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  • 8/15/2019 FPit 2012 7 Grun Il Superamento Della Crisi a Metà Della Vita Secondo Taulero 1

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    FP .it  7/2012

    IL SUPERAMENTO DELLA CRISI A META DELLA VITA

    IN GIOVANNI TAULERO

    P. Anselm Grün

    INTRODUZIONE

    L’uscita dal monastero di un certo numero di monaci che avevano superato i 40 anni fece unaprofonda impressione nella nostra comunità. Nel ricercare le cause per cui veniva abbandonata lavita monastica quasi sempre dopo oltre 20 anni di permanenza nel chiostro, ci trovammo dinnanzi alfenomeno della cosiddetta “crisi della mezza età”. Uno sguardo alla bibliografia ci mostrò che lacrisi della mezza età non tocca soltanto numerosi sacerdoti e religiosi tra i 40 e i 50 anni,

    sospingendoli in una crisi esistenziale che li può condurre fino a dare le dimissioni dal proprioministero. Al contrario, la svolta della vita rappresenta per la maggioranza delle persone unproblema che sconvolge abbastanza spesso tutta la loro vita precedente. Cambio di attività, uscitadall’ambiente abituale, separazioni matrimoniali, esaurimenti nervosi, disturbi psicosomatici divario genere: sono i segni di una crisi non superata a metà della propria vita.

    La nostra comunità prese lo spunto dall’uscita dei confratelli per dedicare una giornata diriflessione teologica sui problemi legati alla mezza età e sul modo di poterli superare. Due relazionifurono la base del dialogo comunitario e per lo scambio di esperienze nei gruppi: una sul pensierodel mistico tedesco Giovanni Taulero (1300-1361) che presenta la crisi della mezza età come unapossibilità (una chance) di crescita spirituale; e l’altra sui problemi della mezza età così come CarlGustav Jung li ha descritti dal punto di vista psicologico. Il vivo interesse suscitato dalle idee di

    Taulero e di Jung nei miei confratelli e in religiosi appartenenti ad altri Ordini mi spinge a rendereaccessibili queste riflessioni ad una cerchia più vasta, mediante la pubblicazione del presentevolumetto.

    Nella crisi della mezza età non si tratta solamente di un nuovo adattamento della persona allemutate condizioni fisiche e psichiche; non si tratta neppure di trovare una soluzione al venir menodelle forze corporali e spirituali e di mettere ordine a nuovi desideri e nostalgie che spessoirrompono in questa svolta della vita. Si tratta piuttosto di una più profonda crisi esistenziale, in cuiviene posta la domanda sul senso globale del proprio essere: “Perché lavoro tanto? Perché rischiol’esaurimento senza trovare tempo per me? Perché, come mai, a che scopo, per che cosa, per chi?”.

    Queste domande affiorano sempre più spesso a metà della propria vita e mettono indiscussione la concezione di vita adottata fino a quel momento. La domanda di senso è già unadomanda religiosa. La mezza età è per sua natura una crisi di senso e quindi anche una crisireligiosa. E nello stesso tempo racchiude in sé la possibilità di trovare un nuovo significato per lapropria vita.

    La crisi della mezza età rimescola gli elementi della vita personale di ognuno, per discernerlie ordinarli in modo nuovo. Dal punto di vista della fede, in questa crisi è all’opera Dio stesso. E luiche mette in movimento il cuore umano, perché si apra verso il divino e si liberi da ogni falsaillusione. La crisi come opera della grazia: questo aspetto appare poco nell’abbondante bibliografiasulla mezza età. Eppure è un aspetto decisivo. Per il credente tale crisi non è qualcosa che gli capitadall’esterno e per il cui superamento si deve ricorrere alla fede soltanto come sorgente di energia.Nella crisi della mezza età è Dio stesso che agisce nei riguardi dell’uomo e perciò la crisi è nello

    stesso tempo il luogo di un nuovo e più intenso incontro con Dio e di una nuova esperienza di lui. Èuna tappa decisiva del nostro cammino di fede, un punto in cui si decide se utilizziamo Dio perarricchire la nostra vita e per realizzare noi stessi, oppure se siamo pronti ad abbandonarcifiduciosamente in Dio e a consegnare a lui la nostra vita.

