gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui social media in ottica aziendale

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Gestione, misurazione e organizzazione delle attivit`a sui Social Media in ottica aziendale Michele Vangelista Settembre 2012

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Tesi di laurea in Economia e Management presso l'Università degli Studi di Padova.Per visualizzare la presentazione relativa visita http://www.slideshare.net/MicheleVNG/gestione-misurazione-e-organizzazione-delle-attivit-sui-social-media-in-ottica-aziendaleLa tesi ha ricevuto il massimo dei punti assegnabili e mi ha aiutato a raggiungere un ottimo voto di laurea.

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Page 1: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

Gestione, misurazione e organizzazione delle

attivita sui Social Media in ottica aziendale

Michele Vangelista

Settembre 2012

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Indice

Introduzione v

1 I social media 1

1.1 Definizioni e scenario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.2 I social media e le aziende . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.2.1 Le linee guida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2.2 L’utilizzo immediato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2 La misurazione delle attivita 11

2.1 La diversita di interpretazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2.2 Una sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

2.2.1 Le metriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.2.2 La strategia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.2.3 Il valore dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

3 L’organizzazione delle attivita 21

3.1 Caratteristiche del social media manager . . . . . . . . . . . . 21

3.2 Configurazioni organizzative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3.2.1 Le fasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

iii

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iv INDICE

3.2.2 I modelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.3 Verso il social business . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

3.4 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

4 Un’applicazione reale 33

4.1 L’azienda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

4.2 Il progetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

4.3 La presenza sui Social Media . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

4.4 Possibili sviluppi e opportunita . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

4.5 Possibili problemi o vincoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.6 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

Opere citate 39

Page 5: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

Introduzione

Mai come negli ultimi anni, le organizzazioni si trovano ad affrontare un

ambiente eccezionalmente mutevole, nel quale spesso la tecnologia si evolve

piu rapidamente della capacita dei manager di cogliere le nuove opportunita

e difendersi dai rischi emergenti. Le nuove tecnologie danno la possibilita

ai consumatori di avere accesso a strumenti nuovi e sempre piu evoluti, ed e

opinione di molti che questo fatto stia rivoluzionando profondamente il modo

di fare marketing e, piu in generale, di fare business.

Oggi, una gran parte dell’attenzione di manager e ricercatori e dedicata

ai social media, strumenti che permettono un nuovo tipo di comunicazione

e relazione tra consumatori – e tra consumatori e aziende – mai conosciuti

prima.

Questi strumenti portano con se molte opportunita, che spesso sono dif-

ficili da identificare rimanendo ancorati a logiche aziendali classiche. Forse

fonte di preoccupazione maggiore, ci sono poi i nuovi rischi e le potenziali

crisi legate ai social media, che le aziende devono ora essere in grado di iden-

tificare, e a cui devono riuscire a rispondere per poter mantenere il vantaggio

competitivo. A titolo di esempio cito il caso di Mosaico Arredamenti, societa

che nel 2008 ha commesso un grave errore chiedendo un risarcimento per

danni da diffamazione a un proprio cliente che si era lamentato del servizio

sul proprio blog: il fatto, attraverso il rapidissimo passaparola che si crea in

v

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vi INTRODUZIONE

rete, ha generato una enorme quantita di critiche e reazioni da altri utenti

che, oltre a costringerla a ritirare la denuncia, compaiono ancora oggi ai primi

posti su Google, risultando in un danno in immagine decisamente maggiore

di prima (per un approfondimento si veda Pratizzoli 2010).

Molti manager colgono l’esistenza di nuove opportunita che si aprono con

l’uso dei social media, non sempre, pero, riuscendo a definire concretamente

che cosa e possibile ottenere elaborando una strategia attorno a questi stru-

menti. Spesso la funzione marketing, adottando un approccio superficiale,

considera i social media unicamente come un ulteriore canale di comunica-

zione unidirezionale, e solo nei casi migliori si comincia sviluppare una comu-

nicazione di tipo interattivo. Raramente pero, il successo delle attivita sui

social media viene espresso in numeri, come un risultato economico. Rara-

mente l’ufficio comunicazione o i neo-addetti ai social media riescono a fornire

all’azienda una misura della redditivita di questi investimenti. La difficolta

nel rendere conto quantitativamente della propria attivita e un problema dal

quale la funzione marketing e sempre stata afflitta, ma i social media presen-

tano problemi nuovi e ai quali e particolarmente difficile dare una soluzione,

in gran parte – come spieghero in seguito – a causa della natura diversa di

questi nuovi strumenti.

Capita l’importanza di investire in social media, il problema diventa un

altro. Chi deve curare l’elaborazione della strategia ottimale per i social

media, e chi deve seguirne l’implementazione? In che modo la necessita di

investire in questi nuovi strumenti modifica le esigenze organizzative azien-

dali? Questi problemi, tutt’altro che banali, sono l’immediata conseguenza

della decisione di investire in social media e, come spieghero, sono un punto

critico per il successo di una strategia.

Questo lavoro seguira la struttura qui appena delineata. Nel primo capi-

Page 7: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

vii

tolo mi occupero di dare una panoramica generale, indicando prima di tutto

cosa sono i social media, e spiegando quindi come le aziende li stanno o li

dovrebbero interpretare per utilizzarli nel loro business. Nel secondo capito-

lo proseguiro individuando un framework di misurazione per le attivita sui

social media, presupposto essenziale allo sviluppo di una strategia in questo

senso: riflettero sulle metriche individuabili, sulle diverse prospettive presen-

ti, e sul valore dei dati, tenendo sempre presente l’ottica strategica di lungo

periodo. Nel terzo capitolo, quindi, mi dedichero al conseguente problema

organizzativo: descrivero le principali fasi che si osservano nei processi di

implementazione di progetti sui social media, e analizzero i possibili mo-

delli organizzativi che le imprese possono seguire per gestirli. Daro inoltre

una panoramica sul tema caldo del social business, strettamente correlato

al problema organizzativo. Infine, nel quarto capitolo, portero un caso reale

a supporto delle tesi precedentemente elaborate, analizzando opportunita e

vincoli che un’azienda si trova ad affrontare nello sviluppo di una strategia

sui social media.

Page 8: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

viii INTRODUZIONE

Page 9: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

Capitolo 1

I social media

1.1 Definizioni e scenario

L’analisi necessaria per giungere a una descrizione accurata delle attivita e

delle strategie sui social media non puo che partire da una definizione del

termine. Tra quelle presenti in letteratura, quella piu completa e fornita da

Kaplan e Haenlein (2010: 61), e riconosciuta di valore da diversi altri autori

(Weinberg e Pehlivan 2011, Cosenza 2012): “I Social Media sono un gruppo

di applicazioni Internet-based che crescono sulle fondamenta ideologiche e

tecnologiche del Web 2.0, e che permettono la creazione e lo scambio di

contenuto generato dagli utenti [User Generated Content ]”.

Tale definizione presuppone la comprensione di due concetti preliminari

di Web 2.0 e di User Generated Content. Seguendo l’impostazione logica di

Kaplan e Haenlein (2010), con Web 2.0 si intende il nuovo modo di utilizzare

il web che si e diffuso sempre piu dai primi anni 2000, che ha caratteristiche

di maggiore interattivita utente-contenuto e maggiore dinamicita, e che ha la

base in nuove tecnologie come Adobe Flash, RSS e AJAX. Lo User Generated

Content e invece il contenuto web creato dagli utenti finali che soddisfa i

1

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2 CAPITOLO 1. I SOCIAL MEDIA

requisiti di (OECD, 2007):

1. essere pubblicato su un sito ad accesso pubblico o su un social network

ad accesso limitato,

2. dimostrare impegno creativo,

3. essere creato al di fuori di routine e pratiche professionali.

Date queste premesse, la precedente definizione di Social Media dovrebbe

risultare chiara, ed e evidente che con il termine “social media” si fa riferi-

mento ad un insieme di applicazioni web piuttosto ampio. Vanno certamente

considerati parte di questo grande insieme:

• Blog e microblog;

• Progetti collaborativi (Wikipedia) e community tematiche (i forum);

• Community di contenuti mediali (YouTube, Flickr, Slideshare);

• Social network (Facebook, LinkedIn, Google+);

• Mondi virtuali per relazione o gioco (Second Life, World of Warcraft).

