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Ecco il ciclone balcanico della Kocani Orkestar E vent i Sabrina Vedovotto Cosa vorrà mai dire, Exacti- tudes, termine piuttosto diffici- le da pronunciare, contrazione delle parole inglesi exact e atti- tude? Neologismo utilizzato, anzi prima inventato, dal duo di artisti olandesi Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek per dare si- gnificato a una pratica da loro molto osservata. La traduzione della parola potrebbe infatti vo- ler dire «stesso atteggiamento» «stessa posa"» ed è esattamente ciò che i due ripropongono nei lavori presentati a Palazzo In- contro, nella mostra dal titolo Exactitudes. Exactitudes altro non è che una serie di 112 ritratti fotogra- fici multipli, quasi sempre rap- presentati da un numero di do- dici o anche più scatti, attraver- so i quali si cerca di raccontare un atteggiamento, un modo di vivere, lo sguardo, un compor- tamento, una condotta, ma an- che attitudini di vita o anche una zona del mondo, semplice- mente attraverso la posizione del corpo, reiterata in maniera quasi ossessiva. Il duo di artisti fa da circa 15 anni una ricerca metodologica ed enciclopedica di stili, modi di vestire, tendenze. Per ogni lavoro c’è dietro una intenzio- ne di approfondimento, di os- servazione, che viene enuclea- ta utilizzando la narrazione se- riale, introducendo cioè dodi- ci figure umane che rappresen- tano la stessa cosa. Apparente- mente uguali, ma in realtà diffe- renti. Il lavoro dei due artisti sembra divertente a un occhio disattento ma, osservando le te- matiche prese di mira, ci si ren- de conto dell’attenzione che viene data anche a problemati- che piuttosto importanti tipi- che di questa epoca. Un modo diverso per fissare l’attenzione su atteggiamenti, modus viven- di, caratterizzati in maniera piuttosto chiara, senza mai in- dugiare inutilmente. Un tentativo di vedere quan- to possa essere difficile dirsi tutti uguali pur nella diversità, e quanto, ugualmente, si sia di- versi pur nell’uguaglianza. Le serie di maggiore interesse so- no quelle in cui vengono esami- nate le categorie più comples- se, come per esempio i vaga- bondi, ma anche i bambini di Rio: tutte foto di ragazzini con il volto imbronciato, le braccia incrociate su corpi quasi nudi; o ancora i ragazzi del ghetto, ma soprattutto il ritratto multi- plo dei musulmani, un gioco di colori dei loro mantelli. Gli scatti, ispirati a luoghi eteroge- nei ma anche multiculturali, so- no stati scattati a Rotterdam, New York, Parigi, Milano e Pe- chino. Fino al 26 aprile. Ingresso gratuito. AL PARCO DELLA MUSICA Duccio Pasqua All’Eur stasera ci sarà il Caos. Non è una nefasta previsione meteorologica, né una pre- occupante notizia sul traffico. Più semplice- mente, c’è il concerto di Caparezza all’Atlanti- co Live (già noto come Palacisalfa). L’artista pugliese presenta il suo album più recente, Le dimensioni del mio caos, baciato dal grande successo di critica e pubblico. Eroe è una del- le canzoni più intelligenti e dure pubblicate in Italia negli ultimi anni, analisi spietata e ironica delle difficoltà quotidiane di un nor- male lavoratore italiano. Insieme a Vieni a ballare in Puglia e Abiura di me, ha lanciato l’album verso la conquista del disco d’oro. Cifra di Caparezza è la capacità di mettere in rima argomenti mai banali, su musiche complesse e decisamente molto suonate, ve- ra anomalia in un ambito musicale che vive di basi elettroniche. Come racconta lui stesso nella divertente autobiografia, «la vita artisti- ca di Michele Salvemini si divide in due tron- coni: "quando aveva i capelli corti" e "quando aveva i capelli lunghi". "Quando aveva i capel- li corti" le sue opere erano acerbe, svuotate di senso critico e per nulla scomposte. "Quando aveva i capelli lunghi" invece, la sua poetica divenne ficcante, urticante e altri aggettivi an- cora, permettendogli di pubblicare ben quat- tro dischi e chissà quanti altri ancora». Tra le sue sconfitte, una è particolarmente scottante: «Caparezza visse tutto il tempo con la frustrazione di non poter diventare il musi- cista più noto della sua città, perché Molfetta aveva dato i natali a Riccardo Muti. Altresì non poté sperare di divenire il Salvemini più popolare, poiché di Molfetta era anche lo sto- rico Gaetano Salvemini. Fu forse per questo che divenne famoso in