fatti e misfatti del governo berlusconi

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DONNE, ENERGIA PER L’ITALIA NUOVA GRUPPO PD ALLA CAMERA GRUPPO PD AL SENATO

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le leggi annientate del governo Berlusconi verso le donne e quello che il PD farà per loro

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DONNE,ENERGIAPER L’ITALIANUOVA

GRUPPO PDALLA CAMERA

GRUPPO PDAL SENATO

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a strategia del governo Berlusconi inquesti anni è stata quella di demolirequanto di positivo si era costruito in favoredella partecipazione delle donne al mercatodel lavoro, del rispetto dei diritti della donnae del suo corpo, del welfare.I dati parlano chiaro: azzeramento dei finan-ziamenti per gli asili nido, meno fondi per lepolitiche della famiglia, meno aiuti per gio-vani e anziani, erosione dei finanziamentiper le Pari Opportunità, nessun finanzia-mento ai centri antiviolenza.Il numero delle donne occupate è fermo al46,4 % contro il 60 % che si sarebbe dovutoraggiungere ben due anni fa, secondo gliobiettivi stabiliti dall’Unione Europea a Li-sbona, mentre l’occupazione degli uomini èpari al 68,6 %. Elemento fondamentale peraumentare l’occupazione femminile è l’am-pliamento ai servizi per la prima infanzia, lacondivisione del lavoro di cura dei figli, il so-stegno agli anziani e ai non autosufficienti.Non a caso fino alla nascita del primo figliolavorano 59 donne su 100, mentre dopo lamaternità continuano a lavorare solo in 43,con un tasso di abbandono del 27,1 per

cento. Preoccupante anche il numero didonne inattive. Oggi in Italia ci sono novemilioni e 679 mila donne che non lavoranoe non studiano avendo rinunciato a cercareun’occupazione. Il tasso di inattività che ècomplessivamente pari al 37,8 % fra i 15 e i64 anni sale al 45,8 % se si considerano solole donne.La crisi economica non ha fatto altro chepeggiorare la situazione delle lavoratriciadeguandosi al luogo comune che è menograve che il posto di lavoro lo perda unadonna anziché un uomo! Per quanto riguarda la condizione sui luoghidi lavoro il tasso di occupazione delle donneè molto minore rispetto a quello degli uo-mini, ma a parità di mansioni con i colleghiuomini le donne guadagnano di media il 25-30% in meno; anche la presenza delledonne nei consigli di amministrazione dellesocietà quotate è pari solo al 6,8 %. Lo squi-librio è ancora più ingiusto se si considerache, per quanto riguarda l’accesso all’istru-zione le ragazze superano di gran lunga i ra-gazzi (79 % contro il 46) e che le laureatesono il 60 % del totale degli studenti univer-

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sitari, arrivano alla laurea prima e con unpunteggio in genere più alto di quello deiloro colleghi. Tra le donne l’incidenza delprecariato si è raddoppiata rispetto agli uo-mini mentre, per quanto riguarda il divariodi genere siamo il fanalino di coda, non solodei paesi della UE ma anche a livello inter-nazionale, addirittura al 72esimo postosotto il Kazakhistan e il Ghana! Il sostegno alla partecipazione al lavorodelle donne è fondamentale non solo per losviluppo economico e la competitività, maanche per la crescita civile e democratica delnostro Paese

Violenza sulle donne,cultura delle prevenzione,assistenza alle vittime

Parlare di diritti umani, significa soprattuttoparlare di diritti delle donne. Nel mondo 1donna su 3 è stata, o è destinata ad essere,vittima di violenza fisica, sessuale o psicolo-gica mentre il 70 % delle donne assassinatemuore per mano di parenti. L’Italia non fa eccezione. L’approvazione della legge sullo stalking,promossa dal PD, rappresenta un indiscuti-bile passo in avanti, ma rimane del tutto in-sufficiente se a questo non si accompagnauna cultura della prevenzione e dell’assi-

stenza. Sul territorio molto centri antivio-lenza, sono costretti alla chiusura per man-canza di fondi: la riduzione dei trasferimentia Comuni, Province e Regioni, a seguitodelle rigide misure del Ministro Tremonti,colpisce in primo luogo l’intervento nel so-ciale e per la prevenzione. La legge di Stabi-lità 2011 non prevede alcun finanziamentoper il Fondo antiviolenza mentre, dopo dueanni di continuo calo di risorse per le PariOpportunità, solo ultimamente si è arrivatiad uno stanziamento modesto di circa 17milioni, del tutto insufficienti per i compitiche il Ministero dovrebbe prefiggersi.