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    IL PENSIERO DI GIOVANNI TAULERO

    Nei suoi Sermoni Taulero parla abbastanza spesso dei 40 anni. Il quarantesimo anno di età segnauna svolta nella vita di una persona. Ogni sforzo spirituale dell’individuo porta frutto soltanto dopo i 40anni e solo allora l’uomo può raggiungere la vera pace dell’anima. In un sermone Taulero prende comesimbolo dello sviluppo spirituale dell’uomo i 40 giorni tra la risurrezione e l’ascensione di Gesù al cieloinsieme con gli altri 10 giorni che portano alla Pentecoste. (…)

    Gli anni della vita non sono senza significato per il cammino spirituale dell’uomo. Meta di talecammino è per Taulero giungere nel fondo della propria anima. Sul concetto di “fondo dell’anima” glistudiosi hanno molto discusso. Non vogliamo entrare qui nel merito di tale disputa tra specialisti, mauseremo questo concetto come immagine di ciò che è più intimo nell’uomo, il fondo in cui tutte leforze dell’anima sono riunite, in cui l’uomo è interamente raccolto in se stesso e in cui Dio stessoabita. Il fondo dell’anima non si può raggiungere con le sole proprie forze, né con gli esercizi asceticie neppure con il molto pregare. Non mediante il proprio agire, ma solo nell’abbandono si giunge acontatto col proprio fondo più intimo.

    Nella prima metà della vita, l’uomo è preoccupato per lo più del suo operare. Vorrebbe

    raggiungere qualche risultato tangibile non solo nelle cose mondane, ma anche nell’ambito religioso.Nel cammino che porta a Dio, si vorrebbero conseguire grandi progressi mediante esercizi spirituali.In sé ciò è cosa buona, perché in tal modo la vita è orientata rettamente. Ma non si arriva al fondodell’anima grazie ai propri sforzi, ma solo quando si lascia che Dio agisca in noi. E Dio agisce in noimediante la vita, per mezzo delle esperienze che la vita porta con sé. Dio ci svuota mediante ledelusioni, mette in luce le nostre lacune mediante i nostri insuccessi, lavora su di noi mediante lesofferenze che pretende da noi.

    Queste esperienze di svuotamento diventano più frequenti nella mezza età. E allora accade checi lasciamo privare da Dio di ogni sforzo nostro spirituale, per farci condurre da lui attraverso il vuotoe l’aridità del nostro cuore fino al fondo dell’anima, dove incontriamo non più le nostre immagini esensazioni, ma il vero Dio. A metà della nostra vita si tratta, secondo Taulero, di lasciarci svuotare e

    spogliare da Dio, per essere da lui nuovamente rivestiti della sua grazia. La crisi è dunque il punto disvolta decisivo, in cui si stabilisce se rimanere chiusi in se stessi o se si accetta di aprirsi a Dio e allasua grazia. Vogliamo descrivere la crisi e il suo superamento in sei fasi, così come le espone Tauleronei suoi Sermoni.

    1. LA CRISI

    In persone che hanno condotto per anni una vita religiosa, Taulero osserva che sopraggiungeuna crisi spirituale quando si trovano trai 40 e i 50 anni. Tutto quello che hanno praticato finoallora, esercizi religiosi, meditazione, preghiera personale e comunitaria, ufficio divino, devozioni,

    tutto diventa improvvisamente inutile. Non trovano più alcun piacere in questo, si sentono vuoti,spompati, insoddisfatti. (…)Il problema di questa situazione è che la persona non può più ricominciare con la sua abituale

    prassi religiosa, ma non sa neppure che cosa è bene per lei. Ciò a cui è abituata le viene tolto, ma ilnuovo non è ancora giunto. E c’è il pericolo che, insieme alla prassi religiosa superata, getti via anchela fede, dato che non trova nessuna strada per avvicinarsi a Dio. Sperimenta un fallimento di tutti glisforzi spirituali su cui finora si era fondata. Ora le viene tolto il sostegno delle forme esteriori. Eperciò si trova ovviamente sul punto di allontanarsi, delusa, da Dio.

    Ma la crisi per Taulero è opera della grazia di Dio. È Dio stesso che conduce L’uomo nellacrisi, nell’angustia. E ha uno scopo in tutto ciò. Vorrebbe portare l’uomo verso la verità, farlogiungere fino al fondo dell’anima. Taulero adopera qui l’immagine di Dio che sconvolge e mette

    sottosopra la casa dell’uomo, per cercare la dracma, il fondo dell’anima. (…)Tuttavia l’uomo spesso reagisce in modo sbagliato alla crisi in cui Dio lo ha condotto. Nonriconosce che Dio sta compiendo qualcosa in lui e che sarebbe giusto lasciarlo agire in se stesso.Taulero descrive diversi modi di reagire alla crisi in modo sbagliato.

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    2. LA FUGA

    L’uomo può fuggire in tre modi davanti alla crisi.

