van gogh giovani voce - pssf.it · vita e l’arte tormentata di van gogh traducendo i suoi...

24
27 NAZARETH 2 2016 I l tema del desiderio, in campo artistico così come in quello letterario del resto, si presta a una vasta sfaccettatura di casistiche e de- finizioni a seconda che lo si consideri come il soggetto di un’opera o di un brano, o come la volontà di sperimentazione, o piuttosto come il desiderio di fissare sulla tela o sulla pagina con- cetti ed emozioni personali ben precise. Ogni scultore, pittore e artista - in senso lato - vive di quel desiderio che poi trasmette in prima persona nelle sue opere, talvolta denunciando- lo espressamente nel titolo ad esempio, talaltra lasciandolo in secondo piano e affidando i suoi desiderata, i suoi intenti a tutta una serie di ac- cenni e minuzie che saranno poi meglio chiariti ed esplicitati dai critici d’arte. Detto ciò, è quindi evidente che un discorso sul desiderio lo si può riferire ad ogni artista così come ad ogni qual si voglia corrente. Una scelta tuttavia la si deve fare e, prendendo spunto dal- la recente uscita nelle sale di un film che, coniu- gando insieme arte e cinema, mette in scena la vita e l’arte tormentata di Van Gogh traducendo i suoi capolavori in segmenti cinematografici, si è pensato di dedicare questa pagine all’autore dei celebri Girasoli, e non solo ovviamente. Al postimpressionista olandese, si diceva, è sta- to dedicato il film Loving Vincent, uscito nelle sale il 14 aprile 2016, prodotto dalla Breakthru Productions, già vincitrice di un Oscar nel 2008 per il corto animato Pierino e il lupo. Si tratta di un lungometraggio che, mettendo in successione ben 57 mila fotogrammi delle opere di Van Gogh, tutte riprodotte a mano da un gruppo di pittori contemporanei seguendo la tecnica dell’artista, in 80 minuti di durata si propone di celebrare non solo i suoi capolavori ma anche di scoprire l’uomo oltre il quadro. Con questo film, quindi, si viene a conoscenza, o semplicemente ci si rin- fresca la memoria di tutte le sue tele, più o meno famose, si viene inoltre a conoscenza: del suo percorso di vita tra Olanda, Londra, Belgio, Bru- xelles e Parigi; la sua formazione artistica presso la casa d’arte Goupil, poi l’Accademia ad Anversa e l’atelier Bernard e così via; le sue amicizie, arti- stiche e non, come quella con Paul Gauguin, an- che egli postimpressionista; i temi e stili pittorici da lui prediletti e, soprattutto, cosa stava dietro il prodotto finito di ogni sua creazione. Insomma, i suoi desideri: desideri di vita, di arte, di tutto. Analizzare tutti i fotogrammi del film sarebbe un’impresa colossale, anche se non impossibi- le; si è deciso comunque di soffermarsi solo su alcuni per cercare di enuclearne i desideri e le intenzioni sottostanti. Il primo dei tre quadri, è il celebre I mangiatori di VAN GOGH : desideri di vita, di arte, di tutto VOCE GIOVANI Il film, Loving Vincent, uscito nelle sale il 14 aprile 2016, è un lungometraggio che, mettendo in successione ben 57 mila fotogrammi delle opere di Van Gogh, tutte riprodotte a mano da un gruppo di pittori contemporanei seguendo la tecnica dell’artista, in 80 minuti di durata si propone di celebrare non solo i suoi capolavori ma anche di scoprire l’uomo I mangiatori di patate (1885)

Upload: vankhanh

Post on 14-Feb-2019

217 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

27NAZARETH 2 2016

Il tema del desiderio, in campo artistico così come in quello letterario del resto, si presta a una vasta sfaccettatura di casistiche e de-

fi nizioni a seconda che lo si consideri come il soggetto di un’opera o di un brano, o come la volontà di sperimentazione, o piuttosto come il desiderio di fi ssare sulla tela o sulla pagina con-cetti ed emozioni personali ben precise. Ogni scultore, pittore e artista - in senso lato - vive di quel desiderio che poi trasmette in prima persona nelle sue opere, talvolta denunciando-lo espressamente nel titolo ad esempio, talaltra lasciandolo in secondo piano e affi dando i suoi desiderata, i suoi intenti a tutta una serie di ac-cenni e minuzie che saranno poi meglio chiariti ed esplicitati dai critici d’arte.Detto ciò, è quindi evidente che un discorso sul desiderio lo si può riferire ad ogni artista così come ad ogni qual si voglia corrente. Una scelta tuttavia la si deve fare e, prendendo spunto dal-la recente uscita nelle sale di un fi lm che, coniu-gando insieme arte e cinema, mette in scena la vita e l’arte tormentata di Van Gogh traducendo i suoi capolavori in segmenti cinematografi ci, si è pensato di dedicare questa pagine all’autore dei celebri Girasoli, e non solo ovviamente.Al postimpressionista olandese, si diceva, è sta-to dedicato il fi lm Loving Vincent, uscito nelle sale il 14 aprile 2016, prodotto dalla Breakthru Productions, già vincitrice di un Oscar nel 2008 per il corto animato Pierino e il lupo. Si tratta di un lungometraggio che, mettendo in successione ben 57 mila fotogrammi delle opere di Van Gogh, tutte riprodotte a mano da un gruppo di pittori contemporanei seguendo la tecnica dell’artista,

in 80 minuti di durata si propone di celebrare non solo i suoi capolavori ma anche di scoprire l’uomo oltre il quadro. Con questo fi lm, quindi, si viene a conoscenza, o semplicemente ci si rin-fresca la memoria di tutte le sue tele, più o meno famose, si viene inoltre a conoscenza: del suo percorso di vita tra Olanda, Londra, Belgio, Bru-xelles e Parigi; la sua formazione artistica presso la casa d’arte Goupil, poi l’Accademia ad Anversa e l’atelier Bernard e così via; le sue amicizie, arti-stiche e non, come quella con Paul Gauguin, an-che egli postimpressionista; i temi e stili pittorici da lui prediletti e, soprattutto, cosa stava dietro il prodotto fi nito di ogni sua creazione. Insomma, i suoi desideri: desideri di vita, di arte, di tutto.Analizzare tutti i fotogrammi del fi lm sarebbe un’impresa colossale, anche se non impossibi-le; si è deciso comunque di soffermarsi solo su alcuni per cercare di enuclearne i desideri e le intenzioni sottostanti.Il primo dei tre quadri, è il celebre I mangiatori di

VAN GOGH :desideri di vita, di arte, di tutto

VO

CE

GIO

VA

NI

Il fi lm, Loving Vincent, uscito nelle sale il 14 aprile 2016, è un lungometraggio che, mettendo in successione ben 57 mila fotogrammi delle opere di Van Gogh, tutte riprodotte a mano da un gruppo di pittori contemporanei seguendo la tecnica dell’artista, in 80 minuti di durata si propone di celebrare non solo i suoi capolavori ma anche di scoprire l’uomo

I mangiatori di patate (1885)

28 NAZARETH 2 2016

patate: con questa tela del 1885 Van Gogh espri-me il suo desiderio di denunciare i macroscopici mali dello sfruttamento economico e della emar-ginazione delle classi sociali che, a fi ne secolo, pur lavorando dignitosamente non avevano molti mezzi. I mangiatori di patate, cupa e drammatica immagine del pasto di una misera famiglia con-tadina, alla luce di una lanterna ad olio, deve, stando agli scritti dell’artista, presentarsi come un vero quadro contadino ritraendo i personaggi nella loro genuina rozzezza, con i loro soliti ve-stiti da lavoro e impegnati del più quotidiano dei riti famigliari, quello del pasto. In una lettera al fratello Theo, Van Gogh scrive infatti “ho cerca-to di sottolineare come questa gente che mangia patate al lume della lampada, ha zappato la terra con le stesse mani che ora protende nel piatto, e quindi parlo di lavoro manuale e di come essi si siano onestamente guadagnato il cibo. Ho vo-luto rendere l’idea di un modo di vivere che è del tutto diverso dal nostro di gente civile. Chi preferisce vedere i contadini col vestito della do-menica faccia pure come vuole”. Parole, queste, che già da sole confermano che il desiderio che anima questa rappresentazione contadina, intrisa di qualche accenno al Realismo di Millet, è quello di denunciare un male sociale ben preciso.Un desiderio in chiave differente è, invece, quel-lo sotteso a un quadretto del 1889 intitolata La camera da letto, anche essa molto nota e alla quale, dopo un primo prototipo del 1888, se-guirono almeno tre versioni. Il desiderio di Van Gogh, questa volta non è alcuna denuncia, ma è quello di fi ssare sulla tela una situazione di atte-sa e di rinnovamento vissuta interiormente e che trova anche una sua concretizzazione all’ester-no, rifl essa negli ambienti di vita quotidiana del pittore, come la sua camera da letto. Nello spe-cifi co, nel 1880, dopo un periodo di tormento e solitudine, Van Gogh si stabilisce ad Arles dove si prepara ad accogliere Paul Gauguin per un periodo di lavoro assieme. A questa attesa parte-cipa, oltre che l’artista in prima persona - come confermano le lettere di Van Gogh al fratello Theo, nelle quali lettere si leggono i preparativi per la venuta di Gauguin - partecipa anche la casa stessa, camera da letto compresa: l’ambien-te ritratto ospita infatti due sedie, come due sono i cuscini sul letto e i personaggi rappresentati nei ritratti alla parete. Tutto viene duplicato, a indi-care la necessità di rinnovamento - del mobilio e, di rifl esso, pure della propria interiorità - e di