I tagli al welfare

La spesa in Italia per il welfare sfiora 1,2%del Pil contro il 2,4 % della media europea. La maternità non è ancora un diritto pertutte e non a caso le politiche di sostegnoall’occupazione femminile vedono un tas-sello importante proprio nel sostegno allaprima infanzia. L’obiettivo della UE è arrivarea coprire almeno il 30 % del fabbisogno diasili nido a livello nazionale, ma il nostropaese è fermo all’11%. Il Governo Prodiaveva stanziato, con la finanziaria 2007, ben727 milioni di euro in 3 anni per la costru-zione di muovi asili nido; nel 2009 il Fondosi è ridotto a 100 milioni mentre nel 2010 eancora, per quest’anno, il governo Berlu-

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sconi non ha previsto neanche un euro peri servizi all’infanzia. Così le donne che lavo-rano dovranno affidarsi ai nidi privati o ainonni.Il Fondo per le politiche sociali, può contarequest’anno solo su 273 milioni contro i 929del 2008, per non parlare delle politiche perla famiglia i cui stanziamenti sono ridotti a52 milioni contri i 346 di tre anni fa. Zeroeuro quest’anno per i non autosufficientiche solo l’anno scorso potevano contare su400 milioni, mentre il Fondo per le politichegiovanili è passato dai 94 milioni del 2008ai 32 per il 2011. Il Governo, approfittando della crisi econo-mica, dunque, ha colpito in maniera speci-fica il sistema di welfare, che sostiene inprimo luogo le donne, la loro possibilità dioccupazione e di una vita autonoma, maanche di accrescere il reddito familiare chedal 2006 a oggi è diminuito del 3%, perchéuno stipendio solo non basta più. Il MinistroSacconi, rispondendo ad una interrogazionedel PD, ha dichiarato che nel 2009 sonostate 18.000 le donne che hanno lasciatovolontariamente il lavoro nel primo anno divita del bambino. Di queste oltre 12.000 la-voratrici erano residenti nel Nord, 3.300 nelCentro e una quota inferiore nel Sud, 2275.Non sappiamo quante delle 18.000 lavora-trici sono state costrette a firmare le dimis-sioni, ma tra le motivazioni principali il

mancato accoglimento al nido del neonatoe la incompatibilità tra orario di lavoro ecura del bambino in assenza di parenti disupporto, testimoniano la difficoltà delle la-voratrici a conciliare tempi di cura e tempidi lavoro.I provvedimenti approvati dal Governo finoad ora, si sono rilevati estremamente pena-lizzanti.Il mercato del lavoro rischia di subire unafortissima inversione di tendenza a nettosvantaggio per le donne, che negli ultimianni avevano cercato di risalire la china delladisoccupazione e dell’inattività. A questoquadro bisognerà aggiungere anche laquota di lavoro sommerso, dove le donnerappresentano comunque la maggioranza,e che con la pesante crisi economica che at-traversa il nostro Paese, rischia di accrescersia dismisura.

La detassazione degli straordinari, previstadal D.L. 27 maggio 2008, n. 93, per il qualesono stati stanziati 650 mln di euro, non fa-vorisce le donne sulle quali solitamentegrava il lavoro di cura domestico: in una fa-miglia di solito è l’uomo a trattenersi al la-voro per gli straordinari, mentre spetta alladonna tornare a casa per occuparsi dei figli,dei familiari anziani o del lavoro domestico.

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Uno dei primi atti del Governo Berlusconi èstato quello di sopprimere la legge 17 ottobre2007, n.188, sulle dimissioni in bianco, volutadal Governo Prodi a tutela delle fasce più de-boli del mercato del lavoro, in particolare ledonne. Il fenomeno delle dimissioni in biancoè molto diffuso soprattutto tra le piccole emedie imprese, dove, alle donne, al momentodell’assunzione vengono fatte firmare le dimis-sioni, che il datore di lavoro può utilizzare incaso di eventuale maternità della lavoratrice.

Il part time nelle Pubbliche Amministrazioniè stato fortemente penalizzato con unaforte riduzione della possibilità di convertireil rapporto di lavoro da tempo pieno atempo parziale.Il Collegato lavoro (L.183/2010) ha dispostoche le P.A., possano sottoporre a nuova va-lutazione i part-time già concessi; dunquechi ha già il part-time non è detto che lomantenga in futuro.

