fanzine nja

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Carichi di emozioni indimenticabili che il viaggio, dalla Puglia a Milano, ci ha regalato, arriviamo finalmen- te nel quartiere dove Dax ha vissuto. Incontriamo e salutiamo alcuni compagni e crew che non vedevamo da diverso tempo, scambiando qualche risata e captando già elettricità nell'aria, in vista della giornata che avremmo trascorso. Poco dopo il nostro arrivo, infatti, dei compagni mila- nesi, impegnati nell'affiggere una targhetta dedicata a Dax con scritto "Dax è vivo", strappano un applauso spontaneo a tutti coloro che erano presenti in quel momento. I primi brividi, lungo la schiena. Dopo qualche ora di attesa, ci dirigiamo verso il punto di ritrovo e poco dopo, formatosi il corteo, carico e compatto, inizia- mo il percorso con a capo lo spezzone de “i movimenti di lotta per la casa” dei ragazzi milanesi e con quello “Skinhead Antifa” a chiudere. Continua ad aggiungersi gente al corteo, l'aria profuma già di rivolta, quel fottuto elicottero che ci martella le orecchie, i primi cori per Davide, la musica, i bonghi che suonano ad unisono… il blocco, il nero composto da “banditi”, ha preso già forma davanti all'ultimo spezzone; la manifestazione è iniziata, procede tutto così veloce- mente... Eccoci nella prima via, già un attacco contro la polizia che, in inferiorità numerica, difende il commissariato dove i compagni di Dax, quella notte, cercarono, SENZA ALCUNA RISPOSTA, notizie del loro amico. Si difendono grazie ad una rete metallica, proteggendosi da quelle pietre, bottiglie e bombe carta che arrivano da ogni parte. Sapevano che prima o poi avrebbero dovuto pagare, anche solo a livello simbo- DA OGNI LUOGO PER TE 4 4

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Fanzine DBB Crew

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Page 1: Fanzine Nja

Carichi di emozioni indimenticabili che il viaggio, dalla Puglia a Milano, ci ha regalato, arriviamo finalmen-te nel quartiere dove Dax ha vissuto. Incontriamo e salutiamo alcuni compagni e crew che non vedevamo da diverso tempo, scambiando qualche risata e captando già elettricità nell'aria, in vista della giornata che avremmo trascorso. Poco dopo il nostro arrivo, infatti, dei compagni mila-nesi, impegnati nell'affiggere una targhetta dedicata a Dax con

scritto "Dax è vivo", strappano un applauso spontaneo a tutti coloro che erano presenti in quel momento. I primi brividi, lungo la schiena. Dopo qualche ora di attesa, ci dirigiamo verso il punto di ritrovo e poco dopo, formatosi il corteo, carico e compatto, inizia-mo il percorso con a capo lo spezzone de “i movimenti di lotta per la casa” dei ragazzi milanesi e con quello “Skinhead Antifa” a chiudere. Continua ad aggiungersi gente al corteo, l'aria profuma già di rivolta, quel fottuto elicottero che ci martella le orecchie, i primi cori per Davide, la musica, i bonghi che suonano ad unisono… il blocco, il nero composto da “banditi”, ha preso già forma davanti all'ultimo spezzone; la manifestazione è iniziata, procede tutto così veloce-mente... Eccoci nella prima via, già un attacco contro la polizia che, in inferiorità numerica, difende il commissariato dove i compagni di Dax, quella notte, cercarono, SENZA ALCUNA RISPOSTA, notizie del loro amico. Si difendono grazie ad una rete metallica, proteggendosi da quelle pietre, bottiglie e bombe carta che arrivano da ogni parte. Sapevano che prima o poi avrebbero dovuto pagare, anche solo a livello simbo-

DA OGNI LUOGO PER TE

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lico, il flagello causato quella notte di dieci anni fa. Sapevano che non sarebbero stati recapitati dei fiori, quel pomeriggio. Si difendono come meglio possono: lacrimogeni. Il corteo, “costretto” a divergere altrove, riprende il percorso stabi-lito; gli animi sono già in escande-scenza, Qualcuno cerca vendetta: Dax, quella dannata notte, morì due volte. Tutto ciò che i milanesi e l’italia intera, presente quel pome-riggio, vogliono è vendetta. Non si può parlare più di giustizia, in un paese dove fasci e polizia si distin-guono solo per l’uso o meno di una divisa blu. Dove muoiono ragazzi per ragioni improponibili, per mano di ciò che qualcuno chiamo Stato. Quell’organo meschino che paga degli sbirri affinchè difendano gli stessi fascisti in causa per un omicidio. Questi erano i pensieri che giravano tra i manifestanti quel giorno, mentre un ufficio militare veniva mangiato dalle

fiamme, mentre le banche perde-vano del loro aspetto composto, mentre le telecamere improvvisa-mente riprendevano vernice, mentre i muri di quelle vie, già testimoni di quella giornata, diven-tavano tela per scritte in memoria di Dax. Un’aggregazione che ha visto da ogni città d'Italia, da ogni luogo e da ogni dove, unità nel ricordare quel compagno che ha trasmesso nel cuore di tanti, sia in chi non lo conosceva ma soprat-tutto in chi gli era sempre accanto, il dovere dell'antifascismo, l’opporsi a questo sistema ormai malato, di cui solo noi potremmo esserne la cura, memori di un sacrificio che non sarà mai vano.

"Dax è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai"Ecco cosa si urlava a squarciagola in quel corteo dedicato a te.

10 ANNI SENZA DI TE, 10 ANNI CON TE. DAX ODIA ANCORA!

Page 2: Fanzine Nja

Carichi di emozioni indimenticabili che il viaggio, dalla Puglia a Milano, ci ha regalato, arriviamo finalmen-te nel quartiere dove Dax ha vissuto. Incontriamo e salutiamo alcuni compagni e crew che non vedevamo da diverso tempo, scambiando qualche risata e captando già elettricità nell'aria, in vista della giornata che avremmo trascorso. Poco dopo il nostro arrivo, infatti, dei compagni mila-nesi, impegnati nell'affiggere una targhetta dedicata a Dax con

scritto "Dax è vivo", strappano un applauso spontaneo a tutti coloro che erano presenti in quel momento. I primi brividi, lungo la schiena. Dopo qualche ora di attesa, ci dirigiamo verso il punto di ritrovo e poco dopo, formatosi il corteo, carico e compatto, inizia-mo il percorso con a capo lo spezzone de “i movimenti di lotta per la casa” dei ragazzi milanesi e con quello “Skinhead Antifa” a chiudere. Continua ad aggiungersi gente al corteo, l'aria profuma già di rivolta, quel fottuto elicottero che ci martella le orecchie, i primi cori per Davide, la musica, i bonghi che suonano ad unisono… il blocco, il nero composto da “banditi”, ha preso già forma davanti all'ultimo spezzone; la manifestazione è iniziata, procede tutto così veloce-mente... Eccoci nella prima via, già un attacco contro la polizia che, in inferiorità numerica, difende il commissariato dove i compagni di Dax, quella notte, cercarono, SENZA ALCUNA RISPOSTA, notizie del loro amico. Si difendono grazie ad una rete metallica, proteggendosi da quelle pietre, bottiglie e bombe carta che arrivano da ogni parte. Sapevano che prima o poi avrebbero dovuto pagare, anche solo a livello simbo-

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lico, il flagello causato quella notte di dieci anni fa. Sapevano che non sarebbero stati recapitati dei fiori, quel pomeriggio. Si difendono come meglio possono: lacrimogeni. Il corteo, “costretto” a divergere altrove, riprende il percorso stabi-lito; gli animi sono già in escande-scenza, Qualcuno cerca vendetta: Dax, quella dannata notte, morì due volte. Tutto ciò che i milanesi e l’italia intera, presente quel pome-riggio, vogliono è vendetta. Non si può parlare più di giustizia, in un paese dove fasci e polizia si distin-guono solo per l’uso o meno di una divisa blu. Dove muoiono ragazzi per ragioni improponibili, per mano di ciò che qualcuno chiamo Stato. Quell’organo meschino che paga degli sbirri affinchè difendano gli stessi fascisti in causa per un omicidio. Questi erano i pensieri che giravano tra i manifestanti quel giorno, mentre un ufficio militare veniva mangiato dalle

fiamme, mentre le banche perde-vano del loro aspetto composto, mentre le telecamere improvvisa-mente riprendevano vernice, mentre i muri di quelle vie, già testimoni di quella giornata, diven-tavano tela per scritte in memoria di Dax. Un’aggregazione che ha visto da ogni città d'Italia, da ogni luogo e da ogni dove, unità nel ricordare quel compagno che ha trasmesso nel cuore di tanti, sia in chi non lo conosceva ma soprat-tutto in chi gli era sempre accanto, il dovere dell'antifascismo, l’opporsi a questo sistema ormai malato, di cui solo noi potremmo esserne la cura, memori di un sacrificio che non sarà mai vano.

"Dax è vivo e lotta insieme a noi, le nostre idee non moriranno mai"Ecco cosa si urlava a squarciagola in quel corteo dedicato a te.

10 ANNI SENZA DI TE, 10 ANNI CON TE. DAX ODIA ANCORA!

... calda o fredda andrà servita

Page 3: Fanzine Nja

... Senza essere noiosi.

Dopo averci martoriato i “cosid-detti” con termini mai sentiti prima, come lo Spread, l'Imu e Tares, siamo arrivati ad un perio-do di tregua mediatica.Sarà dovuto alla stabilizzazione del governo Renzi, ma quasi nessun giornale o tv parla di economia così assiduamente come l'anno scorso.Intanto, crisi o non crisi, la gente spende e spande spesso com-prando cose futili di cui si potreb-be fare a meno.

Fin qui nulla di nuovo, ma la cosa più divertentemente assurda è che a lamentarsi non sono solo le famiglie con un basso stipendio, bensì gli stessi spendaccioni che pur comprando il terzo yacht privato non sono felici e puntano a comprare il quarto.

Lamentarsi della crisi non è più un diritto ma una routine. Quante volte abbiamo sentito dire dal panettiere o dal fruttivendolo "Eeeh con ‘sta crisi non si può piùmangiare"? Oppure "fammi lo scontrino se no la crisi non finisce."?Tutti luoghi comuni preimpostati

per terrorizzarci. Ma, vedendo a fondo della questione, per man-giare basterebbe una capatina per le campagne a cercare dell'ottima frutta di stagione o semplicemente basterebbe chiedere al vicino di casa o a chi ti vuole bene, di offrire ospitalità.

Le banconote, gli scontrini restano solo dei fogli di carta e in quanto talihanno un bassissimo valore morale. Valore che possiamo ritrovare nella generosità e nel voler rendersi utile riscoprendo quell'umanità che il profitto ci ha fatto dimenticare.

FINESTRA SULL’ECONOMIA

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Alcuni di voi avranno già provato con le proprie mani a seguire ricette su come autoprodurre vari tipi di prodotti. Con l’autoproduzione è possibile sosti-tuire la maggior parte degli ingre-dienti tossici per la salute, (usati nei prodotti venduti sia nei piccoli negozi che nei grandi centri com-merciali) con ingredienti naturali privi di sostanze nocive.

Potrete notare, se avete un comune detersivo, nella tabella degli ingredienti, una serie di nomi di cui potreste non conoscere il significato, ma informandovi avreste le risposte per iniziare a cambiare le normali abitudini. Da non tralasciare, inoltre, i test compiuti su animali per valutare il

grado di tossicità di questi ingre-dienti che tuttavia rimangono ugualmente molto dannosi per ogni essere vivente (che sia uomo, animale o pianta).

Tornando a come sostituire questi ingredienti, rilasciamo un esempio per autoprodurre il detersivo liquido per piatti: basta prendere un limone, tagliarlo a pezzi -togliendo i semi ma lasciando la buccia- frullarlo con mezzo bicchiere d’acqua e un cucchiaino di sale. Ottenuto così un compo-sto omogeneo, aggiungete 400 ml di acqua e 100 ml di aceto di vino bianco. Versate il liquido ottenuto in una pentola e lasciatelo sobbol-lire per 10 minuti a fuoco lento; infine potete usarlo per lavare piatti e quant’altro.

Nell’impegnarsi a realizzare anche altri prodotti, si ha sia una soddi-sfazione personale, che quella di aver boicottato l’acquisto e il consumo di prodotti nocivi non solo per la propria salute, ma anche per quella di animali inno-centi e della stessa Terra, che assorbe ogni giorno da milioni di scarichi fognari tonnellate di acqua contaminata, la quale dovrebbe essere invece depurata e rilasciata nelle falde acquifere.

