essere figli sfida avventura g - pssf.it · metro le suore, nè si pesano con la bilancia. dicendo...

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23 NAZARETH 4 2015 E ssere figli oggi non è facile perchè spesso non si capiscono i propri genitori e il loro modo di fare ma nemmeno essere genitori è cosa da poco. Viviamo in una società dove i valori affettivi vanno perdendosi e con loro anche i rapporti genitori-figli. Se si pensa a qualche decennio fa, la relazione che si creava con i propri genitori era molto più profonda rispetto a quella attuale. Le famiglie vi- vevano allargate in un nucleo che comprendeva diverse generazioni ed il numero di figli per cop- pia era elevato, anche se le condizioni economi- che erano sfavorevoli. Oggi, invece, la famiglia standard è composta da madre, padre e in media un solo figlio, massimo due. Il legame che si va a creare con i propri genitori è molto vario a seconda del carattere di ciascuno, tuttavia perchè il figlio si possa sentire tale deve essere trattato ed amato come un vero germoglio da far crescere nel modo migliore. Essere figli oggi cosa significa? Innanzitutto c’è da ribadire il fatto che nell’essere figlio non si hanno solo dei diritti, ma si devono portare a termine an- che dei doveri: è una cosa giusta perchè non si può cogliere il frutto senza prendersi cura dell’albero. I diritti che ciscun soggetto ha nei confronti dei propri genitori sono sicuramente molti, per esem- pio essere nutrito e curato, avere una casa dove stare, essere amato ed ascoltato, avere il proprio pensiero e il proprio ruolo all’interno della fami- glia; però tutte queste prerogative vengono ormai date per scontate. I ragazzi di oggi non ne colgo- no più l’importanza e i sacrifici dei genitori non vengono considerati. Ciò di cui si parla sempre meno sono i doveri che un figlio dovrebbe avere verso i propri genitori. Egli ha l’obbligo di rispettarli, ringraziarli per tutto quello che sono disposti a fare, collaborare con loro, aiutarli ogni qualvolta ne abbiano bisogno, ma molto spesso si finisce per criticarli, disobbe- dire e mancare loro di rispetto. Essere figlio al giorno d’oggi è un dono, un privi- legio e un’avventura. Tutte le persone si dovreb- bero sentire fortunate per avere sempre due ge- nitori su cui contare, i quali, nonostante gli sbagli e le incongruenze, non volteranno mai le spalle e sapranno amare come solo un genitore può fare. Quando ci viene proposta questa tematica si pen- sa subito alla classica famiglia felice, ma esistono anche quelle rovinate dal dolore, con i genitori separati, con il padre o la madre venuti a mancare, ed è proprio lì che il figlio deve dimostrare di esse- re tale lottando per tenere unito il nucleo e trovan- do la forza di andare avanti nel bene o nel male. I genitori hanno quindi un ruolo fondamentale nella vita dei propri figli: sono la loro guida e il loro punto di riferimento. Non si potrebbe pen- sare a un bambino senza collegarlo alle parole “padre e madre”. Essere figli non si può spiegare cosa voglia dire, è una realtà soggettiva. Nessun rapporto con i pro- pri genitori si può paragonare ad un altro. Ognu- no ha le proprie caratteristiche e le proprie ca- renze, ma ciscun figlio, a modo suo, ama i propri genitori e non li cambierebbe per nulla al mondo. Spero un giorno di avere anch’io una famiglia tut- ta mia, la classica famiglia felice che, nonostante le difficoltà rimane unita. Vorrei essere per i miei figli una buona madre, come i miei genitori lo sono sempre stati con me. Sono cresciuta in un ambiente sereno con dei buoni principi, gli stessi che trasmetterò ai miei figli. Daisy Grussani - classe 4F I.T.I.S. “G. Galilei” - Arzignano (VI) Essere FIGLI : una SFIDA , un’ AVVENTURA VOCE GIOVANI Foto di Nadia Neri Talassi

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Essere figli oggi non è facile perchè spesso non si capiscono i propri genitori e il loro modo di fare ma nemmeno essere genitori

è cosa da poco. viviamo in una società dove i valori affettivi vanno perdendosi e con loro anche i rapporti genitori-figli.se si pensa a qualche decennio fa, la relazione che si creava con i propri genitori era molto più profonda rispetto a quella attuale. Le famiglie vi-vevano allargate in un nucleo che comprendeva diverse generazioni ed il numero di figli per cop-pia era elevato, anche se le condizioni economi-che erano sfavorevoli. oggi, invece, la famiglia standard è composta da madre, padre e in media un solo figlio, massimo due.il legame che si va a creare con i propri genitori è molto vario a seconda del carattere di ciascuno, tuttavia perchè il figlio si possa sentire tale deve essere trattato ed amato come un vero germoglio da far crescere nel modo migliore.Essere figli oggi cosa significa? innanzitutto c’è da ribadire il fatto che nell’essere figlio non si hanno solo dei diritti, ma si devono portare a termine an-che dei doveri: è una cosa giusta perchè non si può cogliere il frutto senza prendersi cura dell’albero.i diritti che ciscun soggetto ha nei confronti dei propri genitori sono sicuramente molti, per esem-pio essere nutrito e curato, avere una casa dove stare, essere amato ed ascoltato, avere il proprio pensiero e il proprio ruolo all’interno della fami-glia; però tutte queste prerogative vengono ormai date per scontate. i ragazzi di oggi non ne colgo-no più l’importanza e i sacrifici dei genitori non vengono considerati.ciò di cui si parla sempre meno sono i doveri che un figlio dovrebbe avere verso i propri genitori. Egli ha l’obbligo di rispettarli, ringraziarli per tutto quello che sono disposti a fare, collaborare con loro, aiutarli ogni qualvolta ne abbiano bisogno, ma molto spesso si finisce per criticarli, disobbe-dire e mancare loro di rispetto.Essere figlio al giorno d’oggi è un dono, un privi-legio e un’avventura. tutte le persone si dovreb-bero sentire fortunate per avere sempre due ge-nitori su cui contare, i quali, nonostante gli sbagli

e le incongruenze, non volteranno mai le spalle e sapranno amare come solo un genitore può fare.Quando ci viene proposta questa tematica si pen-sa subito alla classica famiglia felice, ma esistono anche quelle rovinate dal dolore, con i genitori separati, con il padre o la madre venuti a mancare, ed è proprio lì che il figlio deve dimostrare di esse-re tale lottando per tenere unito il nucleo e trovan-do la forza di andare avanti nel bene o nel male.i genitori hanno quindi un ruolo fondamentale nella vita dei propri figli: sono la loro guida e il loro punto di riferimento. non si potrebbe pen-sare a un bambino senza collegarlo alle parole “padre e madre”.Essere figli non si può spiegare cosa voglia dire, è una realtà soggettiva. nessun rapporto con i pro-pri genitori si può paragonare ad un altro. ognu-no ha le proprie caratteristiche e le proprie ca-renze, ma ciscun figlio, a modo suo, ama i propri genitori e non li cambierebbe per nulla al mondo.spero un giorno di avere anch’io una famiglia tut-ta mia, la classica famiglia felice che, nonostante le difficoltà rimane unita. vorrei essere per i miei figli una buona madre, come i miei genitori lo sono sempre stati con me. sono cresciuta in un ambiente sereno con dei buoni principi, gli stessi che trasmetterò ai miei figli.