Il Collegato lavoro, all’art. 24, ridefinisce ildiritto ad usufruire dei permessi retribuiti,previsti dalla legge 104 del 1992. Ancorauna volta i diritti - in questo caso proprio deipiù deboli – vengono visti come un vincoloe un costo da eliminare. L’opposizione del

nostro gruppo è stata fortissima al puntoche si è riusciti a limitare l’intervento del Go-verno, prevedendo, che i genitori di figli di-sabili possano, alternativamente, usufruiredei permessi, permettendo dunque chepadre e madre possano alternarsi nella curadel figlio.

Nonostante le ipocrite dichiarazioni del mi-nistro Carfagna in favore dell’occupazionefemminile ciò che di buono il Governo pre-cedente aveva varato sul tema è stato total-mente ignorato. La legge finanziaria 2008,del Governo Prodi, aveva previsto uno spe-cifico intervento fiscale in favore delle donnedel Mezzogiorno, concedendo ai datori dilavoro che incrementavano il numero dei la-voratori dipendenti con contratto a tempoindeterminato nelle regioni del sud, un cre-dito d’imposta di 333 euro per ciascun lavo-ratore assunto, che sale a 416 euro perciascuna lavoratrice. Non un euro è statoprevisto per questa importante misura innessun provvedimento finanziario del Go-verno Berlusconi.

Normative specifiche sono state varate nelcorso della precedente legislatura del Go-verno Prodi in favore dell’imprenditoria fem-minile. Il Fondo per la finanza d’impresa chedestina specifiche risorse alle iniziative di im-

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prenditoria delle donne non è mai stato rifi-nanziate dall’attuale Governo.

Nel nostro Paese è accolto negli asili nidosolo l’11% dei bambini a fronte di un obiet-tivo del 33% fissato dalla strategia di Li-sbona. Negli ultimi due anni, come abbiamovisto, il Fondo per gli asili nido è stato addi-rittura azzerato. Potenziare i servizi di curadei bambini significa liberare tempo per ledonne e permetterle di lavorare.

L’art. 21 del Collegato lavoro prevede il veroe proprio smantellamento dei Comitati perle pari opportunità nei luoghi di lavoro, chevengono sostituiti dal generico “Comitatounico di garanzia per le pari opportunità, lavalorizzazione del benessere di chi lavora econtro le discriminazioni”, che accumuna lepari opportunità ai problemi di mobbingecc…

Con il decreto 78/2010 e l’ultima legge fi-nanziaria (Stabilità 2011), il Governo è inter-venuto sulle pensioni, prevedendo, tral’altro, l’innalzamento dell’età pensionabileper le donne da 60 a 65 anni, che poi diven-tano 66, con l’introduzione della cosiddetta

finestra scorrevole. Lo stesso vale anche percoloro che sono stati autorizzati alla prose-cuzione volontaria dei versamenti di contri-buti, che come è noto, sono in prevalenzadonne. Una disposizione che non ha nulla diegualitario se si pensa alla totale mancanzadi politiche di conciliazione tra i tempi di la-voro e i tempi di cura che grava sulle spalledelle donne. Il Governo ha promesso che irisparmi derivanti da questa norma sarannoinvestiti in interventi a favore di servizi perl’infanzia e gli anziani. Attendiamo ancoradi sapere l’ammontare delle risorse che sa-ranno stanziate: al momento sia il fondo pergli asili nido che per gli anziani non autosuf-ficienti è pari a zero euro.

Le risorse a favore della Promozione dei di-ritti e delle pari opportunità sono state com-pletamente azzerate nelle due ultime leggidi Bilancio. Si è passati da 29, 92 milioni, ini-zialmente previsti, a 4 milioni per il 2010,mentre sono 12,80 milioni, complessiva-mente gli stanziamenti per gli anni 2011,2012, e 2013. Da ultimo le risorse sono stateincrementate a 18 milioni, comunque deltutto insufficienti per la promozione dellaparità di genere, la promozione della pre-venzione, il contrasto alla violenza.

