gesù il salvatore

38

Upload: diocesi-di-livorno

Post on 29-Mar-2016

238 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

Schede sul vangelo di Luca

TRANSCRIPT

Page 1: Gesù il Salvatore
Page 2: Gesù il Salvatore

   

3  

Premessa

L'Anno della Fede ha avuto inizio l’11 ottobre 2012 e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo. Nell'Introduzione alla "Nota d’indizione" è esplicita la volontà di Papa Benedetto XVI°. In essa infatti è detto che la finalità dell'Anno della fede è di "contribuire a una rinnovata conversione al Signore Gesù e a riscoprire la fede, affinché tutti i membri della Chiesa siano testimoni credibili e gioiosi del Signore Risorto, capaci di indicare la 'porta della fede' a tante persone che cercano la verità". L'inizio dell'anno della Fede coincide con il 50° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II e con il 20° anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Entrambi gli avvenimenti, si legge nel Comunicato, "hanno contraddistinto il volto della Chiesa dei nostri giorni. (...) L'Anno della fede sarà un'occasione privilegiata per promuovere la conoscenza e la diffusione dei contenuti del Concilio Vaticano II e del Catechismo della Chiesa Cattolica". Nelle indicazioni pastorali della "Nota" si legge ancora che la finalità è quella di promuovere "l'incontro con Cristo, attraverso dei testimoni autentici della fede, e aumentare la conoscenza dei contenuti della fede". Riteniamo perciò che questa sia un’occasione importante da ‘sfruttare’ al massimo per alimentare, verificare, stimolare il cammino di Fede sia personale, sia ecclesiale. Con questo anelito ci disponiamo e seguire le sollecitazioni del Papa il quale indica la bella prospettiva di vita (la Porta) che si apre all’uomo che decide di seguire Gesù e il suo Evangelo. Il Papa, proprio all’inizio della Lettera Apostolica “Porta Fidei”, afferma: «Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6,4), mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signore Gesù che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22). Professare la fede nella Trinità – Padre, Figlio e Spirito Santo – equivale a credere in un solo Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8): il Padre, che nella pienezza del tempo ha inviato suo Figlio per la nostra salvezza; Gesù Cristo, che nel mistero della sua morte e risurrezione ha redento il mondo; lo Spirito Santo, che conduce la Chiesa attraverso i secoli nell’attesa del ritorno glorioso del Signore». Il credo cristiano si fonda su due certezze: la verità di Gesù di Nazaret come vero Dio e vero Uomo e la verità nell’unico Dio che si rivela, grazie a Lui, in tre Persone. Ma le conseguenze che derivano da questo credo sono di portata immensa ed esclusiva. Tutti i testi della Scrittura preparano (AT) e portano a compimento (NT) queste due grandi verità. Il centro della Rivelazione di queste verità è la persona di Gesù di Nazaret e la strada preferenziale per l’incontro personale con Gesù è la sua Parola. Come sostiene sempre il Papa: «Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva (cfr Gv 4,14). Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli (cfr Gv 6,51)». I testi di maggior riferimento per l’incontro con Gesù sono i quattro Vangeli. La liturgia dell’Anno della Fede privilegia il Vangelo di Luca per la preghiera, la meditazione e la contemplazione. Si tratta di un’opera di grande spessore narrativo e letterario e anche dalle ampie prospettive pastorali. È per questo che, alla luce di alcuni noti testi di Luca, abbiamo

Page 3: Gesù il Salvatore

   

4  

pensato di offrire a tutta la Diocesi uno strumento di aiuto per l’approfondimento del cammino di Fede personale e comunitario. In questo sussidio vengono proposte sei schede che, mediante un confronto guidato con la Parola di Dio, hanno l’unico obiettivo di contribuire, assieme ad altri percorsi, alla riscoperta della passione e dell’entusiasmo per la Fede in Nostro Signore Gesù Cristo in vista dell’evangelizzazione nel nostro contesto storico e locale. Ai gruppi di ascolto che si formeranno intorno a questi semi di Parola di Dio verrà proposto di seguire il seguente schema. Innanzitutto una preghiera corale di invocazione allo Spirito che sarà sempre la stessa in omaggio a Papa Giovanni XXXIII° che con forza e determinazione volle il Concilio Vaticano II. Alla lettura del testo biblico seguirà un momento di silenzio per meditare nell’intimo la Parola ascoltata. Un piccolo commento, la sottolineatura di una espressione del brano e quella tratta da un testo della Tradizione della Chiesa apriranno la strada alla collatio. Le domande in fondo sono di aiuto alla condivisione. L’incontro si conclude sempre con una preghiera dal taglio fortemente spirituale tratta da un autorevole santo della Chiesa. Possa allora lo Spirito di Sapienza rafforzare e guidare la nostra Chiesa nello slancio missionario dell’annuncio del Vangelo di Cristo!

diac. Franco Caccavale

Page 4: Gesù il Salvatore

   

5  

Una brevissima presentazione La persona di Gesù centro dell’opera lucana

(Vangelo e gli Atti degli Apostoli) 1. Un unico scritto Riguardo agli scritti dell’evangelista Luca possiamo parlare di un’opera unica, anche dal punto di vista letterario e narrativo. Da un lato il Vangelo costituisce un racconto degli avvenimenti successi (Lc 1,1) e a lui contemporanei riguardante tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, fu assunto in cielo (At 1,1b-2). Dall’altro il libro degli Atti degli Apostoli rappresenta il frutto e lo sviluppo dell’opera di Gesù attraverso la narrazione degli avvenimenti della prima opera di evangelizzazione da parte dei suoi discepoli, in particolare Pietro e Paolo, e della nascita e dell’organizzazione delle prime comunità cristiane. Tutta l’opera ruota anche attorno alla centralità di Gerusalemme. Tutto il Vangelo converge su Gerusalemme e da Gerusalemme parte la narrazione degli Atti. L’opera, scritta probabilmente tra il 75 e l’85 d.C., è la più ampia tra quelle del Nuovo Testamento. Il Vangelo risente dell’influenza di Marco, ma presenta abbondante materiale proprio (cfr. ad esempio il Vangelo dell’infanzia, l’episodio di Zaccheo, quello dei discepoli di Emmaus, ecc.). I temi teologici fondamentali sono: l’offerta della salvezza universale; il preponderante insistere sulla presenza dello Spirito Santo; l’infinita misericordia di Dio che si attua in Gesù; il tema della povertà e il tema della ricchezza; il ruolo delle donne; la sequela di Gesù e la radicalità della scelta; la testimonianza della Chiesa.1 2. L’autore Luca, al pari di Marco, non è un testimone oculare. Forse è medico (cfr. Col 4,14) e probabilmente è un compagno di Paolo durante alcuni viaggi missionari (cfr. At 16,10-17; 20,5-21,1; 27,1-28,16; ma anche 2Tim 4,9-11). E’ di origine pagana (forse di Antiochia) e probabilmente ha scritto il suo Vangelo in Grecia dove sarebbe morto avanti negli anni. Tra gli autori dei libri del Nuovo Testamento è quello più accurato, più dotto, che sa costruire benissimo generi letterari differenti. 3. Il piano dell’opera Luca articola il discorso sul personaggio Gesù in due momenti complementari tra loro: il Vangelo, che è il tempo di Gesù e gli Atti, che sono il tempo della Chiesa. In entrambi i tempi il protagonista, assieme al Padre e al Figlio, è lo Spirito Santo che rende possibile l’Incarnazione, che investe Gesù della particolare missione terrena e guida la Chiesa verso la diffusione del Vangelo nel mondo intero. Gesù, essendo il riferimento costante di entrambi i tempi, è Signore “di tutta la storia, e la sua vicenda è determinante per tutte le diverse epoche dell’umanità”.2 Nel suo agire terreno Gesù rivela la volontà del Padre di offrire la salvezza a tutta l’umanità, a partire da coloro che ne hanno più bisogno (i poveri), ma senza escludere                                                                                                                          1 Luca è definito dalla maggior parte degli studiosi l’ecclesiologo per eccellenza. Non solo perché autore del libro della storia della Chiesa nascente, ma soprattutto per il taglio pastorale che alcuni episodi, esclusivi del suo materiale, hanno. Un esempio tra questi è il dialogo tra i ladroni crocifissi con Gesù dove quello che poi è stato definito dalla Tradizione buono incarna in questa circostanza l’immagine del pastore che prega il suo Signore e ne chiede l’intercessione per la conversione di un peccatore. 2 M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri, oggi e sempre, Elledici, Torino 1991, 104.

Page 5: Gesù il Salvatore

   

6  

coloro che hanno meno bisogno (i ricchi). Egli si propone come il vero Salvatore perché ha un rapporto intimo con il Padre che lo investe di questa missione fin dall’annuncio dell’angelo a Maria (cfr. Lc 1,26-38). Il dono della misericordia del Padre per mezzo di Gesù rivela, nel suo attuarsi concreto, l’umanità di Gesù. Ma è proprio attraverso questa umanità che è possibile cogliere in modo visibilmente concreto il volto amorevole del Padre. Il Dio che interviene per la salvezza di Israele è lo stesso che nella Persona di Gesù agisce oggi per la salvezza dell’intera umanità ed è lo stesso che attraverso l’opera dello Spirito Santo unisce in un’unica storia di salvezza l’antico Israele, Gesù e la Chiesa che nasce dalla Pentecoste, con lo scopo primario di continuare a rendere presente il suo Signore (cfr. At 1,8). 4. Alcune sottolineature Gesù è vero uomo e vero Dio «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui» (Lc 2,40). Al termine del Vangelo dell’Infanzia Luca fa questa affermazione per mostrare che il Figlio di Dio generato dallo Spirito Santo e nato dalla vergine Maria è un bambino normale, cresce come gli altri. «Il minuto bambino della mangiatoia si fa forte, come ogni bambino che cresce; vengono messe in evidenza solo la saggezza e la grazia di Dio che gli sono date».3 L’umanità di Gesù nel Vangelo di Luca appare anche da altri elementi che emergono da una lettura profonda del testo. Al di là di alcune sottolineature tipiche dell’autore, come la compassione che emerge nelle parabole del buon samaritano (cfr. Lc 10,30-35) e del Padre misericordioso (cfr. Lc 15,11-32), il personaggio Gesù appare in tutta la sua umanità fin dalla genealogia (cfr. Lc 3,23-38). Ma il fatto che la sua provenienza viene fatta risalire ad Adamo, primo uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza, ci fa capire che l’umanità di Gesù è fondata in Dio. L’umanità di Gesù proprio perché è da Dio è particolare ed esclusiva. Gesù, infatti, tocca l’indemoniato (cfr. Lc 5,13), si fa toccare dall’impura emorroissa (cfr. Lc 8,44-48), guarisce di sabato perché è urgente per quell’uomo essere sanato (cfr. Lc 6,6-11). Gesù è vero uomo perché è un bambino che giace in una mangiatoia (Lc 2,16), che, come bimbo ebreo, viene regolarmente circonciso (cfr. Lc 2,27), che è figlio di Giuseppe (Lc 4,22), che al monte degli Ulivi è in preda all’angoscia e suda sangue (Lc 22,44). Questa umanità, come già detto, ha la sua origine in Dio, e in forza di questo orienta la relazione tra gli uomini e Dio finalizzandola al riconoscimento, nell’umanità della sua persona, dell’autentico volto dell’unico e vero Dio. Lo Spirito Santo Nel Vangelo di Luca lo Spirito Santo occupa una funzione particolare in rapporto a Gesù. La sua intima unione con Dio si fonda sullo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è quello che assicura la nascita verginale (cfr. Lc 1,34-35), che in apparenza corporea, come di colomba, scende su di Lui al momento del battesimo (cfr. Lc 3,22a), che consacra l’inizio della missione (cfr. Lc 4,18) e che accompagna tutto il cammino fino alla Croce, dove lo riconsegna al Padre (cfr. Lc 23,46). Alla fine della sua missione terrena proprio lo Spirito Santo è designato come la Presenza permanente nella storia (cfr. Lc 24,49) e, dopo il nuovo battesimo (cfr. At 1,5), diviene la Guida della Chiesa nella continuazione della missione fino agli estremi confini della terra (At 1,8).