I diversi social media sono stati classificati secondo i metodi piu dispa-

rati. Ai fini di questa relazione non e particolarmente rilevante giungere a

una classificazione definitiva, ma e utile analizzare le diverse categorizzazioni

proposte per identificare le dimensioni principali secondo cui i social media si

differenziano l’uno dall’altro. Tali dimensioni, identificabili nella letteratura

recente, sono: il grado di presentazione/rivelazione di se, il grado di presenza

sociale, il grado di ricchezza del medium, la profondita dell’informazione, e

la longevita dell’informazione (Kaplan e Haenlein 2010, Weinberg e Pehlivan

2011).

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1.1. DEFINIZIONI E SCENARIO 3

Con grado di presentazione o rivelazione di se, si intende dare una misura

di quanto il medium in analisi permette o richiede di identificare se stessi al-

l’interno dell’applicazione, attraverso la rivelazione di informazioni personali

volontariamente (ad es. in social network come Facebook) o involontaria-

mente (come attraverso l’espressione di opinioni personali). Strumenti come

blog e social network sono evidentemente piu “personali” di altri social media

come le wiki o le community di contenuti.

Il grado di presenza sociale riguarda invece il livello di “contatto” che

viene raggiunto dalle persone messe in relazione dal medium, e dipende da

variabili come l’immediatezza (comunicazione in stile e-mail vs. comunica-

zione in stile live chat) e l’intimita del medium. I mondi virtuali raggiungono

il piu alto grado di presenza sociale. Correlato a questo concetto c’e quello

di ricchezza del medium, con il quale si identifica la quantita di informazioni

che questo puo trasmettere in un certo lasso di tempo.

La profondita dell’informazione indica la ricchezza del contenuto tra-

smesso dal medium, insieme con il numero di diverse prospettive che pre-

senta. Forum e social network permettono di sviscerare argomenti in mo-

do generalmente piu completo rispetto ai blog, grazie alla loro componente

maggiormente collaborativa.

Infine, la longevita dell’informazione e la dimensione che permette di

classificare i social media secondo il tempo per cui tale informazione rimane a

comoda disposizione dell’utente. Twitter e un esempio emblematico di social

network con longevita dell’informazione estremamente bassa: gia qualche ora

dopo che un tweet e stato scritto, diventa difficile reperirlo.

Questo breve excursus sul mondo dei social media in generale e servito a

individuare il contesto di riferimento. Ora il fulcro del discorso deve spostarsi

altrove, per poter poi giungere a descrivere il problema della misurazione delle

Page 12: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

4 CAPITOLO 1. I SOCIAL MEDIA

performance e dell’organizzazione orientata ai social media.

1.2 I social media e le aziende

Man mano tutte le imprese stanno prendendo coscienza della necessita di

essere presenti sui social media, e questo implica anche avere una strategia

per farlo al meglio.

Uno dei miti piu diffusi e che i social media siano uno strumento utile

solo per le aziende che lavorano nel B2C: certamente utilizzare gli strumenti

social con clienti business e piu complesso, ma non per questo meno effi-

cace. All’occhio di un osservatore superficiale possono sfuggire le aziende

B2B che sfruttano i canali sociali, soprattutto perche noi tutti siamo per lo

piu consumatori e non siamo nel target di queste aziende. D’altra parte,

quando esamineremo in che modo i social media possono dare alle azien-

de un vantaggio competitivo, sara chiaro che anche nel business-to-business

quest’opportunita non e da sottovalutare.

Cominciamo dal capire in cosa o perche i social media sono diversi da

tutti gli altri canali di marketing. Innanzi tutto, non sono solo un canale.

E possibile fare pubblicita e inviare comunicazioni promozionali attraverso

i social media con un approccio classico, ma questo non e probabilmente il

miglior uso che se ne puo fare.

Internet ha rivoluzionato il modo in cui i consumatori comunicano e la

facilita per gli stessi di reperire informazioni di qualita che orientino i loro

comportamenti di acquisto. Siamo in molti, oggi, a fare una rapida ricerca

su Google prima di acquistare un prodotto; spesso, addirittura, i consuma-

tori fanno una scelta di acquisto ancora prima di vedere il prodotto dal vivo,

ad esempio esposto su uno scaffale. Questo fenomeno e stato descritto con

Page 13: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

1.2. I SOCIAL MEDIA E LE AZIENDE 5

il nome esplicativo di Zero Moment of Truth (Lecinsky, 2012). Secondo il

managing director di US Sales & Service di Google, infatti, si sarebbe ab-

bandonata la classica routine che passa principalmente attraverso la visione

dei prodotti sugli scaffali (First Moment of Truth) e la successiva esperien-

za dopo l’acquisto (Second Moment of Truth). Il passaggio da uno stimolo

(pubblicita, passaparola, bisogno del consumatore. . . ) alla ricerca del pro-

dotto su uno scaffale oggi, nell’era di Google, non e piu diretto, ma passa

attraverso una ricerca autonoma su Internet, che fornisce al consumatore la

maggior parte delle informazioni che cerca, ancora prima che questo abbia

una prima esperienza fisica del prodotto. Tutto questo, grazie ai feedback

resi pubblici da altri e alla capacita dei motori di ricerca di individuarli e

mostrarceli.

A questa premessa possiamo aggiungere anche qualche dato statistico.

Armano (2010), illustrando delle proiezioni di Forrester, spiega che gli in-

vestimenti in social media e mobile marketing sono quelli che ci si aspetta

cresceranno maggiormente nei prossimi anni, con un CAGR (Compound an-

nual growth rate) rispettivamente del 34% e del 27% dal 2008 al 2014. Josh

Bernoff (2011b) illustra invece quali sono i cinque stadi evolutivi delle grandi

aziende nel loro percorso verso la completa padronanza delle tecnologie socia-

li, fornendo anche delle percentuali di raggiungimento tratte da un sondaggio

su 95 amministratori aziendali.

1. Dormienti (circa il 20%), sono le aziende che ancora non agiscono in

alcun modo sui social media, o tutt’al piu ascoltano con applicazioni

di social monitoring.

2. In fase di sperimentazione (circa il 33%) si trovano le aziende che

hanno avviato progetti pilota e cominciano a imparare dai propri errori.

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6 CAPITOLO 1. I SOCIAL MEDIA

3. In fase di coordinamento (circa il 33%) ci sono poi quelle aziende

che stanno consolidando e formalizzando le loro procedure di azione

sui social media.

4. In fase di crescita e ottimizzazione si trovano la maggior parte delle

aziende rimanenti. Sono quelle che cominciano, ad esempio, ad acco-

gliere sistematicamente nuove idee dai consumatori, come fa Starbucks

con MyStarbucksIdea.com.

5. Empowered sono dette le poche aziende che hanno raggiunto un livello

pervasivo di utilizzo dei social media.

Infine, un dato molto importante ci e dato dall’agenzia di ricerca di mar-

keting Nielsen (2012), che mostra che – seppur in crescita – la fiducia dei

consumatori nei messaggi pubblicitari aziendali di ogni tipo (online, su rivi-

ste, tv, radio, . . . ) rimane molto minore della fiducia nelle opinioni di altri

pari, anche se sconosciuti.

Risulta quindi chiaro che oggi le aziende hanno bisogno di farsi una repu-

tazione (o migliorare quella gia consolidata) attraverso i propri clienti, e non

piu principalmente tramite metodi top-down come la pubblicita e la comuni-

cazione aziendale tradizionale. E proprio in questo che risiede la piu grande

diversita dei social media rispetto alla comunicazione del Web 1.0: in questo

ambiente, e il consumatore che governa la conversazione e i messaggi riguar-

danti l’azienda, e non piu questa come in passato. I social media amplificano

a dismisura il potere del passaparola, e danno la possibilita a nuovi individui

di emergere come fonti autorevoli di informazione. E il caso dei blogger piu

seguiti e influenti, che gia da qualche anno sono sotto osservazione da parte

delle aziende piu accorte nei settori piu disparati: dal fashion, al food, alla

tecnologia.

Page 15: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

1.2. I SOCIAL MEDIA E LE AZIENDE 7

Da queste considerazioni, e possibile elaborare alcune linee guida per

l’utilizzo ottimale dei social media a livello professionale e aziendale.

