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Elementi di civiltà della Sardegna Leonardo Carriero

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Elementi di civiltà della Sardegna. Leonardo Carriero. Lo scudo con croce rossa accantonata da quattro mori bendati. - PowerPoint PPT Presentation

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Page 1: Elementi di civiltà della Sardegna

Elementi di civiltà della Sardegna

Leonardo Carriero

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Lo scudo con croce rossa accantonata da quattro mori bendati

La tradizione iberica lo ricollega a re Pietro I d'Aragona, per la vittoria di Alcoraz (1096), ottenuta grazie a San Giorgio (campo bianco, croce rossa) che lasciò sul campo le quattro teste dei re arabi.

Un’altra tradizione lega lo stemma al gonfalone dato da Benedetto II ai Pisani in aiuto dei Sardi, contro i saraceni di Museto (1017).

Nella seconda metà del XIV secolo apparvero legati alla Sardegna, simbolizzandone il regno all'interno della Corona d' Aragona.

Nel Settecento le teste volte a sinistra e le bende calate sugli occhi, alludenti agli atteggiamenti (illiberali) del governo piemontese. 

Nel 1952 stemma ufficiale della Regione Autonoma Sardegna. Oggi i mori hanno voltato la testa e aperto gli occhi, non più fasciati

dalla benda che torna a cingere la fronte. 

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Caratteri originali

La presenza umana risale al Paleolitico e si snoda lungo tutte le epoche successive, preistoriche e storiche, trasformando il paesaggio dell'isola.

L'archeologia documenta le esperienze culturali dall'età pre-nuragica a quella bizantina,

L'architettura, l'arte e la letteratura (comprese le fonti documentarie) accompagnano il percorso storico dall'età giudicale a quella contemporanea.

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Periodizzazione

Paleolitico (450 mila anni fa - 10 mila a.C) Mesolitico (10 mila a.C. - 6 mila a.C.) Neolitico (6 mila a.C - 2800 a.C.) Eneolitico (2800 a.C. - 1800 a.C.) Età Nuragica (1800 a.C. - 238 a.C.) Età Fenicio-Punica (800 a.C. - 238 a.C.) Età Romana (238 a.C. - 460/467 d.C.) Età Vandalica (V - VI secolo) Età Bizantina (VI - XI secolo) Età Giudicale(XI secolo - 1410) Età Aragonese e Spagnola (1326 - 1718) Regno di Sardegna (1718 - 1861) Regno d’Italia (1861 - 1946)

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Pre-Nuragico (450 mila anni fa - 1800 a.C)

Il Prenuragico coincide in Sardegna con la preistoria, cioè con quella fase della storia umana in cui non era ancora stata inventata la scrittura. I dati archeologici sono quindi l'unica fonte di informazioni che ci consente di fare luce sulle abitudini di vita dell'uomo in questo periodo.

Questa lunga epoca della storia sarda è stata articolata dagli studiosi in fasi cronologiche, ciascuna delle quali poi divisa in sottofasi e articolata in ulteriori fasi culturali.

Il termine "cultura" viene utilizzato nell'ambito degli studi di preistoria per denominare l'associazione di insiemi di manufatti (oggetti ed edifici) che presentino caratteristiche tali da poter essere interpretati come espressione della cultura materiale di una data popolazione o di un dato gruppo etnico.

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Paleolitico inferiore(450 mila – 120 mila a.C.)

L'Età della Pietra Antica Il termine Paleolitico è composto dalle parole greche "paleos", antico, e "lithos", pietra, e designa l'Età della Pietra Antica. È la fase cronologicamente più antica della storia umana, quella cioè in cui compaiono le prime attestazioni certe di manufatti prodotti dall'uomo.

La storia della presenza umana in Sardegna comincia nel Paleolitico inferiore, come testimonia il rinvenimento di oggetti in pietra. Gli oggetti vennero rinvenuti nella parte settentrionale dell'isola, in Anglona, e sono inquadrabili nella tipologia delle industrie litiche.

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“Industria litica" è l'insieme delle tecniche e delle attività attraverso le quali un gruppo umano trasforma le materie prime per ottenere degli oggetti.

Gli studiosi devono porre grande cura a non incorrere in un errore di sopravvalutazione dell'importanza dei reperti litici (cioè in pietra), assai più resistenti rispetto alle altre categorie di reperti e quindi più facilmente presenti nei depositi archeologici.

A produrre questo genere di manufatti dovrebbero essere stati individui appartenenti alla specie "Homo erectus“. Si tratta di circa 600 oggetti. L'assenza di reperti ossei umani rende particolarmente difficile la ricostruzione di questa fase della preistoria sarda.