Autoprodurre significa dunque realizzare prodotti di cui hai biso-gno senza “invischiarsi” di sostanze eticamente e concretamente dannose; insomma, diventa una vera e propria filosofia di vita che potrebbe rivoluzionare la globalità stessa, escludendo qualsiasi marchio multinazionale da cui siamo sommersi ormai da decen-ni, approcciandoci così a un vec-chio ma ottimo metodo che tutti conosciamo, ma che, nella società in cui siamo costretti a vivere, non c’è la possibilità di utilizzare: il BARATTO.

Sembrerebbe complicato da realizzare, ma in realtà non lo è; esistono, di fatto, i cosiddetti gruppi d’acquisto, vale a dire insiemi di persone che autoprodu-cono qualcosa, creando tra di loro una rete di scambio “sociale” dei vari prodotti, aborrendo l’utilizzo del denaro come metodo di compravendita; così si dà un valore al prodotto stesso in modo tale da avere ciò che al comprato-re serve ripagando il fornitore con

il proprio prodotto, avendo come risultato un prodotto realizzato naturalmente, senza sostanze nocive per l’uomo, per l’animale e per la natura stessa.

È molto importante contrastare il mercato multinazionale che am-malia il consumatore con pubblici-tà e strategie di marketing per acquistare i loro prodotti pur essendo dannosi. Certo, non si può eliminare definitivamente l’utilizzo del denaro, ma col metodo del baratto si può in buona parte limitarlo.

Concludendo, se ancora non avetei “familiarizzato” con le autoproduzioni, questo articolo potrebbe essere un incipit per farlo, così da poteri capire meglio cosa significhi; se invece lo fai già, espandi questa idea che sta pian piano coinvolgendo molte persone e magari ci ritroveremo, un giorno, a barattare i nostri prodotti eco-sostenibili, dietro ai quali si cela anche un grande lavoro autonomo e/o collaborativo.

Page 4: Fanzine Nja

AUTOPRODUZIONE

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Alcuni di voi avranno già provato con le proprie mani a seguire ricette su come autoprodurre vari tipi di prodotti. Con l’autoproduzione è possibile sosti-tuire la maggior parte degli ingre-dienti tossici per la salute, (usati nei prodotti venduti sia nei piccoli negozi che nei grandi centri com-merciali) con ingredienti naturali privi di sostanze nocive.

Potrete notare, se avete un comune detersivo, nella tabella degli ingredienti, una serie di nomi di cui potreste non conoscere il significato, ma informandovi avreste le risposte per iniziare a cambiare le normali abitudini. Da non tralasciare, inoltre, i test compiuti su animali per valutare il

grado di tossicità di questi ingre-dienti che tuttavia rimangono ugualmente molto dannosi per ogni essere vivente (che sia uomo, animale o pianta).

Tornando a come sostituire questi ingredienti, rilasciamo un esempio per autoprodurre il detersivo liquido per piatti: basta prendere un limone, tagliarlo a pezzi -togliendo i semi ma lasciando la buccia- frullarlo con mezzo bicchiere d’acqua e un cucchiaino di sale. Ottenuto così un compo-sto omogeneo, aggiungete 400 ml di acqua e 100 ml di aceto di vino bianco. Versate il liquido ottenuto in una pentola e lasciatelo sobbol-lire per 10 minuti a fuoco lento; infine potete usarlo per lavare piatti e quant’altro.

Nell’impegnarsi a realizzare anche altri prodotti, si ha sia una soddi-sfazione personale, che quella di aver boicottato l’acquisto e il consumo di prodotti nocivi non solo per la propria salute, ma anche per quella di animali inno-centi e della stessa Terra, che assorbe ogni giorno da milioni di scarichi fognari tonnellate di acqua contaminata, la quale dovrebbe essere invece depurata e rilasciata nelle falde acquifere.

Autoprodurre significa dunque realizzare prodotti di cui hai biso-gno senza “invischiarsi” di sostanze eticamente e concretamente dannose; insomma, diventa una vera e propria filosofia di vita che potrebbe rivoluzionare la globalità stessa, escludendo qualsiasi marchio multinazionale da cui siamo sommersi ormai da decen-ni, approcciandoci così a un vec-chio ma ottimo metodo che tutti conosciamo, ma che, nella società in cui siamo costretti a vivere, non c’è la possibilità di utilizzare: il BARATTO.

Sembrerebbe complicato da realizzare, ma in realtà non lo è; esistono, di fatto, i cosiddetti gruppi d’acquisto, vale a dire insiemi di persone che autoprodu-cono qualcosa, creando tra di loro una rete di scambio “sociale” dei vari prodotti, aborrendo l’utilizzo del denaro come metodo di compravendita; così si dà un valore al prodotto stesso in modo tale da avere ciò che al comprato-re serve ripagando il fornitore con

il proprio prodotto, avendo come risultato un prodotto realizzato naturalmente, senza sostanze nocive per l’uomo, per l’animale e per la natura stessa.

È molto importante contrastare il mercato multinazionale che am-malia il consumatore con pubblici-tà e strategie di marketing per acquistare i loro prodotti pur essendo dannosi. Certo, non si può eliminare definitivamente l’utilizzo del denaro, ma col metodo del baratto si può in buona parte limitarlo.

Concludendo, se ancora non avetei “familiarizzato” con le autoproduzioni, questo articolo potrebbe essere un incipit per farlo, così da poteri capire meglio cosa significhi; se invece lo fai già, espandi questa idea che sta pian piano coinvolgendo molte persone e magari ci ritroveremo, un giorno, a barattare i nostri prodotti eco-sostenibili, dietro ai quali si cela anche un grande lavoro autonomo e/o collaborativo.

Page 5: Fanzine Nja

Alcuni di voi avranno già provato con le proprie mani a seguire ricette su come autoprodurre vari tipi di prodotti. Con l’autoproduzione è possibile sosti-tuire la maggior parte degli ingre-dienti tossici per la salute, (usati nei prodotti venduti sia nei piccoli negozi che nei grandi centri com-merciali) con ingredienti naturali privi di sostanze nocive.

Potrete notare, se avete un comune detersivo, nella tabella degli ingredienti, una serie di nomi di cui potreste non conoscere il significato, ma informandovi avreste le risposte per iniziare a cambiare le normali abitudini. Da non tralasciare, inoltre, i test compiuti su animali per valutare il

grado di tossicità di questi ingre-dienti che tuttavia rimangono ugualmente molto dannosi per ogni essere vivente (che sia uomo, animale o pianta).

Tornando a come sostituire questi ingredienti, rilasciamo un esempio per autoprodurre il detersivo liquido per piatti: basta prendere un limone, tagliarlo a pezzi -togliendo i semi ma lasciando la buccia- frullarlo con mezzo bicchiere d’acqua e un cucchiaino di sale. Ottenuto così un compo-sto omogeneo, aggiungete 400 ml di acqua e 100 ml di aceto di vino bianco. Versate il liquido ottenuto in una pentola e lasciatelo sobbol-lire per 10 minuti a fuoco lento; infine potete usarlo per lavare piatti e quant’altro.

Nell’impegnarsi a realizzare anche altri prodotti, si ha sia una soddi-sfazione personale, che quella di aver boicottato l’acquisto e il consumo di prodotti nocivi non solo per la propria salute, ma anche per quella di animali inno-centi e della stessa Terra, che assorbe ogni giorno da milioni di scarichi fognari tonnellate di acqua contaminata, la quale dovrebbe essere invece depurata e rilasciata nelle falde acquifere.

Autoprodurre significa dunque realizzare prodotti di cui hai biso-gno senza “invischiarsi” di sostanze eticamente e concretamente dannose; insomma, diventa una vera e propria filosofia di vita che potrebbe rivoluzionare la globalità stessa, escludendo qualsiasi marchio multinazionale da cui siamo sommersi ormai da decen-ni, approcciandoci così a un vec-chio ma ottimo metodo che tutti conosciamo, ma che, nella società in cui siamo costretti a vivere, non c’è la possibilità di utilizzare: il BARATTO.

Sembrerebbe complicato da realizzare, ma in realtà non lo è; esistono, di fatto, i cosiddetti gruppi d’acquisto, vale a dire insiemi di persone che autoprodu-cono qualcosa, creando tra di loro una rete di scambio “sociale” dei vari prodotti, aborrendo l’utilizzo del denaro come metodo di compravendita; così si dà un valore al prodotto stesso in modo tale da avere ciò che al comprato-re serve ripagando il fornitore con

il proprio prodotto, avendo come risultato un prodotto realizzato naturalmente, senza sostanze nocive per l’uomo, per l’animale e per la natura stessa.

È molto importante contrastare il mercato multinazionale che am-malia il consumatore con pubblici-tà e strategie di marketing per acquistare i loro prodotti pur essendo dannosi. Certo, non si può eliminare definitivamente l’utilizzo del denaro, ma col metodo del baratto si può in buona parte limitarlo.

Concludendo, se ancora non avetei “familiarizzato” con le autoproduzioni, questo articolo potrebbe essere un incipit per farlo, così da poteri capire meglio cosa significhi; se invece lo fai già, espandi questa idea che sta pian piano coinvolgendo molte persone e magari ci ritroveremo, un giorno, a barattare i nostri prodotti eco-sostenibili, dietro ai quali si cela anche un grande lavoro autonomo e/o collaborativo.

D.I.Y OR DIE!

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Page 6: Fanzine Nja

Alcuni di voi avranno già provato con le proprie mani a seguire ricette su come autoprodurre vari tipi di prodotti. Con l’autoproduzione è possibile sosti-tuire la maggior parte degli ingre-dienti tossici per la salute, (usati nei prodotti venduti sia nei piccoli negozi che nei grandi centri com-merciali) con ingredienti naturali privi di sostanze nocive.

Potrete notare, se avete un comune detersivo, nella tabella degli ingredienti, una serie di nomi di cui potreste non conoscere il significato, ma informandovi avreste le risposte per iniziare a cambiare le normali abitudini. Da non tralasciare, inoltre, i test compiuti su animali per valutare il

grado di tossicità di questi ingre-dienti che tuttavia rimangono ugualmente molto dannosi per ogni essere vivente (che sia uomo, animale o pianta).

Tornando a come sostituire questi ingredienti, rilasciamo un esempio per autoprodurre il detersivo liquido per piatti: basta prendere un limone, tagliarlo a pezzi -togliendo i semi ma lasciando la buccia- frullarlo con mezzo bicchiere d’acqua e un cucchiaino di sale. Ottenuto così un compo-sto omogeneo, aggiungete 400 ml di acqua e 100 ml di aceto di vino bianco. Versate il liquido ottenuto in una pentola e lasciatelo sobbol-lire per 10 minuti a fuoco lento; infine potete usarlo per lavare piatti e quant’altro.

Nell’impegnarsi a realizzare anche altri prodotti, si ha sia una soddi-sfazione personale, che quella di aver boicottato l’acquisto e il consumo di prodotti nocivi non solo per la propria salute, ma anche per quella di animali inno-centi e della stessa Terra, che assorbe ogni giorno da milioni di scarichi fognari tonnellate di acqua contaminata, la quale dovrebbe essere invece depurata e rilasciata nelle falde acquifere.

MALASANITÁ

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ENDOMETRIOSI: una malattia sempre più comune e sempre meno riconosciuta.

Intervista ad una compagna in fase di guarigione da questa malattia, solo per aver agito in modo opposto a quello che le consigliavano i mediciUno dei problemi più comuni nella società d’oggi è la così detta malasanità.

In questo articolo, la Crew, eviterà di presentare al lettore il solito articolo che si potrebbe trovare su internet o su riviste riguardanti la sanità italiana.Punteremo principalmente ad un esperienza che viene “dalla strada”, di cui cerchiamo di essere sempre i principali testimoni. L’esperienza di una ragazza la cui malattia sta regredendo grazie al suo documentarsi in proprio, tralasciando tutte le prescrizioni mediche (errate, oltre che nocive) ricevute negli anni.Per questo abbiamo deciso di intervistare questa persona che rimarrà anonima, ma con cui abbiamo scritto e corretto questo articolo e che per ciò ringraziamo.

Ciao, conoscendo personalmente

la tua storia, ho sentito il dovere morale di chiederti questa intervi-sta a nome della Crew per ripor-tare agli occhi di tutti un esperien-za di vita non facile.Per quanti anni sei stata affetta da Endometriosi?

