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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE Facoltà di Economia Corso di laurea in economia aziendale TESI DI LAUREA L’IMPORTANZA STRATEGICA DELL’ E-COMMERCE NEL SETTORE MODA RELATORE Prof.ssa Maria Grazia CEPPATELLI Candidata Lara Andrei ANNO ACCADEMICO 2008-09

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

Facoltà di Economia

Corso di laurea in economia aziendale

TESI DI LAUREA

L’IMPORTANZA STRATEGICA DELL’ E-COMMERCE NEL SETTORE MODA

RELATORE

Prof.ssa Maria Grazia CEPPATELLI

Candidata

Lara Andrei

ANNO ACCADEMICO 2008-09

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INDICE

INTRODUZIONE 1

Capitolo primo

E-BUSINESS E MODA: FUNZIONALITÀ E TECNOLOGIE

1. Moda e tecnologie: gli anni della digitalizzazione nel settore moda 5

2. Le caratteristiche del consumatore tecnologico 6

3. Tecnologia e strategia: un dibattito aperto 8

4. Come la tecnologia cambia i processi produttivi 12

5. La tecnologia come fonte di innovazione e di processo 16

6. L’iniziativa Microsoft e il gruppo Gucci 25

7. La relazione con il consumatore 28

Capitolo secondo

COMUNICARE LA MODA NEL WEB

1. L’affermarsi di Internet 34

2. La realizzazione del sito 37

Capitolo terzo

IL MODELLO DI VALUTAZIONE PER I SITI WEB

1. Come comunicare on-line 44

2. L’aspetto tecnologico 45

3. La navigabilità 46

4. La gestione del sito 47

5. L’immagine estetica 49

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6. Il contenuto informativo 51

7. I servizi 52

8. L’e-commerce 53

9. I push promozionali del sito 58

10. Analisi complessiva del sito www.giorgioarmani.it 58

11. L’e-commerce in Italia 64

12. La contraffazione online 68

Bibliografia 70

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INTRODUZIONE

Da anni si parla di Internet e di quale impatto possa avere nel business

delle imprese del settore moda.

Internet ha creato una piazza virtuale dove sia aziende che persone si

incontrano, scambiano informazioni e costruiscono relazioni.

Affermare che Internet stia cambiando il modo di fare business è riduttivo;

infatti, sta cambiando il modo in cui le persone ottengono e forniscono dati

necessari al loro lavoro, informazioni un tempo chiuse all’interno dei sistemi

informativi aziendali, oggi rese accessibili e distribuite a gruppi di consumatori.

La Internet economy è pilotata dalle informazioni e suggerisce importanti

cambiamenti organizzativi e tecnologici nelle imprese, ma come ogni nuova

opportunità porta anche una serie di interrogativi e problemi.

Infatti se da una parte la tecnologia consente di fare alcune attività in

modo più veloce, a costi più contenuti e con una maggiore efficienza, dall’altra i

reali benefici si hanno solo se il modello di business è adeguato alle tecnologie

e se l’azienda riesce realmente a divenire una e-impresa, intrinsecamente

orientata al business elettronico. Ciò implica percorsi consapevoli di

investimento e modificazioni dei processi aziendali.

La moda, dal canto suo, ha sempre subito mutazioni radicali. La

definizione stessa di moda fa riferimento a un fenomeno momentaneo che

cambia incessantemente.

Internet quindi, deve essere considerato come un’opportunità innovativa

attraverso cui accrescere la propria posizione sul mercato ed evolvere verso un

modello di impresa capace di vincere le nuove sfide della “net economy”.

In questa sede è stata sottolineata l’importanza del commercio elettronico

nel settore moda: esso si pone come canale di vendita aggiuntivo rispetto ai

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canali tradizionali e, come tale, presuppone dei cambiamenti nel modo di fare

business che spingono l’azienda verso un processo più ampio e complesso,

che interessa l’intera organizzazione aziendale.

Quando si parla di e-commerce inevitabilmente si implica anche il

concetto di e-business, ossia la trasformazione strutturale dell’azienda

attraverso l’introduzione di Internet e delle nuove tecnologie.

L’impiego di questi strumenti rende possibile l’evoluzione dell’azienda

verso un modello a rete in cui tutte le funzioni sono tra loro strettamente

interconnesse. In questo modo, le aziende della moda possono ridurre i tempi

di risposta al mercato, migliorare l’efficienza ed aumentare la loro competitività

in un mercato dove ormai la velocità è la regola di sopravvivenza.

Lo scopo del presente lavoro è quello di evidenziare l’importanza della

rete Internet, non solo come strumento di dibattito, confronto con l’utente e

raccoglitore di informazioni e indicazioni di mercato, ma anche come effettivo

canale di vendita, attraverso l’e-commerce.

Nel panorama delineato sono chiaramente avvantaggiate quelle aziende

che, accanto alle attività promozionali e comunicative, danno anche la

possibilità all’utente che con entusiasmo ha raggiunto il sito web, di soddisfare

quell’ entusiasmo effettuando l’acquisto.

Il presente elaborato ha affrontato l’argomento considerando le

caratteristiche richieste alle aziende per essere competitive sul web, gli aspetti

da prendere in considerazione per creare un sito “vetrina” attraente e il

comportamento dell’utente nei confronti del commercio elettronico.

Il primo capitolo è dedicato alla tecnologia, fondamentale al fine di

mantenere la relazione tra azienda e consumatore e tra consumatori. Assume

quindi un ruolo rilevante nel processo di formulazione strategica, ma è anche

fonte di innovazione di prodotto e di processo.

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A tale riguardo è stata utilizzata la matrice intensità informativa di Porter e

Millar per evidenziare che anche in un settore come quello della moda, la

tecnologia informatica incide sul prodotto e sul processo.

La condivisione delle informazioni è un elemento importante in una

moderna gestione aziendale per produrre feedback immediati e utilizzabili: le

tendenze attuali infatti, si orientano verso una maggiore frequenza delle

collezioni, un accorciamento del time to market, ovvero una maggiore vicinanza

tra disegno e consumatore.

Proprio la riduzione del time to market ha favorito lo sviluppo del fast

fashion e un progressivo miglioramento nelle fasi del processo e nelle relative

performance avvalendosi di strumenti come il BPR (Business Process

Reengineering) ed ERP (Enterprise Resource Planning).

A tale proposito è stato riportato l’esempio di Microsoft 4 Fashion,

iniziativa dedicata al mondo della moda prodotta da Microsoft, per offrire a tutte

le aziende, indipendentemente dalla loro dimensione, strumenti tecnologici,

competenze e metodologie per realizzare progetti innovativi in grado di

rispondere alle esigenze di business più avanzate del settore.

Infine è stato sottolineato come la leva tecnologica sia una condizione

fondamentale per avere un rapporto diretto tra azienda e cliente. In questo

modo il cliente diventa prosumer, cioè parte attiva nel processo di

determinazione del proprio sistema di offerta e quindi produttore dello stesso.

Il secondo capitolo invece tratta dei siti web e come devono essere

realizzati dall’impresa per soddisfare il cliente.

Le attuali esperienze evidenziano che sono proprio i siti più semplici,

veloci, con back-office e sicurezza informatica adeguati e, non per ultima, una

stretta interazione con il cliente, a fare la differenza e ad avere risultati

significativi di vendita.

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In particolare sono stati riportati esempi specifici di siti innovativi e la

ricerca fatta per conto di Google sul comportamento dei consumatori sul web.

Nel terzo capitolo, infine, è esposto un modello di valutazione per il calcolo

del rendimento oggettivo di un sito Internet per le aziende di moda, attraverso

otto macro-attributi che consentono un’analisi complessiva del sito, e il

confronto con gli obiettivi strategici dell’azienda.

Al modello di riferimento si rapporta l’analisi del sito di Giorgio Armani,

esaminato in base ai parametri quali la percezione tecnologica, navigabilità,

immagine ed estetica, contenuto informativo e promozione del sito.

Viene inoltre analizzato il mercato dell’e-fashion in Italia, con particolare

attenzione al comportamento del consumatore sul web e alla sua propensione

all’acquisto: dagli studi emerge che molti utilizzano Internet per pubblicare

contenuti nei social network, leggere blog e partecipare ai forum.

Si comprende quindi come l’interazione con il cliente sia importante per il

lancio di nuovi prodotti, perché diventano predominanti le indicazioni che

arrivano (nella fase di sviluppo e prima dell’effettivo rilascio del prodotto stesso)

dai consumatori attraverso il web.

Oltre ai benefici derivanti dall’utilizzo del web come canale commerciale,

vengono poi spiegate le difficoltà incontrate dalle aziende nella creazione di un

negozio online.

Per chiudere, un breve cenno alla contraffazione sul web, e alle soluzioni

da adottare per combatterla.

Per quanto riguarda le fonti informative, puntualmente riportate nella

bibliografia, si sono rivelati di grande importanza i libri “Moda e Tecnologia” e

“Fashion online” e indispensabili i siti, le riviste e i quotidiani specializzati nel

settore.

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Capitolo primo

E-BUSINESS E MODA : FUNZIONALITA’ E TECNOLOGIE

1. Moda e tecnologia: gli anni della digitalizzazione nel settore moda

Sino a qualche anno fa la tecnologia aveva un ruolo quasi invisibile e

spesso marginale nelle aziende di moda; nel 2004 ben pochi e circoscritti

erano i poteri dei CIO1 e non certo numerose erano le aziende di moda che

avevano già inserito questa figura professionale nel loro management.

Dal punto di vista della crescita economica l’ultimo quadriennio potrebbe

risultare il migliore degli ultimi trent’anni, completando quel processo di

internazionalizzazione cominciato nel 1974; tale crescita ha favorito

l’avvicinamento di questi due mondi (quello della tecnologia e quello della

moda) fino ad accorgersi che la tecnologia offriva enormi benefici al business

della moda globalizzata e contemporanea e che poteva essere la nuova leva

strategica per affrontare il futuro.

Leader mondiali come IBM, ad esempio, sono scesi in campo

immediatamente ed hanno dedicato risorse ed attenzione al mondo della moda;

come loro anche Accenture, Bain & Co., Microsoft e altri player internazionali

hanno rivolto alla moda la loro offerta di servizi e consulenze sempre più mirati

e personalizzati.

Così, a mano a mano, si è diffusa la tendenza a prestare sempre più

attenzione reciproca per soddisfare un pubblico potenziale sempre più ampio,

globale e avvezzo alla tecnologia.

1 Chief Information Officer: è il manager responsabile della funzione aziendale

information & communication technology.

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Dal 2005 in poi è stata una continua crescita: ogni anno si registrano

quanti passi avanti sta facendo questo connubio e ci si rende sempre più conto

dell’importanza strategica che la tecnologia ha per la moda.

In un quadriennio siamo passati da una timida presenza della tecnologia a

un’azione a tutto campo; cosi come la figura del CIO è cresciuta assumendo un

ruolo alla stregua di altri manager con ampi poteri e visione a tutto tondo.

Qualcuno di essi siede anche nel board e influenza non di poco gli investimenti

globali, riservandone alla tecnologia una fetta sempre più consistente.

Sono nati inoltre nuovi ruoli aziendali, nuove priorità, anche perché proprio

in questi ultimi anni la globalizzazione ha portato a una nuova riscoperta del

concetto di prossimità al cliente, diventato il centro di svariate attenzioni da

parte sia delle aziende di moda sia di quelle della tecnologia.

2. Le caratteristiche del consumatore tecnologico

La tecnologia, ormai inglobati i concetti di competitività, velocità,

performance (tipicamente maschili), si sta spingendo sempre di più

nell’universo femminile: sensibilità all’estetica, concetto del benessere,

condivisione, collaborazione. Il fatto che la tecnologia diventa sempre più

“femmina” fa si che con i più innovativi modelli tecnologici e collaborativi

cambino anche le strategie aziendali.

Collaborazione è la parola chiave: oggi miliardi di individui interconnessi

grazie alla tecnologia e al suo nuovo utilizzo sono in grado di collaborare, di

scambiarsi dati ed opinioni, di creare e partecipare all’innovazione tecnologica.

Dunque, per mantenere il successo, alle aziende di moda e di lusso non

basterà limitarsi ad intensificare le attuali strategie di marketing. Bisognerà

introdurre metodi totalmente nuovi, che implicheranno per i leader un innovativo

e radicale mutamento le loro modo di pensare.

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Se i consumatori diventeranno sempre più prosumer (cioè vorranno

sempre di più collaborare alla creazione e produzione di prodotti) ed una massa

sempre più vasta di persone è già interconnessa e partecipa sempre di più alla

diffusione e allo scambio (peer to peer) questo fenomeno di per sé è capace di

ribaltare i concetti di concorrenza e redditività.

Come diretta conseguenza delle innovazioni tecnologiche che hanno

modificato il nostro modo di vivere, apportando cambiamenti a livello planetario

mai raggiunto prima, nuove forme della collaborazione di massa stanno

cambiando il modo in cui beni e servizi vengono inventati, e i prodotti promossi

e distribuiti in tutto il mondo. Il facile accesso alle tecnologie permette a miliardi

di persone di collaborare a livello planetario, di essere informati in tempo reale.

La multicanalità rende sempre più difficile standardizzare il rapporto con il

cliente, che pretende attenzioni più dirette e personalizzate.

Continuando a parlare di potenziali gruppi di clienti, verso i quali

indirizzare diverse strategie, vi è poi il segmento di maturi, rappresentato dai

consumatori over 55 (anni) con alta capacità di spesa e alla ricerca di piacere e

comfort. Non sono da sottovalutare, in quanto questo segmento che utilizza

Internet sta crescendo in maniera impensabile fino a qualche anno fa.

La categoria di maggiore interesse però è quella nata con la tecnologia: in

particolare, l’oggetto di grande attenzione è quel gruppo di giovani, nati nel

periodo che intercorre tra l’inizio degli anni ottanta e la metà degli anni novanta,

conosciuto con il termine di Generazione Y. Oggi sono ragazzi tra il 13/14 anni

ed i 25/28 anni. Nati e cresciuti con l’esplosione di Internet e della telefonia

mobile, vivono permeati della tecnologia: il linguaggio, la socializzazione, il

modo in cui comunicano, quello in cui apprendono.

E’ una generazione di persone che per la prima volta è veramente

interconnessa, che ha creato una community e totalmente indipendente dalla

dimensione geografica: hanno gusti e comportamenti, dalla musica

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all’abbigliamento, globali, legati a una logica di appartenenza a un gruppo

piuttosto che a una etnia, religione o provenienza.