trasformazione di uno spazio un tempo consa-crato all’isolamento, in una nuova realtà destina-ta all’incontro e aperta alla relazione. Il desiderio di rinnovamento e pace interiore ha però poi avuto un riscontro nella realtà? Purtroppo no, come dimostra a distanza di un anno il soggetto del terzo ed ultimo quadro preso in esame: Campo di grano con corvi. Il desiderio che pervade il pennello dell’artista, questa volta, parla di delusione, amarezza, sconsolatezza di un uomo che dopo aver tanto sperato ha preso co-scienza che i suoi desiderata non hanno trovato seguito. A questo alludono le “pennellate divise” di questa opera che nettamente contrastano con il clima della stanza da letto di Arles. La camera e i campi sconvolti dal vento sono, quindi, i poli opposti di una contrastata situazione interiore,

l’incapacità di raggiungere un approdo di pace e stabilità da sempre sognato e che porterà ad una ennesima crisi interiore che troverà poi sfogo nella automutilazione di un orecchio. Tutto ciò emerge sia nel campo di grano scosso dal vento, sotto un cielo tormentato e affollato da neri corvi, sia nella pennellata scomposta, carica di una for-tissima tensione che materialmente è gestuale ma che è anche e soprattutto interiore, come se fosse sganciata da ogni controllo razionale.Quindi, in conclusione, ricordando queste tre opere di Van Gogh, si è voluto presentare tre forme di desiderio: desiderio di denuncia - quel-lo dei poveri ed emarginati mangiatori di patate -; desiderio di vita serena nell’apertura e nella relazione con l’altro - testimoniato dalla pittura solare e distesa della casetta di Arles -; il desi-derio infi ne di comunicare la propria sconfi tta a livello intellettuale, la presa di coscienza che i propri desideri non potranno avere concretizza-zione alcuna - come si evince nella mancanza di allegria e nella estrema solitudine dei vasti campi di grano sotto cieli tormentati.

Giulio Biondi

VOCE GIOVANI

Campo di grano (1890)

29NAZARETH 2 2016

È bello scoprire come “la gioia dell’amore” sia stata esperienza quotidiana per i nostri Fonda-tori, B. G. Nascimbeni e la B. Maria Domenica

Mantovani. Crescere nell’amore dentro la famiglia, coltivare relazioni stabili e vere, un amore “intimo e profondo” che rispetta la libertà dell’altro e sa atten-dere la sua capacità di aprire il cuore (Cfr. Al 99), è quanto di più bello e gioioso si possa desiderare e sperimentare. Ed è pure bello e gioioso amare tanto da dedicare la propria vita (Al 158), perché la fami-glia possa trovare chi la sostiene, cammina con lei in questa ricerca continua di incontro, di fedeltà, di reciproca donazione (Cfr 52 ). I nostri Fondatori sono stati resi capaci dal loro incontro con il Signore della misericordia, a provare la gioia di amare, di testimo-niare la forza della carità di Cristo e mostrare quella maturità che fa “vedere il mondo con lo stesso amore di Gesù e comprendere la vita come una chiamata a servire Dio” (Al 279). Hanno sperimentato nella loro famiglia “la gioia dell’amore” e si sono lasciati prende-re e sospingere dalla carità di Cristo, fi no a consacrare tutta la loro “vita per amore di Cristo e dei fratelli” (Al 158), coinvolgendo nella loro missione molte perso-ne. Movente primo ed unico la carità, l’amore capace di costruire il bene, quell’“amore viscerale” di Dio per l’uomo che è la sua misericordia, sperimentata e cre-duta e, quindi, resa visibile e operante. Dio, infatti, “non si limita ad affermare il suo amore, ma lo ren-de visibile e tangibile” (Mv 9). Per questo troviamo il Fondatore vegliare nella notte vicino ad un infermo, salire il monte per portare sollievo ad un ammalato, attendere l’alba sulla riva del lago, dove arrivavano pescatori a volte stremati per la fatica, procurare, fi n dove era possibile, scuola, lavoro, servizi per soddi-sfare ai bisogni del suo popolo, a Castelletto e nei paesi dove invierà le suore. È sempre e dovunque un farsi carico dei pesi delle famiglie, dove egli sa entrare con tatto e delicatezza, percepire le varie situazioni umane ed esistenziali, senza lasciarsi condizionare, ma costruendo e cercando di formare persone alla fede e ai valori della vita, come erano conosciuti e considerati al suo tempo. Non si parlava ancora di formazione della coscienza, si tendeva piuttosto a determinare dei cammini di impegno e di obbedien-za a leggi e norme; si era lontani dal discernimento proposto dal Papa che afferma: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle” (Al 37). Le persone si affi davano, sentiranno anche

la presenza delle suore come una provvidenza, una soluzione a tanti loro problemi, un’indicazione sicura nel cammino della vita. L’unico desiderio dei Fon-datori era quello di “salvare anime”, che signifi cava mostrare a a tutti, che sin dall’origine Dio ha avvolto l’uomo del suo amore, “un amore svisceratissimo” (Pa p. 23), pur sapendo che l’uomo sarebbe stato ca-pace di ribellarsi, di rivoltarglisi contro, di peccare. Dio ama l’uomo con assoluta gratuità, senza nessun vantaggio, lo cerca, lo avvolge con la sua misericor-dia, perché possa diventare il fi glio pienamente felice e realizzato secondo il progetto che lui ha per ogni creatura, per ogni famiglia e per tutta l’umanità. I Fon-datori hanno sperimentato la forza di questo amore, un amore vero che non cessa con lo spegnersi della spinta emotiva, che non cerca incontri da sfruttare nel momento senza passato e senza futuro, che non si appaga dell’immediato, ma crede che Cristo Gesù, “tutto amore e tenerezza”, “per l’immenso e particola-re suo amore” (Pa p. 51) può “infi ammarci del fuoco santo”, e metterci in grado di “apportare frutti duraturi e copiosissimi in mezzo alla Società”. Come per Cristo allora la miseria, la fragilità e pover-tà materiale e spirituale delle persone hanno sempre toccato il loro cuore, per cui hanno impegnato tutta la loro vita per alleviarla con un atteggiamento non di commozione o compassione, di emotività passeggera, ma di piena partecipazione alle vicende del “popolo”, con il dedicarsi in piena gratuità a realizzare il progetto di Dio sull’uomo, per renderlo fi glio e per proporre alla famiglia“il progetto Dio in tutta la sua grandez-za” (Al 307). È stata questa esperienza continuata dal-la suore per tanti anni e in tante parti del mondo a dire come la carità di Cristo diventi fonte di vita e di gioia, quella carità che è la vita della Famiglia di Na-zareth, indicata dai Fondatori come “il modello delle famiglie cristiane”e alla quale Papa Francesco ci invita ancora a guardare con uno sguardo più profondo e penetrante:“L’incarnazione del Verbo in una famiglia umana, a Nazareth, commuove con la sua novità la storia del mondo. Abbiamo bisogno di immergerci nel mistero della nascita di Gesù, nel sì di Maria all’annun-cio dell’angelo; anche nel sì di Giuseppe…L’alleanza di amore e fedeltà, di cui vive la Santa Famiglia di Nazaret, illumina il principio che dà forma ad ogni famiglia, e la rende capace di affrontare meglio le vi-cissitudini della vita e della storia…” (Al 65,66).

G.T.

CA

RIS

MA

La CARITÀ di Cristo ci spinge

30 NAZARETH 2 2016

Ai giovani vogliamo dedicare un’attenzio-ne particolare. Molti di loro manifestano un profondo disagio di fronte a una vita

priva di valori e di ideali. Tutto diventa provvi-sorio e sempre revocabile. Ciò causa sofferenza interiore, solitudine, chiusura narcisistica oppu-re omologazione al gruppo, paura del futuro e può condurre a un esercizio sfrenato della liber-tà. A fronte di tali situazioni, è presente nei gio-vani una grande sete di signifi cato, di verità e di amore. Da questa domanda, che talvolta rimane inespressa, può muovere il processo educativo. Nei modi e nei tempi opportuni, diversi e mi-steriosi per ciascuno, essi possono scoprire che solo Dio placa fi no in fondo questa sete.Benedetto XVI, dopo aver riconosciuto quanto nell’odierno contesto culturale sia diffi cile per un giovane vivere da cristiano, aggiunge: «Mi sembra che questo sia il punto fondamentale nella nostra cura pastorale per i giovani: attirare l’attenzione sulla scelta di Dio, che è la vita. Sul fatto che Dio c’è. E c’è in modo molto concreto. E insegnare l’amicizia con Gesù Cristo». Questo cammino, con le sue esigenze radicali, deve ten-dere all’incontro con Gesù mediante il ricono-scimento della sua identità di Figlio di Dio e Sal-vatore; l’appartenenza consapevole alla Chiesa; la conoscenza amorevole e orante della Sacra

Scrittura; la partecipazione attiva all’Eucaristia; l’accoglienza delle esigenze morali della seque-la; l’impegno di fraternità verso tutti gli uomini; la testimonianza della fede sino al dono sincero di sé. Particolarmente importanti risultano per i gio-vani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di missione. In esse imparano a stimarsi non solo per quello che fanno, ma so-prattutto per quello che sono. Spesso tali espe-rienze si rivelano decisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, così da poter rispondere con coraggio e fi ducia alle chiamate esigenti dell’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella professione, nella cultura e nel-la politica. Occorre tenere presenti, poi, alcuni nodi esistenziali propri dell’età giovanile: pen-siamo ai problemi connessi a una visione cor-retta della relazione tra i sessi, alla precarietà negli affetti, alla devianza, alle diffi coltà legate al corso degli studi, all’ingresso nel mondo del lavoro e al ricambio generazionale. La comunità cristiana si rivolge ai giovani con speranza: li cerca, li conosce e li stima; propone loro un cammino di crescita signifi cativo. I loro educatori devono essere ricchi di umanità, ma-estri, testimoni e compagni di strada, disposti a incontrarli là dove sono, ad ascoltarli, a ridestare le domande sul senso della vita e sul loro futu-ro, a sfi darli nel prendere sul serio la proposta cristiana, facendone esperienza nella comunità. I giovani sono una risorsa preziosa per il rinno-vamento della Chiesa e della società. Resi pro-tagonisti del proprio cammino, orientati e gui-dati a un esercizio corresponsabile della libertà, possono davvero sospingere la storia verso un futuro di speranza.