1.2.1 Le linee guida

Molti concordano sul fatto che i social media debbano essere, anche attraver-

so appositi tool di analisi, innanzi tutto degli strumenti di ascolto (Weinberg

e Pelhivan 2011, Cosenza 2012, Bottles e Sherlock 2011, Etlinger 2011). I

clienti delle aziende parlano tra loro e, oggi, lo fanno soprattutto attraverso

strumenti di comunicazione online: blog e social network in primis. Molte

aziende spendono grandi quantita di denaro in ricerche di mercato prima

di lanciare nuovi prodotti, o tentano di raccogliere informazioni di custo-

mer satisfaction tramite questionari: molte di queste informazioni si possono

ottenere attraverso un adeguato piano di monitoraggio delle comunicazioni

online riguardanti il proprio marchio o la propria azienda. Dell, una del-

le aziende piu avanzate nel campo dei social media, ha un apposito Social

Media Listening Command Center, nel quale diverse persone passano parte

della loro giornata lavorativa a monitorare cio che si dice online (Etlinger

2011: 26).

Altro punto su cui c’e un ampio consenso e il fatto che per agire con suc-

cesso sui social media sia necessario, forse poco sorprendentemente, essere

social (Kaplan e Haenlein 2010, Giamanco e Gregoire 2012). Con questo

termine si intendono una serie di azioni che e necessario mettere in prati-

ca per avere successo: fondamentale e rispondere e dialogare con chi parla

dell’azienda, ed essere in grado di farlo quando le opinioni espresse sono po-

sitive, ma soprattutto quando sono negative, o c’e malcontento diffuso su un

prodotto o un servizio offerto. I consumatori presenti in questi canali danno

poco peso a messaggi propagandistici sordi, ma apprezzano la possibilita di

Page 16: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

8 CAPITOLO 1. I SOCIAL MEDIA

avere un dialogo reale con esponenti del brand o dell’azienda di cui parlano.

C’e chi suggerisce addirittura, con giusto spirito di osservazione per i casi di

successo, “be unprofessional” (Kaplan e Haenlein 2010: 66): gli utenti seguo-

no piu volentieri qualcuno che parla con una voce umana e modesta. Anche

se si e portavoce del brand, non e necessario utilizzare toni eccessivamente

alti e professionali, o comunicazioni da slogan pubblicitario.

Ci sono poi suggerimenti che riprendono le best practices della comunica-

zione, e che e giusto ricordare per notare anche l’esistenza di punti di congiun-

zione tra la comunicazione tradizionale e il social media management. Ad

esempio, si ricorda la necessita dell’integrazione (Kaplan e Haenlein 2012): e

evidente che, anche se gestiti in modo molto diverso, i social media contribui-

scono a fornire al consumatore l’immagine dell’azienda. Seppur piu liberi e

spontanei, anche i messaggi inviati tramite i social media devono contribuire

a rafforzare l’identita del brand; questi strumenti, anzi, proprio per la loro

atipicita, permettono alle aziende di dare ulteriori e piu profonde caratte-

rizzazioni al proprio marchio, per differenziarsi dai competitor sotto nuove

dimensioni.

1.2.2 L’utilizzo immediato

Ci sono molti obiettivi immediati che i social media possono aiutare a rag-

giungere. Concentrandosi su un’ottica business-to-business, Giamanco e Gre-

goire (2012) propongono tre obiettivi che il reparto vendite puo prefiggersi

di raggiungere, notando giustamente che “nessun aspetto del business e piu

sociale della vendita” (ibid.: 90). Il primo obiettivo e la generazione di nuovi

prospect, o lead, cioe nuovi potenziali clienti, attraverso il monitoraggio dei

social media. Oggi, un lead puo nascere facilmente da una lamentela o una

discussione su Twitter, LinkedIn o Facebook: gli stessi autori raccontano di

Page 17: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

1.2. I SOCIAL MEDIA E LE AZIENDE 9

come un’azienda che offre servizi di web conferencing sia riuscita, in mez-

za giornata, a vendere il proprio prodotto a un CEO che si era lamentato

del servizio della concorrenza su Twitter (ibid.). Opportunita del genere so-

no pero all’ordine del giorno: e compito dei professionisti della vendita di

interessarsi a questi nuovi meccanismi per riuscire a trasformare in routine

l’utilizzo di un nuovo canale di prospecting. L’obiettivo che ne consegue logi-

camente e quello della qualificazione dei lead, cioe l’identificazione dei criteri

BANT (IBM, citata in Giamanco e Gregoire 2012) per ciascuno di essi: il

lead deve avere a disposizione il budget necessario all’acquisto, l’autorita per

portarlo a termine, un reale bisogno (need) per il prodotto o servizio offerto

dall’azienda, e le sue aspettative sulle tempistiche di consegna devono essere

raggiungibili. Strumenti come i social network e i tool di analisi dei dati di-

sponibili online, uniti all’intuito professionale del venditore, possono aiutare

a chiarire questi punti, anche dando la possibilita di fare domande dirette al

lead. Infine, i due autori identificano anche l’obiettivo di gestire le relazioni

con i clienti, compito che nelle organizzazioni B2B e affidato ai singoli ven-

ditori (o commerciali), piu che alla funzione marketing e comunicazione in

generale. Il modo per gestire le relazioni attraverso i social media puo essere

ricondotto al precedente punto sulla necessita di essere social : fondamentale

e dialogare, e ricordare che nel mondo social bisogna “dare senza aspettarsi

un ritorno immediato” (Giamanco e Gregoire 2012: 93).

Le possibilita, in ogni caso, non si esauriscono qui. Russell (2012), ad

esempio, analizzando specificamente il settore bancario, ha identificato pos-

sibilita di miglioramento attraverso i social media in aree aggiuntive rispetto

alle gia citate comunicazione e vendite: esistono infatti aree di applicazione

anche nel customer service, nelle ricerche di marketing, e anche nell’ufficio

risorse umane, che puo usare i social network per ricercare candidati per un

Page 18: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

10 CAPITOLO 1. I SOCIAL MEDIA

posto di lavoro, o per selezionare tra quelli gia presenti.

1.3 Conclusioni

In questo capitolo ho dato una panoramica sul mondo dei social media, dan-

done una definizione e analizzandone le caratteristiche principali. Quindi ho

presentato il problema che si presenta alle aziende come conseguenza della

diffusione di questi strumenti e di abitudini di consumo diverse dal passato,

e ho quindi presentato una serie di suggerimenti ed esempi di attivita che

possono – e dovrebbero – essere intraprese con l’utilizzo dei social media.

Tutto questo, pero, non presuppone ancora un’ottica strategica, che potra

essere compresa appieno solo dopo aver affrontato il tema della misurazione.

Questo perche, come spiega anche, nel caso specifico, Etlinger (2011), nel

corso della pianificazione strategica e opportuno partire sempre dalla defini-

zione degli obiettivi, partendo dal generale (Mission) allo specifico (obiettivi

di business). Per poter utilizzare degli obiettivi operativamente, ottenendo

cioe un riscontro sul loro completamento giorno per giorno, e fondamentale

che questi siano misurabili (Barney 2006, Doran 1981).

L’utilizzo strategico dei social media non e estraneo a questa logica, ed e

per questo che per pianificare strategicamente un’azione che preveda l’utilizzo

di questi strumenti e necessario partire, in primo luogo, da una definizione dei

metodi di misurazione delle attivita sui social media, argomento del prossimo

capitolo.

Page 19: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

Capitolo 2

La misurazione delle attivita

Cominciamo ora ad entrare in un argomento estremamente controverso, su

cui diversi accademici e manager si sono confrontati, talvolta a fatica o senza

riuscire a giungere a conclusioni convincenti.

Il problema e chiaro. Le aziende si trovano davanti a un nuovo mondo –

quello social – pieno di opportunita; ma come coniugare l’apparente necessita

di lanciarsi a sfruttarle, con la costante esigenza di garantire la generazione

e la crescita dei profitti? E naturale che i vertici aziendali richiedano alla

funzione marketing una dimostrazione o, con toni piu blandi, un modello

che mostri loro in che modo tutto questo possa portare alla creazione di un

valore economico e, in ultima analisi, finanziario. Si potrebbe sintetizzare

il problema con una domanda che molti marketers si saranno ormai sentiti

rivolgere dai loro superiori: “Qual e il ROI dei social media?”.

2.1 La diversita di interpretazioni

E stato notato, innanzitutto, un trend verso la ridefinizione del concetto di

ROI perche sia coerente con i social media (James Clark, citato in Pekala

11

Page 20: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

12 CAPITOLO 2. LA MISURAZIONE DELLE ATTIVITA

2010). Si assiste cosı alla definizione di metriche come Return on Participa-

tion, Return on Engagement, Return on Trust e Return on Influence. Sebbe-

ne possano essere di interesse per una comprensione del fenomeno, metriche

di questo tipo non aiutano minimamente a dare una risposta alla domanda,

prettamente finanziaria, di misurare la redditivita dei social media.