Questa generazione, dal punto di vista dimensionale, è la più interessante

per la moda perché in grado di modificare i rapporti di forza, ha un rapporto con

la marca fortemente influenzato ed influenzabile, ed è legato a parametri nuovi

ancora tutti da scoprire. A questa nuova generazione bisogna comunicare in

modo nuovo, penetrando il suo modo di vivere e capendone i comportamenti.

Dotati di personal computer per lo studio e il divertimento, di apparecchi

digitali per il tempo libero, i ragazzi di questa generazione non usano mail:

scrivono sms in un linguaggio simbolico, chattano e usano i siti di social

network. Colpire questa generazione significa entrare nel loro mondo, i loro

canali di comunicazione, parlare il loro linguaggio2.

I nuovi prodotti saranno maggiormente caratterizzati della componente

tecnologica, e chi saprà cogliere queste opportunità sarà probabilmente in

grado di cogliere risultati importanti.

3. Tecnologia e strategia: un dibattito aperto

Fin dall’inizio degli anni ’70 gli studiosi di discipline aziendali si sono

dedicati allo studio dell’impatto strategico dell’information technology.Temi

come gli Strategic Information System (più comunemente noti con il termine 2 Un esempio a tal proposito è il lancio del profumo CKIN2U di Calvin Klein. Coty, l’azienda

licenziataria del marchio Calvin Klein per i profumi, prima di introdurre il prodotto sul mercato

ha attentamente studiato i canali, i comportamenti dei consumatori, coniando l’espressione

connect without commitment. Sfruttando queste caratteristica, che in pratica significa facilità

di primo contatto, e studiando il naming del prodotto, Coty ha studiato una strategia di

marketing volta a creare brand awareness, basandosi soprattutto sui canali di comunicazione

tipici di questa generazione: blog, messaggistica, Internet.

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SIS), e come il rapporto tra vantaggio competitivo e ruolo della tecnologia,

hanno sempre appassionato ricercatori, consulenti, fornitori di tecnologie e gli

operatori del settore in genere.

Il tratto comune di tutti questi studi è sempre stato quello di orientare

l’analisi a dimostrare come un’attenta e consapevole gestione della tecnologia

abbia contribuito a creare delle effettive situazioni di vantaggio per le aziende

che ad essa abbiano dedicato le risorse – finanziarie e umane – adeguate.

Nell’immaginario collettivo il mondo della moda è legato alla creatività

dello stilista, alla capacità di tradurre le tendenze e i gusti dei consumatori in

prodotti acquistati (e non solo ammirati), al momento della gratificazione nel

processo d’acquisto, al piacere di mostrare un capo di pregio.

Il mondo della moda però è anche quello che più di ogni altro risente di

una serie di fenomeni ambientali che stanno fortemente incidendo sul modo in

cui le aziende operano e sulle dinamiche organizzative interne ed esterne a cui

esse si devono assoggettare.

Tutte le problematiche riconducibili al grande tema della globalizzazione,

all’innovazione tecnologica, allo svilupparsi di nuovi gruppi di consumatori,

nella moda vengono enfatizzate molto più che in altri settori. Infatti, è la moda il

più grande mercato non regolamentato – nel senso di non protetto se non in

minima parte, da vincoli normativi legati al prodotto – che si sviluppa su una

base transazionale; è la moda l’unico settore in cui il consumatore diventa

globale anche per il naturale disaccoppiamento tra prodotto acquistato e

canale; è la moda dove in prima battuta si scaricano le tendenze che i grandi

fenomeni mediatici generano su scala planetaria; è la moda infine che aiuta a

sviluppare un concetto di gruppo e di appartenenza a cui tutti ci rifacciamo per

classificare, catalogare comportamenti e abitudini.

In questo scenario alcuni fenomeni diventano facilmente comprensibili, o

almeno diventa facile individuarne l’esistenza, capire come essi devono gestiti e

governati. Per esempio la moda è un mercato globale: ciò significa in primo

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luogo che la profilazione del consumatore segue delle logiche poco territoriali e

molto più trasversali ed in seconda battuta le leve del marketing su cui agire ( in

primis il prezzo) escono dal singolo mercato per essere applicate e valutate su

di un unico grande mercato mondiale.

Un consumatore dell’area lusso ovunque vada nel mondo “pretende” di

trovare i suoi prodotti preferiti e con un sistema di offerta coerente rispetto al

prodotto e non all’area.

Un gioiello della marca X a Roma, Shanghai, Rio, New York deve essere

presentato, offerto, e venduto con un servizio di livello costante a prescindere

dalle dinamiche di contesto che tra queste quattro città possono variare anche

in modo considerevole. Ancora, un ragazzo appartenente alla generazione Y

ha un modo di comportarsi, di vestirsi, di individuare dei punti di riferimento

mediatico che sono gli stessi in gran parte del mondo. Il testimonial perciò deve

essere un fenomeno global, i messaggi pubblicitari devono essere propagabili a

prescindere dalla lingua, dalla cultura e dalla religione: tutto si deve muovere su

larga scala.

Per tutte queste ragioni e probabilmente molte altre, la moda diventa un

settore industriale in cui le parole innovazione e sperimentazione assumono un

significato non banale e non scontato, e con esse l’attenzione che

inevitabilmente ne deriva sul ruolo della tecnologia come agente fattore di

cambiamento.

Molti si sono posti la domanda se sia la tecnologia che spinge la strategia

o la strategia che favorisce il proliferare della tecnologia. La prima posizione è

quella di chi pensa che da un’attenta analisi delle opportunità offerte dalla

tecnologia possono nascere degli indirizzi strategici innovativi che permettano

di riconfigurare il business aziendale, esplorare nuovi mercati, studiare nuovi

prodotti. Per costoro è la tecnologia che guida la strategia e non viceversa.

I canali virtuali ci sono perché c’è Internet e non perché c’è la necessità di

raggiungere sempre e comunque il cliente. Costoro però dimenticano che le

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vendite per corrispondenza altro non erano che forme primitive di commercio

elettronico che, quindi, come bisogno, si è affermato ben prima dell’emergere

del web. Il bisogno dell’acquisto si è sempre manifestato, la voglia di valutare le

offerte e confrontare i prezzi è insita nel concetto di mercato, la tecnologia la

rende solo possibile e via via più moderna. Infatti nel tempo si è passati da

forme espositive “primitive” al catalogo postale e quindi grazie al web ci siamo

mossi verso il catalogo elettronico vero e proprio. Il futuro ci spinge verso una

realtà virtuale in cui la consumer experience diventa non solo shopping, ma

anche intrattenimento vero e proprio.

La seconda invece è la posizione di coloro che pensano che alla base di

tutto ci sia sempre un pensiero strategico fondante da cui derivano dei processi

implementativi e lo sviluppo di strumenti idonei ad essi. E’ la posizione di chi

afferma che prima si decide quale strategia perseguire e poi come affrontarla e

implementarla da un punto di vista tecnologico.

Per aiutarci nell’analisi possiamo usare la cosiddetta information intensity

matrix, il modello proposto da Porter e Millar, due studiosi di management, nel

1985. In essa gli autori cercano di valutare la rilevanza dell’information

technology nei diversi settori industriali leggendo in modo coordinato il

contenuto informativo del prodotto e l’intensità informativa della catena del

valore.

Per quanto una lettura più moderna del modello, e della sua efficacia

analitica possa evidenziare alcune debolezze dell’approccio proposto, la

presistente validità e significatività di questo strumento non è in discussione, in

quanto mette l’accento su due delle componenti della vita di una azienda sulle

quali la tecnologia informatica incide: il prodotto e il processo.

Dove collocare la moda in questo schema? Apparentemente si potrebbe

immaginare che la moda si avvicini al quadrante in basso a sinistra, quello in

cui l’informatica non gioca un ruolo predominante né nel processo né nel

prodotto. Ma questo non è più vero.

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I processi produttivi e distributivi che riguardano la moda sono sempre più

legati al patrimonio informativo che le aziende hanno del proprio consumatore

rispetto ai gusti, abitudini e comportamenti e anche il prodotto stesso diventa

sempre più tecnologico e quindi “informatizzato”.

Inoltre, rispetto ad allora (era il 1985) l’informatica è cambiata molto e

questo cambiamento ha comportato l’emergere di un’ulteriore dimensione di

analisi che prima era ben più sfumata: la relazione, ovvero quanto la tecnologia

sia diventata fondamentale nel mantenimento di una relazione tra azienda e

consumatore e all’interno della comunità dei consumatori. Questa dimensione,

che in alcuni settori è meno evidente, nella moda giocherà un ruolo sempre più

importante, elevando l’informatica a componente assolutamente fondamentale

nel processo di formulazione strategica.

4. Come la tecnologia cambia i processi produttivi

Per valutare l’impatto strategico dell’informatica sullo sviluppo della catena

del valore di un’azienda della moda è sufficiente analizzare i diversi modelli di

impresa che caratterizzano il settore.

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Nella moda le imprese spesso si caratterizzano per essere parte di un

network, estese, globali, con più canali distributivi, con accesso al cliente sia

diretto che indiretto. Tutte queste peculiarità, che in altri settori identificano il

modo con cui un’azienda sta sul mercato, in molti gruppi industriali della moda

coesistono e anzi, a volte, sono funzionali a garantire scalabilità nei processi di

crescita, flessibilità nel rispondere a una domanda non sempre facilmente

prevedibile e adattabilità alle differenze di contesto.

Garantire scalabilità significa essere in grado di reagire a un improvviso

incremento di domanda perché si aprono nuovi canali di vendita o si entra in un

nuovo mercato. In situazioni come queste può essere necessario ricorrere

all’outsourcing, che senza un meccanismo di governo informativo rischiano di

essere poco integrate e sinergiche al resto dell’ impresa.

Dare una risposta al tema della flessibilità, invece, richiede una certa

capacità di intervento sul portafoglio prodotti per essere reattivi alle

sollecitazioni del mercato.

Fenomeni legati a una domanda che si muove in un modo non

completamente prevedibile, quali per esempio una maggiore attenzione su un

colore piuttosto che un altro, il successo di una linea di un prodotto etc. spesso

implicano la necessità di agire tempestivamente sulla catena del valore,

modificando i piani di lavoro, rivedendo i processi produttivi, cambiando se

necessario, il mix di prodotti. Anche qui è facile immaginare come queste

reazioni siano possibili solo in un contesto aziendale fortemente integrato e

dotato di strumenti tecnologici all’avanguardia.

L’adattabilità, infine richiede che in un mercato globale si tengano in

considerazione le problematiche locali. I fenomeni “glocal” sono particolarmente

rilevanti e critici. Essi hanno a che fare con aspetti marginali di prodotto (per

esempio un’etichetta specifica di paese) ma anche strutturali ( la fragranza di un

profumo che cambia a seconda dell’area geografica) e tutto questo è

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complicato dal fatto che spesso tali prodotti sono realizzati in grandi complessi

produttivi che servono tutto il mondo.

In uno scenario cosi complesso, fatto di accordi di licenza, produzioni

condivise, problematiche logistiche legate alla capillarità del mercato e catene

distributive sempre più importanti e critiche per il governo dell’accesso al

mercato, la disponibilità di informazioni ed una infrastruttura che sappia essere

la dorsale informativa aziendale, assumono un ruolo strategico.

Questi aspetti che sono già sufficienti a far capire la rilevanza della

tecnologia perché strettamente legati al modo in cui un’azienda opera nel

proprio contesto, non bastano però a descrivere quanto le aziende possono

modificare se stesse applicando le giuste leve tecnologiche. La vera rilevanza

strategica è nella possibilità di riconfigurare il business, di applicare modelli di

impresa innovativi, nell’esplorare nuovi mercati e nel lancio di prodotti e servizi

altrimenti non possibili.

Si pensi ad esempio allo sviluppo dell’e-commerce non solo come canale

ma come mercato per aziende ad esso dedicate. Ne è un esempio il fast

fashion, un modo di affrontare il mercato che ha completamente ridefinito le

regole del gioco, l’alternarsi delle collezioni ed il ciclo di vita del portafoglio

prodotti. Il fast fashion senza tecnologia, senza una catena integrata, non

sarebbe possibile o comunque non avrebbe la stessa velocità di rotazione.

La velocità è un altro tema rilevante nella gestione delle imprese della

moda. Le dinamiche attuali pongono sempre più l’accento sulla velocità di

esecuzione e di implementazione delle decisioni prese e sempre meno

focalizzate sulle quantità intrinseche del prodotto. Oggi la qualità diventa

commodity, una condizione essenziale per fare business e non più una

condizione sufficiente a garantire il successo d’impresa.

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La combinazione delle opportunità offerte a livello di processo, con quelle

di prodotto e lo sviluppo delle relazioni3, offre alla aziende che sappiano

progettare, presidiare e governare anche la componente tecnologica, grandi

opportunità di tipo strategico.

Il vero punto da capire è se queste opportunità possono venire colte con

un approccio metodologico strutturato o se in realtà le grandi e piccole

innovazioni che rendono un’azienda, un prodotto o un servizio di successo

avvengono in modo più casuale che causale.

L’impressione è quella che dietro un’idea rivoluzionaria e vincente molto

spesso vi sia una certa componente di imprevedibilità, l’intuizione, la logica

della sperimentazione, piuttosto che la fine pianificazione puntuale.

Le opportunità, in genere vengono colte da coloro che “sono sul pezzo”,

ovvero da coloro che cercano di innovare continuamente non rifiutando

l’applicazione di concetti nuovi e talune volte, ancora da definire.

Esistono alcune regole che permettono all’azienda di cogliere le migliori

opportunità strategiche. Innanzitutto la ricerca e lo sviluppo (i materiali oggi

possono fare la differenza, anche nella moda), poi i modelli di business e la

configurazione aziendale ( essere aperti a forme di coopetiton, cioè cooperare e

competere nello stesso momento, ma essere anche reattivi e dinamici), il ruolo

del cliente e la sua centralità nei piani strategici ( è importante che il cliente sia

al centro dell’attenzione e che definisca il prodotto e/o servizio da lui desiderato)

3 Tutto si basa sulla condivisone dei dati tra più soggetti: il consumatore che esplicita i suoi

gusti e che grazie alla tecnologia informa dove e cosa fa; il fornitore che a sua volta ridefinisce

e flessibilizza il suo portafoglio di prodotti e servizi per fornire al suo cliente l’offerta giusta al

momento giusto; i consumatori che tra loro si scambiano opinioni, idee, suggerimenti

determinando cosi il successo o meno di un prodotto. La relazione è usata per sperimentare,

per comunicare, per capire, per vendere e rendere il cliente sempre più autonomo, spingendo

all’estremo in concetto di self service. Da tutte queste attività le aziende ricavano indicazioni

puntuali e innovative su come posizionare i prodotti e servizi, in consumatori invece condizioni

di favore legate anche a programmi di loyalty.