Conferenza Episcopale ItalianaOrientamenti pastorali per il decennio 2010-2020

CEI - ORIENTAMENTI PASTORALI

Orientare il desiderio di LIBERTÀDa: “Educare alla vita buona del Vangelo”in un mondo che cambia, n. 32

31NAZARETH 2 2016

Madre Angelina Adamini è entrata in quella luce verso cui si è protesa per tutta la vita. “Post tenebras spero lu-

cem” ripeteva con la convinzione e la certezza di chi sa che è atteso, che il cammino della vita ha il suo esito nell’abbraccio del Padre, nella pienezza dell’essere, nella conformazione al Fi-glio, quel “Gesù Gesù Gesù”, sempre sulle sue labbra ad ogni incontro, in ogni situazione, qua-le respiro vitale e vivifi cante.Di questa tensione ha informato tutta la sua vita, ha impregnato la vita dell’Istituto, presenza sin-golare e signifi cativa nei momenti di particolari responsabilità - Segretaria generale, Maestra del-le novizie, Vicaria generale, Superiora generale - e nei momenti di silenzio e di quotidianità, sorella tra le sorelle, anche con il compito di superiora o di direttrice della Scuola Infermie-

re “S. Carlo” a Bologna. Gesù e le persone da orientare a lui, il fi ne della sua azione, meditata e programmata con intelligenza, competenza, fi ne intuito e ricchissima umanità, calata nella concretezza di ogni giorno, nelle realtà più varie delle persone e delle situazioni, colte e valutate con la sapienza di chi sa trovare o indicare so-luzioni, con il rispetto e la delicatezza di chi fa sentire a ciascuno anzitutto l’affetto e la stima.Per questo è stata nell’Istituto, per ogni sorella, punto di riferimento sicuro nel tempo di grandi trasformazioni, di evoluzione della stessa Vita Consacrata, quando il passaggio da un’osser-vanza quasi svuotata di senso e da una suddi-tanza limitante la promozione delle persone alla ricchezza e novità dei valori proposti dal Con-cilio, poteva portare a reazioni inopportune. Lei rimane salda tra i contrasti e la fatica di trovare

RIC

OR

DA

ND

O M

AD

RE

AN

GE

LIN

A

Sonico (BS) 24.03.1925 - Castelletto 01.04.2016Piccola Suora della Sacra FamigliaSesta Superiora Generale (sessennio 1988 - 1994)

Madre

ANGELINA ADAMINI

32 NAZARETH 2 2016

vie nuove, additando come fi ne sempre la ricer-ca della volontà di Dio e come mezzo l’ascolto umile, sincero, libero da ogni personalismo o interesse particolare. La sua schiettezza e traspa-renza, la sua rettitudine e profonda lealtà pote-vano scontrarsi con un mondo in cui i privilegi, le conquiste facili, l’assoggettamento delle per-sone sembravano vie e mezzi per fare il bene. Ha preferito sempre lasciare il campo, non venir meno ai principi veri, accettare compiti e ruoli poco conformi alla sua preparazione e cultura con la naturalezza di chi crede nell’obbedienza, vive nella pace, perché si affi da totalmente. E pur esprimendo con chiarezza e sicurezza il suo pensiero, ha sempre cercato le vie della comu-nione, dell’incontro, del rispetto e della stima per tutte le persone. Madre Angelina, già giovanissima segretaria, aveva portato una ventata di aria fresca den-tro le comunità dell’Istituto, indicando modalità nuove più ordinate, più proprie e organizzate nelle relazioni tra le sorelle, con le superiore maggiori, con i laici collaboratori, con le Istitu-zioni. Rimarrà poi costantemente aperta al nuo-vo, accogliendo le proposte che le potevano arrivare da ogni parte e orientandole nel solco della tradizione, alla quale vuole rimanere fe-dele, in quello che non limita il progresso delle persone e lo sviluppo della Congregazione. Per tale motivo rilegge e approfondisce la vita e gli scritti dei Fondatori e la storia dell’Istituto, per prima, con l’intelligenza e la passione di una fi glia, innamorata della propria Famiglia religio-sa, ritirandosi con umile disponibilità e accondi-scendenza, quando altre si mettono sulla strada della ricerca. È felice di aver aperto un cammino e di aver fatto nascere il desiderio di conosce-re un carisma che si sviluppa nella quotidianità della vita e nella totale dedizione secondo il co-mandamento dell’amore vissuto dalla Famiglia di Nazareth. Più di ogni altra sorella è riuscita a cogliere la realtà dell’Istituto, a comprendere l’eclettismo di un Parroco, il Fondatore b. Giu-seppe Nascimbeni, impegnato a “salvar anime”, partendo dal rispondere a tutte le necessità del-le persone, secondo le proposte e le devozioni nate in Diocesi. È lei infatti a scrivere come te-ste per la Positio: “Egli ebbe soprattutto l’assillo dei bisogni molteplici della parrocchia, cui vol-le venir incontro con religiose ben fondate, ma semplici, aperte, alla buona, e instancabili nella dedizione”.

È lei la vera Piccola Suora, “ben fondata, sem-plice e aperta”, ma dal tratto signorile, dal por-tamento nobile e dalla sensibilità delicatissima, anche se si considerava una “montagnina”, per-ché scendeva dalla Valle Camonica. Conserverà sempre una certa timidezza e mostrerà un riser-bo che accresceranno ancor più il suo rispetto e la sua attenzione per le necessità delle sorelle, pronta a rispondere ad ogni loro bisogno, ma sempre dentro un cammino spirituale coerente e stimolante, intessuto di lunghe ore di preghie-ra, fondato su una fede che non temeva i “veli” che nascondevano il volto di Cristo e lasciavano nell’oscurità.Quando nel 1988 verrà eletta Superiora generale dovrà compiere un lungo lavoro per convincersi che era la sua ora e che era proprio lei chiamata a quella missione, tuttavia pone immediatamen-te tutte le sue risorse a disposizione dell’Istitu-to con la dedizione, la delicatezza e l’amore di sempre.Orienta la sua azione soprattutto verso tre dire-zioni: sostenere, animare, promuovere le suore, per una sempre maggiore consapevolezza della propria identità e missione; rivitalizzare e ade-guare alle nuove esigenze le opere, anche con la mobilità delle persone e la cessione di attività non più sostenibili; aprire comunità in territo-ri appena liberati dalla dittatura e dalla guerra, come l’Albania e l’Africa.Determinata e coraggiosa, quando comprendeva quale era la volontà di Dio, andava cercandola in momenti in cui le forze si stavano riducendo e le esigenze si moltiplicavano, con la responsa-bilizzazione, il coinvolgimento di tutte attraver-so commissioni di studio e di lavoro, mettendosi in ascolto delle direttive della Chiesa e cercando di comprendere le necessità delle persone. L’I-stituto così passa dalla staticità propria dei tempi dell’osservanza, in cui tutto deve rientrare nella perfezione data da regole e norme ad una presa personale di coscienza per una risposta piena e matura ad una chiamata, frutto di un amore che chiede solo di essere ricambiato.Una risposta d’amore pronta, generosa, delicata, trasparente e fedele è stata la sua vita, testimo-nianza di un amore ricevuto in abbondanza ed eredità preziosa per tutte le sorelle che la senti-ranno sempre presente e viva.

Suor Giannandreina Todescosettima Superiora Generale

RICORDANDO MADRE ANGELINA

33NAZARETH 2 2016

Desidero esprimere un sentito ringrazia-mento, anche a nome di tutte le sorelle e dei familiari, ai sacerdoti concelebran-

ti, a voi tutti che siete convenuti per affi dare al Signore la nostra amata Madre Angelina. Un fraterno abbraccio ai nipoti e ai parenti qui pre-senti e alla sorella Domenica che ricordiamo con affetto. Oggi sgorga dal cuore di ciascuno di noi un forte Grazie. Grazie al Signore per il tuo dono, Madre Angelina: ci sentiamo tutte e tut-ti orfani della tua dolce e amabile presenza tra noi. Al contempo, siamo colmi di riconoscenza per il dono della tua vita così intensamente e pienamente riconsegnata all’Autore della vita! La tua consegna è stata ininterrotta, costante, a partire da giovane età, da quando quindicenne sei entrata nel nostro Istituto. Una consegna vis-suta nella gioia, nel sereno e semplice abban-dono nel Signore cercato e amato con tutta te stessa. Il tuo cuore ha sempre dimorato in Lui, con letizia, con lo slancio di ogni tuo affetto. E

così desideravi fosse per noi tutte, come ci hai indicato nel 25° di fondazione dello juniorato (13.11.1991), ecco le tue parole: voglio sempre ricordare:1. attaccamento vero, autentico, personale, co-

stante a Cristo Gesù, è Lui il mio unico gran-de AMORE, il mio TUTTO.