Da un altro punto di vista, c’e invece chi tende a dare risposte forse ecces-

sivamente pragmatiche, che si lasciano sfuggire parte delle potenzialita per

cui, abbiamo visto, possono essere usati i social media. E chiaro l’intento di

Duboff e Wilkerson (2010: 34), quando dichiarano “ROI is an economic term

and, therefore, calculations must be in dollars and cents, not in percentages,

reach, frequency or any other pure marketing metric”. I due autori svilup-

pano quindi un metodo per la misurazione del ROI che ricorda un conto

economico di bilancio, adatto, dichiaratamente, soprattutto alla misurazione

del successo di singole iniziative di promozione/pubblicita attraverso i social

media. Quello che suggeriscono e un approccio empirico costruito su stime

aggiustate nel tempo: si parte da una valutazione dell’investimento in ter-

mini di costi nel corso del tempo, e si sviluppa quindi un sales funnel che,

partendo dal numero di persone raggiunte dall’iniziativa promozionale, do-

vrebbe riuscire a stimare i ricavi generati. Sorgono dubbi sul fatto che questo

metodo possa essere applicato in casi pratici, per ragioni legate all’estrema

variabilita dei contesti di applicazione, che non permettono di aggiustare le

stime con sufficiente precisione e in tempi sufficientemente rapidi. C’e da

riconoscere, d’altra parte, che gli stessi autori notano alcuni punti importan-

ti che e giusto sottolineare. Ricordano, in primis, l’importanza di valutare

i ricavi generati da un consumatore non in ottica “spot”, ma in riferimen-

to all’intera vita di acquisto. Questo punto e centrale in contesto social, in

quanto, oltre a sollecitare un acquisto d’impulso, attraverso i social media e

Page 21: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

2.1. LA DIVERSITA DI INTERPRETAZIONI 13

anche – e soprattutto – possibile “coltivare” i consumatori presenti e futuri,

incrementandone il valore complessivo per l’azienda. In secondo luogo, Du-

boff e Wilkerson evidenziano un punto fondamentale che ci accompagnera

anche successivamente: tutte le valutazioni sul ROI dell’investimento sociale

devono essere fatte rispetto al futuro, per decidere cioe se investire o non

investire. Valutare unicamente iniziative passate ha una utilita limitata. Co-

me vedremo, questa idea e alla base del lavoro di Cosenza (2012), che spiega

come per sviluppare con successo un programma di misurazione sui social

media sia necessario partire molto prima dell’attivita in se, avendo chiari

innanzitutto gli obiettivi di business da conseguire.

Un’interessante prospettiva bilanciata e poi offerta da Josh Bernoff (2011-

a), che classifica le fonti di ritorno economico a seguito di investimenti in

applicazioni sociali. In primo luogo, il ritorno tradizionale proviene dai be-

nefici finanziari di breve termine. Questi sono i piu immediati da individuare

e misurare, in quanto si puo tracciare una correlazione tra azione sui so-

cial media, e reazione. Bernoff porta ad esempio incrementi di vendite a

seguito dell’aggiunta di funzionalita di rating & review sociali su un sito di

e-commerce, o l’utilita per il business di community specializzate che possono

risolvere problemi gratuitamente, evitando che questi pesino sul budget del

supporto tecnico. Ci sono poi ritorni non finanziari di lungo termine, legati

all’aumento di notorieta del brand. L’effetto dell’aumento di notorieta e un

aumento dei consumatori nei diversi stadi di disponibilita all’acquisto (Kotler

e Armstrong 2009). Il terzo tipo di ritorno dall’ambito social e la riduzione

del rischio che si traduce, nel lungo termine, in valore finanziario. I rischi di

cui si parla sono quelli legati alla possibilita che consumatori poco soddisfatti

possano portare a delle crisi attraverso la loro influenza online. E per questo

che molti brand come la gia citata Dell – ma anche il 23% delle societa ita-

Page 22: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

14 CAPITOLO 2. LA MISURAZIONE DELLE ATTIVITA

liane secondo SDA Bocconi (2011) – hanno staff che monitorano il buzz che

si forma online attorno ai loro prodotti: perche questo ha un costo minore

di gestire una crisi sviluppatasi senza controllo. Infine ci sono dei benefici

che Bernoff chiama “digitali”, di breve termine e di tipo non finanziario: si

tratta, ad esempio, della maggiore accessibilita sui motori di ricerca, i quali

negli ultimi tempi stanno dando sempre piu importanza al mondo sociale

per determinare il page rank. Il messaggio e che questi diversi benefici di

investimenti in social media vanno considerati e bilanciati nel loro valore,

per ottenere una misura della redditivita complessiva dell’investimento.

2.2 Una sintesi

Cerchero ora di collegare quanto e stato detto fin qui, con l’obiettivo di dare

una rappresentazione completa, seguendo in parte una traccia data dal lavoro

di Cosenza (2012).

Come e gia stato detto, i social media sono una nuova opportunita per

il business, ma solo nella misura in cui si rendono uno strumento chiave

per il miglioramento delle performance aziendali. Oggi spesso si tende a

vedere l’investimento in social media quasi come un obiettivo: “se lo fanno

tutti, lo dobbiamo fare anche noi”. Analizzando attentamente questo punto

possiamo cominciare a intuire perche la domanda “Qual e il ROI dei social

media?” sia in un certo senso errata. Non rappresentando un obiettivo di

business, l’investimento in social media non puo essere isolato da tutte le

altre operazioni e valutato separatamente.

Per questo, e necessario partire fin dal principio, definire degli obiettivi di

business e, sulla base di questi, elaborare delle metriche coerenti. Non neces-

sariamente il ROI sara l’indice migliore per misurare il successo di un’attivita

Page 23: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

2.2. UNA SINTESI 15

come la gestione delle relazioni con gli opinion leader o la gestione di una

presenza online omogenea. In effetti, anzi, “il concentrarsi ossessivo ed esclu-

sivo sull’approccio al ROI considerata come ‘silver metric’, e gia indice di

una valutazione della comunicazione e del marketing d’impresa orientata al

breve periodo e poggiante sull’idea di mercati interamente controllabili e pre-

vedibili” (Accoto e Mandelli, citati in Cosenza 2012: 58). Significa, cioe, che

per un’impresa con una visione di marketing e comunicazione piu strategica

e di lungo periodo, metriche finanziarie di breve termine quali il ROI devono

necessariamente lasciare spazio a metriche diverse, che diano una rappre-

sentazione del successo su obiettivi di lungo termine, che solo nel corso del

tempo si tradurranno in risultati finanziari.

2.2.1 Le metriche

Il primo punto per elaborare una misurazione efficace delle attivita attraver-

so i social media, quindi, e avere chiaro quali sono le metriche utilizzabili.

Queste si dividono in: counting metrics, foundational metrics, business value

metrics, e outcome metrics (Lovett 2011).

Counting metrics

Per counting metrics si identificano semplicemente le metriche specifiche di

una determinata piattaforma sociale, e messe a disposizione dalla stessa.

Sono ad esempio i visitatori unici o le pageview per un blog, i follower su

Twitter, i like su Facebook, e cosı via.

Foundational metrics

Queste metriche sono gia qualcosa di piu complesso delle precedenti: non

sono valide unicamente per i social media, ma per molte attivita di comu-

Page 24: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

16 CAPITOLO 2. LA MISURAZIONE DELLE ATTIVITA

nicazione. In questo modo, possono essere utilizzate per fare confronti tra

iniziative alternative. Non sono misure numeriche prescritte a priori, ma con-

cetti che devono essere adattati al singolo business, che deve essere in grado

di capire quali (combinazioni di) counting metrics sono piu appropriate nel

caso specifico. Si tratta di:

• Interaction, cioe il grado di risposta a stimoli quali iniziative di marke-

ting.

• Engagement, che misura il grado di coinvolgimento dell’utente. L’enga-

gement misura la qualita dell’interazione, e misurazioni si potrebbero

ottenere attribuendo un peso diverso ad azioni che si reputano piu o

meno “coinvolgenti” (piu importanza a una condivisione rispetto a un

like, ad esempio).

• Influence, che e una caratteristica di un singolo utente online (ed, even-

tualmente, puo essere limitata all’area tematica in cui questo e specia-

lizzato). Riuscendo a misurarla, si riuscirebbe a individuare facilmente

gli individui su cui intraprendere azioni mirate; ci sono pero molte

difficolta nell’individuare come rendere affidabile e trasversale questa

misura.