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e infine la tecnologia come parte integrante di coloro che sono i destinatari del

mercato della moda.

Oggi è normale immaginare che la maggioranza dispone di apparati

portatili in grado di svolgere molteplici funzioni. Tutti hanno la possibilità di

utilizzare indirizzi di posta elettronica, tutti sono elettronicamente raggiungibili.

Questa situazione cambia radicalmente le regole del gioco, anche in un settore

apparentemente lontano da queste influenze.

Ed è cosi che nascono servizi in cui non serve andare in un outlet ma

basta navigare in Internet, per vedere una collezione basta accedere a

YouTube, beni di lusso quali un’auto, o un capo esclusivo possono facilmente

essere noleggiati per poche ore piuttosto che acquistati. Tutto questo causa un

cambiamento di posizionamento, di gestione del prodotto, di comunicazione,

ma allarga il potenziale di sviluppo di qualsiasi azienda.

5. La tecnologia come fonte di innovazione di processo

Il ruolo strategico dell’informatica è stata oggetto di molte trattazioni da

parte di ricercatori, accademici, consulenti, e operatori del settore; ma ancora

oggi è difficile sostenere che i mercati ottenuti siano coerenti con le attese e

soprattutto che in taluni settori industriali, la moda tra questi, il messaggio sia

stato ampiamente recepito.

La moda risente ancora di una forte parcellizzazione delle attività, che

solo in grandi gruppi, fortemente strutturati, è stata superata da una struttura

gestionale di coordinamento; nella stragrande maggioranza dei casi

l’esternalizzazione delle attività - che è tipica di questo settore - limita la

capacità di integrazione delle aziende e quindi la possibilità di sfruttare a fondo

la strategicità di questa leva. L’utilizzo di licenziatari specializzati per allargare la

gamma di prodotti e/o per produrre in aree più favorevoli aumenta la

disintegrazione aziendale lasciando problemi gestionali legati al coordinamento

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delle attività. Questa situazione è poi ulteriormente acuita da una logica

organizzativa ancora prevalentemente funzionale.

Per logica funzionale si intende la struttura di funzionamento organizzata

per funzioni e non per processi. Ciò implica che le varie aree aziendali agiscono

secondo una logica verticale, in cui si lavora per comparti, con compiti di

funzione, senza che vi sia una forte integrazione tra le parti.

Ad esempio l’area creativa, la produzione, il marketing, le vendite lavorano

autonomamente, ognuno guardando i propri obiettivi determinando una forte

specializzazione tra loro. L’esperto di marketing realizza dei piani di marketing

che tendono a lavorare sui dati raccolti sul campo, ma la limitata possibilità di

sfruttare il feedback di mercato ed i progetti che nascono nel design riducono la

capacità di anticipare gli eventi e di conseguenza le politiche di marketing. In

questo senso per esempio, se il marketing avesse accesso alle piattaforme,

potrebbe riversare queste informazioni sulle campagne di marketing in fase di

studio.

Allo stesso modo se la produzione ricevesse immediatamente i piani di

sell out, potrebbe riorientare i piani di produzione in modo coerente con gli

andamenti reali delle vendite piuttosto che su piani preventivi di per sé

previsionali e quindi soggetti a naturali approssimazioni.

Questi sono alcuni esempi che ci fanno capire come uno degli elementi

fondamentali in una moderna gestione aziendale è legato alla condivisione su

tutta la catena di informazioni per produrre dei feedback immediati e utilizzabili.

Nella moda questo aspetto è estremamente critico e fondamentale.

Fondamentale perché le tendenze attuali vanno verso l’aumento della

frequenza delle collezioni, un accorciamento del time to market, una maggiore

vicinanza tra disegno e consumatore. Critico perché effetti come la

globalizzazione comporta che i mercati e i consumatori sono geograficamente

distribuiti ovunque e quindi aumenta il potenziale informativo necessario alla

presa di decisioni più opportune.

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Il tema del time to market è quello che ha favorito lo sviluppo del fast

fashion che caratterizza l’innovazione di aziende quali Zara, Mango, Esprit,

H&M. Considerato negativamente all’inizio, il modello fast fashion ha in realtà

introdotto elementi nuovi, soprattutto in termini di tempistica e struttura delle

collezioni, gestione della supply chain e gestione delle reti di vendita, ottenendo

un enorme successo: negli ultimi cinque anni il fatturato di questi operatori è

cresciuto mediamente del 15-20% ( nello stesso periodo i beni di lusso sono

cresciuti di frazioni di punto) il loro valore di mercato dell’11%, i loro punti

vendita sono più o meno raddoppiati e ormai si trovano nelle zone più

prestigiose delle maggiori città.

Il fast fashion ha modificato i comportamenti d’acquisto, anche se il

comportamento di mercato in taluni casi è molto differente tra un paese e l’altro,

accorciato i cicli di vita del prodotto e ridotto il premium price legato ad elementi

quali stile e qualità.

Un altro aspetto caratterizzante le aziende che operano nel fast fashion è

legato a fattori critici di successo sul fronte operativo. Infatti, la flessibilità è

molto più importante del costo e quindi nelle scelte di assetto produttivo la

prossimità è più importante della delocalizzazione in aree produttive

particolarmente vantaggiose.

L’idea del fast fashion non è di per sé innovativa, ma è vincente il modo in

cui viene implementata, dimostrando con ciò che una buona strategia diventa

tale nel momento in cui vi è la cosiddetta ability to execute, ovvero l’insieme di

capacità e competenze che permettono di rendere effettivo un piano

teoricamente valido.

Già nei primi anni ’90, per esempio, nel settore della moda si parlava

della necessità di ridurre il time to market aumentando la velocità delle

collezioni. A quel tempo però l’idea era quella di progettare prodotti facilmente

riassortibili, in quanto caratterizzati da poche varianti, e con una produzione

basata su elaborati meccanismi di forecasting.

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Il punto debole di questa visione era però legato al fatto che si basava

sulla semplice logica di previsione senza tenere conto dei dati reali, quelli di

vendita. Ecco perché tutto deve iniziare dal negozio.

Oggi è largamente condiviso che il punto di partenza irrinunciabile è la

lettura di ciò che accade nel punto vendita (e questo è possibile grazie alla

tecnologia) con una rilevazione puntuale di ogni singola transazione. E’ cosi che

si possono raccogliere dati fondamentali quali appunto il sell out per articolo con

vari criteri di aggregazione, con soluzione di gestione delle scorte in tempo

reale per dare ai responsabili del merchandising dati sempre aggiornati.

Se la partenza dal punto vendita è la lezione fondamentale del fast

fashion, lezione che è valida anche quando si parla di lusso,l’altra è la necessità

di uscire da schemi troppo rigidi di gestione dell’offerta, che impediscono di

migliorare bassi livelli di margine.

Innovare per processi implica perciò che l’azienda venga organizzata

dando priorità agli output, ai risultati del lavoro, considerando che tutte le attività

aziendali sono tra loro interconnesse e orientate allo stesso obiettivo.

Joseph Schumpeter nell’opera “The theory of economic development” ha

definito l’innovazione di prodotto come “L’introduzione di un nuovo bene - cioè

di un prodotto con il quale i consumatori non hanno ancora familiarità- o di una

nuova qualità di prodotto” e l’innovazione di processo come “L’introduzione di

un nuovo metodo di produzione, cioè di un metodo che non è ancora stato

verificato dall’esperienza in un ramo dell’industria o un nuovo modo di utilizzare

una qualsiasi commodity commerciale”.

L’innovazione di un prodotto rappresenta una linfa vitale per le imprese ed

è pertanto indispensabile per la sopravvivenza delle stesse nel medio e lungo

termine.

L’innovazione di processo invece, richiede cambiamenti strutturali

maggiori che consentiranno, se ben applicati, una crescita dell’efficienza nella

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produzione di un prodotto o di un servizio. Il ripensamento globale delle logiche

di gestione dei business è il concetto fondamentale del Business Process

Reengineering - meglio conosciuto con l’acronimo BPR - una disciplina che

focalizza la sua attenzione sul cambiamento radicale dei processi aziendali

finalizzato ad ottenere dei miglioramenti sostanziali in tutte le fasi del processo

e nelle relative performance: costi, qualità e servizio.

In definitiva, l’innovazione di processo può elevare enormemente le

prestazioni aziendali avvalendosi di un approccio rivoluzionario teso a cogliere

appieno le singole offerte dalle tecnologie- in primis quelle informatiche- e dalla

gestione delle risorse umane.

La distinzione tra innovazione di prodotto e di processo diventa cruciale,

inoltre, quando consideriamo le conseguenze del loro sviluppo.

L’innovazione di processo favorisce l’incremento di efficienza nella

produzione di particolari beni o servizi, mentre le innovazioni di prodotto

accrescono la varietà di beni e possono dar vita a nuovi mercati, quando il

rimpiazzo dei vecchi prodotti non rappresenta il modello dominante all’interno

dell’innovazione di prodotto.

Le innovazioni di prodotto e di processo hanno, in termini generali, effetti

di sviluppo diversi: incremento della produttività e sostituzione della forza lavoro

nel caso di innovazione di processo; creazione di nuovi mercati, produzioni e

lavori nel caso di innovazione di prodotto.

L’innovazione di processo ed il superamento delle logiche strettamente

funzionali, come abbiamo visto, sono anche condizione essenziale per poter

sfruttare appieno le moderne tecnologie informatiche. In particolare, l’insieme

degli strumenti applicativi che sposano le logiche di processo introdotte dal BPR

e al tempo stesso favoriscono una integrazione pressoché totale delle aziende

che li adottano è conosciuto con l’acronimo ERP (Enterprise Resource

Planning).

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Un ERP è uno strumento in grado di integrare i dati ed i processi di

un’organizzazione in un unico sistema informativo. In passato, i sistemi ERP

sono stati utilizzati nelle più gradi aziende industriali, ed erano tipici di società

con dimensione globale, complessità gestionale molto ampia e caratterizzati da

diverse combinazioni di prodotti e servizi.

Tuttavia, l’utilizzo di ERP è cambiato e oggi è più completo e in grado di

soddisfare aziende con caratteristiche e dimensioni anche molto differenti. Tutte

le aziende con processi articolati, con necessità informative estese, con requisiti

funzionali sofisticati, sono potenzialmente adatte a un progetto di tipo ERP.

Le aziende della moda sono tipiche di realtà molto complesse, dove le

strutture devono avere una capacità reattiva, capacità che può essere ottenuta

se i sistemi sono fortemente integrati tra loro. I sistemi ERP sono nati proprio

per poter coprire una vasta gamma di funzioni e integrarle in un unico ambiente

applicativo.

Ad esempio, funzioni come le risorse umane, il supply chain management,

il customer relations management, i financials, il manufacturing e la gestione del

magazzino, nei sistemi ERP sono affidate ad applicazioni specifiche, tra loro

fortemente correlate e interconnesse.

La chiave degli ERP è proprio l’integrazione. Il principale obiettivo infatti, è

quello di integrare dati e processi originati o provenienti da tutti i settori di

un’organizzazione e unificarli in un ambiente applicativo che faciliti l’accesso ed

il flusso del lavoro.

Progettare un ERP solitamente significa realizzare l’integrazione mediante

la creazione di un unico database che utilizza più moduli software che fornisce

diverse aree di un’organizzazione con diverse funzioni aziendali. Un sistema

ERP è perciò caratterizzato da una serie di macro processi che, agendo lungo

tutta la catena del valore, cercano di attraversare le varie funzioni aziendali

avendo come logica di lavoro proprio quella del processo.

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Per esempio SAP (www.sap.com) sicuramente il più diffuso strumento

ERP al mondo, per il settore della moda e dell’abbigliamento propone una

solution map, che è riportata nel grafico che segue:

Come si può notare, i nove macro-processi definiti, le barre grigie

orizzontali, coprono in taluni casi le attività primarie della catena del valore,

mentre in altri la coprono solo parzialmente. Al di fuori di queste fasi vi sono i

temi di integrazione tipici da azienda estesa.

Ognuno dei macroprocessi a sua volta sarà dettagliato in ulteriori

sottoprocessi, al fine di cogliere tutte le peculiarità del mondo fashion. In

particolare, i sottoprocessi che sono tipici del mondo fashion e che in una

soluzione come SAP sono presenti, sono:

- Sviluppo e introduzione di un nuovo prodotto legato evidentemente allo

sviluppo delle collezioni;

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- Demand and supply chain management, ovvero il fullfilment dell’ordine,

o più semplicemente il processo che coordina tutte le attività che sono generate

da un ordine cliente;

- Sales for management, per la gestione della forza vendita e di tutte le

peculiarità dei processi commerciali;

- Inbound and outbound logistics, ossia la gestione della logistica lungo

tutta la catena;

- Order –to- cash management, l’impatto di tutte le attività aziendali da un

punto di vista dei flussi finanziari.

Guardando il sito di SAP, la definizione del processo di sviluppo e

introduzione di un nuovo prodotto si può leggere:

“Il SAP for Consumer Product consente di implementare un processo

integrato per l’introduzione e lo sviluppo di un nuovo prodotto (New Product

Development and Introduction, NPDI), che abbraccia il project management, la

gestione dei risorse e tempi, la gestione di idee e concept, il disegn delle

collezioni e lo sviluppo dei prodotti, la realizzazione di prototipi e il ramp-up, la

gestione dei documenti, la progettazione della qualità e il lancio sul mercato.

Fornendo il supporto per lo sviluppo collaborativo dei prodotti, le soluzioni

SAP semplificano l’integrazione di attività essenziali come project management,

gestione dei documenti e design dei prodotti nelle location aziendali o con

partner esterni. Inoltre, si possono integrare strettamente le forniture, le

pianificazione della supply chain e le attività finanziarie con le attività di project

management.

Le soluzioni SAP consentono anche una gestione complessiva dei dati

dei prodotti, aiutando a trattare grandi volumi di dati - incluse le diverse linee

con variazioni di colore e di taglia, le dimensioni relative ai vari Paesi, la scala

delle taglie e la gradazione della qualità - come pure le destinazioni per

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stagione e collezione. Il processo NPDI viene attivato con applicazioni SAP

quali il SAP Product Lifecycle Management (SAP PLM) e il SAP ERP ”.

