fede, arte e tradizione presepi di ieri e di oggi · fuga in egitto – e rinnovati di an-no in...

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TRADIZIONI 60 Fede, arte e tradizione Presepi di ieri e di oggi Giulio Sommariva

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TRADIZIONI 60

Fede, arte e tradizione

Presepi di ieri e di oggiGiulio Sommariva

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Una tradizione giunta sino a noi attraverso un denso affollarsi

di elementi religiosi e popolari, attribuisce a Francesco d’Assisi

“l’invenzione” del presepe.

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Certo è che il presepe diGreccio – si trattava inrealtà di una sacra rap-

presentazione – contribuì alladiffusione di una pratica devo-zionale a quell’epoca già conso-lidata e che avrebbe conosciutoun periodo di eccezionale splen-dore soprattutto a part ire dalXVII secolo, con l’affermarsi del-la cultura barocca.All’interno della complessa ed ar-ticolata liturgia post-tridentina ilpresepe trovò infatti – accanto ai“Sepolcri”, alle “macchine” per leQuarantore ed agli altri apparatieffimeri – una ben precisa collo-cazione come strumento di devo-zione particolarmente suggesti-vo, capace di coinvolgere emo-zionalmente i fedeli, anche i piùumili, f ino a renderli partecipidell’evento rappresentato 1. Pro-prio per rispondere meglio a que-sti obiettivi, il presepe barocco,abbandonata la scarna essenzia-lità dei presepi quattro-cinque-centeschi, fu infatti caratterizzatoda un’estrema, quasi esasperataattenzione al dato realistico, tan-

to nella resa dei personaggi (ma-nichini articolati con abiti in tes-suto, occhi di vetro e talvolta par-rucche), quanto nelle soluzionicoreografiche e scenografiche.La struttura mobile delle figurineconsentiva infatti la realizzazionedi allestimenti spettacolari, sem-pre variat i nel tempo – dopol’Adorazione dei pastori venivanorappresentate l’Adorazione deiMagi, la Presentazione al Tem-pio, la Strage degli Innocenti, laFuga in Egitto – e rinnovati di an-no in anno con l’inserimento dinuovi personaggi, o con la sosti-tuzione di costumi e accessori2.Ogni figura veniva infatti vestitain modo adeguato al personag-gio, per enfatizzarne i l ruolo:mentre le vesti della Vergine e diSan Giuseppe, si ripetevano conpoche varianti, le vestiture deipastori e dei popolani rispecchia-vano più realisticamente l’abbi-gliamento delle classi meno ab-bienti e si articolavano secondouna maggiore varietà di fogge,colori e tessuti3.Non è un caso, d’altra parte, cheil presepe a figure mobili sia dif-fuso in tutta l’Europa cattolica inun breve volgere di anni: nel1605 è documentato un presepecon figure a manichino snodatonella chiesa gesuitica di San Mi-chele a Monaco di Baviera, nel1608 e nel 1609 analoghi allesti-menti sono documentati ad Inn-sbruck e Hall, ancora presso iGesui t i ; nel 1610 a Genova,presso la chiesa del conventocarmelitano di Monte Oliveto; nel1621 presso l’abbazia benedetti-na di Novacella; nel 1627 a Na-poli, presso la chiesa degli Sco-lopi, nel 1644 ad Aix en Proven-ce, ad opera degli Oratoriani 4.A Genova dopo quel precoceesordio, di cui non rimane trac-cia, la produzione di figure pre-sepiali conobbe una eccezionalefioritura: una tradizione, infonda-ta quanto pervicace, lega a que-sta particolare attività il nome

Qui e alle pagine precedentiParticolari del presepeallestito nella sala didatticadella Galleria di PalazzoRosso a Genova.

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del più prestigioso esponentedella scultura lignea genovesetra Sei e Settecento, Anton Ma-ria Maragliano. Se non è docu-mentato un impegno diretto delmaestro, certamente dalle botte-ghe degli intagliatori genovesi, eprobabilmente anche da quella,attivissima, del Maragliano, nelcorso del XVII e XVIII secolo edancora nei primi decenni dell’Ot-tocento, uscirono centinaia ecentinaia di figurine 5.