                                                                                                                         3 R. SCHNACKENBURG, La persona di Gesù Cristo nei quattro vangeli, Paideia, Brescia 1995, 262.

Page 6: Gesù il Salvatore

   

7  

Ne abbiamo la testimonianza fin dalle parole dell’angelo dell’annunciazione. Di fronte all’obiezione a Maria viene prospettata una nascita miracolosa il cui autore è lo Spirito Santo. Il concepimento divino di Gesù si compie, dunque, nello Spirito Santo (cfr. Lc 1,35). Il Figlio di Dio è investito dalla potenza dello Spirito Santo nel momento del battesimo in vista della missione di salvezza. E qui l’opera di Giovanni il Battista viene resa nuova ed unica dall’agire di Dio: «E scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Lc 3,22). La stessa missione di Gesù, a partire dall’episodio della sinagoga di Nazaret, si fa chiara nello Spirito. L’evangelista ci fa trapelare l’essenza del suo evangelo attraverso la parola programmatica di Isaia, che rivela il ruolo dello Spirito nell’invio del suo messia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione» (Lc 4,18 che riporta la citazione di Is 61,1-2). Lo Spirito riempie il cuore degli inviati del Signore, a cominciare da Giovanni il precursore che, nelle parole dell’angelo al padre Zaccaria, è preannunciato come «pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre» (Lc 1,15). Il piano di salvezza operato dal Signore attraverso le due nascite miracolose del Battista e di Gesù, trova poi la riprova nelle parole quanto mai spirituali di Elisabetta a Maria. Infatti, nell’incontro di Maria con la madre di Giovanni, l’evangelista afferma che «Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,41-42). Anche l’incredulo Zaccaria, al momento in cui la sua lingua si scioglie, può proclamare, nello Spirito di Dio, le lodi del Signore: «Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo: Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,67-68). Come le due figure di Elisabetta e Zaccaria, anche un altra figura è confortata dallo Spirito: Simeone. Il Vangelo dice di lui che era «uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele e lo Spirito Santo era sopra di lui» (Lc 2,25).4 Così «lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore». Infine, ed è la terza volta, il Vangelo dice ancora che egli «mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio» (Lc 2,26-27). Tuttavia, non sono solo alcune figure a possedere lo Spirito. Intanto, e sono le stesse parole di Gesù a confermarlo, sono i più piccoli e i semplici a comprendere gli insegnamenti di Gesù: «In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc 10,21). La novità di queste parole non sta tanto nel significato dell’insegnamento, quanto nell’inusitata solennità di questa preghiera di lode, che, attraverso lo Spirito, mette in relazione Cristo con il Padre e la rivelazione di Dio in Gesù con i semplici. Sotto l’azione dello Spirito si comprende anche il ruolo del discepolo, particolarmente nelle situazioni dove è in opera la persecuzione. Il discepolo riceve dallo Spirito la parola che deve proclamare: «Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire; perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire» (Lc 12,11-12). Ma il discepolo deve comprendere anche un’altra verità: egli è in un certo senso configurato all’agire di Dio, anche se solo questi è capace di fare il dono più grande ai suoi figli: lo Spirito. Il discepolo è consapevole che Dio solo, per mezzo dello Spirito, è capace di orientare la sua vita: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo                                                                                                                          4 Stranamente l’espressione è assente nella versione CEI, che forse si fa ingannare dal versetto seguente dove è ripetuta.

Page 7: Gesù il Salvatore

   

8  

chiedono!» (Lc 11,13). In questa logica esiste un peccato che non può essere rimesso, perché chi lo commette in qualche modo impedisce a Dio di farsi strada in lui: «Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato» (Lc 12,10). Gesù è il Cristo Luca afferma che la salvezza portata agli uomini ha il volto e il nome di Gesù. Egli, infatti, è il compimento del disegno di Dio che ha inviato la sua parola salvifica ad Israele, ma soprattutto, mediante il Cristo, costituito Signore di tutti, ha portato la pace e la salvezza a tutti i popoli senza distinzioni (cfr. At 10,34-36). La missione di Gesù si sviluppa a partire dalla consacrazione messianica: così lo Spirito abilita Gesù all’annuncio del Vangelo ai poveri e agli oppressi (cfr. Lc 4,18). Come conferma Pietro nella casa di Cornelio: Gesù è «passato facendo del bene e sanando tutti quelli che stanno sotto il potere del diavolo» (At 10,38). Il Vangelo, che lo rivela come «profeta» (Lc 7,16), lo chiama anche «segno di contraddizione» (Lc 2,34). Gesù è fedele alla sua missione che lo conduce verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,51; 13,31-33), la città da cui si origina la testimonianza dei discepoli che hanno incontrato Gesù risorto e vivo dopo la passione, quel Gesù che promette loro la discesa dello Spirito (cfr. Lc 24,44-49; At 1,8). Attraverso questi passaggi si percepisce che Gesù è il Messia, rifiutato dagli uomini ma costituito da Dio «Cristo e Signore» attraverso la risurrezione (cfr. At 2,36). Ma Luca pensa al Cristo anche come al «servo giusto e santo», rinnegato dai giudei davanti a Pilato, che Dio ha, tuttavia, costituito come «autore» (lett. «colui che apre la strada») della vita e della salvezza (cfr. At 3,14-15; 5,31). Gesù è il Salvatore oggi. E’ una delle specificità della teologia lucana. Nell’ambito del testo scelto per la seconda scheda tale specificità emerge con forza. Gesù Salvatore in questa circostanza si presenta ai suoi concittadini, scandalizzandoli, proprio come il Messia annunciato dai profeti,5 indica la via per il riconoscimento della sua Signoria (cfr. proprio Atti 2,21) e traccia la linea preferenziale per la sequela (cfr. Lc 7,50). Nel testo preso come riferimento la novità di Gesù, rispetto all’esperienza di Dio che Israele aveva fatto fino ad allora, sta nell’avverbio sêmeron=oggi. Questo avverbio, tanto caro all’autore, segna il distacco definitivo tra il tempo dell’attesa e il tempo dell’Incarnazione che chiede di essere riconosciuta e accolta. Come sostiene Ortensio da Spinetoli nel commentare questo oggi di Luca: “L’oggi che risuona nella sinagoga di Nazaret apre il tempo (kairos) messianico, l’era definitiva della salvezza”.6 L’altro importante riferimento del testo ai fini del riconoscimento di Gesù come il Salvatore dell’intera umanità è quello all’anno di grazia, cioè del giubileo ultimo e definitivo. Quest’anno di grazia, che “è la fine di tutte le sperequazioni, differenziazioni, ingiustizie esistenti nell’ambito della famiglia umana, creatasi nel corso della storia”,7 coincide e si realizza con la presenza di Dio nell’umanità dell’uomo. Come dire che solo nel riconoscimento di Gesù di Nazaret come il Salvatore/Redentore è possibile l’autentica salvezza. Questa salvezza è la liberazione da ogni impedimento che ostacola e impedisce all’uomo di godere di quei beni, donati da Dio. Ma Gesù è il Salvatore di cosa o da cosa? E soprattutto di chi è Salvatore?                                                                                                                          5 Occorre ricordare che nel testo di Isaia 61,1-2 che Gesù legge nella sinagoga di Nazaret e che Luca riporta sostituendo qualche frase per rendere più marcato l’annuncio evangelico, l’autore in quel passo riferisce a se stesso la sua vocazione profetica. 6 O. DA SPINETOLI, Luca. Il Vangelo dei poveri, Cittadella, Assisi 1986, 182. 7 Ibid…, 183.

Page 8: Gesù il Salvatore

   

9  

Alla prima domanda si può rispondere attraverso la stessa opera lucana. Gesù è il Salvatore dal peccato (cfr. Lc 5,20-26), dai demoni di Satana (cfr. Lc 8,22-39), dal dolore e dalla malattia (cfr. Lc 7,1-10), dalla morte (cfr. Lc 7,11-17; Lc 8,49-56; At 9,36-43; At 20,7-12), dall’incredulità (cfr. Atti 2,40), dagli idoli (cfr. At 14,8-18). E poiché l’opera salvifica di Gesù è manifestazione della gloria di Dio, che si concretizza nel dono della sua infinita misericordia, questa salvezza non può che essere per l’intera umanità perché è innanzitutto offerta di liberazione da ogni tipo di schiavitù. Gesù, allora, è il Salvatore di tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi (cfr. 21,25-28). Al cospetto del suo Salvatore l’uomo però non è chiamato ad assumere un ruolo passivo, ma occorre che si converta e viva la vita con Dio (cfr. At 17,30). «Abbandonandosi all’amore di Dio che si rivela in Gesù, l’uomo è salvo (cfr. Lc 7,50; 8,48.50; 17,19; 18,42) e liberato dall’angoscia e dalle preoccupazioni di sé (cfr. Lc 12,22-31)».8 Gesù è Salvatore universale perché il contenuto della salvezza è universale. Vale a dire che nel gesto di amore del Padre in favore dell’uomo (l’invio del Figlio) vengono ripristinate tutte quelle situazioni negative da cui l’uomo, con i propri mezzi, non può sottrarsi. L’uomo viene salvato da Gesù perché è liberato da quelle sovrastrutture che gli procurano solo dolore e sofferenza. E in questo si capisce allora perché i privilegiati di Gesù sono gli emarginati. Tutto questo fa comprendere l’attualità della salvezza, che Luca sottolinea con l’uso abbondante dell’avverbio oggi. L’uomo, infatti, ha bisogno continuamente di salvezza e quindi ha bisogno di sperimentare continuamente la Presenza viva del suo Salvatore Gesù. Questa offerta di salvezza è resa permanente ed è garantita dalla presenza dello Spirito Santo nel cammino della Chiesa. Gesù è il Signore Nel primo dei suoi tre discorsi di Atti 2,14-36 Pietro, testimone oculare ed autorevole, traccia l’immagine perfetta di Gesù. Pietro ha compreso, grazie al dono dello Spirito Santo, che Gesù di Nazaret è un uomo accreditato da Dio presso gli uomini e che ha avuto un rapporto talmente intimo con Lui che Dio stesso per opera sua ha mostrato la sua potenza per mezzo di miracoli, prodigi e segni. Non solo, proprio il Crocifisso dagli uomini è la stessa persona che Dio ha risuscitato, perché non era possibile, essendo accreditato da Dio, che la morte lo tenesse in suo potere. Gesù allora è il Cristo di Israele, perché è quello di cui dà testimonianza la Scrittura.9 Gesù è nel contempo il Cristo della Chiesa perché Pietro afferma che questo Gesù è proprio il Crocifisso Risorto da Dio, innalzato alla sua destra e destinatario ed effusore al tempo stesso dello Spirito Santo. E prima richiama la testimonianza diretta dei discepoli (v.32: tutti noi ne siamo testimoni!), poi afferma la concreta ed immediata verità di questa testimonianza (v.33: come voi stessi potete vedere e udire). Gesù, allora, è il Signore perché in virtù della Resurrezione egli è stato innalzato alla gloria del Padre (cfr. la citazione del Salmo 110,1 che nella Chiesa primitiva ha un’importanza particolare). In forza di questo il Messia davidico è il Signore della storia!10                                                                                                                          8 G. SEGALLA, La cristologia del NuovoTestamento, Paideia, Brescia 1985, 119. 9 Cfr. la citazione, non proprio esatta, del Salmo 16,8-11 e che non può riferirsi a Davide perché questi è morto ed è stato sepolto, ma al suo discendente, conformemente alla profezia di Natan di 2 Samuele 7,12ss.). 10 Questa affermazione solenne di Pietro era stata già anticipata da Luca nell’annuncio della nascita da parte dell’angelo ai pastori in Lc 2,11.