Il concetto rimarcato è quello del closed loop, ovvero di come tutte le

attività siano tra loro integrate ed interconnesse. Altro elemento essenziale è il

rifermento al legame tra i processi NPD ( New Product Development ) con i

processi PLM. In un’organizzazione per processi tutte queste problematiche

vengono tra loro gestite in modo organico e coordinato per avere un unico

database fortemente orientato, nelle sue logiche di disegno e di aggregazione

dei dati, alla peculiarità del mondo della moda.

L’offerta di ERP della moda non è molto ampia a livello globale e solo

pochi player dispongono di soluzioni realmente disegnate sui requisiti di

business che sono tipici di questo settore. Ciò è dovuto alla specificità del

tema. In quasi nessun’altro settore i prodotti sono caratterizzati da un ciclo di

vita ridotto ( la collezione), con elementi caratterizzanti quali taglia e colore, con

varianti legate ai tessuti, con distinzioni che dipendono da fattori geografici.

In molti altri settori lo stesso prodotto viene commercializzato in diverse

parti del mondo con brand differenti (per fare meglio leva sul messaggio

promozionale, per sfruttare le specificità linguistiche e/o per non cadere nella

trappola del false friends, ovvero di termini che da una lingua all’altra cambiano

radicalmente significato in presenza di una fonetica simile) mentre nella moda e

nel lusso può avvenire esattamente il contrario.

Lo stesso prodotto di base, mantiene il brand su scala globale ( per fare

leva sull’uso di testimonial conosciuti in tutto il mondo), mentre può avere delle

particolarità che dipendono da alcuni elementi distintivi dell’area. E’ così che,

quindi, si possono avere prodotti di abbigliamento conformati in modo

differente, profumi con fragranze diverse e via dicendo.

Tutte queste problematiche sono difficili da analizzare a tavolino in fase di

disegno di una soluzione informatica, mentre nel corso del tempo vengono

metabolizzate nei diversi pacchetti applicativi rendendoli più completi e

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specializzati. La crescita perciò, degli strumenti informatici verticali di settore

dipende proprio dall’ampiezza della casistica trattata.

Oggi il dibattito sugli ERP è aperto e non privo di critiche: per molti l’utilità

di una piattaforma tecnologica richiede uno sforzo di implementazione non

secondario. I progetti ERP spesso falliscono o risultano molto “costosi” rispetto

ai benefici indotti, per carenze progettuali e non per caratteristiche intrinseche

del software.

6. L’iniziativa Microsoft e il gruppo Gucci

Il settore specifico delle soluzioni informatiche per le aziende della moda,

è in forte evoluzione perché tutti i grandi player stanno decisamente puntando

su di esso. La stessa Microsoft, azienda numero uno al mondo per

capitalizzazione di Borsa, ha avviato una iniziativa dedicata al mondo della

moda chiamata “Microsoft 4 fashion”.

Con l’utilizzo di tecnologie avanzate di Microsoft e grazie alla

collaborazione di partner qualificati nel settore, offre non solo alle grandi, ma

anche medio-piccole aziende gli strumenti tecnologici, le competenze e

metodologie per realizzare progetti applicativi innovativi, in grado di rispondere

concretamente alle esigenze di business più avanzate del settore. Per

rafforzare la presenza di marchi sul mercato globale, scegliere i punti vendita,

gestire una filiera complessa, è necessario disporre di sistemi informativi

affidabili e flessibili in grado di coprire i processi e i flussi informativi end to end

con i fornitori e i punti vendita, offrire elevati livelli di scalabilità in termini di

copertura funzionale, geografica, volumi gestiti, oltre ad avere un costo

adeguato alle dimensioni del business ed essere facilmente integrabili con le

soluzioni presenti in azienda.

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Le principali variabili su cui porre attenzione sono:

- Cliente finale

Il cliente è sempre più attento alla qualità dei prodotti disponibili sul

mercato anche se presenta un comportamento discontinuo verso l’acquisto e

una minore fidelizzazione al brand. Di qui la necessità, per le aziende, di

rispondere rapidamente alle variazioni di gusto espresse dal cliente, con

prodotti e servizi innovativi;

- Complessità distributiva

Ogni azienda persegue una propria strategia distributiva dettata dalla

modalità con cui raggiungere il cliente finale, ovvero attraverso:

- punti monomarca (a conduzione diretta o gestiti in franchising);

- punti vendita multimarca (spazi in cui convivono più griffe);

- factory outlet (una nuova opportunità per le aziende di vendere le

rimanenze).

Le aziende sempre più spesso tendono a dare in outsourcing alcune fasi

del processo produttivo, e necessitano quindi di coordinare tutte le fasi di

produzione. Inoltre la delocalizzazione di alcune attività comporta una forte

esigenza di controllo.

- Produzione

Oggi più che mai le aziende del settore fashion sentono la necessità

di regolare con la massima flessibilità il ritmo di produzione per rispondere

rapidamente alla domanda del mercato, riducendo il time-to-market e

aumentando la flessibilità produttiva;

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- Mercato

Il mercato attuale è fortemente caratterizzato da una proliferazione di

marchi e dal continuo emergere di nuovi players. Da qui nasce l’esigenza di

ottenere un vantaggio competitivo sui competitors ma anche frenare la

contraffazione;

- Revenue capture trends

Le aziende cercano nuove aree per espandersi e nuovi mercati di sbocco

anche attraverso l’acquisizione di nuovi marchi;

- Tecnologia

Le aziende del settore fashion necessitano di un’infrastruttura flessibile

per adattare i processi alle nuove esigenze di business, tenere sotto controllo

indicatori di performance e definire azioni migliorative mirate.

Le piattaforme di tipo ERP si occupano delle parte strutturata dei processi

senza dare un contributo rilevante anche nei processi di comunicazione

destrutturata, che costituiscono un elemento fondamentale per sviluppare,

condividere e diffondere la conoscenza aziendale.

Una logica di processi presuppone che si sviluppi un meccanismo di

condivisione delle conoscenza aziendale che permetta a tutti di formulare un

processo decisionale partendo dalla stessa base conoscitiva.

Il knowledge management che si occupa delle metodologie e tecnologie

per la diffusione della conoscenza aziendale è un altro dei tasselli su cui

bisogna prestare attenzione per lo sviluppo di architetture tecnologiche coerenti

con le necessità attuali. Il knowledge management parte dal presupposto che

la gestione della conoscenza in azienda debba essere organizzata in base alle

quattro macrofasi fondamentali (l’acquisizione, la validazione, la codifica e la

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condivisione) e le tecnologie di supporto devono essere progettate e realizzate

seguendo questo filo conduttore.

Nel gruppo Gucci, che ha una diffusione capillare e gestisce un portafoglio

di marchi tra i più variegati e diffusi al mondo il problema della condivisione

della conoscenza è sempre stato molto sentito e per questo si è sviluppato un

progetto di portale finalizzato alla gestione delle comunicazioni.

Questo portale, sviluppato con la tecnologia Microsoft Office SharePoint

Server è nato come primo progetto all’interno della funzione sistemi informativi,

per poi espandere alle funzioni più strettamente legate al business. La funzione

dei sistemi informativi nel gruppo Gucci ha una dimensione e distribuzione

coerenti con la dimensione e distribuzione del gruppo stesso: circa 250 addetti

impegnati contemporaneamente su molti progetti e con impatti che colpiscono

tutte le aree del gruppo.

Il progetto, teso a migliorare l’efficacia e l’efficienza dei processi di

comunicazione è stato portato all’attenzione del top management ed esteso alle

funzioni più direttamente coinvolte nel core business aziendale.

Citando un manager del gruppo: “Il sistema è stato progettato in modo tale

da prevedere una struttura federata di piattaforme web. Due i principali elementi

che, attraverso Microsoft Office SharePoint, l’azienda vuole veicolare:

l’importanza della collaborazione tra gruppi, nel rispetto dei singoli brand. Inoltre

ogni utente potrà navigare tra brand e brand. Il sistema permetterà un accesso

alle informazioni stabilito da regole ai diversi utenti, e allo stesso tempo,

massima libertà ai singoli brand, che sono già coinvolti nel processo di sviluppo

delle loro soluzioni all’interno della struttura federata.”

7. La relazione con il consumatore

Il cliente, il modo di servire il cliente, il catalogo prodotti offerto e l’insieme

delle attività accessorie costituiscono l’ultima essenza del business, e questo è

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tanto più vero quando si parla di un settore - la moda - che non rappresenta un

bene primario.

L’evoluzione del concetto del cliente nella moda ed il modo di interagire

con esso sono evidenti e hanno richiesto una sempre più attenta gestione del

canale, fino a una integrazione quasi totale della catena distributiva nei processi

aziendali.

Nel tempo si è passati da una gestione prevalentemente indiretta ad una

fortemente diretta, mentre oggi i vari canali disponibili coesistono e vengono

tutti governati con modalità che mettono il cliente al centro del processo, a

prescindere da come esso viene raggiunto.

In una gestione indiretta, i modelli manageriali di gestione delle aziende

della moda si sono sempre basati sulla differenza tra sell in e sell out.

Il sell in è il fatturato netto verso il canale, cioè i ricavi che le aziende della

moda maturano vendendo i propri prodotti alle catene distributive, mentre il sell

out è il fatturato che le catene distributive ottengono vendendo i prodotti al

cliente finale.

Una gestione indiretta lascia a chi lo gestisce la definizione

dell’assortimento di prodotti, la disponibilità della merce nelle varie taglie/colori

disponibili, la gestione della relazione con il cliente e la raccolta di tutte quelle

informazioni che sono fondamentali per capire se la collezione proposta

raccoglie o meno riscontri positivi sul mercato.

In una prospettiva tradizionale gran parte del settore era organizzato in

modo indiretto secondo una logica push. Gli unici due momenti di verifica della

bontà della proposta erano all’inizio del processo (quando i buyer decretavano il

successo o l’insuccesso di una linea di prodotti in base agli ordini emessi), e

alla fine, cioè al momento di gestire le attività legate sull’ invenduto. In mezzo la

non conoscenza della reazione del mercato, l’ignoranza sugli eventi reali,

l’incertezza legata alle opportunità perse piuttosto che colte.

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Dal punto di vista logistico le inefficienze indotte sono: il rischio stock out e

quindi il riassortimento per batch (lotti) spesso inferiori alla soglia di

ottimizzazione, l’aumento del traffico all’interno della catena e la necessità di

avere una politica di stockaggio delocalizzata e distribuita con un aumento

naturale ed inevitabile del livello delle scorte.

Tutti questi elementi hanno un impatto forte sui costi sia per un livello

maggiore di risorse allocate (maggiori stock e logistica più articolata) sia per

una maggiore movimentazione. Proprio per questo il modello di gestione basato

su una rete distributiva indiretta è diventato molto meno popolare di quello di

tipo diretto.

La gestione diretta del canale permette invece all’azienda di gestire il

cliente, capirne gli orientamenti, pilotare la domanda e implementare modelli

gestionali più moderni e attuali. La gestione dello stock presente sul punto

vendita, l’immediata capacità di reagire alle variazioni indotte da fattori

endogeni e/o esogeni e la conseguente riorganizzazione di tutto il sistema

operativo( dalla produzione alla logistica) sono alla base di questo modello

aziendale.

I vantaggi della gestione diretta sono quelli di avere una migliore

integrazione a valle e di gestire in maniera totale la relazione con il cliente. Per

questo le grandi griffe stanno entrando sempre più direttamente nel punto

vendita aprendo negozi monomarca, corner direttamente gestiti negli aeroporti

e nei luoghi di grande traffico.

La gestione delle relazioni diventa maggiormente critica se si considerano

gli effetti legati alla multicanalità e alle potenzialità. Infatti, se nel passato si

parlava di gestione del canale, oggi si deve parlare di gestione dei canali, o

ancora meglio, di gestione del cliente. Se i canali con cui si interagisce con il

cliente diventano molteplici (diretto, indiretto, Internet, televisione) è più

opportuno parlare di multicanalità; ma essendo i canali strettamente legati alla

tecnologia, è facile ipotizzare che nel tempo le tecnologie possono evolversi

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creando nuove opportunità di interazione e quindi nuovi canali. L’affermarsi del

canale Internet ha infatti, aperto modalità di interazione impensabili.

Gli esempi di siti web improntati per il commercio elettronico, per gestire

il rapporto cliente-azienda a tutto tondo, per fornire un servizio pre e post

vendita, sono realtà con le quali quotidianamente ognuno di noi si trova a

interagire.

Questi siti hanno si lo scopo di aumentare il turn over, il fatturato

incrementando i volumi di vendita, ma hanno come obiettivo primario quello di

aumentare la base cliente, raggiungendo non solo il cliente “acquirente”, ma

anche il cliente consumatore.

L’allungamento della relazione cliente- fornitore, è un indubbio vantaggio

che consente di perseguire molteplici obiettivi, cosi come la gestione diretta di

tutti i canali permette di migliorare la performance di sistema, implementando

modelli gestionali più attuali. La leva tecnologica è una condizione

fondamentale per perseguire questi due obiettivi ed in particolar gli strumenti, o

meglio, le metodologie, che ad essi si rifanno sono conosciuti come Demand

Chain Management (DCM) e Customer Relationship Management (CRM).

Il DCM è l’evoluzione del Supply Chain Management. Quest’ultimo può

essere definito come il processo di pianificazione, implementazione e controllo

delle operazioni della catena di fornitura nel modo più efficiente possibile.

Il SCM si sviluppa lungo tutta la catena che parte dall’arrivo delle materie

prime fino alla consegna del prodotto finito nel punto vendita e/o di consumo.

Partendo dal concetto di SCM, il Demand Chain Management può essere

considerato come un’estensione dello stesso che ingloba sia i processi a monte

di un’azienda (quelli tradizionali di gestione della catena di fornitura), sia quelli a

valle (che hanno a che fare con il cliente e che quindi confluiscono nelle

metodologie di CRM).

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Le metodologie di SCM prima e di DCM poi, sostenute da piattaforme

applicative aziendali come gli strumenti ERP detti in precedenza, sono

un’insieme di strumenti applicativi software che, partendo dal concetto di

database unico condiviso, forniscono procedure e modelli per la pianificazione

delle attività. Si tratta cioè di piattaforme che insistono su un’unica struttura dati,

con applicazioni facilmente adattabili ai processi e alle procedure aziendali cosi

come alle metodologie di misurazione adottate.