Francia». Racconta ancora Caparezza: «Egli divenne noto in patria per aver composto Fuori dal tunnel, la sua opera più apprezzata, feroce critica a una comunità devota al divertimento che la adottò come inno trovandola, appun- to, divertente». Nica Fiori Figure umane metamorfizzate inserite entro architetture contemporanee, quali il Guggenheim Museum di New York o la cupo- la del Reichstag di Berlino. A prima vista po- trebbe essere questo ciò che appare nella mo- stra «Miths and Rhitms for the New Millen- nium» di Antonio Pio Saracino, ospitata fino al 7 marzo nella galleria Emmeotto (via Mar- gutta, 8). In realtà quelle mitiche figure di uo- mini, divinità e mostri servono all’artista (ar- chitetto, designer e fotografo di successo che lavora tra New York e Roma) per parlarci di un mondo globalizzato, in cui il mito tecnolo- gico provoca la caduta delle identità naziona- li, come evidenziato in particola- re nell’installazione «La caduta dell’impero» (2008), con una se- rie di bandiere nere poste a indi- care la fine delle strutture politi- che che governano le nazioni. Partendo da suggestioni pittori- che e concettuali, legate all’ope- ra di artisti del passato quali Cara- vaggio, Bernini, e Sartorio, ma anche alla sua terra di origine, la Puglia, dove i miti greci sono di casa, Saracino cerca, attraverso la rielaborazione di immagini fo- tografiche, di «indagare il mondo artificiale che costruiamo e le sue interazioni con la natura e con noi stessi». In «Apollo e Dafne» (2007), la mutazione di Dafne avviene mediante la trasformazione delle mani in cavi per computer, mentre i capelli anguiformi sul- la testa di «Medusa» (un dittico del 2007) sono diventati fili elettrici, anche se un serpente sopravvive al collo della modella. Serpente che, nella seconda foto, si chiude ad anello in forma di uroboro a simboleggiare la natura ciclica delle cose, e quindi il rigenerarsi conti- nuo della vita. Da Narciso a Icaro, da Prome- teo ad Artemide, da Marte e Venere all’Arpia, i miti antichi rivivono incarnandosi in figure emblematiche del nostro tempo. Nei dittici, in particolare, le persone metamorfizzate la- sciano una traccia riconoscibile e nello stesso tempo sfuggente, complessa, nell’immobili- tà di uno sfondo architettonico che sembra sottolineare una dilatazione del tempo. Il motivo della Lupa capitolina, di grande attualità dopo la presunta scoperta della grot- ta del Lupercale, compare in «Mother’s instin- ct» (2007), raffigurante una donna con sei mammelle che allatta due cinesine. Que- st’opera è stata uno dei simboli iconici dell’ul- tima edizione di Europalia e farà parte di Itali- dea, la mostra delle eccellenze italiane itine- rante nelle principali capitali del mondo. Orario: da martedì a sabato 11-13.30 e 15-19.30 Immaginate la chiesa dell’Aracoeli, le cu- pole e il campanile ardito di Santa Maria Mag- giore, i ruderi della Villa dei Quintili o Tor dei Conti che si stagliano e si riflettono tra il cielo e l’acqua di un lago immaginario. Cielo, terra, acqua sono gli elementi che saltano subito agli occhi nella pittura di Corrado Bonicatti nella mostra «Dialoghi di luce», ospitata fino al 22 marzo nel Refettorio Quattrocentesco di Palazzo Venezia. L’artista, le cui opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero, viene inserito dai critici tra gli eredi di Morandi, Mafai, Music e Afro. Ma i suoi paesaggi così poetici, che ci parlano di solitudine e di spazi entro cui si può sprofon- dare, possono essere accostati anche all’Infi- nito di Leopardi. Cosa che fa Claudio Strinati, curatore della mostra insieme a Maria Teresa Benedetti, nella monografia Bonicatti edita da De Luca. Il suo lavoro, dal 1973 a oggi, è documentato attraverso numerosi dipinti ad olio raffiguranti paesaggi, ma anche l’intimi- tà di stanze segrete, dove la luce dà vita e mo- vimento alle forme. Con la luce si compie un atto liberatorio che dissolve l’oscurità, per ri- trovare al di là di essa la pura luce intellettua- le, aspirazione suprema di molti artisti. Il suo percorso pittorico ci appare come un itinera- rio iniziatico dell’anima, espresso con un lin- guaggio raffinato che si colloca tra materia e spirito, tra cielo e terra. «Se guardo i quadri di Bonicatti, vedo una città celeste, una città di luce, come Kash, la mitica città omologa alla sommità della testa, il punto attraverso