Page 9: Gesù il Salvatore

   

10  

Tempo di AVVENTO

Il Dio con noi: Lc 1,26-38

Invocazione allo Spirito Santo Ora Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l’opera iniziata da Gesù, rendi forte e continua la preghiera che facciamo a nome del mondo intero, accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore; dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti i popoli. Giovanni XXIII Lc 1,26-38 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto. E l'angelo partì da lei. Momento di silenzio Seme di riflessione Il brano dell’annuncio della nascita di Gesù si colloca al centro della prima parte del così detto “Vangelo dell’infanzia” di Luca. Come condiviso ormai da tutti gli studiosi esso, pur appartenendo alla categoria degli annunci biblici, fatti secondo uno schema comune ben definito,11 è, come afferma Ortensio da Spinetoli, “l’annunzio per eccellenza del Nuovo Testamento”.12 Questo annuncio, in un panorama della storia della salvezza dominato da

                                                                                                                         11 In genere le scene bibliche degli annunci presentano il messaggero di Dio portatore dell’annuncio, il destinatario dell’annuncio, il contenuto dell’annuncio, la replica (non sempre) dell’interlocutore dell’inviato di Dio e infine l’adesione alla volontà divina che inserisce il personaggio tra i diretti collaboratori del piano salvifico di Dio. 12 ORTENSIO DA SPINETOLI, Luca, Cittadella, Padova 1999, 67.

Page 10: Gesù il Salvatore

   

11  

figure maschili, è portato ad una donna di cui fino a questo momento non si sa niente.13 L’autore si preoccupa innanzitutto, come fa spesso in tutta la sua opera, di descrivere il contesto in cui avviene l’annuncio. Innanzitutto il luogo (Nazaret, città della regione romana della Galilea). E poi soprattutto il destinatario (Maria prossima sposa di Giuseppe della casa di Davide). La menzione del tempo (il sesto mese) è per mettere in continuità, e al tempo stesso, come si capisce successivamente dal contenuto dell’annuncio, separare i due eventi: la nascita di Giovanni Battista e la nascita di Gesù. Gabriele è già noto al lettore perché è lo stesso che ha parlato a Zaccaria nel tempio per annunciargli la nascita del figlio Giovanni.14 Questa introduzione al dialogo tra Gabriele e Maria invita il lettore a prendere sul serio quello che segue. Il fatto è davvero accaduto e vede coinvolti sia direttamente (Maria), sia indirettamente (Giuseppe),15 persone veramente esistite. La sottolineatura di Maria come vergine, in greco parthenos, ha fatto molto discutere. Questa verginità si riferisce alla natura di Maria (è illibata) o alla condizione (è una giovanetta)? Probabilmente ad entrambe. Anche se va subito detto che nella riflessione successiva della Chiesa il termine ha assunto una valenza teologica importante perché afferma la verginità di Maria non solo in questo momento, ma anche durante e dopo il parto (cfr. il richiamo a Maria come la sempre Vergine).16 Il dialogo tra i due è breve ed essenziale. Chi introduce e guida il dialogo è il messaggero di Dio. Il saluto dell’angelo sorprende Maria non abituata a quel tipo di linguaggio e provoca in lei un stato di sorpresa perché mai si sarebbe aspettata di fare un simile incontro. Nel saluto di Gabriele vi è già in embrione il contenuto dell’annuncio. Maria è invitata innanzitutto a gioire (lett. chaire=rallegrati, sii gioiosa). E il motivo di questo gioire è perché da questo momento in poi sarà chiamata ad essere collaboratrice di Dio (il Signore è con te) in vista di una missione importante. Come avviene per molti eletti di Dio nell’AT a Maria non viene cambiato il nome ma viene ridefinita in tutta la sua umanità. Ella, in vista della missione, è piena di Grazia! Questa Grazia di Dio la renderà donna esclusiva dell’umanità perché prescelta e prediletta di Dio. Non solo. Ma il saluto con questi termini è indicativo che il tempo messianico sta per venire. Come fa notare Ortensio, facendo riferimento al termine rallegrati nel contesto dell’AT, “Esulta è l’invito rivolto dai profeti postesilici alla comunità ideale degli ultimi tempi (la «figlia di Sion») a tenersi pronta per accogliere il re e il salvatore (messianico). Rivolgendosi a Maria l’angelo vuol dire che ella è chiamata a rappresentare, più ancora a sostituire la comunità messianica in vista delle future realizzazioni.”17 Il dialogo poi si evolve in un crescendo dove il protagonista diventa il nascituro. L’annuncio è in funzione di dire chi è Gesù. Il secondo intervento dell’angelo rivela la verità dell’umanità di Gesù. Maria concepirà, partorirà e darà un’identità a Gesù. Ma la dimensione umana è annunciata fin da                                                                                                                          13 Vi sono nell’AT altre figure femminili scelte da Dio per attuare il proprio piano (ad es. Tamar, Racab, Rut, Betsabea che vengono affiancate proprio a Maria nella genealogia di Gesù del Vangelo di Matteo), ma nel momento in cui vengono coinvolte direttamente nel piano divino di loro si sa già qualcosa. 14 Nel primo annuncio Gabriele è introdotto nella prima parte in maniera indeterminata (un angelo del Signore…) e solo successivamente si presenta (Io sono Gabriele che sto davanti a Dio…). Qui è subito detto l’angelo Gabriele. 15 Il richiamo alla discendenza davidica di Giuseppe è per introdurre la figura di Gesù anche come Messia regale. 16 Il termine indica, come nell’AT, una donna non sposata. Maria al momento è solo fidanzata di Giuseppe. E a tal proposito vale la pena ricordare che nell’Israele antico il matrimonio avveniva solo un anno prima del rito liturgico, cioè quando i due decidevano di andare a coabitare insieme (cfr. Ortensio che fa riferimento al “Commentario del Nuovo Testamento” di H. L. Strack e P. Billerbeck). 17 ORTENSIO…., 70.

Page 11: Gesù il Salvatore

   

12  

subito come funzionale alla Rivelazione, nel bambino, del Dio dell’A.T. Fin dal momento dell’Annunciazione a Gesù vengono attribuiti tutti quei titoli utilizzati dal profetismo classico che preannunciano l’avvento del Messia; e del Messia appartenente alla discendenza di Davide. Gesù sarà Grande. Nella Bibbia il Grande per eccellenza è sempre Dio. Il Dio di Israele che interviene nella sua storia e la orienta verso l’incontro con il Messia. Gesù sarà Figlio dell’Altissimo, cioè il Messia unico e fortemente legato a Dio da una relazione intima ed esclusiva di figliolanza. Gesù è Messia davidico, cioè colui che porta a compimento le antiche promesse fatte a Davide, e prima ancora la promessa fatta ad Abramo (cfr. il riferimento a Giacobbe, figlio della Promessa). In forza di questo compimento il regno nuovo che inaugura Gesù ha due caratteristiche principali. E’ un regno che non ha confini individuabili e non è storicamente definibile perché si tratta del Regno di Dio, cioè di quella condizione privilegiata in cui l’uomo vive da salvato, cioè da iperfelice. Nel contempo è un Regno permanente perché inserito nel tempo di Dio che è l’eternità. Maria a questo punto interviene per la prima volta confidando di non aver mai avuto rapporti con nessuno e quindi in qualche modo mette in discussione l’annuncio dell’angelo.18 L’ultimo intervento dell’angelo è definitivamente chiarificatore dell’identità del nascituro. L’affermazione è cristocentrica, cioè dice che Gesù è da Dio! L’Incarnazione di Dio nella persona di Gesù ha un autore ben noto anche a Maria di Nazaret: lo Spirito Santo rafforzato nella sua identificazione dall’espressione similare Potenza dell’Altissimo e dall’immagine teofanica dell’adombramento. L’angelo poi conclude l’identità di Gesù attribuendogli due titoli identificativi la sua natura divina. Egli è il Santo e il Figlio di Dio. I due appellativi dicono anche l’obiettivo dell’Evento annunciato: la santità di Dio e la figliolanza divina saranno, proprio in forza dell’evento dell’Incarnazione, accessibili anche ai credenti in Lui. Poi, seguendo lo schema classico delle annunciazioni, l’angelo fuga il dubbio di Maria indicando un segno già visibile e realizzato: il miracoloso concepimento della parente Elisabetta, anziana e sterile da sempre. Elisabetta incinta rappresenta per Maria il veicolo per la comprensione che davvero nulla è impossibile a Dio. La perplessità di Maria che aveva alimentato il dubbio ora è vinta ed ella raggiunge la pienezza della Fede riconoscendo senza più indugi il privilegio della propria particolare vocazione. L’espressione tradizionale dell’accoglienza della missione (Eccomi!) introduce la nuova identità di Maria che ella stessa si attribuisce. Maria di Nazaret, già scelta da sempre da Dio come piena di Grazia, diventa la serva del Signore! Una serva convinta della missione affidatale e che fin d’ora condivide con il suo Signore il piano di Redenzione di Dio per l’umanità. La Parola della Fede: nulla è impossibile a Dio! Credere in un Dio che si fa uomo non è qualcosa che la mente umana è in grado di comprendere immediatamente e accettare. In generale, in tutte le espressioni religiose del mondo dio è visto in lontananza. Solo i cristiani affermano la Fede in Gesù come Dio e come

                                                                                                                         18 Il verbo conoscere nel linguaggio biblico indica fin dalle narrazioni dei concepimenti di Genesi il rapporto sessuale mirato alla procreazione. Bisogna anche ricordare che la letteratura cristiana antica ha letto nell’obiezione di Maria una sorta di proposito a rimanere vergine. Ma il discorso sulla verginità di Maria prima, durante e dopo il parto merita ben altro approfondimento ed esula dalla replica all’angelo dell’annunciazione.

Page 12: Gesù il Salvatore

   

13  

uomo. Quello che porta il credente cristiano a fare la più sconvolgente delle affermazioni di Fede è la percezione della particolare vicinanza di Dio. Il Dio di Gesù Cristo è storicamente percepibile fin dall’inizio della storia dell’umanità. È un Dio che gradualmente prende per mano l’uomo e lo conduce sull’autentica via che porta alla felicità. L’indicazione chiara e definitiva di questa Via è la vicenda storica di Gesù di Nazaret. Gesù fa vedere che di tutto ciò che all’uomo appare non possibile, proprio in favore dell’uomo, grazie a Lui è possibile. Questo provoca un atteggiamento di fiducia nei confronti di Gesù che si rivela persona credibile e affidabile. Lo stimolo alla conoscenza e all’incontro con Dio nella persona Gesù si fonda poi sulla testimonianza storica di chi lo ha conosciuto e incontrato. Alla fine ciò che diventa possibile per il credente è la possibilità di fare la stessa esperienza dei primi testimoni. E la prima esperienza di Fede è ascoltare, vedere, toccare che il Dio di Gesù è permanentemente e storicamente presente ora nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo porta il credente alla Fede e rivela perciò, come è stato per Maria, che nulla è impossibile a Dio! La Parola della Tradizione: Dalla Lumen Gentium n. 56 Nessuna meraviglia quindi se presso i santi Padri invalse l’uso di chiamare la Madre di Dio la Tutta santa e immune da ogni macchia di peccato, quasi plasmata dallo Spirito Santo e resa nuova creatura. Adornata fin dal primo istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare, la Vergine di Nazaret è salutata dall’angelo dell’Annunciazione, che parla per ordine di Dio, quale “piena di grazia” e al celeste messaggero essa risponde: “Ecco l’ancella del Signore: si faccia in me secondo la tua parola”: Così Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù, e abbracciando con tutto l’animo, senza che alcun peccato la trattenesse, la volontà divina di salvezza, consacrò totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione in dipendenza da lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente.” Per riflettere Per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo - Dio si è fatto vicino all’uomo in Gesù. Percepiamo questa forte vicinanza nella vita di Fede? - Maria fuga in pochi secondi le sue perplessità. Quanto certi dubbi e certi timori impediscono alla nostra Fede di camminare e di conoscere il progetto di Dio su di noi? - La Parola di Dio rassicura totalmente Maria. La Parola di Dio stimola in noi la stessa capacità di abbandono e di docilità di Maria in modo tale che, come per la Madre di Dio, la volontà di Dio coincida con la nostra? Preghiera finale Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova e liberaci da ogni pericolo o Vergine, gloriosa e benedetta.