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Paesaggio costiero dell'Anglona

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Coste di Baunei e Dorgali

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Paleolitico Superiore(35 mila – 10 mila a.C. )

Il passaggio dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore viene generalmente posto in relazione con la comparsa e successiva diffusione della specie "Homo sapiens sapiens“.

In Sardegna i rinvenimenti avvenuti nel corso di scavi scientifici nella grotta Corbeddu di Oliena.

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Si tratta di ossa di animali e dei frammenti di una mandibola e di altre ossa umane.

Gli animali erano endemici della regione sardo-corsa: il "Megaceros cazioti", un cervo ormai estinto, i cui resti ossei recano tracce di lavorazione dell'uomo, e il "Prolagus sardus", un roditore anch'esso estinto. La datazione oscilla tra i 20.000 e i 6.000 anni a.C.

La grotta di Corbeddu di Oliena

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Supramonte di Oliena

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Oliena, panorama Lanaittu visto da Tiscali

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Neolitico(6 mila – 2800 a.C.)

Il termine Neolitico è composto dalle parole greche "neos", nuovo, e "lithos", pietra.

Età storica segnata da due importanti innovazioni: il sistema economico agro-pastorale e l’utilizzo della ceramica.

In Sardegna: la cultura di Bonu Ighinu (dalla grotta omonima nel nord dell’isola), la cultura di San Michele, (dalla grotta di San Michele presso Ozieri).

Sono le prime culture le cui testimonianze archeologiche parlano esplicitamente di una presenza uniforme sull'intera superficie dell'isola.

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Eneolitico(2800 – 1800 a.C.)

Latino "aeneus", bronzo, greco "lithos", pietra, in riferimento alle prime produzioni di bronzo.

L'acquisizione della capacità di estrarre e lavorare i metalli (il rame innanzi tutto, ma anche il piombo e l'argento).

Culto e statuette della "dea Madre" (L'altare di Monte d'Accoddi nel nord è costituito da una piattaforma piramidale su cui venne edificata una gradinata. La forma di questo monumento evoca le "ziqqurat" mesopotamiche.

L'affermarsi dello spazio abitativo organizzato del villaggio.

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Reperti rinvenuti nella grotta di Bonu Ighinu

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Età Nuragica(1800 – 238 a.C.)

Il passaggio dall'Eneolitico all‘Età del Bronzo rappresenta un momento cruciale della storia sarda. Dalle culture precedenti si passa infatti alla civiltà nuragica e già il cambio terminologico "cultura/civiltà" intende esprimere la natura profonda di tale mutamento.

La civiltà nuragica deve il suo nome al termine con cui in sardo viene chiamato il monumento considerato più rappresentativo di tale civiltà, il "nuraghe" appunto.

Un edificio a torre, costruito con l'impiego di pietre di grandi dimensioni (utilizzate grezze o più o meno regolarmente lavorate), al cui interno si trovano una o più camere sovrapposte caratterizzate dalla tipica copertura denominata a "falsa cupola" o a "tholos".

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Macomer, nuraghe Santa Barbara

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Si presenta sia nella versione monotorre sia nella versione complessa, con torre centrale ed altre di contorno. Intorno a numerosi nuraghi vengono poi edificati i villaggi di capanne in pietra.

Esistono anche altri tipi di edifici: i "protonuraghi" (noti anche con gli appellativi di "pseudonuraghi" o "nuraghi a corridoio"), le "tombe di giganti", i "templi a pozzo" e le "fonti sacre", i tempietti a "megaron".

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Barumini, Su Nuraxi

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Complesso nuragico di Barumini, Su Nuraxi

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Complesso nuragico di Barumini, Su Nuraxi

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Torralba, Santu Antine

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I dati archeologici consentono di affermare che la civiltà nuragica si reggeva su un'economia agro-pastorale, ma praticava anche un significativo sfruttamento delle risorse minerarie (in particolare rame e piombo).

Dal punto di vista sociale, la civiltà nuragica sembra essere stata caratterizzata da una struttura fortemente gerarchizzata, il cui vertice doveva essere occupato dai guerrieri, ma anche da personaggi legati alle pratiche cultuali, in particolare al culto delle acque che doveva essere praticato nei templi a pozzo.

Società nuragica

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Per quanto riguarda i rituali funerari è da segnalare la pratica del riutilizzo delle domus de janas realizzate nelle fasi cronologiche precedenti, sia la realizzazione di strutture tombali monumentali, come i corridoi megalitici che, nel loro sviluppo architettonico, porteranno alla nascita delle tombe dei giganti.

Le tombe di giganti, adibite alle sepolture collettive, sono caratterizzate dalla planimetria a forma di testa taurina.