cui entriamo in contatto con il cielo», scrive Rug- gero Savinio del suo amico Bonicatti, nato a Roma nel 1940 e che proprio alla sua città si ispira sublimando immagini che, tra astrazio- ne e figurazione, prendono vita e si trasforma- no donandoci emozioni, miraggi, sogni. Co- me un pellegrino medievale, anche Bonicatti vede in Roma la città celeste dal destino ecce- zionale, dove ci si può anche smarrire, sia pu- re metaforicamente, nell’impeto delle emo- zioni che suscita. Tra i paesaggi romani trovia- mo arcate, facciate, muri dai tipici colori gial- lo-rossastri impastati di luce, e poi luoghi sa- cri, che simbolicamente alludono al passag- gio verso il futuro. Orario: dalle 9 alle 19. Chiuso il lunedì. Ingresso libero NFi Stefania Marignetti «Ho pensato che forse sarebbe interes- sante per gli appassionati d’arte tedeschi avere raccolte le più belle vedute e rovine romane incise pittoricamente e rilegate, co- sa che si potrebbe realizzare facilmente se vi lavorassero insieme alcuni degli artisti residenti a Roma». Così, nel 1792, Johann Christian Reinhart descriveva all’editore Frauenholz il progetto che diede vita, nel 1798, alla pubblicazione Mahlerisch radir- te Prospecte von Italien. Per la gioia di quei tedeschi che sul finire del Settecento si ap- passionarono all’Italia e degli italiani di og- gi che, nella serie completa delle 72 acque- forti dedicate a Roma e dintorni, possono ammirare con un certo stupore il volto mu- tato di una città eterna. Realizzata tra il 1790 e il 1798 da Jacob Wilhelm Mechau, Christoph Albert Dies e dallo stesso Reinhart (ciascuno dei quali realizzò 24 opere a tema), la serie completa delle incisioni - considerata una delle mas- sime espressioni della grafica dell’epoca - è stata acquistata nel 2005 dall’unico mu- seo tedesco in Italia, la Casa di Goethe. Qui è possibile ammirarla nella mostra «Incisio- ni pittoriche di vedute italiane», aperta al pubblico fino al 12 marzo. Ci sono Porta San Giovanni immersa nel verde, con tanto di buoi e mucche al pascolo tra le vestigia, Porta San Paolo sullo sfondo della Pirami- de Cestia avvolta dalla vegetazione, Monte Testaccio «con il sito di ricreazione dei pit- tori fiamminghi del secolo passato», il Co- losseo, le Terme di Caracalla, Villa Borghe- se, i ponti di Roma e tutti quei luoghi ben noti, ritratti così come non li abbiamo mai visti. Rispettando l’ordine imposto dalla casa editrice tedesca, non cronologico bensì ge- ografico, il percorso espositivo parte da Ro- ma per allargarsi ai dintorni, resi in manie- ra «pittorica» e non semplicemente grafica. Fu per raggiungere questo scopo che Reinhart affidò il compito a due pittori di professione, e non a due grafici, per ottene- re un risultato artistico e non artigianale. Impresa riuscita. Le tribù di oggi e il codice dell’«uniforme» A Palazzo Incontro la mostra fotografica «Exactitudes» di Versluis e Uyttenbroek I «ragazzi del ghetto» di Parigi Musulmani ALL’ATLANTICO LIVE (EX PALACISALFA) Attenzione! All’Eur è in arrivo il «Caos» Caparezza questa sera in concerto nella capitale: tra ironia, provocazioni e tanta buona musica La tribù degli «eco-punk» GALLERIA EMMEOTTO Saracino tra Icaro, la Lupa e le «icone» più spiazzanti AL REFETTORIO DI PALAZZO VENEZIA Bonicatti dialoga con la luce tra paesaggi immaginari «Icarus» «I giardini segreti» «Ponte Salaro» (1793) ALLA CASA DI GOETHE FINO AL 12 MARZO Cartoline (ma d’artista) da un’Italia che non c’è più Stasera all'Auditorium la Kocani Orkestar presenta il nuovo album «The ravished bride». Il disco esce a sette anni di distanza dal precedente «Alone at my wedding», sette anni in cui il gruppo ha alternato lunghe tournée a prestigiose collaborazioni (Vinicio Capossela, Paolo Fresu, Antonello Sa- lis, Cibelle, Balkan Beat Box) e ha visto crescere la sua popo- larità. Non è possibile costringere «The Ravished Bride» in un ambito musicale, nonostante le evidenti origini balcani- che: ci sono epiche canzoni d’amore, interpretate dalla voce di Ajnur Azizov, che accompagnano il gruppo verso un nuo- vo pop est-mediterraneo; ci sono sorprendenti rivisitazioni di classici tradizionali messicani («La Llorrona»), mentre i brani strumentali non disdegnano atmosfere surf, dando vita a una sorta di rock balcanico. DPa PUGLIESE L’artista vanta le stesse origini di Salvemini e di Riccardo Muti ROMA