La malattia mi è stata diagnosti-cata 5 anni fa, ma i primi i sintomi li ho riscontrati ben 10 anni fa

Quando hai capito che finalmente stavi iniziando a guarire?

I primi accenni, fisici e psicologici, di una guarigione, li ho percepiti da circa 1 anno e 6 mesi, a seguito dell’inizio di un’alimentazione unicamente vegana

In cosa ti ha fatto soffrire di più, portare “in grembo” questa ma-lattia? Nella tua vita sociale o in quella privata e quindi intima?

Quando diagnosticano una malat-tia del genere, la prima reazione di una donna è la preoccupazione di non poter avere figli, compromet-tendo inoltre la propria femminili-tà, in quanto, nella maggior parte dei casi più gravi, procedono con l’asportazione dell’utero. Nella vita sociale il disagio maggiore è dato dalla paura di non essere compre-

Autoprodurre significa dunque realizzare prodotti di cui hai biso-gno senza “invischiarsi” di sostanze eticamente e concretamente dannose; insomma, diventa una vera e propria filosofia di vita che potrebbe rivoluzionare la globalità stessa, escludendo qualsiasi marchio multinazionale da cui siamo sommersi ormai da decen-ni, approcciandoci così a un vec-chio ma ottimo metodo che tutti conosciamo, ma che, nella società in cui siamo costretti a vivere, non c’è la possibilità di utilizzare: il BARATTO.

Sembrerebbe complicato da realizzare, ma in realtà non lo è; esistono, di fatto, i cosiddetti gruppi d’acquisto, vale a dire insiemi di persone che autoprodu-cono qualcosa, creando tra di loro una rete di scambio “sociale” dei vari prodotti, aborrendo l’utilizzo del denaro come metodo di compravendita; così si dà un valore al prodotto stesso in modo tale da avere ciò che al comprato-re serve ripagando il fornitore con

il proprio prodotto, avendo come risultato un prodotto realizzato naturalmente, senza sostanze nocive per l’uomo, per l’animale e per la natura stessa.

È molto importante contrastare il mercato multinazionale che am-malia il consumatore con pubblici-tà e strategie di marketing per acquistare i loro prodotti pur essendo dannosi. Certo, non si può eliminare definitivamente l’utilizzo del denaro, ma col metodo del baratto si può in buona parte limitarlo.

Concludendo, se ancora non avetei “familiarizzato” con le autoproduzioni, questo articolo potrebbe essere un incipit per farlo, così da poteri capire meglio cosa significhi; se invece lo fai già, espandi questa idea che sta pian piano coinvolgendo molte persone e magari ci ritroveremo, un giorno, a barattare i nostri prodotti eco-sostenibili, dietro ai quali si cela anche un grande lavoro autonomo e/o collaborativo.

Page 7: Fanzine Nja

Qualche ultima parola a chi dovesse leggere questo articolo e fosse affetto dallo stesso male..

Non smettete di informarvi e di cercare medici competenti che vi dicano la realtà delle cose ma soprattutto come affrontare tutto ciò! É una malattia che abbatte molto, dà tanti sconforti, ma non smettete di essere ottimisti! Sfidate questa malattia in modo più consapevole, non buttate troppi soldi in medicine, ginecologi e ospedali! Provate altro e arrive-rete ad una soluzione. Vi invito ad informarvi sull’alimentazione vegana, ma sappiate che sarà solo la vostra forza d’animo a farvi guarire!

Grazie alla DBB per aver dato spazio a questo richiamo, rivolto a tutte le donne.

tsa da nessuno. Un disagio conti-nuo dato da improvvisi dolori, fitte, crampi, cambiamenti d’umore, che magari, durante una serata tra amici, è imbarazzante dover giustificare: il pensiero di tutti si rifà ad un semplice ciclo di mestruazioni, ma in realtà, nel frattempo, mi sono rovinata la serata. Qualsiasi serata per meglio dire, prima di aver avuto miglioramenti.. un inferno dunque!

Si parla tanto di malasanità. Noi, compresa te, antagonisti di questa società dove comandano le case farmaceutiche, come già detto, troviamo altri modi per

curarci realmente. Se dovessi raccontare di un aneddoto di malasanità…?

Quando ho saputo che ciò che dovevo portarmi dietro “a vita”, fosse una malattia genetica. Qui ho avuto la prima, di una lunga serie di conferme, che la sanità è marcia e corrotta: studiando il mio l’albero genealogico e notando che nessuna delle donne della mia famiglia fosse stata affetta da malattie del genere, ho subito compreso che qualcosa non stesse funzionando. Una volta riportata la notizia agli stessi medici, hanno abbinato la malattia

Endometriosi

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a cause derivanti dall’inquinamento, dalle plastiche, dagli OGM, ecc... Da qui capii che la soluzione reale sarebbe stata quella di informarmi da sola, aiutandomi con lo strumento più forte del millennio, il web, trovando diete di cui la più consigliata era quella vegana. In seguito altri medici, probabilmente più onesti, mi han dato ragione sul non mangiare carne e derivati. Nono-stante ciò, prima e dopo l’ultima operazione all’utero, volevano somministrarmi dei menù onnivori, che ho rifiutato in primis, richie-dendo solo menù vegani, per fortuna ottenuti. Dunque mi chiedo: quindi sanno che fa male mangiare in modo onnivoro? Perché non dicono a chi è affetto da endometriosi, di intraprendere solo diete vegane? La ciliegina sulla torta, bensì, è un'altra. Lo stato continua, dopo tantissimi anni dal riconoscimento scientifico di questa malattia, a non ricono-scerla a livello legale e quindi non recapitando nessun fondo ad aiuto delle spese per le cure dei malati. Questo è il sistema in cui viviamo: ci fanno ammalare, non ci curano e solo sei scaltro o fortu-nato sopravvivi, ma solo grazie a te stesso!

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Intervista a una compagna

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Qualche ultima parola a chi dovesse leggere questo articolo e fosse affetto dallo stesso male..

Non smettete di informarvi e di cercare medici competenti che vi dicano la realtà delle cose ma soprattutto come affrontare tutto ciò! É una malattia che abbatte molto, dà tanti sconforti, ma non smettete di essere ottimisti! Sfidate questa malattia in modo più consapevole, non buttate troppi soldi in medicine, ginecologi e ospedali! Provate altro e arrive-rete ad una soluzione. Vi invito ad informarvi sull’alimentazione vegana, ma sappiate che sarà solo la vostra forza d’animo a farvi guarire!

Grazie alla DBB per aver dato spazio a questo richiamo, rivolto a tutte le donne.

tsa da nessuno. Un disagio conti-nuo dato da improvvisi dolori, fitte, crampi, cambiamenti d’umore, che magari, durante una serata tra amici, è imbarazzante dover giustificare: il pensiero di tutti si rifà ad un semplice ciclo di mestruazioni, ma in realtà, nel frattempo, mi sono rovinata la serata. Qualsiasi serata per meglio dire, prima di aver avuto miglioramenti.. un inferno dunque!

Si parla tanto di malasanità. Noi, compresa te, antagonisti di questa società dove comandano le case farmaceutiche, come già detto, troviamo altri modi per

curarci realmente. Se dovessi raccontare di un aneddoto di malasanità…?

Quando ho saputo che ciò che dovevo portarmi dietro “a vita”, fosse una malattia genetica. Qui ho avuto la prima, di una lunga serie di conferme, che la sanità è marcia e corrotta: studiando il mio l’albero genealogico e notando che nessuna delle donne della mia famiglia fosse stata affetta da malattie del genere, ho subito compreso che qualcosa non stesse funzionando. Una volta riportata la notizia agli stessi medici, hanno abbinato la malattia

a cause derivanti dall’inquinamento, dalle plastiche, dagli OGM, ecc... Da qui capii che la soluzione reale sarebbe stata quella di informarmi da sola, aiutandomi con lo strumento più forte del millennio, il web, trovando diete di cui la più consigliata era quella vegana. In seguito altri medici, probabilmente più onesti, mi han dato ragione sul non mangiare carne e derivati. Nono-stante ciò, prima e dopo l’ultima operazione all’utero, volevano somministrarmi dei menù onnivori, che ho rifiutato in primis, richie-dendo solo menù vegani, per fortuna ottenuti. Dunque mi chiedo: quindi sanno che fa male mangiare in modo onnivoro? Perché non dicono a chi è affetto da endometriosi, di intraprendere solo diete vegane? La ciliegina sulla torta, bensì, è un'altra. Lo stato continua, dopo tantissimi anni dal riconoscimento scientifico di questa malattia, a non ricono-scerla a livello legale e quindi non recapitando nessun fondo ad aiuto delle spese per le cure dei malati. Questo è il sistema in cui viviamo: ci fanno ammalare, non ci curano e solo sei scaltro o fortu-nato sopravvivi, ma solo grazie a te stesso!

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"Nella gabbia un leone non può nemmeno girarsi.Tutte le bestie, senza eccezione, tremano per il freddo 6 mesi all'anno.Le foche vivono quasi sempre senz'acqua, e per le giraffe non esistono carri abbastanza alti.D'inverno le bestie non hanno quasi mai paglia a sufficienza e restano prigioniere del ghiaccio, che ogni mattina dev'essere rimosso. Durante i trasporti gli animali si riempono di piaghe procurate dalle catene e dalla sporcizia"

EGRNAR OSTERBERG (vissuto per 30 anni nei circhi)

Il circo, nella sua accezionepiù moderna, fece la sua prima com-parsa a partire dalla fine del VIII secolo, sebbene le sue forme più antiche abbiano un collocamento temporale ben più remoto.

L'affascinante attrattiva del circo, che entusiasma adulti e sorpren-de i bambini, nasconde però molti fattori discutibili.Di fatto, gli spettacoli circensi con animali si configuranocome la forma più ancestrale di sfrutta-mento animale, dove grattezza e violenza umane trovani ampio spazio. Alla base di questi spetta-coli (come anche nel caso dello

zoo) c'è l'idea (così radicata ma così profondamente sbagliata) che l'uomo sia talmente "intelligen-te" da sentirsi in diritto di domina-re su un'altra specie, che sia l'uomo più debole o che sia, come in questo caso, l'animale.

Vittime di questa distorsione mentale sono per lo più gli animali esotici, ma anche cani, gatti e cavalli. Animali esotici come tigri, babbuini, pantere, orsi polari, pinguini, ecc.. non sono in alcun modo addomesticabili, pertanto si ricorre all'addestramento, vale a dire alla sottomissione crudele e violenta. Ma la sofferenza di questi animali ha inizio ben prima, a partire dalla cattura, che coincide il più delle volte con il prelievo forzato dal proprio habitat, e che sottintende l'uso di metodi molto crudeli; segue poi la reclusione finalizzata al trasporto , dove lo stress a cui viene sottoposto l'animale, senza acqua nè cibo, sfocia spesso in episodi di aggres-sività, autolesionismo e morte prematura.Infine, gli animali vengono venduti ai circhi, dove ha inizio la loro lenta agonia.

I metodi di addestramento degli animali vengono incentrati sulla crudeltà e violenza.L'addestramento di una tigre prevede che questa venga legata

L’AMBIGUA ATTRATTIVA DEL CIRCO

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sono però le uniche sofferenze per questi animali, costretti a trascorrere una vita di prigionia, in piccole anguste gabbie che repri-mono ogni traccia di dignità e istinto per questi poveri animali. E tra l'altro si tratta di spettacoli diseducativi, soprattutto a livello pedagogico, perchè insegnano l'indifferenza dinanzi a tanta brutalità.insegnano che la violenza è un atteggiamento sempre lecito, specie se si tratta del dominio del più forte sul più debole.La pratica circense dovrebbe includere in realtà solo trapezisti, giocolieri, clowns e quant'altro; dovrebbe trattarsi insomma di spettacoli fatti dall'uomo per l'uomo, dove gli atisti si impegnano volontariamente in straordinarie performance sfidando i limiti umani. Esempi di circhi senza animali esistono e il loro successo è indiscutibile; basti pensare al Circ du Soleil, al Circo nazionale di Corea, al Circo acquatico Zappis o al Circo Cinese (giacchè in Cina sono illegali i circhi con animali).

E sulla base di quanto spiegato, queste incredibili manifestazioni artistiche dovrebbero ricevere sempre più consensi, proprio perchè a livello oggettivo è sba-gliato supportare ciò che cela sofferenza e crudeltà.

per le zampre con delle funi, che poi vengono tirate al fine di sten-dere il povero animale a mò di tappeto; dopo di chè partono da più uomini bastonate e frustate, che si intensificano ad ogni ruggito di protesta da parte della tigre.