Rituali funebri

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Lotzorai, Domus de Jana

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Area archeologica di Montessu, circa 40 Domus de Janas

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Arzachena, Tomba dei Giganti di "Coddu Ecciu"

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Triei, Tomba dei Giganti di “Osono”

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Tempio Pausania, nuraghe Majori

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La pratica medica della trapanazione in vita del cranio con sopravvivenza del soggetto sottoposto all'operazione, attestata dalla ricalcificazione ossea.

Ne sono testimonianza i resti di una donna sepolta nella grotta di Sisaia (Oliena), in associazione ad un povero corredo costituito da una ciotola, un tegame, una macina di granito e tracce di legno combusto.

Pratiche mediche

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I "templi a pozzo" (con copertura a tholos riservate al culto delle acque).

Le "fonti sacre" (che pescavano l’acqua direttamente al livello del piano di calpestio).

I tempietti a "megaron" (che traggono il nome dalla somiglianza strutturale con il "megaron" greco).

In prossimità di alcuni templi nuragici particolarmente importanti (Santa Vittoria di Serri) nascevano i "santuari federali", vasti villaggi interpretati come aree in cui dovevano aver luogo periodici incontri tra fedeli provenienti da zone diverse in occasione di festività particolarmente importanti per la religiosità nuragica.

Templi nuragici

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Pozzo sacro di Santa Cristina

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Olbia, pozzo sacro di Sa Testa

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Su Nuraxi di Barumini (patrimonio UNESCO), Santu Antine di Torralba, Losa di Abbasanta, Arrubiu di Orroli.

Molti dei villaggi nati nella fase precedente subiscono una crescita dimensionale significativa.

Non sono rari i villaggi autonomi, nati cioè non in prossimità di un nuraghe. Questo dato può essere interpretato come segno di un maggiore controllo territoriale nuragico.

In questa fase si intensificano inoltre i contatti economici e politici con popolazioni coeve del Mediterraneo, in particolare con Micenei e Ciprioti, interessati alle risorse minerarie della Sardegna.

Apogeo della Civiltà nuragica

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Prima Età del Ferro(900 – 500 a.C.)

Profondi mutamenti innescati da vari fattori, tra i quali va segnalato l'insediamento stabile in Sardegna dei Fenici.

Mutano le produzioni ceramiche, che tornano ad essere riccamente decorate nello stile detto "geometrico" e "orientalizzante".

Muta l'assetto di alcuni nuraghi, che subiscono seri rimaneggiamenti quando non addirittura il parziale smantellamento di torri e bastioni, come testimoniato dal nuraghe Genna Maria di Villanovaforru.

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Muta l'assetto dei villaggi, con il passaggio dalla capanna circolare isolata al complesso di ambienti con cortile centrale comune.

La produzione di armi in bronzo subisce un incremento, come pure quella dei bronzetti. Le statuine in bronzo, create con funzione di ex voto, raffigurano varie figure: arcieri, opliti, pugili, lottatori, figure femminili, animali, oggetti legati alla vita quotidiana, modellini di nuraghe, navi e altro ancora.

Merita una particolare menzione il rinvenimento delle grandi statue in pietra presso la necropoli di Monti Prama (Cabras). Si tratta infatti di manufatti artistici che (ad esclusione delle sculture della Grecia arcaica) non trovano analogie tra le produzioni mediterranee coeve.

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Bronzetti nuragici

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La realizzazione di modellini di nuraghe rappresenta un segno dei profondi mutamenti in atto all'interno del sistema culturale nuragico in questo periodo.

Non vengono realizzati nuovi nuraghi, alcuni sono abbandonati e altri parzialmente distrutti. Ad altri sono sovrapposte nuove capanne.

Gli archeologi hanno interpretato la realizzazione dei modellini di nuraghe come simboli della memoria culturale nuragica che subiva un mutamento radicale.

Modellini di nuraghe

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Età Fenicio-Punica(800 – 238 a.C.)

Il periodo fenicio-punico comprende una prima fase storica (IX sec. a.C.-metà del VI sec. a.C.) in cui la Sardegna viene interessata dal fenomeno di colonizzazione del Mediterraneo occidentale attuato dai Fenici. Successivamente (seconda metà del VI sec. a.C.-238 a.C.) l'isola passa sotto il controllo più diretto e invasivo dei Punici.

I Fenici sono la popolazione semitica che occupava le coste del Libano sin dal III millennio a.C. Fonte principale dell'economia dei Fenici erano le intense attività commerciali e marittime. Per sostenerle, essi fondarono numerose colonie sulle coste del Mediterraneo, comprese quelle sarde.

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Nasce in questa fase (tra il IX e il VII secolo a.C.) una serie di empori commerciali fenici che poi assumono i connotati di vere e proprie realtà urbane. L'arrivo dei Fenici in Sardegna sembra essere stato un fenomeno pacifico.