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Page 1: [EDIZIO-RM - 53] GIORN/ROMA/PAG05 28/02/09 · Ecco il ciclone balcanico della Kocani Orkestar Eventi Sabrina Vedovotto Cosavorràmaidire,Exacti-tudes,terminepiuttostodiffici-ledapronunciare,contrazione

Ecco il ciclone balcanicodella Kocani Orkestar

Eventi

Sabrina Vedovotto

Cosavorràmaidire,Exacti-tudes, terminepiuttostodiffici-ledapronunciare, contrazionedelleparole inglesi exact eatti-tude? Neologismo utilizzato,anzi prima inventato, dal duodiartisti olandesiAriVersluis eEllie Uyttenbroek per dare si-

gnificato a una pratica da loromoltoosservata. La traduzionedellaparolapotrebbeinfattivo-ler dire «stesso atteggiamento»«stessaposa"» edè esattamenteciòche idue ripropongononeilavori presentati a Palazzo In-contro, nella mostra dal titoloExactitudes.Exactitudes altro non è che

unaseriedi112 ritratti fotogra-ficimultipli, quasi sempre rap-presentati daunnumerodido-dicioanchepiùscatti, attraver-so i quali si cerca di raccontareun atteggiamento, un modo divivere, lo sguardo, uncompor-tamento, una condotta,ma an-che attitudini di vita o ancheunazonadelmondo,semplice-mente attraverso la posizionedel corpo, reiterata in manieraquasi ossessiva.Il duo di artisti fa da circa 15

anni una ricercametodologicaed enciclopedica di stili, modidi vestire, tendenze. Per ognilavoro c’è dietro una intenzio-ne di approfondimento, di os-

servazione, cheviene enuclea-ta utilizzando la narrazione se-riale, introducendo cioè dodi-ci figureumanecherappresen-

tano la stessa cosa. Apparente-menteuguali,mainrealtàdiffe-renti. Il lavoro dei due artistisembra divertente a un occhiodisattentoma,osservandolete-matichepresedimira, ci si ren-de conto dell’attenzione chevienedata ancheaproblemati-che piuttosto importanti tipi-che di questa epoca. Unmododiversoper fissare l’attenzionesuatteggiamenti,modusviven-di, caratterizzati in manierapiuttosto chiara, senza mai in-dugiare inutilmente.Un tentativo di vedere quan-

