eravamo io, robert, ali, sergio - minimum fax

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1 / 4 Data Pagina Foglio 15-05-2020 68/71 ihren ar d i SUPPLEMENTO DE laRepubblica CONFESSO CHE HO VISSUTO INCONTRI MEMORABILI MA ANCHE RIMPIANTI (UNO) E DELUSIONI (VEDI ALLA VOCE RAI). NELLA SUA AUTOBIOGRAFIA E IN QUESTA INTERVISTA GIANNI MINA RIPERCORRE UNA VITA PASSATA A RACCONTARE STORIE. ALCUNE DELLE QUALI PASSATE ALLA STORIA 68 il venerdì 15 maggio 2020 ERAVAMO IO, ROBERT, ALI, SERGIO E GABO Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. 085285 Settimanale Minimum Fax

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15-05-202068/71ihren

ardi ♦ SUPPLEMENTO DE

laRepubblica

• CONFESSO CHE HO VISSUTO

INCONTRI MEMORABILIMA ANCHE RIMPIANTI(UNO) E DELUSIONI

(VEDI ALLA VOCE RAI).NELLA SUA

AUTOBIOGRAFIAE IN QUESTA INTERVISTA

GIANNI MINARIPERCORRE

UNA VITA PASSATAA RACCONTARE STORIE.ALCUNE DELLE QUALIPASSATE ALLA STORIA

68 il venerdì 15 maggio 2020

ERAVAMO IO,ROBERT,ALI, SERGIOE GABO

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La foto scattata nel ristorante Checcoer Carettiere a Roma nel maggio 1982.

Da destra, Gianni Minà, RobertDe Niro, Muhammad Ali, Sergio Leone

e Gabriel García Márquez.Sotto, la copertina dell'autobiografia

di Gianni Minà (che il 17 maggio compie82 anni) Storia dl un boxeur latino

(Minimum Fax, pp. 180, euro 16).A destra, una lettera che gli inviò

il Subcomandante Marcos nel 1996

di Giuseppe Smorto

ROMA. Cose che succedevano a casaMinà. Jennifer Beals (Flashdance) checerca il suo innamorato Troisi in mezzoalla festa e prova il napoletano. «Massi-

mo se n'è ghiuto?». Monica Bellucci giovane e sco-nosciuta, in completo di pelle. Il teologo della Libe-razione Frei Betto che invita alla preghiera, primadi un pranzo. Edoardo Vianello che canta A-a-ab-bronzatissima. Eduardo Galeano che beve una

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"QUESTA FOTOÈ IL RISULTATO

DI TANTECOINCIDENZE.MAI STATO IN

CERCA DI SCOOPMA DI UMANITÀ»

venerai SUPPLEMENTO

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sambuca col chicco di caffè. E per la festa degli 80anni,RenzoArbore,don Ciotti e il giudice Di Matteosul divano.

LE DOMANDE SCOMODEGianni Minà ha messo in un libro (Storia di unboxeur latino, Minimum Fax) la sua vita, insieme aFabio Stassi: e chissà quante storie avranno butta-to via. Ha ragione Fiorello: eravamo io... Sì, soprat-tutto c'era lui. Come nelle barzellette,chi èquell'uo-mo in veste bianca, quell'attore, quel cantante, quelpolitico, quel campione accanto a Minà? A Fiorellotorneremo alla fine, ora è giusto lasciare la parolaa lui, al'boxeur latino", come lo ha chiamato PaoloConte. «Quell'italiano che ha fatto un'intervista aFidel Castro» come dicono nel film Natural BornKillers -ma nella versione italiana non c'è. Il "gril-lino caraibico" e altre definizioni ben più forti. Di-

visivo, empatico, schierato, eancora popolarissimo comesuccede ai grandi della vec-chia Rai. L'unico che nel '78,prima dei Mondiali, chieseall'ammiraglio Lacoste: «Èvero che in Argentina stannoscomparendo delle perso-ne?». In una carriera giorna-listica, una domanda che puòfare la differenza (L'ammira-glio rispose: «Lei è male infor-mato»).

Tutto parte da una foto: dasinistra a destra, GabrielGarcía Márquez, Sergio Leo-ne, Muhammad Ali, RobertDe Niro e Gianni Minà. Sonoal ristorante Checco er C aret-tiere di Roma. Si nota sul latosinistro una signora di spalle,seduta: si volta ma non guar-dale star, guarda lui e sembra

chiedergli: come hai fatto? Il racconto di comenacque quella magica serata sta nel libro, resta ladomanda della signora. E prima ancora: come sonoentrati i Beatles nella 600 che suo fratello gli avevaprestato?

