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Focus sulle partecipate Portogruaro 13.04.2011 – Dr. Roberto Russo

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Regole (dal libro di Roger Abravanel)

• “L'Italia ha due problemi: regole sbagliate e cittadini che non le rispettano. È questa la causa dell'immobilità economica e sociale del nostro Paese. Le regole giuste sono sempre state alla base dello sviluppo e dell'innovazione”.

• “In genere da noi leggi, norme e regolamenti sono troppo numerosi e troppo complicati, tanto che diventa molto difficile rispettarli”.

• “Per rimediare, vengono emanate nuove regole, sempre più severe, e la situazione peggiora.”

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Le società partecipate

• In Italia ci sono 5.860 società pubbliche detenute da circa 8.000 comuni.

• Di che cosa si occupano?– Trasporti, cultura, commercio, sanità,

servizi pubblici locali,….• Bisogna ridurne il numero.

– Perché? Generano deficit di bilancio– Come? Privatizzando, aggregando,

dismettendo.• Ma con quale criterio?

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Le società partecipate

Mantenere

Bene o serviziopubblico

Bene o servizioprivato

Vendere al miglior offerente

Partnership pubblico-privato

Vendere o dismettere

Società partecipatain equilibrio di bilancio

Società partecipatain deficit di bilancio

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Le società partecipate

• Le regole pongono paletti sempre più stretti per spingere gli Enti Pubblici a privatizzare?– L’ in-house diventa sempre più difficile. Ma

l’in-house è previsto dalle leggi comunitarie, perché in Italia si vuole limitarlo?

• Si presume che il privato sia più efficiente del pubblico. Ma il privato trasforma l’efficienza in profitto e solo quando è costretto, dalla concorrenza, in tariffe migliori per i consumatori

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Le società partecipate

• Siamo sicuri di non sostituire monopoli pubblici con monopoli privati?– Il profitto pubblico almeno è reinvestito dall’ente

locale per la collettività, quello privato no.

• Se anche all’inizio vi è concorrenza, l’apertura al mercato porta verso la concentrazione del settore (tramite fusioni e acquisizioni) e dunque a strutture oligopolistiche (collusive?)

Siamo sicuri di fare l’interesse dei cittadini/consumatori?

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La scelta è strategica - gestionale

• Quella sulle partecipate è un’opportunità

• La scelta non è solo di rispetto delle normative ma strategica e gestionale.

• Strategica (politica) in quanto va fatto un piano strategico della gestione delle partecipate

• Gestionale in quanto si deve migliorare nel controllo della loro gestione

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Governo e controllo partecipate

• Vi sono precise responsabilità giuridiche e politiche che continuano a permanere nell’ambito degli Enti Locali.

• Dal punto di vista del diritto civile e amministrativo, occorre infatti osservare che, se la società esterna:

• è controllata da un Ente Locale (in quanto azionista di maggioranza oppure di riferimento), questo ha sia il dovere/potere di verificare come la società è condotta ed amministrata, sia il diritto di intervenire in sede assembleare per prendere i provvedimenti più opportuni

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• è partecipata da un Ente Locale (in veste di azionista di minoranza qualificato), questo ha sia il dovere/potere di verificare come la società è condotta ed amministrata sia il diritto di proporre, in sede assembleare, i provvedimenti più opportuni.

• L’eventuale partecipazione al ripianamento delle perdite oppure l’erogazione, ad esempio, di contributi a fondo perduto sono un ulteriore elemento perché tale attività di controllo sia esercitata in maniera realmente efficace e tempestiva;

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• non è partecipata in alcun modo da un Ente Locale, ma è concessionaria di un pubblico servizio a suo nome, questo rimane garante verso l’utenza sia della continuità del servizio sia delle modalità e dei costi stabiliti in sede di concessione;

• Il mancato esercizio di un’efficace e tempestiva azione di controllo analogo ricade pertanto nella sfera della responsabilità dell’Ente Locale e, a seconda dei casi, può comportare dei pesanti risvolti di tipo civile e/o penale.