to possa essere difficile dirsitutti uguali pur nella diversità,equanto,ugualmente, si siadi-

versi pur nell’uguaglianza. Leserie di maggiore interesse so-noquelleincuivengonoesami-nate le categorie più comples-se, come per esempio i vaga-bondi, ma anche i bambini diRio: tutte foto di ragazzini conil volto imbronciato, le bracciaincrociate su corpi quasi nudi;o ancora i ragazzi del ghetto,

ma soprattutto il ritrattomulti-plodeimusulmani,ungiocodicolori dei loro mantelli. Gliscatti, ispirati a luoghi eteroge-neimaanchemulticulturali,so-no stati scattati a Rotterdam,NewYork, Parigi,Milano ePe-chino.Fino al 26 aprile. Ingresso

gratuito.

AL PARCO DELLA MUSICADuccio Pasqua

All’Eur stasera ci sarà il Caos. Non è unanefastaprevisionemeteorologica,néunapre-occupante notizia sul traffico. Più semplice-mente,c’è il concertodiCaparezzaall’Atlanti-co Live (già noto come Palacisalfa). L’artistapugliesepresenta il suoalbumpiùrecente,Ledimensioni del mio caos, baciato dal grandesuccessodi critica e pubblico.Eroe è unadel-le canzoni più intelligenti e dure pubblicatein Italia negli ultimi anni, analisi spietata eironica delle difficoltà quotidiane di un nor-male lavoratore italiano. Insieme a Vieni aballare in Puglia eAbiura dime, ha lanciatol’album verso la conquista del disco d’oro.Cifra di Caparezza è la capacità di mettere

in rima argomenti mai banali, su musichecomplesse e decisamentemolto suonate, ve-raanomalia inunambitomusicalechevivedibasi elettroniche. Come racconta lui stessonella divertente autobiografia, «la vita artisti-ca di Michele Salvemini si divide in due tron-

coni: "quandoaveva i capelli corti" e "quandoavevaicapelli lunghi". "Quandoaveva icapel-li corti" le sueopereeranoacerbe, svuotatedisensocriticoepernulla scomposte. "Quandoaveva i capelli lunghi" invece, la sua poeticadivenneficcante,urticanteealtri aggettivian-cora,permettendoglidi pubblicarebenquat-tro dischi e chissà quanti altri ancora».Tra le sue sconfitte, una è particolarmente

scottante: «Caparezza visse tutto il tempoconla frustrazionedi nonpoter diventare ilmusi-cista più noto della sua città, perchéMolfettaaveva dato i natali a Riccardo Muti. Altresìnon poté sperare di divenire il Salvemini piùpopolare,poichédiMolfetta eraanche lo sto-rico Gaetano Salvemini. Fu forse per questoche divenne famoso in Francia».Racconta ancora Caparezza: «Egli divenne

noto in patria per aver composto Fuori daltunnel, la sua opera più apprezzata, ferocecriticaaunacomunitàdevotaaldivertimentoche la adottò come inno trovandola, appun-to, divertente».

Nica Fiori

Figure umane metamorfizzate inseriteentro architetture contemporanee, quali ilGuggenheimMuseumdiNewYorkolacupo-la del Reichstag di Berlino. A prima vista po-trebbeesserequestociòcheapparenellamo-stra «Miths and Rhitms for the New Millen-nium» di Antonio Pio Saracino, ospitata finoal 7 marzo nella galleria Emmeotto (via Mar-gutta, 8). In realtàquellemitiche figuredi uo-mini, divinità e mostri servono all’artista (ar-chitetto, designer e fotografodi successo chelavora tra New York e Roma) per parlarci diunmondoglobalizzato, incui ilmito tecnolo-gicoprovoca la cadutadelle identitànaziona-li, come evidenziato in particola-re nell’installazione «La cadutadell’impero» (2008), con una se-rie di bandiere nere poste a indi-care la fine delle strutture politi-che che governano le nazioni.Partendo da suggestioni pittori-che e concettuali, legate all’ope-radiartistidelpassatoqualiCara-vaggio, Bernini, e Sartorio, maanche alla sua terra di origine, laPuglia, dove i miti greci sono dicasa, Saracino cerca, attraversola rielaborazione di immagini fo-tografiche,di «indagare ilmondoartificiale che costruiamo e le sue interazionicon la natura e con noi stessi». In «Apollo eDafne» (2007), lamutazionediDafneavvienemediante la trasformazionedellemani incavipercomputer,mentre icapellianguiformisul-la testadi «Medusa» (unditticodel 2007) sonodiventati fili elettrici, anche se un serpentesopravvive al collo della modella. Serpenteche, nella seconda foto, si chiudeadanello informa di uroboro a simboleggiare la naturaciclicadellecose,equindi il rigenerarsiconti-nuo della vita. Da Narciso a Icaro, da Prome-teo adArtemide, daMarte eVenere all’Arpia,i miti antichi rivivono incarnandosi in figureemblematiche del nostro tempo. Nei dittici,in particolare, le persone metamorfizzate la-scianouna traccia riconoscibileenello stessotempo sfuggente, complessa, nell’immobili-tà di uno sfondo architettonico che sembrasottolineare una dilatazione del tempo.Il motivo della Lupa capitolina, di grande