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La precarietà è donna. Questo è la dramma-tica dimensione delle lavoratrici del nostrosecolo. Secondo gli ultimi dati Istat la per-manenza delle donne nei contratti atipici haeffetti devastanti sia sui salari che sulle tu-tele nel campo del lavoro. La “maggioreflessibilità delle donne”, di cui parla il Mini-stro Sacconi significa che spesso le lavora-trici sono costrette a passare da un contratoatipico all’altro, anche in soli 3 mesi di la-voro. Tutto ciò rappresenta un passo indie-tro nel lento cammino verso la conquistadella parità di genere nel mondo del lavoro,totalmente ignorato dal Governo in carica.La scure sul personale precario della scuola,che prevede il mancato rinnovo dei contratticomplessivamente per più di 130 mila lavo-ratori, ha colpito e continuerà a colpire inprevalenza le donne, che rappresentano lapercentuale più alta del personale dellascuola. Sin dall’inizio i lavoratori precarisono stati continuo oggetto di provvedi-menti legislativi allo scopo di bloccare il pro-cesso di stabilizzazione iniziato dal GovernoProdi. L’esecutivo Berlusconi prevede, per laprima volta nella storia del nostro paese, unmassiccio licenziamento del personale delPubblico Impiego: insegnanti, personaleATA, impiegati, migliaia di lavoratori ai quali

non verrà rinnovato il contratto di lavoro atempo determinato. Il Governo Prodi avevatentato di limitare l’uso dei contratti atipici,prevedendone una sua riduzione nel Proto-collo del Welfare. Il Governo Berlusconi nonsolo li ha reintrodotti, ma ne ha ancheesteso l’applicazione. A livello locale, il man-cato trasferimento delle risorse, determineràl’inefficienza in numerose realtà, comequelle nei servizi sociali, per la pulizia dellescuole, l’assistenza a famiglie ed anziani cheper la maggior parte è composta da lavora-trici donne. Secondo una recente ricerca laquota di donne iscritte alla gestione sepa-rata dell’Inps si aggira intorno a 480 mila, lacui quasi totalità, pari a 430 mila, intrattienerapporti di collaborazione con un solo com-mittente. Su 100 donne che svolgono un la-voro più di 70 vivono in una situazione diinsicurezza dovuta alla mancanza di conti-nuità del rapporto di lavoro e di un redditoadeguato per pianificare la vita presente efutura. Il Partito democratico ha presentatodiverse Proposte di legge per estendere gliammortizzatori sociali anche al personaleprecario, così come il diritto alla maternitàe ai congedi parentali. Tutte iniziative boc-ciate dal Governo che si è limitato soltantoa misure una tantum e per una platea ri-stretta di lavoratori.

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Conquista delle donne, introdotta duranteil primo Governo Prodi i congedi parentalisono riconosciuti anche ai padri, in manierafacoltativa, al 30% dello stipendio. Pur-troppo sono poche le coppie che possonopermetterselo. Il PD ha chiesto, che il con-gedo parentale, almeno per un tempo mi-nimo, sia obbligatorio per i padri, e che siaelevata anche la percentuale di salario per-cepita. Solo così sarà possibile veramenteiniziare un percorso che porti ad una pienacondivisione della cura dei figli all’internodella coppia, nonché sarà possibile porrefine alla discriminazione che insegue stori-camente le donne, sia al momento dell’as-sunzione, che nel corso del rapporto dilavoro ai fini di una possibile carriere. La ma-ternità non deve essere un ostacolo per ledonne nel mondo del lavoro.

L’indennità di maternità non è uguale pertutti. Le lavoratrici a tempo indeterminatohanno diritto infatti per 5 mesi all’80% dellostipendio a carico della fiscalità generale.Non è così per le precarie: 3 mesi di con-gedo e solo al 30 % dello stipendio. Il PDchiede con forza che l’indennità di mater-nità sia uguale per tutte: 100% della retri-buzione a carico della fiscalità generale 5

mesi di congedo per tutte le lavoratrici aprescindere dal tipo di contratto.

Una condizione fondamentale quella dipoter usufruire di forme lavorative flessibili,sia per quanto riguarda l’orario di lavoro chel’organizzazione del lavoro stesso. In questosenso l’art. 9 della legge 53/2000 per il so-stegno alla maternità e paternità è stata unagrande conquista: forme flessibili di orario,banca delle ore, telelavoro ecc.. la legge pre-vede che siano erogati dei contributi ai da-tori di lavoro proprio per incentivare laconciliazione tra tempi di lavoro e i tempi divita. Anche in questo caso il Governo Berlu-sconi, nonostante le molte richieste delgruppo del PD, non ha stanziato un euro persviluppare e diffondere queste importantimisure. La nostra battaglia per rendere ob-bligatorio anche il congedo dei padri, comeavviene in alcuni Paesi Europei, non è maistata presa in considerazione.