Page 13: Gesù il Salvatore

   

14  

Tempo di NATALE

Il Dio per noi: Lc 4,16-22 Invocazione allo Spirito Santo Ora Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l’opera iniziata da Gesù, rendi forte e continua la preghiera che facciamo a nome del mondo intero, accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore; dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti i popoli. Giovanni XXIII Lc 4,16-22 Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca. Momento di silenzio Seme di riflessione A Maria, a Nazaret, era stata in qualche modo annunciata dall’angelo non solo la nascita di Gesù ma anche, seppur in embrione, la sua missione. E proprio a Nazaret Gesù inizia il suo ministero. Il brano è introdotto da espressioni che rimandano alla verità dell’umanità di Gesù. L’autore afferma che Nazaret è la località dove Egli è cresciuto, è stato educato e ha ricevuto la formazione religiosa di base (dove era stato allevato). Gesù è presentato come un pio osservante della prassi religiosa del suo tempo. E’ consuetudine consolidata la sua partecipazione alla liturgia sinagogale del sabato (secondo il suo solito), il cui cerimoniale dimostra alla fine di conoscere molto bene (Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette). È probabile che già in altre occasioni Gesù sia intervenuto e che conosca bene la dinamica degli interventi.19 Il brano che Gesù legge e interpreta è un testo del profeta Isaia che però viene riportato dall’autore con qualche variante. Questo il testo originario di Isaia 61,1-2a:

                                                                                                                         19 Ogni adulto, dopo aver ascoltato la Parola, poteva intervenire. Ma generalmente i capi della Sinagoga lo consentivano solo ad un adulto che conosceva bene le Scritture.

Page 14: Gesù il Salvatore

   

15  

Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di misericordia del Signore. In un piccolo opuscolo sul Vangelo di Luca il Card. Martini così commenta questo brano: “All’inizio dell’attività di Gesù, Luca pone questa scena che va letta come un programma. In un solo tratto l’autore mette in evidenza le grandi idee sull’opera del Cristo: Gesù agisce sotto la spinta dello Spirito, in lui si compie l’Antico Testamento, la sua parola è un segno di Dio che affascina le folle, mentre provoca l’opposizione della religione ufficiale: questo rifiuto lascia già intravedere la chiamata dei pagani, di tutti i popoli (vv. 25-27)”.20 Il brano del profeta Isaia è quindi il programma di Gesù, cioè il compendio del programma di Dio in favore di tutta l’umanità di tutti i tempi e di tutti i luoghi. E’ un programma che sconvolge gli schemi della storia e dell’umanità di sempre. E’ un programma che nella solennità dell’annuncio di Gesù si compone di tre parti importanti: una premessa fondamentale, una sintetico richiamo ai contenuti e un proclama finale. La premessa fondamentale. Il programma proviene direttamente da Dio (Lo Spirito del Signore è su di me). E Dio direttamente e ufficialmente ne ha affidato la realizzazione definitiva a Gesù (consacrato con l’unzione). Questa affermazione di Gesù è l’elemento che mette subito il credente in condizione di fare una scelta: condividere il programma. Il rifiuto del programma è il rifiuto di Dio e di Gesù che ne garantisce la realizzazione.21 Il contenuto. Il programma è innanzitutto il Vangelo (il lieto annunzio)! Si tratta non tanto di una serie di cose da realizzare ma di una condizione da vivere. Nel linguaggio antico il termine, condiviso nella sua sostanza in tutte le culture contemporanee a Gesù, indicava una situazione di pace sociale e di affermazione della libertà dell’uomo.22 Il lieto annunzio di Gesù è il riaffidamento della vita autentica all’uomo, che poi è la vita di Dio. E’ il trasferimento della vita di Dio all’uomo secondo la visione originaria della storia dell’umanità. E’ il ripristino del progetto iniziale, quello scandito dall’immagine del paradiso. I destinatari del programma sono innanzitutto i poveri. Ma di quali poveri si tratta? L’evoluzione dell’attività di Gesù dimostra che i destinatari del suo programma hanno in comune una povertà ben determinata: la mancanza di libertà nelle sue varie forme. L’umanità destinataria del programma è un’umanità che non è in grado di vivere ed esprimersi al top. E’ un’umanità che vive in una condizione di disperazione, che ha il cuore affranto, come si legge in Isaia. E’ perciò necessario che il programma del Vangelo, per essere concretamente realizzato, necessita della liberazione da tutte quelle situazioni che limitano l’uomo. Gesù e il suo Vangelo sono lo strumento di Dio per tirare fuori l’uomo da ogni condizione limitante la piena efficienza della sua umanità. Nel suo commentario Ortensio da Spinetoli, partendo dall’utilizzo del verbo guarire preso del vocabolario medico, fa notare che “Poveri e afflitti sono particolarmente i prigionieri, le vittime della guerra o delle fazioni politiche che. Secondo gli usi barbarici del                                                                                                                          20 C.M. MARTINI, Il Vangelo della misericordia, PIEMME, Bergamo 2003, 31. 21 Questo rifiuto è già nel contesto evangelico. E’ un rifiuto che addirittura provoca irritazione e voglia immediata di eliminare Gesù e il suo programma di evangelizzazione (cfr. Lc 4,22ss). 22 Vale forse la pena ricordare che l’evangelista (= il messaggero di buone notizie) era l’incaricato di dare ai suoi concittadini la notizia ufficiale della vittoria in guerra. Ma la positività dell’annuncio non era tanto la vittoria, quanto la fine della guerra che ripristinava la condizione necessaria all’uomo per programmare e vivere la sua vita in pienezza.

Page 15: Gesù il Salvatore

   

16  

tempo essi venivano deportati, fustigati, dai tiranni e dai loro sgherri, cacciati in prigioni oscure dove lentamente vedevano affievolito il loro potere visivo o accecavano del tutto. Per essi la fine della schiavitù significava anche il recupero della vista, la guarigione delle fratture.”23 Gesù allora è il liberatore per eccellenza. È colui che può ridare la vita all’uomo. Si tratta della vita felice al massimo. La stessa che l’uomo ha già sperimentato prima del peccato, cioè prima di decidere di eliminare Dio da quella vita che Dio stesso gli aveva dato. Il proclama finale. Con Gesù l’anno di grazia del Signore diventa permanente. Il tempo della libertà è il tempo di Dio, è il giubileo per sempre.24 La lunga attesa di Israele trova in Gesù il suo compimento, sebbene in modo inatteso e straordinario, tanto da superare ogni umana immaginazione. Il tempo di Grazia e di liberazione è realizzato dal Figlio stesso, l’Unigenito che è nel seno del Padre e che ci rivela il volto di Dio. Da ora in poi la storia dovrà essere un Giubileo: tempo di Dio e dunque tempo di giustizia, riconciliazione, perdono tra gli uomini e soprattutto tempo di libertà e felicità perché Tempo di Grazia nel quale si sperimenta la presenza di Dio. La Parola della Fede: Oggi si è adempiuta questa Scrittura! Gesù è l’Oggi di Dio! La preparazione dell’incontro tra l’uomo e Dio giunge al suo culmine con l’evento dell’Incarnazione. Chi ascolta, vede e incontra Gesù, ascolta, vede e incontra personalmente Dio. Non un dio lontano, vivente in un mondo soprannaturale con parametri di vita non accessibili all’uomo, ma il Dio della Creazione, cioè quel Dio con cui l’uomo è naturalmente orientato ad avere un rapporto interpersonale che trova le sua fondamenta nell’esserne immagine e somiglianza. Il sigillo del ritrovo dell’incontro antico è il volto di Gesù e la garanzia della verità dell’incontro è il suo Evangelo che quotidianamente, cioè ogni oggi, si attua nella vita di Fede di ogni credente in Lui. La Scrittura udita, già in parte realizzata prima di Gesù nella storia del Dio di Israele, nella Fede in Gesù, si adempie ancora in ogni oggi, cioè in ogni luogo e in ogni tempo in cui vi è un uomo che vive autenticamente l’Evangelo di Gesù! La Parola della Tradizione: Dalla Dei Verbum n. 4 Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio “alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinchè dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio. Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come “uomo agli uomini”, “parla le parole di Dio” (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre. Per riflettere Tutti gli rendevano testimonianza - Lo Spirito del Signore consacra Gesù e lo guida nell’annuncio dell’Evangelo. Come consacrati di Dio fin dal giorno del Battesimo continuiamo a invocare lo Spirito Santo e a chiedergli che ci guidi sempre nella missione evangelizzatrice?

                                                                                                                         23 ORTENSIO…, 181. 24 L’anno giubilare cadeva ogni 50 anni secondo le indicazioni di Lv 25,8ss. La caratteristica di questo anno, al di là delle singole indicazioni che si trovano, era l’affermazione dell’ideale di libertà da contemplare come il dono più grande di Dio e come il frutto più importante dell’Esodo. Non solo, ma per gustare al massimo questo ideale di libertà ogni israelita doveva essere in possesso di quelle proprietà sufficienti a vivere da persona libera.

