economia del lavoro lezione 14 · economia del lavoro lezione 14 prof.ssa francesca lotti dott....
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I sindacati
La contrattazione salariale non è fatta tra singolo lavoratore e singola impresa
• I sindacati, ovvero le istituzioni che rappresentano gli interessi dei lavoratori nel rapporto con le
imprese, sono i principali responsabili del miglioramento delle condizioni lavorative che è avvenuto in
molti paesi sviluppati.
• Anche se l’iscrizione al sindacato si è ridotta rapidamente negli ultimi decenni un po’ ovunque, i
sindacati rappresentano ancora una quota significativa della forza lavoro.
=> Attenzione sempre al contesto storico!!
Evoluzione della sindacalizzazione: US vs EU
Attenzione: differenza tra membership e union coverage (vedremo dopo)
I sindacati
I sindacati (unions) sono istituzioni che rappresentano gli interessi dei lavoratori nel rapporto con le imprese.
Rappresentano una forza significativa della forza lavoro, anche se nel tempo il numero di iscrizioni è diminuito,
soprattutto tra i giovani.
Gli incrementi salariali negoziati con le imprese sono la via principale attarverso cui il sindacato aumenta il
benessere degli iscritti. Tanto più un impresa realizza extraprofitti, quanto più il sindacato riuscirà a spuntare salari
più elevati.
Nei mercati più concorrenziali con assenza di barriere all’entrata e dove gli extraprofitti sono esigui, è infatti
improbabile riscontrare la presenza di sindacati. Al contrario, i sindacati sono floridi nei settori con potere di mercato
più concentrato.
I sindacati – Fatti stilizzati
I sindacati italiani nascono agli inizi del XX secolo. Durante il ventennio fascista la loro
attività è stata soppressa, per riprendersi poi nel dopoguerra con forte
contrapposizione tra posizione dei sindacati e imprenditori.
Agli inizi degli anni 60 le iscrizioni si attestano intorno al 25% della forza lavoro. Alla
fine degli anni 60, con l’affievolirsi del miracolo economico, si assiste ad una nuova fase
di conflitto culminata nell’ autunno caldo del 1969. Alla fine degli anni 70, la quota di
iscrizione al sindacato tocca il 50%. Durante questi anni si conseguono importanti
vittorie sindacali, quali
• Statuto dei Lavoratori (1970)
• scala mobile (1975).
I sindacati – Fatti stilizzati
Negli anni ‘80, l’enfasi posta sugli interessi dei lavoratori del settore industriale e la crescita sempre maggiore
di altre figure professionali (impiegati e quadri), genera una crisi di rappresentanza.
Questa crisi di rappresentanza sfociò nella marcia dei 40000 del 1980, in cui sfilarono quadri e impiegati della
FIAT, rendendo esplicito il proprio dissenso verso l’operato del sindacato. Dal 1980 al 1990 il sindacato
italiano ha visto la perdita di oltre 10 punti percentuali nelle iscrizioni.
Negli anni 90 vi è una nuova fase di assunzione di responsabilità da parte dei sindacati tramite gli accordi di
politica dei redditi del luglio del 1993, finalizzata a contenere l’inflazione e in virtù del futuro ingresso nella
moneta unica europea.
Gli anni 90 sono caratterizzati da una forte informatizzazione nel lavoro e dallo sviluppo di nuove forme di
lavoro flessibile, che hanno inasprito ancora di più la crisi di rappresentanza, che ha continuato ad erodere
iscritti sino ai nostri giorni.
I sindacati – Declino della sindacalizzazione
1. Flessibilizzazione del mercato del lavoro
2. Partecipazione femminile: Le donne sono solitamente meno interessate al sindacato. I benefici del
sindacato sono maggiori maggiore è il tempo che ci si aspetta di trascorrere sul mercato del lavoro e le
donne hanno carriere lavorative meno continue degli uomini. I sindacati sono poco «attrezzati» per
negoziare le richieste delle donne (flessibilità di orario, maternità, ecc..)
3. Terziarizzazione: E’ diminuito il peso di settori ad alta sindacalizzazione (manifattura, edilizia, ecc…) e
aumentato quello di settori poco sindacalizzati (servizi). Nei servizi c’è meno sindacato perché la
dimensione degli stabilimenti è molto minore, quindi è più difficile organizzarsi e c’è maggiore
eterogeneità sia dei processi produttivi che delle tipologie di lavoratori
4. Pressioni competitive e liberalizzazioni : I sindacati prospereranno nei settori in cui il potere di mercato è
concentrato ed esistono rendite da ridistribuire: sono considerati un meccanismo istituzionale attraverso
il quale i datori di lavoro condividono le rendite con i lavoratori.