Anche gli strumenti di Customer Relationship Management seguono

questo filo conduttore. Anch’essi possono essere definiti come piattaforme

applicative che lavorano su un’unica base dati, dove il punto di riferimento in

questo caso non è un processo o un documento, ma il cliente: attivo,

potenziale, silente, da recuperare ecc. Il CRM quindi ruota attorno al cliente con

due macroprocessi fondamentali: la vendita e la gestione del servizio post

vendita. I processi legati alla vendita devono essere tutti quelli che, partendo

dall’identificazione di un cliente potenziale, lo portano a concludere un acquisto,

mentre processi legati alla gestione del servizio post vendita sono tutti quelli

che, partendo dall’acquisto, creano una relazione persistente con il cliente che

lo porti al riacquisto.

Grazie all’evoluzione della tecnologia, e alla combinazione tra tecnologia e

i processi di interazione tra azienda e cliente, i prodotti vengono offerti arricchiti

di contenuti ed i servizi dati diventano di fatto dei prodotti. L’interconnessione fa

si che i clienti mantengano un vincolo molto forte e frequente con i creatori dei

prodotti che utilizzano. Aggiungere una maggiore qualità e quantità di servizio

all’offerta di un prodotto è un modo per soddisfare meglio le esigenze dei propri

clienti e quindi per creare “valore”.

Da qui nasce l’acronimo prosumer (è la contrazione di producer e

consumer), un cliente che è parte attiva nel processo di determinazione del

proprio sistema di offerta e quindi diventa produttore dello stesso. Iniziando

dalle auto, passando alla moda, si assiste a un fenomeno dove i pezzi più

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pregiati diventano sempre più unici perché configurati esattamente come il

singolo cliente li desidera e li richiede.

L’implementazione di un modello prosumer, però, non è possibile se non

viene considerato all’interno di un quadro complessivo in cui tutta l’azienda

muove da una logica push ( disegno il catalogo, produco le collezioni,

distribuisco e rendo disponibile quello che voglio) ad una logica pull (ascolto il

cliente ed in base ai bisogni espressi e raccolti organizzo il mio sistema

produttivo e logistico).

Il modello prosumer presuppone un’interazione azienda-cliente molto

spinta, una maturità ed evoluzione dei sistemi di front office ed una capacità

reattiva che solo le aziende che sono “fast fashion”possono attuare. Le aziende

di moda, cioè, devono essere sempre in ascolto per migliorare la loro reattività

e aumentare la flessibilità dell’offerta attraverso la riduzione del time to market

e lo sviluppo di una logica di mass costumization.

Il modello prosumer porta il cliente ad essere attivo nell’interazione con

l’azienda e questa interattività deve potersi spingere fino alla definizione di un

prodotto e un livello di servizio coerente con le sue aspettative.

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Capitolo secondo

COMUNICARE LA MODA NEL WEB

1. L’affermarsi di Internet

Grazie a Internet4 e il World Wide Web5 si è via via sviluppata e diffusa la

tecnologia in tutto il mondo. Dai primi siti web nacquero le prime aziende

rivoluzionarie: Yahoo per creare una directory dei siti, Hotmail per fornire a tutti

un indirizzo di posta elettronica, Amazon per il commercio elettronico, Google

come motore di ricerca e via dicendo.

Se dal lato dell’offerta vi era un’incredibile accelerazione (le aziende che

offrivano tecnologie e servizi continuavano ad investire sul domani), la

domanda cresceva con lentezza6. Proprio in questo contesto nacque la “bolla

4 L’origine di Internet risale ad un progetto della Difesa Americana, realizzato in collaborazione con il

mondo universitario, mirato a far collegare tra loro computer utilizzati per scopi militari, realizzando una

rete telematica di connessione che potesse sopravvivere anche quando una parte di essa non fosse stata

funzionante. La prima rete nacque nel 1969 e collegava quattro computer. Un significativo passo

successivo (1973) fu la connessione fra reti (gruppi locali) di computer.

Ben presto, le strutture universitarie americane misero tali tecnologie al servizio della comunità

scientifica e costituirono una rete basata sulle esperienze militari. Nacquero anche altri reti. Gli utenti di

ciascuna rete avevano l’esigenza di comunicare con tutti gli altri. Cosi le reti si collegarono usando il

protocollo TCP/IP (Transmission Control Protocol-Internet Protocol, Protocollo per il Controllo delle

Trasmissioni-Protocollo Internet), che divenne lo standard comune per la gestione, l’organizzazione e la

trasmissione dei dati.

5 WWW (World Wide Web) letteralmente ragnatela a livello mondiale, è l’insieme dei contenuti

disponibili su Internet, sui computer di tutto il mondo, che l’utente può sfogliare con la semplice

pressione di un tasto del mouse. Spesso è indicato semplicemente con Web. Sono chiamati “server

Web” i programmi che consentono agli utenti di Internet di usufruire delle informazioni e/o servizi sulla

rete.

6 Il mercato ha assorbito questa innovazione in tempi più lenti a causa di vari fattori, quali la diffusione

dei personal computer ad uso personale e domestico, la disponibilità di connessione ad Internet di

qualità e velocità, una naturale diffidenza rispetto al nuovo ecc.

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speculativa”. Internet e il web sono comunque diventati una realtà. Non si è

fermato l’impulso alla creazione di nuovi prodotti, servizi e aziende di successo

(Ebay, Skype, Myspace, Youtube e via dicendo).

Anche la moda ha avuto in quel periodo le prime esperienze e

sperimentazioni, ma sono stati sopratutto i nuovi marchi a fare la differenza7 e a

creare servizi innovativi: manichini virtuali, commessi online, consigli di moda,

tecnologie 3D ecc. Casi come Born4shop, Bstripe, Glimpse, Luisaviaroma

stanno emergendo proponendo idee nuove e originali, servizi esclusivi e

tecnologicamente avanzati.

Born4shop (www.born4shop.com) per esempio è un online ad invito che

combina l’e-commerce ed un outlet di grandi marchi, accessibile solo se si è

invitati da aziende partner. L’offerta di prodotti dura solo due o tre giorni e

riservata esclusivamente ai soci che vengono avvertiti da una mail che spiega i

dettagli di vendita: prodotti, prezzi e orari.

Bstripe (www.bstripe.com) è il virtual store di un nuovo brand

dell’abbigliamento personalizzabile online. Nel sito ogni modello è in vendita in

un numero limitato di 50 pezzi e solo per 90 giorni, oppure è possibile

personalizzare il prodotto creandosi il proprio pezzo unico scegliendo modelli,

colori e altri particolari.

Luisaviaroma (www.luisaviaroma.com) nasce nel 2002 per non perdere la

relazione con i clienti occasionali che entrano nel negozio da turisti durante una

vacanza a Firenze. Dopo i primi tempi in cui il successo dell’iniziativa ha

seguito l’andamento del mercato Internet, ora il sito registra più di centomila

accessi al mese e il fatturato online è pari a circa il 40% del fatturato

7 Come si può leggere dal sito di Repubblica: “ogni firma ha creato una propria vetrina elettronica, tutto

è studiato al millimetro: la grafica in linea con il marchio, i colori, le sfumature. Ma il problema è che i

capi non sono in vendita. E i grandi marchi della moda nostrana rischiano di diventare “la bella

addormentata del web”.E’ forse per questo che siti internet come Moda1to1 (www.moda1to1.com)

suscitano grande interesse. Perché sono i piccoli a intraprendere il sentiero e tracciare il solco, e quando

i grandi arriveranno il mercato, paradossalmente, sarà già florido”.

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complessivo dell’azienda. L’offerta online è la stessa del negozio fisico, e

quest’ultimo recentemente è stato pervaso di tecnologia.

Glimpse.com (www.glimpse.com) infine, è un nuovo portale di shopping

online, dedicato alla fascia d’età 20-30 anni, la fascia maggiormente

interessante per il fenomeno Internet. Glimpse offre oltre 100 negozi online con

proposte mirate a ricreare e imitare il look dei personaggi famosi.

Questi sono alcuni esempi che hanno lo scopo di spiegare un fenomeno.

Internet e il web stanno ritornando in auge: i dati sono in crescita, gli utenti

aumentano, le barriere strutturali cadono e con esse anche quelle culturali.

Inoltre i consumatori italiani hanno finalmente iniziato ad avere fiducia nei

sistemi di pagamento.

In una pubblicazione promozionale, edita da Google, intitolata “la Moda

nell’era digitale” si legge:

“ Internet e la Moda: le possibilità:

- Informazione: per presentare le collezioni, i lanci di prodotto,

l’apertura di nuovi store;

- Vendite: promuovere acquisti online o guidare gli utenti al punto

vendita offline;

- Engagement: modalità di comunicazione per posizionare il brand

e creare empatia con i propri consumatori. ”

Solo il 30% degli utenti compra online, gli altri usano Internet per

informarsi, per tenersi aggiornati, per cercare quello che poi andranno a

comprare nel negozio fisico. Nella ricerca fatta per conto di Google dalla società

di consulenza Pambianco emergono alcuni dati:

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- Il 35% cerca online informazioni sulla moda;

- non si cerca la marca, ma il prodotto;

- l’informazione più ricercata è il prezzo, seguito dal prodotto;

- Il 25% degli utenti dichiara di comprare “sempre/spesso” prodotti

di moda in negozio dopo averli cercati online.

L’online perciò, influenza le vendite anche se non agisce sui ricavi. Il web

è la vetrina, il luogo in cui i consumatori e le aziende sviluppano una relazione

legata ai prodotti e servizi offerti.

2. La realizzazione del sito

I siti possono essere classificati in base alle funzionalità offerte, alle scelte

tecnologiche e ai costi:

- i siti vetrina: con funzionalità di interazione non complesse,

volte soprattutto alla promozione e quindi caratterizzate da

un avanzato utilizzo di componenti multimediali quali

immagini, filmati, suoni. Gli elementi fondamentali sono la

semplice funzionalità di interazione e la qualità delle

immagini e dei contenuti. Diventano importanti le tecnologie

per produrre/fruire dei contenuti multimediali, più che la

struttura del sito stesso che può basarsi su tecnologie

consolidate;

- I siti con funzionalità di e-commerce di base: oltre ad essere

siti vetrina, propongono un catalogo di prodotti/servizi,

offrendo la possibilità di scegliere e di richiedere/eseguire un

eventuale acquisto. In questo caso la complessità

tecnologica cresce per le esigenze di gestione del catalogo e

del profilo degli utenti/clienti;

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- I siti con avanzate funzionalità di e-commerce: si tratta di siti

capaci di virtualizzare l’impresa verso un canale di vendita

quale Internet, proponendo i prodotti in modo innovativo e

presentando contenuti nuovi e rivolti al pubblico della rete.

Offrono le stesse funzionalità di un negozio reale, sia verso

l’utente che verso l’azienda che li utilizza, ma richiedono

un’infrastruttura capace di distribuire a numerosi utenti i

contenuti multimediali e le altre informazioni sui prodotti. In

alcuni casi si assiste alla creazione di ambienti il cui

potenziale cliente interagisce con una “commessa virtuale”

che guida nelle fasi di scelta e acquisto;

- I siti di servizio: (portali e soprattutto marketplace elettronici)

principalmente dedicati alle attività B2B (Business-to-

Business) rappresentano una modalità di contrattazione e

acquisto da parte delle imprese che sta diventando sempre

più interessante. In questo caso, l’impresa acquisisce una

serie di servizi in un mercato virtuale più o meno importante

in funzione delle capacità del cosiddetto “net market maker”,

ovvero il gestore del marketplace. In termini tecnologici

questi siti presentano la maggiore complessità, in quanto

raccolgono esigenze molto raffinate e modalità di acquisto

(quali aste al ribasso ed al rialzo) che comportano l’adozione

di soluzioni tecnologiche molto innovative;

La realizzazione del sito aziendale, la scelta del modello di

business di commercio elettronico e le scelte sulle modalità di gestione

del sito stesso sono una componente di strategia aziendale che

evidenziano come il progetto non sia un progetto informatico. Inoltre, i

progetti informatici nascono dall’analisi delle esigenze di una comunità

di utenti e l’esperto informatico (analista) svolge un ruolo importante:

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trasformare le esigenze degli utenti in soluzioni informatiche che

ottimizzano i processi e l’utilizzo delle risorse.

Si intuisce come nel settore del commercio elettronico tale percorso

sia impossibile: un utente tipo non esiste, anzi ne esistono molti che

dovranno usare uno stesso sistema, che dovrà essere in grado di

adattarsi e personalizzarsi rispetto al profilo dell’utente.

Le soluzioni tecnologiche più importanti vanno verso una gestione

molto complessa del profilo degli utenti, classificati in base alla loro

esperienza (il profilo degli utenti varia dal navigatore esperto al dilettante

di Internet), alla dimensione degli obiettivi (ci sono i clienti oppure gli

esploratori, i quali a loro volta possono essere esploratori per

divertimento oppure per convenienza) ecc.

Il target che ci proponiamo allora sarà quello di avere la

soddisfazione del cliente e dell’esploratore per convenienza, offrendo

una personalizzazione dell’ambiente per cui l’utente si senta ascoltato e

gestito nella fase di richiesta.

La scelta del profilo utente incide sulle scelte tecnologiche in

quanto incide sul rapporto tra usabilità, semplicità d’uso e automazione

di alcuni percorsi informativi.

Conoscere la tecnologia consente di affrontare un quadro

complessivo in cui alcuni fattori sembrano antitetici, in particolare:

- i servizi forniti/ottenuti attraverso la funzionalità del sito (cioè

l’insieme di esigenze espresse o inespresse da parte dell’utente interno

o esterno all’azienda);

- una grafica attraente e di qualità che impone computer di grandi

prestazioni e reti di telecomunicazioni a larga banda, oltreché il lavoro

necessario a fornire grafica, immagini e video di qualità;

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- la velocità: ”vorrei tutto e subito” è la classica richiesta da parte

degli utenti, che impone una infrastruttura veloce, ma anche attenzione

alla semplicità di accesso all’informazione. Un’opportunità è offerta dai

servizi di hosting dedicati presso un Internet Data Center, una struttura

dedicata ad ospitare siti Internet per garantire maggiore velocità verso gli

utenti;

- gestione dei contenuti e contenuti di qualità: una pagina web

isolata, impersonale e statica rimane ben lontana dall’ambiente di

acquisto ottimale per il cliente. Il commercio elettronico, nato con l’arrivo

di pagine web statiche ha visto la crescita dei siti web dinamici, orientati

ai contenuti, che hanno permesso un’evoluzione del sito nei contenuti e

nelle presentazioni, tanto da rappresentare un vero strumento di

comunicazione multimodale e multimediale.