    Il primo modo di fuggire  consiste nel rifiutarsi di guardare dentro di sé. Non accetta diconsiderare l’inquietudine del suo cuore, mala trasferisce all’esterno, in quanto, pieno d’impazienza,

    vorrebbe migliorare tutto negli altri, nelle strutture e nelle istituzioni. Se Dio pone l’uomo in uno statod’inquietudine, se mette sottosopra la sua casa, se con la luce della sua grazia

    viene sull’uomo e comincia ad agitarlo, l’uomo dovrebbe aspettarlo là dov’è, e invece siallontana dal fondo dell’anima, mette sottosopra il monastero e vuole andarsene a Treviri o Diosa dove e non accoglie la testimonianza (dello Spirito in lui) a causa del suo agire materiale, tuttoorientato fuori di se stesso. (177)

    Poiché non vuole riformare se stesso, vuole riformare il monastero. Proietta la suainsoddisfazione verso l’esterno e con le riforme esteriori ostruisce l’entrata al fondo della sua anima.È così occupato con le trasformazioni e i miglioramenti esteriori che non si accorge nemmeno come ilsuo intimo non tenga il passo con le riforme esterne. La lotta verso ciò che sta fuori lo sottrae al

    compito di lottare con se stesso.

    Un secondo genere di fuga consiste nell’attenersi alle pratiche religiose esteriori. Dunque oranon si preoccupa degli altri, ma rimane in se stesso. Tuttavia si appoggia sulle forme esteriori. Fuggedal confronto interiore e si butta sulle attività esterne. Invece di ascoltare nell’intimo la voce che lochiama a percorrere il “sentiero nascosto che conduce al di dentro”, vuol rimanere sulla “strada ampiae spaziosa”, la strada comune.

     Molte persone fanno proprio il contrario di ciò che dovrebbero fare; si disperdonocompletamente in pratiche e attività esteriori e fanno proprio come uno che volesse andare a

     Roma (verso Sud) e invece va verso l’Olanda (a Ovest): più va avanti, più va fuori strada. E

    quando queste persone ritornano, sono così vecchie e con tanto mal-di testa che non riesconoa trovare la gioia dell’amore nelle loro opere e iniziative. (177)

    Il terzo modo di fuggire la crisi è quello di trasportare all’esterno l’inquietudine interiore,cercando continuamente nuove forme di vita. L’irrequietezza interna li spinge a sperimentare oraquesta ora quella pratica religiosa. (…)

    Si aspettano nuovamente una soluzione della loro crisi interiore da situazioni esterne. Ma adessogettano via quelle sorpassate e ne cercano di nuove. Questa osservazione di Taulero può essereconfermata oggi dal comportamento di alcuni che vogliono sperimentare continuamente nuove forme dimeditazione. Si entusiasmano facilmente ora di questa, ora di quella tecnica spirituale. Ma non appenascompare il primo entusiasmo, passano subito a quella seguente che è diventata nel frattempo il non plusultra. E poiché non perseverano in nessuna forma, non giungono mai a scoprire il fondo della loroanima. Non si confrontano con la loro inquietudine, non la sopportano, non ascoltano la voce di Dio cheproprio attraverso il disagio che provano li vuole condurre a rientrare in se stessi. Invece di cambiare sestessi interiormente, corrono dietro ai cambiamenti esteriori. (…)

    La reazione della fuga è comprendibile. Pochissime persone infatti sono informate circa lafunzione positiva della crisi nell’età mediana della vita. La maggior parte delle persone si senteinsicura e reagisce come può, spesso in modo sconsiderato. A tale riguardo è importante conoscere ilcarattere graduale della vita dello spirito. Ogni stadio ha la sua funzione. Il tempo della mezza età èuno stadio decisivo nel cammino verso Dio e per la propria autorealizzazione, uno stadio doloroso chemolti quindi non vogliono accettare e al cui approssimarsi reagiscono col meccanismo di difesa della

    fuga. L’attività senza posa che è caratteristica di molte persone in questa età è spesso una fugainconscia davanti alla crisi interiore. (…) Perciò c’è bisogno di maestri spiritualmente esperti, cheaiutino coloro che devono affrontare tale crisi e li possano accompagnare attraverso la prova fino allaloro maturità umana e spirituale.

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    3. IL TIRARSI INDIETRO

    Un’altra forma di reagire alla crisi della mezza età è quella di star fermo, di tirarsi indietro difronte all’esigenza di compiere il passo successivo necessario per la crescita: ci si aggrappa alla forma divita adottata fino a quel momento. Sul piano psicologico ciò si esprime col trincerarsi dietro ai principi;ci si difende con le norme della legge per nascondere la propria ansia interiore. Nell’ambito religioso il

    tirarsi indietro si manifesta nella rigidità con cui si compiono le pratiche devozionali prescritte. Siosservano fedelmente i propri doveri religiosi, si va regolarmente a messa la domenica e si recitano lepreghiere quotidiane. Gli obblighi religiosi vengono adempiuti con pignoleria. Ma interiormente non sifanno progressi; al contrario si diventa duri, senza amore, si impreca contro gli altri, si condanna la lororilassatezza religiosa o morale, ci si ritiene cristiani esemplari che hanno il compito di mostrare agli altricome ci si comporta cristianamente. Pur con tutto il loro zelo, si ha tuttavia l’impressione che questepersone non irradino nulla dell’amore e della bontà di Cristo. Da esse non traspare neppure alcunentusiasmo. Sono individui gretti, privi di gioia, duri nel giudizio, pieni di sé.