La collocazione costiera delle città fenicie, in zone in cui non esistevano precedenti insediamenti nuragici, fa pensare che non esistessero ragioni di conflitto fra loro; si suppone invece che ci fosse un rapporto di collaborazione e di scambio commerciale.

Contatto con la Fenicia

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Contatto con Cartagine

Invece l'incontro nell'isola, avvenuto intorno alla metà del VI sec. a.C., tra Fenici e Cartaginesi, dunque tra individui che si riconoscevano nello stesso modello politico, economico e sociale, provoca quel conflitto che non si era manifestato nel contatto tra le genti nuragiche e fenicie.

L'esito finale di questo scontro fu il passaggio della Sardegna sotto il controllo di Cartagine.

Le città più importanti sono Sulci, Nora, Bithia, Karalis e Tharros.

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Cabras, area di Tharros

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Le colonie fenicie in una tavola del XVIII secolo

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Espansione fenicia nel Mediterraneo

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In una colonna sepolcrale risalente al IX secolo a.C. (la stele di Nora, conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) che ricorda l'erezione di un tempio al dio cipriota Pumay, compare per la prima volta il nome "Sardegna", più esattamente il toponimo SHRDN, mancante di vocali come in tutte le lingue semitiche.

Il rito del tofet Il termine "tofet" designava nella Bibbia una località ubicata presso Gerusalemme in cui si riteneva venisse praticato il sacrificio dei bambini. In seguito il temine è passato a designare tutte le aree sacre dei centri urbani fenicio-punici destinate alla deposizione delle urne cinerarie contenenti i resti di bambini, posti in questo luogo per essere affidati alla protezione della dea Tanit.

Culto

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Carbonia, necropoli di Monte Sirai

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Età Romana(238 a.C. – 460/467 d.C.)

Tra Cartagine e Roma Nel momento in cui Roma comincia ad affacciarsi con maggiori ambizioni politiche, economiche e militari sul Mediterraneo occidentale, la potenza cartaginese è al suo apice.

È probabile che già nel VI sec. a.C. il primo trattato tra Roma e Cartagine sancisse la possibilità per Roma di esercitare i propri traffici commerciali in Sardegna. Nel IV sec. a.C. si può ipotizzare la fondazione della colonia romana di Feronia (Posada) sulla costa orientale dell'isola.

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È il secondo trattato tra Roma e Cartagine (348 a.C.) che proibisce ai Romani di accedere e di fondare città in Sardegna.

La fine della Prima Guerra Punica (264-241 a.C.), conclusasi con la vittoria di Roma su Cartagine, determina indirettamente il passaggio della Sardegna sotto il dominio romano.

Il passaggio non rientrava tra le clausole del trattato (241 a.C.) ma scaturì dalla decisione di Roma di aderire alla richiesta di aiuto dei mercenari di Cartagine di stanza in Sardegna, ribellatisi a causa dell'impossibilità per Cartagine di far fronte alle loro richieste di pagamento: rivolta di Ampsicora.

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Nel 227 Roma crea una nuova provincia comprendente la Corsica, la Sardegna e le isole circostanti. Viene così sancito formalmente l'effettivo controllo di Roma sulla Sardegna, che rimarrà dominio romano sino al passaggio (avvenuto tra il 460 e il 467 d.C.) sotto il controllo dei Vandali.

Il periodo di dominazione romana della Sardegna è una fase storica che contribuirà significativamente alla definizione dei connotati culturali dei sardi. Indiscutibile testimonianza di questo dato di fatto ci viene offerto dal panorama linguistico isolano, profondamente segnato ancora oggi dalle proprie origini latine.

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Fluminimaggiore, tempio di Antas

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La Sardegna, al centro delle più importanti rotte commerciali mediterranee, costituiva in età romana il terreno ideale per una tempestiva e precoce diffusione del cristianesimo.

Nell'isola, a partire dalla piena età imperiale, erano presenti numerose comunità ebraiche (Carales, Sulci, Tharros, Turris Libisonis, Forum Traiani).

Nel II secolo si ha notizia di cristiani condannati ai lavori forzati nelle miniere sarde. Nel IV secolo si ha la prima notizia di un vescovo isolano (a Cagliari), a cui ne seguono altre nel V.

È questa anche l'epoca dei primi martiri locali (San Saturnino di Cagliari, Sant'Antioco, San Lussorio di Fordongianus, San Gavino di Porto Torres).

La diffusione del Cristianesimo

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Pula, mosaico pavimentale di Nora

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Età Vandalica(460 d.C. – 534 d.C.)

Le fonti documentarie sono scarse ed è pertanto l‘archeologia che fornisce gli strumenti per ricostruire la storia sarda nel secolo della conquista vandalica.