Fatti stilizzati
Esistono differenze nella variazione delle proporzione degli iscritti tra i diversi paesi.
Mentre in Italia, USA e molti altri paesi industrializzati la quota di iscritti è diminuita, in
Svezia, Finlandia, Danimarca è cresciuta. In Canada invece è rimasta piuttosto stabile.
Vi sono poi differenze nella politica dei diversi sindacati. Negli USA esiste una forte
tradizione di sindacalismo economico, il cui obiettivo principale è quello di migliorare i
salari e le condizioni di lavoro attarverso la contrattazione collettiva.
In Italia invece la linea dei sindacati mira maggiormente ad orientare l’azione legislativa
e politica. Difatti, le tre maggiori confederazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL) sono
espressione di orientamenti politici ben definiti.
Le determinanti dell’iscrizione al sindacato
Occorre distinguere tra:
• copertura dal sindacato nella contrattazione (union coverage)
• iscrizione al sindacato (union membership). I
In Italia esiste una separazione ben distinta tra copertura e iscrizione. Ad esempio, i
contratti collettivi nazionali (CCNL) sono negoziati dai sindacati ma garantiscono validità
erga omnes, a prescindere che il lavoratore della categoria sia iscritto o meno.
In generale, i lavoratori aderiscono al sindacato se possono beneficiare di un pacchetto
salario-occupazione che offre loro una maggiore utilità di quello offerto da un posto di
lavoro non sindacalizzato.
Le determinanti dell’iscrizione al sindacato
La discriminante tra iscriversi e non iscriversi al sindacato è l’elasticità della
domanda di lavoro:
• Se la domanda di lavoro è molto elastica: non conviene iscriversi al
sindacato;
• Se la domanda di lavoro è piuttosto rigida: conviene iscriversi.
Però dobbiamo distinguere anche a seconda del comportamento del
sindacato:
•Modelli con sindacato monopolista;
•Modelli di contrattazione efficiente.
I sindacati monopolisti
Nei modelli di sindacato monopolista, il sindacato sceglie il salario e
l’impresa fissa l’occupazione
Il sindacato sceglie w e l’impresa si muove lungo la curva di domanda per
definire il livello di occupazione che massimizza il profitto.
Alcuni lavoratori perderanno i posti di lavoro per effetto della richiesta
salariale del sindacato.
I sindacati ricavano un’utilità maggiore (hanno maggior successo) se la
curva di domanda di lavoro è inelastica (le imprese reagiscono poco a
variazioni del salario).
I sindacati monopolisti
Ma quando la curva di domanda di lavoro è elastica?
1) quanto maggiore è l’elasticità di sostituzione tra K e L tanto più la
domanda di lavoro è elastica
2) quanto maggiore è l’elasticità della domanda di output ai prezzi tanto
più la domanda di lavoro è elastica
3) quanto maggiore è la quota del lavoro nei costi totali tanto più la
domanda di lavoro è elastica
4) maggiore è l’elasticità dell’offerta degli altri fattori di produzione, come
il capitale, e maggiore è l’elasticità della domanda di lavoro
Contrattazione efficiente - Intuizione
Soluzione salario – occupazione da modello con sindacato monopolista è tuttavia
inefficiente (sindacato fa diminuire il valore del contributo del lavoro al reddito
nazionale) => esiste un valore che il mercato del lavoro potrebbe creare, ma non crea a
causa del meccanismo di contrattazione.
• Forse l’impresa e il sindacato potrebbero trovare, accordandosi, un contratto di lavoro
che non è sulla curva di domanda ma che aumenterebbe il benessere di almeno una
delle parti, senza peggiorare quello dell’altra.
• Nei modelli di contrattazione efficiente il sindacato contratta con l’impresa salari e
occupazione
Contrattazione efficiente - Curva di isoprofitto dell’impresa
Definiamo prima le curve di isoprofitto dell’impresa (CII).
Una CII fornisce le combinazioni salario-occupazione che
producono lo stesso livello di profitti. Per cui un’impresa è
indifferente su quale combinazione scegliere lungo la stessa
CII.