    Aggrappandosi ai propri principi religiosi e alla pratica devozionale, si tenta di passar sopraalla crisi interiore e di nascondere l’ansia che questa crisi scatena nell’individuo. In definitival’ansia che Dio mi strappi di mano le immagini auto-costruite di lui e di me stesso, e mi possa

    scuotere in modo tale da far crollare l’edificio della vita che mi sono innalzato. Taulero si rivolge dicontinuo contro il rigido attenersi a principi e forme esteriori.

    Con i suoi Sermoni vuole svelare le rigidità del cuore che spesso s’incontrano proprio nellepersone devote. I principi cui si vuole rimanere attaccati in modo così ostinato e ansioso sonochiamati idoli da Taulero. Ed egli pensa che molte persone siedono sopra i loro idoli, come untempo fece Rachele. Rimangono attaccate ai loro idoli per evitare l’incontro con il vero Dio. (…)Tali persone respingono tutto quello che Dio rivolge loro e che potrebbe metterle in discussione. Sitengono salde nelle loro pratiche religiose e le frappongono tra se stesse e Dio.

    La loro sicurezza, le loro convinzioni religiose sono più importanti di un incontro personale conDio. Non vogliono che Dio si avvicini, perché potrebbe diventare pericoloso per loro. Dio potrebbeinfatti rivelare com’è la loro vera situazione, quali sono i veri motivi della loro pratica religiosa.Potrebbe capitare che Dio smascheri il loro agire religioso in quanto autoassicurazione, che pongadavanti ai loro occhi le intenzioni false e i desideri sleali, cioè i tentativi di reprimere la propria paura.Perciò queste persone si trincerano dietro il proprio agire devoto, invece di esser devote. Compionoazioni devote per non dover apprendere da Dio che in realtà non sono persone pie, ma che nel proprioagire religioso cercano solo se stesse, ossia la propria sicurezza, la propria autogiustificazione, la propriaricchezza spirituale. Si irrigidiscono nei loro pii esercizi, senza accorgersi che questi non le fannodiventare automaticamente persone pie. Si fissano su ciò che ritengono essere bene, ma restanoinsensibili alla diretta chiamata di Dio, che le vorrebbe portare alla verità. (…)

    Con l’agire esterno, con le pratiche devote e con l’attivismo religioso si vuole nascondere che nonsi ha alcun rapporto con il fondo di se stessi e che in definitiva anche Dio è un estraneo. Si pensa di

    possedere Dio, se si compiono determinate pratiche religiose. Si vorrebbe rinchiudere Dio dentro lapropria prassi religiosa. Il motivo di questo comportamento è la paura di fronte al Dio vivo. Poiché si hapaura che Dio possa distruggere gli edifici delle proprie sicurezze e autogiustificazioni e di trovarsiallora nudi e indifesi davanti al vero Dio, per questo si tenta di erigere mediante una condottaimpeccabile un muro di protezione che neppure Dio possa penetrare. Il fedele adempimento dei doverinon sgorga allora da un cuore amoroso, che è stato incontrato e toccato da Dio, ma deriva dall’ansiosoaggrapparsi a se stessi. Ci si giustifica mediante le proprie opere, per paura di affidarsi al giudizio diDio, di lasciarsi cadere con fiducia nelle braccia amorose di Dio. Chiudendosi in se stessi, si rifiuta lafede che spingerebbe invece a consegnarsi a Dio senza riserve.

    Taulero non consiglia di smettere le pratiche spirituali. Al contrario: le forme esteriori dellapietà sono buone, poiché hanno come meta l’uomo interiore e sono di aiuto per diventare liberi

    dalle dipendenze terrene. (…) Ma chi, dopo i 40 anni, dipende troppo dalle sue pratiche e le ritiene piùimportanti del contatto con il fondo della sua anima, diventa un cisterna disseccata. Si disperdenell’agire esterno senza percepire l’urgenza di Dio che vuole penetrare nel suo intimo.