Daisy Grussani - classe 4FI.T.I.S. “G. Galilei” - Arzignano (VI)

Essere FiGLi:

una sFiDa, un’avvEntUra

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Foto di Nadia Neri Talassi

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iEri... Le piccole suore!Perchè le suore della sacra Famiglia si chia-mano piccole suore ? Forse perchè alcune sono basse di statura? no, no! non si misurano col metro le suore, nè si pesano con la bilancia. Dicendo piccola non s’intende bassa, come di-cendo grande non s’intende alta. Piccola suora vuol dire suora umile, ... che cerca di vivere, lavorare, sacrificarsi senza farlo vedere; che fa tutto per Gesù, e nulla pel mondo, e che anche quando riesce a far qualche cosa di bene lo at-tribuisce tutto a Gesù, per sè non riconosce che i difetti. vi piace questa vita? sarete degne suore della s. Famiglia. non vi piace? Fate il fagotto e prendete il primo piroscafo.voi avrete letto certo l’autobiografia della Beata teresa del Bambino Gesù; essa è chiamata la piccola santa, perchè con una semplicità infanti-le narra il bene ed il male che faceva, le sue doti e i difetti, attribuendo però il bene tutto a Dio solo e i difetti a se setssa. Essa si chiama la bam-bina, il trastullo di Gesù; non posso servire ad altro - dice - perchè sono troppo debole, troppo piccina. Come in un prato vi sono diversi fiori, grandi e piccoli, in vista e nascosti, così nella Chiesa vi sono i grandi santi ed i piccoli, le per-sone dalle grandi virtù, e quelle dalle virtù picci-ne, un piccolo fiorellino bianco, vita che scrisse per comando della sua superiora.anche nella sua vita non vedete nulla di straordi-nario, di stravagante, lo stesso eroismo nelle virtù non appariva, tanto che le stesse sue buone com-pagne la stimavano come una di loro, qualcuna anzi la credette poco paziente, poco rassegnata a morire (come si fa presto a fare i giudizi teme-rari!) come adunque teresa divenne una grande santa? appunto perchè era piccola, umile, bassa. Essa amava tanto tanto Gesù, viveva solo per lui; e con più pativa (e patì dolori i più atroci e gli ab-bandoni e le tentazioni più formidabili) sorrideva più dolcemente a Gesù e a chi l’assisteva.o piccole suore della sacra Famiglia, ecco il vo-stro modello. come teresa si chiamava e vo-leva essere veramente piccola e fu gran santa

perchè fu piccola suora, così voi siate piccole nelle aspirazioni, piccole nelle pretese, memori sempre delle parole del vostro sposo: - Se non diventerete piccoli come bambini, non entrerete nel regno dei cieli... Da: La Voce del Padre - agosto 1923, n. 15, p. 2

...oGGi Nello Spirito di NazarethL’incarnazione ha il suo inizio a nazareth, in una famiglia preparata da Dio ad accogliere il verbo. il Fondatore ci invita ad entrare in questo mistero per comprendere e testimoniare il senso dell’esistenza umana e la speranza posta in Dio venuto ad abitare tra noi. L’incarnazione rivela la grandezza della persona che diviene figlia di Dio, il profondo significato e valore della vita ordinaria, nella quale sperimentiamo la presen-za di Dio e la sua prossimità a ciascuno di noi.La Famiglia di nazareth rivela il mistero della tri-nità come realtà di amore per la salvezza dell’uo-mo. Essa è la fonte ispiratrice della nostra Fami-glia religiosa. il Fondatore e Madre Maria, per il dono dello spirito, hanno creduto nella salvezza che cristo operava già nel nascondimento di na-zareth. con loro siamo partecipi della mssione di Gesù, Maria e Giuseppe, nella comunione pro-fonda con Dio, nelle relazioni vere, semplici e fraterne, nella normalità del vivere quotidiano, nell’operosità umile e generosa, nella testimo-nianza del valore redentivo della fatica umana, vissuta con i fratelli nella gratuità del dono. (Dalle Costituzioni rinnovate, 2012, art. 6-7)

vocE DEL FonDatorE - carisMa

Le nostrE regole

iEri e oGGi

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che cosa mi attendo in particolare da que-sto anno di grazia della vita consacrata?1. che sia sempre vero quello che ho detto

una volta: «Dove ci sono i religiosi c’è gioia». sia-mo chiamati a sperimentare e mostrare che Dio è capace di colmare il nostro cuore e di renderci felici, senza bisogno di cercare altrove la nostra felicità; che l’autentica fraternità vissuta nelle no-stre comunità alimenta la nostra gioia; che il no-stro dono totale nel servizio della chiesa, delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei poveri ci realizza come persone e dà pienezza alla nostra vita. che tra di noi non si vedano volti tristi, per-sone scontente e insoddisfatte, perché “una se-quela triste è una triste sequela”. anche noi, come tutti gli altri uomini e donne, proviamo difficoltà, notti dello spirito, delusioni, malattie, declino del-le forze dovuto alla vecchiaia. Proprio in questo dovremmo trovare la “perfetta letizia”, imparare a riconoscere il volto di cristo che si è fatto in tutto simile a noi e quindi provare la gioia di saperci simili a Lui che, per amore nostro, non ha ricusato di subire la croce. in una società che ostenta il culto dell’efficienza, del salutismo, del successo e che marginalizza i poveri ed esclude i “perdenti”,

possiamo testimoniare, attraverso la nostra vita, la verità delle parole della scrittura: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 cor 12,10). Pos-siamo ben applicare alla vita consacrata quanto ho scritto nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, citando un’omelia di Benedetto Xvi: «La chiesa non cresce per proselitismo, ma per at-trazione» (n. 14). sì, la vita consacrata non cresce se organizziamo delle belle campagne vocaziona-li, ma se le giovani e i giovani che ci incontrano si sentono attratti da noi, se ci vedono uomini e donne felici! Ugualmente la sua efficacia aposto-lica non dipende dall’efficienza e dalla potenza dei suoi mezzi. è la vostra vita che deve parlare, una vita dalla quale traspare la gioia e la bellezza di vivere il vangelo e di seguire cristo. ripeto an-che a voi quanto ho detto nella scorsa veglia di Pentecoste ai Movimenti ecclesiali: «il valore della chiesa, fondamentalmente, è vivere il vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimo-nianza, la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione» (18 maggio 2013).

...spirito santo, Fuoco che ardi, / illumi-na il nostro cammino / nella chiesa e nel mondo. / Donaci il coraggio

dell’annuncio / del vangelo e la gioia del servizio / nella ferialità dei giorni. / apri il nostro spirito / alla contemplazione della bellezza. / custodisci in noi la gratitudine / e lo stupore per il creato, / fa’ che riconosciamo le meraviglie / che tu compi in ogni vivente. / Maria, Madre del verbo, / veglia sulla nostra vita / di uomini e di donne consacrati, / perchè la gioia ricevuta dalla Parola / riempia la nostra esistenza / e il tuo invito a fare quanto / il Maestro dice ( cfr. Gv 2,5), / ci trovi operosi inter-preti / nell’annuncio del regno. amen

Papa Francesco

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Dalla Lettera ai consacrati e alle consacrate

Dalla preghiera dei consacrati e delle consacrate

Alcune attEsE del PaPa:

oltre l’EFFiciEnZa la Gioia

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Un segno dei tempi è senza dubbio co-stituito dall’accresciuta sensibilità per la libertà in tutti gli ambiti dell’esistenza:

il desiderio di libertà rappresenta un terreno d’incontro tra l’anelito dell’uomo e il messaggio cristiano. nell’educazione, la libertà è il presupposto in-dispensabile per la crescita della persona. Essa, infatti, non è un semplice punto di partenza, ma un processo continuo verso il fine ultimo dell’uo-mo, cioè la sua pienezza nella verità dell’amore. «L’uomo può volgersi al bene soltanto nella liber-tà. i nostri contemporanei stimano grandemente e perseguono con ardore tale libertà, e a ragio-ne… La dignità dell’uomo richiede che egli agi-sca secondo scelte consapevoli e libere… L’uo-mo perviene a tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine mediante la scelta libera del bene». Questa ricer-ca diffusa di libertà e di amore rimanda a valori

a partire dai quali è possibile proporre un per-corso educativo, capace di offrire un’esperienza integrale della fede e della vita cristiana. Un’autentica educazione deve essere in grado di parlare al bisogno di significato e di felicità del-le persone. il messaggio cristiano pone l’accen-to sulla forza e sulla pienezza di gioia (cfr Gv 17,13) donate dalla fede, che sono infinitamente più grandi di ogni desiderio e attesa umani.il compito dell’educatore cristiano è diffondere la buona notizia che il vangelo può trasformare il cuore dell’uomo, restituendogli ragioni di vita e di speranza.siamo nel mondo con la consapevolezza di es-sere portatori di una visione della persona che, esaltandone la verità, la bontà e la bellezza, è davvero alternativa al sentire comune.