QUELLA NOTTE CON I BEATLESCominciamo dai Beatles... «Come ci sono entrati?Spingendoli! Non fu difficile più di tanto... Georgee Ringo, con un paio di ragazze, si erano strettinella 600, mentre John e Paul, con altre amiche,erano saliti su una più comoda Rolls Royce. Il gior-no dopo i quattro concerti all'Adriano, tutti

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DOLCEVITACONFESSO CHE HO VISSUTO

li aspettavano al Piper, inaugu-rato solo da qualche mese. I Be-atles ne avevano già sentito par-lare, volevano visitarlo. Ma ap-pena arrivati scorgemmo unafila che partiva da piazza BuenosAires, per i romani piazza Qua-drata. Non era il caso di rischia-re,e così optammo per il Club 84,un night più rétro, in via Veneto. Tirammo tardi,fino al mattino, e poi tornammo al Parco dei Prin-cipi, era il giugno del '65».

Non è una vita banale, quella in cui una sera aLondra George Harrison ti accompagna in unacantina dove «un certo Eric Burdon» sta cantandoThe House of Rising Sun. Una vita che cominciacon le privazioni, la pace celebrata e un ricordoincancellabile: «La strage di Superga fu il miosconcerto dí bambino: quell'aereo caduto sullacollina della mia città sembrava la continuazionedella guerra. Le prime ferite della comprensione edello stupore, come ha scritto Juan José Saer».

CUORE GRANATA E POPOLAREEssere tifoso dell'oro, vecchio cuore granata è an-che - si sa - un atteggiamento verso la vita. Minàcresce nelle case popolari in zona stadio, vicino auno dei primi campioni paralimpici, Giovanni Pi-sche, eroe di guerra, e si inventa le prime radiocro-nache. Fa il servizio militare, si occupa di rassegnastampa: il generale golpista Giovanni de Lorenzolo rimprovera ogni giorno perla cravatta di sbiecoe gli scarponi non lucidati. Minà si vendicheràdelle vessazioni, ed è una delle poche volte chemostra un lato vagamente ostile. Per il resto, è me-todo. Anni da freelance, letti e pasti rimediati, ap-postamenti da paparazzo, incontri incredibili, 17anni di precariato in Rai: più quinte che scena, dice.

«Quella foto da Checco è il risultato di tantecoincidenze e di una filosofia di vita, di una insazia-bile curiosità. A me interessano le vite vissute, leesperienze delle persone. Mi piace il senso di ami-cizia e di ammirazione che traspare da quel gruppo.Avevo un grande dialogo con loro, con Gabo, Sergio,Ali e Bob, ma più che a mirare allo scoop, volevoconoscere la loro storia e la loro umanità. Ali miconsiderava un giornalista importante, per-ché gli chiedevo, sempre con rispetto, anchele realtà più spinose o più banali; Sergio Leo-ne, invece, era un uomo molto timido. Un gior-no mi chiese di accompagnarlo lungo il tap-peto rosso al Festival di Venezia. Mi strinseforte il braccio e mi disse a mezza bocca: "Emo' nun te move da qua, me la sto a fa'sot-

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«L'INTERVISTACON RDEL

CASTRO MI RESEFAMOSO NELMONDO MA

MI CHIUSE LEPORTE IN ITALIA»

Gianni Minacon alcuni dei

personaggi chehanno segnato lasua vita e la sua

carriera1 Con Fidel

Castro nel 19872 Con Franco

Cantano, RickyGiano e l'attrice

DominiqueBuschero,fidanzata di

Califano, negli anni60 3 Con i Beatlesa Roma nel 19654 Con Massimo

Troiai alla finedegli anni Ottanta5 Il giornalista conalle spalle un suoritrelto del pittoremessicano DavidAifaro Siqueiros

«MÁRQUEZERA UN UOMO

DIFFICILE,PENSAVA FOSSIUN ROMPIBALLE.

MA POILO CONQUISTAI»

to..."e a me, che tentavo di divincolarmi, afferran-domi ancora di più: 'Mò m'accompagni,perché nonce la faccio da solo". Con De Niro siamo stati com-plici e amici. Gabo Márquez era un uomo difficile,pensava fossi un rompiballe. Poi lo conquistai».