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    4. LA CONOSCENZA DI SE STESSI

    La crisi della mezza età ci mette davanti alla necessità della conoscenza di noi stessi, checostituisce ugualmente un aiuto per superare la crisi stessa. Se la grazia di Dio entra in contatto connoi e sconvolge il nostro modo di pensare e di vivere, è proprio allora che ci viene offerta lapossibilità di conoscere noi stessi, non solo esteriormente ma nel profondo della nostra anima, dove

    si trova nascosta la nostra realtà. La via per la conoscenza di se stessi è per Taulero il ritornaredentro di sé, per tendere al fondo della propria anima. Tuttavia le persone rinunciano volentieri aquesta esplorazione, dato che in un primo momento la conoscenza di se stessi è dolorosa, perché siscoprono spietatamente l’oscurità e la cattiveria, la viltà e la falsità che giacciono nascoste dentro dinoi. Taulero tratteggia con immagini drastiche la situazione di tali persone che rifuggono dal volerconoscere se stesse:

    Figli miei, da dove pensate che venga la causa per cui uno non riesce a giungere nel fondodella sua anima? La causa è questa: gli è cresciuta una pelle dura e mostruosa, più spessa diquella di un bue, e gli ha coperto la sua interiorità in modo tale che né Dio né lui stesso

     possono entrarvi, perché è sigillata. Sapete, ci sono persone che possono avere 30 o 40 pelli,spesse, ruvide e nere come quella degli orsi. (189)

    Facciamo continuamente l’esperienza che non è possibile avvicinarsi ad alcune persone. Si puòavvertirle di qualche errore, ma non ascoltano. Con tutta la più buona volontà si può attirare la loroattenzione su comportamenti che le rendono scostanti, ma invano. Non hanno alcuna percezione dellaloro reale situazione. E Taulero con l’immagine della pelle di bue intende far capire che tali personesono così poco in contatto con la loro realtà che perfino Dio non riesce a penetrare una pelle cosìindurita. La loro interiorità è occultata, non è possibile mettervi piede né a Dio né a loro stessi.

    Tali persone non imparano nulla neppure dalle esperienze di vita, sia positive che negative,che Dio manda loro. Sono diventate rigide. Interpretano tutti gli avvenimenti come una confermadelle proprie idee. Hanno uno sguardo acuto per le debolezze degli altri, ma sono cieche per leproprie. La psicologia chiama questa cecità col nome di “proiezione”. Poiché proietto sugli altri le

    mie debolezze, non riesco più a riconoscerle in me, sono cieco rispetto alla mia situazione. Ciò simanifesta poi nell’imprecare contro gli altri, nei pregiudizi e nelle critiche. (…)

    La conoscenza di noi stessi ci è per lo più sgradita. Ci toglie ogni maschera dal volto e mette alloscoperto quello che c’è dentro di noi. È ben comprensibile quindi che molti cerchino piuttosto di evitaretale impietosa conoscenza di sé. Nella crisi della mezza età Dio interviene allora personalmente econduce l’uomo alla conoscenza di se stesso. Per Taulero, un segno che lo Spirito Santo operanell’uomo è quando questi comincia a conoscere se stesso. Sotto l’influsso dello Spirito Santo l’uomo sitrova sempre più nelle angustie e viene scosso nel suo intimo. E lo Spirito Santo mette allo scoperto ciòche in lui non è autentico. (…) Appena giunge al fondo della propria anima, l’uomo va incontro acattive sorprese: Ahimè! Che cosa s’incontra quando si arriva al fondo! Quello che prima sembravauna grande santità, si rivela essere un falso fondamento. (191)

    Noi pensiamo che le persone si debbano proteggere dagli sconvolgimenti della mezza età. Alcontrario Taulero vede in ciò l’opera dello Spirito santo. Dobbiamo lasciarci scuotere dallo Spirito diDio, per poter penetrare nel fondo di noi stessi, per giungere al nostro vero essere. Dobbiamo lasciaretranquillamente che cada sopra di noi la torre del nostro autocompiacimento e della nostraautogiustificazione, e affidarci completamente all’opera che Dio compie in noi in queste traversie:

     Mio caro, discendi, discendi nel fondo, nel tuo niente e lascia cadere su di te la torre (detta cat-tedrale di autocompiacimento e autogiustificazione) con tutti i suoi piani! Lascia che vengano sudi te tutti i diavoli che sono nell’inferno. Cielo e terra con tutte le creature: tutto ti serviràmeravigliosamente. Solo discendi nel fondo: sarà questa per te la cosa migliore di tutte. (193)

    È una parola coraggiosa quella che Taulero pronuncia. Uno deve lasciare che vengano su di

    lui anche i diavoli dell’inferno, nella fiducia che Dio lo conduce in mezzo a queste traversie.La conoscenza di se stessi viene provocata dallo Spirito Santo. Ma anche l’uomo deve dare il suo

    contributo. (…) Il metodo che Taulero qui raccomanda è quello dell’immaginare che oggi viene