Conferenza Episcopale ItalianaOrientamenti pastorali per il decennio 2010-2020

cEi - oriEntaMEnti PastoraLi

L’efficacia del vanGELo:

può trasformare il cUorEDa: “Educare alla vita buona del Vangelo” in un mondo che cambia, n. 8

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La poetica di Ignazio Palmeri

ignazio Palmeri, nato a Butera di caltanissetta il 25 ottobre 1924, si è laureato in giurispru-denza all’Università di Palermo nel 1946. Per

oltre cinquant’anni ha esercitato, come avvocato civilista, presso il tribunale di vicenza. vive a val-dagno, e l’amata moglie itala, “compagna indi-menticabile”, è sempre presente “in ogni fibra del suo essere”. si è sommessamente accostato alla poesia per esprimere in versi i moti dell’animo e del mondo interiore. i suoi versi sono pregevo-li per il linguaggio aulico, forbito, la raffinatez-za e l’intensità delle immagini, il patos, pur nella rappresentazione realistica, l’anelito alla speran-za, all’infinito... “i. Palmeri ha posto al centro del suo discorso poetico il grande tema del tempo, approfondito nelle sue tre principali accezioni: tempo come età, tempo come divenire e tempo come contenitore dell’esistenza.” (introd. Il tempo del tempo che verrà). ricordi e temi significativi animano la sua poesia, ma soprattutto “un amore pieno e profondo per la vita e per i valori che egli ha saputo infondere alla sua”. “Egli canta con passione la passione di vivere” (Pref. - introd. I sentieri dell’anima). “Mi fermerò / quando incon-trerò Dio!” “Quando penserai di aver fatto il pieno / non fermarti / ché contenitore senza fondo è il tempo di tua vita. / a un futuro senza fine da traino ti sia la speranza / la sola ad aprirti occhi e cuore / oltre ogni limite.” (da “atto d’amore”). “La speranza per Palmeri non è mai attesa passiva ma progettazione fi-duciosa di un futuro positivo. sono tante le poesie in cui compare un pensiero di speranza sia terrena che ultraterrena” (introd. Il tempo del tempo che verrà). così, il dottor Luigi Borgo, che ha curato le introduzioni alle raccolte poetiche di Palmeri, può affermare sentitamente: “ignazio ha il doppio della mia età, ma questo non im-pedisce la nostra intesa... Ubbidire al dovere di cercare il proprio mi-

glioramento, disubbedendo all’opinione comune che a novant’anni i giochi sono per lo più fatti, è il grande insegnamento... l’eredità che, come amico, gli chiedo di lasciarmi”. anche noi che “gustiamo” le poesie di ignazio Palmeri, gli diciamo grazie per l’ulteriore, non ultimo insegnamento che possiamo trarne: “i doni di Dio diventano efficaci mentre li condivi-diamo”. con entusiasmo ignazio non smette di condividere, edificando, il dono ricevuto.

Rosanna Facchin

IL CREATOREDi vita/ ha riempito il nulla./ il resto/ è mistero./ indelebile traccia/ il creato./ a cercarlo/ sia spe-so/ il cammino:/ in ciò è salvamento./ D’aiuto/ non ti sarà/ la scienza/ che pur illumina la vita./ Da ogni/ scienza/ o sapere/ rifugge/ la genesi del mondo/ e del suo autore. (Da: Remando contro vento, 2010)

PREGHIERA signore,/ ti ringrazio/ di avermi fatto dono,/ spesso a prezzo/d’indicibile dolore/ e sofferen-za,/ del bene della vita, / traendomi dal nulla. / signore,/ ti ringrazio/ di avermi fatto dono/ del bene di ogni bene,/ Gesù,/ il dilettissimo tuo Fi-glio,/ che, restituendomi alla grazia,/ una secon-

da vita m’ha donato. / signore,/ ti ringrazio/ di avermi fatto dono/ di anima e memoria,/ sorgente di sen-timenti l’una/ e di coscienza l’altra. / signore,/ ti ringrazio/ di avermi fatto dono/ del bene dell’amore/ che più d’ogni altro bene/ alla tua divina essenza/ m’avvicina. / ti rin-grazio, mio signore,/ per ogni gior-no,/ ogni ora/ ogni istante di vita/ che per infinito amore/ tu mi dai. (Da: I sentieri dell’anima, 2005)

Ignazio Palmeri

Un aMorE ProFonDoper la vita

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Gilberto e renza hanno voluto rinnovare le loro promesse davanti a Dio, circon-dati dai familiari e dagli amici con i quali

partecipano alla santa Messa domenicale; quel giorno è stato inoltre esaudito il loro desiderio, che la cara suor rosa valentina prendesse parte alla festa. alla vista della nostra sorella suora, i presenti hanno esternato una gioia unanime ed un affetto mai spento in questi anni di lon-tananza. Le Piccole suore della sacra Famiglia, giunte a Porotto nel lontano dicembre 1908, sono rimaste, fino all’agosto 2008, vicine alle fa-miglie del paese sostenendole e confortandole in ogni momento; hanno inoltre curato la cre-scita di numerosissimi bambini, gestendo l’asilo parrocchiale. suor rosa valentina dopo la Mes-sa è stata avvicinata da tutti coloro che erano

presenti. Le manifestazioni di affetto e calore che ha ricevuto hanno ancora una volta messo in luce quanto è stata grande e importante l’o-pera delle Piccole suore nella nostra comunità. Gilberto e renza in quel giorno hanno provato sentimenti e gioie difficilmente esprimibili e la presenza della cara amica suora è stato un gran-de ed immenso regalo. La festa, semplice ma sentita e partecipata da tutti, resterà un bellissi-mo ricordo negli anni futuri. ringraziamo i no-stri amici coniugi, che continueranno a testimo-niare la bellezza e l’importanza di una coppia cristiana che vive quotidianamente nell’amore, nella fede e nella condivisione di ogni momen-to vissuto insieme.

La comunità parrocchiale di Porotto (FE)

Cinquant’anni insiEMEIl 21 giugno 2015 la comunità parrocchiale di Porotto (FE) ha festeggiato il cinquantesimo anniversario di matrimoniodei coniugi Gilberto e Renza Piola

Sono entrate nella pienezza della vitaPiccole Suore Della Sacra Famiglia

Suor Crispina Eusebi Suor Annaldina PeroniSuor Angelidia Tassetto Suor Maria Paola PerticariniSuor Adelina Morandini Suor Paolisa TonolettiSuor Margherilde Castello Suor Maria Giacinta DissegnaSuor Eugenia Romeo

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Mi è capitato di udire una notizia partico-lare. in Giappone esiste una antica tec-nica di restauro che consiste nel colare

nelle crepe di un vaso oro liquido, solidifican-dosi, permette ai vari frammenti di ricongiun-gersi. al termine dell’operazione le crepe sono ancora ben visibili, dorate. sono, per così dire, “impreziosite”. viene spontanea un’analogia: a volte nella vita di persone che conosciamo vi sono delle “fratture”, delle esperienze che han-no in qualche modo ferito, spezzato, trafitto l’a-nima. Queste ferite non scompariranno mai, ma potranno un giorno essere preziose. Potranno diventare fonte di bene per sé e per gli altri. Ho nel cuore tanti fatti di cronaca. Penso a chi ha perso un figlio o un genitore ancora giova-ne. Mi interrogo su migliaia di profughi che fug-gono dalle loro terre in guerra per una flebile speranza, lasciando là affetti e ricordi. Penso a quei bambini nei gommoni ed a come si senti-ranno nei luoghi dove approderanno. si senti-ranno, per così dire, “spezzati”, “a pezzi”, “la-cerati”? noto che le parole usate in questi casi sono adatte anche ai vasi in restauro. ameranno o odieranno? Quale tipo di accoglienza può aiu-tarli ad impreziosire queste crepe?il Papa ha invitato le Parrocchie all’accoglienza: a noi l’incarico di renderla di qualità nella con-divisione. ricordiamo l’esempio di s. Martino, che nella leggenda taglia a metà con la spada il proprio mantello per condividerlo con il pove-ro infreddolito. certo a lui, ufficiale dell’impero romano, sarebbe stato facile donare il mantello e recuperarne un altro nelle salmerie della trup-pa; invece, ha preferito condividere, rimanendo anche lui un po’ al freddo.

certo non è un esempio facile da seguire. il coro della nostra parrocchia “Madonna del lavo-ro” (Bo) ci aiuta donandoci parole e musica per esprimere la nostra supplica.

vorrei che le parole mutassero in preghiera/ e rivederti o Padre che dipingevi il cielo. / sapessi quante volte guardando questo mondo / vorrei che tu tornassi a ritoccare il cuore. / vorrei che le mie mani avessero la forza / per sostenere chi non può camminare. / vorrei che questo cuore che esplode in sentimenti / diventasse culla per chi non ha più madre... (rit) Mani, prendi que-ste mie mani,/ fanne vita, fanne amore / braccia aperte per ricevere... chi è solo / Cuore, prendi questo mio cuore, / fa che si spalanchi al mondo / germogliando per quegli occhi / che non sanno pianger più.sei tu lo spazio che desidero da sempre, / so che mi stringerai e mi terrai la mano. / Fa che le mie strade si perdano nel buio / ed io cammini dove cammineresti tu. / tu soffio della vita prendi la mia giovinezza / con le contraddizioni e le falsità. / strumento fa che sia per annunciare il regno / a chi per queste vie tu chiami Beati.../ Mani, ... noi giovani di un mondo che cancella i senti-menti / e inscatola le forze nell’asfalto di città ./ siamo stanchi di guardare siamo stanchi di gri-dare / ci hai chiamati siamo tuoi cammineremo insieme... Mani, ...

si tratta di un canto scout dal titolo “Mani”. è una preghiera, una richiesta ed un invito all’a-zione responsabile, indicandoci una strada da intraprendere. Buon cammino!