I l fenomeno non raggiunse aGenova la diffusione che ebbe aNapoli, ove una “follia collettiva”coinvolse sovrani, aristocratici,e ricchi borghesi in una singola-re tenzone artistica, tuttavia an-che in ambito locale almeno inun caso, quello di Gio. France-sco I I Br ignole-Sale (1695-1760), collezionista colto e raffi-nato, si può parlare di una vera“passione”. Dalle carte dell’Ar-chivio Brignole-Sale infatti, ac-canto alle numerose spese peracquisti di arredi, suppellettili eoggetti preziosi provenienti daParigi, Vienna, Roma o Venezia,pubblicate da Laura Tagliaferro 6

a documentazione della “magni-ficenza” della famiglia, sono ri-por tate quel le sostenute nel1729, a p iù r iprese,da Gio.Francesco II per l’acquisizionedi figure da presepe a Napoli.Potrebbe apparire quantomenosingolare i l fa t to che, nono-stante la cospicua e consolidataproduzione degli intagliatori lo-cal i che potevano vantare, aquella data, una tradizione or-mai secolare, ci si rivolgesse aNapoli per l’acquisto di un pre-sepe, ma non va dimenticatoche la città deteneva un innega-bi le primato in questa produ-zione, quasi un monopolio, lacui fama travalicava i confini delRegno.Assai noti sono, d’altra parte, gliintensi rapporti in campo artisticotra le due città, a partire dagli inizidel XVII secolo, come pure la co-

spicua presenza di opere di artistinapoletani presso i collezionistigenovesi. È comprensibile quindiche Gio. Francesco II, al qualenon erano certamente ignoti l’am-biente culturale ed artistico napo-letano nonchè le consuetudini edil tenore di vita della corte e delsuo entourage, avesse colto contempestività il suggerimento diBattinetta Durazzo circa il Prese-pio di cento dieci e più pezzi tuttiben vestiti del famoso scultoremorto e la mediazione del fratellodi lei, Stefano, per dotare la suaresidenza di Palazzo Rosso di unpresepe fastoso per consistenzae dimensioni, e prestigioso perprovenienza, confermando, anco-ra una volta, la magnificenza delproprio casato. E che si trattassedi un presepe grandioso, lo sievince dalla Nota del Presepio al-legata alla proposta di acquisto,che enumera ben centoventottopezzi: sessantuno figure e ses-santasette animali 7. Di questo ec-cezionale complesso, non perve-nuto al Comune di Genova con lecollezioni d’arte donate alla cittàda Maria Brignole-Sale, ultima di-scendente del casato, sono stateindividuate una quarantina di fi-gure e una decina di animalipresso il convento di Nostra Si-gnora del Rifugio in Monte Calva-rio e sei figure e cinque animalipresso il convento cappuccinodella SS. Concezione: un insiemefortemente ridotto - dimezzato -rispetto alla compagine iniziale 8.Negli anni seguenti all’acquisto ilmonumentale presepe fu certa-mente allestito con ogni cura: loattestano le ricorrenti note di spe-sa relative alla vestitura delle figu-re (per raso cremesile, marocchi-no rosso, gallonetto di seta, piu-me, due cappelli, dodici paia discarpe e stivaletti ...)9, per la forni-tura di accessori (una stella, undiadema, trombette, bastoni, ala-barde, mazze ferrate e staffe ...)10, ovvero per gli elementi neces-sari alla scenografia (lumerette,

Nicola Fumo (1645-1725),attr.: “tavernara", “giovane donna in atteggiamento di sorpresa" (particolare) e "pastore rusticodell'annunzio".Genova, Convento di N.S. del Rifugio.