• Advocacy, che e una misura di quanto gli utenti della rete parlano

spontaneamente a favore del brand senza che ci siano iniziative da parte

dell’azienda.

• Impact, cioe la capacita di un individuo (o di un gruppo) di determinare

il risultato desiderato di un’attivita.

Page 25: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

2.2. UNA SINTESI 17

Business value metrics

Queste sono le classiche metriche di business come l’impatto sul fatturato

o l’impatto sulla soddisfazione dei clienti. Sono metriche chiare e compren-

sibili per i manager e tutti gli shareholders, ma generalmente complesse da

calcolare.

Outcome metrics (o Key Performance Indicators)

Queste sono, infine, le metriche generalmente piu rilevanti, in quanto portano

con se una maggiore quantita di informazioni e, potenzialmente, raccoman-

dazioni concrete, delle precedenti. Questa caratteristica e legata al fatto

che sono metriche ricavate partendo da degli obiettivi di business raggiun-

gibili attraverso i social media, e servono a dare una misura del grado di

avvicinamento a tali obiettivi. Lovett (2011) ha individuato sei obiettivi

“classici” ai quali possono essere associati dei KPI, e cioe: incrementare la

visibilita (esempio di KPI e il reach), promuovere il dialogo (ampiezza delle

conversazioni), generare interazioni (conversioni, cioe utenti che interagisco-

no rispetto al totale di utenti esposti), facilitare il supporto (problemi risolti

tramite social media, net promoter score), promuovere l’advocacy, e stimola-

re l’innovazione. Risulta chiaro, da come sono formulati, che questi obiettivi

fanno riferimento all’intera azienda o al brand, e le relative conseguenze sul-

la “salute aziendale” sono facilmente intuibili a prescindere dal contesto dei

social media. Un’analisi dettagliata delle possibili metriche elaborabili non

e negli obiettivi di questa relazione (si veda Cosenza 2012, pp. 49-57 per

approfondimenti).

Page 26: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

18 CAPITOLO 2. LA MISURAZIONE DELLE ATTIVITA

2.2.2 La strategia

Il punto chiave da tenere in considerazione rimane quello di partire dagli

obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso i social media, e cioe dal-

la strategia; una volta chiari gli obiettivi, bisogna individuare i KPI che

permettono di monitorare al meglio il grado di approssimazione a questi. I

KPI verranno calcolati prendendo in considerazione le diverse counting me-

trics delle piattaforme sociali, e i concetti individuati come “foundational

metrics”, ed elaborando una formula con valore informativo – correlato al-

l’obiettivo – piu alto possibile. E impossibile definire KPI unici e trasversali

a ogni tipo di business, proprio perche ogni business e diverso, e necessita di

metriche che solo gli analisti interni riconoscono essere di valore.

2.2.3 Il valore dei dati

A questo proposito, e utile fare una breve digressione per sottolineare in che

modo i dati possono contribuire a generare valore di business. Il modello

di riferimento e la piramide dei bisogni analitici di Web Analytics Demysti-

fied (Lovett 2011), che prende ispirazione dalla famosa piramide dei biso-

gni di Maslow (1952). Lovett classifica gli stadi di conversione dei dati in

“raccomandazioni” utili per il business:

Data Cioe i dati grezzi. Nel nostro framework, possono essere ricollegati

alle counting metrics.

Information Cioe dati lavorati, che forniscono un’informazione aggiuntiva

rispetto al semplice numero (ad es. i KPI).

Insights Cioe le informazioni analizzate e messe in un contesto di business

da parte dell’analista, che tiene conto degli obiettivi e interpreta il grado

di approssimazione ad essi sulla base di diverse fonti di informazione.

Page 27: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

2.3. CONCLUSIONI 19

Recommendations Questi sono dei consigli molto puntuali, che possono

essere frutto dell’interazione tra analisti e manager. Rappresentano le

azioni che verranno eseguite alla luce degli insights determinati, che

potranno essere, ad esempio, azioni correttive in caso di scostamento

dagli obiettivi determinati.

Le dimensioni rispetto a cui sono classificati questi stadi sono due: il volume,

che decresce nel passaggio da dati a raccomandazioni, e il valore, che invece

aumenta, e corrisponde anche a una maggiore mole di lavoro da parte degli

analisti o dei software.

2.3 Conclusioni

E stato ora affrontato il problema dell’individuazione di un framework di

misurazione per le attivita sui social media. L’argomento e decisamente con-

troverso, e sono in molti che provano a dare il proprio punto di vista sulla

questione. Personalmente, ho ritenuto di maggior interesse, in quanto piu

strutturata dal punto di vista scientifico e piu documentata nella letteratu-

ra, la prospettiva che prevede l’utilizzo dei social media in ottica strategica.

Ho quindi dato una panoramica delle metriche utili a strutturare questo fra-

mework, ed evidenziato i passaggi attraverso cui queste portano alla creazione

di valore di business.

Seguendo quindi l’ottica strategica di cui e gia stata evidenziata la strut-

tura logica (cfr. 1.3), una volta definito il framework di misurazione e neces-

sario procedere nella definizione di obiettivi di business che seguano i criteri

S.M.A.R.T. (Doran 1981), e siano cioe specifici, misurabili, raggiungibili, ri-

levanti, e definiti secondo un orizzonte temporale specifico. Sono stati dati

alcuni esempi di obiettivi definibili, ma questa attivita non e qui oggetto di

Page 28: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

20 CAPITOLO 2. LA MISURAZIONE DELLE ATTIVITA

analisi, in quanto strettamente legata alle specificita dell’azienda e alla sua

strategia complessiva.

Un punto su cui e possibile, invece, fare maggiori considerazioni, e quello

che viene considerato lo step successivo alla definizione degli obiettivi, e cioe

l’individuazione delle configurazioni organizzative ottimali allo sviluppo di

una strategia social (Etlinger 2011). Questo sara l’argomento del prossimo

capitolo.

Page 29: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

Capitolo 3

L’organizzazione delle attivita

Come gia spiegato, la comprensione e l’elaborazione di un’organizzazione

orientata ai social media e un requisito preliminare essenziale per lo sviluppo

di una strategia social di successo. Innanzi tutto mostrero un punto di vista

forse in parte semplicistico che e pero utile a individuare alcune caratteristi-

che delle persone che si dovrebbero occupare di social media. Quindi, daro le

basi per comprendere i passaggi che portano alla formazione di un’organiz-

zazione orientata ai social media, e le principali strutture individuate a tal

scopo.

3.1 Caratteristiche del social media manager

Bottles e Sherlock (2011), pur indirizzando il loro ragionamento soprattutto

a medici ed ospedali, appartenenti a un settore che si direbbe poco propizio

alla crescita di strategie di social media, individuano alcuni punti importanti

per avviare la ricerca di un “social media manager”. Essi sostengono innanzi

tutto che i social media andrebbero sempre gestiti internamente, e che dare

questa attivita in outsourcing ad una agenzia sarebbe quasi sempre una cat-

21

Page 30: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

22 CAPITOLO 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA

tiva idea, per il fatto che il nocciolo della questione e di creare e sviluppare

relazioni con una personalita autentica. Senza dubbio e una tesi difficile da

sostenere, visto il gran numero di agenzie di comunicazione che si sono prese

carico anche di questa attivita, ma i due autori individuano comunque corret-

tamente il significato di occuparsi di social media. In secondo luogo, Bottles

e Sherlock sottolineano l’importanza del ruolo di social media manager, che

dovrebbe avere un accesso semplice, informale e frequente al senior manage-

ment, per essere in grado di rappresentare al meglio l’intera organizzazione

disponendo di informazioni sempre fresche e aggiornate.

Quindi danno alcune indicazioni per cercare di individuare la persona piu

adatta gia all’interno dell’organizzazione. Innanzitutto, consigliano di evitare

di cercare nel dipartimento IT: anche se puo sembrare naturale affidare agli

esperti di tecnologia un nuovo problema che riguarda il mondo dell’informati-

ca, le competenze richieste nella gestione dei social media sono radicalmente

diverse. La persona giusta potrebbe essere piuttosto in area Marketing: e

importante pero che sia consapevole del fatto che “Twitter e Facebook non

sono piattaforme di marketing”, e che perfino chiamare la disciplina social

media marketing manderebbe il messaggio sbagliato (ibid.: 71).