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• La cassazione ha recentemente stabilito con la sentenza numero 28699 del 21.07.2010 che quasi nessuna azienda a partecipazione pubblica sfugge alle sanzioni del Decreto Legislativo n. 231/01.

• In particolare secondo la corte di cassazione “sono esonerati dall’applicazione del decreto legislativo n.231/01 soltanto lo stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, e gli altri enti pubblici non economici.”

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• Quindi la natura pubblicistica di un ente è condizione necessaria ma non sufficiente dall’esonero della disciplina “dovendo altresì concorrere la condizione che l’ente medesimo non svolga attività economica”.

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• Il controllo analogo è fondamentale e necessita:

• presenza, di un nucleo di specialisti che hanno la necessaria competenza sia metodologica sia dell’attività svolta dall’azienda “controllata”;

• disponibilità di un opportuno sistema di reporting, che evidenzia mensilmente i risultati raggiunti (qualità dei servizi, costi, ricavi, margini, investimenti) a livello di “prodotto” e di centro di responsabilità;

• definizione di un calendario di incontri con gli organi dirigenti della ‘controllata”:

• ed ancora in via preventiva (obiettivi qualitativi e quantitativi dell’esercizio, budget annuale, ...);

• durante l’esercizio (analisi del consuntivo infrannuale, valutazione degli scostamenti con il budget, definizione degli interventi correttivi);

• in via consuntiva (valutazione dei risultati raggiunti e delle responsabilità relative)

• Dati consolidati       

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Bilancio Consolidato

• Nell’ultimo decennio, all’incirca, la massiccia esternalizzazione di servizi e funzioni da parte degli enti locali ha determinato la formazione di vere e proprie holding, con una proliferazione di soggetti facenti comunque capo, parzialmente o totalmente, agli enti medesimi, seppur distinti nella loro soggettività giuridica ed economica.

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• Al di là di tali aspetti, certamente rilevanti, all’ente locale fanno capo anche obblighi inerenti la sua natura pubblicistica, come tale soggetto a quelli previsti dalla finanza pubblica, e in particolare del patto di stabilità.

• Il decentramento avvenuto a livello di gruppo ha fatto uscire dal bilancio dell’ente, documento essenziale per la definizione del saldo finanziario tra entrate e spese finali, rilevante per lo stesso patto di stabilità, una quantità di movimentazioni finanziarie che, pertanto, si pongono in termini elusivi dello stesso; 15

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• d’altra parte, il proliferare di soggetti autonomi sia in senso giuridico che economico, ciascuno con un proprio bilancio, non consente più una visione della realtà sostanziale che fa capo all’ente capogruppo, sia in termini finanziari che economico-patrimoniali, richiedendo una rappresentazione unitaria, che sintetizzi, in modo organico, le molteplici realtà parziali esistenti.

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• Diversamente, sia il bilancio in termini finanziari redatto dall’ente capogruppo, al pari degli stessi conto economico e conto del patrimonio, vengono a comprendere solamente una parte delle operazioni comunque riconducibili all’attività globalmente svolta dall’ente medesimo, non includendo quelle effettuate dai soggetti partecipati, che possono condurre alla nascita di passività occulte, da porsi poi a carico della collettività.

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• Lo strumento atto ad evitare ciò, costituito appunto dal bilancio consolidato, non ha sinora conosciuto, nell’ambito pubblicistico, a differenza di quello civilistico, un utilizzo sistematico, né una particolare attenzione da parte del legislatore e degli organi istituzionali, anche se, ultimamente, si è andata accentuando l’attenzione volta al recepimento di tale strumento tra le modalità rappresentative dei gruppi locali.

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• L’esternalizzazione di funzioni e servizi a livello locale, a mezzo di tali soggetti, ha determinato effetti anche riguardo all’osservanza del patto di stabilità, nei confronti del quale divengono irrilevanti una moltitudine di movimentazioni finanziarie che, escluse dal bilancio finanziario dell’ente capogruppo, rientrano esclusivamente nell’alveo dei bilanci economici dei soggetti partecipati.