Page 16: Gesù il Salvatore

   

17  

- L’Evangelo già annunciato si adempie definitivamente con la Rivelazione di Dio in Gesù. Di fronte a quanti oggi non sono ancora liberati come ci impegniamo per adempiere l’Evangelo di Gesù? - La testimonianza scaturisce dalla fiducia nella Parola di Gesù che stupisce. La nostra testimonianza di Fede è capace di generare fiducia in Dio e di stupire quanti hanno a che fare con noi nella vita di tutti i giorni? Preghiera finale O Spirito Santo, sei Tu che unisci la mia anima a Dio: muovila con ardenti desideri e accendila con il fuoco del tuo amore. Quanto sei buono con me, o Spirito Santo di Dio: sii per sempre lodato e benedetto per il grande amore che effondi su di me! Dio mio e mio creatore è mai possibile che vi sia qualcuno che non ti ami? Per tanto tempo non ti ho amato! Perdonami, Signore. O Spirito Santo, concedi all’anima mia di essere tutta di Dio e di servirlo senza alcun interesse personale, ma solo perché è Padre mio e mi ama. Mio Dio e mio Tutto, c’è forse qualche altra cosa che io possa desiderare? Tu solo mi basti! Amen (Santa Teresa d’Avila)

Page 17: Gesù il Salvatore

   

18  

Tempo ORDINARIO

Il Dio della Felicità: Lc 6,17-26 Invocazione allo Spirito Santo Ora Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l’opera iniziata da Gesù, rendi forte e continua la preghiera che facciamo a nome del mondo intero, accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore; dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti i popoli. Giovanni XXIII Lc 6,17-26 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era una gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie, anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’Uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel regno dei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete,perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti. Momento di silenzio Seme di riflessione Il proclama di Nazaret assume in questo contesto una dimensione universale. Dopo aver scelto il gruppo dei Dodici (cfr. 6,11-16) e averli investiti della sua stessa missione (diede il nome di apostoli), Gesù investe tutti del suo Evangelo e soprattutto delle conseguenze che ne derivano. In questa gran folla, al di là delle precise indicazioni di Luca, vi è tutta l’umanità. Vi sono i credenti più vicini (i Dodici), quelli un po’ più distanti (i discepoli), gli interessati ma fino a un certo punto, i semplici curiosi, i nemici. Ma la gran folla è accomunata da due caratteristiche: vuole ascoltare la Parola di Gesù e nel contempo porre nella sua persona ogni speranza di guarigione. La gran folla vede in Gesù colui che può sanare tutti con la sua forza

Page 18: Gesù il Salvatore

   

19  

speciale. Ed è questa alla fine la preoccupazione primaria.25 La menzione generica di malattie e quella della molestia degli spiriti immondi è indicativa della totalità dei mali che affliggono l’umanità. Di fronte a questa realtà Gesù si è già rivelato come il Salvatore (cfr. 4,31-41; 5,12-26; 6,6-11). Ora Gesù annuncia con forza l’effetto della sua salvezza e ne individua ancora una volta i destinatari nei poveri. L’annuncio, secondo Luca, è per i suoi discepoli, vale a dire per i credenti in lui. L’effetto della Fede in Gesù è di portata unica: la beatitudine. E’ un termine che intende la pienezza di vita a cui l’uomo naturalmente aspira. Ortensio afferma che il termine “significa benessere, felicità, conseguimento di uno stato opposto a quello in cui sono sino allora vissuti”. E richiamando il significato etimologico continua: “La parola greca makarioi=beati traduce l’ebraico ʹasere, plurale di eser, che significa fortuna, successo, gioia innanzitutto nel senso immediato del termine.”26 La beatitudine è l’esatto opposto della povertà. La povertà è assenza del necessario per vivere. Chi è povero per tirare avanti è costretto a dipendere dagli altri. E alla fine non vive, ma, nel migliore dei casi, sopravvive. Gesù annuncia il netto capovolgimento di questa situazione. La salvezza è il passaggio dalla sopravvivenza alla vita! L’annuncio di Gesù assume poi il tono della concretezza mediante l’opposizione tra ricchezza e povertà. Nell’opera lucana la ricchezza è fortemente osteggiata, non tanto perchè considerata negativa in sé stessa, quanto perché foriera di ingiustizie e di soprusi. L’Evangelo, profetizzato in antico e poi riferito alla sua persona a Nazaret, Gesù, nel discorso delle Beatitudini, lo esplicita in tutta la sua concretezza. La salvezza è dono del sovrabbondante a chi non ha niente. Il dono del regno di Dio è condivisione di vita con Gesù. Il dono della sazietà è cibo abbondante (quello di cui beneficiano i ricchi) per chi il cibo lo ha sempre desiderato. Il dono della gioia (il ridere) è il ritrovamento della speranza soffocata. Questa prospettiva di riscatto totale, sempre per rimanere nel concreto, prevede all’orizzonte anche il rischio per colui che si fida solo di Gesù (a causa del Figlio dell’Uomo) dell’emarginazione e degli insulti. Gesù poi richiama l’esperienza dei profeti come sostegno a rimanere fedeli a Dio e alla sua promessa. Ma l’eventuale odio dei nemici è da considerarsi in tutta la sua provvisorietà perché nella realtà del regno di Dio vi è grande ricompensa per il martire cristiano. La grande ricompensa è la certezza della vicinanza di Dio che capovolge la storia dell’ingiustizia umana e concede alla fine pieno godimento di vita al suo fedele testimone.27 Il richiamo duro (guai) ai ricchi potrebbe far pensare che Gesù voglia donare la salvezza ad una sola parte dell’umanità. Ma una lettura globale degli scritti lucani esclude questa considerazione. Certamente è indiscussa la scelta opzionale in favore dei poveri, ma il Dio della Felicità offre la mano anche al ricco che gestisce con equilibrio i suoi beni e soprattutto che li condivide con l’indigente. L’egoistico utilizzo della ricchezza impedisce l’accesso alla felicità di Dio. Colui che vive e gode di quel superfluo che allontana dal considerare                                                                                                                          25 Il verbo guarire, che in appena due versetti è presente per ben tre volte, rende chiaro sia il motivo della presenza della maggior parte della gente, sia l’obiettivo della missione di Gesù. E’ l’attività taumaturgica che fa notizia, attira e fa sperare nel ritrovarsi tra i destinatari della guarigione. Ma questa è solo lo strumento per l’affermazione dell’Evangelo proclamato nella sinagoga di Nazaret. 26 ORTENSIO…, 241. 27 Nella lettura contestuale va detto che Luca vive già in una Chiesa dove il martirio è conosciuto. I cristiani sono già stati esclusi dalla sinagoga e iniziano già a sperimentare le prime persecuzioni da parte del mondo pagano.

Page 19: Gesù il Salvatore

   

20  

l’importanza dell’essenziale (Dio) vedrà svanire il suo tutto e sarà permanentemente triste. A sintesi del guai ai ricchi Gesù avverte sul rischio per l’uomo di cadere nell’antica tentazione di sostituirsi a Dio. Il profeta è falso non solo nella misura in cui parla a nome suo e per il suo tornaconto e non in nome di Dio e in favore dell’umanità, ma soprattutto perché inganna gli uomini e, nella ricerca della propria vanagloria, li allontana dall’incontro con il Dio di Gesù Cristo. La Felicità di Dio è offerta a tutti. Ma per poterne godere pienamente è necessario eliminare le zavorre che il mondo dell’effimero pone ai nostri piedi. Il possesso, il prestigio e il potere, non utilizzati al servizio dell’umanità, non permettono di essere beati ma a lungo andare condannano alla tristezza eterna. Il monito ai ricchi allora è lo stimolo a vivere una vita da servi delle povertà del mondo. Il nostro Ortensio conclude il suo commento al brano con una riflessione che fa molto pensare: “Il discorso più sconvolgente del Nuovo Testamento, al pari del pronunciamento nella sinagoga di Nazaret, è stato stemperato della sua carica… I poveri sono ancora ad aspettare e i ricchi, che pure erano stati da Gesù spodestati, sono rimasti a godersi le loro indebite fortune. Gli stessi predicatori evangelici hanno forse avuto paura della logicità e coerenza del messaggio che annunziavano”.28 Le beatitudini di Gesù danno concretezza e, nella testimonianza di Fede, visibilità alla speranza cristiana. Il credente nel proprio cammino di Fede da un lato deve lasciarsi stupire da questo grande annuncio e trovare in esso lo stimolo a vivere una vita alla ricerca del bene di Dio. Dall’altro è chiamato a dar valore al guai di Gesù evitando tutte quelle tentazioni che allontanano dalla Beatitudine. E tutto questo apre la strada alla santità! La Parola della Fede: Beati voi! La Beatitudine che proclama Gesù è una condizione di vita che cambia totalmente il modo di vedere le cose del mondo. E’ percezione dell’essenzialità (la povertà evangelica). E’ percezione del voler andare incontro al Signore (la fame di Dio). E’ percezione dell’ideale di giustizia di Dio cui il mondo contrappone tutt’altra cosa (il pianto di Dio, e assieme del credente, di fronte alle varie ingiustizie). La salvezza/felicità di Gesù assicura, oltre il rischio della più tremenda prospettiva (l’odio), l’affermazione di Dio nella mia vita e nel mondo che perciò mi arricchisce, mi sazia e mi rende gioioso sempre! La Parola della Tradizione: Dalla Lumen Gentium n. 38 Ogni laico deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo. Tutti insieme, e ognuno per la sua parte, devono nutrire il mondo con i frutti spirituali (cfr. Gal 5,22) e in esso diffondere lo spirito che anima i poveri, i miti e pacifici, che il Signore nel Vangelo proclamò beati (cfr. Mt 5,3-9). Per riflettere Da lui usciva una forza che sanava tutti - Gesù rende felici perché sana. L’incontro con Gesù ci ha fatto sentire sanati e ci ha reso davvero felici? - L’invito di Gesù è ad essere beati. Diffondiamo questa letizia? Ci fa aprire il cuore agli altri? Siamo così i testimoni di Cristo, messaggeri del suo amore, portatori del suo perdono?

                                                                                                                         28 ORTENSIO…, 246.

Page 20: Gesù il Salvatore

   

21  

- La testimonianza rallegra anche nell’ora della prova. In queste circostanze c’è qualcosa che ci trattiene dal dare aperta testimonianza della nostra fede e della nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa? Preghiera finale Noi ti invochiamo: Vieni, Signore Gesù; noi invochiamo la tua venuta e la tua potenza: Vieni, Signore Gesù. Nelle nostre famiglie, nei nostri cuori, in tutti coloro che hanno qualche problema, o sofferenza, su chi è abbandonato e avrebbe bisogno di qualcuno che lo aiuti, fa scendere, Signore, la forza del tuo Spirito: Vieni, Signore Gesù. Su tutto il mondo, su tutta la terra che ha bisogno di significato, di senso, di pace, di fraternità, sulla Chiesa universale, sulle missioni, sui poveri, su tutti coloro che soffrono per la guerra e per la fame, noi ti chiediamo, Signore, di fare scendere il tuo Spirito di pace: Vieni, Signore Gesù. (Card. Carlo Maria Martini)

Page 21: Gesù il Salvatore

   

22  

Tempo di QUARESIMA

Il Dio della Misericordia: Lc 15,11-32 Invocazione allo Spirito Santo Ora Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l’opera iniziata da Gesù, rendi forte e continua la preghiera che facciamo a nome del mondo intero, accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore; dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti i popoli. Giovanni XXIII Lc 15,11-32 Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Momento di silenzio

Page 22: Gesù il Salvatore

   