Franca

caMMinarE......fare esperienza di gioia e di dolore; di mani che donano, sostengono e restaurano, di pienezza per il grande e definitivo Incontro Fo

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L’esperienza albanese di noi ragazzi di adro (Bs) è cominciata con

un po’ di paura a causa del viaggio; il volo in aereo si è però concluso bene, por-tandoci a destinazione, no-nostante le gambe che tre-mavano.Le Piccole suore ci han-no accolto a braccia aperte e da tirana siamo giunti a Balldre, il villaggio che ci ha ospitato per dieci giorni.La nostra giornata partiva subito in salita con il grest o meglio “kampi verorë” in-sieme a degli scatenatissimi bambini! Pur con qualche difficoltà nell’esprimerci per farci capire, in questa espe-rienza siamo riusciti ad in-staurare dei buoni rapporti

soprattutto con i ragazzi e gli animatori albanesi.La giornata continuava, invece, in maniera meno ripida ma comunque faticosa, incontrando fami-glie bisognose, visitando luoghi caratteristici del paese o semplicemente divertendoci tra di noi, per poi concludersi con una bella dormita, per ricaricare le forze.abbiamo potuto osservare e scoprire oltre a una

nuova cultura, anche la semplicità e la gene-rosità delle persone che abbiamo incontrato, vincendo così i pregiudizi e la paura verso un popolo estremamente diverso dal nostro.siamo consapevoli del fatto che non siamo noi a poter cambiare le persone, a cambiare il loro modo di vedere le cose, o di affrontare le situa-zioni, ma siamo certi di poter continuare ad im-pegnarci, testimoniando ciò che in dieci giorni abbiamo vissuto, imparato e osservato.Un grazie sincero va a don Ugo che ci ha per-messo e aiutato a vivere questa bellissima espe-rienza, e a suor valentina che ha aiutato il don a organizzare tutto alla perfezione.Un grazie anche alle altre suore che ci hanno accompagnato nel vivere questa missione: spe-riamo di poter rivederci l’anno prossimo.

Francesca, Andrea, Federico, Daniele, Marco

LE PssF in MissionE

“MissionE aLBania”

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Domenica, 13 settembre 2015, nella casa “sacra Famiglia”- rsa di rovereto (tn) si respirava aria di festa e tanta alle-

gria. Dopo quattro anni per la ristrutturazione, abbiamo festeggiato la fine dei lavori, inaugu-rando la casa completamente messa a nuovo. è stata una giornata serena, all’insegna della condivisione, della gioia e della fraternità. Han-no partecipato: ospiti, familiari, dipendenti, le suore e anche la popolazione di rovereto. La giornata si è aperta con l’accoglienza del no-stro arcivescovo e il saluto della responsabile di comunità, suor iralda spagnolo, che ha accolto tutti i presenti salutandoli e ringraziandoli per il loro coinvolgimento. con emozione abbiamo partecipato al taglio del nastro, eseguito dall’o-spite più anziana della rsa, con a fianco la ni-potina, che le offriva il vassoio con le forbici. subito dopo ci siamo ritrovati in cappella con lo scambio di saluti dell’arcivescovo di trento mons. Luigi Bressan e la Madre generale delle PssF, suor angela Merici Pattaro. La celebrazio-ne eucaristica è stata animata egregiamente dal coro del nostro personale, assieme ad amici, collaboratori ed alcune ragazze che frequentano la nostra casa. conclusa la santa Messa il ve-scovo si è recato nel nostro meraviglioso atrio dove ha benedetto la casa. Poi è salito ai piani per visitare la struttura e dare un saluto a tutte le ospiti, che lo hanno accolto con grande gioia.

nel salone riunioni suor iralda ha ringrazia-to di cuore tutti coloro che hanno collaborato alla ristrutturazione. Ha ringraziato soprattutto il signore perché tutto si è svolto senza inci-denti. Dopo il saluto del vicesindaco, che ha auspicato una collaborazione effettiva con il comune di rovereto, la mattinata è proseguita con l’intervento del prof. stefano Zamagni dal titolo: “La nostra Famiglia come segno di spe-ranza e guida in questo tempo”. La conferen-za è stata molto apprezzata, la sala era gremita di persone attente ed interessate nell’ascoltare le parole dell’economista che in maniera coin-volgente ha trattato alcuni temi molto attuali ed importanti per la nostra vita e per la società. L’intera giornata è stata animata e rallegarta dal coro dei bambini, figli di dipendenti e loro amici, accompagnati dalla chitarra di roberta e diretti da suor alessia. Hanno eseguito diverse canzoni significative. La festa poi è proseguita con un ricco buffet, che si è svolto nel giardino della rsa, accompagnato dalle canzoni di Dina, una ragazza Moldava che ci ha fatto ascoltare brani che richiamano la sua terra d’origine, ma anche canzoni italiane. con l’aiuto di alcune no-stre dipendenti di origine Moldava è stato alle-stito anche un piccolo, ma ricco tavolo, pieno di specialità originarie del loro Paese.Questa scelta è stata accolta da tutti con entusiasmo come apertura alle nuove culture e tradizioni.

oGGi siaMo in FEsta!

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nell’ambito della Missione cittadina della città di viterbo, si è costituita un’ équipe di giovani, appartenenti a diverse par-

rocchie, che si sta occupando della Missione-Giovani. Già da un anno ci stiamo incontrando per coor-dinare e promuovere iniziative significanti che possano arrivare al cuore dei giovani della città e ci siamo impegnati ad effettuare la mappatu-ra dell’impatto giovanile cittadino, individuan-do i luoghi e gli ambiti di aggregazione (società sportive, scuole, strade e piazze). tra le inizia-tive della Missione-Giovani, il 2 settembre di quest’anno, ne abbiamo proposto una intitolata “come & see” (vieni e vedi). L’evento, avente

come destinatari i giovani della città, si è svolto nella chiesa di piazza del Gesù, rimasta aperta dalle 22.00 fino alle 01.30 di notte, per un mo-mento libero d’adorazione silenziosa di fronte al santissimo. Durante la fase preparatoria, co-ordinata dagli incaricati del servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile (don Fabrizio, don vittore e sr Laura), è emersa da parte nostra una positiva attitudine alla collaborazione, ma anche delle perplessità dettate dalla novità, quale ad esempio l’incognita sul risultato finale, e dalla convinzione che non saremmo riusciti nell’in-tento di avvicinare tanti giovani alla preghiera. nonostante le nostre paure, ci siamo impegnati nella fase di realizzazione, aiutati anche da don Giovanni Fasoli, padre missionario dell’opera Famiglia di nazareth. vi illustriamo brevemente la metodologia che abbiamo adottato: la notte stessa dell’iniziativa, alcuni di noi hanno forma-to gruppi di due persone e hanno invitato alla partecipazione i giovani presenti in varie zone d’aggregazione (piazza della Morte, piazza san Lorenzo, corso italia, piazza del comune, piaz-za san Pellegrino), lasciando un sorriso e un bi-glietto con scritto il luogo dell’iniziativa. coloro che hanno accettato l’invito, recandosi in chiesa sono stati accolti da due giovani-accompagnato-ri: questi consegnavano, a chi lo richiedeva, un foglietto, dove poter scrivere a Dio una preghie-ra, e un lumino da accendere e porre ai piedi dell’altare. inoltre, prima di uscire, si aveva la possibilità di confessarsi e di portare con sé un bigliettino con scritto un versetto biblico. al termine di questo “esperimento” ci siamo

LE PssF in MissionE

Progetto

MissionE-Giovani

Per finire in bellezza non sono mancati i balli di gruppo che hanno chiuso in letizia la giornata. Un grande ringraziamento va a tutte le perso-ne che hanno collaborato per fare in modo che questa festa potesse essere un bel momento di fratellanza. vedere i partecipanti così coinvolti

ci ha fatto molto piacere ed è stato l’aspetto più gratificante.