La continuità dei flussi commerciali con Roma e con l'Africa indica che il tessuto economico tardoromano si mantenne vitale. Le città costiere non perdono la loro importanza. Il territorio deve però riorganizzarsi secondo nuove coordinate, dettate dalla presenza cristiana.

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Fra la metà del V e la metà del VI secolo Africa e Sardegna sono strettamente coinvolte in una storia comune.

Nel V secolo i Vandali, provenienti dalla Spagna, varcano lo stretto di Gibilterra e si spostano lungo le coste dell'Africa mediterranea.

Nel 439 Genserico conquista Cartagine.

I Vandali erano una popolazione di origine germanica che, migrata verso sud nelle terre dell'impero romano, aveva stabilito il proprio regno dapprima in Spagna, poi in Africa settentrionale.

La presenza vandalica in Sardegna si limita al controllo dei centri costieri e non incide sul tessuto amministrativo e culturale, che mantiene caratteri di continuità con la tradizione tardoantica.

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Regno dei Vandali sotto l’Imperatore Maggiorano (457-461)

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Santa Caterina di Pittinuri, battistero di Cornus

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Età Bizantina(534 a.C. – XI secolo)

Nel 534 l'isola viene riconquistata da Giustiniano e ritorna a far parte dell'impero romano, il cui baricentro si era però spostato da Roma a Costantinopoli. Inizia l'età bizantina, destinata a protrarsi fino al 1000 circa e alla nascita dei quattro giudicati.

L'isola viene affidata a due autorità: il "praeses“, definito anche "iudex insulae" , che svolgeva un ufficio di tipo civile, e un "dux“ o "magister militum", che si occupava degli affari militari e che, a partire dall'800 circa, dovette assorbire le prerogative del primo, generando la figura dello "iudex" (giudice o re).

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Cabras, chiesa di San Giovanni di Sinis, VI sec

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Impero Romano d’Oriente sotto Giustiniano il Grande

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Nei secoli della "lunga età bizantina", l'isola vive un corso storico differente rispetto a quello dei territori italici e dell'Occidente in genere. Non viene occupata da popolazioni barbariche né dagli Arabi, non entra a far parte dei domini carolingi e mantiene un'ininterrotta dipendenza politico-amministrativa da Costantinopoli.

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Diversità culturali

L’ isola non era tutta in mano bizantina: le zone interne, da sempre pagane ed indomite, restarono indipendenti.

Solo Gregorio Magno riuscì nel 600 d.c. a conquistare spiritualmente i barbaricini convertendo al cristianesimo Ospitone loro più fiero condottiero. 

Iscrizioni greco-bizantine Nella Sardegna meridionale si conservano alcune iscrizioni medioevali in lingua greca, la cui importanza risiede nel fatto che vi si leggono i nomi dei locali rappresentanti dell'impero romano di Costantinopoli. Si tratta forse di nomi propri (Torcotorio, Salusio, Orzocco), che poi diventeranno titoli dinastici dei Lacon-Gunale, giudici di Cagliari.

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Le fortificazioni sarde resistettero a diversi attacchi saraceni, tanto che in una missiva dell'851 papa Leone IV chiedeva aiuto allo Judex Provinciae della Sardegna per la difesa di Roma.

Fino alla metà del IX secolo vi era un unico giudice su tutta l'isola.

Le cause di un progressivo distacco da Bisanzio sono da ricercarsi nella fase di profonda crisi dell’Impero, avvenuta a cavallo del IX e X secolo e nelle incursioni arabe (con il conseguente isolamento geografico).

Incursioni arabe crisi di Bisanzio in Sardegna

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Nuxis, chiesa di Sant'Elia, IX - X secolo

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Età Giudicale(XI secolo – 1410)

La distanza del governo bizantino portò i luogotenenti che governavano le quattro Partes ad organizzarsi autonomamente.

Attorno alla metà del Mille la Sardegna risulta divisa in quattro regni o giudicati, retti da un re o giudice ("iudike, iuighe“).

I giudici erano i rappresentanti locali dell'imperatore bizantino che, attorno al 1000, si resero autonomi. Ne derivò una partizione del territorio nei quattro regni di Cagliari, Arborea, Torres e Gallura, a loro volta divisi in curatorie.

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La Chiesa in Sardegna

Di pari passo si assistette alla riorganizzazione della Chiesa. Le vaste diocesi dell'età bizantina vennero frazionate in nuove circoscrizioni ecclesiastiche: arcidiocesi e diocesi rette da arcivescovi e vescovi, cui facevano capo le parrocchie.