no una segnalazione merita, inparticolare, quello predispostopresso la chiesa del SS. Nomedi Gesù a Geo di Ceranesi. Inquesto caso la tradizione riviveattraverso l’impegno di un foltogruppo di parrocchiani – unaventina di appassionati volontari– che hanno dato vita ad unasuggestiva rievocazione di quel-la civiltà contadina ormai disgre-gata dall’avanzare della città.La scena della Natività è infattiambientata in un paesaggioagreste che rielabora liberamen-te molteplici scorci della vallatadel Polcevera: il santuario di N.S. della Guardia e, più in basso,la chiesa di San Biagio svettanosulla giogaia di monti lungo le cuipendici sono disseminati gruppidi case rustiche, articolate dacorpi di fabbrica più bassi e scaleesterne, circondate da pollai, co-nigliere, fienili. Vi si possono ri-conoscere la cartiera di San Mar-tino di Paravanico, case di Valle-regia, di Livellato, del Garbo, tut-te puntigliosamente riprodotte,con un’estrema attenzione all’usodei colori e dei materiali, fino aipiù minuti dettagli costrutt ivi,quali i minuscoli arredi che ani-mano gli interni delle case. E poiscene di genere che rievocano leattività della vallata, quelle con-suete legate ad una realtà conta-dina, ma anche quelle specifichedella zona come i l cestaio, lo“scurbaieu”, di cui viene descrittaanaliticamente l’attività. Il tuttoanimato da figure a manichino interracotta e stoppa, di produzio-ne napoletana contemporanea,rivestite dagli stessi autori delpresepe con la consueta atten-zione. Una ricostruzione che tut-tavia non si esaurisce in uno ste-rile, per quanto abilissimo, eser-cizio; traspare dal presepe lapartecipazione corale di una co-munità che in quel le case, inquelle campagne, in quei muri asecco faticosamente costruiti,nelle aie, nelle locande, nel cam-

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casette di cartone, corbe di erba,fasci di rami, ghiara, carta colori-ta, colla e tavole)11. Una disaminapuntuale di questa documentazio-ne in relazione al problema degliallestimenti esulerebbe dai limitidel presente contributo; tuttavianon si può non sottolineare l’im-portanza dei dati relativi alle spe-se Per n. 6 tavolette longhe discatola per i cavalli che giravano[...] , Per filo di ferro, spago, cordeda violino per i giochi [...], Per cin-ghia per il gioco del Ponte 12 che,attestando la presenza di figure inmovimento, confermano, ancorauna volta, la concezione eminen-temente spettacolare del presepebarocco, divertissement elegantee raffinato per le classi colte enon solo efficace strumento dipropaganda nell’ambito della litur-gia controriformistica. Un veroteatro in miniatura, per il quale sirendeva necessaria l’assistenzadi un “macchinista” per i movi-menti13, e davanti al quale non po-teva mancare un adeguatoaccompagnamento musicale, co-me documenta il pagamento ai

suonatori di trombetta e oboe allesere quando si facea vedere essoPresepe14, ovvero allorché, acce-se le lumerette, lo spettacolo an-dava in scena.Alla suggestione di queste testi-monianze archiviali si ispira il pre-sepe realizzato, in occasione delNatale 2000, presso la sala didat-tica della Galleria di Palazzo Ros-so, a cura della Direzione Cultura,Sport e Turismo – Settore Musei,del Comune di Genova. L’allesti-mento che si avvale di elementiscenografici tardo ottocenteschi èanimato da figure settecenteschedi manifattura genovese, apparte-nenti alle collezioni civiche: non sitratta del presepe di Gio. France-sco II, ma di un allestimento cheintende rievocare l’atmosfera chedoveva aleggiare nelle sale delPalazzo in occasione delle festi-vità natalizie.La tradizione del presepe tutta-via continua ancora, e con rinno-vato vigore, presso chiese econventi della Liguria: tra i nu-merosissimi presepi allestiti inquesto Natale del Giubileo alme-

Presepe allestito presso la chiesa del SS. Nome di Gesù a Geo di Ceranesi(Genova), insieme e particolari.

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po da bocce all’ombra di un per-golato, riconosce la propria me-moria ed il proprio presente, conun processo di identificazioneanalogo a quello che si determi-nava, nel XVII e XVIII secolo, difronte ai monumentali presepibarocchi. Comunità partecipi,quelle di ieri e quelle di oggi, diquell’evento prodigioso che, aprescindere dalle convinzioni diciascuno, avrebbe comunquemutato il corso della storia.