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    utilizzato dalla psicologia come tecnica per l’autoconoscenza: si lasciano emergere immagini dallafantasia, dal fondo di se stessi, dall’inconscio e le si osserva. Spesso si possono scoprire così le vereradici e i fondamenti del nostro pensare e del nostro agire. Con l’aiuto di questa tecnica, come ci invitaTaulero, dobbiamo interrogarci continuamente su quali siano gli ultimi motivi del nostro agire, se cioèmettiamo al centro noi stessi o Dio. Dobbiamo esaminarci se siamo attaccati alle cose esteriori, al nostrosuccesso, ai ruoli che ricopriamo, al nostro ufficio o professione, alle nostre proprietà, alle forme della

    nostra devozione, alla fama come buoni cristiani. Dobbiamo riconoscere quali sono i nostri idoli. Eappena li abbiamo riconosciuti, dobbiamo cercare di liberarcene. È necessario abbandonare tutte le cose,cui siamo attaccati, per abbandonarci unicamente alla volontà di Dio.

    Anche Carlo Carretto ha fatto questa esperienza, cioè di come Dio a metà della vita conducel’uomo ad una dolorosa conoscenza di se stesso. Nel suo libro Lettere dal deserto così scrive:

    Credevamo sotto la spinta del sentimento di essere generosi; e ci scopriamo egoisti. Pensiamo,sotto la falsa luce dell’estetismo religioso, di saper pregare; e ci accorgiamo che non sappiamo

     più dire “Padre”. Ci eravamo convinti di essere umili, servizievoli, ubbidienti; e constatiamo chel’orgoglio ha invaso tutto il nostro essere, fino alle radici più profonde. Preghiera, rapportiumani, attività, apostolato: tutto è inquinato. È l’ora della resa dei conti; e questi sono molto

    magri [...]. Normalmente ciò capita sui quarant’anni: grande data liturgica della vita, databiblica, data del demonio meridiano, data della seconda giovinezza, data seria dell’uomo [...].È la data in cui Dio ha deciso di mettere con le spalle al muro l’uomo che gli è sfuggito finoad ora dietro la cortina fumogena del “mezzo si e mezzo no”.Coi rovesci, la noia, il buio; e più sovente ancora, e più profondamente ancora, la visione ol’esperienza del peccato. L’uomo scopre ciò che è: una povera cosa, un essere fragile, debole, uninsieme d’orgoglio e di meschinità, un incostante, un pigro, un illogico.

     Non c’è limite a questa miseria dell’uomo; e Dio gliela lascia ingoiare tutta fino alla feccia[...]. Ma non basta.

     Nel profondo è riposta la colpa più decisiva, più vasta anche se nascosta, appena o forse maierompente in singole opere concrete [...]; colpa che consiste più in atteggiamenti generali che in

    singole azioni, ma che per lo più determina la vera qualità del cuore umano; colpa che ènascosta, anzi camuffata, perché noi a mala pena e spesso solo dopo lungo tempo possiamocoglierla con lo sguardo, ma tuttavia abbastanza viva nella coscienza da poterci contaminare eche pesa assai più di tutte le cose che noi abitualmente confessiamo.

     Io intendo gli atteggiamenti che avvolgono la nostra vita intera come un’atmosfera, e chesono presenti, per cosi dire, in ogni nostra azione e omissione; peccati di cui non possiamosbarazzarci, cose nascoste e generali: pigrizia e viltà, falsità e vanità, delle quali neppure lanostra preghiera può essere interamente libera; che gravano profondamente su tutta lanostra esistenza e la danneggiano. (…)

    . LA SERENIT!

    Accanto alla conoscenza di se stessi Taulero indica anche un altro aiuto per il superamentodella crisi della mezza età: la serenità. Egli non intende con questo termine una serenità stoica e unaimpassibilità che non si lascia scuotere da nessuna cosa, ma invece la capacità di distaccarsi da sestessi. Per Taulero serenità è ciò che la Sacra Scrittura chiama rinnegare se stesso, la rinuncia dellapropria volontà, per arrendersi alla volontà di Dio. Questo atteggiamento ha un aspetto dinamico esignifica un passo in avanti verso Dio.

    L’uomo deve abbandonare molte cose, perché la sua situazione diventi buona. Deve abbandonareil male, l’ostinazione, l’arbitrarietà. Ma anche cose buone in se stesse, che tuttavia ne bloccano ilprogresso. Il bene infatti può essere nemico del meglio e impedire che l’uomo avanzi nel suo camminoverso Dio. Taulero esprime tutto ciò con l’immagine della sposa che si spoglia dei suoi vecchi vestiti eviene lavata “per essere rivestita dallo sposo con una veste nuova e ancor più magnifica” (198). Con iltermine “vecchi vestiti” Taulero non intende semplicemente gli abiti macchiati dal peccato, ma anche i

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    “vestiti buoni, di cui ora la sposa si spoglia, perché sono vecchi” (198). Indica così le pratiche buone e levirtù inferiori, che devono essere sostituite da pratiche migliori e da virtù più elevate.