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• A tal proposito, l’art. 19, c. 1, del D. L. 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, aveva previsto l’emanazione, a mezzo di un apposito decreto attuativo, delle modalità e della modulistica per l’assoggettamento delle societa partecipate dagli enti locali al patto di stabilità medesimo

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• Successivamente, l’art. 15, c. 1, lett. f), del D.L. 25 settembre 2009, n. 135, a sua volta convertito con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, ha circoscritto tale assoggettamento ai soli affidatari in-house di servizi pubblici locali, di cui all’art. 23 bis del D. L. 25 giugno 2008, n. 112, così come risultante dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di conversione dello stesso, e s.m.i.

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• Il regolamento attuativo di quest’ultimo - il D. P. R. 7 settembre 2010 n. 168 - ha confermato, all’art. 5, che sono soggetti al patto di stabilità gli affidatari in-house di servizi pubblici locali, ai sensi dei cc. 3) e 4) dell’art. 23 bis medesimo.

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• Agli enti affidanti è attribuita soltanto una funzione di vigilanza in merito, mentre le modalità e la modulistica relativa verranno definite in sede di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 2, c. 2, lett. h), della già citata legge n. 42/2009, in materia di bilancio consolidato.

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• I dati emergenti da questo, redatto in termini economico -patrimoniali, si riferiscono tuttavia, per loro natura, alla competenza economica, diversamente, pertanto, da quelli rilevanti per il patto di stabilità, calcolati invece sulla base della loro competenza finanziaria.

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• La traduzione dei primi nei secondi implicherebbe pertanto una riconciliazione opposta a quella prevista nel prospetto di conciliazione; ciò, tuttavia, limitatamente a quelli ritraibili dal conto economico consolidato, che potrebbero essere tradotti in entrate e spese correnti dell’ente capogruppo.

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• I dati emergenti dallo stato patrimoniale consolidato, estranei alla gestione economica corrente, rappresentano invece valori di stock e non di flusso e pertanto non possono, di per sé, consentire di ritrarre quelli delle movimentazioni relative: ciò sarebbe possibile solo disponendo degli ulteriori dati a queste riconducibili, emergenti dal rendiconto finanziario consolidato, che rientra tra le informazioni supplementari che accompagnano il bilancio consolidato medesimo.

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Risorse umane e partecipate

• L'obbligo del trasferimento del personale (oltre che delle necessarie risorse finanziarie e strumentali) alle società di nuova costituzione o partecipazione (disposto dalla legge finanziaria 2008) rappresenta, un formidabile ostacolo al ricorso alla forma societaria di gestione, quantomeno per attività e servizi già esistenti, in forza delle comprensibili resistenze che si registrano sul piano sindacale e da parte dei dipendenti coinvolti (che raramente interpretano come un'opportunità la perdita dello status di dipendenti pubblici, tanto più nella prospettiva di essere impiegati presso società che potrebbero essere anche integralmente privatizzate).

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• La reinternazionalizzazione• La Corte dei conti Lombardia ha chiarito

che l'ente locale potrà procedere alla reinternalizzazione del personale delle partecipate a condizione che “vi sia stato trasferimento di personale al momento della costituzione della società o dell'affidamento del servizio alla medesima e sia stato previsto , a norma di statuto o di regolamento di servizio, ovvero mediante un protocollo d'intesa tra l'Amministrazione locale e le organizzazioni sindacali di settore, il reintegro nel ruolo dell'ente locale in caso di scioglimento della società o di parziale reinternalizzazione dei servizi pubblici locali”.

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• Tale clausola costituisce una condizione risolutiva dell'atto di trasferimento, legata ad una pluralità di circostanze, quali, da un lato, l'espressa volontà dei dipendenti trasferiti di rientrare nell'ambito dell'apparato comunale, dall'altra, l'esistenza di un concreto interesse pubblico alla riammissione dei dipendenti stessi.

• In questa prospettiva, la riammissione del personale del comune all'interno dell'organico dell'apparato municipale appare legittima in quanto conforme all'interesse pubblico.