2. Nazareth, con il suo mistero lo adoro, rin-grazio, lo accetto, voglio viverlo nella Fede, nell’Amore. PREGARE - LAVORARE - PATIRE.

3. Vivere la consacrazione è credere e accettare il grande amore di Cristo. È rispondere a Lui con tutto l’amore nel dono totale di sé: mente, volontà. Cuore, sentimenti, forze psichiche, vita.

È accettare fi no in fondo uno sposalizio che ci fa “Madre di anime”, di tutte le anime del mondo, di tutte le anime che incontro.

Una consegna vissuta nell’impegno, nella re-sponsabilità, nel coscienzioso e precisissimo adempimento di ogni tuo compito, dimentica delle tue esigenze o stanchezze, sia nel lavo-ro come nella preghiera. Scrivevi a noi giovani suore che avevi accompagnato nel tempo del Noviziato: Sforzatevi di fare tutto VOLENTIERI, è l’amore con cui si agisce quello che rende felici e per-mette la crescita umana e soprannaturale della persona. Coraggio! È duro, ma è bello, è vero, è buono.Predico sempre? Vi voglio bene e per questo me lo permetto! Una consegna vissuta mediante una liberante ascesi che ti risultava spontanea e na-turale, ascesi che non signifi cava rinuncia, mor-tifi cazione, ma scelta di una libertà di vita essen-ziale, centrata sull’Unico necessario, per poter avanzare leggera, nello stupore e nel gusto per le cose semplici. Mi scrivevi: Cammina e sta al-legra per tutto, tutto. Lo puoi, lo devi. Vorrei pro-prio anch’io far leva più su questo “godere” di tutto che su altro. Mi pare sia un atteggiamento che viene, sì, ma anche porta molto alla fi du-cia, all’amore e al vero abbandono in Dio, per Cristo vita e salvezza, e quindi un atteggiamen-to fecondo di vita. Una consegna che da Dio è passata alle sorelle, ad ogni persona incontrata

Saluto a

MADRE ANGELINA

RIC

OR

DA

ND

O M

AD

RE

AN

GE

LIN

A

34 NAZARETH 2 2016

con profonda accoglienza, con sguardo limpi-do, benevolo, puro; quante volte avevi anno-tato: chiedo al Signore di guardare a ciascuna sorella come Lui stesso la guarda. Una consegna che si è tradotta nel servizio gratuito, umile, di-sinteressato, sulle orme del tuo Gesù, passando attraverso la croce del dono di te stessa senza alcun autocompiacimento, nella ricerca del vero bene per l’altro, per l’altra, per il tuo Istituto tan-to amato. Ne eri così convinta che desideravi fosse atteggiamento anche per noi. Custodisco un tuo prezioso scritto: Le nostre incapacità, i nostri limiti, gli insuccessi, le insoddisfazioni di noi stessi devono esserci solo molla per la pre-ghiera più viva e abbondante, per l’abbandono in Dio, per la fi ducia in Lui e per un impegno sempre più vero e costante nel dono gratuito di noi stesse. Tieni duro - serenamente. Donati sen-za riserve. Senza ricerca di te, senza attesa di affermazione e di ricompensa. Se puoi, donati con gioia. Cerca di infondere gioia e serenità. Non far pesare, se puoi, le tue ansie ed angosce. La comunità ha bisogno di gioia. Ed è un servi-zio molto grande quello che una superiora fa se riesce a trasmettere gioia, serenità, fi ducia.

Una consegna espressa in gesti concreti di pre-murosa attenzione, di vero interessamento. Ricor-davi nomi e situazioni anche dei parenti delle allora numerose Piccole Suore. Visitavi anziani e malati, ti interessavi dei poveri. Seguivi con pro-fonda dedizione la realtà delle missioni. Scrivevi a noi, tue giovani suore ormai avviate nell’apo-stolato: Io vi sono vicina! Me lo permettete? La mia anima non vi dimentica! Quando ho conosciuto qualcuno i legami che si stabiliscono tra la mia anima e quello rimangono saldi… fi no al perfe-zionamento del Cielo. Come ci vorremo bene in Paradiso. Vi ripasso tutte ad una ad una. Corag-gio. Non c’è che da camminare e tirar dritto. Cre-detelo. Non fatevi confusioni nello spirito. Ora è il bello, ora è il dono di sé, ora è da tener duro. Coraggio avanti. Prego e pregherò sempre. Una consegna che ti ha impegnata a far fruttifi care con sapienza i talenti di cui il Signore ti aveva dotata: intelligenza penetrante, prudenza, ricerca e amore del vero, del bello, del buono, fortez-za, determinazione e intraprendenza: doti che ti rendevano aperta all’azione dello Spirito. Una consegna che ti ha conformata sempre più al tuo Signore, con la disponibilità e l’umiltà di Maria di Nazareth, di cui avevi voluto assumere il tito-lo, rispondendo come lei ogni giorno il tuo fi at. Quando lo scorso anno ti ho comunicato della morte di tuo fratello missionario in Giappone, padre Costanzo, hai voluto sapere come fosse morto: “Da santo” ti ho risposto, e tu hai replica-to: “Lodiamo e ringraziamo il Signore”. Oggi sia-mo noi a lodare e ringraziare il Signore, carissima Madre Angelina di Maria di Nazareth, per la tua vita limpida e fedele, consumata nella preghiera e nel dono, mentre ascoltiamo ancora il tuo sa-luto, quello che rimane nella memoria del nostro cuore per quanto ci hai donato: Ti direi mille cose - ma te ne dico una sola: Gesù è salvezza. Salvez-za vera per te, per me, per la nostra Madre e per tutti quanti ti stanno a cuore, per tutti gli uomini passati, presenti, futuri. Gesù è salvezza - salvez-za vera, già da ora - anche se attorno sembra tutto rovina. Gesù è salvezza vera, salvezza. Ri-petilo tanto, salvezza già da ora e salvezza totale, piena di luce e di felicità - alla fi ne del tempo. Coraggio. Sono una salvata; sei una salvata - sia-mo dei salvati. Siamo salvati tutti - tutti! Coraggio - avanti! Cammina, camminiamo! Facciamo il bene - AMIAMO, solo l’amore resta.

Madre Angela Merici PattaroSuperiora generale

RICORDANDO MADRE ANGELINA

Cappella Casa Madre - Castelletto (VR)

35NAZARETH 2 2016

Venerdì 22 Gennaio 2016 nella nostra RSA “Sacra Famiglia” di Rovereto abbiamo re-alizzato una favolosa cena di solidarietà.

Il Signore ci ha donato di vivere un momento importante di fraternità in cui noi Piccole Suore della comunità, assieme a tanti fratelli e sorelle dal cuore grande, abbiamo contribuito ad aiu-tare gli amici del Togo. La richiesta è arrivata attraverso l’Uffi cio missioni del nostro Istituto e noi, richiamate dal motto del nostro fondatore “Caritas Christi urget nos”, abbiamo risposto con semplicità e spirito di famiglia. Proprio nei gior-ni in cui abbiamo celebrato la festa del beato Giuseppe Nascimbeni abbiamo voluto ringra-ziare il Signore per il dono di questo parroco che, attraverso il suo sì, ci permette oggi come Piccole Suore di contemplare il mistero dell’in-carnazione del Figlio di Dio a Nazareth e di te-stimoniare con la vita di preghiera e di impegno attivo nella società l’amore del Padre per ogni creatura. Nella serata di fraternità abbiamo avuto la gioia di godere di momenti diversi, di rifl essione e di festa. Due sorelle che vivono nella comunità di Verona ci hanno raccontato la loro esperienza del Togo per farci conoscere le necessità di quel luogo e motivare il progetto di solidarietà. La ricchezza delle due testimonianze è stata con-traddistinta dal fatto che suor Monica è una con-sorella italiana che in quel luogo ha trascorso un breve periodo mentre suor Adèle è originaria

del Togo. Ciascuna ci ha donato quindi una vi-sione diversa di quella terra: occhi che hanno contemplato con stupore una terra lontana e molto diversa dalla nostra; occhi di chi in quella terra è nato e vissuto e ora si prepara, dopo un tempo di formazione, a ritornarci carico di bene e desideroso di dono totale per i suoi fratelli. Oltre ogni differenza però è il Signore, unico e sommo Bene, a dare senso al nostro esserci e fare qualcosa per gli altri. E allora nella nostra serata ciascuno ha potuto offrire il suo contribu-to attraverso i doni che possiede. I nostri cuochi hanno realizzato una sobria e ottima cena; ab-biamo goduto il cibo e la fraternità in un am-biente preparato con cura e con gusto attraverso addobbi e tavole colorate; siamo stati serviti da amici/amiche volontari che per tutto il tempo hanno percorso decine di volte il tragitto tra la sala e la cucina; i nostri orecchi hanno ascoltato canti offerti da sorelle appassionate di musica. Insomma, non è mancato proprio nulla! E per concludere c’è stata una piccola lotteria che ci ha permesso di fare quattro risate, di contribuire ulteriormente al progetto e di fare felice qualcu-no che è tornato a casa con un regalo semplice ma bello. Cosa aggiungere, se non il grazie a tutti coloro che hanno partecipato? Il grazie più bello però va al Signore che ci ha permesso di vivere que-sta stupenda esperienza di autentica fraternità.