    Per ogni età ci sono forme specifiche in cui si esprime la religiosità individuale. Non si puòrimanere attaccati sconsideratamente ad una prassi che era buona nell’età giovanile. E se la prassiprecedente diventa insipida e infruttuosa nella crisi della mezza età, ciò non significa che fino a quelmomento si è andati dietro a forme false di pietà, ma che Dio in tal modo vuol dire a una persona che

    ora deve cercare altre forme, che corrispondono al suo attuale stadio di sviluppo nella vita spirituale.(…) Molte persone, a metà della loro vita, si trovano in una crisi religiosa proprio perché

    trasferiscono anche nella sfera religiosa quella volontà di conquista con la quale hanno ottenuto ilsuccesso nella vita professionale. Vogliono continuamente impadronirsi di (nuove) esperienzereligiose e nello stesso tempo accumulare ricchezza spirituale. L’aridità e la delusione nel pregaresono un indice che devo rinunciare a questa continua ricerca di esperienze del divino, che devoabbandonare la mia tendenza a possedere, per diventare invece del tutto semplice davanti a Dio.Dovrebbe essere importante l’abbandonarsi totalmente in Dio, senza chiedergli sempre dei doni comela quiete, la contentezza, la sicurezza, il godimento religioso.

    La serenità include anche la disponibilità a soffrire. Serenità infatti non significa che unopossiede la sua quiete e se la gode; al contrario si lascia da parte la propria quiete e si è disposti alasciarsi condurre da Dio in una situazione di disagio. (…) 

    Taulero afferma continuamente che l’uomo non deve cercare di porre fine alle sue angustie,ma che deve saper aspettare. (…) Fidandosi della guida di Dio, l’uomo deve essere disposto acedere le redini della propria vita e a lasciarle nelle mani di Dio. Nella crisi della mezza età si trattadi un cambio nella guida del proprio essere interiore. Non sono più io che ho la guida, ma Dio.Nella crisi Dio è già all’opera e non devo essergli di impaccio, in modo che possa portare acompimento la sua opera.

    Taulero non si stanca di far comprendere ai suoi ascoltatori che è lo Spirito Santo che haprovocato questa crisi e che sta agendo nell’uomo durante queste difficoltà. Il compito dell’uomoconsiste dunque nel non impedire l’azione dello Spirito. (…)

    Taulero riesce a descrivere con immagini molto espressive le angustie mediante le quali loSpirito Santo vuole trasformare interiormente una persona e farla nascere nuovamente. Così parla,ad esempio, commentando il passo di Matteo 10,16 circa l’astuzia del serpente:

    Quando il serpente si accorge che la sua pelle comincia a invecchiare, a diventar rugosa emarcia, cerca un posto dove ci siano due pietre vicine fra di loro, e là si infila strisciando inquella strettoia, in modo che la vecchia pelle si distacca completamente e sotto spunta la pellinuova. Proprio così dovrebbe fare anche ‘uomo con la sua vecchia pelle, cioè con tuttoquello che gli proviene dalla natura, per quanto grande e buono sia: infatti sono certamenteabitudini antiquate e piene di errori; per questo viene fatto strisciare tra due pietre postevicine fra di loro. (215)

    Per diventare più maturo, per raggiungere il fondo della propria anima, bisogna passare per lastrettoia di due pietre, non si può correr dietro continuamente a nuovi metodi di maturità umana espirituale. Sarebbe solo un modo di sfuggire alla prova. Bisogna avere una buona volta il coraggio diattraversare la strettoia, anche se facendo così si perde la vecchia pelle, anche se si patiscono ferite escorticature. Le decisioni ci mettono alle strette. Ma senza il superamento di questi passaggi obbligatinon si diventa maturi, non si diventa nuovi. L’uomo esteriore deve essere raschiato via, perché l’uomointeriore diventi nuovo, giorno per giorno (cf. 2Cor 4,16).