È in questo contesto che i giudici, attraverso donazioni, favorirono l'arrivo nell'isola dei Benedettini (da Montecassino, San Vittore di Marsiglia, Camaldoli, Vallombrosa, Cîteaux) che insediarono i propri monasteri nel territorio sardo. Si assistette a una rinascita della cultura sotto l'ala protettrice della Santa Sede.

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Da non trascurare anche la presenza sempre più stabile e radicata delle repubbliche di Pisa e Genova, la cui attività commerciale nell'isola portò a conflitti con i poteri locali.

La loro presenza interferì spesso a livello politico e arrivò a determinare la fine di tre giudicati (Cagliari, Torres e Gallura), che dopo il 1250 caddero in mano a

signori pisani o genovesi.

Contatti col Continente

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Mughetto e le Repubbliche

All'inizio dell' XI secolo ripresero gli attacchi degli Arabi che nel 1015, condotti da Mujāhid, salparono da Maiorca,nelle Baleari, con 120 navi.

Sollecitate dal papa Benedetto VIII, le repubbliche marinare di Pisa e Genova si allearono e nel 1016 sconfissero l'esercito di Mujāhid.

Contatti commerciali: manufatti artigianali, spezie, tessuti, ferro e frutta provenienti dal continente, e partirono navi cariche d'orzo, grano, sale, minerali, corallo, bestiame e suoi derivati.

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L'ingerenza politica pisana e genovese sui re giudici durò dall'XI al XIV secolo, trasformandosi lentamente prima in protettorato, poi in dominazione.

Nel 1184 diventa giudice di Cagliari Orberto di Massa, cittadino pisano; un altro pisano, Lamberto Visconti è giudice di Gallura nel 1205; anche ad Arborea, anche se per poco tempo c’è un giudice pisano, Gulielmo di Capraia. Nello stesso anno (1256) il Giudicato di Cagliari viene spartito fro alcune famiglie pisane: I Capraia, i Visconti e i Gerardesca.

Nel 1259, alla morte senza eredi di Adelasia da Torres anche il di Logudoro viene diviso fra i Genovesi Doria, Malaspina e Spinola e i Pisani, Capraia. Ancora

Pisa rioccupa nel 1269 il giudicato di Gallura e i possedimenti sardi dei conti della Gerardesca.

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Chiaramonti, chiesa di Santa Maria Maddalena

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Il contatto più frequente con le potenze mediterranee e le principali organizzazioni religiose del continente italiano ed europeo contribuì alla circolazione di nuove correnti artistiche e culturali nell'isola, che si innestarono nel sostrato locale e che hanno lasciato le tracce più significative nell'attività architettonica sia militare sia ecclesiastica.

L'espressione artistica che meglio esprime l'originalità della Sardegna giudicale è l‘architettura romanica, contraddistinta tanto dall'adesione al linguaggio internazionale europeo, quanto dall'elaborazione di caratteri locali.

Romanico in Sardegna

Page 73: Elementi di civiltà della Sardegna

Olbia, chiesa di San Simplicio, primo quarto XII sec.

Page 74: Elementi di civiltà della Sardegna
Page 75: Elementi di civiltà della Sardegna

La Basilica romanica di

Saccargia nei pressi di

Sassari

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Età Aragonese e Spagnola(1326 – 1718)

Nel 1323 l'infante Alfonso d'Aragona sbarca in Sardegna per concretizzare l'atto di infeudazione voluto da papa Bonifacio VIII in favore di Giacomo II d'Aragona, con la creazione nel 1297 del "Regnum Sardiniae et Corsicae" e la sua concessione al sovrano aragonese. Dapprima la città di Villa di Chiesa (Iglesias), poi nel 1326 il Castello di Cagliari vengono conquistati a scapito dei Pisani.

Un nucleo di resistenza alla conquista dell'isola è costituito dai signori pisano-genovesi delle famiglie Doria e Malaspina e dal giudicato di Arborea, col quale l'Aragona ingaggia una lunga guerra, dalla quale esce vittoriosa soltanto nel 1410.

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La conquista territoriale della Sardegna iniziata nel 1323 con lo sbarco dell'esercito aragonese nel golfo di Palma di Sulcis fu lenta, ma capillare.

La lunga guerra per il dominio sulla Sardegna tra il regno di Arborea e la Corona d'Aragona, iniziata da Mariano IV de Bas-Serra nel settembre del 1353 e proseguita dai suoi eredi, fu intervallata da brevi periodi di tregua ed ebbe una svolta decisiva nel 1409 con la battaglia di Sanluri, dalla quale l'esercito giudicale uscì pesantemente sconfitto.

Page 78: Elementi di civiltà della Sardegna

Eleonora d’Arborea (1340-1404)

Eleonora nacque in Catalogna nel 1340 e rimase al governo in qualità di reggente dei propri figli dal 1383 al 1392. Condusse una lunga guerra contro i Catalano-Aragonesi nel tentativo di unificare tutta la Sardegna sotto la bandiera del Giudicato d' Arborea.