L'addestramento di un orso è finalizzato a fargli alzare le zampe anteriori, assumendo così una posizione eretta del tutto innatu-rale, e ancor più brutale: si è passati all'antico metodo dei carboni ardenti , al porre due piastre arroventate (o pungoni di acciaio) in corrispondenza del punto in cui l'orso avrebbe poggia-to le zampe. Il "ballo dell'orso" non è l'unica assura performance circense; possiamo annoverare anche l'equilibrismo dell'elefante, i cui pesanti intestini premono ogni volta pericolosamente sul cuore quando si pone a testa in giù con una sola zampa anteriore.

I metodi di addestramento non

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"Nella gabbia un leone non può nemmeno girarsi.Tutte le bestie, senza eccezione, tremano per il freddo 6 mesi all'anno.Le foche vivono quasi sempre senz'acqua, e per le giraffe non esistono carri abbastanza alti.D'inverno le bestie non hanno quasi mai paglia a sufficienza e restano prigioniere del ghiaccio, che ogni mattina dev'essere rimosso. Durante i trasporti gli animali si riempono di piaghe procurate dalle catene e dalla sporcizia"

EGRNAR OSTERBERG (vissuto per 30 anni nei circhi)

Il circo, nella sua accezionepiù moderna, fece la sua prima com-parsa a partire dalla fine del VIII secolo, sebbene le sue forme più antiche abbiano un collocamento temporale ben più remoto.

L'affascinante attrattiva del circo, che entusiasma adulti e sorpren-de i bambini, nasconde però molti fattori discutibili.Di fatto, gli spettacoli circensi con animali si configuranocome la forma più ancestrale di sfrutta-mento animale, dove grattezza e violenza umane trovani ampio spazio. Alla base di questi spetta-coli (come anche nel caso dello

zoo) c'è l'idea (così radicata ma così profondamente sbagliata) che l'uomo sia talmente "intelligen-te" da sentirsi in diritto di domina-re su un'altra specie, che sia l'uomo più debole o che sia, come in questo caso, l'animale.

Vittime di questa distorsione mentale sono per lo più gli animali esotici, ma anche cani, gatti e cavalli. Animali esotici come tigri, babbuini, pantere, orsi polari, pinguini, ecc.. non sono in alcun modo addomesticabili, pertanto si ricorre all'addestramento, vale a dire alla sottomissione crudele e violenta. Ma la sofferenza di questi animali ha inizio ben prima, a partire dalla cattura, che coincide il più delle volte con il prelievo forzato dal proprio habitat, e che sottintende l'uso di metodi molto crudeli; segue poi la reclusione finalizzata al trasporto , dove lo stress a cui viene sottoposto l'animale, senza acqua nè cibo, sfocia spesso in episodi di aggres-sività, autolesionismo e morte prematura.Infine, gli animali vengono venduti ai circhi, dove ha inizio la loro lenta agonia.

I metodi di addestramento degli animali vengono incentrati sulla crudeltà e violenza.L'addestramento di una tigre prevede che questa venga legata

Gli animali non si divertono

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sono però le uniche sofferenze per questi animali, costretti a trascorrere una vita di prigionia, in piccole anguste gabbie che repri-mono ogni traccia di dignità e istinto per questi poveri animali. E tra l'altro si tratta di spettacoli diseducativi, soprattutto a livello pedagogico, perchè insegnano l'indifferenza dinanzi a tanta brutalità.insegnano che la violenza è un atteggiamento sempre lecito, specie se si tratta del dominio del più forte sul più debole.La pratica circense dovrebbe includere in realtà solo trapezisti, giocolieri, clowns e quant'altro; dovrebbe trattarsi insomma di spettacoli fatti dall'uomo per l'uomo, dove gli atisti si impegnano volontariamente in straordinarie performance sfidando i limiti umani. Esempi di circhi senza animali esistono e il loro successo è indiscutibile; basti pensare al Circ du Soleil, al Circo nazionale di Corea, al Circo acquatico Zappis o al Circo Cinese (giacchè in Cina sono illegali i circhi con animali).

E sulla base di quanto spiegato, queste incredibili manifestazioni artistiche dovrebbero ricevere sempre più consensi, proprio perchè a livello oggettivo è sba-gliato supportare ciò che cela sofferenza e crudeltà.

per le zampre con delle funi, che poi vengono tirate al fine di sten-dere il povero animale a mò di tappeto; dopo di chè partono da più uomini bastonate e frustate, che si intensificano ad ogni ruggito di protesta da parte della tigre.

L'addestramento di un orso è finalizzato a fargli alzare le zampe anteriori, assumendo così una posizione eretta del tutto innatu-rale, e ancor più brutale: si è passati all'antico metodo dei carboni ardenti , al porre due piastre arroventate (o pungoni di acciaio) in corrispondenza del punto in cui l'orso avrebbe poggia-to le zampe. Il "ballo dell'orso" non è l'unica assura performance circense; possiamo annoverare anche l'equilibrismo dell'elefante, i cui pesanti intestini premono ogni volta pericolosamente sul cuore quando si pone a testa in giù con una sola zampa anteriore.

I metodi di addestramento non

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"Nella gabbia un leone non può nemmeno girarsi.Tutte le bestie, senza eccezione, tremano per il freddo 6 mesi all'anno.Le foche vivono quasi sempre senz'acqua, e per le giraffe non esistono carri abbastanza alti.D'inverno le bestie non hanno quasi mai paglia a sufficienza e restano prigioniere del ghiaccio, che ogni mattina dev'essere rimosso. Durante i trasporti gli animali si riempono di piaghe procurate dalle catene e dalla sporcizia"

EGRNAR OSTERBERG (vissuto per 30 anni nei circhi)

Il circo, nella sua accezionepiù moderna, fece la sua prima com-parsa a partire dalla fine del VIII secolo, sebbene le sue forme più antiche abbiano un collocamento temporale ben più remoto.

L'affascinante attrattiva del circo, che entusiasma adulti e sorpren-de i bambini, nasconde però molti fattori discutibili.Di fatto, gli spettacoli circensi con animali si configuranocome la forma più ancestrale di sfrutta-mento animale, dove grattezza e violenza umane trovani ampio spazio. Alla base di questi spetta-coli (come anche nel caso dello

zoo) c'è l'idea (così radicata ma così profondamente sbagliata) che l'uomo sia talmente "intelligen-te" da sentirsi in diritto di domina-re su un'altra specie, che sia l'uomo più debole o che sia, come in questo caso, l'animale.

Vittime di questa distorsione mentale sono per lo più gli animali esotici, ma anche cani, gatti e cavalli. Animali esotici come tigri, babbuini, pantere, orsi polari, pinguini, ecc.. non sono in alcun modo addomesticabili, pertanto si ricorre all'addestramento, vale a dire alla sottomissione crudele e violenta. Ma la sofferenza di questi animali ha inizio ben prima, a partire dalla cattura, che coincide il più delle volte con il prelievo forzato dal proprio habitat, e che sottintende l'uso di metodi molto crudeli; segue poi la reclusione finalizzata al trasporto , dove lo stress a cui viene sottoposto l'animale, senza acqua nè cibo, sfocia spesso in episodi di aggres-sività, autolesionismo e morte prematura.Infine, gli animali vengono venduti ai circhi, dove ha inizio la loro lenta agonia.

I metodi di addestramento degli animali vengono incentrati sulla crudeltà e violenza.L'addestramento di una tigre prevede che questa venga legata

Gli esseri umani costituiscono la specie vivente dotata di più intelli-genza, così dicono. Hanno inventa-to e scoperto tante cose e pos-siedono un linguaggio così com-plesso e sviluppato che sono gli unici esseri a produrre più stron-zate in assoluto.

L’essere umano, infatti, è così intelligente e di larghe vedute che vede le altre specie in tante maniere diverse. La specie anima-le, in particolare, riesce a perce-pirla in tanti modi quanti sono i comodacci propri: ora come peluche da accarezzare e cocco-lare, ora come pesi morti di cui sbarazzarsi; da salvare quando sono in via d’estinzione, da repri-mere quando sono troppi; come cibo, come vestiario, come acces-sori, come sport, come business, come surplus a una vita dedita al mostrare agli altri ciò che si pos-siede, come oggetti rari da espor-re in pubblico alla mercè di fami-gliole e comitive armate di mac-

chine fotografiche e noccioline. Qui risiede l’intelligenza umana. Nel sentirsi continuamente giudici, avvocati e carnefici, investiti dal potere di decidere per la vita degli altri. La mossa abitudinaria di un pollice in giù che condanna ogni giorno milioni di vite.

Portare le scolaresche al circo o allo zoo è addirittura istruttivo, perché è fondamentale insegnare ai bambini che, in nome delle più elevate leggi della natura, gli animali vivano in gabbia e vengano costretti a fare i pagliacci. Così come è naturale che siano il soggetto delle migliori reflex ogni giorno in un ambiente travestito da loro habitat naturale. Terrifi-cante è che la gente trovi diver-tente guardare dei delfini, delle foche e delle orche addirittura, costrette a vivere in piscine grandi quanto vasche da bagno, educate a compiere esibizioni al comando di qualche imbecille che in cambio promette cibo. Terrificante è che la gente trovi interessante guar-dare un animale sotto effetto di sedativi o dietro le sbarre, senza mai soffermarsi a guardarlo negli occhi, senza mai riuscire a sentire il desiderio scalpitante di libertà che prova. Quello stesso desiderio che ha portato, qualche tempo fa, la giraffa Marius a scappare, a

UN INFERNO CHIAMATO ZOO

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sono però le uniche sofferenze per questi animali, costretti a trascorrere una vita di prigionia, in piccole anguste gabbie che repri-mono ogni traccia di dignità e istinto per questi poveri animali. E tra l'altro si tratta di spettacoli diseducativi, soprattutto a livello pedagogico, perchè insegnano l'indifferenza dinanzi a tanta brutalità.insegnano che la violenza è un atteggiamento sempre lecito, specie se si tratta del dominio del più forte sul più debole.La pratica circense dovrebbe includere in realtà solo trapezisti, giocolieri, clowns e quant'altro; dovrebbe trattarsi insomma di spettacoli fatti dall'uomo per l'uomo, dove gli atisti si impegnano volontariamente in straordinarie performance sfidando i limiti umani. Esempi di circhi senza animali esistono e il loro successo è indiscutibile; basti pensare al Circ du Soleil, al Circo nazionale di Corea, al Circo acquatico Zappis o al Circo Cinese (giacchè in Cina sono illegali i circhi con animali).

E sulla base di quanto spiegato, queste incredibili manifestazioni artistiche dovrebbero ricevere sempre più consensi, proprio perchè a livello oggettivo è sba-gliato supportare ciò che cela sofferenza e crudeltà.

per le zampre con delle funi, che poi vengono tirate al fine di sten-dere il povero animale a mò di tappeto; dopo di chè partono da più uomini bastonate e frustate, che si intensificano ad ogni ruggito di protesta da parte della tigre.

L'addestramento di un orso è finalizzato a fargli alzare le zampe anteriori, assumendo così una posizione eretta del tutto innatu-rale, e ancor più brutale: si è passati all'antico metodo dei carboni ardenti , al porre due piastre arroventate (o pungoni di acciaio) in corrispondenza del punto in cui l'orso avrebbe poggia-to le zampe. Il "ballo dell'orso" non è l'unica assura performance circense; possiamo annoverare anche l'equilibrismo dell'elefante, i cui pesanti intestini premono ogni volta pericolosamente sul cuore quando si pone a testa in giù con una sola zampa anteriore.

I metodi di addestramento non

esistenze altrui e, in fondo, anche la nostra. Vite relegate dietro le sbarre e che implorano finte libertà tra un anello e l’altro delle catene che indossiamo come fossero gioielli. “La voglia di avere senza capire, per loro è la libertà”

Cos’è, quindi, che entusiasma così tanto l’esercito delle macchine fotografiche della domenica soleggiata? Non sicuramente la libertà delle ali, delle pinne o delle zampe. Non sicuramente la Liber-tà.

liberarsi dal dominio umano e correre per le strade di una città che ha ritenuto necessario ucci-derla e fermare quattro zampe che desideravano correre lontano dalla prigione che la teneva rinchiusa. E non è l’unico caso. Ogni anno decine di migliaia di animali presenti negli zoo vengono uccisi attraverso eutanasia per mantenere la stabilità genetica e stabilizzare la popolazione di animali cresciuti in cattività.