La comunità di Rovereto

Una cena di SOLIDARIETÀ

LE

PSSF I

N M

ISSIO

NE

36 NAZARETH 2 2016

LE PSSF IN MISSIONE

37NAZARETH 2 2016

Abbiamo rifl ettuto insie-me sul senso della Pa-squa, oltre la solenne

liturgia che ci ha fatto accla-mare, cantare, gridare: Alle-luia! Sì, Alleluia perchè Cristo è veramente risorto. Alleluia! Questo evento che si rinno-va durante ogni celebrazione eucaristica non elimina tutta-via, intorno a noi: lutti, pianti e paura per questo mondo così turbato, devastato, sconvolto. Eppure cantiamo Alleluia; sì, lo possiamo perché la no-stra speranza e la nostra fi ducia sono riposte in Lui, il Signore, il Risorto. Ci siamo chieste: - Come raggiungere questo mondo così sofferente e dal volto triste, spaventato e smarrito? Abbiamo un solo mezzo: piegare le ginocchia della mente e del cuore per implorare: pace, amore, fraternità. Ma abbiamo, forse, un altro piccolo strumento: dare gioia a chi ci è vicino, donare un tocco di vicinanza e di tenerezza a chi ci è più prossimo nella “casa”, nella famiglia, nella comunità, nel-la parrocchia, nel paese, nella città... e qualche cosa di buono, ne siamo certe, potrà diffonder-si. Da qui è scaturita la domanda: - Come vivere la “pasquetta”, come avvertire che è un giorno diverso, senza un’uscita “fuori porta”, che ci im-mergerebbe nelle code della “gardesana” che ora comincia ad essere particolarmente traffi cata da chi cerca l’azzurro del Lago e il ristoro del bello? Da queste considerazioni è emersa la scelta e la decisione di non fare molta strada, ma di raggiun-gere persone vicine, tanto care: le nostre sorelle dell’Infermeria. Incontrare i loro volti segnati da-gli anni e dalla sofferenza, ma soprattutto i loro cuori aperti alla fi ducia e alla speranza. E il loro sguardo orientato ad un traguardo che vede Lui, il Risorto, come unica risposta ad una lunga atte-sa. L’attesa dell’Amen del compimento, dell’Amen di un’eternità beata e felice, luminosa e limpida dove l’Agnello senza macchia ci attende. Salia-

mo così, come comunità di Casa Madre (non sono con noi solo alcune sorelle che hanno servizi particolari) e ci troviamo alle 15,30, puntua-lissime, nella cappella al terzo piano, già resa candida dalla presenza della maggior parte delle sorelle anziane e mala-te. Troviamo posto qua e là e

insieme celebriamo i Vespri, con gioia e intensa partecipazione. Al termine la sorpresa per queste nostre sorelle: andiamo tutte insieme nella gran-de sala e lì, attorno a un “grande uovo di cioc-colato”, trasformiamo l’essere insieme in un pas-saggio di luce negli occhi e nei volti di tutte. La gioia e la serenità, che sono sempre contagiose, dilagano e, per qualche tempo, prendono il posto della sofferenza e della fatica degli acciacchi. Le sorelle sono in festa, contente, ma più contente siamo noi! Qualche canto, qualche barzelletta, un boccone di cioccolato, un biscotto e un po’ di bibita diventano gli strumenti per incontrare da vicino ogni sorella. È davvero una gioia grande per tutte, una gioia che passa da una all’altra, che suscita nel cuore la gratitudine; davvero non po-teva esserci un’uscita “fuori porta” che potesse essere più bella! “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”, l’abbiamo sperimentato nuovamente. Certo, il quotidiano con le sue pesantezze ritorna, ma la gioia respirata e vissuta anche per un solo momento ci fa dire: - Grazie, Signore, tu sei con noi, tu sei per noi, e noi vogliamo essere in te, con queste sorelle. Gli occhi brillano di gioia, si ritorna alle proprie stanze, si ritorna ai propri im-pegni, ma il cuore è leggero, contento, si rimette in preghiera e riprende l’offerta per questo nostro mondo. Nulla e nessuno potranno mai strapparci la gioia di sentirci sue, tutte sue, per sempre sue. Alleluia, il Signore è risorto, Alleluia!

Le Piccole Suoredella comunità di Casa Madre

Il DESIDERIO e la GIOIA di un INCONTRO

Tra sorelle di Casa Madre e dell’Infermeria - Castelletto (VR)

LE

PSSF I

N M

ISSIO

NE

38 NAZARETH 2 2016

Sono sposato, con due fi gli, della comunità parrocchia-le di Cavaion (VR). Due

estati fa è nato in me il desi-derio di un viaggio in Africa, in particolare in Togo, grazie all’incontro e alla conoscenza di un sacerdote diocesano togole-se, don Julies Nordjoe, presente durante i mesi estivi nella nostra Parrocchia. Un po’ stimolato dalla richiesta di aiuto e mosso dalla voglia di fare questo tipo di esperienza, ho accolto l’op-portunità. Il primo servizio di un mese l’ho fatto l’anno scorso in aprile e a gennaio 2016 sono tornato per un altro mese, fi no a metà febbraio. Don Julies è responsabile della parrocchia della Sacra Famiglia di Atakpamè, una delle più antiche del Togo e luogo dove venne av-velenato il primo missionario cristiano. La richie-sta era di tipo economico e di manodopera, per la costruzione della canonica, dove tre sacerdoti sarebbero andati ad abitare. Con la disponibilità del nostro parroco di Cavaion e il coinvolgimento di amici sensibili verso i bisogni dei Paesi in via di sviluppo, abbiamo formato un gruppo missiona-rio parrocchiale, che ha organizzato una serie di belle iniziative, non solo per la nostra comunità parrocchiale, ma anche per quelle vicine. Abbia-mo così raccolto fondi necessari che, consegnati in occasione dei due viaggi, hanno permesso di realizzare il sogno di don Julies. Provvidenziale è stato anche l’aiuto della comunità delle Picco-le Suore della Sacra Famiglia di Castelletto (VR)

che in Togo, a Lomè, sono pre-senti con la casa di formazione per giovani, aperta 11 anni fa, e con un dispensario medico. Le Piccole suore sono state dav-vero di grande aiuto per noi in entrambi i viaggi sia per la loro fraterna accoglienza che per il supporto logistico in Capitale. Non dimenticherò mai, nel pri-mo viaggio, quando eravamo un gruppo di quattro persone, e a uno di noi è stato rubato il borsello contenente i docu-menti (passaporto, carta d’iden-tità ecc.), così che a metà della nostra esperienza siamo stati costretti ad abbandonare la Par-

rocchia di don Julies. Suor Gabriella, responsabile della casa di Lomè, ci ha consigliato di tornare in Capitale per rifare il passaporto. Arrivati a Lomè, siamo venuti a conoscenza che il consolato italia-no era stato chiuso da un paio di mesi e il nostro compagno di viaggio avrebbe dovuto andare in Ambasciata italiana nel vicino Ghana, però senza passaporto non poteva passare il confi ne, restan-do così bloccato in Togo. La nostra preoccupazio-ne è aumentata perché non si sapeva come torna-re a casa. L’aiuto di suor Gabriella e di Thèophile, fratello religioso delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, è stato provvidenziale. In quei giorni di tensione, il nostro programma è stato un po’ com-promesso, ma ci è stato motivo di rifl essione. Il mio e nostro pensiero torna spesso ai togolesi, poveri ma ricchi di umanità.

Mauro Cordioli

LE PSSF IN MISSIONE

Servizio gratuito in TOGO

39NAZARETH 2 2016

Eccoci qua davanti a te per il nostro ultimo doloroso saluto terreno. Vedi quanta gen-te c’è qui intorno a noi: le tue consorelle

venute da vicino e da lontano, le persone che ti hanno conosciuto ed amato, richiamate da questo momento così solenne, così importante, così spirituale di unione tra noi per dirti addio. Siamo tutti concentrati su ciò che vorremo dirti a dimostrazione del nostro grande e profondo affetto, da sentimenti di stima, di riconoscenza, di amicizia, di gratitudine per ciò che abbiamo e hanno ricevuto da te, sentito da te, offerto da te generosamente come consigli, come aiu-to, come sostegno, come esempio, come fi ducia nel loro cammino di vita, qualche volta diffi cile. Sei stata una persona preziosa per noi e per loro nell’offrirti senza riserve. Il tuo nome Mariuccia ti è stato dato da papà Francesco e da mamma Lina; è stato espressione del loro amore e del-la loro grande gioia per la tua nascita e tu hai ricambiato esprimendone il valore: in dolcezza, gioia, sensibilità e spiritualità. La tua presenza nella nostra famiglia, pur saltuaria a causa dei tuoi studi in luoghi lontani da casa, è sempre stata vista e goduta da noi perché portavi gioia, novità, entusiasmo, ma soprattutto - come pri-mogenita - avevi il dono ti tenerci unite e di farci apprezzare non solo il valore, ma anche l’insegnamento educativo dei nostri genitori. La morte di papà, tanto dolorosa per tutte noi, ha inciso sulla tua scelta di vita: ti sei fatta suora entrando nell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia di Castelletto ed alla tua richiesta di ricordare nel nuovo nome i genitori, i Supe-riori scelsero per te Maria Franca; per noi però, sei rimasta la nostra Mariuccia... Alle ore 12.45

del 16 gennaio 2016 il Signore ti volle con sé nel suo regno paradisiaco; di sabato perché Ma-ria Santissima, alla quale eri tanto devota, ti ac-compagnasse da Lui a ricevere il premio per la tua vita donata per amore. Mariuccia, sei stata una sorella presente e affettuosa, una zia spe-ciale per i tuoi nipoti, una persona meravigliosa, sempre attiva e creativa, aiuto prezioso alle tue consorelle. Sei stata lampada accesa e ardente per il tuo Signore.

Le tue sorelle Paride, Martina, Gemilde

Ciao, MARIUCCIA carissima!