Page 79: Elementi di civiltà della Sardegna

Carta de Logu

"Carta de Logu" (carta del territorio dello stato) composta da 198 articoli (codice civile, penale e rurale) disciplina i rapporti giuridici , l‘amministrazione della giustizia.

Nella Carta si dice che tutti gli uomini liberi sono uguali davanti alla legge: una stessa sanzione colpiva chiunque l’avesse violata senza distinzione di classe sociale; fatto quasi rivoluzionario in un‘epoca nella quale i nobili ed il clero erano spesso al di sopra della legge. 

Il Codice di Eleonora D'Arborea rimase in vigore in tutta la Sardegna per più di 400 anni fin dopo la conquista dell’isola da parte degli Aragonesi e fino oltre un secolo dopo l’avvento dei Savoia: solo nel 1827 fu sostituito dal codice emanato da Carlo Felice.

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.  Tutela e posizione della donna, difesa del

territorio Uno degli aspetti più importanti della intera

opera risiede nell'essere stata scritta in lingua sarda.

Poiché l’elevamento dei popoli e degli stati dipende dall’osservanza di quel diritto universale che è dettato dalla ragione, noi Eleonora, per grazia di Dio giudicessa d’Arborea, affinché la giustizia sia salva, i malvagi siano frenati dalla paura delle pene e i buoni possano vivere in pace, obbedendo alle leggi, facciamo questi ordinamenti

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Incipit

Nos Elionora pro issa gracia de Deus iuyghissa de Arbaree, contissa de Ghociani et

biscontissa de Baso… fachimus sas ordinationes et capidulos infra scriptos, sos

qualis bolemus et comandamus expresamenti qui si deppiant attenne et oservare pro legie per ciaschaduno de’ssu iuyghadu nostru de

Arbaree

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Difesa della donna

"Volemus et ordinamus qui si alcuno homini levarit per forza muleri coyada, o ver alcuna atera femina qui esseret iurada, o isponxelarit alcuna virgini per forza, et de•ssas secundas causas esseret legitimamenti binquido, siat iuygado qui paghit pro sa coyada liras .D.; et si non paghat infra dies .XV. de c'at esser iuygadu, siat illi segadu uno pee pro modu qui•llu perdat. Et pro sa bagadia siat iuygadu qui paghit liras .CC., et siat anchu tenudo pro levarela pro mugere, si est senza maridu, e plaquiat a sa femina; et si non la levat pro mugere, siat anchu tentu pro coyarela secundu sa conditioni de sa femina, et issa qualidadi de•ssu homini. Et si cussas causas issu non podet faghire a dies .XV. de c'at essere iuygadu,siat illu segado s'unu pee per modu que lu perdat. Et pro sa virgini paguit sa simili pena et si non adi dae hui pagare seguint illu uno pee, ut supra

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"Vogliamo e ordiniamo che se alcun uomo prendesse con la forza una donna maritata, ovvero alcun'altra donna che sia promessa (sposa), o violentasse una vergine, e ciò per le ultime due situazioni si possa legittimamente provare, sia condannato a pagare per la maritata cinquecento lire; e se non pagasse entro quindici giorni dalla condanna, gli sia mozzato un piede in modo che lo perda. E per la nubile sia condannato a pagare duecento lire, e sia anche obbligato a sposarla, se la donna è senza marito (?) e le vada bene (l'uomo che l'ha violentata); e se non la sposa, sia tenuto a maritarla (a fornirle la dote) secondo la condizione sociale della donna e dell'uomo (che, eventualmente, la sposasse). E se non può adempiere alle suddette condizioni entro quindici giorni dalla condanna, gli sia mozzato un piede, in modo che lo perda. E per la vergine paghi la stessa somma, e se non ha di che pagare gli si mozzi un piede, come sopra".

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Orbita di influenza aragonese nel XV secolo

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Da questo momento in poi sarà la penisola iberica a costituire il principale punto di riferimento per l'isola, in particolare la Catalogna, sia dal punto di vista politico amministrativo (vengono infatti importate in Sardegna le principali istituzioni catalane), sia da quello culturale.

Ma un taglio netto con la cultura italiana avviene soltanto a Cagliari, mentre nel giudicato arborense e nel resto dell'isola il cambiamento è più graduale.

Nel 1479 il sovrano Ferdinando II (1479-1516) promulga una serie di riforme istituzionali volte a trasformare la Corona di Spagna in un grande stato europeo. Nel suo disegno di omogeneizzazione culturale rientra anche la promozione di nuove fabbriche che dovevano testimoniare la nuova unità nazionale attraverso la monumentalità e la ricchezza esornativa. Si configura così un gusto artistico, detto dei Re cattolici, nel quale si fondono stilemi gotici, arabi e rinascimentali.