Note1 Una conferma, e assai precoce, dellafinalità didattica del presepe si può evin-cere anche dalle notizie relative alle atti-vità dei Gesuiti in terra di missione. Il 20dicembre 1565 il padre provinciale Anto-nio De Quadros, scriveva infatti da Ma-lacca al padre generale Francesco Bor-gia: Il giorno di Natale anche qui faccia-mo il presepio dove sono tutte le figure ele rappresentazioni della Natività e restaesposto fino al giorno di Gesù (capodan-no). Mi sembra che non convenga to-glierlo perchè è visitato dalla gente dicampagna e viene costruito per loro, on-de condurli dalle cose corporali a quellespirituali e dalle figure a ciò che rappre-sentano. Di un allestimento presepialeparla anche il padre Melchior Dias, inuna lettera del 1 dicembre di quello stes-so anno da Bazain: L’ufficio di Natale sicelebrò attirando la maggior parte dellacittà con il canto liturgico e cantici popo-lari con cui si costuma di celebrare qui laNatività del Signore rappresentata nelpresepio (Vicki S.J., Documenta Indica,vol.VI, Roma, 1960, pp. 498-561). Sap-piamo altresì che il padre Cristovao deGovea, visitando le missioni in terra bra-siliana, aveva proibito l’uso del presepe;solo dopo richiesta del padre provincialeal padre generale Claudio Acquaviva, nel1592, la consuetudine potè essere ripri-stinata, purchè fossero evitati eccessi edivagazioni (Archivium Romanum S.J.,Congr. Provinc., fol. 310).2 Si veda a questo riguardo: G. Somma-riva, Aspetti tecnologici e scenograficidel presepe genovese, in Venite Adore-mus. Note sul presepe genovese, Geno-va 1993, pp. 58-733 Cfr. M. Cataldi Gallo, La moda in mi-niatura, in Venite …, op. cit., pp. 74-83.4 Queste problematiche sono state am-piamente affrontate in: G. Borrelli, Il Pre-sepe Napoletano, Roma 1970, pp. 39-48; G. Biavati, G. Sommariva, L’anticopresepe genovese, Genova 1993, pp.13-30; R. Bertand, Crèches et Santonsde Provence, Avignon 1992, pp. 18-19.5 M.C.Galassi, Artefici e collezionisti delpresepe genovese, in Venite… op. cit.,pp. 38-48 e Biavati, Sommariva, op. cit.,1993, pp. 33-58.6 L. Tagliaferro, La magnificenza priva-ta: “Argenti, gioie, quadri e altre nobiltà”della famiglia Brignole Sale (secoli XVI-XIX), Genova 1995, pp. 98, 124.7 A.S.C.G., B.S. scatola documenti sfusi:

