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& Gabiano e dintorni Pensando globalmente Agire localmente Giugno 2011 In Copertina Le risaie al tramonto viste dalle colline Profeta Mansur Dal Monferrato al Caucaso Easy rafting sul Po Un altro punto di vista Ciechi... per 40 minuti Un’esperienza per le scuole medie Turismo in Monferrato Ma mi faccia il piacere... Territorio e zanzare Nuova estate vecchi problemi Ristorante provato Boccadoro di Ponzano (AL)

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Ristorante provato Easy rafting sul Po Territorio e zanzare Ciechi... per 40 minuti Pensando globalmente Agire localmente Boccadoro di Ponzano (AL) Dal Monferrato al Caucaso Nuova estate vecchi problemi In Copertina Un altro punto di vista Un’esperienza per le scuole medie Ma mi faccia il piacere...

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rni Pensando globalmente Agire localmente

Giugno 2011

In Copertina

Le risaie al tramonto viste dalle colline

Profeta Mansur Dal Monferrato al Caucaso

Easy rafting sul Po Un altro punto di vista

Ciechi... per 40 minuti Un’esperienza per le scuole medie

Turismo in Monferrato Ma mi faccia il piacere...

Territorio e zanzare Nuova estate vecchi problemi

Ristorante provato Boccadoro di Ponzano (AL)

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Dal Castello di Verrua fino a Coniolo attraverso la garzaia dove nidificano in riva al fiume migliaia di uccelli padroni assoluti di un ambiente incontaminato, del tutto unico, all’interno del parco del Po alessandrino.

Easy rafting sul Po

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presenza umana: niente costruzio-ni, niente viste di pali per cavi elet-trici, niente antenne per telefonini, niente rottami di qualche impian-to... niente rumori di origine uma-na, solo il fluire delle acque, il can-to degli uccelli e lo stormir di fron-de agitate dal vento. Questo può accadere per lunghe tratte di questa discesa sul Po. Una vista unica per la sua bellezza in tutti i suoi 652 km di lunghezza da pian del Re alla foce. Ma se qualcuno proprio non può fare a meno della “civiltà”, se la vista di qualcosa di umano vi dà sicurezza, se la presenza della na-tura incontaminata, padrona, domi-natrice vi dà una certa sensazione di piccolezza, di solitudine quasi di ansia, non spaventatevi, di lì a po-co, passando all’altezza di Trino potrete vedere uno dei simboli del-la potenza umana: una centrale nucleare. E’ proprio lì davanti a voi come una mastodontica scultura silenziosa, vi scorre davanti agli occhi a un tiro di schioppo così vici-na come forse non ne avete mai viste. Più grande del Sancarlone, più sola di una cattedrale in un de-serto, più ambigua del dubbio, con un suo indefinito fascino legato alle passioni, alle paure, alle sugge-stioni che da sempre suscita e che, stranamente, sembra convivere con lo splendore che la circonda. Chissà se saranno quelle come lei ad incarnare la tecnologia del futu-ro dando grandi quantità di energia con limitato effetto serra o saranno

invece le più grandi disgrazie per l’umanità? A guardarla bene non sembrerebbe tanto pericolosa, forse solo perché la vecchia “baldracca” ormai è in pensione e la tengono sotto controllo in una specie di libertà vigilata. Ma, comun-que la si pensi, anche lei co-stituisce uno spettacolo uni-co. Ancora pochi chilometri di

fiume e arrivate in quel di Coniolo, la “gita” è finita. Dirigiamo il canot-to sulle rive sabbiose e gli esperti “capitani” della Rafting Adventure di Villeneuve (AO) che ci hanno guidato sin qui ci aiutano a scende-re a terra. Un pulmino ci riporta alle nostre auto parcheggiate al Tram da dove siamo partiti. Bellissimo!, ci torneremo… (per prenotarsi: 347 0193792)

Lo confesso, non avevo mai fatto una discesa lungo un corso d’acqua su un gommone e, devo dire che è stata una esperienza straordinaria. Quando senti rafting ti viene in mente l’adrenalina che ti fa drizzare i capelli in testa, o situazioni da paura con rapide che ti portano via a grande velocità sobbalzando nel canotto come se fossi a cavallo di un toro infuriato. Niente di tutto ciò. La discesa dalla Piagera di Gabiano in zona Tram sino a Coniolo è stata del tutto tranquilla, appena qualche saltino nel passaggio sulle “randere”. In otto seduti sul bordo del gom-mone siamo stati accompagnati nel percorso dal grande fiume, spesso spinti dalle nostre braccia che pa-gaiavano per avanzare nell’acqua quando era quasi ferma o, peggio, quando il vento contrario ostacola-va la discesa. Gli americani lo chia-mano rafting, perché il gommone lo chiamano raft, che altro non è se non una versione avanzata dei no-stri tradizionali canotti resi inaffon-dabili ed auto svuotanti, grossi ab-bastanza da portare dalle 4 alle otto persone. Il raft ed il rafting sono una delle tante invenzioni d’oltreoceano fatta per coloro che vanno sempre a caccia di imprese estreme come scendere per rapide inaccessibili con rocce affioranti e grandi salti d’acqua. Per fortuna il Po non è il Colorado, noi preferiamo l’emozione che ci offre il paesaggio spettacolare della natura invece della sua sfida illu-dendosi così di dominarla. Per questo i promotori lo hanno chiamato rafting facile (easy raf-ting) o morbido (soft rafting) cioè alla portata di tutti, bambini com-presi. Oltre alla pace tipica che in-fonde il tranquillo scorrere delle acque si può scoprire un universo nuovo che si può vedere solo quan-do si cambiano i punti di vista (esercizio assai poco diffuso). Pochi oggi hanno provato l’esperienza di guardare le colline ed i ponti da “sotto” scendendo in mezzo al fiu-me. Si vedranno le, purtroppo nu-merose, frane che inesorabilmente mordono la collina strappandogli grandi lembi di terra coperta di alberi, o massi di tufo rotolati nel fiume. Tutto ciò accade anche un po’ per colpa dell’uomo che con interventi poco oculati negli anni 60