Ma per noi tutto questo è assolu-tamente normale. Di questo sono fatte le nostre squallide vite, di gabbie in cui costringiamo le

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"Nella gabbia un leone non può nemmeno girarsi.Tutte le bestie, senza eccezione, tremano per il freddo 6 mesi all'anno.Le foche vivono quasi sempre senz'acqua, e per le giraffe non esistono carri abbastanza alti.D'inverno le bestie non hanno quasi mai paglia a sufficienza e restano prigioniere del ghiaccio, che ogni mattina dev'essere rimosso. Durante i trasporti gli animali si riempono di piaghe procurate dalle catene e dalla sporcizia"

EGRNAR OSTERBERG (vissuto per 30 anni nei circhi)

Il circo, nella sua accezionepiù moderna, fece la sua prima com-parsa a partire dalla fine del VIII secolo, sebbene le sue forme più antiche abbiano un collocamento temporale ben più remoto.

L'affascinante attrattiva del circo, che entusiasma adulti e sorpren-de i bambini, nasconde però molti fattori discutibili.Di fatto, gli spettacoli circensi con animali si configuranocome la forma più ancestrale di sfrutta-mento animale, dove grattezza e violenza umane trovani ampio spazio. Alla base di questi spetta-coli (come anche nel caso dello

zoo) c'è l'idea (così radicata ma così profondamente sbagliata) che l'uomo sia talmente "intelligen-te" da sentirsi in diritto di domina-re su un'altra specie, che sia l'uomo più debole o che sia, come in questo caso, l'animale.

Vittime di questa distorsione mentale sono per lo più gli animali esotici, ma anche cani, gatti e cavalli. Animali esotici come tigri, babbuini, pantere, orsi polari, pinguini, ecc.. non sono in alcun modo addomesticabili, pertanto si ricorre all'addestramento, vale a dire alla sottomissione crudele e violenta. Ma la sofferenza di questi animali ha inizio ben prima, a partire dalla cattura, che coincide il più delle volte con il prelievo forzato dal proprio habitat, e che sottintende l'uso di metodi molto crudeli; segue poi la reclusione finalizzata al trasporto , dove lo stress a cui viene sottoposto l'animale, senza acqua nè cibo, sfocia spesso in episodi di aggres-sività, autolesionismo e morte prematura.Infine, gli animali vengono venduti ai circhi, dove ha inizio la loro lenta agonia.

I metodi di addestramento degli animali vengono incentrati sulla crudeltà e violenza.L'addestramento di una tigre prevede che questa venga legata

Gli esseri umani costituiscono la specie vivente dotata di più intelli-genza, così dicono. Hanno inventa-to e scoperto tante cose e pos-siedono un linguaggio così com-plesso e sviluppato che sono gli unici esseri a produrre più stron-zate in assoluto.

L’essere umano, infatti, è così intelligente e di larghe vedute che vede le altre specie in tante maniere diverse. La specie anima-le, in particolare, riesce a perce-pirla in tanti modi quanti sono i comodacci propri: ora come peluche da accarezzare e cocco-lare, ora come pesi morti di cui sbarazzarsi; da salvare quando sono in via d’estinzione, da repri-mere quando sono troppi; come cibo, come vestiario, come acces-sori, come sport, come business, come surplus a una vita dedita al mostrare agli altri ciò che si pos-siede, come oggetti rari da espor-re in pubblico alla mercè di fami-gliole e comitive armate di mac-

chine fotografiche e noccioline. Qui risiede l’intelligenza umana. Nel sentirsi continuamente giudici, avvocati e carnefici, investiti dal potere di decidere per la vita degli altri. La mossa abitudinaria di un pollice in giù che condanna ogni giorno milioni di vite.

Portare le scolaresche al circo o allo zoo è addirittura istruttivo, perché è fondamentale insegnare ai bambini che, in nome delle più elevate leggi della natura, gli animali vivano in gabbia e vengano costretti a fare i pagliacci. Così come è naturale che siano il soggetto delle migliori reflex ogni giorno in un ambiente travestito da loro habitat naturale. Terrifi-cante è che la gente trovi diver-tente guardare dei delfini, delle foche e delle orche addirittura, costrette a vivere in piscine grandi quanto vasche da bagno, educate a compiere esibizioni al comando di qualche imbecille che in cambio promette cibo. Terrificante è che la gente trovi interessante guar-dare un animale sotto effetto di sedativi o dietro le sbarre, senza mai soffermarsi a guardarlo negli occhi, senza mai riuscire a sentire il desiderio scalpitante di libertà che prova. Quello stesso desiderio che ha portato, qualche tempo fa, la giraffa Marius a scappare, a

sono però le uniche sofferenze per questi animali, costretti a trascorrere una vita di prigionia, in piccole anguste gabbie che repri-mono ogni traccia di dignità e istinto per questi poveri animali. E tra l'altro si tratta di spettacoli diseducativi, soprattutto a livello pedagogico, perchè insegnano l'indifferenza dinanzi a tanta brutalità.insegnano che la violenza è un atteggiamento sempre lecito, specie se si tratta del dominio del più forte sul più debole.La pratica circense dovrebbe includere in realtà solo trapezisti, giocolieri, clowns e quant'altro; dovrebbe trattarsi insomma di spettacoli fatti dall'uomo per l'uomo, dove gli atisti si impegnano volontariamente in straordinarie performance sfidando i limiti umani. Esempi di circhi senza animali esistono e il loro successo è indiscutibile; basti pensare al Circ du Soleil, al Circo nazionale di Corea, al Circo acquatico Zappis o al Circo Cinese (giacchè in Cina sono illegali i circhi con animali).

E sulla base di quanto spiegato, queste incredibili manifestazioni artistiche dovrebbero ricevere sempre più consensi, proprio perchè a livello oggettivo è sba-gliato supportare ciò che cela sofferenza e crudeltà.

per le zampre con delle funi, che poi vengono tirate al fine di sten-dere il povero animale a mò di tappeto; dopo di chè partono da più uomini bastonate e frustate, che si intensificano ad ogni ruggito di protesta da parte della tigre.

L'addestramento di un orso è finalizzato a fargli alzare le zampe anteriori, assumendo così una posizione eretta del tutto innatu-rale, e ancor più brutale: si è passati all'antico metodo dei carboni ardenti , al porre due piastre arroventate (o pungoni di acciaio) in corrispondenza del punto in cui l'orso avrebbe poggia-to le zampe. Il "ballo dell'orso" non è l'unica assura performance circense; possiamo annoverare anche l'equilibrismo dell'elefante, i cui pesanti intestini premono ogni volta pericolosamente sul cuore quando si pone a testa in giù con una sola zampa anteriore.

I metodi di addestramento non

Fotografate ‘sta minchia

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esistenze altrui e, in fondo, anche la nostra. Vite relegate dietro le sbarre e che implorano finte libertà tra un anello e l’altro delle catene che indossiamo come fossero gioielli. “La voglia di avere senza capire, per loro è la libertà”

Cos’è, quindi, che entusiasma così tanto l’esercito delle macchine fotografiche della domenica soleggiata? Non sicuramente la libertà delle ali, delle pinne o delle zampe. Non sicuramente la Liber-tà.

liberarsi dal dominio umano e correre per le strade di una città che ha ritenuto necessario ucci-derla e fermare quattro zampe che desideravano correre lontano dalla prigione che la teneva rinchiusa. E non è l’unico caso. Ogni anno decine di migliaia di animali presenti negli zoo vengono uccisi attraverso eutanasia per mantenere la stabilità genetica e stabilizzare la popolazione di animali cresciuti in cattività.

Ma per noi tutto questo è assolu-tamente normale. Di questo sono fatte le nostre squallide vite, di gabbie in cui costringiamo le

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preso consapevolezza. L'insosteni-bilità di un modello di sviluppo come quello capitalista, basato sullo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, sulla crescita continua, sulla ciclicità delle crisi di produzione è il collante di questo ultimo lavoro. In seguito alla globa-lizzazione, alla nascita dell'Unione Europea e all'apertura dei mercati mondiali l'essere umano è divenu-to sempre più una merce, privato di qualunque tipo di individualità a favore di un consumo sfrenato che sembra ora essere l'unica sua ragione di vita. Crediamo nella potenzialità della musica intesa come mezzo di comunicazione volto a risvegliare le coscienze e a rendere le persone consapevoli del contesto di schiavitù nel quale vivono. Cerchiamo di far passare il più possibile messaggi di tipo politico, non voglio arrivare a dire che i 5MDR siano ormai solo politica ma la maturazione che abbiamo avuto ci ha spinto sempre di più ad intraprendere questa via e a vederla come miglior modo per esprimere noi stessi, la nostra rabbia e le nostre frustrazioni.

Appena uscito il nuovo disco, “La Prospettiva del Conflitto”, avete fatto un tour in giro per l’Italia e non solo. Che impressioni avete

panorama musicale savonese e, giunti alla terza edizione, possiamo dirci soddisfatti di come è cresciu-ta la scena e dei gruppi che la popolano.

Quali sono le vostre influenze musicali?Il primo approccio che abbiamo avuto con la musica è stato il punk, chi più orientato sul punk italiano, chi più sull'hardore americano, chi più sull'oi! E' ovvio che col passare degli anni queste influenze si sono evolute e ci hanno portato a scoprire moltissimi altri generi, non so quanto senso avrebbe fare un elenco di nomi ma se devo sfor-zarmi di cercare le coordinate più ampie possibili di questa evoluzio-ne posso dire: Kina, Banda del Rione, Converge, Fluxus, Affranti, Bull Brigade, Attrito, La quiete. Aggiungendo poi tutti gli altri generi che di norma ascoltiamo ma che è più difficile ritrovare nei nostri pezzi!

Di cosa parlate nei testi delle canzoni?I testi dell'ultimo album cercano di definire una panoramica più chiara possibile della situazione attuale, del "nostro tempo", del contesto socio-politico in cui siamo cresciuti e di cui abbiamo

Ci piacerebbe riuscire a registrare uno split da fare uscire nell'anno nuovo, da settembre 2014 a gennaio 2015 ci prenderemo una pausa e non avremo modo nè di provare nè di suonare in giro, e vorremmo quindi riuscire ad iniziare l'anno nuovo con un nuovo lavoro fra le mani ( i pezzi sono già in via di composizione). Split o non split l'idea era di riuscire a suonare il più possibile nel 2015 e, con calma, iniziare a comporre i pezzi per un nuovo disco che, molto indicativamente, pensiamo di fare uscire nel 2016. Progetti a lungo termine che speriamo di mante-nere, si vedrà!

testa sempre rivolta a riprendere a suonare il più presto possibile e in più posti possibili.

Cosa fate nella vita oltre a suona-re?Siamo per 4/5 studenti, Guido lavora come restauratore, Giulio studia da ingegnere del suono a Milano, Filippo studia lettere antiche a Torino, Gabriele scienze politiche a Genova e Andrea chimica e tecnologie farmaceuti-che a Genova.

Forse è presto per parlarne, ma avete già qualche vaga idea sui progetti futuri?

Come e quando sono nati i 5MDR? Qual è il significato di questo nome?I 5MDR nascono nel 2006, la formazione originaria era compo-sta da Filippo, Gabriele, Giulio e Nicolò, dopo due anni entra Andrea come seconda chitarra e nel 2011 Guido sostituisce Nicolò alla batteria. Con questa forma-zione ci siamo stabilizzati e abbia-mo iniziato a lavorare a "La Pro-spettiva del Conflitto" che è uscito a settembre 2013, a distanza di quattro anni dal primo full lenght "Via di qua". 5MDR è l'acronimo di 5 minuti di rivolta, nome dato in gioventù alla quale rimaniamo molto affezionati pur preferendolo abbreviato!