Le attuali esperienze evidenziano che sono proprio i siti più semplici e

più veloci quelli che hanno i risultati significativi di utilizzo e di vendita, grazie

alla crescita di comunità virtuali a cui hanno aderito numerosi utenti.

Indipendentemente da come i servizi vengono acquisiti, i punti fermi di un

sistema e-business orientati al commercio elettronico efficiente sono:

- una buona connettività dell’azienda ed una buona

infrastruttura di rete interna;

- un sito Internet adeguato al target stabilito: con la

consapevolezza che sarà difficile realizzare un sito

Internet che riesca a soddisfare le esigenze di tutti gli

utenti;

- una forte connessione tra l’area Internet e il sistema

informativo aziendale in modo da avere una unicità a

livello impresa della parte on-line e tradizionale;

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- un sistema di gestione dei dati molto efficiente e che possa

essere scritto o letto da tutti gli operatori o utenti coinvolti

nei processi;

- un sistema di e-CRM (Customer Relationship

Management) che oltre alla tecnologia consenta di

rapportarsi con gli utenti anche attraverso meccanismi

quali il call center;

- un insieme di funzionalità per la gestione del negozio

virtuale.

In particolare, le funzionalità del cosiddetto “back-office” rappresentano

un importante fattore che condiziona la gestione e quindi la percezione

tecnologica da parte dell’utente interno all’impresa. Tra le funzionalità

principali di questa area troviamo:

- Strumenti di personalizzazione della struttura del sito web di base;

- Personalizzazione della homepage;

- Selezione e configurazione delle modalità di pagamento;

- Selezione dei paesi di esportazione;

- Carrello della spesa con funzionalità di annullamento;

- Registrazione utenti e funzioni di gestione dei profili utente,

compresa la disabilitazione all’accesso;

Altro elemento fondamentale è la sicurezza informatica, che viene

considerata una delle possibili cause della scarsa diffusione di Internet nelle

imprese. La sicurezza informatica deve essere richiesta come elemento di

“infrastruttura” del proprio approccio ad Internet, ma con la consapevolezza

che la sicurezza è un costo e anche un “modo” di agire che deriva da un

comportamento corretto da parte di tutti gli utenti aziendali.

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La crescita dei software per il commercio elettronico, che ha compiuto

grandi passi in avanti,non è stata accompagnata da progressi analoghi dal

punto di vista dell’interazione uomo-macchina.

Alcune tecnologie e servizi sono stati sviluppati soltanto di recente per

risolvere questo problema. L’aggiunta del tocco umano al processo delle

transazioni aggiunge un valore significativo per il cliente, aumentando le

probabilità che compia un acquisto on-line e che ritorni successivamente

presso il sito. Ai clienti piace associare l’acquisto a un viso, una voce e un

atteggiamento.

Un moderno sito di commercio elettronico deve gestire i propri clienti

come individui mentre cerca di vendere loro i prodotti.

Con questo obiettivo, alcuni siti stanno cercando di rendere

compatibile con il web il call center dell’azienda, in modo che i potenziali

clienti possano ottenere informazioni e acquistare i prodotti senza avere la

necessità di scollegarsi da Internet.

In quest’ottica, molte soluzioni informatiche offrono alcune

caratteristiche importanti, quali il routing della posta elettronica e il browsing

collaborativo per ottenere un livello elevato di interazione con il cliente.

Prodotti di questo tipo, consentono di fornire al cliente on-line tutte le

informazioni di cui può avere bisogno, eliminando la necessità di richiamarlo

e riducendo di conseguenza i costi d’interazione.

Inoltre, le aziende che sono in grado di fornire informazioni durante il

primo contatto non solo riducono i costi, ma riescono ad avere un impatto

positivo sulla soddisfazione globale del cliente. La tendenza verso

l’interazione personale dei siti di commercio elettronico può essere

considerata come una parte della più vasta area CRM. Già oggi, molti siti

mettono a disposizione dei loro visitatori una qualche forma di supporto on-

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line quali liste di FAQ8 e altre funzionalità che di solito vengono fornite da un

tipico call-center.

Un prodotto di commercio elettronico collaborativo, consente inoltre di

risolvere una situazione particolare che deve essere affrontata e cioè

l’impossibilità di pubblicare i prezzi.

Dal momento che spesso la vendita viene effettuata a un prezzo

inferiore a quello suggerito dal produttore per la vendita al dettaglio, nel sito

non è possibile associare i prezzi agli specifici prodotti senza provocare una

reazione negativa da parte di produttori o degli altri distributori. In questa

situazione la disponibilità di uno strumento che consenta di comunicare on-

line con il cliente, permette di comunicare in tempo reale i prezzi ai

consumatori sul web.

8 Le Frequently Asked Questions, meglio conosciute come FAQ, sono letteralmente le “domande poste

più frequentemente”: su Internet e nel web vi sono domande ricorrenti alle quali si preferisce

rispondere pubblicamente con un documento, affinché non vengano poste troppo spesso, in modo da

sciogliere i dubbi dei nuovi utenti. rispondere pubblicamente con un documento, affinché non vengano

poste troppo spesso, in modo da sciogliere i dubbi dei nuovi utenti.

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Capitolo terzo

IL MODELLO DI VALUTAZIONE PER I SITI WEB

1. Come comunicare on-line

Internet non può essere utilizzato solo come sito vetrina o, in alternativa,

nella messa a punto di un sito e-commerce. Internet offre molte altre

opportunità, che bisogna saper individuare e sfruttare.

Quando un’azienda decide di essere presente sul web con un proprio

sito, il suo management deve essere consapevole che tale realizzazione non è

un punto d’arrivo ma solo l’inizio di un nuovo processo, non scisso, ma piuttosto

integrato a tutte le altre funzioni aziendali.

Ovviamente realizzare un sito aziendale prevede la pianificazione di

strategie in funzione del target di riferimento9. Di fronte a questo fenomeno è

fondamentale individuare gli aspetti caratterizzanti che fanno di un sito web un

“buon sito”:

- aspetto tecnologico;

- navigabilità;

- gestione;

- immagine estetica;

- contenuti informativi;

- servizi;

9 Definire un target d’utenza è un’operazione necessaria per far si che il sito non sia uno strumento

estraneo alla mission e al mercato dell’azienda ma che raggiunga il potenziale cliente.

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- e-commerce;

- push promozionali.

2. L’aspetto tecnologico

E’ la sezione dove vengono analizzate le caratteristiche più strettamente

tecnologiche, ovvero:

- funzionalità:

un sito funziona quando, nella sua progettazione, sono state rispettate

quelle regole empiriche che rendono la navigazione (velocità, coerenza,

facilità di utilizzo) agevole per l’utente;

- velocità:

è il tempo necessario per l’apertura delle varie pagine. Deve mantenersi

entro un certo limite altrimenti si rischia di perdere il navigatore e

compromettere l’immagine aziendale;

- affidabilità:

è la garanzia che ogni parte del sito sia perfettamente funzionante, che

le immagini non presentino difficoltà nell’apertura, i testi siano privi di

errori, e non vi siano contrattempi nella navigazione del sito;

- attualità tecnologica:

sono le tecnologie impiegate per la costruzione de sito web. L’uso di

nuove tecnologie presuppone maggiori potenzialità e migliori prestazioni.

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3. La navigabilità

Una volta rilevati gli aspetti tecnologici, è importante analizzare le modalità

di navigazione:

- rapporto di complessità/chiarezza:

proporre un sito web articolato ma facilmente comprensibile;

- leggerezza e fluidità:

la grafica, le immagini e i colori condizionano fortemente

l’approccio alla navigazione, contribuendo a rendere più piacevole la

permanenza nel sito. La leggerezza deve essere intesa quindi come

impatto psico-visivo, ma anche come funzionalità della pagina web in

senso stretto;

- supporti alla navigazione:

comprendono pulsanti, scroll, link, sublink. La loro presenza,

dislocazione, visibilità, funzionamento, influenzano la facilità d’uso e

l’orientamento;

- facilità d’uso:

è la variabile che studia i percorsi: un buon sito web deve garantire

percorsi facili, proponendo soluzioni che consentono lo spostamento

immediato in altre aree;

- orientamento:

il navigatore deve avere sempre presente l’area in cui si trova, quali

sono le altre aree e come poterle raggiungere. Anche nell’utilizzo dei link

si deve rispettare un iter preciso affinché l’utente non perda il senso di

orientamento all’interno del sito;

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- accessibilità:

la facile memorizzazione dell’indirizzo URL, ma soprattutto il buon

posizionamento sui motori di ricerca, sui meta motori e sulle directory

rappresentano le strade più dirette ed efficaci per facilitare l’arrivo del

navigatore.

La semplicità negli spostamenti e la comprensione dell’ambiente con cui il

navigatore interagisce incidono sull’indice di gradimento del sito web.

Maggiore semplicità e maggiore comprensione equivalgono a maggiore

“ospitalità”, che a sua volta genera fiducia nel navigatore e conseguentemente

la sua fidelizzazione.

Le pagine web dovrebbero presentare il contenuto di maggiore interesse

per l’utente. Molti siti dedicano più spazio sullo schermo agli strumenti di

navigazione di quanto non ne lascino per i contenuti veri e propri, dimenticando

che questi ultimi sono la ragione per il quale l’utente visita il sito.

Sul web, a differenza della progettazione di interfaccia grafiche (GUI)

tradizionali dove si ha il controllo di ogni pixel sullo schermo, il controllo della

navigazione fra le varie pagine è nelle mani dell’utente.

L’utente potrebbe seguire percorsi che il progettista non ha mai ipotizzato,

e quindi, tanto meno sperimentato. Da ciò si desume che per una buona

navigabilità non si devono incanalare gli utenti lungo percorsi predefiniti

altrimenti il sito viene percepito da questi ultimi come rigido e impositivo.

4. La gestione del sito

Fra le componenti fondamentali per determinare la qualità di un sito web vi

è senz’altro la sua gestione. Con questo aspetto si vuole evidenziare:

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- aggiornamenti:

la sostituzione di un’immagine, ridisegnare la grafica, ma

soprattutto attualizzare i contenuti rende vivo il web e lo lega alla

quotidianità;

- acquisizioni dati:

questo punto evidenzia la valenza strategica del sito web. Le

aziende hanno a disposizione un mezzo con il quale poter interagire con

milioni di potenziali clienti. Riuscire a coinvolgerli e ricavarne informazioni

per costruire un solido database attraverso cui studiare e attuare

campagne di marketing one to one, costituisce una delle opportunità più

innovative offerte dalla web technology. ll web è uno dei più efficaci

strumenti di direct marketing che l’azienda può utilizzare.

Il potenziale cliente è definito raccogliendo tramite il web

informazioni relative ai suoi gusti, esigenze, e alla sua predisposizione

all’acquisto on-line. L’analisi delle informazioni ottenute sui visitatori di un

sito (le pagine di maggiore e o minore frequenza, la durata media delle

visite, i siti di provenienza), detta anche feedback analysis, è molto utile

per identificare il target d’utenza. Gli strumenti utilizzabili sono numerosi:

- database marketing: il suo continuo aggiornamento consente la

creazione di un filo diretto e personalizzato con il potenziale

consumatore, che da navigatore occasionale diventerà prima

navigatore ”affezionato”, poi cliente;

- e-mail: è lo strumento più utilizzato dall’azienda per acquisire dati

e per comunicare con il cliente. Quest’ultimo può ricevere

informazioni sui prodotti dell’azienda e sulle promozioni;

- Mailing list e forum di discussione: permettono all’azienda di

conoscere i pareri dell’utente-cliente sui prodotti/servizi offerti;

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- Diritto alla privacy:

E’ buona norma concedere visibilità e applicabilità alle norme sulla

privacy. Ciò trasmette serietà, fiducia e apprezzamento all’utente,

viceversa la loro assenza può pregiudicare l’interazione fra azienda e

navigatore;

- Monitoraggio:

L’azienda dovrebbe affidarsi a buoni software di web tracking per

monitorare le varie aree, ricostruire il percorso dei navigatori e

individuarne la provenienza da altri canali Internet (siti, motori di ricerca,

directory ecc.). L’utente può essere monitorato tramite la registrazione al

sito con i suoi dati personali, mentre nel caso di acquisto on-line,

l’ottenimento delle informazioni è obbligatorio per poter consegnare la

merce o rendere disponibile al cliente il servizio richiesto. Questa mole di

dati, consente di ottimizzare l’utilità strategica e fornire interessanti

indicazioni per la stessa produzione;

- Certificazione:

esporre la propria certificazione garantisce il navigatore sulla

qualità e sulla sicurezza complessiva del sito.

5. L’immagine estetica

Molto importante nei siti web dedicati alla moda, l’immagine estetica deve

tener conto di determinate caratteristiche:

- Multisensorialità:

è lo studio dei flussi emozionali che un sito web è in grado di

attivare nel navigatore. Non potendo incidere sul tatto, sul gusto,

sull’olfatto, sulla cenestesi, per colpire l’emotività è necessario

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concentrarsi sulla vista e sull’udito. Le armi di cui dispone il creativo sono

la grafica, le foto, i testi, i colori, i suoni, elementi che, combinati tra loro,

devono essere in grado di attivare un feeling tra il navigatore il sito e il

prodotto;

- Coerenza:

l’immagine del sito web deve essere coordinata con quella

offline dell’azienda e allo stile, alle atmosfere e alle strategie perseguite

dal management dell’impresa. Paradossalmente vi può essere il caso in

cui l’immagine estetica offline e quella online siano coerenti fra loro ma

non con la filosofia, con gli obiettivi e con le strategie dell’azienda. Per

coerenza si intende anche un collegamento contenutistico fra grafica e

testo;

- Differenzazione:

la differenzazione consente all’impresa di competere sul

mercato con la realizzazione del vantaggio competitivo; ciò non vale solo

per l’offline ma anche per il canale online. Un sito web originale può

attirare il navigatore e sottrarlo alla concorrenza. I punti di riferimento

sono quindi costituiti dai web competitors e dal target;

- Capacità attrattiva:

il navigatore è poco razionale, passa velocemente da un sito a

all’altro, perdendo di vista l’iniziale obiettivo della sua presenza in rete. E’

quindi opportuno proporre delle situazioni grafiche, visive, ipertestuali,

capaci di attrarre l’attenzione del navigatore che deve sentirsi attratto e

coinvolto;

- Look:

è l’analisi del puro e semplice valore estetico. Gli elementi

grafici non devono essere troppo colorati, né troppo elaborati, altrimenti

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rischiano di mettere in secondo piano il contenuto informativo della

pagina stessa;

- Evocazione di uno stile:

è un aspetto essenziale per la comunicazione in rete del

fashion. L’immagine online deve richiamare le atmosfere della griffe;

Immagine offline, online e stile devono essere omogenei, al

fine di garantire e rafforzare la brand identity.