e 70 hanno cosparso le sponde vercellesi di prismate di cemento alterando il profilo dell’alveo e co-stringendo le acque di piena a ero-dere l’altra sponda, quella della collina. Forse qualcuno credeva che le colline fossero fatte di solido gra-nito che non poteva esser scalfito dalla furia dell’acqua. Ma negli oltre 20 chilometri di per-corso che durano oltre un paio d’o-re si possono vedere anche tante bellezze, in qualche caso vere e proprie chicche come il campanile di una chiesa (Cantavenna) che spunta dalle cime degli alberi o l’ex convento immerso nel verde pro-prio sul fronte di una collina che sembra l’enorme prua di una nave coperta di vegetazione. Persino il tufo delle colline messe a nudo dalle frane descrive diverse sfuma-ture di colore a secondo del mate-riale che nei secoli si è stratificato, quasi volesse raccontarci la sua storia millenaria. Non hai ancora finito di guardare un particolare che vorresti vedere meglio, vorresti capire, che il raft sta già andando oltre e quella specie di film che ti scorre davanti agli occhi adesso ti propone un’altra storia. Le colonie di numerosi Cormorani che si agita-no lassù sopra le colline e sopra gli alberi. Le loro grida si sentono da lontano, sui rami spogli si possono vedere gli intrecci che costituisco i loro nidi realizzati da becchi esper-ti. Non hai ancora finito di guardare la scena che dal fiume, forse spa-ventate da quell’aggeggio colore arancio che scorre silenzioso, partono in volo alcune ana-tre. E poi distese di pietre portate dalla corrente che si alternano a fitte boscaglie che non avrebbero nulla da invi-diare, d’estate, alle più famo-se foreste tropicali. Chissà che meraviglia dev’essere con la neve d’inverno e d’autunno e già pensi di ripetere l’espe-rienze in altre stagioni e intanto laggiù qualche pesce salta fuori dall’acqua con il tipico tonfo quan-do vi ricade dentro. Fuori, sulle sponde, con un po’ di attenzione e di fortuna, ti può capitare di vedere tante varietà di uccelli: aironi, gar-zette, fischioni, marzaiole, corrieri, sterne, martin pescatori. Raramen-te capita, girandosi attorno a 360 gradi, di non vedere tracce della

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Mansur Sheik Oghan Oolò alias Giovan Battista Boetti dal Monferrato al Caucaso

Caucaso, Circassia, Camino, Ossezia, Abkhazia, Mingrelia, Piazzano, Daghestan, Nagorno-Karabak, Monferrato, Georgia, Persia, Siria, Armenia: qualcuno dei nostri lettori si chiederà: ma che c’entra Piazzano col Nagorno-Karabak, o Camino e il Monferrato con l’Ossezia o la Georgia?

Che c’entrano tutte le “grane” che i Russi devono affrontare con i ribelli Ceceni con il Monferrato? C’entrano, c’entrano, e chi si è letto la storia di Giovanni Battista Boetti da Piazzano, sa perché. Per tutti gli altri lo racconteremo ora su queste pagine, e visto che la vicenda è anche avvincente lo fare-mo in due puntate, la prossima sarà sul mese di luglio, non perde-tevela quindi. Piazzano è una frazioncina, una manciata di tipiche case Monferrine posate sul crinale di una delle infi-nite colline della nostra terra in un Comune che si chiama Camino. Se andate in una di queste case ci trovate attaccata ad uno dei muri maestri sul cortile interno una lapi-de con scritto: - In questa casa nacque il 2 giugno 1743 Giovanni Battista Boetti che sotto il nome di profeta Mansur Sheik Oghan Oolò alla testa di ot-tantamila uomini conquistò l’Arme-nia la Georgia il Kurdistan e la Cir-cassia e vi regnò sei anni qual so-vrano assoluto Morì a Solovetsk nel

1798 - (vedi immagine nel-la pagina suc-cessiva). Hai detto niente!. E se da noi, Giuan, come proba-bilmente lo avranno chia-mato in dialet-to, è per lo più sconosciuto, in altre parti del mondo è ve-nerato come un eroe, ma che dico eroe, di più: un Pro-feta. Basta pensare che ancora oggi da quelle

parti, e per causa sua, da allora non hanno mai veramente smesso di combattersi e spesso capita an-cora oggi che qualcuno ci lasci le penne. Potrà sembrare incredibile ma Boetti da Piazzano ha lasciato una grande eredità culturale a inte-re popolazioni del Caucaso, tanto che quando l’impero sovietico crol-lò, nella capitale della Cecenia, lo staterello che come un riccio da anni si ribella al pachiderma Russo, ha dedicato allo sceicco Monferrino niente popodimenochè la piazza nel centro della capitale cecena Grozny, che i Soviet avevano dedi-cato a… Lenin. Merita quindi leggerne la storia. Ecco cosa scrivono di lui sul sito Islamshia. Il padre di Boetti era il notaio Spiri-to Bartolomeo. La madre Margheri-ta Montalto, morì al suo quindicesi-mo parto per i maltrattamenti del marito che non tardò a risposarsi. Il giovane Giovanni Battista aveva appena sette anni quando il padre lo mise in un convitto a Casale do-ve rimase, tranne brevi parentesi, fino ai diciotto anni. La mancanza della madre unita al rigido carattere paterno posero presto il Boetti in conflitto con la famiglia. Iniziò gli studi di Medicina a Torino ma prima di completarli nel 1762, fuggì dalla casa paterna. Si diresse a Milano, dove si arruolò nell’esercito Asburgico. Poco dopo, congedatosi, si diresse a Praga, a Ratisbona e poi a Strasburgo e do-po molte peripezie tornò in Italia. I rapporti con la famiglia rimasero tesi, le liti frequenti lo allontanaro-no nuovamente dalla casa paterna, si stabilì quindi a Roma. In questo periodo prese corpo il suo desiderio di visitare l’oriente, un progetto per l’epoca non facile. Decise pertanto di dirigersi a Vene-zia, luogo d‘elezione per i contatti col vicino oriente. Nel tragitto sostò al santuario di Loreto, qui avvertì