Al salario w0 l’impresa massimizza i profitti e guadagna Y Euro
assumendo 100 lavoratori. Se si volessero ridurre i lavoratori e
mantenere i profitti costanti, l’impresa dovrebbe ridurre il
salario. Analogamente, se si volessero assumere 150
lavoratori, a parità di profitto si dovrebbero anche in questo
caso ridurre i salari.
La CII ha quindi una forma ad U rovesciata. E’ possibile
derivare una famiglia di CII (una per ogni livello di profitto). Si
noti che a CII più basse corrispondono livelli di profitto più
elevati.OCCUPAZIONE!!!
Contrattazione efficiente - Curva dei contratti (I)
Partiamo dal punto P
Al salario competitivo w* l’impresa assume E*
lavoratori (punto P) e guadagna p* di profitto.
L’utilità del sindacato è pari a U*. Un sindacato
monopolista si posizionerebbe sul punto M della
curva di domanda, raggiungendo la curva di
indifferenza UM e profitti pM.
Tuttavia si potrebbero trovare aggiustamenti di M
tali almeno da non peggiorare il proprio benessere
rispetto all’equilibrio con sindacato monopolista.
Per il sindacato, ogni punto su UM o sopra di essa è
preferibile a M. Quindi esso sarebbe disposto a
negoziare per spostarsi in uno di questi punti.
Contrattazione efficiente - Curva dei contratti (II)Per l’impresa, ogni punto sull’isoprofitto pM o sotto di
esso è preferibile a M, per cui accetterebbe di negoziare
per spostarsi in uno di questi punti.
I benefici della negoziazione si esauriscono solo quando le
CII e le curve d’indifferenza sono tangenti. Il luogo dei
punti di tangenza isoprofitti-curve di indifferenza è
chiamato curva dei contratti e rappresentano allocazioni
Pareto-ottimali.
Ad esempio, il sindacato sarebbe disposto a lasciare
l’equilibrio in M per allocazioni che giacciono sulla curva
UM o sopra di essa. Allo stesso tempo, l’impresa
accetterebbe allocazioni sulla curva pM o al di sotto di
essa. Quindi se ne avessero la possibilità le parti
negozierebbero su salari e occupazione in modo da
raggiungere contratti che giaccioni sulla curva RQ.
Questa negoziazione si definisce contrattazione
efficiente, perchè esaurisce tutti i benefici dello scambio.
Gli scioperi
Supponiamo che esistano 100 Euro di rendita da dividere tra sindacato e impresa tramite una negoziazione. La figura sotto illustra le
possibili combinazioni per dividere la rendita. Nel punto RF, l’impresa ottiene 75 Euro, il sindacato 25 Euro. Il sindacato rivendica di
ottenere 75 Euro (RU), lasciando all’impresa solo 25 Euro. Se le parti non si accordano, si proclama uno sciopero.
Poichè gli scioperi sono costosi per entrambe le parti:le imprese
perdono reddito e i lavoratori perdono salario (o addirittura posti di
lavoro), la torta da spartire si riduce da 100 a 80 Euro. Una volta
concluso lo sciopero, le parti avranno trovato un accordo equo nel
punto S in cui ognuno ottiene 40 Euro.
Entrambi tuttavia hanno ottenuto una “falsa vittoria”, poichè se
avessero previsto il risultato finale, avrebbero potuto subito decidere
sul punto R* in cui dividono in parti uguali la rendita inziale di 100 Euro.
Per questo motivo gli scioperi non sono Pareto ottimali. Quando le
parti hanno informazioni sufficienti sui costi e sul risultato probabile
dello sciopero, scioperare è inefficiente e conviene accordarsi in
anticipo.
L’irrazionalità degli scioperi è conosciuta come il paradosso di Hicks.
Scioperi e informazione asimmetrica (I)
Sono state proposte diverse teorie per spiegare il paradosso di Hicks, di cui le più autorevoli sottolineano che i lavoratori spesso non
sono ben informati sulle condizioni finanziarie dell’impresa e possono avere aspettative troppo ottimistiche su quanto l’impresa è
disposta a concedere. Esiste quindi asimmetria informativa nella contrattazione tra imprese e sindacato/lavoratori. Lo sciopero è
quindi un elemento informativo per il sindacato. La figura illustra la curva di resistenza del sindacato, che riassume l’informazione
assimilata dopo lo sciopero.