In che modo vivete il vostro rap-porto con la realtà savonese?Negli anni in cui abbiamo iniziato a suonare la scena savonese era totalmente appiattita, non c'erano nè realtà autogestite nè locali disposti a far suonare musica propria (indipendentemente dal genere), così gli unici contesti in cui riuscivamo a suonare erano concerti organizzati in Società di Mutuo Soccorso con tutte le implicazioni del caso (tempi biblici per riuscire a fissare una data, sbirri, siae ecc...). Col passare degli

anni tuttavia Savona è riuscita a produrre un humus culturale che ha favorito la nascita di moltissime band dei più svariati generi: dall'hip hop, al punk, al metal che, in un contesto di provincia quale quello savonese, sono riuscite a creare veri e propri rapporti di collaborazione e supporto reci-proco. Vivendo in una realtà di 60 mila abitanti è ovvio conoscere tutti coloro che iniziano a suonare musica propria, da questo punto di vista l'apertura dello spazio sociale Rude Club, nel quale militiamo, ha favorito la creazione di festival e serate con solo gruppi savonesi. Ogni anno organizziamo un festival a giugno chiamato This Is The Way Fest che raccoglie le maggiori realtà emergenti del

INTERVISTA AI 5MDR

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avuto dalle scene locali che, di volta in volta, vi hanno ospitato?Ogni concerto e ogni serata fatta rimarrà nei nostri cuori per sempre, le emozioni che abbiamo provato suonando in questo anno sono state incredibili. Da Lecce a Innsbruck, Nancy, Teramo, Cremo-na, Lugano, Napoli, Roma, Torino, Mantova è stato tutto bellissimo. Mi riesce difficile riuscire a scrivere di queste cose, il punto era che durante il viaggio l'ultima cosa a cui riuscivi a pensare era al con-certo in sè, non vedevamo l'ora di conoscere persone nuove, vedere nuovi contesti, capire quali politi-che portavano avanti, come le portavano, capire pratiche alter-native di condivisione e lotta. Personalmente il suonare è un contorno (un ottimo contorno), ma la cosa veramente bella del riuscire a girare tanto sono le persone e i contesti nei quali ti trovi. Senza di questi il concerto perde di senso.

Cosa ne pensate, invece, della scena attuale italiana hc-punk-oi! ?Siamo cresciuti ascoltando Gavro-che e Bull Brigade ed è ovvio che a distanza di tanti anni riuscire a condividere il palco e a cantare le canzoni che ascoltavi dieci anni fa sia la cosa più bella che si potesse

desiderare. Detto questo girando in Italia siamo entrati in contatto con un sacco di gruppi validissimi specialmente nel centro-sud italia dove abbiamo avuto la percezione che il punk e l'oi siano molto più vivi che nel nord. Per quanto riguarda la scena hc, pur avendo difficoltà a muoverci spesso per concerti, siamo orgogliosi della scena che c'è in Liguria, in particolar modo a Genova, e della viva attività di autoproduzioni e organizzazione di concerti che è rimasta negli anni grazie alla passione di ragazzi ai quali va tutto il nostro rispetto e la nostra massima stima.

Dove avete suonato finora da quando siete nati come gruppo?In un po' di posti, diciamo che prima del cambio di batterista fra problemi organizzativi e impossibi-lità di muoverci (niente patente, quando è uscito "Via di Qua" eravamo tutti sui 17 anni) siamo riusciti a suonare soprattutto in liguria e in piemonte. Da quando c'è stato il cambio di formazione abbiamo preso a provare con più continuità e a comporre canzoni nuove, nell'arco di un anno abbia-mo scritto "La Prospettiva del Conflitto" e da lì siamo riusciti a girare molto più di prima. Ora ci prenderemo una breve pausa per tirare un attimo il fiato ma con la

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Street Punk da Savona

preso consapevolezza. L'insosteni-bilità di un modello di sviluppo come quello capitalista, basato sullo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, sulla crescita continua, sulla ciclicità delle crisi di produzione è il collante di questo ultimo lavoro. In seguito alla globa-lizzazione, alla nascita dell'Unione Europea e all'apertura dei mercati mondiali l'essere umano è divenu-to sempre più una merce, privato di qualunque tipo di individualità a favore di un consumo sfrenato che sembra ora essere l'unica sua ragione di vita. Crediamo nella potenzialità della musica intesa come mezzo di comunicazione volto a risvegliare le coscienze e a rendere le persone consapevoli del contesto di schiavitù nel quale vivono. Cerchiamo di far passare il più possibile messaggi di tipo politico, non voglio arrivare a dire che i 5MDR siano ormai solo politica ma la maturazione che abbiamo avuto ci ha spinto sempre di più ad intraprendere questa via e a vederla come miglior modo per esprimere noi stessi, la nostra rabbia e le nostre frustrazioni.

Appena uscito il nuovo disco, “La Prospettiva del Conflitto”, avete fatto un tour in giro per l’Italia e non solo. Che impressioni avete

panorama musicale savonese e, giunti alla terza edizione, possiamo dirci soddisfatti di come è cresciu-ta la scena e dei gruppi che la popolano.

Quali sono le vostre influenze musicali?Il primo approccio che abbiamo avuto con la musica è stato il punk, chi più orientato sul punk italiano, chi più sull'hardore americano, chi più sull'oi! E' ovvio che col passare degli anni queste influenze si sono evolute e ci hanno portato a scoprire moltissimi altri generi, non so quanto senso avrebbe fare un elenco di nomi ma se devo sfor-zarmi di cercare le coordinate più ampie possibili di questa evoluzio-ne posso dire: Kina, Banda del Rione, Converge, Fluxus, Affranti, Bull Brigade, Attrito, La quiete. Aggiungendo poi tutti gli altri generi che di norma ascoltiamo ma che è più difficile ritrovare nei nostri pezzi!

Di cosa parlate nei testi delle canzoni?I testi dell'ultimo album cercano di definire una panoramica più chiara possibile della situazione attuale, del "nostro tempo", del contesto socio-politico in cui siamo cresciuti e di cui abbiamo

Ci piacerebbe riuscire a registrare uno split da fare uscire nell'anno nuovo, da settembre 2014 a gennaio 2015 ci prenderemo una pausa e non avremo modo nè di provare nè di suonare in giro, e vorremmo quindi riuscire ad iniziare l'anno nuovo con un nuovo lavoro fra le mani ( i pezzi sono già in via di composizione). Split o non split l'idea era di riuscire a suonare il più possibile nel 2015 e, con calma, iniziare a comporre i pezzi per un nuovo disco che, molto indicativamente, pensiamo di fare uscire nel 2016. Progetti a lungo termine che speriamo di mante-nere, si vedrà!

testa sempre rivolta a riprendere a suonare il più presto possibile e in più posti possibili.

Cosa fate nella vita oltre a suona-re?Siamo per 4/5 studenti, Guido lavora come restauratore, Giulio studia da ingegnere del suono a Milano, Filippo studia lettere antiche a Torino, Gabriele scienze politiche a Genova e Andrea chimica e tecnologie farmaceuti-che a Genova.

Forse è presto per parlarne, ma avete già qualche vaga idea sui progetti futuri?

Come e quando sono nati i 5MDR? Qual è il significato di questo nome?I 5MDR nascono nel 2006, la formazione originaria era compo-sta da Filippo, Gabriele, Giulio e Nicolò, dopo due anni entra Andrea come seconda chitarra e nel 2011 Guido sostituisce Nicolò alla batteria. Con questa forma-zione ci siamo stabilizzati e abbia-mo iniziato a lavorare a "La Pro-spettiva del Conflitto" che è uscito a settembre 2013, a distanza di quattro anni dal primo full lenght "Via di qua". 5MDR è l'acronimo di 5 minuti di rivolta, nome dato in gioventù alla quale rimaniamo molto affezionati pur preferendolo abbreviato!

In che modo vivete il vostro rap-porto con la realtà savonese?Negli anni in cui abbiamo iniziato a suonare la scena savonese era totalmente appiattita, non c'erano nè realtà autogestite nè locali disposti a far suonare musica propria (indipendentemente dal genere), così gli unici contesti in cui riuscivamo a suonare erano concerti organizzati in Società di Mutuo Soccorso con tutte le implicazioni del caso (tempi biblici per riuscire a fissare una data, sbirri, siae ecc...). Col passare degli

anni tuttavia Savona è riuscita a produrre un humus culturale che ha favorito la nascita di moltissime band dei più svariati generi: dall'hip hop, al punk, al metal che, in un contesto di provincia quale quello savonese, sono riuscite a creare veri e propri rapporti di collaborazione e supporto reci-proco. Vivendo in una realtà di 60 mila abitanti è ovvio conoscere tutti coloro che iniziano a suonare musica propria, da questo punto di vista l'apertura dello spazio sociale Rude Club, nel quale militiamo, ha favorito la creazione di festival e serate con solo gruppi savonesi. Ogni anno organizziamo un festival a giugno chiamato This Is The Way Fest che raccoglie le maggiori realtà emergenti del

avuto dalle scene locali che, di volta in volta, vi hanno ospitato?Ogni concerto e ogni serata fatta rimarrà nei nostri cuori per sempre, le emozioni che abbiamo provato suonando in questo anno sono state incredibili. Da Lecce a Innsbruck, Nancy, Teramo, Cremo-na, Lugano, Napoli, Roma, Torino, Mantova è stato tutto bellissimo. Mi riesce difficile riuscire a scrivere di queste cose, il punto era che durante il viaggio l'ultima cosa a cui riuscivi a pensare era al con-certo in sè, non vedevamo l'ora di conoscere persone nuove, vedere nuovi contesti, capire quali politi-che portavano avanti, come le portavano, capire pratiche alter-native di condivisione e lotta. Personalmente il suonare è un contorno (un ottimo contorno), ma la cosa veramente bella del riuscire a girare tanto sono le persone e i contesti nei quali ti trovi. Senza di questi il concerto perde di senso.

Cosa ne pensate, invece, della scena attuale italiana hc-punk-oi! ?Siamo cresciuti ascoltando Gavro-che e Bull Brigade ed è ovvio che a distanza di tanti anni riuscire a condividere il palco e a cantare le canzoni che ascoltavi dieci anni fa sia la cosa più bella che si potesse

desiderare. Detto questo girando in Italia siamo entrati in contatto con un sacco di gruppi validissimi specialmente nel centro-sud italia dove abbiamo avuto la percezione che il punk e l'oi siano molto più vivi che nel nord. Per quanto riguarda la scena hc, pur avendo difficoltà a muoverci spesso per concerti, siamo orgogliosi della scena che c'è in Liguria, in particolar modo a Genova, e della viva attività di autoproduzioni e organizzazione di concerti che è rimasta negli anni grazie alla passione di ragazzi ai quali va tutto il nostro rispetto e la nostra massima stima.

Dove avete suonato finora da quando siete nati come gruppo?In un po' di posti, diciamo che prima del cambio di batterista fra problemi organizzativi e impossibi-lità di muoverci (niente patente, quando è uscito "Via di Qua" eravamo tutti sui 17 anni) siamo riusciti a suonare soprattutto in liguria e in piemonte. Da quando c'è stato il cambio di formazione abbiamo preso a provare con più continuità e a comporre canzoni nuove, nell'arco di un anno abbia-mo scritto "La Prospettiva del Conflitto" e da lì siamo riusciti a girare molto più di prima. Ora ci prenderemo una breve pausa per tirare un attimo il fiato ma con la

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preso consapevolezza. L'insosteni-bilità di un modello di sviluppo come quello capitalista, basato sullo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, sulla crescita continua, sulla ciclicità delle crisi di produzione è il collante di questo ultimo lavoro. In seguito alla globa-lizzazione, alla nascita dell'Unione Europea e all'apertura dei mercati mondiali l'essere umano è divenu-to sempre più una merce, privato di qualunque tipo di individualità a favore di un consumo sfrenato che sembra ora essere l'unica sua ragione di vita. Crediamo nella potenzialità della musica intesa come mezzo di comunicazione volto a risvegliare le coscienze e a rendere le persone consapevoli del contesto di schiavitù nel quale vivono. Cerchiamo di far passare il più possibile messaggi di tipo politico, non voglio arrivare a dire che i 5MDR siano ormai solo politica ma la maturazione che abbiamo avuto ci ha spinto sempre di più ad intraprendere questa via e a vederla come miglior modo per esprimere noi stessi, la nostra rabbia e le nostre frustrazioni.

Appena uscito il nuovo disco, “La Prospettiva del Conflitto”, avete fatto un tour in giro per l’Italia e non solo. Che impressioni avete

panorama musicale savonese e, giunti alla terza edizione, possiamo dirci soddisfatti di come è cresciu-ta la scena e dei gruppi che la popolano.