La presenza delle donne nei Consigli di am-ministrazione delle imprese italiane è ap-pena il 7%. Una partecipazione davveroesigua se si pensa che in Norvegia la pre-senza delle donne è del 37,9 %, Svezia 28,2,Finlandia 25 e Gran Bretagna 13 per cento.La nostra proposta di legge si propone di

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promuovere l'eguaglianza di genere all'in-terno degli organi di amministrazione e dicontrollo delle società quotate e delle so-cietà a prevalente partecipazione statale èstata prima accolta favorevolmente alla Ca-

mera poi modificata al Senato l’approva-zione di emendamenti del Governo, chehanno spostato l’effettiva applicazione diuna quota riservata per legge alle donne al2021!!

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li studi più recenti degli organismi in-ternazionali rilevano che i paesi caratteriz-zati da una minore partecipazione delledonne al mercato del lavoro sono quelli checrescono di meno e che quindi otterrebberodall’aumento dell’occupazione femminileun maggior vantaggio in termini di crescita. Risulta che il lavoro femminile non è più unostacolo alla natalità; anzi, si dimostra cheoggi nei paesi avanzati, a differenza diquanto avveniva in passato, se le donnehanno meno opportunità di occupazionefanno meno figli. Viceversa, la fecondità èmaggiore nei paesi ad elevata occupazionefemminile. Dagli studi emerge che i paesicon i tassi d’occupazione più bassi e con untasso di natalità inferiore sono quelli chehanno una copertura di servizi più bassa,che presentano una minore disponibilità deipadri a prendere congedi parentali, dove ledonne hanno un maggior carico di lavoro

domestico, dove è più bassa la condivisionedel lavoro di cura tra uomini e donne.L’Unione Europea conferma tale diagnosi epone, ormai da diversi anni, l’obiettivo del-l’innalzamento dell’occupazione femminileal centro delle proprie politiche per lo svi-luppo. Ricordiamo, per fare l’esempio piùnoto, la Strategia di Lisbona, che nel 2000puntava a raggiungere per la media euro-pea un tasso di occupazione femminile parial 70 per cento entro il 2010.Per l'Italia, la situazione attuale del mercatodel lavoro femminile si presenta molto de-bole. La prima cosa da osservare è che il sistemaeconomico del nostro paese è caratterizzatoda un basso grado di coinvolgimento nelmercato del lavoro della popolazione in etàattiva, distante da quello dei paesi del-l’Unione europea comparabili al nostro perlivello di sviluppo economico. "

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LE PROPOSTE DEL PD

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Sono osservazioni contenute in una notadel Dipartimento Politiche Comunitariedella Presidenza del Consiglio dei Ministridel 15 febbraio scorso.Secondo i dati ISTAT pubblicati il 1 marzo,in Italia il tasso di occupazione è pari al 56,7per cento, (2 punti in meno rispetto alla finedel 2008).Anche nella crisi si ripropone un rilevantedivario di genere: l'occupazione femminilecala relativamente meno di quella maschile,agisce su un divario rilevantissimo di oltre20 punti percentuali; il solco si approfondi-sce con il perdurare della crisi: l'occupazionefemminile, già bassissima, in due anni è ar-retrata di 1 punto (dal 47,3 al 46,3%), men-tre il tasso di inattività delle donne è quasi ildoppio di quello degli uomini. Solo Unghe-ria e Malta, nella lista dei 27 paesi del-l’Unione europea, presentano unasituazione del lavoro femminile peggiore diquella italiana. Il fenomeno della bassa partecipazione delledonne al mercato del lavoro è un fenomenoconcentrato soprattutto nelle regioni delMezzogiorno, ove i tassi di occupazionefemminili sono inferiori di oltre venti puntirispetto al resto del paese. Un altro importante fattore che incide sullosquilibrio uomini-donne è quello generazio-nale. Persino nel Centro Nord, ove la situa-zione dell’occupazione femminile è

migliore, si riscontra una forte differenzia-zione generazionale: le donne nella fasciad’età 25-44 anni hanno tassi di occupazioneelevati, in media con l’Europa, mentre ledonne della fascia d’età più alta mostranouna partecipazione molto più bassa.Le donne italiane, dopo una certa età,quindi, smettono di lavorare: da recenti in-dagini evidenziano che, nonostante gli ot-timi risultati scolastici, esse hanno difficoltàa raggiungere ruoli direttivi e che, a paritàdi posizione professionale, percepiscono unsalario inferiore a quello di un uomo. Inol-tre, il numero delle donne che lascia il lavorodopo la nascita del primo figlio è doppio ri-spetto a quello degli altri Paesi Europei,dove si osserva un incremento dei "ritiri" dalmercato del lavoro solo a partire dal terzofiglio. In particolare riteniamo che il feno-meno delle cosiddette dimissioni in biancosia particolarmente grave e per questo ab-biamo riproposte norme che combattanoquesto abuso contro le lavoratrici.Le donne sono, infine, maggiormente "in-trappolate" nella precarietà: oltre il 70% deicontratti a termine o "atipici" riguardadonne; analogamente le donne sono mag-giormente coinvolte nel peggioramentodrammatico dei dati di disoccupazione gio-vanile.E' evidente, quindi, che alcuni interventi de-stinati ad avere un impatto generale sulla