Per approfondimenti www.gabianoedintorni.net

Giovan Battista Boetti

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quella che lui intese come “la chia-mata divina”, un ordine di ritirarsi dal mondo. Entrò pertanto nell’or-dine domenicano e per cinque anni si dedicò agli studi di teologia. For-se per dare sfogo alla sua inconte-nibile irrequietezza i superiori dell’ ordine lo destinarono alla attività missionaria, non immaginandosi cosa ne sarebbe scaturito. Nel 1769 fu inviato alla sede di Mossul. Durante il viaggio fu derubato dai marinai, giunto ad Aleppo sedusse una nobildonna cattolica e rischiò l’impalamento per una falsa accusa di blasfemia, riuscì comunque ad imparare l’arabo e il greco prima di giungere a Mossul alla fine del 1770. Qui i suoi rapporti con i con-fratelli furono subito tempestosi, trovò invece protezione presso il pascià del luogo che lo aveva scel-to come proprio medico. Questa protezione non lo salvò dalla re-sponsabilità per la morte di un tur-co affidato alle sue cure, fu con-dannato a cinquanta colpi di basto-ne sulla pianta dei piedi ed esiliato. Trovò rifugio ad Amadiyah nel Kur-distan, presso un nobile nestoriano. Da qui sollecitò a lungo un inter-vento del governo centrale turco, che infine lo riammise a Mossul. Il nuovo soggiorno nella città del Ti-gri fu turbato dai continui contrasti con i confratelli, che presentarono contro di lui alle autorità religiose accuse di condotta immorale e di irregolarità nella conduzione della missione. Nuovamente esiliato da Mossul, fu costretto a rientrare in Italia per giustificarsi. Giunto in Italia gli venne imposto di ritornare al suo convento ferrarese. La ri-chiesta di essere ascoltato dalle gerarchie del suo ordine fu rifiuta-ta. Il rigido atteggiamento dei su-periori e la prospettiva di rientrare in convento piacquero così poco al Boetti che decise di riprendere sen-za alcuna autorizzazione la via dell’ Oriente. Era la rottura con Roma. Le conseguenze del suo gesto le avvertì in seguito: dovunque an-dasse ormai era preceduto dalle lettere della congregazione che mettevano in guardia i cattolici nei suoi confronti, definendolo un apo-stata. Boetti confidava nelle sue risorse e non si impensierì più di tanto. Ad Urfa, mettendo a frutto le nozioni apprese negli studi a Tori-no, entrò al servizio del pascià lo-

cale in qualità di medico. Seppe assicurarsi la fiducia del potente personaggio, divenendone anche segretario e tesoriere. Non aveva rinunciato alla predicazione, otten-ne anzi dal pascià l’autorità ammi-nistrativa sulle chiese cristiane e il controllo effettivo di esse. Probabil-mente le autorità turche si affidaro-no a lui per porre termine agli in-terminabili contrasti tra i cristiani. Mentre i cattolici gli manifestarono una iniziale ostilità, i cristiani giaco-biti lo elessero loro vescovo. Sem-bra comunque che il Boetti ebbe successo nel suo proposito di con-ciliare le varie confessioni cristiane. Ma questa singolare posizione poli-tica e religiosa non durò a lungo: le autorità di Istanbul deposero il pa-scià di Urfa ed anche Boetti dovette abbandonare la città. Ebbe la pos-sibilità comunque di rifugiarsi nella capitale ottomana, qui ottenne la protezione del console francese, del vescovo latino e degli stessi domenicani. Rimase a Istanbul due anni, in questo periodo apprese il turco e il persiano e riuscì a mette-re insieme una piccola fortuna con i suoi guadagni di medico e parte con i ricchi doni di una importante dama della corte del Sultano. Ri-prese il cammino e visitò la Geor-gia, la Persia e la Siria. Qui fu sor-preso, travestito da armeno, men-tre copiava in un taccuino il piano delle fortificazioni di Damasco. Ac-cusato di spiare per conto dei russi, fu arrestato e ricondotto a Istan-bul. Ritornò in seguito libero cor-rompendo i giudici e pagando una sostanziosa cauzione. Come spiegare questo suo compor-tamento ? Tracciare disegni di forti-ficazioni può servire a scrivere un libro o ad un fine prettamente mili-tare. Boetti agiva segretamente per conto di qualcuno? Nessuno potrà sciogliere questi dubbi. Segnato da quest’ultima esperienza decise di ritornare in Italia dove avrebbe voluto diventare prete secolare. Soggiornò cinque mesi a Napoli presso amici, per raggiungere poi Vienna. Qui ricevette una lettera di perdono dal superiore generale del suo ordine, che gli imponeva di ritornare in convento. Era il 1782 e Giovan Battista stavolta obbedì. Venne accolto nel convento di Tri-no Vercellese, poco lontano da ca-sa sua, dove restò per più di un

anno, comportandosi da frate mo-dello. Nonostante la sua buona condotta non arrivò alcun segno di riabilitazione da Roma. Come spie-garsi questa freddezza nei suoi confronti ? Boetti aveva un caratte-re difficile, assai vivace, e la gelosia nei suoi confronti fu notevole. D’al-tronde l’irregolarità della sua espe-rienza non era stata senza conse-guenze sulla sua ortodossia. Seb-bene nella propria cella fosse un asceta devotissimo, la sua predica-zione spesso oltrepassava i limiti della convenzionale eloquenza reli-giosa. La vastità e l’originalità delle sue esperienze influenzavano la sua oratoria. Accusato di predica-zione eretica (sapebat heresim) dal superiore del convento, reagì depo-nendo la tonaca per ritornare av-venturiero. A questo punto è necessario fare una breve digressione. Non deve stupire o trarre in inganno la facili-tà con la quale il Boetti si spostava e compiva viaggi per l’epoca non comuni. La Chiesa Cattolica aveva investito ingenti risorse nell’aposto-lato, soprattutto dopo la Controri-forma, favorendo i v iaggi “privilegiati” motivati dalla necessi-tà della predicazione. Lo status di missionario consentiva incontri con i potenti del tempo ed era riservato a giovani intelligenti, di buona fa-miglia, sottoposti ad uno studio preliminare intensissimo. Chi era inviato a rappresentare la Chiesa