LE

PSSF I

N M

ISSIO

NE

Sono entrate nella pienezza della vitaChiamate alla piena partecipazione del mistero pasquale di Cristo Gesù

PICCOLE SUORE DELLA SACRA FAMIGLIA

Suor Gianfi lippina Pavan Suor Pialucia BredaSuor Liberata Maria Gulan Suor Amalia FabrisSuor Gerarda Gaiani Suor Domitilla LottatoriSuor Teodosia Scarponi Suor Aena SorettiSuor madre Angelina Adamini Suor Benedettina CarrettaSuor Giacomina Luisa Maghini Suor Annalfonsa Stefani Suor Pierlorenza Vesentini Suor Marcellina Fontana

Consacro a te, Maria Santissima, la mia vita; porta al tuo Gesù, al Padre:l’amato “Abbà”, allo Spirito, a San Giuseppe il mio GRAZIE! (dal suo diario)

40 NAZARETH 2 2016

Esiste un sentimento religioso che sembra esser diventato molto raro, per quanto esso dovrebbe, in realtà, sgorgare con

una forza originaria dal fondo stesso dell’essere umano: il desiderio di Dio, l’aspirazione a Lui. In realtà, esso dovrebbe dominare completa-mente la nostra vita interiore; in quanto la crea-turalità, la nostra condizione di creature, non è già qualcosa che abbia avuto la sua importan-za soltanto in origine e che oggi non ne abbia più, ma continua, invece, a costituire il carattere fondamentale che defi nisce e determina l’intera esistenza umana. Qualsiasi cosa riesca all’uomo di essere, egli è come creatura; qualsiasi cosa egli faccia, la fa dal fondo e sulla base della sua condizione di creatura. Pertanto quel desiderio al quale abbiamo sopra accennato dovrebbe rappresentare l’espressione elementare di que-sta condizione. Il fatto, invece, che le cose non stiano proprio così rivela, a colui che sappia meditarvi sopra, molti aspetti della nostra storia più profonda.

Certo, Dio ha creato l’uomo libero. Egli lo ha sta-bilito in una genuina realtà e libertà, per quanto rappresenti un mistero come il fi nito-condizio-nato sia addirittura possibile; come esso possa avere un posto ed una sua forza esistenziale “accanto” all’infi nito-assoluto. Noi accettiamo come una cosa ovvia e naturale il fatto che il fi nito esista. Ognuno di noi accetta come una cosa completamente ovvia e naturale il fatto di esistere, di sentirsi il centro di tutto ciò che esi-ste. Tanto più che l’uomo dei nostri giorni si dà da fare per creare una concezione e sentimento dell’esistenza nella quale ci sia posto in senso assoluto soltanto per lui e per il mondo...In mol-ti Salmi, invece, il desiderio di Dio erompe in modo prepotente. Il più tipico fra essi è forse il sessantaduesimo. Esso è molto antico. Alcuni attribuiscono anche questo Salmo al re Davide. La forza del sentimento che in esso si esprime è talmente grande da riuscire a commuovere il nostro cuore.Eccone il testo:

LE PSSF IN MISSIONE

Il desiderio di DIO

O Dio, tu sei il mio Dio,/dall’aurora io ti cerco,/ha sete di te l’anima mia,/desidera te la mia carnein terra arida, assetata, senz’acqua./Così nel santuario ti ho contemplato,/guardando la tua potenza e la tua gloria./Poichè il tuo amore vale più della vita,/le mie labbra canteranno la tua lode./Così ti benedirò per tutta la vita:/nel tuo nome alzerò le mie mani./Come saziato dai cibi migliori,/con labbra gioiose ti loderà la mia bocca./Quando nel mio letto di te mi ricordo/e penso a te nelle veglie notturne,/a te che sei stato il mio aiuto,/esulto di gioia all’ombra delle tue ali./A te si stringe l’anima mia:/la tua destra mi sostiene./Ma quelli che cercano di rovinarmi/sprofondino sotto ter-ra,/ siano consegnati in mano alla spada,/divengano preda di sciacalli./Il re troverà in Dio la sua gioia;si glorierà chi giura per lui,/perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.

Romano Guardini(da Sapienza dei Salmi, p 133)

Salmo 62

41NAZARETH 2 2016

È comunemente risaputo ed è un’espressio-ne tipicamente giornalistica affermare che in Italia “siamo perennemente in campa-

gna elettorale”. In questo periodo lo siamo dav-vero se non altro per le amministrative e lo sia-mo pure per rifl esso “condizionato” dal grande clamore che suscita la campagna elettorale più mediatica al mondo che si sta svolgendo negli USA con la contrapposizione dei due leaders, la democratica Hillary Clinton e il repubblicano Donald Trump.In casa nostra uno dei temi sempre sensibili e utili per fare campagna politica è l’idea, l’ap-proccio, la strategia con cui risolvere la questio-ne degli stranieri, degli extracomunitari (espres-sione che tecnicamente è riferibile anche ad un americano degli USA), dei profughi, dei rifugiati politici, dei migranti in cerca di pace e lavoro… di tutti quelli insomma “diversamente italiani”.Sicuramente oggi più che in passato trovare e avere la ricetta adeguata per risolvere la grande tragedia umanitaria che si accampa ai confi ni della nostra Europa, sia essa in tendopoli sul fronte dei balcani che nei barconi sulle coste di Lampedusa, è diffi cilissimo, forse non ne siamo neppure in grado o suffi cientemente preparati a convivere con questi nuovi assetti sociali. Forse è talmente diffi cile che in realtà è paradossal-mente e utopicamente facilissima: dovremmo chiederci cosa in fondo desiderano questi “po-

veri”, queste popolazioni per il loro futuro?La risposta è disarmante: poter vivere pacifi ca-mente nella propria nazione, nel proprio villag-gio, disponendo di un’occupazione e un mestie-re e una paga dignitosa e congrua con il proprio lavoro. Vedersi riconosciuta la propria ricchezza e non essere defraudati del proprio patrimonio, sul suolo e nel sottosuolo. Avere la possibili-tà per i propri fi gli di una scuola pubblica per tutti, un’assistenza sanitaria di base, un mercato davvero libero e non condizionato e intossicato dalle tante speculazioni fi nanziarie e dai trend di borsa di Wall Street, Shangai, Francoforte.L’utopia sta proprio in questo semplice e teorica-mente ovvio desiderio di milioni di persone che vivono in Africa, in Asia con meno di due dol-lari al mese. Questo desiderio richiede da parte nostra un nuovo modo di concepire il mondo, rivedere e modifi care gli squilibri tra Nord e Sud, rivalutare la mia ricchezza in rapporto alla povertà dell’altro. Proprio mentre sto elaboran-do questa rifl essione il presidente dell’Inps Tito Boeri ha riproposto l’introduzione di una patri-moniale una tantum per quanti in Italia stanno godendo di una pensione “generosa” da oltre 36 anni. Una patrimoniale per riequilibrare una distorsione della ricchezza pubblica italiana a favore di alcuni e a scapito di due intere genera-zioni: l’attuale e quella futura. Prendere atto che per anni si sono mantenuti privilegi che oggi non sono più sostenibili non solo è un dovere etico, ma a conti fatti l’unica ricetta per evitare il peggio. Paradossalmente la questione sollevata da Boeri è paradigmatica della situazione mon-diale accennata sopra. I giovani italiani fuggono dall’Italia per trovare lavoro, i giovani africani fuggono dall’Africa per trovare un futuro miglio-re. Uno squilibrio che lentamente porta con sé effetti anche violenti ed estremistici inaccettabi-li, intollerabili e non solo per noi.Se il 2000 è stato caratterizzato da un gesto molto simbolico, ma importante come quello dell’azzeramento del debito a molti Paesi po-veri del Sud del Mondo, oggi di fronte all’emer-

Ma COSA VUOLE

tutta questa gente?!

LE

PSSF I

N M

ISSIO

NE

42 NAZARETH 2 2016

genza umanitaria fuori casa nostra dovremmo tutti interpellarci come occidente se non è for-se necessaria una “patrimoniale” da parte del 20% più ricco del mondo a sostegno dell’80% che vive sulla soglia di povertà. È quanto si va dicendo e invocando da molti anni. Non solo Zanotelli, Sesana, ma anche Baumann, Zamagni per non parlare di tutto il Terzo Settore e le mi-gliaia di persone che ogni anno, ogni mese ge-nerosamente si autosomministrano una picco-la patrimoniale personale, familiare, domestica per quell’80% del mondo.Non abbiamo certo gli strumenti, le competenze e neppure la presun-zione di presentare una ricetta e delle modalità concrete per dare storia a questa utopia, ma nel nostro piccolo e con piccoli segni possiamo in-dicare la direzione, anticipare con dei fl ash que-sta speranza. Lo abbiamo fatto per esempio in Burkina Faso, garantendo prima una scuola per i bambini di un villaggio dove non c’era la scuo-la e recentemente portando la luce nella scuola dove non arriva la corrente. Tutto questo grazie alla generosità di un unico benefattore e di una spesa complessiva di 23.000 euro.Ci scrive padre Jean Baptiste Traoré: “Ciao Mar-co, l’impianto solare della scuola Gabry funzio-na bene. Abbiamo messo due lampadine in ogni classe e due alle porte delle classi. Il direttore della scuola con gli altri insegnanti ringraziano e promettono di usare bene questa opportunità! Inizieranno a fare anche dei corsi serali. Inoltre i ragazzi che abitano nelle vicinanze possono

stare nelle classi per studiare di sera. Siamo ve-ramente orgogliosi delle realizzazioni in questa scuola! Tutto il merito è vostro!”.Dal Brasile ci scrive suor Ivany in merito al pro-getto agricolo promosso lo scorso anno e che rilanciamo dato che 3000 euro credo siano alla portata di tutti. “Carissimi riguardo al proget-to orto grazie al vostro aiuto abbiamo potuto attrezzare le serre e rifare l’irrigazione ormai usurata dal tempo. Per la nostra istituzione che accoglie 350 ragazzi, l’orto è davvero importan-te perché produce diverse verdure che usiamo per l’alimentazione giornaliera dei bambini ol-tre ad insegnare loro le tecniche di coltivazione per poter farsi un piccolo orticello anche a casa propria quando il governo concede loro un ter-reno”.In attesa di una nuova campagna elettorale che sappia mettere al centro i diritti e la dignità dell’80% del mondo, a noi è data la possibili-tà di sentire le voci dei bambini, delle famiglie, dei malati e della gente che le nostre missiona-rie incontrano in Togo, Angola, Brasile, Alba-nia, Argentina, Uruguay e Paraguay, voci che attraverso l’uffi cio Amici delle Missioni facciamo giungere nelle case e nei cuori dei nostri colla-boratori e benefattori.