Erika e Laura animatrici RSACasa “Sacra Famiglia”

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meravigliati dei risultati ottenuti; tutte le nostre aspettative sono state superate: abbiamo con-tattato e invitato a partecipare oltre 500 giovani, di cui circa 150 hanno accolto la proposta di un incontro con cristo, riscoprendo il desiderio di un dialogo con Lui. tutto questo è testimo-niato dalle preghiere raccolte, circa cento, nate dall’intimità dei cuori. ve ne riportiamo solo al-cune: Che Dio mi doni la forza per aiutare chi mi cir-conda.Apprezzerei molto se gli incontri di preghiera potessero far apprendere qualcosa di nuovo sul-la vita di Gesù e dei santi e spero molto che la Chiesa accolga molti giovani attorno a sé.Grazie di tutte le gioie che ricevo ogni giorno. Ho conosciuto persone speciali alle quali auguro tutta la spensieratezza della nostra adolescenza; ho fatto esperienze importanti, sempre affidan-domi a te, ogni sera sul cuscino. Grazie, delle emozioni che provo e delle porte del destino che mi apri davanti agli occhi ogni volta. Grazie an-che a questa bella esperienza che commuove l’a-nimo di chi entra ora in questa Chiesa. A presto.Cristo, dammi la forza e la saggezza per andare oltre a tutte le mie intemperanze, i miei difetti, i miei limiti. Voglio far crescere la mia relazione con te, perché è nel tuo consiglio che potrò tro-vare la via.Sii sempre la mia luce, guidami ed aiutami a rispondere alla tua chiamata.Ogni mio desiderio è davanti a te, o Signore. Serviti di me come vuoi! Aiutami a non opporre resistenza!Gesù, guarisci il mio cuore, che io possa seguire solo te, non voglio più vivere nelle tenebre.Signore, ti prego, fammi capire qual è la mia strada, qual è il mio posto, il mio compito nel mondo. Ti prego aiutami a trovare la strada mi-gliore per me, che mi permetterà di fare grandi cose, aiutare moltissime persone e di cambiare veramente questo mondo. Ti prego, illuminami. Io non riesco a vederla questa strada. La strada che mi farà essere veramente felice, mi farà sen-tire completa e soddisfatta di me stessa.Confusione… Stress… Ma cosa ho per la testa? Non mi sento più me stessa, ho bisogno di qual-cuno/qualcosa che mi indichi la strada da se-guire.Signore, dammi la forza di trovare la mia stra-da, che io possa fare delle scelte giuste ed aiuta-mi a mantenerle. Rendimi migliore per gli altri!

Gesù, fai luce sulla mia vita! Ti affido tutto me stesso.Aiutami a trovare la strada. Signore, io ti prego, aiutami, fammi capire il tuo progetto su di me, aiutami a realizzarlo, so che sarò felice.Ciao, Signore, è tanto che non ti parlo, sono lon-tana e ora non ti sento, ma cerco di sforzarmi a tendere l’orecchio. Vorrei pregarti per nonna, dalle serenità, ti prego per le persone che amo e mi hai donato.Come fa Dio a portarsi via un ragazzo di 21 anni! Non capisco.Io non sono credente. Ma ammiro chi ha la for-za di affidare anima e corpo a chi non ha visto e non vedrà mai.Fammi provare amore… quello dei bimbi!!! Lo aspetto e grazie!!!Caro Gesù, anche se in questo periodo sono stato più assente, ti porto sempre nel cuore.Per concludere, noi che ci siamo impegnati af-finché questa iniziativa portasse “buoni frutti”, abbiamo sperimentato con la nostra vita le pa-role di Madre teresa di calcutta: “siamo matite nelle mani di Dio”.

Gruppo animatori

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Gesù rivolge ai suoi discepoli una doman-da apparentemente indiscreta: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?”

(Mc 9,33). Una domanda che anche oggi Egli può farci: Di cosa parlate quotidianamente? Quali sono le vostre aspirazioni? «Essi – dice il vangelo – tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande» (Mc 9,34). si vergo-gnavano di dire a Gesù di cosa stavano parlando. come nei discepoli di ieri, anche in noi oggi si può riscontrare la medesima discussione: “chi è il più grande?”. Gesù non insiste con la sua do-manda, non li obbliga a dirgli di che cosa parlava-no per la strada; eppure quella domanda rimane, non sono nella mente, ma anche nel cuore dei discepoli. “chi è il più grande?”. Una domanda che ci accompagnerà per tutta la vita e alla quale saremo chiamati a rispondere nelle diverse fasi dell’esistenza. non possiamo sfuggire a questa domanda, è impressa nel cuore. Ho sentito più di una volta in riunioni famigliari domandare ai figli: “a chi volete più bene, al papà o alla mamma?”. è come domandare: chi è più importante per voi? Questa domanda è davvero solo un semplice gio-co per bambini? La storia dell’umanità è stata se-gnata dal modo di rispondere a questa domanda. Gesù non teme le domande degli uomini; non ha paura dell’umanità, né dei diversi interrogativi che essa pone. al contrario, Egli conosce i “re-cessi” del cuore umano, e come buon pedagogo è sempre disposto ad accompagnarci. Fedele al suo stile, fa’ propri i nostri interrogativi, le nostre aspirazioni e dà loro un nuovo orizzonte. Fede-le al suo stile, riesce a dare una risposta capace di porre una nuova sfida, spiazzando le “risposte attese” o ciò che era apparentemente già stabili-to. Fedele al suo stile, Gesù pone sempre in atto la logica dell’amore. Una logica capace di essere vissuta da tutti, perché è per tutti. Lontano da ogni tipo di elitarismo, l’orizzonte di Gesù non è per pochi privilegiati capaci di giungere alla “cono-scenza desiderata” o a distinti livelli di spiritualità. L’orizzonte di Gesù è sempre una proposta per

la vita quotidiana, anche qui, nella “nostra” isola; una proposta che fa sempre sì che la quotidiani-tà abbia un certo sapore di eternità. chi è il più grande? Gesù è semplice nella sua risposta: «se uno vuole essere il primo – ossia il più grande – sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). chi vuole essere grande, serva gli altri, e non si serva degli altri! E questo è il grande pa-radosso di Gesù. i discepoli discutevano su chi dovesse occupare il posto più importante, su chi sarebbe stato il privilegiato – ed erano i discepoli, i più vicini a Gesù, e discutevano di questo! –, chi sarebbe stato al di sopra della legge comune, della norma generale, per mettersi in risalto con un desiderio di superiorità sugli altri. chi sareb-be asceso più rapidamente per occupare incarichi che avrebbero dato certi vantaggi. E Gesù scon-volge la loro logica dicendo loro semplicemente che la vita autentica si vive nell’impegno concreto con il prossimo, cioè servendo. L’invito al servizio presenta una peculiarità alla quale dobbiamo fare attenzione. servire significa, in gran parte, avere cura della fragilità. servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nel-la nostra società, nel nostro popolo. sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare e invita concretamente ad amare. amore che si concretizza in azioni e decisioni. amore che si manifesta nei differenti compiti che come cittadini siamo chiamati a svolgere. sono persone in carne e ossa, con la loro vita, la loro storia e specialmente la loro fragilità, che Gesù ci invita a difendere, ad assistere, a servire. Perché essere

Il PaPa a cUBa e negli UsaOmelia di Papa Francesco per la Santa Messa in Piazza della Rivoluzione a L’Avana in occasione del viaggio apostolico a Cuba (Domenica 20 settembre 2015). Efficacia del servizio

continUa iL GranDE aBBraccio

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oggi la Parola di Dio ci sorprende con un linguaggio allegorico forte, che ci fa pen-sare. immagini potenti, che interrogano

le nostre riflessioni. Un linguaggio allegorico che ci interpella, ma che anima il nostro entusiasmo. nella prima Lettura, Giosuè dice a Mosè che due membri del popolo stanno profetizzando, e an-

nunciano la parola di Dio senza alcun mandato. nel vangelo, Giovanni dice a Gesù che i discepoli hanno impedito a uno di scacciare gli spiriti ma-ligni nel nome di Gesù. E qui viene la sorpresa: Mosè e Gesù rimproverano questi collaboratori per essere così chiusi di mente. Fossero tutti pro-feti della parola di Dio! Fosse capace ciascuno di

incontro mondiale

con le FaMiGLiEDall’omelia della Santa Messa conclusiva dell’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie nel B. Franklin Parkway a Fildelfia (Domenica 27 settembre 2015)