Avendo informazioni insufficienti, il sindacato avanza una richeista
salariale irrealistica, pari a w0. Se lo sciopero si protrae molto senza che
l’impresa ceda, il sindacato ridimensiona la propria aspettativa, sia
perchè crede che l’impresa non sia molto redditizia sia perchè subisce i
costi dello sciopero.
Tanto più è lungo lo sciopero, tanto più limitate saranno le richieste del
sindacato. Alla fine, le richieste si ridurranno a wmin, il salario più basso
che il sindacato è disposto ad accettare.
Si noti che la proposta iniziale w0 rappresenta la risposta ottima del
sindacato, perchè le informazioni asimmetriche incentivano l’impresa a
mentire sulle dimensioni della torta da spartire. Se i sindacati non
minacciassero lo sciopero, imponendo alti costi all’impresa,
quest’ultima continuerebbe a sostenere che la torta disponibile è molto
piccola.
Effetti salariali del sindacato (I)
Quanto conviene ai lavoratori che il sindacato negozi il proprio salario? Qual è l’effetto salariale
determinato dall’azione sindacale?
Supponiamo che il lavotatore � guadagni ��� Euro senza sindacato e ��
� aderendo al sindacato. Il
guadagno percentuale è pari a:
∆�=��� −��
�
���
A livello nazionale, il guadagno salariale sindacale (S) sarà dato dalla media dei guadagni salariali per tutti i
lavoratori interessati, cioè:
=∑ ∆����
�
che misura quanto il lavoratore medio dell’economia guadagnerebbe in più (in termini percentuali) se il
suo salario fosse negoziato dal sindacato.
Effetti salariali del sindacato (I)
Il guadagno salariale sindacale è molto difficile (impossibile) da stimare empiricamente:
• abbiamo bisogno di sapere quanto il lavoratore guadagnerebbe se fosse occupato in un posto di lavoro
non sindacalizzato e quanto guadagnerebbe se il posto di lavoro diventasse improvvisamente
sindacalizzato.
• osserviamo solo uno di questi due salari, perché in un dato istante un lavoratore o è sindacalizzato
oppure no.
Per risolvere il problema del controfattuale, calcoliamo il divario salariale sindacale percentuale, dato da:
∆�=��� −���
���
Dove ��� e ��� sono, rsipettivamente, i salari medi nelle imprese non sindacalizzate e sindacalizzate.
Recenti stime per gli Stati Uniti quantificano il divario salariale sindacale intorno al 16%.
Effetti salariali del sindacato (II)
Le stime del divario salariale sindacale vengono solitamente corrette per tenere
conto delle differenze nelle caratteristiche socioeconomiche (istruzione, età,
industria e regione di occupazione) tra i lavoratori che sono in posti di lavoro
sindacalizzati e quelli non sindacalizzati.
• Aggiustamenti simili a quelli utilizzati nella scomposizione di Oaxaca, che stima il
differenziale salariale tra bianchi e afro – americani e tra uomini e donne.
• Quanta parte del differenziale è dovuto a ≠ caratteristiche tra lavoratori/settori
sindacalizzati e non e quanto alla presenza del sindacato
Ipotesi exit voice
I sindacati influenzano non solo il salario, ma anche altri aspetti del rapporto di occupazione, come la
produttività, il turnover, la soddifsazione del lavoratore sotto diversi ambiti.
Senza sindacati, i lavoratori non avrebbero un meccanismo per lamentarsi (o avanzare proposte) con i
datori di lavoro delle condizioni di lavoro, dei salari o degli altri aspetti del rapporto di lavoro.
Se un lavoratore dovesse lamentarsi, il datore di lavoro potrebbe reagire demotivandolo o licenziandolo.
Il sindacato è un agente dei lavoratori e dà loro una “voce”: i lavoratori possono usarlo evitando ritorsioni.
In assenza di sindacato il lavoratore “scontento” può solo dimettersi
Questa ipotesi sembra trovare riscontro nei dati. Alcuni studi mostrano che la probabilità di abbandono
del lavoro in un periodo di due anni è pari al 14% nelle imprese non sindacalizzate e 7% in quelle
sindacalizzate.
Un aspetto importante riguarda la posizione delle imprese rispetto al sindacato. Anche se il sindacato agisce
positivamente sulla produttività dei lavoratori, questo non sembra essere abbastanza per compensare I maggiori
costi per il personale. Secondo alcuni studi, le imprese con sindacato hanno meno profitti e una più bassa
redditività del capitale.