23  

Seme di riflessione La terza parabola della misericordia del Vangelo di Luca è un brano dalla grande ricchezza di contenuti. Le tre scene e i vari personaggi sono assemblati in maniera tale che da ogni quadro emergono in tutta la loro profondità gli insegnamenti di Gesù. Innanzitutto il contesto nel suo complesso appare irreale. Nella società contemporanea a Gesù il patrimonio del padre non veniva mai diviso quando questi era ancora in vita. Inoltre, ammesso che ciò sia potuto accadere, un qualsiasi altro padre non avrebbe riservato questo tipo di accoglienza al figlio dissipatore. Infine, l’atteggiamento contestatore del figlio maggiore non sarebbe mai stato così tollerato in un contesto patriarcale. Il protagonista assoluto della parabola è il padre. Intorno ai suoi gesti, ma soprattutto ai suoi movimenti e alle sue parole ruotano tutti gli altri attori che alla fine sono solo funzionali ad affermare la logica dell’infinita misericordia di Dio nei confronti di qualsiasi tipo di peccatore. Sullo sfondo degli atteggiamenti del padre vi sono i due grandi peccati dell’umanità di sempre: l’egocentrismo e la presunzione nel primo caso, il diritto a costruirsi una salvezza fai da te a prescindere da tutto e da tutti nel secondo caso. Il figlio giovane si illude non solo di poter bastare a sé stesso con una sorta di patrimonio che gli spetta, ma di essere sicuro di trovare la felicità in una vita che lo porta alla fine a perdere la propria identità e la propria origine (non sono più degno di esser chiamato tuo figlio). Il figlio maggiore commette il grave peccato di fregarsene del fratello. Non è presente per impedire la partenza verso la rovina, è irritato per il ritorno e addirittura non gode della conversione. Alla fine rivendica, sulla base di un diritto personale ed esclusivo ma non legittimo, il riconoscimento da parte del padre per il servizio prestato. Ha un senso del dovere spiccato e una rettitudine indiscussa. Ma questi elementi, pur da considerare positivi di per sé, non rivelano essere frutto di amore ma di vanagloria e presunzione. Parlando su questa parabola il cardinale Martini, nell’affermare che “nel malumore del fratello maggiore si riconoscono facilmente i farisei irritati per l’accoglienza che Gesù riserva ai peccatori” parla di questo tipo di umanità sempre presente nella storia e sostiene che: “La vera fedeltà merita ricompensa, ma non esige nulla. Al seguito di questi uomini del dovere si pongono coloro che si chiudono nella loro sufficienza religiosa. Anche questi sono invitati a scoprire la bontà di Dio per i loro fratelli e a gioirne”.29 Quello che accomuna il peccato di entrambi è da un lato la mancanza di amore, dall’altro la grande e vana illusione della ricerca della felicità in luoghi dove questa non abita. La salvezza di Dio non abita in un paese lontano, come non abita nell’eseguire alla lettera i comandi di Dio solamente per un semplice senso del dovere. La felicità è nell’abbraccio e nel bacio di Dio che corre incontro a quella umanità fatta di grandi fragilità. La felicità è nel rientro nella casa di Dio dopo aver sperimentato che fuori si trovano solo solitudine e sofferenza. La felicità è la festa permanente dove vi è abbondanza di beni dopo aver patito la tristezza della fame e del bisogno. Ma la felicità è anche nel servizio amorevole e gratuito e non in quello egoistico e fatto senza amore. La felicità di Dio non privilegia l’uomo in base al numero delle opere compiute, ma alla modalità con cui le opere si compiono e al tipo di relazione che si instaura con il beneficiario delle opere. Colui che nella parabola rimane il punto fermo per far comprendere ad entrambi i figli da che parte sta l’autentica e gratuita felicità è il padre. Non deve sorprendere che in entrambi i casi egli prende l’iniziativa con atteggiamenti sconvolgenti per la logica umana. Di                                                                                                                          29 C.M. MARTINI, Il Vangelo della misericordia, PIEMME, Bergamo 2003, 85.

Page 23: Gesù il Salvatore

   

24  

fronte a chi gli ha dilapidato un bel po’ di patrimonio e ha messo a rischio la credibilità del casato30 il padre mette al primo posto il ritorno del figlio (Era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato). E’ un ritorno maturato nel dolore e nell’umiliazione. Infierire avrebbe significato aumentare sofferenza e umiliazione a chi ne aveva già subite abbastanza. E poi per il padre si tratta di vedere la speranza del ritorno, sempre desiderato, finalmente realizzata. Ma al padre non basta per dire la gioia del ritorno. Il ritorno non va banalizzato. A questo ritorno che ridona la dignità perduta va dato il giusto valore. E il giusto valore è la festa con tutto il contorno della ricca simbologia: l’anello della libertà e della regalità della casa, i calzari segno dell’appartenenza ritrovata, e soprattutto la veste che fa da netto contro altare all’abbigliamento sporco e brutto della lontananza, cioè del peccato. Il ritorno richiede non solo accoglienza, ma soprattutto gesti di amore cieco e gratuito. Un amore che non chiede il rendiconto di ciò che è accaduto, ma che considera la conversione come elemento più che sufficiente per il padre per ridonarsi a lui con tutto sé stesso. Il padre interviene nei confronti del figlio guastafeste con lo stesso atteggiamento. Egli si rivolge a lui pregandolo. All’indignazione pretestuosa e senza senso del figlio risponde mettendosi al servizio della sua rabbia. Egli lo ama al di là dell’atteggiamento di sfida che potrebbe rovinare il suo stato d’animo gioioso per la circostanza. L’amore manifestato al figlio minore per il ritorno ora assume dimensione del riconoscimento e dell’offerta della condivisione totale (tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo). Non solo, ma il padre va oltre spiegando che la festa non è per il riconoscimento della cattiva condotta, ma per il ritorno non previsto e non scontato che ha, tra l’altro, ricostituito una relazione rotta in maniera traumatica anche con lui (ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato). La misericordia va nella duplice direzione del perdono e della correzione. Il padre, nell’inimmaginabile amore che riversa su entrambi i figli, non trascura di sottolineare a tutti coloro che si aspettano almeno un severo rimprovero (prima i servi e poi il fratello maggiore) che la forma migliore per provocare la correzione è il perdono, cioè il ripristino del rapporto nell’affermazione della cosa che è esclusivamente più importante (Era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato). E la festa che segue è la festa dell’amore ritrovato del figlio nei confronti del padre. Una festa a cui tutti devono partecipare, anche chi apparentemente sembra rimanere nella relazione di amore e non avrebbe, secondo lui, bisogno di ritornare mai. Così conclude il commento alla parabola Ortensio: “La bontà del padre celebrata in maniera incredibile, quasi inverosimile nella parabola, ritrae la generosità del Padre celeste e di Cristo verso il peccatore….Dio è colui che non rimprovera nessuno, che non mortifica, tanto meno pensa a punire chi si inalbera contro di lui.”31 Questa infinita bontà del Padre, per essere gustata in pienezza, necessita del pentimento. Solo chi si pente sperimenta davvero il perdono e diventa partecipe dell’abbraccio di Dio e della sua festa. E quando proprio siamo nel peccato occorre far presto a convertirsi perché prima si torna in se stessi e meno patrimonio si sperpera! La fede nel Dio della misericordia impone al credente di essere come il Padre misericordioso della parabola. Al tempo stesso è indispensabile richiamare nella preghiera e nel discernimento di fuggire le occasioni prossime di peccato, cioè di non perdere lo status di

                                                                                                                         30 Nella società antica quando un parente prossimo della famiglia patriarcale cadeva in disgrazia per qualsiasi motivo a perderne prestigio era tutto il clan. In questa situazione nasce e si sviluppa la figura del redentore. Costui era uno del clan che si offriva di riabilitare il parente risarcendo tutto il danno da questi procurato. 31 ORTENSIO…, 513.

Page 24: Gesù il Salvatore

   

25  

appartenenza a Cristo e l’inabitazione nel Regno. In questo cammino quello che può aiutare è la bellezza di un servizio ai fratelli fatto con gratuità, costanza e competenza e che è percezione, per me e per loro, della misericordia di Dio. La Parola della Fede: Rivestitelo! La misericordia di Dio è il rivestimento dell’uomo. L’uomo è rivestito sempre, fin dall’inizio, fin dal peccato originale (cfr. Gn 3,21). Ma la veste che Dio ci ridona tutte le volte è il grande manto dell’Amore dai lembi infiniti. L’uomo ha necessità della veste di Dio perché solo così è in grado di sentirsi degno della sua autentica umanità. La veste di Dio permette di vivere da protagonisti del Regno e di godere della festa del perdono. Il rivestimento dà sicurezza perché è la certezza che Dio c’è oltre ogni limite umano. Anche quelli più gravi come il rinnegamento di Dio (il giovane partì…) e la distruzione dei doni ricevuti da Lui (sperperò le sue sostanze). La Parola della Tradizione: dal Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1439 Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta «del figliol prodigo» il cui centro è «il padre misericordioso»: il fascino di una libertà illusoria, l’abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l’umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l’accoglienza generosa del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del percorso di conversione. L’abito bello, l’anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell’uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza. Per riflettere Era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato - Per tornare al Padre c’è bisogno di conversione. Quale conversione fondamentale è richiesta a chi vuole accogliere il regno di Dio? In quale modo tale cammino può essere effettivamente percorso? - Il Padre riconcilia il figlio a sé che si riconosce peccatore. Come considerare il peccato alla luce del perdono di Dio e della sua chiamata alla santità? - Il giovane riabbraccia il Padre e si sente perdonato. Sperimentiamo nel quotidiano il perdono di Dio? Preghiera finale O Spirito Santo, vieni nel mio cuore: per la tua potenza attiralo a Te, o Dio, e concedimi la carità con il tuo timore. Liberami, o Cristo, da ogni cattivo pensiero: riscaldami e infiammami del tuo dolcissimo amore, così ogni pena mi sembrerà leggera.

Page 25: Gesù il Salvatore

   

26  

Santo mio Padre, e dolce mio Signore, aiutami ora in ogni mia azione. Cristo amore, Cristo amore. Amen (Santa Caterina da Siena)

Page 26: Gesù il Salvatore

   

27  

Tempo di PASQUA

Il Dio della Vita: Lc 24,13-35 Invocazione allo Spirito Santo Ora Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l’opera iniziata da Gesù, rendi forte e continua la preghiera che facciamo a nome del mondo intero, accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore; dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti i popoli. Giovanni XXIII Lc 24,13-35 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domando: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro, ma lui non l’hanno visto». Ed egli disse loro: «Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicino al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Page 27: Gesù il Salvatore

   

28  

Momento di silenzio Seme di riflessione Si tratta del brano che fa da anello di congiunzione tra la scoperta della resurrezione da parte delle donne andate al sepolcro e l’apparizione/ascensione di Gesù che conclude la prima parte dell’opera lucana. In questa narrazione troviamo alcune espressioni ed immagini che fanno parte della dinamica di Fede del credente e che ci aiutano a comprendere in profondità questa catechesi di Gesù. Innanzitutto l’essere in cammino che è la residenza del cristiano. Come Cristo, il fedele non ha fissa dimora. Egli si muove permanentemente secondo un movimento rettilineo che, a partire dall’incontro con lui frutto dell’azione dello Spirito Santo, apre la strada verso la meta finale: l’abbraccio col Padre. In questo essere in cammino abbiamo la certezza che Gesù in persona, e nella persona dello Spirito Santo, si accosta e cammina con noi. Spiegò loro… Tutta la Scrittura ha Gesù Cristo come suo centro e rivelatore ultimo. Solo immergendosi nella Parola di Dio, facendosi interrogare continuamente da lei, solo cercando il senso ultimo contenuto in essa facciamo di Cristo il nostro Signore e Maestro. Resta con noi… I discepoli chiedono a Gesù di rimanere con loro. Ma non sanno ancora chi è. Quando lo scoprono avvertono subito che il rimanere di Gesù con loro è frutto della loro Fede e per questo diventa un rimanere per sempre, oltre la sera imminente e oltre i giorni e le sere successive. Disse la benedizione… Gesù benedice. E benedice il pane da condividere. In questo gesto Egli benedice le persone che condividono la sua stessa vita simboleggiata dal pane spezzato e donato. Il dono della vita e l’offerta della condivisione provocano lo svelamento, l’incontro personale e la solenne affermazione di Fede nella resurrezione. Ma lui sparì dalla loro vista… Gesù non sparisce, anzi Egli ora è presente più che all’inizio. La percezione fisica lascia il posto alla permanenza spirituale. I dicepoli non si chiedono dove sia andato. E nemmeno si rattristiscono per la sua sparizione. Essi hanno compreso tutto. Gesù è in loro stessi e loro lo rendono presente a tutti donando la vita, che è comunicazione della gioia dell’incontro, al mondo intero. Riferirono ciò che era accaduto… La comunicazione di questa gioia è la vita oltre la morte. È la speranza non solo riacquistata, ma definita e consolidata. È l’essere definitivamente nella gloria di Dio! In questa splendida e penultima catechesi, fatta mediante uno schema pedagogico comune a quello delle parabole, Gesù prende i dicepoli di Emmaus per mano e li veicola verso l’incontro diretto e personale con lui. L’argomentare è forte e va subito al nocciolo della questione. Si parte dal fallimento della croce che aveva azzerato la speranza. Fu profeta, l’hanno crocifisso, speravamo, son passati tre giorni, una visione di angeli, ma lui non l’hanno visto sono espressioni di persone illuse da Gesù prima dell’evento della morte e ora deluse e tristi davanti al sepolcro, anche se le donne hanno riferito di non aver trovato il suo corpo. Gesù prima di rivelarsi, nell’ordine, fa tre cose: si fa vicino e cammina con loro, li ascolta e li pone davanti al peccato antico: la sclerocardia. La durezza di cervice è il peccato antico di Israele. Ma è anche il peccato ultimo di Israele al cospetto del vero ed unico Messia: esso, al cospetto di Gesù, permane nella durezza di cuore. Gesù, ancora una volta e dopo la resurrezione, fa l’ermeneuta di se stesso. La verità del suo essere Dio va compresa alla luce