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iocristiano comporta servire la dignità dei fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei fratelli. Per questo, il cristiano è sem-pre invitato a mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili. c’è un “ser-vizio” che serve gli altri; però dobbiamo guardar-ci dall’altro servizio, dalla tentazione del “servi-zio” che “si” serve degli altri. Esiste una forma di esercizio del servizio che ha come interesse il beneficiare i “miei”, in nome del “nostro”. Questo servizio lascia sempre fuori i “tuoi”, generando una dinamica di esclusione. tutti siamo chiamati dalla vocazione cristiana al servizio che serve e ad aiutarci a vicenda a non cadere nelle tentazio-ni del “servizio che si serve”. tutti siamo invitati, stimolati da Gesù a farci carico gli uni degli altri per amore. E questo senza guardare accanto per vedere che cosa il vicino fa o non fa. Gesù ci dice: «se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). costui diventa il primo. non dice: “se il tuo vicino desidera essere il primo, che serva”. Dobbiamo guardarci dallo sguardo che giudica e incoraggiarci a credere nel-lo sguardo che trasforma, al quale ci invita Gesù. Questo farci carico per amore non punta verso un atteggiamento di servilismo, ma al contrario, pone al centro la questione del fratello: il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua

carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone. il santo Popolo fedele di Dio che vive a cuba è un popolo che ama la festa, l’amicizia, le cose belle. è un popolo che cammina, che canta e loda. è un popolo che ha delle ferite, come ogni popolo, ma che sa stare con le braccia aperte, che cam-mina con speranza, perché la sua vocazione è di grandezza. così l’hanno seminata i vostri antenati. oggi vi invito a prendervi cura di questa vocazio-ne, a prendervi cura di questi doni che Dio vi ha regalato, ma specialmente voglio invitarvi a pren-dervi cura e a servire la fragilità dei vostri fratelli. non trascurateli a causa di progetti che posso-no apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto. noi conosciamo, siamo testimoni della «forza incomparabile» della risurrezione che «produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo» (Esort. ap. Evangelii gau-dium, 276.278). non dimentichiamoci della Buo-na notizia di oggi: la grandezza di un popolo, di una nazione; la grandezza di una persona si basa sempre su come serve la fragilità dei suoi fratelli. E in questo troviamo uno dei frutti di una vera umanità. Perché, cari fratelli e sorelle, “chi non vive per servire, non serve per vivere”.

Francesco

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fare miracoli nel nome del signore! Gesù, invece, trova ostilità nella gente che non aveva accetta-to ciò che faceva e diceva. Per loro, l’apertura di Gesù alla fede onesta e sincera di molte persone che non facevano parte del popolo eletto da Dio sembrava intollerabile. i discepoli, da parte loro, agivano in buona fede; ma la tentazione di essere scandalizzati dalla libertà di Dio, il Quale fa pio-vere sui giusti come sugli ingiusti (cfr Mt 5,45), oltrepassando la burocrazia, l’ufficialità e i circoli ristretti, minaccia l’autenticità della fede e, perciò, dev’essere respinta con forza. Quando ci rendia-mo conto di questo, possiamo capire perché le parole di Gesù sullo scandalo sono così dure. Per Gesù, lo scandalo intollerabile è tutto ciò che di-strugge e corrompe la nostra fiducia nel modo di agire dello spirito. Dio nostro Padre non si lascia vincere in generosità e semina. semina la sua pre-senza nel nostro mondo, poiché «in questo sta l’a-more: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi» per primo (1 Gv 4,10). amore che ci dà la certezza profonda: siamo cercati da Lui, siamo aspettati da Lui. è questa fiducia che porta il discepolo a stimolare, accompagnare e far crescere tutte le buone iniziative che esistono at-torno a lui. Dio vuole che tutti i suoi figli prenda-no parte alla festa del vangelo. non ostacolate ciò che è buono – dice Gesù –, al contrario, aiutatelo a crescere. Mettere in dubbio l’opera dello spirito, dare l’impressione che essa non ha nulla a che fare con quelli che non sono “del nostro grup-po”, che non sono “come noi”, è una tentazione pericolosa. non solo blocca la conversione alla fede, ma costituisce una perversione della fede. La fede apre la “finestra” alla presenza operante

dello spirito e ci dimostra che, come la felicità, la santità è sempre legata ai piccoli gesti. «chiun-que vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome – dice Gesù, piccolo gesto – non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41). sono gesti minimi, che uno impara a casa; gesti di famiglia che si perdono nell’anonimato della quotidianità, ma che rendono ogni giorno diverso dall’altro. sono gesti di madre, di nonna, di padre, di nonno, di fi-glio, di fratello. sono gesti di tenerezza, di affetto, di compassione. Gesti come il piatto caldo di chi aspetta a cenare, come la prima colazione presto di chi sa accompagnare nell’alzarsi all’alba. sono gesti familiari. è la benedizione prima di dormire e l’abbraccio al ritorno da una lunga giornata di lavoro. L’amore si esprime in piccole cose, nell’at-tenzione ai dettagli di ogni giorno che fanno sì che la vita abbia sempre sapore di casa. La fede cresce quando è vissuta e plasmata dall’amore. Perciò le nostre famiglie, le nostre case sono au-tentiche chiese domestiche: sono il luogo adatto in cui la fede diventa vita e la vita cresce nella fede. Gesù ci invita a non ostacolare questi piccoli gesti miracolosi, anzi, vuole che li provochiamo, che li facciamo crescere, che accompagniamo la vita così come ci si presenta, aiutando a suscitare tutti i piccoli gesti di amore, segni della sua pre-senza viva e operante nel nostro mondo... Dio conceda a tutti noi di essere profeti della gioia del vangelo, del vangelo della famiglia, dell’amore della famiglia, essere profeti come discepoli del signore, e ci conceda la grazia di essere degni di questa purezza di cuore che non si scandalizza del vangelo. così sia.

Papa Francesco

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Le cinque vie verso l’umanità nuovaUscirE – come mai, nonostante un’insi-stenza prolungata sulla missione, le nostre

comunità faticano a uscire da loro stesse e ad aprirsi? occorre liberarle dal peso di un futuro che abbiamo già scritto, per aprirle all’ascolto delle parole dei contemporanei, che risuonano anche nei nostri cuori.annUnciarE – Le persone hanno bisogno di parole e gesti che, partendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. La fede genera una testimonainza annunciata non meno di una testimonianza vissuta. col suo personale tratto papa Francesco continua a mostrare la forza e l’agilità di questa forma e di questo stile testi-moniali.aBitarE – corriamo il rischio di perdere la pre-senza capillare, questa prossimità salutare capa-ce di iscrivere nel mondo il segno dell’amore che salva. occorre allora un tenace impegno per continuare a essere una chiesa di popolo nelle trasformazioni demografiche, sociali e cul-turali che il Paese attraversa.EDUcarE – è un’arte: occorre che ognuno di noi, immerso in un contesto in trasformazione, l’apprenda nuovamente, ricercando la sapienza che ci consente di vivere in quella pace tra noi e con il creato che non è solo assenza di conflitti ma tessitura di relazioni profonde e libere.trasFiGUrarE – Le comunità cristiane e reli-giose sono nutrite e trasformate nella fede gra-zie alla vita liturgica e sacramentale e alla pre-ghiera. Esiste un rapporto intrinseco tra fede e carità, dove si esprime il senso del mistero: il divino traspare nell’umano, e questo si trasfigu-ra in quello. (testi tratti dalla “traccia per il cam-mino verso il convegno ecclesiale nazionale”).“cristo, maestro di umanità” è il titolo dell’inno ufficiale che accompagna il 5° convegno eccle-siale nazionale. L’autore è mons. Marco Frisina.In Gesù Cristo il nuovo umanesimoIl punto focale è stata la presenza di papa Fran-cesco, il suo incontro con i partecipanti martedì mattina e la celebrazione Eucaristica nel pome-riggio allo stadio.