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• Tale interpretazione è stata ritenuta corretta anche dalle sezioni riunite della Corte dei conti che, nella deliberazione n. 8/2010, hanno precisato che le condizioni necessarie perché si possa procedere alla riammissione in servizio sono:

• la persistenza di una carenza organica nei ruoli e per le funzioni di competenza dei dipendenti già trasferiti presso la società concessionaria;

• la disponibilità di risorse economiche per sostenere gli oneri connessi al reinquadramento;

• l'espressa volontà dell'amministrazione di procedere alla copertura dei posti scoperti mediante la riammissione dei dipendenti;

• l'inquadramento dei dipendenti nella medesima posizione giuridico-economica rivestita anteriormente al trasferimento presso la società concessionaria.

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- Amministratori• Una recente decisione della Suprema corte

espone a un maggior grado di responsabilità e di rischio le società a partecipazione pubblica locale operanti sul territorio.

• Sembra giunto il momento, infatti, che gli Enti locali diano corso a una ponderata riflessione istituzionale sui criteri di scelta e di nomina degli amministratori delle società pubbliche, che oggi più che mai dovrebbero essere individuati fra persone con requisiti di comprovata esperienza professionale in materia economica, amministrativa e industriale.

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• È agevole constatare che i requisiti stabiliti dai regolamenti comunali per ricoprire la carica di amministratori delle società partecipate sono generalmente rimasti i blandi requisiti previsti, nel secolo scorso, per accedere alla carica di amministratori nelle Aziende municipalizzate. Eppure i poteri e le responsabilità connessi all'esercizio del mandato di un amministratore (anche non esecutivo) di una Spa a partecipazione pubblica sono ben maggiori di quelli assegnati a un amministratore dell'azienda municipalizzata o speciale

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• incentrato sulla figura forte del direttore generale, e agli amministratori spettavano i soli compiti di rappresentanza politico-istituzionale dell'ente. È dunque necessaria sul punto una doverosa riflessione, la quale, se da un lato non si preannuncia di certo facile o indolore, dall'altro riveste carattere essenziale per il buon governo delle pubbliche società.

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Cessione quote• La cessione di quote di partecipazione nel capitale di

società pubbliche non è un’operazione facile, nemmeno per gli addetti ai lavori. La maggior parte delle partecipazioni sono possedute da comuni di piccole dimensioni che spesso non dispongono di strutture adeguate per gestire attività di questo genere.

• Le recenti normative che impongono queste operazioni sono fonte di preoccupazione non solo per il futuro della gestione dei servizi, per le strutture, le organizzazioni e i patrimoni esistenti, ma anche per l’iter complesso che interessa varie discipline: diritto amministrativo, societario e tributario, economia aziendale, finanza pubblica, ecc. Fare chiarezza su questo articolato mosaico èil modo migliore per iniziare

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• Le recenti normative che impongono queste operazioni sono fonte di preoccupazione non solo per il futuro della gestione dei servizi, per le strutture, le organizzazioni e i patrimoni esistenti, ma anche per l’iter complesso che interessa varie discipline: diritto amministrativo, societario e tributario, economia aziendale, finanza pubblica, ecc. Fare chiarezza su questo articolato mosaico è il modo migliore per iniziare

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• Il bilancio dell’ente• La dismissione di partecipazioni ha

riflesso sia sul bilancio di parte corrente, che sul bilancio in conto capitale.

• Si analizzano preliminarmente gli effetti sui saldi di natura corrente, per poi soffermarsi sui riflessi delle cessioni sul bilancio in conto capitale ed in particolare sul patto di stabilità.

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• un risparmio complessivo di spesa, derivante quantomeno dalla riduzione degli oneri amministrativi legati al funzionamento delle società stesse, quali i compensi agli amministratori, al Collegio sindacale, le spese di funzionamento delle sedi societarie, oneri tributari ecc., in virtù del principio di tendenziale unicità della pubblica amministrazione.

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• La sezione regionale di controllo della Lombardia della Corte dei conti con proprio parere n. 82/ 2008, ha riaffermato il principio che i contributi erogati dagli enti locali a compensazione di tariffe sociali imposte costituiscono il corrispettivo di un servizio il cui costo è assunto totalmente o parzialmente dalla collettività locale. L’importo dei contributi in conto esercizio costituisce spesa corrente, alla cui copertura l’ente locale deve provvedere già in sede di bilancio di previsione.