attualitàdopolapresuntascopertadellagrot-tadelLupercale, compare in «Mother’s instin-ct» (2007), raffigurante una donna con seimammelle che allatta due cinesine. Que-st’operaèstataunodeisimboli iconicidell’ul-timaedizionediEuropaliae faràpartedi Itali-dea, la mostra delle eccellenze italiane itine-rante nelle principali capitali del mondo.Orario: da martedì a sabato 11-13.30 e

15-19.30

Immaginate lachiesadell’Aracoeli, lecu-polee il campanile arditodi SantaMariaMag-giore, i ruderi dellaVilladeiQuintili oTordeiConti che si stagliano e si riflettono tra il cieloe l’acquadiun lagoimmaginario.Cielo, terra,acqua sono gli elementi che saltano subitoagli occhi nella pittura di Corrado Bonicattinella mostra «Dialoghi di luce», ospitata finoal22marzonelRefettorioQuattrocentescodiPalazzo Venezia. L’artista, le cui opere sonopresenti in collezioni pubbliche e private inItalia e all’estero, viene inserito dai critici tragli eredi diMorandi,Mafai,Music eAfro.Ma isuoi paesaggi così poetici, che ci parlano disolitudine e di spazi entro cui si può sprofon-dare, possono essere accostati anche all’Infi-nitodi Leopardi. Cosache faClaudioStrinati,curatore dellamostra insieme aMaria TeresaBenedetti, nella monografia Bonicatti editada De Luca. Il suo lavoro, dal 1973 a oggi, èdocumentato attraverso numerosi dipinti adolio raffiguranti paesaggi, ma anche l’intimi-tà di stanze segrete, dove la luce dà vita emo-vimento alle forme. Con la luce si compie unatto liberatorio che dissolve l’oscurità, per ri-trovare al di là di essa la pura luce intellettua-le, aspirazione supremadimolti artisti. Il suopercorso pittorico ci appare comeun itinera-rio iniziatico dell’anima, espresso con un lin-guaggio raffinato che si colloca tra materia espirito, tra cielo e terra. «Se guardo i quadri di

Bonicatti, vedo una città celeste, una città diluce, come Kash, la mitica città omologa allasommità della testa, il punto attraverso cuientriamo in contatto con il cielo», scrive Rug-gero Savinio del suo amico Bonicatti, nato aRoma nel 1940 e che proprio alla sua città siispirasublimando immaginiche, traastrazio-neefigurazione,prendonovitaesi trasforma-no donandoci emozioni, miraggi, sogni. Co-meunpellegrinomedievale, ancheBonicattivede inRoma la città celestedal destinoecce-zionale,doveci sipuòanche smarrire, siapu-re metaforicamente, nell’impeto delle emo-zionichesuscita.Traipaesaggiromani trovia-moarcate, facciate,muri dai tipici colori gial-lo-rossastri impastati di luce, e poi luoghi sa-cri, che simbolicamente alludono al passag-gio verso il futuro. Orario: dalle 9 alle 19.Chiuso il lunedì. Ingresso libero NFi