UNO SCOOP GLOBALEMinà è per formazione un Route 66, l'America diWoodstock, il pop e la West Coast. A poco a pocoscopre l'altra America. Il Messico della strage diPiazza delle tre culture, l'Argentina dei desapare-cidos, le dittature feroci, l'anomalia cubana. Gliesuli brasiliani, Vinicius de Moraes che cena conUngaretti e gli dedica un ritornello. Benedizione,Ungaretti, che quando ti penso, m'illumino d'im-menso, tu che sei immenso, tu che sei denso, tu chesei intenso. Siqueiros che fa ritratti a Gianni (nono-stante il veto della moglie) e alla troupe.

Passione e amore per l'America Latina che duranel tempo, prima e dopo la famosa (e fatale?) inter-vista a Fidel Castro, durata dalle 14 del pomeriggiodel 28 giugno 1987 fino alle 5 del mattino dopo. Unoscoop mondiale che sostiene di aver pagato caro.«Ma io non ho mai fatto nessuna sterzata politica.La pensavo in un certo modo e non ho cambiatoidea. Semmai gli altri si sono spostati... L'intervi-sta a Fidel mi ha fatto conoscere all'estero, ma miha chiuso, definitivamente, le porte in Italia. Eancora non so perché. Il Festival di Berlino mi hadedicato una rassegna, quello di Montréal mi hapremiato: i miei documentari sono andati in tutte

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la Repubblica

le tv del mondo, ho diretto riviste e collane edito-riali. Sempre seguito la mia curiosità, mai fattocalcoli di carriera. Ero a Città del Messico con Ma-nolo Vázquez Montalbán: il subcomandante Mar-cos mi contattò con un messaggio portato da unbambino. E in quei casi che fai? Dici no all'intervi-sta? Cuba ha retto perché ha dato una organizza-zione sociale al Paese che gli ha permesso di viverepoveri ma dignitosi per oltre mezzo secolo. E mal-grado un blocco economico spietato che, anche nelvivo della pandemia, gli Usa continuano a mante-nere senza nessuna ragione umana epolitica. Dopotutti questi anni, qualcuno si ricorda il perché diquesta prepotenza abnorme?».

La dedica è la parte più diffi-

«MORELLOPRENDE DI MIRAALCUNI MIEI TIC.MA LO FA CON

SIMPATIANON CON

CATTIVA FEDE»

cile del libro, sta all'inizio ma èun pensiero finale: «A Lucho».Luis Sepúlveda. «Patriota eguer-rigliero, scrittore militante. Unasera arrivò a casa con un gruppodi ex esuli cileni e mi lasciò untappeto di bottiglie vuote. Io miero arreso alle 4 del mattino,chiesi solo di chiudere la porta.

Un'altra volta venne con me a San Vittore insiemealla sua Carmen. Non era preoccupato solo per ilsuo Paese, mise in letteratura una coscienza am-bientalista, da vero cittadino del mondo».

QUANTE AMAREZZE A VIALE MAZZINIResta tanto da raccontare. L'incontro con altrestelle ribelli: Tommie Smith, Diego Armando Mara-dona, Pietro Mennea. Il tramonto (aTorvaianica) diun campione come Garrincha. Gli incroci della vitacon Toquinho, Celentano, Morandi, Isabella Ros-sellini. Il premio Nobel Rigoberta Menchú e le tribùindigene del Guatemala: Quiche,Kekchi,Kagchikel,Mam,Tzutuhiles,Ixil,Kanjobal. Pertini,JorgeAma-do e Franco Califano. Così sí torna a Fiorello e allaRai: «Ha centrato alcuni tic che mi riguardano, mami fa molto ridere: lo fa con simpatia, con amore enon con cattiva fede. Alla Rai ho dato più di quelloche ho avuto, quante processioni dal direttore ge-nerale di turno, fino a quando mi hanno fatto fuori.In cineteca ci saranno almeno mille ore tra servizi,interviste e programmi- prima di tutto Blitz, doveFellini si nascondeva per studiare la scenografia.La Rai non se ne occupa, quanta amarezza».

Resta un piccolo grande rimpianto: «Volevo in-tervistare Mandela: riuscii a parlargli, poi lo man -cai per poco. Nel nostro mestiere non puoi perderel'istante». Mai accontentarsi, una questione dimetodo.

Giuseppe Smorto

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