Infine, individuano una serie di caratteristiche desiderabili per il social

media manager ideale, che vanno quasi a formarne la job description: si

parla innanzitutto della fiducia che il management deve riporre nel candidato,

tale da riuscire ad affidargli anche informazioni molto riservate che possano

aiutarlo nel suo lavoro, si parla di grande propensione alla scrittura, e di

capacita di vedere possibilita e connessioni in ogni evento. Con queste e

altre caratteristiche, Bottles e Sherlock identificano il social media manager

ideale per il settore della sanita.

Una critica che puo essere mossa, pero, riguarda il fatto che in questo ar-

Page 31: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

3.2. CONFIGURAZIONI ORGANIZZATIVE 23

ticolo non si considera la possibilita che i social media siano un’area troppo

complessa e variegata per essere gestita da una sola persona, indipendente

dal resto dell’organizzazione. Da quanto e stato detto finora, infatti, sem-

brerebbe che siano necessarie competenze trasversali per le quali un team di

collaboratori si rivelerebbe ottimale.

3.2 Configurazioni organizzative

Consideriamo quindi una situazione piu complessa, nella quale le competenze

necessarie alla gestione della presenza sui social media non siano concentrate

in un’unica persona, ma siano invece distribuite all’interno dell’organizzazio-

ne. Sono stati individuati dei modelli tipici per l’organizzazione aziendale in

ottica social (Owyang 2010), ma prima di analizzarli e opportuno compren-

dere le fasi tipiche che vengono seguite in un programma di implementazione

dei social media in azienda.

3.2.1 Le fasi

Cosenza (2012) individua quattro fasi nel processo di adozione dei social

media in azienda.

Sperimentazione

Si tratta della prima fase, che spesso nasce in modo spontaneo a seguito della

libera iniziativa di uno o piu dipendenti. Nel momento in cui il management

prende coscienza, ad esempio, dell’esistenza di diversi account aziendali uf-

ficiosi sparsi online, la reazione piu corretta e quella di contattare i diversi

promotori aziendali “indipendenti” e invitarli ad adottare una serie di regole

condivise, per cominciare a uniformare la voce e il look online dell’azienda.

Page 32: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

24 CAPITOLO 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA

Adozione finalizzata

Come gia detto in precedenza, l’implementazione di un programma di social

media deve sempre partire da una strategia che riesca a vedere piu in la dei

semplici strumenti, focalizzandosi sugli obiettivi di business. Ecco che allora

la seconda fase diventa quella di stabilire un obiettivo, come l’incremento di

visibilita del brand, e coordinare tutte le azioni sui social media per ottenerlo,

misurando man mano i progressi fatti.

Adozione estesa

Grazie al successo della singola iniziativa, i social media vengono riconosciuti

sempre piu di valore in tutte le funzioni aziendali, che cominciano ad adottarli

a loro volta per molteplici obiettivi. In questa fase il lavoro di chi coordina

gli sforzi verso i social media aumenta esponenzialmente e, soprattutto in

grandi aziende, e facile che si manifesti la necessita di introdurre nuove figure

professionali che possano dividersi i compiti e specializzarsi; e sempre in

questa fase che nasce l’esigenza di adottare una delle forme organizzative

spiegate in seguito, per assicurare che la crescita di applicazione dei social

media non porti con se conseguenze dannose quali inefficienze organizzative

o un’immagine aziendale ambigua, vista dall’esterno.

Integrazione

Risolti tutti i problemi organizzativi che un’adozione estesa comporta, agi-

re sui social media diventa routine, e il fabbisogno di coordinamento attivo

si attenua. In questa fase le competenze necessarie a svolgere le mansioni

sui social media sono diffuse in tutta l’organizzazione, e quindi solo nelle

realta piu complesse rimane attivo un team di coordinamento dedicato. In

aggiunta alla standardizzazione delle competenze, Cosenza (op. cit.) sotto-

Page 33: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

3.2. CONFIGURAZIONI ORGANIZZATIVE 25

linea molto anche la necessita di sviluppare delle social media policy ad uso

interno ed esterno, per formalizzare e chiarire le regole d’uso dei social media,

garantendo anche una standardizzazione di processo (Costa e Gubitta 2008).

3.2.2 I modelli

Esaminiamo ora quelli che sono i cinque modelli organizzativi per i social

media che Jeremiah Owyang (2010) di Altimeter Group ha individuato e

analizzato. E importante sottolineare che questi modelli non devono essere

visti come semplici rivisitazioni degli organigrammi aziendali, e non sono fatti

per essere messi in pratica dall’oggi al domani. Nessuna organizzazione con

piu di cinque o dieci anni di vita e nata con una mentalita social radicata al

suo interno, e questi modelli rappresentano prima di tutto un cambiamento

della cultura aziendale, che quindi richiede tempo e perseveranza.

Organico

Il primo modello organizzativo e quello che Owyang chiama organico, e che

Cosenza (2012) ribattezza decentralizzato. In questa situazione ci sono diverse

entita (singoli o gruppi) all’interno dell’azienda che utilizzano i social media

in misura diversa e secondo giudizi personali.

E un modello di partenza per molte aziende, ed appare disordinato, ma

e importante non sottovalutarne i punti di forza: non essendo controllato,

permette ai singoli promotori di sviluppare conversazioni molto varie, e per

questo percepite come autentiche dai consumatori. E evidente che ci sono

degli svantaggi quali la mancanza di una customer experience costante, e

probabili inefficienze legate alla mancanza di comunicazione interna.

Ciononostante, e un modello interessante per grandi aziende (Sun Mi-

crososystems utilizza questo approccio) che avrebbero costi troppo elevati

Page 34: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

26 CAPITOLO 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA

tentando di implementare un controllo gerarchico o pseudo-gerarchico come

e quello presente in altri modelli organizzativi. Cosenza (ibid.) suggeri-

sce giustamente che volendo rendere stabile questo modello sia opportuno

implementare meccanismi di coordinamento di altro tipo, quali il semplice

adattamento reciproco o standardizzazioni di vario tipo.

Centralizzato

Con una rappresentazione grafica che ricorda molto un organigramma azien-

dale, il modello centralizzato e quello che fa un uso piu completo della leva

del controllo gerarchico. Dovrebbero risultare evidenti vantaggi e svantaggi

di questa soluzione, che sono esattamente quelli della u-form, o struttura fun-

zionale. Da un lato vi e una grande ottimizzazione delle risorse, che comporta

risposte rapide e uniformita di customer experience, ma dall’altro vi e una

pericolosa tendenza alla rigidita, alla burocratizzazione, al controllo eccessivo,

che possono portare a una comunicazione formalizzata e poco autentica.

Coordinato (Hub & Spoke)

Un’alternativa al puro controllo gerarchico puo essere la creazione di un team

interfuzionale con il compito di dare il proprio supporto e mettere le proprie

competenze a disposizione di qualunque area aziendale (o nodi quali team

di prodotto o di progetto) ne avesse bisogno. Questa soluzione permette la

centralizzazione delle risorse in un unico punto di eccellenza, mantenendo

al contempo l’indipendenza delle varie business unit. Il team dedicato deve

cioe funzionare da abilitatore, e non da “social police” (Owyang, op. cit.),

fornendo servizi di supporto e formazione piuttosto che controllando l’operato

dei diversi nodi.

Page 35: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

3.2. CONFIGURAZIONI ORGANIZZATIVE 27

Figura 3.1: Rappresentazioni grafiche dei cinque modelli organizzativi

individuati da Owyang (2010). Immagini dal profilo Flickr dell’autore.

Page 36: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

28 CAPITOLO 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA

L’organizzazione con hub & spoke (il nome e tratto dal tipico modello di

sviluppo delle compagnie aeree) ha pero il problema di richiedere investimenti

elevati perche l’hub possa sviluppare competenze specializzate e di quindi di

valore agli occhi dei fruitori del servizio (i diversi nodi).

Ciononostante, molte aziende sembrano essere orientate a questa struttu-

ra (ibid.), forse anche solamente come soluzione transitoria verso un modello

olistico.

Hub & Spoke multipli, “Dandelion”

Un’evoluzione del modello coordinato semplice e il cosiddetto modello a dan-

delion, dal nome fiore che ricorda. Si tratta di una naturale evoluzione del

modello precedente, adatto soprattutto a grandi multinazionali organizzate

in divisioni quasi autonome, o ad aziende molto diversificate che operano su

diversi mercati di prodotti. In questo modello gli hub delle singole divisioni o

entita autonome sono messi in comunicazione tra loro attraverso un ulteriore

hub centrale.