    Se si prendono sul serio queste parole di Taulero e nella crisi della mezza età si vede all’operaDio stesso, allora la crisi perde il suo aspetto di minaccia e di pericolosità. Non si deve aver nessunapaura di essa. Al contrario la si può vedere come una chance positiva di compiere un passo avanti conse stessi e di avvicinarsi a Dio. Quello che ci è richiesto durante la crisi è solo la disponibilità a

    lasciare che Dio agisca in noi. Abbastanza spesso l’agire di Dio è doloroso per noi. E importanteallora sopportare fino in fondo il dolore che Dio provoca in noi, accettare quello che egli ci manda,senza crollare interiormente a causa di tutto ciò. Questo atteggiamento richiede molto da una personache prima era abituata ad avere tutto nelle sue mani. E perciò si corre anche il pericolo di voler

  • 8/15/2019 FPit 2012 7 Grun Il Superamento Della Crisi a Metà Della Vita Secondo Taulero 1

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    Il superamento della crisi a metà della vita8

    riprendere la crisi nelle proprie mani, poiché si diventa attivi e si vuole dirigere il processo interiore dicambiamento. Forse si riconosce la chance  che viene offerta e si vuole sfruttarla, prendendol’iniziativa e gettando via le forme sorpassate di vita e di religiosità. Taulero mette in guardia dal volerintervenire di propria iniziativa nell’agire di Dio. Non dobbiamo disturbare l’operare di Dio durante enel mezzo della prova; non dobbiamo abbandonare di nostro impulso la pratica religiosa seguita finoallora, ma solo quando Dio ci spinge a questo. (…)

    Si deve imparare anzitutto a fidarsi completamente dell’agire di Dio. Con troppa facilità si tende avoler progettare da noi stessi la vita e la pratica religiosa. Si è diffidenti verso ogni passività per paura didover cedere ad un altro le redini della nostra vita. Fino al momento della crisi era bene decidere da noistessi sulla nostra vita e sulla sua forma. Si vorrebbe quindi continuare in questo modo. Ma se durante iltempo della giovinezza è bene esercitarsi e proporsi dei compiti da realizzare, nell’età matura ènecessario saper “sopportare” l’azione di Dio in noi. Passo a passo bisogna abbandonarsi alla volontà diDio e confidare nella sua provvidenza. Ciò esige il dono del proprio cuore a Dio.

    ". LA NASCITA DI DIO

    Le difficoltà e le prove che la crisi della mezza età porta con sé sono per Taulero soltanto ledoglie del parto mediante il quale Dio nasce nell’uomo. Nell’angustia di questa crisi Dio spinge gliuomini a volgersi al fondo della propria anima, a riconoscere la propria impotenza e debolezza e adabbandonarsi totalmente allo Spirito Santo di Dio. Quando si abbandona tutto quello che puòimpedire l’agire di Dio dentro se stessi, allora Dio può nascere nel fondo dell’anima. E la nascita diDio nell’uomo secondo Taulero è la meta del cammino spirituale. (…)

    Bisogna dunque lasciare che soltanto Dio ci tolga il peso che ci opprime, nel momento in cuiaccettiamo di “soffrire” Dio in noi, lasciandolo agire dentro di noi e donandoci a lui. Dio solo puòliberarci dal peso della prova.

     Accada quello che accada, dall’esterno o dall’interno: lascia che tutto marcisca completamente e

    non cercare alcuna consolazione: in tal modo Dio sicuramente ti libera, e perciò tieniti libero eaffidati tutto a lui. (217)

    La condizione perché avvenga la nascita di Dio in noi è la conversione verso l’interno di noistessi. L’anima deve

    stabilire nel suo intimo quiete e silenzio e chiudersi in se stessa, nascondersi e avvolgersi nellospirito per sfuggire ai sensi e alle cose sensibili e preparare così dentro di sé un luogo disilenzio e di riposo interiore (1). (…)

    La crisi della mezza età ha dunque una meta. È una chance di raggiungere la propria autenticaumanità e di compiere un passo decisivo in avanti nella strada che conduce a Dio. Se teniamo contodelle connessioni tra i momenti di prova e la nascita di Dio in noi, come Taulero ci ha indicato,

    possiamo reagire diversamente ai primi segni di questa crisi.Non perderemo la testa e non penseremo di dover sperimentare tutti i metodi psicologici

    possibili, per cavarcela anche in questa difficoltà. Dobbiamo vedere piuttosto un compito spiritualenell’atto di accettare la crisi e di ascoltare quello che Dio vuole dirci in tale modo. Non dobbiamoproteggerci da questa crisi con i molteplici meccanismi di difesa che esistono; non dobbiamosfuggirla, ma con fiducia possiamo lasciare che Dio agisca in noi. Possiamo permettere che Dio mettasottosopra la nostra casa e sconvolga nel nostro intimo l’ordine fittizio che avevamo. Invece dilamentarci per la nostra crisi, dovremmo ringraziare Dio perché opera in noi, perché rompe la nostrarigidità a favore del suo Spirito che desidera trasformare sempre di più il nostro cuore.

    Anselm Grün, 40 anni. Età di crisi o tempo di grazia?, Ed. Messaggero di Sant’Antonio – Padova 2004, pp. 11-39