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possibilità per tutti i cittadini di perseguireattivamente i propri piani di vita e di miglio-rare il tasso di occupazione, hanno un rilievoparticolare per le donne alle quali devonoessere offerte concrete possibilità di lavoroa supporto di scelte di vita libere e consape-voli. Nello stesso tempo, è evidente come ilmiglioramento del tasso di partecipa-zione delle donne al lavoro nel nostroPaese è una strategia primaria per soste-nere la crescita economica e la stabilitàdel sistema di welfare.Le misure di riforma fiscale mirate a so-stenere i redditi da lavoro più bassi(prima aliquota IRPEF 20%) favoriscono inprimo luogo, oltre ai giovani, le lavoratricie, per il loro tramite, le famiglie: le sacche dipovertà maggiori si annidano, infatti, neinuclei monogenitoriali e nelle famiglie nu-merose con un solo reddito (quello ma-schile) disponibile.Il sostegno alla maternità è un pilastrofondamentale delle politiche per l'occupa-zione femminile: il riconoscimento dell'in-dennità di maternità come diritto dicittadinanza, con copertura pari al 100%della retribuzione, relativo finanziamento acarico della fiscalità generale ed estensionea tutte le forme di lavoro.Ad esso si affiancano: introduzione di unadetrazione fiscale per il reddito da lavorodelle donne in nuclei familiari con figli mi-

nori; l'incentivazione fiscale (con fiscalizza-zione degli oneri sociali per le imprese) e so-stegno della flessibilità oraria e del parttime (reversibile e volontario); la coperturacon contributi figurativi dei periodi di in-terruzione del lavoro correlati ad impegnidi cura, che consente di sostenere le propriescelte familiari senza penalizzazioni rispettoalle carriere contributive ed al futuro im-porto della pensione (le pensionate poveresono assai più numerose degli uomini) ; l’as-segno universale per i figli (3.000 euro perfigli da 0 a 3 anni in sede di prima applica-zione, riproporzionato al reddito) e il poten-ziamento della rete di servizi perl’infanzia, attraverso il rifinanziamento delFondo dedicato, e la flessibilizzazione deitempi di accesso ai servizi, sostengono lepossibilità di ricerca di lavoro delle donne;l'incremento dell'indennità per il congedoparentale facoltativo, incentivato per gli uo-mini, e il congedo di paternità obbligato-rio favoriscono la conciliazione della sceltadi maternità con il mantenimento dell’occu-pazione, facilitano la conciliazione tra tempidi vita e tempi di lavoro e contribuiscono ariequilibrare i ruoli all’interno della famiglia,attraverso la condivisione dei compiti dicura; il sostegno pubblico all’assistenza ainon autosufficienti attraverso. il rifinan-ziamento del Fondo, sostiene la famiglia incompiti di cura gravosi che oggi ricadono

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soprattutto sulle donne. Le politiche fiscali specificamente mirate afavorire l'occupabilità delle donne si eserci-tano su due fronti:a) Misure finalizzate a sostenere il redditodelle lavoratrici:• detrazione Irpef aggiuntiva per ogni figlioa favore delle donne che lavorano;• deducibilità delle spese per assistenza aifigli e/o ai congiunti non autosufficientib) Misure incentivanti rivolte alle imprese• credito di imposta per le imprese che as-

sumono donne nelle aree del mezzogiorno;• Incentivi ai datori di lavoro (fiscalizzazioneper 1 anno degli oneri sociali) che assumonodonne che riprendabno l'attività lavorativadopo periordi dedicati alla cupra•riqualificazione e rifinanziamento delFondo nazionale per l’imprenditoria femmi-nile e potenziamento della formazione pro-fessionale delle lavoratrici autonome;• Azioni di facilitazione e sostegno al creditoed alla capitalizzazione per le nuove impresefemminili.