Questa configurazione ha il pregio di mantenere la necessaria autonomia

di business delle divisioni, dando loro al contempo un punto di riferimento

unico e centrale. I problemi che possono nascere da una configurazione simile

sono la necessita di comunicazione costante per mantenere il coordinamen-

to, che puo portare al sovraccarico del nodo centrale e/o eccessivo “rumore

interno” (ibid.): per evitare il problema dell’imbuto, e necessario che gli hub

periferici abbiano anche la possibilita di dialogare tra di loro.

Olistico, “Honeycomb”

Il modello olistico o a nido d’ape e, infine, quello in cui tutti i dipendenti

sono nelle condizioni di utilizzare i social media al meglio: il caso di Zappos e

Page 37: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

3.3. VERSO IL SOCIAL BUSINESS 29

Dell. Per molte aziende, e il punto di arrivo ideale, nel quale tutta l’azienda

e mobilitata nell’azione sociale. Owyang nota che sono poche le aziende che

possono raggiungere questo traguardo, in quanto esistono importanti ostacoli

culturali: e necessario che il mutamento culturale parta dai vertici aziendali,

che devono essere disposti a dedicarsi in prima persona alla relazione con i

clienti, e devono essere in grado di mettere in pratica le intenzioni o, con

un’espressione anglosassone, walk the talk.

3.3 Verso il social business

Molti autori sono oggi in continuo fermento attorno al tema del social bu-

siness, che ruota attorno all’idea della trasformazione interna dell’impresa

per renderla sociale (Armano 2010, Keitt 2012, Cosenza 2012). L’esatta de-

finizione del termine non e completamente concorde, ma non deve, in ogni

caso, essere confuso con il “social business” di cui parla il premio Nobel

Muhammad Yunus (2008).

Keitt (op. cit.) definisce social business il processo di rimozione delle

barriere informative tra le persone (dipendenti, clienti, partner, fornitori),

che permetta di semplificare la collaborazione per la soluzione dei problemi

di business. Cosenza (op. cit.: 215) parla di social business come di “un

salto di paradigma culturale dei dipendenti a tutti i livelli: dal piu alto fi-

no al piu basso”. E cioe un modello di business che modifica radicalmente

l’azienda, per implementare apertura e trasparenza interne ed esterne, e per-

mettere all’organizzazione di modificarsi in continuazione secondo gli stimoli

provenienti dai feedback interni ed esterni.

I vantaggi di questo approccio sono numerosi, e traducibili in termini di

miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del lavoro di tutti gli attori nella

Page 38: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

30 CAPITOLO 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA

catena del valore, riduzione di costi di marketing e customer care, sviluppo di

prodotti e modelli di business accelerati, e molti altri sintetizzati dal Social

Business Forum (2012).

Eppure, ancora poche aziende hanno intrapreso questa strada (Keitt op.

cit., Armano op. cit.). Il problema e innanzi tutto di tipo culturale: si tratta

di un’innovazione radicale, che ha bisogno di tempo per essere metabolizzata

a dovere dai responsabili aziendali. Oltre a questo, ci sono pero anche altre

difficolta nell’implementazione pratica, riassumibili sotto le etichette “perso-

ne, processi, tecnologia” (Cosenza op. cit.): e necessario, oltre ad ottenere

il committment dei vertici, rompere tutte le barriere aziendali per mettere

le persone in contatto, ridisegnare i processi secondo una logica collabora-

tiva incentrata sul consumatore sociale, sviluppando policy e procedure di

ascolto e reazione insieme a sistemi di misurazione, e investire in piattaforme

tecnologiche che permettano tutto questo.

La trasformazione in social business dovrebbe essere graduale ma decisa.

La creazione di programmi pilota per sperimentare nuove soluzioni e fonda-

mentale (Armano op. cit.), ma e anche importante tenere presente il rischio

di interpretare non correttamente i loro risultati (Keitt op. cit.): in ottica di

social business le economie di rete sono essenziali, e un piccolo programma

pilota potrebbe fallire per non essere stato in grado di raggiungere una cer-

ta “massa critica”. Altrettanto importante e un programma di formazione

continua che permetta ai dipendenti di essere sempre aggiornati rispetto alle

nuove opportunita offerte dalla tecnologia, cosı come il miglioramento dei

sistemi di condivisione della conoscenza interna, che sono, paradossalmente,

spesso meno sviluppati di quelli di comunicazione e dialogo esterni (Armano

op. cit.).

Dachis Group e persino arrivato a misurare l’“indice sociale” delle mag-

Page 39: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

3.4. CONCLUSIONI 31

giori corporation americane su SocialBusinessIndex.com, mappando l’intera-

zione sociale tra azienda, mercato, influenzatori, dipendenti e partner e la

loro importanza relativa per il business, e individuando in che modo ciascu-

no di questi player conversa nel rispettivo ambiente (in termini di apertu-

ra/chiusura a diversi partecipanti, e di focalizzazione della conversazione su

temi tra loro simili o diversi).

In ogni caso, piu che stabilire un modello univoco per il quale i tempi sono

forse ancora immaturi, con questa breve digressione ho voluto sottolineare

piuttosto come la trasformazione in social business sia un tema estremamente

attuale e diffuso con il quale si stanno scontrando oggi moltissime aziende, e

rappresenti un’opportunita che nessuno dovrebbe sottovalutare.

3.4 Conclusioni

In questo capitolo ho discusso le principali problematiche che si pongono nel-

l’organizzazione delle attivita sui social media. Ho illustrato innanzi tutto

una prospettiva semplice, che ha pero il pregio di individuare alcune carat-

teristiche chiave delle persone che si occupano di social media. Quindi, ho

illustrato il naturale processo evolutivo dell’organizzazione che si orienta ai

social media in ottica strategica, e le tipiche forme organizzative che sono og-

gi individuabili. Infine, ho introdotto brevemente le tematiche al centro della

discussione sul social business e sulla formazione di un’impresa piu aperta e

collaborativa.

Come gia spiegato, per lo sviluppo di una attivita strategica sui social

media, l’analisi organizzativa segue naturalmente la definizione degli obiettivi

di business e delle metriche per la misurazione degli stessi, e precede la scelta

degli strumenti e la definizione di tutte le iniziative concrete da mettere in

Page 40: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

32 CAPITOLO 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE ATTIVITA

atto e misurare. Non approfondiro ulteriormente questi temi, che sembrano

essere di minore interesse scientifico rispetto alle premesse strategiche. Per

un’analisi estesa dell’argomento si veda Cosenza (2012).

Procedero ora, invece, dando una prospettiva di applicazione reale dei

concetti descritti, attraverso un caso aziendale.

Page 41: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

Capitolo 4

Un’applicazione reale

Durante il periodo di stage che ho svolto presso uno studio di consulenza

direzionale di Vicenza, ho avuto modo di conoscere da vicino diverse realta

aziendali medio-piccole sparse nel territorio veneto. Una di queste ha attirato

la mia attenzione per il suo maggiore interesse verso il mondo social, e per

una serie di iniziative che sono state messe in atto in questo senso. In questo

capitolo analizzero se e come i concetti teorici analizzati fino ad ora abbiano

o possano avere un riscontro effettivo in un’impresa familiare con sede e

tradizioni legate al territorio veneto. Nel seguito della relazione utilizzero il

nome di fantasia Vini SpA per fare riferimento all’azienda in questione.

4.1 L’azienda

Vini SpA e un’azienda di medie dimensioni, che opera nel mercato italiano

ed estero nella commercializzazione di vini prodotti nelle tenute appartenenti

alla famiglia Vini. L’organizzazione dell’azienda e di tipo funzionale, con la

proprieta e guida strategica formata prevalentemente da membri della fami-

33

Page 42: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

34 CAPITOLO 4. UN’APPLICAZIONE REALE

glia storica che ha fondato l’azienda, che possiedono anche la maggioranza

delle azioni.

I clienti sono prevalentemente aziende della grande distribuzione e risto-

ranti (B2B), ma tra questi sono presenti anche consumatori finali, enologi e

opinion leader del settore (B2C).

4.2 Il progetto

Lo studio di consulenza e entrato in contatto con l’azienda nel contesto del-

l’implementazione di un piano di riorganizzazione delle attivita di comunica-

zione e gestione dei contatti aziendali. Il progetto prevede la formazione di

un sistema informativo che metta i clienti al centro, e la creazione di una serie

di automatismi per agevolare il lavoro del reparto comunicazione nell’attivita

di distribuzione di contenuti.