Quali sono le vostre influenze musicali?Il primo approccio che abbiamo avuto con la musica è stato il punk, chi più orientato sul punk italiano, chi più sull'hardore americano, chi più sull'oi! E' ovvio che col passare degli anni queste influenze si sono evolute e ci hanno portato a scoprire moltissimi altri generi, non so quanto senso avrebbe fare un elenco di nomi ma se devo sfor-zarmi di cercare le coordinate più ampie possibili di questa evoluzio-ne posso dire: Kina, Banda del Rione, Converge, Fluxus, Affranti, Bull Brigade, Attrito, La quiete. Aggiungendo poi tutti gli altri generi che di norma ascoltiamo ma che è più difficile ritrovare nei nostri pezzi!

Di cosa parlate nei testi delle canzoni?I testi dell'ultimo album cercano di definire una panoramica più chiara possibile della situazione attuale, del "nostro tempo", del contesto socio-politico in cui siamo cresciuti e di cui abbiamo

Ci piacerebbe riuscire a registrare uno split da fare uscire nell'anno nuovo, da settembre 2014 a gennaio 2015 ci prenderemo una pausa e non avremo modo nè di provare nè di suonare in giro, e vorremmo quindi riuscire ad iniziare l'anno nuovo con un nuovo lavoro fra le mani ( i pezzi sono già in via di composizione). Split o non split l'idea era di riuscire a suonare il più possibile nel 2015 e, con calma, iniziare a comporre i pezzi per un nuovo disco che, molto indicativamente, pensiamo di fare uscire nel 2016. Progetti a lungo termine che speriamo di mante-nere, si vedrà!

testa sempre rivolta a riprendere a suonare il più presto possibile e in più posti possibili.

Cosa fate nella vita oltre a suona-re?Siamo per 4/5 studenti, Guido lavora come restauratore, Giulio studia da ingegnere del suono a Milano, Filippo studia lettere antiche a Torino, Gabriele scienze politiche a Genova e Andrea chimica e tecnologie farmaceuti-che a Genova.

Forse è presto per parlarne, ma avete già qualche vaga idea sui progetti futuri?

Come e quando sono nati i 5MDR? Qual è il significato di questo nome?I 5MDR nascono nel 2006, la formazione originaria era compo-sta da Filippo, Gabriele, Giulio e Nicolò, dopo due anni entra Andrea come seconda chitarra e nel 2011 Guido sostituisce Nicolò alla batteria. Con questa forma-zione ci siamo stabilizzati e abbia-mo iniziato a lavorare a "La Pro-spettiva del Conflitto" che è uscito a settembre 2013, a distanza di quattro anni dal primo full lenght "Via di qua". 5MDR è l'acronimo di 5 minuti di rivolta, nome dato in gioventù alla quale rimaniamo molto affezionati pur preferendolo abbreviato!

In che modo vivete il vostro rap-porto con la realtà savonese?Negli anni in cui abbiamo iniziato a suonare la scena savonese era totalmente appiattita, non c'erano nè realtà autogestite nè locali disposti a far suonare musica propria (indipendentemente dal genere), così gli unici contesti in cui riuscivamo a suonare erano concerti organizzati in Società di Mutuo Soccorso con tutte le implicazioni del caso (tempi biblici per riuscire a fissare una data, sbirri, siae ecc...). Col passare degli

anni tuttavia Savona è riuscita a produrre un humus culturale che ha favorito la nascita di moltissime band dei più svariati generi: dall'hip hop, al punk, al metal che, in un contesto di provincia quale quello savonese, sono riuscite a creare veri e propri rapporti di collaborazione e supporto reci-proco. Vivendo in una realtà di 60 mila abitanti è ovvio conoscere tutti coloro che iniziano a suonare musica propria, da questo punto di vista l'apertura dello spazio sociale Rude Club, nel quale militiamo, ha favorito la creazione di festival e serate con solo gruppi savonesi. Ogni anno organizziamo un festival a giugno chiamato This Is The Way Fest che raccoglie le maggiori realtà emergenti del

avuto dalle scene locali che, di volta in volta, vi hanno ospitato?Ogni concerto e ogni serata fatta rimarrà nei nostri cuori per sempre, le emozioni che abbiamo provato suonando in questo anno sono state incredibili. Da Lecce a Innsbruck, Nancy, Teramo, Cremo-na, Lugano, Napoli, Roma, Torino, Mantova è stato tutto bellissimo. Mi riesce difficile riuscire a scrivere di queste cose, il punto era che durante il viaggio l'ultima cosa a cui riuscivi a pensare era al con-certo in sè, non vedevamo l'ora di conoscere persone nuove, vedere nuovi contesti, capire quali politi-che portavano avanti, come le portavano, capire pratiche alter-native di condivisione e lotta. Personalmente il suonare è un contorno (un ottimo contorno), ma la cosa veramente bella del riuscire a girare tanto sono le persone e i contesti nei quali ti trovi. Senza di questi il concerto perde di senso.

Cosa ne pensate, invece, della scena attuale italiana hc-punk-oi! ?Siamo cresciuti ascoltando Gavro-che e Bull Brigade ed è ovvio che a distanza di tanti anni riuscire a condividere il palco e a cantare le canzoni che ascoltavi dieci anni fa sia la cosa più bella che si potesse

desiderare. Detto questo girando in Italia siamo entrati in contatto con un sacco di gruppi validissimi specialmente nel centro-sud italia dove abbiamo avuto la percezione che il punk e l'oi siano molto più vivi che nel nord. Per quanto riguarda la scena hc, pur avendo difficoltà a muoverci spesso per concerti, siamo orgogliosi della scena che c'è in Liguria, in particolar modo a Genova, e della viva attività di autoproduzioni e organizzazione di concerti che è rimasta negli anni grazie alla passione di ragazzi ai quali va tutto il nostro rispetto e la nostra massima stima.

Dove avete suonato finora da quando siete nati come gruppo?In un po' di posti, diciamo che prima del cambio di batterista fra problemi organizzativi e impossibi-lità di muoverci (niente patente, quando è uscito "Via di Qua" eravamo tutti sui 17 anni) siamo riusciti a suonare soprattutto in liguria e in piemonte. Da quando c'è stato il cambio di formazione abbiamo preso a provare con più continuità e a comporre canzoni nuove, nell'arco di un anno abbia-mo scritto "La Prospettiva del Conflitto" e da lì siamo riusciti a girare molto più di prima. Ora ci prenderemo una breve pausa per tirare un attimo il fiato ma con la

“Se la vostra violenza è la giustizia...

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preso consapevolezza. L'insosteni-bilità di un modello di sviluppo come quello capitalista, basato sullo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, sulla crescita continua, sulla ciclicità delle crisi di produzione è il collante di questo ultimo lavoro. In seguito alla globa-lizzazione, alla nascita dell'Unione Europea e all'apertura dei mercati mondiali l'essere umano è divenu-to sempre più una merce, privato di qualunque tipo di individualità a favore di un consumo sfrenato che sembra ora essere l'unica sua ragione di vita. Crediamo nella potenzialità della musica intesa come mezzo di comunicazione volto a risvegliare le coscienze e a rendere le persone consapevoli del contesto di schiavitù nel quale vivono. Cerchiamo di far passare il più possibile messaggi di tipo politico, non voglio arrivare a dire che i 5MDR siano ormai solo politica ma la maturazione che abbiamo avuto ci ha spinto sempre di più ad intraprendere questa via e a vederla come miglior modo per esprimere noi stessi, la nostra rabbia e le nostre frustrazioni.

Appena uscito il nuovo disco, “La Prospettiva del Conflitto”, avete fatto un tour in giro per l’Italia e non solo. Che impressioni avete

panorama musicale savonese e, giunti alla terza edizione, possiamo dirci soddisfatti di come è cresciu-ta la scena e dei gruppi che la popolano.

Quali sono le vostre influenze musicali?Il primo approccio che abbiamo avuto con la musica è stato il punk, chi più orientato sul punk italiano, chi più sull'hardore americano, chi più sull'oi! E' ovvio che col passare degli anni queste influenze si sono evolute e ci hanno portato a scoprire moltissimi altri generi, non so quanto senso avrebbe fare un elenco di nomi ma se devo sfor-zarmi di cercare le coordinate più ampie possibili di questa evoluzio-ne posso dire: Kina, Banda del Rione, Converge, Fluxus, Affranti, Bull Brigade, Attrito, La quiete. Aggiungendo poi tutti gli altri generi che di norma ascoltiamo ma che è più difficile ritrovare nei nostri pezzi!

Di cosa parlate nei testi delle canzoni?I testi dell'ultimo album cercano di definire una panoramica più chiara possibile della situazione attuale, del "nostro tempo", del contesto socio-politico in cui siamo cresciuti e di cui abbiamo

...La nostra giustizia sarà violenza”

Ci piacerebbe riuscire a registrare uno split da fare uscire nell'anno nuovo, da settembre 2014 a gennaio 2015 ci prenderemo una pausa e non avremo modo nè di provare nè di suonare in giro, e vorremmo quindi riuscire ad iniziare l'anno nuovo con un nuovo lavoro fra le mani ( i pezzi sono già in via di composizione). Split o non split l'idea era di riuscire a suonare il più possibile nel 2015 e, con calma, iniziare a comporre i pezzi per un nuovo disco che, molto indicativamente, pensiamo di fare uscire nel 2016. Progetti a lungo termine che speriamo di mante-nere, si vedrà!

testa sempre rivolta a riprendere a suonare il più presto possibile e in più posti possibili.

Cosa fate nella vita oltre a suona-re?Siamo per 4/5 studenti, Guido lavora come restauratore, Giulio studia da ingegnere del suono a Milano, Filippo studia lettere antiche a Torino, Gabriele scienze politiche a Genova e Andrea chimica e tecnologie farmaceuti-che a Genova.

Forse è presto per parlarne, ma avete già qualche vaga idea sui progetti futuri?

Come e quando sono nati i 5MDR? Qual è il significato di questo nome?I 5MDR nascono nel 2006, la formazione originaria era compo-sta da Filippo, Gabriele, Giulio e Nicolò, dopo due anni entra Andrea come seconda chitarra e nel 2011 Guido sostituisce Nicolò alla batteria. Con questa forma-zione ci siamo stabilizzati e abbia-mo iniziato a lavorare a "La Pro-spettiva del Conflitto" che è uscito a settembre 2013, a distanza di quattro anni dal primo full lenght "Via di qua". 5MDR è l'acronimo di 5 minuti di rivolta, nome dato in gioventù alla quale rimaniamo molto affezionati pur preferendolo abbreviato!

In che modo vivete il vostro rap-porto con la realtà savonese?Negli anni in cui abbiamo iniziato a suonare la scena savonese era totalmente appiattita, non c'erano nè realtà autogestite nè locali disposti a far suonare musica propria (indipendentemente dal genere), così gli unici contesti in cui riuscivamo a suonare erano concerti organizzati in Società di Mutuo Soccorso con tutte le implicazioni del caso (tempi biblici per riuscire a fissare una data, sbirri, siae ecc...). Col passare degli

anni tuttavia Savona è riuscita a produrre un humus culturale che ha favorito la nascita di moltissime band dei più svariati generi: dall'hip hop, al punk, al metal che, in un contesto di provincia quale quello savonese, sono riuscite a creare veri e propri rapporti di collaborazione e supporto reci-proco. Vivendo in una realtà di 60 mila abitanti è ovvio conoscere tutti coloro che iniziano a suonare musica propria, da questo punto di vista l'apertura dello spazio sociale Rude Club, nel quale militiamo, ha favorito la creazione di festival e serate con solo gruppi savonesi. Ogni anno organizziamo un festival a giugno chiamato This Is The Way Fest che raccoglie le maggiori realtà emergenti del

avuto dalle scene locali che, di volta in volta, vi hanno ospitato?Ogni concerto e ogni serata fatta rimarrà nei nostri cuori per sempre, le emozioni che abbiamo provato suonando in questo anno sono state incredibili. Da Lecce a Innsbruck, Nancy, Teramo, Cremo-na, Lugano, Napoli, Roma, Torino, Mantova è stato tutto bellissimo. Mi riesce difficile riuscire a scrivere di queste cose, il punto era che durante il viaggio l'ultima cosa a cui riuscivi a pensare era al con-certo in sè, non vedevamo l'ora di conoscere persone nuove, vedere nuovi contesti, capire quali politi-che portavano avanti, come le portavano, capire pratiche alter-native di condivisione e lotta. Personalmente il suonare è un contorno (un ottimo contorno), ma la cosa veramente bella del riuscire a girare tanto sono le persone e i contesti nei quali ti trovi. Senza di questi il concerto perde di senso.