Stefania Marignetti

«Hopensato che forse sarebbe interes-sante per gli appassionati d’arte tedeschiavere raccolte le più belle vedute e rovineromaneincisepittoricamenteerilegate,co-sa che si potrebbe realizzare facilmente sevi lavorassero insieme alcuni degli artistiresidenti a Roma». Così, nel 1792, JohannChristian Reinhart descriveva all’editoreFrauenholz il progetto che diede vita, nel1798,allapubblicazioneMahlerischradir-teProspecte von Italien. Per lagioiadi queitedeschi che sul finire del Settecento si ap-passionaronoall’Italiaedegli italianidiog-gi che, nella serie completadelle 72acque-forti dedicate a Roma e dintorni, possonoammirare conuncerto stupore il voltomu-tato di una città eterna.Realizzata tra il 1790 e il 1798 da Jacob

Wilhelm Mechau, Christoph Albert Dies edallo stesso Reinhart (ciascuno dei qualirealizzò24opereatema), laseriecompletadelle incisioni - considerata unadellemas-sime espressioni della grafica dell’epoca -è stata acquistata nel 2005 dall’unico mu-seo tedesco in Italia, laCasadiGoethe.Quièpossibileammirarlanellamostra«Incisio-ni pittoriche di vedute italiane», aperta alpubblico fino al 12 marzo. Ci sono PortaSanGiovanni immersanelverde,contanto

di buoi emucche al pascolo tra le vestigia,Porta San Paolo sullo sfondo della Pirami-deCestia avvolta dalla vegetazione,MonteTestaccio «con il sito di ricreazione dei pit-tori fiamminghi del secolo passato», il Co-losseo, leTermediCaracalla,VillaBorghe-se, i ponti di Roma e tutti quei luoghi bennoti, ritratti così come non li abbiamomaivisti.Rispettando l’ordine imposto dalla casa

editricetedesca,noncronologicobensìge-ografico, ilpercorsoespositivopartedaRo-maper allargarsi ai dintorni, resi inmanie-ra «pittorica» e non semplicemente grafica.Fu per raggiungere questo scopo cheReinhart affidò il compito a due pittori diprofessione,enonaduegrafici,perottene-re un risultato artistico e non artigianale.Impresa riuscita.

Le tribù di oggie il codice

dell’«uniforme»A Palazzo Incontro la mostra fotografica«Exactitudes» di Versluis e Uyttenbroek

I «ragazzi del ghetto» di Parigi

Musulmani

ALL’ATLANTICO LIVE (EX PALACISALFA)

Attenzione! All’Eur è in arrivo il «Caos»Caparezza questa sera in concerto nella capitale: tra ironia, provocazioni e tanta buona musica

La tribù degli «eco-punk»

GALLERIA EMMEOTTO

Saracino tra Icaro,la Lupa e le «icone»più spiazzanti

AL REFETTORIO DI PALAZZO VENEZIA

Bonicatti dialoga con la lucetra paesaggi immaginari «Icarus»

«I giardini segreti» «Ponte Salaro» (1793)

ALLA CASA DI GOETHE FINO AL 12 MARZO

Cartoline (ma d’artista)da un’Italia che non c’è più

Stasera all'Auditorium la Kocani Orkestar presenta il nuovoalbum «The ravished bride». Il disco esce a sette anni didistanza dal precedente «Alone at my wedding», sette anniin cui il gruppo ha alternato lunghe tournée a prestigiosecollaborazioni (Vinicio Capossela, Paolo Fresu, Antonello Sa-lis, Cibelle, Balkan Beat Box) e ha visto crescere la sua popo-larità. Non è possibile costringere «The Ravished Bride» inun ambito musicale, nonostante le evidenti origini balcani-che: ci sono epiche canzoni d’amore, interpretate dalla vocedi Ajnur Azizov, che accompagnano il gruppo verso un nuo-vo pop est-mediterraneo; ci sono sorprendenti rivisitazionidi classici tradizionali messicani («La Llorrona»), mentre ibrani strumentali non disdegnano atmosfere surf, dandovita a una sorta di rock balcanico. DPa

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PUGLIESE L’artistavanta le stesse originidi Salveminie di Riccardo Muti

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