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Cattolica nel mondo, doveva avere profonda conoscenza teologica ed una cultura superiore alla media. Coloro che erano destinati alle mis-sioni studiavano nei collegi aritme-tica, calligrafia, geografia, architet-tura, disegno (conoscenze che Bo-etti utilizzò per copiare la pianta delle fortificazioni di Damasco. Nel caso specifico Boetti possedeva anche rudimenti di medicina appre-si all’università di Torino e appro-fonditi successivamente). Intorno alla figura del missionario si creava perciò una profonda suggestione spirituale. Dalle relazioni di religiosi impegnati tra popoli lontani, i cat-tolici traevano un contributo edifi-cante ed una volontà di affrontare pericoli nel nome della fede. Nelle chiese gli affreschi mostravano sto-rie di martirio, persecuzione e mor-te vittoriosa per chi si arrischiava nei paesi “degli infedeli”. Questa influenza però non ebbe effetto su Boetti, egli era spinto da un profondo desiderio di conoscere altri popoli e culture e si avvicinava ad essi per farsi meglio accettare. Le gerarchie ecclesiastiche racco-mandavano al Boetti e agli altri domenicani di annotare ogni vi-cenda per restituire ai vertici esau-rienti relazioni sull’opera svolta. Era una consuetudine di rapporto tra periferia e centro ormai consoli-data in ambito missionario. Ma Bo-etti , più che per conto di altri, scri-veva per sé stesso, così come per sé stesso, viaggiava. Boetti continuò quindi le sue pere-grinazioni. Secondo alcune scarne note, fu a Nizza, ad Alicante, a Cadice, poi in Inghilterra dove sostò sedici giorni, in seguito fu la volta di Amburgo e Pietroburgo, nuova capitale dell’im-pero degli zar. Qui si fermò quattro mesi, durante i quali scrisse ai suoi superiori a Roma per essere auto-rizzato a passare nel clero secolare. Non ricevette risposta e, dopo un fallito tentativo di entrare al servi-zio del principe Potemkin, riprese i suoi misteriosi viaggi. Decise di spostarsi a Mosca, di là attraversando il Kazan e l’Astrakan arrivò in Persia, dove costituì nuovi contatti. Dopo la Georgia e la Cri-mea fu la volta della Polonia. Era nuovamente ad Istanbul al principio del 1784, alla vigilia ormai della sua più clamorosa avventura.

Fu ospitato a Scultari da un ricco negoziante persiano. Sembra si fosse assentato improvvisamente, per riapparire dopo sei mesi con un carico di armi e munizioni, che in-viò a Synop attraverso il Mar Nero. Quali fossero i suoi piani non è da-to sapere. Certamente le sue ma-novre catalizzavano la curiosità della comunità diplomatica occiden-tale residente nel Levante. Gli am-basciatori europei nei loro rapporti segnalavano le attività del Boetti, senza però scoprire per conto di chi agiva o spiava. Ripartì infine dalla capitale ottomana con la carovana del mercante persiano, ed arrivato in Persia, si stabilì in un piccolo villaggio vicino ad Amadiyah. Qui si chiuse in casa per il tempo di novantasei giorni, assorto secondo la leggenda, in profonde meditazio-ni e preghiere. Dopo questa “clausura” non parlò altro che di cielo, di culto e di abusi religiosi. Lo fece piangendo e fre-mendo di orrore, riuscendo a smuovere l’animo di tante di perso-ne. Molti lo ascoltarono estasiati, fu la stessa folla a proclamarlo “profeta”. Il suo verbo era costitui-to da un curioso miscuglio di Cri-stianesimo ed Islam. Proclamava con la sua predicazione di voler ripristinare il culto di un Dio unico, da adorare “nei cuori e con i cuori“; la trinità divina, l’idea di premio o castigo eterno, il battesi-mo, la circoncisione e il sacerdozio sono oggetto della violenta polemi-ca del Boetti. Cristo è un profeta, il Paradiso è assenza eterna del male, l’Inferno una “dannazione temporanea”. A questo aggiungeva alcune norme morali precise e originali: non costi-tuiscono peccato la fornicazione, l’incesto e il suicidio in certe occa-sioni. Delitti gravissimi sono invece la preghiera e l’adulterio, l’omicidio e il furto, i voti religiosi. Completava questa grezza teologia un programma sociale semplice ma con caratteristiche oggi realmente “rivoluzionarie”: i codardi, i poltro-ni, gli avari dovevano essere privati delle ricchezze e mandati a lavora-re nei campi. Il nuovo verbo trasmesso con una eloquenza immaginosa, la cono-scenza delle lingue orientali e una personalità dalle mille risorse spin-sero il Boetti, “profeta Mansur” co-

me lo chiamarono i fedeli, alla con-quista del suo effimero impero. I primi seguaci furono reclutati ad Amadiyah, dove lo stesso Khan della città si fece propagatore del suo messaggio. La sua predicazio-ne, e le leggende fiorite riguardo le sue presunte capacità soprannatu-rali, esaltavano il mito della invinci-bilità. Gli iniziali scontri vittoriosi con nu-clei dell’esercito turco e l’insoffe-renza delle popolazioni verso il do-minio ottomano alimentarono i ran-ghi del suo esercito di adepti entu-siasti. Tartari, Circassi, disertori russi, ingrossavano i suoi contingenti. Boetti – Al Mansur - dava fuoco alle polveri in tutto il Caucaso, risveglia-va aneliti di libertà ed entusiasmi, predicava la “gazavat”, la guerra santa in turco; in arabo “jihad”. Dopo aver assoggettato a tributo la città di Erzurum, il Boetti marciava contro la Georgia, territorio posto sotto la protezione dell’impero rus-so. Disponeva ormai di un contin-gente di circa 40.000 uomini esal-tati dal nuovo credo e inquadrati con una feroce disciplina. Il con-dottiero Boetti usava infatti esegui-re lui stesso le pene capitali che irrogava alla minima infrazione, prima delle battaglie benediceva i suoi guerrieri promettendo loro l’incolumità al fuoco nemico. Il re di Georgia, Eraclio II° , co-stretto a capitolare, perse fra cadu-ti e prigionieri, più di trentamila uomini... (Continua sul prossimo numero di Gabiano e dintorni)