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• Anche la copertura della perdita delle società partecipate è da qualificare come spesa corrente nel bilancio dell’ente locale , poiché la ricapitalizza zione di una società sottende ad una ricostruzione del capitale sociale che si è eroso per effetto della gestione.

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• La cessione di quote importanti (pari almeno al 40%) di società con le caratteristiche sopradescritte (che gestiscono servizi in perdita o che presentino croniche perdite di esercizio) può avere indubbi vantaggi al bilancio corrente dell’ente locale,

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• L’alienazione delle quote societarie impatta sul bilancio in conto capitale poiché le entrate derivanti da cessioni di partecipazioni, comprese eventuali plusvalenze, vanno allocate nel bilancio di previsione al titolo IV, per l’appunto tra le entrate in conto capitale.

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• Gli obiettivi programmatici relativi al patto di stabilità che gli enti locali devono rispettare vengono attualmente calcolati come saldo finanziario tra le entrate finali e le spese finali, conteggiati in termini di competenza mista e pari alla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti ed impegni per la parte corrente del bilancio, e dalla differenza fra incassi e pagamenti, per la parte in conto capitale, al netto, rispettivamente, delle entrate derivanti dalle riscossioni di crediti e delle spese derivanti dalle concessioni di crediti, considerando come valori di riferimento quelli risultanti dai conti consuntivi.

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• Per poter conseguire gli obiettivi di finanza pubblica l’ente locale deve pertanto far leva sulla parte in conto capitale del proprio bilancio

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• Il patrimonio della società• L’ente locale deve valutare la

possibilità di separare la gestione del servizio almeno dai beni durevoli più importanti. Del resto, questo principio è da sempre alla base della liberalizzazione effetti va dei servizi pubblici e ha trovato espressione an che nel Testo unico n. 267/2000 e nelle norma tive di settore (cfr ad esempio il D.Lgs. 23 maggio 2000 e il D.Lgs. n. 164 del 16 marzo 1999, n. 79 in tema di gas ed energia elettrica).

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Governance

• Statuti e clausole relative

• Patti parasociali

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La cessione quote

• il metodo del costo di acquisto, eventualmente svalutato, tra le insussistenze dell’attivo, se il valore è durevolmente inferiore al costo;

• il metodo del patrimonio netto, cioè valutate in ragione del valore del patrimonio netto che esse rappresentano (implica una valutazione sempre corrispondente al valore del patrimonio netto della società partecipata).

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• La previsione di ingresso di soci privati nelle società in disimissione (e per le quali è già stata avviata la relativa procedura), trovano collocazione nel conto del patrimonio dell’ente tra le attività circolanti della voce B III (attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni).

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• La collocazione nell’attivo circolante ne muta i criteri valutativi, sempre riconducibili a quelli civilistici di cui all’art. 2426 che, a differenza di quanto indicato per i cespiti immobilizzati, ne prevede una valutazione comunque al minore tra quello di acquisto e quello desumibile dall’andamento del mercato.

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• I componenti economici di carattere straordinario, conseguenti alla valutazione di carattere presunto, esercitano la loro influenza esclusivamente sui ri sultati della contabilità economica, non rilevando in termini di contabilità finanziaria: solo al momen to dell’effettiva cessione delle partecipazioni, l’en trata conseguita potrà evidenziare la realizzazione di una plusvalenza o di una minusvalenza, comunque riferita alla valutazione ultima della partecipazione medesima.

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• Nel momento in cui l’ente si appresta a cedere le proprie quote societarie, dovrà provvedere ad una attenta stima del valore aziendale da cedere.

• La corretta valutazione delle quote societarie si impone da un lato perché nell’atto della cessione è necessario garantire che la partecipazione sia esente da vizi e che il bilancio di riferimento della società rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria, economico e patrimoniale della società, dall’altro lato in relazione ai possibili profili di responsabilità.

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