Page 28: Gesù il Salvatore

   

29  

della storia della salvezza, che in qualche modo anticipa anche l’evento della morte e resurrezione di Cristo. Ma la catechesi non basta all’accoglienza nella Rivelazione. Contribuisce in maniera fondamentale, veicola, apre la mente. Ma ciò che provoca l’accoglienza del Crocifisso Risorto e fa prendere coscienza della bellezza dell’esperienza dell’incontro (non ci ardeva forse il cuore…) è la condivisione del pane perché diventa nella Fede condivisione della vita di Gesù. Gesù lascia i discepoli di Emmaus proprio quando la cervice e il cuore si sono sciolti (si aprirono loro gli occhi), sono entrati in sintonia con lui (lo riconobbero) e hanno reso permanente il rimanere di Gesù con loro. La Fede dei discepoli ora può testimoniare a tutti che Gesù è entrato nella sua gloria. L’entusiasmo per l’incontro, e la speranza antica ritrovata e rivisitata, alla luce dell’evento della resurrezione fanno diventare catechisti i discepoli di Emmaus. E, come i pastori svegliati dagli angeli (cfr. Lc 2,16), essi partono senza indugio, cioè subito e senza pensare a null’altro se non a dare presto e a quanta più gente possibile la comunicazione dell’esperienza sconvolgente. Questa comunicazione ha un messaggio unico che compendia tutta l’esperienza di Fede: Davvero il Signore è risorto! La destinazione è ancora una volta Gerusalemme che però questa volta diventa luogo di vita e di gioia, luogo di vittoria e di condivisione di vita. La scoperta dei discepoli di Emmaus, infatti, non rimane scoperta privata. Nasce immediata l’esigenza dell’annuncio e della condivisione. Si torna a Gerusalemme. La scoperta che davvero il Signore è risorto diventa dono da condividere con tutti! Nell’episodio dei discepoli di Emmaus Luca dimostra di conoscere già la struttura delle prime Messe delle comunità cristiane primitive e ci lascia un’indicazione precisa per trovare-riconoscere il Signore: il gesto dello spezzare il pane. A partire da questo gesto la mente del discepolo si apre alla comprensione delle Scritture e il cuore riconosce il calore di una Presenza. La Chiesa che celebra la fratio panis32 nella liturgia in memoria del Signore è chiamata ad attuarla nella vita. “Fate questo in memoria di me”: offrite, spezzate le vostre vite per diventare dono per i fratelli. All’origine della celebrazione Eucaristica è la Pasqua del Signore. Lui, il Pane venuto dal cielo, mandato da Dio, spezza la sua vita per gli uomini, si fa cibo e offerta. L’Eucaristia è, nel tempo, il segno dell’abbassamento del Figlio di Dio che rimane presente in mezzo a noi nei segni umili e ordinari del pane e del vino. E’ il mistero della “debolezza” di Dio, che diventa segno di amore, di condivisione, nel rifiuto di ogni logica di dominio e di sopraffazione. Nel Vangelo di Luca, proprio dopo la celebrazione Eucaristica, Gesù afferma che Lui “sta in mezzo a noi come colui che serve” (Lc 22,27). Il pane è per l’uomo il simbolo del cibo ordinario, quotidiano, ma indispensabile per la vita. Spezzarlo è segno del condividere, del dare, del sentirsi solidali, prossimi. Allora è nei gesti della condivisione, dello spartire il pane, del camminare insieme che è possibile riconoscere il Signore. Se “la partecipazione al corpo e al sangue di Cristo null’altro realizza che trasformarci in ciò che assumiamo33”, ogni cristiano è chiamato a divenire pane spezzato per la vita del mondo per affermare la presenza di Gesù in ogni tempo e in ogni luogo. E’ questo il segno attraverso il quale il mondo potrà riconoscere il Signore risorto, presente nella sua Chiesa, tra i suoi discepoli, che ripetono il suo gesto nella vita e nella celebrazione lo rendono concreto e

                                                                                                                         32 E’ questo uno dei termini usati dal Nuovo Testamento per indicare la celebrazione della cena del Signore, l’Eucaristia. 33 S. LEONE MAGNO, Sermo 12 de Passione, PL 54,357

Page 29: Gesù il Salvatore

   

30  

visibile in una logica di vita donata gratuitamente e costantemente, sull’esempio di quella di Gesù. Ogni cristiano “deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo.” (LG n. 38) La comunione con Gesù non termina con la morte. La Resurrezione che abbiamo creduto è ciò che più sconvolge. E non solo i discepoli di Emmaus, ma anche le nostre sicurezze più profonde, perfino quella della morte. Gesù non è comprensibile se non ci mettiamo in cammino, e soprattutto se durante il cammino non ci poniamo delle domande e non siamo disposti a condividere la strada con chi si avvicina a noi. Gesù non è comprensibile al di fuori della storia della salvezza. Per comprenderlo è necessario cominciare da Mosè e da tutti i profeti. Gesù non è comprensibile se non esiste la condivisione, il preoccuparsi per il fratello che deve camminare ancora. Ed allora l’Ultima cena si ripete. Lo spezzare il pane diventa riconoscere il Signore. La Comunione che i discepoli avevano vissuto con Cristo prima della passione può attuarsi di nuovo anche nel dopo, nel tempo della Chiesa. La Parola della Fede: Davvero il Signore è risorto! La Resurrezione è il centro del Fede cristiana! Si può commentare tutto il resto della Scrittura ma la Resurrezione di Gesù nella carne è davvero accaduta e va davvero creduto come fatto storico mostrabile. La Resurrezione di Gesù inaugura una nuova dimensione di vita per il credente. L’effetto è davvero sconvolgente. A morire è la morte in tutte le sue manifestazioni. Muore la provvisorietà e vive la definitività, muore la rassegnazione e trionfa la speranza, muore la tristezza della vita e si afferma la gioia del vivere. Sì! Davvero il Signore è risorto! In forza della Resurrezione di Gesù la vita dell’uomo ha finalmente un senso: essa è proiettata verso il divino, verso la felicità eterna, verso l’affermazione definitiva della bellezza e della bontà dell’uomo. In forza della Resurrezione di Gesù l’obiettivo di Dio è realizzato e sigillato. Guardando a Gesù l’uomo scopre la propria autentica identità: l’essere immagine e somiglianza di Dio. E vive in Dio, con Dio e per Dio per sempre perché davvero il Signore è risorto! La Parola della Tradizione: dal Catechismo della Chiesa Cattolica n. 645 Gesù risorto stabilisce con i suoi discepoli rapporti diretti, attraverso il contatto, la condivisione del pasto. Li invita a riconoscere da ciò che non è un fantasma, ma soprattutto a constatare che il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segno della passione. Questo corpo autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, poiché la sua umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene più che al dominio divino del Padre. Anche per questa ragione Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole: sotto l’aspetto di un giardiniere o sotto altre sembianze, che erano familiari ai discepoli, e ciò per suscitare la loro fede. Per riflettere Resta con noi! - L’avvenimento e l’annuncio della risurrezione di Gesù costituiscono il cuore della fede cristiana. Quanto la nostra esperienza di fede nel Dio della Vita dà speranza soprattutto nei momenti di prova e di sofferenza?

Page 30: Gesù il Salvatore

   

31  

- Nella nostra esperienza umana e cristiana avvertiamo la risurrezione di Gesù, il mistero della sua Pasqua , come un avvenimento che ci riguarda da vicino e profondamente? - Come vivere la centralità dell’Eucaristia nella vita personale e comunitaria? Preghiera finale Mio Dio, non dimenticarti di me, quando io mi dimentico di Te. Non abbandonarmi, Signore, quando io ti abbandono. Non allontanarti da me, quando io mi allontano da Te. Chiamami se ti fuggo, attirami se ti resisto, rialzami se cado. Donami o Dio un cuore vigile che nessun vano pensiero porti lontano da Te, un cuore retto che nessuna intenzione perversa possa sviare, un cuore fermo che resista con coraggio ad ogni avversità, un cuore libero che nessuna torbida passione possa vincere. Concedimi, ti prego, una volontà che ti cerchi, una sapienza che ti trovi, una vita che ti piaccia, una perseveranza che ti attenda con fiducia, e una fiducia che, alla fine, giunga a possederti. (San Tommaso d’Aquino)  

Page 31: Gesù il Salvatore

   

32  

Il Tempo della PENTECOSTE

Lo Spirito Santo: Presenza permanente di Gesù nel tempo e nella storia: At 2,1-13 Invocazione allo Spirito Santo Ora Santo Spirito Paraclito, perfeziona in noi l’opera iniziata da Gesù, rendi forte e continua la preghiera che facciamo a nome del mondo intero, accelera per ciascuno di noi i tempi di una profonda vita interiore; dà slancio al nostro apostolato, che vuol raggiungere tutti i popoli. Giovanni XXIII At 2,1-13 Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbattè gagliardo, e riempì tuta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l’un l’altro: «Che significa questo?». Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto». Momento di silenzio Seme di riflessione Il giorno di Pentecoste avviene il «compimento» della missione di Gesù. Esso è da leggersi come l’adempimento delle parole che Gesù consegna alla sua Chiesa (cfr. At 1,4-5; Lc 24,49), prima che inizi l’espandersi missionario della comunità credente. Gli elementi del racconto fanno pensare che Luca voglia collegare questo racconto a quello della solenne teofania dell’Esodo e la conseguente consegna della legge a Mose.34 Già l’indicazione «tutti insieme» (cfr. Es 19,8) dice che il gruppo è quello di persone già note al lettore. Si tratta

                                                                                                                         34 Sulla presenza di elementi giudaici in tale racconto si veda R. PENNA, Spirito Santo, in NDTB, 1515. Oltre Es 19; Dt 4,36 e Gl 3,1-5, si ritrovano elementi simili anche nei testi di Giuseppe Flavio, di Filone e del giudaismo post-biblico.

