, concorrono a definire).

Le strategie di collaborazione

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Le strategie di collaborazione

Le strategie di collaborazione (con l’eccezione delle joint-ventures, che

hanno obiettivi specifici) possono presentare seri limiti operativi a causa

delle difficoltà di conduzione unitaria dell’azienda, conseguenza della natura

“incerta” del soggetto economico.

Una buona partnership non può basarsi soltanto sul controllo di quote di

capitale, ma deve addentrarsi in tutte le fasi dei diversi processi gestionali

nella consapevolezza che “tutto deve essere condiviso”.

Una delle cause principali di insuccesso risiede proprio nella incompatibilità

tra i partner dell’iniziativa.

Per fronteggiare questa eventualità, vengono talvolta concordate regole

ferree riguardanti in dettaglio i comportamenti che ciascun partner deve

avere ma non si possono governare le aziende con regole scritte!

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Le strategie di ristrutturazione (turn-around)

Le strategie di ristrutturazione possono essere considerate

come fenomeni

strategici a sé stanti

come particolari momenti di

strategie di sviluppo, a livello di

sistema o di gruppo

Consentono di recuperare le

condizioni di economicità

“rimodellando l’azienda” essa

permane sui medesimi mercati di

originaria afferenza con gli stessi

prodotti, ma con una nuova

organizzazione in grado di

migliorare l’efficienza e l’efficacia

complessiva del sistema.

Hanno una funzione strumentale

rispetto ai processi di sviluppo

(generalmente per vie esterne,

conseguenti a strategie di

integrazione o diversificazione), e

sono normalmente foriere di

notevoli effetti sinergici.

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Le strategie di ristrutturazione (turn-around)

Tali strategie posso sostanziarsi nella:

• adozione di un nuovo modello organizzativo (in termini economico-

giuridici);

• ridefinizione degli obiettivi strategici

• adozione di un nuovo paradigma tecnico-produttivo;

• ricambio ai vertici dell’azienda (o di un suo ramo, di un’area d’affari, ecc.)

• eventuale eliminazione di aree improduttive, utilizzando gli strumenti

della cessione e/o della liquidazione.

Possono distinguersi in:

(a) Strategie di riconversione

(b) Strategie di risanamento

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Le strategie di ristrutturazione (turn-around) Le (a) strategie di riconversione presuppongono l’abbandono delle

produzioni esistenti e il contemporaneo avvio di nuove iniziative.

L’obiettivo è la sopravvivenza dell’azienda piuttosto che la sua crescita.

Possono rendersi necessarie a causa di fattori esogeni:

• crisi profonde e strutturali del settore;

• sensibile aggravamento delle condizioni di approvvigionamento;

• volontà della P.A. di disincentivare il settore in cui opera l’azienda.

ovvero fattori endogeni:

• inferiorità tecnologica, commerciale, finanziaria, manageriale;

• impossibilità di avvalersi di aiuti esterni (in particolare pubblici).

Propongono un’azienda rinnovata negli obiettivi, strutture, (missione).

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Le strategie di ristrutturazione (turn-around)

Le (b) strategie di risanamento si realizzano mediante interventi mirati

su specifiche aree funzionali o di business, coinvolgendo in ogni caso

l’area del soggetto economico.

Tali strategie sono poste in essere in tutte le circostanze di crisi

temporanea in tali casi, infatti, mediante interventi a forte valenza

imprenditoriale è possibile non solo risanare l’azienda, ma anche porla in

condizioni di ottenere importanti vantaggi competitivi dalle azioni

intraprese per il superamento della crisi.

Ovviamente tali tipi di crisi, se non tempestivamente ed adeguatamente

contrastati, possono condurre all’estinzione dell’azienda.

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Le strategie di ristrutturazione (turn-around)

I principali fattori di crisi aziendali sono*:

1) eccessiva dimensione dell’attività imprenditoriale;

2) perdita significativa di quote di mercato;

3) inadeguatezza tecnologica;

4) disorganizzazione, inefficacia e inefficienza dei sistemi produttivi.

5) situazioni di “asfissia” finanziaria

* I fattori in esame, nonché le principali strategie di risanamento, sono oggetto di

approfondito esame nel Modulo II del presente corso.

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Le strategie di ristrutturazione (turn-around)

I principali fattori di ripresa economica e di turnaround sono:

a) miglioramento dell’efficacia ed efficienza operativa (incremento della

produttività, riduzione dei costi di gestione, migliori azioni di marketing,

ecc.);

b) miglioramento tecnico-qualitativo della produzione;

c) maggiore differenziazione dei prodotti offerti;

d) promozione di investimenti diretti ad elevare il livello di qualità della

struttura organizzativa e produttiva;

e) concentrazione dell’azienda sul core business;

f) disponibilità di manager capaci ed esperti nelle attività di gestione;

g) disponibilità di adeguate risorse finanziare a costi sostenibili.