Marco De Cassan

LE PSSF IN MISSIONE

43NAZARETH 2 2016

LE

PSSF I

N M

ISSIO

NE

1. A fi ne anno 2015 risulta uno sbilancio negativo dovuto ai maggiori oneri rispetto ai proventi dell’anno. Ciò è stato possibile attingendo e utilizzando le riserve dell’anno precedente.

2. La voce RISERVE fa riferimento al saldo dell’anno precedente distribuito per ambiti di destinazione.3. Le Attività CONNESSE individuano tutte le entrate derivanti da raccolte fondi organizzate all’interno di una casa o comu-

nità del nostro Istituto.4. Le voci di destinazione SUORE e COMUNITÀ MISSIONARIE si distinguono perché nel primo caso si tratta di offerte

esplicitamente devolute per la singola missionaria, nel secondo caso per una specifi ca comunità.

Bilancio 2015 “Amici delle Missioni PSSF”

Legenda esplicativa per il bilancio:

44 NAZARETH 2 2016

Per l’ecumenismo “classico” e “uffi ciale”, l’incontro tra Francesco e Kirill non è sta-to “un gran che”; anzi dai “soliti ben pen-

santi” non sono mancate critiche, talvolta aspre. Certamente ce n’è da ridire da un punto di vista strettamente “teologico” e “giuridico”. Lasciamo perdere e piuttosto rileviamo gli aspet-ti positivi per la vita cristiana. Finalmente, dopo mille anni, i due massimi responsabili della chie-

sa cattolica e della chiesa ortodossa russa si sono incontrati di persona. Non a Roma né a Mosca né in Europa, ma “in capo al mondo”, in un’isola comunista, Cuba, perfi no in aeroporto. Bello in-contrarsi in viaggio, solo per qualche ora da umili pellegrini, ospiti di un “rivoluzionario marxista”!Risultato: la fede cristiana non è sedentaria, ma

DIALOGO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO NELLA VITA

Abbraccio tra FRANCESCO

e KIRILL a CubaPapa Francesco, pellegrino di pace in Messico (12-18 febbraio 2016), dove ha proposto tre linguaggi antichi e sempre nuovi: il linguaggio della mente, del cuore, delle mani e ne ha aggiunto un quarto, quello dei piedi. Prima di raggiungere la meta, in una breve sosta all’aeroporto di L’Avana, ha incontrato il patriarca ortodosso russo Kirill. Il culmine: una dichiarazione comune sul valore dell’unità

Abbraccio tra Francesco e Kirill

45NAZARETH 2 2016

perennemente in cammino. Il Vangelo non è monopolio di nessuno, e può incarnarsi in ogni cultura (lo ricordava già Paolo VI nella Evange-lii Nuntiandi). Papa Francesco ricorda a tutti, e lo vive, che la misericordia del buon Dio va rea-lizzata nella vita quotidiana. L’incontro a L’Ava-na è stato un gesto reciproco di perdono e di fraternità. Dunque l’ecumenismo si fa anche di-scutendo “teologicamente”, ma soprattutto con fatti ed eventi di comunione, richiesti da Gesù. Si prega da lontano gli uni per gli altri, però ci si affi da al Signore da vicino, pregando umilmente insieme. Si pratica la comunione, mettendo per iscritto qualche convinzione e impegno comune; ad esempio nel documento sottoscritto a Cuba. Convinzioni: “ritrovati come fratelli nella fede”, “necessità di un lavoro comune”, “crediamo (ai) martiri del nostro tempo”, “l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana”...Impegni comuni: “rivolgere insieme la parola a tutti i popoli dell’America Latina e degli altri Continenti”, “unire i nostri sforzi per testimonia-re il Vangelo di Cristo”, “la famiglia”, “la vita”, “i giovani”, “la libertà autentica delle persone”...Gli esempi richiamati invitano a una lettura len-ta e meditativa per mettersi in sintonia con lo Spirito, che ci accomuna. Segue una sintesi del documento sottoscritto dal Papa e dal Patriarca.1. ... Rendiamo grazie a Dio, glorifi cato nella Tri-nità, per questo incontro, il primo nella storia. Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv 12), da cuore a cuore, e discu-tere dei rapporti reciproci tra le Chiese... 2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest... rivolgiamo la nostra parola a tutti i po-poli dell’America Latina e degli altri Continenti... 3. Incontrandoci ... sentiamo con particolare for-za la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15). 4. ... Condividiamo la comune Tradizione spi-rituale del primo millennio del cristianesimo... 5. Nonostante questa Tradizione..., cattolici e or-todossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia…6. Consapevoli della permanenza di numero-si ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro

possa contribuire al ristabilimento di questa uni-tà... per la quale Cristo ha pregato... (Gv 17, 21). 7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cri-sto... rispondendo insieme alle sfi de del mondo contemporaneo... 8. ... In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere...9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente...10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime... Esortiamo la comunità in-ternazionale ad unirsi per porre fi ne alla violen-za e al terrorismo ...11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Sal-vatore del mondo, per il ristabilimento della pace in Medio Oriente che è “il frutto della giu-stizia” (cfr Is 32, 17)... 12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita, testimoniano la verità del Vangelo...Crediamo che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune sofferenza, sono un pegno dell’unità dei cristiani... (1 Pt 4, 12-13). 13. ... Il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia...14. Nell’affermare l’alto valore della libertà reli-giosa, rendiamo grazie a Dio per il rinnovamen-to senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia e in molti paesi dell’Eu-ropa orientale... Ortodossi e cattolici spesso la-vorano fi anco a fi anco...15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scon-trano... È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani...16. Circa il processo di integrazione europea,... invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazio-ne che non sarebbe rispettosa delle identità re-ligiose... l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana.17. ... Non possiamo rimanere indifferenti alla sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bus-sano alla porta dei paesi ricchi...18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difen-dere le esigenze della giustizia, il rispetto per le

DIA

LO

GO

EC

UM

EN

ICO

E I

NT

ER

RE

LIG

IOSO

NE

LLA

VIT

A

46 NAZARETH 2 2016

tradizioni dei popoli e un’autentica solidarietà con tutti coloro che soffrono... (1 Cor 1, 27-29). 19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società... Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità...20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto li-bero e fedele di amore di un uomo e di una donna... 21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto ina-lienabile alla vita... Riteniamo che sia nostro do-vere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uo-mo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore. 22. ...Voi, giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt25, 25)...Non abbiate paura di andare controcorrente, di-fendendo la verità di Dio...23. Dio vi ama... Siate la luce del mondo... (cfr Mt 5,14,16). Educate i vostri fi gli nella fede cri-stiana (cfr Mt 13,46) che avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati...24. Ortodossi e cattolici sono uniti...anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Questa missione... esclude qual-siasi forma di proselitismo...25. ...Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comu-nità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità... Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di ri-conciliarsi e di trovare forme di convivenza reci-procamente accettabili. 26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime... Invitiamo tutte le parti del confl itto alla prudenza, alla solidarietà socia-le e all’azione per costruire la pace...27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli or-todossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti...28. Nel mondo contemporaneo...cattolici e orto-dossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell’annuncio della Buona Novella della salvez-za, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21)...29. ... Ci sostenga l’Uomo-Dio Gesù Cristo, no-stro Signore e Salvatore, che ci fortifi ca spiri-tualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro

è piaciuto di darvi il suo Regno» (Lc12, 32)! ...30. Pieni di gratitudine... guardiamo con spe-ranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con le parole di questa antica preghiera: “Sotto il riparo della tua misericordia, ci rifugiamo, Santa Madre di Dio”... perché siamo riuniti, al tempo stabilito da Dio, nella pace e nell’armonia, in un solo popolo... per la gloria della Santissima e indivisibile Trinità!