Page 32: Gesù il Salvatore

   

33  

delle persone citate per nome in At 1,12-14,35 a cui si associa nella pericope successiva, per elezione, Mattia (cfr. At 1,15-26). La discesa dello Spirito è descritta in due modi: 1) come suono, quello del «tuono», già di Es 19,16 e citato, ma non come tuono, in Lc 21,25 nell’annuncio escatologico della venuta del Figlio dell’uomo; 2) come immagine, quella delle «lingue come di fuoco», anch’esse presenti in qualche modo in Es 19,18. Questi elementi dicono che la realtà dello Spirito proviene dal cielo e riempie il luogo dove si trovano i discepoli. Le «lingue di fuoco» si dividono, ma è l’unico Spirito che «si posa» su ciascuno dei discepoli. Primo frutto dello Spirito è la possibilità di rendere la comunicazione di Dio comprensibile a tutte le popolazioni presenti in ogni angolo della terra secondo un’antica tradizione.36 Non è solo il luogo ad essere reso colmo dello Spirito (cfr. anche in At 4,31). Anche i discepoli vengono riempiti dalla sua potenza divina. La potenza dello Spirito poi agisce in molteplici modi: 1) dall’interno dei discepoli (cfr. Lc 4,1; At 4,8; 6,5); 2) dall’esterno (cfr. Lc 24,49; At 1,8); 3); attraverso un battesimo (cfr. At 1,5).37 L’effusione dello Spirito provoca e realizza la profezia (cfr. 2,4b). Il «parlare in altre lingue» deve essere accostato sia alla “glossolalia” (cfr. At 10,44-46 dove anche i pagani, prima di ricevere il battesimo, «parlavano in lingue e glorificavano Dio»), sia alla profezia (cfr. At 19,6 dove Paolo ad Efeso impone le mani su dodici uomini e subito dopo Luca dice che «parlavano in lingue e profetavano»).38 Qui Luca indica il dono concesso agli apostoli servendosi del linguaggio delle manifestazioni glossolaliche, ma in realtà introduce l’idea che l’uditorio dei presenti comprendesse nella propria lingua madre l’annuncio degli apostoli. L’espressione «altre lingue», usata in At 2,4, sembra indicare l’idea di un linguaggio straniero (cfr. At 2,6.8). È, del resto, lo Spirito che dà loro potere di compiere quest’annuncio, perché la neonata comunità dei credenti in Gesù possa raggiungere ogni creatura nella propria condizione vitale. I testimoni dell’evento (2,5-13) La presenza massiccia di tanti pellegrini provenienti da tutto il mondo a Gerusalemme richiama anche l’importanza della Festa. La Pentecoste (lett. in greco cinquantesimo) ricordava un intervallo di tempo ben definito che intercorreva tra la festa di Pasqua e il successivo primo pellegrinaggio. Nella tradizione ebraica essa era chiamata anche “Festa delle Settimane” (cfr. Es 34,22//Lv 23,15) e “Festa della mietitura del frumento” (cfr. Es 23,16). Il richiamo è anche alla celebrazione annuale per il dono della terra promessa. Solo successivamente nel tardo giudaismo diviene la festa che ricorda l’Alleanza del Sinai e del dono della Legge. Per Luca la Pentecoste si pone al termine dei quaranta giorni successivi alla resurrezione caratterizzati dalle apparizioni di Gesù e dalla sua Ascensione al cielo. Nonostante quest’universalismo, i testimoni dell’evento della Pentecoste, e destinatari del successivo discorso di Pietro del cap. 3, sono tutti i «Giudei osservanti», sia pure provenienti dalla diaspora, e quindi rappresentanti di «tutte le nazioni sotto il cielo». Bisognerà attendere At 8,1 perché si compiano le parole di Gesù e la Chiesa esca dagli angusti confini di

                                                                                                                         35 È interessante notare che Luca associa agli Undici anche Maria, alcune altre donne e altri discepoli definiti “fratelli di lui”, una definizione che poi ritornerà in 1Cor 9,5. Si tratta di porre in risalto il Resto di Cristo rimasto con lui fino alla fine e ricostituitosi dopo la resurrezione. 36 Nella tradizione rabbinica la voce di Dio sul Sinai si divide nelle settanta «lingue»: i linguaggi parlati dai popoli della terra. 37 Cfr. J. DUPONT, Studi sugli Atti degli Apostoli, Roma 1971, 835-838. 38 L’apostolo Paolo, dal canto suo, descrive il dono della “glossolalia” in 1 Cor 14,1-40 come linguaggio estatico che è essenzialmente lode a Dio ed ha bisogno di essere interpretato, perché il “glossòlalo” non afferra il significato della sua preghiera ed ha bisogno di qualcuno che possa interpretare agli altri questo linguaggio.

Page 33: Gesù il Salvatore

   

34  

Gerusalemme. Luca poi fornisce l’elenco delle nazioni presenti a Gerusalemme seguendo una lista già esistente.39 Le sedici popolazioni menzionate intendono la totalità del mondo abitato e conosciuto all’epoca. Ma l’assenza di alcune importanti regioni come la Siria, la Cilicia, la Macedonia, l’Acaia, mete, proprio negli Atti, delle prime missioni paoline dice che la lista delle nazioni non può essere di origine lucana. Comunque la geografia di riferimento è sufficiente a far capire che il destinatario dell’annuncio delle «grandi opere di Dio» è tutto l’universo. Le successive parole di Pietro sono preparate dallo stupore e dall’incredibilità dei presenti «si sono ubriacati di mosto», anche per legare l’annuncio profetico della Pentecoste alla «glossolalia» che lo introduce (cfr. anche 1Cor 14,23). Gli effetti di questa teofania e il frutto dello Spirito sono assieme l’inaugurazione della missione di evangelizzazione che, proprio a partire dal primo discorso di Pietro che segue, porterà, non senza dolorose conseguenze, all’abbattimento delle barriere e alla diffusione dell’Evangelo di Gesù «fino agli estremi confini della terra» (cfr. At 1,8). La Parola della Fede: Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo La Pentecoste è la Festa dell’insieme dei discepoli di Cristo. È il richiamo all’ecclesialità del gruppo. È la festa della Fede condivisa. La gioia dell’incontro con Gesù e il cammino di Fede che ne scaturisce sono qualcosa che coinvolgono il credente in maniera personale ed unica. Ma la verità di questo incontro e della Fede accolta hanno bisogno di una verifica continua per vedere se è vera testimonianza o se è frutto della nostra immaginazione. Il luogo esclusivo di questa verifica è la Chiesa! Pur nella diversità delle esperienze la nostra Fede deve essere la stessa Fede di ogni singolo appartenente al gruppo. La condivisione dell’autentica Fede nel Crocifisso Risorto, che per questo ci effonde il suo Santo Spirito, realizza la comunione che fonda la Chiesa e la rende bella e credibile al mondo intero. Quanto più questa comunione è vera, tanto più la testimonianza, del discepolo e del gruppo assieme, sarà autentica e realizzerà davvero e sempre la diffusione dell’Evangelo di Gesù «fino agli estremi confini della terra»! La Parola della Tradizione: dalla Gaudium et Spes n.1-2 Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia. Per questo il Concilio Vaticano II, avendo penetrato più a fondo il mistero della Chiesa, non esita ora a rivolgere la sua parola non più ai soli figli della Chiesa e a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma a tutti gli uomini. A tutti vuol esporre come esso intende la presenza e l'azione della Chiesa nel mondo contemporaneo. Il mondo che esso ha presente è perciò quello degli uomini, ossia l'intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il mondo che è teatro della storia del

                                                                                                                         39 Cfr. J. DUPONT..., 854-858.

Page 34: Gesù il Salvatore

   

35  

genere umano, e reca i segni degli sforzi dell'uomo, delle sue sconfitte e delle sue vittorie; il mondo che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall'amore del Creatore: esso è caduto, certo, sotto la schiavitù del peccato, ma il Cristo, con la croce e la risurrezione ha spezzato il potere del Maligno e l'ha liberato e destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento. Per riflettere Lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi - Lo Spirito Santo che ci è stato donato nel giorno del Battesimo ci spinge ad essere dei buoni e zelanti annunciatori del Vangelo? - Sappiamo accogliere lo Spirito con cuore spalancato e puro per discernere bene in noi i suoi doni? - Sappiamo usare i doni dello Spirito Santo mettendoli a disposizione dei fratelli per il perseguimento del bene comune nella Chiesa e nel mondo? Preghiera finaleVergine Maria, Madre di Dio, Madre augustissima della Chiesa, a te raccomandiamo tutta la Chiesa e il Concilio Ecumenico. Tu che con soave appellativo sei invocata "aiuto dei Vescovi", custodisci i sacri Pastori nell’adempiere la loro missione e sii con loro e con i sacerdoti, i religiosi, i fedeli laici, e chiunque li coadiuva nel sostenere le ardue fatiche del loro ministero pastorale. Tu che dal Divin Salvatore tuo Figlio, morente sulla croce, sei stata data in Madre amatissima al discepolo che egli prediligeva, ricordati del popolo cristiano che a te si affida. Ricordati di tutti i tuoi figli; avvalora presso Dio le loro preghiere con il tuo personale prestigio e la tua autorità, conserva integra e costante la loro fede, corrobora la speranza, accendi la carità. Ricordati di quelli che si dibattono nelle tribolazioni, nelle necessità, nei pericoli, e prima di tutto di coloro che soffrono persecuzioni e sono tenuti in catene per la fede cristiana. Ad essi, Vergine Madre, impetra fortezza d’animo ed affretta il sospirato giorno della dovuta libertà. Rivolgi i tuoi benignissimi occhi ai nostri fratelli separati, e degnati di concedere che finalmente ci riuniamo come un tempo, tu che hai generato Cristo, ponte ed artefice di unione tra Dio e gli uomini. O tempio di luce incorrotta e mai oscurata, prega il tuo Figlio Unigenito, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione con il Padre, perché abbia misericordia dei nostri errori, tenga lontano ogni genere di disgregazione, infonda nelle nostre menti la gioia di amare i fratelli. Al tuo Cuore Immacolato, o Vergine Madre di Dio, raccomandiamo tutto il genere umano; conducilo a riconoscere Cristo Gesù, unico e vero Salvatore; preservalo dalle sventure che i peccati attirano e donagli la pace, che si fonda nella verità, nella giustizia, nella libertà e nell’amore. Concedi infine a tutta la Chiesa che, celebrando questo grande Concilio Ecumenico,

Page 35: Gesù il Salvatore

   

36  

possa cantare un inno solenne di lode e di ringraziamento al Dio delle misericordie, un inno di gioia e di esultanza perché grandi cose ha fatto per mezzo tuo l’Onnipotente, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. (Esortazione a Maria dall’allocuzione di Paolo VI ai Padri Conciliari di sabato 21 novembre 1964)

Page 36: Gesù il Salvatore

   

37  

Bibliografia utilizzata J. ERNST, Il Vangelo secondo Luca, I-II, Paideia, Brescia 1985. J. DUPONT, Studi sugli Atti degli Apostoli, Roma 1971. S. FAUSTI, Una comunità legge il Vangelo di Luca, I-II,EDB, Bologna 1986-1994. R. GRADARA, Il Vangelo di Luca, EDB,Bologna 1996. C.M. MARTINI, Il Vangelo della misericordia, PIEMME, Bergamo 2003 L. MAZZINGHI - S. TAROCCHI, Luca. Il vangelo della salvezza. Guida alla lettura, EDB, Bologna 2000. O. DA SPINETOLI, Luca. Il Vangelo dei poveri, Cittadella, Assisi 1986. B. PRETE, La passione e la morte di Gesù nel racconto di Luca. I Racconti della passione. SB, Paideia, Brescia 1996. M. MASINI, Luca: il Vangelo del discepolo, Queriniana, Brescia 1988. R. SCHNACKENBURG, La persona di Gesù Cristo nei quattro vangeli, Paideia, Brescia 1995 G. SEGALLA, La cristologia del NuovoTestamento, Paideia, Brescia 1985 M. SERENTHÀ, Gesù Cristo ieri, oggi e sempre, Elledici, Torino 1991 Testi di riferimento Bibbia CEI Documenti del Concilio Vaticano II Catechismo della Chiesa Cattolica Catechismo degli Adulti

Page 37: Gesù il Salvatore

38    

INDICE

Premessa pag. 3 Una brevissima presentazione pag. 5 Il Dio con noi: Lc 1,26-38 pag. 10 Il Dio per noi: Lc 4,16-22 pag. 14 Il Dio della Felicità: Lc 6,17-26 pag. 18 Il Dio della Misericordia: Lc 15,11-32 pag. 22 Il Dio della Vita: Lc 24,13-35 pag. 27 Lo Spirito Santo: Presenza permanente di Gesù nel tempo e nella storia: At 2,1-13 pag. 32 Bibliografia e testi di riferimento pag. 37

Page 38: Gesù il Salvatore