i partecipanti circa 2.500 persone: i delegati oltre 2.000, poi gli invitati, gli ospiti e tutto il popolo di Dio. Un momento celebra-tivo particolare di questo evento durante il pome-riggio del primo giorno, è stato una forma di “pelle-grinaggio” verso la catte-drale santa Maria del Fiore di tutti i partecipanti radunati nelle quattro basiliche della città: santa croce, santa Maria novella, santo spirito, san-tissima annunziata. Qui è avvenuta la celebra-zione inaugurale, presieduta dall’arcivescovo di Firenze il card. G. Betori. il giorno 10 l’incontro con il Papa e subito dopo, l’11 sono iniziati i lavori con le due relazioni introduttive sul tema generale “in Gesù cristo il nuovo umanesimo” di Giuseppe Lorizio (propsettiva teologica) e a Mauro Magatti (prospettiva sociologico-cultura-le). Poi per un giorno e mezzo si è discusso, nei lavori di gruppo, su cinque vie della traccia preparatoria: uscire, annunciare, abitare, educa-re, trasfigurare. nella plenaria conclusiva sono state condivise le cinque relazioni relative alle singole vie da parte dei coordinatori. riportiamo il messaggio finale e le conclusioni del presiden-te della cEi. Le due priorità legate al messaggio del Papa: la centralità dell’annuncio del vange-lo e la sinodalità come interiorità metodologica della vita della chiesa, cioè il coinvolgimento profondo, reale e spirituale di tutto il popolo di Dio nella vita della chiesa e nella sua missione.Lo stesso fascino che provocò l’umanesimo del ‘400? in realtà allora fu un umanesimo costruito a ta-volino, mentre a Firenze 2015 il percorso è stato inverso: quello di incrociare l’uomo dove abita e dove vive. non quindi di inquadrare l’uomo en-tro schemi e categorie, ma ritornando a porsi la domanda del salmo 8: chi è l’uomo? Un conve-gno non tanto di carte e di voci, ma di passione e di progetti per le nostre comunità nella linea dell’Evangelii Gaudium.

Firenze 9-13 novembre 2015

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Per un nuovo UManEsiMo

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…è bello rileggere la nostra vita con stupore, non per nostalgia del passato, non per lamentarsi

del presente, ma per renderci conto delle tappe della vita, del filo rosso che l’ha guidata, degli interventi del signore. è un riappropriarci del passato, ed è crescere nella ammirazione e nella riconoscenza verso Dio e a tante persone. Mi permetto, in questa Eucaristia di azione di gra-zie, di fare memoria della mia esperienza sacer-dotale missionaria. Si possono paragonare i miei 50 anni a un cammino di tre viaggi. il primo viaggio è quello geograficoPer alcuni anni ho vissuto in alcune regioni d’ita-lia: nell’Emilia (a Parma), nel Piemonte (a nizza Monferrato), nella Lombardia (a Desio), nel La-zio (a roma) e nella campania (a salerno). Poi il grande viaggio nel congo, che ho rifatto una decina di volte nei 33 anni di vita in missione. il congo è l’immenso paese, dove la natura è esu-berante e imponente per i grandi laghi del tanga-nika e del Kivu, per le foreste e suoi vulcani, per le sue ricchezze minerarie e il mondo animale. il secondo viaggio è quello dell’incontro con gente diversa per tribù, lingua e culturasi arriva in congo la prima volta come bambini, che imparano a parlare, a conoscere, a muoversi.

E quando si sbaglia, si pronuncia un vocabolo al posto di un altro, tutti ridono e tu ridi con loro. ricordo, nel primo anno, il mio errore nel pro-nunciare la parola risurrezione (ufufuko) nella lingua locale ha provocato una clamorosa risata generale nell’assemblea dei 500 alunni che assi-stevano alla messa. il confronto, tuttavia, con le altre culture dà l’occasione di ammirare alcune cose che noi abbiamo perso: la semplicità di vita, l’accoglienza, l’amore alla vita, la ricchezza di re-lazioni, la saggezza degli antenati, il senso del sa-cro, la fede in Dio. c’è da esercitare alcune virtù: l’adattamento, l’ascolto, il dialogo, la pazienza, la fraternità. La relazione cambia, si perfeziona con il passare degli anni: se in un primo momento si lavora per migliorare la povera condizione di vita della popolazione e si lavora per loro (co-struire scuole, dispensari, sorgenti, chiese…), in un secondo tempo si impara a stare insieme, a collaborare accettando ritmi diversi e gusti diffe-renti, e infine (è l’ideale) si arriva ad adottare le loro difficoltà e a sposare la loro causa, amando fraternamente. ricordo la frase di mio papà scrit-ta in una sua lettera: “Cerca di voler bene agli africani, hanno già sofferto abbastanza”. trovo giusto ad avere fiducia nelle persone e ad avere rispetto della loro libertà, senza complessi di su-periorità, e poi “si diventa veramente liberi trami-te la libertà degli altri”.il terzo viaggio è quello della crescita spirituale, nonostante i limitisono stato ordinato prete nell’ottobre dell’anno 65, che segnava la fine del concilio vaticano. il gran-de evento storico di rinnovamento e cambiamen-to epocale nella chiesa e nel mondo. così ho co-nosciuto il tempo prima del concilio con la messa in latino e il pensiero tradizionale della chiesa; ho seguito da giovane studente di teologia il concilio durante le sue assemblee e discussioni e, infine, ho esultato e vissuto nel dopo il concilio vaticano ii. tutto questo mi ha introdotto nello spirito di una continua ricerca che deve continuare nella vita. Dio, infatti, non è monotonia, ma è novità di vita ed è inesauribile. il cammino di fede è fa-ticoso, ed è segnato da tappe progressive.“Siamo cocci resistenti o ribelli alla mano del vasaio che non smette di ricominciare, correggere, rettifica-re”. è stato detto che la vita con le sue difficoltà,

Un viaGGio a tre profili

in rEnDiMEnto Di GraZiE

Giuseppe Dovigo, a Bukavu, in Congo

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dubbi, contraddizioni, è un labirinto, dove è dif-ficile trovare la via d’uscita. allora c’è bisogno di un filo di lana conduttore per uscirne, come ha fatto, secondo il mito, la giovane donna arianna, che ha avuto la furbizia di utilizzarlo per segnare la strada già fatta e non perdersi. Qual è il nostro filo di salvezza?si scopre, con il passare del tem-po, con l’approfondimento, l’esperienza e pure la fatica di trasmettere agli altri, che il vangelo nella sua semplicità e saggezza è sempre più luce, rife-rimento e consolazione. necessita l’atteggiamen-to esemplare del bambino proposto da Gesù nel vangelo. Un bambino inerme, senza difesa, senza pretese, il più debole degli ultimi, che ci insegna la fiducia e disponibilità.Lunedì 7 settembre ero a Parma, dove abbiamo ricordato le tre sorelle severiane uccise l’anno scorso, il 7 settembre in Burundi. Eravamo in molti con il vescovo della città. conoscevo per-sonalmente le tre suore: Lucia, olga e Bernadetta. Bernardetta era di ospedaletto, è stata qui a cam-piglia per visitare mia mamma quando era am-malata e le ha portato la comunione. Ho vissuto con angoscia, lo scorso anno, quei terribili giorni ed ho partecipato alla preghiera e alla sepoltura delle tre sorelle in congo. a poco a poco, dopo la grande sofferenza per una morte crudele, dopo la paura per una situazione di violenza, si è fatta strada l’ammirazione per loro che hanno vissuto

la missione, il loro viaggio di vita cristiana al se-guito di Gesù fino in fondo e nella compassione. i tre viaggi (o meglio tre profili di un unico viaggio) sono un invito a un esodo geografico, umano, spirituale… dal piccolo al grande, dallo ristretto allo spazio infinito, dal rapporto superfi-ciale allo scambio profondo… per godere sem-pre più un panorama più vasto, per dare un più grande respiro alla vita, per gustare la bellezza dell’amore di Dio e dei fratelli!L’esodo non è fini-to, c’è sempre la tentazione di fermarsi, di chiu-dersi, di dire: ora basta! Un autore scrive: “La vita deve essere capita solo all’indietro, ma va vissuta sempre e solo in avanti” (Kierkegaard).così oggi, in questa nostra chiesa grande e bel-la, dove sono stato battezzato il 17 febbraio del 38, dove ho intravisto la mia vocazione, dove ho celebrato la prima messa nel ‘65, dove sono entrato tante volte nei periodi di riposo, vorrei usare le tre parole suggerite dal papa Francesco agli sposi: grazie…, perdono…, per favore…Per favore chiedo al signore che mi dia il dono della riconoscenza e per favore chiedo a voi di continuare ad accompagnarmi con il ricordo affettuoso della preghiera.