Da ultimo sottolineiamo che il nostro Papa delle “periferie” mette in cammino, verso una ritrova-ta comunione in Cristo Gesù, tutto il popolo di Dio. Occorre viverlo fi n da adesso, senza atten-dere accordi solenni e uffi ciali. In concreto, ribadiamo: “Il dialogo interreligio-so è indispensabile. Le differenze nella compren-sione delle verità religiose non devono impedi-re alle persone di fedi diverse di viverre nella pace e nell’armonia...” (13). Questo è nella vita di tutti i giorni “ il concreto dialogo interreligio-so”, tra le diverse religioni, compreso l’Islam.Poi c’è anche un “dialogo concreto ecumenico” tra le diverse chiese cristiane: tutte “sono chia-mate a collaborare fraternamente nell’annun-cio della Buona Novella della salvezza” (28). Infi ne tacere (es. ministero di Pietro) o minimiz-zare (es. Ucraina) sui punti controversi per noi non è un “cedimento” o “diplomazia”, semplice-mente accentuare quello che ci unisce e pazien-tare su quello che ci divide. Imitiamo la divina misericordia, “misericordes sicut Pater” o “dives in misericordia”!

a cura di don Gianfranco Cavallon

DIALOGO ECUMENICO E INTERRELIGIOSO NELLA VITA

47NAZARETH 2 2016

FAM

E E

SE

TE

DI

GIU

ST

IZIA

«Esprimi un desiderio». Chissà quante vol-te ci siamo sentiti dire questa frase, nel corso di una serata in compagnia, guar-

dando il cielo e vedendo una stella cadente. Il desiderio è un qualcosa di magico e di fantastico che ciascuno di noi, in un certo momento della sua vita, vorrebbe che si avverasse. Il desiderio è la speranza che le cose migliorino, passando dal negativo al positivo oppure che vadano an-cora meglio di quanto già stanno andando. Il desiderio è come l’utopia di Edurardo Galeano: serve a farci fare un passo più in là. Il desiderio, oltre che con la dimensione spiri-tuale della felicità, ci pone in relazione con la dimensione del tempo. Quando si desidera tan-to una persona o una cosa vorremmo che fosse nostra il prima possibile. Se il nostro desiderio tarda a realizzarsi, o non si realizza affatto, può succedere che soffriamo tremendamente. L’altra faccia del desiderio, quindi, insieme all’impa-zienza è il sentimento della delusione.Il desiderio implica la capacità di nutrire fi ducia, di pensare sempre che dopo un tramonto vi sarà una nuova alba. È importante non dimenticarsi

che le cose accadono anche per l’intervento di un pizzico di fortuna, un elemento che, come diceva Tiziano Terzani, ogni tanto “bisogna prendere a calci”, nel senso che bisogna andarla a cercare attraverso le vie dell’impegno e della partecipazione alla vita e alla storia della comu-nità e dell’umanità. Il menefreghismo, l’apatia, l’indifferenza sono stati d’animo e atteggiamen-ti che non spingono a desiderare. Al contrario, essi inducono all’accontantentarsi, al lasciarsi vi-vere piuttosto che al vivere, e questo fi nisce con l’inaridire l’animo umano. Quest’ultimo, tuttavia, può subire le stesse conseguenze se non siamo in grado di gestire le pulsioni dei nostri desideri, se non riconosciamo i nostri limiti. Se il deside-rio di diventare ricchi, di apparire belli, forti e vincenti, come la cultura di questa nostra società vorrebbe, il rischio può essere quello di veni-re tentati dal percorrere pericolose scorciatoie - il ricorso alla corruzione o all’uso di sostanze per esempio - che possono tagliare alcuni rami dell’albero della nostra vita - affetti, amicizie, ecc. - fi no a giungere al taglio del fusto della nostra esistenza.

Il DESIDERIOIl desiderio implica la capacità di nutrire fi ducia, di pensare sempre che dopo un tramonto vi sarà una nuova alba

48 NAZARETH 2 2016

FAME E SETE DI GIUSTIZIA

Il desiderio, quello vero, quello che ci fa battere il cuore per le emozioni che proviamo e ci fa nutrire un sentimento di sana rabbia di fronte alle ingiustizie, è connesso al concetto di bel-lezza. Desiderare il bello, diffonderlo e portarlo dove c’è il brutto, è un sano esercizio di impe-gno civile. Le parole di Peppino Impastato, un giovane siciliano ucciso dalla mafi a nel 1978, a Cinisi (Pa), illustrano questo concetto in modo chiarissimo: «Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la ras-segnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità. Si mettono le tendine alle fi nestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima,

ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma ri-mangano sempre vivi la curiosità e lo stupore». Chissà quante altre cose si potrebbero dire del desiderio. Al posto dei pensieri che può susci-tare una mente razionale è bene lasciare spazio al linguaggio della letteratura. Leggere, meditare e praticare nella vita quotidiana quanto scrive Max Ehrmann in Desiderata è un modo concre-to per continuare a desiderare e ad impegnarsi perché il bello entri dentro di noi e sia condiviso con coloro che, a vario titolo, ci stanno accanto.

Pierpaolo Romani

DesiderataVa’ serenamente in mezzo al rumore e alla fretta e ricorda quanta pace ci può essere nel silenzio.Finché é possibile senza doverti arrendere con-serva i buoni rapporti con tutti.Di’ la tua verità con calma e chiarezza, e ascolta gli altri, anche il noioso e l’ignorante, anch’essi hanno una loro storia da raccontare.Evita le persone prepotenti e aggressive, esse sono un tormento per lo spirito.Se ti paragoni agli altri, puoi diventare vanitoso e aspro, perché sempre ci saranno persone su-periori ed inferiori a te.Rallegrati dei tuoi risultati come dei tuoi pro-getti.Mantieniti interessato alla tua professione, ben-ché umile; è un vero tesoro rispetto alle vicende mutevoli del tempo.Sii prudente nei tuoi affari, poiché il mondo è pieno di inganno.Ma questo non ti impedisca di vedere quanto c’è di buono; molte persone lottano per alti ide-ali, e dappertutto la vita è piena di eroismo.Sii te stesso. Specialmente non fi ngere di amare.E non essere cinico riguardo all’amore, perché a dispetto di ogni aridità e disillusione esso è perenne come l’erba.

Accetta di buon grado l’insegnamento degli anni, abbandonando riconoscente le cose della giovinezza.Coltiva la forza d’animo per difenderti dall’im-provvisa sfortuna.Ma non angosciarti con fantasie.Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.Al di là di ogni salutare disciplina, sii delicato con te stesso.Tu sei un fi glio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai un preciso diritto ad essere qui.E che ti sia chiaro o no, senza dubbio l’universo va schiudendosi come dovrebbe.Perciò sta in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano i tuoi travagli e le tue aspirazioni, nella rumorosa confusione della vita conserva la tua pace con la tua anima.Nonostante tutta la sua falsità, il duro lavoro e i sogni infranti, questo è ancora un mondo me-raviglioso. Sii prudente.Fa di tutto per essere felice.

Max Ehrmann

49NAZARETH 2 2016

Celebrare la pasqua è sempre un evento. La ve-glia di Pasqua è sempre vissuta con commozio-ne e l’azione di Dio è visibile. Il 26 marzo 2016, anche quest’anno nella chiesa universitaria ISP (Istituto Superiore di Pedagogia) a Bukavu, ab-biamo avuto battesimi, cresime e prime comu-nioni (31). Sono studenti, che hanno fatto una scelta e una preparazione, con la consapevo-lezza di persone adulte. Tra loro Ruffi n Chira, studente di legge, nel secondo anno di licenza. Alla fi ne della celebrazione ha dato la sua te-stimonianza davanti a tutta l’assemblea. L’ho tradotta in italiano per voi.

Giuseppe Dovigo

Sono Ruphin Chira, ma mi chiamano anche con il nome di Eliel. Vorrei ringraziare voi tutti qui presenti, in particolare il padre

cappellano e tutto il gruppo di catechisti che consacrano il loro tempo prezioso per la nostra istruzione… Sono entusiasta di fare parte ormai della famiglia cristiana e di entrare nel numero dei fi gli di Dio. Sono fi glio di una famiglia laica. I miei genitori hanno lasciato a me e ai miei fra-telli la libertà di scegliere la propria fede. Sono il primogenito e ho preso il tempo necessario, 24 anni, per orientare la mia fede… Vivevo come un ateo nelle varie circostanze diffi cili della vita. Mi chiedevo il perché di tanto male, e se Dio fosse veramente padre e se fosse tutto vero quello che si racconta della Trinità. In pratica, conducevo una vita piuttosto mondana. E venne un giorno che un amico, compagno d’univer-sità e che è qui presente, è venuto a parlarmi della Parola di Dio e mi diceva che la mia vita sarebbe più bella con la fede in Cristo. Devo confessare che il suo intervento mi ha fatto sen-tire paura e stizza. Che diritto ha lui di sapere se io vivo bene o male? Egli ha aggiunto poi che nella nostra cappellania si organizza la cateche-si in preparazione del battesimo e che potevo inscrivermi. Ho risposto che potevo essere d’ac-cordo, ma che in realtà non ne ero convinto e che non ci sarei andato. Il mio amico mi spinse a farlo, anzi di sua iniziativa, mi ha inscritto, prima ancora d’avere il mio consenso. Allora mi

sono detto: “La cosa diventa seria”. Così, per-plesso, ho iniziato la catechesi. Il cappellano è venuto e mi ha consegnato un libretto, intitolato “YOUCAT” (Il catechismo per i giovani). Devo confessare che leggendo questo libro, ero com-mosso e che le lacrime mi scendevano dagli oc-chi. Dall’inizio alla fi ne parlava alla mia vita. Ero quello che cercavo. Era la mia storia. Mi ha ispirato molto, mi ha fatto crescere nella fede e decidere di seguire le istruzioni con entusiasmo e simpatia, fi no a diventare discepolo di Gesù. I sacramenti (battesimo, cresima e eucarestia), che ho appena ricevuto, hanno cambiato la mia vita: lascio dietro di me tutto il peso di un pas-sato senza senso e inizio ora una nuova storia. Grazie e che Dio vi benedica!

Ruphin ChiraBukavu, 26 marzo 2016

Desiderio del BATTESIMO“Era quello che cercavo...”