6. Il contenuto informativo

Si analizza ciò che sta dentro il web, la sua sostanza, tendendo conto di:

- Attualità:

i contenuti devono comprendere informazioni legate alla

contemporaneità;

- Qualità:

misurata con riferimento alla veridicità, attendibilità, ed effettiva

utilità delle informazioni;

- Quantità:

misurata non in termini assoluti (poca, troppa informazione) ma

cercando il giusto equilibrio;

- Coerenza:

si considera il contenuto in rapporto al target e alle altri parti che

compongono il sito web;

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- Link informativi:

i link possono fare da supporto ai contenuti, possono integrare le

informazioni rendendole più complete, ma al tempo stesso non devono

risultare talmente interessanti da rischiare di deviare altrove l’attenzione

del navigatore;

7. I servizi

I tradizionali canali comunicativi come TV, radio, stampa ecc. sono

monodirezionali, cioè possono dare notizie ma non possono ricevere e colui

che vi si rapporta è un soggetto passivo. Internet invece consente una

comunicazione bidirezionale in cui è possibile interagire e colui che vi si

rapporta è un soggetto attivo perché su Internet il navigatore sceglie quando e

cosa visitare. Le caratteristiche da analizzare sono:

- Intrattenimento:

si deve valutare la presenza o meno di aree dedicate al puro

intrattenimento e valutarne il grado di piacevolezza, interesse, coerenza;

- Fidelizzazione:

è importante proporre delle iniziative che permettano di fidelizzare il

navigatore,perché come già detto, molti di loro perdono di vista l’obiettivo

per il quale si trovano in rete;

- Personalizzazione:

sono le opportunità che si offrono al navigatore di personalizzare il

sito web (scelta della lingua, sfondi ecc.);

- Interazione:

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è lo scambio di informazioni, comunicazione bidirezionale,

trasformazione del soggetto da passivo ad attivo;

- Assistenza al navigatore:

comprende tutti gli accorgimenti destinati ad aiutare il navigatore

nell’esplorazione del web;

- Fiducia:

Internet è immateriale, per cui occorre mettere in atto delle azioni

mirate a creare fiducia nell’ambiente virtuale, ma anche nell’azienda e

nel prodotto;

- Link di servizio:

stesse considerazioni fatte per i link informativi, solo che in questo

caso si offrono servizi invece che informazioni.

8. L’e-commerce

Gli attributi dell’e-commerce sono i seguenti:

- Presentazione:

indica il modo in cui viene proposto il prodotto attraverso le

immagini, la loro qualità tecnica, la possibilità di valutarne i dettagli e la

percezione che se ne ricava;

- Descrizione del prodotto:

valutare come i testi supportano l’immagine, in termini di qualità e

quantità;

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- Assortimento:

constatare il grado di assortimento dei prodotti;

- Aggiornamenti delle disponibilità:

accanto alla presentazione e al prezzo deve esserci

l’aggiornamento della disponibilità del prodotto;

- Prezzo:

deve essere competitivo rispetto ai tradizionali canali offline,

evidenziare gli sconti ed eventuali offerte speciali;

- Facilità e chiarezza d’acquisto:

le procedure d’acquisto devono essere facili, chiare e logiche;

l’utente è interessato alla facilità di concludere un acquisto e ai criteri di

sicurezza;

- Aiuto all’acquisto:

devono esistere dei supporti in grado di aiutare il net-consumer;

- Modalità di pagamento e spedizione:

devono essere ben chiare le modalità di pagamento, e le modalità, tempi, e

spese di spedizione;

- Modalità di resa (formula soddisfatti o rimborsati):

devono essere spiegate con chiarezza le modalità di restituzione

della merce qualora non siano di gradimento o non conformi allo

standard qualitativo previsto per il prodotto/servizio offerto;

- Sicurezza:

verificare e garantire la massima sicurezza al momento del

pagamento;

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- Assistenza pre- e post-vendita:

come ad esempio l’order tracking che consente al consumatore di

verificare in ogni momento lo stato del suo ordine;

- Feedback:

fondamentali per l’azienda, sono sezioni destinate alla raccolta dati,

per costruire un database con cui operare campagne di marketing one to

one;

- Commodity:

dà l’opportunità di abbinare al prodotto specifico dell’azienda beni

correlati.

La sezione relativa all’e-commerce si divide in due macro-aree:

B2C(business to consumer) e B2B (business to business).

Il primo riguarda tutte le iniziative che intendono raggiungere il

consumatore finale dei beni o servizi venduti, il secondo prevede le transazioni

tra aziende (tipicamente tra fornitori, produttori e distributori).

Riguardo alle tecnologie orientate al B2B, nuovi concorrenti utilizzano

sempre più alleanze di outsource come modello aziendale per acquisire quote

di mercato nei confronti dei produttori leader, strategia definita GBF (Get Big

Fast, cioè “crescita rapida” ).

Tutte queste strategie hanno un filo conduttore: annullare i vantaggi del

leader utilizzando l’outsourcing per creare economie di scala e rapporti più

vantaggiosi con fornitori e canali di distribuzione.

L’azienda che intende adottare strategie di e-business deve guardare e

migliorare i valori ai quali il cliente si orienta nella sua scelta di prodotto/servizio:

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- Velocità: l’azienda deve rispondere in modo preciso,

personalizzato e istantaneo;

- Convenienza: i clienti amano la comodità dello shopping

online, ma per raggiungere tale scopo è necessaria un’ integrazione

efficace lungo la catena di fornitura (inserimento e completamento

dell’ordine, consegna);

- Personalizzazione: l’azienda deve essere capace di

realizzare un prodotto personalizzato sempre più rispondente ai

bisogni della clientela

- Prezzo: una delle caratteristiche su cui il consumatore

incentra l’attenzione nell’acquisto online.

Il canale online consente ai venditori di raggiungere un pubblico globale e

di operare con maggiori economie di scala, al contempo fornendo al

consumatore un’ampia scelta. Inoltre, per risultare vincente, l’e-business deve

saper creare migliori rapporti con i clienti e un nuovo concetto di valore. La sfida

più difficile è quella di collegare le nuove tecnologie ai nuovi modelli aziendali.

Man mano che le tecnologie si evolvono, influenzano le esigenze dei

clienti, che a loro volta coinvolgono i modelli aziendali; allo stesso modo, i

modelli aziendali evolvono e influenzano i processi, i quali incidono sulla

successiva evoluzione della tecnologia stessa. In un modello e-business

l’approccio è “dall’esterno all’interno”, la strategia ruota intorno al cliente.

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Per creare un’esperienza d’acquisto interessante per il cliente, le aziende

devono integrare i propri siti web con i sistemi back office, che svolgono

operazioni come: gestione delle scorte, elaborazione degli ordini, gestione

amministrativa e servizio clienti attraverso il sistema Intranet.

L’esecuzione della catena di fornitura è composta dalla pianificazione

degli ordini, dalla produzione, dal reintegro delle scorte, e dalla distribuzione.

I benefici riscontrabili in questo nuovo processo sono l’efficienza e

l’efficacia.

L’efficienza comprende bassi costi di approvvigionamento, cicli temporali

più brevi, assenza di acquisti indipendenti non autorizzati, informazioni più

organizzate e buona integrazione con sistemi aziendali interni.

L’efficacia comprende l’aumento dei controlli sulla catena della fornitura, la

gestione attiva delle informazioni fondamentali.

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9. I push promozionali del sito

Al fine di rendere visibile e facilmente rintracciabile un sito web, è necessario

prevedere specifiche strategie promozionali, attraverso:

- Push offline: verificare l’attuazione di campagne pubblicitarie offline

dirette o indirette in cui si evidenzia la presenza del sito web;

- Push online: verificare l’attuazione di strategie promozionali quali lo

scambio di banner-link10 e campagne banner su alcune piattaforme

online coerenti con il target;

- Premi per acquisizione dati: verificare la presenza di premi (legati

all’acquisizione dei dati) anche con l’obiettivo di promuovere il sito web.

10. Analisi complessiva del sito www.giorgioarmani.it

Vediamo ora un esempio di come è strutturato un sito, quali sono i suoi attributi

fondamentali e gli obiettivi strategici.

Azienda: Giorgio Armani (settore: abbigliamento, accessori, profumeria)

1. Aspetto tecnologico

Affidabilità: il sito si presenta altamente affidabile sul piano

tecnologico, non presenta inefficienze né dal punto di vista grafico né da

quello testuale;

Velocità: rapidità e semplicità di navigazione;

10

Il banner è un immagine statica o dinamica (spesso rettangolare), alla quale è collegato un link,

generalmente utilizzato per la pubblicità su web. Spesso il banner pubblicitario rappresenta la fonte

economica di guadagno per il gestore del sito.

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Funzionalità: il sito si avvale di numerosi filmati, per i quali è messo

a disposizione il download del plug-in, e la possibilità di visualizzare

alcuni prodotti (orologi) in 3D.

2. Navigabilità

Rapporto complessità/chiarezza: il sito presenta il menù di

navigazione e la homepage. Dal menù si accede alle aree di servizio,

ciascuna con un proprio layout, differente l’uno dall’altro, come se fosse

un sito a sé stante. Questo sistema garantisce un rapporto ottimale di

complessità-chiarezza, dando sempre all’utente la possibilità di

rintracciare il menù generale, che può essere ridotto a icona, e di

navigare all’interno delle singole sezioni servendosi di menù interni;

Leggerezza e fluidità: proponendo delle varianti sul layout delle

singole aree, che corrispondono perlopiù alle diverse linee di prodotto, si

incide anche sulla percezione che l’utente ha della leggerezza e della

fluidità del sito. Un sito cosi ricco, infatti, rischierebbe di stancare se

presentasse una grafica monotona e ripetitiva, invece in questo modo

sollecita continuamente la curiosità di chi lo visita;

Supporti alla navigazione: sono presenti quattro menù di

navigazione, ognuno specifico per le seguenti aree: linee di

abbigliamento (es. Emporio Armani, Armani jeans, Armani junior),

tipologie secondarie di prodotto (es. profumi, cosmetici, gioielli) area

informativa (trova negozi, eventi) aree aziendali (presentazione, storia

dello stilista);

Facilità d’uso e orientamento: una volta capito come funziona, l’uso

del sito risulta agevole e anche l’orientamento al suo interno;

Accessibilità: sia giorgioarmani.it che emporioarmani.it sono

richiamati dai più comuni motori di ricerca utilizzando le parole chiave.

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3. Gestione del sito

Aggiornamenti: il sito è aggiornato sia nella presentazione delle

collezioni che nell’informazione riguardante gli eventi;

Acquisizione dati: la registrazione è presente a livello sia di menù

generale che all’interno di Armani Exchange, sezione dedicata all’e-

commerce dei prodotti di questa linea, casual e alla portata di tutte le

tasche, che è stata proposta solo all’estero. Anche l’e-commerce è

riservato ai soli e-shoppers statunitensi e canadesi. A chi registrandosi è

disposto a fornire maggiori informazioni personali vengono offerti dei

vantaggi, oltre all’inserimento nella mailing list per l’invio di newsletter, tra

cui: offerte speciali nell’acquisto, possibilità di ordinare prima dell’uscita

ufficiale della collezione, invio di inviti relativi agli eventi nella città

prescelta. Per chi volesse contattare il team di Giorgio Armani troverà a

disposizione alcuni indirizzi e-mail;

Diritto alla privacy: l’informativa sulla privacy nella quale è imposta

più volte l’espressione di un consenso/dissenso al trattamento dei dati

personali forniti, è bene in vista;

Monitoraggio: non rilevabile;

Certificazione: inesistente.

4. Immagine - estetica

Multisensorialità: entrando nel sito c’è un senso di coinvolgimento

in una vera e propria esperienza multisensoriale: la musica che cambia

ad ogni sezione, i colori su cui predominano i toni del grigio e del nero, e

le immagini dinamiche in successione o in videoclip (che non

necessitano di attivazione da parte dell’utente ma che sono comunque

suscettibili di variazione tramite il suo intervento attivo), regalano

all’utente la sensazione di trovarsi nell’universo Armani;

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Coerenza: stupisce la capacità di rendere coerente, tramite la

scelta di layout e musica, ogni sezione alla linea di prodotto di cui si

occupa e contemporaneamente alla globalità del sito, alla sua identità

d’insieme;

Differenzazione: la soluzione d’interfaccia descritta sopra, consente

un compromesso tra l’unicità e la diversificazione del marchio, che si

riflette positivamente sulla strategia di differenzazione sul web;

Capacità attrattiva: l’attenzione dell’utente è catturata dai filmati e

motivi musicali;

Look: tra classico e attuale;

Evocazione di uno stile: lo stile Armani si riflette in tutto il sito.

5. Contenuto informativo

Attualità: ci sono informazioni sugli eventi e sulle presentazioni

delle collezioni;

Qualità: è molto curata l’informazione sulla localizzazione dei punti

vendita che commercializzano i capi Armani. In più si trovano consigli su

cosa visitare/dove dormire/cosa mangiare e le tendenze moda delle

principali città americane;

Quantità: relativamente alle collezioni, non ci sono sprechi di

parole;

Coerenza: le informazioni date nelle varie aree sono abbastanza

coerenti tra loro;

Link informativi: non ci sono molti link esterni.