Cosa ne pensate, invece, della scena attuale italiana hc-punk-oi! ?Siamo cresciuti ascoltando Gavro-che e Bull Brigade ed è ovvio che a distanza di tanti anni riuscire a condividere il palco e a cantare le canzoni che ascoltavi dieci anni fa sia la cosa più bella che si potesse

desiderare. Detto questo girando in Italia siamo entrati in contatto con un sacco di gruppi validissimi specialmente nel centro-sud italia dove abbiamo avuto la percezione che il punk e l'oi siano molto più vivi che nel nord. Per quanto riguarda la scena hc, pur avendo difficoltà a muoverci spesso per concerti, siamo orgogliosi della scena che c'è in Liguria, in particolar modo a Genova, e della viva attività di autoproduzioni e organizzazione di concerti che è rimasta negli anni grazie alla passione di ragazzi ai quali va tutto il nostro rispetto e la nostra massima stima.

Dove avete suonato finora da quando siete nati come gruppo?In un po' di posti, diciamo che prima del cambio di batterista fra problemi organizzativi e impossibi-lità di muoverci (niente patente, quando è uscito "Via di Qua" eravamo tutti sui 17 anni) siamo riusciti a suonare soprattutto in liguria e in piemonte. Da quando c'è stato il cambio di formazione abbiamo preso a provare con più continuità e a comporre canzoni nuove, nell'arco di un anno abbia-mo scritto "La Prospettiva del Conflitto" e da lì siamo riusciti a girare molto più di prima. Ora ci prenderemo una breve pausa per tirare un attimo il fiato ma con la

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“Il 1 Febbraio un movimento sce-glie di rispondere alla sottrazione di uno spazio sociale” – Villa Roth Occupata – “ riappropriandosi di uno nuovo, e non di uno qualun-que: la Caserma Rossani Liberata (…) La Caserma Rossani è simbolo dell'abbandono e del degrado, del profitto che si antepone al benes-sere comune. Oggi ribaltiamo questi piani”

Così si presenta agli occhi di tutti, un nuovo spazio occupato a Bari, fulcro di una serie di sgomberi. A distanza di mesi è ormai divenuto un punto di riferimento centrale (data la sua posizione in città) per tutta la popolazione barese e non solo.Parte di quel movimento è com-posto, per l’appunto, dalla stessa Dusty Boots Brigade, che nei mesi ha contribuito al buon funziona-mento del posto dando una mano nell’organizzare eventi e concerti ed essendo parte attiva di un processo volto alla ricostruzione di un Movimento attraverso l’aggregazione.

Il risultato è stato ottimo quanto soddisfacente: la risposta dei frequentatori e sostenitori, finora positiva, è stata alimentata da una curiosità, vista la particolarità degli eventi (e non solo quelli

organizzati dalla DBB), che è progredita col tempo contando un numero di presenze sempre maggiore ad ogni serata.

Nella Ex-Caserma Liberata si è svolto e si continua a svolgere un enorme lavoro anche manuale: le molteplici stanze, prima simbolo dell'abbandono, in questi mesi sono rinate, dando vita a luoghi di cultura e laboratori differenti: il Cineteatro (nel quale si tengono cineforum e rappresentazioni teatrali), il Laboratorio Artistico (dove i bambini sentono più stimolata la loro creatività), lo Skate Park - Skate & Destroy, il Bosco Sociale e l’Orto Urbano, la Libreria Sociale Pavloss Fyssas, la Palestra Popolare Morad Tahiri più altri progetti in corso d‘opera come il campo da calcio. Coinvolge così, qualsiasi fascia della popola-zione: bambine/i, ragazze/i,

L’EX CASERMA LIBERATA E LA DBB CREW

2020

rendiamo parte integrante dell’Ex Caserma, un luogo in cui sentiamo l’esigenza di contribuire manual-mente e politicamente spingendo i valori dell’antifascismo, antispeci-smo, antisessismo, anticapitali-smo.Sempre nell’ottica politica del riappropriarsi di ciò che dovrebbe essere della collettività e gestirlo secondo i principi dell’autogestione, siamo ferma-mente contrari a qualsiasi forma di delega. Non riteniamo di aver bisogno che qualcuno, dall’alto, prenda decisioni per noi, che siano a nostro favore (fantascienza) o meno. In vista delle prossime elezioni -comunali ed europee- non voteremo nessuno perchè nessuno ci rappresenta. Autode-terminazione è ciò in cui crediamo. E mentre il 25 maggio si consu-merà il teatrino elettorale fatto di gente che crede di rendersi prota-gonista delle scelte politiche governative infilando un pezzo di carta in un’urna, noi rivendichiamo quanto detto sinora il 24 al NO VOTE DAY con Weedz, Astensio-ne, Cattivo Sangue e DSA Com-mando.

Invitiamo chi ancora non l’avesse fatto a venire a trovarci all’Ex Caserma Liberata (via G.Petroni, 8C - Bari).

adulte/i e anziane/i.E’ proprio della presenza di quegli ambienti che la Ex-Caserma Rossani Liberata si nutre, dando vita a forme culturali alternative ed efficaci, che col passare del tempo continueranno a crescere e migliorare!

Ma ridare vita ad un luogo abban-donato e su cui vertono i peggiori interessi speculativi non è la nostra unica prerogativa.É fondamentale, per noi, che cresca la maturità politica insieme con la forza del dissenso ad un sistema in cui non crediamo. Tutto quello che viene portato avanti nell’Ex Caserma rende evidente cosa significhi per noi dare e pretendere delle alternative a ciò che, invece, ci viene imposto fuori da quelle mura. E per questo all’interno di quelle mura c’è uno spazio occupato e liberato. Ma le alternative da sole non bastano. Riteniamo giusto intraprendere un percorso conflittuale e mirato contro tutte le istituzioni, contro ogni forma di sfruttamento, contro la devastazione dei territori, contro tutti coloro con cui avremo l’arroganza di intralciare un cam-mino fatto di scalate al potere ed interessi economici.

É col cuore che sosteniamo e ci

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“Il 1 Febbraio un movimento sce-glie di rispondere alla sottrazione di uno spazio sociale” – Villa Roth Occupata – “ riappropriandosi di uno nuovo, e non di uno qualun-que: la Caserma Rossani Liberata (…) La Caserma Rossani è simbolo dell'abbandono e del degrado, del profitto che si antepone al benes-sere comune. Oggi ribaltiamo questi piani”

Così si presenta agli occhi di tutti, un nuovo spazio occupato a Bari, fulcro di una serie di sgomberi. A distanza di mesi è ormai divenuto un punto di riferimento centrale (data la sua posizione in città) per tutta la popolazione barese e non solo.Parte di quel movimento è com-posto, per l’appunto, dalla stessa Dusty Boots Brigade, che nei mesi ha contribuito al buon funziona-mento del posto dando una mano nell’organizzare eventi e concerti ed essendo parte attiva di un processo volto alla ricostruzione di un Movimento attraverso l’aggregazione.

Il risultato è stato ottimo quanto soddisfacente: la risposta dei frequentatori e sostenitori, finora positiva, è stata alimentata da una curiosità, vista la particolarità degli eventi (e non solo quelli

organizzati dalla DBB), che è progredita col tempo contando un numero di presenze sempre maggiore ad ogni serata.

Nella Ex-Caserma Liberata si è svolto e si continua a svolgere un enorme lavoro anche manuale: le molteplici stanze, prima simbolo dell'abbandono, in questi mesi sono rinate, dando vita a luoghi di cultura e laboratori differenti: il Cineteatro (nel quale si tengono cineforum e rappresentazioni teatrali), il Laboratorio Artistico (dove i bambini sentono più stimolata la loro creatività), lo Skate Park - Skate & Destroy, il Bosco Sociale e l’Orto Urbano, la Libreria Sociale Pavloss Fyssas, la Palestra Popolare Morad Tahiri più altri progetti in corso d‘opera come il campo da calcio. Coinvolge così, qualsiasi fascia della popola-zione: bambine/i, ragazze/i,

“Forme di vita autogestita dal Capitale”

rendiamo parte integrante dell’Ex Caserma, un luogo in cui sentiamo l’esigenza di contribuire manual-mente e politicamente spingendo i valori dell’antifascismo, antispeci-smo, antisessismo, anticapitali-smo.Sempre nell’ottica politica del riappropriarsi di ciò che dovrebbe essere della collettività e gestirlo secondo i principi dell’autogestione, siamo ferma-mente contrari a qualsiasi forma di delega. Non riteniamo di aver bisogno che qualcuno, dall’alto, prenda decisioni per noi, che siano a nostro favore (fantascienza) o meno. In vista delle prossime elezioni -comunali ed europee- non voteremo nessuno perchè nessuno ci rappresenta. Autode-terminazione è ciò in cui crediamo. E mentre il 25 maggio si consu-merà il teatrino elettorale fatto di gente che crede di rendersi prota-gonista delle scelte politiche governative infilando un pezzo di carta in un’urna, noi rivendichiamo quanto detto sinora il 24 al NO VOTE DAY con Weedz, Astensio-ne, Cattivo Sangue e DSA Com-mando.

Invitiamo chi ancora non l’avesse fatto a venire a trovarci all’Ex Caserma Liberata (via G.Petroni, 8C - Bari).

adulte/i e anziane/i.E’ proprio della presenza di quegli ambienti che la Ex-Caserma Rossani Liberata si nutre, dando vita a forme culturali alternative ed efficaci, che col passare del tempo continueranno a crescere e migliorare!

Ma ridare vita ad un luogo abban-donato e su cui vertono i peggiori interessi speculativi non è la nostra unica prerogativa.É fondamentale, per noi, che cresca la maturità politica insieme con la forza del dissenso ad un sistema in cui non crediamo. Tutto quello che viene portato avanti nell’Ex Caserma rende evidente cosa significhi per noi dare e pretendere delle alternative a ciò che, invece, ci viene imposto fuori da quelle mura. E per questo all’interno di quelle mura c’è uno spazio occupato e liberato. Ma le alternative da sole non bastano. Riteniamo giusto intraprendere un percorso conflittuale e mirato contro tutte le istituzioni, contro ogni forma di sfruttamento, contro la devastazione dei territori, contro tutti coloro con cui avremo l’arroganza di intralciare un cam-mino fatto di scalate al potere ed interessi economici.

É col cuore che sosteniamo e ci

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ANTIPASTO: INSALATA DI CRESTE

• 1 arancia tagliata a fette• 50 gr di rucola fresca• 20 gr di olive verdi• Un po' di sale• Un cucchiaio d'olio

PRIMO: CANNELLONI OI!

Besciamella• 250 ml di acqua• 1 cucchiaio e mezzo di farina• 2 cucchiai di lievito secco in scaglie• Noce moscata in quantità desiderata

Salsa di pomodoro• Olio d'oliva• Aglio in quantità desiderata (generalmente 2 spicchi) o una cipolla• Passata o pelati tagliati a pezzettini

Ripieno• Una cipolla• Funghi (anche gli champignon in vaschetta)• Mezzo panetto di tofu bianco• Prezzemolo• Erba cipollina• Vino bianco• Olio d'oliva

SECONDO: POLPETTINE GANG

• 500 g di zucchine• 2 fette di pane a cassetta• 2 cucchiai di lievito alimentare• 2 cucchiai di pangrattato

LE RICETTE DI NONNA VEG

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... E vedi che ti mangi!

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• 4 cucchiai di fiocchi d'avena• Mezzo bicchiere di latte di riso• Paprika• Olio di semi

PreparazioneGrattuggiare le zucchine, immergere le fette di pane nel latte di riso, scaldare a fuoco molto basso, strizzarle e unirle alle zucchine. Aggiunge-re il lievito alimentare, il pangrattato, i fiocchi d'avena, un po' di paprika e il sale. Mescolare il tutto, formare delle crocchette, compattarle bene e friggere in olio caldo. Se l'impasto sembra troppo umido aumentare la quantità di fiocchi d'avena!

DOLCE: TORTA ARDECORE

• 150 g di farina• 150 g di fecola di patate• 160 g di zucchero di canna• 150 g di yogurt di soia neutro• 100 ml d'oliva• 100 g mandorle tritate• 200 g di carote crude tritate• 1 bustina di lievito• 4 cucchiai di latte di riso• un cucchiaino e mezzo di succo di limone• 1 pizzico di sale• vanillina• scorza di limone

Preparazione

Tritare le mandorle e le carote crude, dopodichè zmescolare tutti gli ingredienti, lasciando il lievito per ultimo. Versare nella pentola il conte-nuto e infornare in forno caldo a 180° per 30 minuti.