Gabiano e dintorni Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino - Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: Fraz. Cantavenna di Gabiano via S. Carpoforo 97 Editore: - Associazione Piemonte Futuro - P. Iva 02321660066. Per informazioni e pubblicità tel. 335-7782879; fax +391782223696 www.gabianoedintorni.net e-mail: [email protected]

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Il 24 Maggio u.s. ho vissuto un' esperienza molto particolare, che ora vi racconto. Con la mia scuola siamo andati in gita a Milano e dopo aver visto il Duomo della città siamo andati a visitare il “Museo dei non vedenti”. Si trova a poca distanza dal duo-mo. Una volta entrati siamo stati divisi in gruppi di otto ragazzi e dopo una lunga attesa ci hanno fatto entrare in una sala senza fine-stre, illuminata con luci artificiali. Una guida non vedente ha spento la luce e ci ha lasciato qualche se-condo nel buio più assoluto. Poi siamo passati un un'altra salet-ta dove una ragazza ci ha accom-pagnato all'inizio di un percorso ed ha consegnato a ciascuno di noi un bastone per non vedenti. Una guida ci ha accompagnato ol-tre una porta dove c'era buio asso-luto. Muovendosi a tentoni aiutan-doci un po' con le mani e un po' con il bastone abbiamo iniziato il nostro percorso con la guida che ci dava le indicazioni a voce di dove andare: avanti, a destra, a sinistra. Durante il percorso spesso ci urta-vamo fra compagni o contro i muri. Abbiamo attraversato diversi am-bienti: nel primo, che doveva rap-presentare un ambiente naturale, abbiamo toccato e tentato di rico-noscere quello che ci circondava: rocce, alberi, una mucca di plasti-ca. Siamo entrati poi in un ambien-te marino, abbiamo camminato sulla sabbia e siamo saliti su una barca. Ho sentito e toccato l'acqua con le mani e con il bastone, si

ciechi... per 40 minuti

Un’interessante esperienza per gli studenti della scuola media Opezzo di Cerrina vissuta grazie alla gita scolastica a Milano. Ce la racconta uno di loro.

sentiva anche un po' di vento. Sempre nel buio più assoluto. Abbiamo anche riconosciuto toc-candolo con le mani un granchio finto. Siamo poi entrati in un am-biente che rievocava un apparta-mento. Abbiamo riconosciuto toc-candoli con le mani, dato che non si vedeva nulla, dei libri scritti in linguaggio Brail, il linguaggio dei cechi in cui le lettre dell’alfabeto sono fatte con punti in rilievo che consentono di leggere con il tocco delle mani, ed un computer su un tavolo. Sul muro era riportata in rilievo una scritta che avremmo dovuto legge-re con le mani, ma nessuno ci è riuscito, abbiamo riconosciuto solo la lettera E. Poi siamo passati in un ambiente che riproduceva una stra-da. Abbiamo riconosciuto una moto e toccando il marchio sul serbatoio abbiamo riconosciuto che era una Suzuki. C'erano anche una automobile Pan-da ed un furgoncino Fiorino che però non abbiamo riconosciuto; che cosa erano ce lo ha detto la guida. Siamo entrati poi in un mercato ed abbiamo riconosciuto diversi tipi di verdura, dei chicchi di caffè, dei fagioli e dei ceci oltre che del caffè macinato, zucchero e pop-corn. La guida non ci lasciava assaggia-re né annusare per cui abbiamo riconosciuto tutto solo toccando. Nel bar sempre al buio abbiamo acquistato bevande e cose da mangiare, io ho comprato delle patatine, abbiamo anche pagato

alla cassa. Non è stato facile rico-noscere al buio il valore delle mo-nete. Ci siamo seduti ad un tavolino dove abbiamo consumato le cose acqui-state, sempre al buio. E’ solo gra-zie alla guida che ci ha aiutato che siamo riusciti a fare il percorso al-trimenti sarebbe stato quasi impos-sibile. A questo punto il percorso è finito e siamo tornati alla luce. Mi sono accorto di quanto sia bella e importante la vista e la luce. Abbia-mo firmato l'album delle presenze. Il percorso è durato una quarantina di minuti. Ci eravamo fatti l'idea che la guida, che non avevamo visto prima di iniziare il percorso, fosse un signore alto e giovane invece quando l’abbiamo visto ab-biamo scoperto che era basso e non tanto giovane. Penso che sen-za la vista si deve imparare a vive-re in un mondo completamente diverso da come vivono le persone che vedono, molto più difficile.