Tutto questo si traduce quindi in un sistema integrato che riceve in input

informazioni su clienti, partner e fornitori da diverse fonti, oltre a informa-

zioni su eventi, e contenuti di vario tipo pubblicati dai responsabili della

comunicazione, e genera in output newsletter, pubblicazioni sul web e sui

social network, e nuove informazioni, in modo semi-automatizzato.

4.3 La presenza sui Social Media

Ad oggi l’azienda effettua una serie di attivita sui social media, ad opera

soprattutto di uno dei piu giovani membri della famiglia e vicepresidente,

che sembra aver intuito il potenziale di questa attivita:

• Presenza su Facebook con una pagina aziendale e una serie di altre

pagine dedicate ai prodotti di maggior successo e alle tenute vitivinicole

Page 43: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

4.3. LA PRESENZA SUI SOCIAL MEDIA 35

di proprieta. Sono individuabili anche una serie di altre pagine non

ufficiali.

• Presenza su Twitter, anche qui con un account aziendale e uno dedicato

al prodotto di maggior successo.

• Presenza anche su Flickr, qualche video su YouTube, e un curato ma

poco seguito profilo su Pinterest.

• Blog personale, nel quale il vicepresidente parla di vini e dei suoi viaggi

di lavoro nelle tenute aziendali in Italia e all’estero.

Tutte queste attivita online sembrano essere gestite in prevalenza dal sin-

golo membro della famiglia, e poco o per nulla monitorate a livello aziendale.

Si puo facilmente riferire questo approccio alla fase di sperimentazione (vedi

3.2.1), nella quale l’attivita sui social media e intrapresa in prevalenza da un

singolo, o comunque non soggetta a una pianificazione strategica, anche se

finalizzata solo al raggiungimento di un singolo obiettivo (progetto pilota).

Non risultano attivi sistemi di monitoraggio delle conversazioni online o, piu

correttamente, di ascolto, ma l’approccio all’utilizzo delle diverse tecnologie

sembra comunque rispettare la netiquette dei diversi ambienti conversazio-

nali, con un autoreferenzialita forse un po’ troppo spinto, ma senza scadere

in eccessivi automatismi o comunicazioni impersonali.

Un fattore che e interessante notare e che i canali gestiti in lingua inglese

e orientati quindi al mercato estero, in particolare statunitense, tendono ad

avere un seguito maggiore. Un segno che tende a far pensare che il mercato

italiano di riferimento sia ancora poco attivo sui canali sociali.

Page 44: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

36 CAPITOLO 4. UN’APPLICAZIONE REALE

4.4 Possibili sviluppi e opportunita

I miglioramenti di efficienza e gestione delle informazioni introdotti con il

progetto di sviluppo sono solo un primo passo verso una potenziale implemen-

tazione di strategie sui social media su larga scala. E fondamentale, a questo

proposito, che l’azienda tenga presente che gli automatismi resi possibili sono

di valore solo se usati con criterio e che, come notano Bottles e Sherlock (2011,

cfr. 3.1), e fondamentale sviluppare relazioni con una personalita autentica,

attivita difficilmente eseguibile con operazioni eccessivamente automatizzate.

Trattandosi di un’azienda dedicata interamente alla commercializzazio-

ne e al marketing del marchio Vini, i possibili sviluppi attraverso un’azione

strategica sui social media sono moltissimi. Si rivelera fondamentale seguire

un’impostazione strategica come suggeriscono diversi autori (Cosenza 2012,

Etlinger 2011), che parta dagli obiettivi di business, definisca delle metri-

che appropriate e gli interventi organizzativi necessari, e quindi proceda con

l’implementazione tecnologica e operativa.

Tra le varie attivita possibili, potrebbe essere attivato un programma di

ascolto e risposta ad uso del customer care, del marketing e del reparto ven-

dite (cfr. 1.2.2), possono essere svolte attivita di indagine per identificare

nuovi opinion leader o influenzatori che potrebbero essere attivi quasi esclu-

sivamente online, o anche analisi della concorrenza. Le azioni possibili, pero,

non sono limitate a questo elenco, ed e importante ricordare che nuove idee

possono nascere piu facilmente una volta che si conosce il terreno di gioco e

si stabilisce chiaramente l’obiettivo che si vuole raggiungere (cfr. 2.2.1).

Page 45: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

4.5. POSSIBILI PROBLEMI O VINCOLI 37

4.5 Possibili problemi o vincoli

L’azienda verosimilmente potrebbe trovarsi ad affrontare alcuni dei problemi

citati fin qui. I piu rilevanti sono probabilmente quelli di tipo culturale.

Come e stato accennato, sviluppare un social business richiede notevoli

mutamenti culturali che non tutte le aziende potrebbero voler o riuscire a

seguire. E noto che modificare la cultura aziendale sia un’operazione sempre

lunga e difficile, specie se questa e stata forgiata negli anni attraverso i suc-

cessi dell’organizzazione (Costa e Gubitta 2008). Per l’azienda Vini questo

potrebbe rappresentare un problema, e potrebbe costringerla a intraprendere

unicamente delle iniziative chiuse in se stesse (adozione finalizzata), faticando

a raggiungere un elevato livello di pervasivita. Prevedere deterministicamen-

te delle evoluzioni nella cultura come prova a fare Cosenza (2012, cfr. 3.2.1)

e rischioso, ed e cauto aspettarsi, invece, che questa possa anche faticare ad

adattarsi alle nuove esigenze, quantomeno nel breve termine.

Tutto questo e anche parte di un piu ampio problema organizzativo. La

struttura organizzativa di tipo funzionale, con le logiche di specializzazione

e divisione in silos isolati che porta con se, e un potenziale problema per lo

sviluppo di un social business. Per lo sviluppo in tal senso sarebbe infatti ne-

cessario rompere le barriere organizzative passando da una struttura chiusa,

a una di tipo collaborativo, e quindi a una aperta all’ambiente esterno (open

business) (Armano 2010).

Si puo individuare, infine, un problema di carattere economico. In un

periodo nel quale la crisi e ancora presente in molti settori, certe imprese

potrebbero tendere a non investire in progetti innovativi e relativi ad am-

bienti a loro sconosciuti come l’espansione sui social media. Ciononostante,

la necessita di innovare si presenta anche riflettendo in termini di vantaggio

competitivo: chi riesce a presentarsi con una proposta di valore unica e diffici-

Page 46: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

38 CAPITOLO 4. UN’APPLICAZIONE REALE

le da imitare (Barney 2006) puo riuscire a ottenere un notevole vantaggio sui

propri concorrenti, e uno dei modi piu autentici per differenziarsi e attraverso

l’innovazione. Ecco che allora risulta chiaro il ruolo delle agenzie e societa di

consulenza specializzate in social media: esse rappresentano un’opportunita,

per le imprese, di dare in outsourcing i primi stadi di pianificazione delle

azioni sui social media a qualcuno che abbia un’esperienza gia maturata e,

quindi, la possibilita di offrire un risparmio legato alle economie di esperien-

za. Ricordando sempre, come sottolineano anche Bottles e Sherlock (2011,

cfr. 3.1), che in ultima battuta tutto dovrebbe tornare nel pieno controllo

dell’azienda data la natura chiave dell’attivita di gestione dei social media e

la sua auspicabile profonda integrazione all’interno dell’impresa.

4.6 Conclusioni

Abbiamo quindi visto come una reale media impresa del nord-est possa essere

interessata ai temi trattati in questa relazione. La necessita di capire come

utilizzare i social media aziendalmente, come era stata prospettata nei primi

paragrafi, e effettivamente un problema sempre piu sentito, e anche in Italia

ci si sta attrezzando per utilizzare con successo questi nuovi strumenti di

relazione con i clienti. Inutile sostenere che si tratti di progetti facili da

mettere in atto, perche siamo di fronte a un cambio di paradigma culturale

prima ancora che tecnologico.

Affrontare ora il problema, invece che procrastinarlo, e una scelta saggia

e forse, per alcune imprese, l’unica scelta possibile. Il futuro sara sempre piu

popolato di imprese fortemente attive nella comunicazione con i propri clienti

attraverso i social media, e intraprendere azioni concrete da subito permette

di ottenere un vantaggio competitivo.

Page 47: Gestione, misurazione e organizzazione delle attività sui Social Media in ottica aziendale

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