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Domini diretti degli Asburgo sotto Carlo V

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In Sardegna non si ha tuttavia un riscontro immediato della nuova politica artistico-culturale: il gotico nella sua accezione isolana continua almeno fino al XVII secolo a caratterizzare le architetture sia religiose che civili, coesistendo, dalla fine del Cinquecento, con la nuova ideologia rinascimentale importata dalla Compagnia di Gesù (nell'isola dal 1559) e dagli ingegneri militari e in linea con le direttive artistiche di Filippo II (1556-1598). La persistenza dell‘architettura gotico-catalana e del polittico ispanico di matrice tardogotica - il retablo - fino al Seicento inoltrato.

Con l'erede di Carlo V si compie infatti definitivamente il processo di ispanizzazione dell'isola: sul piano artistico si verifica una sintesi formale - con lo stile detto plateresco - tra i linguaggi gotico e classicistico, che caratterizzerà l'architettura locale fino alla fine del Seicento.

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Cagliari, chiostro chiesa San Domenico, XV-XVI sec.

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Bisogna attendere i primi anni del Cinquecento per assistere alla formazione di una scuola pittorica locale che ha il suo massimo esponente in Pietro Cavaro, membro di una famiglia di pittori cagliaritani attivi per oltre un secolo nelle botteghe del quartiere di Stampace.

Alla fine del Cinquecento la polemica tra gli arcivescovi di Sassari e Cagliari per il primato sulla Chiesa sarda assunse un'asprezza di toni tale da avere ripercussioni oltre che sul piano politico anche sul processo di assimilazione del nuovo gusto artistico. Sin dal 1409 i presuli di Cagliari si erano infatti attribuiti il privilegio di "primate di Sardegna e Corsica".

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Retablo del Presepio, predella (particolare), 1500 ca.

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Cagliari, cripta dei Martiri, cattedrale Santa Maria, 1618

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Regno di Sardegna(1718 – 1861)

La Sardegna dei Savoia Fra il 1714 e il 1718 l'isola passa prima sotto il controllo austriaco, poi sotto quello piemontese. Con il possesso della Sardegna i Savoia acquisiscono il titolo reale. Per tutto il secolo perdura l'arte tardobarocca, a opera di architetti e artisti che provengono dal continente italico. Con la conclusione della "guerra di successione spagnola", il 2 agosto 1718 ha termine, con il patto di Londra, il predominio spagnolo in Sardegna, che viene assegnata alla casa ducale dei Savoia che insieme al dominio territoriale dell'isola acquista anche il titolo regio.

Sa die de sa Sardigna Sa die de sa Sardigna è la festa del popolo sardo che ricorda i cosiddetti "Vespri Sardi", cioè l‘insurrezione popolare del 28 aprile 1794 con il quale si allontanarono da Cagliari i Piemontesi e il viceré Balbiano in seguito al rifiuto del governo torinese di soddisfare le richieste dell'isola titolare del Regno di Sardegna.

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Penisola italiana nel 1848

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G. Marghinotti, Festa campestre in Sardegna, 1861

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Oristano, chiesa del Carmine, 1776-1785

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Il definitivo passaggio della Sardegna ai Savoia nel 1718 non segna un'interruzione delle fabbriche in corso, contrassegnate dall'adesione al linguaggio tardobarocco, destinato a perdurare sino alla fine del secolo in una serie di chiese che coniugano elementi di tradizione locale con modi del manierismo cinquecentesco e del barocco seicentesco.

Nella prima metà del '700, nonostante la decisione del governo sabaudo di seguire una linea di condotta rispettosa delle istituzioni, delle leggi e delle consuetudini sarde, le azioni adottate si discostano di fatto dalle primitive intenzioni, sia per precise scelte che per difficoltà concrete. Un esempio è la diversa considerazione, rispetto alla monarchia spagnola, del viceregato.

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Carta geografica della Sardegna. 1741-1762

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Bibliografia minima

E. Besta, La Sardegna medioevale, Palermo 1908-1909 L. Marrocu, M. Brigaglia, La perdita del Regno. Intellettuali e costruzione

dell’identità sarda tra Ottocento e Novecento, Roma 1995 F. Martini (ed.), Sardegna Paleolitica. Studi sul più antico popolamento

dell’isola, Firenze 1999 S. Moscati, Italia Punica, Milano 1986 Sito web sardegnacultura.it A. Solmi, Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel Medioevo, Cagliari

1917 G. Sotgiu, Sardegna sabauda, Roma 1984 A. Ziolkowski, Storia di Roma, Milano 2000