Di Lorenzo Ubertalli

Museo Luis Braille Milano

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Turismo in Monferrato? ma mi faccia il piacere…

Ogni tanto si sente qualche anima bella parlare di turismo nel Monfer-rato casalese. Pazzesco. E c’è pure qualcuno che convoca riunioni, cercando di squattrinare i già squattrinati conduttori di agritu-rismo che hanno il solo torto di aver convertito una cascina, poten-zialmente redditizia, in un Bed & breakfast in perdita. Sì, va bene, c’erano i contributi e l’occasione sembrava ghiotta, ma poi? Chi crede prega, ma i clienti stentano comun-que ad arrivare. Poi ci sono quelli che “ i n v i t a n o i t o u r operator”, facendo finta di ignorare che i tour operator sono industrie c h e c o s t r u i s c o n o “pacchetti” e li vendono attraverso reti di agenzie di viaggio. Per fare “pacchetti” ci vogliono strutture capienti, un “sistema” di accoglienza e di animazione, svaria-te attrazioni organizzate, culturali o paesaggisti-che. Mangiare, anche bene, non è sufficiente per organizzare pacchet-ti, al massimo si possono fare delle gite, e le gite le organizzano i bus-operator, i circoli azien-dali, le singole agenzie di viaggio. Ma entriamo nel merito. Per fare turismo ci vuole un’organizzazione pub-b l i c a c h e f a c c i a “promozione” del territo-rio: è a quella organizza-zione che normalmente si demanda la promozio-ne, che costa paccate di

soldi, nelle fiere turistiche (in Italia la BIT di Milano e TTG Incontri a Rimini, la ITB di Berlino eccetera). Alle viste non c’è questa organizza-zione, o meglio ci sarebbe Mondo, ma è un consorzio di Comuni e per di più non naviga nell’oro. La filiera tradizionale è fatta da: territorio-promozione pubblica-fiere-tour operator-agenzie di viaggio – clien-te finale. E’ una filiera di tipo industriale che vive sui grossi volumi, sulla con-

Avendo letto nei numeri scorsi alcuni articoli su G&d, un amico che da anni opera nel settore del turismo, da noi sollecitato, ci ha scritto per dirci, con tono pratico e disincantato, il suo parere sul turismo in Monferrato. Se fra i nostri lettori c’è qualcuno interessato possiamo incontrarci per ulteriori approfondimenti.

Di Gilberto Borzini (*)

La linea retta è solo un riferimento per ind

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centrazione territoriale e sulla stan-dardizzazione dell’offerta alberghie-ra. Quindi il Monferrato casalese si auto esclude disponendo di poche strutture capaci di ospitare almeno una “pullmanata” di turisti e man-cando di un’organizzazione sistemi-ca, di derivazione industriale, del turismo. Dice il saggio “non metter-ti in cammino se non sai dove sei diretto”. Tradotto: non stampare diecimila depliant se non sai a chi darli. E se proprio li vuoi stampare scrivi qualcosa di interessante per chi lo leggerà, il che vuol dire “esprimi un Vantaggio competitivo” che i concorrenti non possono e-sprimere. Ma esistono altre possi-bilità. Fermo restando che l’80% del turismo in Monferrato è dato da soggiorni del fine settimana, pren-dete un compasso e disegnate un cerchio di 150 km attorno al Mon-ferrato. Quello è il bacino naturale di uten-za in cui trovate Milano (il milanese esce nei fine settimana e spende),

Torino (il torinese esce nei fine set-timana ma torna a casa a dormire), Genova (i genovesi che si muovono verso la campagna sono pochi, ma quei pochi spendono bene), un po’ di Svizzera (molto esigenti ma spendono tanto) e un angolo di Francia. Nota bene: in Svizzera e in Francia le vacanze di Pentecoste sono lunghe, quindi quei mercati sono ideali per soggiorni anche prolungati (3-4 notti) in maggio e giugno, una manna per chi fa ospi-talità. Altra cosina importante: il turismo del fine settimana non pas-sa per le agenzie di viaggio ma usa Internet, prenota on line, paga con carta di credito. Mettere in rete un gruppo di Bed & Breakfast è talmente facile da risul-tare elementare. Inoltre un web-manager, un’agenzia di viaggi on-line, non vi chiede migliaia di euro ma può “accontentarsi” di una per-centuale sulle vendite, che può variare tra il 5 e il 15% sul vendu-to. Chi chiede di più è un rapinato-

re. Questo per dire che si può tranquillamente provare a “vendere” il Monferrato casalese, se pur tra mille problemi (viabilità complessa, se-gnaletica incomprensibi-le, musei-chiese-castelli chiusi, deficit di acco-glienza e apertura all’o-spite, non conoscenza di lingue straniere, assenza di animazione territoriale soprattutto serale, zan-zare) ma che per farlo ci vuole anche molta buona volontà e apertura sia verso il “forestiero” sia verso le nuove tecnolo-gie. Volendo si può fare. (*) Fondatore di Airhitch (prima organizzazione specializzata in voli low-cost e last minute sul nord atlantico), di Free-net Network (rete agen-ziale con oltre 300 affilia-ti), docente di marketing del turismo, e membro della consulta nazionale del turismo.

dicare un raggio di circa 150 km da Cerrina

La Cassa di Risparmio di Alessandria, succursale di Gabiano in via Vittorio Veneto, ha attivato lo sportello Bancomat per effettuare operazioni di prelievo contante ed altri servizi bancari.

G&d è un mensile che si interessa del territorio, della sua storia e delle sue tradizioni può essere reperito presso : tabaccheria-giornalaio Zanotto in località Piagera di Gabiano; Parco Storico del Basso Monferrato a Gabiano; Salumeria Colombano in piazza Libertà a Cantavenna; giornalaio Bonello in Via nazionale 66 a Cerrina; Il Mondo della Spezie - via F.lli Bandiera 45 a Coniolo; Giornalaio corso Italia 2 a Pontestura; La Butega alimentari/giornali - Via Roma 1 a Camino; Moretti & Orio alimentari/giornali p.zza Dante 3 a Solonghello; Tabaccheria/giornali via Umberto I a Murisengo; Minimarket Broggi via Casale 1 a Cereseto e presso gli uffici di alcuni dei comuni sotto riportati. Ambito territoriale di interesse di G&d Comunità Collinare Colli e Castelli 1- ALFIANO NATTA 2- CAMINO 3- CERESETO 4- MOMBELLO M. 5- MURISENGO 6 – SOLONGHELLO 7- VILLADEATI Comunità Collinare Valle Cerrina 1- CASTELLETTO MERLI 2- CERRINA 3- GABIANO 4- MONCESTINO 5- ODALENGO GRANDE 6- ODALENGO PICCOLO 7- PONZANO 8- SERRALUNGA DI CREA 9- VILLAMIROGLIO Altri Comuni 1 – CONIOLO 2 - VERRUA SAVOIA 3 - PONTESTURA