G. DovigoCampiglia dei Berici, 20 settembre 2015

Lettera 147

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BEATI I MISERICORDIOSI

PERCHE’ TROVERANNO MISERICORDIA

2015-2016

Mt 5,7

Piccole Suore della Sacra Famiglia via G. Nascimbeni, 6 37010 - Castelletto di Brenzone

Verona

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PREGARE 18-35 anni

Esperienza di preghiera e contemplazione

attraverso la Parola di Dio, l'arte e il creato

01-06 agosto 2016

Centro Papa Luciani (S. Giustina - BL)

LAVORARE 17-30 anni

Tempo di servizio e fraternità

presso una realtà che accoglie persone disabili

02-08 agosto 2016

RSA S. Maria (Castrocielo - FR)

AMARE

18-35 anni

Esperienza d’incontro con la realtà locale

e di servizio nelle missioni in cui siamo presenti

01-15 luglio 2016

Balldre (Albania)

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Togo

GIORNATA MONDIALE GIOVENTU’

25-31 luglio 2016

Cracovia (Polonia)

CAMPO RAGAZZI 3ª media-3ª superiore

Campo a 360° agosto 2016

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LABORATORIO D’ARTE 18-35 anni

Esperienza di preghiera e contemplazione

attraverso l’arte, la danza e la creatività

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Centro Papa Luciani (S. Giustina - BL)

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“QUI E’ PERFETTA LETIZIA” 18-35 anni

Esercizi spirituali per giovani sui passi della misericordia

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Centro Papa Luciani (S. Giustina - BL)

WEEKEND DI SERVIZIO 18-30 anni

Tempo d’incontro con la realtà locale e di servizio

19-21 febbraio 2016

Piccola Nazareth (Bologna)

CON FRANCESCO E CHIARA 18-35 anni

Esperienza itinerante sui passi della santità francescana

22-25 aprile 2016

Assisi (Perugia)

MEETING FAMIGLIE E ADOLESCENTI

Giornata di incontro, approfondimento e fraternità

nella gioia di stare insieme

03 aprile 2016

Castelletto di Brenzone (VR)

“HAPPY DAY” 18-35 anni

Giornata di fraternità

02 giugno 2016

due passi in Trentino

ESPERIENZA COMUNITARIA

Se desideri vivere un’esperienza di preghiera,

di servizio e di vita fraterna nello stile di Nazareth

ti aspettiamo...le porte delle nostre comunità sono aperte

Tutto il periodo dell’anno

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40 naZarEtH 4 2015

sono medico in formazione, di medicina ge-nerale. attualmente svolgo il mio tirocinio nell’ambulatorio del centro antidiabetico

dell’ospedale San Maurizio di Bolzano, dove giungono, per la maggior parte, pazienti affetti da diabete mellito (“diebete dolce”). Esiste il diabe-te di tipo 1, che insorge già nella prima infanzia, quando il pancreas non produce sufficiente insuli-na, ma esiste anche il diabete di tipo 2. Questi pa-zienti non nascono già malati, ma lo diventano in tarda età, a causa di uno scorretto stile di vita: se-dentarietà, obesità, alimentazione ricca di zuccheri e grassi. nel loro sangue si riscontrano per molte ore della giornata valori elevati di glicemia, e il pancreas è sottoposto a continua attività di secre-zione di insulina per abbassarli e far quindi depo-sitare il glucosio nei tessuti quali muscoli, fegato e grasso. ad un certo punto però della vita di questi pazienti, i recettori dei loro tessuti periferici, diven-tano resistenti all’insulina e non fanno più entrare glucosio nei tessuti che rimane a concentrazioni elevate nel sangue, portando a lungo andare alla comparsa di possibili gravi complicanze ai reni (in-sufficienza renale cronica), agli occhi (retinopatia diabetica), al cuore (infarto), ai vasi sanguigni (mi-croangiopatia) e ai nervi (neuropatia diabetica). terapia di base del diabete di tipo 2 è, accanto all’assunzione farmaci ipoglicemizzanti orali (il più comune è la metformina), il cambio radicale del-lo stile di vita: movimento, alimentazione fatta di pochi zuccheri (pane, pasta e frutta devono esse-re assunti in determinate quantità, mentre dolci e gelati si dovrebbero eliminare). il diabete è una

malattia cronica e come tutte le malattie croniche, il concetto di “compliance” è determinate ai fini della salute del paziente. La compliance è la co-siddetta “aderenza alla terapia” ovvero il paziente “compliante” è colui che ascolta e applica la tera-pia e i suggerimenti dettati dal medico. Perciò, se il diabetico giunge al controllo con valori di emoglo-bina glicata (indicatore dei livelli medi di glicemia degli ultimi tre mesi) elevati nonostante la terapia farmacologica e dice di seguire rigorosamente la dieta allora vuol dire che la terapia dovrà esse-re rafforzata. se invece la persona prende il far-maco, ma continua a seguire uno stile alimentare sbagliato, allora il medico scriverà nella sua re-lazione “scarsa compliance”, per indicare che il paziente non aderisce alle proposte del medico. il paziente diabetico, non è un paziente facile! non c’è niente di più difficile per queste perso-ne di cambiare in modo radicale uno stile di vita errato, perdurato per tanti anni. Quindi la vera sfida del medico consiste nel riuscire a far brec-cia nella volontà del paziente affinché decida di prendersi cura della propria salute, modificando completamente le proprie abitudini. il medico vincitore sarà quindi colui che riuscirà a rendere il proprio paziente “compliante”, ovvero aderente alla terapia. La visita medica, dovrà quindi essere il più possibile efficace, oltre che efficiente, pro-prio perchè l’obiettivo principale del medico sarà quello di accompagnare il paziente a seguire la strada della terapia!

Benedetta Pesavento

L’EFFicacia

di una tEraPiaIl paziente diabetico

MEDicina

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iiinaZarEtH 4 2015

Poco a poco ci stiamo ri-uscendo. siamo già arri-vati al punto di celebrare

le feste tanto care, senza cono-scere esattamente la loro ragio-ne di essere. ci scambiamo gli auguri, ma non ne sappiamo il perché. si annuncia il natale e se ne occulta il motivo. Molti ormai non ricordano più dove si trovi il cuore di queste feste. Perché non ascoltare il “primo annuncio” del natale? Lo com-pose l’evangelista Luca verso l’anno ottanta dopo cristo. se-condo il racconto è notte fon-da. All’improvviso, una “luce” col suo splendore avvolge dei pastori. L’Evangelista dice che è la “gloria del si-gnore”. L’immagine è grandiosa: la notte viene illuminata. tuttavia, i pastori “sono presi da ti-more”. non hanno paura delle tenebre, ma della luce. Per questo l’annuncio comincia con queste parole: “non temete”. non dobbiamo stupirci. Preferiamo vivere nelle tenebre. ci fa paura la luce di Dio. non vogliamo vivere nella verità. chi in questi giorni non mette più luce e verità nel-la sua vita non celebrerà il natale. il messaggero continua: “Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”. La gioia del natale non è come le altre. non la si deve confondere con qualsiasi altro benessere, soddisfazione o piacere. è una gioia “grande”, inconfondibile, che provie-ne dalla “Buona notizia” di Gesù. Per questo è “di tutto il popolo”, e deve arrivare soprattutto

a quelli che soffrono e vivono nella tristezza. se ormai Gesù non è più una “buona notizia”; se il suo vangelo non ci dice nulla; se non conosciamo la gioia, che ci può venire solo da Dio; se riduciamo queste feste a godere ciascuno il pro-prio benessere o ad alimenta-re una religione egoista, cele-breremo qualsiasi cosa tranne che il natale. L’unica ragione per celebrarlo è questa: “Oggi è nato per voi il Salvatore”. Questo bimbo non è nato a Maria e Giuseppe. non ap-partiene a loro. è di tutti. è “il salvatore”del mondo”. L’unico

in cui possiamo riporre la nostra ultima speranza. Questo mondo che conosciamo non è la verità definitiva. Gesù Cristo è la speranza: l’ingiustizia che oggi avvolge tutto non prevarrà per sempre. senza questa speranza non c’è natale. Desteremo i nostri migliori sentimenti, ci godremo la fami-glia e l’amicizia, ci regaleremo momenti di felici-tà. tutto questo è una cosa buona. Molto buona. Ma non è ancora il natale. in mezzo ad auguri, tra cene e chiasso, quasi nascosto da luci, albe-ri e stelle, è possibile ancora scorgere al centro delle feste natalizie “un bambino adagiato in una mangiatoia”. è quello che avviene nel racconto di Betlemme. ci sono luci, angeli e canti, ma il cuore di questa scena grandiosa è occupato da un bambino in una mangiatoia.

J A P

è nato PEr noi iL saLvatorE!

auguri! che sia giunto anche per noi il tempo della gioia perchè riusciamo insieme a vedere e adorare.

Natività di Guido Reni

Al vedere la stella i Magi provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si

prostrarono e lo adorarono (Mt 2, 10-11).

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