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6. Servizi

Intrattenimento: molti video sono scaricabili, alcuni a tema

cinematografico sono molto gradevoli;

Fidelizzazione: a parte l’invio di newsletter, gli unici tentavi sono

rivolti agli e-shoppers americani;

Personalizzazione: è disponibile la traduzione in inglese e

giapponese, inoltre la sezione Armani Exchange richiede dati più

approfonditi per cogliere le esigenze del navigatore e orientare l’offerta in

un’ottica di personalizzazione;

Interazione: l’utente può interagire marginalmente col sito,

producendo col proprio mouse varianti nello scorrimento delle immagini

fluttuanti;

Assistente al navigatore: assente;

Link di servizio: si trovano solo nella sezione Armani Exchange;

Fiducia: non ci sono particolari operazioni che mirino a ricercare la

fiducia dell’utente

7. E-commerce

L’azienda ha scelto, per motivazioni strategiche, di utilizzare questo

strumento di business soltanto per una specifica area del proprio

mercato, l’America settentrionale. Vengono venduti capi appartenenti ad

una linea casual dai prezzi accessibili (non commercializzata in Italia) a

un pubblico ampio.

Presentazione e descrizione del prodotto: i prodotti sono descritti in

maniera accurata e presentati in modo tale da farne comprendere

facilmente la qualità e le caratteristiche;

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Assortimento: la quantità di prodotti in vendita non è eccessiva; le

due collezioni uomo/donna per ognuna delle 5 categorie in media

presentano una decina di capi;

Disponibilità: la disponibilità viene verificata offline e, in caso di

mancanza del capo ordinato nel magazzino, viene fatta comunicazione

immediata all’acquirente tramite e-mail;

Prezzo: i prezzi sono gli stessi degli store Armani Exchange ma

esiste una sezione in cui alcuni di essi vengono scontati d circa il 20-

30%. Inoltre ai clienti registrati sono inviate periodicamente offerte

speciali;

Facilità e chiarezza d’acquisto: è possibile fare shopping facendo

ricorso ai look proposti o per categorie merceologiche (accessori, top,

ecc.);

Aiuto all’acquisto: esiste una sezione, chiamata Customer service,

in cui l’utente può trovare la risposta a ogni dubbio riguardante l’acquisto,

la spedizione ecc. Un motore di ricerca permette di individuare il capo

cercato in tutto il database, utilizzando differenti chiavi: prodotto,

categoria merceologica, codice;

Modalità di pagamento e di spedizione: viene accettato solo il

pagamento con carta di credito, ma l’acquisto può essere fatto anche

telefonicamente; sono disponibili più tipologie di spedizione con prezzi

che variano in base alla velocità di consegna;

Sicurezza: le transazioni vengono dichiarate sicure, ma solo poche

righe sono dedicate all’argomento sicurezza, nessun riferimento a

garanzie e certificazioni;

Modalità di resa: vi è la formula soddisfatti o rimborsati;

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Assistenza pre e post-vendita: è possibile controllare regolarmente

lo stato dell’ordine e chiamare un numero 24 ore su 24;

Feedback: vedi acquisizione dati;

Commodity: per ogni prodotto inserito nel carrello, vengono

proposti altri tre capi che potrebbero piacere al potenziale cliente.

8. Push promozionali del sito

- Offline e online: non rilevabili

- Premi per acquisizione dati: durante la registrazione si può

scegliere di fornire una maggiore quantità di informazioni e di

partecipare a delle immagini di mercato. In cambio l’utente riceve

periodicamente delle offerte speciali, inviti a partecipare ad eventi

nella propria città, punti da collezionare per ulteriori sconti e

accesso al servizio Style finder finalizzato all’individuazione di

uno stile personale.

In conclusione il sito appare ben strutturato, innovativo per l’interfaccia di

navigazione, e instaura con l’utente un rapporto di credibilità con il marchio.

11. L’e-commerce in Italia

Gli internauti in Italia sono sempre di più, quasi 25 milioni, e sul web ci

passano sempre più tempo, una media di quasi 90 minuti al giorno. Dati (fonte

Audiweb) che spiegano l’ormai avvenuta maturità dei media Internet nel Bel

Paese, che sta crescendo anche sotto il profilo dell’utilizzo dei media digitali in

antitesi a quelli tradizionali.

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Secondo Social Technographics, che indaga sul fenomeno del social

networking rilevandone dimensioni e abitudini, l’Italia non è indietro rispetto agli

altri paesi europei come si potrebbe facilmente pensare.

Coloro che leggono blog e fruiscono di contenuti generati dagli utenti

sarebbero 10 milioni, poco meno di 5 milioni gli utenti della Rete che rispondono

ai contenuti degli altri, postano commenti e partecipano ai forum e circa 3

milioni coloro che producono e pubblicano contenuti per le reti sociali e tengono

un proprio blog.

Ma quanti di questi cavalcano il fenomeno del web 2.0 in ottica aziendale,

commentano su blog aziendali e partecipano attivamente alla vita di comunità

parlando di business?

Secondo gli addetti ai lavori ( Iab/Internet Advertising Bureau Italia ) sono

numerose le aziende che stanno utilizzando lo strumento per aprirsi un nuovo

canale di comunicazione e interazione. Si inizia a comprendere che il

paradigma del social network sta evolvendo verso quello del “social

production”.

Si va cioè verso un ambiente di interazioni che impone alle aziende di

cambiare le regole di “ingaggio” per il lancio di nuovi prodotti sul mercato,

perché diventano preponderanti le indicazioni che arrivano (nella fase di

sviluppo e ben prima dell’effettivo rilascio del prodotto stesso) dai consumatori,

attraverso il canale web. I casi della Fiat 500 o di alcuni modelli di scarpe Nike, i

cui colori sono stati rivisti in corso d’opera sono gli esempi più noti.

Nel settore del fashion i new media hanno via via avuto maggiore spazio e

credibilità. “ in passato - dice David Pambianco, Vice Presidente di Pambianco

Strategie di Impresa - l’approccio al web era diffidente, ora sta cambiando,

fermo restando che nella moda il marchio era ed è l’elemento chiave per

imporsi sul mercato. Prima le case hanno indirizzato risorse verso un sito

vetrina graficamente sempre più accattivante per valorizzare le collezioni e con

un refresh molto veloce delle novità a catalogo; poi sono arrivati i video delle

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sfilate in tempo reale, quindi l’e-commerce. Tutti o quasi i grandi marchi hanno

uno store virtuale e generano attraverso su di essi milioni di euro di fatturato. In

futuro si focalizzeranno sulle nuove modalità di comunicazione, sull’info-

commerce per entrare in contatto con un pubblico più vasto, che prima di

acquistare si informa online.”

D’altronde sono bel 18 milioni gli internauti italiani che ormai cercano

informazioni e confrontano l’offerta di prodotti e servizi web, praticando il

cosiddetto “info-commerce”, anche se solo 6 milioni sono quelli che

effettivamente acquistano online.

E’ questo il potenziale perimetro di crescita dello shopping su internet che

però rimane per ora un fenomeno che non ha espresso tutte le sue potenzialità,

nonostante i tassi di crescita a due cifre. I sei miliardi di valore degli acquisti

online, infatti, rappresentano poco meno dell’1% del totale delle vendite ai

consumatori finali, mentre in Europa il valore del B2C è pari al 6-7%.

In Italia è attivo un terzo degli acquirenti online rispetto ai francesi e poco

più di un quarto di quelli inglesi e tedeschi. La spesa media annuale di uno web

shopper italiano è intorno ai 900 euro, inferiore del 15-20% rispetto a quella di

tedeschi e francesi e meno di un terzo di quella degli inglesi.

La grossa sfida - continua Pambianco – per le aziende del fashion è quella

di perseguire un processo di apertura e democratizzazione di un mondo che è

sempre stato riservato e geloso dei suoi contenuti”

I più grandi brand, da Valentino ad Armani, hanno deciso di ricorrere all’e-

commerce, in quanto la compravendita permette di accorciare la filiera e taglia i

costi, e il prodotto arriva più “leggero” al consumatore. Così siti web dove si

possono acquistare capi firmati, accessori, oggetti di design, aumentano il

proprio fatturato.

Un esempio è Yoox.com, una delle boutique multimarca più cliccate. Nato

nel 2000 ha raggiunto il break-even in 3 anni crescendo annualmente del 40-

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50%, nel 2008 ha ottenuto 100 milioni di ricavi previsti e quest’anno ha

debuttato in Borsa. Quattro milioni di contatti al mese, 200 dipendenti, 1,2

milioni di capi consegnati, e il 30% dei ricavi provengono dall’Italia.

Comprare online non spaventa più il consumatore, si è innescata quella

che i pubblicitari chiamano “fidelizzazione del cliente” che, accompagnata al

passaparola e sostenuta da garanzie come la veloce sostituzione o il rimborso

totale, è diventata il mezzo per espandersi.

Nessun department store reale potrebbe offrire tanta scelta e in più con

possibilità di mettersi per primi nell’armadio autentiche novità (addirittura in certi

casi disponibili il giorno dopo la sfilata), oppure quelli delle stagioni passate a

prezzi scontatissimi sempre disponibili (senza aspettare i saldi).

Se i benefici derivanti dall’utilizzo del web come canale commerciale sono

da attribuirsi principalmente al miglioramento dell’immagine del brand (78%), al

vantaggio competitivo (41%) e allo sviluppo del business a livello nazionale

(37%), gli ostacoli maggiori sono da ritrovarsi nella logistica (i costi sono

elevati),nella difficoltà di innovare il modello di relazione con i clienti e

investimenti limitati da parte delle società venditrici, che tendono a vedere

Internet come accessorio al modello di business esistente.

Secondo una ricerca svolta su un campione di 603 piccole e medie

aziende che impiegano tra 1 e 50 addetti, le reali difficoltà incontrate nella

creazione di un sito/negozio online sono: trovare il tempo di organizzare e

gestire il progetto (76%), avere tutte le informazioni necessarie (66%), non

ricevere nessun tipo di sostegno o incentivo da Governo, Enti pubblici ecc.

(52%) e insufficiente conoscenza di Internet/IT (46%).

Dal lato dell’utente i fattori di criticità risiedono nella scarsa propensione

ad acquistare a distanza, unitamente a un timore diffuso nei confronti dei mezzi

di pagamento (il più usato è la carta di credito).

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La strategia migliore per realizzare iniziative online di successo e

invogliare l’utente ad acquistare sul web sarebbe quella di investire sul servizio

offerto al cliente, che consente una maggiore fidelizzazione, una ottimizzazione

degli investimenti pubblicitari e un’efficace posizionamento del marchio sul

mercato di riferimento; ma anche campagne di informazione mirate a dissipare i

dubbi “ingiustificati” (come il timore che il numero della carta di credito possa

essere “rubato”) e creare un’offerta competitiva che possa attrarre il cliente.

12. La contraffazione online

La contraffazione è un grande business: il giro d’affari è stimato in 500

miliardi di dollari all’anno (circa 350 miliardi di euro, pari al prodotto interno lordo

di 150 Paesi meno ricchi del pianeta, stando alle stime della Banca mondiale).

Combatterlo sarà sempre più difficile a causa di Internet, strumento neutro di

per sé, ma che moltiplica in modo esponenziale la possibilità di azione dei

falsari.

Se per i marchi della moda il web è diventato canale di retail e

promozione, dall’altra parte è diventato una minaccia11 e le aziende spendono

sempre di più per combattere chi produce e vende prodotti falsi nel mondo reale

e su Internet.

Si stima ad esempio che LVMH, il più grande gruppo del lusso al mondo

(che controlla tra gli altri Louis Vuitton, Fendi ed Emilio Pucci), in un anno

investe dai 10 ai 20 milioni di dollari in azioni legali legate alla contraffazione.

Un’ investimento che forse comincia a dare i suoi frutti: il 1 luglio 2008,

Ebay, che gestisce il più grande sito di aste online sull’intera rete, è stata

11

Analizzando i dati del mercato europeo , i capi di abbigliamento risultano i prodotti contraffatti più

venduti insieme a quelli elettronici. Ciò rappresenta un dato preuccupante per i marchi italiani della

moda, che tendono a vendere sempre di più all’estero.

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condannata da un tribunale di Parigi a pagare a LVMH 40 milioni di euro come

risarcimento per non aver fatto abbastanza per prevenire o impedire la vendita

di prodotti contraffatti. Ebay ha fatto appello, ma i giudici di secondo grado

hanno confermato la prima sentenza.

Solo due settimane dopo il caso francese, un tribunale americano ha dato

ragione a Ebay in una causa intentata da Tiffany per gli stessi motivi di LVMH.

Tiffany accusava Ebay di non aver perseguito i venditori pur essendo a

conoscenza del fatto che sul sito erano venduti prodotti non originali.

Anche se la sentenza ha escluso la responsabilità del sito d’aste per la

vendita online di preziosi contraffatti (in quanto spetterebbe al proprietario del

marchio di fabbrica controllare il marchio stesso), Tiffany non si è arresa e ha

fatto ricorso. Proprio la famosa gioielleria newyorkese ha investito negli ultimi 4

anni 14 milioni di dollari nella lotta alla contraffazione.

Internet offre ai professionisti della contraffazione i seguenti vantaggi:

anonimato (un bravo informatico può occultare la vera identità dei proprietari o

gestori dei siti), flessibilità (i server dei siti possono essere spostati da un Paese

a un altro, a seconda delle leggi più favorevoli) , grandezza del mercato, target

illimitato (Internet si rivolge a un’audience globale 24 ore su 24 e la maggior

parte dei siti sono in inglese) e possibilità di ingannare i consumatori (web

designer disonesti possono inserire falsi commenti o immagini che non

corrispondono al prodotto).

I destinatari della truffa non sono più solo singoli utenti ma anche imprese

ed esercizi commerciali che acquistano partite di 10 mila pezzi che poi si

rilevano contraffatti.

Per combattere il fenomeno non bastano le leggi e i mezzi, ma occorre

una maggiore sensibilità delle imprese titolari del marchio, che spesso si

concentrano nello scoprire solo i falsari “reali” trascurando invece quelli online,

sempre più numerosi.

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BIBLIOGRAFIA

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PRINCIPALI SITI VISITATI

RIVISTE DI SETTORE E QUOTIDIANI ON LINE, SITI ISTITUZIONALI,

MOTORI DI RICERCA

www.acquistionline.it

www.cameramoda.it

www.corriere.it

www.fashiontimes.it

www.google.it

www.ilgiornale.it

www.ilsole24ore.it

www.istat.it

www.lastampa.it

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www.luxuryculture.com

www.mffashion.it

www.microsoft.com/italy/business/fashion

www.modatecnologia.com

www.pittimmagine.com

www.pittimoda.com

www.promofirenze.com

www.regione.toscana.it

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www.style.it

www.toscanapromozione.it

www.unioncamere.it

www.wikipedia.org

www.youtube.com

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