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ci pare sia stato risolto. Quindi ? rinunciamo ? siamo condannati a convivere con le zanzare ? Probabilmente se fosse solo per “noi” monferrini abituati ormai da generazioni alle sere d’estate infe-state da questi insetti più di tanto non ci lamenteremmo. Ma per chi non è abituato il problema non è così semplice. Basta pensare a tan-ti turisti che certamente potendo scegliere dove trascorrere qualche giorno o settimana di vacanza sce-glieranno colline meno “pungenti” delle nostre, basta fare qualche centinaio di chilometri a sud nella Toscana o in Umbria ed il proble-ma non c’è più. Un danno quindi per il nostro territorio e la sua eco-nomia, tanto che molti ritengono che se il Monferrato non è noto e frequentato anche a livello interna-zionale come lo sono le colline To-scane (il Chiantishire come dicono gli inglesi) è proprio per questo impatto ambientale negativo. Va da sè che decine d’anni di handicap per il territorio hanno finito incidere sul suo sviluppo per cui, una casa media con un po’ di giardino sulle colline toscane, umbre o romagno-le vale assai di più che da noi.

Eppure una soluzione ci sareb-be: coltivare il riso in asciutta. Forse non sono molti a sapere

che il riso può essere tranquilla-mente coltivato come si fa con ogni altra coltivazione agricola: mais o pomodori ecc. mediante semplici irrigazioni. Certe varietà di riso danno rese minori di altre comun-que un po’ più basse (70-80%) ma se si tiene conto che nelle nostre pianure le rese sono le più alte del mondo la proposta ha tutte le sue convenienze. Da anni diversi risicoltori praticano

Territorio e… zanzare

Anche quest’anno, puntualmente come da tempi immemorabili con l’arrivo dei primi caldi arrivano ospiti indesiderati da tutti: le zanzare.

di Enzo Gino

Se fra le 7 bibliche calamità natura-li vengono citate le cavallette, qui nel nostro bel Monferrato abbiamo ben altro, e se al Faraone bastò lasciar partire Mosè per la terra promessa per liberarsi delle 7 pia-ghe d’Egitto, noi non abbiamo nemmeno quella possibilità. Infatti è ormai assodato che la “terra promessa” delle zanzare so-no le risaie, non tanto quanto cere-

ale in sé che tutti amiamo ed apprezziamo, ma per l’acqua con cui periodicamente viene

sommersa la pianura ver-cellese novarese e pavesina

in totale attorno ai 200.000 ettari, per produrlo. Che le risaie siano la principale fonte di genera-zione delle zanzare è un fatto or-

mai consolidato tanto che la Re-gione Piemonte da anni

spende decine di milioni di euro per effettuare tratta-

menti prevalentemente proprio nelle risaie.

Altrettanto vero è che il problema

non

Bollettino zanzare - mese di Giugno 2011 Fonte: Vape foundation

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questo tipo di coltivazione e lo stesso Istituto sperimentale di ce-realicoltura della regione Piemonte con sede a Vercelli da anni ha spe-rimentato con successo queste pra-tiche agricole. Coltivando “in asciutta” come si dice in gergo, si spreca meno ac-qua: preziosa acqua, e chissà che il Po che lambisce le nostre colline non torni ad essere un fiume, anzi-ché un torrente, senza i prelievi dei vari canali per usi agricoli. Si co-struirebbero meno dighe in monta-gna, ma soprattutto un’ampia fa-scia di territorio non solo Monferri-no, si pensi alle zone dei laghi, tor-nerebbe ad esser più vivibile e sot-to il profilo economico più sviluppa-to. Che dire poi della minore diffu-sione nelle falde di fertilizzanti e diserbanti, e secondo alcuni ci sa-rebbero state anche meno disper-sioni radioattive del deposito di scorie nucleari di Saluggia. Certo i Consorzi irrigui della pianura perderebbero un po’ dei loro utili, e forse anche i risicoltori, anche loro però potrebbero beneficiare del maggiore turismo nelle loro casci-ne, ma ne beneficerebbero soprat-tutto ampie aree tutte intorno alle risaie. Siamo convinti che nel complesso quindi ci guadagnerebbero tutti, compresa anche la salute. E’ noto infatti che le zanzare sono fra i principali vettori di malattie sia per le persone che per gli animali come recentemente è già capitato in al-cune aree italiane in cui si sono diffuse epidemie di malattie che fino a ieri si credevano tipiche solo per l’Africa o l’estremo oriente. Non vogliamo certo fare inutili al-larmismi, ma semplicemente evi-denziare che chi ama il proprio ter-ritorio e chi lo abita dovrebbe im-pegnarsi a sostenere iniziative an-che in questo senso e chissà che tra qualche, o molti anni i nostri figlio o nipoti non possano final-mente vivere senza tutte queste zanzare. Pazienza se perderemo la vista del “mare a quadretti” chissà che dalla nostra panoramica non vedremo un grandissimo multicolore e ancor più bel patchwork: quelle coperte fatte unendo infiniti pezzi di stoffa che in pianura saranno coltivazioni diver-se: boschi, mais, ortaggi e riso… naturalmente in asciutta.

10-11-12 giugno alla Piagera di Gabiano Il nuovo comitato festeggiamenti “La Tabarina” organizza tre giorni di fe-sta: Venerdi 10 : dalle ore 22: discoteca, funzionerà con bar e ristoro Sabato 11 : ore 20 cena, dalle ore 21 ballo con Luigi Gallia, alle 24 elezio-ne di miss Tabarina Domenica 12 : dalle ore 8,30: 1° raduno auto moto, trattori e macchine agricole d’epoca - Ritrovo presso il mercato ortofrutticolo della Piagera. Fra le iniziative delle giornata: ore 13 pranzo contadino a 10 € ed alle 20 cena, alle 21,30 ballo con l’orchestra spettacolo Dina Manfred e La Band alle 24 elezione di miss Fragola.