Nota del presepe consegnato al signorabate Stefano Durazzo per i l s ignorChecco Brignole. La Madonna, il Bambi-no e S. Giuseppe pezzi n. 3/ angeli 2 perla capanna ed uno per l’annunzio qualepure può servire per la capanna n.3/contadine pezzi n. 4/ pastori pezzi n. 22/Magi n. 3 pezzi n. 3/ nani n.3 pezzi n. 3/schiavi nudi n. 3 pezzi n. 3/ schiavi davestirsi n. 15 pezzi n.15/ trombettieri n. 2pezzi n. 2/ paggi di valigia n. 3 pezzi n.3/ figure in tutto pezzi n. 61/ Bestiame/ ilbue l’asino per la capanna pezzi n. 2/ ca-valli grandi n. 12/ un cavallo picciolo n. 1/muli n. 3/ cameli n. 3/ vacche n. 12/ vitellin. 7/ cani n. 2/ pecore N. 11/ capre n. 12/asini n. 2/ somma n. 67/ per somma peril presepe pezzi n. 128.8 Per un primo inquadramento del com-plesso e per un’analisi dei singoli pezzisi rimanda a: G. Biavati, G. Sommariva,Il presepe riscoperto. Un “unicum” napo-letano del Seicento a Genova, Genova1989; una nuova ipotesi attributiva èavanzata in: G. Sommariva, Il presepe ri-trovato: figure presepiali napoletane nel-la dimora dei Brignole-Sale, in “Bollettinodei Musei Civici Genovesi” anno XVIII –N. 52-53-54, Gennaio/Dicembre 1996,pp. 115-123.9 A.S.C.G., BS, Filza XXXVI, 1731, 27febbraio, Conto di spese e fatture fatteda Pietro Pareto a varie figure del prese-pe; 1731, 8 novembre, Conto del Para-mentaro Serafino Luxardo [voce palmi 3raso cremesile mancato per le vesti dellefigure del presepio a soldi 20 il palmo £.4, datata 1 marzo 1730].10 A.S.C.G., BS, Filza XXXVI, 1731, 27febbraio, Conto di spese e fatture ...11 A.S.C.G., BS, Filza XXXVI, 1729, 20dicembre, spese proprie; 1731, 17 gen-naio, Conti di Arena giardiniere, conti-nenti le spese per gli animali in Albaro,suo salario a tutto dicembre prossimopassato e spese per erba per il presepe.12 A.S.C.G., BS, Filza XXXVI, 1731, 20marzo, Conto di spese fatte da D. Matteoper il presepe. La notizia assume unaparticolare importanza perchè costituiscela più antica documentazione di una con-suetudine assai diffusa nel XIX secolo aGenova, soprattutto nell’ambito dei pre-sepi allestiti presso i conventi cappucci-ni. A Napoli e a Roma tale tradizione èattestata, nel 1766, da una lettera di Lui-gi Vanvitelli al fratello, don Urbano: “Ilpresepio che si friccica era cosa rarissi-ma ed incredibile; anche in Roma vi so-no dei presepii che si muovono li pupaz-zi, ma alla muta.” (Le lettere di LuigiVanvitelli della Biblioteca Palatina di Ca-serta, a cura di F. Strazzullo, Galatina1977, vol. III, pp. 240-241). La tradizionedei presepi animati conobbe notevolefortuna anche in Provenza, come atte-stano anche i numerosi annunci pubbli-cati dal Journal de Provence tra il 1786ed il 1791, relativi a presepi con figure inmovimento, visitabili, dietro pagamentodi un biglietto, nel periodo compreso traNatale e la Purificazione (P. Ripert, Lesorigines de la Crèche Provençale et deSantons Populaires à Marseille, Marseil-le 1959, pp. 65-66).13 A.S.C.G., BS, Filza XXXVI, 1731, 27febbraio, Conto di spese e fatture fatte daPietro Pareto a varie figure del Presepe.14 Ibidem.

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Gianluca Zanelli

Fra le svariate opere d’arte rinascimentali conservate all’interno della Cattedrale di Savona emerge, per la raffinata e minuziosa lavorazione, la monumentale

croce marmorea posta in prossimità della controfacciata a destra dell’ingresso principale.

suo piede sinistro. Elemento nonsecondario ma parte di un precisoprogramma iconografico, la Ma-donna risulta strettamente legataagli altri elementi scolpiti su en-trambi i lati della croce, il cui intrin-seco messaggio di redenzione, an-nunciato dall’arcangelo Gabriele ereso possibile attraverso il sacrificiodi Cristo, simboleggiato dal pellica-no, trova nei gesti profondamenteumani della Vergine una dimensio-ne più “terrena” di rara suggestionee impatto.

Nota bibliografica:

Per la cattedrale di Savona e il suo patri-monio artistico: Il complesso monumentaledella Cattedrale di Savona. Guida storico-artistica, Savona 1974; Un’isola di devo-zione. Il Complesso Monumentale dellaCattedrale di Savona, a cura di G. RotondiTerminiello, Savona in c.d.s. Per la documentazione sull’opera: E. Par-ma Armani, Una svolta internazionale, inLa scultura a Genova e in Liguria. Dalleorigini al Cinquecento, Genova 1987, pp.271-272; F. Cervini, La croce perduta diGiovanni da Montorfano, in Tessuti, orefi-cerie, miniature in Liguria XIII-XV secolo,Atti del Convegno Internazionale di Studi,Genova-Bordighera, 22-25 maggio 1997,a cura di A. R. Calderoni Masetti, C. DiFabio, M. Marcenaro, Bordighera 1999,pp. 213-234 (in particolare pp. 222-224);S. Sogno, Scultore lombardo, fine del sec.XV: Croce, in Un’isola di devozione. IlComplesso Monumentale della Cattedraledi Savona, a cura di G. Rotondi Terminiel-lo, Savona in c.d.s.