Camere matrimoniali con bagno: 22 euro al giorno a persona. Posto letto in camera multipla con servizi in comune: 18 euro. Riduzioni per bambini: 0-3 anni 100%; 3-5 anni 50%; 5-11 anni 10% Nel prezzo sono com-presi biancheria (lenzuola e asciu-gamani), l'uso della cucina (solo per la prima colazione) e delle zone comuni, la possibilità di parcheg-

Iniziative e informazioni

giare le biciclette al coperto. Non è compresa la prima colazione che è disponibile su ordinazione al prezzo di 4 euro a persona (3 € per gruppi minimo di 7 persone). Prenotazione: Gli ospiti possono prenotare il loro soggiorno via e-mail : [email protected] o telefonica-mente www.ostellolasosta.it

E per chi vuole trascorrere qualche giorno a Gabiano Ostello Foresteria - La sosta - Via Roma 2 Varengo di Gabiano (AL) tel. 0161846174 - 3452327167 - 3477405508

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Ristorante Boccadoro a Ponzano (AL) Via Cavallero 16 - 0141 927112 - 339 2668242 - www.ristoranteboccadoro.com

La cena del 4 giugno l’abbiamo consumata in un delizioso ristoran-te nel centro urbano di Ponzano. Per arrivarci bisogna percorrere la provinciale 457 quella che da Casa-le porta a Moncalvo. Sulla destra prima di entrare in provincia di Asti si trova il bivio per Ponzano si sale per qualche chilometro e nei pressi della piazza del paese si svolta a sinistra a circa 300 metri troverete il locale. Al ristorante si accede attraverso un bel praticello curato, sulla de-stra l’ingresso ai locali ricavati dalla ristrutturazione della vecchia casa colonica. I titolari hanno anche ri-strutturato quelle che probabilmen-te erano le stalle o il portico proprio

dall’altra parte del prato ricavando in totale circa una sessantina di coperti. Anche al Boccadoro la con-duzione è famigliare: Cambiaso Marco il padre cuoco, ed il figlio Andrea sono i titolari. Andrea terza generazione di ristoratori risiede a Salabue poco distante da Ponzano. Il babbo conduceva già a Moncalvo il ristorante “da Marco” e da pochi mesi hanno rilevato il locale per proporre un menù particolare che a giudicare dalle presenze riscuote un notevole successo. Eccolo dunque il “particolare” me-nù: non si tratta dei soliti piatti Monferrini, ma di un menù diverso che solo in qualche portata si lega alla tradizione, ma sempre impiat-tati con particolare estro originalità e curando i dettagli. Abbiamo aperto con una Insalata russa sbagliata, l’aggettivo non è nostro ma da menù. Il presunto errore consiste nell’aggiunta di qualche ingrediente che riteniamo abbia certamente migliorato la tra-dizionale russa. Apprezziamo anche la maionese che certamente non è di quelle acquistate pronte all’uso. Intrigante il crudo di fassone con scaglie di parmigiano fritto: ottima presentazione con il parmigiano scaldato a scaglie con fili, ci sem-bra, di zafferano rosso e scagliette di (presumiamo) sale nero. Il filetto tonnato è il più simile alla tradizione monferrina dei tre hors d’oeuvre. Come primo abbiamo scelto delle pappardelle agli aspa-ragi con ragù bianco. Disponibili a menù anche agnolotti e tagliolini di pesto di Prà. L’accoppiata asparagi ragù è piacevole, ci aspettavamo la presenza di panna (per via del bianco) che magari vellutava e a-malgamava l’insieme, ma ci pare sia stato preferito il formaggio con risulta-to altrettanto apprez-zabile. Secondi: il filet mi-gnon in salsa di timo lo definiremmo otti-mo. Ottima la carne, tenera, tiepida; ottima la salsa con un inten-sissimo sapore di Ti-

mo che la insaporiva. Abbiamo anche assaggiato un filet-to di maiale al Porto e balsamico di Modena servito accompagnato da fagioli Cannellini. La carne ben cot-ta e ingustosita dal liquoroso vino portoghese e dal tipico mosto cotto della città emiliana è stata apprez-zata anche se nel confronto col filet mignon quest’ultimo ha raccolto le nostre preferenze. Prima di passare al dolce un doveroso cenno al vino: abbiamo sciacquato il palato con un Montepulciano del 2007 (Fattoria del Cerro). E’ un vino se-nese fra i più antichi d’Italia, da 13,5°, potente, corposo, tanto da sembrarci persino barricato anche se nell’etichetta non si faceva alcun cenno a rapporti con le botticelle in legno da 225 litri di solito impiega-te per conferire il tipico aroma. In-fine i dolci, vere chicche per chi li sa apprezzare: Sprofondata di pere e cioccolato; Interpretazione di tirami su; Spuma di torrone fon-dente caldo. La Sprofondata è co-stituita dai pezzi di pera e cioccola-to annegati in una soffice pasta simile alla “csenta” la tipica torta monferrina. La libera interpretazio-ne del Tirami su è certamente mi-gliore rispetto alla tradizione, più liquido tanto da esser servito in un bicchiere con i savoiardi serviti a parte. Nulla da obiettare nemmeno per l’ottima Spuma di torrone. Totale per 3 antipasti, un primo 3 secondi 3 dolci, vino, acqua 75 €. Per i nostri lettori Andrea ci spiega che è in previsione la realizzazione di un “menù da film”. Per i cinefili il Gran Brulé del film - Il favoloso mondo di Amelie - o il Gazpacho (un antipasto) dal film - Soul kitchen –. Ma non finisce qui: se volete far colpo su una ragazza,

la moglie, o… , al Boc-cadoro potete prenota-te una cenetta romanti-ca a due sul terrazzo. Mentre per i meno ro-mantici e più pragmati-ci, d’estate, in giardino, potete apprezzare la classica apericena scambiando due parole con amici.

Filetto di maiale al Porto e balsamico di Modena