La Madonna della Redenzione:il lato nascosto della croce marmoreanella Cattedrale di Savona

I l complesso scultoreo raffigu-ra nel lato anteriore il Cristocrocifisso morto, affiancato,

nei cantonali, dall’Arcangelo Ga-briele, dalla Vergine annunziata eda un pellicano posto su un nido e,in quello posteriore, l’immagine del-la Madonna stante che stringe unerculeo Bambino, corredata daisimboli degli evangelisti disposti neicapicroce. L’opera venne collocatanella sua attuale ubicazione alla fi-ne degli anni Settanta dell’Ottocen-to dopo essere stata esposta pres-so il ponte dello Sbarro e successi-vamente lungo la salita della Ta-gliata, dove fu notata da FederigoAlizeri nel 1877. Proprio allo storicogenovese si deve l’attribuzione del-la croce a Giacomo Molinari, scul-tore attivo a Savona a cavallo deisecoli XV e XVI, ipotesi che, già piùvolte messa in discussione in quan-to basata unicamente sulla letturadi un documento dell’ottobre del1490 attraverso il quale viene sem-plicemente attestata la presenzadel Molinari nel centro ligure, è sta-ta giustamente corretta a favore diun più generico riferimento ad unignoto artista lombardo operantenel centro della Liguria di Ponentealla fine del Quattrocento. Non paredel tutto sicura neppure la proposta

di ritenere il manufatto provenientedall’antica cattedrale, distrutta inseguito alla conquista della città daparte dei genovesi; sebbene il no-taio savonese Ottobono Giordano,descrivendo alla fine del Cinque-cento l’edificio poi demolito, elen-casse un “grande crucefisso con loornamento”, nuovamente citato unsecolo dopo dallo storico Gio. Vin-cenzo Verzellino, non è possibileidentificare con certezza quest’ope-ra con la croce qui analizzata, perla quale non si può neppure esclu-dere la provenienza da un altrocomplesso religioso della città, co-me ad esempio la chiesa di SanFrancesco.Al di là comunque della precisa pa-ternità e della sua ubicazione origi-naria, che potranno essere deter-minate solo in seguito al rinveni-mento di nuove carte d’archivio, lascultura costituisce un importante eprezioso esempio della produzionemarmorea ligure tardo quattrocen-tesca, contraddistinto, come giàaccennato, da una preponderantematrice lombarda, rintracciabileprincipalmente nella resa estrema-mente modellata dei corpi, nelladefinizione dei profondi e insistitipanneggi delle vesti, nelle pacateed equilibrate posture dei perso-

naggi e nella minuta lavorazionedel fregio di bordura a nastri, pal-mette e grappoli d’uva. Se l’aggra-ziato corpo del Cristo mostraprofonde tangenze con la culturapittorica ligure degli anni Settantadel Quattrocento – fattore che ren-de ancor più fondata l’ipotesi diuno stretto legame tra questo ma-nufatto e la croce dipinta commis-sionata nel gennaio del 1470 al pit-tore Giovanni da Montorfano dallaconfraternita savonese dei discipli-nanti di Santa Maria di Castello – lafigura della Madonna intenta a reg-gere con materno affetto il figlio,spesso trascurata in quanto non fa-cilmente visibile essendo rivoltaverso la controfacciata, denota unaancor maggiore plasticità, accen-tuata dai morbidi panneggi che la-sciano intravedere un corpo bentornito ormai scevro da ricordi goti-cheggianti. Estremamente “moder-na” è poi la descrizione del levigatovolto della Vergine, incorniciato daun velo appoggiato sulle chiomescolpite a lunghe ciocche ondulatee contraddistinto da un tenero sor-riso appena accennato, che si con-trappone al più massiccio capo diGesù Bambino, abbracciato tena-cemente al busto della madre, laquale stringe con la mano destra il